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LE PROBLEMATICHE DELLA VECCHIAIA e la musicoterapia(1)
7. Quadro di attività con la musicoterapia Movimento e rilassamento: la musica è ANNO XII N.RO 4 del 01/04 /2016
Pag. 1. Pag. psicologica 2. Mamma li Turchi 3. L’angolo del cuore 4. El Cid campeador 6. Teatro romano 7. Chi sbaglia 8. Casa dolce casa 9. L’autore del mese 10. Una donna nella storia 11. Il prode Matteo 12. Ass. Italiana libro 13. Ugo Galluccio 14. Salvatore Borsellino 15. Distruzione o riparaz. 16. Paremiologia e pubbl. 17. Pagina medica 18. I grandi pensatori 19. Il Professore 20. Vota SI 21. Carni porcine i salumi 22. Mater Dei 23. Morte a Bruxelles 24. Storia della musica 25. Terrorismo in Italia 26. Premio naz.Editoria 27. La favola della settim. 28. Umberto Eco 29. ‘A posteggia 30. Il Museo Diocesano 31. Variazioni climatiche 32. Regimen sanitatis 34. Inauguraz. a Sarno 35. Calipso 36. Redazioni e riferimenti
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uno stimolo fisico che aiuta il rilassamento e la distensione muscolare ed il movimento di arti colpiti; essa motiva la motricità e costituisce un supporto ed una spinta per la mobilizzazione attiva; socializzazione: la musica, come attività sociale, agisce sul piano della prevenzione,facilita la comunicazione; consente l'integrazione del gruppo, la partecipazione e lo stabilirsi di legami interpersonali, il rinforzo dell' identità del singolo, l'emergere di sentimenti positivi originati dalla sensazione di appartenenza; ricreazione (aspetto ludico): la musica può essere fonte di godimento,di gioia e di divertimento spontaneo; essa dà un piacere momentaneo che non richiede sforzo di apprendimento né implica preparazione; gratificazione (aspetto animativo): l'influenza di un clima musicale incoraggia visibilmente l'attività generale, l'espressività e la creatività, au-mentando la considerazione di se stessi e l'autostima; aiuto alla memoria (terapia della reminescenza): la musica fa rivivere momenti del passato, rende presenti situazioni connotate in senso emotivo, soprattutto i periodi felici della vita, e aiuta a ristrutturare la nozione del tempo; attraverso l'uso di canzoni e musiche accettate e riconosciute si stimolano i ricordi e le associazioni; apprendimento: la musica facilita l'apprendimento secondo due modalità principali: - il riapprendimento di una destrezza perduta o menomata in seguito a malattie o traumi - l'apprendimento di nuove competenze per compensare quelle perdute o menomate; contatto con la realtà: la musica aiuta gli anziani a stabilire e mantenere durante gli incontri brevi momenti di contatto con la realtà; la scansione settimanale degli incontri, ad esempio, aiuta a ristrutturare e riorientare la sensazione del tempo; sostegno e rinforzo psicologico: la musica dà sollievo alla propria ansia e consente all'anziano di allentare l'attenzione su se stesso e i suoi disturbi, allontanando pensieri negativi e atteggiamenti di compatimento; proiezione (liberazione di emozioni e di tensioni psichiche): la musica può essere un mezzo proiettivo che stimola le libere associazioni e produce la liberazione delle emozioni e dei contenuti inconsci, aiutando l'espressione e la canalizzazione delle pulsioni interne disturbanti; la musica può essere uno strumento proiettivo di induzione e di suggestione, finalizzato ad un cambiamento terapeutico. L'esperienza musicale nel paziente anziano istituzionalizzato è un'occasione importante per impegnarsi in attività spesso nuove e di grande coinvolgigimento sul piano emozionale, rievocativo e cognitivo. Proprio considerando quest‟aspetto, si darà grande importanza al canto, che è certamente una delle attività principali dell' intervento musicoterapeutico,si realizzano momenti di socializzazione e d' informazione culturale.Cantare vecchie canzoni o anche solo brevi frasi crea un' atmosfera gioiosa e distesa, graalla quale l' anziano si diverte, si rende più disponibile nei confronti degli altri e partecipa attivamente all'attività di gruppo. Cantare in gruppo rappresenta un'esperienza comunitaria capace di far dimenticare la routine quotidiana, di distogliere la mente dell'anziano dall'essere troppo occupato in tristi preoccupazioni. Cantare fa bene all'apparato respiratorio e a quello digestivo e può influire positivamente sullo stato generale di salute; si aiuterà dunque l'ospite a prendere atto della propria respirazione, alla base della produzione canora, e a coprire il tono muscolare (teso/rilassato) ad essa corrispondente. Spesso il canto, spiega Delicati, è finalizzato al recupero della "memoria sonora": il canto è il linguaggio degli affetti, delle emozioni e della memoria, è un mezzo per creare la motivazione al narrare, al raccontare e al raccontarsi. (Continua) __________
1) F. Pastore, LE PROBLEMATICHE DELLA Vecchiaia, pag.18 e 19 - A.I.T.W. ed. SA. 2004 – Scaricabile in e-book su Google play, cod. GGKEY:K6C9CH8SW3Q E
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Antropos in the world
MAMMA, LI TURCHI!... Da “LE OPINIONI ERETICHE” di M.Rallo “Mamma, li turchi…” gridavano gli abitanti delle zone rivierasche della Sicilia e dell‟Italia meridionale quando – nel ‟400 e‟500 dello scorso millennio – le nostre coste erano sovente visitate dai pirati “barbareschi”. Era un grido di terrore, perché gli scorridori erano soliti abbandonarsi ad ogni bassezza: distruggevano, incendiavano, uccidevano, torturavano, violentavano e, alla fine,si portavano dietro i sopravvissuti, per venderli poi ai mercati degli schiavi di Algeri, di Tunisi, di Tripoli. Naturalmente, i pirati non appartenevano ai ranghi ufficiali dell‟Impero Ottomano. Erano – se così posso dire – dei “privati” provenienti dalle colonie turche del Nordafrica, che sbarcavano il lunario come meglio potevano. Fatto sta – comunque – che il fenomeno delle scorrerie “moresche” incominciò a scemare dal 1571, quando a Lepanto le navi della Lega Santa (formata dagli Stati preunitari italiani) infersero un colpo durissimo alla flotta da guerra ottomana. In forma attenuata, comunque, la cosa andò avanti ancòra per un bel pezzo, fino ai primi decenni dell‟800, quando ebbe inizio il lento ritiro turco dall‟Europa Orientale. E qui mi fermo, prima di essere trascinato nel gorgo delle rievocazioni storiche: dalle spedizioni antipirati del comandante trapanese Francesco Tedesco (1794), fino alla rivolta popolare di Palermo contro la missione di propaganda della flotta turca (1799). Perché questa lunga premessa di carattere storico? Semplicemente per ricordare – nel momento in cui si celebra l‟accordo “storico” per i migranti fra la Turchia e l‟UE – che la Turchia non appartiene all‟Europa, e che – anzi – è storicamente nemica dell‟Europa. Con una sola parentesi: quella del governo illuminato del dittatore laico Kemal Atatürk, che voleva europeizzare la Turchia liberandola dal retaggio dell‟islamismo. Morto Atatürk (1938), la Turchia ha iniziato a scivolare lentamente verso una restaurazione islamica, passo dopo passo, fino a raggiungere l‟apice in questi ultimi anni con il governo del fondamentalista musulmano (ancorché “moderato”) Recep Erdoğan. In ogni caso – ricordo a chi ha dimenticato la storia – basterebbe una ripassatina di geografia: uno sguardo ad una qualunque carta geografica mostrerà agli immemori che la Turchia fa parte dell‟Asia e non dell‟Europa. Vero è che occupa ancòra un lembo di territorio europeo (Costantinopoli e un pezzettino di Tracia orientale) ma, con ogni evidenza, ciò è soltanto il rimasuglio di un Risorgimento balcanico non portato alle sue ultime e logiche conclusioni. Veniamo, dunque, all‟accordo “storico”.Cosa prevede? Innanzitutto, una barca di quattrini: 3 miliardi di euro sùbito, più altri 3 in arrivo, che l‟Unione verserà al
governo di Ankara nel presupposto che le somme vengano utiizzate per assistere i profughi. Ma allora – mi permetto di obiettare – invece di riempire di soldi il dispotico governo di Erdoğan, perché non versare la somma all‟organizzazione dell‟ONU che assiste profughi e rifugiati (l‟UNHCR) in tutto il mondo? Andiamo avanti. La Turchia si riprenderà un numero X di immigrati irregolari sbarcati in Grecia. Ma – attenzione – per ogni immigrato irregolare espulso dal territorio europeo, l‟UE sarà obbligata ad accogliere un immigrato che, agli occhi del governo turco, sarà considerato regolare. Quindi, l‟accordo “storico” non toglierebbe un solo immigrato dal territorio europeo. Solamente un avvicendamento, alla pari. Ma questo sarebbe già un risultato eccezionale, perché il medesimo accordo – sempre più “storico” – prevede l‟abolizione dei visti per i cittadini turchi che vogliano “viaggiare” nell‟Unione Europea. Tradotto dall‟ipocrisia del linguaggio diplomatico, ciò significa il completo spalancamento delle frontiere europee ai migranti turchi, che dal prossimo 30 giugno potranno invadere legalmente l‟Europa, da perfetti “regolari”. Quanti abitanti ha la Turchia? Circa 80 milioni. Senza contare i “turcofoni”, cioè coloro che parlano una lingua di ceppo turco pur abitando in uno Stato diverso, e che possono richiedere un passaporto turco: lo ha deciso Erdoğan, per motivi che sarebbe difficile sintetizzare in poche righe. Quindi, per “permutare” poche migliaia di profughi accampati fra un confine e l‟altro dei Balcani, apriremo le porte a 80 milioni di turchi, più gli eventuali turcofoni. Bell‟affare davvero. Ma non è finita qui, perché lo storicissimo accordo prevede anche (punto 8° del trattato) che venga rilanciato il “processo di adesione” della Turchia all‟Unione Europea. Siamo alla follìa. Perché, allora, non portare in Europa anche il Califfato? Si farebbe prima, e si eviterebbero anche tante piccole ipocrisie. Non c‟è che dire. Si tratta di un evento storico: mezzo millennio dopo la Battaglia di Lepanto, la Turchia ha sconfitto l‟Europa intera. E senza sparare un solo colpo di cannone.
La battaglia di Lepanto detta anche delle Echinadi - Scontro navale avvenuto il 7 ottobre 1571, tra le flotte musulmane dell'Imp.ottomano e quelle cristiane.
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Antropos in the world L’ANGOLO DEL CUORE
Da “χρòνο “ Silloge di Franco Pas__t_o_r_e___(_e_b_o_o_k_cod. E) _____GGKEY:BECCLSTGQT0 ________
ANTICA CITTA‟ Aρχαία πόλις
Antica città, dove anime grandi hanno inciso la loro ombra sulle vecchie mura del centro, raccontami del vento della tua storia, mentre il mio sguardo rivolgo verso il mare e m‟ubriaco ancora del succo dell‟aurora! Basta un corno di luna e tutti, lungo la marina, li vedi cavalcare: avanti corre Arechi (1) seguito da Agisulfo,(2) mentre a santa Lucia, sul corpo del padre martoriato,(3) continua la bella Gaita (4) il suo pianto.. Dietro di lei, possente, l‟ombra del Guiscardo,(5) che guarda torvo la rada, stringendo nel pugno la spada. Silenziosa, l‟ombra del Masuccio(6) attraversa ora Porta Rotese e respirando l‟aria del mattino, rilegge, passo passo, il Novellino.(7) Con la sua guardia spagnola corre ancora la reginella(8) mentre, dalla Carnale, (9) vigila Ippolito(10) sulla città. Quando compare il sol sulla marina, svaniscono col vento di scirocco; ritorneranno a sera sulla banchina, a raccontare ancora la loro storia, finché nell‟uomo rimarrà menoria. ________ 1) Arechi II, quindicesimo duca di Benevento, assunse nel 758, per un atto di auto rità del re Desiderio, il governo di uno dei più vasti ducati del regno dei Longobardi. Di poi, principe di Salerno. 2) Agisulfo. fiero avversario dei saraceni di Abdullà. Nel 974, l'ultimo dei dauferidi,fu detronizzato dal fratello Landolfo. 3) Guaimario IV, ucciso dai cognati sulla spiaggia di S.Lucia.Figura di primo piano dei Lon-gobardi, nella fase storica a cavallo fra la fine del dominio bizantino nel Mezzogiorno
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e l' ascesa della potenza normanna. Guaimario di Salerno era il maggiore dei figli di Guaimario III di Salerno e di Gaitelgrima, figlia di Pandolfo II di Benevento. 4) Sichelgaita, figlia di Guaimario IV e sposa del Guiscardo, creatrice della Scuola medica Salernitana. Donna di grande cultura e fermo carattere, seppe affermare la propria personalità a corte ed esercitare una notevole influenza sull’energico marito,che accompagnò spes-so nei suoi viaggi di conquista. 5) Roberto il Guiscardo, Roberto d' Altavilla, detto il Guiscardo ( l'Astuto ), in latino Robertus Guiscardus o Viscardus,Hauteville-la-Guichard, 1025 circa, morto a Cefafalonia, il 17 lu-glio 1085,è stato uncondottiero normanno.Sesto figlio di Tancredi e primo della sua seconda moglie Fresenda, o Fressenda,divenne con conte di Puglia e Calabria alla morte del fratello Umfredo (1057). Nel 1059, fu investito da papa Niccolò II del titolo di duca di Puglia, Calabria e Sicilia. 6) Tommaso Guardati, detto Masuccio, fu uno dei tre figli di Margherita (Marga ritella) Mariconda e di Loise,della nobile famiglia sorrentina dei Guardati, tito lata del feudo di Torricella, situato presso Punta Campanella, nel golfo di Salerno e posseduto fin dal 1181 dal capostipite della famiglia Giacomo.Il Gua dati nacque a Salerno, meno probabilmente a Sorrento, attorno al 1410, sotto il segno dell'Ariete,come ricorda egli stesso nel Novellino, dunque,tra marzo e aprile.Forse fu il primogenito, poiché portava lo stesso nome del nonno pater no. Il fratello Francesco fu medico, la sorella Ippolita sposò il dottore in legge Bernuccio Quaranta, di Cava de' Tirreni.Data e luogo di nascita si ricavano da congetture sul padre e sul nonno materno, il nobile salernitano Tommaso Mariconda. Il padre si era infatti trasferito a Salerno per ricoprire il ruolo di segretario di Raimondo Orsini, che nel 1439 era stato nominato principe della città da Alfonso d' Aragona. Loise si stabilì in contrada Plano montis, allora quartiere residenziale della città, e fu incluso tra i nobili del "seggio" del Cam-po. 7) è una raccolta di cinquanta novelle divise in cinque parti, pubblicata postuma nel 1476.La sua stesura è stata attribuita a Masuccio Salernitano, il quale è mor-to un anno dopo la pubblicazione dell' opera. Infatti, la maggior parte di questi racconti erano già stati scritti e pubblicati singolarmente da Masuccio tra il 1450 e il 1457. La lingua del Novellino si distacca dalla tipica prosa toscana per l' utilizzo di termini dialettali napoletani e latinismi, che si ntonano perfettamente alle atmosfere dei racconti. Il testo del Novellino, impregnato di forte carattere anticlericale, figura nel primo Indice dei libri proibiti promulgato dalla Santa Congregazione dell'Inquisizione romana. Le trame delle cinque parti sono le seguenti: La prima fa riferimento agli ecclesiastici poco ortodossi o corrotti, o le cui azioni sono meritevoli di scherno: il prelato nel finale è spesso deriso e punito. La seconda parte tratta di mariti gelosi con mogli infelici trattate male e spesso picchiate, corteggiate e conquistate da un amante con l'astuzia. Viene inoltre trattato il tema dell'avarizia, che risulta sempre essere dannosa. La terza parte parla di donne che, trascinate dalla passione, tradiscono i mariti. La quarta parte parla dell'amore, e i finali sono principalmente di due tipi: o la coppia si uccide perché uno non riesce a sopportare la morte dell'altro, oppure un amante riesce con l'inganno a possedere una donna sposata. La quinta parte tratta spesso d'amore, la donna è spesso il protagonista e di origine nobile e il finale è quasi sempre lieto. 8) La reginella, ossia Caterina Manriquez, amante del re di Spagna, spedita a Sa-lerno, sede senza reggente,per il tarcollo dei Sanseverino, con il Serbelloni.Costei fu messa in fuga dal Pastina, durante la sua rivoluzione. 9) La Carnale, la torre cavallaria, dove Ippolito pose il suo quartier generale. 10) Ippolito Pastina, nato intorno al 1615, nel popoloso rione Fornelle di Salerno, parallelamente ai moti guidati da Masaniello a Napoli, Ippolito da Pastena aizzò il popolo salernitano contro le ingiustizie sociali che funestavano la città e, più in generale, tutti i possedimenti italiani della monarchia asburgica. All' epoca dei moti, le condizioni sociali ed economiche del popolo salernitano rasentavano la miseria più nera, soprattutto se paragonate ai privilegi di cui godevano le poche famiglie nobili della città. Ippolito era reduce da dieci anni di galera, quando le voci sulla rivolta napoletana raggiunsero Salerno. L'uomo si era appena arruolato nelle milizie mercenarie del duca di Nocera, composte perlopiù da briganti e delinquenti senza scrupoli, che approfittavano del della caotica situazione dovuta alla caduta della famiglia Sanse verino ( Salerno era, di fatto, una città senza reggente ) per portar scompiglio in città. La sua furbizia gli fu utile per trasformare delle semplici razzie da briganti in un moto popolare organizzato: Ippolito instillò nel popolo l'odio per i privilegiati, toccando il tasto della vendetta sociale e cavalcando l'entusiasmo che avevano provocato le voci provenienti da Napoli.
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EL CID CAMPEADOR
(II PARTE)
DI FRANCO PASTORE ebook cod. GGKEY:W38KJCG48BD E stampa sbn IT\ICCU\PUV\1385163 – SA 2014
El Cid, che ascoltava con molta attenzione i suggerimenti e gli spunti delle sue truppe, usò tecniche di distrazione per catturare la città di Castejón come descritto nel Cantar de Mio Cid, testo in cui l'uomo che fungeva da suo più prossimo consigliere, il suo vassallo Álvar Fáñez, viene indicato con l'appellativo di Minaya (che vuol dire Mio fratello, parola spagnola composta formata dal possessivo Mi (Mio) e Anaia, parola basca per fratello), anche se lo storico Álvar Fáñez rimase in Castiglia con Alfonso VI. Considerate nel loro complesso, queste pratiche rivelano un coman-dante istruito e intelligente, capace di attirare e ispirare buoni subordinati, e che si sarebbe conquistato una grande lealtà da parte dei suoi seguaci, compresi quelli che non erano cristiani. Furono queste qualità, unite alle leggendarie capacità marziali del Cid, che costituirono le basi della sua reputazione di condottiero invincibile in battaglia. El Cid, che ascoltava con molta attenzione i suggerimenti e gli spunti delle sue truppe, usò tecniche di distrazione per catturare la città di Castejón come descritto nel Cantar de Mio Cid, testo in cui l'uomo che fungeva da suo più prossimo consigliere, il suo vassallo Álvar Fáñez, viene indicato con l'appellativo di Minaya (che vuol dire Mio fratello, parola spagnola composta formata dal possessivo Mi (Mio) e Anaia, parola basca per fratello), anche se lo storico Álvar Fáñez rimase in Ca-
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stiglia con Alfonso VI. Considerate nel loro complesso, queste pratiche rivelano un comandante istruito e intelligente, capace di attirare e ispirare buoni subordinati, e che si sarebbe conquistato una grande lealtà da parte dei suoi seguaci, compresi quelli che non erano cristiani. Furono queste qualità, unite alle leggendarie capacità marziali del Cid,che costituirono le basi della sua reputazione di condottiero invincibile in battaglia. Comunque, Babieca divenne un grande cavallo da guerra, famoso tra i Cristiani,temuto dai mori e amato dal Cid, che pare abbia chiesto che Babieca fosse seppellito con lui nel monastero di San Pedro de Cardeña. Il suo nome è menzionato in diversi racconti e documenti storici, tra cui Il Lamento del Cid. L'arma tradizionalmente identificata come la spada del Cid, chiamata Tizona, è stata in mostra al Museo dell'Esercito di Toledo per molti anni. Nel 1999 vennero effettuate delle analisi che confermarono che la lama era stata realizzata nella Cordova moresca dell'XI secolo e che conteneva una certa quantità di acciaio di di Damasco,facendo presupporre che potesse veramente essere la spada originale del condottiero. Nel 2007 la Comunità autonoma di Castiglia e León acquistò la spada per 1,6 milioni di Euro, ed è attualmente esposta al museo di Burgos. El Cid ebbe anche una spada chiamata Colada. “Brilla l‟ acciaio lì nella sièrra‚ il campeador non teme la guerra. guarda ei avanti, al suo destino: c‟è solo Himena sul suo cammino. Lo sguardo duro, il nemico impazza‚ il Cid impavido procede e ammazza. Il braccio è fermo‚ come la fede: nulla si può contro chi crede. ................................................ Ancora oggi, tu odi in Castiglia, oltre Burgos ed oltre Siviglia, la canzone del Cid cantar, dedicata a Ruy de Vivar. La sua storia, divenuta leggenda, a Sagratas ed in tutta la Spagna, è un mito, è forza che insegna la giustizia, il valor e l‟onor”.
