Sardegna Gallura Magazine 2017

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LUNEDI SABATO MARTEDI’ GIOVEDI VENERDI

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LUN MARTEDI

GIOVEDI GIOVEDI VENERDI 18 SABATO DOM LUNEDI

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MARTEDI VEN SAB LUNEDI MARTEDI’ GIOVEDI GIOV - VEN SAB- DOM DOM LUN

AGOSTO

DOMENICA LUNEDI’

SABATO

FESTA DEL TURISTA E CONCERTO SACRO RITO DELLA PROCESSIONE IN MARE sfilata cavalieri CORO POLIFONICO FUORI + SCACCADDHI CABARET SERA APERTURA NOTTURA TORRE LONGOSARDO CARNEVALE “ PORTO POZZO VA FUORI DI FESTA” INCONTRI LETTERARI RASSEGNA ESTIVA FOLK FEST FISARMONICA ANTONELLO FRAZIONINFESTA

INCONTRI CON L’AUTORE NOTE DAL CONFINE - POP ROCK FESTIVAL GIORNATA INDIPENDENZA COSTA D’AVORIO INCONTRI CON L’AUTORE NOTTE DI SAN LORENZO TERRITORIO DANSA CELEBRAZIONI FONDAZIONE 12 AGOSTO FRAZIONINFESTA-SERATA DI DEGUSTAZIONE E MUSICA CON SAVIGNI GIORNATA ASTRONOMICA

RASSEGNA SCACCADDI - SPETTACOLO COMICO FRAZIONINFESTA

Menù a base di pennette allo scoglio e cozze alla marinara – Serata danzante con Liscio e… LOC.RUONI - DALLE ORE 20:00

PIAZZETTA PORTO POZZO DALLE ORE 21.00 H 19 LU BRANDALI PIAZZA V. EMANULE I SAN PASQUALE RUONI

PIAZZA RUONI OSS. ASTRONOMICA + PLANETARIO PM DALLE 16 LU BRANDALI SAN PASQUALE PIAZZA

PIAZZA DEL SAPERE PIAZZA SALA CONFERENZE H 21 PIAZZA DEL SAPERE

PIAZZA

PINETA di BUONCAMMINO ORE 20,00

COOLTOUR+ FONDAZ. DI SARDEGNA + SPONSOR VARI

ASS. BYLON Centro li Nibbari

Tramite proloco COOLTOUR + ASS. ASTR. NUORESE

SERV CULTURA BARDANZELLU NOI ALTRI

In collaborazione con il Comitato Sant’Antonio Info: 339.2999332

FIDALI 1974

COOLTOUR+ ASS. ASTR. NUORESE

H 20,30 LU BRANDALI

TERRA & MARE – La SAGRA

Comune di STG

SPIAGGIE BANDIERA BLU

FESTA DELLA BANDIERA BLU - AMARE IL MARE INCONTRI CON L’AUTORE SERATA ASTRONOMICA

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ASS. CITTADINI DI PORTO POZZO

PIAZZETTA PORTO POZZO ORE 21.00

FESTA DELLA SEADAS E SPETTACOLO MUSICALE

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DOM MARTEDI’ GIOVEDI

Dietro le Quinte

COMITATO FESTA PATRONALE

Organizza

SABATO

Centro storico

PIAZZA VITTORIO EMANUELE I FARO DI CAPO TESTA - ORE 19:00

PORTO LISCIA / CULUCCIA

PIAZZETTA PORTO POZZO DALLE 20.00 ALLE 24.00

Luogo

BUSKERS FESTIVAL

FANFARA GARIBALDINA SFILATA PER LE VIE CITTADINE E CONCERTO IN PIAZZA WIND TECNO CUP 2017 CAMP. NAZ. FOLK SANTA TERESA INCONTRI CON L’AUTORE MUSICA IN PIAZZA CONCERTO ARMONIE NATURALI - CON SARAH MCKENZY

FESTA PATRONALE DI SAN TOMMASOPORTO POZZO WIND CUP COLUCCIA GIOCHI IN SPIAGGIA

Denominazione

LUN-SAB 17/22

1-2 2

MARTEDI

SAB -DOM DOM

Data

LUGLIO Giorno

EVENTI da non perdere a Santa Teresa Gallura (2017)


SABATO

MERCOLEDI

DICEMBRE

SABATO MERCOLEDI

NOVEMBRE

SABATO

VEN-SAB DOM-LUN

DOMENICA LUNEDI LUNEDI DOMENICA

OTTOBRE

CULUCCIA GAMES 2017 FESTA DEI NONNI GIORNATA DELL’INDIPENDENZA GUINEA FESTA ASSOCIAZIONI

FESTA Rassegna estiva FOLKfest Life AFTER OIL GIORNATA MONDIALE DEL TURISMO CULUCCIA GAMES 2017

FESTA SANTA REPARATA INCONTRI CON L’AUTORE FESTA DI LA MARINA INCONTRI LETTERARI CELEBRAZIONI BECHI LUSERNA FANTASIE SONORE

Musica Sulle Bocche

Musica Sulle Bocche ANTEPRIMA

SERATA DI DEGUSTAZIONE E MUSICACOMPLESSINO CON PALCO INCONTRI CON L’AUTORE INCONTRI CON L’AUTORE ANTIGONE THE BLASTED

SALA CONFERENZE H 16 Piazza Vittorio Emanuele

PORTO LISCIA / CULUCCIA

PORTO LISCIA / CULUCCIA

LOC. S.REPARATA BUONCAMMINO PIAZZA DEL SAPERE PORTO SANTA TERESA H 19 LU BRANDALI VIALE BECHI TEATRO MANDELA PORTO LONGONSARDO PIAZZAV. EMANULE I FESTIVAL INTERNAZIONALE DI CINEMA

PIAZZA DEL SAPERE PIAZZA DEL SAPERE

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CONCERTO NATALE(RASSEGNA)

FESTA NATALIZIA PER BAMBINI

HALLOWEEN

GIORNATA DELLE FORZE ARMATE - COMMEMORAZIONE CADUTI DELLA PATRIA

AJO’ CLASSIC 2017

BIBLIOPRIDE CONCERTO VOCI D’AUTUNNO HALLOWEEN

CHIESA PARROCCHIALE

CAMPO SPORTIVO

PIAZZETTA PORTO POZZO DALLE 15.00 ALLE 19.00

PORTO LISCIA / CULUCCIA

CHIESA SAN PASQUALE PIAZZETTA P Pozzo 15/19

intrattenimento – Balli Lisci e Latino-Americana alle ore 24:00

13-14- FESTA PATRONALE – Concerti – giochi per Piazza Vittorio Emanuele Tutti i giorni dalle ore 11:00 15-16 bambini - Comici – e tanti eventi di

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MERCOLEDI SABATO

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DOM MERC SAB SAB DOM MERCOLEDI SAB GIOVEDI

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VEN-SAB-DOM

SETTEMBRE

GIOVEDI

MARTEDI MARTEDI MERCOLEDI

CORO POLIFONICO

POLISPORTIVA S. TERESA ASS. PER PICCOLI PASSI SARDEGNA

CORO POLIFONICO S. TERESA COMITATO FESTA SAN TOMMASO

Info: 339.2999332

FIDALI 1974

SERV. SOCIALI S. S NOI ALTRI PRO LOCO

ASS. LA MARINA COOLTOUR + FONDAZIONE DI SARDEGNA AFFARI GENERALI Festival Musica Classica CONTROEVENTO

COMITATO Santa Reparata

JANA PROJECT

JANA PROJECT

FORSE INTERNO AL PROGRAMMA MSB


RISTORANTE-LOUNGE-BAR

apertura 2017 25 maggio

Il SINTONIA si pu˜ deÞnire un Ristorante ormeggiato sulla Marina, i nostri Chef propongono una cucina semplice ma rafÞnata con prodotti tipici della zona e con molti special settimanali, Il pesce ne è alla base cucinato sia nel nostro Grill a vista che al forno, inoltre per chi lo desidera potrˆ gustare la nostra leggera Pizza infornata nel forno a legna. Alla magica atmosfera che vivrete,per sentirsi in sintonia circondati da un parco naturale quale è il Fiordo di Porto pozzo il nostro adiacente spazio Lounge, vi coinvolgerˆ in un rilassante e piacevole Þne serata. cell 3273112514 email sintoniafood@gmail.com


Lo staff SINTONIA è a vostra disposizione per la Prima Colazione dalle 7:30 per servirvi circondati da una splendida vista sul mare appoggiati sulla Marina. Per il Pranzo verso le 12:00. L’aperitivo lo si può degustare con il nostro buffet a partire dal 17:30. La Cena verso le 20:00, dove è gradita la prenotazione e a seguire il Lounge aperto sino alle 04:00. Il Sintonia è disponibile anche per eventi privati. Per chi lo desidera,all’area ristorazione si può accedere anche via mare , un area gratuita, riservata all’ormeggio dei nostri clienti, è sempre a disposizione nella nostra Marina.


