Il volontariato pompieristico in Italia - Rivista dei pompieri Svizzeri

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Fr. 9.–

Frigobrand, Basel: 17 Tage im Einsatz Courtelary: Ancien pensionnat en feu Salvataggi sul ghiaccio


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Italia

Il volontariato ­pompieristico in Italia Quello che in Svizzera – ma anche in Austria, Germania, Francia, e pra­ ticamente in tutte le altre nazioni europee – è in prevalenza un servizio volontario, espletato da cittadini in aiuto di altri cittadini, in Italia è ­visto da tutti soltanto come un mestiere. Quei pochi volontari operano nell’ombra e sono spesso «fumo negli occhi» di coloro che conside­ rano «il pompiere» un posto statale se non addirittura un vero e proprio ammortizzatore sociale.

Foto: messa a gentile disposizione

L’Italia – a differenza delle altre nazioni europee dove l’organizzazione dei servizi di spegnimento degli incendi è in prevalenza

affidata alle singole municipalità – «vanta» una struttura centrale denominata «Corpo Nazionale Vigili del Fuoco». Il Corpo in-

tero è inquadrato nel «Dipartimento dei VVF, del soccorso pubblico e della difesa civile», organismo che dipende direttamente dal Ministero degli Interni, come la Polizia di Stato. Prima e dopo Cristo Quest’abitudine a «centralizzare» sembra avere radici antichissime. Nella Roma del 509 avanti Cristo, in un contesto urbano ­disorganico e disordinato con largo ricorso all’uso di legname per la costruzione di abitazioni, stipate d’ogni mercanzia, viene delineata la traccia preliminare di quella che costituirà in seguito un’organizzazione civile per difendere la città dai pericoli di calamità quali il fuoco e le inondazioni del Tevere. I «tres viri nocturni» erano dei magistrati che tra i vari compiti avevano anche l’incombenza di vigilare sugli incendi e avevano alle dipendenze servi pubblici e veri e propri agenti di polizia addestrati allo spegnimento. Nel 22 a.C. l’imperatore Ottaviano (cui fu dato il titolo di Augusto) riorganizzò l’organizzazione antincendio nell’Urbe e, in seguito, suddivise il Corpo in Compagnie o Brigate ripartite in quattordici regioni urbane con a capo un prefetto. Nel 6 d.C. venne costituita la Militia Vigilum con a capo il Praefectus Vigilum. Il Corpo dei Vigiles di stampo augusteo rimase per almeno cinque secoli pressoché inalterato. [1] Ancora oggi, a capo del Dipartimento dei Vigili del Fuoco è posto un prefetto. Dai Corpi Comunali al Corpo ­Nazionale, sarà stato un bene? Escluse le grandi cittadine, anche in Italia i corpi di pompieri nacquero su base comunale, retti da volontari, erano i Civici Pompieri, diffusi soprattutto a nord della penisola. Vi sono Corpi, nati nei primi anni dell’ottocento, che sono attivi ancora ai nostri giorni molti invece, con l’avvento del Corpo Nazionale, fecero una brutta fine.

Gli storici «Pompieri di Viggiù» quelli della ­famosa canzone, cancellati per decreto del ­Ministero negli anni 60.


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118 swissfire.ch 1|2011 Infatti con Regio Decreto Legge del 27 Febbraio 1939, poi convertito in Legge 1570 del 27 Dicembre 1941, nacque il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco chiamato inizialmente «a tutelare la incolumità delle persone e la salvezza delle cose, mediante la prevenzione e l’estinzione degli incendi …». 65 anni più tardi, con D.Lg. 139 dell’8 marzo 2006, si riconferma l’esclusività del CNVVF in merito a «prevenzione ed estinzione degli incendi su tutto il territorio nazionale». Nell’aprile del 1939, il prefetto Giombini emanò addirittura una circolare per vietare l’uso del termine «pompiere» in quanto vecchia parola contraria allo spirito della nuova organizzazione dei servizi antincendi. Nella corrispondenza ufficiale si dovrà utilizzare il solo appellativo di «vigile del fuoco». [2] Il confronto con la Francia e le eccellenze di casa nostra Una nazione simile all’Italia per determinati aspetti è la vicina Francia, si pensi che l’intero paese conta 38 700 sapeurs pompiers professionnelles e nella città di Parigi questi sono inquadrati secondo un sistema militare. In Italia il numero dei Vigili del Fuoco «permanenti» (così è chiamato il personale di ruolo del Corpo) ha una quantità numerica di poco inferiore a quella francese (33 000), ma c’è una differenza. In Francia i «professionisti» si trovano solo nelle grosse città industrializzate e tutta la provincia è servita da circa 200 mila sapeurs pompiers volontaires. In Italia i Vigili del Fuoco volontari (inquadrati nel Corpo Nazionale) sono appena 6mila, da questo conteggio sono esclusi i colleghi delle regioni e provincie autonome che dispongono di una propria organizzazione antincendi. Si pensi che la sola Provincia Autonoma di Trento ha lo stesso numero di pompieri volontari dell’Italia tutta e vi sono presidi in tutti i comuni del comprensorio (239). In provincia di Bolzano i Freiwillige Feuerwehr sono circa 16mila e vi sono caserme anche nelle frazioni. La Regione Autonoma Valle d’Aosta è dotata sì di un Corpo di professionisti (sono appena 213 uomini), ma la capillarità d’intervento è garantita anche grazie al contributo di 1600 vigili volontari (76 caserme in 73 comuni). Lo smantellamento di un servizio fatto di cittadini E pensare che il Regio Decreto 16 Marzo 1942 stabiliva la forza organica dei Corpi VVF: 3121 vigili permanenti e 22 478 volontari. Negli anni seguenti il secondo dopoguerra, mentre negli altri paesi europei il personale professionista veniva concentrato

