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Anno XXIV- no 6 Novembre/Dicembre 2010
Via Palmieri, 47 Milano - Spedizione in abbonamento postale - 45% - art.2 comma 20/b legge 662/96 - Fil .di Milano
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ADERENTE ALLA FEDERAZIONE MONDIALE DELLE ASSOCIAZIONI VIGILI DEL FUOCO VOLONTARI (F.W.V.F.A.)
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NOVEMBRE/DICEMBRE 2010
RIVISTA UFFICIALE DELLʼASSOCIAZIONE NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO VOLONTARI
Direttore Responsabile Antonio Ascanio MANGANO Segreteria Editoriale P.I. Fabio MARANGONI
Comitato di Direzione Cav di Gran Croce Gino GRONCHI (Pres. Naz. Ass. Naz. VV.F.VV.) Carlo Alberto COCCHI, Roberto MUGAVERO, Mauro COLOMBINI, Francesco BIANCALANI, Erminio CAPPARONI, Claudio DI MAIO, Rolando FAGIOLI, Luca GERARDI, Gian Carlo NICOLI, Gianluca RONDI, Massimiliano TOLOMEI, Domenico VOLONTERIO, Marco ZUCCATO (Consiglieri Naz. Ass. Naz. VV.F.VV)
Inviato di Redazione Francesco MAZZILLI
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Aut. Trib. Milano n. 855/89
www.vfv.it DI
FOTO DI COPERTINA
EMANUELE COLCIAGO (8° CORSO VVFV COMANDO PROVINCIALE DI MILANO) EDITORIALE
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EDITORIALE [A LATO]
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VV.F.V. NEL FERRARESE, LA REALTÀ DI COPPARO
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IL MODELLO VVF VALDOSTANO A 10 ANNI DALLA COSTITUZIONE
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VIII CORSO PER VV.F.V. DEL COMANDO PROVINCIALE DI MILANO APRIRÀ LA PRIMA CASERMA VV.F.V. DEL CREMONESE
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CORPO VALDOSTANO ESERCITAZIONE E NUOVO POLISOCCORSO
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CHERNOBYL 25 ANNI DOPO
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SOLIDARIETÀ, AIUTIAMOLI A VIVERE
IL CdS BOCCIA IL NUOVO REGOLAMENTO DEL C.N.VV.F.
LA LEGGE CHE EQUIPARA “VOLONTARI E PERMANENTI” CHI COMANDA IN MONTAGNA E IN GROTTA?
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LUNOTTI FINESTRINI PARABREZZA
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PERSONALE VOLONTARIO: INSEGNAMENTO ALLA GUIDA
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POMPIERISTICA: DANNI ALLA TELA DEL TIZIANO
LʼINTERVENTO AL DES ALPES DI MADONNA DI CAMPIGLIO
LʼINTERVENTO AL RIFUGIO VALTELLINA DELLʼAPRICA IL CAPO INTERVENTO (ROS)
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Cari associati e colleghi, un altro anno è passato e se per certi versi possiamo ritenerci soddisfatti dei risultati raggiunti, per altri aspetti dobbiamo dichiarare che nulla o poco si è mosso; sappiamo bene, che per una società in continua evoluzione (nel bene o nel male) l’immobilità è deleteria. Ma veniamo con ordine. Importante è stata l’approvazione della legge 4 novembre 2010, n. 183 che finalmente sana una disparità di trattamento fra personale permanente e volontario in materia previdenziale e assistenziale a seguito di incidente nell’ambito del servizio di soccorso o di istituto. Il coinvolgimento di forze politiche bipartisan è stato fondamentale per ottenere questo primo risultato a sostegno dei colleghi (e loro famiglie) sfortunati. Una piccola soddisfazione ce la siamo tolta anche con la considerazione del Consiglio di Stato alle nostre osservazioni, riguardanti direttamente il personale volontario, sull’approvando Regolamento di Servizio del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Essere presi subito in considerazione dal supremo organo di consulenza giuridico-amministrativa del Presidente della Repubblica e non essere ascoltati dal nostro datore di lavoro (Dipartimento dei vigili del Fuoco) lascia chiaramente intendere qual è l’attuale nostro grado di frustrazione. Un altro piccolo successo, a prescindere da come poi andrà a finire, è l’essere stati ascoltati a Bruxelles da uno dei responsabili del Parlamento Europeo per il settore della Protezione Civile per i problemi che gravano sui vigili del fuoco volontari italiani. Questa indifferenza dilagante in “casa nostra” è poco giustificata dalle ristrettezze economiche cui il Corpo nazionale, come tutti noi, è sottoposto, perché in questo periodo i distaccamenti volontari non chiedono soldi o finanziamenti ma soprattutto una migliore organizzazione che un’impresa privata avrebbe meno difficoltà ad offrire perché questa deve affrontare la concorrenza di un mercato, pena la sparizione a favore di operatori più efficienti. w w w. a n v v f v. o r g Chissà se le ultime promesse del Dipartimento avranno a breve un seguito anche se, visti i precedenti, occorre essere molto cauti. Un augurio di un prospero anno 2011 a tutti voi e famiglie. Gino Gronchi VFV NOVEMBRE/DICEMBRE 2010
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spero abbiate trascorso delle feste serene e che gli interventi abbiano lasciato un po’ di spazio da dedicare alle vostre famiglie (augurio che formulo anche a me medesimo). L’incendio alla Basilica della Salute a Venezia, in laguna (con conseguente annacquamento del Davide e Golia del Tiziano), è stato l’occasione per affrontare il tema dei sistemi di spegnimento a schiuma compressa, quasi per nulla utilizzati nel Corpo Nazionale. Schiume di questo tipo sono state utilizzate invece nelle operazioni di spegnimento dell’incendio all’Hotel Des Alpes di Madonna di Campiglio, avvenuto esattamente tre anni fa. Il comandante dei locali VVF volontari, Franco Luconi Bisti, ci relazionerà sul sistema di comando e controllo messo in atto in quell’occasione. A proposito di “Comando”, i pompieri Svizzeri Claudio e Walter ci daranno alcune dritte sulle responsabilità del Capo Intervento (da noi il R.O.S.). Ancora in merito a tecniche d’intervento in tema d’incendi in montagna, vi racconteremo la notte di fuoco dei vigili del fuoco volontari dell’Aprica, impegnati nel “rocambolesco” incendio che ha distrutto il rifugio Valtellina del CAI. Sempre in merito a tecniche d’intervento, abbiamo affrontato cristalli, finestrini e parabrezza; come spaccarli, segarli e rimuoverli in sicurezza (per noi e per gli occupanti delle auto). Il Corpo Valdostano dei Vigili del Fuoco ha compiuto dieci anni ed i volontari di Copparo, nel Ferrarese, soltanto sei, ma se la stanno cavando entrambi benissimo. Sono passati già 25 anni dalla drammatica esplosione del reattore nucleare di Cernobyl, il collega livornese Davide Livocci (giornalista e pompiere) ha visitato per noi quei luoghi e ci racconterà le sue sensazioni, la sua incredulità e le sue riflessioni. Vi auguro una buona lettura ed un 2011 da vivere a testa alta. Ascanio
direttorevfv@me.com
h t t p s : / / t w i t t e r. c o m / p o m p i e r i PS: Nel 2007 i pompieri di Campiglio – nell’incendio al Des Alpes - dovettero attendere l’autoscala distrettuale di Tione (certo nel mentre non stettero con le mani in mano). In questi giorni (mentre io vi scrivo da questo precario cestello) la Provincia Autonoma di Trento li ha dotati di una scala aerea Metz su telaio MAN 4x4, un vero gioiello. Incendi come quello del 31 dicembre faranno meno paura. VFV NOVEMBRE/DICEMBRE 2010
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Cari lettori/pompieri,
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VIII Corso per Vigili Volontari del Comando Provinciale di Milano Sono entrati in servizio 23 nuovi vigili del fuoco volontari nelle caserme della Provincia Milanese. I neopompieri hanno seguito un severo corso di formazione -spalmato nei fine settimana nell’arco di sessanta giorni- tenutosi presso il comando provinciale milanese. di Antonio Ascanio Mangano foto Emanuele Colciago
eguiti da istruttori professionali e da ufficiali e capi squadra volontari, gli aspiranti vigili sono stati indottrinati su diversi argomenti: lezioni teoriche, quelle sulla chimica della combustione, ma anche addestramento ginnico (che ha messo a dura prova le buone forchette) e tanta pratica. Montaggio e salita delle scale, lavori in quota, manovre dʼincendio ai piani alti e uso di utensili oleodinamici per “lʼestricazione” di feriti intrappolati tra le lamiere di unʼautomobile. Da tutta la provincia milanese partecipavano una sessantina di pompieri in erba ma alla fine del percorso sono giunti soltanto due terzi; in venti hanno chiesto di non venir assegnati ai distaccamenti volontari “preferendo” lʼimpiego presso le sedi permanenti col famoso sistema dei “richiami” (un modo per poi dichiararsi precari ed aderire a comitati per chiedere lʼas-
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sunzione di ruolo?). Alcuni potenziali Grisù sʼerano persi dʼanimo già durante la “prova vertigini” che prevedeva di passeggiare e accovacciarsi sul davanzale di una finestra, al terzo piano del castello di manovra della caserma centrale di Via Messina. Una delle prove più selettive quella che prevedeva di camminare accovacciati in uno stretto cunicolo cosparso di fango e saturo di fumo, con tanto di pesante autorespiratore sulle spalle. Ma i volontari delle caserme di provincia in alcune la tradizione pompieristica si tramanda ormai da un secolo e mezzohanno superato brillantemente anche le prove più difficili. Immancabili poi i nodi, lʼuso delle motoseghe e delle motopompe e addirittura tecniche
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di “auto protezione” e soccorso in acqua.
I 23 ragazzi (ma cʼè pure qualcuno sulla quarantina) sono ufficialmente operativi e impiegabili nei servizi di soccorso tecnico urgente anche se il loro inserimento nelle squadre ordinarie avverrà in maniera graduale. Da premiare non solo buona volontà e tenacia ma anche una dose smisurata di pazienza. Alcuni vigili, infatti, risultavano iscritti da quasi cinque anni ma non potevano saltare sul camion proprio perché al quartier generale dei pompieri erano particolarmente restii ad organizzare un corso specifico per volontari. Tra lʼaltro, ahinoi, i volontari “puri” (quelli dei distaccamenti che solitamente svolgono un altro lavoro) non hanno alcuna precedenza rispetto a coloro che invece si iscrivono per lʼinflazionato “servizio discontinuo” che poi lavorano nelle sedi cittadine impiegati specialmente in servizi di supporto (telefoni, cucina, pulizia, commissioni).
I distaccamenti volontari rimpinguati di uomini sono tutti i dieci della provincia ed a Garbagnate e Inveruno sono entrate in servizio anche due “femminucce”, si chiamano Giuliana e Laura. Nessuno sconto per la ventitreenne Lauretta e per la compagna più grandicella, hanno seguito lʼidentico percorso dei colleghi maschietti e pare che -grazie a determinazione e allenamento- siano riuscite anche a “bagnare il naso” di qualche ercolino di Città.
In senso orario dall’alto: tecniche di autoprotezione in acqua; Giuliana pronta per l'innesto del "primo pezzo"; Lauretta ancora la scala a ganci; Giuliana affatticata; come spengo un'autovettura in fiamme giù nel cunicolo "affumicato"; come chiudere una bombola di GPL in fiamme.
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DEL FUOCO VOLONTARI NEL FERRARESE
LA REALTÀ DI A CURA DELLA
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REDAZIONE
i questo passo per costituire le 296 sedi oggetto del programma occorreranno circa 42 anni. Nel frattempo gli abitanti (ignari) di circa 2.000 Comuni con oltre 1.000 abitanti, per un totale di 11 milioni di persone, non riescono ancora a ricevere un soccorso dai Vigili del Fuoco entro 20 minuti e -in casi estremi- i tempi dʼattesa si allungano sino a due ore. Nel contesto di questo progetto: “Italia in 20 minuti”, nacque la proposta di istituire nella Provincia di Ferrara due distaccamenti di Vigili del Fuoco Volontari. Vennero individuate le municipalità di Bondeno e Copparo. Le crescenti esigenze in termini di sicurezza e protezione dagli eventi calamitosi ordinari ed eccezionali, lʼincremento del fabbisogno di sicurezza derivante anche dal progresso tecnologico, la rilevanza strategica del volontariato adeguatamente formato e coordinato, la necessità di intervenire con sempre maggiore rapidità in caso di bisogno, furono i principali motivi alla base di questa iniziativa. I Comuni di Bondeno e Copparo risultavano i punti più indicati per rendere più efficace il servizio di soccorso tecnico urgente. Grazie ad una disponibile amministrazione comunale e ad una consistente risposta da parte della popolazione nacque un primo gruppo di una decina di volontari che, una volta frequentato il corso di formazione iniziale, diventarono operativi e nel giugno 2004 inaugurarono il Distaccamento dei vigili del fuoco volontari di Copparo. Nel 2005 grazie ad un 3° corso indetto dal Comando Provinciale VVF di Ferrara, si aggiunse unʼaltra decina di volontari che portò la reperibilità del distaccamento ad un H12 nei giorni feriali e H24 nei giorni festivi. Altri due corsi portarono al distaccamento nuovi vigili, che contribuirono ad avere maggiore risposta.
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Nel 2003 il governo Berlusconi promovette lʼiniziativa “Soccorso Italia in 20 minuti” che consisteva nella necessità di coprire il più capillarmente possibile la “periferia nazionale” in caso di richiesta di soccorso tecnico. Allora furono identificate le cittadine ideali per lʼapertura entro 5 anni di circa 300 nuovi Distaccamenti di vigili del fuoco volontari in modo da portare, con costi realmente contenuti, il soccorso tecnico urgente a tutta la popolazione entro venti minuti dalla richiesta di soccorso. Purtroppo le “lentezze di mutamento culturale” da parte di alcuni Comandanti provinciali abbinate a resistenze di natura corporativa allʼinterno del Corpo nazionale, fecero in modo che solo il 12 % del programma venisse attuato. E questo a prescindere dal colore politico del Governo in carica.
Dal 2004 al 2008 il distaccamento di Copparo è cresciuto (uomini, mezzi ed interventi....) passando da una decina di volontari ad oltre 30, e da un centinaio di interventi del 2004 ad oltre 300 nel 2008, e allʼarrivo di nuovi mezzi ed attrezzature. I NUMERI
• Operativi dal 2004 con una media di 300 interventi allʼanno; • Organizzano frequentemente manifestazioni di Pompieropoli per i bambini e collaborano con lʼUnicef per la raccolta fondi; • Si apprestano a fondare la ONLUS (AAPC-Associazione Amici-pompieri –Copparo); • la prossima primavera inaugureranno la nuova sede nella quale già operano e stanno ultimando i lavori di rifinitura, (vi hanno traslocato la scorsa estate). • Sono operativi 28 vigili volontari di cui 12 con patente 3 grado, 5 addetti allʼTPSS (tecniche di primo soccorso sanitario), due addetti allʼATP (auto protezione in ambiente acquatico); • intervengono in prima istanza in 6 Comuni, distano circa 20 Km dalla sede centrale del Comando di Ferrarra ed altri venti da una sede permanente; • collaborano assiduamente con i colleghi del Distaccamento Volontari di Bondeno coi quali sono in ottima sintonia ed organizzano manifestazioni congiunte; • i mezzi: APS 190, un polisoccorso, un Land Rover Defender con modulo ESK per incendi boschivi, un carrello con motopompe fango e Varisco, una campagnola trainante un piccolo gommone . Il capo distaccamento è attualmente Alessandro Zanella.
