Architettiverona 107

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RIVISTA TRIMESTRALE DI ARCHITETTURA E CULTURA DEL PROGETTO FONDATA NEL 1959

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ISSN 2239-6365

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Come va la scuola? — Sono arrivati gli alieni (finalmente) — Nella Terra di Mezzo — Energia controllata — Cercando un po’ di blu — Una inattesa fraternità — Palcoscenico domestico — Design: Qualcosa, qualcuno — Mancuso: Ritorno a Verona Sud — Studiovisit: Romualdo Cambruzzi — La fabbrica degli ascensori — Itinerario: Strutturalismo ecclesiale.

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LA GRANDE VENEZIA NEL SECOLO BREVE Guida alla topografia di una metropoli incompiuta (1917-1993) Una guida alla Venezia del Novecento: il periodo in cui, rispetto a tutte le epoche precedenti, la città è cambiata nelle strutture territoriali e nell’urbanistica molto più di ciò che appare a prima vista. Una Venezia considerata nel contesto più ampio con Mestre e Marghera, che costituiscono la novità del secolo, ma anche in relazione alla laguna, alla città storica e ai litorali. La città nel Novecento ha cercato di pensarsi metropoli moderna, rinnovando la sua fisionomia e mettendo piede a terra: per «una più grande Venezia», come la definiva Giuseppe Volpi, il fondatore di Porto Marghera, e non solo lui. Ecco dunque con questa guida una puntuale ricognizione di tutto ciò che nel territorio di terra e di acqua è avvenuto ma anche di ciò che fu progettato e mai realizzato per incertezze, scelte mancate o non concluse. Consegnando così al presente e al futuro una metropoli “incompiuta”, che proprio per la sua incompiutezza ha finito per radicalizzare le criticità di terra e di acqua, non riuscendo mai del tutto a risolverle e in parte aggravandole. Una strana città nuova, anfibia e bicefala, da cui tuttavia non si può più prescindere.

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Individuare il titolo edilizio corretto Testo: Arnaldo Toffali

“Capire subito quale procedura seguire per la realizzazione di un intervento edilizio, senza incorrere in una denuncia per abusivismo edilizio e iniziare lunghi e costosi contenziosi”, è la parola d’ordine del testo del decreto “SCIA 2” approvato dal Governo, che permetterà di individuare più facilmente il titolo abilitativo richiesto per ogni intervento edilizio. Una tabella riassumerà l’iter amministrativo da seguire in corrispondenza dell’intervento da realizzare, con una sintesi degli adempimenti successivi all’intervento edilizio. Scompariranno la CIL e la DIA, facendo rientrare nell’edilizia libera tutti gli interventi per cui era prevista la Comunicazione di inizio lavori. Per evitare inoltre confusioni terminologiche, la SCIA prenderà il posto della DIA. La SCIA aveva sostituito la DIA nel 2010, ma era rimasta in vigore la Super DIA, cioè la DIA alternativa al permesso di costruire, ora ci sarà invece la SCIA alternativa al permesso di costruire. Gli interventi non rientranti tra le attività di edilizia libera, né tra quelli soggetti a permesso di costruire e SCIA, potranno essere effettuati con una Comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), da un tecnico abilitato. Il certificato di agibilità sarà sostituito dalla

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Segnalazione certificata di agibilità, che dovrà essere consegnata entro quindici giorni dall’ultimazione dei lavori. Il decreto “SCIA 2” viene emanato in attuazione dell’art. 5 della Legge 7 agosto 2015 n. 124 (Legge Madia) di Riforma della Pubblica Amministrazione, facendo seguito ai decreti legislativi del 30 giugno 2016 n. 126 e n. 127, rispettivamente in materia di Segnalazione Certificata di Inizio Attività (c.d. “SCIA 1”), che prevede il debutto di un modello unificato in tutta Italia, e in materia di Conferenza di servizi. è l’ennesimo tentativo da parte di un Governo di semplificare i procedimenti edilizi e riorganizzare la Pubblica Amministrazione. Da troppi anni ormai una legislazione costantemente emergenziale, guida e vincola i comportamenti della Pubblica amministrazione, dalla prima spending review alle annuali leggi di stabilità con centinaia di commi, spesso raccolti in un unico articolo, che costringono gli operatori e i professionisti a un lavoro defatigante di approfondimento, perché sempre più spesso si inserisce in un comma – avulso dall’oggetto del provvedimento – la modifica di una disposizione della legge di settore.

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Per ogni norma vi sono inoltre interpretazioni e circolari attuative che provengono da autorità diverse, che spesso si esprimono in modo contrastante, non solo fra di loro ma anche al proprio interno. è indubbiamente difficile operare una “semplificazione reale” e, infatti, finora nessun governo è riuscito raggiungere gli obiettivi prefissati, basti pensare alle riforme Bassanini e Brunetta, nonostante il plauso generale dal quale erano accompagnate. I Testi Unici promessi non hanno funzionato, e l’abolizione di norme ha riguardato in realtà leggi già di fatto sostituite da altre. Negli ultimi tempi paradossalmente la burocrazia è anch’essa, insieme ai professionisti e alle imprese, vittima di una legislazione caotica dalla quale arrivano messaggi incoerenti, contraddittori e ripetitivi. Semplificare e stabilizzare il quadro normativo è quindi importante per ridare certezze a tutti coloro che credono nel loro lavoro. D’altra parte, “bisogna anche prendere atto che la burocrazia è lo specchio della legislazione”. Riveste quindi particolare importanza una norma che definisca in maniera chiara e univoca, su tutto il territorio nazionale, la procedura amministrativa


