;LYaH LKPaPVUL · (UUV ??000 · U 6[[VIYL +PJLTIYL · (\[VYPaaHaPVUL KLS [YPI\UHSL KP =LYVUH U KLS 7VZ[L 0[HSPHUL ZWH · ZWLKPaPVUL PU HII WVZ[HSL K P JVU] PU 0 · HY[ JVTTH KJI ]LYVUH *65;0,5, 0 9
103
USM
Sistemi di arredamento
Cafarelli & Cafarelli LQWHULRU GHVLJQ
&+,8'(
( 6, 75$6)250$
69(1',7$ 727$/( &$)$5(//, &$)$5(//, *$//(5,$ 9,$ $1),7($752 9(521$ 7HO RIÀFH#SURSRVWHGLDUUHGR LW
Photo Mario Carrieri, Pietro Carrieri
Hatch. Michele De Lucchi
Icon design Giuseppe Bavuso $ 5 & + , 7 ( 7 7 8 5 $
UniversitĂ degli Studi di Verona Ex Panificio Santa Marta ' , 1 7 ( 5 1 ,
Zeus Arreda s.r.l. Via Lussemburgo, 4/a, Verona Sever Viale Commercio, 10 Tel. 045/509670 Faxdel 045/509755 www.zeusad.it T 045 8250033 sever@sever.it E-mail: info@zeusad.it
37135 Verona www.sever.it
Sever
viale del Commercio, 10 37135 Verona
t 045 8250033 sever@sever.it www.sever.it
I L L U M I N A Z I O N E
formediluceverona.it
—2 Corso Milano, 140 - Verona - T 045 810 11 38
E
D E S I G N
2015 #04
forme di luce verona
Frangisole
Frangisole
Pergole Bioclimatiche
Sistemi di Chiusura
de tecniche . frangisole . pergole frangisole bioclimatiche . pergole impacchettabili . pergo legno . pergo alluminio . plateatici . tende a scomparsa . tende a finestra . complementi d’arredo . tende a rullo . giardini d’inverno . sistemi chiusura . gazebo . vele ar . vele . tenda pergo . tende fly . veneziane . tende a bracci . tende a scomparsa . tende a finestra . tende a caduta . tende a veranda ngisole . pergole frangisole bioclimatiche . pergole impacchettabili . pergo legno . pergo alluminio . tende estate inverno . vele ermetiche . tende a giardino . pensiline . vele design . cappottine . cappottine fisse . coperture in pcc . vele . tende a rullo . tende nti . frangisole . pergole frangisole bioclimatiche . pergole impacchettabili . tende tecniche . tende interne . tende a pannello a pacchetto . tende etniche . alluminio decorativo . tessuti coordinati . vele . pavimentazioni . rivestimenti . comple menti d’arredo de tecniche . frangisole . pergole frangisole bioclimatiche . pergole impacchettabili . pergo legno . pergo alluminio . plateatici . tende a scomparsa . tende a finestra . 103 complementi d’arredo . tende a rullo . giardini d’inverno . sistemi — 3 chiusura . gazebo . vele ar . vele . tenda pergo . tende fly . veneziane . tende a bracci . tende a scomparsa . tende a finestra . tende a caduta . tende a veranda ngisole . pergole frangisole bioclimatiche . pergole impacchettabili . pergo legno . pergo alluminio . tende estate inverno . vele
Protezioni Solari Sistemi Chiusura e Coperture
MARASTONI TENDE Via Verona, 1 - 37060 Buttapietra - VR Tel. 045/6661208-09 - Fax 045/6661191 info@marastonitende.it www.marastonitende.it
BIOMATTONE® in Natural Beton® di canapulo e calce Distributore autorizzato sulla provincia di Verona
BIOTETTO in Natural Beton® di canapulo e calce
CO2 ISOLAMENTO TERMICO
ISOLAMENTO ACUSTICO
SALUBRITA’
TRASPIRABILITA’
RICICLABILITA’
CATTURA CO2
Isolanti naturali in Natural Beton® di canapa e calce Riqualificazione
equilibrium
Ŷ Cappotto isolante Ŷ Isolamento pareti dall’interno erno Ŷ Isolamento tetto Ŷ Isolamento sottotetto Ŷ Isolamento sottofondi
+++ ++ +
equilibrium
equilibrium
Nuova costruzione Muri di tamponamento Ŷ Isolamento sottofondi Ŷ Isolamento sottotetto Ŷ
65%
Isolamento tetto Ŷ Tavolati divisori Ŷ
ECOBONUS
—4
2015 #04
Equilibrium Srl - www.equilibrium-bioedilizia.it - info@equilibrium-bioedilizia.com - numero verde 800 172553
Il riordino del sistema elettorale e della composizione degli organi di ordini professionali Si ritiene opportuno portare a conoscenza degli iscritti il contenuto della relazione illustrativa afferente al testo avente ad oggetto “Riforma del sistema elettorale Professioni tecniche ed Ordine degli assistenti sociali Modifica al dPR. n. 169 del 2005”, inviato dal Ministero della Giustizia al CNAPPC come semplice “avviso”, inteso quindi come testo non emendabile di cui è stata richiesta una presa d’atto (A.T). In connessione con il processo di riorganizzazione territoriale degli Ordini e Collegi,si è predisposta la bozza di revisione della disciplina normativa recante le modalità di elezione e la composizione degli organi territoriali e nazionali di governo delle professioni, di cui al dPR 8 luglio 2005, n. 169. L’esigenza è quella di razionalizzare, semplificare e uniformare, per le professioni regolamentate dell’area tecnica, la disciplina elettorale, con l’estensione dell’ambito di applicazione soggettivo delle disposizioni del DPR n. 169 del 2005 (come modificato nei termini di seguito sintetizzati) anche alle professioni regolamentate che, allo stato, hanno specifiche regole elettorali. Pertanto, la bozza di modifica proposta introduce una disciplina unitaria anche per le professioni già assoggettate alla disciplina generale uniforme di cui al DPR 7 agosto 2012, n. 137, ma non al DPR n. 169 del 2005: Collegi dei Geometri e Geometri laureati, Periti agrari e Periti agrari laureati, Periti industriali e Periti
103
industriali laureati e ai Tecnologi Alimentari. Lo strumento regolamentare è conforme alla scelta del legislatore di delegificare la materia, ai sensi dell’art. 17, comma 2, l. 23 agosto 1988, n. 400, espressa nella norma primaria di cui all’art. 1, comma 18, l. n. 4 del 1999 (Disposizioni riguardanti il settore universitario e della ricerca scientifica), letta in combinato disposto con l’art. 4 comma 3 ed art. 1 del DPR n. 328 del 2001(Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti), fatto salvo l’Ordine dei Tecnologi Alimentari, il cui procedimento elettorale è previsto, del pari, da un DPR, il n. 283 del 1999 (su proposta Giustizia), adottato ai sensi dell’art. 55, l. n. 59 del 1994. Per quanto attiene,in particolare, ai Tecnologi Alimentari e ai Periti agrari e Periti agrari laureati, la presente bozza di decreto è intervenuta anche a modificare parzialmente la L. 59 del 1994, il DPR 283 del 1999 e la L. 434 del 1968, abrogando e sostituendo alcune norme a disciplina di tale ordinamento professionale. Nel contempo, il testo del DPR 8 luglio 2005, n. 169, adottato su proposta del Ministero della Giustizia, con il concerto del MIUR, è stato modificato e arricchito di previsioni volte anche a superare quelle criticità che, in concreto,
—5
Testo: Arnaldo Toffali
hanno alimentato contenzioso amministrativo e giudiziario con ricorsi e istanze cautelari che, da un lato, hanno incrementato il carico giudiziario pendente in materia di elezioni degli ordini e, dall’altro, hanno creato disfunzioni organizzative, allungamento dei tempi e problematiche di insediamento dei nuovi eletti. Sono introdotte, altresì, disposizioni rispondenti alle attuali tecnologie informatiche e di comunicazione.
In particolare, ecco le principali misure proposte: 1. estensione soggettiva dell’ambito di applicazione del DPR n. 169 del 2005. Alcune delle categorie professionali aderenti alla professioni tecniche sono ancora disciplinate da disposizioni che non risultano più in linea con i numerosi interventi normativi successivi, che hanno mutato anche il quadro ordinamentale (si pensi alle regole sulle “società tra professionisti multidisciplinari”, che consentono l’esercizio delle attività in comune fra più professionisti di aree disciplinari diverse, a tutto vantaggio della progettazione integrata). Al fine di assicurare un maggiore coordinamento, si è provveduto, ad esempio, a modificare il testo dell’art. 1, comma 1, includendovi i nuovi ordinamenti professionali precedentemente non assoggettati alla disciplina del DPR n. 169 del 2005, e ad aggiungere un riferimento espresso ai “collegi” in tutte le disposizioni in cui solamente gli “ordini”risultavano menzionati in qualità di destinatari delle norme del decreto; 2. semplificazione delle procedure elettorali. La bozza di modifica si propone di ridurre il numero dei componenti dei consigli dell’ordine o collegio territoriale e dei consigli nazionali in proporzione al numero di iscritti, introducendo alcune modifiche volte alla semplificazione delle modalità di composizione del seggio elettorale, precisando che il presidente, il vicepresidente, il segretario e i due scrutatori siano scelti tra iscritti che non abbiano presentato la loro candidatura, così da garantire ulteriormente il principio di trasparenza delle operazioni elettorali. Si prevede espressamente l’obbligo del presidente uscente dell’ordine e collegio territoriale e del consiglio nazionale di convocare il nuovo consiglio entro 14 giorni dalla scadenza del consiglio in carica, a pena di responsabilità disciplinare, per evitare i ritardi e i conseguenti disservizi ricorrenti nella prassi. Per gli ordini e collegi territoriali sono state previste due votazioni in luogo di tre (previsione quest’ultima finora vigente), per contenere i tempi e i costi delle procedure
elettorali. Inoltre, gli iscritti votanti non saranno più obbligati a indicare nella scheda un numero di consiglieri pari a quello da eleggere, essendo ammissibile anche l’indicazione di un numero inferiore di preferenze. La revisione introduce, altresì, la figura del vicepresidente eletto, legittimato a svolgere le funzioni di Presidente del Consiglio dell’ordine o del collegio territoriale in caso di dimissioni o di impedimento non meramente occasionale o temporaneo di quest’ultimo. Tale modifica è finalizzata ad assicurare la piena funzionalità dell’organo fino alla naturale scadenza del mandato consiliare. Innovazioni sono previste anche per le elezioni dei Consigli nazionali, laddove la trasmissione delle schede elettorali con i nominativi indicati dagli ordini e collegi territoriali “per telefax” è sostituita dalla trasmissione a mezzo PEC al Ministero, in conformità alle previsioni che disciplinano lo svolgimento in via telematica dei procedimenti amministrativi; 3. coordinamento della normativa de qua con le corrispondenti previsioni del DPR n. 137/2012. A tal fine, si è provveduto all’abrogazione dell’art. 9 del DPR n. 169/2005, riguardante i procedimenti disciplinari. E infatti, il principio enunciato dall’art. 9, che prevedeva la corrispondenza tra la sezione di appartenenza dell’iscritto nei cui confronti venga avviato un procedimento disciplinare e quella dei componenti dell’organo chiamato a giudicarlo, risulta oggi in contrasto con le previsioni del DPR n. 137/2012, che, com’è noto, ha introdotto il principio di separazione tra la funzione esecutiva e quella disciplinare all’interno degli organi di autogoverno delle professioni intellettuali. Si rappresenta, per altro profilo attinente l’istruttoria, che la presente proposta di riforma è stata concordata con la Rete Professioni tecniche e con gli Assistenti sociali, che hanno sostanzialmente condiviso i contenuti e le soluzioni adottate da questo Ufficio. Allo stato, il DPR n. 169 del 2005 continuerà, pertanto, ad applicarsi solo ai seguenti ordini: Attuari e Biologi.
Consiglio dell’ordine • Presidente Arnaldo Toffali • VicePresidente Nicola Brunelli • VicePresidente Paola Ravanello • Segretario Elena Patruno • Tesoriere Giovanni Mengalli • Consiglieri Marco Campolongo, Vittorio Cecchini, Laura De Stefano, Federico Ferrarini, Giancarlo Franchini, Daniel Mantovani, Raffaele Malvaso, Amedeo Margotto, Donatella Martelletto, Diego Martini
•
—6
2015 #04
103
005
024
Il riordino del sistema elettorale e della composizione degli organi di ordini professionali di Arnaldo Toffali
Fucina artigianale di Nicola Tommasini
professione
progetto
014
044
Educazione allo spazio di Paola Fornasa
progetto
060 odeon
050 odeon
Didattica territoriale di Andrea Castellani
Per molti ma non per tutti: il Premio AV 2015 di Nicola Brunelli
032
061
PROGETTo
009
022
editoriale
Presenza/assenza di Alberto Vignolo
Sognando il bosco di Alessio Fasoli
La battaglia di Rivoli di Costanzo Tovo
046 saggio
In attesa dello scatto del verde di Andrea Masciantonio
038
pRogetto
Verdi speranze di Anna Favilla
103
Leggere e progettare al femminile di Angela Lion
—7
odeon
054 odeon
Tra le carte di Piero Gazzola di Silvia Dandria, Marco Cofani, Giovanni Castiglioni, Giulia Turrina
Sempre piĂš Forti di Matilde Tessari
062
103
INTERIORS
Uno sguardo profondo di Chiara Tenca
074
TERRITORIO
La bellezza nell’era della volgarità globale a cura di Gabriello Anselmi
066
graphics
Identità Aurea di Gaia Passamonti e Federico Galvani
084
itinerario
Michele Sanmicheli a Verona di Angelo Bertolazzi
Direttore responsabile Arnaldo Toffali
078
Direttore Alberto Vignolo av@architettiveronaweb.it
è sempre Sabato del Paesaggio di Anna Merci
Art direction, Design & ILLUSTRATION Happycentro www.happycentro.it Distribuzione La rivista è distribuita gratuitamente agli iscritti all’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Verona e a quanti ne facciano richiesta agli indirizzi della redazione.
diversearchitetture
collezione privata
‘Fiori e merda’ Silvano di G.G.M. Amati di Luigi Marastoni
Editore Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona
Redazione Via Oberdan 3 — 37121 Verona T. 045 8034959 — F. 045 592319 redazione@architettiveronaweb.it
080 070
Rivista trimestrale di architettura e cultura del progetto fondata nel 1959 Terza edizione • anno XXIII n. 4 • Ottobre/Dicembre 2015
Quando la finzione diventa realtà di Dalila Mantovani
copertina Foto: Lorenzo Linthout
Gli articoli e le note firmate esprimono l’opinione degli autori, e non impegnano l’editore e la redazione del periodico. La rivista è aperta a quanti, architetti e non, intendano offrire la loro collaborazione. La riproduzione di testi e immagini è consentita citando la fonte.
—8
Stampa Cierre Grafica www.cierrenet.it Concessionaria esclusiva per la pubblicità Promoprint Verona Paolo Pavan T. 348 530 2853 info@promoprintverona.it
Redazione Angelo Bertolazzi, Nicola Brunelli, Laura De Stefano, Alessio Fasoli, Federica Guerra, Angela Lion, Dalila Mantovani, Matilde Tessari, Lorenzo Marconato, Federica Provoli, Chiara Tenca, Nicola Tommasini, Luisella Zeri Fotografia Carlo Ambrosi, Cristina Lanaro, Lorenzo Linthout, Diego Martini, Michele Mascalzoni contributi Gabriello Anselmi, Anna Braioni, Andrea Castellani, Giovanni Castiglioni, Marco Cofani, Silvia Dandria, Anna Favilla, Paola Fornasa, Giorgio Franck, Federico Galvani, Luigi Marastoni, Andrea Masciantonio, Anna Merci, Gaia Passamonti, Costanzo Tovo, Giulia Turrina, Gaia Zuffa
TIPOgrafia AVFont, Helvetica Neue, Adobe Caslon, Courier New
2015 #04
Presenza/assenza
Un grande momento di festa per il Museo degli Affreschi alla Tomba di Giulietta in parallelo all’incredibile vicenda che ha interessato il Museo di Castelvecchio
Testo: Alberto Vignolo
Foto: Lorenzo Linthout
È stata una grande presenza festosa quella che ha segnato la riapertura del Museo degli Affreschi alla Tomba di Giulietta. Un museo che riapre, profondamente rinnovato e ampliato, è motivo di gioia per la comunità di cui è espressione, che si ritrova attorno ai segni della propria storia, conservati e messi in mostra nei modi più consoni: per la conoscenza, lo studio e anche semplicemente per godere l’emozione della bellezza che ogni opera d’arte in quanto tale sa offrire. Un ulteriore motivo di gioia è il compimento di un percorso progettuale assai prolungato nel tempo, che ha premiato la tenacia e la pazienza di tutti i soggetti coinvolti. Del progetto in questione avevamo avuto modo di parlare affrontando per esteso il tema del sistema museale veronese in un numero monografico della rivista («AV» 94, 2013). Di tanto lavoro si colgono finalmente i frutti, e altre tappe si aggiungeranno a breve a una realtà, quella dei musei di Verona, che nonostante il clima e le stagioni, qualche temporale e qualche previsione non azzeccata, continua a riservare
103
uno spettacolare cielo terso per visitatori e appassionati, tra i quali comprendiamo una nutrita schiera di architetti. Godiamoci dunque questa festosa e fastosa preview, nell’attesa di rinnovare il fermo immagine su nuovi e “vecchi” musei. Godiamoci l’intreccio dei fenicotteri scolpiti nella patera trecentesca che Valter Rossetto ha posto in una teca-oblò nella saletta che accoglie i visitatori nei nuovi spazi espositivi al Museo degli Affreschi: un simbolico abbraccio tra opere d’arte, visitatori e città. Per poi passare nella grande sala dove si dipana la magnificenza dei grandi affreschi staccati, la cui eccezionalità ha richiesto una esposizione assai mirata e ponderata, esito di un dialogo fruttuoso tra museologi e museografi in cui
consiste, al di là di ogni riferimento formale, l’autentica eredità della grande stagione dei musei italiani del dopoguerra. Per consentire una adeguata lettura dal basso dei sottarchi trecenteschi con ritratti di imperatori romani provenienti dalla Loggia di Cansignorio, l’invenzione dell’allestimento è di sospenderli al soffitto scuro e di illuminarli con apparecchi illuminotecnici integrati nella struttura di supporto. Assieme ai riflessi della pavimentazione lapidea, di tonalità neutra, e al rigoroso controllo della luce naturale proveniente dal cortile meridionale, mutevolmente cangiante nel corso della giornata, la suggestione di questi imperatori volanti invita i visitatori a un inatteso balletto con lo sguardo all’insù, persi nella bellezza
—9
01
02
01-02. Museo degli Affreschi G.B. Cavalcaselle alla Tomba di Giulietta, Verona. La terza sala con opere del periodo compreso tra XI e XVI secolo, e la prima sala con opere di piccola dimensione: sul fondo la patera in pietra con fenicotteri dai colli intrecciati.
03
— 10
2015 #04
sorprendente di quest’opera ritrovata. Ma ecco, nel breve volgere di una settimana, che la presenza festosa ha lasciato il passo a un’assenza sconvolgente e drammatica. Non facciamo cronaca con questa rivista, anzi vogliamo pensare che il brutto incubo in cui si è ritrovato il Museo di Castelvecchio a seguito del criminoso ratto di cui è stato oggetto una terribile sera di novembre, sia per l’appunto solo un brutto sogno, e che rileggendo fra un po’ di tempo
posti da Carlo Scarpa, sui “suoi” muri, sotto i controsoffitti intrecciati à la Mondrian, sembrano trasfigurare l’assenza in un tema compositivo. Vuoti, tracce, impronte: i segni dei dipinti mancanti sui muri ritagliano nuovi punti di vista, indirizzano l’occhio su tagli asimmetrici e riquadrature sbilanciate. Le pareti orbate mostrano se stesse nude e crude, le vergogne dei tasselli infissi a muro, le trame sottili e sabbiose degli intonaci, i cartellini
ammutoliti delle opere mancanti che sembrano le descrizioni improbabili di opere sospese tra il materico e il concettuale. Una installazione sull’arte del levare? Sappiamo purtroppo che non è così, e con tutta l’ammirazione e riconoscenza che dobbiamo al “nostro” Castelvecchio, uniamo la nostra presenza in un abbraccio corale che la città deve tributare a uno dei simboli contemporanei della sua magnificenza architettonica.
•
« Un dialogo fruttuoso tra museologi e museografi, al di là di ogni riferimento formale, è l’autentica eredità della grande stagione dei musei italiani del dopoguerra» queste pagine possa essere solo un brutto ricordo, con il retrogusto amaro di una notte agitata. Ma le immagini che si presentano ora agli occhi dei visitatori attoniti della galleria dei dipinti, lì tra i pannelli
04
03. Veduta d’insieme della terza sala con i sottarchi provenienti dalla loggia del palazzo di Cansignorio della Scala. 04-05. Veduta d’insieme e particolare della quarta sala con l’imponente Cavalcata di Carlo V e Clemente VII di Ermanno e Jacopo Ligozzi. Progetto scientifico: Paola Marini, Ettore Napione con Ketty Bertolaso Progetto di allestimento: Valter Rossetto con Alba Di Lieto con Laura Scarsini, Nicola Moretto, Elisabetta Piccoli Edilizia monumentale Comune di Verona: Sergio Menon, Viviana Tagetto, Mila Bobbo 05
103
— 11
Il Museo di Castelvecchio dopo il 19 novembre 2015
Foto: Alessandra Pelucchi, Marco TotĂŠ
03
01
1-10. Punti di vista inconsueti nella Galleria dei dipinti al primo piano del Museo di Castelvecchio: i tralicci dei cavalletti denudati e, sui muri, le impronte dei quadri asportati.
04
02
05
— 12
2015 #04
09
06
10
07
08
103
— 13
Alessandra Pelucchi
Marco Totè
Laureanda in Architecture and Preservation presso il Politecnico di Milano, ha sviluppato la passione per la fotografia grazie al padre e agli anni trascorsi all’estero. Comporre una fotografia significa capire e interpretare la realtà che abbiamo sotto gli occhi.
Frequentando il Politecnico di Milano matura l’interesse per la fotografia, che utilizza come mezzo attraverso il quale analizzare e comprendere l’ambiente che ci circonda.
www.plcstudiofotografico.weebly.com
www.marcotote.weebly.com
PROGETTO
Didattica territoriale
Il completamento del primo lotto di un grande polo educativo che ripensa in senso sovracomunale l’architettura civile della scuola
Progetto: +39 Studio - arch. Michelangelo Pivetta Testo: Andrea Castellani Foto: Lorenzo Linthout
Rivoli Veronese
01
— 14
2015 #04
Nel suo testo introduttivo al doppio numero di «Casabella» (750-751, 2007) dedicato alle scuole del secondo Novecento, Francesco Dal Co ricorda che alla disfatta delle truppe di Napoleone III contro i prussiani a Sedan, nell’agosto del 1870, contribuì il livello di analfabetismo, che nelle truppe francesi era superiore al venti per cento, mentre tra le reclute prussiane era soltanto il tre per cento. L’aneddoto può farci riflettere sull’attualità della tematica: solo una società che investe sull’educazione dei futuri cittadini può vincere la sfida di un futuro consapevole. Tra le difficili prove che il nostro paese si trova ad affrontare, il rinnovamento del patrimonio edilizio scolastico è una delle principali. Una vittoria significativa in questa direzione è rappresentata dal complesso scolastico di Rivoli Veronese, che qui presentiamo. Quando, a fronte di una elevata crescita demografica e di una insufficienza operativa del proprio patrimonio edilizio scolastico, il comune di Rivoli Veronese, ha deciso di realizzare un edificio che raggruppasse scuole elementari, scuola materna e asilo nido, ha richiesto ai progettisti di sviluppare un progetto in grado di far fronte non solo alle esigenze interne al comune stesso, ma anche di quelli limitrofi, al fine di assegnare una valenza territoriale al nuovo complesso. Il progetto si offre a una prima lettura proprio a partire da quest’ottica: l’anfiteatro morenico che avvolge il centro abitato definendone un orizzonte continuo e l’Adige sul lato opposto che scava una profonda separazione con le pendici dei monti Lessini sono gli elementi naturali a cui si contrappongono infrastrutture significative come l’autostrada del Brennero e il
103
michelangelo pivetta Laureato nel 2001 presso lo IUAV con Franco Purini, nel 2006 consegue il Dottorato in Progettazione Architettonica e Urbana presso l’Università di Firenze, dove inizia la sua attività didattica. Nel 2005 fonda +39 Studio con Alberto Marchesini e Marcello Verdolin. Nel 2010 vince il concorso nazionale per Ricercatore Universitario, e dal 2011 è Professore Aggregato di Progettazione Architettonica a Firenze. Nel 2015 Fonda ADO Architecture Design Office. Autore di scritti e saggi critici, svolge attività progettuale e di consulenza in ambito nazionale e internazionale. Tra i progetti in corso, la ristrutturazione, su incarico UNPD, del complesso storico Maquam En-Nabi Musa Tomba di Mosè a Gerico.
02
01. Il fronte della scuola elementare con i volumi blu delle aule estrusi verso il giardino. 02. Inquadramento territoriale. 03-04. Schizzi di studio.
