I veneti antichi

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I VENETI ANTICHI



Alunni della classe IV A Scuola Primaria “San Giovanni Bosco” III Circolo Didattico - Treviso Anno Scolastico 2004-2005

I VENETI ANTICHI Un quadro di società ricostruito attraverso le fonti

Insegnanti: Paola Dalla Giustina e Antonella Mazzobel



I VENETI ANTICHI La civiltà dei Veneti antichi durò circa mille anni. Iniziò tra il X e il IX secolo a.C. (=avanti Cristo) e terminò nel II secolo a.C. quando avvenne la romanizzazione, cioè quando i Veneti diventarono simili ai Romani per lingua, costumi e abitudini. 2000 a.C.

1000 a.C.

0

1000 d.C.

2000 d.C.

I II III IV V VI VII VIII IX X secolo secolo secolo secolo secolo secolo secolo secolo secolo secolo

La civiltà dei Veneti fu scoperta nel 1876 durante i lavori di scavo per la costruzione della stazione ferroviaria di Este (Padova). 2000 a.C.

1000 a.C.

0

1000 d.C.

2000 d.C. XIX secolo

Tratto da: Lamina in bronzo (Museo Civico - Padova, IV secolo a.C.)

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Le fonti Ad Este fu ritrovato l'insediamento più importante di questa cultura che fu detta perciò "Atestina" (da Ateste = Este). Anche in altri luoghi furono scoperte dagli archeologi numerose testimonianze di questa civiltà. Nel Veneto, tra i siti più interessanti, ci sono: Este, Padova, Vicenza, Treviso, Oderzo, Concordia, Mel, Lagole, Montebelluna, Altino, Oppeano.

Sono numerosi i documenti che hanno permesso di ricostruire la vita dei Veneti antichi. Le fonti scritte più importanti, le troviamo nei testi di autori antichi: Omero, Strabone (I secolo a.C.), Teopompo (IV secolo a.C.), Aristotele (IV secolo a.C.) autori greci; Tito Livio (I secolo a.C.), Virgilio (I secolo a.C.), Columella (I secolo d.C.) autori latini. 3


Le fonti materiali (=oggetti) ed iconografiche (=immagini) sono molte ed importanti. Tutti i reperti sono stati ritrovati durante gli scavi archeologici ed ora sono conservati nei Musei.

Vaso in ceramica

(Museo Nazionale Atestino - Este, V secolo a.C.)

Animale in terracotta [alare]

(Museo Civico Opitergino - Oderzo, Tv)

Bronzetto votivo

(Museo Civico - Padova, VI-III secolo a.C.)

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Elmo in bronzo (trovato a Oppeano - Verona)

(Museo Archeologico - Firenze ,VI secolo a.C)

Gancio di cinturone in bronzo

(Museo Nazionale Atestino - Este, V secolo a.C)

Disco votivo in bronzo

(Museo Civico - Treviso, V secolo a.C.)

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Fuso con fusaiola in bronzo

Fodero di coltello in bronzo

(Museo Civico - Treviso, VI-V secolo a.C.)

(Castellin di Fisterre - Belluno, VI secolo a.C.)

Cista in bronzo

(Museo Civico - Treviso, V secolo a.C.)

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Pettine in corno di cervo per cardare la lana (Museo Civico - Padova)

Vaso a forma di animale

(Museo Nazionale Atestino - Este, IX secolo a.C)

Dracme venetiche (III-II secolo a.C) 7


La situla Benvenuti

Tra i reperti ritrovati ad Este il più interessante è una situla, un “vaso” in bronzo che conteneva le ceneri del defunto. La situla è stata fatta con una lamina di bronzo, decorata a sbalzo. La situla Benvenuti prende il nome del proprietario del terreno in cui venne ritrovata. Si tratta di un ossuario scoperto in una ricca tomba. Gli studiosi pensano che risalga al VII (settimo) secolo avanti Cristo. 4000 a.C.

3000 a.C.

2000 a.C.

1000 a.C.

0

1000 d.C.

2000 d.C.

La decorazione della situla è divisa in tre fasce orizzontali sovrapposte, separate da una fila di borchie a sbalzo tra due file di puntini pure a sbalzo. 8


Nella fascia superiore c’è un personaggio in trono, che forse sta offrendo del vino ad una divinità,

e un servitore che sta osservando lo zoccolo della zampa posteriore sollevata di un cavallo.

Dopo un grande ramoscello con le gemme, si trova un «mobile» al quale sono appese due situle ed una cista (vaso per contenere i liquidi), mentre a terra stanno un'altra situla e un'ascia con il manico.

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Di seguito ci sono due uomini che sembrano assistere ad una gara di ÂŤpugilatoÂť.

Completano la fascia una sfinge (mostro con testa di uomo e corpo di animale),

un grifone (mostro alato) con un pesce in bocca,

un centauro (mostro con testa e busto umani e corpo di animale) che sta pugnalando la coda del grifone.