LA MARINA

SINTONIA MARINA è una nuova marina privata con un concetto di ospitalità nuovo.Localizzata nel Fiordo di Porto Pozzo Da noi ti troverai in un ambiente circondato da un parco naturale, ritornare dopo una bellissima e lunga giornata di mare sarà un ulteriore emozione. La marina può ospitare oltre 400 barche e i servizi offerti sono : -Ormeggio sicuro e assistito del nostro Staff; -Sorveglianza notturna; -Moderne Colonnine per attingere alla rete Elettrica e Idrica; -Sistema automatizzato Svuotamento Sentine; -Servizio riÞuti; -Assistenza; -Pagamento diretto per Tassa Stazionamento arcipelago Maddalena; -Un Menù Take-Way prodotto direttamente dai nostri Chef; -Toiletes Desk per supporto info e servizi; Contattaci per informazioni/prenotazioni +39 339 3921683 sintoniaboat@gmail.com - 41°11’40,53’’N - 9°16’15,50’’E Canale 9


UNA MARINA NEL PARCO

UN PARCO NELLA MARINA







Foto di Giancarlo Abozzi




IMMOBILIARI AFFITTO E VENDITA: 28) sardinia Holiday - Via Capo Testa – Tel. 380.3016505 29) Rena Immobiliare - Loc. Rena Majore p.zza Sirenella Tel 349.8320732. 30) Immobiliare Occhioni - Via Tibula – Tel. 0789.754143

26)Intersea- Ship and Yacht Agent di Pietro Sini Via del Porto - Tel. 0789.1833022 Cell. +39 366.2929226 – pietro.sini@intersea.agency www.intersea.agency

25) Techno Nautica - Via Trieste, 5 - Tel.347.1299819

NAUTICA RIMESSAGGIO-VENDITA-ASSISTENZA:

GIOIELLERIE: 23) L’isola del Gioiello - Via Nazionale, 16 24) L’Angolo D’Oro - Piazza Vittorio Emanuele - Tel. 333.6146172

TAXI-NOLEGGIO-NCC-TOURS: 19) Just Sardinia - Zona Artigianale – Tel. 0789.754343 20) International Tours - Via Val d’Aosta, 19 – Tel.0789.754619 21) Cooperativa Taxi - Via Val d’Aosta, 19 – Tel. 347.6321592 22) Open Tours - +39 345.7071492

ASSICURAZIONI: 18)UNIPOLSAI divisione SAI - Via Maria Teresa, 41 - Tel. 0789. 754906

17) Artigianato Tuttu Sardegna - Via XX Settembre, Tel. +39 393.9040912

ARTIGIANATI TIPICI: 16) L’Isola del Mirto - Via XX Settembre,31 - Tel . 0789.754741

GELATERIE: 13) Onda Gelateria - Piazza Vittorio Emanuele - Tel. 348.6093847 14) Gelateria 15° Sottozero - Via XX Settembre, 15 - Tel. 0789.754082 15) Gelateria Central Bar 80 – P.zza Vittorio Emanuele Tel. 348.3234692

11) Central Bar – Gelateria - Piazza V. Emanuele – Tel. 348.3234692 12) Locanda dei Mori - s.p. S.Teresa-Sassari – Tel. 0789.755168

10) Sintonia - Loc. Marina di Porto Pozzo-Tel. 327.3112514

9) Il Faro Bianco - Loc. Porto Pozzo, viale A. Moro, 32– Tel.0789.752199

4) Ristorante Lungoni - Via Nazionale - Tel. 0789.1895474 5) L’Osteria - Piazza del Tempo – Porto Turistico - Tel. 0789.755216 6) Sporting Club - Baja Santa Reparata - Tel. 333.7938114 7) Bar del Capo - Loc. Capo Testa ponente – Tel. 339.7165048 8) Bar Rena Bianca - Spiaggia Rena Bianca – Tel. 347.7074137

3) Ristorante S’Historia -Loc. Rena Majore Tel. +39 328.7648456

RISTORANTI - PIZZERIE - BAR: 1) Ristorante Il Grottino - Via del Mare, 14 -Tel.0789.754232 2) Gallura Grill - Via Carlo Felice, 51 -Tel. 347.7512726

PRATICHE AMMINISTRATIVE E AMMINISTRAZIONE CONDOMINI: 51) MGM di Mannoni Gian Mario - Via Trento, 4 Tel. 0789.755460

DENTISTI: 49) Studio Dentistico Dott. Tomaso Visicale Tel. 349.8825810 – 349.3101161 50) Dentista in POLONIA – info: +39 339.2999332

DIVING: 48)Diving Mediterraneo - Via del Porto, 16 – Tel. 348.8002388

ELETTRODOMESTICI E GAS: 46) Tuttogas - Via Don Tedde, - Tel.0789.755037 47) Faber - Via Calabria, 8 – Tel. 0789.755059

NEGOZI PER ANIMALI: 45) Agrizoona - Via Don Tedde, - Tel. 347.8580328

GOMMISTI: 44) FG Gomme - Zona Artigianale – Tel. 340.1282677

PARRUCCHIERE UOMO-DONNA-BAMBINO: 43) Dora Parrucchiera - Via XX Settembre – Tel. 347.3057632 58) Filippo Hair Stylist - Via Carlo Alberto, 25 - Tel-0789.755015

SERRAMENTI ALLUMINIO-LEGNO: 42) DN Serramenti - Zona Artigianale – Tel.0789.754543

CASALINGHI-BRICOLAGE-ABBIGLIAMENTO: 39) La Libellula Rossa - Zona Artigianale – Tel. 40) Il Nido abbigliamento 0-16 anni - Via -Tel. 41)ARCOAL complementi alberghieri-Tel.0789.754090

ARREDAMENTI: 38) Gallura Arredamenti - Loc. Li Lucianeddi - Tel.0789.756000

ESCURSIONI IN GOMMONE O BARCHE 36) Memo di Domenico Nicolai - Via - Tel. 37) Ajooo di Gianni Nicolai - Via - Tel. 335.5445240

35) PM Car - Zona Artigianale - Tel. 338.1123514

MECCANICI AUTO E CARROZZIERI: 33) Effebi Car di Fabio Bo - Loc. Val di Galera - Tel.+39 340.1558426 34) Car System - Zona. Artigianale – Tel. 0789.754967 – 340.6102884

COMMERCIALISTI: 32) Azara Studio Commerciale - Via Lu Calteri - Tel.0789.754479 / 4940

31) Vendesi appartamenti vista mare Tel. 345.6352471

57 )

FIORAI: 59) Note Fiorite – via CarloAlberto – Tel.348.7558511

Biciclette – Scooter – Moto – Quad Abbigliamento e accessori cross-enduro Attrezzature per agricoltura e giardinaggio - Ricambi Zona Artigianale - Tel. 333.2884554 – 3294281285

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VENDITA MOTO-BICI e ASSISTENZA

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Camere singole con bagno e TV, Salone con TV, a soli 400 metri dalla spiaggia Rena Bianca

53) Casa di riposo Sacro Cuore Via Veneto, 2 – Tel. 0789754036

CASE DI RIPOSO PER ANZIANI:

FRUTTA E VERDURA LOCALE: 52) Ortopòli - Via Don Tedde – Tel. 339.8000705




















Luogosanto

Al

centro della Gallura, a 320 m di altitudine, sorge

Luogosanto, piccolo borgo che deve il suo nome al gran numero di edifici di culto disseminati nel suo territorio, ben dodici. Ed effettivamente la forte tradizione religiosa del luogo, che ha origine probabilmente dalla stessa fondazione del centro abitato, avvenuta ad opera dei Francescani nel XIII secolo, portò addirittura alla concessione di un raro privilegio: la denominazione di Porta Santa per una delle porte della basilica di Nostra Signora di Luogosanto, che viene così aperta ogni sette anni per i successivi dodici mesi, attirando un gran numero di fedeli. Secondo un'altra interpretazione, il nome deriverebbe dalla scoperta delle reliquie dei Santi Nicola e Trano (probabile deformazione di San Nicola da Trani) entro una roccia nelle campagne di Luogosanto, ove in seguito venne costruita la chiesa dedicata a questi due santi. Durante il periodo della dominazione aragonese Luogosanto, come molti altri centri, si spopolò e conobbe nuova vita solo a partire dal XVII secolo, quando alcuni pastori costruirono in questa zona alcuni stazzi e diedero vita a quello che è l'attuale paese. Il grazioso centro urbano, ai piedi del Monte Juanni, rispecchia la natura del territorio circostante, ricco di affioramenti granitici. È proprio il granito infatti a costituire il principale materiale da costruzione ed è impiegato anche per il lastricato delle strade. A pochi minuti dal celebre e celebrato mare gallurese, ma al contempo immerso in un paesaggio montano boscoso, ricco di panorami a perdita d'occhio (da qui si possono ammirare le Bocche di Bonifacio), Luogosanto offre al visitatore molti spunti di interesse. Nel centro urbano sorge la Basilica intitolata a Nostra Signora di Luogosanto, la cui fondazione risale al XIII secolo ad opera dei Francescani. Secondo una tradizione locale la chiesa venne eretta nello stesso punto in cui la Madonna sarebbe apparsa ai frati per indicar loro il punto in cui si trovavano le reliquie dei santi Nicola e Trano. È sempre la tradizione popolare che vuole che la statua lignea conservata all'interno della basilica fosse stata rinvenuta su una spiaggia di Arzachena. La chiesa dedicata ai santi Nicola e Trano sorge in aperta campagna, a sud del

centro abitato. Le reliquie dei due santi vennero recuperate in una piccola grotta, che è stata inserita entro la semplice architettura della chiesetta mononavata. Al suo interno l'altare è ricavato da un unico blocco di pietra. Nella regione Balaiana sorgono invece ben quattro chiese. Oltre a quella intitolata alla Madonna del Rimedio, quella di San Gavino di Li Coddi (coperta in ginepro) e quella di San Salvatore (interamente in granito), sorge qui, su un affioramento di rocce granitiche, la chiesa di San Leonardo, originariamente cappella del castello di Balaiana. Quest'ultimo, costruito in epoca medievale come probabile residenza estiva dei Giudici di Gallura, subì gravi danni nei secoli del dominio aragonese. Il termine Balaiana deriva dal nome della popolazione autoctona qui attestata almeno da epoca romana, i Balari. La chiesa, realizzata nel XII secolo, uno dei più piccoli edifici romanici della Sardegna, presenta una navata unica voltata a botte ed è interamente costruita in granito. Nei pressi della strada per Santa Teresa Gallura, in località Santu Stevanu, sorge, nel mezzo di un boschetto di querce, un interessante sito archeologico intorno al Palazzo di Baldu. È questa una costruzione a pianta quadrata, che conserva i muri su tre lati per oltre dieci metri d'altezza. In origine essa era suddivisa in tre piani con un terrazzo e dotata di una scala esterna che conduceva all'ingresso principale, al di sopra del basamento a scarpa. Accanto al palazzo altre costruzioni per un totale di sedici ambienti si affacciano su un unico grande piazzale. Poco lontano è una fornace in granito destinata alla produzione di materiali fittili. Si conserva ancora la chiesetta intitolata a Santo Stefano, edificata nel XVII secolo.