corretta da utilizzare anche alla luce di alcune sentenze che riguardano da vicino la nostra professione, e di cui vale la pena fare qui, un breve accenno. Le sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione Civile con sentenza del 28 luglio 2005 n. 15781, hanno chiarito che “(…) la distinzione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato” è ininfluente ai fini della valutazione della responsabilità di chi riceve il compito di redigere un progetto di ingegneria o architettura (…)” e, rammentando per inciso che la Suprema Corte di Cassazione Civile con sentenza n. 23892/2006 ha stabilito che “il professionista non è consumatore quando sottoscrive una polizza assicurativa di responsabilità civile per coprire i rischi professionali di risarcimento danni”, con sentenza del 3 settembre 2008, n. 22129, “il mancato conseguimento dello scopo pratico avuto di mira dal cliente è comunque addebitabile al professionista, se è conseguenza di suoi errori commessi nella formazione dell’elaborato, che ne rendano le previsioni inidonee ad essere attuate ed in tal caso nessun compenso è dovuto”. La Corte di Cassazione con sentenza n. 23342 del 2013, ha dichiarato che “(…) il progettista deve assicurare la conformità del progetto alla normativa urbanistica ed individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da assicurare la preventiva e corretta soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell’opera richiesta dal committente”. La scelta, quindi, anche del percorso amministrativo da seguire per ottenere il titolo abilitativo idoneo all’esecuzione di opere in relazione al tipo di intervento edilizio progettato “(…) spetta al professionista in quanto qualificata da una specifica competenza tecnica, non potendo essere definiti quali adempimenti di ordine meramente burocratico”. Rientra, infatti, nell’obbligo di diligenza a carico del prestatore di opera professionale, ex art. 1176 c.c., comma 2, “sia il risultato finale mirante a soddisfare l’interesse del creditore (committente) e sia i mezzi necessari per realizzarlo, tramite l’adozione di determinate modalità di attuazione che esigono il rispetto delle regole professionali in funzione

del raggiungimento del risultato finale”, onde “il mancato perfezionamento dell’iter amministrativo per garantire l’idoneità (…) dell’edificio progettato, come previsto dalla normativa vigente, compromettendo il positivo esito della procedura amministrativa volta ad assicurare la realizzazione dell’opera, non può che costituire inadempimento caratterizzato da “colpa grave” e quindi fonte di responsabilità del progettista nei confronti del committente per il danno da questi subito in conseguenza della mancata o comunque ritardata realizzazione dell’opera (…)”. Naturalmente non mancano critiche al testo approvato del decreto “SCIA 2”, tanto che l’ANCE, inviando le proprie osservazioni alle Commissioni Ambiente e Attività Produttive della Camera e Industria e Ambiente del Senato, sostiene che lo stesso rischia di “creare dubbi e complicazioni” mancando il coordinamento col Testo Unico dell’Edilizia, proprio sulle norme che regolano le procedure per il rilascio dei titoli abilitativi. Prendendo in considerazione, ad esempio, la tabella allegata al decreto che dovrebbe indicare la procedura da seguire per ogni intervento edilizio, l’ANCE sottolinea che “non sono riportati alcuni interventi, come le modifiche interne di carattere edilizio, sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa e l’apertura di porte interne o spostamento di pareti interne nell’ambito della manutenzione straordinaria”. E cosi per “le varianti in corso d’opera a permessi di costruire, la tabella fa riferimento alla CILA mentre l’articolo 22, commi 2 e 7, del Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001) inquadra questi interventi nella SCIA”. Per quanto riguarda “il mutamento di destinazione contenuto nell’articolo 23 bis del DPR 380/2001, non è specificato il titolo abilitativo richiesto” secondo l’ANCE “sono le Regioni che stabiliscono con legge se i mutamenti sono soggetti a permesso di costruire o SCIA e non la normativa nazionale”. In materia di riutilizzo delle terre e rocce da scavo, l’ANCE afferma che “la tabella del decreto sembra limitarlo solo nell’ambito di opere soggette a VIA o ad AIA. In realtà, sottolinea, il riutilizzo è possibile anche nelle opere non soggette a VIA o ad AIA”.

Consiglio dell’ordine • Presidente Arnaldo Toffali • VicePresidente Nicola Brunelli • VicePresidente Paola Ravanello • Segretario Elena Patruno • Tesoriere Giovanni Mengalli • Consiglieri Marco Campolongo, Vittorio Cecchini, Laura De Stefano, Federico Ferrarini, Giancarlo Franchini, Daniel Mantovani, Raffaele Malvaso, Amedeo Margotto, Donatella Martelletto, Diego Martini

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030

progetto

052

061

Individuare il titolo edilizio corretto di Arnaldo Toffali

Energia controllata di Jacopo Gaspari

Una inattesa fraternità di Alessio Fasoli

La torre di Villanova a nuovo di Angelo Passuello e Irnerio De Marchi

professione

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progetto

Figli della stella di Alberto Vignolo

024

progetto

Nella Terra di Mezzo di Michelangelo Pivetta

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odeon

Come va la scuola? di Federica Guerra

035

editoriale

036 SAGGIO

Sono arrivati gli alieni (finalmente) di Michelangelo Pivetta

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progetto

Tra l’involucro e il contesto di Chiara Tenca

044

PROGETTO

Cercando un po’ di blu di Marco Campolongo e Marta Benali

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065 odeon

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Palcoscenico domestico di Federico Puggioni

Un Maestro gentile di Claudia Tisato


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Qualcosa, qualcuno di Laura De Stefano

La fabbrica degli ascensori di Luisella Zeri

#design_VR

diversearchitetture

076

territorio

Ritorno a Verona Sud di Franco Mancuso

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070 graphics

Diego fantastico di Gaia Passamonti

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itinerario

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Strutturalismo ecclesiale di Federica Guerra

studiovisit

Romualdo Cambruzzi a Verona di Angela Lion

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collezione privata

Il senso del costruire: architettura e arti visive di Giovanni Iacometti

Rivista trimestrale di architettura e cultura del progetto fondata nel 1959 Terza edizione • anno XXIV n. 4 • Ottobre/Dicembre 2016

