FRANCO PASTORE
A.I.T.W. Edizioni ~1~
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Di FRANCO PASTORE
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Introductio Poeta e drammaturgo spagnolo, Federico del Sagrado Corazón de Jesús García Lorca nacque a Fuente Vaqueros il 1898 e morì a Víznar, Granada, nel 1936. Voce tra le più originali del Novecento spagnolo, amico di S. Dalí e L. Buñuel, partecipò ai vari tentativi modernisti, specialmente impressionisti. Morì durante i primi giorni della guerra civile, fucilato dai franchisti.
Compì i suoi studî prima ad Almería e quindi nell'università di Granada dove studiò filosofia e diritto, laureandosi in giurisprudenza nel 1923. Appassionato di teatro, fondò nel 1931 il teatro universitario "La Barraca" che diresse con Eduardo Ugarte. Di una certa importanza formativa fu il viaggio negli Stati Uniti nel 1930. Risiedette in Argentina nel 1933-34. Morì a Granada, fucilato dai nazionalisti, durante i primi giorni della guerra civile. Appartenente alla medesima generazione di R. Alberti, P. Salinas, J. Guillén, partecipò ai varî tentativi modernisti, specialmente impressionisti, ciò che sta a testimoniare la buona conoscenza che doveva avere delle correnti letterarie europee e particolarmente francesi. Il valore folcloristico della poesia lorchiana è stato uno degli argomenti più discussi dalla critica contemporanea e successiva al poeta. L. stesso ebbe a dichiarare in proposito "il mio gitanismo è un tema letterario e un libro. Nulla di più". Il desiderio del poeta, infatti, fu sempre rivolto a superare l'angusta e provinciale posizione di cantore andaluso che gli derivava da parecchie circostanze spesso estranee alla sua poesia. Il mito, che si impossessò di lui alla morte, lo volle poeta immediato e quasi demoniaco, di scarsa cultura, arrivando anche a dargli un'ascendenza zingaresca. La imagen poética de Góngora, conferenza letta nel 1927 a Siviglia, Granada e Madrid e quindi pubblicata nel 1932 su Residencia, basterebbe da sola a porre in luce il valore letterario della sua opera che cerca nella tradizione gongorina un punto di contatto espressivo. Sin dalle prime battute poetiche (Libro de poemas, Canciones, Poema del cante jondo) sono presenti alcuni tratti dominanti di tutta la sua produzione lirica: la metafora sorprendente, il mistero, la sensazione dell'indefinito. Con Romancero gitano il clima di tensione drammatica e la trasposizione metaforica continua raggiungono la loro espressione più matura. La poesia lorchiana posteriore si apre verso nuove esperienze: evasione dal mondo popolare andaluso e dalle forme metriche abituali; presenza di temi nuovi (l'America, i negri, il mondo arabo); eliminazione del metro e della rima. La sua produzione teatrale, poi, nella naturale ricerca di temi squisitamente personali, rivela l'attenta lettura di Lope de Vega e dei classici del "Siglo de Oro". Il valore lirico del verso e la presenza di poemi intercalati conferiscono un carattere poetico al teatro lorchiano i cui personaggi, spesso schematici, sono l'incarnazione di passioni violente e degli aspetti più primitivi e oscuri dell'animo umano. Il personaggio femminile protagonista è una costante del teatro lorchiano. La donna rappresenta per il poeta la sensualità e lo slancio vitale. Il darsi è donare sé stessi interamente nel significato quasi pagano del concetto. I corpi giovani devono incontrarsi e si uniscono senza preoccupazioni moralistiche nell'esaltazione del bello e della vita. Il dovere rende infelice la donna, come in Yerma, e la sterilità ne è il castigo più angoscioso. Il tema della morte, che tanta parte ha nella lirica, è presente anche nel teatro, più o meno con il medesimo significato; la morte conclude e dà senso al momento eroico della vita. Così nellaCasa de Bernarda Alba, la protagonista paga l'attimo di felicità raggiunto suicidandosi e nel Llanto por Ignacio le tenebre calano sul corpo del giovane proprio nel momento in cui è vestito di luci. Tra le sue raccolte di liriche: Impresiones y paisajes (1918), Libro de poemas (1921), Canciones (1927), Romancero gitano (1928), Poeta en Nueva York (scritto tra il 1929 e il 1930 e pubblicato nel1940), Poema del cante jondo (1931), Llanto por Ignacio Sánchez Mejías (1935), Primeras canciones (1936), Seis poemas gallegos (1936). Le sue opere di teatro più notevoli sono: Mariana Pineda (1927), La zapatera prodigiosa (1930), Amor de don Perlimplín con Belisa en su jardín (1931), Retablillo de don Cristóbal (1931), Así que pasen cinco años (1931), El público(1933), Bodas de sangre (1933), La casa de Bernarda Alba (1933), Yerma (1934), Doña Rosita la soltera o el lenguaje de las flores (1935), Diván de Tamarit (1936).