Sa Razza Sa Razza, conosciuto anche come SR Raza o Sa razza posse, è un gruppo musicale di hip hop sardo, nato nel 1990 tra Iglesias e Cagliari. Il gruppo inizia la propria esperienza nel mondo dell'hip hop durante il 1991, quando pubblica il suo primo disco mix da 12" composto dalle due tracce In Sa Ia e Castia In Fundu, composte in collaborazione con i Casino Royale. I due brani vengono successivamente inseriti nella compilation Fondamentale Vol.1 pubblicata dall'etichetta Century Vox di Bologna, nota per l'attività di sviluppo dell'hip hop italiano nei suoi primi anni di vita. Le capacità denotate danno modo al gruppo a partecipare a numerose date live tra cui nel 1993 la presenza come gruppo spalla per i Beastie Boys a Reggio Emilia. Dopo il primo lavoro i Sa Razza lasciano l'etichetta Century Vox e si limitano ad alcune collaborazioni con l'etichetta Anagrumba. Quilo, trasferitosi a Torino, conosce Tristano Ferrero, DJ e produttore che come nome d'arte ha Trizta: il duo fonda l'etichetta Undafunk Records, con sede a Torino, nell'ottica di diffusione del genere hip hop. La Undafunk come prima produzione pubblica un mix da 12" dal titolo Vero Sardo Gche narra la vera storia del cosiddetto "Re del Supramonte barbaricino", Graziano Mesina; e il b/side "Adesso Scrivo un Testo" di Ruido che affiancherà Quilo anche nel primo album, segue la pubblicazione di un secondo discomix di Rawl Mc dal titolo Nudo E Crudo dove i Sa Razza compaiono come ospiti. La band sarda nel 1996 torna a farsi sentire pubblicando il suo primo vero LP dal titolo Wessisla che raggiunge le 15.000 copie vendute. Quilo ritorna in Sardegna e fonda la Rhyme Racket, con il proposito di creare la prima etichetta discografica sarda votata all'hip hop. La prima produzione della label è il mini-CD de La Fossa dal titolo omonimo. L'etichetta ha vita breve e i Sa Razza ricominciano una intensa attività concertistica in Sardegna. Alla fine del 1998 la Undafunk pubblica la compilation Sampla98 in cui i Sa Razza partecipano col brano Si può fare di meglio. Il periodo che segue è quello di assestamento del gruppo che vede diverse partenze ed arrivi nella propria formazione, nel 2000 alla band si aggiunge il giovane mc e produttore Raio di Iglesias, Micio P e Dj Nike, quest'ultimo campione italiano DMC nel 1997 e

quarto assoluto al Campionato Mondiale dmc. Con questa formazione, i Sa Razza pubblicano per Cinenova Records l'album E.Y.A.A. che si dimostra buon successo tanto da vendere 6.000 copie in Sardegna nel 2001. Nel 2002 danno infine alle stampe un EP intitolato Itta Ee! contenente anche due videoclip. I Sa Razza hanno recentemente avviato un progetto dedicato ai giovani dell'Istituto di Pena Minorile di Quartucciu, facendo conoscere l'hip hop nell'accezione educativa che può assumere questo caleidoscopico termine. Attualmente i Sa Razza sono composti da Quilo (MC 1973), leader storico del gruppo, attivo sin dal 1987 Ruido (MC Dj Nike (Nicola Spiga, DJ) Indio (MC) Micio P (MC) Raio (Luca Nicosia, MC) Discografia Album 1991 - In Sa Ia-Castia in Fundu (12") (Undafunk Torino) 1994 - Vero Sardo G (12") (Undafunk Torino) 1996 - Wessisla (Undafunk Torino) 2001 - E.Y.A.A. (Cinevox/Cinenova) 2002 - Itta Ee! EP (Cinevox/Cinenova) 2003 - Grandu festa EP (Nootempo Records) Maloscantores (Quilo e Micho P)[modifica | modifica wikitesto] 2004 - Un gran rap sardo (Nootempo Records) 2005 - Sa kallella (Singolo) (Nootempo Records) 2006 - Musica sarda (Nootempo Records) Collaborazioni[modifica | modifica wikitesto] 1993: Sa Razza - In Sa Ia (da Fondamentale Vol.1) 1993: Sa Razza - Castia In Fundu (da Fondamentale Vol.1) 1998: Flaminio Maphia feat. La Fossa, SR Raza - Patto Di Sangue (da Italy's Most Wanted) 2000: SR Raza - Nada Pro Nada (da È solo l'inizio...Hip Hop 2000 2002: SR Raza - Stiamo Giù - (da Incompatibile 1999/2002) 2002: SR Raza - Passalo (da Da Bomb 2002 CD1)








Rena Majore La cooperativa offre i seguenti servizi: pulizia degli appartamenti tra cui aperture, chiusure e cambi, disponibilitĂ di utilizzo biancheria igienizzata e sempre disponibile ai cambi, manutenzioni garantite h24, giardinaggio. CONTATTI: MIRIAM: 346 3973073 MARCO: 389 5805396 E-MAIL: trinitaglobalservice@yahoo.it









oooooArzachena Sembra incredibile che oltre 6 mila anni fa qualcuno

vagasse tra la costa (non era Smeralda allora) e l'entroterra di Arzachena alla ricerca di rifugi tra le rocce, di luoghi sicuri dai nemici, di ripari da pioggia e vento. Quei luoghi ideali non stavano certo vicino al mare.

Le splendide spiagge dorate che conosciamo non erano attraenti per le antiche popolazioni del Nord Sardegna. Il mare era visto come portatore di nemici o come una utile, ma pericolosa, via per gli scambi commerciali. Nel Neolitico, circa 3 mila anni a.C., il miglior posto dove mettere su casa, invece, era un’altura a 10 chilometri dal mare, sotto un’enorme roccia a forma di fungo. Il cappello in granito faceva da tetto e le pareti venivano tirate su con pietre e fango. Tante capanne sorsero nei dintorni di quel monumento naturale: possiamo ammirarlo nel centro storico di Arzachena, di cui è simbolo. Altre costruzioni nacquero circa 1.500 anni dopo nella verde vallata di Capichera. Lo testimoniano ancora oggi il villaggio nuragico de La Prisgiona e la vicina tomba dei giganti di Coddu Ecchju. Si trovano a soli 15 minuti in auto dalla costa e a 5 minuti dal centro abitato di Arzachena. Ma il parco archeologico del paese della Costa Smeralda racchiude storia, mito e mistero in 7

straordinari siti millenari tra cui il tempietto di Malchittu, il nuraghe Albucciu, le tombe dei giganti di Moru e Li Lolghi e la necropoli Li Muri. Visita il centro storico di Arzachena e sali a bordo della navetta gratuita “La via delle pietre” per raggiungere i siti archeologici e la vecchia stazione dei treni di Arzachena del 1929 che ospita il laboratorio di ricostruzione storica Labenur. Qui, se vorrai, potrai iniziare un nuovo viaggio alla scoperta della Gallura a bordo del Trenino verde.

La navetta “La via delle pietre” è attiva dal 16 maggio al 16 ottobre 2017 con partenza 2 volte al giorno, alle ore 10 e alle ore 16, dall’Emiciclo Europa (ingresso via Ruzittu). E’ un servizio finanziato e promosso dal Comune di Arzachena e prevede ingressi scontati ai siti e alla vecchia stazione. Per maggiori informazioni: ufficio Turismo - +39 0789 844055 www.turismoarzachenacostasmeralda.it Isabella Chiodino Ufficio Comunicazione Via Firenze 2, 07021 Arzachena (OT) Tel. Ufficio 0789.849385 Cellulare 347.7665791 chiodino.isabella@comarzachena.it isabellachiodino@gmail.com www.comunearzachena


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La Via delle Pietre – The Stone Trail 6000 years of history in just 3 hours -ArzachenaTOUR DEL MATTINO / MORNING TOUR 10.00 10.15 11.15 11.45 12.00 12.45

a.m a.m a.m a.m p.m p.m

PARTENZA NAVETTA / SHUTTLE DEPARTURE VILLAGGIO NURAGICO LA PRISGIONA / PRISGIONA NURAGIC VILLAGE TOMBA DEI GIGANTI DI CODDU’ECCHIU / GIANT’S TOMB PARTENZA NAVETTA / SHUTTLE DEPARTURE MUSEO LABENUR E VECCHIA STAZIONE / HISTORICAL MUSEUM CENTRO STORICO DI ARZACHENA / ARZACHENA OLD TOWN CENTRE

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TOUR DEL POMERIGGIO / AFTERNOON TOUR 4.00 4.15 5.15 5.45 6.00 6.45