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ILLACRIMATA SEPOLTURA di Renato Nicodemo
Uom, se’ tu grande o vil?/ Muori e il saprai (Alfieri) Te lo dirà il Contratto-Scuola (n.d.a.)
Ebbene sì, prendetemi pure per necrofilo se ritorno sull‟argomento (Cf La Vita scolastica n. 12/96); fate pure i classici ed efficaci scongiuri secondo il sesso, ma la regolamentazione dei permessi per lutto "mi fa venire un nervoso, ma un nervoso", come dicono le neo-ricche (io uso espressioni più forti e colorite).. Sappiamo che il Contratto del ‟95, col regolamentare la morte, ebbe anche un aspetto cimiteriale: l‟art. 21 sui permessi retribuiti recitava: " Al dipendente della scuola con contratto di lavoro a tempo indeterminato sono concessi, sulla base di idonea documentazione, permessi retribuiti per i seguenti casi: · lutti per perdita del coniuge, di parenti entro il secondo grado e di affini di primo grado: gg. 3 consecutivi per evento." Gli estensori del nuovo Contratto „99, sforzandosi fino a prodursi le emorroidi, hanno eliminato -incredibile dictu - la parola "consecutivi". Siccome i parenti fino al secondo grado sono i genitori, i nonni, i figli, i fratelli, i nipoti (di nonni), e gli affini di primo grado sono i suoceri, i generi e le nuore, restano esclusi dal beneficio i bisnonni, gli zii, i cugini, i nipoti(di zii) per i parenti, e i cognati, i nonni (del coniuge), gli zii per gli affini. Pertanto, se torna alla casa del Padre uno di questi ultimi, il "dipendente della scuola con contratto a tempo indeterminato" (quello a tempo determinato non viene menzionato, perché frutto di germinazione spontanea e, quindi, senza famiglia né parenti) non può assentarsi, ma limitarsi ad inviare un telegramma di "Sentite condoglianze". Se poi dovesse accadere – accade! – che il de cuis era convivente, il predetto dipendente della scuola con contratto di lavoro a tempo indeterminato dovrà lasciare a casa il morto e l‟afflitta parentela e recarsi a scuola per dovere contrattuale. Ora, in una nazione come la nostra dove "nozze, tribunali ed are" non fanno parte nemmeno del POF, ma sono tut-t‟al più un eventuale ampliamento dell‟Offerta Formativa, un optional e non fattori di civiltà, indicatori di moralità, indici di qualità della vita, l‟essere stati più stupidi che ir-riguardosi verso "sora nostra Morte corporale,/ da la qua-le nullo omo vivente po‟ scampare" (nemmeno gli autori del citato art. 21), non deve meravigliare più di tanto. Ciò che fa "venire il nervoso" è che se un nipote, un cognato o un cugino (dalle mie parti è fratello-cugino, per il Contratto parente di IV grado) te lo trovi tra i candidati di un concorso ti è vietato di far parte della Commissione esaminatrice. Si legge, infatti, nell‟ultimo bando, così come in tutti i precedenti, che "Non possono far parte della commissione giudicatrice coloro che siano legati da vincolo di parentela o affinità fino al IV grado". Orbene, se questa limitazione ha un senso, vuol dire che i
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rapporti con questi parenti e affini sono stretti e affettuosi e puoi agevolarli nel giudizio: Come mai, dunque, quando gli stessi muoiono debbono subire una illacrimata sepoltura? Leggiamo poi nella recente legge n. 53/2000 che: "Le disposizioni dell‟art. 33 della legge n. 104/92 si applicano anche […] ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente" . Se ho ben capito, ciò vuol dire che chi ha un parente o un affine di terzo grado, ancorché non convivente (!), può fruire dei benefici di legge (precedenza nei trasferimenti, utilizzazioni, permessi retribuiti e quant‟altro) fino alla sua morte. Appena esalato l‟ultimo respiro non si ha, infatti, nemmeno la possibilità di seppellirlo (il Contratto non specifica chi dovrà curare le pratiche funebri: l‟apposito servizio comunale? la Caritas? gli stessi estensori dell‟art. 21? ) E‟ proprio il caso di dire "Guai a chi muore!". Per completezza di informazione riporto altre due norme che riguardano parenti e affini e che dimostrano come la norma in esame sia frutto di un sublime atto di stupidità eccelsa. La prima, una circolare del Ministero del Lavoro, chiarisce che " i collaboratori familiari (il coniuge,i parenti entro il 3° grado, gli affini entro il 2° grado) sono esclusi dalla tipologia generale dei lavoratori beneficiari della tutela antinfortunistica e di igiene di cui al D.Lvo n. 626 e successive modifiche".La seconda è una disposizione dell‟INPS che,trattando del versamento dei contributi assicurativi, precisa che:" In genere il rapporto di lavoro con il gestore non è configurabile come di natura dipendente se vi è un grado di parentela entro il 3° grado". A questo punto non mi pare ci possano essere dubbi: o i permessi si adeguano ai vincoli o questi a quelli; così facimme „e persone serie almeno quanno se parla e morte. Ma la norma che pretende di regolamentare l‟aldilà nell‟aldiqua, non è poi così chiara.Infatti: - se il parente muore lontano, il viaggio è compreso nei tre giorni o no? - se, per un accidente, muoiono due parenti contemporaneamente, si ha diritto a tre o sei giorni? - se il parente muore di pomeriggio, il giorno della dipartita è incluso o scorporato? - se invece del coniuge muore il convivente? e se questo è dello stesso sesso, ci dobbiamo rifare alle norme progay dell‟Europa o no? Ed, infine, qual è l‟idonea documentazione? L‟attestazione del sagrestano sulla presenza commossa alle esequie è sufficiente? (Continua a pag.7)
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IL TEATRO ROMANO a cura di Andropos
La parola commedia è tutta greca: κωμῳδία, "comodìa", infatti, è composta da κῶμος, "Kòmos", corteo festivo e ᾠδή,"odè", canto. Di qui il suo intimo legame con indica le antiche feste propiziatorie in onore delle divinità elleniche, con probabile riferimento ai culti dionisiaci . Negli ultimi decenni della repubblica, si assiste a una grande crescita di interesse verso il teatro, che ormai non coinvolge più solo gli strati popolari, ma anche le classi medie e alte, e l'élite intellettuale. Cicerone, appassionato frequentatore di teatri, ci documenta il sorgere di nuove e più fastose strutture, e l'evolvere del pubblico romano verso un più acuto senso critico, al punto di fischiare quegli attori che, nel recitare in versi, avessero sbagliato la metrica. Accanto alle commedie, lo spettatore latino comincia ad appassionarsi anche alle tragedie. Il genere tragico fu anch'esso ripreso dai modelli greci. Era detta fabula cothurnata (da cothurni, le calzature con alte zeppe degli attori greci) oppure palliata (da pallium, come per la commedia) se di ambientazione greca. Quando la tragedia trattava dei temi della Roma dell'epoca, con allusioni alle vicende politiche correnti, era detta praetexta (dalla toga praetexta, orlata di porpora, in uso per i magistrati). Ennio, Marco Pacuvio e Lucio Accio furono autori di tragedie, non pervenuteci. L'unica praetexta ("Octavia") giunta fino ai nostri giorni è un'opera falsamente attribuita a Lucio Anneo Seneca, composta poco dopo la morte dell'imperatore Nerone. Il massimo dei tragici latini si ritiene sia stato Accio, il quale, oltre a scrivere una quarantina di tragedie d'argomento greco, si avventurò nella composizione di due praetextae: Bruto e Decius, tratteggiando i caratteri di due eroi repubblicani romani. Seneca si distinse per lo spostamento del nodo tragico, dalla tradizionale contrapposizione tra l'umanità e le norme divine, alla passione autenticamente sgorgata dal cuore umano.
Lucius Accius: Filottete
(fabula praetexta - circa 70 d.C.)
Nacque da genitori liberti nel 170 a.C.; è incerto il luogo di nascita: potrebbe essere nato a Roma ed essersi trasferito successivamente a Pesaro in occasione di una adscriptio novorum colonorum, oppure proprio a Pesaro, dove visse da giovane. Esordì come autore tragico nel 140 a Roma e le sue prime opere, pare, destarono invidia nell'allora più celebre letterato Pacuvio, più anziano di lui.Verso il 135 visitò Pergamo per poter meglio conoscere la cultura greca di quel periodo. Tornato a Roma divenne uno dei principali esponenti del collegium poetarum (Corporazione dei poeti), tanto da raggiungere una certa notorietà già attorno ai trent'anni.Attorno al 120 raggiunse definitivamente la fama proponendosi non solo come teatrante, come era invece ad esempio Plauto, ma come un grammatico che vive delle proprie opere. Fu quindi l'inizio di quel processo che ha portato il teatro ad essere considerato parte integrante della letteratura. Un curioso aneddoto a noi giunto riguarda la sua personalità orgogliosa, che lo spinse addirittura a richiedere che venisse eretta un'enorme statua a sua somiglianza nella sede del collegium poetarum, nonostante la sua bassa statura; anche a causa di questi comportamenti si guadagnò gli attacchi di Caio Lucilio, il noto poeta satirico che era legato al Circolo degli Scipioni.Decise successivamente di creare attorno a sé una ristretta associazione di letterati scelti da lui stesso. Morì verosimilmente a Roma intorno all'85 a.C.
TRAMA DELLA COMMEDIA
Filottete, dopo essere stato morso al piede da un serpente, fu abbandonato per ordine di Agamennone sull'isola di Lemno, per non sentire i suoi lamenti ed il fetore che la ferita emanava; qui si prese cura di lui il pastore Ifimaco. Fu successivamente raggiunto da Ulisse e Diomede, che Agamennone aveva inviato con l'ordine di recuperare le frecce di Ercole: senza di esse, infatti, i Greci non avrebbero potuto espugnare Troia. Filottete fu convinto a lasciare l'isola e si imbarcò per Troia, dove fu curato da Macaone. SINOSSI: Filottete (Philocteta) o Filottete sull'isola di Lemno ( Philocteta Lemnius ) è una tragedia latina, cothurnata). L'opera, incentrata sulla figura di Filottete, è andata perduta e di essa restano alcuni frammentiti era basata almeno in parte sul Filottete di Eschilo.
Accio predilesse i toni macabri, le personalità esuberanti, le leggende truci in cui si muovono funeste passioni dalle quali gli uomini sono travolti. -6-
Il teatro romano
in Vile Europa, 33 Caserta
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ILLACRIMATE SEPOLTURE di R.Nicodemo (continua da pag.5) O dev‟essere integrata da quella del becchino sulla presenza alla tumulazione? Le autocertificazioni sono valide in questi casi? Un‟ultima considerazione; abbiamo le leggi più avanzate del mondo in fatto di maternità e siamo il primo paese per denatalità, auguriamoci che con queste norme restrittive sulla morte possiamo, alla faccia di chi ci vuol male, campare più di mia suocera, la quale, per chi non lo sa, ha cento anni e se li porta discretamente.
E se poi qualcuno muore sarà pianto lo stesso – stiamone certi - non da noi, che per contratto dobbiamo andare a scuola a spiegare come la nostra civiltà abbia rimosso la morte, ma dalla Madonna che, Madre misericordiosa e Regina potentissima del Cielo e della Terra, è al di sopra di tutti e di tutto, compreso il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – Comparto Scuola, e prega il Figlio pure per quelli che hanno regolamentato la morte, perché, miseri, non sapevano quello che facevano.
CHI SBAGLIA IMPARA anni, troppo pochi per sapere tutto (e tutto non si saprà mai), ma sufficienti per poter iniziare a comprendere la vita, per poter apprendere dagli sbagli, per cadere e poi rialzarsi, cercando di non cadere di nuovo. Un processo continuo ed infinito, che durerà fino all‟ulltimo istante di vita, ecco perché di imparare non si finisce mai. D'altronde, come ho già detto, è impossibile sapere tutto, o conoscere già il mondo e la vita, non è umano e forse, ciò che ci rende umani, sono proprio gli errori, perché solo chi sbaglia tanto impara tanto e conosce sempre di più, migliorando se stessi e rinnovandosi continuamente, di modo ché, domani, saremo diversi da oggi, e cambiamo così come cambia il modo e la vita stessa dell‟uomo. Angelica Maddalena Capaldo
PREMIO NAZIONALE DI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA 2016 Vivere e esistere sono termini dalla definizione molto semplice e quasi scontata ma credo che in sè racchiudano qualcosa di molto più grande e importante. La vita comprende varie fasi, molto lunghe che solo la morte può interrompere. Tutto inizia da un urlo di pianto (la nascita) e da lì devi già iniziare a faticare: apprendere a camminare, a mangiare, non è semplice e, man mano che cresci,devi imparare a diventare sempre più autonomo. Gli anni passano così velocemente che quasi non ce ne accorgiamo, lo notiamo solo se ripensiamo a tutto quello che abbiamo fatto: dai primi passi, fino alla lettura del primo libro e all'apprendimento delle prime nozioni, fino al primo rimprovero e alle prime lacrime versate e a quanto si è faticato per prendere un bel voto a scuolae così via. Sembra così poco tempo in cui hai fatto così tante cose, poi, ti guardi allo specchio e non sei più piccolo, sei cambiato sia esteticamente che psicologicamente e, da quel primo pianto urlato, sono già passati sedici -
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Scadenza 31 luglio L‟ASSOCIAZIONE ITALIANA DEL LIBRO BANDISCE L‟EDIZIONE 2016 DEL PREMIO NAZIONALE DI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA. SI CONCORRE CON LIBRI E ARTICOLI DI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA PUBBLICATI IN PRIMA EDIZIONE NEL 2015 E NEL 2016. L‟EDIZIONE 2016 È APERTA ANCHE AI BLOG PRIMA SCADENZA PER LA PRESENTAZIONE DELLE OPERE: 31 LUGLIO 2016. VERRANNO PREMIATI GLI AUTORI CHE SI SONO DISTINTI PER L‟EFFICACIA E CHIAREZZA DELL‟ESPOSIZIONE AI FINI DELLA DIVULGAZIONE SCIENTIFICA AL GRANDE PUBBLICO DEI TEMI TRAT-TATI. LA MANIFESTAZIONE FINALE E LA PREMIAZIO-NE SONO IN PROGRAMMA A ROMA IL 15 DICEMBRE 2016. PRESIDENTE DEL COMITATO SCIENTIFICO DEL PREMIO: UMBERTO GUIDONI. IL BAN-DO, IL REGOLAMENTO E L‟ELENCO DEI COMPONENTI DEL COMITATO SCIENTIFICO E DELLA GIURIA SONO PUBBLICATI SUL SITO DELL‟ASSOCIAZIONE ITALIANA DEL LIBRO. INFORMAZIONI: info@associazioneitalianadellibro.com
Antropos in the world DALLA REDAZIONE DI SAN VALENTINO TORIO, il giornalista Dott.Vincenzo Soriente
CASA, DOLCE CASA Roberto Vecchioni cantava la canzone “Casa dolce casa mia”.Ma io non voglio parlare di questa canzone, né della casa di Roberto Vecchioni;voglio parlare del-la casa in cui ciascuno di noi vive,casa di proprietà o in affitto non importa, in comodato d‟uso o abusivamente occupata, piccola o grande, stamberga o villa con piscina non importa. Io voglio parlare della dimora in cui ciascuno di noi si sente un re ( o dovrebbe sentirsi tale),in cui quando ritorna, dopo una breve o lunga assenza, si ritrova sempre con grande piacere. Questo accadeva fino a pochi decenni fa. Ora non più. La casa, o, per meglio dire, tutte le case, non sono più sicure in Italia. I furti negli appartamenti (di questo voglio parlare) sono diventati un vero incubo per gli Italiani. Non si è più sicuri in casa propria, perché la delinquenza non ci dà più pace: Non siamo più sicuri né quando in casa si trovano famiglie con figli, né quando ci allontaniamo per poco tempo o per periodi più lunghi, né quando si dorme né quando si è svegli né quando siamo all‟interno della nostra abitazione, né quando siamo costretti a lasciare la casa per poche ore o per molti giorni.Non siamo più sicuri né quando cerchiamo di cautelarci con sofisticati e costosi antifurti né quando facciamo installare telecamere. Le serrature più blindate e gli antifurti non sono più un deterrente per i malintenzionati né ci aiutano a stare più tranquilli: gli antifurti possono essere facilmente manomessi, le telecamere non fanno più impressione a nessuno perché basta un passamontagna per non essere riconosciuti; se si tratta di stranieri in missione in Italia, è inutile guardare il filmato tanto nessuno li conosce. Intanto i furti aumentano di giorno in giorno….Tutte le caserme in Italia (dove vi sono degli uomini armati) inalberano cartelli con su scritto “Limite invalicabile”. Mentre le nostre abitazioni hanno limiti assolutamente valicabili, facilmente valicabili . Le forze dell‟ordine fanno quello che possono, ma, di fronte al numero spropositato e crescente di furti, difficilmente possono risolvere il problema. Nei casi in cui gli autori di furti vengono acciuffati, le pene inflitte sono ridicole ( e per questo, molti stranieri vengono in trasferta in aereo, sapendo che è difficile essere acciuffati e, se dovesse finir male, le pene non fanno paura più a nessuno). La situazione è veramente allarmante. Ora bande organizzate si presentano in gruppi anche di 4 o 5 persone, anche armati, e portano via tutto quello che possono trasportare, a partire dalla cassaforte (è la prima cosa che chiedono). Famiglie sorprese nel sonno che restano per anni traumatizzate dalla paura. In tutto questo si può fare qualcosa? Certamente, basta volerlo.Innanzitutto bisognerebbe considerare la casa (tutte le case) come luoghi “sacri” dove ogni cittadino può vivere in pace con la sua famiglia. La Costituzione all‟art. 14 prevede che “il domicilio è inviolabile”,(ma,considerando che
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l‟art.614 del C.P. con la previsione di una pena ridicola e che può essere irrogata (solo a querela di parte, come per i reati minori),si potrebbe dedurre che il domicilio dei privati è ….violabile, per le caserme il limite è invalicabile. L‟appartamento,la villa o la stamberga, per il proprietario, dovrebbe essere come uno stato per il suo re: ognuno, a casa sua, vorrebbe sentirsi un re. E‟ un sogno? Eppure a sentire coloro che son vissuti nel vituperato ventennio, potevano fare a meno di chiudere a chiave la casa: non ce n‟era bisogno. Utopie? Se, malauguratamente, un cittadino usa un‟arma contro un “intruso” nella sua casa, a volte dopo varie altre visite, allora tutti a condannare il malcapitato con interminabili dibattiti sull‟evento, sull‟uso delle armi, sull‟eccesso della legittima difesa ecc.ecc. Il cittadino non deve usare le armi, è giusto, non è consentito farsi giustizia da soli, ma lo stato è in grado di tutelare il cittadino? In tempi in cui la violazione e/o il furto in appartamento sta assumendo proporzioni intollerabili, in tempi in cui le violazioni di domicilio non sono più commesse da zingarelle minorenni, ma da bande organizzate, bisognerebbe riconsiderare tutto il problema da capo, prevedendo pene molto più severe, che rappresentano ancora un deterrente valido e distinguendo le varie tipologie di questo reato. Recentemente è stato scoperto un “deposito” di merce rubata in appartamenti il cui valore era stato stimato in diversi milioni, sembrava, è stato detto e scritto, il deposito di un supermercato e tutta questa merce apparteneva ad una banda di stranieri che veniva in Italia in trasferta. Vogliamo davvero proteggere la “libertà domestica” ossia l‟elementare diritto di ogni cittadino di vivere “liberamente” nella propria abitazione? E allora ci vuole una mobilitazione generale per far capire ai nostri legislatori che così non si può più andare avanti. Le leggi si possono cambiare, si devono cambiare quando mutano le condizioni in cui furono varate. Negli ultimi anni vi è un accanimento particolare con gli anziani,colpevoli d‟avere una pensione. L‟accanimento contro gli anziani (che vengono massacrati, ridotti in fin di vita o addirittura uccisi). Quando si verificano questi fatti, una rabbia incontenibile assale tutti, considerando l‟efferatezza del crimine e la pusillanimità degli autori. Mi auguro che questo appello ai nostri parlamentari possa portare a riconsiderare tutta la materia e sfociare in un disegno di legge che tenga conto di tutto quanto detto sin qui.Le forze dell‟ordine fanno il loro dovere, ma il fenomeno si è talmente ingigantito e incattivito che non è possibile porvi argine se le leggi non cambiano. La magistratura fa il suo dovere, applicando le leggi, ma le pene previste sono inadeguate, e, con i vari benefici di legge, che non si negano a nessuno, tutto rimane come prima. Vincenzo Soriente
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L‟AUTORE DEL MESE:
LA MORTE DI CESARE
R A D I O C R O N A C A I N V E R S I N A P O L E T A N I D A L L A C U R I A D I P O M P E O II parte Antropos
Copyright © by Franco Pastore - Febbraio 2015 Una realizzazione A. I. T. W. - IT\ICCU\MIL\0880499
Nelle Biblioteche universitarie di Campobasso, Napoli, Modena, Pavia e la bibl. prov. di Salerno
"Così egli operò e creò, come mai nessun altro mortale prima e dopo di lui, e come operatore e creatore Cesare vive ancora, dopo tanti secoli, nel pensiero delle nazioni, il primo e veramente unico imperatore" (Th. Mommsen, Storia di Roma antica – L. V - Cap. XI)
Nella primavera del 44 a.C., Cesare è il solo a non accorgersi dei segnali premonitori della fine imminente, ed uno di essi è il suicidio dei Cavalli sacri.