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Bibliografia Antonio López Alonso, La angustia de García Lorca, Madrid, Algaba, 2002, ISBN 84-96107-01-9. Paolo Pignata, voce Federico García Lorca in AA.VV., L'Enciclopedia, vol. 9, Roma, La Repubblica/UTET/De Agostini, 2003, pp. 19-22.
Paolo Caucci von Saucken, I Seis poemas galegos di Federico García Lorca, Benucci editore, Perugia 1977, 46 pp. Treccani enciclopedia. Claudio Rendina, Nota biografica, in Federico García Lorca, Poesie (Libro de poemas), Roma. Paolo Caucci von Saucken, Tradizione ed ispanità in Federico García Lorca, in Dialoghi, XXI, (1-2, 1977), pp. 23-34.
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NOTE BIOGRAFICHE DELL’AUTORE Alla metà degli anni settanta, sarà Domenico Rea, presso la Camera di Com-mercio di Salerno, a presentare alla stampa il libro di estetica morale Il Vangelo di Matteo (Roma - n. 136 del 12/6/1980), che il Pastore scriveva, nel 1979 (Il Giorno - 23 marzo 1980), con Liana Annarumma. Intanto, Franco Angrisano lo presentava ad Eduardo De Filippo, nel pe-riodo in cui l’attore recitava nella sua compagnia. Fu allora che in Franco Pastore si rafforzò l’amore per il teatro. Frattanto, grazie al Grieco, conosceva Lucia Apicella di Cava (Mamma Lucia), per la quale pubblicava su Verso il 2000 una serie di racconti, raccolti poi nel libro “Mamma Lucia ed altre novelle” (L’Eco della stampa - gennaio 1980 / Il Faro del 13/2/1980), con le illustrazioni del Grieco. Seguiva, sempre sull’eroina cavese,“Mutter der Toten”, un radiodramma, pubblicato dalla Palladio, che Angrisano drammatizzò nel salone dei marmi del Comune di Salerno (la Voce del Sud - 12/7/1980 - Roma 11 giugno 1980 52 n.135), il giorno in cui Mamma Lucia fu Premiata con medaglia d’oro del Presidente della Repubblica nel luglio del 1980 (Il Secolo d'Italia - Anno XXIX dell'11/07/1980). Dopo il suo primo romanzo “L’ira del Sud” (verso il 2000 - anno XXIII - n.82 del 1983, con nota autografa di Nilde Iotti) scrisse per Franco Angrisano “La moglie dell’oste”, ispirata alla XII novella de Il Novellino, di Masuccio Salernitano; seguì “Terra amara”, sul problema del caporalato nel sud. Negli anni novanta, viene trasferito al Liceo di Piaggine. Fu in quegli anni che scrisse “All’ombra del Cervati” una raccolta di liriche e “Fabellae”, un testo di drammatizzazione per la scuola elementare. Sono gli anni in cui si accosta all’informatica, è docente di sociologia e psicologia di gruppo nell’Ospedale Tortora di Pagani. Inizia un dialogo stretto con il teatro, grazie alla disponibilità dell’auditorium del Centro Sociale paganese ed all’incontro con la compagnia teatrale “02”, diretta da Enzo Fabbricatore. Nascono così le commedie: “Un giorno come un altro”, “Un maledetto amore”, “Una strana Famiglia” ( Le Figaro / Education, samedi 4 juin 2005). Tra il 1995 ed il 2000, è direttore di Corsi di alfabetizzazione informatica per il M.I. e tiene, al Centro sociale di Pagani, Corsi di Pedagogia speciale (metodi: Decroly e Froebel). Alla fine