03
canale Biffis. Il comprensorio geografico è arricchito da una significativa presenza di forti asburgici e caserme italiane che dominano in posizioni elevate tutta l’area. In questa cornice paesaggistica, la scuola occupa una posizione strategica, centro simbolico della semicirconferenza disegnata dall’anfiteatro morenico, sui bordi dell’edificato del paese e in rapporto visivo con il forte Wohlgemuth e la chiesa parrocchiale. Da questi ele-
04
menti il progetto assorbe gli allineamenti e le relazioni visive per imporsi come un tassello mancante capace di tenere assieme i valori del luogo. L’edificio punta così ad assolvere la propria funzione didattica già alla scala
— 15
PROGETTO
Didattica territoriale
05. Esploso assonometrico con evidenziate, nei tre colori, la scuole elementare, la scuola materna e il nido. 06. Gli spazi distributivi sono illuminati dai lucernari posti sulla copertura piana. 07. Dall’ingresso principale, veduta verso la chiesa in una immagine di cantiere. 08. Uno degli accessi alla scuola elementare dal parcheggio interno.
06
05
07
08
— 16
2015 #04
del territorio proponendosi, in primis, come strumento interpretativo del paesaggio. In questo senso, il nuovo complesso intende assumere il ruolo di edificiosimbolo per Rivoli. L’edificio civile e l’edificio religioso hanno da sempre rappresentato i poli attorno ai quali i contesti urbani si sono sviluppati: l’assenza a Rivoli di un polo civile sembra voler essere ristabilita dalla nuova scuola, intesa come centro civico rivolto a tutta la comunità, attraverso una scala differente e un linguaggio contemporaneo in grado di definire un varco a chi entra al paese da una delle principali direttrici di accesso. Approssimandosi, il complesso si rivela essenzialmente come un grande basamento a un unico piano fuori terra, calato nell’area coltivata a vigneto e frumento e definita da muri di confine in sasso. La grande lastra
103
09. L’insegna posta sul fronte su strada. 10-11. Due vedute dello spazio comune gradonato nella scuola elementare.
09
di copertura in calcestruzzo a vista posta a 4,5 metri di altezza diviene, per volontà degli stessi progettisti, una piazza sopraelevata pensata come nuovo spazio pubblico; le uniche emergenze che intersecano il profilo orizzontale sono le due torri che segnano l’ingresso principale. Dal punto di vista compositivo l’edificio è il risultato dello scavo e roto-traslazione di un blocco di 84x84 metri di lato, definito a partire da un modulo di 1,20 metri. La forma geometrica pura infatti, una volta calata nel lotto, reagisce con esso e si modella. Ogni operazione di incisione e de-assemblamento è precisamente definita dalla necessità e dall’intenzione di risolvere problemi architettonici, per far sì che la luce possa entrare attraverso l’edificio secondo il migliore orientamento solare, che vengano accuratamente risolti gli accessi e i percorsi così come la differenziazione tra spazi serventi e spazi serviti. A ogni sottrazione corrisponde un dialogo visivo con l’esterno, una definizione di priorità delle viste, uno studio rigoroso degli inquadramenti. Emblematico, in questo senso, il rapporto che viene stabilito con la chiesa parrocchiale nella corte dell’ingresso principale dove, attraverso il disallineamento
10
11
— 17
Didattica territoriale
PROGETTO
12
12. Lo spazio della mensa. 13. La disposizione dell’impiantistica a vista sulle murature in calcestruzzo. 14. Planimetria generale. 15. Particolare del rapporto tra il volume delle aule e la struttura principale. 16. L’inquadratura verso l’anfiteatro morenico dall’alto della torre di destra. 14
13
dei corpi edilizi si produce una aberrazione prospettica – dispositivo utilizzato nell’architettura barocca – tale per cui l’edificio religioso appare molto più vicino rispetto a quel che è veramente, palesando la ricercata relazione simbolica tra i due edifici. Nell’entrare, il gioco prospettico è inverso e la forte compressione accentua la verticalità delle due torri che segnalano l’ingresso principale. Unici elementi verticali della composizione, le due torri condensano molteplici valenze e significati. Disposte in asse
— 18
con la chiesa, instaurano un dichiarato collegamento tra edifico civile e edificio religioso; ma il loro rigoroso aspetto cartesiano costituisce anche un richiamo all’architettura militare che caratterizza questi luoghi. Il loro sdoppiamento è chiaramente ispirato alle porte romane, mentre la loro struttura cava è una memoria delle torri medioevali; lo spazio cavo centrale infatti è occupato da un impalcato metallico, che permette di risalire fino alla sommità. La torre di destra permette una vista mediata
2015 #04
16
15
sull’anfiteatro morenico e le montagne a nord-est; attraverso un ponticello è possibile passare sulla torre di sinistra, dove un esemplare di leccio – evocazione della Torre di Guinigi di Lucca – rappresenta uno spazio meditativo in cui termina la promenade. Alla stregua di un carapace, nel-
103
lo spessore della struttura principale tra basamento e copertura si dispone una reiterazione di moduli realizzati con strutture a secco staticamente indipendenti. I moduli risultano anche compositivamente indipendenti sia nella loro disposizione planimetrica, resa palese dal fuoriuscire
rispetto all’andamento della coper- po unite dal punto di vista delle pertura-guscio, sia grazie alla netta con- correnze. Con riferimento ad alcuni notazione cromatica in blu primario. progetti esemplari del Razionalismo, Si evidenzia così una netta separazio- ancora oggi perfettamente funzionane tra spazi serventi e spazi serviti, li rispetto alla didattica contemporagrazie ad elementi più leggeri e indi- nea – in particolare l’Asilo Sant’Elia pendenti dalla struttura primaria in di Giuseppe Terragni a Como – l’ecalcestruzzo, cadifico rappresenpaci di garantire ta l’applicazione « Unici elementi verticali pedissequa della flessibilità nell’articolazione degli normativa e degli della composizione, spazi. le due torri instaurano un standard scolastiDal punto di vista ci, con aule supdichiarato collegamento plementari dedidel l ’org a n i z z atra edifico civile e zione degli spazi, cate alle attività il complesso si arspeciali proporedificio religioso » ticola su tre braczionate al numeci suddivisi da due corti, una rivolta ro delle aule e ampi spazi aperti e coverso il paese con l’accesso principa- perti per il gioco. Di nuovo, il fulcro le e l’altra rivolta verso la campagna organizzativo è l’accesso principale retrostante che funge da spazio di che separa scuola elementare e scuogioco protetto per la scuola materna. la materna. L’asilo nido, concepito per Scuola elementare, scuola materna e essere terminato in uno stralcio sucasilo nido risultano pertanto funzio- cessivo, avrà un ingresso indipendennalmente autonome, ma al contem- te. Mentre le aule per la didattica o la
— 19
PROGETTO
Didattica territoriale
17
18
19
— 20
2015 #04
Committente Comune di Rivoli Veronese Progetto architettonico +39 Studio architetti associati arch. Michelangelo Pivetta Consulenti Strutture: Ingegneria Pivetta srl (Antonio Pivetta, Michele Gasparini) Impianti: Consultex srl (Roberto Salimbeni) CoLLABORATORI Luca Venturini, Ugo Mazzali, Andrea Castellani DIREZIONE LAVORI arch. Michelangelo Pivetta arch. Marcello Verdolin R.U.P. arch. Costanzo Tovo (2010-2014) geom. Andrea Turcato (2014-2015) C.S.E.: geom. Massimo Coltri impresa SICREA spa, Reggio Emilia Maurizio Paraluppi, Gianni Cantagalli Cronologia Progetto: 2006-2010 Realizzazione: 2011–in corso Dati dimensionali Sup. area di intervento: 15.000 mq Sup. coperta tot: 4.900 mq
17. Particolare del punto di passaggio dalla piazzacopertura a una delle torri. 18. La scala di risalita posta nella torre di destra. 19. Le due torri viste dalla piazzacopertura della scuola.
103
— 21
PROGETTO
Didattica territoriale
La battaglia di Rivoli
Una testimonianza sul travagliato iter amministrativo della scuola, esempio purtroppo non raro Testo: Costanzo Tovo
Foto: Lorenzo Linthout
20
grande aula per l’attività a corpo libero della scuola materna sono rivolte a sud, tutti gli spazi di servizio o dedicati alle attività speciali sono rivolti a nord. Lo spazio compreso tra i moduli è un articolato tessuto connettivo, che attraverso compressioni e dilatazioni organizza gli spazi per la ricreazione al coperto; un piccolo anfiteatro con ampie vetrate si pone come spazio intermedio tra interno ed esterno. Il calcestruzzo armato a vista, materiale nobile della tradizione del costruire, è il protagonista dell’intero edificio, che in un solo gesto – in un solo materiale – garantisce solidità, utilità e bellezza, requisiti fondamentali per un edificio pubblico. Una scelta in controtendenza rispetto alle più recenti tendenze costruttive, da cui deriva un’immagine schietta, priva di dispositivi per mascherare le infrastrutture e gli impianti, che appaiono a vista; ogni altro materiale si ripete sempre uguale a sé stesso, come il metallo nero che si ritrova nei parapetti, nelle porte, nelle scale e nei serramenti.
La struttura di calcestruzzo esprime anche dal punto di vista strutturale una coerenza con l’aspetto compositivo. Progettato secondo la più recente normativa post-L’Aquila, il guscio è sorretto da colonne scapitozzabili, in grado di reagire elasticamente rimanendo in posizione anche in caso di distacco dalla lastra di copertura. I box delle aule sono strutture indipendenti realizzate con telai a gabbia in acciaio. In termini di prestazioni energetiche dell’involucro edilizio e di qualità abitativa degli spazi interni, il progetto ha puntato l’attenzione innanzitutto all’orientamento e all’esposizione dell’edificio, alla caratteristiche della radiazione solare e al comportamento termico dei materiali utilizzabili. La ventilazione naturale avviene per moto convettivo nell’intercapedine tra la grande copertura in calcestruzzo e la sommità di ciascuna aula. L’aria esausta viene naturalmente convogliata attraverso le torri, che fungono anche da camini di ventilazione naturale alla stregua delle torri del vento di antica tradizione mediorientale.
•
Quando un progetto giunge finalmente a compimento, cala il sipario non solo sul cantiere, ma anche sull’insieme delle procedure amministrative, come sa ogni progettista tanto più se impegnato in lavori pubblici. L’intervento illustrato in queste pagine ha avuto una gestazione particolarmente complessa, dovuta alle grandezze in gioco rispetto alle risorse umane ed economiche di un comune di piccole dimensioni (sotto i tremila abitanti), che pare utile ricordare per comprendere a pieno il valore del traguardo raggiunto. In forza di una convenzione tra le am-
ministrazioni comunali di Rivoli Veronese e di Verona, dove all’epoca ero Dirigente del Coordinamento Progettazione dell’Area Lavori Pubblici, venni chiamato a svolgere le funzioni di Responsabile unico del Procedimento per la realizzazione del plesso scolastico, opera che comportava un impegno finanziario superiore ai 4 milioni di euro. L’ambizioso programma dell’amministrazione comunale, partito ancora nel lontano 2008 e da realizzarsi per stralci funzionali, prevedeva la dismissione degli edifici scolastici esistenti con l’accorpamento in un uni-
21
— 22
2015 #04
co plesso della scuola materna, della scuola elementare e dell’asilo nido. Nella primavera del 2010 dopo la firma della convenzione inizia il percorso per giungere all’inizio dell’estate alla conclusione della progettazione esecutiva. Entro pochi mesi si completano le complesse procedure di gara (offerta economicamente più vantaggiosa) e si avviano i lavori nei primi giorni del mese di novembre. È nel corso dell’anno 2011 che tra il sottoscritto e il Direttore dei Lavori si instaura una positiva collaborazione, prima nel respingere le continue richieste dell’impresa, sempre più insistenti, di modifica del progetto e dopo nel denunciare il grave ritardo che si stava accumulando nell’andamento dei lavori. Impresa che nel frattempo con il sistema legittimo dell’affitto o della vendita del ramo d’azienda era stata sostituita subito dopo l’inizio dei lavori. Da questa sintonia nasce la convinzione che la nuova impresa non è in grado di svolgere compiutamente un’opera così importante per la comunità di Rivoli e che l’unica soluzione è quella di allontanarla dal cantiere con la risoluzione del contratto in danno. Il 31 gennaio 2012 viene comunicato in cantiere all’impresa che parte la procedura di risoluzione del contratto. È in questa fase che la vicenda entra in una finestra oscura, che esula dal racconto del progetto architettonico per ricadere in pieno nella cronaca giudiziaria: ma il tempo da allora trascorso consiglia di “sfumare” quanto accaduto, forse è stato solo un brutto incubo. Forse. I giorni seguenti furono alquanto agitati in quanto l’Impresa non aveva nessuna intenzione di lasciare il campo. Nel mese di marzo il cantiere venne sequestrato dall’Autorità Giu-
103
20. La scala in ferro posta nella torre di destra in una veduta dal basso. 21. Il getto del solaio della grande piastra di copertura. 22. In una immagine di cantiere, il percorso dell’accesso principale che traguarda sulle due torri. 23. Riflessi materici sul calcestruzzo a vista.
22
diziaria e successivamente, risolto il contratto, venne escussa la cauzione dopo aver conseguito una sentenza favorevole del Tribunale di Verona. Quindi una nuova ripartenza. Dopo aver chiuso negativamente la procedura dell’interpello, elaborato un nuovo progetto esecutivo e compiuta la relativa verifica e validazione, vennero aggiudicati i lavori all’impresa seconda classificata, con l’esclusione della prima dopo aver proceduto a una puntuale e complessa verifica dell’offerta risultata anomala. Finalmente l’anno scorso, con il decreto che sterilizzava il patto di stabilità, i lavori sono ripresi. In questo caso, diverso da molte altre situazioni ove pubblico è indice di superficialità e malaffare, con il contributo degli amministratori, sindaco e giunta in testa, e dei responsabili degli uffici comunali di Rivoli, con un duro lavoro di squadra si è riusciti a raddrizzare un procedimento che poteva portare a uno spreco di risorse pubbliche e all’ennesima opera, come ve ne sono tante in Italia, iniziata ma non terminata.
23
E qui il discorso si potrebbe allargare alla complessità procedurale degli appalti, alle innumerevoli normative che talvolta si sovrappongono e creano le basi per continui contenziosi con allungamento dei tempi di realizzazione e ripetute richieste di definizione delle vertenze ai tribunali amministrativi, e ancora al mercato delle imprese edili e al sistema di qualificazione, il tema dei subappalti, le varianti in corso d’opera...
— 23
Tutti argomenti importanti che magari ci sarà modo di approfondire in futuro. Con la presentazione ai lettori della rivista del primo lotto completato del plesso scolastico, anche la testimonianza dei fatti sopra accennati è un contributo per non disperdere quanto di positivo è stato fatto, affinché ognuno percepisca le difficoltà della nostra professione e ne tragga le dovute riflessioni.
•
PROGETTO
Fucina artigianale
Una scuola innovativa che dà un’immagine più vicina a un laboratorio di sperimentazione pratica che a a un luogo per l’apprendimento teorico
Progetto: arch. Rita Rava, arch. Claudio Piersanti Testo: Nicola Tommasini
Valeggio sul Mincio
Foto: Michele Mascalzoni
01
— 24
2015 #04
02
Il complesso che ospita la nuova sede dell’istituto alberghiero “Luigi Carnacina” sorge in maniera inaspettata ai margini del centro abitato di Valeggio, nei pressi degli impianti sportivi e del complesso ospedaliero. La sorpresa generata dal nuovo edificio è ben evidente soprattutto dal punto di vista materico e da quello tecnico e tecnologico, che, insieme, generano un carattere dichiaratamente estraneo al contesto circostante. Si tratta, però, di un edificio la cui qualità architettonica complessiva va ben oltre questo semplice essere estraneo, o altro,
ma va ricercata nella capacità di dare di sé un’immagine di scuola innovativa, più vicina ad essere un laboratorio artigianale e luogo di apprendimento e sperimentazione pratico prima che teorico, e che forse scaturisce proprio da questo linguaggio ricercato e da questo gusto hi-tech. Il linguaggio, le scelte materiche e il disegno dei particolari sono sì improntati a una sorta di esaltazione della tecnica, ma, come è riscontrabile nelle scarne strutture a vista e nella sincera esibizione dei vari elementi costruttivi, essa è, per così dire, paca-
04
103
03
01-02. I due volumi principali dell’edificio compongono verso l’ingresso una figura aperta e deframmentata. 03. Particolare costruttivo della pensilina-brise soleil. 04. Schema assonometrico dei volumi. 05. Lo svettante elemento metallico che segna l’ingresso principale alla scuola.
— 25
05
PROGETTO
Fucina artigianale
ta e severa; e mai fine a se stessa. che, ma anche vari laboratori, cuciLa natura di questo edificio è dun- ne, spazi per i docenti, una piccola bique doppia, è allo stesso tempo una blioteca, l’aula magna e un ristorante sofisticata macchina tecnica, scarna e che all’occorrenza può avere un accesasciutta, con la necessaria grande at- so esterno) sono distribuiti all’intertenzione agli aspetti tecnici, energe- no di tre bracci aperti e ruotati, con tici (come il controllo dell’illumina- una scansione quasi esagonale, attorzione naturale e no allo stesso snodell’irraggiamendo centrale, unico « L’impostazione radiale spazio a doppia to solare) e prestazionali; ma è consente di deframmentare altezza, che peranche un ragiomette l’accesso l’edificio e di non avere namento sulla naprincipale al comuna facciata principale, tura di uno spazio plesso e la distribensì di poter leggere necessario e inbuzione verticale dirizzato all’aptra i due livelli. e distinguere i diversi prendimento di L’ imposta zione volumi e funzioni » materie pratiche e radiale consente manuali, dove la sincerità costruttiva anche di deframmentare l’edificio e e il massimo risparmio delle risorse di non avere una facciata principale, possono, forse, essere di ispirazione a bensì di poter leggere e distinguere i chi ci opera. diversi volumi e funzioni. I vari posL’impostazione planimetrica è com- sibili percorsi di ingresso non sono plessa. Gli spazi dell’istituto (che così posti su nessun asse principale comprende non solo le aule didatti- ma, fiancheggiando, sotto dei porti-
06
06. Piante dei piani terra e primo. 07. Veduta dello spazio adibito a ristorante. 08-10. Il nodo distributivo centrale: gli spazi al primo piano, veduta complessiva e veduta della lanterna dal basso.
07
08
— 26
2015 #04
Committente Provincia di Verona Progetto architettonico arch. Rita Rava arch. Claudio Piersanti Coordinamento e progetto strutture ing. Leonardo Gualandi Unigruppo studio srl progetto impianti ing. Filippo Belviglieri, ing. Alberto Olivieri - Planex srl impresa ITI impianti Cronologia Progetto: 2007 Inaugurazione: 2014 Dati dimensionali Sup. coperta tot: 5.220 mq
09
10
103
— 27
PROGETTO
Fucina artigianale
11. La scala che conduce dall’atrio al primo piano attorno al pozzo di luce centrale. 12-14. Vedute della rampa esterna che conduce ai laboratori didattici.
12
11
ci, le due facciate a sud, convergono Appunto, i percorsi interni sono ardai lati verso il centro, segnalato dalla ticolati: dal centro si può accedere grande struttura metallica di coper- all’aula magna e al ristorante, dove tura. Esternamente le grandi ed esili lo spazio è dotato di setti curvi mostrutture di copertura e ombreggia- bili, da manovrare in funzione delle mento poste a sud dialogano con i vo- diverse esigenze didattiche e tempolumi netti e scarni ranee della vita dell’edificio, disescolastica. Sem« Le aule didattiche gnandone le parepre dallo snodo sono immerse in uno ti con ombre semcentrale, in direpre mutevoli. zione opposta, si spazio dalle molteplici La fusione al cenraggiundiramazioni e possibilità possono tro dei tre bracci gere le aule dodà vita all’interno di apertura verso l’esterno e centi, la biblioteca a uno spazio come il laboratorio di verso la luce naturale » plesso (a doppia chimica. La scala altezza, con una curva, anch’essa grande e piuttosto severa lanterna orientata verso il centro, è il percorso centrale inondata di luce) su cui si af- principale dedicato agli studenti per facciano simultaneamente più episodi accedere alle aule didattiche al piano e più momenti diversi della (o delle) primo. Interessante è qui la soluziopromenade interne che legano l’inte- ne adottata per razionalizzare e difro istituto. ferenziare il percorso a ritroso che gli
— 28
2015 #04
STUDIO RAVA PIERSANTI Rita Rava (1950) e Claudio Piersanti (1950), architetti con studio a Faenza, operano prevalentemente nel settore pubblico con progetti per strutture museali, scolastiche, sanitarie, restauro di edifici monumentali, progetti di arredo urbano. Nel 1986 partecipano alla XVIII Triennale di Milano; nel 1991 ricevono un premio IN/ARCH per il progetto del Museo internazionale delle ceramiche di Faenza. www.ravapiersanti.it
13
14
103
— 29
PROGETTO
Fucina artigianale
15. La cucina, spazio centrale per la didattica dell’istituto. 16. Un’aula del lato nord. 17. Sezione longitudinale. 18. Corridoio distributivo tra le aule al piano primo.
15
16
studenti e gli insegnanti percorrono per accedere dalle aule al livello terreno: il percorso nel piano primo prosegue infatti fino alla fine del braccio principale dove, superati gli spogliatoi, una rampa vetrata esce dall’edificio e scende girando su sé stessa fino a rientrare per raggiungere i laboratori didattici e le cucine. I bracci di cui è composto l’istituto, ruotando d allargandosi tra loro, ampliano enormemente le superfici esterne. Le aule didattiche, poste per la maggior parte al piano primo, sono così immerse in uno spazio dalle molteplici diramazioni e possibilità di apertura verso l’esterno (con scorci sul territorio agricolo circostante) e verso la luce naturale. La sezione del corpo di fabbrica principale (con di-
17
rezione est-ovest) è particolarmente significativa: qui la decisa inclinazione della falda che copre la metà più a nord permette alla luce, nella stagione invernale, di entrare e riflettersi sul soffitto inclinato delle aule. L’architettura dagli spazi chiari, pacati e caldi delle singole aule rappresenta una conclusione e un contrappunto ai
percorsi interni e alle parti comuni, molto più tecnologici e freddi, in alcuni episodi sovrascritti e troppo severi (come forse l’affaccio sulla doppia altezza). Sul fronte sud, invece, la luce naturale viene mediata attraverso il grande porticato metallico minimale e scarno, con un doppio ordine di lamelle brise-soleil che concorrono
— 30
anche al disegno dei prospetti. Nota finale: la realizzazione della scuola, opera pubblica realizzata - ça va sans dire - con un budget ristrettissimo, ha scontato però alcune lacune e imperfezioni tecniche ben evidenti; sorta di retrogusto finale un po’ amaro in un’esperienza, però, e in tutta evidenza, assolutamente positiva.
•
2015 #04
19-20. Sezione trasversale sui corpi delle aule con lo studio dell’irraggiamento solare in estate e in inverno. 21. Lo sguardo sul paesaggio da un’aula. 22. Il fronte posteriore aperto sul paesaggio agricolo. 23. Il percorso protetto dalla pensilina visto dall’accesso per le biciclette. 21
18
22
19
20
103
23
— 31
PROGETTO
Sognando il bosco
Una scuola per l’infanzia realizzata all’interno di un contesto ancora in divenire ricerca un ideale dialogo con il territorio di appartenenza
Progetto: arch. Federico Signorelli / Circlelab Testo: Alessio Fasoli
Valeggio sul Mincio
Foto: Valentina Cafarotti e Federico Landi
01
— 32
2015 #04
Un vecchio proverbio suggerisce di imparare l’arte e metterla da parte: consiglio che spiega come nella vita sia bene imparare molte cose perché alla fine potranno tornare utili. Questa è l’interpretazione popolare, ma ce n’è un’altra, più sottile, che ne rappresenta la vera essenza e che insegna a diventare esperti di un argomento e ragionare come se non si fosse mai saputo niente. Vi chiederete che legame ci possa essere fra un vecchio proverbio e l’architettura, e forse converrete che l’architettura migliore non è quella che risolve tutti i problemi, ma quella che nasce dal cuore e dai bisogni autentici, un’architettura vista non solo con gli occhi del tecnico esperto, piuttosto dall’uomo e per l’uomo. E così, il team condotto dall’architetto Federico Signorelli di Circlelab assieme ai collaboratori di Clab architettura ha recuperato l’idea progettuale per l’opera che presentiamo in queste pagine direttamente dal recondito bisogno umano di vivere nella natura che spinge a riappropriarsi del rapporto viscerale che ci lega ad essa. Il bosco quindi, inteso come luogo dell’ignoto 03 e della paura, ma anche rifugio magico e segreto, diventa così il centro nevralgico dell’idea progettuale. Un bosco più sognato che reale, almeno allo stato attuale. Siamo a Salionze, frazione di Valeggio sul Mincio, all’interno di una delle tante nuove lottizzazioni interrotte sul nascere dalla crisi economica; un’area di progetto e un contesto privo di elementi architettonici caratteristici che possano dettare rapporti di qualsiasi tipo con l’edificio da costruire. Un elemento di interesse è stato individuato dai progettisti nel vecchio canale lungo la via, unico cimelio “vergine” rimasto a memoria dell’epoca agricola, e che si proponeva come un elemento naturalistico inalterato; da qui l’idea di ristabilire un rapporto perduto fra la nuova architettura scolastica e l’ideale bosco. L’accesso alla scuola avviene infatti da via Adige Del Bue, attraverso una passerella che “salta il fosso” e ci accompagna dall’altra parte della sponda come metafora obbligata del passaggio, qui in-
103
federico signorelli Nato nel 1971, si laurea in architettura allo IUAV di Venezia nel 1998 e nello stesso anno entra a far parte dello Studio di Architettura Signorelli e Gandini con sede a Peschiera del Garda. Nel 2013 consegue un Master alla Bocconi di Milano su “Project-manager per le opere pubbliche”. Nel 2011 fonda la cooperativa fra professionisti Circlelab architecture and engineering group. In questi anni si occupa di svariati progetti architettonici, piani urbanistici, di recupero e di mobilità sostenibile in collaborazione con diversi enti pubblici e privati.