Erano gli equini con i quali Cesare passò in armi il fiume Rubicone, nel 49 a.C., al tempo delle Guerre civili. Vittorioso, rifiutò di immolarli a Marte come chiedeva la tradizione, e preferì con-sacrarli al dio, curandone da allora a sue spese il mantenimento, lasciandoli al pascolo brado nelle sue terre in Riva destra, protetti dall’inviolabilità delle bestie sacre. Riferisce Cicerone che da inizio marzo del 44, fino alla vigilia delle tragiche Idi, i cavalli rifiutano cibo e acqua, abbandonandosi ad un pianto struggente e ininterrotto e lasciandosi infine morire di inedia: accompagneranno il loro condottiero nell’ultimo passaggio, quello dell’Acheronte infernale. Ma Cesare, in quel 15 marzo, non può certo sentire i lamenti delle bestie sacre, né preoccuparsi delle lamentele di Cleopatra, che a causa dei cavalli non riesce a dormire. Complesse Vicende politiche lo trattengono alla Reggia palatina. Gli storici si sono variamente interrogati sui progetti di Cesare in quei giorni, egli che , nei due anni precedenti, aveva fatto incetta, di tutti gli onori possibili: pater Patriae, console a vita, capo delle finanze, capo degli eserciti, capo della guerra e, dal 14 febbraio, il titolo di dictator perpetuus, gli manca solo il titolo di rex. Di qui la motivazione della congiutra dei patrizi repubblicani, capeggiati da Marco Giunio Bruto e Caio Cassio Longino: occorreva uccidere il tiranno, per la salute pubblica . E se i reali intendimenti di Cesare appaiono un enigma, quelli dei congiurati sono molto più semplici: vogliono riappropriarsi, in rappresentanza della classe senatoria, dei poteri di cui Cesare li ha spogliati. La congiura patrizia,in effetti, è una controrivoluzione.
Cicerone, avversario per principio di ogni congiura, forse sa, ma decide di non intervenire, né prendendovi parte, né avvertendo Cesare. Alla fine, qualcuno parla e fa a Cesare il nome del cospiratore:Bruto. Cesare, allora, risponde:- Bruto saprà attendere la fine naturale di questo corpo malaticcio -. Ma un’aria grave opprime Roma. Ancora presagi, di cui prende nota il puntuale Cicerone. Sul Campidoglio piove di tutto: acqua, sangue e palle di fuoco. Sulle Alpi c’è un terremoto, ci sono fiumi che si fermano e scorrono al contrario e pozzi che grondano acqua rossa. E non solo i cavalli portuensi si mettono a piangere, ma pare che anche varie bestie del Campidoglio, di fronte alla sordità di Cesare, si siano messe a parlare. I Romani si convincono che gravi lutti sono in arrivo. Ma non Cesare, che con fatalismo mette in licenza la fidata Guardia iberica ed esclama: «Ho vissuto abbastanza sia in anni che in gloria». Amici ed uomini illustri provano a metterlo in guardia. Il mimo Publilio Siro glielo dice addirittura in versi: «Fortuna vitrea est, tum cum splendet frangitur»: la fortuna è di vetro,più splende più Cesare si rompe facile. L’aruspice Spurinna è quanto mai preciso:gli dice di non uscire di casa alle Idi di marzo, il 15. La vigilia, il 14, la sobria Calpurnia ha un sogno luttuoso.Cesare risponde alla amata consorte con parole eroiche, passate alla storia: « Non dobbiamo aver paura che della paura, gli uomini coraggiosi muoiono una volta sola». E quella mattina Cesare si reca in Senato,al Campo Marzio (perché il Palazzo senatorio era da poco andato a fuoco).Lungo la via incontra di nuovo Spurinna, al quale dice: «Profeta di sventure, eccomi qui, sebbene le Idi siano arrivate». L’indovino risponde severo: «Sì Cesare, e non sono ancora finite».
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16 - Nunn’ascì! – Calpurnia ‘e dicètte
- C’è ‘nu munne nemico e scorretto, una vrànca di mappìni acclarati, 19 finti amici, già da tempo scornàti -. (Continua)
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LA DONNA NELLA STORIA - A cura di Andropos -
CALPURNIA
Calpurnia,figlia del senatore Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, sposò Cesare nel 59 a.C., anno del suo primo consolato. L'anno successivo al matrimonio, Cesare fece in modo di far diventare console il suocero Pisone. Cesare era già stato sposato con Pompea, ripudiata nel 62 a. C., e,prima ancora, con Cornelia Cinna minore, morta di parto nel 68 a.C. In gioventù, invece, Cesare era stato fidanzato con Cossuzia fino all'84 a.C. Diciotto anni aveva Calpurnia, quando il padre si accordò per darla in moglie a Giulio Cesare. Che aveva l‟età per esserle agevolmente padre, dato che aveva superato la quarantina. Grande politico ed uomo affascinante, Cesare era famoso per le sue avventure galanti e scapricciate, sia con uomini che con donne, tanto che, inviato in Bitinia come legato, si favoleggiava avesse intessuto una torbida relazio-ne con il re Nicomede. Tornato a Roma, prima ancora che la politica, la sua prima passione era stata il gentil sesso, tanto che poche, fra le matrone dell‟Urbe, non erano passate per il suo letto, o lui per il loro. Quello con Calpurnia non è un matrimonio di amore, non da parte di Giulio Cesare, almeno. L‟appoggio del nuovo suocero, Pisone, uno dei sentaori più potenti dell‟Urbe, gli è necessario, in questo momento di svolta in cui le frizioni con l‟ex sodale Pompeo Magno si fanno via via più aspre, ed è chiaro che prima o poi si arriverà alla rottura. Anche Calpurnia da quelle nozze si aspetta assai poco. A chiarirle quando può essere preso di lei il nuovo marito, è un pettegolezzo succoso sparsosi per Roma proprio nei giorni dello sposalizio: Cesare, il suo Cesare, ha inviato in dono alla sua ex amante Servilia un gioiello di incredibile valore. Perché non se l‟è sposata, visto che è tanto legato a lei, e lei è libera? Perché Servilia è sua amante da anni, ma non ha più l‟età per donargli un figlio maschio, un erede. E Cesare un erede lo vuole, perché è l‟unica cosa che gli manca. Ha avuto una figlia, Giulia, amatissima, sposa di Pompeo e destinata per altro ad una morte precoce. Servilia, quarantenne, non può certo garantirgli una prole. Calpurnia, giovane e bella, sì. Va dunque sposa a Cesare, Calpurnia, consapevole che il suo ruolo è quello: diventare la madre dei figli del marito. Da brava fanciulla romana, per questo è stata allevata, e conosce il suo dovere. Ha un carattere dolce, remissivo, adattissimo ad essere la moglie e la madre perfetta. La moglie perfetta lo sarà, ma madre no, mai. Ad onta della giovane età e dell‟impegno che certo profuse, non restò mai incinta. Non sappiamo quante lacrime pianse, per quello che dovette sentire come un fallimento personale. Cesare che diventava via via più potente,e quindi sempre più bisognognoso di quel maschio figlio legittimo cui lasciare un domani il potere:e lei niente, sterile.
La immaginiamo vagare nei templi,pregare ogni dea, affidarsi ad indovine e mammane per piegare il destino, alzarsi ogni giorno chiedendosi se sarebbe stato quello in cui sarebbe stata ufficialmente ripudiata da un marito ormai stanco.Soffrì Calpurnia, parecchio. Non solo per Servilia, ma soprattuto per Cleopatra. Se per le altre amanti di Cesare fu solo la rabbia di moglie tradita, quello per la regina di Egitto fu odio vero,per quanto silenzioso.Aveva tutto,quella donna,per affascinare Giulio Cesare: soprattutto una mente come la sua, quella di un politico di razza. Era bella, giovane, colta, affascinante, intelligente, spregiudicata. E per di più, e questo per Calpurnia era la sofferenza maggiore, aveva dato a Cesare ciò che lei non era mai riuscita a donargli: un figlio, Cesarione. In una Roma in cui le matrone collezionavano amanti non appena i mariti partivano per qualche missione (e Cesare lo sapeva bene, perché aveva spesso e volentieri approfittato di quelle assenze) lei niente, non una sbavatura, un sospetto,un cedimento. La deridevano forse come noiosa,ma Cesare,gran conoscitore dell‟animo umano, aveva ben compreso che invece era fedele,una dote rara per quei tempi, e forse per questo scelse di tenersela accanto. Plutarco racconta che Calpurnia ebbe una premonizione la mattina in cui Cesare fu assassinato (15 marzo 44 a.C.) e cercò inutilmente di convincere il marito a non recarsi in senato, dove più tardi avrebbe avuto luogo l'attentato. Fu Decimo Giunio Bruto Albino, uno dei con-giurati, a persuadere Cesare a non ascoltare la moglie, dicendogli avrebbe perso considerazione agli occhi dei senatori se qualcuno avesse annunciato loro che Cesare non si era presentato alla seduta in attesa di "sogni migliori" di Calpurnia. Secondo la testimonianza di Plutarco, dopo la morte del marito Calpurnia consegnò a Marco Antonio gli scritti, gli appunti e tutte le ricchezze di Cesare, che ammonta-
vano a 300 talenti, poi scompare. Ora che Cesare non c‟era più,lei preferiva spariva, perché non amava né Roma, né il potere, solo il marito. Deve essere stato per questo, che Cesare se l‟era tenuta vicina in tutti quegli anni: perché fra i tanti e le tante,che aveva incrociato nella sua vita, Calpurnia era stata l‟unica che lo aveva amato come un uomo e basta.
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AVE CAESAR! MORITURI TE SALUTANT
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DA TRAPANI - Di Michele Rallo
TRA SCEICCHI, BOMBE E MINISTRESSE, IL PRODE MATTEO
È sempre lui, il Prode Matteo, intrepido come un paladino alla battaglia di Roncisvalle, adesso in versione export nella patria di Papa Obama. Un viaggio – questo – che segue di qualche mese quello in Arabia Saudita, ufficialmente per compiacersi della partecipazione italiana ai lavori della metro politana di Riad. Ma forse anche – come ha malignato qualcuno – per chiacchierare di armamenti e tecnologie militari. E infatti, poco dopo, ecco scop piare l‟affaraccio delle bombe italiane ai sauditi. Questi ultimi – si tenga presente – stanno radendo al suolo lo Yemen (scuole e ospedali compresi) per sostenere una delle due fazioni in lotta in quel disgraziato Paese. Il conflitto yemenita – dirò per inciso – è finòra costato quasi 6.000 morti e circa un milione di sfollati, forse in procinto di trasfor marsi in profughi diretti in Europa. Ma lasciamo stare l‟affare saudita, e veniamo al nuovo viaggio del Prode Matteuccio, quello negli Stati Uniti, la Grande Alleata, la Grande Mela, la Grande Banca, la Grande Mammella dispensatrice di democrazia e di uranio impoverito. Qui il nostro è venuto ufficialmente per partecipare ad un summit mondiale sulla sicurezza nucleare e per celebra re l‟impegno italiano per le nuove frontiere dell‟e nergia pulita: ha inaugurato uno stabilimento ENEL in Nevada, «primo al mondo ad unire geotermia, fotovoltaico e termosolare». Si è sprecato a magnificare le grandi promesse delle energie rinnovabili, dimenticando di aver invitato gli italiani a non an dare a votare per il referendum del 17 aprile, la sciando così immutate le vecchie regole con cui il palazzo favorisce le arcaiche fonti energetiche fos sili (e quindi “sporche”) a detrimento delle rinno vabili (e quindi pulite e sicure). Anche qui le malelingue sostengono che il moti vo vero della visita sia stato un altro: farsi perdona re per la precipitosa marciaindietro rispetto agli im pegni che sarebbero stati assunti per la prossima campagna di Libia. Sembra – sostengono sempre le malelingue – che il Papa Nero avesse ricevuto assi curazioni ufficiose circa una massiccia partecipazione italiana alla guerra prossima ventura, nego ziando addirittura un ruolo di guida e di regìa da assegnare all‟Italia; ruolo che gli americani – specialisti nel prendere il fuoco con le mani degli altri – ci avrebbero riconosciuto assai volentieri. Dopo
di che, resisi conto del putiferio che sarebbe scoppiato in Italia, i nostri governanti sarebbero divenuti di colpo più prudenti, facendo sa pere ai potenti alleati che forse non tutto sareb be filato liscio come l‟olio. Proprio mentre il nostro era impegnato a pavo -
neggiarsi oltreoceano – per colmo di sventura – in Italia è venuto fuori un nuovo inquacchio governa tivo: è quello che riguarda la ministra Federica Guidi, titolare dello Sviluppo Economico. Sembra che le intercettazioni (oramai non si negano a nessuno) do cumentino un suo interessamento per favorire la To tal (che è una compagnìa petrolifera francese), la quale a sua volta avrebbe dovuto favorire la Tempa Rossa, industria di proprietà dell‟ingegner Gianluca Gemelli, “compagno” della Guidi. L‟oggetto del contendere era un emendamento da far votare insie me alla legge di stabilità,«se è d‟accordo Maria Elena». La Maria Elena in questione è un‟altra ministressa, la Boschi, fresca reduce da un altro caso de licato: l‟affare di Banca Etruria, di cui papà Boschi era Vicepresidente. Sembra che il Prode (da non confondere con il Prodi) si sia incavolato parecchio per lo scivolone della Guidi. Non per una particolare considerazione della ministra, credo. Piuttosto – mi permetto di malignare – perché è assai fastidioso che, alla vigilia del referendum del 17 aprile, si accendano i rifletto ri sull‟operato delle aziende petrolifere straniere in Italia.Qualcuno potrebbe anche chiedersi che cosa ci guadagnano gli italiani,se anche quelle poche gocce di petrolio che abbiamo finiscono agli stranieri. Ma il buon Matteo ha avuto torto a preoccupar si: giornali e televisioni sono stati bene attenti ad evitare incroci pericolosi, soprattutto sugli interessi stranieri. Così come, pochi giorni fa, quasi nessuno ha fatto parola del disastro ambientale sfiorato nel mare di Tunisia, a poche miglia da Sfax e non lon tano dalle coste siciliane: una perdita di petrolio che per alcuni giorni ha fatto temere il peggio, ma che poi – per fortuna – è stata rapidamente neutralizzata. Anche questa notizia sarebbe stata pericolosa in tempi di referendum,ed anche in questo caso – quindi – nessuno si è permesso di operare accostamenti imbarazzanti. Intanto, mentre l‟invasione dell‟Italia prosegue e si intensifica, la situazione libica evolve in una di rezione che rende sempre più difficile tenersene fuo ri. Gli americani hanno scodellato il famoso governo di unità nazionale che – secondo i balbettamenti di Renzi – era condizione indispensabile per giustifi care un nostro intervento armato. Per far ciò hanno abbandonato al suo destino il governo laico di To bruk, fino a poco tempo fa considerato d‟obbedienza anglo-francese e adesso sponsorizzato soltanto dal l‟Egitto e dagli Emirati Arabi Uniti; i quali in qual che modo rappresentano anche gli interessi (e la strategìa) dell‟Arabia Saudita, ostile alla famiglia fondamentalista di Tripoli che fa riferimento ai Fra telli Musulmani (e quindi alla Turchia). Nel mezzo,
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una serie di azioni e reazioni, di rapidi capovolgimenti di fronte, di minacciosi segnali trasversali inviati ai governi coinvolti, probabil mente anche a quello italiano. In questo contesto da brividi, il nostro eroe saltella giulivo, a balzi e scatti, roteando gli arti come un paladino dell‟opera dei pupi con la sua brava corazzetta luccicante e lo spadino di latta. Sembra di assistere ad uno
di quei duelli da palcoscenico, con Orlando che mena innocui fendenti al rivale Rinaldo o al Feroce Saladino, mentre – dietro la scena – il puparo batte i piedi per terra, onde ampli -ficare il cozzo di spade e scudi. Sullo sfondo, una damigella in pericolo trèpida per il suo eroe.Il pubblico sorride,spensierato.Tanto – si sa – non è una cosa seria. M.Rallo
Associazione Italiana del Libro Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria L‟Associazione Italiana del Libro bandisce il Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria.Il Premio si po-ne l‟obiettivo di contribuire ad accrescere nel nostro Paese la qualità complessiva dell'offerta editoriale rivolta alla formazione degli studenti universitari, favorendone allo stesso tempo una maggiore diffusione e accessibilità. Si concorre con testi, dispense e libri finalizzati all'insegnamento universitario,capaci di affiancare alla funzione didattica la capacità di divulgazione scientifica, pubblicati in prima edizione a partire dal 2013 e inseriti nei programmi di studio di qualsiasi corso di laurea delle università italiane nell'anno accademico 2015-2016 o in quello successivo. Verranno premiati gli autori che si sono particolarmente distinti, nello spirito degli obiettivi del Premio, per l'efficacia e chiarezza dell‟esposizione ai fini della formazione degli studenti in tutti gli ambiti scientificodisciplinari. Verranno premiate anche le case editrici che si sono particolarmente distinte per la qualità e accessibilità della produzione editoriale in questo settore. I premi sono costituiti da targhe. Gli autori interessati possono presentare le proprie opere a concorso entro il 31 luglio 2016, specificando il settore o i settori scientifico-disciplinari principali di riferimento tra quelli di seguito elencati: 01 - Scienze matematiche e informatiche 02 - Scienze fisiche 03 - Scienze chimiche 04 - Scienze della terra 05 - Scienze biologiche 06 - Scienze mediche 07 - Scienze agrariee veterinarie 08 - Ingegneria civile e Architettura 09 - Ingegneria industriale e dell‟informazione 10 - Scienze dell‟antichità, filologico-letterarie e storicoartistiche 11- Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche 12 - Scienze giuridiche 13 - Scienze economiche e statistiche 14 - Scienze politiche e sociali Non rientrano tra le opere ammissibili al Premio quelle edite soltanto in formato elettronico. Si può partecipare con più opere.
In ragione delle opere pervenute o per motivi attinenti all'organizzazione del concorso l'Associazione Italiana del Libro può procedere allo slittamento dei termini di presen-tazione delle opere - non oltre la data massima del 30 settembre 2016 indicandone e rendendone pubbliche attraverso il sito le modalità e prevedendo un ulteriore con-tributo di 4,00 euro alle spese di segreteria da parte dei partecipanti. Entro il termine di scadenza del Premio gli interessati dovranno far pervenire via email all‟Associazione Italiana del Libro, per ciascuna opera da candidare, una semplice richiesta di partecipazione al Premio, precisando a) il titolo dell'opera presentata, b) il settore o i settori scientifico-disciplinari principali di riferimento tra quelli sopra elencati, c) l'Ateneo di affiliazione, d) le generalità dell'autore o degli autori (nome e cognome, email, anno di nascita) e) un breve profilo-biobibliografico dell'autore o degli autori (circa 960 battute, spazi inclusi) Alla richiesta deve essere allegata l'opera in formato digitale (in un unico file o in più file,ciascuno del peso massimo di 3MB). Per ciascuna opera presentata è dovuto il versamento di 7,00 euro a titolo di contributo alle spese di segreteria. Per più opere eventualmente presentate si può effettuare un solo versamento cumulativo. Le modalità di versamento sono indicate nel bando pubblicato sul sito dell'Associazione Italiana del Libro (www.associazioneitalianadelli-bro.it). Le email con i relativi allegati vanno spediti all‟ indirizzo di posta elettronica: info@associazioneitaliana-dellibro.com. Nell'oggetto della email specificare: Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria. Entro la data massima del 15 ottobre 2016 dovrà pervenire per posta all‟Associazione Italiana del Libro anche una copia del libro in formato cartaceo, da spedire all'indirizzo riportato nel bando pubblicato sul sito dell'Associazione Italiana del Libro (www.associazioneitalianadellibro.it). La copia in formato cartaceo non sarà in ogni caso restituita. Le candidature e le opere possono essere presentate dagli autori (o da uno degli autori) o dagli editori. Per le opere collettive l'opera può essere presentata, a nome di tutti, oltre che dall'editore, anche dal curatore o da uno dei curatori. Il Comitato scientifico del Premio - secondo le modalità individuate dal suo Coordinamento e dalla Presidenza - procederà entro il 31 otto-
bre 2016 all'individuazione delle opere che accedono alla fase finale della manifestazione ed entro il 10 novembre 2016 all'individuazione delle opere vincitrici.