degli anni novanta, si abilita per l'insegnamento delle lettere negli istituti superiori e, nel 2000, il commediografo passa dalla pedagogia (didattica e metodologia), all’insegnamento di italiano e storia nell’Istituto “G. Fortunato” di Angri. Nello stesso anno, ritorna nella sua Salerno, in via Posidonia. Oramai ha perso tutti gli amici di un tempo. Intensifica il suo interesse per il teatro, entra in rapporto con alcune compagnie salernitane e conosce Gaetano Stella e Matteo Salsano della compagnia di Luca De Filippo. Con questi ultimi, ripropone “La moglie dell’oste” che viene rappresentata nel 2006, al teatro dei Barbuti, nel Centro storico. Il successo dell’opera lo spinge a scrivere altre tre commedie, ispirate al Novellino del Masuccio: Le brache di San Griffone , “Un vescovo una monaca ed una badessa” e “Lo papa a Roma”. Intanto, inizia il ciclo de’ “I Signori della guerra”, ovvero “La Saga dei Longobardi”, un insieme di cinque drammi storici, sulla Salerno longobarda e normanna, che completa il 29 gennaio del 2011. Dopo la pubblicazione delle raccolte di racconti “Il gusto della vita” (ed. Palladio) e di “Ciomma” (edito dalla Ed. Antitesi di Roma), va in scena, a Pagani, il primo dei drammi storici “L’Adelchi”, replicato il 25 febbraio 2011 al Diana di Nocera Inf., con il patrocinio della Provincia di Salerno (Dentro Salerno, 25 febbr. 2011). Dunque, nelle sue opere, traviamo profonde tracce delle sue radici: le figure ed i personaggi delle sue commedie e dei racconti ci riportano all’agro nocerino-sarnese, ricco di caratteristiche peculiari, artisticamente incasto-nati in situazioni socio antropologiche sui generis. E’ il caso di “Peppe Trac-chia”, così come di “Ciomma” o “Luciano Valosta”, per non citare tante altre figure, prese dai campi o dalle fabbriche di pomodori. Nemmeno l’agro si dimentica di lui, con la consegna dell’Award dell’Agro, per la letteratura. (Cronache del Salernitano, del 27 agosto 2013) e la pubblicazione di “Oltre le stelle”, presentata al palazzo formosa, il 12 febbraio del 2014 (Dentro Salerno, 13.02.2014) Fin dagli inizi del suo percorso artistico, Pastore, pur avendo acquisito una formazione classica (Euripide, i lirici greci, Aristofane e la commedia antica, Omero, Esopo e Fedro), si trova ad essere rivolto verso il presente del nostro tempo. La sua narrativa si può ritenere, in alcune sfumature, neorealista, con testimonianze forti sulle difficoltà di una Italia degli anni della ricostruzione. Così, nel teatro, nel mentre delinea il dramma di antiche dominazioni, passa alla commedia di denuncia ed alla farsa.
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ALBA
All’alba, stu core malate d’ammore se scéte annaspànne, murènn’e dulore. Mpruvvìse, ritòrnene e cose luntane, suspire già avute d’ammòre fernùte. Cu’ lume e lampàre, ‘o chiaròre do’ iuòrne stute a luce de’ stelle e a notte scumpàre. Cumme ‘na stella stutàte, s’arròte ogni notte ‘stu core asseccàte; e chist’uòcchie le manca ‘o calore, ca ndé notte d’ammore ‘o faceve murì.