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Il Comune di Piadena è
stato individuato quale sede per lʼapertura di un distaccamento di vigili del fuoco volontari ed il Comandante Provinciale Roberto Toldo sembra essere particolarmente favorevole allʼiniziativa.
APRIRÀ LA PRIMA CASERMA VVF VOLONTARI DEL CREMONESE A CURA DELLA
REDAZIONE
iadena è una municipalità della Provincia di Cremona che conta tremilaseicento abitanti e che si trova a circa 35 chilometri dal capoluogo Cremona, sede del Comando Provinciale dei vigili del fuoco. Lʼunico distaccamento di detto comando è quello “permanente” di Crema che dista però da Piadena circa 70 chilometri quindi non adatto ad intervenire in “secondo impiego” nel paese sito sulla sponda destra dellʼOglio. Gli altri presidi del 115 più “vicini” sono quelli di Mantova (35 Km), Parma (40 km) e Brescia che dista cinquanta chilometri da Piadena.
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I promotori dellʼiniziativa hanno preso contatti con lʼANVVFV e visiteranno uno o più presidi volontari al fine di informarsi su come andare ad organizzare la nuova casermetta piadenese.
Il nuovo “avamposto di soccorso” servirà anche a garantire tempi di risposta migliori nei comuni contigui con Piadena che sono: Calvatone, Casteldidone, Drizzona, San Giovanni in Croce, Solarolo Rainerio, Tornata e Voltido. Ma Piadena confina anche con Canneto sullʼOglio e Rivarolo che, pur essendo vicinissimi, appartengono alla provincia di Mantova.
Il Comandante Provinciale di Cremona (Ingegner Toldo) sʼè detto soddisfatto dellʼiniziativa che mira a garantire tempi di soccorso più rapidi sulla provincia cremonese e ha invitato i vertici dellʼAssociazione Nazionale Vigili del Fuoco Volontari a contattare le autorità locali al fine di presentare lʼattività e dare sostegno al progetto.
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IL MODELLO VVF VALDOSTANO A 10
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DALLA SUA COSTITUZIONE Nel terzo fine settimana di settembre si sono tenuti ad Aosta i festeggiamenti per il 10° anniversario del Corpo valdostano dei vigili del fuoco. A CURA DELLA
REDAZIONE,
dare il via ai lavori il convegno internazionale dal titolo “I Vigili del Fuoco. La Doppia sfida del territorio e delle competenze”, che sʼè tenuto nel salone delle manifestazioni di Palazzo Regionale durante lʼintera giornata di sabato. Ad introdurre e dirigere il convegno il Presidente della Regione Augusto Rollandin. Un momento per confrontare le diverse realtà organizzative dei servizi antincendio di Italia, Spagna, Francia e Svizzera con il modello valdostano; analizzando in particolare le problematiche relative alla formazione del personale tecnicooperativo.
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“Quello che come Regione mettiamo in campo per i Vigili del fuoco è un investimento anche ingente dal punto di vista
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ANDREA CAPPELLO
economico, ma crediamo si tratti di un investimento dovuto per la sicurezza di tutta la comunità ed è condiviso da tutte le forze politiche”-ha affermato Augusto Rollandin, governatore della Regione Valle dʼAosta che ha poi ricordato: ʻʼGrazie alla nuova legge regionale che ha riunito ulteriormente le due componenti dei vigili del fuoco, quella professionista e quella volontaria, la Valle dʼAosta può contare su più di 1800 persone in grado di fare fronte a qualsiasi emergenza sul territorio 24 ore sul 24 per 365 giorni allʼannoʼʻ.
Sono intervenuti anche: il comandante del Corpo Permanente VVF di Bolzano, il direttore della Scuola Nazionale di Protezione Civile di Madrid, lʼispettore cantonale del Service du feu du Valais (Svizzera). David Sáinz Jiménez -direttore dellʼAgenzia Navarra dʼEmergenza- ha illustrato lʼorganizzazione dei servizi di soccorso nelle realtà locali, regionali ed autonome della Spagna. Un organismo unico (Navarra Emergency Agency) che integra la gestione delle emergenze degli organismi di sicurezza e pronto soccorso indipendentemente dalle amministrazioni di provenienza. Il Capo del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco (Ministero degli Interni), Alfio Pini ha invece citato lʼimminente riorganizzazione sul territorio
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dellʼintero corpo dei vigili del fuoco, con un progressivo decentramento. Rivolgendosi ai ʻʼfratelli/cugini della Valle dʼAostaʼʻ, Pini ha messo in luce il rapporto di grande collaborazione. ʻʼNoi mettiamo a vostra disposizione le strutture formative e in cambio abbiamo da parte vostra grande disponibilità e la forza dei numeriʼʻ (riferendosi forse allʼultimo impiego dei VVF valdostani -permanenti e volontari- sul terremoto che ha colpito la Provincia dellʼAquila. Evento nel quale, paradossalmente, i pompieri volontari del “suo” Corpo Nazionale non sono stati nemmeno considerati). Sempre sabato, in Piazza Plouves, i vigili del fuoco hanno incontrato la popolazione, attraverso lʼallestimento di nove atelier, uno per ogni Comunità montana e uno per la città di Aosta, dove sono stati esposti mezzi e attrezzature usati per gli interventi. Alle ore 17.00, si sono poi svolte una dimostrazione operativa e un saggio ginnico.
I festeggiamenti sono poi proseguiti domenica 19 settembre, in Piazza Chanoux, dove, dalle 9.30, i vigili del fuoco, nellʼesercizio di un saggio, hanno mostrato le tecniche dʼintervento comunemente impiegate. In particolare, sono stati effettuati salti sul cuscino pneumatico, una dimostrazione delle unità cinofile ed alcune manovre del nucleo SAF (Speleo Alpino Fluviale).
In piazza Chanoux sono stati esposti gli automezzi di intervento del Corpo valdostano e di altri Corpi. Il saggio sʼè poi chiuso con lo spiegamento delle bandiere istituzionali, momento in cui è stato presentato ufficialmente il nuovo simbolo del Corpo valdostano dei vigili del fuoco, studiato in occasione del suo 10° anniversario. Un Corpo giovane quello valdostano dei VVF (istituito con legge regionale n°7/1999) ma non bisogna dimenticare che la secolare tradizione di solidarietà delle piccole comunità di montagna si perpetua ancora oggi, allʼalba del terzo millennio, grazie al personale volontario: numerosi sono infatti i distaccamenti che hanno già festeggiato lʼimportante traguardo del secolo di vita.
La presenza di 76 distaccamenti in 73 comuni dei 74 componenti la REGIONE AUTONOMA VALLE DʼAOSTA, è la prova del radicamento di tale “servizio” allʼinterno di una popolazione che da sempre ha dovuto trovare in se stessa la forza per lottare e reagire alle avversità della vita e del vivere in montagna. La solidarietà era infatti la naturale base portante dellʼimpegno richiesto agli “uomini validi” ed ogni comune aveva un proprio regolamento che ne definiva lʼazione e gli ambiti dʼintervento.
Domenica, al fine di salutare in grande stile tutti gli intervenuti, alle 11.30, al teatro Giacosa di Aosta, è stato eseguito il Concerto dellʼOrchestra “Antica Musica del Corpo dei Pompieri di Torino 1882”. Struttura operante tra i pompieri torinesi già prima del 1882 e ricostituita da alcuni anni. L”Orchestra”, che caratterizzò la fine del 1800 sino alla prima metà del 1900, è attualmente composta da 85 elementi, nelle divise tipiche del tempo e provenienti dallʼambito orchestrale del Piemonte, della Valle dʼAosta e della Liguria, ed è strutturata in dodici sezioni: flauti, oboi, fagotti, clarinetti, saxofoni, trombe, corni, tromboni, flicorni, baritoni, bassi, percussioni e tamburi imperiali.
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di Andrea Cappello e Luca Ghirardo * In Valle dʼAosta sʼè svolta unʼesercitazione regionale che ha viste impegnate le diverse componenti del sistema di Protezione Civile e poi toccato ai vigili del fuoco volontari della Valdigne Mont-Blanc, mettersi alla prova nel contesto dellʼesercitazione annuale di Comunità Montana. A Nus (nella valle centrale della Dora Baltea) è invece entrato in servizio un moderno furgone “polisoccorso”.
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lla fine di settembre, il Corpo valdostano dei vigili del fuoco ha partecipato ad unʼesercitazione regionale di Protezione civile in scala reale, nel comune di Fénis, dove si sono svolte azioni concrete sul territorio con il coinvolgimento della popolazione locale.
Eʼ stato immaginato uno scenario alluvionale, dove il perdurare di condizioni di elevata criticità idrogeologica e idraulica ha causato instabilità del terreno, provocando frane, allagamenti e incidenti.
Tra i vari interventi effettuati dalle due componenti del Corpo Valdostano dei vigili del fuoco (volontaria e professionista), nel corso dellʼesercitazione, questi ultimi sono intervenuti con il “gruppo taglio” elitrasportato e proveniente da terra in un incidente stradale allʼinterno del vallone di Clavalité e in un bacino della stessa valle per testare le procedure di azionamento delle motopompe. Altre squadre di vigili del fuoco sono state impegnate il giorno dopo in una ricerca persona con lʼausilio delle unità cinofile.
Lʼobiettivo principale dellʼesercitazione è stato quello di far lavorare a stretto contatto le varie forze operanti nel settore della Protezione civile.
Sabato 16 ottobre è toccato ai Vigili del fuoco volontari della Valdigne Mont-Blanc che si sono addestrati nellʼambito dellʼesercitazione comunitaria che viene effettuata con cadenza annuale. Circa 70 vigili del fuoco volontari e tre professionisti si sono dati appuntamento a 1800 metri quota per la simulazione di un incendio che ha coinvolto un stalla e un bosco. I vigili del fuoco sono stati impegnati nelle opere di spegnimento, di ricerca persona in luogo confinato e di adescamento, nonché costruzione di una linea di motopompe, per il rifornimento idrico. Il luogo, piuttosto impervio, fuori dalle normali vie di comunicazione e lontano dalle normali utenze idriche ed elettriche è stato scelto per testare le problematiche legate ad interventi di questo tipo, che si verificano nel territorio valdostano.
Il Distaccamento dei vigili del fuoco volontari di Nus invece, che conta 56 vigili comandati dal Capo Distaccamento Remo Carcano, ha invece inaugurato il
nuovo polisoccorso Mercedes Spinter 315 4x2 2100 150 cv. allestito dallʼazienda Kofler Fahrzeugbau di Bolzano e dotato delle seguenti principali dotazioni: •
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generatore da 13 KVA monofase/trifase azionato tramite presa di forza originale del veicolo e linea di trasmissione con albero cardanico;
colonna fari da 5 mt. a rotazione elettrica con due fari da 1000 W orientabili elettricamente; modulo Towerlux da 1.000W;
motopompa antincendio.
Questo moderno automezzo è andato a sostituire un vecchio furgone Alfa Romeo F20 risalente agli anni ʼ70, pezzo ormai da museo ma perfettamente ben mantenuto dai vigili volontari. Nella caserma di Nus, per far fronte alle richieste locali di soccorso, è anche in servizio unʼautobotte da 1.400lt. Bremach 4x4.
Lʼinaugurazione del nuovo “polisoccorso” è stata anche lʼoccasione per ringraziare i vigili CHEVRIER Ezio e VIAL Franco che per raggiunti limiti di età si godranno la meritata “pensione” dopo anni di dedizione e questo tipo di volontariato.
(*) rispettivamente responsabile dellʼufficio stampa del Corpo Valdostano dei Vigili del Fuoco e capo squadra del distaccamento dei vigili del fuoco volontari di Nus.
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A IUTIAMOLI A VIVERE DI
A. ASCANIO MANGANO
Chi non è più un ragazzetto, ricorderà quella maledetta primavera dell’ottantasei quando, a causa di carenza d’informazioni tecniche e d’una tragica sottovalutazione delle procedure di sicurezza -durante un esperimento tutt’altro che nuovo- 2 tremende esplosioni distrussero il reattore n°4 della centrale nucleare di Chernobyl. a nube radioattiva che sʼinnalzò immise nellʼatmosfera un numero di radionuclidi 600 volte superiore a quelli prodotti dalla bomba atomica di Hiroshima. Tre persone morirono nellʼimmediato, altre 28 nei giorni successivi e 237 furono colpite da sindrome acuta da radiazioni. In seguito al disastro un quinto della popolazione bielorussa fu interessato dalle conseguenze dellʼincidente, aumentarono infatti esponenzialmente le malattie congenite, 400 bambini furono poi colpiti da cancro alla tiroide. I componenti radioattivi più leggeri, dissolti nella nube, giunsero fino alla nostra penisola e per un periodo venne sconsigliato il consumo di latte crudo e di verdure a foglia larga. In Bielorussia invece i prodotti della terra hanno continuato a mangiarli anche se ci vorranno oltre cento
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anni perché il terreno dellʼintera repubblica ritorni coltivabile. Negli anni la comunità internazionale sʼè mobilitata al fine di attivare quello che viene chiamato “allontanamento terapeutico” per i bambini: in un mese di permanenza allʼestero i piccoli pare riescano a perdere dal 30 al 50% del cesio 137 (radioattivo) che normalmente, a casa, ingeriscono attraverso i cibi. Ma in troppi una casa in cui tornare non lʼhanno, ventimila bambini vivono infatti in orfanotrofio.
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La finalità principale della Fondazione Aiutiamoli a Vivere (riconosciuta di recente quale ONGOrganizzazione Non Governativa) è proprio quella dellʼospitalità dei bambini, presso i comuni italiani, per periodi di trenta giorni ogni 12 mesi. Sono una trentina questʼanno i bimbi ospitati dalle famiglie di undici paesi di Castanese e Magentino ma ce ne sono un bel numero anche a Busto Garolfo. I bambini (7/9 anni) sono aggregati alle scuole elementari del circondario e supportati da due interpreti e due insegnanti madrelingua.
Al pomeriggio e nei week end entrano in gioco i volontari del comitato locale della Fondazione (Valle Ticino) che organizzano per gli ospiti attività ricreative. Intervistiamo Roberto Ulivi, il vicepresidente, in tenuta da bagno a bordo vasca delle piscine comunali di Cuggiono, mentre e intento a vigilare sui ragazzini: “Sono in 34 i bambini questʼanno e rimarranno nelle nostre famiglie fino al prossimo 25 ottobre; qualche anno fa siamo riusciti ad ospitarne più di 60, tutto dipende dalla disponibilità dei cittadini ai quali consiglio vivamente di provare questʼesperienza di solidarietà. Unʼopportunità formativa non solo per i bambini ma anche per coloro che li accolgono nel proprio focolare”.
Prima di ripartire dopo questi 30 giorni di vacanza/studio i bimbi sono stati accompagnati dal presidente Enrico Temporiti a visitare la caserma dei vigili del fuoco volontari di Inveruno. Getti dʼacqua con il naspo, giri di giostra sullʼautoscala dei colleghi legnanesi, un gadget da portarsi a casa e una buona merenda a base di pane e nutella.