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IL VECCHIO AMICO UGO GALLUCCIO Di Giuffry Farina Da studenti universitari eravamo adusi a momenti di „abbandono artistico‟, ricordo (meravigliosi) istanti di evasione dalle fatiche ingegneristiche: io e l‟amico Ugo Galluccio, durante le pause-studio, temporaneamente abbandonavamo libri, schemi grafici e circuiti, energia termica e meccanica, argomenti di Fisica Tecnica, Matematica e quant‟altro; nascevano „attimi lirici‟, declamavamo all‟unìsono delicati versi leopardiani: Silvia, rimembri ancora … O graziosa luna… od impetuose ed „urlate‟ terzine foscoliane: Forse perché della fatal quiete tu sei l‟imago …. Ma io deluse a voi le palme tendo… con intermezzo di qualche verso del redigente il presente articolo; talvolta scendevamo giù per sgranchire „la gambistica‟, passeggiavamo ed Ugo amava catturare la realtà eseguendo foto estemporanee con lampi di flash scattati seguendo l‟emozione avvertita in quella particolare circostanza o in quel definito periodo, ritraendo situazioni curiose, il paesaggio, persone; poi giungeva la fatidica ‟ora della studificazione‟ (conversavamo usando il nostro linguaggio bizzarro, strano e forse anche singolare, ricordi, Ughissimo?) il dovere ci richiamava all‟esame da studiare,occorreva,dunque „reingegnerizzare e matematicizzare a più non posso‟ (son ben note,d‟altronde, la severità e la rilevanza di contenuti degli studi ingegneristici); lungo il percorso di ritorno inventavamo tenerezze, divertendoci da matti a recitare assurdità e boiate del tipo: “L‟attenzione è pronta al sacrifizio / sull‟altare dell‟energia termica padrona”… “L‟ora della studificazione / non ha il calore dolce / di braccia femminili che ti stringono / ma la consueta freddezza / di chi è pronto a rabbrividire / studiando un ciclo frigorifero” … Dio mio, quanto ci deliziavamo con tali nostre espressioni relative al non estraneo anzi carissimo mondo poetico che ci apparteneva, quanta autoironia e battutine sui nostri versi strampalati ed i codici ingegneristici tradotti in linguaggio giuffridian / ughesco! E così, dopo tale consorteria in arguzie molteplici e simpatiche rivisitazioni poetiche, si riapprodava al sicuramente meno poetico ed assai più concreto e terreno mondo tecnico/scientifico dei nostri studi. “Oro colato, purezza mille per mille” rappresentavano, per noi due, le poche paginette illuminanti, racchiudenti tutte le formule e le sintesi di concetti, con le quali andavamo a sostenere gli esami,senza portarci appresso inutili libri che avrebbero incrementato la tensione preesame, armati soltanto di tanta grinta, determinazione e dei preziosi foglietti riassuntivi. Al termine del percorso universitario, siamo stati comunque legati da affettuosa, tenera ed immutata amicizia, pur seguendo percorsi professionali assai differenti. Fornisco qualche dato biografico e concernente sia la professione che l‟amore artistico relative al sessantunenne mio amico; è nato ad Atripalda, sin da ragazzino manifestava passione ed interesse verso la fotografia,espressione che riunisce ed accorda una componente tecnica ed una artistica; a 12 anni ricevé, quale premio, una cinepresa, posta in palio dalla nota a-
zienda di bevande San Pellegrino che indisse un concorso al quale parteciparono tutte le Scuole Medie di Salerno: vinse l‟agone letterario,del quale fornisco i dettagli. Dunque, si era nel maggio 1967, il Giro ciclistico d‟Italia quell‟anno era sponsorizzato dalla su menzionata azienda la quale assegnava, in tutte le città dove il Giro prevedeva il traguardo di tappa, un riconoscimento: veniva invitato, per ciascuna scuola della città, un ragazzo il quale doveva assistere, dalla tribuna stampa, all‟arrivo soli-tario del ciclista o alla classica volata di gruppo, indi aveva il compito di scrivere un articolo analizzando e dettagliando l‟arrivo della gara; la competi zione, a Salerno, venne vinta dal tedesco Altig, subito dopo tutti gli alunni invitati redassero il loro bel pezzo giornalistico, il futuro ingegnere mio Ugheggiante amico conseguì il primo premio, ricevé la „stella d‟oro‟ della San Pellegrino insieme ad una cinepresa Kodak, ed il suo articolo fu pubblicato sulla Gazzetta dello Sport. Da allora si è sempre interessato in maniera intensa, coltivandola con amore, alla cosiddetta „ottava Arte‟ (secondo la convenzionale e fittizia classificazione che vedrebbe primeggiare l‟Architettura, arte primitiva per antonomasia), realizzando filmati e belle immagini di natura eterogenea, spazianti dal paesaggio alla figura, dal cogliere l‟atteggiamento inconsueto e la sequenza ordinaria e quotidiana degli accadimenti, integrando il tutto con effetti suggestivi. Qui devo inserire un “flash-back”,son davvero tanti gli episodi del passato che appaiono alla mente, ma interrompo un attimino lo sviluppo degli eventi per rievocare il giorno del mio matrimonio; era l‟ormai lontano 1983, allora non esisteva la imperiosa tecnologia odierna, occorrevano parecchi giorni per poter finalmente visualizzare le foto del proprio matrimonio … Ma io e la mia sposina avemmo il privilegio di osservarle qualche giorno dopo, furono per noi una straordinaria sorpresa le foto scattate da Ugo,immagini dei momenti intensi e significativi, delle quali io ed Anna eravamo ignari, con la chicca aggiuntiva di una sua bella dedica utilizzando il nostro strano codice di cui accennavo prima. Relativamente all‟aspetto professionale, Ugo è ingegnere elettronico eclettico, il suo percorso professionale si è svolto lungo una attività di ricerca avente come obiettivo la progettazione e lo sviluppo di nuovi metodi ed algoritmi inerenti alla telemedicina (in sostanza si tratta di innovativi sensori non invasivi e dispositivi indossabili da un paziente, in virtù dei quali il paziente può entrare in video comunicazione con il proprio medico); poi si è interessato di sistemi elettronici rilevanti parametri ambientali, inoltre di reti e telecomunicaioni wireless (ovvero di sistemi di telecomunicazioni “senza fili”, utilizzanti le radiofrequenze al posto di connessioni materiali cablate), attualmente esercita consulenza in àmbito informatico. Dunque, il mio ultraquarantennale amico in sé aveva la scintilla di un‟Arte di fondo in parte inespressa; i suoi soggetti preferiti, inquadrati ed immortalati con fotocamera e cinepresa, ”a caso” (la condizione “entropica” degli ingegneri: chi più , chi meno estroso, sono dei“disordinati”): (Continua a pag. 14)
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Antropos in the world «Se io vedo una scala,o una fontana non riesco a fare a meno di fotografarla» mi dice, difatti nel suo repertorio di foto e filmati, di tali 2 temi ne figurano parecchi, suddivisi in collezioni. « Le gradinate e le scale forniscono l‟effetto di profondità prospettica, e nella composizione fotografica l‟esito maggiormente scenico è la profondità; poi, le fontane: bloccare l‟acqua, fermarne le forme scenografiche, trasformando il fluire del liquido in „equilibrio statico artistico‟, convertendo il movimento dell‟acqua in un modello scultoreo, in una forma richiamante una statua». Un velo di delusione in merito all‟odierno gusto dell‟immagine, ecco la sua riflessione: « Il gusto dell‟immagine, statica o in movimento, si esaurisce oggi al termine dello scatto o della ripresa filmata, inflazionate in maniera esponenziale; nel nostro tempo non esiste la preziosità dell‟immagine singola, tutto si può decuplicare, reduplicare, centuplicare, ma poi, dopo, paradossalmente, non rimane nulla ». L‟Amicizia è stata e costituisce ancora un perno della umana avventura, santificata da tutti i Credi religiosi a co-
minciare dalle religioni abramitiche, per giungere agli antichi Romani,che enfatizzavano in misura ridotta i sentimenti umani,essendo dei „praticoni‟ intenti a raggiungere obiettivi concreti.Un illuminante adagio di Shakespeare: “I veri amici aggrappali alla tua anima,con uncini d‟acciaio”; ed un tenero pensiero di Leo Buscaglia: “Una singola rosa è il mio giardino…un singolo amico, il mio mondo”. G. F .
SA L V A T O R E B O RSEL L IN O UR L A : - L A N O ST R A R ES IST EN Z A C O N T IN UER A ’ ! -
Avrei preferito non dovere scrivere queste righe, avrei preferito non essere costretto ad essere assalito dal senso di nausea che ho provato nel momento in cui ho dovuto leggere che il figlio di un criminale, criminale a sua volta, comparirà questa sera nel corso di una trasmissione della RAI, un servizio pubblico, per presentare il suo libro, scritto, come dichiarerà lui,"per difendere la dignità della sua famiglia". Di quale dignità si tratti ce lo spiegherà raccontandoci come, insieme a suo padre, seduto in poltrona davanti alla televisione, abbia assistito il 23 maggio e il 19 luglio del '92 allo spettacolo dei risultati degli attentati ordinati da suo padre per eliminare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Non ci racconterà forse le esclamazioni di gioia di quello stesso padre che descriverà, come da copione, come un padre affettuoso, ma quelle possiamo immaginarle dalle espressioni usate da quello stesso padre quando, nelle intercettazioni nel carcere di Opera, progettava di far fare la "fine del tonno, del primo tonno" anche al magistrato Nino Di Matteo. Non ha voluto rispondere, Salvo Riina, alle
domande su Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma non me ne rammarico, quei nomi si sarebbero sporcati soltanto ad essere pronunciate da una bocca come la sua. In quanto al conduttore Bruno Vespa avrà il merito di fare diventare un best-seller il libro, che qualcuno ha scritto per il figlio di questo criminale e che alimenterà la curiosità morbosa di tante menti sprovvedute. Si sarà, così, guadagnato le somme spropositate che gli vengono passate per gestire un servizio pubblico di servile ossequio ai potenti, di qualsiasi colore essi siano. Qualcuno ha chiamato la trasmissione "Porta a Porta",la terza Camera,dopo la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica, questo significa infangare le istituzioni, infangare la nostra Costituzione, sport che sembra ormai molto praticato nel nostro paese. In quanto a noi familiari delle vittime di mafia eventi di questo tipo significano ancora una volta una riapertura delle nostre ferite, ove mai queste si fossero chiuse, ma ormai purtroppo questo, dopo 24 anni un cui non c'è stata ancora ne Verità ne Giustizia, è una cosa a cui ci siamo abituati, ma mai rassegnati.
La nostra RESISTENZA continuerà fino all'ultimo giorno della nostra vita.
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Distruzione, recupero, o riparazione? Chi sbaglia paga è vero, ma la pena deve rispettare la dignità di ognuno e di ciascuno, perché rendere chi sconta la propria pena un disperato, significa alzare in percentuale la recidiva, nonché privare la società della dovuta sicurezza e prevenzione. Nel proclamare questo Giubileo speciale della Misericordia, Papa Francesco ha interloquito anche sul carcere ormai ridotto a un mero contenitore di numeri, di cose, di oggetti, che imprigiona e abbrutisce. Di rieducazione, infatti, c‟è traccia solamente in qualche operatore ( debbo dire professionalmente avanti, senza mancare di quella umanità che mai dovrebbe venire meno) per‟altro avvilito e in sottonumero. Tanto meno, il Papa, disattende le vittime del reato: i feriti e gli offesi da quei crimini, gli innocenti, quelli che spesso rimangono al palo, anch‟essi disperati. Tuttavia il detenuto è una “persona” che sconta la giusta pena, ma che, se aiutato convenientemente, potrebbe tentare di riparare al male perpetrato. Rieducare e reinserire non dovrebbero essere soltanto termini astratti o, peggio, che sottolineano l‟inadeguatezza del nostro sistema penitenziario rispetto al dettato costituzionale. Il punto importante è consentire un sistema carcerario consono alle aspettative della collettività, che arrabbiata e delusa lavora di pancia, proprio perché il carcere non funziona, non le leggi che invece ci sono, ma spesso non possono esser correttamente applicate. Un carcere come quello attuale che di fatto vieta persino il sentirsi utili, responsabili, avere delle prospettive, figuriamoci riappropriarsi di vista prospettica, di un progetto, un percorso, una strada ove ricominciare a camminare non più di lato, non più con le spalle al muro, tant‟è che al recluso manca persino il senso di questa ulteriore e arbitraria privazione. La pena consiste nel privare della libertà, non è scaracco di urto alla speranza. L‟opinione pubblica ritiene che bloccare un detenuto nell‟inazione alienante sia la fatica minore, in quanto costerebbe meno in tasse da onorare Questo agire è fatale, perché quel detenuto non è in una situazione di attesa, dove il tempo serve a ricostruire e rigenerare, bensì, egli è fermo a un tempo bloccato, al momento del reato, a un passato riprodotto a tal punto, che tutto rincula a ieri, come se fosse possibile vivere senza futuro, come se delirare fosse identico a sperare. La pena prima o poi ha un termine e sarà necessario esser consapevoli che poi ricomincia il viaggio. Ma come ricominciare? Riprendendo a deviare? Del resto l‟art. 27 della nostra Costituzione, declina che la pena consiste nel togliere la libertà, per aiutare la persona a riprendersi, fornendole strumenti di revisione critica per non tornare a delinquere. Ogni riforma, anche quella carceraria, richiede non solo il coraggio di pensare in grande e di sperimentare vie nuove, ma anche un impegno costante nel realizzare questa sorta di utopia. Sappiamo bene, quant‟è facile non guardare a quel che non succede nei meandri di un penitenziario, ancora - 15 più
comodo non accollarsi troppi grattacapi per chi ha sbagliato e paga giustamente il fio. Tranne poi scandalizzarsi quando molti di questi soggetti, una volta ritornati in libertà, tornano a commettere gli identici reati, creando nuova insicurezza. Allora si auspica inasprimento delle pene, carcere duro e quant‟altro, con l‟unico risultato di nascondere la verità: quella che fa male, perché indica la nostra corresponsabilità, almeno quella di un silenzio connivente, di fronte ai guasti dell‟attuale sistema penitenziario, che moltiplica vittime e carnefici. Se vogliamo che la criminalità diminuisca, bisogna riflettere tutti insieme sul che fare per ridurre l‟attuale scompenso tra punizione e recupero, attuando una collaborazione partecipata e attiva. Memori che il delitto è anche una malattia sociale e, come tale, necessita più di un risanamento che di un‟accentuata punizione. Occorre fare prevenzione preziosa, affinché chi si troverà a varcare il portone blindato di una galera a pena scontata, non abbia a ragionare come un adolescente: eccomi libertà, adesso posso ritornare a fare quello che voglio. Un uomo infantilizzato a puntino è proprio come un adolescente irresponsabile. E‟ urgente chiederci se questo carcere ha un suo scopo e una sua utilità davvero condivise, soprattutto domandarci se dalle sue fauci a fine pena, perché prima o poi la pena finisce, escono persone migliori di quando sono entrate. Ringrazio Papa Francesco ( fratello lupo ) per averci costretti a ritornare su questi temi, che pigrizia o malafede vorrebbero accantonare.
Andraous
Siente Pinu‟... dimme „n‟ata poesia, una „e chèlle ca lasciano senza parole...
Siénte chésta: «Mo‟ si‟... mo nun si cchiù.» (*)
(*) Dott. Pino Iaculli, medico-poeta.
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PROVERBI E MODI DI DIRE - OVVERO ELEMENTI DI PAREMIOLOGIA 1. Ccà nisciuno è fesso.; 2. Ògne scarrafóne è bbèllo „a màmma sóia; 3. L‟amico è comme a „o „mbrello: quanne chiove nun „o truòve maje; Esplicatio: Ognuno vale quel che vale, comunque, anche i brutti appaiono belli alle loro mamme. L‟amico è come l‟ombrello, quando ti occorre non lo trovi mai. Riflessio: Sono proverbi antichissimi, che ritrovia-
Implicanze semantiche:
Nisciuno: dal latino ne ipsum; Fesso: dal lat. fess-m -dal part.passato di fatisci:essere stanco; Scarafone: dal lat. scarabbaeu-m, Sirica Dora scarafaggio + one accrescitivo, da cui scarrafunera, buca di scarafaggi. Antropologia: Il seme dei proverbi è chiaramente espresso in latino: - Amicus verus rara avis. mo anche nel mondo greco e latino. Fraseologia: I fessi rimangono a casa loro; „e figli - Audentes fortuna iuvat.. so‟ piézze „e core. - Femina est quod est propter uterum.
Progetto Famiglia Network Filiale Angri CENTRO SERVIZI ANGRI via badia n.6 - Per Privati - Assistenza socio sanitaria alla persona H 24. Ass.nza anziani.. Fax 081/946895 - Cel. 335/8065955 - Cel. 334/7317790 - angri@progettofamiglianetwork.it
Finalmente anche nell’Agro Nocerino- Sarnese si ha la possibilità di accedere ad assistenze specializzate, per gli anziani, per i disabili, per tutti i tipi di malattie e per tutte le problematiche: specialisti nelle cure mediche e nel sostegno degli ammalati, son pronti a raggiungere ogni luogo ed ogni abitazione per portare, a chi ne ha bisogno, i benefici della loro competenza. Un grazie a coloro che si sono adoperati nella realizzazione del progetto. Da settembre, l’iniziativa sarà seguita molto dalla direzione di ANTROPOS IN THE WORLD che darà tutte le informazioni che i lettori della rivista vorranno ottenere.
COOPERATIVA SOCIALE « SAN PIO » VIA SATRIANO 12 - ANGRI ( SA ) – tel. 335 806 5955 – 334 731 7790
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LA PAGINA MEDICA: a cura di Andropos
LE MALATTIE DELLA PRIMAVERA
Le allergie sono uno degli spauracchi dei genitori eppure spesso sono sotto-diagnosticate o, al contrario, sovrastimate. Ma perché questa confusione? Disinformazione, pubblicità e scarsa conoscenza della differenza tra allergia ed intolleranze alimentari sarebbero tra le cause dell‟eccessivo allarmismo. Addirittura una indagine della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica (Siaic) ha scoperto che il 20% delle persone crede di essere allergico, ma specifici test confermano che lo è solo il 2%. Problema inverso invece per l‟asma che, dati alla mano, viene sottovalutata nella maggior parte dei casi. Il punto focale della questione è la scarsa conoscenza che i genitori hanno delle allergie: troppi sentito dire e poche conoscenze reali; alla fine l‟idea è che le allergie siano una patologia incurabile e estremamente rischiosa per la salute dei propri figli. Questo non significa che il problema sia da sottovalutare, ma che bisogna osservare bene sintomi e caratteristiche, evitare le diagnosi fai-da-te, rivolgersi al proprio medico e cercare la cura più idonea. Come diagnosticare un‟allergia? Se c‟è il sospetto che il bambino sia allergico è bene chiedere il parere del pediatra che valuterà caso per caso, in base sia alla storia familiare del bambino (chi ha genitori allergici ha il doppio delle probabilità di essere allergico), alla sintomatologia e all‟età del bambino(generalmente si tende a non eseguire prove allergiche su bambini di età inferiore ai tre anni), ed eventualmente prescriverà una visita dall‟allergologo. Ci sono due modi per diagnosticare un‟allergia: il prick test (si tratta delle prove cutanee) o unesame del sangue che analizzerà i livelli di antigeni specifici per le varie sostanze che si sospetta causino l‟allergia. Il fenomeno delle allergie ha subito un vero e proprio boom negli ultimi decenni e, in particolare si è registrato negli ultimi anni un incremento dell‟incidenza del fenomeno allergico tra i bambini: ne soffrono tre bambini su dieci, un numero che, rispetto a 50 anni fa, è triplicato. Perché questo trend così allarmante? Gli esperti sono concordi nell‟ascrivere alla cosiddetta ipotesi igiene una delle principali responsabilità dell‟aumento delle allergie In un mondo troppo pulito, a volte addirittura sterilizzato, il sistema immunitario non è più in grado di distinguere gli agenti patogeni dai batteri buoni e da ciò che non gli è nemico. Ma anche l‟aumento dell‟inquinamento, il riscaldamento del pianeta, i pollini perenni nell‟aria e gli animali domestici svolgono un ruolo importante nell‟aumento
II PARTE
delle allergie. Gli allergeni si nascondono ovunque e spesso in luoghi ritenuti sicuri. Nelle scuole, ad esempio, si annidano polvere e polline che rendono le ore di studio un vero e proprio martirio per i più piccoli colpiti da sindrome allergica. L‟Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato un lavoro che dimostra che chi abita, o frequenta abitualmente, edifici umidi o con muffe, ha il 75% di possibilità in più di soffrire didisturbi respiratori come l‟asma: si stima che in Europa il 20-30% degli edifici abbia questo problema. Ma come aiutare i bambini che soffrono di allergie stagionali? Naso chiuso, tosse stizzosa, congiuntivite e asma, nonché prurito: la stagione dei pollini può essere davvero difficile per i piccoli allergici. Come aiutarli? È bene evitare luoghi dove si concentrano pollini di frumento, segale, orzo, gramigna, betulle, frassini, salici e pioppi, cambiare spesso la biancheria del letto, evitare di farli stare all‟aperto nei giorni ventosi, limitare il contatto con peluche, tappeti e luoghi polverosi. Particolare attenzione all‟alimentazione: alcuni cibi contengono istamina (la sostanza che viene rilasciata dall‟organismo per combattere gli allergeni) o ne favoriscono la produzione. E meglio limitare il consumo di pomodori, parmigiano, uova.