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PARTENZA NAVETTA / SHUTTLE DEPARTURE VILLAGGIO NURAGICO LA PRISGIONA / PRISGIONA NURAGIC VILLAGE TOMBA DEI GIGANTI DI CODDU’ECCHIU / GIANT’S TOMB PARTENZA NAVETTA / SHUTTLE DEPARTURE MUSEO LABENUR E VECCHIA STAZIONE / HISTORICAL MUSEUM CENTRO STORICO DI ARZACHENA / ARZACHENA OLD TOWN CENTRE

COSTI / PRICES Biglietto ingresso unico villaggio la Prisgiona e Tomba dei Giganti Coddu’Ecchju € 6 P/P Ticket la Prisgiona Nuragic Village and Coddu’Ecchiu Giant’s Tomb € 6 P/P Biglietto ingresso unico Museo Labenur e vecchia stazione ferroviaria € 3 P/P Ticket Labenur Historical Museum an Old Train station building € 3 P/P FERMATA NAVETTA ARZACHENA CENTRO STORICO: EMICICLO EUROPA (INGRESSO VIA RUZITTU) ARZACHENA OLD TOWN CENTRE BUS STOP: EMICICLO EUROPA (VIA RUZITTU ENTRANCE) For any further information call the Official Tourist Office +39 0789 844055 – Piazza Risorgimento

OGNI MARTEDI’ – GIOVEDI’ – VENERDI’- SABATO DAL 16 MAGGIO AL 16 OTTOBRE 2017 EVERY TUESDAY –THURSDAY – FRIDAY – SATURDAY FROM MAY 16 th TO OCTOBER 16 th 2017

Follow us on : Assessorato Turismo Arzachena Costa Smeralda e-mail: assessorato.turismo@comunearzachena.it






















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Una storia lunga 30 anni

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Launeddas Origine Sardegna / Invenzione Preistoria Classificazione Aerofoni ad ancia semplice Uso Musica folk Musica tradizionale dell'Europa Meridionale Launeddas - Fiorassiu: tonalità in Si♭ Le launeddas sono uno strumento musicale a fiato policalamo ad ancia battente, originario della Sardegna. È uno strumento di origini antichissime in grado di produrre polifonia, è suonato con la tecnica della respirazione circolare ed è costruito utilizzando diversi tipi di canne.

Lo strumento è formato da

tre canne, di diverse misure e spessore, con in cima la cabitzina dove è ricavata l'ancia. Il basso (basciu o tumbu) è la canna più lunga e fornisce una sola nota: quella della tonica su cui è intonato l'intero strumento (nota di "pedale" o "bordone"), ed è privo di fori. La seconda canna (mancosa manna) ha la funzione di produrre le note dell'accompagnamento e viene legata con spago impeciato al basso (formando la croba). La terza canna (mancosedda) è libera, ed ha la funzione di produrre le note della melodia. Le ance Sulla mancosa e sulla mancosedda vengono intagliati a distanze prestabilite quattro fori rettangolari per la diteggiatura delle note musicali. Un quinto foro (arreffinu) è praticato nella parte terminale delle canne (opposta all'ancia). Le ance, realizzate sempre in canna, sono semplici, battenti ed escisse in unico taglio sino al nodo. L'accordatura viene effettuata appesantendo o alleggerendo le ance con l'ausilio di cera d'api. Per la costruzione delle Launeddas non si usa la canna palustre phragmites australis, bensì la canna di fiume arundo donax, o canna comune, e la arundo pliniana turra, detta canna mascu o cann'e Seddori, un tipo particolare di canna che cresce principalmente nel territorio compreso fra Samatzai, Sanluri e Barumini. La canna comune viene utilizzata per la costruzione de su tumbu e delle ance, mentre sa cann'e Seddori viene utilizzata per la costruzione della mancosa e della mancosedda. Rispetto alla canna comune infatti presenta una distanza internodale molto maggiore, che può arrivare a diverse decine di centimetri, ed uno spessore notevole, che la rende più robusta e conferisce allo strumento un timbro particolare. Esistono diversi tipi di launeddas tra cui i principali sono: punt'e organu / fiorassiu / mediana / Origini

Dai tipi principali, attraverso opportuni accoppiamenti tra crobas e mancoseddas, si ottengono sottotipi: mediana a pipìa / fiuda bagadìa / tzampognia / spinellu / frassettu / contrappuntu / su para e sa mongia / morisku Uno strumento simile caratterizza Pan, il dio pastore del mondo greco. Strumenti congeneri, suonati con tecniche simili, sono presenti nell'Africa Settentrionale ed in Medio Oriente. L'uso delle launeddas è attestato in un arco temporale che va dalla preistoria, come si evince dal celebre bronzetto itifallico (nuragico), ritrovato ad Ittiri, rappresentante presumibilmente un suonatore di launeddas e, attraverso varie vicissitudini e con le modificazioni dovute al riuso, sino ai nostri giorni. Le occasioni d'utilizzo, laiche o religiose, contemplavano l'esecuzione di brani originali; è credibile l'uso in rituali magico-rituali, come nel caso dei riti della malmignatta (argia),(vedova nera) analoghi alle tarantolate dell'Italia Meridionale o altri riti consimili e, per trasposizione sincretica, all'attuale uso religioso. Il ballo sardo, che vanta una maggiore sopravvivenza e ricchezza di Nodas o Picchiadas (frasi musicali), pur rivelando una sua specificità, deve essere necessariamente ricondotto ai balli orgiastico-cultuali in cerchio attorno agli officianti o al fuoco dei riti primitivi e questo è dimostrato dal fatto che, in epoca storica, l'occasione di ballo era indissolubilmente legata al ciclo dell'annata agraria, svolta nei sagrati delle chiese o d'antichi siti sacri. Sino agli inizi degli anni sessanta, il suonatore (o più di uno) si poneva al centro di un cerchio di ballerini (su Ballu Tundu), che tenendosi per mano ruotavano lentamente attorno allo stesso, andando avanti e indietro al ritmo della musica, secondo uno schema ossessivo ed ipnotico che prevedeva diversi tipi di passo e di movenze codificati, sincronizzati con i diversi momenti della sonata che normalmente durava 20-30 minuti, ma che poteva protrarsi anche per più di un'ora. Altri usi attestati dello strumento sono l'accompagnamento al canto (Muttettus, Goggius, Cantzonis a curba...), l'accompagnamento de Is obreris, l'accompagnamento nei cortei delle sagre, dei matrimoni e di tutte quelle attività che prevedevano partecipazione popolare alla vita sociale. La diffusione e la coincidenza della scala modale dello strumento con tutta la musica sarda suggerisce la sua diffusione, in passato, in tutta la Sardegna, In epoca storica lo strumento sopravvive soprattutto nel Sarrabus, a Cabras, in Ogliastra, nella Trexenta e ad Ovodda, per via di un unico suonatore, l'ultimo suonatore della Barbagia.




Domus de janas

Le

domus de janas sono delle strutture sepolcrali

preistoriche costituite da tombe scavate nella roccia tipiche della Sardegna prenuragica. Si trovano sia isolate che in grandi concentrazioni costituite anche da più di 40 tombe. A partire dal Neolitico recente fino all'Età del Bronzo antico, queste strutture caratterizzarono tutte le zone dell'isola. Ne sono state scoperte più di 2.400, circa una ogni chilometro quadrato, e molte rimangono ancora da scavare. Sono

sovente collegate tra loro a formare delle vere e proprie necropoli sotterranee, con in comune un corridoio d'accesso (dromos) ed un'anticella, a volte assai spaziosa e dal soffitto alto. In italiano il termine in lingua sarda domus de janas è stato tradotto in "case delle fate". Nel dialetto delle zone interne dell'isola, dove il significato del termine non è ancora scomparso, per indicare un uomo o donna dal fisico minuto (la dimensione è circa quella di un bambino pre-adolescente) si dice " mi pàret un'òmine jànu " (mi sembra un uomo janu). Le domus de janas in altre zone dell'isola sono conosciute anche con il nome di forrus o forreddus. Gli archeologi sostengono che le prime domus de janas siano state scavate intorno alla metà del IV millennio a.C. durante il periodo in cui sull'isola si sviluppò la Cultura di San Ciriaco (Neolitico recente 3400-3200). Con la Cultura di Ozieri (Neolitico finale 3200-2800) si diffusero in tutta la Sardegna (ad eccezione di gran parte della Gallura). Le genti di cultura Ozieri erano laboriose e pacifiche, dedite all'agricoltura e con una particolare religione che aveva una corrispondenza nelle lontane isole Cicladi. Adoravano il Sole e il Toro, simboli della forza maschile, la Luna e la Madre Mediterranea, simboli della fertilità femminile. Statuine stilizzate della Dea Madre sono state ritrovate in queste sepolture e nei luoghi di culto. Le grotticelle funerarie sono state scavate su costoni in cui affiorava la roccia viva, una vicino all'altra così da formare nel tempo delle vere e proprie necropoli. Anche se presenti

in altri siti mediterranei, sull'isola acquistano un carattere di unicità e straordinarietà per l'accurata lavorazione, per i caratteristici aspetti architettonici e le ricche decorazioni che richiamano quelle che furono le case dei vivi (ma su scala ridotta, si pensa, più o meno alla metà), dando una precisa idea di come in realtà fossero costruite le case dei paleosardi cinquemila anni fa. Si possono perciò trovare grotticelle a forma di capanna rotonda con il tetto a forma di cono, ma anche con spazi rettangolari e a tetto spiovente, provviste di porte e di finestre. Le pareti poi venivano spesso ornate con simboli magici in rilievo, rappresentanti corna taurine stilizzate, spirali ed altri disegni geometrici. Piuttosto numerose sono infatti le rappresentazioni naturalistiche o schematiche della testa taurina, o delle sole corna, che «testimoniano il culto di una divinità principio di rigenerazione per i defunti in quanto simbolo della vita e della potenza fecondatrice. Accanto alla decorazione in rilievo compare anche quella incisa e quella dipinta, quest'ultima documentata in particolare nella celebre tomba di Mandra Antine di Thiesi. Compaiono motivi lineari e geometrici, quali zigzag, spirali, dischi, talvolta di grande valore simbolico». Seguendo particolari riti, il defunto veniva trasferito da quella che durante la sua vita fu la sua casa abituale, in un'altra casa, secondo un antico principio ideale - proprio di queste genti - che presupponeva la continuità eterna dell'essere umano. I corpi venivano deposti in posizione fetale e - si pensa venissero dipinti con ocra rossa, così come le pareti della tomba stessa. Accanto alle spoglie venivano deposti oggetti di uso comune facenti parte del corredo terreno del defunto e si pensa anche che venisse lasciato del cibo per il viaggio ultraterreno. Nel tempo i corredi funebri venivano rimossi per far luogo a nuove deposizioni e questa usanza ripetuta nei secoli ha impedito una miglior conoscenza del fenomeno e per questa ragione le ipotesi che le domus de janas fossero destinate ad un unico gruppo familiare resta non provata.

