Dramma in atto unico di FRANCO PASTORE
A.I.T.W.EDIZIONI
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L’ASSASSINIO DI CLARA PETACCI Dramma in atto unico di
FRANCO PASTORE
Presentazione Alberto Mirabella Postfazione Raffaele Grimaldi
© Dicembre 2018 - By Franco Pastore A.I.T.W. Edizioni
E-BOOK cod. GGKEY:YUPY5Y5US55 Codice ISBN: 9781731496621
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PRESENTATIO l’opera sembra proprio avere i requisiti per una lettura non meramente fine a se stessa, ma con una valenza ricca di humanitas. Quell’humanitas di cui già ci aveva parlato Terenzio: Homo sum: humani nihil a me alienum puto. Con questa citazione, Terenzio crea un emblema di tutta la sua commedia Heautontimorumenos, il punitore di se stesso vale a dire: questa si apre con la figura del vecchio Menedemo cimentato nel lavoro in un giorno festivo e del vicino Cremete che, preoccupato più che curioso, gli porge parola riguardo il motivo del suo accingersi nei campi. Dopo essere stato invitato da Menedemo a non interessarsi dei suoi fatti e della sua vita, Cremete risponde con fierezza che tutto ciò che è umano, non può essergli estraneo. Tutto ciò che riguarda il prossimo, tange direttamente tutti noi. Questa è la figura di Uomo designata da Terenzio: ognuno instaura un legame indissolubile con l'Umanità stessa, dettato dalla naturale e comune condizione di essere Uomini. Condivido, siamo nati con l’esigenza primordiale di non sentirci soli. La solitudine ci rende fragili, esposti alle lacerazioni, in balia delle difficoltà. . Noi siamo quello che siamo perché sono gli altri a qualificarci in un modo. [... ] L’opera pastoriana ci induce a riflettere ripeto sulla condizione umana – che è una dei misteri più grandi della vita, su cui già aveva scritto André Malraux 1 e può assumere un valore esemplare, edificante soprattutto verso l’uomo di oggi alienato e condannato ad uno straniamento perpetuo. Dott. Prof. Alberto Mirabella Saggista, critico d’arte e letterario
A. MALRAUX, La condizione umana, traduzione di Stefania Ricciardi, a cura di S. Barillari, Collana Classici contemporanei, Milano-Firenze, Bompiani, 2018. 1
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INTRODUZIONE Enrico Grossi raccolse le confidenze del professor Caio Mario Cattabeni, il medico legale che, il 30 aprile 1945, all’Istituto di medicina legale di Milano, ricevette i corpi di Clara e di Mussolini, per effettuare l’autopsia. Grossi conosceva bene il Cattabeni, che redasse un verbale dell’autopsia e, alcuni mesi dopo, vergò una memoria dell’indagine necroscopica per una rivista medica. A parte ciò, mantenne poi un totale riserbo sulle impressioni ricavate in quella storica e per lui difficilissima giornata. Enrico Grossi aveva conosciuto il prof. Cattabeni nel 1970, poi lo incontrò casualmente durante un viaggio in treno. Affrontò con lui l’argomento e, stando al Grossi, il professore gli tirò fuori una bomba: «Mi raccontò che, terminata l’autopsia del Duce, iniziarono a compiere quella sulla Petacci. Il corpo di Claretta presentava varie ecchimosi sul ventre e segni di graffiature sulle cosce, nella parte interna ma anche nella parte posteriore. Com’è noto, a Piazzale Loreto, la Petacci non indossava le mutandine. Tolsero il corpo della donna, che già mostrava la rigidità cadaverica, da una specie di cassa grezza dove era deposto e lo adagiarono su un telo. Dalla sua vagina fuoruscì un liquido sieroso misto a sangue […]. A quel punto – mi confidò Cattabeni – ho ricevuto l’ordine tassativo di soprassedere all’autopsia” e la donna fu rimessa nella cassa e sepolta così com’era». I maggiori capi politici dell’insurrezione erano contrari alla esposizione dei cadaveri a Piazzale Loreto. Solo Emilio Sereni la reputava una cosa naturale e rispose all’indignato governatore militare di Milano, Charles Poletti: “La storia è fatta così. Alcuni devono non solo morire, ma morire vergognosamente!”
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Diversamente la pensava Sandro Pertini, che commentò: - Avete visto? L’insurrezione è disonorata! -. Ferruccio Parri, sconsolato, affermò: - Questa esibizione di macelleria messicana è terribile e indegna: nuocerà al movimento partigiano per gli anni a venire!”. Quando fu appesa per i piedi alla pensilina del distributore di benzina a Piazzale Loreto, la gonna di Clara Petacci cadde giù, mostrando la sua vagina. Fu don Pollarolo, cappellano dei partigiani, a prendere l’iniziativa di fissare la gonna con una spilla da balia che gli diede una donna. Questa soluzione si rivelò inefficace, intervennero allora dei pompieri che, con una corda, legarono la gonna intorno alle sue gambe. Questa storia della Petacci nuda, a testa in giù, creò molto scalpore e, forse per questo motivo, nella versione dattiloscritta dei fatti di Dongo, scritta successivamente da Walter Audisio, egli inserisce il particolare delle mutandine mancanti, in quella che diverrà la versione ufficiale data dal PCI. Figlia di Giuseppina Persichetti e del medico Francesco Saverio Petacci, direttore di una clinica a Roma e introdotto negli ambienti vaticani in qualità di medico dei Sacri Palazzi apostolici, Clara, già appassionata di pittura, studiò musica e fu allieva del violinista Corrado Archibugi, amico dei suoi genitori. Il 24 aprile 1932 la Lancia Astura vaticana con a bordo, oltre all'autista Saverio Coppola, Claretta Petacci, la sorella Myriam, la loro madre e il futuro marito di Claretta, Riccardo Federici, lungo la via del Mare che da Roma va al Lido di Ostia, viene sorpassata dalla rossa Alfa 6C 1750 Gran Turismo Zagato guidata da Benito Mussolini. La Petacci, che già da tempo inviava al Duce numerose lettere di ammirazione, lo riconosce e trova il modo di attirare la sua attenzione, lui accetta poi di scambiare qualche parola con lei. Da allora sempre più frequenti
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furono le "udienze" a Palazzo Venezia, che dopo una serie di colloqui confidenziali acquisirono il carattere di una vera e propria relazione. La Petacci, sposa il Federici, ma si separano ufficialmente nel 1936 (il divorzio ancora non era consentito). All'epoca del suo incontro con Mussolini, Clara aveva vent'anni, trenta di meno del suo amante, che era sposato dal 1915 con rito civile e dal 1925 con rito religioso con Rachele Guidi (detta "donna Rachele"), che aveva conosciuto prima del 1910. Tra l’altro, al duce erano state attribuite numerose amanti, tra le quali Ida Dalser (che gli diede il figlio Benito Albino Mussolini), e Margherita Sarfatti, con quest’ultima aveva da poco concluso una lunga relazione. Mussolini prese a frequentare la Petacci con regolarità, ricevendone le visite puntuali anche nel suo studio di Capo del Governo a Palazzo Venezia. Clara rimase per molti anni fedele a “Ben", come chiamava Mussolini nei suoi diari. Tuttavia, ai gerarchi del fascismo, non faceva piacere questa relazione, anche se ufficialmente inesistente e tollerata da donna Rachele. Poteva causare scandalo ed accuse di corruzione al regime. Clara ebbe il ruolo di compagna segreta di Mussolini, di cui condivise i momenti più bui e il destino finale, pare senza mai avanzare la pretesa che lasciasse per lei la moglie Rachele. Claretta Petacci a Riccione. Verso la fine del 1939 i Petacci si trasferirono dalla residenza medio-borghese di via Lazzaro Spallanzani, confinante con villa Torlonia, nella splendida villa "Camilluccia", sita sulle pendici di Monte Mario, allora ai margini della città. La grande casa era divisa in 32 locali, distribuiti su due piani, sovrastati da una terrazza. Nel sottosuolo, come nella residenza del Duce di Villa Torlonia, era ricavato un rifugio antiaereo, mentre nell'ampio
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Clara era figlia di Giuseppina Persichetti (1888-1962) e del medico Francesco Saverio Petacci (1883-1970), direttore per alcuni anni di una clinica a Roma e introdotto negli ambienti vaticani in qualità di medico dei Sacri Palazzi apostolici. Per un periodo di vari anni ebbe anche una sua clinica personale, "La Clinica del Sole". Clara studiò musica con rendimenti alterni e fu allieva del violinista Corrado Archibugi, amico dei suoi genitori. Sposa il sottotenente della Regia Aeronautica Riccardo Federici (1904-1972), ma si separata ufficialmente nel 1936. All'epoca del suo incontro con Mussolini, Clara aveva vent'anni. Fu uccisa con il duce il 28 aprile del 1945.