Alba - Mi corazón oprimido / Siente junto a la alborada / El dolor de sus amores / Y el sueño de las distancias. / La luz de la aurora lleva / Semilleros de nostalgias / Y la tristeza sin ojos / Qué haré yo sobre estos campos / Cogiendo nidos y ramas, / De la médula del alma. / La gran tumba de la noche / Su negro velo levanta/ Para ocultar con el día / La inmensa cumbre estrellada. / ¡ Rodeado de la aurora / Y llena de noche el alma! / ¡Qué haré si tienes tus ojos / Muertos a las luces claras / Y no ha de sentir mi carne / El calor de tus miradas! / ¿Por qué te perdí por siempre / En aquella tarde clara? / Hoy mi pecho está reseco / Como una estrella apagada. Alba - Il mio cuore oppresso / con l'alba avverte / il dolore del suo amore e il sogno delle lontananze./ La luce dell'aurora porta /del midollo dell'anima. /Il sepolcro della notte /distende il nero velo /per nascondere col giorno /l'immensa sommità stellata. /Che farò in questi campi /cogliendo nidi e rami, /rimpianti a non finire /e tristezza senza occhi /circondato dall'aurora /e con un'anima carica di notte! /Che farò se con le chiare luci /i tuoi occhi sono morti /e la mia carne non sentirà /il calore dei tuoi sguardi! /Perchè per sempre ti ho perduta /in quella chiara sera? /Oggi il mio petto è arido /come una stella spenta. (Granada, abril de 1919, Federico Garcia Lorca )
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L’URDEMA ILLUSIONE
So’ nu’ fantasme ca cammine a via, tra chiànte e tanta nustalgìa, libre, suònne, parole ... tutte tramonta, sotte e ‘sti stelle o mànte. Nu’ ‘nc’è cchiù niente , sule ‘a raggiòne, ancòra, me sustène mente ca l’urdema illusiòne se ne vène. Ije nunn’o sacce di’ si è ammòre, e tu, auciélle mie, cante ancòra?
La sombra de mi alma - La sombra de mi alma / Huye por un ocaso de alfabetos, / Niebla de libros / Y palabras. /¡La sombra de mi alma! / He llegado a la línea donde cesa/ La nostalgia, / Y la gota de llanto se trasforma, / Alabastro de espíritu. / (¡La sombra de mi alma!) / El copo del dolor/ Se acaba, /Pero queda la razón y la sustancia/ De mi viejo mediodía de labios, / De mi viejo mediodía/ De miradas. / Un turbio laberinto / De estrellas ahumadas/ Enreda mi ilusión / Casi marchita. / ¡La sombra de mi alma! / Y una alucinación/ Me ordeña las miradas. / Veo la palabra amor/ Desmoronada. / ¡Ruiseñor mío! / ¡Ruiseñor! / Aún cantas? (Madrid, diciembre de 1919) L'ombra della mia anima! - L'ombra della mia anima / è in fuga in un tramonto d'alfabeti, /nebbia di libri /e di parole. / L'ombra della mia anima! / Sono giunto alla linea dove cessa / la nostalgia, e la goccia di pianto si trasforma alabastro di spirito. / La conocchia del dolore / sta finendo, / ma resta la ragione e la sostanza / del mio vecchio mezzogiorno di labbra, / del mio vecchio mezzogiorno / di sguardi. / Un fosco labirinto di stelle affumicate / m'intrica l'illusione quasi appassita. / L'ombra della mia anima! / E un'allucinazione / munge i miei sguardi. / Vedo la parola amore / diroccata. / Usignolo mio! Usignolo! / Canti ancora?