L'archeologo Giovanni Lilliu su questo argomento ha scritto che: « ...i cadaveri erano sepolti, non di rado, sotto bianchi cumuli di valve di molluschi. Ma tutti portando con sé strumenti e monili della loro vita terrena: punte di frecce di ossidiana, coltelli e asce di pietra, ma anche collane, braccialetti ed anelli di filo di rame ritorto, e tante ceramiche». Altre ipotesi sostengono che il corpo veniva


lasciato all'aperto per scarnificarsi e solo dopo, quando era ridotto ad uno scheletro, veniva riposto nelle grotticelle. Per quelle domus più complesse gli archeologi pensano ad un disegno costruttivo unitario seguendo una particolare planimetria a forma di T o a forma di croce. L'accesso è costituito da un lungo corridoio che immette in una anticella per poi raggiungere una cella centrale sulla quale si affacciano le varie cellette funerarie. Oltre alla cultura di San Ciriaco e a quella di Ozieri, anche le successive culture prenuragiche utilizzarono le domus de janas. Sporadicamente furono occupate anche durante la Civiltà nuragica ed in età storica. Il caso più conosciuto e quello della necropoli di Sant'Andrea Priu a Bonorva utilizzata come chiesa in periodo romano e poi in quello bizantino quando fu più volte intonacata e dipinta con affreschi dedicati alle storie della Vergine, alla vita di Cristo e degli apostoli. I raggruppamenti più consistenti sono il complesso ipogeico di Anghelu Ruju presso Alghero, costituito da 36 ipogei, quello di Montessu a Villaperuccio, quello di Sant'Andrea Priu, nei dintorni di Bonorva, quello di Puttu Codinu a Villanova Monteleone. Altre presenze di Domus de janas non meno importanti per estensione ed interesse archeologico si trovano in altre aree della Sardegna. Alcuni di essi, come per esempio il complesso ipogeico di Pimentel in Trexenta, non sono stati completamente scavati e sono ancora parzialmente interrati.

Domus de Janas di Sedini (SS)












Il Borgo di Aggius Un paese, un borgo, è innanzitutto la propria storia, le proprie tradizioni, la propria gente. Se arrivando ad Aggius, il paesaggio vi avrà affascinato, fermarsi significherà andare alla scoperta di storie e leggende, di tradizioni ancora vive e originali, di gente cordiale ed ospitale, sempre disponibile a fermarsi per fare quattro chiacchiere. Situato a 514 metri sul livello del mare, Aggius è un tipico paese della Gallura, subregione storica e geografica della Sardegna. Il suo abitato sorge ai piedi della seghettata cresta montuosa detta “Monti di Aggius”, che comprende le punte: “Monti di Mezu” (mt.782), “Monti Sotza” (mt. 778), “Monti Polcu” (mt. 675), “Monti di la Cruzi” (mt. 667), “Monti Pinna” (mt. 680) e “Monti Fraili” (mt. 645). Il panorama che si può ammirare dalle alture del suo territorio, si estende dall’Asinara sino all’arcipelago della Maddalena e alla Costa Smeralda. In giornate limpide si possono ammirare le ventilate Bocche di Bonifacio e la vicina Corsica con le riconoscibili falesie di Capo Pertusato, mentre nel periodo invernale e primaverile si ergono nitide le alte cime innevate. L'agro di Aggius si presenta come un equilibrato alternarsi di rocce granitiche, boschi secolari di lecci, di sughere, macchia mediterranea, pascoli e vigneti, ai quali il mutare delle stagioni conferisce aspetti e colorazioni variegate. Da circa una decina di anni il turismo sta diventando un comparto molto rilevante nell'economia locale. Nel 2005 il paese è stato insignito, dal Touring Club Italiano, della Bandiera Arancione, un marchio di qualità turistico-ambientale conferito ai piccoli comuni dell'entroterra italiano che si distinguono per un'offerta di eccellenza e un'accoglienza di qualità. Dal 2011 fa parte dell'Associazione Nazionale dei Borghi Autentici d'Italia.

La Storia Le origini del borgo risalgono all’epoca preistorica, come dimostrano le tracce ancora presenti in tutta l’area circostante il centro abitato. Antica e importante “villa” della Curatoria di Gemini, il suo territorio vastissimo includeva anche i comuni di Trinita’ d’Agultu, Badesi e Viddalba, fino alla recente acquisizione della loro autonomia comunale. Terminato il periodo Giudicale, Aggius fu conteso dalla famiglia Doria, dagli Arborensi e infine dalla Repubblica Marinara di Pisa che esercitò il controllo sull’intera area, sino all’arrivo della dominazione prima Aragonese e poi Spagnola. Fu proprio la presenza spagnola a influenzare dialetti, tradizioni, usi e costumi locali in modo estremamente marcato. Questo dominio durò circa 400 anni fino a quando nel 1720 Aggius passò sotto il dominio dei Savoia. Aggius viene ricordato nella prima metà del Seicento come centro di falsari. La “zecca” si sarebbe trovata su uno dei suoi monti, che per questo fu chiamato Fraili (fucina del fabbro). Per tutto l’Ottocento la popolazione venne dilaniata da numerose faide familiari, la più famosa fu quella tra i Vasa e i Mamìa, dalla quale Enrico Costa si ispirò per il romanzo ‘Il Muto di Gallura”. Pochi conoscono il curioso fatto avvenuto nel 1848, quando Aggius divenne “Repubblica” per quarantotto ore, investita da quel movimento che in Europa prese il nome di “primavera dei popoli”.

Da vedere Nel centro storico del paese, l’elemento predominante è il granito a vista, presente nelle murature degli edifici e nelle pavimentazioni di vie, vicoli e piazzette. I toponomi hanno conservato antiche denominazioni: l‘Aldia (posto di guardia, casello daziario), Paràula, Speslunga, Lu Cunventu e Piazza di li Baddhi (Piazza delle danze). All'interno dell'abitato vi sono quattro chiese: la Parrocchiale dedicata a Santa Vittoria, un’altra dedicata alla Madonna d’Itria e gli oratori di Santa Croce e del Rosario. La Chiesa di Santa Vittoria, stando a documenti rintracciati in Curia Vescovile, fu eretta nel 1536. Alcune parti sono state

ristrutturate in epoche più recenti, come la facciata principale, ricostruita nel 1856 e il campanile, alto 33 metri e costruito nel corso del XX secolo. La Chiesa di Nostra Signora del Rosario e la Chiesa di Santa Croce, sedi delle omonime confraternite, recano delle scritte negli architravi posizionati all’ingresso, la prima reca la scritta O.D.R. A. 1727, mentre la seconda O.D.S.C. 1709, si tratterebbe di datazioni relative a dei restauri. La Chiesa di Nostra Signora d’Itria risale alla metà del ‘700 e fu costruita dalla Famiglia Tirotto come ringraziamento alla Madonna per il ritorno di un familiare caduto nelle mani dei Saraceni. Numerose le chiese del territorio circostante: Santu Petru (San Pietro di Rudas), Santu Jagu (San Giacomo), Santu Filippu (San Filippo), Santu Lusunu (San Lussorio), Madonna della Pace situata nella borgata di Bonaita, dove ancora oggi vengono svolte feste campestri legate al mondo agricolo, alla protezione dei raccolti e dei lavori nei campi. A breve distanza dal centro abitato, il laghetto Santa Degna, è un luogo selvaggio e d’incantevole bellezza, circondato da sentieri impervi, sugherete e alture in granito. Queste ultime dominano la Valle della Luna, o Piana dei Grandi Sassi, un luogo affascinante dal profondo silenzio. Nella valle è possibile visitare una delle strutture nuragiche più imponenti e in miglior stato di conservazione di tutta la Sardegna: il nuraghe Izzana. Da non perdere il Museo Etnografico “Oliva Carta Cannas" e il Museo del Banditismo, il primo è dedicato all’esposizione di oggetti e arredamenti tipici legati all’ambiente domestico, al mondo della tessitura e alla quotidianità, il secondo raccoglie documenti e reperti relativi ai fuorilegge perseguiti durante la dominazione piemontese a causa delle loro attività di contrabbando.