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parco erano presenti anche una piscina, un campo da tennis, un giardino fiorito, curato da Clara, un orto e un pollaio, curati dalla madre. L'accesso al complesso era sorvegliato da una guardiola per il portiere e una per la guardia presidenziale as-segnata alla proprietà. Nell'ala destra del piano terreno, per ragioni di sicurezza dovute alla necessaria vicinanza con il rifugio, era posizionata l'alcova di Claretta e Benito. Composta da una camera con pareti e soffitto ricoperte da specchi e arredata con mobili rosa, era servita da una stanza da bagno rivestita in marmo nero e dotata di grande vasca mosaicata, posta a filo del pavimento, che voleva imitare le vasche termali romane1. Alla residenza Petacci, in via della Camilluccia,355/357, erano inviate numerose lettere che richiedevano l’intervento di Clara in petizioni rivolte a Mussolini. Travolta dagli eventi della seconda guerra mondiale, Clara Petacci fu arrestata il 25 luglio 1943, alla caduta del regime fascista, per essere poi liberata l'8 settembre, quando venne annunciata la firma dell'armistizio di Cassibile. Tutta la famiglia abbandonò Roma e si trasferì nel Nord Italia controllato ancora dalle forze tedesche e dove poi si instaurò la Repubblica Sociale Italiana.Clara si trasferì in una villa a Gardone, non lontano dalla residenza di Mussolini e dalla sede del governo repubblicano a Sa_____________
1) Dopo la caduta del fascismo la villa fu confiscata con l'accusa che fosse stata acquistata da Mussolini con fondi sottratti al bilancio dello Stato. La famiglia riuscì ad opporsi a tale provvedimento e successivamente ottenne la restituzione della villa, dimostrando la falsità dell'accusa. Più tardi la villa fu venduta, e finì in stato di abbandono, fino a essere definitivamente demolita per far posto a un complesso di edifici che oggi ospitano le ambasciate dell'Iraq presso l'Italia e la Santa Sede
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lò. Era costantemente sorvegliata dal tenente delle SS Franz Spögler. In questo periodo ebbe un fitto rapporto epistolare con il Duce e nonostante il parere contrario di Mussolini conservò tutte le lettere, compresa quella in cui chiese che, al processo di Verona, Galeazzo Ciano fosse condannato a morte, in quanto "traditore, vile, sudicio, interessato e falso", esprimendo quindi una posizione durissima, che venne definita dallo storico Emilio Gentile di "rigore nazista". Trasferitisi a Milano, a seguito dell'abbandono della riviera gardesana da parte del Duce, il 23 aprile del 1945, i Petacci tranne Clara e il fratello Marcello, che rimasero nel capoluogo lombardo - si misero in salvo in aereo, giungendo a Barcellona dopo un avventuroso volo di quattro ore. Il 25 aprile, sia Clara sia Marcello si allontanarono da Milano assieme alla lunga colonna di gerarchi fascisti in fuga verso Como, Marcello voleva riparare in Svizzera, con false credenziali da diplomatico spagnolo. Il 27 aprile 1945, durante l'estremo tentativo di Mussolini di sottrarsi alla cattura, Clara fu bloccata a Dongo da una formazione partigiana della 52ª Brigata Garibaldi, che intercettò la colonna di automezzi tedeschi con i quali il Duce viaggiava. Taluni affermano che le sia stata offerta una via di scampo, che lei rifiutò con fermezza, del resto, avrebbe potuto fuggire in Spagna in aereo, con i suoi familiari. Il giorno seguente, 28 aprile, dopo il trasferimento a Bonzanigo di Mezzegra, sul lago di Como, Mussolini e la Petacci fu-rono giustiziati dai partigiani tramite fucilazione, secondo la versione diffusa a Giulino di Mezzegra, sebbene su Clara non pendesse alcuna condanna. Nella stessa giornata, anche il fratello di Clara, Marcello Petacci, fu eliminato dai partigiani a Dongo, insieme ad altre quin-
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dici persone complici della fuga di Mussolini.
Il giorno successivo, il 29 aprile, intorno alle ore 14, a Piazzale Loreto2, i corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci furono esposti, assieme a quelli delle persone fucilate a Dongo il giorno prima. Prima di essere appesi per i piedi alla pensilina del distributore di carburanti Esso, furono oltraggiati dalla folla. Il luogo venne scelto per vendicare simbolicamente la strage di quindici partigiani e antifascisti, messi a morte per rappresaglia in quello stesso luogo il 10 agosto 1944. _____________ 2) Piazzale Loreto è un piazzale di Milano, situato alla fine di corso Buenos Aires, e all'inizio di viale Monza e di via Padova. Posto sulla circonvallazione esterna, è un importante snodo per la viabilità cittadina ed è sede di una stazione della metropolitana.