02
www.circlelab.it
04
terpretato come soglia in grado di introdurci in un luogo diverso, reale e metafisico al tempo stesso (la scuola nel bosco). Il progetto prende avvio nel 2013 quando il programma di Circlelab si aggiudica il bando per la
— 33
01. Veduta esterna della scuola. 02-03. Schizzi di studio e planimetria generale nella lottizzazione. 04. Veduta interna di una delle aule per le attività didattiche.
PROGETTO
Sognando il bosco
salionze kindergarten Il video di Federico Landi pone attenzione in particolare alla percezione degli spazi da parte del bambino, con riprese effettuate sia a spazi vuoti che in attivitĂ . video www.architettiveronaweb.it/?p=3861
05
05. La passerella dell’ingresso principale. 06-07. Vedute dei fronti nord e sud. 08. Veduta di un patio interno.
06
07
08
— 34
2015 #04
progettazione e la direzione lavori, mentre gli esecutivi e la realizzazione dell’opera sono affidati a una società esterna scollegata dal team di progetto. Questa modalità dell’appalto integrato è la causa principale del compimento solo parziale dell’idea originaria, ingiustamente inibita dalla presenza di questo terzo soggetto rappresentato dalla società costruttrice che, in virtù delle “migliorie” apportate per rendere più economica la costruzione dell’edificio, ha snaturato alcune delle soluzioni architettoniche originali sostituendole con altre meno nobili e adatte al raggiungimento dell’obiettivo formale prefigurato. Questo “ostacolo” tutto italiano non ha in ogni caso minato la forza dell’idea progettuale che, pur indebolita, è stata preservata dalla mediazione continua del team Circlelab, tanto che nel 2014, dopo solo cinque mesi di cantiere, l’edificio della scuola materna è giunto al termine. Fin dai primi schizzi si legge il carattere dell’edificio, che appare come un parallelepipedo defini-
to dalla sottrazione di alcune parti, a loro volta riempite dal verde che sembra penetrare dal contesto esterno. Un’attenzione particolare è posta all’orientamento e ai percorsi di accesso. A nord, la passerella accoglie i bambini con i genitori, mentre il personale didattico e tutti i materiali necessari per lo svolgimento delle attività usufruiscono di un accesso indipendente da ovest. Superata la passerella d’ingresso, colpisce l’altezza ribassata così atipica del portico, segno di una attenzione progettuale rivolta al bimbo come vero protagonista della scena. Questo genere di attenzione si ritrova in tutti i dettagli della struttura, dalle finestre poste a diverse altezze, alla dimensione stessa degli spazi e degli arredi. Il portico d’ingresso appartiene alla logica delle sottrazioni dal volume principale, facendo penetrare il verde all’interno della scuola; gli architetti hanno deciso di caratterizzare le sottrazioni materiche di tutto il corpo di fabbrica con un rivesti09. Dall’interno di un’aula, lo sguardo verso l’esterno è favorito dalle finestre posizionate a differenti altezze. 10. Un patio utilizzato come luogo protetto di attività all’aperto.
09
103
10
— 35
Committente Comune di Valeggio sul Mincio Progetto arch. Federico Signorelli Circlelab architecture Collaboratori Clab architettura: arch. Nicola Bedin, arch. Andrea Castellani, arch. Matteo Fiorini, arch. Paolo Rigodanzo, arch. Leila Signorelli Consulenti Sunering srl (impianti) ing. Giampaolo Naso (strutture) dott. Elena Fascinelli (pedagogia) impresa Alvit srl, Torino Cronologia Progetto e realizzazione: aprile 2013-settembre 2014 dati dimensionali Superficie lotto: 3159 mq Superficie edificio: 670 mq
PROGETTO
Sognando il bosco
mento di intonaco colorato, mentre i fronti esterni sono rivestiti con pannelli di fibrocemento che hanno sostituito il rivestimento ligneo previsto inizialmente. Questo cortile d’accesso divide fisicamente le due ali dell’edificio: quella a destra, rivolta a ovest, contiene gli uffici per il personale e i servizi tecnici; quella a sinistra, rivolta a est, ospita i laboratori e le aule didattiche. La variazione di scala ci sorprende anche quando, entrando nell’atrio d’ingresso, siamo sorpresi da uno spazio a doppia altezza con le pareti inclinate che funge da camino solare e che, come elemento svettante, e afferma l’importanza sociale assunta dalla scuola nella sua funzione educativa. L’interno dell’edificio è tutt’altro che banale; la ricerca di uno spazio stimolante si ripercuote nella distribuzione spaziale delle aule e nella peculiarità di avere sem-
« L’attenzione progettuale al bimbo si ritrova in tutti i dettagli, dalle finestre poste a diverse altezze alla dimensione stessa degli spazi e degli arredi » pre una “visione della pianta aperta”, che permette all’insegnante di monitorare le attività del bambino in qualsiasi punto dell’edificio, pur assicurando l’intimità dovuta. Due patii fungono da giardini interni, e diventano prolungamenti delle aule nelle stagioni propizie. Anche la quantità di luce e il rapporto con l’esterno muta in base alla funzione cui è destinato ogni ambiente, differenziando tra le grandi vetrate verso il giardino negli spazi di svago comune e aperture minori nelle aule laboratorio, dove è richiesta una maggiore concentrazione del bambino. Una speciale attenzione è stata riservata alla metodologia costruttiva e alle tecnologie dell’immobile: dalla struttura in legno, che ha permesso una notevole riduzione dei tempi di costruzione garantendo le qualità di sicurezza sismica richieste dalla normativa, fino all’impianto fotovoltaico e solare termico che rendono questo edificio particolarmente sostenibile sotto l’aspetto dell’impronta ecologica e del costo di esercizio.
11
— 36
2015 #04
CLIMA CALDO
��D
�O�D
��D
�O�D
��D
�O�D
CLIMA MITE
CLIMA FREDDO
12
13
Creare un’architettura è una questione complessa, una continua ricerca di equilibrio perfetto, almeno teorico. Come ogni fatto della vita, il risultato di un’operazione è sempre imprevisto, una continua mediazione fra diversi fattori. Dopotutto, come ci insegna un grande maestro, l’architettura è solo un pretesto: importante è la vita, importante è l’uomo (Oscar Niemeyer). Possiamo terminare costatando quanto difficile sia il lavoro dell’architetto, un compito dal risultato spesso incerto per l’infinità di variabili che concorrono nella realizzazione di un’opera. Questa scuola racconta una storia complessa ma finita bene, un esempio positivo per l’architettura contemporanea veronese, un team che ha saputo fare squadra e mettere in pratica il vero significato del fare architettura: forse anche grazie a quel vecchio proverbio mai dimenticato.
•
11. L’atrio di ingresso a doppia altezza, con funzione anche di camino solare. 12. Pianta con indicazione degli arredi. 13. Sezioni di studio del comportamento climatico dell’edificio nelle diverse condizioni. 14. Un’aula nel vivo dell’attività didattica. 14
103
— 37
PROGETTO
Verdi speranze
La ricerca progettuale sul tema dell’edificio scolastico, centrale negli anni Settanta, in due realizzazioni nell’est veronese a testimonianza di quella stagione
Progetto: arch. Claudio Baroni, arch. Amadio Gonella Testo: Anna Favilla
Foto: Diego Martini
Lavagno
01
— 38
2015 #04
01. Il ponte dell’uscita di sicurezza è un elemento ricorrente sia nelle scuole media (nella foto) che nelle elementari. 02. Veduta attuale delle scuole medie con il fronte inclinato verso l’area per le attività sportive all’aperto. 03-05. Studi per l’articolazione volumetrica, l’organizzazione della pianta e per la sezione trasversale con uno spaccato prospettico.
02
Quando fu realizzata, a metà degli anni ‘70, la scuola media Don Lorenzo Milani di San Pietro di Lavagno doveva sembrare una verde macchina agricola in movimento, isolata in mezzo alla campagna. Il nuovo edificio scolastico, progettato dagli architetti veronesi Claudio Baroni e Amadio Gonella, è stato infatti il primo edificio a sorgere nella zona di espansione a valle del nucleo storico collinare di San Pietro. La genesi del progetto non è stata influenzata dal sito, anche se le relazioni con il contesto circostante sono continuamente ricercate, ad esempio nel posizionamento delle finestrature che inquadrano il paesaggio, nella disposizione planimetrica, nell’accentuazione del raccordo tra l’edificio e la campagna, nella tinteggiatura verde dei prospetti. È un edificio profondamente inserito
103
nella sua epoca, il risultato di sperimentazioni formali e funzionali maturate nell’ambiente dello IUAV sul tema della scuola. Conversando con Gonella emerge infatti che il progetto ha le sue radici nelle riflessioni sulla scuola media unificata condotte all’interno della facoltà veneziana da Ignazio Gardella a seguito della legge che la istituiva (Legge 31 dicembre 1962 n. 1859), oltre che nella frequentazione dello studio degli architetti Iginio Cappai e Pietro Mainardis anch’essi impegnati a sviluppare progettualmente il tema dell’edificio scolastico (si veda ad esempio la scuola media a Oriago di Mira, nel veneziano). Gonella spiega poi che alla base della progettazione ci sono tre idee e obiettivi fondamentali: - organizzare lo spazio per accogliere classi, quindi alunni che si muovono e
— 39
03
04
05
PROGETTO
Verdi speranze
06
non aule rigidamente strutturate; - attuare una didattica flessibile e trasparente; - promuovere una scuola inserita nel tessuto sociale, a contatto con la comunità. Queste tre linee programmatiche definiscono l’impianto planimetrico, che si presenta con una forma regolare e compatta organizzata in tre settori. Il primo settore, orientato a est, è adibito all’attività didattica e si raccorda all’area verde sportiva grazie alla forma della copertura, inclinata a 45 gradi e rivestita in lamiera, e ai terrapieni realizzati al piano terra. Le aule sono disposte su due piani, e si aprono con pannelli verso l’interno e con ampie finestrature verso l’esterno secondo una concezione che abolisce la rigidità degli spazi e amplia le relazioni visive e funzionali degli alunni con l’ambiente circostante. Il secondo settore, a ovest verso il piazzale, è dedicato alle attività amministrativo-gestionali della scuola e alle attività civiche, come la biblioteca, la palestra con gli spogliatoi
07
e l’ambulatorio. Gli spazi a servizio della collettività presentano ingressi indipendenti e possono funzionare autonomamente rispetto all’attività didattica. Un cilindro in ferro aperto sui lati e rivestito con lamiera ondulata fungeva da deposito biciclette e da punto d’incontro adiacente all’ingresso principale dell’edificio, luogo allo stesso tempo della scuola e della piazza, per sottolineare questo
« Ogni spazio è posto in relazione con l’insieme, ogni attività è connessa con le altre attraverso percorsi articolati e visivamente dinamici » rapporto di interscambio: originariamente non era prevista nemmeno la recinzione a delimitazione dell’ambito scolastico. Il cilindro aperto prendeva poi volume nei locali della presidenza, della segreteria e della sala riunioni dei genitori, disposti in sequenza sul lato ovest. Sullo stesso lato
al piano superiore, la biblioteca evoca una sorta di vagone ferroviario, in cui è possibile ammirare il paesaggio attraverso le finestre a nastro poste a filo dei tavoli di lettura. Il terzo settore è la spina longitudinale dell’edificio, lo spazio di distribuzione e raccordo tra le varie attività, si sviluppa da nord a sud secondo un percorso dinamico e trasparente fatto di spazi che si chiudono e si dilatano, percorrendo i quali si possono scoprire le varie attività della scuola. Partendo da nord, si incontra l’aula di musica che si trasforma in palcoscenico del teatro a gradoni e collega il piano terra con il piano primo, si attraversa poi un ballatoio aperto sull’atrio sottostante e si termina con l’aula di disegno e la palestra, percepibile sia dall’interno che dall’esterno grazie alle ampie superfici vetrate. Ogni spazio è posto in relazione con l’insieme, ogni attività è connessa con le altre attraverso percorsi articolati e visivamente dinamici. Su progetto degli stessi architetti, è da ricordare la realizzazione della scuo-
— 40
09
08
2015 #04
10
11
06-09. Nelle immagini d’epoca, il cilindro metallico per il deposito delle biciclette (poi demolito), il fronte inclinato verso gli impianti sportivi, il cilindro metallico in cantiere e veduta verso il territorio agricolo (allora) circostante. 10. Veduta interna ed esterna del “naso” della biblioteca, e un’aula speciale. 13. Planimetria generale della scuola con la sistemazione degli spazi aperti.
12
13
103
— 41
PROGETTO
Verdi speranze 14. Sezioni trasversali e longitudinali. 15. Il fronte meridionale con il volume della palestra rivestito in mattoni faccia a vista. 16-17. La piazza-teatro vista dal basso in una immagine d’epoca e dall’alto allo stato attuale. 18-19. Spazi distributivi interni con i livelli raccordati da rampe.
14
15
18
16
17
— 42
2015 #04
20-21. L’articolazione della sezione è leggibile dall’interno delle aule, separate in origine dai corridoi da pareti mobili per consentire l’aggregazione degli spazi.
20
21
la elementare di Vago di Lavagno, che in un contesto già urbanizzato e condizionato da una serie di vincoli, compreso tra la ferrovia e l’autostrada A4, ripropone gli elementi guida sviluppati qualche anno prima nella scuola Don Milani: la flessibilità degli spazi interni, la permeabilità visiva tra interno ed esterno, la scuola come fulcro di attività e relazioni con la comunità. Entrambe le scuole hanno goduto di una prestigiosa visibilità editoriale, essendo state pubblicate sulle riviste di Bruno Zevi («L’Architettura Cronache e Storia») e Giancarlo De Carlo («Spazio&Società»). La progettazione della scuola Don Milani è stata assegnata con incarico diretto e realizzata in tre stralci (l’ultimo concluso nel 1992). L’arch. Gonella sottolinea che ogni stralcio è andato ad innestarsi su di un giunto di dilatazione pensato non solo
19
103
come elemento tecnico funzionale, ma come uno spazio architettonico ben delineato: è il caso del ponte passerella che segna la spina trasversale dell’edificio e mette in comunicazione il piazzale pubblico verso il paese con l’area verde sportiva. Andando oggi a visitare la scuola Don Milani, essa ci appare molto diversa dalla sua concezione originaria e si rimane colpiti dalla presenza di un volume “estraneo” sul fronte ovest: ciò è dovuto al fatto che una decina di anni fa, per realizzare l’ampliamento dell’edificio su progetto di un altro professionista, sono stati sacrificati due elementi architettonici fondamentali e originali come il cilindro d’ingresso e la biblioteca. Il tema degli ampliamenti e dell’intervento sull’esistente, anche quando si tratta di manufatti recenti, è sicuramente molto delicato in quanto coinvolge
— 43
una sorta di “diritto d’autore” del progettista, la specificità di un’architettura e la sensibilità di chi interviene a posteriori su di essa, i rapporti tra professionisti, le nuove istanze funzionali e i necessari adeguamenti normativi. Pur non volendo sottovalutare la difficoltà di mediare tutti questi aspetti, nel caso di questa scuola appare particolarmente evidente che il risultato raggiunto è l’assoluta mancanza di dialogo, un completo distacco che rende indifferenti l’uno all’altro l’edificio originario e l’ampliamento successivo.
•
PROGETTO
Verdi speranze
Educazione allo spazio
L’imprinting architettonico negli ambienti della scuola elementare di Lavagno nel ricordo di una ex bambina poi progettista Testo: Paola Fornasa Foto: Diego Martini
Ancora oggi a una quarantina di anni dalla sua realizzazione, nonostante qualche intervento maldestro di adeguamento, la scuola elementare di Vago di Lavagno fin dal primo sguardo rivela la capacità dei progettisti, gli architetti Claudio Baroni e Amadio Gonella, di coniugare in un equilibrio perfetto complessità e semplicità, uno stile architettonico deciso ma educato verso l’intorno, una architettura “militare”, ma a dimensione di bambino, offrendo a chi entra (studia) in questa scuola un’esperienza, un invito alla scoperta, uno stimolo alla curiosità. Rispetto alla precedente suola media, ritornano alcuni elementi: sezioni articolate, la connessione visiva tra gli spazi attraverso pareti trasparenti, il muro esterno inclinato che richiama la forma della collina. L’impianto a corte aperta si sviluppa prevalentemente al piano terra, dove ospita lo spazio per le attività comuni e dieci aule collegate da un ampio corridoio; un secondo percorso, posto a livello ribassato e attrezzato per attività didattiche e laboratori di disegno, conduce a uno spazio a doppia altezza dedicato alle attività motorie. Recenti interventi di sistemazione hanno portato alla demolizione della lunga rampa che, avvolgendo tale spazio, invitava i bambini ad apprezzare, salendo lentamente, i diversi punti di vista della piccola palestra. Dal ballatoio al piano primo il per-
corso prosegue attraversando tre aule passanti (laboratori) e si riconnette, in corrispondenza della piazza coperta, al corridoio principale al piano terra, chiudendo l’anello di questa istruttiva esperienza spaziale. Un terzo percorso (purtroppo quasi sempre negato agli alunni) connette esternamente le tre aule al piano primo con il giardino attraverso un percorso in trincea sul tetto, delimitato lateralmente da finestre a nastro alla quota del pavimento che offrono un collegamento visivo con l’intera scuola. Ugualmente dalle aule al piano terra la complessità visiva verso ciò che sta intorno – interno ed esterno – arricchisce, senza distrarre, la visione spaziale di chi sta in aula. L’aula si sviluppa con una forma pressoché quadrata con una piccola appendice, un volume di servizio, che consente di uscire direttamente al cortile di pertinenza delimitato da un muretto. È interessante notare la sequenza gerarchica degli spazi che consente diversi tipi di aggregazione, riflettendo i gradi di socializzazione sempre più complessi, che i bambini sviluppano nella fase di crescita tra i sei e i dieci anni.
22
23
— 44
24
2015 #04
22. La “piazza” interna quale elemento di aggregazione e socialità per gli alunni. 23. Il percorso di distribuzione posto a un livello ribassato. 24. Planimetria generale. 25-26. Il fronte inclinato visto dal giardino e la scala di sicurezza a ponte. 27. Foto di gruppo con la scuola alle spalle, 1991.
25
Dalla comoda panca in legno presente in ogni aula per piccoli gruppi di bambini, al cortile di pertinenza che può ospitare l’intera classe, allo spazio centrale che può ospitare tutte le classi, il passaggio da “privato” (singola aula) a “pubblico” è supportato da una composizione architettonica progressivamente più articolata, ma sempre rassicurante. Lo spazio centrale si configura come lo spazio pubblico di una città: una piazza coperta, con una funzione aggregativa importante (il teatro) su cui si affaccia la terrazza di accesso alle aule al piano primo. Elementi secondari arricchiscono la complessità di tale spazio: il collegamento con il giardino e con il percorso in copertura; un pozzo di luce al lato della piazza; infine, come in una piazza, un balcone (interno) posto a livello del piano primo e accessibile esternamente dal percor-
103
so in copertura, entra a sbalzo ad inquadrare l’ingresso. Questi elementi spaziali tipicamente anni Settanta devono oggi convivere con regole e normative che, per ragioni di sicurezza, spesso li rendono inutilizzabili dagli alunni, pur mantenendo la capacità di incuriosire chi li osserva. Non posso nascondere che l’entusiasmo odierno per questo edificio è quello di un architetto che qui ha avuto il suo imprinting per una spazialità ricca, articolata, sorprendente ma allo stesso tempo gentile. Allora come oggi, quando ho occasione di visitare questa scuola rimango affascinata dalla complessità spaziale e dalla chiarezza distributiva che insieme conferiscono a questo edificio la capacità – fondamentale in un luogo dedicato alla formazione dei bambini – di trasmettere “emozioni”. Questo edificio è importante lezione di edu-
cazione allo spazio, alle sue regole e ai valori che può trasmettere, lezione che sempre mi guida quando mi appresto a iniziare un nuovo progetto. Una lezione anche per i progettisti delle scuole di oggi, e per i loro committenti.
— 45
•
26
27
SAGGIO
In attesa dello scatto del verde
Il disvelamento all’interno di un giardinetto-rotatoria dei resti del Tempio di Giove Lustrale, e altre inattese presenze lapidee romane
Testo: Andrea Masciantonio Foto: Gaia Zuffa
01
— 46
2015 #04
01, 03-04. I frammenti del Tempio di Giove Lustrale all’interno dei “Giardini Emilio Moretto”. 02. La ricostruzione secondo Vittorio Filippini del tempio nel sito dell’attuale via Diaz. 05. Il contesto di provenienza dei frammenti lapidei (Archivio Soprintendenza Archeologica del Veneto, Nucleo Operativo di Verona, fascicolo Tempio di Giove Lustrale).
03
02
In attesa dello scatto del verde, scrupolosamente sigillato nella mia auto, guardo i soliti bei quattro sassi bianchi alla mia sinistra; sono tristi all’ombra di alberi grandi e senza gioia tra i quali nessuno, penso, se non per errore o per qualche disperato parcheggio, potrebbe mai aggirarsi; il boschetto li rende anzi… tristissimi: forse perché il preciso ordine con cui sono disposti nega loro persino la libertà felice della natura ed evoca, piuttosto, l’aspetto di un oggetto ben acconciato e finito pronto ad essere archiviato: una bella salma, tanto cara ma per la quale non v’è più posto nella nostra vita. Il traffico mi richiama all’ordine: bisogna muoversi; arrivederci bei quattro sassi bianchi!
103
Chi come me percorre, anche saltuariamente, la circonvallazione che corre tra Porta Vescovo e lungadige Porta Vittoria, avrà senza dubbio capito di cosa si tratta: del semaforo di Porta Vittoria appunto (più precisamente di viale Partigiani) cui si deve il merito non solo di regolare il traffico ma di proporre, con i suoi fermi ciclici, l’ostensione (by your car, free and speedy) del basamento del cosiddetto Tempio di Giove Lustrale. Recuperando i numerosi articoli, appelli, richiami che la vecchia divinità olimpica ha ogni tanto ispirato a qualche nostro concittadino, scopriamo tuttavia che anche tale edificio di epoca romana ha come noi viaggiato un po’ per Verona e come noi, arrivato al semaforo di Por-
04
ta Vittoria, sembra essersi fermato in attesa di un “verde” che, per lui, tarda ad arrivare. Ripercorriamo brevissimamente il tragitto di questo edificio, studiato con grande attenzione e amore (perché no? è il caso di dirlo) da un importante collega come Vittorio Filippini, che fu, come alcuni studiosi hanno giustamente detto al loro tempo (Gazzola) e ricordato più recentemente (Brugnoli)1 “profondo conoscitore del tessuto edilizio, specialista di topografia antica, scrupoloso ricercatore; anzi i suoi scritti (specie su «Vita Veronese» e «L’Arena») sono quantitati-
— 47
05
SAGGIO
In attesa dello scatto del verde
06. Land Art: frammenti lapidei tra gli alberi del giardino. 07. Nei grafici redatti dalla Soprintendenza Archeologica, il livello ipogeo e rilievo al piano di campagna del tempio. 08. La temporanea collocazione dei resti del tempio nei pressi di piazzetta SS. Apostoli.