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CUMM’A NU DIAMANTE
Ha rigat’ò ciéle ‘na stella, cumm’a ‘nu diamànte; è ‘n’aucèlle ‘e fuòche ca vò lascià ‘st’univèrso, chìne ‘e cacciatore suvrumàne ca cacciano albe e cigni d’argiénte. Ndò munne nu’ nc’è cchiù musica E lentamente si spegne l’urdema parola. Sule è muorte jòchene a carte, Ndò cimitère do munne! Scetàteve! Faciteme sentì ch’ ancora c’è vita, dinte a ‘st’altalena de’ juòrne:L
El diamante - El diamante de una estrella \ Ha rayado el hondo cielo. \ Pájaro de luz que quiere \ Escapar del universo \ Y huye del enorme nido \ Donde estaba prisionero \ Sin saber que lleva atada \ Una cadena en el cuello.\ Cazadores extrahumanos \ Están cazando luceros, \ Cisnes de plata maciza \ En el agua del silencio. \ Los chopos niños recitan \ Su cartilla; es el maestro \ Un chopo anti-guo que mueve \ Tranquilo sus brazos muertos. \ Ahora, en el monte lejano, \ Jugarán todos los muertos \ A la baraja. ¡Es tan triste \ La vida en el cementerio! \ ¡Rana, empieza tu cantar! \ ¡Grillo, sal de tu agujero! \ Haced un bosque sonoro \ Con vuestras flautas. Yo vuelvo \ Hacia mi casa intranquilo. \ Se agitan en mi cerebro \ Dos palomas campesinas \ Y en el horizonte, ¡lejos!, \ Se hunde el arcaduz del día. \ ¡Terrible noria del tiempo! (Fuente Vaqueros, Granada Noviembre de 1920) Il diamamte - Il diamante di una stella \ ha rigato il profondo cielo, \ uccello di luce che vuole \ scappare dall’universo \ e fugge dall’enorme nido \ dove stava prigioniero \ senza sapere che portava legato \ al collo una catena. \ Cacciatori sovraumani \ stanno cacciando albe, \ cigni di argento massiccio \ nell’acqua del silenzio. \ I piccoli pioppi recitano \ il proprio sillabario; il maestro è \ un pioppo antico che muove \ tranquillo le sue braccia morte. \ Adesso sul monte lontano \ giocano tutti i morti \ a carte. È tanto triste \ la vita nel cimitero! \ Rana, inizia il tuo canto! \ Grillo, esci dalla tua buca! \ Generate un bosco sonoro \ con i vostri flauti. Io torno \ verso la mia casa inquieto. \ Si agitano nel mio cervello \ due piccioni contadini \ e nell’orizzonte, lontano!, \ si immerge il doccione del giorno. \ Terribile noria del tempo!
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‘O NOMME TUÓIE
Quanne s’addòrme a luna e a notte è nera e senza stelle, gira ‘nd’‘o scùre ‘na malincunìa ca tutte strùje: mùseca e puisìa, è allòra ca te chiàmme, vita mia. Quantu tiémpe è passàte! Cchiù luntàne de’ stelle è ‘o nomme tuoie, ca me martèlla st’anema malata. Starràje ancora ‘ncòppe ‘o core mie, o ‘n’at’ammòre me farà sunnà? Tutte po’ jèsse, chi po ‘nduvinà! Sule ‘a luna ‘o sape stu segreto, ma se sta zìtta e nu’ vvò parlà.
Yo pronuncio tu nombre - Yo pronuncio tu nombre / En las noches oscuras/ Cuando vienen los astros/ A beber en la luna/ Y duermen los ramajes/ De las frondas ocultas. / Y yo me siento hueco/ De pasión y de música. /Loco reloj que canta/ Muertas horas antiguas. / Yo pronuncio tu nombre, /En esta noche oscura, /Y tu nombre me suena/ Más lejano que nunca. /Más lejano que todas las estrellas/ Y más doliente que la mansa lluvia. / Te querré como entonces/ Alguna vez? Qué culpa/Tiene mi corazón? /Si la niebla se esfuma, /Qué otra pasión me espera? / Será tranquila y pura? /Si mis dedos pudieran/ Deshojar a la luna! /(Granada,10 de noviembre de 1919) Pronuncio il tuo nome - Io pronuncio il tuo nome /nelle notti oscure, /quando giungono gli astri /a bere nella luna, / e dormono i rami /delle fronde occulte. / Ed io mi sento vuoto / di passione e di musica. / Folle orologio che canta / antiche ore defunte. / Io pronuncio il tuo nome /in questa notte oscura, /e il tuo nome mi suona/ più lontano che mai. /Più lontano di tutte le stelle /e più dolente della mite pioggia. /Ti amerò come allora /qualche volta? Che colpa /ha commesso il mio cuore? /Se la nebbia si scioglie /quale nuova passione mi aspetta? /Sarà tranquilla e pura? /Se potessi sfogliare /con le dita la luna!
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E continua....
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