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Nella seconda fascia si snoda una fila di animali reali e fantastici,

tra i quali c'è una scena con un uomo che incita un bue e tiene al guinzaglio un cane.

Nella situla ci sono anche numerosi riempimenti vegetali sparsi tra le figure.

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Nella terza fascia si vedono un trombettiere, due guerrieri con lance, un cocchio trainato da un cavallo e montato da un cocchiere,

una sfilata di guerrieri armati di doppia lancia, elmo, scudo, che trascinano prigionieri nudi che hanno le mani legate e lo scudo gettato dietro le spalle.

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L’origine Le fonti scritte narrano che il popolo dei Veneti, che i Greci chiamavano Eneti, veniva dalla Paflagonia, una regione dell’attuale Turchia. Tito Livio, storico latino vissuto nel I secolo a.C., racconta che “…gli Eneti (=Veneti), cacciati per una guerra dalla Paflagonia, con il loro comandante Pilemène vennero in aiuto ai Troiani nella guerra La guerra di Troia.. contro i Greci. Durante la guerra, il capo del loro esercito, Pilemène, morì in un duello. Persa la guerra con la caduta di Troia e rimasti senza il loro condottiero, i Veneti non tornarono più nel loro territorio. Scelsero allora come loro nuovo comandante Antenore, un principe troiano, e partirono con alcune navi per occupare nuovi territori dove stabilirsi. Risalirono il mare Adriatico, sbarcarono, espulsero gli Euganei abitanti fra le Alpi e il mare e occuparono quella contrada (il nostro territorio).” Questa ricostruzione è considerata dagli storici una leggenda. Non ci sono notizie certe su quale strada i Veneti antichi percorsero per arrivare nel nostro territorio: quella raccontata da Tito Livio o un viaggio più lungo I Veneti partono da Troia con le navi. e pericoloso, via terra.

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Il territorio I Veneti si sono stabiliti in un territorio molto esteso che corrisponde all’incirca alle attuali Tre Venezie: Trentino-Alto-Adige, Veneto, Friuli-Venezia-Giulia. È un territorio molto ampio che ha un paesaggio geografico molto vario. A nord ci sono le Alpi. La catena alpina, con le alte cime ed i ghiacciai, sembra invalicabile ma, tra le sue valli e suoi passi, nasconde

antiche "piste" che seguono il corso dei fiumi, conosciute e percorse già prima all’arrivo dei Veneti. Risalendo il corso del fiume Adige, i Veneti potevano arrivare al Valico del Brennero e al Passo di Resia. Risalendo il corso del Piave potevano arrivare alle miniere di stagno. Al centro di questo ampio territorio si estende la pianura ricca di fiumi. Ci sono l’Adige, il Brenta, il Piave, il Tagliamento e il Po, fiumi lunghi e ricchi di acque che scendono dalle Alpi, e il Sile che ha origine dalle risorgive cioè sorgenti da cui l'acqua esce spontaneamente dal terreno. 14


La pianura è divisa, dalla linea delle acque di risorgiva, in alta pianura, quella più vicina ai monti, ghiaiosa ed asciutta, e in bassa pianura con il terreno ricco di acque ed argilloso. Il paesaggio dell'alta pianura era ricco di foreste con alberi maestosi e centenari, tra cui le querce, gli olmi e i faggi.

Le foreste con faggi, querce e olmi.

A sud questa regione si affaccia al mare con la laguna, gli isolotti, le paludi e i canneti. È quasi certo che i Veneti antichi si sono insediati in questo territorio perché era un territorio molto fertile. Era ricco d’acqua, era pianeggiante e aveva molti passaggi tra le montagne che i Veneti potevano usare, se volevano raggiungere luoghi lontani, per scambiare i loro prodotti con gli altri popoli.

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L’abitazione I Veneti antichi costruivano le loro abitazioni vicino ai fiumi, dove la terra era più fertile. Di solito, l’abitazione era formata da una sola stanza, a volte però, come abbiamo visto dai ritrovamenti fatti a Treviso durante gli scavi, la casa era formata da due stanze. Nella casa non vivevano solamente le persone, ma veniva usata anche come riparo per gli animali domestici, come deposito per gli attrezzi e come granaio per conservare i cereali. La casa dei Veneti era una capanna. Le pareti erano L’abitazione dei Veneti antichi. fatte di legno e canne e poi venivano ricoperte da un impasto formato da fango seccato al sole. Il tetto era molto inclinato ed era formato da una intelaiatura di legno, ricoperta con la paglia o con le erbe di palude. Al centro della stanza, sul pavimento formato da blocchi di argilla o da terra battuta, c’era il focolare che aveva la forma rettangolare ed era fatto con strati di fango scottato. Il focolare era l’elemento più importante dell’abitazione: serviva a illuminare e riscaldare la casa, a cucinare i cibi e a tostare i cereali che poi le donne trasformavano in farina, schiacciando, a mano, i grani Con la macina in pietra, la donna ottiene la farina. con le macine di pietra. 16


Per cuocere mettevano le braci nel braciere che era un piano sul focolare, spesso fatto a forma circolare e circondato da un cordone di argilla. Sul focolare erano posati gli alari, a volte fatti a forma di animale, che potevano servire a sostenere sul fuoco gli spiedi usati per cuocere, ma servivano anche per contenere le braci.