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ASSOCIAZIONE LUCANA “G. Fortunato” -- SALERNO
SEDE SOCIALE in Via Cantarella
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I GRANDI PENSATORI: a cura di Andropos
Musonio
Musonio rappresenta, assieme a Epitteto, Marco Aurelio e Seneca, uno dei quattro esponenti più significativi del neostoicismo romano. Egli, se per certi versi corrisponde appieno alle istanze propugnate dalla temperie spirituale del suo tempo, per altri si distingue e mette in luce, soprattutto per il recupero radicale e profondo di una filosofia intesa come arte del vivere bene e onestamente, cioè mezzo per conseguire uno scopo riscontrabile nei fatti. La mentalità romana, pratica per predisposizione, tendeva a cercare nella filosofia un riscontro utile per sé e per gli altri; da ciò derivava uno sbilanciamento verso le questioni etiche e sociali, con conseguente impoverimento della componente teoretica. La filosofia rappresentava il mezzo per la comprensione e la messa in atto della virtù, considerando come acquisita l'idea del bene proprio in rapporto al bene comune. L'uomo, in generale, inteso come animale sociale, contribuiva al buon funzionamento della cosa pubblica, il filosofo, in particolare, contribuiva a ciò in massimo grado, con le parole, e con uno stile di vita che corrispondesse a quello che predicava. Dovendo assimilare Musonio a precedenti sistemi filosofici e correnti di pensiero, oltre al rapporto con una certa evoluzione in seno al mediostoicismo, si può notare anche una certa interpretazione cinica della realtà, non tanto di stampo diogeneo quanto piuttosto vicina al filantropismo tipico di Cratete. Di questo filosofo neostoico, si posseggono poche notizie certe. È noto che nacque a Volsinii, corrispondente all'odierna Bolsena, in Etruria, che fu cavaliere e visse nel I secolo d.C., all'incirca tra il 30 e il 100. Fra il 55 e il 60 fu a capo a Roma di un circolo filosofico-letterario e si dedicò anche alla politica, con idee abbastanza tradizionali e moderate. Fece parte del gruppo creatosi intorno a Rubellio Plauto, giovane discendente della famiglia Giulia. Quando questo nel 60 fu allontanato da Roma in via precauzionale da Nerone, Musonio lo seguì in Asia; sappiamo che due anni dopo giunse l'ordine dell'imperatore di eliminare Rubellio Plauto. Musonio ritornò a Roma, ma nel 65, in concomitanza della congiura pisoniana venne mandato in esilio (in quanto allievo di Seneca) nell'isola di Gyaros, inospitale e rocciosa nel Mar Egeo. Rientrato dopo la morte dell'imperatore, riuscì a guadagnarsi la stima di Vespasiano evitando la cacciata dei filosofi del 71. Ci fu però un secondo esilio intorno all'80. Dopo il suo rientro a Roma, voluto da Tito, le fonti tacciono.
Potrebbe essere stato espulso da Roma nel 94, assieme agli altri filosofi, a causa di un senatoconsulto sollecitato da Domiziano, che fece uccidere Aruleno Rustico e cacciare Epitteto e altri. Da un'epistola di Plinio il giovane, dell' inizio del II secolo,si apprende che egli non è più in vita.Il suo discepolo più impor tante fu Epitteto, probabilmente a Roma. Un suo discendente fu il poeta Postumio Rufio Festo Avienio (seconda metà del IV secolo). Sull'esempio di Socrate e come farà anche il discepolo Epitteto, non lasciò nulla di scritto. I principi della sua predicazione filosofica si ricavano da una raccolta di diatribe dovuta a un di-scepolo di nome Lucio,il quale probabilmente ebbe modo di ascoltarne le lezioni per un tempo abbastanza lungo. Alcune delle Diatribe di Gaio Musonio Rufo sono conservate nell'Antologia di Giovanni Stobeo (V secolo). È andata perduta l'opera di un altro discepolo,forse il Valerio Pollione precettore di Marco Aurelio.Altre informazioni si possono desumere da una serie di frammenti sparsi e testimonianze indirette. Lo stile delle diatribe è semplice, in genere viene posta una questione iniziale, poi sviluppata con chiarezza durante il testo. Secondo quanto riporta Lucio, Musonio parlava spesso in modo figurato,usando metafore e similitudini (spesso sfrutta il paragone con il medico, alcune volte intervengono immagini di animali). Questa caratteristica si adatta bene alla sua personalità e al suo tipo di insegnamento, tutto rivolto alla schiettezza della vita. Musonio invita alla chiarezza e semplicità nello impartire insegnamenti; i principi su cui si basa la vera filosofia devono essere pochi, certi e acquisibili in modo spontaneo: è inutile e controproducente rendere complicato ciò che non lo è – le sue parole: "Infatti non è degno di lode il filosofo che ha bisogno di molte dimostrazioni per insegnare ai suoi discepoli, ma quello, che con poche, riesce comunque a far arrivare i suoi uditori là dove vuole". La retorica non deve mai essere vuoto orpello, ma un mezzo necessario per comprendere e trasmettere la verità.Attraverso la dimostrazione si spiega quale sia il vero bene in rapporto al male e cosa sia conveniente fare per tendere sempre verso esso. Musonio come molti altri filosofi scelse di non affidare allo scritto le sue dottrine, spinto dalla visione dell'insegnamento come un divenire, una crescita costante nella contingenza, una pratica di vita.
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Antropos in the world RACCONTI DI VITA
IL PROFESSORE
(IV parte)
di Franco Pastore A.I.T.W. edizioni – ebook GGKEY:HDBRYKBRA1C E – TRA LE RUGHE (Mεταξύ της πυτίδες ) Quando solo rimani con la tua malinconia,/ l‟alba più non discerni dalla notte;/ ti sazi di parole e di ricordi,/ ma il vuoto è privo d‟ogni poesia./ I sogni li smarrisci, uno ad uno,/ chiude la mente tutte le finestre,/ vicino a te non vedi più nessuno./ Poi, tra le rughe, più profonde e meste, un lucido rimpianto si fa / strada, ti fai forza, cambi pure contrada,/ ma cosa vuoi cambiar, se tutto è andato. (Dalla silloge Cronos)
E lui godeva, un vero spettacolo a vedersi, Presi la cinquecento, che mi aveva comsempre pronto all‟attacco, come un antico samu- prato, seccato del fatto che nessuno dei miei in rai, tutt‟uno con la sua spada e forte del suo de- famiglia venisse al bivio a prendermi, quanto siderio prepotente: non pensavo vi fossero uomini smontavo dal lavoro e raggiunsi la casa del così veri. mio uomo, la più bella del paese. Bartolomeo Ci volle un‟intera estate per mitigare il fuoco mi aprì il garage ed entrai nella mia nuova didell‟a-more, ed io conobbi quel che avevo sem- mora, con la borsetta ed i soli panni che avevo pre sognato da fanciulla. addosso. La cosa strana fu che i miei furono Ad ottobre eravamo più tranquilli ed il mio uo- contenti, in fondo avevano risparmiato i soldi mo ebbe un attacco di scrupoli: mi disse di farla per il matrimonio ed ero la compagna di un finita con quella follia, per la differenza di età e professore di buona famiglia. Dopo qualche per due ragazzi, che avevano bisogno delle sue giorno, venne mia madre ed affacciandosi nelcure. Mi venne un colpo al cuore ma gli risposi l‟atrio della casa, guardato da due leoni situati fermamente: simmetricamente l‟uno di fronte all‟altro, al- Ti voglio come sei, non mi importa né del- l‟inizio della prima rampa di scale, esclamò l‟età, né della tua condizione di divorziato!contenta: - Come sta la mia principessa nel Dovetti essere tanto convincente che non tornò castello?- Sorrisi, senza dire una parola. più sull‟argomento, ma i nostri incontri, pur semCosì iniziò per me la vita di convivente e pre appassionati, si diradarono. non era niente male se non si fosse creata una Non riuscivo più a vivere senza di lui e, di sorta di gelosia tra me e Tatiana, entrambe innotte, non riuscivo a dormire. Sognavo i suoi baci namorate dello stesso uomo, tanto da non voe le carezze ardite, né pensavo di essere così le- lerlo dividere con alcuno. gata al sesso: era l‟amore che mi aveva schiuso Cominciarono così i primi dispettucci, che alla vita. presto si trasformarono in vero e proprio antaScoprii di essere incinta smontando dal mio gonismo. Al contrario, con Bartolomeo le cose servizio di badante, quando il profumo dei cor- andavano benissimo, intuivo che gli faceva netti caldi della pasticceria mi procurò nausea e piacere avere finalmente una donna per casa. conati di vomito. Il test di gravidanza lo confer- L‟abitazione era grande: nove camere, senza mò. contare i servizi ed il garage e non potevo cerCosa avrebbe detto Roberto? Mi sentivo male to farcela da sola, per questo, Roberto contial solo pensiero di doverglielo dire, ma quella se- nuò ad avere la donna di servizio. L‟inverno ra stessa, presi il coraggio a due mani e gli telefo- trascorreva lentamente, al dolce tepore del nai. grande camino nell‟ampia cucina e l‟amore di - Caro, sono incinta! – gli dissi tutto d‟un fia- Roberto rendeva calde pure le notti, nel grande to e scoppiai a piangere, completamente distrutta. lettone che era stato dei suoi genitori, quando - Ma non mi avevi detto che non potevi rima- una minaccia di aborto mi costrinse in ospedanere incinta?le, dove perdemmo il no-stro bambino. - Tesoro, così sapevo, qualcosa sarà cambiaA questo punto, temei per la mia permato!- replicai, continuando a piangere come una nenza in quella casa, in effetti, avevo sempre sciocca. pensato che era il mio stato ad aver convinto - Lascia i tuoi e vieni a casa!- fu il laconico Roberto a lasciarmi entrare in casa sua. Ancocommento di Roberto. ra una volta mi sbagliavo. (Continua) - 19 -
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VOTA SI, PER DIRE NO ALLE TRIVELLE DI M. RALLO Il referendum – si sa – è un istituto giuridico di “democrazia diretta”, cioè di democrazia vera. Consiste nel chiedere direttamente al corpo eletto rale di pronunziarsi su questioni di primaria importanza. Ciò per evitare che su tali materie gli eletti del popolo possano decidere in difformità con il sentire di quanti li hanno incaricati di rappresentar li. E siccome democrazia significa potere (cratos) del popolo (demos), ecco che il referendum si incarica di rimettere le cose a posto, dando priorità alla volontà degli elettori rispetto a quella degli e letti. Naturalmente, non sempre gli eletti gradisco no, perché ciò viene a privarli della possibilità di esercitare il loro potere nel modo più libero e incontrollato. Ciò spiega il motivo dei tanti ostacoli che – in maniera più o meno aperta – la classe politica ha sempre posto al ricorso a questa elementa re manifestazione di democrazia. Per quanto riguarda l‟Italia, in particolare, già “la Costituzione più bella del mondo” limita forte mente l‟uso dei referendum: sia escludendo apriori sticamente determinate materie (fisco e trattati in ternazionali); sia ammettendo soltanto referendum abrogativi (è il caso del referendum di domenic a prossima, che chiede di cancellare un provvedi mento legislativo già approvato) ed escludendo ogni formula propositiva. Ma non è tutto. Perché gran parte della classe di rigente ha sistematicamente sabotato il ricorso ai referendum abrogativi, soprattutto quando era chiaro che la volontà del corpo elettorale era contraria a quella del ceto politico. L‟arma più usata per evita re di dover obbedire alla volontà popolare è stata – da sempre – quella del quorum. La legge italiana, infatti, prevede che un referendum sia valido solo se si è recata alle urne la metà più uno del corpo elettorale. Norma, questa, chiaramente anacronisti ca. Poteva avere un senso fino a qualche decennio fa, quando la gente votava in massa alle elezioni di ogni ordine e grado. Non certo ora, con un astensionismo fortissimo ed in crescita continua. Alle ele zioni nazionali del 1976 andò a votare il 93% del corpo elettorale. Adesso – dato delle europee del 2014 – ad onorare le urne è stato soltanto il 57% degli aventi diritto; percentuale che si riduce ulteriormente se depurata dai numerosi voti bianchi o nulli. In un contesto del genere è quasi impossibile che un qualunque referendum possa ottenere una parte-cipazione superiore al 50%. Ecco, così, un aiutino calato dal cielo per chi sa di essere perdente: basta invitare a disertare le urne o ad “anda re al mare” per essere quasi certi di bypassare il giudizio popolare.Naturalmente, nessuno di quei signori ammetterà mai di aver voluto continuare a governare in modo palesemente antidemocratico.
Anzi, diranno che il tale referendum non si sarebbe mai dovuto fare, perché il mancato raggiungimento del quorum dimostra che la maggioranza degli italiani non è interessata alla specifica materia. Bugìa pietosa: la maggioranza degli italiani – più semplicemente – non crede più nella politica e, sbagliando, delega a chi va a votare la responsabilità di decidere per tutti. Il rimedio – chiaramente – non è non fare i referendum, ma ridurre il quorum richiesto ad una percentuale ragionevole: oggi, non più del 35-40%. D‟altro canto – se non ricordo male – in tutti gli altri Stati dell‟Unione Europea il quorum per la validi tà dei referendum è assai più basso che in Italia. A proposito: in Olanda – dove il quorum richiesto è del 30% – si è svolto la settimana scorsa un referendum sull‟allargamento mascherato dell‟UE all‟Ukraina; al largamento che avrebbe aperto le porte dell‟Europa a milioni di migranti ukraini, in fuga da una situazione economica disastrosa dopo che il Paese è stato trasformato in un avamposto militare antirusso. Ebbene, gli olandesi hanno detto “no” con una percentuale schiac ciante (vicina ai due terzi) sbugiardando la politica eu rodipendente e filoamericana del governo dell‟Aja. Naturalmente, gli organi d‟informazione italiani si sono ben guardati dal dare risalto all‟evento, ma secon do molti osservatori internazionali questo potrebbe essere il primo de profundis per l‟Europa, che probabilmente favorirà la vittoria dei “si” ad un altro refe rendum,quello che da qui a qualche mese deciderà del l‟eventuale uscita dell‟Inghilterra dall‟Unione. Ma torniamo all‟Italia e al referendum di domenica prossima. Dunque, è evidente che gli italiani sono con trari alla politica petrolifera (si fa per dire) del governo Renzi; sono contrari ad “affittare” pezzi di territo rio nazionale agli stranieri perché si prendano il petro lio (poco) e ci lascino i dissesti ambientali (molti); so no contrari a mettere in pericolo l‟immenso patrimo nio naturale dei nostri mari a fronte di pochi spiccioli di royalties; sono contrari a puntare ancòra su fonti e nergetiche vecchie, inquinanti e sempre meno reddi tizie, mentre l‟Italia ha a disposizione immense risorse naturali da poter utilizzare per la produzione di ener gie rinnovabili, non inquinanti, a costi irrisori e – cosa da non sottovalutare –in grado di generare una occupazione dieci volte superiore a quella impiegata nel settore delle fonti fossili. Quale sia l‟opinione degli italiani – dicevo – è evidente. Così come è evidente che quel mattacchione che ci ritroviamo alla Presiden za del Consiglio vuole continuare a governare come meglio gli aggrada.È per questo che invita gli italiani a non andare a votare domenica prossima. Perché sa che il voto sarà nettamente contrario alla sua linea.
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PIATTI TIPICI DEL MEDITERRANEO - A cura di Rosa Maria Pastore
Seconda parte
Spalla, prosciutto, coppa e pancetta Il PROSCIUTTO COTTO si ricava dalla stessa parte del maiale con la quale si confeziona il prosciutto crudo,togliendo però l‟osso. Ha una lavorazione abbastanza veloce e nel giro di una ventina digiorni può essere già posto in commercio. Dopo essere stati puliti e rifilati, i cosciotti vengono posti in vasche contenenti salamoia (sale e aromi vegetali), per 10 o 15 giorni, dopo di che vengono disossati, posti in speciali stampi metallici (che gli conferiscono la caratteristica forma) e sottoposti a una cottura a vapore o a bagnomaria ( si calcola che sia necessaria un‟ora di cottura ogni 4 chilogrammi di carne). Si tolgono poi dagli stampi, si lasciano raffreddare i si avvolgono in involucri di cellophane. Possono essere venduti e consumati anche subito. Alcuni produttori sostituiscono al bagno della salamoia iniezioni con speciali sostanze che accelerano il processo di maturazione della carne, ottenendo così prosciutti pronti per la vendita in un tempo più breve, ma con risultati decisamente inferiori. I migliori anche se i più costosi, sono senza dubbio quelli che sono stati conservati in salamoia per un tempo abbastanza lungo (anche 40 giorni) e non contengono polifosfati, usati per ottenere il caratteristico colore rosato molto chiaro. Il prosciutto cotto non richiede particolari condizioni di clima; è prodotto in tutti i Paesi in cui esistono allevamenti di suini: in Europa, molto noti sono i prosciutti inglesi di York, quelli affumicati di Praga, quelli di Westfalia, quelli francesi di Bayonne e quelli spagnoli di montagna “jamones serranos”. A proposito di prosciutto affumicato, anche in Val Vigezzo si prepara un prosciutto che, anche se lontano parente di quello di Praga, è particolarmente delicato e profumato. Con la SPALLA, ricavata dalla parte anteriore del maiale si fabbrica un prosciutto cotto che vorrebbe gareggiare con quello preparato con la coscia, ma i risultati sono senza dubbio inferiori perché confezionato con carne più scadente, ricca di tendini e perciò meno delicata di sapore. Anche alla vista si presenta in modo differente: il prosciutto cotto di spalla ha un aspetto lucido e leggermente gelatinoso e viscido e ha forma perfettamente rettangolare. Un altro segno ben distinguibile che lo differenzia da quello autentico è la vena di grasso che, anziché essere al centro, è spostata a destra verso l‟alto. Il prosciutto di spalla ha però il vantaggio di essere molto più economico, perciò andrà utilizzato in tutte le preparazioni in cui il prosciutto deve essere tritato (come nelle polpette, nei polpettoni, nelle farce ecc.) oppure cucinato insieme ad altri ingredienti.
ALTRI SALUMI SOTTOPOSTI ALLA SALAGIONE Oltre ai prosciutti appartengono a questa categoria anche coppe e pancette, cioè quelle parti del maiale non tritate, ma preparate intere e sottoposte a diversi procedimenti di salagione. Tra le COPPE le più raffinate sono quelle del Piacentino e del Parmense ottenute da un unico pezzo del collo del maiale tirato a forma cilindrica il più possibile e con le parti estreme tondeggianti; salata e asciugata, la coppa viene rivestita con intestino di suino o di bue opportunamente preparato; in questo secondo caso è detta coppa bondiana o bondiola. La bondiola, dopo essere stata legata, viene sottoposta a stagionatura non molto lunga che può variare da un minimo di 70 giorni a un massimo di 120 giorni; il suo nome deriva da quello dell‟intestino cieco del bue, chiamato “bondeina” che, come detto sopra, serve per avvolgere questo salume. Anche se preparata con sistemi diversi, la coppa si trova in quasi tutte le regioni; nell‟Italia centrale e meridionale viene chiamata “capocollo”; in linea di massima essa richiede una stagionatura non inferiore ai tre mesi; è migliore però dopo almeno sei mesi e ottima dopo nove. La PANCETTA è uno degli affettati più economici; è molto grassa e saporita. Si ottiene dal grasso di copertura delle zone addominali del maiale opportunamente salato e aromatizzato. La pancetta si usa di solito come condimento, oppure si consuma cruda. Nelle regioni del Nord, viene generalmente arrotolata e legata come un grosso salame; a volte la pancetta avvolge una piccola coppa e si chiama “pancetta coppata”.
Fra i salumi ricordiamo anche la BRESAOLA che, pur non essendo preparata con carne di maiale, viene impropriamente classificata nel capitolo dei salumi. È un salame carat-teristico della Valtellina, ottenuto con carne scelta di manzo sottoposta ad essiccazione e a salagione. In commercio esiste anche un tipo di bresaola affumicata. Si serve affettata piuttosto sottile e si condisce al momento di gustarla con olio e succo di limone (volendo, anche pepe in grani macinato) ha un colore rosso cupo, è asciutta, magrissima e a pasta piuttosto compatta percorsa da qualche leggerissima venatura di grasso.
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Insanus enim credit manducare omnia Solo un pazzo crede di poter mangiare tutto.
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Dire SI, per dire NO alle trivelle - di M. Rallo - continua da pagina 20 Ecco un altro buon motivo per andare a votare domenica: per assestare un primo colpo alla Total e a Renzi insieme. Un po‟ come hanno fatto in Olanda l‟altro giorno: con un solo voto hanno mandato affanciullo l‟Europa, il governo, gli americani e l‟immigrazione.
Sarebbe bene che anche noi italiani comincias simo ad usare al meglio l‟arma del voto. Anche perché è la sola arma che ci è rimasta. E ricordiamoci che questo è un referendum abrogativo: per dire NO a Renzi e alle multina zionali, dobbiamo votare SI.