“AIUTIAMOLI
A
VIVERE” – da Fondazione a ONG
Una Organizzazione Non Governativa (ONG) è una organizzazione che è indipendente dai governi e dalle loro politiche. Generalmente, anche se non sempre, si tratta di organizzazioni non aventi fini di lucro, che ottengono almeno una parte significativa dei loro introiti da
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fonti private, per lo più donazioni. Nel mondo anglosassone vengono spesso identificate con le sigle PVO Private Voluntary Organizations, preferita a NGO- Non Governmental Oranization. Lʼespressione organizzazione non governativa è stata menzionata per la prima volta nellʼambito delle Nazioni Unite: lʼarticolo 71 della Carta costituzionale dellʼONU prevede infatti la possibilità che il Consiglio Economico e Sociale possa consultare “organizzazioni non governative interessate alle questioni che rientrano nella sua competenza”. Le ONG esistono per una miriade di scopi, tipicamente per portare avanti le istanze politico-sociali dei propri membri, spesso trascurate dai governi. Alcuni esempi sono: il miglioramento dellʼambiente, incoraggiamento dellʼosservazione dei diritti umani, lʼincremento del benessere per le fasce di popolazione meno benestanti, o per rappresentare unʼagenda corporativa, ma ci sono tantissime organizzazioni e i loro scopi coprono unʼampia gamma di posizioni politiche e filosofiche. Tipicamente fanno parte del movimento ecologista, pacifista laburista o dei popoli indigeni, e non sono affiliate formalmente ad alcun partito politico o punto di vista che non siano i diritti umani o la pace o lʼecologia
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o la tolleranza. Alcune ONG sono coperture di gruppi politici o religiosi ma queste hanno minor credibilità globale. Le ONG impiegano metodi diversi tra loro. Alcune agiscono principalmente come gruppi di pressione politica, altre conducono programmi che aiutano il loro scopo (ad esempio: una ONG preoccupata di alleviare la povertà che fornisce aiuti alimentari ai bisognosi). Le relazioni tra finanza, governi e ONG possono essere abbastanza complesse e talvolta antagoniste, particolarmente nel caso di ONG che si oppongono ad alcune attività governative o finanziarie. Un settore specifico delle ONG sono le ONG di cooperazione allo sviluppo. Queste sono le libere associazioni, create da privati cittadini che, per motivazioni di carattere ideale o religioso, intendono impegnarsi a titolo privato e diretto, per dare un contributo alla soluzione dei problemi del sottosviluppo, principalmente quelli del “sud del mondo”. Queste non avendo fonti di finanziamento istituzionali, ed essendo per statuto senza finalità di lucro, in ragione della filosofia umanitaria e sociale che le anima, realizzano le loro attività grazie a finanziamenti esterni; si basano comunque anche sullʼapporto di lavoro volontario, gratuito o semigratuito, offerto da membri e simpatizzanti. I due caratteri essenziali per definire unʼorganizzazione non governativa di cooperazione allo sviluppo, sono quindi costituiti dal carattere privato, non governativo dellʼassociazione, e da quello dellʼassenza di profitto nellʼattività. Caratteristica di queste organizzazioni è una forte spinta ideale, finalizzata allʼobiettivo di contribuire allo sviluppo globale dei paesi socialmente ed economicamente più arretrati. Da questʼanno, con il Decreto del Ministero degli Affari Esteri del 07/06/2010 n° 128/001539/1, la Fondazione “Aiutiamoli a Vivere” è ORGANIZZAZIONE NON GOVERNATIVA.
I Comitati e i membri del Consiglio dʼAmministrazione hanno creduto in questo processo di trasformazione che li ha visti tutti protagonisti di unʼazione di concreta solidarietà verso i bambini bielorussi accolti in soggiorni solidaristici ma con la certezza che quello “spontaneismo” si stava trasformando in “consapevolezza” che il “Modello” costruito per le popolazioni infantili bielorusse poteva essere utilizzato in ogni parte di mondo dove cʼè bisogno di “concreta solidarietà”.
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CHERNOBYL 25
ANNI DOPO di Davide Livocci e Kateryna Kelbus *
Erano da poco passate le 1 della notte del 26 aprile 1986 quando il reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl esplose, Vladimir Pravik era il Caposquadra del
primo gruppo di Vigili del Fuoco
arrivato sul luogo del disastro
con il comando di spegnere un
incendio causato da un
semplice corto circuito.
Pravik morì il 9 maggio 1986, 13 giorni dopo lʼesplosione e come lui morirono molte
centinaia di Vigili del Fuoco
in azione in quei giorni.
a quantità di materiale radioattivo rilasciata dallʼincidente fu massiccia; una nube tossica contaminò pesantemente Ucraina, Bielorussia e parte della Russia e sospinta dalle correnti atmosferiche, giunse a interessare gran parte dellʼEuropa. La zona che fu maggiormente esposta alle radiazioni fu quella compresa entro un raggio di 30 km dalla centrale, chiamata “zona di esclusione” e ancora oggi interdetta e presidiata militarmente; nelle ore comprese fra lʼesplosione e lʼevacuazione dellʼarea, in cui vivevano circa 135.000 persone 48.000 delle quali nella vicinissima città di Prypjat, la popolazione fu esposta a una dose elevatissima di radiazioni che provocò danni alla salute ingentissimi e ancora oggi incalcolabili.
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A causare lʼincidente fu un esperimento che aveva, paradossalmente, lo scopo di verificare il funzionamento in sicurezza del reattore in condizioni di momentaneo black-out; nel corso di questa simulazione si mischiarono fatalmente violazioni delle procedure operative e svariati errori umani, a cui vanno aggiunti una serie di difetti
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AGLI EROI, PROFESSIONISTI A QUELLI CHE HANNO PROTETTO IL MONDO DAL DISASTRO NUCLEARE NEL 20° ANNIVERSSARIO DELLA COSTRUZIONE DEL RIFUGIO 30/11/2006
L’EX ZONA COMMERCIALE
LA RUOTA PANORAMICA ORMAI ARRUGINITA
nella struttura stessa del reattore, che raggiunse nel giro di pochi secondi condizioni di estrema instabilità provocando due violente esplosioni. Lʼedificio fu scoperchiato e allʼesterno si scagliarono tonnellate di materiale altamente radioattivo che incendiarono i fabbricati adiacenti emanando polveri e vapori tossici. Diverse ombre permangono sugli atteggiamenti tenuti dal governo sovietico che diede ufficialmente la notizia solo due giorni dopo quando la comunità scientifica europea aveva già sollevato lʼallarme per lʼimprovvisa registrazione di livelli di radioattività sospetti nellʼaria. A questo si unisce anche lʼinsufficiente informazione sulla reale pericolosità di ciò che stava per affrontare gran parte del personale accorso immediatamente sul luogo senza adeguate misure di protezione. Parliamo prima dei vigili del fuoco e dei militari accorsi a spegnere i focolai e poi dei cosiddetti “liquidatori”, circa 650.000 uomini che, dal 1986 al 1990 lavorarono, in condizioni spesso disumane, per bonificare e contenere ciò che restava del reattore nel “sarcofago” in cui ancora oggi è racchiuso.
desolate, ricchezza e povertà che si allontanano sempre più lʼuna dallʼaltra. Eʼ questa la prima impressione che si ha quando dal luccichio delle cupole dorate delle chiese della splendida Kiev, capitale ucraina che conta oltre 3 milioni di abitanti, si percorrono le strade verso nord in direzione Bielorussia lasciandosi a destra il confine Russo per raggiungere la zona di Chernobyl. Si esce da Kiev percorrendo una grande autostrada ma appena superata lʼabitazione del presidente Janukovic ci si trova su una strada mal curata e stretta, le case si trasformano da ville a piccole, se pur dignitose, casette e la natura incontaminata pian piano si sostituisce agli abitati. Si incontrano sempre meno auto man mano che si sale verso nord e percorsi poco più di 100km si arriva al primo posto militare di controllo per attraversare il quale occorre uno specifico permesso scritto, è lʼingresso della cosiddetta “zona di alienazione” che si estende per un perimetro di circa 30km dalla centrale nucleare.
Il viaggio Visitando i Paesi di quello che fu lʼimpero sovietico a oltre ventʼanni anni dalla sua caduta si incontrano contrasti impressionanti, grandi città allʼavanguardia, sviluppate e consumistiche che si contrappongono a periferie e campagne povere e
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Una volta entrati si percorre ancora qualche chilometro e si arriva nella città di Chernobyl dove si incontra ancora qualche auto e qualche persona indaffarata in attività di vario genere, qui vivono ancora alcune centinaia di persone, cʼè un piccolo museo a perfino alcuni market, da qui in poi sarà una guida autorizzata ad accompagnarci, ancora 12 km ci separano dai reattori. Nel percorso si effettuano varie tappe, la prima din-
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nanzi allʼattuale caserma dei vigili del fuoco dominata da un monumento che ricorda i molti colleghi caduti nei giorni che seguirono il disastro, poi si possono vedere automezzi civili e militari abbandonati allʼindomani dellʼincidente e cumuli di terrà che nascondono edifici abbattuti e sotterrati per contenere la radioattività, il profondo silenzio è interrotto soltanto dal cicalino del contatore Geiger che la guida porta con se e che ogni volta che viene avvicinato a terra o su un automezzo abbandonato segnala la presenza di radiazioni ancora piuttosto forti. Superato a bordo dellʼauto un secondo controllo posto a 10 km dalla centrale proseguiamo per alcuni minuti e di fianco a noi compare una mastodontica struttura circondata da enormi gru, sono i reattori 5 e 6, la cui costruzione fu abbandonata allʼindomani dellʼincidente, di fronte a noi invece, a qualche centinaio di metri di distanza, i reattori 1, 2, 3 e 4. Da una ciminiera in lontananza esce ancora del fumo probabilmente proveniente da impianti di raffreddamento ancora attivi, molti infatti non sanno che allʼindomani dellʼincidente avvenuto al reattore numero 4 i restanti reattori continuarono a funzionare per parecchi anni, lʼultimo ad essere spento definitivamente è stato il numero 3 solo alla fine del 2000. Si arriva fino ad uno spiazzo a poche decine di metri dal sarcofago dove un monumento ricorda la tragedia, qui il contatore Geiger suona spontaneamente ricordandoci che il sarcofago è destinato a rimanere ancora radioattivo per molte migliaia di anni, la pericolosità del suo contenuto è impressionante: 190 tonnellate di uranio e una tonnellata del pericolosissimo plutonio fuse assieme in un cumulo radioattivo che per la sua forma prende il nome di “piede dʼelefante”. La struttura protettiva attuale ha però una durata limitata e dovrà essere sostituita nel breve periodo; a tal proposito lʼUcraina ha chiesto lʼaiuto di altre nazioni ed è stato affidato lʼincarico ad una società francese, ma i problemi non mancano, sembra che i fondi disponibili non siano sufficienti a completare lʼopera che dovrebbe contenere per almeno altri 100 anni la massa radioattiva, tanto che si temono nuove minacce per la popolazione martoriata dellʼarea. Il viaggio non è finito, la parte più impressionante deve ancora venire, ripartiamo e percorsi circa 4 chilometri ci troviamo alle porte di Prypjat, la cosiddetta città fantasma. Fondata nel 1970 contava 48.000 abitanti soddisfatti della qualità della loro vita; nel 1986 infatti questo era un luogo moderno, verde e confortevole in cui viveva il personale che operava nellʼindotto della centrale e non solo. Per entrare si passa un altro avamposto militare, le strade sono invase dalla vegetazione e tutto ciò che ci circonda è deserto, il silenzio è assordante. Decine di palazzi altissimi in inconfondibile stile sovietico ci circondano come enormi fantasmi. La sicurezza non è certo la prima preoccupazione della nostra guida, ci viene permesso di entrare allʼinterno di molti edifici, un hotel, una biblioteca i cui volumi sono ancora sparsi sul pavimento, il teatro cittadino dove le gigantografie dei leader comunisti sono ancora lì in bella vista. Un passaggio poi in quello che un tempo era il parco giochi, tra una ruota panoramica arrugginita e gli autoscontro si rileva a terra la massima concentrazione di radioattività della zona, toccare il suolo equivarrebbe più o meno ad effettuare una radiografia, meglio lasciar perdere. Entriamo poi nel complesso scolastico, quaderni e libri ancora sui banchi, qualche bambola e perfino i resti delle maschere antigas, impossibile non pensare al destino di tanti di quei bimbi. Ci accompagnano a
vedere ciò che resta della piscina e lʼinterno di alcune abitazioni, tutte le porte sono aperte e nei corridoi risuona lʼeco. Sui tetti degli edifici più alti della città svettano in maniera imponente falce e martello ricordandoci chi era al potere allʼepoca del disastro; potere che con omissioni e superficialità ha contribuito a rendere questa tragedia immane. Prima di uscire dalla città la guida attira la nostra attenzione sul ponte che stiamo attraversando: “qui la notte dellʼincidente si radunarono moltissimi cittadini per osservare lʼincendio della centrale sottoponendosi ignari ad una potente doccia radioattiva, ben pochi di loro sono oggi tra noi”.
Allʼuscita della zona di rispetto veniamo nuovamente sottoposti ad un controllo, questa volta attraverso dei Geiger che misurano la radioattività di ognuno di noi, la speranza è che si accenda la luce verde altrimenti toccherà lasciare i vestiti ed effettuare una doccia decontaminante, stessa sorte a tutti gli oggetti a allʼautovettura che ci ha accompagnati, per fortuna siamo tutti “puliti” e possiamo rientrare a Kiev con unʼimmagine molto più chiara di ciò che ancora oggi rappresenta questa immane tragedia. Riflessioni I numeri delle vittime di questo disastro dimostrano la confusione e lʼincertezza ancora oggi dilaganti, le autorità russe parlarono allʼepoca di poche decine di vittime, lʼAIEA (Agenzia Internazionale dellʼEnergia Atomica) nel 2005 stimava poco più di 4.000 vittime a seguito di tumori dovuti allʼincidente mentre Greenpeace è arrivato a sostenere che le vittime dirette ed indirette supereranno i 6 milioni a 70 anni dallʼevento. Gli studi sullʼincidenza delle malattie neoplastiche nei paesi più colpiti dal disastro, con particolare riferimento al terribile problema alla ghiandola tiroidea che nei Paesi più colpiti dal disastro si presenta in percentuali altamente superiori alla media, lasciano però poco spazio alle interpretazioni, la misura della tragedia è chiara in un messaggio di alcuni anni fa dellʼex segretario dellʼONU Kofi Annan che ha affermato che 9 milioni di adulti e più di 2 milioni di bambini soffrono delle conseguenze di Chernobyl. Alla vigilia della costruzione in Italia di centrali nucleari qualche riflessione è dʼobbligo, il risultato del referendum del 1987 che ha sancito lʼabbandono del nucleare da parte dellʼItalia ha una sua logica, gli italiani seppero interpretare meglio di altri la pericolosità di questa tecnologia che allʼepoca era ancora piena di imperfezioni.