07
06
08
vamente assai scarsi rispetto alla mole di lavoro svolta, e ciò per il carattere perfezionista e mai soddisfatto dei risultati raggiunti”. L’iter del nostro, chiamiamolo per semplicità (e per buona pace degli studiosi), edificio cultuale romano, inizia nel 1930: durante gli abbattimenti di alcuni edifici situati nel bel mezzo dell’attuale via Armando Diaz aperta per consentire l’accesso
al Ponte della Vittoria, da poco progettato, furono eliminati alcuni edifici che avevano fagocitato all’interno delle loro superfetazioni, ampliamenti, trasformazioni, la chiesa di San Michele alla Porta; questa, di fondazione antichissima e soppressa nel 1806, aveva a sua volta integrato nelle proprie fondazioni il nostro edificio cultuale romano: evidentemente, come prassi a tutti nota, anche nel nostro caso l’edificio cristiano cresce, senza soluzione di continuità, sulle fondazioni di quello “pagano”. Tra i documenti conservati presso il Nucleo Operativo di Verona della Soprintendenza Archeologica (che ringrazio per la di-
sponibilità), esistono dei precisi rilievi del manufatto: l’edificio doveva essere bello e interessante. Bello perché si trattava di un manufatto con scalinata esterna e pronao corinzio su alto podio evocata, pur con tutti gli accenti anche del sogno (che sono preferibili comunque all’oblìo), in questa bella immagine del Filippini, molto più chiara di tante astruse, incomprensibili, inadatte descrizioni; interessante perché, insieme all’Arco dei Gavi, il cui posizionamento moderno consente di celebrare oggi i trionfi recentissimi dell’edilizia residenziale di Borgo Trento, era un segno molto forte e chiaro della struttura urbana della città al I sec. d.C; anche un guidatore sbadato come me avrebbe compreso il senso dell’allineamento visivo arco-(edificio cultuale, un po’ più in disparte)-Porta Borsari; chissà perché, tale allineamento, sopportato per circa 1700 anni (quando fu spostato l’arco?), divenne ad un tratto insostenibile; ma il fatto che io sia un guidatore e che solo dall’abitacolo della mia automobile mandi gridolini di disappunto contro certe situazioni
— 48
mi da già la (meritata) risposta. I grafici redatti dalla Soprintendenza Archeologica, diversamente dal Filippini, ci descrivono invece ciò che venne trovato sotto il piano di campagna: un locale ipogeo voltato a botte (forse da integrarsi a un sistema di passaggi d’acqua probabilmente collegati all’Adige, vicinissimo, aggiunge il Filippini); attorno al sito: un frammento di colonna, lacerti di cornice corinzia, elementi lapidei 2 . Cosa vi si facesse in tale edificio non è chiarissimo, ma per “analogia” al ritrovamento di alcune lapidi nelle vicinanze (non proprio in situ, a dire il vero) dedicate a Giove Lustrale, è bello pensare (a me piace) che l’edificio fosse un manufatto posto nel pomerio, in una zona dunque “protetta” ( gli esperti del diritto romano sanno perché), in cui praticare una bella e salutare abluzione purificatoria; opportunità data al viandante ( e ai cittadini) di farsi un esame di coscienza prima di entrare nel “consorzio civile”. Nel caso si fosse trattato di una tomba invece, come il Soprintendente Alessandro Da Lisca sostenne all’epoca
2015 #04
del ritrovamento, ragione in più per farsi un esame di coscienza. Un po’ per fretta un po’ non so, la stanza ipogea venne abbandonata (distrutta?) e l’edificio cultuale, in pieno divieto di sosta perché in mezzo alla futura carreggiata alla memoria di Diaz, viene rimosso: spostamento della sua parte basamentale superstite in piazza Santi Apostoli, dove viene parcheggiata per qualche anno; al suo posto era rimasta, fino a qualche anno fa, la traccia del sedime dell’edificio marcata sul selciato di cubetti di porfido con pietra più chiara; i lavori dell’ultima pavimentazione hanno rimosso, al volgere del nuovo millennio, anche quello: forse non era posizionato correttamente? Era brutto? Era inutile? Certo che ora via Diaz ha conquistato finalmente quell’ordine tanto rassicurante quanto insulso. Successivamente, il nostro edificio abituato alle rimozioni forzate riparte e approda in circonvallazione, al semaforo di Porta Vittoria, dove però sembra essersi inchiodato; avrebbero forse sperato che prendesse la circonvallazione e uscisse (finalmente) da ogni tipo di pomerio veronese? E invece ancora lì sta: in una specie di limbo urbano assieme al nome di Emilio Moretto, eponimo da qualche anno del “giardino”3 pre-cimiteriale. E se invece lo spostassimo da lì, col solito mezzo della rimozione forzata e gli facessimo riguadagnare uno stallo magari in prossimità di qualche museo archeologico, eliminando… un residuale parcheggio di auto e riqualificando giardinetti senza idee (senza nemmeno quella di poter toccare l’erba)? Ci pensate al titolone scandalistico “rifunzionalizzazione di un tempio romano”? “Si usa un tempio romano come bijou di urban design”. È più interessante, quando già la deva-
103
09-11. Alle spalle della statua dedicata a Umberto I, la collocazione ombrosa dei due leoni lapidei.
10
09
stazione ha fatto il suo corso, perdersi in discussioni filologico-amministrative-economiche o onorare, come si deve, come si può, una memoria negletta? Certo la casa di Giulietta (equivalente medievale di quella della Barbie) non sembra aver suscitato tante sacrosante titubanze scientifiche o filologiche… Ritornando a noi, ho smesso di passare in auto da viale Partigiani; vado a piedi o in bicicletta (sono fortunato) a vedere i quattro bellissimi (tristissimi) sassi bianchi. Ma poi ogni volta che ritorno in centro, passato il Ponte Navi verso San Fermo, mi si para davanti… un altro sasso??! Sotto un ulivo troppo annaffiato, dietro la statua del Re Umberto I, che l’allestimento odierno trasforma in uno spione tra le fronde, con tanto di pastrano abbottonatissimo (“che ci fa lì in quella postura… cosa vuole da me?”si chiede il passante), con le spalle rivolte all’osservatore (qui si rasenta la genialità, alimentata da un allestimento scarpiano non compreso) due leoncini stanno lì, tri-
11
sti tristi pure loro, ormai estenuati a forza di far da panchina improvvisata. Ma non è che sia la loro presenza a dar il nome a Porta Leoni? Bah… lì non c’è scritto niente. E poi: non si può mica star lì ad onorare tutti i sassi di Verona!
— 49
•
1 Cfr. Brugnoli P., Sandrini A., L’Architettura a Verona dal periodo napoleonico all’età contemporanea, Banca Popolare di Verona, 1994, p. 437. 2 Per un elenco dei rinvenimenti i durante le
campagne di scavo del 1930 e del 1999 vedi il fa-
scicolo Tempio di Giove Lustrale presso l’archivio della Soprintendenza Archeologica di Verona. 3 Emilio Moretto, partigiano durante la Resistenza e autore dell’assalto al carcere degli Scalzi nel 1944.
ODEON
Per molti ma non per tutti: il Premio AV 2015
A Porta Palio, in una appassionante serata dedicata all’architettura, la cerimonia di assegnazione del Premio ArchitettiVerona - quarta edizione
Testo: Nicola Brunelli
Foto: Michele Mascalzoni
01
— 50
2015 #04
103
ODEON
Michele Sanmicheli, Paola Marini, Marco Ardielli, Filippo Bricolo. Sono questi i nomi dei premiati nella quarta edizione del Premio ArchitettiVerona, la cui cerimonia di assegnazione si è tenuta nei suggestivi spazi di Porta Palio; prestigiosa opera di architettura che, su proposta del Comitato scientifico del Premio, è stata oggetto di un riconoscimento ad honorem tributato al suo illustre autore, l’architetto veronese Michele Sanmicheli vissuto tra il 1484 e il 1559. Un riconoscimento simbolico che gli viene attribuito per avere concepito architetture civili e militari di notevole originalità – molte delle quali realizzate nella sua città natale – di cui Porta Palio rappresenta un sublime esempio. Il Premio è stato consegnato a Fabrizio Magani, Soprintendente per le Belle Arti e il Paesaggio per le provincie di Verona, Rovigo e Vicenza, quale custode dell’eredità di questo cospicuo patrimonio architettonico. Paola Marini, invece, è stata premiata – in sintonia con il bando, che ha previsto la possibilità di un riconoscimento speciale a una “personalità il cui lavoro si sia distinto nelle medesime finalità del Premio” – “per avere promosso a partire dal 1993, assumendo la Direzione dei Civici Musei d’Arte, la cultura architettonica di Verona, attraverso l’incessante studio dell’opera di Carlo Scarpa e l’accurata conservazione di Castelvecchio”, punto di riferimento ineludibile per la comunità degli architetti veronesi e non solo. Se infatti Licisco Magagnato fu l’artefice del lavoro di Carlo Scarpa a Castelvecchio, Paola Marini ha avuto indubbiamente un ruolo
02
04
01. Il “Premio”, materializzazione in cemento del logo di AV, progettato da Happycentro e realizzato da Piet Paeshuise (foto di Federico Padovani). 02. Ritratto di gruppo con premiatori e premiati: da sinistra, Arnaldo Toffali, Nicola Brunelli, Filippo Bricolo, Fabrizio Magani, Paola Marini, Marco Ardielli, Clemens F. Kusch, Alberto Vignolo. 03. Il catalogo-poster del Premio disegnato da Happycentro. 04. Il folto pubblico della serata. 03
— 51
i sopralluoghi della giuria e la cerimonia di assegnazione Nelle immagini riprese da Carlo Ambrosi, la giuria del Premio durante i sopralluoghi e l’affollata cerimonia a Porta Palio il 23 settembre 2015. video www.architettiveronaweb.it/?p=3298 www.architettiveronaweb.it/?p=3381
05
determinante per la sua divulgazione e definitiva consacrazione, attraverso la programmazione di una moltitudine di eventi, mostre e iniziative di vario genere, attivando nel contempo sinergie anche a livello internazionale con Enti, Università, Centri Studi e associazioni culturali. Un lavoro, il suo, fondato sull’approfondimento rigoroso e sulla promozione della cultura anche architettonica, ma soprattutto sul coinvolgimento, testimoniato dalle molte collaborazioni con il nostro Ordine e, in occasioni specifiche, con
06
alcuni stimati colleghi; confidando, infine, nell’entusiasmo e nella dedizione, nella sensibilità e nella competenza di alcuni giovani ma già validi professionisti, della cui apparente inesperienza – data l’età – non si preoccupava, affidando loro opportunità spesso insperate. Marco Ardielli e Filippo Bricolo, infine, sono i progettisti delle due opere di architettura selezionate in base al bando e che si sono distinte nella rosa dei partecipanti, risultando quindi assegnatarie ex aequo del Premio ArchitettiVerona 2015,
rispettivamente nelle categorie “Nuova costruzione” e “Recupero”: la villa sulle colline di Bardolino di Ardielli Associati – pubblicata sul numero 100 di AV – e il recupero del brolo di Villa Saccomani a Sommacampagna di Bricolo Falsarella associati – pubblicato su AV 102 – sono state individuate dalla giuria del Premio, composta da Alberto Cecchetto, Clemens F. Kusch, Carlo Calderan e Nicola Brunelli, selezionandole, anche mediante anche un sopralluogo per quelle più interessanti, tra le
05-06. La consegna del Premio a Paola Marini e di quello per Michele Sanmicheli al Soprintendente Fabrizio Magani. 07-08. Filippo Bricolo nel momento della lettura della motivazione, e Marco Ardielli a premio consegnato per i ringraziamenti di rito.
07
08
— 52
2015 #04
ODEON 10
09
trentaquattro candidate pervenute. I due progetti si sono distinti nettamente dagli altri, il primo per la capacità di intraprendere un dialogo attento e armonico con il paesaggio lacustre, nonostante la volumetria importante dell’intervento, il secondo per la capacità manifestata nel recupero e nella riqualificazione del patrimonio edilizio esistente. In entrambi i casi, i progettisti hanno saputo relazionarsi con la storia e con il paesaggio, grazie all’uso di un linguaggio architettonico rispettoso ma contemporaneo. I due interventi, sicuramente differenti per finalità, collocazione e disponibilità di budget, si sono dimostrati, seppur con metodologie e approcci diversi, importanti e riusciti esempi di buona architettura. Per la cronaca: in un clima informale ma appassionato, alla presenza del
103
pubblico delle grandi occasioni, la cerimonia di premiazione ha visto alternarsi sul palco alcuni dei protagonisti della manifestazione: Clemens F. Kusch in rappresentanza della Giuria; Giovanni Castiglioni, vincitore dell’edizione 2015 grazie a un intervento di social housing; Franco Olivieri, presidente della Società di Mutuo Soccorso che gestisce gli ambienti in cui l’evento è stato ospitato; oltre ovviamente agli organizzatori e ai quattro premiati, che hanno ricevuto in premio ciascuno un simbolico calco del logo di AV in calcestruzzo. Un progressivo crescendo di entusiasmo ha accompagnato la manifestazione, che ha raggiunto l’apice con la premiazione di Paola Marini. Ulteriore conferma dell’importanza che ricopre il Museo di Castelvecchio per i
veronesi, e testimonianza della loro riconoscenza per chi l’ha sapientemente guidato e valorizzato in questi anni. Se da una parte la partenza di Paola Marini ci rallegra per il riconoscimento ufficiale del meritato e indiscusso successo, nel contempo ci preoccupa dover rinunciare alla dinamicità, alla capacità ed alla competenza che ella garantiva. Il suo trasferimento alle Gallerie dell’Accademia di Venezia lascia vacante, infatti, un ruolo determinante e un fondamentale punto di riferimento per la crescita culturale della nostra città. è auspicabile quindi che la sua posizione non rimanga a lungo scoperta, e che l’Amministrazione Comunale sappia mantenere una continuità strategica con il proficuo percorso fino ad ora intrapreso. E non sarà facile! La serata si conclude con la visita alle gallerie di contromina, situate negli interrati di Porta Palio, e con la salita alla copertura del monumento, a guardar le stelle. Fa da cicerone il collega Michelangelo Pivetta. Seguono buffet e amichevoli saluti.
•
— 53
11
12
09-10. La discussione della giuria: Clemens F. Kusch e Alberto Cecchetto al tavolo, e di spalle con Carlo Calderan. 11-12. I sopralluoghi della giuria a Villa Saccomani a Sommacampagna e alla villa di Bardolino.
Tra le carte di Piero Gazzola
Il progetto di catalogazione dell’archivio privato di un protagonista della Verona del Novecento Testi: Silvia Dandria, Marco Cofani, Giovanni Castiglioni, Giulia Turrina
01
— 54
2015 #04
Il corpus documentale di Piero Gazzola è custodito a San Ciriaco di Negrar in Valpolicella, in quella che fu la sua abitazione; la raccolta di scritti, disegni, fotografie e pubblicazioni costituisce un vero e proprio archivio dagli anni Trenta a tutti gli anni Settanta del ‘900 – legato ai temi del restauro architettonico e urbano, della storia dell’architettura e dell’arte, della tutela dei centri storici e del paesaggio – che conserva tutte le esperienze da lui accumulate e riordinate con la chiara intenzione di trasmetterle alle generazioni future, quale strumento per la continua e necessaria verifica dei criteri dell’operare. Un’eredità di tale portata ha spinto i figli, in primis Maria Pia Gazzola, a fondare nel 2007 un’Associazione Culturale denominata Archivio Piero Gazzola AAPG che, sostenuta da un gruppo di studiosi, si è dotata di un comitato scientifico e ha intrapreso il percorso di valorizzazione dell’archivio, ancor più cogente dopo il significativo riscontro della comunità scientifica al Convegno organizzato dal Museo di Castelvecchio nel 2008 Piero Gazzola: una stategia per i beni architettonici nel secondo Novecento, grazie al meritorio impegno di Paola Marini, Alba di Lieto e Michela Morgante (cfr. «AV» 85, pp. 84-85). il progetto è stato avviato nel 2011 con il pieno sostegno dell’allora Soprintendente archivistico del Veneto, Erilde Terenzoni, che si è presa carico del procedimento di notifica, del riordino tramite l’incarico svolto dall’archivista Giulia Turrina per l’inventario del carteggio e la fornitura dei materiali di conservazione. Ulteriori risorse stanziate da Fondazione Cariverona (Bando per le attività culturali 2010) hanno permesso all’Associazione AAPG di curare la catalogazione di foto e disegni avviando la digitalizzazione di alcune serie fotografiche di particolare interesse. Questo lavoro è confluito in un catalogo on-line scelto dalla Soprintendenza archivistica, che comprende tutti i materiali riordinati, su cui gli utenti possono svolgere consultazioni semplici o avanzate, seguendo diverse chiavi o temi di ricerca. Si auspica che l’aver reso pubblici i contenuti dell’archivio, seppur esso sia conservato in un
103
02
03
contesto fortemente familiare e privato, promuova nuovi approfondimenti volti ad analizzare la ricchezza e la trasversalità del lavoro compiuto da Gazzola. La sua stessa modalità operativa faceva convergere intorno ad un tema – che poteva essere legato ad un intervento architettonico e/o urbano o ad un convegno o studio – ricerche bibliografiche documentali e iconografiche, campagne estensive di censimento e schedatura, rilievi, confronti e verifiche con personalità o contesti attinenti ed esperienze di cantiere. Tutti materiali che spesso restituiscono ancora informazioni e riflessioni profonde, non di rado allargate ad un contesto internazionale, tuttora valide rispetto alle questioni urbane del presente e significative per ricerche storico-architettoniche. Ed è così che la corposa documentazione su Verona – oltre
— 55
agli scritti ci sono circa 8000 scatti (su un totale di circa 15000 pezzi del fondo fotografico) e 250 rilievi (fondo disegni di circa 700 pezzi) relativi a restauri, opere, edifici e contesti urbani e territoriali storicizzati – ha un forte valore testimoniale rispetto alle vicende del patrimonio atesino nel secolo scorso, ma soprattutto rende conto del suo impegno nel voler coinvolgere e responsabilizzare la cittadinanza rispetto alle scelte strategiche per lo sviluppo della città durante l’accrescimento tumultuoso degli anni ‘50 e ‘60 e, contestualmente, costituisce un fulcro di disamine fortemente operative che non perdono una loro accezione di attualità anche nel dibattito odierno. (Silvia Dandria)
ODEON
01. La sede dell’archivio a San Ciriaco di Negrar. 02. Ritratto di Piero Gazzola al lavoro. 03. Pubblicazione degli atti del Congresso di Venezia del 1964, da cui scaturisce la Carta internazionale del restauro proposta da Piero Gazzola e Roberto Pane.
L’archivio di piero gazzola e i suoi contenuti
oltre verona. l’archivio e la sua “dimensione”
Sono moltissimi i luoghi e i temi, oltre a quelli veronesi, per i quali l’archivio di Piero Gazzola può risultare molto prezioso: un quadro che va al di là dello specifico aspetto della tutela dei monumenti, ampliandosi all’intero patrimonio culturale anche su scala internazionale. Le molteplici attività estere del Soprintendente lo vedono infatti coinvolto in diverse istituzioni, tra cui il Consiglio d'Europa, l'ICOMOS e l'UNESCO, per il quale svolge significative missioni al di fuori dell'Europa (Egitto, Sudan, Iraq, Perù, Messico, Afghanistan, Cipro). Per comprendere questi aspetti si possono osservare alcune vicende, molto diverse fra loro, su cui l’archivio custodisce materiali e contributi significativi che, visti oggi, appaiono spesso pionieristici in particolare per i centri storici. Oltre al suo operato veronese l'azione di tutela si estende ad altre città tra cui Mantova; anche in questo caso l'archivio documenta le scelte ricostruttive, e non, di Gazzola dopo i pesanti bombardamenti del 1944-45 e permette di cogliere, al di là dei diversi metodi e delle singole decisioni, il preciso intento di preservarne il centro storico nel suo insieme, contrastando in particolare le speculazioni nelle
06
04. Fotomontaggio elaborato per dimostrare gli effetti del Piano regolatore sulla collina se attuato, con un commento tratto da un dattiloscritto di Gazzola. 05. Quartiere San Zeno a Verona: mappe tematiche e schedatura per l’inventario IPCE (1969). 06. Disegno di Aldo Rossi studente al Corso di Caratteri stilistici tenuto da Gazzola al Politecnico di Milano. 04
05
— 56
2015 #04
ODEON 08
07
09
aree bombardate. In quegli anni l’approccio della Soprintendenza, distanziandosi dalla precedente stagione connotata da alcuni eclatanti interventi di “riproposizione”, trovò nuove forme per incidere con autorevolezza sui piani di ricostruzione e sul Piano Regolatore Generale, inserendo a pieno titolo il concetto di salvaguardia del patrimonio nella visione urbanistica volta allo sviluppo della città. Nel 1965, quando ricevette dal Consiglio d’Europa l’incarico di studiare nuovi strumenti per la salvaguardia dei centri storici, Gazzola scelse il quartiere di San Zeno a Verona e Sabbioneta per impostare e sperimentare l'Inventario di Protezione del Patrimonio Culturale Europeo (IPCE), primo catalogo unificato per classificare ai fini della tutela l’intero patrimonio culturale di un territorio. Sull’antico borgo gonzaghesco, ormai spopolato, Gazzola predispose anche una serie di proposte mirate alla “rinascita della città”,
103
con la “messa in valore” dell’urbe attraverso lo sviluppo di un turismo culturale fondato sulla conservazione del suo “vero volto”. Erano gli anni della Carta di Venezia e del “Monumento per l’Uomo”, la cui sfida è ancora oggi viva e proiettata al futuro, come molte delle ricerche di cui l’archivio è ricco. Un esempio è lo studio per il censimento dei castelli, in particolare di quelli scaligeri delle provincie di Verona, Vicenza, Brescia e Mantova, e dei rispettivi borghi di grande valenza storica e paesaggistica. Dalla documentazione, in gran parte ancora da analizzare, pare chiaro il tentativo di Gazzola di tratteggiare già allora quello che oggi definiremmo il “Distretto dei Castelli Scaligeri”, un’eredità tangibile del pensiero e dell’azione del Soprintendente ancora in gran parte da sviluppare. (Marco Cofani)
— 57
07-08. Documenti preparatori e risonanza mediatica del convegno sullo sviluppo di Verona (1962) che Gazzola promuove in prima persona per arrivare a una revisione condivisa del Piano Regolatore. 09. Missione Unesco per il Salvataggio dei templi della Nubia (1960-61): documentazione dei siti archeologici prima dell’ampliamento della diga di Assuan.
piero gazzola e verona: un monumento per l’uomo?
Affrontando la biografia e l’opera di Piero Gazzola nella “sua” Verona – come emerge anche dall’archivio privato – il titolo scelto per gli atti del II Congresso Internazionale del Restauro del 1964, meglio noto come “Carta di Venezia”, diviene, con un dozzinale gioco di parole, un interrogativo pungente. Come mai a Verona non esiste un monumento a ricordo dell’uomo a cui la città – anche nella più riduttiva delle interpretazioni possibili – deve gran parte della sua attuale “fisionomia”? Quell’assetto che, nonostante le pesantissime mutilazioni belliche e l’impetuosa successiva ricostruzione, ha reso possibile per il capoluogo scaligero non perdere mai il ruolo di “città d’arte”? È forse pleonastico in questa sede sottolineare i risvolti economici di questo status e l’indotto che questo genera sull’intera economia veronese che, drammaticamente enfatizzato dagli effetti della recente crisi economica, dovrebbe accrescere anche agli occhi del concittadino più materialista il debito della città verso il suo storico Soprintendente. Un debito che, se in ambito accademico viene esplicitamente riconosciuto dagli studiosi (come dimostra il convegno del 2008) e da una ristretta cerchia di concittadini più colti,
10
11
10-11. La ricostruzione del ponte di Castelvecchio (1949-1951) e di Ponte Pietra (1957-1958) progettate da Gazzola; immagini tratte dalla documentazione di cantiere che comprende tavole grafiche e strutturali, ricerche, relazioni e contabilità non ancora studiate. 12. La prima mostra monografica su Michele Sanmicheli organizzata da Gazzola nelle sale di palazzo Canossa nel 1959.
12
— 58
dal punto di vista della opinione pubblica e della politica stenta invece a manifestarsi. Una possibile risposta ci impone, come architetti, di “guardare in casa nostra”. Chi infatti, se non noi – suoi colleghi – avrebbe dovuto tradurre verso un pubblico più vasto questa eredità? E perché non è stato fatto? Se da un lato basta ricordare lo scarso interesse di gran parte dei colleghi verso le celebrazioni del centenario, anche in occasioni più recenti la figura di Gazzola è stata avvolta da un’aurea caliginosa che ne ha confuso i tratti, tanto da rendere addirittura incerte le attribuzioni dei suoi lavori più noti, arrivando a confondere gli allievi col maestro. Come se non bastasse, una lettura sincronica della sua azione e delle direttive imposte in centro storico nel corso della ricostruzione post-bellica e dell’opera di tutela svolta successivamente attraverso l’apposizione dei vincoli (due momenti – è bene ricordarlo – ben distinti), nonché le successive interpretazioni di questi ultimi, hanno fatto passare l’assunto che il soprintendente avesse bandito per sempre l’architettura contemporanea dalle zone vincolate, attirando sulla sua memoria – da parte di molti colleghi – un sentimento quantomeno di malcelata antipatia. Anche se sarebbe bastato leggere i testi di quegli strumenti di tutela ancora vigenti per accorgersi che non prescrivono affatto i “tetti a falde” o le “cornici lapidee” alle finestre di qualsivoglia costruzione – cosa che invece hanno fatto in tempi recenti più giovani colleghi nei loro orrendi “abachi e prontuari” delle costruzioni in zona agraria – o rendersi conto che le ultime architetture contemporanee in centro storico risalgono al periodo della sua reggenza (basti pensare all’ intervento di Scarpa a Castelvecchio), le carte conservate a San Ciriaco ci restituiscono nella loro inoppugnabile chiarezza un’eredità che se ha un limite è quello di essere forse troppo grande per le nostre deboli spalle. Una mole di documenti, progetti e idee che non solo gli confermano la paternità piena e indiscutibile di molti interventi ma, come nel caso dell’Ala
2015 #04
•
13
Giulia Turrina * l’intervento archivistico sulla sezione carteggio La sezione carteggio dell’archivio è costituita da 420 unità archivistiche (buste, registri ed album) che coprono 39 metri lineari di scaffalatura e che insistono su un arco temporale che va dalla fine del secolo diciannovesimo (1882) al 1981. Nel carteggio si conservano non solo scambi di corrispondenza, interventi e saggi (anche in forma di bozza), ma anche progetti, fotografie, elaborati grafici e materiali di studio relativi ai diversi rami di attività in cui ha operato Gazzola nel corso della sua intensa carriera professionale. A titolo esemplificativo si ricorda che egli è il primo presidente del Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti (ICOMOS, 1965-1975), è Presidente dell’Istituto Italiano dei Castelli (1964-1974), della Società Belle Arti di Verona e dell’Istituto per gli Studi Storici Veronesi. Inoltre è stato membro del consiglio scientifico del CISA, Centro Studi Andrea Palladio (1959-1979), del Consiglio di amministrazione della Triennale di Milano (1964-1973) e dell’Ente Ville Venete (19631971). L’intervento archivistico di riordino e inventariazione ha comportato dapprima la descrizione analitica di ciascuna unità (all’interno delle buste sono stati descritti 2269 fascicoli), poi l’individuazione di unità omogenee per contenuto e il loro riordino in serie documentarie strutturate, seguendo l’impostazione dell’archivio impartita da Gazzola. Proprio questa compenetrazione fra documentazione già riordinata da Gazzola, poco meno della metà del totale, e documentazione non riordinata dal soggetto produttore ha costituito l’elemento di maggiore complessità tecnica dell’intervento. Attualmente la documentazione si presenta strutturata in sei nuclei principali, cinque dei quali ricalcano l’impronta data da Gazzola (Carriera, Minute, Progetti, Congressi, Enti) ed uno solo è stato creato ex novo (Grandi temi e studi) per 13. L’archivio custodisce una cospicua e per ampi tratti inedita documentazione su complesso di palazzo Ducale (nell’immagine il castello di San Giorgio nei primi decenni del Novecento) e sugli antichi edifici comunali di Mantova. 14. Ricostruzione del tempietto del Lazzaretto di Verona (1960). 15. Raccolta esemplificativa dei numerosi opuscoli che accompagnano le carte dell’archivio, raccolti e scelti da Gazzola.