Premio nazionale di poesia religiosa
- MATER DEI -
La rivista Antropos in the World e l‟Ente Parrocchia SS. Corpo di Cristo bandiscono il IV Premio Nazionale di poesia religiosa “MATER DEI”,riservato agli agli alunni delle scuole elementari, medie ed agli adulti. Il concorso prevede un 1° 2° e 3° premio per gli alunni partecipanti ed un 1° 2° e 3° premio per gli adulti. Inoltre, saranno consegnati attestati di merito ai concorrenti che si sono maggiormente distinti. I premi consisteranno in coppe, medaglie, targhe, diplomi,libri e nella pubblicità sulla Rivista di lettere ed arti Antropos in the world. Si concorre con una lirica sulla Vergine Maria, non inferiore a 20 versi e non superiore a 40. In allegato al componimento, va una scheda con nome, cognome, indirizzo e numero di telefono,oltre al titolo dell‟elaborato. Per gli alunni, va aggiunto anche il nome della scuola frequentata, della classe ed eventuale e-mail. Il tutto va inviato alla Direzione Antropos in the world- via Posidonia,171/h – 84128 Salerno. Per l‟Agro nocerino-sarnese, può essere consegnato alla redazione di Pagani, presso il SS.Corpo di Cristo. Il termine ultimo per la presentazione delle liriche è fissato per il 30 aprile 2016. La cerimonia di premiazione avverrà nella Chiesa Madre della città di Pagani (Sa) presumibilmente nella terza decade di maggio. I vincitori saranno tempestivamente avvertiti tramite e-mail,o telefono,che avranno cura di indicare nella domanda di partecipazione al premio. La commissione, presieduta dal mariologo Renato Nicodemo, sarà resa nota alla cerimonia di premiazione. Eventuali chiarimenti possono essere richiesti ai numeri: 3771 711 064 – 3474 345177, o tramite le e-mail francopastore@fastwebnet.it – romapas39@gmail.com. La Commissione: Dott. don Flaviano Calenda (Parroco della chiesa Madre SS.Corpo di Cristo, redatt. c. della redaz. di Pagani) Giornalista Pastore Rosa Maria (Direttrice di Antropos in the World) Giornalista Carlo D‟Acunzo ( Redattore c. della redazione di Angri) Avv. Vincenzo Soriente ( Redattore c. della redazione di San Valentino Torio) Dott.ssa Rita Occidente ( Direttrice resp. di Dentro Salerno) Dott. Felice Luminello ( Accademico benemerito dell‟Acc. N.T.E.) Dott. Renato Nicodemo ( Mariologo e Presidente della Commisione esaminatrice) Dott. Prof. Franco Pastore ( Giornalista, Direttore resp. di Antropos in the world)
CONSIGLIO DEL GIORNO: STRETCHING DEI PIEDI 1. Parti dal tallone, lato alluce, inizia a camminare coi pollici esercitando una certa pressione sulla pianta del piede risalendo verticalmente verso l‟alluce coi pollici alternati mantenendo la pressione per 2 secondi. Raggiunta la base dell‟alluce inizia a scivolare lungo tutto l‟alluce (fig. 1b), ricoprendolo interamente, fallo mantenendo la pressione dalla base alla punta. Ora cammina con i pollici lungo la seconda linea fino a raggiungere il primo dito lungo cui scivolerai esattamente come hai fatto con l‟alluce (fig. 1b), dalla base fino all‟apice. Ripeti la stessa procedura per le rimanenti linee e dita. Nel caso in cui la tua pelle fosse troppo secca e faticassi a scivolare lungo le dita, massaggiale con piccoli cerchi ( 3 cerchi per punto ) mantenendo la pressione. Circa 2 minuti per piede. 2. Partendo dalla base delle dita, cammina orizzontalmente sulla pianta del piede, ricoprendola interamente, con i pollici piatti fino a raggiungere il tallone (fig. 2).Circa 1 minuto per piede
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MORTE A BRUXELLES, CAPITALE DELLO “IUS SOLI” DI MICHELE RALLO Perché i terroristi hanno colpito proprio a Bru xelles? In fondo, dopo Parigi c‟erano tante altre cit tà più importanti, più significative, più rappresentative dell‟identità europea (quella vera) che gli jihadisti vogliono distruggere:Roma, Berlino, Vienna, la stessa Londra… Bruxelles, però – obiettano con orgoglio gli eurocrèduli – è la capitale dell‟Unione Europea. «Ma mi faccia il piacere» – avrebbe risposto il grande Totò – l‟Unione Europea non è l‟Europa, L‟Europa auten tica, l‟Europa dei popoli e delle nazioni, non è la civiltà europea, non è il sangue e l‟anima della nostra Europa. È una “espressione geografica” – avrebbe detto Metternich – tenuta insieme da “valori” nei quali si riconosce soltanto una ristretta élite di poli ticanti, di affaristi e di burocrati. Un‟espressione geografica che talora strizza l‟occhio ad ambienti non distanti dallo jihadismo, e che con questi ambienti traffica, interagisce, contratta pacchetti azio nari e forniture militari. No, il motivo è un altro: Bruxelles è semplice mente la metropoli più islamica d‟Europa, dove la percentuale della popolazione musulmana è già del 25%, e cresce rapidamente grazie “al ventre delle donne islamiche”. Per avere un‟idea dell‟incidenza del fattore demografico sulle dinamiche del popola mento, basti pensare che nella fascia d‟età inferiore ai 30 anni – lo ricorda Paolo Sensini sul “Giornalet to di Saul” – gli abitanti musulmani della capitale belga sono già oggi il 40%. E si tratta ormai di cittadini belgi (e quindi europei) a tutti gli effetti di legge. O, meglio, di soggetti stranieri divenuti citta dini belgi in base a quell‟infame “innovazione” del lo Ius Soli che in Belgio è stata attuata in modo più imbecille che altrove. Il Belgio è stato, dalla fine della guerra mondiale in poi, un Paese di ampia immigrazione. Ma – guarda caso – fino a quando l‟immigrazione era formata da componenti europee perfettamente integrabili (italiani, spagnoli, portoghesi, eccetera) nessuno si era preso il disturbo di modificare i criteri di attri buzione della cittadinanza, che era regolata dal principio dello Ius Sanguinis, come in tutti i Paesi europei. Si era cittadini belgi se si nasceva da alme no un genitore belga. Non appena, però, iniziò a prendere consistenza l‟ondata migratoria di prove nienza nordafricana (e musulmana) ecco che – nel 1991 – un ceto politico provinciale e pasticcione avvertì irresistibile l‟esigenza di fare ponti d‟oro ai nuovi arrivati. Si ebbe così una legislazione “d‟a vanguardia”, modificata nel 2000 per renderla ancòra più radicale e più “aperta”: oggi basta la per manenza di tre anni in Belgio per ottenerne la citta dinanza, a richiesta; cittadinanza attribuita invece automaticamente ai bambini nati in Belgio da citta dini stranieri (ancorché semplici residenti). Naturalmente, quest‟orgia di buonismo è andata ben oltre il semplice ius soli, investendo tutti i campi della vita civile al fine di “non far sentire a disa gio” i musulmani. Particolare accanimento i politici locali hanno dimostrato nel picconare con scientifi ca metodicità ogni richiamo alle tradizioni religiose del Belgio, varando una legislazione ispirata non al la laicità (come per esempio in Francia) ma allo sbracamento totale nei confronti della religiosità al trui. Perfino le crociate di qualche preside italiano contro Presepi e Uova di Pasqua impallidiscono al cospetto del rimbambimento generale belga, giunto al punto da vietare le vacanze scolastiche di Natale
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e di Pasqua, sostituite da più neutre “vacanze d‟in verno” e “vacanze di primavera” che possano “non urtare la sensibilità dei non cristiani”. Cosa che sarebbe semplicemente ridicola in qualunque Paese del mondo, ma che in Belgio equivale a negare la stessa ragion d‟essere dello Stato, nato e vissuto quasi unicamente per motiva -zioni d‟indole religiosa. Il Regno del Belgio – infatti – nacque nel lontano 1830 dall‟unione di una popolazione di lingua francese (i valloni) e di una popo lazione di lingua olandese (i fiamminghi) che ave vano fatto secessione da una patria più grande, quella che allora si chiamava Regno dei Paesi Bas si Uniti. La molla – come dicevo – era di ordine squisitamente religioso: valloni e fiamminghi era no cattolici, mentre sui Paesi Bassi Uniti regnava il protestante Guglielmo I d‟Orange. Recidere le ra dici cattoliche del Belgio, quindi, equivale a nega re la sua essenza e, potenzialmente, la sua stessa esistenza. Perché mai valloni e fiamminghi (che non si amano molto) dovrebbero continuare a con vivere in un medesimo Stato, e non confluire inve ce – rispettivamente – nella Francia e nell‟Olanda? Il risultato di queste politiche – comunque – è stato una sorta di progressiva e crescente islamiz zazione del Belgio, al cui interno vive oramai una comunità musulmana a sé stante, con le sue città, con i suoi partiti, con i suoi eletti, con le sue rego le (e talora con le sue leggi) e, naturalmente, con la sua buona fetta di terroristi attivi o potenziali. La “capitale” di questo ufficioso Belgistan è Molenbeek, uno dei Comuni che costituiscono l‟area me tropolitana di Bruxelles, vivaio di fondamentalisti salafiti, ufficio di reclutamento per foreign fighters e centro di smistamento per terroristi in trasferta. Da Molenbeek sono partiti gli attentatori di Parigi, che poi sono tornati in sede ed hanno continuato a vivere indisturbati fino a pochi giorni fa, nascosti e protetti da un ambiente umano che, evidentemente, non è ostile alla predicazione jihadista. In tale contesto, i governanti belgi hanno conti nuato a volgere altrove lo sguardo, facendo finta di non vedere quel che è ormai visibile anche ai ciechi. E cioè che il mondo islamico – o almeno una sua ragguardevole parte – non è compatibile, non è integrabile, non è amalgamabile con la so cietà europea, con le sue radici cristiane e con il suo spirito laico e tollerante. Così come – al pari di tanti loro colleghi europei – i governanti brussellesi fingono di non vedere che una parte almeno dell‟immigrazione musulmana non viene in Europa per abitarla, ma per invaderla e per conquistarla. Mutatis mutandis, è un film che l‟Europa ha già visto alcuni secoli or sono (in Italia, in Spagna, nei Balcani). Ma allora c‟erano Capi – civili e spirituali – capaci di opporsi. Chi c‟è oggi? Il Vi spo Tereso che vende armi all‟Arabia Saudita? O il Topolino del Pireo che va ad incontrare l‟omo logo turco a Smirne, dove cent‟anni fa i turchi sterminarono la popolazione greca? E non vado oltre.
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STORIA DELLA MUSICA - A cura di Ermanno Pastore
MUSICA LEGGERA-NUOVE TENDENZE VI PARTE – L‟HEAVY METAL
I cantanti heavy metal hanno diversi stili; da voci pulite su intervalli tonali medi a potentissimi acuti (fortemente influenzati dalla scuola dei Deep Purple), fino a profonde e ringhiose tonalità gutturali. I generi black e death sono soprattutto noti, rispettivamente, per lo scream e per il growl (un esempio tipico sono i Cannibal Corpse). In questi casi può essere oggettivamente difficile capire cosa l'interprete stia cantando. L'heavy metal, comunque, non è necessariamente limitato al formato standard basato su chitarre e batteria. Il trio di violoncelli finlandese Apocalyptica ha creato una nuova interpretazione del concetto di heavy metal, difficile da classificare ma vicina ai generi più "oscuri". Il loro stile, che ha ricevuto sia consensi che critiche per la sua distanza dal metal puro, utilizza effetti piuttosto comuni come distorsori, chorus e flanger. Inoltre, i tedeschi Van Canto sono considerati la prima band metal a cappella, e la loro formazione presenta cinque cantanti (di cui tre imitano regolarmente altri strumenti e due si occupano delle parti cantate vere e proprie) e un batterista. Il gruppo americano Grand Funk Railroad è uno dei primi esempi di gruppi "proto-heavy metal" (insieme a The Who e altri) e ha stabilito nuovi standard per quanto concerne il volume del suono durante i concerti. Benché l'utilizzo di un'amplificazione molto spinta sia talvolta visto come un'inutile stravaganza, l'approccio dei Grand Funk Railroad ha avuto una notevole influenza sul metal, e, ancora oggi, costituisce uno degli elementi caratterizzanti di questo genere musicale. Fra gli esempi di band che si vantano della potenza in "watt" e dei loro sistemi di amplificazione, si possono citare i Motörhead e i Manowar (vedi il brano del 1984 dei Manowar, All Men Play On Ten, che si può tradurre come "tutti i veri uomini suonano al massimo"). Proprio i Manowar detengono il guinnes dei primati raggiungendo i 129,5 decibel, più di un aereo a reazione. L'heavy metal, come forma d'arte, non è fatto di sola musica; gli aspetti visivi sono spesso altrettanto importanti di quelli sonori. Se di un quadro si fa esperienza con la vista, e di una sinfonia con l'udito, nel caso delle band heavy metal l'immagine del gruppo, e i temi ricorrenti nella loro musica, sono rappresentati in forma "multimediale", oltre che dalla musica stessa,anche dalle copertine degli album, dalla scenografia e coreografia degli spettacoli, dai costumi di scena, dallo stile e dai contenuti dei testi. All'heavy metal contribuiscono diverse tipologie di artisti, facendo di questo genere una forma d'arte complessa e non limitata a un unico canale di comunicazione. Gli storici del rock hanno spesso osservato come il metal erediti da altri generi musicali lo stesso elemento di fuga dalla realtà, spesso caratterizzato da connotazioni molto differenti fra loro ma portatrici di una medesima astrattezza. È quindi facile comprendere la grande differenza che le liriche heavy metal hanno con quelle degli altri generi musicali; un interessante parallelismo può essere
fatto con il Blues che, invece di trattare tematiche attinenti al fantasy, all'esoterismo, alla tribalità, ecc., tende ad afrotare i temi della "dura realtà", come la perdita, la depressione e la solitudine in modo meno metaforico. Nel metal sono piuttosto comuni i temi di natura esoterica, la battaglia e lo scontro continuo fra le forze del bene e del male, le lotte per il potere ed i toni apocalittici; un linguaggio fantastico che permette di trattare metaforicamente le durezze della vita reale senza ricercarne una rappresentazione realistica come avviene invece nel blues. Inoltre, il progenitore del metal, l'hard rock, tendenzialmente si opponeva alla cultura hippie "peace and love" degli anni sessanta, presentandosi come una forma di vera e propria controcultura; caratteristica ereditata, in buona parte, anche dal metal moderno. La luce è sostituita dall'oscurità, l'ottimismo dal cinismo e dalla disperazione, in alcuni casi si arriva a trattare di satanismo (black metal) o talvolta, in contrapposizione a questa tendenza, di Cristianesimo (white metal). Le caratteristiche apertamente anticristiane e demoniache di alcune band appartenenti, per lo più, alla scena black metal e thrash metal hanno portato numerose critiche al metal in generale, più volte accusato di essere diseducativo, blasfemo, o addirittura semplicemente "malvagio"; per la maggior parte dei fan, però, l'immaginario del "male" non costituisce il messaggio dell'heavy metal. Da questo punto di vista è utile notare che, in molti casi, l'aspetto diabolico/malvagio delle immagini utilizzate dai gruppi heavy metal ha una conno-tazione esplicitamente autoironica; il mostro Eddie delle copertine degli Iron Maiden, per esempio, è raffigurato con un linguaggio visivo che lo avvicina più ai fumetti o ai film horror che al simbolismo reale proprio, per esempio, dei riti satanici. I temi dell'heavy metal sono tipicamente più angoscianti di quelli della musica pop degli anni cinquanta, sessanta o settanta. Escludendo il filone demoniaco/diabolico, fra i temi più frequenti si trovano la guerra, la catastrofe nucleare, la distruzione dell'ambiente, la propaganda politica e religiosa, ispirati indubbiamente dalla situazione globale odierna. War Pigs dei Black Sabbath, Killer of Giants di Ozzy Osbourne, e Holy Wars dei Megadeth sono esempi di brani di protesta rispetto alla cultura della guerra e dell'imperialismo mentre brani come Read Between The Lies degli Slayer e Church's Black Book dei Necrodeath mettono in luce la loro ostilità contro le religioni organizzate. Per alcuni questo genere di critica ad aspetti della cultura dominante dei nostri tempi rimane, di norma, ad un livello piuttosto semplicistico, poiché il vocabolario fantastico ed epico della poetica heavy metal, capace soprattutto di rappresentare nette dicotomie fra luce e oscurità, bene e male, speranza e disperazione, non offrono molti spunti per analizzare le sfumature; per altri nasce da un bisogno generazionale di comprensione, più chiara di una realtà generale sempre più complessa. (continua)
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Antropos in the world POLITICA E NAZIONE – OVVERO IL PENSIERO DELLA GENTE COMUNE
Terrorismo in Italia e in Europa
L'anelito verso l'instaurarizzazione di un nuovo ordine sociale secondo la propria ideologia o la propria fede è ricorrente da tempi immemorabili. Oggi, per questo motivo, a scuotere tutta l'Europa con atti terroristici sono i migranti islamici che sono stati raccolti in mare, vestiti e sfamati come fratelli dagli europei. Gli attentati che oggi compiono gli islamici in nome del loro Dio sono i più odiosi possibili perchè colpiscono vigliaccamente, in luoghi pubblici, persone inermi senza distinzione di sesso,età, razza e religione. Il terrore e l'insicurezza con cui oggi sono costretti a vivere tutti i paesi europei è lo stesso che l'Italia ha vissuto per circa un ventennio per colpa di gruppi di balordi della sinistra italiana che, con il nome di "brigate rosse", hanno devastato in lungo e in largo il nostro Paese con atti criminali contro lo Stato e i propri rappresentanti e contro la popolazione con furti e rapine per autofinanziarsi. In Italia, negli anni '70, nacque l'organizzazione criminale di sinistra delle brigate rosse che si proponeva di propagandare e sviluppare la lotta armata rivoluzionaria per il comunismo e quindi di sovvertire l'ordine sociale. In nome del comunismo questa organizzazione, nata e protetta in alcuni ambienti della sinistra italiana, ha effettuato attentati all'interno delle fabbriche, sequestri di dirigenti industriali, magistrati e persone comuni fino all'attacco al cuore dello Stato con il sequestro e l'uccisione di Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana. Per portare al termine il sequestro di Aldo Moro questi barbari assassini uccisero a sangue freddo i cinque uomini della scorta tutti appartenenti alle Forze dell'ordine. La maggior parte delle vittime che questi criminali hanno causato era composta da agenti di Polizia, Carabinieri e soldati, oltre che da magistrati e uomini politici. Anche a Salerno un commando di 10 di questi odiosi brigadisti, il 26 agosto 1982, uccise il caporale dell'esercito italiano Antonio Palumbo e gli agenti di PS Antonio Bandiera e Marco De Marco . I responsabili di questo vile attentato criminale non furono mai condannati e gli omicidi rimasero senza colpevoli . Ciò nonostante, coloro che furono i fautori della nascita e delle stragi del gruppo terroristico delle brigate rosse, peraltro ritenuti responsabili dell'uccisione dell'on.le Aldo Moro, furono subito liberati anche per la occulta protezione di alcuni ambienti politici.