Olla, contenitore in ceramica (Museo Civico - Treviso)

C’erano anche i fornelli portatili sui quali si appoggiavano i vasi per cuocere i cibi, come ad esempio le olle. Sotto il fornello si mettevano le braci e sopra si appoggiava il vaso che conteneva il cibo da cuocere.

Fornello portatile. 17


La caccia e la pesca La caccia e la pesca erano molto importanti per la sopravvivenza dei Veneti antichi, anche se essi praticavano l’allevamento e l’agricoltura.

La selvaggina nei boschi.

Il territorio, dove si erano fermati i Veneti, era fertile e in gran parte ricoperto da boschi popolati da selvaggina di ogni specie: orsi, cervi, volpi, lepri, cinghiali, caprioli, molti tipi di uccelli e lupi. I Veneti cacciavano i lupi perché questi animali rappresentavano una minaccia per gli animali allevati dagli uomini. Inoltre, il lupo era per i Veneti una presenza quasi divina, forse perché erano impauriti dal suo ululato. La selvaggina veniva cacciata non solo per mangiare le carni, ma anche per utilizzare le parti dure come le Tratto da: Coperchio in bronzo ossa e le corna. (Museo Nazionale Atestino - Este, VI secolo Con le ossa e le corna, che erano più adatte per essere lavorate, i Veneti costruivano impugnature per gli attrezzi, punteruoli, manici, pettini per cardare (=pettinare) la lana, bicchieri e ornamenti per i gioielli. 18


Il materiale più usato per la costruzione di questi oggetti era il corno di cervo.

Tratti da: Situla (Museo Civico - Treviso, V secolo a.C.)

Il territorio abitato dai Veneti era molto ricco d’acqua, quindi anche la pesca era molto praticata nelle acque dei fiumi, nei laghi, nelle valli lagunari e nel mare Adriatico. Le anguille, in particolare, venivano catturate con delle trappole fatte con Tratto da: Cinturone a losanga canne di palude sistemate in modo (Museo Nazionale Atestino - Este, V secolo a.C.) da formare un corridoio a labirinto che portava in una “camera” chiusa. Le anguille venivano attirate con delle esche e, una volta entrate, non riuscivano più ad uscire. La pelle dell’anguilla, che è molto robusta, veniva utilizzata per fare dei legacci e, forse, per fare le corde degli archi. Le frecce invece venivano fatte con asticciole leggere e robuste ricavate dalle piante. Tratto da: Fodero di coltello in bronzo (Castellin di Fisterre - Belluno, VI secolo a.C.)

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L’allevamento Per i Veneti antichi l’allevamento del bestiame era un’attività molto importante. Allevavano soprattutto mucche, buoi, pecore, ma anche cavalli, capre, maiali e galline. Sulle mucche venete, lo scrittore latino Columella (I secolo d.C.) scrive: "Le mucche altinati (della zona di Altino), sono le migliori per gli usi agricoli: esse sono di piccola statura, danno latte abbondante e , perciò, allontanati da loro i vitellini appena nati, la loro generosa prole (=figli) Animali allevati dai Veneti antichi. viene nutrita da altri petti". Questa fonte scritta ci dice che i vitellini venivano allattati da altri animali e il latte delle mucche veniva utilizzato dagli uomini. I buoi e i cavalli venivano utilizzati anche per aiutare gli uomini a lavorare nei campi: trainavano i mezzi agricoli, aratri e carri. Le pecore venivano allevate per le loro carni, per il latte, ma soprattutto per ricavarne le lane che servivano per fare i tessuti . È ancora Columella che ci dà notizia di quanto fossero apprezzate le pecore venete: "I nostri ritenevano che le pecore di Mileto, della Calabria e di Puglia fossero le migliori; ora invece sono ritenute migliori quelle galliche, e tra esse in primo luogo le altinati (della zona di Altino)". I maiali erano allevati allo stato semibrado (=quasi libero) nei boschi e nelle foreste dove crescevano spontaneamente alberi di ghiande, frutti di cui si nutrivano i maiali. Strabone, lo storico e geografo greco vissuto nel I secolo a.C., racconta che “…i maiali venivano scambiati in grande quantità con altra merce…”. 20


L’allevamento dei cavalli

Tratto da: Situla Benvenuti (Museo Nazionale Atestino - Este, VII secolo a.C.)