14
103
— 59
ODEON
dell’Arena, gli attribuiscono delle intuizioni finora riferite dalla storiografia ad altre personalità. Si badi bene, tuttavia, che non stiamo auspicando affatto di impiantare in città l’ennesima grottesca caricatura in bronzo che questa volta ritragga il nostro, magari affacciato sul ponte Pietra o sul sagrato di San Fermo mentre entra trafelato negli uffici della Soprintendenza: pensiamo che un’idea simile l’avrebbe fatto semplicemente inorridire; stiamo solo invitando a considerare che forse è proprio Verona – nei suoi aspetti migliori e maggiormente attrattivi – a rappresentare il più efficace monumento alla memoria di Piero Gazzola. (Giovanni Castiglioni)
15
raccogliere in forma di immediata individuazione la documentazione relativa a temi maggiori (fra questi: studi ed elaborati universitari, ricostruzione e studi sui ponti, progetti di salvataggio dei templi nubiani, organizzazione della mostra sul Sanmicheli, progetti per la Cittadella dei musei a Cagliari, consulenze per l’Unesco a Cipro, coordinamento dell’Inventario di protezione dei beni culturali, studi sul restauro e la tutela dei centri storici). Ricercando attraverso le serie documentarie è possibile rinvenire non solo la versione definitiva degli elaborati di Gazzola, ma anche la progressione del lavoro in fase di redazione; inoltre, alla documentazione relativa alla fase preparatoria e definitiva degli interventi, si aggiunge anche, grazie alla corrispondenza, la dimensione relazionale del lavoro, che caratterizza sia l’attività scientificaprofessionale, sia l’attività dirigenziale compiuta da Gazzola all’interno dell’Amministrazione dello Stato e di enti nazionali e internazionali. * archivista
•
VISITA IL SITO www.pierogazzola.it
Leggere e progettare al femminile
Un volume che esplora l’universo delle donne nel mondo dell’architettura e una riflessione su un raggio di osservazione più circoscritto Testo: Angela Lion
“DonnArchitettura” è un libro che attraverso la nostra professione racconta di noi, delle nostre ‘corde’ sensibili, dense di quel valore aggiunto che ci caratterizza. Il volume, edito da Franco Angeli, è una lunga raccolta di profili scritto da donne su altre donne che, prima ancora di essere professioniste, sono caratterizzate da determinazione, indipendenza culturale e capacità operativa. Un progetto editoriale a più mani, curato da Mina Tamborrino, fortemente determinata alla realizzazione del volume, e da una più scettica Maria Grazia Eccheli, con la collaborazione di Caterina Lisini. Questo libro è “un frammento, una goccia d’acqua in un mare senza confini”, così lo descrivono le autrici. Ritratti, Stanze e Paesaggi sono le tre macro aree con cui è articolato, attraverso le quali compaiono molte figure di donne architetto, a partire dalle pioniere, tra le quali ricordiamo l’americana Sophia Gregoria Hayden, prima donna architetto, e poi Margarete Schütte-Lihotzky, Charlotte Perriand, Eileen Gray, Alison Smithson... E in Italia? Si parte da nomi poco noti come Attilia Vaglieri Travaglio, Elena Luzzatto Valentini, Annarella Luzzatto Gabrielli, Stefania Filo Speziale, Carla Maria Bassi o Ada Bursi, per arrivare alle più celebri Lina Bo Bardi, Franca Helg, Anna Ferrieri Castelli, Cini Boeri, Gae Aulenti, Gigetta Tamaro. Personaggi che hanno lasciato un segno indelebile nel panorama architettonico, i cui volti sono reinterpretati dai ritratti dell’artista fiorentina Franca Pisano. L’approdo è una raccolta di testimonianze e interpretazioni delle donne architetto contemporanee: ecco, ad esempio, Carmen Andriani, Laura Andreini, Giulia De Appolonia, Odile Decq, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Yvonne Farrell e Shelley McNamara di Grafton
Architects, Zaha Hadid, Eleonora Mantese, Maria Alessandra Segantini, Kazujo Sejima, Benedetta Tagliabue, Laura Thermes, Patricia Viel, Paola Viganò, Mariella Zoppi. Il volume si caratterizza per la delicatezza e per la grande sensibilità con cui è raccontato. Il ruolo della donna emerge in modo spiccato non solo in ambito professionale, ma anche come ‘portatrice sana’ di valori, iniziative e nuove idee progettuali. Ogni storia si contraddistingue per l’unicità e per il coraggio di imporsi in maniera netta verso un obiettivo comune, quello di dare un apporto costruttivo alla nostra realtà. Le vicende sono diverse, articolate da storie più o meno lineari, ma tutte con lo stesso denominatore comune: fare Architettura. Sono le Donne pioniere impostesi in un mondo di uomini, grazie a un fortuito ‘inganno’ nominale (architetto/a?), dalle personalità contraddistinte per intrecci di creatività, sentimenti, luoghi,
— 60
incontri e separazioni. Una convergenza di ragione e sentimento: sono il fragile stato della creatività e del ‘niente è evidente, tutto è possibile’. È inevitabile, girando le spalle e guardando a loro, chiedersi: quale futuro? Grazie a tanto impegno, la nostra figura professionale è riuscita a prendere piede: presupposti virtuosi di una realtà culturale che proviamo ad approfondire nel nostro ambito territoriale. Le statistiche vedono nella rosa dei primi cento iscritti all’Ordine di Verona, dunque tra gli architetti più maturi, un rapporto di dieci donne su novanta uomini, che sfociano in un sorprendente quaranta su sessanta nell’ultimo centinaio di giovani immatricolati. Ad oggi, la provincia di Verona può contare la presenza di quasi 800 donne su poco più di 2000 architetti. Riusciremo un giorno a raccontare una storia architettonica al femminile incentrata sulla nostra realtà? Anche in questo caso, dovremmo partire dalle pioniere, per poi raccontare l’opera di chi sta oggi ‘in vetta’ al nostro albo: Carla Tagliaferri, Anna Maria Padovani, Bertilla Ferro, Vanna Bertolini, Maria Ronzoni, Anna Massagrande, Simonetta Conti, Maria Calzolari Bussolin, Gian Paola Prando, Maria Alfonsa Biasi... Un posto di rilievo andrà riservato alla curatrice di questo libro, Maria Grazia Eccheli, per il suo impegno non solo nella professione ma anche nell’insegnamento universitario, prima a Venezia e tuttora a Firenze. Il poi rimarrà sempre ‘la nostra cultura architettonica, la nostra forza progettuale sull’osservazione condotta con penetrante curiosità delle cose’.
•
2015 #04
Sempre più Forti
ODEON
L’itinerario prêt-à-porter realizzato dall’Associazione Agile e allegato a questo numero della rivista Testo: Matilde Tessari
Castagne, mirabilmente cotte dal signor Canta, e vin brulé: è stata l’ottima accoglienza dell’Associazione A.G.I.L.E., in collaborazione e con il supporto della Società Mutuo Soccorso Porta Palio, che ha distribuito la mappa I Forti Asburgici di Verona. Il momento giusto per ricordare che il 30 novembre 2000 Verona veniva iscritta nella World Heritage List diventando patrimonio dell’Unesco. Tra le altre motivazioni una riguardava l’eccezionale esempio di piazzaforte che la città costituisce. Oggi è la mappa, che è allegata a questo numero di «AV», l’occasione per rilevare lo stato dell’arte dei forti della nostra città. Lo stato attuale in cui si trovano queste strutture è stato concretamente descritto durante la presentazione della mappa, oltre che con la proiezione di un video anche con l’allestimento di una mostra, una serie di fotografie e un piccolo archivio di reperti, di tipo naturale e di tipo urbano, rinvenuti attorno ai forti. Qualche giorno dopo Michele de Mori, presidente di A.G.I.L.E., mi racconta che I Forti Asburgici di Verona è prima di tutto uno strumento essenziale di informazione. Vuole rivolgersi a un pubblico indifferenziato in un modo semplice, come alternativa snella ai molti libri che parlano del tema. Ha come scopo parlare a tutti
103
i cittadini di queste architetture, in molti casi far sapere che esistono (!) e dove sono collocate, qual è il loro stato di conservazione e la loro storia; vengono ricordati però anche i forti che sono andati demoliti, o per eventi bellici o per l’incuria. La mappa si presenta con uno stile semplice ma curato. Subito si possono individuare sullo sfondo della città gli elementi fortificati. A una descrizione geografica si accostano dei cenni storici, forte per forte, per descrivere brevemente la conformazione dell’architettura fortificata. Il lavoro di sviluppo del pieghevole è stato su due fronti, uno di sintesi dei numerosi testi che offrono materiali approfonditi e molto dettagliati della cinta fortificata di Verona, e l’altro, il più consistente, di sviluppo grafico della mappa, che doveva essere in linea con la sua filosofia. Due colori, viola e arancione, e una elaborazione che ragiona soprattutto sugli spessori di linea e sui punti di riferimento geografici. In queste fasi è stato fondamentale il contributo di revisione dell’architetto Lino Vittorio Bozzetto, esperto di architettura miliare storica. Il prodotto è un foglio, un oggetto da tenere in mano, un elemento fisico, ci tiene a specificare Michele De Mori, un discorso portato avanti dalla sua Associazione sostanzialmente con l’intenzione dell’incontro, la
01
01-02. La mappa con la simbologia grafica di supporto all’identificazione dei forti, e la sua agile veste da trekking urbano.
02
nascita di un confronto, soprattutto verificando la frammentarietà della gestione dei forti. Attualmente gli spazi al loro interno sono utilizzati da associazioni, per la maggior parte dei casi non legate al territorio, che li adoperano come sedi per incontri o come depositi; il fatto positivo che le strutture siano usate, non tutte e non tutte con la stessa frequenza, non corrisponde alla capacità di creare una rete tra i forti per la loro valorizzazione, o anche solo alla conoscenza del luogo. Il dibattito è aperto, con i tanti modi possibili di impiego della mappa, che è il segno concreto che l’incontro, l’utilizzo, il riconoscimento dei forti possono dare senso al territorio.
•
— 61
i forti asburgici di verona Esplorando le fortificazioni veronesi Progetto Agile Contributo Fondazione San Zeno Patrocinio Comune di Verona Ordine Architetti P.P.C. di Verona Legambiente Verona
Interiors:
Uno sguardo profondo
Il progetto di allestimento di un negozio di ottica all’insegna della riconoscibilità dei luoghi e della valorizzazione del prodotto come oggetto d’arte Progetto: arch. Massimo Carolei Testo: Chiara Tenca
Foto: Alexandr Dal Cero
L’invisibilità del gesto architettonico sembra essere tra i criteri guida dell’allestimento di un negozio di ottica posto nel cuore della città antica, alle spalle delle Arche scaligere; una invisibilità che non è rinuncia al progetto, anzi, ma che è fortemente pensata e voluta dal progettista Massimo Carolei per accostarsi a uno spazio così marcatamente identitario.
L’intervento ha preso il posto del negozio-laboratorio di un antiquario posto all’incrocio tra vicolo Cavalletto e via Santa Maria in Chiavica, entro un edificio di matrice cinquecentesca. E proprio l’impronta storica originaria dell’involucro spaziale detta le regole al nuovo allestimento degli spazi e ai dettagli. Il vecchio negozio aveva conservato per lungo tempo
un’atmosfera introversa, quasi a voler restare impercettibile e sfuggevole all’occhio del passante; un’atmosfera probabilmente accentuata dalla tipologia dell’attività, che non contemplava una restituzione di se stessa al pubblico in termini di immagine ed era plasmata dal criterio stretto di funzionalità dello spazio medesimo. L’operazione messa in campo
dal progetto che presentiamo è concettualmente l’esatta antitesi di questo atteggiamento: per l’esigenza di dialogo e di interscambio con il pubblico, che è l’essenza stessa di un’attività commerciale contemporanea e che presuppone quindi una grande visibilità, e per l’esigenza, quasi più una volontà deontologica del progetto, di traslare lo stesso dialogo sul piano
« L’incisiva figura di un parallelepipedo ligneo di colore scuro posto in posizione centrale funge da monoblocco funzionale » del confronto con il tessuto storico circostante. Il progetto è stato pertanto un progetto di “inserimento”, la definizione di una continuità concettuale nella discontinuità temporale; un’azione che ha portato alla luce il carattere corporeo dell’architettura del negozio, il suo spazio come “gesto”, ma anche come “luogo” del gesto. L’allestimento si fa ponte tra il contemporaneo e l’antico attraverso la rifunzionalizzazione degli spazi e il loro reinserimento nel
01
— 62
2015 #04
ODEON 04
02
ciclo degli usi sociali dell’oggi. Queste le premesse metodologiche che hanno guidato la ritessitura della trama spaziale del negozio, composto da uno spazio vendita e da un laboratorio che occupano complessivamente una superficie di circa 60 mq. Ciò che colpisce in prima battuta è il pavimento in formelle di cotto di origine cinquecentesca, che diventa il palinsesto su cui viene “steso” il concept del progetto; su questa antica superficie è stato operato il minimo intervento, una pulizia che consentisse di poterne apprezzare le qualità materiche. Il cliente è accolto in uno spazio dalle geometrie pulite e definite, caratterizzato dalla incisiva figura di un parallelepipedo ligneo di colore scuro posto in posizione centrale, che funge da monoblocco funzionale. Non solo piano di lavoro, ma nucleo strutturale che concretamente schiude dalle sue viscere cavità con attribuzioni diverse (dagli espositori ai ripiani scorrevoli di vario genere), e che è in grado
103
01-02. L’interno del negozio con il monoblocco funzionale in ferro e legno nello spazio vendita. 03. Particolare del monoblocco con una teca espositiva in plexiglass. 04-05- Le mensole in plexiglass sospese a muro e il gioco delle ombre portate sulla parete.
03
05
— 63
06. Il mobile su misura in ferro e legno nel vano del laboratorio oftalmico. 07. Planimetria del negozio con disposizione dell’allestimento. 08. Schizzi di progetto per i due vani del negozio.
06
08
07
di scomporsi in parte dando vita a sedute, sempre lignee, che accolgono il cliente nella fase di scelta del prodotto. Le stesse, ricomponendosi dopo l’uso all’interno dello stesso blocco, ripristinano la geometria pura del monoblocco. Nessuna frammentazione delle postazioni di lavoro, la percezione dello spazio resta unitaria, il nuovo e l’antico sono indipendenti, ma in perfetta assonanza. Alzando lo sguardo sulla parete, i protagonisti dell’esposizione, ovvero gli occhiali accuratamente selezionati tra linee e modelli di nicchia, proclamano la loro unicità su mensole trasparenti in plexiglass fissate al muro in maniera discreta; anche in questo caso, un segno della ricercata invisibilità del gesto progettuale nei confronti del contenitore architettonico. Il prodotto in vendita sembra quasi fluttuare nel vuoto, illuminato dall’alto da luci puntuali che proiettano sul muro le ombre degli oggetti; piccoli punti che
— 64
assomigliano a folletti, come se ogni pezzo raccontasse una sua personale storia. Il compiersi dell’osmosi tra oggetto d’arte e merce si ritrova anche nelle vetrine che, caratterizzate da una transitorietà di definizione, ospitano espositori che assomigliano a teche create su misura in legno ed acciaio, entro le quali ogni oggetto viene valorizzato separatamente dagli altri, ognuno con una specifica illuminazione puntuale ad hoc. Guardando il soffitto, si nota come la pulizia geometrica della trama delle travi lignee a vista non venga intaccata dal passaggio della canalizzazione impiantistica, che corre trasversalmente all’orditura ed tinteggiata in grigio come i muri: un elemento sospeso e indipendente posto entro l’involucro spaziale, così come gli impianti elettrici lasciati a vista accentuandone il carattere “decorativo”. Il vano a fianco dello spazio principale è un piccolo laboratorio optometrico, dove il pavimento in
2015 #04
ODEON 09
10
marmette – di origine recente ma comunque storicizzate e testimoni della loro epoca – vestono lo spazio e le attrezzature di lavoro sono pensate in maniera articolata e precisa all’interno di un mobilecontenitore, sempre in ferro e legno di colore scuro come il monoblocco dello spazio vendita. Di fronte, un pannello del medesimo materiale e colore scorre su un binario esterno e separa il laboratorio da una toilette utilizzata anche per la prova delle lenti a contatto. Un progetto fatto di gesti multipli, tutti coerenti tra di loro, anelli di una stessa catena. L’intervento nel suo complesso coglie il tema della invisibilità-visibità “ottica” e conserva sempre coerenza. Dunque un’articolazione precisa, una chiave di lettura con cui si può approcciare il “progetto per il costruito”: la capacità di esaltare la preesistenza, di accrescerne la bellezza attraverso un gesto nuovo – il progetto – che non copre, non sottrae, non finge, ma dà valore.
•
103
11
committente Gianluca Cremoni Progetto arch. Massimo Carolei interior designer Valentina Bottacini impresa geom. Stefano Benico forniture Falegnameria Diuma Forme di Luce cronologia Progetto e realizzazione: novembre 2013-giugno 2014
09. La toilette a disposizione dei clienti anche per la prova delle lenti a contatto. 10. La porta scorrevole verso la toilette. 11. Un espositore appeso entro la nicchia di una porta tamponata. 12. Particolare del mobile del laboratorio. 13
— 65
— 66 2015 #04
È ciclico: ogni tanto, sentiamo il bisogno di cambiare taglio di capelli, comprare delle scarpe nuove, o dare l’estremo saluto agli affezionati, comodissimi ma ormai consunti jeans. Spesso per noia, talvolta per necessità. Potremmo collocare in questa seconda casistica l’argomento in oggetto. Einstein etichettava come follia, a proposito di consuetudini e cambiamenti, fare sempre la stessa cosa, aspettandosi risultati diversi. Assioma affascinante, applicabile a qualsiasi ambito di manifestazione dell’ingegno umano. Dalla composizione architettonica alla cucina. Ciò, forse non esclude la possibilità che il “nuovo” sia lì, a portata di mano, semplicemente di poco nascosto dalla polvere dell’ovvio.
Testo: Gaia Passamonti e Federico Galvani
Era già successo qualche tempo fa, ricevendo l’incarico di studiare il restyling della rivista “Architetti Verona”. Così come allora, di
Questa è la storia di come è nata la nuova identità visiva dell’Ordine degli Architetti di Verona, raccontata da coloro che “ fecero l’impresa”, lo studio Happycentro.
01
nuovo (per coerenza si potrebbe dire), il progetto per la nuova identità visiva dell’Ordine degli Architetti della nostra città si poggia su un’idea molto rispettosa delle preesistenze; alla ricerca di un cambiamento non radicale, sostanzialmente privo di vezzi estetici. Un lavoro molto razionale,
sviluppato ripartendo dalle forme che appartengono ormai profondamente alla storia visiva di questa istituzione. Del resto, ci appare goffo e inutile intervenire su un corpo segnato dal tempo, con protesi, iniezioni velenose o passate di ferro da stiro. Ci pare sensato, invece, pensare che il
ORDINE DEGLI ARCHITET TI P I A N I FI C ATO R I PA E S A G G I S T I C O N S E R VA T O R I DELL A PROVINCIA DI VERONA
IDENTITÀ AUREA
GRAPHICS La pagina come luogo da costruire, caratteri e inchiostri come mattoni e pietre. Testimonianze e ricerche in un territorio del progetto a due dimensioni. a cura di Pensiero Visibile
02
103
— 67 07
Ordine degli Architetti P. P. C. della Provincia di Verona Progetto di identità visiva
Il marchio “Aureo”
Happycentro
Agosto 2015
Ordine degli Architetti P. P. C. della Provincia di Verona Progetto di identità visiva
016
PRIMA
Il marchio “Aureo”
Happycentro
Agosto 2015
Il marchio “Aureo”
Happycentro
DOPO
Agosto 2015
Analisi delle preesistenze
Agosto 2015
Nacque dal redesign che Paul Nacque dal redesign che Paul Renner effettuò a partire da Renner effettuò a partire da un carattere progettato dadaunun un carattere progettato suo allievo della Graphische suo allievo della Graphische Berufschule di Francoforte Berufschule di Francofortesul sul Meno. Meno.
urna vitae lacus iaculis semper. Curabitur dapibus bibendum turpis non dapibus.
06
Agosto 2015
Ordine degli Architetti P. P. C. della Provincia di Verona Progetto di identità visiva
019
Il marchio “Aureo”
Happycentro
Agosto 2015
Ordine degli Architetti P. P. C. della Provincia di Verona Progetto di identità visiva
020
Il marchio “Aureo”
Happycentro
Agosto 2015
Ordine degli Architetti P. P. C. della Provincia di Verona Progetto di identità visiva
021
01, 03. Per aumentare la versatilità, il nuovo logo possiede due soluzioni di utilizzo. 02. Schema di costruzione del marchio. 04. Confronto tra il vecchio e in nuovo logo. 05. Alcune versioni di logo, non coordinate tra loro, in uso attualmente. 06. Futura. Il font disegnato dal tedesco Paul Renner nel 1928. 07. Nuovi significati da scoprire all’interno del nuovo logo.
033
Agosto 2015
© Happycentro 2015 — I materiali contenuti nella presentazione sono espressi a titolo esemplificativo e servono solo alla valutazione della proposta creativa. © Happycentro 2015 — I materiali contenuti nella presentazione sono espressi a titolo esemplificativo e servono solo alla valutazione della proposta creativa. Happycentro detiene il diritto di proprietà e paternità intellettuale sul progetto realizzato e sulle informazioni in esso contenute, i quali sono tutelati dalle norme vigenti in materia di “Diritti sulle opere dell’ingegno e delle invenzioni industriali” (CC Artt. 2575-76-77). La cessione dei diritti di utilizzo di quanto presentato verrà regolamentata dalla stipula di un contratto Happycentro tra le parti. detiene Le immagini il diritto raccolte di proprietà nellae presentazione paternità intellettuale sono poste sul solo progetto a titolo realizzato di esempio e sulle e ne informazioni è prevista laindiffusione. esso contenute, i quali sono tutelati dalle norme vigenti in materia di “Diritti sulle opere dell’ingegno e delle invenzioni industriali” (CC Artt. 2575-76-77). La cessione dei diritti di utilizzo di quanto presentato verrà regolamentata dalla stipula di un contratto Happycentro tra le parti. detiene Le immagini il diritto raccolte di proprietà nellae presentazione paternità intellettuale sono poste sul solo progetto a titolo realizzato di esempio e sulle e ne informazioni è prevista laindiffusione. esso contenute, i quali sono tutelati dalle norme vigenti in materia di “Diritti sulle opere dell’ingegno e delle invenzioni industriali” (CC Artt. 2575-76-77). La cessione dei diritti di utilizzo di quanto presentato verrà regolamentata dalla stipula di un contratto tra le parti. Le immagini raccolte nella presentazione sono poste solo a titolo di esempio e ne è prevista la diffusione. These images are for evaluation only. You may not use this file, or part of this for any form of commercial use without contacting info@happycentro.it. Happycentro snc and the authors who have submitted works retain title and ownership of the work contained. Rights of use will be regulated by following agreement. These images are for evaluation only. You may not use this file, or part of this for any form of commercial use without contacting info@happycentro.it. Happycentro snc and the authors who have submitted works retain title and ownership of the work contained. Rights of use will be regulated by following agreement. These images are for evaluation only. You may not use this file, or part of this for any form of commercial use without contacting info@happycentro.it. Happycentro snc and the authors who have submitted works retain title and ownership of the work contained. Rights of use will be regulated by following agreement.
Il marchio “Aureo”
Happycentro
Il progetto è tutto qui. È bastato poi proseguire con lo sviluppo della spirale, accostando più
orizzonte lontano, forse infinito. Significativo è stato scoprire anche che la “V” del monogramma della rivista, è esattamente un triangolo aureo (a conferma evidentemente che l’Helvetica è un carattere straordinario).
© Happycentro 2015 — I materiali contenuti nella presentazione sono espressi a titolo esemplificativo e servono solo alla valutazione della proposta creativa. Happycentro detiene il diritto di proprietà e paternità intellettuale sul progetto realizzato e sulle informazioni in esso contenute, i quali sono tutelati dalle norme vigenti in materia di “Diritti sulle opere dell’ingegno e delle invenzioni industriali” (CC Artt. 2575-76-77). La cessione dei diritti di utilizzo di quanto presentato verrà regolamentata dalla stipula di un contratto tra le parti. Le immagini raccolte nella presentazione sono poste solo a titolo di esempio e ne è prevista la diffusione. These images are for evaluation only. You may not use this file, or part of this for any form of commercial use without contacting info@happycentro.it. Happycentro snc and the authors who have submitted works retain title and ownership of the work contained. Rights of use will be regulated by following agreement.
urna vitae lacus iaculis semper. Curabitur dapibus bibendum turpis non dapibus.