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Se la morte di Clara fu una vergogna per il comando partigiano, l’oltraggio al suo cadavere rappresentò un’infamia che recò disonore ad un popolo intero. Persino Hitler alla notizia si inferocì, disse degli italiani le cose più orrende e poi concluse: Questa fine a me non la faranno fare! -
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PERSONAGGI: Claretta Petacci Benito Mussolini Giacomo De Maria Lia De Maria Capitano L’alpino Partigiani: Walter Audisio Aldo Lampredi Michele Moretti Giuseppe Frangi Neri Gianna Bruno Lonati Partigiano Partigiano 2 Partigiano 3 Partigiano 4
l’amante di Mussolini il Duce il padrone di casa sua moglie John Maccaroni dei Servizi segreti inglesi
il colonnella Valerio Guido Pietro Gatti Lino Luigi Canali Giuseppina Tuissi Giacomo
Il giornalista inglese Don Pollarolo
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TIPOLOGIA DEI PERSONAGGI: Il duce, un sessantaduenne alto all’incirca un metro e sessantasette, pallido, smagrito e leggermente claudicante, in divisa tedesca. Claretta, una trentatreenne bella, bruna, sensibilmente e follemente innamorata del suo Benito. Egli non la voleva al suo fianco in quel momento di sconfitta e di morte. Era stata lei a raggiungerlo. Intanto, per questa sua folle passione, sarà barbaramente uccisa. Walter Audisio, di anni trentasei, magro, con baffi, basco nero e giubbotto di pelle. Aldo Lampredi, di anni quarantasei, ispettore del comando generale delle Brigate Garibaldi, altezza normale, biondo e fortemente stempiato. È armato di pistola Beretta modello 1934, calibro 9 mm. Michele Moretti, trentasettenne, commissario politico della 52ª Brigata Garibaldi "Luigi Clerici" operante sul monte Berlinghera nell'Alto lago di Como, armato di mitra francese MAS, calibro 7,65 lungo di fabbricazione francese. Luigi Pietro Canali, chiamato Capitano Neri, trentatreenne. Alto, magro, bruno, viso tondo e regolare, fu Ca-po di stato maggiore della 52ª Brigata Garibaldi "Luigi Clerici", vice Comandante del Raggruppamento Brigate d'Assalto Garibaldi Lombardia del Comasco e della bassa Valtellina e Comandante della 1ª Divisione Garibaldi. Giuseppina Tuissi, detta Gianna, ventiduenne, bruna, capelli a caschetto, una bella ragazza, che militò come staffetta e collegatrice nella 52ª Brigata Garibaldi "Luigi Clerici". Fu collaboratrice del partigiano Luigi Canali, il capitano "Neri".
ATTO UNICO
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Prologo
Voce fuori campo: (a sipario chiuso) La storia alla quale state per assistere è quella di un assassinio che infama coloro che ne crearono i presupposti e disonorano quelli che lo realizzarono. Il 27 aprile del 1945 Mussolini viene convinto a mettersi in salvo mescolandosi ai soldati tedeschi di un’autocolonna diretta in Valtellina. Fra le 7 e le 8 del mattino la colonna tedesca e i gerarchi fascisti vengono fermati da un commando partigiani a Musso, a pochi chilometri da Dongo. I garibaldini hanno sparato brevi raffiche in aria. Dopo la breve sparatoria iniziano le trattative tra “Neri” e l’ufficiale tedesco Fallmeyer. Intanto, Don Mainetti riconosce Mussolini, che, uscito dall’autoblindo, vuole sapere che cosa stia succedendo. Il sacerdote avverte i partigiani della presenza del Duce. Negri durante l’ispezione del quinto camion nota nell’angolo anteriore destro un uomo seduto, accoccolato, con l’elmetto, il pastrano chiuso, sembra addormentato. “Camerata ubriaco …vino” – dice un soldato tedesco. Negri si insospettisce. Avvisa il partigiano con il grado più alto, il ventenne Bill. Mottarella e Bill chiedono allo sconosciuto che, nel frattempo, si è messo gli occhiali da sole: “Italiano?” e quello risponde: “Italiano”, levandosi in piedi, mentre Bill gli toglie gli occhiali. Tiratogli giù il bavero dal pastrano Bill esclama: - Cavalier Benito Mussolini-. Segue l’arresto. Gli alleati, che vogliono salvare Mussolini, si mettono in contatto con il C.L.NA.I., il comando partigiano: - Qui il maggiore Max Corvo del comando Operativo dell’Office of Secret Service americano di stanza a Siena, fatemi sapere l’esatta situazione di Mussolini. Invieremo aereo, che verrà a ritirare il duce alle ore 18 di domani, all’aeroporto di Bresso. Preparate segnali di atterraggio.
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Intanto si avverte il C.L.N.A.I. a Milano della cattura di Mussolini. Si chiedono istruzioni. La risposta è “Custodite bene il prigioniero con tutti i riguardi; non gli sia torto un capello; piuttosto di fargli violenza, in caso di tentativo di fuga, lasciatelo fuggire” A Dongo “Neri” prende in consegna Mussolini e decide il suo trasferimento a Germasino presso la caserma della Guardia di Finanza. Qui Mussolini cena per l’ultima volta con i finanzieri. Nel frattempo a Milano si discute chi deve uccidere Mussolini e la scelta cade su Walter Audisio, conosciuto come il colonnello Valerio. È questa la volontà dei capi partigiani del pci. Messa in moto la spedizione di morte, agli Alleati si risponde subito con un fonogramma: - Spiacenti non potervi consegnare Mussolini che, processato dal tribunale popolare, è stato fucilato stesso posto, ove, precedentemente, furono fucilati da nazifascisti 15 patrioti. Il 28 aprile alle 4 e trenta del mattino, Mussolini viene portato a Casa De Maria, a Giulino di Mezzegra. Con lui è Claretta Petacci, che ha fatto di tutto per ricongiungersi al suo Benito, rifiutando categoricamente ogni via di scampo.