Editore Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona

Redazione Via Oberdan 3 — 37121 Verona T. 045 8034959 — F. 045 592319 redazione@architettiveronaweb.it

Direttore responsabile Arnaldo Toffali Direttore Alberto Vignolo av@architettiveronaweb.it Art direction, Design & ILLUSTRATION Happycentro www.happycentro.it Distribuzione La rivista è distribuita gratuitamente agli iscritti all’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Verona e a quanti ne facciano richiesta agli indirizzi della redazione.

copertina Foto: Lorenzo Linthout

Gli articoli e le note firmate esprimono l’opinione degli autori, e non impegnano l’editore e la redazione del periodico. La rivista è aperta a quanti, architetti e non, intendano offrire la loro collaborazione. La riproduzione di testi e immagini è consentita citando la fonte.

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Stampa Cierre Grafica www.cierrenet.it Concessionaria esclusiva per la pubblicità Promoprint Verona Paolo Pavan T. 348 530 2853 info@promoprintverona.it

Redazione Nicola Brunelli, Laura De Stefano, Alessio Fasoli, Federica Guerra, Angela Lion, Michelangelo Pivetta, Matilde Tessari, Chiara Tenca, Luisella Zeri collaboratori Giulia Bernini, Angelo Bertolazzi, Dalila Mantovani, Lorenzo Marconato, Lorenzo Piccinini, Federica Provoli, Nicola Tommasini Fotografia Carlo Ambrosi, Cristina Lanaro, Lorenzo Linthout, Diego Martini, Michele Mascalzoni contributi a questo numero Marta Benali, Marco Campolongo, Irnerio De Marchi, Jacopo Gaspari, Giovanni Iacometti, Franco Mancuso, Gaia Passamonti, Angelo Passuello, Federico Puggioni, Claudia Tisato Si ringraziano Irene Bonente, Alessia Delaini, Michele De Mori, Giuseppe Di Bella

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Figli della stella

Una riflessione generazionale a partire dalla data di nascita dell’archi-scultura natalizia che tradizionalmente campeggia in piazza Bra Puntuale come la stagione festiva, le ricorrenze e le abitudini – per buone o cattive che siano – anche quest’anno la familiare sagoma dell’archi-scultura in forma di stella cometa è ritornata a posare le sue 78 tonnellate di non eterea materia in piazza Bra, solleticando in punta di coda le vetuste gradinate del più insigne monumento cittadino. Come un gigantesco piercing urbano, lo stellone-spillone che adorna-deturpa il bel volto della città risolleva, in analogia con le diffusissime pratiche di decoro corporale, l’interrogativo retorico di matrice loosiana: ornamento e (o) delitto? L’idea di un originale allestimento per le ricorrenze natalizie si deve all’architetto e scenografo Rinaldo Olivieri, la cui idea trovò compimento per la prima volta nel 1984. Da allora, il gesto innovativo e un po’ folle è stato fagocitato e digerito (ma non ancora espulso) dal ventre conservatore della città: l’eccezione è scivolata nella ripetizione, poi nella consuetudine e infine nel rito. Da lì alla monotonia e al tedio, c’è solo un soffio. Strano il destino delle masse di ferraglia assemblate per una circostanza temporanea, e poi assurte da scandalo a simbolo: successe così anche alla fiammeggiante Tour Eiffel

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che – ruggine permettendo – non si schioda dai cieli di Parigi da oltre un secolo. Per lo meno la stella-stellona di Verona, passate le feste, torna a dormire in qualche suo misterioso cosmico àndito, ridotta a fette, nell’attesa che si compia il giro di valzer delle stagioni. Un due tre, stella: rieccola, è passato un altro anno, e la vecchia idea appena rispolverata è servita sulla tavolata festiva come un piatto della tradizione, senza far conto se sia indigesta o meno. Si sa, fine anno per la dieta non è il massimo... Eppure volendo rilanciare l’idea, innovare, proporre nuovi segni tanto più forti e dirompenti quanto più temporanei ed effimeri, non mancherebbero certo nella nostra città menti creative, pensatori, artisti e sì, certo, anche architetti: i maturi e gli affermati, ma anche quelli nati nello stesso fatidico 1984, i “figli della stella” oggi circa trentenni, dunque nel pieno teorico di una maturità in stato crescente. Che straordinaria opportunità sarebbe quella di approfittare di questa generazione di progettisti – anche a partire da un intervento sovrastrutturale come può essere un allestimento natalizio – per mettere alla prova forze in campo e capacità di innovazione. Certo, il presupposto iniziale è una committenza lungimirante (avercene). E invece questa “generazione stella” rischia di rimanere intrappolata: salvo

Testo: Alberto Vignolo

Foto: Michele Mascalzoni

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qualche eccezione, brillante come un astro nascente mattutino, per chi collabora negli studi ben avviati il rapporto di pseudo dipendenza è piuttosto di sudditanza, anche psicologica, stante la evidente impossibilità di mettersi in proprio come si narra fosse solito un tempo