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Così tranne Moretti che ha vissuto di giorno come cittadino libero, con l'obbligo del rientro in carcere nelle sole ore notturne, gli altri furono liberati grazie a leggi pilotate che dal 1987 hanno consentito la messa in libertà di delinquenti che, con il pseudonimo di brigatisti, sconvolsero l'economia e la sicurezza l'Italia. Anche i più noti e incalliti delinquenti come Valerio Morucci, condannato a diversi ergastoli e Adriana Faranda (1994) furono scarcerati perchè si "dissociarono con ammissione delle proprie responsabilità ma senza la denuncia dei complici". Quindi, dopo anni e anni di terrore, inchieste, processi per omicidi e rapine, danni economici incalcolabili per il paese, e nonostante non fosse mai stata fatta piena luce su tanti fatti di sangue, anche per coprire i veri mandanti politici delle stragi terroristiche, lo Stato Italiano decise di "dimenticare" i morti, quasi tutti suoi fedeli servitori, e lasciare impuniti gli i assassini. Così delle stragi resta solo il ricordo dei morti tra cui il caporale Antonio Palumbo di anni 22 e gli agenti di PS Marco De Marco di anni 31 e di Antonio Bandiera di anni 24. I loro assassini resteranno sempre impuniti. Uno Stato che non riesce a punire i terroristi, lasciando impuniti i colpevoli e i loro complici " perchè dissociati con l'ammissione delle colpe ma senza l'obbligo della denuncia dei complici" non è certamene lo Stato di tutti i cittadini anche perchè il corso e il ricorso di aneliti terroristici, con l'intento di sovvertire l'ordine sociale, oggi è più che mai attuale in Europa e presto lo sarà presente anche in Italia. Nonostante ciò l'Italia, si ostina a prelevare sulle coste africane, in contrasto con le disposizioni della Comunità Europea, e certamente non per amore del prossimo ma per soli interessi economici, tutti i migranti ( pochi i profughi) che lasciano il loro paese in cerca di un futuro migliore. Così l'Italia sta costruendo il proprio cavallo di Troia perchè questa invasione di gente con idiologie, fede, culture diverse e poca voglia di integrarsi, farà nascere anche da noi, in un prossimo futuro,una nuova stagione di terrore così come si sta verificando in Francia e in Belgio. Mario Bottiglieri
Ἄνθρωπος μικρὸς κόσμος. L’uomo è un microcosmo
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ASSOCIAZIONE ITALIANA DEL LIBRO Primo premio nazionale di editoria universitaria L‟Associazione Italiana del Libro bandisce il Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria.Il Premio si pone l‟obiettivo di contribuire ad accrescere nel nostro Paese la qualità complessiva dell'offerta editoriale rivolta alla formazione degli studenti universitari, favorendone allo stesso tempo una maggiore diffusione e accessi-bilità. Si concorre con testi, dispense e libri finalizzati all'insegnamento universitario,capaci di affiancare alla funzione didattica la capacità di divulgazione scientifica, pubblicati in prima edizione a partire dal 2013 e inseriti nei programmi di studio di qualsiasi corso di laurea delle università italiane nell'anno accademico 2015-2016 o in quello successivo. Verranno premiati gli autori che si sono particolarmente distinti, nello spirito degli obiettivi del Premio, per l'efficacia e chiarezza dell‟esposizione ai fini della formazione degli studenti in tutti gli ambiti scientifico-disciplinari. Verranno premiate anche le case editrici che si sono particolarmente distinte per la qualità e accessibilità della produzione editoriale in questo settore. I premi sono costituiti da targhe. Gli autori interessati possono presentare le proprie opere a concorso entro il 31 luglio 2016, specificando il settore o i settori scientifico-disciplinari principali di riferimento tra quelli di seguito elencati: 01 - Scienze matematiche e informatiche 02 - Scienze fisiche 03 - Scienze chimiche 04 - Scienze della terra 05 - Scienze biologiche 06 - Scienze mediche 07 - Scienze agrariee veterinarie 08 - Ingegneria civile e Architettura 09 - Ingegneria industriale e dell‟informazione 10 - Scienze dell‟antichità, filologico-letterarie e storicoartistiche 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche 12 - Scienze giuridiche 13 - Scienze economiche e statistiche 14 - Scienze politiche e sociali Non rientrano tra le opere ammissibili al Premio quelle edite soltanto in formato elettronico. Si può partecipare con più opere. In ragione delle opere pervenute o per motivi attinenti all'organizzazione del concorso l'Associazione Italiana del Libro può procedere allo slittamento dei termini di presentazione delle opere - non oltre la data massima del 30 settembre 2016 - indicandone e rendendone pubbliche attraverso il sito le modalità e prevedendo un ulteriore contributo di 4,00 euro alle spese di segreteria da parte dei partecipanti. Entro il termine di scadenza del Premio gli interessati dovranno far pervenire via email all‟Associazione Italiana del Libro, per ciascuna opera da candidare, una semplice richiesta di partecipazione al Premio,
precisando: a) il titolo dell'opera presentata, b) il settore o i settori scientifico-disciplinari principali di riferimento tra quelli sopra elencati, c) l'Ateneo di affiliazione, d) le generalità dell'autore o degli autori (nome e cognome, email, anno di nascita) e) un breve profilo-biobibliografico dell'autore o degli autori (circa 960 battute, spazi inclusi) Alla richiesta deve essere allegata l'opera in formato digitale (in un unico file o in più file,ciascuno del peso massimo di 3MB). Per ciascuna opera presentata è dovuto il versamento di 7,00 euro a titolo di contributo alle spese di segreteria. Per più opere eventualmente presentate si può effettuare un solo versamento cumulativo. Le modalità di versamento sono indicate nel bando pubblicato sul sito dell'Associazione Italiana del Libro (www.associazioneitalianadellibro.it). Le email con i relativi allegati vanno spediti all‟ indirizzo di posta elettronica: info@associazioneitalianadellibro.com . Nell'oggetto della email specificare: Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria. Entro la data massima del 15 ottobre 2016 dovrà pervenire per posta all‟Associazione Italiana del Libro anche una copia del libro in formato cartaceo, da spedire all'indirizzo riportato nel bando pubblicato sul sito dell'Associazione Italiana del Libro (www.associazioneitalianadellibro.it). La copia in formato cartaceo non sarà in ogni caso restituita. Le candidature e le opere possono essere presentate dagli autori (o da uno degli autori) o dagli editori. Per le opere collettive l'opera può essere presentata, a nome di tutti, oltre che dall'editore, anche dal curatore o da uno dei curatori. Il Comitato scientifico del Premio - secondo le modalità individuate dal suo Coordinamento e dalla Presidenza - procederà entro il 31 ottobre 2016 all'individuazione delle opere che accedono alla fase finale della manifestazione ed entro il 10 novembre 2016 all'individuazione delle opere vincitrici. Il giudizio e le scelte del Comitato Scientifico sono insindacabili. La cerimonia di premiazione si svolgerà a Roma nel corso del mese di dicembre 2016. Per informazioni: info@associazioneitalianadellibro.com
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SPECIALE RICONOSCIMENTO OSIA NAZIONE ITALIANA rivista americana INVERNO
Contattate Lawrence Branchetti, US Commerce Association Award 2011 nella Spettacolo e Produzione, per eseguire il vostro prossimo Festival Italiano.
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LA FAVOL A DEL LA SE TTIMANA
LA GALLINA SCIOCCA Di FRANCO PASTORE Realizzazione pubblicazione in ebook, in filmato e stampa, GGKEY:D2FSTHJR0R3 E Disegni del maestro Paolo Liguori
Nel paese di Cincillà, in un pollaio di periferia, viveva in forzata compagnia, una bianca gallinella da uova. Col becco ben disegnato e la coda non comune, era decisamente convinta di essere nata per altri destini e che presto si sarebbe trovata in un‟altra condizione. Nonostante fosse un‟ignorante, interveniva sempre in ogni discussione ed anche nel torto, pretendeva aver ragione. Le povere galline, dopo un lungo periodo di comprensione, iniziarono a trovarla deprimente e passandosi la voce, iniziarono ad ignorarla per non esser messe in croce: - Mia zia, la tacchina, ha il diploma ed è postina!A questo punto, le scappa un uovo, che ca- Mia cugina Chicchinella, al liceo, fa la bidella! dendo sul marmo si aprì e gocce di albume fini- Mio cugino Salvatore, in America, fa il dottore!rono sulla testa di un cane che stava in prima fila. - Ohhh!Allora tutti si sentirono imbrogliati e le gridarono: - Io mi chiamo Concettina, sono fine e sono belli- Torna nel pollaio a far le uova, na -. la mia gallina sciocca Il gallo del pollaio che, fino a quel momento ed anche un po‟ pitocca -. era stato l‟unico parolaio,in ogni situazione iniziò a La poveretta capì di avere esagerato e ritornò a tacere, per evitare confusione. Una bella mattina, vestita da contessina, prende la testa bassa nel pollaio, iniziò puntualmente a far le uova e non si mosse più. valigia e s‟incammina la gallina. Ognuno è quello che è e nel suo campo può Cammina, cammina e raggiunge la città, entra anche diventare un re. in un istituto di bellezza e si rimette a nuovo: un‟aria un po‟ fatale, sigaretta con bocchino e cappello rosso cardinale. La gente corse a vederla per la via e pian piano dietro a lei diventarono mille e sei: sette gatti, un pipistrello,un ramarro con l‟ombrello,una scimmia, un barracuda, cinque cani senza coda, una pecora smarrita e un una pecora marrita e un bellissimo pavone. Giunti tutti nella piazza, la gallina in un momento salta sopra un monumento e gridando come pazza disse: - Senti popolo ignorante Io mi chiamo Concettina E non sono una gallina Sono nata principessa Faccio danza e vado a messa Inchinatevi miei cari Stretta la foglia, larga la via, anche questa faalla mia nobiltà! -. vola è andata via. A questo punto, le scappa un uovo, che cadendo sul marmo si aprì e gocce di albume finirono sulla testa di un cane che stava in prima fila.
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Roma, LA Farnesina ricorda Umberto Eco, morto lo scorso 19 febbraio all’età di 84 anni
Figlio di Giovanna Bisio e di Giulio Eco, un impiegato nelle FFSS, conseguì la maturità al liceo classico "Giovanni Plana" di Alessandria, sua città natale. Tra i suoi compagni di classe, vi era il fisarmonicista Gianni Coscia, con il quale scrisse spettacoli di rivista.In gioventù fu impegnato nella GIAC (l'allora ramo giovanile dell'Azione Cattolica) e nei primi anni cinquanta fu chiamato tra i responsabili nazionali del movimento studentesco dell'AC (progenitore dell'attuale MSAC). Nel 1954 abbandonò l'incarico (così come avevano fatto Carlo Carretto e Mario Rossi) in polemica con Luigi Gedda. Durante i suoi studi universitari su Tommaso d'Aquino, smise di credere in Dio e lasciò definitivamente la Chiesa cattolica; in una nota ironica, in seguito commentò: "si può dire che lui [Tommaso d'Aquino] mi abbia miracolosamente curato dalla fede". Laureatosi in filosofia nel 1954 all'Università di Torino con Luigi Pareyson con una tesi sull'estetica di San Tommaso d'Aquino (controrelatore Augusto Guzzo), co-minciò a interessarsi di filosofia e cultura medievale, cam-po d'indagine mai più abbandonato (vedi il volume Dall'albero al labirinto), anche se successivamente si dedicò allo studio semiotico della cultura popolare contemporanea e all'indagine critica sullo sperimentalismo letterario e artistico. Nel 1956 pubblicò il suo primo libro, un'estensione della sua tesi di laurea dal titolo Il problema estetico in San Tommaso. Nel 1954 partecipò e vinse un concorso della RAI per l'assunzione di telecronisti e nuovi funzionari. Con Eco vi entrarono anche Furio Colombo e Gianni Vattimo.Tutti e tre abbandonarono l'ente televisivo entro la fine degli anni cinquanta. Nel concorso successivo entrarono Emmanuele Milano, Fabiano Fabiani, Angelo Guglielmi, e molti altri. I vincitori dei primi concorsi furono in seguito etichettati come i "corsari" perché seguirono un corso di formazione diretto da Pier Emilio Gennarini e avrebbero dovuto, secondo le intenzioni del dirigente Filiberto Guala, "svecchiare" i programmi. Con altri ingressi successivi, come quelli di Gianni Serra, Emilio Garroni e Luigi Silori, questi giovani intellettuali innovarono davvero l'ambiente culturale della televisione, ancora molto legato a personalità provenienti dall'EIAR, venendo in seguito considerati come i veri promotori della centralità della RAI nel sistema culturale italiano. Dal 1959 al 1975 fu condirettore editoriale della casa editrice Bompiani.Nel 1962 pubblicò il saggio Opera aperta che,con sorpresa dello stesso autore, ebbe notevole risonanza a livello internazionale e diede le basi teoriche al Gruppo 63, movimento d'avanguardia letterario e artistico italiano che suscitò interesse negli ambienti criticoletterari anche per le polemiche che destò criticando fortemente autori all'epoca già "consacrati" dalla fama come Carlo Cassola, Giorgio Bassani e Vasco Pratolini,
ironicamente definiti "Liale", con riferimento a Liala, autrice di romanzi rosa. Nel 1961, ebbe inizio anche la sua carriera universitaria che lo portò a tenere corsi, in qualità di professore incaricato,in diverse università italiane: Torino, Milano, Firenze e, infine Bologna dove ha ottenuto la cattedra di Semiotica nel 1975, diventando professore ordinario. All' università di Bologna è stato direttore dell‟Istitututo di Comuni-cazione e spettacolo del DAMS, poi ha dato inizio al Corso di Laurea in Scienze della comunicazione. Infine è divenuto Presiden-te della Scuola Superiore di Scienze Umanistiche che coordina l'atti-vità dei dottorati bolognesi del settore umanistico. Nel corso degli anni ha insegnato come Visiting Professor alla New York University, Northwestern University, Columbia University, Yale University, Harvard University, University of CaliforniaSan Diego, Cambridge University, Oxford University, Università di São Paulo e Rio de Janeiro, La Plata e Buenos Aires, Collège de France, Ecole Normale Supérieure (Parigi). Nell'ottobre 2007 si è ritirato dall'insegnamento per limiti di età. Dalla fine degli anni '50, Eco cominciò a interessarsi alla influenza dei mass media nella cultura di massa, su cui pubblicò articoli in diversi giornali e riviste, poi in gran parte confluiti in Diario minimo (1963) e Apocalittici e integrati (1964). Apocalittici e integrati (che ebbe una nuova edizione nel 1977) analizzò con taglio sociologico le comunicazioni di massa. Il tema era già stato affrontato in Diario minimo, che includeva tra gli altri il breve articolo del 1961 Fenomenologia di Mike Bongiorno. Sullo stesso tema, nel 1967 svolse a New York il seminario Per una guerriglia semiologica, in seguito pubblicato ne Il costume di casa (1973) e frequentemente citato nelle discussioni sulla controcultura e la resistenza al potere dei mass media. Nel 1971 fondò Versus - Quaderni di studi semiotici, una delle maggiori riviste internazionali di semiotica, rimanendone direttore responsabile e membro del comitato scientifico fino alla morte. È anche stato segretario, vicepresidente e dal 1994 presidente onorario della IASS/ AIS ("International Association for Semiotic Studies"). È stato invitato a tenere le prestigiose conferenze Tanner (Università di Cambridge,1990), Norton (Università di Harvard, 1993), Goggio (Università di Toronto, 1998), Weidenfeld (Università di Oxford, 2002) e Richard Ellmann (Università Emory, 2008). Collaborò sin dalla sua fondazione, nel 1955, al settimanale L'espresso. Nel 1980 Eco esordì nella narrativa. Il suo primo romanzo, Il nome della rosa, riscontrò un grande successo sia presso la critica sia presso il pubblico. Muore nella sua casa di Milano il 19 febbraio 2016.
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IMMAGINI DI UN ALTRO TEMPO
„A POSTEGGIA
(IV parte)
nersi uno scherzo. Ma, a ripensarci, un monumento in una bella piazza di Napoli, presso il mare di Mergellina o di via Caracciolo, magari nella Villa Comunale, a guisa di milite ignoto della canzone, il posteggiatore lo meriterebbe. Non è stato per secoli, col solo mandolino o la chitarra, quando ancora non apparteneva a gruppi organizzati, egli solo a svolgere propaganda turistica, in tutto il mondo, vantando il cielo terso, il mare azzurro e i giardini fioriti di Napoli? Un monumento al posteggiatore? Ebbene, sì! Sarebbe un atto di riconoscenza della città verso chi tanto le ha dato senza mai chiedere ricompense.”
Un gruppo veramente efficace e molto valido professionalmente è quello che fa capo a Gianni Quintiliani, il quale ha una voce possente, ma che sa essere carezzevole e dolce, con quelle giravolte sapientemente esibite quando la canzone lo richiede. È accompagnato da un trio veramente esemplare. Si pensi, in modo particolare, al violino che Gigi Salvati suona con maestria senza pari, come pure al mandolino che trilla, sicuro, tra le dita di Franco Fucci, o alla chitarra che Antonio De Santis sa carezzare con maestria. Cosa dire in conclusione? Io credo che la posteggia debba occupare un posto ancor più importante rispetto a quanto, nella storia della canzone napoletana, si dice di lei. Il posteggiatore ha contribuito e contribuisce a dare di Napoli un‟im-magine non sofisticata, ma genuina e verace. Desidero accomiatarmi dai miei lettori con quanto scriveva anni addietro quel grande Poeta e Ricercatore che fu Ettore De Mura e che qui voglio riportare, proclamando la mia completa adesione alle sue, purtroppo, inascoltate parole: "In una lettera del 31 agosto 1896, il critico Saverio Procida ammonisce burlescamente il musicista Carlo Clausetti, direttore della sede di Napoli di Casa Ricordi, perché, nonostante il fervore che sta riponendo nella compilazione di un nuovo numero unico di Piedigrotta, certamente, e anco-ra una volta, sarà dimenticato il maggiore artefice dei successi piedi grotteschi: il posteggiatore. E conclude: “Inizia una sottoscrizione per un monumento al posteggia-tore. Tutt‟i diecimila canzonettieri onde Napoli va superba aderiranno con la loro offerta. Il monumendo sorgerà allo Scoglio di Frisio. Il cantore popolare avrà la bocca aperta, lo sguardo interrogativo, quasi ad esprimere l‟incertezza della scelta, e la chitarra fra le mani; quanto alla posa, non sdegnerei, se lo scultore me lo permette, quella di Gioacchino Murat d‟Amendola, con più stoffa – mi raccomando! – nelle brache. E sullo zoccolo il motto: La canzone sono io! T‟ho dato l‟idea. Fecondala.”, ecc. La lettera fu pubblicata in un fascicolo di ricordi e, come ‟era giusto, fu ritenuta per quello che era da rite-
Anche se cronologicamente più antico, tra i tanti protagonisti della posteggia un personaggio mi ha colpito molto emotivamente. Si tratta di Antonio Silvio, detto Don Antonio „o cecato. Egli nacque cieco nel 1816. Fu benvoluto nientemeno che da Giuseppe Garibaldi, entrato a Napoli nel 1860 e che volentieri gli fece da padrino di cresima. Antonio Silvio aveva in repertorio le canzoni più in voga di metà Ottocento. Per far contento Garibaldi, sulla musica della canzone “Lo zoccolaro” adattò dei versi patriottici che divennero molto popolari in tutt‟Italia. Il titolo della canzone fu “La bandiera a nocca”. Quando morì, il suo violino fu acquistato da Giovanni Capurro, l‟autore di “„O sole mio”, come cimelio prezioso. Voglio ricordarlo con parole non mie, ma riportando quanto Salvatore Di Giacomo dice di lui nel suo “Napoli: figure e paesi. Luci e ombre napoletane”. E‟ una pagina molto tenera, che descrive, con lo stile incisivo del grande nostro Poeta e Scrittore, la vita gloriosa per un verso e tristissima per altro di Don Antonio „o cecato. Ma leggiamo ora Di Giacomo: Don Antonio „o cecato era nato in Napoli nel Vico Ecce Homo a Porto, il maggio del 1816. Suo padre era primo sergente ne‟ cannonieri di Marina, sua madre faceva la cambiavalute all‟ angolo del vico. Il povero piccino era nato cieco. Quando divenne grandetto il sergente dei cannonieri gli comprò un violino, e Totonno imparò a suonare: e così, per diletto, si lanciò nell‟ arte che poi gli doveva occorrere per campar la vita. Era allegro - come sono molti ciechi nati -; era lungo lungo; gli mancavano l‟esse, la g, l‟elle, mezzo alfabeto; faceva ridere: il popolo ne fece una conquista preziosa e lo volle a ogni festicciuola di sgravo, di promessa di matrimonio, di battesimo. Il violinista trovò due compagni indivisibili, un trombone e un ottavino: il trombone gli attaccò il capo di una corda a un buco del panciotto, si cinse dell‟altro capo la vita e così sempre se lo trascinò dietro per i vicoli napoletani: l‟ ottavino faceva da battistrada. Dal 1836 al 1893 don Antonio suonò e cantò tutte le canzoni napoletane del mezzo secolo e fu l‟antologia del pentagramma plebeo. (Continua)
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Giulio Mendozza
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IL MUSEO DIOCESANO SALERNITANO LE COLLEZIONI D’ARTE Dal Medioevo al Rinascimento (Vparte)
Madonna con Bambino (fig. 24), proveniente dalla chiesa di San Pietro di Mercato Sanseverino.
Ad un ignoto manierista è attribuita la Madonna 1. con Bambino (fig. 24), proveniente dalla chiesa di San 2. Pietro di Mercato Sanseverino.L‟iconografia sviluppa uno dei temi più ricchi e variegati dell‟arte cristiana: in questo caso la Vergine appare incoronata dagli angeli, con il Bambino che si appoggia ad un morbido cuscino. Le due tavole che costituivano il dipinto, utilizzate come mensole di armadio, furono recuperate in stato di estremo degrado e consegnate al Museo Diocesano nel 1968. Il restauro successivamente effettuato ha permesso il riassemblaggio definitivo del manufatto. Il dipinto risente degli sviluppi della produzione artistica locale che, a partire dal terzo decennio del Cinquecento, fa propri gli esiti e le esperienze aspresionistiche aggiornate al manierismo ispano‒romano di Pedro Machuca e Alonso Berruguete, di cui si registra una temporanea presenza alla fine degli anni Venti nel Viceregno napoletano. L‟interpretazione dell‟autore procede con estrema libertà e rapidità esecutiva con un linguaggio dove il dato cromatico prevale sugli aspetti figurativi; l‟artista infatti impiega una tavolozza con gamme cromatiche contrastanti così come nel vorticoso divenire delle nubi cangianti, da cui emergono figure angeliche.Per la sua formazione l‟ignoto artefice non può prescindere dall‟eclettico linguaggio creatosi in ambito meridionale ed in chiave “moderna”, dal secondo decennio del Cinquecento attraverso la spinta innovativa di Andrea Sabatini e della sua attrezzata bottega in cui si radicano le esperienze formative di numerosi artisti.