Prima Scena
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Mussolini in un soprabito color nocciola, la Petacci impacciata dai tacchi alti delle scarpe nere scamosciate vengono scortati dal gruppo dei partigiani verso una abitazione di contadini, a Giulino di Mezzegra, ben conosciuta dal Neri. Il quale sveglia Lia e Giacomo De Maria e li obbliga ad ospitare Mussolini e la Petacci. Michele Moretti (Pietro Gatti), mitra in spalla, conduce il gruppo, dietro di lui il duce e la Petacci, che gli si aggrappa per non cadere. Seguono l’Audisio (Valerio) ed il Lampredi (Guido). Siamo davanti al portone della casa De Maria, alle quattro e trenta del mattino del 28 aprile del 1945. Il Neri dà il via libera ed Il Moretti porta dentro i due prigionieri, seguiti dal Lampredi e dal Frangi, mente il colonnello Valerio rimane davanti al portone con il Neri. Neri
:- (ritornando giù dalla casa) Tutto è pronto potete salire, vi attendono ( si fa di lato per farli passare e si accosta a Valerio). Moretti: - Seguitemi, tra poco sarete nella a vostra camera…Claretta:- Ben, sono sfinita! Duce : - Coraggio, tra poco potrai riposare-. Valerio :- (al Lampredi ed al Moretti ed al frangi) Salite voi tre, io rimango giù di sentinella con Neri… (Valerio accosta il portone e si appoggia al muro, come in attesa di qualcuno, o qualcosa) -. Neri :- La stanza è piccola, ma è tranquilla e si può riposare. Valerio :- Tanto vi rimarranno pochissimo tempo: gli ordini sono perentori: devono morire domattina -. Neri :- Devono?Valerio :- Il Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia ha decre20
tato la morte di Mussolini, perché colpevole di aver con tribuito alla soppressione delle garanzie costituzionali, di aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del Paese…Neri :- Appunto! Ma la Petacci? Cosa ha fatto lei alla Costituzione?Valerio :- E’ pur sempre una testimone di eventi e giochi di potere. Non potremo mai ricominciare degnamente se non distruggiamo ogni residuo del passato. E dobbiamo fare in fretta, da più parti si stanno attivando per salvare Mussolini e consegnarlo agli alleati americani. Neri :- Ecco perché il tenente Fritz Birzer delle SS, che aveva l’ordine di non lasciarlo fuggire, a costo di ammazzarlo, mi ha permesso di arrestarlo, ieri mattina alle otto, sul quinto camion della colonna tedesca. Negri, Mottarella e Bil non lo avrebbero mai riconosciuto camuffato com’era, con un pastrano di caporale della Wermarcht e l’elmettoValerio :- Ma c’è dell’altro … (sente dei passi e si ferma, mettendo la mano sulla pistola. È Gianna la partigiana che ha collaborato col capitano Neri all’arresto del duce. Neri :- (riconoscendola subito) Ah, sei tu!Gianna :- Mentre venivo, riflettevo sul comportamento tedesco davvero paradossale e meschino. Hanno impedito a Mussolini ogni via di scampo e di fuga. Fingono di proteggerlo, poi, all’improvviso lo abbandonano nelle nostre mani. A questo punto, viene il sospetto che abbia-
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voluto tenerselo per poterlo usare come merce di scambio in caso di difficoltà. Valerio :- A proposito, siamo sicuri di questi De Maria? Neri :- Lia De Maria era stata la balia di mio cognato. Inoltre è la zia carnale del partigiano “Lino” che fa parte della missione. Valerio :- Benissimo... (continuando) sai, noi partigiani non ci conosciamo per niente, siamo come branchi di lupi ed ogni branco segue un suo capo-branco, tanto che spesso ci ammazziamo tra di noi. Inoltre ciascuno si comporta a modo suo, a seconda del partito o di direttive, spesso contraddittorie, dei nostri capi. Ma… pure fare il partigiano è pericoloso. Neri :- E’ proprio così… Valerio :- A proposito, qualcuno ha guardato nella borsa del duce se vi sono documenti importanti, da consegnare al C.L.N.?Neri :- Penso vi sia rimasto roba di poco conto: quando lo stesso Mussolini affermò che vi erano documenti importanti e segreti, Bill diede un’occhiata alla borsa del Duce e comprese che dovevano essere documenti segreti, di importanza storica grandissima: incartamenti del processo di Verona, corrispondenza con Hitler ed altro, che ha depositato in banca a Domaso. Valerio :- Ma ora è tempo di pensare ad altro: all’esecuzione che, tra qualche ora, porrà fine a questa storia. Perciò, mettiamoci un po’ tranquilli anche noi, presto accadrà quel che il dovere ci impone …-
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Gianna :-Va benissimo, comunque penso che in questa storia Clara Petacci centri ben poco … Neri, sei d’accordo?Neri :- Penso proprio di si…Valerio :- Abbiamo ancora qualche ora per pensarci su, nemmeno io, in fondo, voglio che muoia: non ha subito processi, né condanne e nessuno ha chiesto la sua morte, è qui per sua scelta, infatti, poteva già essere lontana in salvo…Neri :- Vediamo di risparmiarla, la sua morte non gioverebbe al movimento partigiano, anzi…in fondo, ci battiamo per un mondo migliore,dove non c’è spazio per la prevaricazione. Gianna :- La sua colpa è quella folle passione per il duce, un amore che le comanda il cuore da quando era ancora una ragazzina e questo non ha nulla a che vedere con la politica…Valerio :- Sono d’accordo, tanto più che nessuno mi ha ordinato la sua fucilazione, comunque, tra qualche ora vedremo il da farsi. Si chiude il sipario
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Luigi Longo
Pietro Secchia
Emilio Sereni
Ferruccio Parri
Sandro Pertini
Riccardo Lombardi
La condanna a morte di Mussolini fu decisa dai comunisti, Luigi Longo, Pietro Secchia ed Emilio Sereni, dai socialisti Sandro Pertini e Riccardo Lombardi e dagli uomini del Partito d’Azione, Leo Valiani e Ferruccio Parri. Ma non ordinarono la morte di Clara Petacci, che fu dovuta alla disorganizzazione delle forze partigiane, ed alla tensione del momento storico.
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Scena Seconda Una camera da letto umile: un letto con spalliera di legno scuro, un vecchio comodino, una vecchia sedia impagliata ai piedi del letto, un bacile su supporto metallico, un modesto attaccapanni di legno tra il bacile ed il camino, dove sono appesi il soprabito del duce e la pelliccia di Clara. Mussolini è steso sul letto, con i piedi verso l’esterno. Non dorme, ma è palese che sta pensando agli ultimi avvenimenti. Clara si sta rinfrescando con l’acqua del bacile, tamponandosi poi il viso con il ruvido asciugamano. Sono le cinque ed un quarto del mattino, quando bussano alla porta, è la signora Lia, la padrona di casa … Clara :- Avanti! – Lia :- Scusatemi, mi hanno permesso di portarvi una tazza di camomilla, la metto qui sulla cassa … - ( si gira e guadagna rapidamente la porta). Lino :- ( il partigiano di guardia) Sbrigati zia!Clara :- Gazie signora, ne avevo proprio bisogno… ( ma la donna era già scomparsa. Si sente il rumore della chiave nella toppa) [Mussolini non si è mosso, né ha aperto gli occhi. Clara si toglie le scarpe, fa un lungo sospiro, poi si avvicina alla tazza, la prende, fa appena un sorso e si avvicina a Benito…] Clara :- Ben, amore, prendi un sorso di camomilla calda, ti fa bene! Benito :- (apre gli occhi e guardandola intensamente…) Avrei bisogno di ben altro! Ti avevo pregato di stare lonta-