I Vigili del Fuoco volontari del Corpo Nazionale hanno mezzi e uniformi identiche al personale «permanente» e a quest’ultimo sono equiparati.

solo nelle zone altamente urbanizzate o a rischio industriale, lasciando ai volontari il resto del territorio, da noi si provvedeva al graduale smantellamento delle sedi volontarie anche dai piccoli centri con il risultato di ridurle, in una nazione con 60 milioni di abitanti, ad una consistenza numerica inferiore anche allo Zambia ed al Mozambico. Viva le pompe dei pompieri di Viggiù Fu così che in pochi anni, distaccamenti con tradizioni ed attività risalenti a 100, 150 e talvolta 200 anni prima, furono smantellati non sempre per far spazio a sedi permanenti. Talvolta fatti sparire senza alcun motivo togliendo loro ogni sussistenza economica, materiale e soprattutto ostacolando l’arruolamento di nuovi cittadini volenterosi. Un esempio per tutti quello del Corpo Civici Pompieri di Viggiù, piccolo paese in provincia di Varese a ridosso del confine svizzero. Il maestro Fragna, milanese sfol-

lato a Viggiù durante la Seconda Guerra mondiale, vi dedicò quell’orecchiabile motivo: «Viva i pompieri di Viggiù, che quando passano i cuori infiammano …». Durante il fascismo i volontari perdono la loro autonomia e vengono inquadrati quale distaccamento dell’88.mo Corpo Provinciale di Varese (medesima sorte tocca anche a tutti gli altri corpi volontari della penisola, inclusi quelli delle provincie autonome che però, a conflitto terminato, l’autonomia se la riprendono). Con fatica a Viggiù i pompieri arrivano al 1962 facendo servizio con un camion FIAT 514 del 1930. Nel 1964 non si trovano i fondi per la ristrutturazione della casermetta ed il Ministero dell’Interno fa orecchie da mercante sino ad un anno più tardi quando il servizio viene soppresso (per volere di Roma), nonostante accese proteste degli abitanti della zona; le poche attrezzature vengono «sequestrate» dal Comando di Varese ed i volontari congedati. I Vigili del Fuoco volontari oggi Oggi i sopravvissuti allo smantellamento sono circa 6000 Vigili del Fuoco volontari in forza al Corpo Nazionale che operano in


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La sola provincia autonoma di Trento conta lo stesso numero di pompieri volontari dell’Italia ­Intera (6000). Giuseppe Zamberletti già ministro e fondatore della moderna protezione civile, lotta da 30 anni per riavere i «pompieri comunali». I volontari acquistano «in proprio» moderni mezzi che vengono poi donati allo Stato (nella foto vec­ chie e nuove autopompe della caserma di Carate Brianza nel milanese).

circa 250 distaccamenti dislocati per la maggioranza nelle regioni del Norditalia e operativamente rispondono ai Comandi provinciali del Corpo Nazionale. Le loro