« Come un gigantesco piercing urbano, lo stellone-spillone adorna-deturpa il bel volto della città » oramai mitico, quando una scuola, un condominietto o un bel restauro non si negava a nessuno. Ma il mondo cambia, il mercato della professione lo segue a velocità stratosferica e chi sta in mezzo a queste galassie in collisione rischia di fare la fine non di una Supernova, ma di un Buco nero. Altro che archisculture! E gli altri? Da una parte, i neolaureati di oggi escono dalle scuole con una maggior consapevolezza (forse) di come sia cambiato il mondo dell’architettura e dei percorsi da

intraprendere: o almeno questo è il migliore degli auguri che si possa far loro. Dall’altra parte, chi è un po’ più in là con gli anni, i quarantacinquantenni suonati, hanno già consumato le meglio speranze inacidendo in parallelo al grigio che avanza, con l’unico guizzo di saper adattare in chiave personale le parole d’ordine più in voga in campo disciplinare (re-uso, ri-ciclo, ri-generazione...) per re-inventarsi in qualche modo: ecco la schiera degli architetti perduti che si mettono a fare i gelatai, i baristi (ah che sollievo, cappuccini e spritz al posto di catasti e piani di sicurezza!), o in mancanza

di meglio si ritirano in una cameretta della propria casa amorevolmente ristrutturata per sfruttare l’ultima attività produttiva fiorente in città, quella turistico-ricettiva, aprendo b&b e declinandosi come lavandai e portinai. Eppure questo firmamento dell’architettura veronese continua a mostrare non solo pulviscolo, ma anche dei puntini luminosi più intensi qua e là, alcuni magari lontani, altri che roteano sopra le nostre teste, come cerchiamo di mostrare nell’osservatorio cartaceo di questa rivista. Sperando che non siano effimere stelle cadenti.

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01-05. Dal 1984 la “stella di Natale” viene installata nel periodo natalizio in piazza Bra, con uno spettacolo-nello-spettacolo di bilici e gru recanti gli spezzoni dell’archi-scultura da assemblare. 04

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PROGETTO

Sono arrivati gli alieni (finalmente)

Un intervento innovativo coglie le occasioni progettuali e amministrative offrendo una testimonianza per educare all’architettura

Progetto: arch. Giulia De Appolonia Testo: Michelangelo Pivetta Foto: Lorenzo Linthout

Villafranca

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Problema

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01. L’accesso all’edificio scolastico sottolineato da una inedita pensilina color giallo. 02. Particolare del fronte interno dell’ampliamento. 03. Planimetria generale. 04. Veduta notturna del nuovo fronte sulla strada e sul sagrato-parcheggio della chiesa parrocchiale.

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Il palinsesto architettonico veronese è contraddistinto da una anamorfosi ormai mitica. Mentre da un lato è assodato vi siano energie professionali tracimanti qualità e ingegno, in parallelo pare che le loro opere, rade, contestate e dal tortuoso percorso realizzativo vivano una distaccata e frammentata esistenza rispetto alla realtà contestuale. A volte però avviene, come in questo caso, che l’effetto sia talmente dirompente da essere in grado di mettere in discussione ogni nodo del tessuto su cui si insedia. Non è forse questo il vero senso dell’architettura? Non dovremmo dimenticarlo quando termini come mitigazione o mimetismo, per non citare altri ancor più fastidiosi, sono in punta di lingua a tutti, soprattutto di quelli che di architettura nulla sanno ma, troppo, parlano. Ci voleva un architetto in qualche modo oriundo, una compagine amministrativa coraggiosa e tenace e l’occasione colta nel migliore dei modi per poter mettere in opera un congegno simile. Spesso il fato fa la sua e quel che è avvenuto, nonostante enormi difficoltà e negative premesse socio-economiche, non può che essere inscritto nelle ristretto numero di opere che segneranno la memoria architettonica della provincia veronese e non solo. Si, gli alieni sono arrivati finalmente e, come mitologiche divinità di un tempo lontanissimo hanno portato un coraggioso contributo di innovazione che ci auguriamo possa invogliare anche altri, tanti, architetti ed amministratori a cavalcare i marosi della contemporaneità.

Gli organismi scolastici del nostro territorio, costruiti soprattutto durante il ventennio ’60-’80 sono dei relitti. Quando furono costruiti erano già tecnicamente e tipologicamente vecchi, oggi sono più che obsoleti, pericolosi. Il periodo in cui si costruì pensando “tanto domani lo rifaremo” è finito da tempo e quei pochi denari che le amministrazioni locali riescono a racimolare sono, per fortuna, spesi il più delle volte per mettere in salvaguardia le scuole e i ragazzi che le frequentano; cioè il nostro futuro. In alcuni casi la sostituzione è integrale e in altro luogo, in altri, per

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« Dal punto di vista architettonico il progetto si inserisce perfettamente nella categoria del re-uso » mancanza di alternative si procede con operazioni più complesse che potrebbero essere inserite nell’ambio del cosiddetto re-uso architettonico. Categoria ormai ufficiale nel vocabolario architettonico contemporaneo. Il re-uso non è una novità, l’abbiamo

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PROGETTO

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05. Il volume a doppia altezza dell’atrio dal livello superiore. 06. Il vano della palestra (da completare) al livello interrato dell’ampliamento. 07. Veduta dall’esterno sull’atrio. 08. Lo spazio della mensa al piano terreno prima dell’allestimento.

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giulia de appolonia

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inventato noi, noi euro-mediterranei. Le nostre città sono il più grande esempio di re-uso architettonico della storia; sedimentazioni che vantano più di duemila anni di storia sotto gli occhi e i piedi di tutti. Guai quindi a scandalizzarci se, come in questo caso, un’Amministrazione interviene in un’operazione di complesso re-uso di un contesto edilizio già consolidato. Casomai è da riflettere, ma questo dev’essere argomento per altri, se sia da prendere supinamente per buona una condizione contemporanea arcinota che obbliga in qualche modo alla coercizione dell’atto edificatorio... Qui a La Rizza una scuola doppia,

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realizzata nel tempo con logiche tipologiche e materiali datati, necessitava riedizione ed ecco inverarsi il macchinoso percorso di reperimento fondi, progetto, frammentazione delle sue fasi, frammentazione dell’esecuzione, tirannide delle tempistiche, immersione in apnea nelle profondità dei gironi burocratico-normativi. L’esito esposto in queste pagine sembra non risentire di alcuno degli effetti di questo videogame, anzi, sembra al contrario aver trovato energia e forza da tutto questo.