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na da me, ora ho anche la preoccupazione della tua vita!Clara :- La mia vita? E cosa sarebbe stato della mia vita senza il mio Ben?Benito :- Ben, Ben, Ben, ma non comprendi che la mia storia si è conclusa, ma tu … tu … sei ancora così giovane e… (prendendole la mano teneramente ) bella, maledettamente bella per morire!Clara :- Ben,sarà questo amore a salvarci o a perderci entrambi e poi…Benito :- E poi?Clara : - Tu sei troppo importante, non oseranno mai toglierti la vita. Non l’hai voluta tu questa brutta guerra ed hai fatto l’impossibile per far ragionare quel folle del fuhrer, per non parlare dei tuoi rapporti segreti con mister Churchill; del resto, capiranno tutto proprio grazie a quei documenti che ti hanno sottratto a DongoBenito :- Allora non hai compreso che avevano bisogno di un capro espiatorio, cui addossare la responsabilità di tutto quanto è accaduto? E lo hanno trovato nel sottoscritto. Ora ho la responsabilità di tutto quanto è successo negli ultimi vent’anni, di conseguenza, uccidendo me, hanno chiuso un capitolo di storia, così ne potranno aprire un altroClara :- Questo che dici mi stravolge! Benito :- Ti stravolge? Allora ti dirò di più: quelle carte, cui tu
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ti riferisci, scompariranno proprio perché potrebbero giustificare alcune mie scelte ed in alcuni casi, scagionarmi da alcune responsabilità…Clara : - Ed allora?Benito :- Allora a chi potrebbe far piacere aver avuto rapporti con il sottoscritto, quando pensano di eliminarmi come un criminale di guerra?[Rumori alla porta, che improvvisamente si spalanca]. Valerio :- (rivolto ad un ospite) Ecco, è qui capitano …Capitano:- (entrando con partigiano Bruno Lonati, detto Giacomo, e con accento inglese…) Sono il capitano John Maccaroni dei servizi segreti inglesi, le carte! Dove sono le carte!- ( nota pag.49) Benito :-(porgendogli la borsa) eccole… Capitano:- (dopo un rapido sguardo nella borsa continua stizzito) Le altre? Dove sono le altre? Benito :- Mi sono state tolte a Dongo. Capitano:- Signori! (un rapido accenno d’ inchino, si gira e si avvia adirato verso la porta e continua a parlare con i partigiani senza curarsi di essere sentito dai due prigionieri). Colonnello, deve fucilare Mussolini il più presto possibile e sa perché?...Valerio :- Mi dica!...Capitano:- So bene che la condanna a morte di Mussolini è stata decisa dai comunisti, dai socialisti e dagli uomini del Partito d’Azione, ma il comando Operativo dell’Office of Secret Service americano, di stanza a Siena,
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lo vuole vivo a tutti i costi ed il generale Cadorna ha inviato una brigata partigiana indipendente dell’Oltrepò con l’ordine di fermarvi. Allora, o lo fate voi, o lo facciamo noi inglesi Valerio : - Provvederemo noi a breve, state tranquillo! (Si sente la chiave girare nella toppa ed i passi del gruppo che si allontana. Mussolini e Clara hanno sentito ogni cosa). Benito :- Come vedi, la mia ora è giunta! Clara :- La nostra ora, vuoi dire!Benito :- Fortunatamente nessuno ha parlato di te, sicuramente sopravviverai a quest’inferno e ne sono feliceClara :- Io no! Come puoi pensare che possa sopportare la tua fine? E poi hai solo me, è giusto che ti segua: il tuo destino è il mio, amore mio!Benito :-Non parlare così, mi strazi l’anima!Clara :- I Savoia, Badoglio e soci ci hanno teso un tranello! Tu per loro sei un fuorilegge, un condannato a morte. Hanno tutti interesse a farti tacere per sempre! Ora hanno pure i documenti e noi, senza quel carteggio, abbiamo le ore contate Benito :- Anche i tedeschi mi hanno preso in giro: sono stati loro a consegnarmi alle forze partigiane, mi hanno usato come merce di scambio. All’Arcivescovado, con il cardinale Schuster, ho atteso invano il comandante generale delle SS in Italia Karl Wolff per eventuali accordi ... ma tu sei fuori da questo olocausto, non possono
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attribuirti alcuna colpa, se non quella di avermi amato sino alla fine…Clara :- Colpa o non colpa, non ho alcun desiderio di vivere senza di te ( Si odono colpi di fucile in lontananza, come di gruppi che si affrontano tra loro) Benito:- Sono gruppi partigiani di colore diverso ed a peggiorare le cose vi è la presenza degli inglesi (in quel momento, entrano due partigiani guidati da Giacomo ed impongono a Clara di seguirli) Giacomo:- Signorina, ci segua per favore!Clara :- Il mio posto è qui, non vengo da nessuna parte!Giacomo:- (ai due partigiani) Prendetela e portatela via!Clara fa resistenza, capisce che qualcosa di tragico sta per accadere, ed essi la trascinano via con la forza). Clara :- Ben aiutami, non voglio lasciarti!Benito:- Lasciatela in pace, non ha nessuna colpa! (il duce salta addosso ad uno dei due, ma Giacomo tira la pistola e spara, ferendolo ad un braccio) Ahhhhhhh! (Cade a terra) Clara :- Vigliacchi, assassini! Ben, vita mia, che t’hanno fatto! Partigiano1:- Cammina su, lascialo al suo destino! Clara :-Nooooooooo! Lui è il mio destino!- (la portano via quasi di peso). Partigiano 2: - E cammina perdio!Giacomo:- Presto portatela di la, qui farà caldo tra poco! (a Lino, davanti alla porta della stanza) Tu continua a fare la
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guardia!- ( Lino chiude la porta, mentre Mussolini ferito cerca di alzarsi, appoggiando sul letto il braccio sanguinante) Benito:- (Pur dolorante, grida verso la porta che si sta chiudento) Volevate me e son qua... lei lasciatela stare!Cala il Sipario
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Giuseppina Tuissi, detta Gianna (Abbiategrasso, 23 giugno 1923) è stata una partigiana e antifascista italiana che militò come staffetta e collegatrice nella 52ª Brigata Garibaldi "Luigi Clerici". Dal settembre 1944 fu collaboratrice del partigiano Luigi Canali, il capitano "Neri". Alta, slanciata, occhi azzurri, capelli neri che erano tinti di biondo durante i "fatti di Dongo" del 27 e 28 aprile 1945, molto graziosa, era chiamata dai partigiani anche la piccola Gianna per via della giovane età, o la Passionaria per il suo carattere fermo e coraggioso. Fu uccisa il 23 giugno del 1945, il giorno del suo 22º compleanno. Per questo delitto vengono imputati come mandanti Dante Gorreri, segretario del P.C.I. di Como e Pietro Vergani, comandante regionale delle Brigate Garibaldi e come esecutore Maurizio Bernasconi "Mirko", uno dei componenti della famigerata banda del "Lince", Leopoldo Dino Cassinelli ex partigiano di Bellano e capo di uno squadrone della polizia del popolo che aveva sede in villa Tornaghi a Como[9].
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Scena terza Sono le dieci e trenta del mattino, siamo in un’altra stanza della casa De Maria: un camino, un tavolo e quattro sedie impagliate. Lia De Maria, in piedi vicino al camino sta piangendo. Entrano i due partigiani con Clara distrutta dal dolore, la mettono a sedere e vanno via, mentre un terzo partigiano armato di mitra si piazza di sentinella vicino alla porta. Il padrone di casa sta seduto ed è fortemente adirato per gli avvenimenti che si susseguono. Clara : - (piangendo) Ben, …Ben …Lia De Maria:- Su, fatevi coraggio … lo so, non è facile…(si sentono altre sparatorie … entra velocemente il capitano dei servizi segreti inglesi John Maccaroni ) Capitano: - Mi ha cercato nessuno? ( in quel momento sopraggiunge un agente vestito da alpino) Ah, eccoti! E allora?L’alpino:- (Anche lui con l’accento inglese) John, non abbiamo trovato le carte che cerchiamo. Bisogna darsi da fare per sapere dove sono. Capitano:-Vediamo di trovarle o mister Churchill andrà su tutte le furie! Valerio : (entrando)C’è un partigiano morto sul ciglio della strada … Capitano: - Si, era quello che mi ha scortato a Dongo … un altro gruppo di partigiani ci ha attaccati e ci siamo difesi, ma quello che mi accompagnava è rimasto ucciso.