In unʼottica di “ritorno al nucleare” nella nostre penisola, occorrerà una attenta individuazione di siti idonei e investendo molto nella sicurezza degli impianti. Il principale beneficio per la comunità, oltre ad un calo dei costi energetici, potrebbe essere lʼabbattimento delle emissioni in atmosfera dovute alle attuali centrali a carbone, olio combustibile e petrolio, non dovrà però essere interrotto il percorso obbligato verso le energie rinnovabili che rappresentano il vero ed unico futuro del Pianeta.
* Davide Livocci - Vigile Volontario distaccamento Collesalvetti (LI) e giornalista pubblicista con il supporto di Kateryna Kelbus giornalista dellʼemittente nazionale ucraina “Channell 5”
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Il Consiglio di Stato boccia il nuovo regolamento di servizio del C.N.VV.F DI FABIO MARANGONI (Segretario Generale dellʼAssociazione Nazionale Vigili del Fuoco Volontari)
Dalla “giustizia amministrativa” (al contrario dei nostri “datori di lavoro”) sono stati valutati i suggerimenti espressi dallʼANVVFV con lettera raccomandata inviata il 18 Ottobre scorso. on adunanza del 25 ottobre 2010 il Consiglio di Stato si è espresso sul parere richiesto dal Ministero dellʼInterno, Ufficio affari legislativi e relazioni parlamentari, sullʼemanando schema di decreto del Presidente della Repubblica recante “Regolamento di servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dellʼarticolo 140 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217“.
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Di seguito un estratto dal testo contenente osservazioni e suggerimenti promossi dal Consiglio di Stato sui quali il Ministero dellʼInterno è chiamato a fornire maggiori dettagli:
5. LʼAssociazione Nazionale Vigili del Fuoco Volontari, con nota 18 ottobre 2010, indirizzata anche al Ministero dellʼinterno, ha mosso, a sua volta, taluni rilievi critici, con specifico riferimento allʼart. 14, commi 1 bis (recte: 2) e 5 (recte: 6) del regolamento, i quali stabiliscono la sovraordinazione del personale permanente a quello volontario, indipendentemente dalla qualifica rivestita.
Anche in ordine a tali rilievi la Sezione ritiene necessario acquisire chiarimenti da parte dellʼAmministrazione, tenuto conto che gli stessi pongono questioni meritevoli di approfondimento alla luce sia dellʼambito di operatività del presente regolamento di servizio – che è autorizzato a disciplinare il solo personale con rapporto di pubblico impiego – sia della disciplina del personale volontario, recata dallʼart. 21 del decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 2004, n. 76 (mantenuta espressamente in vigore fino allʼesercizio del diverso potere regolamentare previsto dallʼart. 8 del d.lgs. n. 139 del 2006), il quale prevede che, ai fini gerarchici, il personale permanente è sovraordinato solo al personale volontario di pari grado.
PALAZZO SPADA Considerata lʼintransigenza del Dipartimento nel voler escludere la scrivente Associazione non solo nelle attività propositive ma anche nelle informazioni sullo stato di avanzamento dei lavori di redazione di detto Regolamento, si decideva di percorrere altre strade per persuadere lʼAmministrazione a rivedere i punti controversi evidenziati nellʼart. 14. Di seguito si riportano i principali interventi scritti:
Nel periodo luglio 2008 - febbraio 2010 sono state inviate in tempi diversi al Sottosegretario Nitto Palma, al Capo Dipartimento Tronca e ai Capi del Corpo nazionale VVF Gambardella e Pini quattro lettere di “sensibilizzazione”.
Lʼintero documento è visionabile sul sito internet del Consiglio di Stato, al seguente indirizzo:
Nella seduta del 16 marzo 2010 alla Camera dei Deputati veniva presentata unʼinterpellanza parlamentare da parte dei deputati on. Caparini, Grimoldi e Gidoni.
Il citato schema di Regolamento –pur dovendo regolamentare il solo personale permanente- includeva alcuni articoli riguardanti il personale volontario che riportano elementi di contraddizione nei confronti di leggi e decreti in vigore da anni e mai abrogati.
Il 18 ottobre 2010 veniva inviato al Ministero dellʼInterno e p.c. al Consiglio di Stato una lettera contenente una memoria sulle incongruenze presenti nellʼemanando Regolamento di servizio.
http://www.giustizia-amministrativa.it/ DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%20C/2010/ 201004258/Provvedimenti/201004831_26.XML
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Il 26 marzo 2010 veniva inviata una lettera al Ministro dellʼInterno, al Capo Dipartimento e al Capo del Corpo nazionale VVF.
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Firmata la legge che equipara “volontari e permanenti” in caso d’incidente in servizio o istruzione A CURA DELLA
REDAZIONE
Con questo provvedimento è stata finalmente sanata una delle disparità di trattamento fra personale permanente e volontario in materia previdenziale e assistenziale in caso di incidente nellʼambito del servizio di soccorso o di istituto.
Il 04 novembre 2010 è stata finalmente firmata la legge 4 novembre 2010, n. 183 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale N. 262 del 09 novembre 2010. La legge allʼart. 27, comma 7 dispone che:
Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi allo scopo di armonizzare, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2012, il sistema di tutela previdenziale e assistenziale applicato al personale permanente in servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al personale volontario presso il medesimo Corpo nazionale, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) equiparare la pensione ai superstiti riconosciuta ai familiari dei vigili del fuoco volontari deceduti per causa di servizio al trattamento economico spettante ai familiari superstiti dei vigili del fuoco in servizio permanente anche nelle ipotesi in cui i vigili del fuoco volontari siano deceduti espletando attività addestrative od operative diverse da quelle connesse al soccorso;
b) equiparare il trattamento economico concesso ai vigili del fuoco volontari a quello riconosciuto ai vigili del fuoco in servizio permanente in caso di infortunio gravemente invalidante o di malattia contratta per causa di servizio, includendo anche il periodo di addestramento iniziale reso dagli aspiranti vigili del fuoco a titolo. La succitata legge è entreta in vigore il 24/11/2010.
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È una vecchia diatriba quella sul coordinamento dei soccorsi in territorio montano, nellʼambiente ipogeo (sotterraneo) e nelle zone impervie del territorio nazionale. Dal oltre cinquantʼanni del soccorso se ne occupa il CNSAS ma il Corpo Nazionale VVF (statale) – specialmente dallʼistituzione dei nuclei SAF – non accetta dʼessere “surclassato” da unʼorganizzazione di volontariato. Sulla materia si sono susseguite circolari, linee guida e note di chiarimento; e se bastasse un poʼ dʼumiltà?
CHI
COMANDA IN MONTAGNA E IN GROTTA? DI
ANTONIO ASCANIO MANGANO
Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) nasce quale costola del Club Alpino Italiano (CAI) il 12 dicembre del 1954; fin dalla nascita il Corpo collabora attivamente (e forse senza screzi) col Corpo di Soccorso Alpino della Guardia di Finanza.
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La Legge 21 marzo 2001, n°74 “Disposizioni per favorire lʼattività svolta dal Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico” ribadisce che detto Corpo provvede in particolare al soccorso degli infortunati, dei pericolanti e al recupero dei caduti nel territorio montano, nellʼambiente ipogeo e nelle zone impervie del territorio nazionale. Restano ferme le competenze e le attività svolte da altre amministrazioni o organizzazioni operanti allo stesso fine; nel caso di intervento di squadre appartenenti a diverse organizzazioni, la funzione di coordinamento è assunta dal responsabile del CNSAS. Allʼindomani dellʼentrata in vigore della legge 74/2001 si creò un poʼ di scompiglio sul piano istituzionale perché, ad una prima lettura, sembrava spettassero al CNSAS nelle operazioni di soccorso e di recupero dei caduti nel territorio montano, nellʼambiente ipogeo (sotterraneo) e nelle zone impervie - poteri di coordinamento anche nei confronti delle Amministrazioni Pubbliche.
Persino Fabio Tossut, “direttore vice dirigente” dei VVF,
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in un articolo su “obiettivo sicurezza” (Rivista Ufficiale del CNVVF), nellʼultimo numero del 2007 pare avvalorare questa tesi. Il dirigente/articolista sostiene che – nonostante una legge e un decreto legislativo assegnino ai comandanti provinciali dei VVF la diretta responsabilità dellʼorganizzazione dei servizi antincendi e dei soccorsi tecnici in genere– la normativa trasferisce la funzione di coordinamento delle operazioni di soccorso dal comandante provinciale dei VVF al responsabile del CNSAS solamente nelle zone impervie e nellʼambiente ipogeo. Ma una prima risposta lʼaveva già data il Consiglio di Stato molto prima, nel 2002 (interpellato dal Mininterno Dip. VVF). Il C.d.S. aveva messo un poʼ dʼordine escludendo la competenza esclusiva o prevalente del CNSAS in materia di soccorso alpino e speleologico ma non trasferendo le competenze al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, anzi mettendo i due “Corpi” sullo stesso piano.
Il Consiglio di Stato infatti ritenne che il CNSAS, al quale è attribuito comunque il coordinamento delle altre organizzazioni che non costituiscono strutture del servizio nazionale della protezione civile dovrà attenersi, per quanto riguarda il coordinamento con le altre strutture nazionali, alle indicazioni per il raggiungimento delle finalità di coordinamento operativo che saranno dettate dal dipartimento della protezione civile e
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che saranno riprese dalle autorità preposte per legge alla gestione dellʼemergenza. Allo stesso modo dovrà regolarsi il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Tale sistema, estremamente complesso, risponde ad una logica che consente di valorizzare, nei diversi interventi, le specificità professionali delle diverse strutture operative nazionali del servizio della protezione civile. È evidente che il pericolo sotteso ad un sistema del genere è che nellʼemergenza non si individui tempestivamente un punto di riferimento per lʼagire immediato; ma si tratta di un pericolo più teorico che pratico ove il Dipartimento della protezione civile dia indirizzi preventivi chiari e condivisi dalle diverse amministrazioni. Pericolo più teorico che pratico anche in quanto il coordinamento dellʼemergenza è attribuito ex lege ai prefetti e ai sindaci a norma degli articoli 14 e 15 della legge 225/1992. Detta legge recita infatti:
Il prefetto assume la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei Comuni interessati;
Il sindaco è autorità comunale di protezione civile. Al verificarsi dellʼemergenza nellʼambito del territorio comunale, il sindaco assume la direzione e il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite e provvede agli interventi necessari dandone immediata comunicazione al prefetto e al presidente della giunta regionale.
Spetterà pertanto al Prefetto o al Sindaco – argomenta nel suo “parere” il Consiglio di Stato”, in caso di emergenza, indicare quale struttura del servizio della protezione civile debba coordinare sul campo gli interventi. Non esiste infatti nessuna disposizione di legge che di per sé attribuisca ad una delle strutture diretto potere di coordinamento delle altre, né si può ritenere che tale potere discenda di per sé dallʼappartenenza allʼamministrazione statale posto che la legge istitutiva del servizio nazionale pone tutte le strutture sullo stesso piano. Il 5 agosto 2010 lʼUfficio del Commissario Straordinario del Governo per le Persone Scomparse, presso il Ministero dellʼInterno ha emanato delle linee guida per favorire la ricerca di individui spariti ed il “problema” del coordinamento sʼè riproposto. Infatti il documento prevede, nel caso di ricerca in zona non antropizzata (cioè non raggiungibile attraverso le normali vie di comunicazione), la competenza del CNSAS ad intervenire e a coordinare le diverse Organizzazioni/Enti e Associazioni di volontariato, ivi compresa la individuazione del ritrovo logistico ove far confluire le forze mobilitate, in stretto
collegamento con la Prefettura competente, sentito il Sindaco del Comune interessato, richiederà, eventualmente, il coinvolgimento di ulteriori forze da far concorrere alle operazioni di ricerca.
Tutti i dubbi sono comunque stati fugati con un documento dello stesso “Commissario Straordinario” che il 5 ottobre u.s. ha risposto alla richiesta di chiarimenti. In detta circolare chiarificatrice, il commissario Penta rimanda al parere del Consiglio di Stato il quale si pronunciò appunto nel 2002 escludendo lʼintenzione del legislatore di conferire al CNSAS il coordinamento delle strutture nazionali componenti il Servizio di protezione civile. Ciò non significa che la competenza del coordinamento sia passata in automatico al CNVVF anzi tuttʼaltro.
Resta da capire quali siano le altre organizzazioni che non costituiscono strutture del servizio nazionale della protezione civile che il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico potrebbe/dovrebbe coordinare dal momento che lʼArticolo 6 della legge 225/1992 recita: Componenti del Servizio nazionale della protezione civile:
1. Allʼattuazione delle attività di protezione civile provvedono, secondo i rispettivi ordinamenti e le rispettive competenze, le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni e le comunità montane, e vi concorrono gli enti pubblici, gli istituti ed i gruppi di ricerca scientifica con finalità di protezione civile, nonchè ogni altra istituzione ed organizzazione anche privata. A tal fine le strutture nazionali e locali di protezione civile possono stipulare convenzioni con soggetti pubblici e privati.
2. Concorrono, altresì, allʼattività di protezione civile i cittadini ed i gruppi associati di volontariato civile, nonchè gli ordini ed i collegi professionali.
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LUNOTTI FINESTRINI PARABREZZA Spaccare i cristalli di un’automobile può sembrare una delle attività più semplici del vigile del fuoco ma da quest’opera distruttiva rischiamo spesso di farci prendere la mano e dimentichiamo che all’interno delle automobili ci sono feriti incarcerati/incastrati(*) per i quali ogni colpo o scossone possono trasformarsi in un’ulteriore trauma od in uno chock.
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li interventi sui parabrezza o sui cristalli esigono alcune precauzioni volte a proteggere sia i soccorritori che la vittima intrappolata nellʼautovettura. Il vigile del fuoco dovrà fare particolar attenzione ai vetri frantumati in modo che questʼultimi non finiscano addosso ai feriti da estrarre. Dal canto suo, il pompiere, dovrà indossare DPI (dispositivi di protezione individuali completi) compresa visiera (occhiali protettivi) e guanti.
G
1° I cristalli Questi sono installati sulle fiancate laterali del veicolo (portiere e vetri fissi) e nella parte posteriore (lunotto). In quasi tutte le vetture, ormai, gli alzacristalli sono elettrici; se la portiera è deformata potrebbe non essere possibile far discendere i vetri. Questi vetri sono realizzati in cristallo temperato e non “a strati” a differenza dei parabrezza che sono generalmente in vetro laminato, ovvero formato da due lastre di vetro e da uno strato di plastica intermedio. I cristalli temperati hanno la peculiarità di frantumarsi in piccoli pezzetti di vetro che possono ferire superficialmente la cute ma sono molto pericolosi per gli occhi. I soccorritori dovranno quindi proteggere il viso e le mani delle vittime prima di spaccare
un vetro od eseguire una manovra che potrebbe far “saltare” un cristallo (ovviamente non bisognerà coprire la bocca e il naso del ferito). In alcuni veicoli moderni (es. alcuni modelli di Mercedes e Renault), anche i vetri laterali ed il lunotto sono realizzati con vetri laminati; così facendo
si riduce al minimo la possibilità di proiezione di passeggeri al di fuori del veicolo o traumi agli arti in caso di scontri o ribaltamenti.