Soluzione Dal punto di vista architettonico come detto il progetto si inserisce perfettamente nella categoria del re-uso. Qualcuno molto più attento all’andamento culturale forse lo definirebbe già re-cycling. In effetti le non-rovine su cui Giulia De Appolonia è andata ad operare sono scomparse, oggetto di una profonda operazione di riciclaggio di ogni frammento utilizzabile, ma anche rifiuto e demolizione senza patemi di ciò che è stato ritenuto inadeguato. Adeguamento normativo sismico ed energetico, ampliamento degli spazi e riconfigurazione delle distribuzioni secondo una logica

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Nata a Pordenone, ha operato in Portogallo dal 1991 al 2004 collaborando dapprima con J.L. Carrilho da Graca, e realizzando con il proprio studio il Museo della scienza Viva di Bragança concluso nel 2007. Nel 2008 dà vita con Camillo Botticini alla società ABDA srl sviluppando progetti nazionali e internazionali di grande dimensione e rilievo. Nel 2014 apre a Brescia lo studio “Giulia de Appolonia-Officina di Architettura”, che si occupa essenzialmente di progetti di opere pubbliche di media scala con un focus particolare per l’edilizia scolastica, sportiva, e gli interventi paesaggistico/ ambientali. www.deappolonia-arch.com


PROGETTO

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09. Dal corridoio al primo piano dell’ampliamento, uno scorcio sull’edificio esistente riqualificato. 10. Un’aula nell’edificio riqualificato. 11-12. L’aula magna, frazionabile grazie a una parete mobile, ricavata al livello interrato dell’edificio riqualificato. 13. Piante ai livelli interrato, terreno e primo.

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14. La biblioteca posta al di sopra dell’ingresso in una veduta prima del completamento degli arredi. 15. Un’aula all’interno dell’ampliamento, con gli arredi fissi a parete. 16. Sezioni costruttive sulle facciate dell’ampliamento e dell’edificio riqualificato.

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solaio di copertura solaio di copertura controsoffitto ribassato in pannelli di fibrocemento tipo celenitincostituito da orditura controsoffitto ribassato metallica pannelli di fibrocemento tipocon guida a U in zincato, struttura orditura serramento apribilecelenit verso costituito daacciaio primaria metallica con guida a U in in montanti a C fissati l'esterno al solaio acciaio zincato, struttura e pannelli di serramento apribile verso fibrocemento primaria in montanti a C fissati fissati alle travi del l'esterno al solaio e pannellisolaio di con profili di sostegno a scomparsa fibrocemento fissati alle travi del solaio interno solaio con profili di sostegno a scomparsa solaio interno controsoffitto ribassato in pannelli di fibrocemento tipo celenitincostituito da orditura controsoffitto ribassato metallica pannelli di fibrocemento tipocon guida a U in zincato, struttura celenit costituito daacciaio orditura primaria metallica con guida a U in in montanti a C fissati al solaio acciaio zincato, struttura e pannelli di fibrocemento primaria in montanti a C fissati avvitati all'orditura viti autoperforanti al solaio e pannellimediante di fosfatate fibrocemento avvitati all'orditura mediante viti autoperforanti fosfatate

facciata in policarbonato facciata in policarbonato

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contemporanea della didattica, i pro- lato assolvere al necessario aumento blemi da risolvere. Soluzione a tutto di superficie richiesto, dall’altro porsi ciò è stato l’uso pedissequo di almeno in dialogo con l’unica vera emergendue categorie del re-uso compositivo: za urbana presente, cioè quella della avvolgimento e addizione. chiesa parrocchiale e il suo ampio saAvvolgimento: la porzione di scuo- grato/parcheggio o forse meglio dire solaio di copertura: -solaio esistente solaio di copertura:-igloo la originaria non demolita, dopo il parcheggio/sagrato. Uno spazio pro-solaio esistente -sottofondo di cemento magro -barriera al vapore -igloo riassetto delle forometrie è rivestita spettico profondo in cui la nuova re-isolante tipo lana di vetro -sottofondo di cemento magro -barriera al vapore-pacchetto di copertura (avvolta) con un materiale di sintesi lazione tra i due edifici civili, quello -isolante tipo lana -pannelli di vetro fotovoltaici -pacchetto di copertura dalle interessanti capacità di riflessio- pubblico e quello religioso, in prece-pannelli fotovoltaici ne. Negazione del denza negata dal vincolo edificio« Complice qui anche un precedente bracfacciata o imposicio della scuola solaio interno: -controsoffitto ribassato intenso e intelligente uso basso e coperto da zione di un nuovo solaio interno: -solaio esistente -controsoffitto ribassato -solaio esistente codice formale? del colore come sottotesto una siepe, sembra Forse è indiffefinalmente risolsuggeritore di funzioni, ta. L’uno, infatti, controsoffitto ribassato in rente, ma il risulluoghi, forme » pannelli di fibrocemento tipo celenitincostituito da orditura controsoffitto ribassato tato è certamenè fondale dell’almetallica con guida a U in pannelli di fibrocemento tipo zincato, fissata a parete celenit costituito daacciaio orditura te innovativo dal tro e viceversa. con metallica con guida a Uchiodi in a sparo od idonei tasselli, struttura primaria in acciaio zincato, fissata a parete punto di vista della soluzione tecnica. Condizione inedita per un contesto montanti a C in acciaio zincato con chiodi a sparo od idonei fissati alinsolaio mediante penduli tasselli, struttura primaria in acciaio ed idonei tasselli Il nuovo involucro cela l’apparato edi- urbano snervato lungo la strada promontanti a C in acciaio zincato fissati al solaio mediante penduli in acciaio ed idonei tasselli lizio retrostante proponendosi come vinciale. nuovo punto di contattato tra interno In queste due azioni si dipanano tuted esterno. ti gli strumenti compositivi che De Addizione (per sostituzione): par- Appolonia ha saputo concatenare. te del complesso edilizio preceden- Camminando attorno e all’interno te è stata demolita e sostituita da un dell’opera si enunciano ricerche che nuovo volume. Il compito di questo sottendono l’interesse dell’architetto nuovo organismo è doppio: da un per la geografia dell’architettura, se-