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Luigi Pietro Canali, nome di battaglia Neri ma comunemente chiamato Capitano Neri, è stato un partigiano italiano intellettuale, attivo militante comunista e anti-fascista. Fu Capo di stato maggiore della 52ª Brigata Garibaldi "Luigi Clerici", vice Comandante del Raggruppamento Brigate d'Assalto Garibaldi Lombardia del Comasco e della bassa Valtellina e Comandante della 1ª Divisione Garibaldi.Luigi Pietro Canali nasce a Como in via Rienza il 16 marzo 1912 in una famiglia modesta e progressista. La sera del 6 maggio 1945 "Neri" confida alla madre di aver ancora “una missione da compiere”. La mattina seguente esce di buon ora: non tornerà mai più, e il suo corpo non sarà ritrovato. Il 12 dicembre 1949 vengono rinviati a giudizio, tra gli altri: Dante Gorreri in qualità di mandante dell'omicidio del “Capitano Neri” e per aver preso in consegna il cosiddetto “oro di Dongo” e averlo successivamente fatto sparire; Pietro Vergani, per aver disposto l'uccisione del Canali per motivi di odio e di vendetta, e in qualità di mandante degli omicidi della Tuissi e della Bianchi.
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Valerio :- Non si capisce più niente,di sicuro sono sopraggiunti anche i servizi segreti americani, i cui agenti si sono infiltrati ovunque per il Lago di Como. Capitano:- (guardando in modo significativo) Allora è giunto il momento di fare quella cosa che va fatta…Valerio:- Ho già dato l’ordine! ( guarda l’orologio e continua) Ecco, sono le undici, è l’ora! (in quel momento si sentono due colpi di pistola e subito dopo entra un partigiano). Partigiano3: (entrando) L’ordine è stato eseguito!Capitano:- Benissimo, il primo obiettivo è raggiunto, in barba agli americani!Clara : (ha intuito l’uccisione di Benito, corre alla finestra ed incomincia a gridare… ) Aiuto, aiuto, aiutateci! (La tirano via, mentre piange disperatamente). Partigiano 2:- Ringrazia il Padreterno di essere ancora viva! Partigiano 1:- Ma non è ancora detto!Clara :- Ma perché, perché? (piange disperata). Partigiano 1:- Perché? È l’Italia che lo vuole e la storia lo impone!Clara :- Cosa ho fatto io all’Italia? E che diritto avete voi di giudicare, in nome dell’Italia, altri italiani?Partigiano 1:- Taci, verrà anche il tuo momento!Clara : -Se quegli spari erano per il mio Ben, allora voi mi avete già uccisa …. (piange scuotendo la testa). Partigiano 1:-Si, erano per il tuo duce, ma possiamo fare di meglio... possiamo mandarti a fargli compagnia! Partigiano 2:-(rimprovera il compagno) Ora stai esagerando!
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Valerio :- (al partigiano1) Ti ordino di tacere, altrimenti cesserai di parlare per sempre!Clara : - Povero amore, povero amore mio! L’amavi tanto la tua Italia‌Lia De Maria:- (abbracciando Clara) Fatti coraggio, figlia mia! Storia o non storia, non lo meritavi tutto questo!Giacomo De Maria: - (picchiando i pugni sul tavolo, urla) Sono cose da capitare in casa mia?Chiude il sipario
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Walter Audisio, nome di battaglia Colonnello Valerio o Giovanbattista Magnoli nacque ad Alessandria il, 28 giugno 1909).Partigiano e politico italiano, il 28 aprile 1945 eseguì la sentenza di morte di Benito Mussolini e, la notte successiva, provvide al trasporto del suo cadavere e di quello di altri 17 giustiziati, nel Piazzale Loreto, a Milano. Comandò le formazioni della brigata Garibaldi, operanti in provincia di Mantova e nel basso Po. Nel dopoguerra, venne eletto deputato tra le file del Fronte Democratico Popolare nel 1948 per la circoscrizione Cuneo-Alessandria-Asti e sempre confermato fino al 1963, anno in cui optò per il Senato della Re-pubblica. Nel 1968 non si ricandidò e morì cinque anni dopo, l’11 ottobre del 1973 all'età di 64 anni per un infarto, mentre si trovava con la moglie Ernestina, nella sua abitazione romana. È sepolto presso il Cimitero del Verano di Roma.
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Scena quarta Sono le undici e trenta. Siamo nel vialetto che porta dalla casa De Maria, due partigiani reggono Mussolini per le braccia; la testa è reclinata di lato, mentre i piedi si trascinano sulla terra. Un terzo partigiano porta un grosso fagotto tra le mani con indumenti, coperte e un cappotto. Le coperte sono macchiate di sangue, Benito è stato colpito in camera da letto. Il corpo ha una maglietta bianca macchiata di sangue, si fermano e gli mettono il cappotto marrone. Riprendono il macabro corteo. Partigiano 1:-(dopo che gli hanno infilato il cappotto) Ecco ora va già molto meglio!Partigiano 3:- (ironico) Ma non ha più la baldanza del duce!Partigiano 2:- Forse è colpa nostra, lo abbiamo fatto troppo cadavere… ( ridono) Valerio :- Mi raccomando quelle coperte, sotterratele, bruciatele, ma devono sparire, mi raccomando!Partigiano 1:- Sarà fatto! ( si allontana per eseguire l’ordine)Clara :- (uscendo dal portone e dirigendosi di corsa verso il macabro corteo. E’ vestita di nero, con pelliccia sulle spalle e borsetta, arriva vicino e si butta in ginocchio davanti al cadavere del duce, gli abbraccia i piedi distrutta e disperatamente in lacrime grida) Ben, amore mio, come ti hanno ridotto! Partigiano 4: - ( carezzandole i capelli ) Su coraggio… (cerca di sollevarla). Clara :- Nooooooooo, lasciatemi, siete un branco d’assassini! Dov’è mio fratello? Avete ucciso anche lui?- (Arrivano altri partigiani, è John Maccaroni, con Gianna e Neri.
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Gianna fa alzare Clara ed il macabro corteo si rimette in moto: il corpo di Mussolini doveva essere caricato e portato a Dongo e di là a Milano). Gianna :- Fatti coraggio, tu almeno sei viva!Valerio :- Su portate il corpo sul camion, che bisogna portarlo a Milano!Clara :- ( Si divincola, lascia il braccio di Gianna e si lancia in avanti, in lacrime) Non è giusto quello che state facendo al mio Ben, siete dei mostri! – ( corre ancora verso il cadavere, causando l’arresto del gruppo. Afferra le gambe di Benito e le tira a sé baciandole) Vita mia, ti hanno straziato! ( tira ancora a sé e le rimane in mano uno stivale, le cade di mano e fuoriesce del sangue, quello del duce nel primo ferimento. Inorridita e spaventata si alza … è impazzita) hanno ucciso il mio Ben, uccidete anche me! La mia vita è finitaaaaaaa!- ( le cade la pelliccia, butta a terra la borsa e si aggrappa al suo corpo. Un partigiano la colpisce gravemente al viso col calcio del fucile. Crolla a terra in preda ad un dolore atroce: soffre e rantola, Neri si avvicina e ne ha pietà…) Neri :- Hai già patito troppo ed ingiustamente, ora basta!(La finisce col mitra, per non vederla più soffrire). Valerio :- Avremo problemi per questa morte inutile. Ora, caricate i due corpi sul camion, li porteremo a Milano. Giacomo:- Avverto quelli sul camion di tenersi pronti!- (va via) CHIUDE IL SIPARIO
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Bruno Giovanni Lonati, detto Giacomo nacque a Legnano nel 1921. Dal 1936 al 1956 lavorò alla Franco Tosi; in questo periodo sono compresi il servizio militare e la successiva attività partigiana, seguita sino al febbraio del 1946, da quella politica e sindacale. Trasferitosi a Torino nel 1958, ha poi ricoperto incarichi dirigenziali alla Fiat. Dopo il 1980 ha diretto a Bari un’importante società metalmeccanica; è stato poi consulente industriale e ha scritto diversi libri di carattere tecnico.