Spaccare un cristallo è spesso il modo più rapido per sbloccare una portiera e permettere lʼingresso di un primo soccorritore, in questo caso: • Scegliere un vetro vicino al quale non vi siano occupanti; • Se non è possibile fare altrimenti, “nastrare” (se è possibile farlo rapidamente) il cristallo con tre o quattro strisce adesive (se piove non sarà possibile) e se la vittima è cosciente chiederle di chiudere gli occhi; • Spaccare il vetro con un apposito “punteruolo” (o attrezzo similare), puntando sullʼangolo inferiore vicino al pistoncino della sicura; • Se possibile, staccare a mano i frammenti di vetro dallʼinterno verso lʼesterno dellʼauto. 2° Il parabrezza Dal 1984 tutti i parabrezza delle automobili sono di tipo con vetro laminato: un foglio di plastica vinilica è interposto tra due fogli di vetro. In caso dʼincidente il vetro si fenderà intorno al punto dʼimpatto ma il foglio di plastica interno manterrà appiccicati i frammenti di vetro; sarà ancora garantita la visibilità attraverso il vetro. Molto di frequente ormai, il lato interno del parabrezza è a sua volta ricoperto dʼuna pellicola in plastica antilacerante. Tutti i soccorritori dovrebbero sapere che il parabrezza non è frantumabile con i comuni attrezzi usabili invece sui cristalli laterali e che, in alcuni casi, persino i vetri
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laterali potrebbero essere di tipo laminato.
3° Sistema di fissaggio del parabrezza I parabrezza delle automobili moderne sono oramai tutti di tipo “incollato”alla carrozzeria a mezzo dʼun giunto in mastice adesivo in resina termoindurente. Nelle vetture dʼepoca ed in quelle di vecchia concezione possiamo trovare ancora dei parabrezza fissati a pressione mediante lʼuso di sole guarnizioni in gomma e, a volte, ricoperti da una cornice dʼalluminio o acciaio inox.
4° Rimozione di un parabrezza Essendo sempre più difficile imbattersi in cristalli di vecchio tipo, tratteremo i soli parabrezza di tipo “incollato”. (è possibile tuttavia rimuovere i vecchi parabrezza distaccando dapprima la guarnizione esterna-aiutandosi con un coltello da giardiniere ad esempio-per poi forzare il cristallo con un cacciavite e spingere il vetro dallʼinterno).
Esistono diversi sistemi per lʼasportazione dei “parabrezza moderni”: uno degli attrezzi più semplici ed economici è il seghetto manuale Glasmaster, un utensile leggero (1,5 Kg) e autonomo che permette di asportare parabrezza laminati e incollati (brevettato da Wehr Engneering USA). Holmatro commercializza un utensile di taglio per parabrezza: il meccanismo a rotazione manuale fa schizzare pochissimi frammenti di vetro e trattiene al suo interno le “briciole” segate.
Libervit, Lukas e Bemaex producono dei “sega parabrezza” pneumatici da collegare alle comuni bombole dʼaria compressa che utilizziamo per gli autorespiratori o i cuscini vetter.
Esistono inoltre seghetti alternativi elettrici o a batteria che montano apposita lama per il taglio dei parabrezza, tuttavia lʼattrezzo manuale resta il più pratico e veloce da usare.
Anche nelle bozze di POS (Procedure Operative Standard) emanante dal CNVVF nel 1998 si faceva già riferimento ai parabrezza di tipo incollato:
Asportazione del cristallo anteriore Praticare un taglio nei montanti anteriori allʼaltezza della base e dellʼattaccatura del tetto. Per le vetture con i cristalli fissati con colle siliconiche, lʼasportazione può avvenire solo mediante il taglio utilizzando attrezzi speciali (combinazione valentina) (*) PAZIENTE INCASTRATO Si intende un paziente trattenuto allʼinterno del veicolo da arti o altri segmenti anatomici incastrati tra le strutture del mezzo. PAZIENTE INCARCERATO Si intende un paziente bloccato allʼinterno del veicolo per lʼimpossibilità di essere raggiunto (Esempio: portiere bloccate, veicolo deformato o in posizione non raggiungibile).
Fonti: -“La desincarceration dansle cadre des operations de socours routier” Raymond Fusilier edito da France Selection; -Linee guida compilazione della scheda MSB (SsUEm 118 Milano);
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Si sono svolti a LʼAvana, Cuba, lʼottavo congresso internazionale sulle catastrofi e la quarta conferenza internazionale dei vigili del fuoco. A rappresentare la nostra Associazione Nazionale è stato delegato lʼUfficiale Volontario Paolo Volpi, operativo nellʼaretino, già consigliere nazionale referente per la Toscana.
POR UN MUNDO MÀS SEGURO Organizzato dallo Stato Maggiore della Difesa Civile di Cuba, “Per un mondo più sicuro”, sʼè tenuto al palazzo delle conferenze de LʼAvana.
evento, che è stato sostenuto dalla AECI (LʼAgenzia spagnola per la cooperazione allo sviluppo internazionale) ha riunito istituzioni, professionisti e specialisti provenienti da 37 Paesi diversi. Tra i temi affrontati la protezione della popolazione, dei beni e dellʼambiente da pericoli derivanti da disastri, con un approccio trasversale alla riduzione del rischio. Sono quindi stati proposti programmi e progetti multilaterali di cooperazione su questi aspetti.
L’
Per lʼoccasione è stato messo a punto un programma globale scientifico per lʼanalisi delle varie tipologie di rischio, delle vulnerabilità e dei pericoli ad esse associati, in unʼottica di riduzione del rischio e prevenzione delle catastrofi. Il convegno è stata anche unʼopportunità per paesi e istituzioni per presentare i risultati conseguiti nella realizzazione degli obiettivi e dei traguardi fissati dalla Conferenza Mondiale sulla riduzione dei disastri (World Conference on Disaster Reduction) tenutasi a Hyogo, in Giappone nel 2005, volta a programmare il decennio successivo.
Nel corso dei vari laboratori sono stati esposti alcuni progetti realizzati a Cuba con il sostegno della AECI che fanno parte degli accordi esistenti tra il sistema cubano di protezione civile e lʼONU. Tra questi il “Safe Hospital” e la realizzazione di sistemi dʼallertamento nelle province orientali di Santiago di Cuba e Houlguìn in collaborazione col centro allerta meteo dellʼistituto di Meteorologia di Cuba e dei Caraibi. Progetti realizzati sotto lʼegida del UNDP, il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo.
Il nostro rappresentante, Paolo Volpi, nel corso del suo intervento, ha illustrato la struttura del sistema di protezione civile in Italia con particolare riferimento allʼestinzione degli incendi e al soccorso tecnico urgente.
“Storicamente i volontari dei vigili del fuoco, una volta comunali, sono la componente più vicina alle popolazioni in quanto vivono con esse e pertanto la maggiore sensibilità esercitata contribuisce a rendere la società in cui viviamo più attenta e quindi più sicura.” -ha detto Volpi nella sua relazione molto apprezzata dai presenti- e ha poi fatto un confronto tra la realtà pompieristica italiana e quella europea- “In Italia si vive una contraddizione clamorosa rispetto ai Paesi Europei, infatti il numero dei volontari è nettamente inferiore a quello delle altre nazioni, basti sapere che nella mia penisola ci sono solo 6mila pompieri volontari e la vicina Germania ne conta quasi un milione e 200mila.” Volpi ha snocciolato le cifre dei paesi europei, dati che indicano la consistenza numerica dei vigili del Fuoco volontari, tutto questo dovuto alla cultura del rischio, alla volontà politica e amministrativa e ad una normativa adeguata che permette di contare su una forza sempre pronta e disponibile per intervenire.
In conclusione del suo intervento Volpi ha invitato le nazioni interessate ad uno scambio dʼesperienze nel settore operativo al fine di apprendere le rispettive metodologie dʼintervento ma anche conoscere le attrezzature, i dispositivi di protezione individuale e tutte quelle precauzioni messe in atto per sicurezza degli stessi soccorritori.
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stanti e, per ordine della sovrintendenza, è stata subito distaccata dal soffitto cui era appesa.
DANNI
ALLA TELA DEL
TIZIANO
DOVUTI ALL’ACQUA DEI POMPIERI!
MA
ERA PROPRIO NECESSARIA?
Ennesimo spettacolare incendio in laguna a Venezia e ad essere colpito è sempre un edificio storico. A tanti veneziani, nella notte del 30 agosto, deve esser tornato alla mente il devastante incendio che distrusse il Teatro La Fenice nel gennaio del 1996; già 150 anni prima il teatro era andato interamente in fumo per poi venir ricostruito da zero.
uesta volta le fiamme provenivano dalla sacrestia del seminario della Basilica di Santa Maria della Salute e, in un primo momento quantomeno, sʼè temuto il peggio.
Q
Grazie anche ad un tempestivo allarme ricevuto dai custodi, i VVF veneziani, coordinati dal funzionario di guardia e dallo stesso Comandante Provinciale, sono riusciti ad aver ragione delle fiamme e hanno evitato che la basilica andasse distrutta.
Nel corso delle operazioni di spegnimento dellʼincendio, le cui cause sono ancora da accertare, sono state danneggiate diverse opere presenti allʼinterno della sacrestia. In particolare, ad aver subito i danni maggiori è la tela ʻDavide e Goliaʼ del Tiziano. Lʼopera è rimasta danneggiata, non dalle fiamme ma dallʼacqua delle pompe azionate dai vigili del fuoco penetrata nei piani sotto-
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Il ʻDavide e Goliaʼ di Tiziano ʻʼnon ha subito danni irreparabili dal punto di vista della ʻpresentazioneʼ né per quanto riguarda lo stato dei colori. Il restauro non dovrebbe essere problematicoʼʻ, ha assicurato il sovrintendente per i Beni artistici statali, Vittorio Sgarbi, precisando che le tele di Tiziano ʻcolpiteʼ dai getti dʼacqua che hanno spento lʼincendio ʻʼsono tre: ʻAbele e Cainoʼ, ʻAbramo e Isaccoʼ e ʻDavide e Goliaʼʻʼ. ʻʼLe prime due tele - spiega sono state solamente sfiorate dal getto e dovrebbero aver subito danni solo al telaio, mentre - prosegue Sgarbi - lʼaltra è stata investita da unʼondata potente e continua e lì il telaio è stato sicuramente danneggiatoʻʼ. Lo stesso Sgarbi, pur preoccupato per la sorte delle opere dallʼinestimabile valore, dimostra serenità perché questa volta (al contrario di quanto si fece per La Fenice) i pompieri hanno usato acqua dolce proveniente da una rete idrica antincendi di recente costruzione mentre nel ʼ96 attinsero acqua salata dalla laguna stessa.
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La salsedine avrebbe creato danni ben maggiori e siamo dʼaccordo ma perché, invece, sul territorio italiano (escluse le Province Autonome) non sʼè ancora pensato -se non in via del tutto sperimentale- allʼutilizzo di schiume estinguenti più o meno asciutte, “montate” con lʼausilio dellʼaria compressa?
Negli interventi di spegnimento, è una regola base dei VVF, i danni provocati dallʼacqua estinguente non dovrebbero mai superare quelli provocati dal fuoco stesso ma spesso i pompieri preferiscono non lesinare nellʼuso delle lance e può capitare di rovinare intere abitazioni pur di spegnere freneticamente pochi metri quadri di tetto incendiato ad esempio. Non si vuole ovviamente mettere in dubbio la bontà della manovra messa in atto dalle squadre del Comando Veneziano perché, ne siamo convinti, se non avessero agito come invece hanno fatto, la basilica sarebbe anche potuta bruciare del tutto.
Eʼ onesto intellettualmente, invece, ammettere che esistono nuovi metodi di spegnimento alternativi, spesso persino più efficaci e decisamente meno invasivi. Giusto per non voler privilegiare un produttore rispetto ad un altro, parleremo solo del sistema, senza voler necessariamente pubblicizzare lʼuno o lʼaltro prodotto.
Si tratta di schiume filmogene, prodotte da appositi “miscelatori” che, a differenza dei “premescolatori” tradizionali (i quali, comʼè noto, sfruttano il solo effetto Venturi per mischiare il liquido schiumogeno con lʼacqua in pressione), utilizzano un compressore dʼaria che serve a far “gonfiare” la speciale schiuma, prima dellʼimmissione nelle tradizionali manichette. Un “sistema schiuma ad aria compressa” è composto da una pompa centrifuga tradizionale (quella delle APS solitamente) abbinata ad un meccanismo dʼiniezione ad aria compressa che genera schiuma. Lo stesso compressore produce energia che serve a spingere la schiuma estinguente più lontano di quanto farebbe la pompa tradizionale ad acqua.
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Un sistema di questo tipo comprende: una pompa centrifuga, una sorgente dʼacqua, un bidone di schiumogeno concentrato, un compressore dʼaria. Inoltre sono necessari un sistema dʼiniezione di schiuma con proporzionatore, una camera di miscelazione ed un sistema elettronico di controllo che serve a garantire il giusto mix di schiumogeno, aria ed acqua.
La schiuma ottenuta da detti sistemi, oltre a ridurre la capacità del combustibile di cercarsi una fonte dʼossigeno, aderisce a soffitti e pareti rendendoli pressoché inattaccabili dal fuoco, inoltre aiuta a ridurre rapidamente il calore riducendo quasi a zero la produzione di vapore acqueo bollente. Nell’incendio dell’Hotel Des Alpes di Madonna di Campiglio (pubblicato su questo numero a pagg. 36/39) fu utilizzato un sistema di spegnimento a “schiuma compressa” dato che tre dei Corpi intervenuti ne erano dotati. (in totale operarono 135 vigili del fuoco volontari, provenienti dai corpi di tutta la Valle Rendena).
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Sistemi come quello descritto possono essere montati sia sui mezzi antincendio tradizionali (autopompe) sia su mezzi leggeri quali furgoni polisoccorso e pick-up: su questi ultimi il compressore viene spesso sostituito da una bombola di gas propellente (azoto o CO2). Uno dei vantaggi di questa apparecchiatura è che la produzione della “schiuma” avviene direttamente allʼinterno del sistema per giungere alle tubazioni già formata e molto molto leggera. Lʼapparecchio produce prevalentemente una schiuma asciutta ma è possibile, in alcuni sistemi, regolarne il grado dʼumidità per ottenere un estinguente più o meno bagnato indi più o meno pesante. Occorrono specifici liquidi schiumogeni e non possono essere utilizzati quelli tradizionali a base organica. Solitamente dalle apparecchiature di questo tipo è possibile selezionare almeno due tipi di liquidi estinguenti: per incendi di classe A (solidi infiammabili) oppure di classe B (idrocarburi).
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Un altro dei vantaggi dellʼutilizzo di dette “schiume compresse” è dato dal notevole “risparmio” dʼacqua; non sempre infatti sono disponibili risorse idriche adeguate nelle vicinanze dellʼincendio ed occorre formare lunghe condotte oppure fare la spola con le autobotti.
Un “sistema tipo” riesce a produrre ca. 8000 litri di schiuma usando solamente mille litri dʼacqua e soli tre litri di liquido schiumogeno; il compressore, in questo caso, inietterà ben 7.000 litri di sola aria. Rapportando questi numeri alla nostra realtà (CNVVF), con una sola APS (Auto Pompa Serbatoio) di piccole dimensioni, avente serbatoio idrico da 2.000 litri, riusciremmo a produrrenellʼimmediato e senza lʼuso di una risorsa idrica esterna-ben 16.000 litri di “prodotto estinguente”, lʼequivalente in acqua di più di due ABP (Auto Botte Pompa).