Tratto da: Elmo in bronzo (Museo Archeologico - Firenze, VI secolo a.C.)

Dalle fonti scritte e dai reperti ritrovati, sappiamo che l’allevamento dei cavalli veneti era famoso in tutto il mondo di allora. Omero, fra gli autori più antichi, è stato il primo a citare i cavalli veneti. Egli nell’Iliade, il poema che narra la guerra di Troia, scrive: “…Pilemene dal forte cuore guida i Paflagoni che vengono dagli Eneti, il paese delle mule selvagge…” I cavalli venivano allevati allo stato semibrado cioè in branchi che vivevano liberi in zone controllate. Strabone, storico e geografo greco vissuto nel I secolo a.C., racconta che i cavalli veneti venivano marchiati con la testa di un lupo e perciò egli li chiama “cavalli lupiferi”. Sempre Strabone racconta che i cavalli veneti erano ammirati anche da Dionisio, il tiranno di Siracusa, che li acquistava per migliorare le razze dei suoi allevamenti. I cavalli aiutano l’uomo nel lavoro dei campi.

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A quel tempo i Veneti, quando andavano a chiedere un “aiuto” alle divinità, offrivano degli ex-voto tra cui piccoli cavalli fatti di pietra o di metallo. I cavalli veneti aiutavano l’uomo nel lavoro dei campi, ma soprattutto venivano usati dai cavalieri, i soldati dell’esercito veneto e romano, nelle guerre. Inoltre, i cavalli veneti erano ricercatissimi per gli spettacoli ippici, Tratto da: Laminetta votiva in bronzo (Museo Nazionale Atestino - Este, IV secolo a.C.) a cui sia i Greci che i Romani amavano molto assistere. Per i Veneti il cavallo era un animale molto importante, infatti, quando i capi morivano, venivano sepolti nella tomba con il loro cavallo.

Spettacolo ippico: le corse dei cavalli.

Soldati durante la guerra.

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L’agricoltura L’agricoltura era, per i Veneti antichi, un’attività di grande importanza. I campi veneti erano squadrati e circondati da alte siepi d'alberi e da un fossato per lo scolo dell’acqua piovana. Questa caratteristica, chiamata “campi chiusi”, è rimasta nel tempo e dura ancor oggi.

L’ aratura.

I “campi chiusi”.

La semina..

Prima della semina, gli agricoltori aravano i campi con gli aratri, fatti di legno, trainati da bovini ma anche da cavalli. Coltivavano molti tipi di cereali, tra i quali l’avena, il farro, il frumento, la segale, l’orzo, il miglio, e di legumi come le lenticchie e le fave che usavano per le loro minestre. I Veneti, prima di seminare, usavano fare un rito per evitare che gli uccelli affamati, le cornacchie, mangiassero i raccolti. Teopompo, storico greco vissuto nel IV sec. a.C., narra che: “ … gli Eneti (così erano chiamati i Veneti) abitanti lungo l'Adriatico, quando è il momento dell'aratura e della semina, offrono alle cornacchie doni consistenti in specie di pani e focacce impastate molto bene. L'offerta di questi doni vuole allettare (=attirare) e

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stabilire una tregua con le cornacchie, in modo che esse non scavino e non raccolgano il frutto di Demetra (=dea della terra coltivata) affidato alla terra.” . Se gli uccelli accettavano questa offerta il raccolto sarebbe stato abbondante, se gli uccelli la rifiutavano, voleva dire che poi si sarebbero mangiati la maggior parte delle sementi e i Il rito agli uccelli, prima della semina. Veneti avrebbero sofferto la fame. I Veneti conoscevano e usavano una tecnica per ottenere abbondanti raccolti dai campi. Questa tecnica è chiamata del “maggese”. Essa veniva praticata così: un anno i contadini coltivavano solo metà dei campi che avevano a disposizione, mentre gli altri Il maggese. campi venivano solo concimati e il terreno era lasciato “a riposo”; l’anno successivo avveniva il contrario. I Veneti erano molto conosciuti dagli altri popoli anche per la coltivazione della vite e la produzione del vino. La pianta della vite veniva sostenuta da alberi, ad esempio, olmi, faggi, querce. Questa tecnica è chiamata col nome di La vite maritata. “vite maritata”. Il vino veniva consumato dalle persone più importanti, ma soprattutto veniva offerto alle divinità. 24