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SCENA QUINTA Siamo a Milano, nell’agosto del 1945. Un giornalista inglese si incontra con Walter Audisio, il colonnello Valerio, e don Franco Pollarolo, per una intervista chiarificatrice sugli ultimi eventi verificatisi dopo l’esecuzione di Mussolini e di Clara Petacci. Giornalista:- La prego, mi racconti quel che è successo nel piazzale Loreto, le assicuro che ciò che dirà, sarà riportato fedelmente Audisio:- Alle quattordici circa del 29 aprile 1945, nel piazzale Loreto di Milano, il secondo corpo che viene appeso è quello di Clara Petacci. La camicia insanguinata ed infangata è slacciata fino alla metà del petto. Mentre stanno alzando il suo corpo, la gonna le scende fino alla vita, scoprendo le gambe, il ventre nudo, il reggicalze rosa e le calze di seta. Si leva un brusio, misto a osceni sghignazzi e qualcuno urla: «Non ha le mutande!». ( rivolto a don Franco Pollarolo) Padre, continuate voi!Don Franco: Piera Barale, la staffetta partigiana detta “Carla la bionda”, mi allunga una spilla da balia; allora, chiedo una sosta ai partigiani, rialzo la gonna intrisa di polvere e sangue e con la spilla cerco di chiuderla tra le gambe. Povera Claretta, avrebbe potuto fuggire in Spagna con i suoi familiari, ma, a volte, chi ama è perduto-. Giornalista: (ad Audisio) E degli altri partigiani che erano con lei a Giulino di Mezzegra?Audisio:- Il capitano Neri, per il suo atteggiamento fortemente crico sulle decisioni del C.L.N.A.I., ed io stesso sono testimone del suo dissenso sulla esecuzione, senza pro40
cesso di Mussolini e della Petacci, per ordine di Dante Correri, è stato ucciso ucciso il 7 maggio dalla squadra della morte, la polizia segreta del nostro partitoGiornalista:- Dante Correri?Audisio :- Si, il segretario federale del Partito ComunistaGiornalista:- E che mi può dire sulla morte di Gianna, la staffetta partigiana, intima amica del Neri?Audisio :- Guardi,non è facile comprendere tutti i complicati mecmeccanismi che si sono attivati in questo delicato momento storico, caratterizzato da implicanze politiche, necessità di prendere decisioni improvvise ed altro, tuttavia, tengo a dirvi che il vento della follia soffia forte in questo primo dopoguerra, mietendo altre vittime, che ebbero il solo torto di pensarla diversamente, o di esprimere liberamente il loro pensiero, come il capitano Neri e la sua fidanzata Gianna…Don Franco:- Se permettete, vorrei dire qualcosa in merito a questa triste faccenda…Giornalista:- Prego padre!Don Franco:- Sono state le diverse fazioni a giocare un ruolo perverso, e questo lo si capisce chiaramente dalla lettera che Giuseppina Tuissi, detta appunto Gianna, scrisse, prima che fosse uccisa, alla madre del capitano Neri. Ora vi leggo l’ultima parte, così comprenderete: (prende un foglio ripiegato da una tasca della tunica nera e legge) -«... gli uomini che guidano il mio partito mi hanno tolto l'onore, mi hanno messo quasi nella impossibilità di vivere, mi hanno tolto anche la persona cara per cui avrei dato volentieri la mia vita. Non credo che sopporterò a lungo il mio travaglio. Anche quando 41
si è forti come lo fui io nel passato certi colpi inferti contro la nostra volontà, contro i nostri ideali, quando ci si sente tacciati di tradimento, quando si vede morire il proprio compagno come un vile, mentre si sa che ha vissuto per un puro ideale, ci si sente oppressi e si desidera la morte. Vivendo si soffre vedendo le brutture dell'animo di certi uomini che rappresentano il nostro partito che dovrebbe essere simbolo di giustizia, che gli uomini che lo guidano dovrebbero essere puri di animo, mentre agiscono invece come fascisti e peggio». Giornalista: - (rivolto ad Audisio) Sono parole forti, queste usate dalla vostra compagna, del resto, desiderare la morte a soli ventitrè anni è significativo, voi che avete da dire a riguardo?Audisio :- Non dimentichiamo che è un momento storico particolare: tedeschi che scappano, una guerra che è alla fine, l’umanità è stravolta: non vi sono più regole. Gli Italiani sono stanchi dei loro aguzzini, per cui ogni briciolo d’umanità è scomparso dagli animi, vessati dalla paura e dalla miseria. Vi è un solo desiderio: cancellare il passato. Certo, di errori ne abbiamo commessi, ma la parola d’ordine era una sola: respirare aria di libertà!Don Franco:- Dovrà trascorrere molto tempo, per poter valutare questi eventi in modo obiettivo, di esempi ne abbiamo tanti anche nel contesto religioso, come la ferocia manifestata sul corpo di Cristo, frustato, inchiodato, trafitto, che grondava sangue, sotto una corona di spine, davanti agli occhi sgomenti di sua madre-Giornalista: - Signori, vi ringrazio, l’intervista è finita! – SI CHIUDE IL SIPARIO
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Dante Gorreri (Parma, 15 maggio 1900 – 28 giugno 1987) è stato un antifascista, partigiano e politico italiano, membro della Costituente, comunista, ardito del Popolo. Nel 1942, in qualità di segretario federale del Partito Comunista Italiano, rientra in clan-destinità a Parma; ivi, dopo l'8 settembre 1943 è organizzatore della Resistenza poi, nel maggio del 1944, viene inviato a Como a dirigere la federazione locale. Responsabile di esecuzioni e di altro, all’indomani della caduta del fascismo.
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POSTFAZIONE Ho letto più volte la tragedia “Claretta” di Franco Pastore. I colloqui sono compatibili con la realtà, la storia – come rappresentata – non rispecchia invece la versione ufficiale. Dopo tanti anni è ancora fortemente dibattuto che cosa effettivamente sia accaduto quel giorno in casa De Maria a Giulino di Mezzegra. Mussolini e la Petacci furono uccisi contemporaneamente davanti al cancello di una villa ivi esistente oppure – come ipotizza l’autore - l’uno in casa De Maria e l’altra sulla strada, mentre tentava di portare un ultimo disperato abbraccio all’uomo, che ella aveva amato e idolatrato per anni e che già morto veniva trascinato? Ma, al di là di ogni possibile ricostruzione storica di quegli avvenimenti, resta la tragedia di Clara Petacci, una giovane donna, certamente non compromessa nelle responsabilità del fascismo, della conseguente guerra e della guerra partigiana, che ne fu un ulteriore tragico epilogo. L’autore ritiene che l’uccisione della Petacci fu un assassinio e tale opinione – a distanza di tanti anni – non può che essere condivisa, anche se dall’epistolario che ella intrattenne con il Duce si desume che l’ideale politico di lei fosse molto influenzato all’ideologia nazista. Ma dalla storiografia non risulta che le decisioni politiche del Duce furono mai influenzate dalle idee della donna. Claretta, nonostante la sua ostinata volontà di non abbandonare il Duce - “Ben, sarà questo amore a salvarci o a perderci entrambi” - scrive l’autore - poteva certamente essere salvata, se soltanto lo avessero voluto ma non lo fu. Non era stata né giudicata né condannata ma per il movimento partigiano e quelli presenti a Giulino di Mezzegra avrebbe potuto essere senz’altro una testimone molto scomoda.