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squadre sono a disposizione nelle 24 ore dei 365 giorni all’anno e spesso intervengono entro un massimo di dieci minuti dalla chiamata di soccorso. Il personale volontario gode delle qualifiche di agente o ufficiale di polizia giudiziaria che gli conferisce gli stessi diritti/­ doveri e responsabilità del personale permanente. In caso d’intervento congiunto (squadra volontaria e squadra permanente), il volontario è subordinato al «permanente» di pari grado (il «capo squadra permanente» è superiore al pari grado volontario, ma il «vigile permanente» no). I vigili volontari ricevono un rimborso spese solo per le sole ore impiegate nell’in-

tervento di soccorso, importo spesso (anche se non in tutte le caserme) devoluto alla cassa del Distaccamento per l’acquisto e mantenimento di nuovi automezzi ed attrezzature. Beni che essi sono poi costretti a donare (o cedere in comodato d’uso) allo Stato; il tutto anche con l’aiuto di fondazioni bancarie, regioni, province, comuni, altre autonomie locali, altri enti pubblici e privati ed Onlus appositamente costituite dagli stessi volontari. I vigili volontari sono reclutati fra coloro che ne facciano domanda presso i comandi provinciali, dopo che sia stata verificata l’idoneità psicofisica da apposite strutture del Servizio Sanitario Nazionale. Ottenuta l’iscrizione negli «Elenchi del Personale Volontario», gli aspiranti vigili devono ­seguire un corso di formazione di base di 120 ore presso i comandi provinciali, prima di poter venir impiegati nei servizi di soccorso. Nei medesimi elenchi risultano iscritti coloro che hanno svolto gli obblighi di leva (ora l’Italia ha un solo Esercito professionale) nel CNVVF e quei cittadini – che ne facciano domanda – e che possono venir richiamati, per esigenze dei comandi provinciali, di 20 giorni in 20 giorni (una sorta di lavoro part-time da svolgersi per un massimo di sei mesi all’anno). L’anomalia, da «volontari» a «precari da stabilizzare» Una delle recenti leggi finanziarie ha attribuito – a mio avviso erroneamente – la qualifica di «precari» a tutti i «vigili volontari» con susseguente impennata nelle richieste di reclutamento, da parte soprattutto di pseudo-volontari che puntano ad accumulare un certo numero di «giorni di


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I pompieri volontari sono stati snobbati ed utilizzati in minima parte per soli servizi di cucina.

richia­mo» intravedendo in questo il miraggio del «posto fisso» nella Pubblica Amministrazione. Tra questa miriade di «domande» rimangono in giacenza (addirittura per anni) quelle richieste di reclutamento da parte di cittadini che intendono contribuire alla difesa delle proprie collettività ed a tutela dei propri territori entrando a operare in un distaccamento di Vigili del Fuoco volontari. I tempi di risposta della macchina «Corpo Nazionale Vigili del Fuoco» È ormai naufragata l’iniziativa promossa dal Governo Berlusconi nel 2003 per favorire lo sviluppo del volontariato con il progetto «SOCCORSO ITALIA IN 20 MINUTI». Allora furono identificate le cittadine ideali per l’apertura entro cinque anni di circa 300 nuovi Distaccamenti di Vigili del Fuoco volontari in modo da portare, con costi realmente contenuti, il soccorso tecnico urgente a tutta la popolazione entro 20 minuti dalla richiesta di soccorso (20 minuti!). Purtroppo le «lentezze di mutamento culturale» da parte di alcuni comandanti provinciali abbinate a resistenze di natura corporativa all’interno del Corpo Nazionale hanno fatto in modo che solo il 12% del programma venisse attuato. Questo a prescindere dal colore politico del Governo in carica. Con questo lento ritmo, per costi­

tuire le 296 sedi oggetto del programma, occorrerebbero circa 42 anni. Nel frattempo i cittadini di circa 2000 comuni con oltre 1000 abitanti, per un totale di 11 milioni di persone, non riescono ancora a ricevere un soccorso dai Vigili del Fuoco entro 20 minuti con punte estreme d’attesa che arrivano sino a due ore. I costi Per il fatto di essere retribuiti nelle sole ore d’intervento e con spese di mantenimento delle sedi e del personale estremamente ridotte, alla collettività il costo dell’intervento effettuato dalla squadra volontaria è di almeno dieci volte inferiore rispetto a quello espletato dalla squadra di «permanenti» (il mantenimento di una struttura H24 con personale dipendente costa alla collettività, in media, un milione di euro; il presidio di volontari circa 50 mila). Questo è il motivo perché in Europa da anni si è deciso di potenziare il soccorso tecnico urgente quasi esclusivamente con il volontariato la cui economicità permette un dispiegamento capillare di sedi anche in quei luoghi non raggiungibili dal personale «professionista» in tempi ragionevoli. Le calamità nazionali In seguito al terremoto che ha colpito recentemente l’Abruzzo e che ha visto il concorso di diverse forze giunte da tutta la pe-

nisola, Giuseppe Zamberletti – fondatore della moderna Protezione Civile in Italia – ha dichiarato in un’intervista televisiva: «Grazie al cielo abbiamo un’area ristretta, ma se fosse stata molto vasta? Non abbiamo più i 40 000 militari di leva in campo; dobbiamo ritornare ai Corpi Comunali dei Pompieri con una catena di comando che possa radunarli in caso d’emergenza, come in Alto Adige. Sono molto importanti perché conoscono il territorio, possono guidare le squadre giunte in rinforzo nella ricerca dei dispersi e dei sepolti. Questo è uno sforzo che il paese deve fare!» Ma Zamberletti – commissario straordinario di Governo nel Friuli 1976; commissario straordinario in Campania e Basilicata dopo il terremoto del 23 novembre 1980 –