SISTEMI
SISTEMA A SCHIUMA COMPRESSA
DI
SPEGNIMENTO A CONFRONTO
SISTEMA TRADIZIONALE
CON
ACQUA
Le bolle di schiuma evaporano durante lʼassorbimento di calore senza che vi sia una perdita di agente estinguente.
Il 90 % dellʼacqua di spegnimento viene perduta.
La bassa tensione superficiale della schiuma specifica, permette la penetrazione dellʼestinguente nel combustibile evitando la riaccensione di questʼultimo.
Lʼelevata tensione superficiale dellʼacqua, non permette una efficace penetrazione nel combustibile.
Lʼalta capacità legante della schiuma porta ad una capacità estinguente dellʼ80 % ca.
Nessun danno dʼacqua si verificherà utilizzando la sola schiuma per lo spegnimento.
Efficienza estinguente del solo 10 % utilizzando acqua a pressione normale.
Danni da H2O non potranno ovviamente essere evitati e grandi quantitativi di acqua contaminata verranno dispersi nellʼambiente.
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INTERVENTI TESTO UNICO
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REPLICHE
DELLE NORME INTERNE CHE DISCIPLINANO LE PATENTI TERRESTRI.
Nello scorso numero (VFV n° 5/2010) avevamo scritto – facendo affidamento su un documento emanato dal Dipartimento VVF, Soccorso Pubblico e difesa civile a dicembre 2009 - che capi squadra volontari, in possesso da almeno 5 anni di patente di terza categoria, potessero “impartire insegnamento teorico ed esercitazioni di guida”. Il testo di detto documento – con circolare n° 3 del 1 giugno 2010 - ha in realtà subito delle modifiche e la “anzianità di patente” (di personale con grado minimo di CSV), necessaria per poter impartire lezioni guida, è stata aumentata a 10 anni. Il “Testo Unico patenti terrestri” non prevede – almeno sino ad ora – alcun corso di formazione per “abilitare” detti qualificati volontari allʼinsegnamento teorico e alle esercitazioni di guida.
Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile 8.4 Istruttori di Guida VF Patenti Terrestri
(Sostituisce lʼArt. 5.3 della Circolare IFP prot. n. 6847/4507 del 25/7/1994)
Il titolo di Istruttore viene rilasciato al personale VV.F. con Qualifica non inferiore a Capo Squadra, in possesso, da almeno cinque anni, di Patente VF non inferiore alla 3^ Categoria, ovvero della 4^ Categoria per il rilascio della Patente equivalente, e che abbia seguito apposito corso teorico-pratico con superamento degli esami finali.
Gli Istruttori saranno nominati con apposito attestato, a firma del Dirigente dellʼArea Coordinamento e Sviluppo della Formazione della Direzione Centrale per la Formazione.
Lʼistruttore deve a tutti gli effetti vigilare sulla marcia del veicolo, intervenendo tempestivamente ed efficacemente in caso di necessità. 8.5 Docenti delle Materie Teoriche
(Sostituisce lʼArt. 5.4 della Circolare IFP prot. n. 6847/4507 del 25/7/1994)
Le docenze nelle materie teoriche dei corsi di cui al punto 8.3 saranno effettuate da Dirigenti, Funzionari e Formatori di provata esperienza professionale nella materia, ovvero, ove si renda necessario, da esperti esterni di provata capacità negli specifici argomenti. 8.6 Personale Volontario: insegnamento teorico ed esercitazioni di guida (Sostituisce la Nota IFP prot. n. 5163/4507 del 23/6/1995)
Per le difficoltà di apertura di Distaccamenti Volontari, legate alla mancanza di personale munito di Patente di guida VF di Categoria adeguata, anche allo scopo di favorire la diffusione sul territorio nazionale di tali presidi, al personale Volontario di cui trattasi, lʼinsegnamento teorico e le esercitazioni di guida, formanti programma di specifico corso per il conseguimento delle Patenti di 2^ e 3^ Categoria, possono essere impartiti direttamente da personale appartenente al Distaccamento stesso o ad altro Distaccamento Volontario, purché abbia Qualifica minima di Capo Squadra e sia in possesso di Patente di guida VF non inferiore alla 3^ Categoria da almeno dieci anni. La frequenza dei partecipanti ai corsi di cui sopra dovrà essere attestata da dichiarazione sottoscritta dal Capodistaccamento Volontario e dallʼautista Istruttore.
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F.T.A.V. Giuseppe Parrinello C/O Distaccamento Volontario VV.F. Maletto Viale A: Moro 73/D – 95035 Maletto (CT) AL SIG. COMANDANTE PROVINCIALE VV.F. CATANIA e, p.c. AL SIG. CONSEGNATARIO
Oggetto: Richiesta Il distintivo metallico di riconoscimento. Reitera. Il Decreto del Ministero degli Interni del 22/10/2007 prescrive la consegna del distintivo in oggetto a tutto il personale operativo del Corpo Nazionale VV.F.
In data 06/08/2009, lo scrivente aveva avanzato una prima istanza tendente allʼottenimento di quanto citato in oggetto, ricevendo, nonostante lʼassenso del Consegnatario, la negazione del personale del magazzino con la giustificazione che detto ausilio non spetta al personale volontario.
Nellʼosservare, con la presente, una errata auto-attribuzione del potere decisionale su specifici argomenti da parte di meri esecutori, si reitera la richiesta direttamente al Sig. Comandante, precisando che la norma non esclude la consegna del distintivo al personale volontario, specificando, come unico requisito lʼappartenenza al ruolo operativo del Corpo. A tal fine, esclusivamente per facilitare la lettura della presente richiesta, si allegano gli stralci normativi di riferimento inerente la fornitura dei distintivi in esame nonché sui compiti e quindi lenecessità operative (del tutto analoghe al personale permanente). Estratti normativi:
Ministero dell'Interno - Decreto 22 ottobre 2007
Approvazione dei nuovi distintivi di qualifica e dei distintivi metallici di riconoscimento per il personale dei ruoli dei Vigili del fuoco, dei capi squadra e dei capi reparto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco Omissis… 1. Il distintivo metallico di riconoscimento per tutto il personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, da utilizzare in occasione dello svolgimento del servizio di istituto in abito civile, è determinato nella foggia e nelle caratteristiche riportate nell'allegato C, che costituisce parte integrante e sostanziale del presente decreto. Art. 3.
Si rimane in attesa di cortese riscontro nei termini previsti dalla legge 241/90 e L.R. 10/91. Si allega tessera di riconoscimento e nota del 06/08/2009.
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Deferenti saluti.
F.T.A.V. Giuseppe Parrinello
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L’INTERVENTO AL DES ALPES DI MADONNA DI CAMPIGLIO Madonna di Campiglio dispone di circa 30.000 posti letto, 5.000 dei quali nei molti alberghi presenti nella località, un numero considerevole che la rende una tra le più importanti località dell’arco alpino Italiano. DI
FRANCO LUCONI BISTI *
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a data del 31 dicembre corrisponde quasi sicuramente al giorno ove si registra il tutto esaurito, e così era ovviamente anche nel 2007. Erano circa le 11 e 35 di una giornata illuminata da un freddo sole invernale, quando le sirene dei vigili del fuoco annunciarono quello che sarebbe diventato il giorno più lungo della storia dei pompieri locali e non solo. Una colonna di fumo si alzava dal lato nord del salone Hofer, la costruzione storica adiacente allʼhotel Des Alpes, il primo albergo di Campiglio ristrutturato a fine anni 80, ultimo ricordo della presenza della principessa Sissi e delle sue villeggiature in paese. Bruciava il suo tetto di “scandole” di legno di piccola pezzatura e minimo spessore ma soprattutto segnate dal tempo, copertura del salone delle feste decorato in stile liberty alpino con al suo interno il quadro della Madonna di Campiglio e i volti della Sissi e di Francesco Giuseppe dipinti del pittore Hofer e simbolo della località e del suo nome. Sui balconi adiacenti alcuni membri del personale cercavano disperatamente di spegnere le fiamme che si levavano già alte, con scarsi risultati. Il 31 dicembre a quellʼora il consumo idrico è considerevole per il lavoro degli alberghi e dei ristoranti; senza contare le utenze private, i parrucchieri, le estetiste e centri benessere, tutti intenti ai preparativi per la festa più mondana dellʼanno, questo si traduceva in una pressione quasi inesistente nellʼacquedotto ben visibile nei getti delle manichette incapaci di contrastare il fuoco. Predisponemmo quindi una mandata di soccorso utilizzando una motopompa che pescava dal vicino fiume Sarca garantendo il rifornimento delle APS,
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mentre nel frattempo si apriva un acquedotto di soccorso. Lʼincendio di una struttura alberghiera è tra i più complessi da gestire soprattutto in un frangente cosi particolare. La catena di comando e controllo si rivelò complicata e molto fu deciso in brevissime riunioni tra i vari comandanti saliti a Campiglio da molte località. Lo scenario di intervento variava con rapidità e le decisioni di conseguenza erano da prendere settore per settore. Oltre alle difficoltà operative, si aggiungevano anche quelle ingombranti, delle presenze di alcuni giocatori di serie A, del fratello di Luca Cordero di Montezemolo e del fratello di Guido Bertolaso e di qualche magnate russo che scatenarono Tv e giornalisti, ma questo non era rilevante per le operazioni di spegnimento, pur dovendo riconoscere lʼinsistenza anche in momenti cosi delicati della ricerca di notizie. Una serie di situazioni difficili si stava preparando a metterci a dura prova. Innanzitutto la presunta mancanza di un ospite dellʼhotel, fortunatamente rintracciato sulle piste poco lontane ci diede la possibilità di limitare le operazioni di salvataggio. Devo dire che la perfetta esecuzione del protocollo di evacuazione degli ospiti e del personale nonostante la paura attanagliasse tutti i presenti, fu molto positiva, la lucidità in questi casi è fondamentale. Molto più difficile si profilava lʼintervento di spegnimento, la mancanza di unʼ autoscala ci impediva di intervenire rapidamente e direttamente in quanto la superficie del tetto era coperta di neve e quindi estremamente pericolosa, rendendo rischiosissima la presenza dei pompieri sulla copertura senza le adeguate sicurezze. Era impossibile salire sul tetto e praticare gli squarci necessari a interrompere il tetto e di conseguenza la continuità del combustibile. Inoltre la neve stessa, al contrario di ciò che si possa pensare, rappresentava una barriera allʼazione delle lance e degli estinguenti. Malgrado tutto ci si preparava al peggio predisponendo il personale e i mezzi per una forte azione di
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attacco, ma questa in seguito non generò i frutti sperati. Allʼinterno del salone creammo la protezione del dipinto originale dellʼ800 dedicato alla Madonna di Campiglio, posto esattamente sotto la zona primariamente interessata dalle fiamme, monitorandolo costantemente con lʼuso delle termocamere e utilizzando getti molto leggeri e nebulizzati per non compromettere la sua integrità. Il dipinto a olio si rivelò solido e resistente malgrado la sua grande superficie circa 21 MQ e la sua età. La temperatura non sali mai al disopra degli 80 gradi e questo di fatto, impedì allo stesso di procurare delle ustioni alla tela. Una piccola nota di colore, nella parte più a destra della tela è rappresentato lʼarcangelo Gabriele, quel giorno fece il suo “battesimo del fuoco” un giovane pompiere volontario di nome Gabriele che del tutto casualmente fu messo a salvaguardia di quel pezzo di dipinto. Le coincidenze …! Nel frattempo lʼarrivo della prima autoscala del distretto distaccata a Tione circa 30 km da Campiglio, in un giorno difficile salì in circa 35 minuti di percorrenza, accompagnata dalla APS dotata di CAFS, poi in un secondo tempo si susseguirono gli arrivi dellʼautoscala di Malè e quella del corpo permanente di Trento. Predisponendo azioni di protezioni degli edifici limitrofi ponemmo sui tetti adiacenti delle mandate di raffreddamento. I nostri alberghi carichi di norme antincendio non hanno tra queste la delimitazione dello spazio per lʼautoscala, soluzione utilissima per la migliore mobilità della stessa autoscala, cosa questa che in molti altri paesi viene applicata soprattutto ad alberghi di grandi dimensioni. Ma la natura del tetto del salone e la sua grande superficie mostrarono in fretta il loro carico dʼincendio che si stava facendo strada tra i due spessori lignei rendendo vano ogni tentativo di attaccarlo sia dallʼesterno che dallʼinterno. Fui quindi costretto, mio malgrado, a ordinare lʼabbandono delle operazioni di spegnimento del tetto, ormai compromesso, per dirigere gli sforzi sullʼalbergo minacciato dallʼavanzare dellʼincendio. In circa 25 minuti il tetto andò completamente distrutto, mentre il rogo si stava trasferendo sulla parte sovrastante il salone a causa del grande calore radiante, più di 430 gradi nel punto più caldo, con una velocità che sembrava inarrestabile. Se lo stesso avesse proseguito la sua avanzata si sarebbe creato un rogo capace di distruggere lʼintero centro del paese, data la numerosa presenza di case dalle coperture in legno attigue tra di loro e non potemmo quindi escludere che questo non accadesse, alzando di molto le aspettative di tutti nel cercare di spegnere rapidamente quel fuoco. Lʼala delle suite, la più alta, coperta
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FIAMME a sua volta di scandole di legno poste quasi in verticale rispetto al sottostante incendio si avvolse di fiamme in pochi minuti. Mentre i lancisti della autoscala di Tione coprivano di schiuma la parte non ancora interessata rallentando e successivamente fermando quello che sembrava fosse un “inarrestabile mostro” come lo definì un giornalista in un articolo del giorno seguente. La scelta di quellʼestinguente si rivelò perfetta. La schiuma fece il suo ottimo lavoro andando a inibire le fiamme sin dentro le più piccole fessure del legno e tenuto conto della grande superficie di quel combustibile ancora disponibile dimostrando di essere una soluzione ideale per un incendio di queste proporzioni e di questa tipologia. Le grandi quantità di acqua gettate su quel genere di superficie incendiata si mostrarono di efficacia molto inferiore rispetto alle percentuali di schiuma utilizzata. Lo spettacolo era sicuramente degno dei migliori film e un numerosissimo pubblico di vacanzieri assisteva attentamente a tutto quel lavoro, allʼincessante impegno dei pompieri. Molti gli spezzoni di filmati fatti con telefonini e telecamere finirono ovviamente su YouTube. Dopo lo scongiurato il pericolo di disastro passammo rapidamente ad una fase di minuto spegnimento che ci vide impiegati fino quasi alla mezzanotte di quello storico fine dʼanno. Cercando con la termocamera le ultime braci tra le tegole bruciate e ormai congelate dal freddo notturno portammo a termine lʼintervento. Sfiniti nel più vero senso della parola le decine di vigili del fuoco e i loro mezzi i Corpi di Carisolo, Pinzolo,Spiazzo, Pelugo, Tione, Dimaro , Malè e del corpo permanete di Trento rientrarono nelle loro sedi. Lasciando pronte per ogni eventuale ripartenza un autoscala e una APS per le ormai fumanti ceneri del tetto e dellʼala delle suite. La tela della Madonna di Campiglio fu con delicatezza e perizia recuperata sotto gli occhi attenti dei sovraintendenti alle belle arti provinciali e oggi, restaurata, fa bella mostra di sé nello luogo la dove fu collocata a fine 800. Nei giorni seguenti si susseguirono le perizie per scoprire le cause di questo incendio tanto spettacolare quanto incruento, individuate non senza difficoltà in un problema elettrico, affrontato con grande difficoltà ambientale ma con il cuore enorme di quei pompieri che in quellʼavvenimento non registrano un solo infortunio. Lʼutilizzo della tecnologia con le 3 termocamere le schiume del CAFS si sono fuse con la disponibilità e lʼabnegazione dei pompieri. Non posso non ricordare gli ospiti rimasti protagonisti anche loro di quellʼevento ancora disposti a festeggiare, ci attribuirono un lunghissimo applauso quando entrammo nel bar funzionate della hall, provammo un emozione tanto forte quanto indimenticabile, eravamo vicino alla mezzanotte alla fin di quel difficile giorno. In molti quella sera non vollero abbandonare lʼalbergo e questo fu un segno molto positivo per noi, avevamo salvato lʼalbergo la tela e molto probabilmente gran parte del paese. La leggenda vuole che ogni pompiere abbia il suo BIG
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ONE il suo grande incendio da domare, credo che in quel giorno del 31 dicembre del 2007 in molti lo abbiamo vissuto insieme ai turisti e agli abitanti di Madonna di Campiglio. Rimembrando quei momenti che fanno parte dei ricordi anche di tanti altri, non posso dimenticare che oltre alla grande abnegazione di un ottantina di pompieri, vi era una grande diposizione di mezzi, 3 autoscale 7 APS, un carro aria 4 ambulanze e svariati fuoristrada e un elicottero del nucleo di Trento, questi hanno reso possibile lo spegnimento di quello che sembrava un inarrestabile incendio, in altre zone del nostro paese questo numero di mezzi non sarebbe stato facilmente disponibile e questo quasi sicuramente avrebbe potuto portare a inevitabili conseguenze. La nostra storia di volontari aggiunge questʼ avvenimento ai tanti che ci hanno visto protagonisti, un grande incendio, uno di quelli che credevi esistessero solo nei racconti.