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L’autore non ha inteso approfondire questo capitolo né quello della paradossale o soltanto semplicistica decisione di non effettuare l’autopsia sul cadavere di lei. La testimonianza della Petacci sarebbe stata oggi molto utile per la ricostruzione dei fatti storici allora verificatisi ma avrebbe potuto anche delegittimare gli ideali, quelli autentici, della guerra partigiana. Si tratta di questioni non chiarite, che tanto male continueranno a fare alla guerra partigiana, se resteranno ancora coperte dalla reticenza e dall’omertà di chi nel tempo ne è venuto a conoscenza per aver raccolto, sia pure in via indiretta, le testimonianze e le confidenze dei protagonisti. Per ora, conteniamoci del dramma, che rappresenta una realtà non inquinata da interessi di parte e suscita attenzione ed emozioni notevoli. Raffaele Grimaldi1
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Raffaele Grimaldi, avvocato e giudice ordinario aggregato del Tribunale salernitano. Laureato alla Federico II nell’anno 1961, è cultore di storia moderna e contemporanea, con attività giornalistica.
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Londra, 1953 - Winston CHURCHILL e Alcide DE GASPERI
La copia, riposta da Gorreri nella cassaforte della federazione comunista, sarà trafugata nel 1946 da Luigi Ca-rissimi Priori, ex capo dell'ufficio politico della questura di Como. Quest’ultimo dichiarerà al giornalista Roberto Festorazzi di aver consegnato il plico delle 62 lettere al pre-sidente del Consiglio Alcide De Gasperi, resistendo ad un'offerta di 100.000 sterline di alcuni agenti segreti inglesi.
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DELLO STESSO AUTORE:
Drammi TERRA AMARA - 1979. Cod SBN IT\ICCU\MO1\0035757 LUISA CAMMARANO - 2004 - Cod. SBN IT\ICCU\MO1\0036201 UN MALEDETTO AMORE - 2001 -Cod.SBN IT\ICCU\MIL\085-1139 UN GIORNO COME UN ALTRO - 1998 - Cod SBN [IT\IC-CU\MIL\0839578
Commedie LA MOGLIE DELL’OSTE - 1974. Cod SBN IT\ICCU\MO1\0035688 LO PAPA A ROMA - 2003 – Cod.SBN IT\ICCU\NAP\0582008 UNA STRANA FAMIGLIA - 2005. Codice SBN IT\ICCU\NAP\590201 IL MENACHER - 2005 – O VESCOVO, A MONACA E L’ABBADESSA -2004 - codice SBN IT\ICCU\MO1\0035684 LE BRACHE DI SAN GRIFFONE - 2005- codice IT\ICCU\NAP\0584683 MASUCCIO IN TEATRO - A.I.T.W. Edizioni - Salerno 2014 – cod. IT\ICCU\NAP\0646027
Drammi storici: GAITA, la moglie del Guiscardo,Sa 2007 - IT\ICCU\MO1\003-5550
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I TEMPLARI - Salerno 2008 Codice SBN IT\ICCU\MO1\003-5688 ARECHI II – Salerno 2008 - Codice SBN IT\ICCU\MIL\084-4100 IL NAZARENO - Salerno 2009 - cod. SBN [IT\ICCU\MO1-\0035682 LA BATTAGLIA DELLA CARNALE - 2010 cod. SBN IT\ICCU\MO1\ 0035682 GUAIMARIO IV - Salerno 2010 - codice SBN IT\ICCU\NAP\0582008 ROBERT D’HAUTEVILLE LA GUICHARD, Sa. 2011 - cod. SBN IT\ CCU\MO1\0035551 PIU’ FORTE DELLA MORTE- A.I.T.W. Ediz. Sa.2011 - Cod. SB NIT IT\ICCU\NAP\0563051 IPPOLITO PASTINA - A.I.T.W. Edizioni, 2012 – Cod SBN IT\ICCU\ MIL\0844104 ISABELLA SANSEVERINO - A.I.T.W. Ediz.ni – Salerno 2014cod. IT\ICCU\NAP\0633689 LA SAGA DEI LONGOBARDI - A.I.T.W. Edizioni – Sa. 2014 Codice IT\ICCU\MO1\0037976]
Farse -
UNA FAMIGLIA IN ANALISI - 2006 - SBN: IT\ICCU\MO1\0-0032 05
UN CASO DI NECESSITÀ - A.I.T.W. Edizioni, Salerno2008 Cod. SBN IT\ICCU\NAP\0590700 PEPPE TRACCHIA - Salerno2008. Cod. SBN IT\ICCU\MO1\0035841 CONCETTA QUAGLIARULO - 2009 (una contaminatio sullo sbarco di Salerno). Cod. SBN IT\ICCU\MO1\0035758
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VÁSE ARRUBBÁTE -A.I.T.W. Sa 2010 - Cod. SBN IT\ICCU\MO\03204
BERNARDAS GLORIOSAS -Sa 2011-ISBN IT\ICCU\MOD\162-
A COLLOQUIO con un segretario di onorevole - Salerno 2010. Cod. SBN ITCCU\MO1\0036202 IL BREVETTO, in tre scene, del gennaio 2005, cod. GGKEY:73-1WGTQNLLC E, pubblicato su google play, il 24 gennaio del 2015.
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INDICE:
Introduzione ……………………………………………………pag.7 Personaggi ……………………………………………………..pag.17 Tipologia personaggi ……………………………………..pag.18 Prologo …………………………………………………………..pag.19 Prima scena ……………………………………………………pag.21 Seconda scena ………………………………………………..pag.25 Scena terza ……………………………………………………..pag.32 Scena quarta …………………………………………………..pag.37 Scena quinta ..………………………………………………..pag.40 Postfazione ……………………………………………………pag.45 Bibliografia e nota ………………………………………….pag.47 Dello stesso autore …………………………………………pag.51
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© Novembre 2018 - By Franco Pastore A.I.T.W. Salerno - Edizioni E-BOOK cod. GGKEY:YUPY5Y5US55 Codice ISBN: 9781731496621
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Franco Pastore, scrittore salernitano, autore di numerose pubblicazioni di teatro, poesia, prosa e saggistica. Membro onorario della Accademia delle Scienze di Roma, dell’Academia Gentium Pro Pace e dell’Accademia Tommaso Campanella, ha vinto numerosi premi in Italia e all’estero. Docente di lettere e preside in pensione, è giornalista iscritto alla G.n.s. Press e Direttore responsabile della rivista on line “Antropos in the World”.
Ebook: GGKEY:YUPY5Y5US55 Codice ISBN: 9781731496621
€ 10.00
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