La lavorazione dei metalli I Veneti antichi conoscevano e praticavano la metallurgia, cioè la tecnica per la lavorazione dei metalli, che scoprirono intorno al IX (nono) secolo a.C. . Usavano metalli come il rame, lo stagno, il bronzo che è una lega che si ottiene fondendo insieme rame e stagno, l’argento, l’oro e, dal V (quinto) secolo a.C., il ferro. Il bronzo giungeva dal Trentino allo stato in parte lavorato sotto forma di blocchetti denominati “pani”; il ferro giungeva dai monti metalliferi dell’Etruria. Per estrarre il metallo, frantumavano le rocce fino ad ottenere una specie di sabbia che poi veniva messa nei forni ad alta temperatura per far fondere il metallo. I forni venivano riscaldati bruciando la legna. Per far fondere il Forno per la lavorazione dei metalli. ferro era necessario raggiungere nel forno temperature molto alte perciò veniva usato come combustibile il carbone, che si otteneva bruciando lentamente la legna. Quando il metallo era allo stato liquido veniva versato in uno stampo che aveva la forma dell’oggetto che si voleva ottenere. Gli stampi erano in pietra o in terracotta. 25


Gli oggetti uscivano dallo stampo allo stato grezzo, poi si rifinivano a freddo, levando le sbavature con degli utensili. Con i metalli si costruivano armi (spade, elmi, scudi), oggetti di ornamento (fibule, spilloni, vasi, mestoli, statuine) e attrezzi (zappe, falci, asce), che servivano ai guerrieri, ai contadini, agli artigiani e ai Coltello in ferro (Museo Civico - Treviso) commercianti. I Veneti erano molto esperti nella lavorazione su lamina di bronzo che decoravano con disegni geometrici o con disegni di animali, piante, divinità, usando la tecnica dell’incisione e dello sbalzo. L’incisione e lo sbalzo venivano eseguiti dall’artigiano sul rovescio dell’oggetto da decorare, incidendo e battendo con attrezzi come punteruoli, stili e martelli. Lavorando sul rovescio della lamina si otteneva poi sul davanti la decorazione voluta.

Tratto da: Gancio di cinturone (Museo Nazionale Atestino - Este, V secolo a.C.)

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Tratto da: Disco votivo (Museo Civico - Treviso, V secolo a.C.)


La ceramica Per ottenere la ceramica i Veneti antichi cuocevano l’argilla che trovavano lungo le rive dei fiumi. Da quanto ci risulta, cuocevano l’argilla in forni che, inizialmente, erano a “cielo aperto”, cioè gli oggetti da cuocere venivano coperti di legname e altri vegetali secchi e poi veniva appiccato il fuoco, che lentamente faceva bruciare il combustibile.

Forno “a cielo aperto”.

Successivamente, i Veneti perfezionarono la tecnica di cottura: costruirono dei forni, scavando una fossa nel terreno e innalzando una copertura di sassi e argilla e sistemando il materiale, che veniva bruciato per produrre il calore, separato dagli oggetti da cuocere.

Forno con copertura. 27


Con la ceramica gli artigiani Veneti costruivano soprattutto vasi che, inizialmente, venivano modellati con una tecnica detta “colombino”. Formavano un abbozzo di vaso sovrapponendo a spirale un cordone di argilla molle, poi portavano il vaso alla forma voluta facendolo ruotare a mano su qualsiasi Lavorazione dell’argilla, a tornio e a “colombino” tipo di appoggio. Più tardi, venne introdotto l’uso del tornio, una scoperta che semplificò la lavorazione dell’argilla, permettendo agli artigiani di modellare vasi di forma regolare. Mettevano l’argilla da modellare su un disco, che serviva da base di appoggio, posto su un perno o su un’asse. Con un contrappeso, chiamato volano, facevano girare velocemente il disco e quindi potevano modellare il vaso con le mani. Una volta costruiti, i vasi venivano decorati con varie tecniche: con motivi impressi, incisi, graffiti, a rilievo o dipinti. Terminata la decorazione, i vasi d’argilla venivano cotti nei forni e ne uscivano vasi in ceramica.

Vaso in ceramica, decorato con borchiette in bronzo.

Vaso in ceramica, decorato a fasce rosse e nere con disegni impressi. 28


La filatura e la tessitura Le donne venete erano capaci di filare le lane e le fibre vegetali e di tessere, poi, i tessuti. Il filo usato per tessere era ricavato sia dalla lana delle pecore e delle capre che allevavano, sia dalla fibra di lino, o di altri vegetali, che coltivavano. Per prima cosa lavavano, sgrassavano e cardavano (=pettinavano) i peli di animali, come la lana delle pecore e delle Le donne filavano e tessevano. capre, oppure mettevano a macerare, o seccare, le fibre vegetali come il lino. Poi prendevano la rocca, una lunga asta che terminava con una parte più grossa, dove mettevano la conocchia cioè una quantità di lana, lino o altro. Sul fuso, che era un bastoncino di legno, arrotolavano il filo, ricavato dalla conocchia tirando il blocco di lana con le mani. All’estremità inferiore del fuso infilavano la fusaiola, un piccolo “blocco” di terracotta forato al centro, che faceva ruotare il fuso in modo regolare. Gli attrezzi per filare. 29


Sul rocchetto avvolgevano il filo, dopo averlo districato e pulito con pettini di corno. Con il telaio lavoravano il filo e ottenevano cosÏ il tessuto. Fissavano i fili dell’ordito (quelli verticali) sul paletto superiore del telaio e, per tenerli ben tesi, legavano dei pesi al capo inferiore del filo. Tra questi fili poi passavano un pezzo di legno, chiamato navetta o spola, a cui era legato il filo della trama (quello orizzontale). Passavano il filo della trama in modo alternato tra i fili dell’ordito e creavano cosÏ, pian piano, il tessuto. Un rocchetto per avvolgere il filo.