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condo una corrente contemporanea certamente più svincolata dalla storia che in passato. I paralleli neo-brutalisti e/o post-tech sono evidenti in un assemblaggio che costantemente induce alla sorpresa. Complice qui anche un intenso e intelligente uso del colore come sottotesto suggeritore di funzioni, luoghi, forme. L’attenzione al susseguirsi delle prospettive interno-esterno-interno costituisce un perfetto supporto alla definizione di infiniti fermo immagine che a lungo rimangono impressi e insistono in un dialogo ulteriore e a posteriori con il progetto. Piante, sezioni e prospetti non si pongono in una logica gerarchica l’uno sull’altro in ossequio alle ricerche più latine del moderno e del contemporaneo, da Cabrero ad Artigas fino a

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Carrilho. Ciò che interessa a De Appolonia è la relazione continua tra spazio e involucro, anche nelle più puntuali e difficili interazioni, come grammatica di un linguaggio sempre in divenire.

Esito Come già scritto, dati gli antefatti e il percorso periglioso di realizzazione, il progetto di per sé non può che essere definito un successo. Ciò che davvero però va fatto emergere è la profonda relazione che esso ha con il suo essere architettura e non semplice edilizia. La differenza tra le due cose di volta in volta oscilla nella sua evidente definizione. In questo caso ci pare di poter affermare come

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17. I fronti interni dell’ampliamento con la scala di sicurezza e dell’edificio esistente rivestito da pannelli in policarbonato. 18. Anche la scala di sicurezza dell’edificio esistente è stata riconfigurata grazie al parapetto in lamiera colorata. 19. Linea d’ombra sull’ingresso. 20. Il fronte su strada del nuovo volume in ampliamento.


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Committente Comune di Villafranca Progetto architettonico e direzione lavori arch. Giulia de Appolonia COLLABORATORi Uff. tecnico Comune di Villafranca (ampliamento) Tesis (direz. operativa impiantistica, revisione progetto impianti ampliamento e progetto efficientamento) Planex (progetto iniziale impiantistico ampliamento) Palmieri (progetto iniziale strutturale ampliamento) Holtzer & Bertagnolli (revisione progetto strutturale ampliamento e progetto strutturale efficientamento) Cronologia Ristrutturazione e adeguamento strutturale edificio esistente: 2014 Ampliamento con aule, mensa, palestra: 2014-2016 Efficientamento energetico edificio esistente: 2015-2016 Dati dimensionali Edificio esistente: 1.200 mq Ampliamento: 1.120 mq

chiaramente stia nel valore proprio degli elementi lì assemblati, nel gesto coraggioso e difficile come testimonianza intrinseca del valore artistico dell’architettura. La speranza è che possa divenire una sorta di totem, cioè acquisire quel valore ulteriore al proprio nelle categorie di spazio e tempo. Augurio a nostro avviso ben riposto soprattutto quando, come oggi, dobbiamo ricordare come l’Architettura debba educare e smettere di essere educata.

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L’ampliamento di un edificio scolastico di scarsissimo valore e consistenza guarda al paesaggio del luogo trasfigurato nel riferimento a un’architettura nordica

Progetto: arch. Giovanni Cenna Testo: Michelangelo Pivetta Foto: Michele Mascalzoni

Mezzane di Sotto

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Paradigma L’incastro tra la piana ad est di Verona e le propaggini collinari crea un ambiente paesaggistico dalle peculiari caratteristiche geografiche. Simile alla speculare e forse più nota Valpolicella, la Valle che accoglie Mezzane di Sotto racchiude un contesto in grado di dimostrare cosa sarebbe potuto essere più in generale l’ambiente collinare veronese se non devastato dalla conurbazione e industrializzazione selvagge delle decadi passate. La valle è segnata dal suo fiume e da intagli lungo i fianchi delle colline che determinano la presenza di ambienti ulteriori, secondari ma significativi. Qui le vigne si inerpicano fino a lasciare indisturbati ampi tratti boschivi ancora dal sapore incontaminato. Edifici religiosi e opulente residenze mostrano come il passato abbia lasciato dispersi sul terreno frammenti di memorie antiche di notevole valore architettonico, dimostrando come qui tutto sembri in perfetto equilibrio, in una visione di sublimata condivisione tra uomo e natura. Forse la migliore esemplificazione nella provincia veronese del concetto, espresso anche dal legislatore – nonostante molti l’ignorino – della definizione di paesaggio. Il progetto presentato in queste pagine trae forse da qui il proprio senso originario, come operazione di rinnovamento di un apparato non immobile ma fisso, in lentissima ma intelligente evoluzione.

vanni Cenna affronta il problema in modo pragmatico eseguendo una danza compositiva attorno ad un edificio già esistente di scarsissimo valore edilizio, obsoleto oltre che per scelte progettuali originarie anche per il passare ineludibile del tempo. Il progetto in realtà è più complesso e autonomo di quanto fino ad ora realizzato, comprendendo un ulteriore corpo edilizio destinato alla palestra e il completamento dell’area a ovest dell’impianto. Ma quanto ad oggi presente può già chiarire il punto di osservazione e l’atteggiamento progettuale operato. Parlando con Giovanni Cenna del suo progetto pare che tutto, pur tra immense difficoltà, si sia svolto nella fase progettuale con una certa naturalezza, distinguendo la semplicità dell’atto compositivo con la complessità di quello edificatorio. Una tribolazione, quella compositiva che pare non esse-

giovanni cenna Nato a Verona nel 1967, si laurea allo IUAV di Venezia nel 1994. Il percorso formativo manifesta sin dall’inizio la continuità tra studi ed esperienze professionali. Dal 1994 collabora con lo studio Arteco di Verona, nel 2001 apre la propria attività e partecipa a concorsi nazionali e internazionali (1° posto per “Il nuovo stadio comunale di Siena”, 2006). Ha realizzato tra l’altro la riqualificazione dello Stadio Olimpico di Torino («AV» 88, 54-59) , l’ampliamento del complesso scolastico di Povegliano («AV» 95, pp. 44-51, menzionato al Premio Architettiverona 2013), e le case “di pietra e di rame” a San Zeno di Montagna («AV» 100, pp. 1217). www.giovannicenna.it