Da gustare La gastronomia gallurese utilizza prodotti locali frutto della terra e dell’allevamento. Il piatto tipico più conosciuto e celebrato di Aggius è la zuppa gallurese “la suppa cuata”, preparata con fette di pane raffermo, alternate a fette di formaggio fresco, formaggio grattugiato, mescolato con prezzemolo e un pizzico di pepe. Il composto viene bagnato con brodo di carne e cotto in una teglia “cuata” (nascosta) sotto la brace o dentro un grande recipiente, chiamato “lu caldari”. A piacimento la si può accompagnare con un sugo di carne di vitello, “lu ghisatu”. Altri primi piatti tipici sono: gli gnocchetti “li ciusoni”, i ravioli di ricotta o formaggio “li bruglioni”; “li fiuritti” e “li taddarini”, sorta di tagliatelle. Tra i secondi invece sono da segnalare: il capretto in umido “in brudittu”, la “faa oglia” preparata con bacelli interi di favette fresche, lardo salato e carne di maiale e la “faa cun laldu”, tipico del giovedì grasso, preparato con fave secche, carne di maiale sotto sale e foglie di cavolo verza. Da non dimenticare i formaggi a pasta filata come “lu zucchittu” e “la panedda” e formaggi a pasta cruda come “lu casgiu ruzu”. Dai latticini nasce “la mazzafrissa” (panna mantecata con semola). Si può mangiare semplicemente da sola, con l’aggiunta di zucchero o miele, o come condimento per gli gnocchetti e le favette fresche. Se a fine cottura si aggiunge del formaggio vaccino fresco tagliato a dadini, si ottiene un altro piatto della tradizione aggese chiamato: “lu casgiu furriatu”. Tra i dolci fritti tipici del carnevale ricordiamo “l’azzuleddi”, treccine di pasta, “li bruglietti” o chiacchiere, e le immancabili frittelle “li frisgioli longhi”. Tipiche del periodo pasquale sono le formaggelle “li casgiatini”, e le pesche di marmellata “li pessighi”.“Li papassini”, “la tulta” e “lu pani di saba” (mosto cotto) e “li cuzzuleddi” vengono preparati per la commemorazione dei defunti. In occasione di “lu pulchinatu”, uccisione e lavorazione del maiale, si sfornano “l’ozatini” con pasta di pane e grasso di maiale (jelda). Chiudiamo infine con “lu melisagru”, una melassa ottenuta dalla bollitura di acqua e miele con scorze d’arancia, da accompagnare con ricotta fresca, formaggi stagionati o con la “casgiulata”, conosciuta nel resto della Sardegna col nome di “seadas”. Meritano una menzione i vini, i rossi ottenuti da vari vitigni autoctoni (Carigaggjola, Nieddu 'addosu, Pascali di Cagliari, Ritaddatu, Culipuntu, Barriatoggja), mentre i bianchi degni di nota sono il Vermentino e il Moscato. Cosa fare Aggius conserva un vasto patrimonio di tradizioni e cultura popolare. La festa patronale in onore di Nostra Signora del Rosario e di Santa Vittoria, la prima domenica di ottobre, ha ancora un’appendice tutta profana nella così detta “festa di li Agghjani”, ovvero degli scapoli.


Le processioni e i riti della Settimana Santa, di origine spagnola, ma ancor prima bizantina, sono accompagnati dal canto salmodiante delle Confraternite del Rosario e di Santa Croce e dei cori tradizionali. Il canto corale d’origine religiosa, che si basa sull’accordo di cinque voci fuse tra di loro ha da sempre rappresentato una delle attività di maggior rilievo della vita sociale di Aggius. Con il passare degli anni, accanto ai temi religiosi si sono innestati anche temi di contenuto profano. Tre i cori principali che valorizzano e tramandano la tradizione corale aggese: – “Il coro Galletto di Gallura”, il cui nome è da ricondurre al particolare appellativo attribuito da Gabriele D’Annunzio, nel 1928, al famosissimo maestro. – di canto Salvatore Stangoni, direttore del coro sin dalla sua fondazione, nella prima metà degli anni Settanta. – “Il coro Matteo Peru”, nato negli anni cinquanta per merito di Matteo Peru uno dei più significativi interpreti dei canti di Aggius. – Il "coro Balori Tundu”, prende il suo nome da e in onore di Salvatore Stangoni, noto ad Aggius con il soprannome di Balori Tundu ma passato poi alla notorietà come “Galletto di Gallura”. Nel ballo, il Gruppo Folk Aggius mantiene viva la secolare tradizione. Per gli appassionati di escursioni è possibile organizzare splendide passeggiate a piedi o in mountain bike seguendo vecchi sentieri pastorali, aspri e contorti.

Andrea Altea, Delegato al Turismo 3496153565 Claudia Pulixi, Tutor dell'Ospite 3455104508

LINK UTILI Comune di Aggius Borghi Autentici d'Italia Aggius Comunità Ospitale Aggius Bandiera Arancione Museo di Aggius Sardegna turismo Sardegnautentica INFO E CONTATTI - CASA DELL' OSPITE, LARGO ANDREA VASA MOBILE 334 3164184 EMAIL tutor@aggiuscomunitaospitale.it - AGIOS, C/O MUSEO DI AGGIUS - VIA MONTI DI LIZU, 6 TEL. 079 621029 MOBILE 349 4533208

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MUSEO DEL BANDITISMO Via Pretura

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DA CASTRO A SANT’ANTONIO DI GALLURA

Sant’Antonio di Gallura E'

necessario costruire una storia che non sia semplicemente storia dei fatti, ma che sia un recupero di avvenimenti della cultura, delle consuetudini, delle tradizioni popolari, delle credenze e dell'immaginario. Il recupero della memoria è il presupposto culturale perché si ritorni ad essere comunità e la comunità accoglienza. C'era una volta è un piccolo capolavoro, un prezioso e raffinato scrigno di tesori che sono la nostra storia, qualcosa che deve essere insegnato a chi la memoria l'ha persa o non vuole averla. La memoria è il seme che ha fatto crescere le radici di ogni voce, mai disperderne i contenuti e provare sempre a ricordare ogni cosa. C'erano una volta tanti bambini con pochi giochi e diversivi, ma circondati da un bagaglio incalcolabile di emozioni. Ad intrattenere le lunghe serate invernali davanti a lu fuchili o nelle calde serate estive in lu ghjannili o pastrucciali c'erano i nonni e gli anziani del vicinato a raccontare le antiche storie dell'isola, leggende popolate da anime vaganti tra il mondo terreno e quello ultraterreno: sacro e profano fusi in un'unica emozione. In un isola magica e misteriosa come la Sardegna, l'eco di tradizioni sussurrate da secoli vive e si fa udire ancora oggi, soprattutto in quei centri lontani dalla costa, in cui l'isolamento rallenta la scomparsa di antiche abitudini e credenze. Ecco uno dei racconti scritti durante un laboratorio di storytelling che riporta alla memoria la nascita del piccolo paese di Sant'Antonio di Gallura narrata e tramandata da Paolo Pani, abitante ed amante del centro gallurese.

Quanti erano gli abitanti di Sant’Antonio quando il 5 novembre 1907, il Vescovo di Tempio mons. Antonio Maria Contini, firmava la bolla che istituiva la parrocchia di Sant’Antonio Abate? Pochissimi. Esistevano, quasi certamente, solo poche abitazioni. Alcune di queste erano state costruite nei primi anni del 1900, quando già si incominciava a parlare con cognizione della futura parrocchia e soprattutto dopo il 18 gennaio 1905, quando la signora Liciosa Russino donò alla chiesa il terreno. Notizie certe iniziamo ad averle solo dal 1911 in poi, grazie al lavoro intelligente del secondo parroco Don Antonio Fureddu, benemerito sacerdote affetto da tubercolosi contratta durante lo spegnimento di un incendio scoppiato nelle vicinanze del paese e andato via da Sant’Antonio nel 1919 costretto dal vescovo che sperava di poterlo strappare alla morte, avvenuta qualche mese dopo a soli 39 anni nella sua casa di Nulvi. Fu l’autore di due importanti manoscritti conservati nell’archivio parrocchiale intitolati l’Anagrafe e lo Stato Civile. Da detti documenti apprendiamo che i fedeli della nuova parrocchia nel 1911 erano in tutto 1322, 250 dei quali abitavano nei comuni di Tempio (oggi Arzachena), di Luras e di Olbia (oggi Pirazzolu e Lettu di Fica): un terzo dell’intera popolazione del Comune di Calangianus che contava allora 4438 abitanti. E dei 1322, 1250 risiedevano negli stazzi, divisi in 220 famiglie. A Sant’Antonio c’erano appena 72 abitanti, divisi in 17 famiglie così composte: Giovan Matteo Mannu 7 persone, Salvatore Scanu 8 persone, Luca Ghilardi 5 persone, Martino Calzoni 5 persone, Giovanni Gerolamo Orecchioni 8 persone, Gavino Cucciari 5 persone, Martino Ruzittu 4 persone, Pietro Luciano 3 persone, Pietro Pirina, Giovanni Mariano, Pasquale Cucciari e Paolo Natale Nicoli 2 persone, Lorenzo Mariano viveva da solo.