Un telaio. 30


Il lino L’uso delle fibre di lino per la tessitura risale a circa 10.000 (diecimila) anni fa. Resti di reti da pesca in lino e capi di vestiario sono stati ritrovati in palafitte risalenti all’Età della Pietra. Il lino cresce in ambienti molto diversi. Un terreno abbastanza fertile o argilloso è quello più adatto alla coltivazione. Dopo lo sradicamento della pianta, i fusti di lino vengono raccolti e messi ad essiccare. Dopo l’essiccamento, se la pianta è coltivata per seme, il seme viene estratto per la produzione di olio e mangimi, oppure per la semina delle nuove piante. Il lino da seme viene prodotto e raccolto nello stesso modo del grano. Se la pianta del lino è coltivata per la fibra, i fusti vengono messi a macerare, lasciandoli sul terreno e sottoponendoli all’azione della pioggia e della rugiada, per permettere la separazione delle fibre dalla parte legnosa. I fusti marciti vengono aperti e le fibre vengono separate dalla parte legnosa, ottenendo così fibre lunghe e diritte che formano la fibra tessile.

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L’abbigliamento I vestiti indossati dai Veneti antichi venivano confezionati con i tessuti prodotti dalle donne, che erano molto esperte nella filatura e nella tessitura delle lane e delle fibre vegetali. Forse il colore più usato per tingere i tessuti era l’azzurro perché, a quei tempi, la parola “veneto” serviva per indicare il colore I costumi dei Veneti antichi. azzurro. Gli uomini più importanti portavano il mantello che veniva poi fermato con lo spillone. Le donne più importanti, invece, portavano lo scialle che copriva i capelli e scendeva sulle spalle, come un velo; per fermare lo scialle le donne usavano la fibula (= spilla). Sotto il mantello o lo scialle, i Veneti indossavano una leggera tunica stretta da un cinturone oppure sciolta; quella delle donne era molto più ornata e decorata. Sopra la tunica, sul davanti, le donne portavano un grembiule. Fibula a “sanguisuga” in bronzo (Museo Civico - Treviso, VI secolo a:C.) I Veneti antichi amavano ornarsi con gioielli. Usavano le collane, i pendagli, gli orecchini, le spille, gli anelli, i bracciali. Per costruire i gioielli usavano diversi materiali: l’argento, l'oro come rivestimento e le perle, ma soprattutto l'osso, il corallo, il bronzo, la pasta di vetro colorata e la preziosa, e Spilloni in bronzo ricercatissima, ambra. (Museo Civico - Treviso)

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Gli uomini veneti portavano un grande cappello con la tesa larga e rialzata sui bordi. Ai piedi calzavano degli stivali; quelli degli uomini avevano la punta rialzata, mentre quelli delle donne arrivavano a mezza gamba e avevano il gambale che si allargava ad imbuto. Gli uomini portavano i capelli alla pelata, le donne invece portavano i capelli sciolti, raccolti in una grossa treccia o raccolti in una coda di cavallo.

I costumi dei Veneti antichi.

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Il commercio I Veneti antichi commerciavano con tutti i popoli che vivevano nei territori vicini, soprattutto con gli Etruschi e con i Greci, ma anche con i Romani e i popoli che abitavano nei territori dell’Europa del nord. Dalle popolazioni che vivevano nell’Europa del nord, acquistavano lo stagno che era necessario per produrre il bronzo, la lega che poi loro utilizzavano per costruire le armi, gli oggetti di ornamento e gli utensili di cui avevano bisogno per svolgere le loro attività. I Veneti scambiavano, con gli altri popoli, i loro prodotti: oggetti in bronzo e in ceramica, tessuti, vino, cereali e cavalli. All’inizio barattavano (=scambiavano) i loro prodotti con quelli degli altri popoli. Più tardi, verso il IV-III secolo a.C., fu introdotta ed utilizzata la moneta. I mercanti veneti erano famosi, in tutto il mondo di allora, per l’ambra che è una resina prodotta dalle piante e fossilizzata. Il mercato. La trovavano nei paesi del nord, sulle rive del mar Baltico, e poi la utilizzavano per costruire preziosi gioielli, statuette, ma anche polveri medicinali. 34


La religione

Tratto da: Disco votivo in bronzo sbalzato con l’immagine della dea Reitia (Museo Civico – Treviso, V secolo a.C.)