Tra di noi vigili volontari di Madonna di Campiglio, vi è anche Don Mario Bravin il nostro parroco, il quale avvicinandosi lʼora della messa mi avvisò del suo allontanamento per ovvi motivi. Mi permisi di suggerirgli di rendere noto ai presenti che la tela della Madonna era salva, e da allora ancora oggi mi par di sentire lʼapplauso dentro la chiesa… Il giorno dopo una nevicata sembrò volesse cancellare i segni di quel devastante incendio destinato a segnare la storia di questa località, il salone è lʼhotel oggi sono tornati al loro splendore e accolgono come cento anni fa gli ospiti e le loro vacanze. * Comandante Corpo Vigili del Fuoco Volontari Madonna di Campiglio TN
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L’INTERVENTO
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R IFUGIO
DELL’APRICA
Distrutto da un rogo il rifugio “Valtellina” considerato gioiello del Club Alpino Italiano. È accaduto di notte fortunatamente nessun escursionista s’era fermato pernottare; le fiamme hanno infatti devastato il tetto tutto il primo piano dell’edificio adibito a dormitorio. A CURA DELLA
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accaduto nella notte fra domenica 10 ottobre e il lunedì successivo quando il fabbricato situato a 1900 metri di quota al Palabione è stato avvolto dalle fiamme «partite - fanno sapere dal comando di Sondrio dei Vigili del fuoco - allʼinterno del locale cucina, probabilmente dalla canna fumaria. Lʼorigine dellʼincendio è in corso di accertamento, ma escludiamo allo stato attuale ogni ipotesi di dolo».
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Il tutto è partito nella serata di domenica quando alcune persone che abitano nella contrada alta di Aprica, il Dosso, hanno notato dei bagliori rossi sulla montagna del Palabione e hanno avuto il sospetto che ci fosse un incendio boschivo. Mai si sarebbe pensato che potesse essere coinvolto il rifugio. Difatti alle 20,30 sono stati allertati i Vigili del fuoco di Aprica e nella chiamata inizialmente si alludeva ad un incendio sulle piste da sci. Quando i volontari di Aprica hanno capito che lʼincendio stava interessando non il bosco ma il rifugio della Caregia, hanno subito
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mobilitato i colleghi di Sondrio e Tirano che sono arrivati con i mezzi opportuni: i Vigili di Tirano con il modulo per incendio boschivo, quelli di Sondrio con un analogo mezzo di maggior capacità.
I volontari di Aprica hanno invece in dotazione una APS (Auto Pompa Serbatoio) di piccole dimensioni, un OM 7913. Un mezzo vecchio ormai di trentʼanni e decisamente inadatto alle strade di montagna ed in particolar modo ad i percorsi in fuoristrada. In realtà, grazie alla Onlus “Associazione Pompieri dʼAprica”, il distaccamento sʼè si dotato di un pick-up 4X4 ma questʼultimo era purtroppo in officina esterna del Comando da un paio di mesi per riparazioni.
I pompieri aprichesi, al suono delle selettive sui loro Swissphone, non si sono persi dʼanimo e hanno caricato tutto il materiale necessario su alcuni fuoristrada privati per poi arrampicarsi lungo le piste da sci (per fortuna ancora non innevate). Nelle operazioni di primo attacco allʼincendio-anche se questʼultimo era ormai generalizzato-hanno partecipato anche i VAB (Volontari Antincendio Boschivo) con un automezzo a quattro ruote motrici dotato di modulo di spegnimento. Le squadre - circa una ventina le persone impegnate nelle operazioni di spegnimento in alta quota - hanno lavorato ininterrottamente tutta la notte e, a metà mattina di lunedì, ancora sette persone erano sul posto per la messa in sicurezza e la bonifica dellʼedificio.
Il probabile punto dʼinnesco dellʼincendio è la canna fumaria della caldaia a legna e gasolio, da dove le fiamme si sono propagate con facilità nella struttura che era rivestita completamente di legno. Al primo piano, dove vi erano 25 posti letto per gli ospiti, non è rimasto più niente a parte qualche parete in carton gesso, la situazione al piano terra è migliore ma lʼacqua ha inzuppato muri e pavimenti in legno.
È stato un intervento molto difficile e lungo -racconta Thomas Muti, il capo dei pompieri aprichesi- giunti sul posto si è capita subito la gravità della situazione, abbiamo provveduto immediatamente al collegamento delle tubazioni dellʼacqua dellʼimpianto dʼinnevamento delle pista da sci in modo tale da avere un rifornimento idrico costante. Si procedeva quindi alle opere di spegnimento partendo dalla messa in sicurezza delle bombole del gas sottostanti il rifugio e successivamente passando alla struttura. Vista lʼintensità delle fiamme, le operazioni sono andate per le lunghe, prima di riuscire ad accedere al piano
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superiore, quello delle camere, si è dovuto a spegnere le fiamme dallʼesterno, gettando acqua dalle finestre; quando le fiamme e soprattutto il fumo lo hanno permesso si è proceduto ad entrare nei locali soprastanti con gli autoprotettori ed effettuare lʼopera di bonifica dallʼinterno.
Causa lʼimpossibilità di accedere alle fiamme dallʼalto, ovvero spegnere il legname del tetto togliendo la copertura, le operazioni di spegnimento dellʼassito e della travatura è stata fatta con molta difficoltà dallʼinterno; il manto di copertura era infatti composto da lamiera, pertanto è stato impossibile in quelle condizioni creare un varco nel tetto ed estinguere le fiamme spigionate tra lʼassito e il manto in lamiera. Solo nella mattinata, con la luce e la situazione completamente sotto controllo, si è potuto “scoperchiare” il tetto e ultimare lo spegnimento delle ultime braci. Sul posto circa alle 10.00 di mattina è arrivato il cambio con il personale permanente di Sondrio e i volontari di Grosotto e Tirano. In mattinata le squadre di supporto hanno provveduto alla rimozione del manto di copertura in lamiera e alla verifica della struttura. Purtoppo, nonostante gli sforzi, si è riusciti solamente a contenere lʼincendio affinchè non si propagasse agli altri piani dellʼedificio. Il distaccamento dei VVF volontari di Aprica rinasce dopo 30 anni di inattività nel dicembre 2006, effettua mediamente 35 interventi allʼanno, è composto da 16 volontari e copre il servizio h24 365 giorni/anno. Ha in dotazione unʼAPS OM79/13 del 1982 fornita dal Comando Provinciale e un pickup L200 acquistato dai volontari e allestito come polisoccorso con una cellula scarrabile. Oltre al territorio comunale serve anche la frazione Carona nella sponda orobica del comune di Teglio, le località Pian di Gembro in comune di Villa di Tirano e la località Trivigno in comune di Tirano. Vengono effettuati spesso interventi in provincia di Brescia nella frazione di S.Pietro di Corteno Golgi. Normalmente la popolazione è di circa 1600 abitanti che diventano 25/30mila in stagione estiva ed invernale. Attualmente il capo distaccamento è Thomas Muti . Lʼintervento di soccorso più cursioso? Un bimbo rimasto con la manina incastrata in un calcio balilla (non voleva mollare la presa sulla pallina).
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Anita Gronchi (3 dicembre 1960 - 23 giugno 2010) Anita, sorella del Presidente Nazionale Gino Gronchi, grande ed instancabile collaboratrice dell’Associazione da circa 25 anni, da qualche mese era sofferente di una grave malattia che purtroppo l’ha stroncata. Non è mai stata un pompiere ma grande è stato il suo contributo silenzioso per lo sviluppo del nostro volontariato. Non ho avuto il piacere di stringere la mano ad Anita ma abbiamo avuto cortesi scambi di e-mail (adorava le emoticons animate!) ed educatissimi colloqui telefonici. Seguiva gli spostamenti del fratello maggiore Gino e mi faceva avere puntualmente le rassegne stampa; un anno prima di lasciarci mi scrisse così: Le assicuro Ascanio che fare il giro delle caserme del Trentino è una bella esperienza .... anche per chi pompiere non è!!! (e noti che per me i pompieri sono “lavoro”). Si vedono posti bellissimi, che sono certa entusiasmeranno anche la sua Claudia!!
Aveva ragione Cara Anita, grazie di tutto.
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IL CAPO INTERVENTO DI
CLAUDIO MIGNOT
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WALTER BRUDERER
Decidere sul da farsi e assumersi la responsabilità dellʼoperazione: è questo il destino del ROS (Responsabile Operazioni di Soccorso). In pochi minuti deve prendere decisioni di grande importanza dalle quali spesso dipendono delle vite umane o valori materiali preziosi. Con la collaborazione di: 118 swissfire.ch - “Giornale dei pompieri svizzeri”
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il ROS, il perno, la fonte di informazioni, lʼinterlocutore e il coordinatore. Abilitato a decidere e a dare delle istruzioni, tocca a lui dirigere lʼintervento: una grande responsabilità! Una decisione presa può rapidamente avere delle conseguenze importanti e non solamente per quanto concerne le cose. Spesso in effetti ci sono in gioco delle vite umane. È quindi essenziale essere coscienti delle responsabilità che si hanno.
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Conservare il sangue freddo Essere capo intervento significa anche saper conservare il sangue freddo e mantenere la calma anche in situazioni particolarmente confuse. La fretta è cattiva consigliera nel caso in cui, per esempio, una persona che si trova intrappolata dal fumo minaccia di saltar giù dalla finestra e nessuna autoscala è ancora disponibile, oppure quando si viene svegliati dal ricercapersone nel bel mezzo della notte con il messaggio «Incendio di appartamento, Via dei Fiori 115, allarme livello 1». In tali situazioni la scarica di adrenalina e il nervosismo sono inevitabili anche per i capi intervento che hanno molta esperienza. Può persino capitare di aver paura o di dubitare delle proprie competenze. È importante ripetersi: «Calmati e riprendi il controllo di te stesso!» Il capo intervento è un essere umano. È quindi umano chiedersi «Sono abbastanza in forma per dirigere un intervento?». Non possiamo essere ogni giorno al massimo della nostra forma! È quindi importante ripetersi che lʼintervento inizia con lʼallarme, soprattutto per quanto concerne appunto il capo intervento. Prepararsi e guadagnare tempo Cominciare a riflettere senza perdere tempo: di che genere di allarme si tratta? Ho capito bene il messaggio? Lʼho interpretato correttamente? Ho informazioni sufficienti? Se non è il caso bisogna procurarsene. Se esistono piani dʼintervento, consultarli prima della partenza se questo è possibile. Questa soluzione offre numerosi vantaggi: a casa, o sul luogo di lavoro, il capo intervento può studiare senza essere disturbato, è in un luogo calmo, al riparo dalle intemperie e con una buona luce. Vale davvero la pena accordarsi qualche istante! Il capo intervento più rapido non è necessariamente il migliore. Secondo il tipo di evento, il capo intervento che decide di studiare i piani dʼintervento una volta arrivato sul luogo del sinistro si troverà magari in una situazione in cui non potrà farlo del tutto. Giunto sul luogo del sinistro, rischia in effetti di trovarsi di fronte a una folla di persone, gesticolanti e agitate, che abitano nellʼedificio in fiamme. Oppure, prima ancora di aver potuto prendere conoscenza e valutare la situazione, la sua attenzione sarà acca-
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parrata da una squadra che, con uno zelo eccessivo, sarà già occupata a mettere in azione una condotta di primo intervento senza ancora averne ricevuto lʼordine. E questo prima ancora che il capo intervento sappia qualcosa in merito allʼoggetto dellʼintervento. In tali situazioni un capo intervento preparato guadagnerà certamente del tempo. I propri mezzi sono sufficienti? Cʼè anche da porsi domande assolutamente banali come: so come arrivare sul luogo del sinistro? Soprattutto in estate è
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LONTANI DALLE
FACCIATE IN FIAMME!