Per un piccolo borgo la richiesta di una parrocchia era da ritenersi quasi impossibile da esaudire. Eppure, grazie all’impegno costante, alla volontà ed alla forza, talvolta inspiegabile della Fede, i pastori della zona, guidati da Matteo Mannu, da Giacomo e Antonio Ruzittu, da Giovan Matteo Mannu, da Francesco Abeltino Azzena e altri, riuscirono nella difficile impresa. Contravvenendo anche alla regola generale e consolidata che fossero le autorità religiose e statali, all’insaputa dei pastori, ad istituire le parrocchie rurali come successo in precedenza. Quando nacque questo sito, intorno al quale si sarebbe sviluppato poi il paese, nessuno sapeva, a parte la strategica posizione, che a qualche centinaio di metri, ai piedi di Lu Naracu, era esistito un antico villaggio medievale chiamato Villa de Castro. La sua esistenza è documentata da due


importanti documenti: il Liber Fondachi del 1317 ed il Compartiment de Sardenya del 1358. Dalla cartella fiscale di castro che parla di 11 lire e mezzo, imposta fondiaria dovuta ogni anno, si può calcolare una popolazione tra i 50 ed i 100 abitanti, pari a 13-15 famiglie. Da un altro documento del 1421 si apprende che Castro è andata incontro all’estinzione tra il 1360 e il 1380. Riguardo la sua ubicazione in molti non seppero spiegarla, Soltanto Dionigi Panedda, attento studioso di Olbia nel 1988 dopo uno scrupoloso esame del luogo e degli elementi disponibili,avanzava l’ipotesi che l’edificio sacro di Sant’Andrea potesse essere quanto resta dell’antico villaggio medievale di Castro, sorto in precedenza ai piedi di Lu Naracu. Per confermare l’ipotesi però, mancava ancora una prova ufficiale, una scoperta, un reperto che confermasse l’intuizione. Quanto basta per confermare l’ipotesi del professor Panedda : Sant’Antonio deve essere considerata l’erede e la continuazione della medievale Castro. E chissà che un giorno i santantonesi non desiderino riesumare per il loro paese, l’antico nome !

Proprio nel maggio 1995, qualche anno dopo la sua morte, durante il restauro della chiesa di Sant’Andrea, la Soprintendenza Archeologica per le province di Sassari e Nuoro dovette intervenire con urgenza perché qualcosa di molto interessante stava affiorando all’interno della chiesa. Lo scavo, con grande emozione di Paolo Pani che ne dirigeva attentamente i lavori, ha riportato alla luce cinque individui adulti. Uno di questi aveva un anello, forse di rame, al dito anulare della mano destra e, in bocca, una moneta illeggibile. Vennero rinvenute altre monete, due minuscoli cerchi in metallo, probabilmente asole, due bottoncini sferici con appiccagnolo d’argento risalenti, senza ombra di dubbio al medioevo, un anello d’oro con pasta vitrea azzurra in castone esagonale ed un denaro minuto di zecca genovese a nome di Corrado Re risalente al XII-XIII secolo.

A voi Zio Paolo, che avete dedicato anima e cuore al vostro paese, che spero un domani ve ne dia merito. Continuate a raccontare e tramandare sempre i vostri ricordi e le vostre memorie, solo così avremo una nostra storia! ROBERTA CUCCU

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Giovanni Maria Angioy « Malgrado la cattiva amministrazione, l'insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che ostacolano l'agricoltura, il commercio e l'industria, la Sardegna abbonda di tutto ciò che è necessario per il nutrimento e la sussistenza dei suoi abitanti. Se la Sardegna in uno stato di languore, senza governo, senza industria, dopo diversi secoli di disastri, possiede così grandi risorse, bisogna concludere che ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d'Europa, e che gli antichi non hanno avuto torto a rappresentarcela come un paese celebre per la sua grandezza, per la sua popolazione e per l'abbondanza della sua produzione. » Giovanni Maria o Juanne Maria Angioy (Bono, 19 aprile 1751 – Parigi, 22 febbraio 1808) è stato un rivoluzionario, politico e funzionario del Regno di Sardegna, poi ribelle ai Savoia dopo i vespri sardi, considerato un patriota sardo dall'autonomismo ed indipendentismo isolano. Angioy fu protagonista della seconda fase dei moti rivoluzionari sardi contro i privilegi feudali, e oltre che politico, fu anche docente universitario, imprenditore, banchiere e Giudice della Reale Udienza, il supremo organo giurisdizionale del Regno. Nato da Pier Francesco, nobile possidente, e Margherita Arras. In giovane età rimase orfano prima di madre e poi del padre, che da vedovo aveva indossato l'abito talare. A Bono si prese cura della sua educazione uno zio materno, don Taddeo Arras. In seguito, sempre a Bono, frequentò dai padri Mercedari, nella scuola sita presso la chiesa del convento della Vergine della Mercede, titolo che dopo la chiusura del convento, decretata dal ministro Giovanni Battista Lorenzo Bogino nel 1776, fu cambiato in quello di San Raimondo Nonnato. A Sassari proseguì gli studi presso i padri gesuiti al Seminario-Convitto Canopoleno[2] e nel 1771 conseguì la laurea presso la locale università. I parenti lo inviarono a Cagliari per fare la pratica di avvocato sotto la guida del giurista Gavino Nieddu, ma l'Angioy dopo due mesi abbandonò e si dedicò agli studi di diritto. Nel 1772, su dispensa dell'allora re di Sardegna, poté intraprendere la sua carriera accademica e l'anno successivo vinse la cattedra d'Istituzioni Civili. Nel 1789 fu nominato Giudice della Reale Udienza. Il 13 giugno del 1781 l'Angioy prese in moglie Anna Belgrano, dalla quale ebbe tre figlie. Le idee della Rivoluzione francese. Sulla facciata del Municipio di Bono si legge: « A Giovanni Maria Angioy, che ispirandosi ai valori dell'89 bandì la Sarda crociata contro la Tirannide Feudale. » Anche in Sardegna erano giunte le nuove idee che avevano animato la Rivoluzione. Certamente l'Angioy aveva letto le opere degli enciclopedisti, di Voltaire, Montesquieu e di Rousseau. Tra la nascente borghesia sarda circolavano, per lo più clandestinamente, opuscoli e pamphlet politici francesi o di ispirazione rivoluzionaria. Le idee della Rivoluzione francese influenzarono molto il suo pensiero; Angioy era fermamente convinto della necessità di combattere la tirannide, allora nell'isola espressa dal feudalesimo mantenuto dai Savoia a danno dei Sardi. I mali del feudalesimo. Vittorio Amedeo II di Savoia aveva ricevuto la Sardegna in cambio della Sicilia, con il trattato dell'Aia (20 febbraio 1720), divenendo il 17º re di Sardegna. Ad inaugurare il nuovo Regno inviò il suo luogotenente, poi viceré, Filippo-Guglielmo Pallavicini, barone di Saint Remy. Il nuovo viceré giurò agli Stamenti parlamentari di osservare, così come stabilito negli accordi internazionali, le leggi e i privilegi concessi dai governi spagnoli precedenti, nonostante [Sembra che sia affermi lo stesso concetto per due volte!] nel resto dell'Europa tutto era in subbuglio. Proprio il feudalesimo era il grande male della Sardegna. Basandosi sullo sfruttamento dei sudditi, esso penalizzava infatti l'unica fonte di reddito dell'isola: l'agricoltura. In quel periodo, l'isola era suddivisa in feudi, a

parte le sette città regie (Castelsardo, Sassari, Alghero, Bosa, Oristano, Iglesias e Cagliari, che erano esentate sin dal periodo spagnolo dal pagare i dazi feudali), ed altissime erano le rendite dovute agli arcivescovi di Cagliari e di Oristano, come pure quelle dovute ai maggiori feudatari come il marchese Alagon di Villasor, i marchesi Manca di Villahermosa di Thiesi e di Mores, il barone di Ossi, il Barone di Sorso e tanti altri. Le città in quel periodo erano poco abitate, mentre gran parte della popolazione viveva nelle campagne, dove era vessata dalla durissima imposizione fiscale feudale: agli agricoltori veniva sottratto un quinto di ciò che seminavano (diritto di giogo), mentre per i pastori il tributo consisteva nel versare un capo di bestiame ogni dieci (deghino). Per i vassalli le tasse erano innumerevoli: ogni capo famiglia, oltre agli altri tributi, doveva pagare un reale (feu) e versare al feudatario una parte degli animali di corte (galline da corte). il 28 aprile 1794 (Sa die de sa Sardigna), i sardi si ribellano al governo piemontese. Sono i giorni de s'acciappa (la caccia ai piemontesi ancora in città). Furono catturati tutti i 514 funzionari continentali, incluso il viceré Vincenzo Balbiano, e furono cacciati via dall'isola. L'esempio fu seguito da altre città e la rivolta si propagò per tutta la Sardegna. L'isola viene provvisoriamente governata dalla Reale Udienza. L'anno successivo, precisamente il 6 luglio 1795, ci fu una seconda insurrezione, guidata dal partito dei novatori e dalle milizie cittadine che erano state create dopo la prima sollevazione del 28 aprile 1794. Stavolta, il bersaglio erano i "normalizzatori", i membri del "partito" conservatore, i più eminenti dei quali erano il Generale delle Armi Gavino Paliaccio Marchese della Planargia e l'Intendente Generale Gerolamo Pitzolo. Nel corso del tempo, questi ultimi si rivelarono estremamente avversi ad ogni politica che concedesse alla borghesia e alle masse popolari un ruolo nel governo e nell'amministrazione della nazione sarda. Lo scopo dei moti rivoluzionari, secondo il Pitzolo e il partito dei normalizzatori, doveva limitarsi all'ottenimento di un riconoscimento e un ruolo per gli aristocratici e i possidenti sardi, lasciando però immutati gli assetti istituzionali e socio-economici esistenti. Intriso di cultura politica dell'Ancien Régime, il Pitzolo era contrario ad ogni concessione democratica o riformatrice. Inoltre, tra l'autunno 1794 e l'estate 1795, il Pitzolo e il Marchese della Planargia lavorarono assiduamente ad un progetto reazionario per instaurare un vero e proprio stato di polizia. Questi personaggi infatti non vedevano altra soluzione per stroncare l'ala democratica degli Stamenti e le riforme che gli Stamenti stavano attuando nell'amministrazione della Sardegna. La determinazione del Pitzolo e del Paliaccio a ricorrere a misure repressive venne anche accentuata dal fatto che il nuovo viceré, Vivalda, cercò in ogni modo di assecondare le istanze riformatrici dei novatori. Agli occhi del partito dei "normalizzatori" il viceré stava in questo modo minando la stessa autorità reale. La determinazione del Pitzolo e del Paliaccio a ricorrere a mezzi repressivi era anche indotta dalla loro preoccupazione per il fatto che gli Stamenti avevano istituito milizie cittadine che rispondevano direttamente alla volontà degli Stamenti, e quindi avevano un ulteriore strumento di azione. Le milizie cittadine ebbero la meglio sulle truppe del Generale delle Armi, Marchese della Planargia. Il popolo armato si recò presso l'abitazione del Pitzolo che era difesa da alcuni armati. In seguito a trattative, il Pitzolo acconsentì ad arrendersi per farsi trasdurre presso il viceré che avrebbe dovuto garantire l'incolumità del Pitzolo e l'istituzione di un processo contro di lui e i suoi associati. Tuttavia il viceré, per motivi che non sono stati chiariti, non volle prendere in custodia il Pitzolo il quale, rimasto in mano alla folla cittadina, venne trucidato. Il Generale delle Armi, Gavino Paliaccio Marchese della Planargia, venne arrestato e tenuto in custodia. Tuttavia, quando le lettere che sia lui che il Pitzolo avevano scritto vennero lette pubblicamente rivelando i loro piani di arrestare o eliminare i simpatizzanti del partito riformatore, le milizie cittadine presero il Paliaccio e lo uccisero lasciando il cadavere in balia della folla. Il nuovo viceré piemontese Filippo Vivalda di Castellino, richiamato dalla nobiltà locale, rientrò a Cagliari il 6 settembre, ma le rivolte e i tumulti non si placarono. Approfittando dei disordini, i feudatari logudoresi e la nobiltà sassarese chiesero al re maggiore autonomia dal viceré e chiesero