I Veneti antichi consideravano gli elementi naturali come elementi sacri. Uno di questi elementi era l’acqua. Era considerata sacra ed era usata come oggetto di culto, infatti attorno ai santuari (=templi) c’era spesso un corso d’acqua. Un alto elemento sacro erano le piante. I Veneti antichi credevano che le piante fossero abitate da divinità protettrici del luogo. I Veneti adoravano più di una divinità, La dea Reitia. tra queste la principale era Reitia, chiamata anche Pora. Reitia era la divinità portatrice di salute, signora della natura, protettrice delle nascite e dea della fertilità, per questo era venerata soprattutto dalle donne. La dea Reitia è sempre rappresentata come una donna vestita con il tipico costume veneto: lo scialle, un’ampia gonna, gli stivali; in mano tiene la chiave per aprire la porta della vita nell’aldilà. Accanto a lei si trovano sempre rappresentati animali e piante. 35


I Veneti avevano costruito luoghi di culto (=luoghi dove andare a pregare) e santuari (=templi dedicati alle divinità), sparsi in tutto il territorio da loro abitato. Sia i luoghi di culto che i santuari erano sempre all’aperto, in ampi prati oppure nei boschi sacri. Essi erano sempre situati all'esterno delle Il santuario. zone abitate, vicino ai corsi d'acqua, a piccoli laghetti, alle fonti o alle sorgenti dei fiumi. Là i Veneti antichi andavano a compiere riti e a offrire doni per chiedere la protezione degli dèi. Un rito sacro era la libagione, che consisteva nell’offrire agli dei delle bevande, come vino, latte, miele e acqua. A volte, compivano un rito durante il quale sacrificavano gli animali Quando chiedevano la protezione, i Veneti offrivano agli dèi acqua e doni: ex voto. Gli ex voto erano oggetti in bronzo o in ceramica che si gettavano nelle acque sacre o si appendevano agli alberi. La forma degli ex voto dipendeva sempre La dea Reitia protegge gli animali. dalla grazia che si chiedeva. 36


Il culto dei morti I Veneti antichi credevano nella vita dopo la morte perciò, quando seppellivano il defunto, mettevano nella tomba anche il corredo funerario (=oggetti personali appartenuti al defunto). Inoltre, durante la sepoltura, praticavano il rito del banchetto funebre, cioè offrivano alle divinità cibi e bevande.

Offerta di bevande alle divinità.

In tutta la regione abitata dai Veneti antichi, gli archeologi hanno trovato molte necropoli (=città dei morti). Le necropoli erano fuori delle città, verso la campagna, ecco perché si sono conservate così a lungo, mentre le città sono state demolite e ricostruite. I Veneti antichi praticavano il rito della cremazione, cioè i corpi dei defunti venivano bruciati, facendo in modo che il corpo fosse tenuto lontano dal rogo. Le ceneri e i resti del defunto venivano poi raccolti in vasi ossuari (=vasi per i resti del defunto) che venivano deposti, insieme agli oggetti personali appartenuti al defunto, in tombe nelle necropoli, cioè gli antichi cimiteri. 37


Solamente le persone più importanti venivano sepolte nelle tombe. Ad Este è stata ritrovata, e poi ricostruita al Museo, una “ricca” tomba in cui era stata sepolta una donna di nome Nerka Trostiaia. Conosciamo il suo nome perché è inciso, in venetico, sulla situla di bronzo che conteneva il suo vaso ossuario ( EgoNerkaiTrostiaiai = Io Nerka Trostiaia ). Il corredo funerario era stato deposto in un grande sarcofago in pietra rosa con il tetto a due spioventi. Sulla stoffa, che un tempo avvolgeva la situla, erano fissati degli oggetti di abbigliamento: una collana di ambra, oro, argento e perle di pasta vitrea, fìbule d'argento rivestite d'oro, orecchini e anelli. Appoggiato ad una grande situla c’era un ventaglio. Nella tomba c’erano anche oggetti che ricordano le attività di allora. C’era una attrezzatura completa per il focolare composta da alari, spiedi, paletta, colino, coltello; una attrezzatura completa per la filatura e la tessitura composta dal telaio con il suo sedile, fuso, conocchia, spolette, rocchetti, fusaiole, scatolette per il filo; infine c’era un corredo da banchetto con gli oggetti in bronzo e in ceramica.

Tomba di Nerka (Museo Nazionale Atestino - Este, IV secolo a.C) 38


C’erano diversi tipi di tombe: “a terragna”, “a cassetta”, “a dolio”. La tomba “a terragna” era una buca nella quale mettevano direttamente il vaso ossuario e il corredo funerario. Nella tomba “a cassetta” la fossa era protetta da lastre di pietra o da tavole di legno. Nella tomba “a dolio” il vaso ossario e il corredo funerario venivano messi all’interno di un grande vaso.