importante ricordarsi che ci si trova in piena stagione di lavori stradali. Eventuali cantieri non sono problematici unicamente in grandi città come Lugano o Locarno. Le deviazioni o le eventuali colonne possono allungare sensibilmente il tempo di arrivo sul posto. Chiedersi ancora: i miei propri mezzi sono sufficienti? Durante il periodo delle vacanze bisogna pensare che una parte dellʼeffettivo del corpo pompieri è assente. Potrebbe quindi essere necessario chiedere lʼaiuto di un centro di soccorso o di un corpo pompieri vicino. In tali casi, le misure da prendere vengono determinate sia da un gruppo di stato maggiore o di comando, sia dalla centrale dʼallarme che opera sulla base di piani dʼallarme prestabiliti. Generosità pagante La regola generale concernente i mezzi da allarmare allʼinizio di un intervento è semplice: meglio troppo che troppo poco! Chiunque rimprovera a un capo intervento, alla fine dellʼintervento, di aver allarmato troppi mezzi, non ha capito la tattica di intervento. Secondo il caso può anche essere necessario allarmare delle organizzazioni partner, quali la SsUem o la Polizia. Per quanto concerne i propri mezzi il capo intervento saprà se sono sufficienti solamente quando conoscerà il numero di persone che sono effettivamente entrate in servizio. Il capo intervento con le scarpe da ginnastica La centrale dʻallarme indica il numero di persone che hanno ricevuto dellʼallarme, ma
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entreranno davvero tutte in servizio? Sono le persone presenti che contano e non quelle che hanno visto o sentito lʼallarme! La comunicazione in entrambe le direzioni può rivelarsi di estrema importanza durante lʼallarme, poiché il pompiere può indicare con diversi mezzi se sta effettivamente entrando in servizio oppure no. Unʼultima misura da prendere prima di incominciare: equipaggiarsi con la tenuta dʼintervento – intendiamo la tenuta completa! Il capo intervento che si sposta sul luogo del sinistro con il casco rosso, i jeans e le scarpe da ginnastica non soltanto non tiene conto della propria sicurezza ma sarà anche difficilmente identificabile,. Inoltre non darà unʼimpressione di professionalità. Immaginate un chirurgo che entra nella sala operatoria con i pantaloncini corti e a piedi nudi… Comandare significa anticipare Il tempo necessario per arrivare sul luogo del sinistro permette di continuare la preparazione personale per far fronte allʼintervento: si tratta di anticipare. È possibile per esempio controllare la comunicazione con la centrale dʼallarme e le proprie forze dʼintervento e con le eventuali organizzazioni partner. Ma attenzione: questo si fa utilizzando solo i mezzi di comunicazione che permettono di guidare in tutta sicurezza! Per quanto concerne il telefonino questo significa avere un dispositivo viva voce. In caso di dubbio, o se è difficile trovare il luogo del sinistro, è meglio fermarsi per studiare i piani dʼintervento o la piantina della località piuttosto che continuare a girare invano, con le luci blu accese e le sirene spiegate! Cosa troverò al mio arrivo? Il percorso in direzione del luogo del sinistro permette inoltre di prendere coscienza di quello che aspetta il capo intervento. Ci saranno dei feriti? Magari dei morti? Facendo tali ragionamenti il capo intervento elabora uno scenario dal quale potrà dedurre altre misure dʼurgenza. Nonostante questo, è importante prestare la dovuta attenzione al traffico e adattare il proprio modo di guida alle condizioni del momento. Meglio rallentare che esporsi a rischi inutili. Il capo intervento è utile solo a condizione che arrivi sul posto! Utilizzare tutti i sensi Lʻarrivo sul luogo del sinistro segna lʼinizio della fase di constatazione della situazione. Il capo intervento deve innanzitutto farsi unʼidea dʼassieme della situazione. Per questo può guardare, ascoltare, toccare ma anche sentire. Magari, da qualche parte, cʼè una fuga di gas! Le domande fondamentali che bisogna porsi in questa fase sono: cosa succede e dove? Come possiamo arrivarci? Come sono i dintorni? Ci sono pericoli particolari? Come potrebbe evolvere la situazione? Come sono le condizioni meteorologiche? In breve: di cosa si tratta? Non è raro che il capo intervento trovi delle informazioni importanti a partire da dettagli apparentemente insignificanti. Una finestra decorata con delle figurine indica per esempio che ci possono essere dei bambini nellʼappartamento. Salvare non significa evacuare Se la ricognizione indica la necessità di procedere a dei salvataggi, questi ultimi sono assolutamente prioritari. Ma cosa significa concretamente «salvare»? Un esempio : un incendio
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di cucina in un edificio a più piani. Poiché la porta dellʼappartamento in questione è aperta, la tromba delle scale è completamente invasa dal fumo. In alcuni appartamenti ci sono ancora delle persone. Gli appartamenti non sono invasi dal fumo e gli occupanti sono alla finestra e gesticolano in preda allʼagitazione. È subito chiaro che una squadra di protezione della respirazione, equipaggiata con una condotta sotto pressione, può spegnere il fuoco nello spazio di qualche minuto. È possibile avere una vista dʼassieme della situazione, di padroneggiarla, e di rendersi conto che né la vita né lʼintegrità personale degli abitanti è minacciata. In questo caso dunque non si parla di salvataggio ma di evacuazione. Voler dare la priorità a questʼultima potrebbe magari richiedere lʼutilizzo di mezzi sproporzionati ed esporre inutilmente al pericolo alcune persone. La situazione è diversa se un occupante dellʼedificio lascia il suo appartamento non invaso dal fumo e si ritrova nella tromba delle scale dove perde conoscenza. In questo caso il salvataggio viene effettuato immediatamente poiché la vita della persona è in pericolo. Quello che potrebbe accadere Suggerimento per poter continuare la ricognizione il più in fretta possibile: il primo ufficiale disponibile viene ingaggiato come ufficiale di salvataggio, questo permetterà di proseguire la ricognizione per poter avere una vista dʼassieme del sinistro. Si arriva così alla fase seguente dellʼintervento: la valutazione. Il capo intervento conosce adesso la situazione sul posto e lʼestensione approssimativa del sinistro. Prima di poter ingaggiare i suoi mezzi deve decidere cosa deve ingaggiare e dove. Per trovare la risposta a questa domanda bisogna chiedersi: cosa succederebbe se non facessi niente? Come sarebbe la situazione tra 5 o 10 minuti? Rispondendo a queste domande si possono dedurre i punti strategici nei quali intervenire, cioè quelli che sono particolarmente importanti per lʼevoluzione della situazione. Ovviamente non è tutto così semplice! Prevedere lʼevoluzione di un sinistro e le eventuali possibili situazioni che ne scaturirebbero, richiede solide conoscenze tecniche e grande esperienza. Valutare e fissare le priorità I mezzi a disposizione definiscono dei limiti. Quali sono concretamente le mie pos-
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sibilità? Non ha senso voler ingaggiare contemporaneamente due autobotti se la rete di idranti riesce a malapena ad alimentarne una. È necessario a questo punto procedere a una valutazione tenendo conto da una lato dellʼevoluzione della situazione e dei pericoli, e, dallʼaltra, dei propri mezzi e delle proprie possibilità. Il risultato di questa riflessione porta alla decisione. A questo punto il capo intervento non può mai evitare di fissare delle priorità. Queste ultime sono dettate dalla missione permanente dei pompieri, cioè sicurizzare, salvare, tenere, proteggere, gestire. Gestire non sempre significa spegnere Si tratta adesso di trovare la buona tattica per gestire un sinistro. Ma cosa vuol dire veramente «gestire»? Si tratta di prendere tutte le misure che permettono di avere la situazione sotto controllo, allo scopo di ridurre al massimo il danno alle persone, agli animali, ai valori materiali e allʼambiente. Una tattica possibile è quella che consiste a stabilizzare, questo significa che il fuoco non deve sempre essere spento il più in fretta possibile. Prendiamo lʼesempio di un incendio di una vecchia baracca di legno in una zona artigianale. È chiaro che nessuno si trova allʼinterno e nessun valore materiale importante è minacciato. Dove mettere la priorità durante lʼintervento? Il capo intervento fisserà le missioni e le misure da prendere in modo da non esporre i suoi uomini a pericoli inutili. Secondo il tipo di situazione può anche essere giudizioso non tentare di impedire la distruzione di un oggetto se per esempio non cʼè più niente da salvare o se i rischi da prendere sono sproporzionati. In una situazione di questo tipo il capo intervento deve valutare attentamente le possibilità che ha a disposizione. Decidere e organizzare Per lʼelaborazione della decisione, il capo intervento si pone tre domande principali: cosa voglio fare? Dove devo intervenire? Quali mezzi devo usare per risolvere il problema? Si trova in ARRIVATI
SUL LUOGO DEL SINISTRO
BISOGNA FARSI SUBITO UN’IDEA GENERALE DELLA SITUAZIONE.
DOMANDA
FONDAMENTALE:
DI COSA SI TRATTA?
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questo modo già in piena fase di organizzazione del luogo del sinistro. A questo punto è utile ricordarsi alcuni principi fondamentali. Unʼorganizzazione curata del luogo del sinistro lascia la libertà dʼazione. Il capo intervento lo capisce al momento in cui si trova confrontato allʼimpossibilità di mettere in posizione una piattaforma di salvataggio poiché tutto il posto è bloccato dai veicoli dʼintervento. Quindi i veicoli devono essere ricevuti e guidati al loro posto fin dallʼinizio dellʼazione. La sistemazione del primo veicolo deve essere scelta con particolare cura visto che poi lʼordine di piazzamento degli altri veicoli segue generalmente da se. In effetti, i veicoli dʼintervento si recano normalmente dove ce nʼè già uno. Chi non pianifica in modo meticoloso e non tiene sotto controllo la situazione, si troverà rapidamente con dei veicoli dappertutto o dove non li vuole. Attenzione al posizionamento dei veicoli! Durante la sistemazione dei veicoli bisogna restare attenti a piazzarli in modo che non blocchino mai lʼaccesso delle persone o degli altri veicoli sul luogo dellʼintervento e che non siano inoltre messi davanti agli idranti. Lo stazionamento sulle aree private deve essere preso in considerazione solo in situazioni eccezionali. In ogni caso la via di accesso deve restare libera per permettere la circolazione dei veicoli dʼintervento che arrivano in seguito. Se si tratta di un vicolo cieco, lʼautobotte resta in questo caso allʼentrata in modo da permettere il passaggio dellʼautoscala. È ovvio che tutti i veicoli restano al di fuori della zona pericolosa. Tenersi quindi lontani dalle facciate in fiamme. Da non dimenticare inoltre il rischio costituito dalla caduta di macerie. Quello che a prima vista può sembrare sicuro può diventare fonte di pericolo. Durante la sistemazione dei veicoli bisogna inoltre ricordarsi che non si tratta solo di posizionarli, ma che si dovrà estrarne degli attrezzi per gli interventi che sono a volte molto pesanti. Lʼubicazione dei veicoli di intervento deve dunque essere sempre scelta in modo da permettere un facile accesso per poter prendere il materiale necessario. Data d’ordine in funzione della missione Dopo la presa di decisione viene lʼazione. Concretamente il capo intervento impartisce una serie di ordini e prende le misure necessarie per padroneggiare lʼevento. La data dʼordine, secondo lo schema OIMDP (orientazione, intenzione, missione, disposizioni particolari, posto comando) è ormai un riferimento. Generalmente non ci sono malintesi se ci si attiene scrupolosamente. Tuttavia, gli ordini devono essere impartiti in funzione dei bisogni concreti per il compimento della missione. Il motto è sempre lo stesso: tanto quanto necessario, ma il meno possibile. Non è sempre necessario dunque enumerare nel dettaglio, per ogni missione attribuita, i cinque punti della data dʼordine e perdere in questo modo del tempo prezioso. Bisogna stare attenti inoltre a dare una sola missione – quindi un ordine dʼingaggio – a ogni capo gruppo e a stabilire rapidamente dei settori di responsabilità. Anche in questo caso bisogna essere chiari e concisi: cosa, dove, con quali mezzi. Gli ordini dʼingaggio permettono al capo intervento di mantenere più facilmente una vista dʼassieme sulle azioni in corso, elemento indispensabile per poter controllare la situazione. Il capo intervento deve sorvegliare gli effetti delle azioni che ha
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CHECK-LIST PER LA DIREZIONE D’INTERVENTO Sicurizzare, salvare, tenere, proteggere, gestire.
Allarme: • Messaggio capito? • Informazioni sufficienti? • Esistono piani dʼintervento? Li ho consultati? • Il personale e i mezzi previsti bastano? • Misure dʼurgenza?
Spostamento: • Attenzione alle condizioni dellacircolazione • Controllare le comunicazioni
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VEICOLI D’INTERVENTO DEVONO ESSERE PIAZZATI IN MODO DA LASCIARE LIBERO L’ACCESSO AI VEICOLI SUCCESSIVI E DA LASCIARE POSTO SUFFICIENTE PER UN’EVENTUALE AUTOSCALA O UNA PIATTAFORMA DI SALVATAGGIO.
ordinato. Se qualcosa non va come è stato indicato deve prendere delle misure correttive. Ma come controllare? Le informazioni che riceve sugli avvenimenti e sullʼevoluzione della situazione sono uno degli strumenti di controllo che ha a disposizione. Ogni ritorno dʼinformazione da parte di un capo gruppo o di un ufficiale permette al capo intervento di giudicare se la missione è stata eseguita conformemente alla sua volontà. È per questo che è così importante informare regolarmente il capo intervento. Utilizzare delle liste di controllo Il giornale dʼintervento e gli schizzi delle situazioni sono anchʼessi utili. Vale la stessa cosa per le liste di controllo. Quello che è uno standard nel mondo dellʼaviazione resta piuttosto raro nel mondo dei pompieri, eppure la lista di controllo è uno strumento semplice ma estremamente efficace che si può adattare liberamente in funzione dei propri bisogni. Le liste di controllo aiutano a fare le cose nellʼordine corretto e a non dimenticare nulla dʼimportante. Lʼutilizzo di una lista di controllo non rappresenta assolutamente un segno di mancanza di sicurezza o di professionalità, anzi. Se così non fosse non ci sarebbero in tutto il mondo miliardi di passeggeri che prendono degli aerei guidati da migliaia di piloti.
P ER L’ ELABORAZIONE
DELLA DECISIONE IL CAPO INTERVENTO
DEVE SEMPRE DEFINIRE DELLE PRIORITÀ .
LE
PRIORITÀ SONO
DETTATE DALLA MISSIONE PERMANENTE DEI POMPIERI , CIOÈ : SICURIZZARE , SALVARE , TENERE , PROTEGGERE , GESTIRE .
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Arrivo/constatazione della situazione: • Fare attenzione alla sicurezza personale • Salvataggi? • Di cosa si tratta? Importanza dellʼevento Valutare: • Cosa accadrebbe se non facessi niente? • Mezzi supplementari Decidere: • Cosa? • Dove? • Con cosa? • Postazione del primo veicolo
Agire: • •
Ordini brevi e chiari: cosa, dove, con quali mezzi Informazioni sullʼevolvere della situazione
Controllare: • Missione compiuta? • Altre misure
Misure dʼurgenza possono essere prese in qualsiasi momento!
TENUTA DEL GIORNALE D’INTERVENTO Parliamo di colui che tiene il giornale. Munito di carta e di penna, prende nota, in ordine cronologico, dei punti essenziali con lʼindicazione dellʼora: quando è scattato lʼallarme? Quando il primo veicolo ha lasciato la caserma? Quando è arrivato sul luogo del sinistro? Chi ha preso quale decisione e quando? Quando sono stati allarmati i mezzi complementari? Prima si incomincia a tenere un giornale meglio è! Sarà più facile, in seguito, procedere allʼanalisi dellʼintervento. Inoltre il giornale rappresenta una fonte di sicurezza per il capo intervento, specialmente nel caso in cui un intervento non si conclude felicemente e che gli elementi riportati nel giornale mostrano al giudice che il capo intervento ha agito correttamente. Nota: Nel CNVVF il ROS (Responsabile Operazioni di Soccorso) è solitamente il CS della prima autopompa giunta in luogo. A questa figura, negli interventi più importanti (quelli dove operano diverse squadre), può subentrare un Funzionario Tecnico Antincendi. In Svizzera come in altri paesi, il capo intervento (nostro ROS), non si trova sull'APS ma giunge sul luogo del sinistro alla guida di un'apposita autovettura e assume il comando delle operazioni.
VFV NOVEMBRE/DICEMBRE 2010
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