Giovan Bernardo Lama (attivo dal 1558 al 1600), Ecce Homo, olio su tavola, Salerno, Museo Diocesano, terzo quarto del XVI secolo
La tavola è assegnata a Giovan Bernardo Lama1, esponente di spicco di un linguaggio di maniera attinto alla corrente classicistica e devota tosco-romana di artisti come Giorgio Vasari (a Napoli tra il 1544‒1545), Leonardo da Pistoia e Francesco Salviati. L‟autore risente anche degli influssi manieristi espressionisti iberici di Luis de Vargas (in Italia dal 1526 al 1553) e Juan de Juanes (in Italia negli anni Sessanta del Cinquecento), ambedue esponenti di un‟arte sacra intrisa di “realismo devoto”. L‟immagine del Cristo resa con forti chiaroscuri e con espressione patetica e presaga di morte, è parte di quella produzione giovanile del nostro artista, autore riconosciuto di rappresentazioni dal forte impatto emozionale che riflette il clima rigorista degli anni che precedono il Concilio di Trento Paolo Liguori
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A. ZEZZA, Giovan Bernardo Lama. ipotesi per un percorso, in «Bollettino d‟arte», 6.Ser., 70, 1991, pp. 1‒30; R. CANNATÀ, Pittura meridionale del tardo Cinquecento in Abruzzo : dipinti di Teodoro d‟Errico, Silvestro Buono, Giovan Bernardo Lama, Aert Mytens e Giuseppe Cesari, in «Bollettino d‟arte», 6.Ser., 77, 1993, pp. 79‒92.
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Cosa è cambiato nel cambiamento climatico? Qualche riflessione a margine del vertice di Parigi di Luciano Celi. Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica, Università di Trento, Istituto per i Processi Chimico-Fisici, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Pisa
(Parte II) 2.2 La crescita della popolazione mondiale Il primo è senz‟altro la popolazione mondiale, in crescita esponenziale. Nel 2015 la popolazione terrestre è aumentata di circa 200mila persone al giorno, il che significa che una città delle dimensioni di Brescia o di Taranto ogni giorno si è aggiunta al pianeta. Ed è curioso, denuncia Mer-calli, che sulla questione climatica manchi, ancora oggi, una visione si-stemica: questi sono tutti problemi interconnessi e sembra che i decisori politici – nonostante concetti come “impronta ecologica” siano ormai patrimonio comune e non solo di una elite di scienziati – semplicemente li ignorino. Eppure questo termine compariva già in un‟equazione di una quarantina d‟anni fa, proposta – dal biologo Paul Ehrlich e l‟esperto di energia John Holdren, attuale consigliere scientifico di Barack Obama – per misurare l‟impatto umano sull‟ambiente: I=P*A*T Dove I, l‟impatto umano sull‟ambiente è dato dal prodotto di 3 fattori non del tutto indipendenti:la popolazione umana P; l‟affluence, ovvero i consumi pro-capite A e il fattore tecnologico T che indica l‟impatto am-bientale per unità di consumo. Se dobbiamo immaginare degli scenari non possiamo fare a meno di ra-gionare sul fatto che la popolazione mondiale dovrà avere – almeno in linea teorica – accesso a una casa confortevole, a cibo, all‟energia. Que-sto implica consumi sempre maggiori: di energie, di risorse, di materie prime, di ambiente. 80 milioni di persone in più nel 2015 quindi, che confermano un 2016 con lo stesso andamento. Secondo le stime più accreditate, alla metà del secolo, nel 2050, dovremmo arrivare a 9,5 miliardi di persone, 2 miliardi in più delle attuali. Da questo discende, come accennato, “l‟ipoteca sul futuro” dettata dall‟impronta ecologica e il fatto che stiamo già usando quasi un pianeta e mezzo per le risorse che la Terra può offrire alla popolazione mondiale. Essere 9,5 miliardi di persone nel 2050 porterà a un consumo di risorse pari a 3 volte quelle disponibili in un anno sul pianeta. In primis quelle fondamentali come l‟acqua. La strada sarà quindi quella sbagliata. Secondo Pietro Greco bisognerebbe che l‟intera umanità convergesse verso quella che Ari-stotele ed Epicuro chiamavano “eudemonia”: soddisfatti i bisogni primari e più immediati, la ricerca del benessere dovrebbe essere im-materiale e fondata sulla conoscenza, in modo da sostituire i para-digma dominante di “crescita senza sviluppo” con quello di “benessere senza crescita”. 2.3 Il “colesterolo” del pianeta e altri record Ma i problemi non sono finiti: nel 2013 per la prima volta è stata toccata in atmosfera la concentrazione di CO 2 di 400 ppm. Una concentrazione che, si stima, non sia stata toccata da almeno 3 milioni di anni. Il livello era stato
toccato per qualche giorno nel maggio 2013.Nel 2015 il dato è diventato stabile ed è entrato nella media. È un indicatore come tanti e i numeri tondi sulla mente umana rimangono più impressi. Se continua a valere l‟analogia tra la condizione di salute del singolo essere umano e quella del pianeta, 400 può essere visto, in accordo con Mercalli, come il livello di colesterolo di una persona: con 400 si vive lo stesso, ma sicuramente peggio. Tra le peculiarità esclusive dell‟anno passato si può invece senz‟altro annoverare l‟essere stato l‟anno più caldo in assoluto: la media per il 2015 è stata di +1 grado rispetto alle se-rie storiche in nostro possesso. Anche qui un valore-soglia e un numero tondo a cui si unisce il fatto che il 2014 è stato l‟anno più caldo precedente, a indicare il fatto di essere in qualche modo all‟interno di un andamento crescente. Andamento a cui il nostro stesso paese si è uniformato, mostrando il suo lato peggiore in luglio, che è stato il mese più caldo in assoluto relativamente a tutte le serie storiche a disposizione. Un caldo fastidioso, umido, che ha messo a dura prova le città padane, come Ravenna che il 6-7 luglio hanno avuto il peggior clima mondiale, peggiore per condizione di umidità a quello di Calcutta. Le conseguenze in questi casi sono immediate sugli ecosistemi: i ghiacciai – importanti indicatori di salute - sono pressoché scomparsi ovunque. 2.4 Gli effetti sulla salute umana Una tra le più celebri riviste internazionali di medicina, The Lancet, ha istituito una commissione che ha dato luogo a un rapporto pubblicato nel novembre 2015: Health and climate change: policy responses to protect public health nel quale, all‟inizio, si legge ben evidenziato: «The effects of climate change are being felt today, and future projections represent an unacceptably high and potentially catastrophic risk to human health».Gli scienziati generalmente sono molto cauti e non si rovinano la reputazione eccedendo con i termini nelle proprie dichiarazioni. Anzi, spesso in passato molti problemi anche gravi sono stati affrontati con giri di parole per attenuarne l‟importanza: meglio essere tacciati ex post di non aver saputo valutare adeguatamente un problema che venire derisi dalla propria comunità per avergli dato eccessivo peso. Se quindi si arriva a termini come “catastrofico” e “rischio inaccettabilmente alto” vuol dire che le cose si sono fatte serie. All‟inizio dell‟anno sono stati diffusi i dati di sovramortalità – avvenuta soprattutto tra le categorie di anziani e malati cronici: 16mila morti nel 2015 nel solo mese di luglio, ovvero molti di più e molto più silenziosamente di quanti ne abbia fatti il terrorismo. Al caldo reagiscono positivamente soprattutto gli insetti: dalla zanzara tigre (Aedes albopictus), ormai sdoganata alle ... (continua a pag.33)
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Regimen Sanitatis Salernitanum - Caput LX -
DE RUTA Nobilis est ruta, quia lumina reddit acuta. auxilio rutae, vir, quippe videbis acute. ruta viris coitum minuit, mulieribus auget.ruta facit castum, dat lumen et ingerit astum. cocta facit ruta de pulicibus loca tuta.
Pianta nobile è la ruta/ poiché fa la vista acuta, se tu meglio or vedi, al certo/opra sua ed è suo merto./Dessa l‟estro all‟uom rallenta,/ e alle femmine l‟aumenta:/ dessa infonde pudicizia, dà l‟ingegno e la malizia./ se la cucci e al suol la getti /dalle rie pulci lo netti.
LEVIORA
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COSA È CAMBIATO NEL CAMBIAMENTO CLIMATICO?nostre latitudini da qualche anno, alla recentissima “zanzara zika”, che ovviamente non è una zanzara, ma l‟insetto – in questo caso l‟Aedes aegypti – è il vettore preferito dal virus. 2.5 I danni alle colture Gli stravolgimenti climatici fanno sì, per esempio, che ci siano grandi momenti di siccità in periodi come l‟inverno. Nel 2016, almeno fino alla fine di gennaio, sulle Alpi è caduta ancora pochissima neve e, come sempre più spesso accade, nevica più sulla catena appenninica del centro-sud che sulle Alpi a nord. Danni quindi all‟indotto del turismo, ma soprattutto alle colture. Uno studio pubblicato sulla rivista Nature da Corey Lesk, della Mc Gill University a Montreal, in Canada, e colleghi di altri istituti canadesi e britannici, ha analizzato per la prima volta da un punto di vista statistico i danni riportati globalmente durante questi eventi, stimando che siccità e ondate di calore hanno ridotto del 9-10 percento la produzione di cereali, mentre non è stato possibile quantificare l‟effetto delle alluvioni e del freddo estremo. Si tratta complessivamente di una perdita di circa 1,8 miliardi di tonnellate di cereali, una quantità paragonabile alla produzione mondiale annuale di mais e frumento. Calamità che colpiscono indistintamente, che si tratti di “Primo” o “Terzo mondo”: regioni come la California sono andate incontro negli ultimi anni a un incremento della siccità tale da cambiare in modo permanente l‟aspetto del territorio, ormai arido e impossibile da coltivare. Situazione che ha dato luogo a una vera e propria fuga, configurandosi in un fenomeno/problema sociale tutto figlio della modernità, quello degli eco-migranti, ovvero di persone costrette a spostarsi perché il luogo in cui sono sempre vissute è cambiato così radicalmente da impedire un futuro in quella zona. Data la situazione e le conoscenze scientifiche sull‟argomento – ormai neppure poche – e date tutte le simulazioni, fatte indipendentemente da molti istituti di ricerca nel mondo e coordinate dall‟IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), gli scenari possibili si riducono quindi a un paio: (1) si prendono provvedimenti e si cerca ci contenere l‟aumento della temperatura all‟interno di una “linea azzurra” al massimo entro i 2° centigradi da qui al 2100 oppure (2) non si fa niente e si corre lungo una “linea rossa” che può far schizzare la temperatura media del pianeta fino a 5° in più rispetto a oggi. Quindi i 2° servirebbero a non mandare troppo in crisi il clima e nel contempo permettere alle generazioni future – di un futuro immediato – di adattarsi. I 5° in più, va da sé, costituiscono lo scenario della catastrofe. Non c‟è memoria storica – in funzione delle informazioni che fino ad ora si hanno – da quando il genere Homo è comparso sulla Terra, di adattamento della specie a uno scalino di temperatura media così alto. Comunque sia, ammesso e non concesso di riuscire nell‟impresa, l‟innalzamento di mezzo metro delle acque di mari e oceani non ce lo leva nessuno, e questo significa che molte delle popolazioni che oggi vivono sulle zone di costa dovranno abbandonarle o prendere provvedimenti drastici per contrastare gli innalzamenti. Se poi non venisse accettata la con-
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segna dei 2° alla fine del secolo i mari potrebbe innalzarsi anche di un metro. Il problema è che questo fattore – come altri – è irreversibile: non si può tornare indietro. 2.6 La conferenza ha funzionato oppure no? COP 21 significa che il 2015 è stato il 21esimo anno in cui un certo numero di nazioni si riunisce per decidere qualche misura sulla limitazione dell‟impatto antropico sul pianeta. Vent‟anni in cui sono stati fatti timidi passi avanti, sono stati conclusi accordi disattesi, accordi da cui sono entrate e uscite nazioni importanti come Cina, Usa e Canada. Una storia sofferta e che ha portato ad anni di considerevole immobilismo internazionale: l‟impatto dell‟Umanità sul pianeta è sembrato essere più forte della sua stessa consapevolezza. L‟incontro di Parigi di fine 2015 per certi aspetti non sembra essersi discostato molto dai precedenti e la conclusione che si può trarre è duplice: da un lato sembra essere aumentata di molto la sensibilità al problema, tanto che la partecipazione alla conferenza è stata di gran lunga maggiori rispetto alle edizioni precedenti. Dall‟altro, da un punto di vista strettamente tecnico, il traguardo dei 2° sembra – se messo in relazione ai provvedimenti “attuativi” presi per rispettare il mandato – utopistico. La sensazione generale è comunque «troppo tardi e troppo poco», anche se la grande novità rispetto agli incontri precedenti consiste nel fatto di essere un accordo “universale”: non siedono più al tavolo quindi i soli paesi industrializzati o del “primo mondo”, ma tutti i 196 paesi riconosciuti come tali dai trattati internazionali. Quindi se da un punto di vista strettamente umano COP21 ha funzionato perché è riuscito a far sottoscrivere un accordo sul clima a un “condominio” di 196 paesi sovrani, formato da oltre 7 miliardi di persone, dall‟altro si continua a essere in colpevole ritardo sulle misure attuative che, intanto, verranno poste in essere realmente tra chissà quanto tempo – la ratifica si avrà soltanto ad aprile 2016 e una reale entrata in vigore solo nel 2020 – e soprattutto: chi controllerà i trasgressori? La CO2 si misura, ma si misura tutta insieme e al momento non c‟è modo di sapere chi ha emesso cosa. Attuate le promesse di rinuncia che ogni paese ha fatto in favore del clima, riconteggiando tutto, si arriva a +2,7° e non a 2° come previsto. Troppo tardi e troppo poco. 4. La comunicazione del problema 4.1 Spiegare il cambiamento climatico nella scuola Il cambiamento climatico necessita senza ombra di dubbio di un grande sforzo di comunicazione, di partecipazione e di sensibilizzazione fin dalle età scolari. In Italia, qualche anno fa fu fatto partire un progetto biennale (2009-2011) che coinvolgeva insegnanti e famiglie, con il supporto della Commissione Europea per i programmi LIFE+: il progetto R.A.C.E.S., acronimo di Raising Awareness on Climate Change and Energy Savings. R.A.C.E.S. ha coinvolto 5 attori: il primo, scientifico, è l‟Istituto di Biometeorologia (Ibimet) del Consiglio Nazionale delle Ricerche e, a seguire: la Municipalità di Firenze come coordinatore del progetto, la Municipalità di Modena e gli uffici EuropeDirect di Bari, Potenza e Trento. (Continua) Luciano Celi
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DALLA REDAZIONE DI SARNO
INAUGURAZIONE DELL’ORTO BOTANICO
Finalmente, dopo la distruzione di un Liceo, iniziata dal suo cancello d‟entrata e quella di ville e sorgenti di acqua sulfurea, una iniziativa positiva. L‟otto aprile scorso, è stato inaugurato l'orto botanico didattico di via Sarno Palma, località La Marmora, su di un terreno confiscato alla camorra. Il progetto nasce su iniziativa dell'associazione Porta Aperta Onlus e del Comune di Sarno, firmatari di un protocollo di intesa per il riutilizzo a uso sociale di beni confiscati alla criminalità organizzata. Al taglio del nastro – cui hanno assistito rappresentanze delle scuole del territorio – erano presenti il sindaco di Sarno e presidente della Provincia, Giuseppe Canfora, il commissario regionale antiracket e antiusura, Franco Malvano, e il presidente dell'Associazione Porta Aperta Onlus, Francesco Casillo. L'Associazione Porta Aperta ha ricevuto in affidamento dal Comune di Sarno il terreno per realizzare l'orto botanico didattico che sarà aperto a tutte le scuole della regione Campania. Il bene è stato rivitalizzato grazie al “Progetto Oasi”, finanziato nell‟ambito del Piano Azione Coesione “Giovani no profit” dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Gioventù e Servizio Civile Nazionale. Un percorso naturalistico, un laghetto artificiale, due serre didattiche e coltivazioni di prodotti tipici dell‟Agro-Nocerino Sarnese attendono i visitatori all'interno dell'orto botanico didattico. L‟orto accoglierà gratuitamente su prenotazione scuole di ogni ordine e grado, gruppi di cittadini, associazioni e famiglie. Riaffermare la presenza dello Stato e delle sue articolazioni periferiche è il principale obiettivo del progetto che si propone di valorizzare il ruolo del volontariato come motore dello sviluppo culturale, sociale e di risveglio delle coscienze civiche. Lo scopo è, quindi, far crescere nei giovani la cultura della legalità attraverso la conoscenza delle proprie tradizioni e delle proprie radici.
Al di là del fatto, rimane l‟indegna competizione tra le fazioni politiche, che, al suono del vecchio motivo “Copia copiassa”, litigano sulla proprietà del progetto: una vera bambinata! Che pena! Sembra che stiano tutti impazzendo, persino le anatre ed i cigni che, il tredici scorso, hanno invaso le strade. Ma le parole dell‟assessore all‟ambiente,la Esposito,h hanno tranquillizzato tutti: «Mi attiverò da subito, affinché gli enti preposti prendano in considerazione quanto sta accadendo. A questo punto non sappiamo come e perché questi volatili invadono le strade».
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UNA DONNA NELLA LETTERATURA a cura di Andropos
Καλυψώ - Calipso Ulisse ospite della ninfa Calipso, nell‟isola di Ogigia. Qui l‟eroe passa addirittura sette anni, anche se non tutti felicemente. Della ninfa, infatti, s‟era già stufato da tempo, ma non poteva andarsene da lì, non avendo più la nave: guarda caso aveva fatto naufragio anche se, almeno questa volta, lui non c‟entrava nulla. Infatti, i suoicompagni avevano trasgredito ad un preciso ordine divino: una volta sbarcati in Trinacria (cioè la Sicilia), isola sacra aldio Sole, non avrebbero mai dovuto uccidere, per cibarsene, le vacche sacre al dio, nemmeno in preda alla fame più nera. Manco a dirlo, esaurite le provviste, gentilmente offerte daCirce ennesima conquista delll‟itacese), che avevano portato con sé, i compagni di Odisseo si danno alla caccia e, sacre o non sacre, uccidono proprio quelle vacche lì. A questo punto, Helios chiede vendetta al padre degli dei e così, una volta ripartiti, i sacrileghi sono abbattuti da una violenta tempesta scatenata da Zeus. Il solo Ulisse si salva e dopo dieci giorni di sofferenze e fatiche, viene scagliato dagli dei sull‟isola di Calipso. Chi era Calipso? Sicuramente una donna molto caparbia: innamoratasi del bell‟itacese, non lo molla, vive con lui more uxorio per un periodo che al nostro eroe pare infinito, gli promette l‟immortalità che puntualmente lui rifiuta, struggendosi in pensieri malinconici in una dimensione quasi onirica. Probabilmente Ulisse spera di svegliarsi da un sogno che sta diventando un incubo, di ritrovarsi a casa, fra la sua gente, nella sua reggia, confortato dai suoi affetti più cari. Magari si augura che, destandosi, la stessa guerra di Troia non sia mai esistita. Forse non è mai partito, non è mai giunto in alcun luogo, non si è mai mosso da Itaca. Ma la realtà è, ahimè, più crudele che mai: è prigioniero in un‟“isola che non c‟è”, in balia di un amore che non può corrispondere, che detesta con tutte le sue forze, che lo porta alla depressione più nera. Siamo per la prima volta di fronte ad un eroe distrutto che solo la speranza di uscire da quest‟incubo trattiene dal suicidio. Calipso stessa, seppur sconfitta, ne esce vittoriosa. Calipso è una ninfa, figlia di Atlante (quello che sorregge il mondo sulle spalle, per intenderci) e di Pleione. Nulla si sa della sua vita; il suo nome è legato a quello di Ulisse e sembra che nella sua esistenza non avesse avuto altro merito che quello di avere una relazione così duratura con l‟eroe greco.
Di meriti, anzi, non doveva averne proprio, visto che era stata relegata su quest‟isola sperduta chissà dove, solitaria e abbandonata da uomini e dei; reginadi un regno senza trono né sudditi, posto ai confini del mondo. A conferma di ciò, basta leggere i versi in cui Ermes, messaggero degli dei, incaricato da Zeus di convincere Calipso a lasciar andar via Ulisse, le si rivolge con tono alquanto seccato: Zeus ordinò a me, che non volevo, di venir qui: e chi mai di sua volontà percorrerebbe tanto mare salso infinito? E vicino non c‟è città di mortali, che agli deifacciano sacrifici e scelte ecatombe. Ma non è possibile che un altro dio trasgredisca o renda vano il pensiero di Zeus egioco. (Odissea, V, vv.99-104)
Insomma, una bella scocciatura andare fin laggiù senza un tornaconto personale! Ma non si può trasgredire agli ordini di Zeus ed ecco che Ermes, seppur riluttante, compie la sua missione. Eppure l‟isola, nella descrizione di Omero, è tutt‟altro che inospitale: il mare violaceo circonda una terra rigogliosa, ove s‟innalzano pioppi, ontani, cipressi, cresce fiorente una vite gravida di grappoli, verdeggiano prati di viole ed apio, il tutto annaffiato da fontane che versano limpide acque. Calipso è una creatura soave che offre all‟amatonettare ed ambrosia, il cibo degli dei. Ma Ulisse rifiuta, assalito dal desiderio disperato di rivedere la sua patria, di riabbracciare la moglie Penelope e il figlio Telemaco. Ulisse, Robinson Crusoe ante litteram, se solo avesse accettato i doni gentilmente offertagli dalla ninfa, avrebbe potuto passare con lei, in quella meravigliosa isola senza tempo, l‟eternità, in una condizione di sempiterna felicità.
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