W  Antonio Ascanio Mangano Giornalista, Ca­ posquadra Vo­ lontario del CNVVF e diret­ tore respon­ sabile della ­rivista «VFV Tecnica Antin­ cendio e Protezione Civile» organo ufficiale dell’Associazione Nazionale Vigili del Fuoco Volontari.


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già 30 anni fa dichiarava: «L’Italia dovrebbe poter disporre di almeno 200 mila Vigili del Fuoco volontari, da affiancare a quelli professionisti, per assicurare una buona copertura antincendi e anticalamità in genere, a un paese come il nostro, che presenta una geografia tormentata e una notevole dispersione degli insediamenti abitativi.» Suggerimenti inascoltati per anni, ma addirittura si escludono, ancora oggi, dai soccorsi quei sei mila Vigili del Fuoco volontari che tutto l’hanno garantiscono il «soccorso tecnico urgente» – spesso in piena autonomia – nelle proprie zone operative di competenza.

Un clamoroso esempio di esclusione dai soccorsi dei Vigili del Fuoco volontari lo abbiamo avuto nell’ultimo terremoto in Abruzzo durante il quale a fronte di migliaia di VVF permanenti intervenuti, s’è data la possibilità di contribuire solo ad un centinaio (totale dei vari avvicendamenti) di «equivalenti» volontari, utilizzati per lo più in compiti di logistica e vettovagliamento. Addirittura – mentre i colleghi volontari delle regioni e province autonome il mattino dopo il sisma erano già in viaggio per L’Aquila – i vigili dell’unico distaccamento volontario aquilano (quello di Ovindoli) ve-

nivano cacciati dalla zona d’operazioni da un ufficiale permanente dei VVF. Per «riabilitarli» si rese necessaria una denuncia alla Procura della Repubblica da parte del Sindaco. f Antonio Ascanio Mangano

[1] Libro «Roma Città del Fuoco» edito dal ­Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma (2002). [2] Libro «uniformi e distintivi dei Vigili del ­Fuoco 1900–1965» Ed. Marvia

Comando d’impiego della formazione d’intervento d’aiuto in caso di catastrofe dell’esercito

Appoggio dell’esercito nel giro di quattro ore Stazionato a Bremgarten (AG), equipaggiato con mezzi moderni, e di­ sponibile sul posto con una sezione nel giro di quattro ore – il co­ mando d’impiego della formazione d’intervento d’aiuto in caso di cata­ strofe dell’esercito pronto ad appoggiare rapidamente e in modo efficiente le forze civili nel caso di un sinistro di vaste proporzioni.

Appoggio sussidiario Fino alla fine del 2007, la formazione aveva la sua ubicazione a Wangen a. A., dopodiché stata trasferita a Bremgarten (AG) dove ha sede tuttora. La formazione dispone di mezzi di salvataggio e mezzi tecnici del genio adatti per far fronte a un evento di grande portata o a un caso di ca-

tastrofe. Il comando appoggia le forze d’intervento ­civili in modo sussidiario, ovvero fornisce prestazioni che sono state stabilite

Foto e grafico: Cdo impg fo interv acc

Fino al 2004, l’aiuto militare in caso di catastrofe in Svizzera era garantito grazie al fatto che su tutto l’arco dell’anno era sempre in servizio un battaglione CR (salvataggio/aiuto in caso di catastrofe). Dopo la Riforma dell’esercito 21 non era più possibile garantire ininterrottamente la stessa prontezza all’impiego durante tutto l’anno in quanto i battaglioni di questo tipo erano stati ridotti a sei. Di conseguenza, nel 2004 è stato costituito un nuovo comando militare, nella fattispecie il comando d’impiego della formazione d’intervento d’aiuto in caso di catastrofe, in breve cdo impg fo interv acc. Questa soluzione ha permesso di concentrare i mezzi e di centralizzare l’istruzione.

Istruzione al WELAB.

dalla direzione d’intervento civile. A tal proposito si considerino i seguenti due esempi illustrativi: trasporto di grosse quantità d’acqua e impiego durante un incendio boschivo. Oltre ad appoggiare le forze d’intervento civili, in stato di necessità vengono pure fornite prestazioni a favore della popolazione. Anche per questo caso citiamo un esempio illustrativo: costruzione di un


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