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Programma Anche nel territorio di Mezzane l’esigenza di renovatio delle strutture scolastiche ha visto impegnata l’Amministrazione in un percorso tortuoso e difficile. La storia sembra ripetersi di continuo oltre i confini dei luoghi e delle caratteristiche locali. Sfruttando la logica dei finanziamenti e le fessure, strettissime, lasciate dalle normative che ne regolano l’accesso, l’Amministrazione si è fatta carico di un progetto di riciclaggio, riconfigurazione e ampliamento della propria scuola. Un testo già letto ma che qui trova una peculiarità definita dal progetto stesso e dal luogo in cui questa opera. Dopo la vittoria del concorso di progettazione, Gio-

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01. Il volume in ampliamento con la vecchia scuola e la chiesa sul fondo. 02. Veduta dall’interno verso la facciata lignea della nuova struttura delle aule. 03. Planimetria del progetto generale comprendente sulla sinistra il volume della palestra non ancora realizzato. 03

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04-05. Sezioni trasversali in corrispondenza della zona mensa leggermente ribassata e sulle aule. 06. La pianta del volume in ampliamento evidenzia lo snodo semicircolare della mensa in attacco al corpo della vecchia scuola.

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re categoria propria dell’operato del Cenna, che dimostra al contrario una specie di apprezzato atteggiamento sufista descrivendo sempre con mansueta ma determinata semplicità il proprio atteggiamento nei confronti dei problemi del comporre. Le condizioni di principio erano l’adeguamento della struttura esistente, la realizzazione di un nuovo corpo edilizio sostanzialmente autonomo e che questo fosse realizzato secondo la nouvelle vague della tecnologia delle costruzioni, in legno. Un programma edilizio di tutto rispetto e impegnativo che in se racchiude e cerca di risolvere alcune delle problematiche più attuali che vedranno impegnate amministrazioni e professionisti ancora per molto tempo in futuro.

Parafrasi Salendo la strada che si inerpica lungo un’insenatura trasversale alla valle e che congiunge il paese con il suo camposanto, d’un tratto dopo la chiesa parrocchiale un nuovo muro definisce il fianco de-

stro del percorso. Questa l’invenzione preliminare dell’autore: la creazione di un nuovo terrapieno artificiale in grado di sostenere e realizzare un inedito piano di appoggio per il nuovo edificato che quindi non insiste sull’originario declivio ma su un nuovo piano inerbito, naturale ma artificioso, espansione en plein air delle nuove aule. Il nuovo si svela in due modi: il primo superando attraverso una scalinata di nuovo disegno il frammentato e complicato corpo edilizio della scuola precedente; il secondo passeggiando lungo l’alto muro di contenimento sulla strada fino a quando questo svanisce nel compensare il dislivello. In entrambi i modi la caratteristica è quella della lenta apparizione, dello svelarsi. La facciata in legno rivolta verso sud, denuncia non solo il materiale di cui è costituita l’intera struttura, ma molto di più. Il disegno parcellizzato del serramento, che in realtà costituisce tutta la facciata, in grandi tessere verticali richiama architetture e tematiche già viste forse altrove ma qui inedite. Il palinsesto generale, forse anche per l’inconsueta sezione del tetto a capanna rovescia, sembra denun-

Committente Comune di Mezzane di Sotto Progetto e direzione lavori arch. Giovanni Cenna Collaboratori Studio Ongarelli (progettazione strutture) Mte ingegneria (progettazione impianti) Cronologia Progetto e realizzazione: 2011-2014 Dati dimensionali Superficie ampliamento mq 480 Importo lavori € 779.535,78

07. La facciata in legno dell’ampliamento. 08. Sezione temporanea in corrispondenza del punto di attacco della futura palestra. 09. Continuità visiva tra edificio esistente e ampliamento. 08

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10. La mensa è separata dagli spazi di distribuzione da una vetrata semicircolare, elemento di raccordo con il percorso verso la scuola esistente. 11. Il compluvio delle coperture appoggia sul muro di spina centrale a divisione tra spazi di distribuzione e spazi didattici. 12. Il corrodoio di accesso alle aule è illuminato dall’alto da un sopraluce continuo. 13. Particolare della scansione ritmica della facciata continua a sud.

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ciare un ammiccamento verso architetture nordiche, alpine o addirittura scandinave. Probabilmente è l’intelligente uso dei sopraluce, passione che Giovanni Cenna conferma più volte, a ricordare opere scandinave di architetti più o meno noti. Un sistema semplice ma denso di possibilità quando si lavora con materiali minuti e in spazi ristretti. La distribuzione interna è impostata con ordine e semplicità su un impianto a corpo doppio: aule a sud, corridoio al centro e spazi serventi a nord. Ma è l’eccezione a dare senso al tutto. Nel punto di contatto con l’edifico originale, è stato impostato un grande spazio di vocazione collettiva. Planimetricamente asincrono, essendo un arco di cerchio, questo inserto detiene il compito di snodo e perno di rotazione tra il vecchio e il nuovo. Nell’insieme, osservando a lungo la pianta, anche in questo caso possono sorgere naturali echi di lontane esperienze finniche. Il contrasto tonale tra rigore e ordine funzionale e libertà formale sono una delle chiavi interpretative ad esempio di certe opere di Aalto.