Futura Std Bold — 10/12 pt
Futura Std Book — 10/12 pt) Futura Std Bold — 10/12 pt Vestibulum bibendum pretium Vestibulum bibendum pretium ante a ultricies. Pellentesque odio ante a ultricies. Pellentesque odio Vestibulum bibendum pretium Vestibulum magna, auctor vitae luctus ac, magna, auctor vitae luctus ac, bibendum pretium accumsan eget In sagittis accumsan eget ipsum. anteipsum. a ultricies. Pellentesque odio ante In a sagittis ultricies. Pellentesque odio porta accumsan. Sedauctor bibendum porta ac, accumsan. magna, Sed bibendum magna, vitae luctus auctor vitae luctus ac, lacinia tortor in luctus. Nam tortor in luctus. Nam sit accumsan egetsitipsum.lacinia In sagittis accumsan eget ipsum. In sagittis amet interdum nisl. Sed dapibus amet interdum nisl. Sed dapibus porta accumsan. Sed bibendum porta accumsan. Sed bibendum urna vitae lacus iaculis semper. urna vitae lacus iaculis semper. laciniabibendum tortor in luctus.Curabitur Nam sitdapibuslacinia tortor in luctus. Nam sit Curabitur dapibus bibendum amet interdum nisl. Sed dapibus amet interdum nisl. Sed dapibus turpis non dapibus. turpis non dapibus.
Futura Std Ligth
Futura Std Book — 10/12 pt)
ßÄÖÜäöü — 1234567890
A B C DAEBF C GD HE I JFKG LM S TOUPVQ WRXSY TZ U V W X Y Z HN I JOKPLQMRN 1 2 3 4152637 4 89 ( )$ = ?% @ 5 06 7! ”8§9$0% &! ”/ § & /€ ( ) = ? @ € abcdefghijklmnopqrstuvwxyz abcdefghijklmnopqrstuvwxyz ßÄÖÜäöü — 1234567890
Futura Std Heavy — 23/27 pt Futura Std Heavy — 23/27 pt
Futura Std — 20/24 pt
Futura Std Futura Std Book Ligth Futura Std Futura StdMedium Book Futura Std Heavy Futura Std Medium Futura Std Bold Futura Std Heavy Futura Std Extra Bold Futura Std Bold Futura Std Extra Bold
033
Agosto 2015
05
ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ ABCD N0 O P!Q R S$T% U& VW 1 E2F3G4H5I J6K7L M 89 ”§ / (X) Y=Z? @ € 1234567890 !”§$%&/()=? @€ abcdefghijklmnopqrstuvwxyz abcdefghijklmnopqrstuvwxyz ä ö1ü2 3— 39405 6 7 8 9 0 ß Ä Öß ÜÄ ä öÖü Ü— 4 51 62 78
Futura Std Book — 20/24 pt
Futura Std Book — 20/24 pt
Ordine degli Architetti P. P. C. della Provincia di Verona Progetto di identità visiva
Rosso
Agosto 2015
Marrone cioccolato
004
© Happycentro 2015 — I materiali contenuti nella presentazione sono espressi a titolo esemplificativo e servono solo alla valutazione della proposta creativa. Happycentro detiene il diritto di proprietà e paternità intellettuale sul progetto realizzato e sulle informazioni in esso contenute, i quali sono tutelati dalle norme vigenti in materia di “Diritti sulle opere dell’ingegno e delle invenzioni industriali” (CC Artt. 2575-76-77). La cessione dei diritti di utilizzo di quanto presentato verrà regolamentata dalla stipula di un contratto tra le parti. Le immagini raccolte nella presentazione sono poste solo a titolo di esempio e ne è prevista la diffusione. These images are for evaluation only. You may not use this file, or part of this for any form of commercial use without contacting info@happycentro.it. Happycentro snc and the authors who have submitted works retain title and ownership of the work contained. Rights of use will be regulated by following agreement.
Ordine degli Architetti P. P. C. della Provincia di Verona Progetto di identità visiva
018
Grigio metallizzato
Agosto 2015
Futura Std — 20/24 pt
Futura Std Bold / Light — 110/105 pt
presentato da Renner VenneVenne presentato da Renner stesso alla V Triennale stessodialla V Triennale Milano, nel 1933, di Milano, nel 1933, riscontrando in brevissimo riscontrando brevissimo tempo unin grande successo. tempo un grande successo.
Marrone caffé
Ordine degli Architetti P. P. C. della Provincia di Verona Progetto di identità visiva
OAVR OAVR 123 123
Futura Std Bold / Light — 110/105 pt
Futura
grafico tedesco Paul Renner.
Grigio intermedio
Grigio chiaro
Giallo oro
Giallo chiaro
003
Ordine degli Architetti P. P. C. della Provincia di Verona Progetto di identità visiva
© Happycentro 2015 — I materiali contenuti nella presentazione sono espressi a titolo esemplificativo e servono solo alla valutazione della proposta creativa. Happycentro detiene il diritto di proprietà e paternità intellettuale sul progetto realizzato e sulle informazioni in esso contenute, i quali sono tutelati dalle norme vigenti in materia di “Diritti sulle opere dell’ingegno e delle invenzioni industriali” (CC Artt. 2575-76-77). La cessione dei diritti di utilizzo di quanto presentato verrà regolamentata dalla stipula di un contratto tra le parti. Le immagini raccolte nella presentazione sono poste solo a titolo di esempio e ne è prevista la diffusione. These images are for evaluation only. You may not use this file, or part of this for any form of commercial use without contacting info@happycentro.it. Happycentro snc and the authors who have submitted works retain title and ownership of the work contained. Rights of use will be regulated by following agreement.
Futura Prodotto a partire dal 1928, il Futura è un carattere Prodotto a partire dal 1928, tipografico grazie il Futurasenza è un carattere progettato dal tipografo e tipografico senza grazie progettato tipografo e grafico tedescodal Paul Renner.
Carattere istituzionale
Carattere istituzionale
Happycentro
Happycentro
l’andamento delle circonferenze e delle intersezioni tra le diagonali, il disegno ha preso forma naturalmente: preciso, equilibrato, leggibile. Offrendo in seguito spunti di lettura nuovi: la scala, che prima rimandava soltanto all’identità territoriale, ora è anche la punta di una matita, un compasso, la prospettiva verso un
A
Ordine degli Architetti P. P. C. della Provincia di Verona Progetto di identità visiva
017
La soluzione è stata recuperare dai libri di storia dell’arte e, a quanto pare, dalla natura stessa, il concetto di sezione aurea. È stato sufficiente questo per far andare rapidamente tutto a posto, scoprendo che non sarebbe servito aggiungere altro. Questo per quanto riguarda le forme del marchio. Seguendo
04
03
ORDINE DEGLI ARCHITET TI P I A N I FI C ATO R I PA E S A G G I S T I C O N S E R VA T O R I DELL A PROVINCIA DI VERONA
Happycentro Ordine degli Architetti P. P. C. della Provincia di Verona Progetto di identità visiva
© Happycentro 2015 — I materiali contenuti nella presentazione sono espressi a titolo esemplificativo e servono solo alla valutazione della proposta creativa. Happycentro detiene il diritto di proprietà e paternità intellettuale sul progetto realizzato e sulle informazioni in esso contenute, i quali sono tutelati dalle norme vigenti in materia di “Diritti sulle opere dell’ingegno e delle invenzioni industriali” (CC Artt. 2575-76-77). La cessione dei diritti di utilizzo di quanto presentato verrà regolamentata dalla stipula di un contratto tra le parti. Le immagini raccolte nella presentazione sono poste solo a titolo di esempio e ne è prevista la diffusione. These images are for evaluation only. You may not use this file, or part of this for any form of commercial use without contacting info@happycentro.it. Happycentro snc and the authors who have submitted works retain title and ownership of the work contained. Rights of use will be regulated by following agreement.
Analisi delle preesistenze
Happycentro
© Happycentro 2015 — I materiali contenuti nella presentazione sono espressi a titolo esemplificativo e servono solo alla valutazione della proposta creativa. © Happycentro 2015 — I materiali contenuti nella presentazione sono espressi a titolo esemplificativo e servono solo alla valutazione della proposta creativa. © Happycentro 2015 — I materiali contenuti nella presentazione sono espressi a titolo esemplificativo e servono solo alla valutazione della proposta creativa. © Happycentro 2015 — I materiali contenuti nella presentazione sono espressi a titolo esemplificativo e servono solo alla valutazione della proposta creativa. Happycentro detiene il diritto di proprietà e paternità intellettuale sul progetto realizzato e sulle informazioni in esso contenute, i quali sono tutelati dalle norme vigenti in materia di “Diritti sulle opere dell’ingegno e delle invenzioni industriali” (CC Artt. 2575-76-77). La cessione dei diritti di utilizzo di quanto presentato verrà regolamentata dalla stipula di un contratto Happycentro tra le parti. detiene Le immagini il diritto raccolte di proprietà nellae presentazione paternità intellettuale sono poste sul solo progetto a titolo realizzato di esempio e sulle e ne informazioni è prevista laindiffusione. esso contenute, i quali sono tutelati dalle norme vigenti in materia di “Diritti sulle opere dell’ingegno e delle invenzioni industriali” (CC Artt. 2575-76-77). La cessione dei diritti di utilizzo di quanto presentato verrà regolamentata dalla stipula di un contratto Happycentro tra le parti. detiene Le immagini il diritto raccolte di proprietà nellae presentazione paternità intellettuale sono poste sul solo progetto a titolo realizzato di esempio e sulle e ne informazioni è prevista laindiffusione. esso contenute, i quali sono tutelati dalle norme vigenti in materia di “Diritti sulle opere dell’ingegno e delle invenzioni industriali” (CC Artt. 2575-76-77). La cessione dei diritti di utilizzo di quanto presentato verrà regolamentata dalla stipula di un contratto Happycentro tra le parti. detiene Le immagini il diritto raccolte di proprietà nellae presentazione paternità intellettuale sono poste sul solo progetto a titolo realizzato di esempio e sulle e ne informazioni è prevista laindiffusione. esso contenute, i quali sono tutelati dalle norme vigenti in materia di “Diritti sulle opere dell’ingegno e delle invenzioni industriali” (CC Artt. 2575-76-77). La cessione dei diritti di utilizzo di quanto presentato verrà regolamentata dalla stipula di un contratto tra le parti. Le immagini raccolte nella presentazione sono poste solo a titolo di esempio e ne è prevista la diffusione. These images are for evaluation only. You may not use this file, or part of this for any form of commercial use without contacting info@happycentro.it. Happycentro snc and the authors who have submitted works retain title and ownership of the work contained. Rights of use will be regulated by following agreement. These images are for evaluation only. You may not use this file, or part of this for any form of commercial use without contacting info@happycentro.it. Happycentro snc and the authors who have submitted works retain title and ownership of the work contained. Rights of use will be regulated by following agreement. These images are for evaluation only. You may not use this file, or part of this for any form of commercial use without contacting info@happycentro.it. Happycentro snc and the authors who have submitted works retain title and ownership of the work contained. Rights of use will be regulated by following agreement. These images are for evaluation only. You may not use this file, or part of this for any form of commercial use without contacting info@happycentro.it. Happycentro snc and the authors who have submitted works retain title and ownership of the work contained. Rights of use will be regulated by following agreement. © Happycentro 2015 — I materiali contenuti nella presentazione sono espressi a titolo esemplificativo e servono solo alla valutazione della proposta creativa.
Il marchio “Aureo”
Happycentro
L’identità visiva non va inventata, va scoperta. Risiede in profondità nella storia, non è qualcosa che viene appiccicato in maniera più o meno equilibrata. Serve fare un po’ di ricerca, parlare con le persone, conoscere quanto è stato prodotto fino a quel momento e in quale forma, da chi, seguendo quali indicazioni, cercando di comunicare cosa. Il tempo a disposizione è stato poco ma la soluzione era praticamente già disponibile, andava appunto “tirata fuori”, come si fa nella scultura. Volevamo che ogni segno grafico fosse espressione significante del pensiero artistico e poi architettonico. Allo stesso tempo, in grado di richiamare il legame forte che l’architettura ha con il contesto naturale in cui si colloca.
bello possa risiedere nel saper rispettare la nostra intima natura, il naturale sviluppo delle cose, trovando le risorse per valorizzare orgogliosamente i nostri difetti: visto che c’è voluto tanto tempo per coltivarli.
022
— 68 2015 #04 09
08
elementi, per trovare lo schema solido su cui poggiare ogni altro elemento grafico e la sua messa in pagina. Il font utilizzato è un Futura, un carattere disegnato negli anni della fondazione dell’Ordine, che ricorda per stile quello posto sull’antica targa in metallo ancora presente presso la sede. Per i colori si è favorita l’idea, anche qui, di grande semplicità: bianco e nero soltanto. Fin qui tutto facile. Trovata la chiave iniziale, le scelte di lì
in avanti sono state quasi obbligate, ad eccezione forse della mancata ricerca di una compensazione ottica tra marchio e logotipo (elemento tipografico), voluta proprio per far prevalere le proporzioni auree. Ciò detto, serve precisare che gli obiettivi progettuali di questo intervento non interessano soltanto marchio e logotipo, anzi, questi rappresentano per certi versi una parte marginale. L’intento principale
103
— 69 13
Sono tutti tasselli questi, che vanno nella direzione, finalmente, di dare forma e sostanza a quello che vorremmo diventasse un sistema visivo forte
ORDINE DEGLI ARCHITETTI PI A N I FI C ATO RI PA E S AG G I S T I C O N S E R VATO R I DELL A PROVINCIA DI VERONA
Presidenza
Archivio
Reception
Sala a u d i o/v i d e o
11
•
Siamo all’inizio di questo processo, potremo dire se avrà portato a qualche risultato degno di nota solo tra qualche tempo, certi che ciò avrà luogo solo se tutti i soggetti coinvolti sapranno adoperarsi per sostenere l’iniziativa.
e riconoscibile, che possa accompagnare l’Ordine nel processo di ricucitura tra i diversi strumenti di comunicazione rivolti innanzitutto agli iscritti, alle istituzioni e infine alla cittadinanza.
ORDINE DEGLI ARCHITETTI PI A N I FI C ATO RI PA E S AG G I S T I C O N S E R VATO R I DELL A PROVINCIA DI VERONA
era infatti “mettere ordine nell’immagine coordinata dell’Ordine”. «ORDINE [...] significa disposizione regolare e perfetta di parti concorrenti tutte alla composizione di un bell’insieme; ordine è dunque opposto alla confusione». Questa è la frase (tratta dalle pagine di Introduzione all’architettura di Leonardo Benevolo, edizioni Laterza) provocatoriamente inserita in testa alla presentazione del progetto, convinti che questo fosse davvero il tema centrale. Da qui la necessità di completare l’intervento sviluppando coerentemente una serie di materiali e, tra questi, un breve manuale d’uso, utile per comunicare internamente e soprattutto con l’esterno.
14
10
08. Tavola riassuntiva immagine coordinata. 09. Dettaglio della carta intestata. 10. Cartellina porta documenti. 11. Timbro per autenticazione documenti. 12. Layout responsive per l’immagine coordinata online. 13. Layout della segnaletica per la nuova sede. 14. Gadget convegni.
12
Collezione Privata
‘Fiori e merda’ Silvano di G.G.M. Amati
Il percorso pittorico di un defilato artista veronese attraverso lo sguardo di un architetto-agitatore-curatore Testo: Luigi Marastoni
02
Silvano di Gino, Giovanni, Mariateresa Amati, nato nel 1955, è il nome che l’artista ha scelto di adottare da quando riesce a vincere la propria timidezza e conservare le opere che realizza, in gioventù sempre distrutte, prima ancora di essere viste da altri. Un nome scelto per omaggiare tutte quelle figure che nella propria vita lo hanno aiutato a incontrare la pittura, e che tutt’ora sente costantemente vicine nella stesura di ogni nuovo lavoro. Gino, il padre, capo reparto verniciatura alla Conforti, studiava e inventava i colori per trasformarli in tinte e vernici preparate per nomi come Max Meyer. Giovanni, il parroco di Pai deceduto nel 2005, è una figura centrale nel percorso spirituale dell’artista, che matura un rapporto speciale di condivisione e dibattito sui molteplici temi della vita ricevendone
01
— 70
2015 #04
un’influenza positiva e amica. Mariateresa è la suocera, una donna simpatica e solare, a proprio agio in ogni situazione e contesto. Silvano vi riconosce la figura che per prima l’ ha incoraggiato a mostrare i propri lavori e a cui rinnova una quotidiana gratitudine nell’avergli lasciato sin da giovanissima quella che oggi è l’amata moglie. Amati: quello che sembra il cognome è invece la cornice che rinnova dichiarato amore per i nomi suddetti e per tutte le persone che nell’arco della vita hanno alimentato e alimenteranno questo sentimento, unica condizione di vitalità artistica. Silvano si nutre di pochissimi rapporti con le persone vicine, vi trova influssi positivi che lo portano a operare allontanandosi così da situazioni statiche e depresse che ne bloccherebbero la progettualità. Silvano non dipinge per fuggire dai propri conflitti, ma solo attraverso essi trova tutte le tensioni che lo portano alla pittura meravigliosa; nell’incontro con un mondo fatto di persone che lo attendono, Silvano si offre con quello che è il suo progetto iniziato da bambino e ancora in corso. (nota biograf ica a cura di Sebastiano Zanetti, 2013)
04
Per poter vedere le opere pittoriche di Silvano di G.G.M. Amati ci sono poche possibilità: aver visto la sua unica personale (Red Zone Art Bar, San Giorgio di Valpolicella, 2013) o andarlo a trovare a casa sua. Un cancello apre all’immenso parco di una villa storica nel veronese; un vialetto bordato con alberature all’inglese introduce a una corte chiusa definita da una barchessa e da una casa padronale, un luogo tipico e poetico, ‘recinto con solo la mutevolezza del cielo’, rappresentativo di chi si va ad incontrare. Timidezza. Vive solo, attorniato dalla famiglia – la moglie e una figlia – nell’enclave di questa corte. Ha pochissimi amici che lo frequentano perché ha paura ad incontrare le persone che non gli sono vicine: “io amo le singole persone non la gente”
mi ha scritto in uno dei tanti rapporti epistolari; “l’amore per qualcuno è la cosa più vicina all’immagine di un Dio” in un altro. Così che quando si entra nel suo mondo e si viene accettati, si apre a te in maniera
05
03
103
— 71
01. L’eleganza della regina, 2012 (100x140) 02. Rosso su rosso, 2013 (32x42) 03. Fiori gialli, 2013 (32x42) 04. La mano rossa, 2013 (100x140) 05. Una conferenza di Freud, 2013 (100x140)
Collezione Privata 06. Sarajevo, 2010 (40x50) 07. Rose rosse, 2013 (32x42) 08. Fiori azzurri, 2013 (32x42) 09. Siamo solo pifferi, 2013 (120x100) 10. Fare ll’amore, 2012 (32x42)
06
totale, eros e logos: da introverso diviene capace di qualsiasi genere di espressione sensibile; piagnucolone quando ha periodi di stasi, aggressivo nel presentarti una sua opera che ti racconta a due centimetri dal naso. Pretende massima dedizione, che ‘ricompensa’ con grevi, pesanti, carichi di responsabilità: “caro Luigi sono quattro mesi che non dipingo, adesso mi stanno venendo nuove
08
idee o ispirazioni,ma finché non mi dici tu qualcosa abbiamo deciso mia moglie ed io che resto fermo; sei onestamente l’unico che ho incontrato che ha saputo infondermi proprio l’autostima”, in un’altra epistola. Protetto dalla famiglia e dal luogo, vive una vita fatta di semplice e ‘normale’ quotidianità; il tempo di vita di ciò che sta fuori non viene misurato, è assolutamente un luogo altro con delle persone che vivono per Silvano. È da questo che prende spunto la sua pittura: dipingere le cose della vita e un luogo che lo protegga dalla quotidianità banale, capace di concentrarlo su grandi temi generali. Colori. Il mito infantile del padre colorista determina un’innata sensibilità cromatica, una capacità di accostamento di cromie di ogni tempo, una conoscenza del colore infinita. È la materia in cui Silvano produce pura razionalità, conoscenza ed esperienza lo guidano in combinazioni spettacolari. Un’esplosione di vitalità, nessun freno stilistico o di gusto se non
l’immensità dello spettro cromatico, una forza dirompente. Usa colori primari come solo De stijl osò proporre, e ti parla con minuzia di attenzioni dei colori del Vecellio, propone cromie di gusto retrò e ti sconcerta con combinazioni assolutamente à la page. È solo attraverso il colore che Silvano esprime qualsiasi cosa, non gli è applicabile alcuna etichetta, bisogna solo sforzarsi di eliminare il tempo storico ed essere allenati a tutte le combinazioni cromatiche che l’arte pittorica ci ha consegnato. Percorso spirituale. Da quando è consapevole di essere un pittore vive per l’arte, ha escluso ogni rapporto casuale, tutto è portato all’estremo. Se non dipinge mi scrive: “sto male, momentaneamente sto molto male, sai quando un uomo non dipinge è un uomo che vale poco”. Con Silvano si discute solo di massimi sistemi: nella corte settecentesca sembra di stare in un gymnasium o in una comune a Berlino negli anni Settanta: la nascita, la vita, il corpo, gli animali, la flora la fauna l’atomo
— 72
07
l’intelletto le scienze, filosofia spiritualità tutto è enciclopedico, portato ad estrema razionalità, al “senso più grande possibile”. Allo stesso tempo parlando di Dio ti racconta che “ho accettato l’idea che non esiste quindi non sono un praticante né un praticone, né un credente né un credulone, sono uno sperante”. Stupefacente trovare qualcuno che struttura riflessioni di questo tipo: studio enciclopedico e ‘condizionamenti’ derivati da un passato che non esiste più, in teoria, ma nella nostra società ancora presente in ordine ‘casuale’. L’arte riconosciuta ha smesso da tempo di occuparsi dei ‘grandi temi eterni’. Come in un cenacolo, nella corte entrano a discutere di questi temi solo un amico filosofo, un medico, un prete, un architetto e un giovane artista. È sete di conoscenza
2015 #04
09
illuministica che, portata all’estremo, coincide con una vita portata all’estremo come già successo nella storia delle arti, ma non è questo che ci interessa. Nessuna velleità bohémienne, forse ci può interessare l’atmosfera decadente presente e nella casa e nelle sue opere; come un rudere si inserisce in un processo atemporale. Pone temi nella propria opera con la semplicità e la crudezza, che solo il mondo scientifico ammette. A proprio agio in ogni situazione e contesto. È la chiave di volta che permette a Silvano di divenire
103
Amati. Nato nell’atmosfera veneta di metà Novecento, cresciuto secondo i dettami del tempo, nonostante abbia vissuto il periodo storico delle massime libertà che avrebbero dovuto dare consapevolezze, è l’incontro con la moglie-suocera che lo mette “a proprio agio in ogni situazione e contesto”; incoraggiato dalla famiglia è libero di aprirsi a tutti i temi possibili. Il disincanto, la brama di piacere dell’Uomo libero/Nuovo e ‘i massimi sistemi’ si uniscono in un mix incredibile capace di esprimere temi unici... Cornice. Due fattori sono ineludibili
nella pittura di Amati. Il primo viene dalle sue parole: “credo nelle figure riconoscibili per poter elaborare un’arte accessibile, che non metta a disagio il fruitore, non voglio che le persone che guardano i miei quadri si sentano inadatte per il linguaggio criptico utilizzato”. Il secondo: tutti i quadri di Amati sono finiti, conclusi; la finitio cinquecentesca si esprime attraverso geometrie moderniste che spuntano dalla profondità della memoria per concludere composizioni scientifiche di corpi o di parti (Una conferenza di Freud); con tagli sublimi figli della maestria di Ralph Gibson o di Horst che utilizzano parti/forme del corpo per costruire altre esperienze estetiche (Siamo solo pifferi, L’eleganza della regina); con composizioni piatte costruite su di un piano bidimensionale come solo a Bisanzio o nel Medioevo si usava fare ma con forti caratterizzazioni simboliche; con un gioco di parole che utilizzato nel titolo dell’opera serve a risolvere una vagheggiata scena romantica ma cruenta (Cane da combattimento abbandonato morente tra gli occhi della Madonna). Bambino. Il continuo ricercare di natura illuministica si mescola con la stupefacente qualità infantile di essere nuovo, curioso per qualsiasi esperienza, di saper annullare le costruzioni che la nostra società ha in millenni codificato per aprirsi al piacere, allo stupore, alla meraviglia delle cose prime che solo un bambino può avere. Come un nuovo barbaro di Baricco, Amati taglia a fette il passato, cancella i sistemi di riferimenti di un secolo appena finito e costringe il fruitore a ridefinire gli ultimi trent’anni di storia delle arti. Per
— 73
affrontare la sua arte è necessario questo sforzo che propone più radicalità-semplicità e minori sicurezze: un viaggio verso l’ignoto con un passato prossimo diverso. Nessuno racconta lo smarrimento di questa civiltà meglio della sua opera. Il passaggio da contadina a industriale, la ricerca di un’identità forse smarrita e i cinquant’anni di mercato continuo che hanno distrutto il nostro paesaggio e molte regole sociali. L’unicità di un pensiero/territorio in cui “il tempo grande scultore” è ancora un elemento reale di vita vera. Come gli ho scritto in un momento delicato, in cui fermo, immobile di fronte alla tela bianca non riusciva a disegnare: “ tu rappresenti per Verona e il Veneto la risposta vera al delirio di questi luoghi. Le tue perversioni sono poesia, quando ti sporchi con la merda e con i fiori attivi il sublime.” •
10
Territorio La bellezza nell’era della volgarità globale
Territorio
I contributi di un dialogo a più voci, su iniziativa di Gabriello Anselmi, che affronta una parola tanto scomoda e dimenticata quanto necessaria
Cura: Gabriello Anselmi
01
— 74
2015 #04
La parola “bellezza” sembra essere scomparsa dal vocabolario comune. Un segno dei tempi che cambiano, in un era, quella “post”, dove il mito della tecnologia e di un’economia estrema sembra aver sostituito i valori di sempre. In questa fase di disorientamento generale non è esente l’arte, un tempo concretizzazione di un pensiero estetico, faro illuminante nei processi di trasformazione di una società, oggi entrata, come qualsiasi altro prodotto, in un preciso progetto commerciale. Un panorama desolante dove sicuramente il territorio, inteso come luogo del vivere, rimane una delle testimonianze più rappresentative. Nell’indifferenza generale, quello che era uno dei paesaggi più belli del mondo, in nome di un presunto progresso, si è trasformata nella più aberrante accozzaglia di stili del peggior cattivo gusto. In questo terreno di superficialità e contraddizioni non sono privi di responsabilità gli architetti, tradizionalmente promotori di un vasto dibattito sulle primarie problematiche del costruire, oggi casta assente, autrice di narcisistici “pezzi unici” slegati da ogni contesto. In un mondo che corre troppo in fretta, senza lasciare il tempo nemmeno per un respiro, c’è bisogno di una pausa, di un drastico recupero esistenziale che restituisca un senso di appartenenza a ciò che ci circonda e in cui anche una parola come “bellezza” possa ritrovare un suo autentico significato (G.A).