Tomba “a cassetta”.

Tomba “a terragna”.

Tomba “a dolio”.

Gli archeologi hanno ritrovato il corpo di un defunto, ora conservato nel Museo di Este, che era stato sepolto senza essere stato bruciato, dunque, è molto probabile che il corpo non sia di un Paleoveneto (=Veneto antico).

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La scrittura La lingua dei Veneti antichi si chiama Venetico. La lingua venetica è “parente” del latino dal quale deriva la nostra lingua italiana. I Veneti impararono la scrittura dagli Etruschi. Il reperto che testimonia l’arrivo della scrittura nel Veneto è una coppa in bronzo con un’iscrizione dedicata alle divinità, realizzata nel VI secolo avanti Cristo.

Coppa in bronzo (Museo Nazionale Atestino - Este, VI secolo a.C.)

La scrittura venetica procedeva da destra a sinistra e le parole non erano divise ma scritte tutte di seguito. C’erano anche dei punti che però non servivano da pause, ma erano utilizzati per dividere le sillabe. Questo modo di scrivere, senza separare le parole, viene chiamato dagli esperti “scriptio continua”.

Stilo scrittorio in bronzo (Museo Nazionale Atestino - Este, IV-III secolo a.C.)

I Veneti imparavano a leggere e a scrivere nei santuari. La loro penna era uno stilo appuntito nella parte inferiore, mentre nella parte 40


superiore aveva una specie di “spatolina” che funzionava da gomma per cancellare; il loro quaderno era una tavoletta ricoperta di cera. Forse, i Veneti che imparavano a leggere e a scrivere avevano anche i libri per “studiare”: le tavolette alfabetiche in metallo nelle quali erano incise le vocali e le consonanti dell’alfabeto.

Tavoletta alfabetica in bronzo (Museo Nazionale Atestino - Este, V-IV secolo a.C.)

Le scritte in venetico si trovano nei reperti ritrovati nelle tombe o nei santuari; tutte le iscrizioni sono votive, cioè con la dedica agli dèi.

Lamina votiva in bronzo (Museo della Magnifica Comunità - Pieve di Cadore, V-IV secolo a.C)

Stele funeraria in pietra (Museo Civico - Padova, V secolo a.C.)

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La romanizzazione La romanizzazione, cioè quando i Veneti diventarono simili ai Romani per lingua, costumi e abitudini, avvenne lentamente e pacificamente. I Veneti si erano già alleati con i Romani per sconfiggere i Galli. Nel II secolo a.C per i Veneti fu un periodo di crisi e i Romani ne approfittarono per allargare il loro impero. Convinsero i Veneti ad inserirsi nell’Impero Romano, facendoli diventare cittadini romani. Per un po’ di tempo, i Veneti usarono sia la lingua venetica sia la lingua latina, poi il latino diventò la lingua dei Veneti. Stele funeraria in pietra, con iscrizione in latino (Museo Civico - Padova, I secolo a.C.)

Monete in argento (Museo Civico - Treviso, II-I secolo a.C.)

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Fonti bibliografiche

ANSELMI-BELLÒ-TURRI, Storia e leggenda dei Veneti, dalle origini alla romanizzazione, Tipografia Editrice Trevigiana - Treviso 1987. AA.VV., I Veneti dai bei cavalli, Canova - Treviso 2003. CAPUIS L., I Veneti. Società e cultura di un popolo dell’Italia preromana, Longanesi & C. - Milano 1993. CATALOGO DELLA MOSTRA Alle origini di Treviso. Dal villaggio all’abitato dei Veneti antichi, Treviso 2004. CHIECO BIANCHI A.M., Il Museo Nazionale Atestino di Este, Editoriale Programma - Padova 1985. DOTTI F., SMANIA A., Il Paesaggio nascosto. Analisi di un territorio veneto, Cleup Ed. - Padova 1999. FOCOLARI G., PROSDOCIMI A. L., I Veneti antichi. Lingua e cultura, Editoriale Programma - Padova 1988. QUADERNO DIDATTICO, Il passaggio del guerriero. Viaggio tra i santuari di Este preromana, Canova - Treviso 2002. RANDI F., TRAMAROLLO L., Il Museo Nazionale Atestino per i ragazzi, Padova 1999. TOMAELLO E., AKEO. Un viaggio tra antiche scritture, Canova e R. Bragaggia - Treviso 2001.

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Autori: Barbisan Briganti Brocca Candida Colombo Connola De Negri Di Pierro Liucci Manesso Margini Michelan Moro Paccagnan Pagotto Peatini Piccoli Polloni Pompeo Sottana Tesser Toniolo Trevisanello Volpato

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