anche di staccarsi dal governo viceregio e dipendere direttamente dalla Corona. Queste richieste irritarono i cagliaritani, che fomentarono ancora di più la rivolta e il 28 dicembre 1795 una grande massa di rivoltosi accorsi da tutto il Logudoro manifestò a Sassari contro il sistema feudale, intonando il famoso canto di Francesco Ignazio Mannu: Procurade 'e moderare, Barones, sa tirannia. A quella rivolta parteciparono tutte le classi sociali: borghesia, nobiltà e popolo, che in quell'occasione si ritrovarono uniti per rivendicare l'autonomia del Regno. Nel Logudoro i moti antifeudali si svilupparono nel 1795. In questa regione i diritti feudali non erano ben precisati ma pagati mediante barbare estorsioni. Si ribellarono i vassalli dell'Anglona: Sedini, Nulvi, Osilo si rifiutarono di pagare i diritti feudali. Più tardi i moti si propagarono a Ittiri, Uri, Thiesi, Pozzomaggiore e Bonorva, e ad Ozieri e Uri i contadini s'impossessarono dei granai dei feudatari. A sostegno dei moti cagliaritani, dai quali i nobili e i notabili sassaresi intendevano distinguersi, in molti paesi si strinsero patti d'intesa per non riconoscere più il feudatario e chiedere il riscatto. Così avvenne che nei giorni di Natale del 1795 numerosi uomini a piedi e a cavallo circondarono Sassari. Ai primi colpi d'artiglieria il duca dell'Asinara e alcuni feudatari fuggirono e la città venne occupata dai rivoluzionari; i capi degli assedianti furono Gioachino Mundula e Francesco Cillocco. Fatti prigionieri il governatore Santuccio e l'arcivescovo Della Torre, i rivoltosi si avviarono verso Cagliari. La carica di "Alternos" Ingresso trionfale a Sassari di J.M. Angioy. Al fine di sedare questi disordini, il 13 febbraio 1796 il viceré Filippo Vivalda e i rappresentanti degli Stamenti decisero di inviare nell'isola Giovanni Maria Angioy, allora magistrato della Reale Udienza. A lui venivano dati i poteri di Alternos: poteva, cioè, esercitare il potere vicereale (al viceré spettava il plurale maiestatis nos, il suo alter ego in periodo spagnolo veniva chiamato alter nos). Con un'esigua scorta, egli partì da Cagliari inoltrandosi nel cuore della Sardegna. Durante il viaggio, nei vari paesi che attraversava, venne accolto con manifestazioni di simpatia mentre gli venivano esposti tutti i disagi sociali e i bisogni delle popolazioni. Apparve a tutti come un liberatore e accese negli animi molte speranze. Si rese conto delle reali condizioni dell'Isola, con un'agricoltura arretrata e l'oppressione feudale, con i disagi dei contadini e la profonda miseria dei villaggi. Ogni paese volle fargli omaggio di una scorta di uomini e quando giunse alle porte di Sassari il suo seguito era imponente. L'accoglienza fu trionfale: accorse tanta folla e anche i canonici della capitale turritana intonarono il "Te Deum". Nel grande affresco che Giuseppe Sciuti dipinse alla fine del XIX secolo nel salone delle assemblee del Palazzo della Provincia, si vede Giovanni Maria Angioy che entra a Sassari da trionfatore. Per la gente non era soltanto l'Alternos cioè un "facente funzione" viceregia; non era soltanto un alto magistrato, ma era il liberatore. Il fallimento della rivolta. I suoi compagni di idee e di partito, però, lo stavano pian piano abbandonando e la sollevazione popolare che aveva creduto di poter suscitare a Cagliari era svanita nel nulla. In quei mesi il Piemonte veniva invaso dalle truppe di Napoleone e lui aveva avuto dei contatti con agenti francesi per preparare un piano eversivo e cacciare la monarchia. Ma gli eventi presero un'altra piega. Vittorio Amedeo III fu costretto a firmare il trattato di Cherasco e successivamente a Parigi, il 15 maggio 1796, la pace con i francesi. Si ritrovò così senza nessun sostegno esterno ed a capo dei rivoltosi. Il viceré gli revocò la fiducia insieme ai poteri conferiti e si preparò a combatterlo.

Sul suo capo venne messa una taglia di 3.000 Lire sarde mentre i soldati del viceré battevano ogni pista per procedere al suo arresto. Il 2 giugno partì con un esercito antifeudale diretto verso Cagliari; giunse ad Oristano l'8 giugno, ma venne battuto e abbandonato dai suoi. Si rifugiò dall'amico don Michele Obino a Santu Lussurgiu e nella notte tra il 13 ed il 14 giugno del 1796, inseguito sul lato sinistro dalla cavalleria del cavalier Marcello di Cuglieri e sul fianco destro da 500 uomini del nobile macomerese don Giuseppe Passino e da un reggimento di militi a cavallo provenienti da Padria, l'Angioy riuscì a divincolarsi dalla stretta morsa degli inseguitori, grazie alle diversioni attuate dai fratelli Miguel e Andrea De Lorenzo, con popolani reduci dallo scontro di Oristano. Ormai abbandonato dai suoi partigiani, fu aiutato dai cavalieri scanesi, che lo travestirono da popolano e nonostante l'invitante taglia pendente sul suo capo e la schiacciante inferiorità numerica lo scortarono tra le impervie giogaie boscose del Montiferru in direzione di Thiesi. La sera del 16 giugno si diresse verso Porto Torres, da dove s'imbarcò clandestinamente per Genova. Sperava di recarsi a Torino per ottenere ancora l'abolizione del feudalesimo. Una speranza tradottasi poi in una fuga rocambolesca in Francia. L'esilio. Nel lungo esilio francese egli abbracciò pienamente l'ideologia libertaria e repubblicana scaturita dalla rivoluzione dell'89. E appunto in nome della libertà politica per la Sardegna, ancora oppressa dal dispotismo, cercò di far accogliere dal direttorio e da Napoleone "primo console" un piano militare per liberare l'isola, proclamandovi la repubblica indipendente[3] e mettendola sotto la protezione della Francia. E con tutta probabilità vi sarebbe riuscito, se il corpo d'esercito raccolto in Corsica nel 1800 non fosse stato distolto all'ultimo momento dalla spedizione in Sardegna, perché destinato a sedare un tentativo insurrezionale controrivoluzionario scoppiato nel frattempo nella stessa Corsica. In compenso la Francia si sarebbe avvantaggiata dei prodotti di cui la Sardegna abbondava: bestiame, formaggio, pellami, grano, metalli; e per di più, avrebbe conseguito una maggior sicurezza strategica nel Mediterraneo occidentale col controllo della base navale di La Maddalena (allora presidiata dalla flotta inglese) e degli approdi delle isole di San Pietro e Sant'Antioco, punti obbligati di riferimento nella navigazione tra Provenza e Nord Africa. G.M. Angioy coltivò ancora per qualche tempo l'idea di sensibilizzare governo e opinione pubblica francese sulle sorti dell'Isola. Nel corso del 1799 redasse le Mémoires sur la Sardaigne[4], in cui descriveva l'isola e le sue condizioni economiche, sollecitando il sostegno militare della Francia per la sua liberazione. Privo di appoggi politici sia in Sardegna sia ormai anche in terra francese, Giovanni Maria Angioy moriva a Parigi povero e solo il 22 febbraio del 1808, assistito e sostenuto dalla vedova Dupont. Non è noto il luogo di sepoltura, probabilmente una fossa comune.

Ingresso trionfale a Sassari di Juanne Maria Angioy







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