103
giorgio franck inutile bellezza
Antitesi del bello e del mistero di vita che esso custodisce, il brutto – con le sue collisioni, i suoi urti, le sue dolorose dissonanze – ci restituisce l’immagine sfigurata e manchevole del mondo che abitiamo: non casa, dimora del vivente, ma desolato asilo messo a soqquadro dalla nostra volontà di potenza, terra ustionata il cui lamento di animale ferito ci ostiniamo a non volere intendere e che scortichiamo e avveleniamo ogni giorno, indifferenti alla nostra stessa sventura. Un mondo im-mondo, si dovrebbe dire: cumuli di macerie che si innalzano al cielo nei labirinti delle città convulse, paesaggi sventrati, steppe informi, immani plaghe di squallore cementizio in cui un’architettura votata al dissesto propaga l’incoerenza e il disordine. Specchio dell’inumano cui ci siamo votati, il brutto ci assomiglia. Non diversamente da quanto accade a noi tutti, esso, nel contesto storicosociale che ci è contemporaneo, è l’espressione più diretta ed evidente delle nostre febbri e dei nostri squilibri: scompensi generati, a loro volta, dal nostro quotidiano asservimento al dominio dell’utile, «dio implacabile e sereno» (come già disse Baudelaire), tiranno al cui potere appare interamente sottomessa una vita ormai povera di incanti e quasi ignara di splendore. Dittatura dell’utile. Che è come dire compravendita di tutto, anche di menti e di anime; e riduzione dell’uomo alla mera somma delle sue funzioni all’interno di un sistema produttivo dominato dalla merce; e manifesta ostilità rivolta a ciò che è inutile – contemplazione meditazione raccoglimento bellezza –, a quanto non si la-
scia definire secondo i criteri vigenti nel Regno della Quantità. In una delle sue pagine più amare, Baudelaire profetizza l’avvento di una società – forse in qualche modo già presente ma non ancora del tutto visibile all’interno dell’epoca che gli è contemporanea – asservita nella sua interezza allo spirito di commercio. In un siffatto universo sociale la sola realtà significativa sarà quella del denaro. «Allora il figlio fuggirà la famiglia, […] non per andare in cerca di avventure eroiche, non per liberare una bellezza prigioniera in una torre, non per rendere immortale una stamberga con pensieri sublimi, ma per fondare un commercio, per arricchirsi, e per fare concorrenza al suo infame papà». E la sposa del borghese «non sarà più che il perfetto ideale della mantenuta». E la figlia del borghese sognerà nella culla di «vendersi per un milione». A questa società del futuro che nei suoi tratti essenziali è già presente nel suo tempo, Baudelaire non ha altro da opporre che la sua arte, la sua poesia. Ossia i suoi “fiori” germinati nel fango di Parigi, schiusi alla luce sotto il cielo brumoso della città-bordello: parole intaccate e corrose dal tedio, sfibrate dallo spleen, eppure sempre rilucenti di una bellezza ulcerata e dolente; versi che Baudelaire, dedicandoli a Théophile Gautier, offre in omaggio al suo «maestro ed amico», al «poeta impeccabile». Quest’ultimo, per parte sua, nella Prefazione a Mademoiselle de Maupin, contrappone – in una prosa levigata e compatta, accesa di toni polemici e rischiarata da una festosa ironia – l’incanto della bellezza alla volgare praticità dell’utile. Richiamandosi a Voltaire, Gautier confessa di essere «uno di quelli per i quali il superfluo è necessario».
— 75
01. Foto di G. Anselmi.
Associazione Culturale 107CentSept ARTE&TERRITORIO Società Letteraria di Verona patrocinio Ordine degli Architetti PPC della provincia di Verona organizzazione Gabriello Anselmi
Territorio
E il superfluo è, appunto, la bellezza: eccedenza sempre indispensabile, sovrappiù di cui non si può fare a meno. Un puro paradosso, si direbbe. Poiché infatti, mentre da un lato il bello è in se stesso propriamente inutile, dall’altro è invece qualcosa di cui non possiamo privarci in alcun modo. Esso ci è necessario come può esserlo un dono che ci viene elargito in pura perdita, e al quale potremmo anche rinunciare, se non fosse che – ricevendolo – riusciamo ad introdurci, in un istante, nel misterioso regno della Grazia.
02. Sistemazione del percorso verso l’Acropoli di Atene di Dimitris Pikionis.
02
Territorio anna braioni
la bellezza della memoria nel paesaggio
«Non c’è paesaggio senza memoria» (Simon Schama, Paesaggio e memoria, Mondadori, 1997). Questa citazione, ben argomentata nel bellissimo e ponderoso saggio dello storico dell’arte inglese, viene declinata nel suo contrario «dove non c’è memoria, c’è rovina» in quattro libri, ognuno con un’ottica diversa. Il primo, Cartongesso di F. Maino (romanzo senza speranza, Einaudi 2014), dà una visione di un Veneto che fa dell’effimero il codice identificativo della modernità, dimenticando completamente il suo stupendo passato, descrive un territorio in cui si deve apparire senza necessariamente essere, dove il ricordo è un inutile orpello; si parla di una regione che è ormai senza memoria, per avere negato ogni valore al “durare nel tempo”. Infatti si rappresenta con il cartongesso, il materiale usa e getta che rende bene l’immagine di una società con un pensiero unico: lo smaltimento del “rifiuto”. Anche il secondo libro, Negra-
rizzazione di G. Fedrigo (QuiEdit, 2010), dall’esplicito sottotitolo Speculazione edilizia, agonia delle colline e fuga della bellezza, è un saggio senza speranza: descrive un territorio umano con un senso dell’ineluttabile, obbligato in un’unica direzione di consumo generalizzato, senza possibilità di ripensamenti, solo in funzione dell’arricchimento individuale. Nel terzo saggio, Il grigio oltre la siepe di M. Varotto e F. Vallerani (Nuova dimensione, 2005), si vuole mettere a una giusta distanza dal fenomeno della distruzione del territorio, volendo darne non tanto giustificazioni, quanto un inquadramento socio-geografico che non invischia in un immediato sentimento di repulsione. Ma nel suo sottotitolo una citazione di Andrea Zanzotto («Salvare un luogo è salvarne l’anima e quella di chi l’abita») dà il senso del percorso da compiere per riprendersi la speranza, la memoria e quindi l’emozione della bellezza. Infine l’approccio di Eugenio Turri (il quarto e ben circostanziato saggio) è decisamente il più propositivo, oltre che coinvolgente. «La concezione del paesaggio come teatro sottintende che l’uomo e la società si comportano nei confronti del territorio in cui vivono in duplice modo: come attori che trasformano, in senso ecologico, l’ambiente di vita, imprimendovi il segno della propria azione e come spettatori che sanno guardare e capire il senso del loro operare sul territorio. […] Dove manca l’uomo che sa guardare e prendere coscienza di sé come presenza e come agente territoriale, non c’è paesaggio, ma solo natura, bruto spazio biotico, al punto da farci ritenere che tra le due azioni teatrali dell’uomo (l’agire e il guardare) ci appare più importante, più uma-
— 76
na, la seconda, con la sua capacità di guidare la prima. […] Il problema è di cultura. […] Altrimenti si ha una fuoriuscita dell’uomo dal paesaggio, fuoriuscita non solo fisica, ma anche spirituale, morale, culturale…» (Eugenio Turri, Il paesaggio come teatro, Marsilio, 1998). Adottare un luogo diventa perciò il modo per allargare e approfondire il ricordo, per conoscere il vissuto proprio assieme a quello degli altri abitanti, per comprendere il loro presente e per progettarne nel modo più coerente le trasformazioni nel futuro. In tal senso sono stati presi inconsiderazione alcuni interventi significativi per il coinvolgimento sociale e per l’interesse verso il paesaggio come memoria dei luoghi, memoria che diventa storia e che rende ancora più efficace l’ineluttabile opera di trasformazione. La sistemazione del percorso verso l’Acropoli di Atene di Dimitris Pikionis (1954-1957) è l’immagine più coerente di come si può riprendere un cammino verso il futuro quando sembra che tutto sia morto: rifare con i cocci di un glorioso passato un percorso “semiologico” verso un “luogo” dell’umanità e dare così l’avvio a un processo salvifico di architettura e paesaggio. Anche il recupero di El Turó de la Rovira a Barcellona, l’intervento firmato da Imma Jansana e Jordi Romero, già presentato in un incontro de “Il Sabato del Paesaggio”, rappresenta il modo più coerente per riportare in un sito tutte le sue potenzialità architettonico-culturali, utilizzando tutti i materiali e tutti i manufatti che per vari motivi si sono sedimentati, senza proporre una scala di valori, ma lasciando visibile la loro storia: il patchwork di azulejos, raccolte qua e là, con cui i senzacasa forzatamente inurbati del
2015 #04
secondo dopoguerra si pavimentavano le abitazioni, diventa parte del patchwork più esteso del percorso urbano che mostra uno dei panorami più belli di Barcellona. I vari manufatti bellici (fortini, casematte, gallerie, ecc.) si trasformano in un processo di conoscenza della storia catalana del Novecento, facilitando l’adozione del sito da parte dei vecchi e dei nuovi cittadini che qui trovano nuovi momenti di relazione. Il museo all’aperto del Carso di Paolo Bürgi è un mirabile intervento dell’architetto svizzero, che ha colto nel segno e in un segno (il taglio della roccia sul versante che porta fino alla base del versante) l’idea di racchiudere tutta la storia geo-ambientale della regione, da cui l’alta pianura adriatica trae origine, in un’incisione-percorso: dal crinale si scende tra due alte pareti, che mostrano e spiegano la morfologia, verso valle dove da una terrazza panoramica si gode la varietà, la diversità e l’unicità del Carso. In questo modo si comprendono anche i luoghi delle storiche battaglie per le
quali la possibilità di vittoria stava più nella conoscenza degli anfratti e delle fessure rocciose che nella presenza di potenti macchine belliche. In questo nuovo tracciato museale anche il Sacrario di Redipuglia perde un po’ della sua tetra solennità per assumere, consentendo la comprensione del territorio e del paesaggio, un ruolo ancor più “patriottico”. Per dare avvio, dopo decenni di sfruttamento industriale, a un processo di bonifica ambientale del bacino della Ruhr, Paolo Bürgi segue l’andamento naturale delle fasce coltivate di graminacee che ne hanno ricoperto per secoli il paesaggio collinare. Esse assumono colori e intensità diverse nelle varie stagioni, armonizzano il paesaggio sulla base della sua ruralità pregressa e soprattutto assorbono, anno dopo anno, stagione dopo stagione, i metalli pesanti e le altre sostanze depositate nel terreno dalla precedente attività manifatturiera, in modo da consentire a quella regione un futuro (non immediato, poiché il processo di depurazione sarà lungo)
nuovamente agricolo. Un gruppo di ricerca e progettazione interdisciplinare (tra cui anche cultori del paesaggio) ha invece operato per la bonifica delle ex-cave di lignite del Goitzsche nel Sachsen-Anhalt. Senza mai dimenticare il recente passato di sfruttamento della regione, esso ha inteso sviluppare un processo di riutilizzo educativo e sociale del tempo libero, incentivando tutte quelle attività compatibili con il livello di risanamento delle diverse parti dell’area e permettendo in ogni caso un’evoluzione verso la naturalità dei siti. Ne risulta un interessante paesaggio in continua trasformazione che mette
04
03
103
05
— 77
03-04. Recupero di El Turó de la Rovira a Barcellona di Imma Jansana e Jordi Romero. 05. Cave di Cusa, Parco archeologico di Selinunte, nei pressi di Trapani.
06. “La memoria in un paesaggio: Verona”: raffigurazione plastica della città, Cappella Boldieri di Sant’Anastasia, seconda metà del Quattrocento.
Territorio
è sempre Sabato del Paesaggio
Una seconda edizione dalla dimensione temporale lenta, a misura di paesaggio, per il ciclo di incontri promosso da «AV»
Territorio
Testo: Anna Merci
in risalto l’entropia dei processi indotti dall’uomo. Le Cave di Cusa (Premio Carlo Scarpa 1999 della Fondazione Benetton Studi e Ricerche), nei pressi di Trapani, sono strettamente legate, avendone fornito il materiale per l’Acropoli greco-siculla, al Parco archeologico di Selinunte. Data la straordinaria qualità del luogo, un semplice taglio dell’erba lungo un percorso già tracciato, diventa il modo più coerente per riqualificare e valorizzare l’incanto di un sito dimenticato da secoli, dove la memoria di passate trasformazioni del paesaggio acquista l’immediatezza della presenza: mancano solo gli utensili antichi. L’ultimo esempio (tralasciando il caso del Lazzaretto, perché già oggetto di altri articoli nei precedenti numeri della rivista) è “la memoria in un paesaggio: Verona”. Il tema, molto complesso, viene per necessità trattato sinteticamente, essendo stato, però, approfondito nel lavoro di ricerca effettuato per il Piano degli Interventi – di cui la relatrice era consulente per il paesaggio – recentemente (2012) approvato dal comune di Verona. Esaminando le varie immagini storiche di Verona, emerge una rappresentazione
06
della città prevalentemente da sud verso nord, dalla pianura verso la collina. Non è un caso: solo da questo punto di vista si riesce a mettere assieme tutte le parti della città; solo così si riesce a contestualizzarla nel territorio più ampio che forma ed è trasformato dalla città stessa. Nella piccola raffigurazione plastica di Verona che San Pietro Martire tiene in mano nella cappella Boldieri di Sant’Anastasia, si riconoscono tutti gli «iconemi» (con questo termine Turri racchiude gran parte della sua ricerca semiologica sul paesaggio, vedi Semiologia del paesaggio italiano, Longanesi, 1979, in fase di riedizione per i tipi della Marsilio) della città che ne configurano la memoria. Questa speciale direzionalità (sud-nord) non è in contrasto con la generale ricerca di trasformazioni armoniche per tutto il territorio, ma mette bene in evidenza come si deve porre colui che intende intervenire sul e nel territorio: deve guardare, leggere la storia, approfondire la conoscenza ambientale e quindi chiedersi come quell’opera verrà vissuta da oggi nel futuro. In sintesi deve trovare il miglior modo per mettere in relazione i suoi diversi luoghi a partire dalla loro storia naturale e umana.
•
Una piazza sulla copertura di una palestra in mezzo alle montagne trentine? È paesaggio. Un disco di cemento armato adagiato tra le rocce delle cime di Cardada? È paesaggio. I resti di un pavimento di una baracca abusiva a Barcellona? È paesaggio. A dimostrarci efficacemente come queste tre diverse situazioni possono essere definite paesaggio sono stati i tre protagonisti del secondo ciclo de “Il sabato del paesaggio 2” tenutosi nella sala convegni della Banca Popolare di Verona tra maggio 2014 e aprile 2015: Juan Manuel Palerm Salazar, Paolo Bürgi e Imma Jansana. Nel corso dei tre appuntamenti è stato possibile apprezzare i progetti, ma anche capire l’approccio e le rispettive fonti d’ispirazione di ciascuno degli invitati, capaci di utilizzare gli strumenti dell’architettura in armonia e anzi in funzione del progetto di paesaggio. Ad aprire gli incontri è stato Juan Manuel Palerm Salazar, esperto comunicatore che non a caso ha intitolato la sua lectio magistralis “Paesaggi costruiti”: i suoi progetti infatti dimostrano una continua ricerca di equilibrio tra architettura e natura, tra artificiale e vegetale. I criteri fondamentali che devono guidare le scelte progettuali prevedono di osservare ogni progetto inserito nella scala più ampia, anche quando si tratta di un piccolo intervento, perchè il controllo a una scala maggiore permette di ca-
— 78
pire quali siano le relazioni messe in atto e permette di verificare la validità o meno delle scelte fatte. Questa verifica diventa necessaria quando l’area di intervento è ampia e adibita a spazio pubblico, come nel caso del Barranco de Santos o di Sanbàpolis, il nuovo centro polifunzionale di San Bartolomeo a Trento, progetti nei quali devono convivere necessità funzionali, rispetto dell’ambiente e spazi collettivi. Palerm Salazar mostra la sua grandissima capacità di lavorare contemporaneamente con la micro e la macro scala, ricercando il giusto equilibrio tra funzionalità e bellezza,
07
2015 #04
tra architettura e paesaggio, tra dettaglio e tecnologia, provando a spingersi sempre al limite di questi delicati binomi. L’incontro successivo ha visto la presenza di Paolo Bürgi, che ha presentato tanti progetti quante sono le tematiche che ama affrontare a ogni nuova sfida progettuale. Prende ispirazione dall’arte, dalla scultura, dalla fotografia e si rapporta al progetto come a un racconto che deve permettere ai visitatori di guardare i luoghi con altri occhi, e nel farlo spesso sceglie di utilizzare degli espedienti visivi per incentivare la curiosità. Il progetto della piazza urbana a Kreuzlingene apre al tema dell’orizzonte, dello scoprire cosa c’è oltre, tema ricorrente nelle opere di Bürgi: come nell’osservatorio geologico di Cardada, un disco di cemento armato posto in cima a una montagna per creare un legame con la geologia del luogo, dove la placca africana e la placca europea si incontrano. Il tempo di
103
realizzazione di un progetto è tanto importante quanto il tempo della progettazione stessa; spesso si dimentica quanto è difficile lavorare in montagna: era necessario proteggere le pietre esistenti, e con l’aiuto di tre geologi è stato realizzato un modello 1:1 in loco per ottenere la maggior precisione possibile. Il progetto per il Museo all’aperto sul Carso Goriziano sottolinea invece l’importanza di avvicinarsi ai luoghi senza toccarli, proponendo interventi minimi che vogliono creare curiosità, procedendo attraverso processo di semplificazione invece che di aggiunta. Molto interessante anche l’idea alla base del progetto Venustas et Utilitas, Urban Agriculture in Germania, un intervento effimero su alcuni campi agricoli della durata prevista di due anni, inserito nel programma annuale dei tempi della semina. A concludere il secondo ciclo del Sabato del Paesaggio è stata Imma Jansana, che ci ha spiegato forse l’aspetto più interessante del suo approccio al progetto di paesaggio mostrando le immagini un unico lavoro estremamente esplicativo: il restauro delle batterie antiaeree del Turo della Rovira a Barcellona. Questo luogo speciale, l’unico ad avere una vista a 360 gradi su tutta la città, ha una storia molto interessante di stratificazioni e usi diversi. Dopo la guerra un grande flusso di immigrazione delle popolazioni rurali e la mancanza di abitazioni fece sì che fossero costruite baracche abusive anche dentro le batterie stesse, ma dopo il rilievo è emerso che esisteva anche un utilizzo precedente di tipo agricolo con terrazzamenti e muri di contenimento in pietra, dei quali restavano tracce importanti. Abbattuta l’ultima baracca nel 1990, si è proceduto con la
SAN MICHELE!
REDIPUGLIA!
DOBERDÒ!
08
07. Paolo Bürgi, Venustas et utilitas, Mechtemberg, Germania 2011. 08. Paolo Bürgi, Concorso per il Museo all’aperto del Carso, Gorizia 2010 (1° premio). 09. Paolo Bürgi, osservatorio geologico, Cardada, Svizzera 2000 (foto Landecy).
09
ripulitura che ha portato alla luce diverse tracce, e si è deciso di mantenerle visibili tutte in modo che nessuna prevaricasse, perchè ognuna aveva pari dignità nel raccontare la storia del luogo. Il progetto ha ripreso anche i cammini battuti dagli abitanti, e le ringhiere di protezione sono diventate gli elementi che segnalano i percorsi su questo suolo stratificato. L’intervento si è inserito in modo delicato ed è destinato esso stesso a scomparire perché i materiali scadenti con i quali erano state costruite le baracche non potranno resistere
— 79
cent’anni, e allora a quel punto sarà possibile scrivere un altro strato. L’approccio corretto al progetto nel paesaggio, quindi, è quello di realizzare un intervento effimero o quantomeno trasformabile perché, come afferma Imma Jansana, il tempo nel quale ogni progetto viene eseguito è “un tempo infinitesimo rispetto al tempo geologico che trasforma la terra, e anche noi stessi viviamo in un momento effimero nel tempo dell’umanità”.
•
{DiverseArchitetture}
Quando la finzione diventa realtà
Un architetto di interni si trasforma in un professionista della finzione senza perdere di vista la sua natura di progettista
Testo: Dalila Mantovani Foto: Lorenzo Linthout
Nome Piet Paeshuyse Luogo negrar (vr) via Ca’ il Vaio 3 Attività allestimenti, Diorami, riproduzioni, scenografie Contatto www.finzioni.net
01
— 80
2015 #04
Per raggiungere Piet Paeshuyse ci avventuriamo in una stradina bianca in mezzo ai vigneti sulle colline di Negrar. tra i rumori lontanissimi del traffico e il profumo dell’uva, incontriamo un gruppetto di case e lui che ci accoglie sull’uscio della casalaboratorio.
e archeologi, ed è finalizzata a riprodurre,
poi tra i suoi prediletti. L’occasione per
con tecniche e materiali contemporanei, dei
cimentarsi in queste nuove tecniche arriva
pezzi che siano il più possibile simili a
dal mondo pubblicitario, con la proposta
l’illusione di una storicità autentica.
o servizi fotografici. Ci mostra divertenti
quelli dell’epoca, per lasciare al visitatore Si spostano in Alto Adige per realizzare
modelli di frutta e verdura in schiuma poliuretanica con fil di ferro, un robot
l’allestimento e i diorami del touriseum di
In punta di piedi e senza preamboli ci
racconta poco a poco il suo lavoro, da cui
cogliamo la sua capacità e vasta esperienza. Piet è un professionista della finzione:
non è un regista e nemmeno un attore, ma progetta e costruisce diorami, plastici, allestimenti museali, ricostruzioni di reperti, scenografie, modelli per pubblicità, insomma realizza qualunque cosa che debba dare l’illusione di essere vera.
di riprodurre oggetti per realizzare video
Merano – museo dedicato al viaggio – dove
mobile in poliuretano che somiglia a un
costruiscono dozzine di riproduzioni di
orologio, allestimenti di stanze con oggetti
valigie in vetroresina per ricreare sfondi
e persone monocromatiche e altri ancora. Il
e segnaletiche, oltre che a riproduzioni di
mondo pubblicitario non ha infatti limiti
rocce, personaggi, edifici e installazioni interattive.
Staccatosi dall’iniziale gruppo di lavoro,
Piet si immerge nella sperimentazione di materiali plastici come il silicone, la
vetroresina e il poliuretano, che resteranno
La storia di Piet inizia in Belgio, dove nasce e dove svolge i suoi studi di architettura d’interni. si trasferisce poi in Italia e lavora come architetto per
circa sei anni, fino a quando, insieme a un
gruppo di colleghi, ha la prima opportunità di costruire uno “spazio–finzione”: è la riproduzione di 1.500 mq di roccia per
una piscina che propone una ambientazione
tropicale. Studiano insieme una tecnica su
misura che possa essere da loro stessi messa in atto, con intonaco scolpito sorretto da
02
barre in ferro piegate e saldate.
03
A partire da quell’esperienza, i lavori
non mancano. vengono chiamati in sardegna, dove lavorano al Museo Archeologico di Olbia realizzando dei plastici che ipotizzano
l’impianto della città all’epoca romana, altre ricostruzioni di navi da carico in legno e la statua di Ercole, ricostruita per intero a partire dai pezzi originali ritrovati
durante gli scavi. Successivamente, presso il Museo della Città di Alghero, intervengono
per ricostruire le ambientazioni che devono ospitare i reperti storici venuti alla
luce dai fondali marini, e riproporre allo
stesso tempo i luoghi della vita dell’epoca. Lavorano poi al Museo Archeologico di Olbia La ricerca nella ricostruzione di oggetti antichi è costantemente affiancata da storici
103
01. Piet al lavoro nel suo laboratorio. 02. Diorama di carico navale medievale presso il Museo della Città di Alghero (SS). 03. Modello di galea veneziana in metallo presso il Museo di Malcesine (VR). 04. Plastico porto in epoca romana presso Museo Archeologico di Olbia (SS). 04
— 81
{DiverseArchitetture} di fantasia, ma questa è anche per Piet una opportunità di lavorare con grandi nomi e marchi, dal fotografo Marco Ambrosi a Happycentro a Swatch e Coca Cola.
In questa veloce panoramica si comprendono
l’eclettismo e la versatilità di questo
diversoarchitetto che, nonostante abbia costruito la propria carriera sul mondo
della finzione, non ha perso la sua natura di progettista. Come egli afferma, la
sua formazione da architetto è stata ed è fondamentale per l’approccio a ogni lavoro, che richiede in continuazione rinnovamento e sperimentazione in diversi campi, ricorrendo a caratteristiche che sono più consone a
un progettista che non a un artigiano. Il
suo lavoro è costantemente una ricerca per arrivare al prodotto finale che si realizza attraverso un processo composto da molti
tentativi, affiancato da una grande abilità ed esperienza.
Piet é capace di trasformare in “realtà”
qualunque tipo di oggetto, sapendo scegliere
06
quale materiale è in grado di riprodurlo al meglio ed
piastra 1
piastra 2 piastra 1
è adattabile alle fasi di
argano
76,7 75,6
74,9 76,0
107,0
realizzazione. L’attenzione
9,0 54,4
153,1
per ogni dettaglio è maniacale
297 cm
DIMA DI SOLLEVAMENTO PROSPETTO
e, dai molti bozzetti che
piastra 4 piastra 1A 48,9 piastra 1A
74,6
63,2
75,2
piastra 1B
7,4
ci presenta, si intuisce
174,1
183,2
155,1
piastra 3
156,1
197,7
184,0
piastra 5
81,2
6,0
piastra 1C
cono 2
1,5
cono 5
550,0
155,7
146,4
155,7
145,7
177,1
147,1
155,6
cono 1
175,2
176,0
198,6
96,0
cono 3
una ricerca minuziosa sulle
cono 6
60,4
36,6
cono 5
39,7
cono 4
cono 2
cono 6
210,1
cono 4
100,0
di lavorazione, possibili
102,0
140,0
186,0
187,0
dei materiali e sui metodi
200,0
cono 1
200,0
296,9
199,0
353,0
291,1
142,5
0,8
cono 3
152,8
110,5
tecniche di accoppiamento
62,5
80,3
PROSPETTO
PROSPETTO PIANTA
piastra 1
attraverso le abilità manuali o
piastra 1A piastra 4
piastra 1B
piastra 1A
07
piastra 1C
piastra 2
piastra 2 piastra 1
macchinari molto tecnologici. piastra 4
La sua professionalità è
piastra 1A
piastra 1
PIANTA
oggi ancora più apprezzata dal
PIANTA
SCHEMA DI SOLLEVAMENTO CONI Museo dell'eroe a S. Leonardo Valpassiria
05
mercato per la qualità che
offre nei suoi lavori, soprattutto nel campo
essere di altissimo livello.
se il mondo digitale non abbia sorpassato il
designer del Gruppe Gut di Bolzano, esperti
della pubblicità e dei diorami. Alla domanda suo lavoro manuale con costi molto inferiori, risponde che questo non è ancora in grado di
Da tempo Piet collabora con gli architetti-
in progettazione museale, occupandosi
05-06. Studio e realizzazione di grandi coni in vetroresina. Dettaglio dello stampo presso Museo dell’eroe San Leonardo in Val Passiria (BZ). Progetto: Gruppe Gut. 07. Mockup Kidrobot per Swatch. Progetto: Happycentro.
degli allestimenti e delle ricostruzioni
dare la totale verosimiglianza alla realtà, e
all’interno dei loro progetti. Alcuni esempi
che alcuni committenti lo richiedono quando
sono l’allestimento del Museo del Latte di
la definizione e la precisione richiesta deve
Capriz in Val Pusteria, dove ha proposto gocce
— 82
2015 #04
pannellatura in legno fondale diorama parapetto in vetro esistente
capanno d'osservazione
pozze d'acqua
diorama
08 33,6° 19,7°
17,9°
17,1°
19,7°
4 5
18,1°
17,9°
33,6°
D
C
17,1° 20,4°
3 18,1° 19,6° 21,4°
5
tubi di osservazione
4 14,8°
6
10
3
C 7
E
D
6
B
2
E
08. Contenitori per il latte in ferro e resina presso il Museo Aziendale Capriz in val Passiria. Progetto: Gruppe Gut. 09. Progetto per plastico Castello Zuccarello (SV) in legno e plexiglass. 10. Progetto e realizzazione del diorama presso il Parco Nazionale del Circeo a Sabaudia (LT). 11. Lo stampo per il getto in cemento del Premio AV 2015.
21,4° 20,4°
14,8°
B 2 7
19,6°
F
18,4°
A
45,0°
G
F
18,8°
torre
1
8 44,7°
9 45,0°
A
1
10 45,0°
18,8°
9
base con pareti interne
10 18,4° 51,8°
G
49,1°
7,00
8
torretta 8 pezzi
100 cm 45,0°
44,7°
45,0°
45,0°
torretta
livello ultimo solaio torre
lastre in plexi h 34 cm spessore 10 mm quota 0 sviluppo facciate con torrette e merli 1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
MISURE INDICATIVE IN QUESTO PROSPETTO
09
11
di latte macroscopiche in lattice e cartoni
Parco con punti di osservazione degli uccelli
la ricostruzione in metallo di una galea
senza dimenticarci poi del recentissimo
del latte in ferro e resina trasparente;
veneziana per il Museo di Malcesine (cfr.
AV 94, 2013, pp. 124-125); e la realizzazione
di campane giganti in vetroresina presso il Museo Andreas hofer in val Passiria. L’ultimo progetto realizzato si deve all’aggiudicazione di un bando nazionale per il Museo di Sabaudia, che richiedeva
un diorama degli ambienti umidi tipici del
103
e un lago centrale realizzato in resina;
lavoro che l’ha visto coinvolto dalla nostra rivista per la realizzazione dell’oggetto simbolico consegnato ai vincitori del Premio Architettiverona 2015, la materializzazione
in cemento del logotipo (sulla consegna del
Premio si veda l’articolo alle pagine 50-53). Potremmo raccontare ancora per pagine
i lavori e le invenzioni di Piet, tanto è
— 83
curioso il suo portfolio. All’interno di questa rubrica Piet Paeshuyse è senza dubbio il personaggio più poliedrico e variopinto
che abbiamo incontrato, capace di travestirsi ogni giorno da falegname, archeologo, fabbro o scultore con una professionalità ed esperienza che lasciano di stucco:
l’esempio più eclatante di come la formazione di architetto sia multiforme per propria
natura, e lasci spazio a ciascuno di poterla manifestare nell’accezione più consona.
•
103
Michele Sanmicheli a Verona 12
8 7
Verona
Michele Sanmicheli nasce a Verona Foto: Diego Martini nel 1484 da una famiglia di scalpellini. Il padre Giovanni e lo zio Bartolomeo, originari da Porlezza sul lago di Como, lavorarono all’apparato scultoreo della Loggia del Consiglio in Piazza dei Signori. Nel 1505 Michele si trasferisce a Roma, dove ha la possibilità di studiare la scultura e l’architettura classica e frequentare i principali circoli umanistici, in particolare quello di Antonio da Sangallo e di Donato Bramante. Nel 1509 si reca ad Orvieto e nel 1512 diventa maestro dell’opera del Duomo, nel quale realizza la cappella Petrucci (1516-24). Nel 1526 esegue una serie di rilievi delle fortificazione pontificie, esperienza che lo pone in contatto con i più illustri ingegneri militari dell’epoca. Nel 1527 ritorna a Verona ed entra al servizio della Repubblica di Venezia in qualità di ingegnere delle fortificazioni. In questo ruolo, insieme al Capitano Generale Francesco Maria dalla Rovere, elabora le difese dello Stato di Terra e dello Stato da Mar: Legnago (1529), Verona (1530-37), Padova (1532), Zara (1534), Venezia (1535), Orzinuovi (1535 circa), Brescia (1536), Corfù (1537), Creta (1538-39) e a Peschiera (1548). Quest’intensa attività fortificatoria non gli impedisce di realizzare importanti opere di architettura civile, soprattutto nella sua città natale, ma anche a Venezia, come Palazzo Corner (1551) e Palazzo Grimani (1556) e a Rovigo (Palazzo Roncale, 1550). Sua era anche la Villa Soranza (1540) a Castelfranco Veneto, decorata da affreschi di Paolo Veronese e Giovan Battista Zelotti, distrutta nel 1818. Michele Sanmicheli muore a Verona nel 1559; le sue spoglie riposano nella chiesa di San Tomaso Cantuariense.
10
Testo: Angelo Bertolazzi
1
13
11
•
— 84
2015 #04
3
2
5
1 1528 CAPPELLA PELLEGRINI A SAN BERNARDINO La cappella venne commissionata nel 1527 da Margherita Pellegrini in memoria del figlio Nicolò. Sanmicheli seguì i lavori fino al 1534, quando dovette trasferirsi a Venezia e passò la direzione dell’opera al cugino Paolo. Nel 1538 il lavoro passò alla bottega di Antonio e Jacopo Marastoni che ultimarono i lavori nel 1559 senza però seguire il disegno sanmicheliano. Nel 1793 Carlo Pellegrini incaricò Bartolomeo Giuliari di un radicale restauro: i lavori, ultimati nel 1795, ripristinarono la continuità decorativa e stilistica che era stata abbandonata dai Marastoni nel secondo ordine e nella realizzazione della cupola. L’edificio evoca la spazialità romana degli edifici a pianta centrale, mentre la raffinata ed equilibrata decorazione è una citazione di quella che Sanmicheli rilevò e studiò nei monumenti romani di Verona.
9
103
— 85
2 1534 TORNACORO DEL DUOMO La risistemazione dell’area presbiteriale del Duomo di Verona venne commissionata dall’allora vescovo Gian Matteo Ghiberti, colto sostenitore di un rinnovo del rapporto tra spazio e liturgia. I lavori iniziarono nel 1534-35 e terminarono nel 1541. Il diaframma marmoreo è formato da una trabeazione continua sorretta da colonne che si appoggiano a un basamento scandito da riquadri marmorei. La sua forma semicircolare – ad ellisse – dilata il presbiterio ribaltando la concavità dell’abside e generando una nuova spazialità inedita.
3 1536 CUPOLA DELLA CHIESA DI SAN GIORGIO IN BRAIDA Nel 1504 gli Agostiniani di San Giorgio in Alga, subentrati ai Benedettini nel 1414, avviarono i lavori di rifacimento della chiesa e del convento annesso. L’intervento di Sanmicheli riguarda la copertura della zona antistante il presbiterio. Il progetto risale al 1536, mentre la cupola risulta terminata prima del 1543, anno di consacrazione di molti altari della chiesa. La sua realizzazione comportò il rafforzamento delle murature di imposta, dato che inizialmente dovevano sostenere una semplice copertura a calotta.
La struttura della cupola è costituita da una duplice calotta montata su tamburo circolare formato da venti archi che si alternano tra ciechi e aperti. La prima calotta è formata da una struttura muraria sottile, mentre la seconda è formata da una copertura in lamine di piombo, secondo un modello costruttivo veneziano, pensato per non gravare eccessivamente sulle strutture verticali.
4 1549 LAZZARETTO DI VERONA Il progetto per il lazzaretto della città, da erigersi a sud est della cinta muraria, venne presentato da Sanmicheli alle autorità cittadine nel 1548. L’edificio venne completato solo nel 1618 e venne mantenuto con l’originaria funzione fino alla fine del XVIII secolo. Successivamente il complesso venne adattato a deposito delle polveri da sparo e come tale subì ingenti danni nel 1945. Il tempietto centrale venne parzialmente ricostruito nel 1960 dall’allora soprintendente Pietro Gazzola.
— 86
2015 #04
5
6
1547 FACCIATA DELLA CHIESA DI SANTA MARIA IN ORGANO
1559 CHIESA DELLA MADONNA DI CAMPAGNA A SAN MICHELE EXTRA
La chiesa venne ceduta nel 1444 ai Benedettini Olivetani (che vi rimasero fino alla soppressione napoleonica avvenuta nel 1808) ; questo passaggio portò alla trasformazione della precedente chiesa eretta dopo il terremoto del 1117 sulle preesistenze dell’edificio del VIII secolo. Ai lavori di rifacimento parteciparono fra Giovanni da Verona, che realizzò le tarsie del coro (1494-99) e della sagrestia (151923), mentre su suo progetto nel 1533 fu terminato il campanile. Nel 1547 l’Abate Cipriani affidò a Sanmicheli la realizzazione di una nuova facciata della chiesa, che però rimase incompiuta al primo ordine.
L’edificio venne realizzato sul luogo dove esisteva un’immagine trecentesca della Madonna. Il disegno del tempio venne affidato a Sanmicheli nel 1559 e venne concluso da Bernardino Brugnoli nel 1586, dopo che già nel 1561 era stato posto dietro l’altare il muro con l’immagine sacra. L’edificio, che è esternamente quasi ovale e internamente ottagonale, è costituito dalla giustapposizione di due spazi a pianta centrale, l’aula e la zona presbiteriale, su cui si aprono tre cappelle. L’impostazione riprende modelli romani, quali il tempio di Vesta e il tempio della Sibilla a Tivoli, filtrati attraverso l’esperienza bramantesca del tempietto di S. Pietro in Montorio. Esternamente è presente un portico colonnato che circonda l’intero edificio.
7 1526-31 PALAZZO CANOSSA Il palazzo venne commissionato da Ludovico di Canossa nel 1526, mentre i lavori iniziarono nel 1531. L’impostazione della facciata porta con sé le suggestioni del soggiorno romano di Sanmicheli piuttosto che quelle dei monumenti veronesi: la facciata tripartita e l’ampio porticato d’ingresso ricorda infatti i modelli del primo cinquecento romano. Nel XVIII secolo fu oggetto di interventi che ne modificarono parzialmente l’impostazione originale: venne aggiunta una balaustra sopra l’attico su cui sono disposte statue di divinità pagane, mentre furono aggiunte le due ali prospicenti l’Adige. Nel 1761 Tiepolo realizzò il famoso affresco nel salone centrale e raffigurante il trionfo di Ercole, che andò perduto nel 1945 quando il vicino ponte di Castelvecchio venne fatto esplodere.
103
— 87
6
8 1530-39 PALAZZO BEVILACQUA
4
La sontuosa residenza venne realizzata per la famiglia Bevilacqua da Sanmicheli negli anni 1530-39. Il palazzo, rimasto incompiuto, presenta un’ornatissima facciata interamente in pietra, pensata come un antiquarium all’aperto: le citazioni dei monumenti antichi di Verona, come le colonne tortili riprese dalla vicina Porta Borsari e il bugnato rustico dell’Arena, si
— 88
alternano ai busti dei Cesari in funzione di chiavi d’arco. Il disegno complessivo della facciata risente anche degli schemi compositivi di Bramante, rielaborati però con una sensibilità vicina al manierismo di Giulio Romano. Il palazzo custodiva, fino all’inizio del XIX secolo un’importantissima collezione di sculture e di monete antiche, oltre che una pinacoteca e una importante biblioteca. Dal 1905 è diventato sede di istituzioni scolastiche, l’Istituto Tecnico Lorgna prima e oggi l’Istituto Pindemonte.
2015 #04
9 1536-40 PALAZZO LAVEZOLA-POMPEI Commissionato dalla famiglia Lavezola a Sanmicheli intorno al 1530, il palazzo si articola attorno ad un cortile disassato rispetto all’asse centrale, a cui si accede da un ampio androne coperto da una volta a vele lunettate. La facciata principale mostra il contrasto tra il piano terra in bugnato rustico e il piano nobile caratterizzato da ampie finestre incorniciate da semicolonne doriche. Nel XVIII secolo il palazzo passò al conte Alessandro Pompei, architetto e studioso del Sanmicheli, che lo arricchì con la sua ricca collezione d’arte. Il palazzo, diventato Museo Civico nel 1833, venne riorganizzato nel 1915 da Antonio Avena. Gravemente dannegiato durante l’ultimo conflitto mondiale, fu restaurato a partire dal 1946 e riaperto nel 1965 come Museo di Storia Naturale.
10 1556 PALAZZO DEGLI HONORIJ Il palazzo venne costruito a partire dal 1556 su progetto del Sanmicheli. L’edificio presenta una facciata con un alto porticato bugnato a cinque arcate, che richiamano quelle della vicina Arena. Il piano nobile e il mezzanino sono uniti da semipilastri dorici scanalati, che aumentano la monumentalità dell’insieme. Le finestre sono sovrastate da timpani alternativamente triangolari e arcuati. Nel 1666 il palazzo passò agli Allegri e nel 1701 ai Guastaverza. Attualmente il palazzo ospita al piano terra un ristorante, ma l’installazione dei tendoni del plateatico impediscono una lettura della facciata nel suo insieme.
103
— 89
11 1533 PORTA NUOVA La porta venne realizzata a partire dal 1532, mentre la facciata principale venne conclusa nel 1535 e l’intera opera risultava finita nel 1540. Nel 1579 venne aggiunta una copertura lignea per impedire l’infiltrazione piovana all’interno. A partire dal 1848, per aumentare l’efficienza bellica della porta, gli Austriaci aggiunsero verso
l’esterno due fornici che riprendono gli elementi stilistici sanmicheliani, mentre verso l’interno due archi sostituirono le precedenti finestre. A partire dal 1951 iniziarono i lavori di restauro sia dei danni bellici sia di quelli dovuti all’uso improprio cui era stata oggetto la porta durante la guerra. Alla fine degli anni Ottanta del Novecento iniziò una nuova importante campagna di restauro sia degli interni che degli esterni, che hanno risolto i problemi di infiltrazione e riportato alla luce il ponte realizzato agli Austriaci.
12 1542 PORTA SAN ZENO La porta venne realizzata nel 1542 in tempi molto rapidi e con fondi probabilmente modesti. Questo spiega la semplicità stilistica e la sobrietà della decorazione, soprattutto se confrontate con quelle di Porta Nuova e di Porta Palio. La struttura presenta forti analogie con la porta di Zara e altre realizzate da Sanmicheli nei domini della Serenissima. Rispetto a Porta Nuova e Porta Palio, quella di San Zeno non aveva funzioni difensive, come testimonia la presenza di una copertura a padiglione e la forma planimetrica quadrata.
— 90
2015 #04
13 1542 PORTA PALIO Posta sulla preesistente porta medievale che intercettava la via Postumia, la porta venne realizzata da Sanmicheli tra il 1542 e il 1557. Il manufatto presenta una ricchezza decorativa e un’articolazione spaziale eccezionali: verso l’esterno, la facciata bidimensionale a bugnato liscio è scandita da coppie di semicolonne doriche che inquadrano le tre aperture. Verso l’interno, invece, la facciata diventa una loggia urbana la cui tridimensionalità è accentuata dall’uso del bugnato rustico grezzo senza decorazioni. La porta rimase incompiuta e manca dell’attico sia esternamente che internamente; nella prima metà dell’Ottocento fu oggetto di interventi di adeguamento bellico da parte degli Austriaci che portarono all’eliminazione della struttura lignea posta a protezione della piazza soprastante.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Tutti i disegni sono tratti dal volume Lucien Dianoux, Les monuments civils, religieux et militaires de Michel Sanmicheli, Morando, Genova, 1878. Si tratta di una ristampa del noto lavoro di rilievo e studio dei monumenti sanmicheliani di Francesco Ronzani e Girolamo Luciolli.
103
— 91
A. Pompei, Li cinque ordini dell’architettura civile di Michele Sanmicheli, Vallarsi, 1735 F. Ronzani, G. Luciolli, Le fabbriche civili, ecclesiastiche e militari di Michele Sanmicheli, Antonelli, 1831 A Michele Sanmicheli, 1559-1959, Linotipia Veronese di Ghidini & Fiorini, 1959 P. Gazzola, M. Kahnemann, Michele Sanmicheli, Neri Pozza, 1960 AA.VV., Michele Sanmicheli: studi raccolti dall’Accademia di agricoltura scienze e lettere di Verona per la celebrazione del 4° centenario della morte, Editrice Valdonega, 1960 L. Puppi, Michele San Micheli: architetto di Verona, Marsilio, 1971 L. Puppi, Michele Sanmicheli architetto: opera completa, Caliban, 1986 H. Burns, C. L. Frommel, L. Puppi (a cura di), Michele Sanmicheli: architettura, linguaggio e cultura artistica nel Cinquecento, Electa, 1995 P. Davies, D. Hemsoll, Michele Sanmicheli, Electa, 2004 M. Vecchiato (a cura di), Itinerari sanmicheliani nella provincia di Verona, La Grafica, 2010
LA BACHECA DI AV
LA BACHECA DI AV
Forall: artigianalità e tecnologia Forall sintetizza la grande artigianalità e competenza della Luce Dopo trent’anni di esperienza nel settore dell’illuminotecnica, l’azienda Nova Luce di Bussolengo si rilancia sul mercato con il brand Forall. Forall sintetizza la grande artigianalità e competenza della Luce, unita all’ultimissima avanguardia tecnologica.
F O R A L L
L L LIGHTING
TECNOLOGY AND DESIGN
FOR ALL srl via 8 marzo 10/12 37012 bussolengo (VR) tel 045 7150425 - 045 6704145 fax 045 6754826 www.for-all.it
— 92
#03 2015 #04
La verità della materia
Progettare e costruire la luce
Il nuovo allestimento all’interno dell’Atelier EERA è l’esito del concorso per “la stanza da bagno del viticoltore biodinamico”
Corpi illuminanti come oggetti decorativi grazie alla tecnologia led
bagno per il viticoltore biodinamico”: mette assieme marmo, terra cruda e legno, e disegna elementi ispirati alla tradizione come la vasca da bagno-tinozza e il lavabo, realizzati da EERA in marmo Bardiglio con una lavorazione esterna sfaccettata. Una grande lastra alveolare in marmo Calacatta sospesa a soffitto traghetta la tradizione della pietra nel progetto contemporaneo.
LA BACHECA DI AV
L’atelier per la pietra si rinnova. Un nuovo allestimento si aggiunge alle ambientazioni di sale da bagno all’interno dello spazio di EERA (già presentato su «AV» 96), ed è l’esito di un concorso dal quale è risultato vincitore il progetto di CLAB architettura (Andrea Castellani, Nicola Bedin, Matteo Fiorini e Paolo Rigodanzo). “Aleph di pietra” ha colto a pieno il tema della “stanza da
EERA soluzioni in pietra per l’architettura
punto led italy via postumia 27 37069 villafranca di verona
via Gesso 20 37010 Sega di Cavaion (VR) Tel +39 045 6864326 Fax +39 045 6860315
t. 045 6302725 www.puntoledstore.com info@puntoledstore.com
www.eera.IT INFO@EERA.it
103
Puntoled è una azienda veronese che progetta e produce artigianalmente corpi illuminanti a led molto performanti per contenuto tecnologico e qualità costruttiva. Ogni lampada è costruita e assemblata a Verona utilizzando telai di acciaio inossidabile e le più diverse finiture, che consentono di avere un corpo illuminante personalizzabile. Una gamma di plafoniere e applique, di serie dimmerabili e con possibilità di retroilluminazione, sono prodotte in molteplici misure e finiture: dall’acciaio lucido o satinato alla finitura cor-ten, per passare a corpi illuminanti laccati, in pelle o legno per consentire al progettista o al cliente finale molteplici soluzioni estetiche.
— 93
Cari lettori RIVISTA TRIMESTRALE DI ARCHITETTURA E CULTURA DEL PROGETTO FONDATA NEL 1959
RIVISTA TRIMESTRALE DI ARCHITETTURA E CULTURA DEL PROGETTO FONDATA NEL 1959
104
circuito — Il gioco delle prospettive — Passeggiate urbane — Abitare tra il
ISSN 2239-6365
Quarta edizione — Anno XX — n. 3 settembre/dicembre 2014 — Autorizzazione del tribunale di Verona n. 1056 del 15/06/1992 Poste Italiane spa — spedizione in abb. postale d.i. 353/2003 (conv. in I.27/02/2004) — art. 1, comma 1, dcb verona
la coperta troppo corta — Lavori in corso: Provianda Santa Marta — Itinerario: Libero Cecchini in Lessinia.
WWW.ARCHITETTIVERONAWEB.IT
FORM
A partire dal prossimo numero 104, al fine di razionalizzare le modalità di spedizione della rivista, sarà necessario reinserire il proprio recapito nel form sul sito all’indirizzo sotto indicato, specificando la preferenza tra ritiro della copia cartacea in sede (a breve nella nuova sede!), invio postale o invio esclusivamente in formato digitale. A coloro che non si registreranno, la rivista continuerà a essere inviata solo in formato digitale. Ogni variazione di indirizzo, di modalità di spedizione o nuovi nominativi potranno essere comunicati online, in ogni momento, con la medesima procedura. www.architettiveronaweb.it/distribuzione/
rl.it
adv: giegis
Di fronte alle incertezze del futuro
Penso a te
Con Cattolica&Protezione Tutta La Vita pensi alle persone a te care e garantisci loro un futuro sereno anche in caso di grave evento. Affidati alla solidità e trasparenza della nostra Compagnia costruita in oltre 115 anni di storia.
www.cattolica.it
Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Prima della sottoscrizione leggere attentamente il Fascicolo Informativo disponibile presso le Agenzie Cattolica Assicurazioni o sul sito www.cattolica.it
arredoluce srl via ca’nova zampieri 16 san giovanni lupatoto verona tel. 045 8778686 www.arredoluce.it
Icon design Giuseppe Bavuso $ 5 & + , 7 ( 7 7 8 5 $
' , 1 7 ( 5 1 ,
Zeus Arreda s.r.l. Via Lussemburgo, 4/a, Verona Tel. 045/509670 Fax 045/509755 www.zeusad.it E-mail: info@zeusad.it
www.tecnospa.com
W80 PARTITION SYSTEM
Corso Milano 128 37138 Verona T +39 045 576660 info@ar-ve.it www.ar-ve.it