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Ma certamente non è tutto qui. Sono proprio gli spazi interstiziali svolti tra rigore e libertà formale a dare senso ulteriore all’impianto. Cenna ne fa un linguaggio, difficile, ma che dimostra di governare bene e senza timore, orchestrando tutta una serie di espedienti necessari a chiarire e rappresentare al meglio l’idea di fondo. Espedienti come vetrate interne, sopraluce, scavi in sezione, sono enunciazioni di una complessità necessaria, dettata dal piano funzionale e dalla distanza da ogni condizione di scontatezza. Lo stesso riguarda la scelta di non indugiare in un disegno di prospetto ulteriore alla pura necessità tanto da rendere per paradosso l’edificio sostanzialmente a-prospettico mantenendo in qualche modo segreto ciò che si cela davvero dietro l’ordinato e puntuale disegno della facciata. Forse un padiglione più che una scuola, anzi, un padiglione con una scuola dentro. Riguardando l’intero storyboard di questo progetto e ritornando a memorie nordiche, torna in mente quando Alvar Aalto (forse disinibito dal Chian-

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ti consumato a pranzo) limitò il suo brevissimo e celebre intervento fiorentino davanti ad una platea assetata di conoscere la sua visione dell’Architettura dicendo solo: “L’architettura è una cosa molto difficile”. Niente di più vero.


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Riflessioni sull’impatto degli edifici ad altissima efficienza energetica sul settore scolastico a partire dalla nuova scuola di Raldon

Progetto: arch. Michael Tribus Testo: Jacopo Gaspari

San Giovanni Lupatoto

Foto: Hannes Meraner

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In un periodo in cui la “Buona Scuo- tanto la definizione dei volumi quanla” è spesso alla ribalta delle crona- to le scelte costruttive. che – non sempre per gli auspicati La scuola si presenta come un priesiti da cui prende il nome l’inizia- sma compatto, alto due piani, con i tiva promossa dal Governo – vale la fronti maggiori orientati secondo un pena di fare una riflessione sullo stato asse Nord-Sud suddiviso longitudidi salute della dotazione di edifici a nalmente da un sistema distributiuso scolastico sul territorio italiano in vo lineare che permette di collocarelazione a obiettivi dichiarati di ef- re la maggior parte delle aule ai due ficientamento energetico e messa in livelli verso nord, dove la luce neutra sicurezza piuttosto ambiziosi. permette una migliore illuminazione Il completamento nel corso del 2014 degli spazi evitando l’irraggiamendell’edificio scolastico di Raldon per to diretto degli infissi in fase estiva, il Comune di San Giovanni Lupato- mentre i servizi, gli spazi comuni e to (VR), a opera dello studio di ar- un’aula polivalente in doppia altezza chitettura guidato da Michael Tribus, sono organizzati lungo il fronte sud. segna un incoraggiante passo verso la L’asse centrale di distribuzione a balprogettazione e la realizzazione di latoio è illuminato da una sequenza di luoghi adegualucernari ugualtamente studiamente orientati a « Prima scuola passiva ti per accogliere nord. rinnovati modelli Dal punto di vicertificata in Italia, di insegnamento è concepita per consumare sta costruttivo e apprendimento il ricorso all’asil 10% rispetto a un nonché per soddisemblaggio e alla edificio tradizionale » sfare elevati stanstratif icazione dard di risparmio tanto dell’involuenergetico e socro quanto dei sostenibilità ambientale. L’edificio, pri- lai ha permesso di ridurre i tempi di ma scuola passiva certificata in Italia, esecuzione, di aumentare il livello di è concepito per consumare il 10% ri- controllo del corretto comportamento spetto a un edificio tradizionale (il cui funzionale degli strati e di risolvere i indice di prestazione energetica oscil- nodi evitando ponti termici e disperla tra i 130 e i 160 kWh/ m² annui 1) e sioni localizzate. Le chiusure verticali per garantire elevati livelli di comfort sono caratterizzate da una stratigrafia sia in regime invernale che estivo. iperisolata che prevede un pannello di Questo comportamento è ottenu- fibra di legno da 50 mm, 400 mm di to in primo luogo attraverso un’effi- lana di roccia e un pannello esterno in cace configurazione della volumetria fibra di legno da 60 mm finito a intoin ragione del miglior orientamento nachino. possibile per sfruttare gli apporti so- L’involucro è pensato per ottimizzalari gratuiti, riducendo nel contempo re il comportamento termico garanle dispersioni attraverso un adeguato tendo da una parte valori di trasmitcontrollo del fattore di forma e un so- tanza allineati sullo standard passivo, stanziale miglioramento delle solu- dall’altra uno sfasamento sufficiente a zioni tecnologiche adottate. garantire adeguati livelli di comfort Il principio di ottimizzazione guida in fase estiva. Il ridotto fabbisogno di

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01-02. Raldon, vedute esterne del nuovo fabbricato scolastico. 03. Dal corpo scale, uno sguardo sull’esterno. 04. L’ingresso è posizionato in corrispondenza dello slittamento tra il volume principale e il volume dell’aula polivalente.

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05. Anno di realizzazione degli edifici scolastici 3,90%5,80% nella regione Veneto. 0,80% 06. Dati sulla manutenzione 13,20% 3,90% 3,90% 5,80% 3,90% 5,80% 0,80% degli edifici scolastici. 23,20% 0,80% 0,80% 3,90%5,80% 5,80% 3,90%5,80% 0,80% 0,80% 07. Dati sugli investimenti3,90%5,80% 13,20% 13,20% 0,80% 3,90% 5,80% Fig. 02 anno di realizzazione 0,80% 13,20% 13,20% 13,20% relativi agli edifici 23,20% Fig. 02 anno dinella realizzazione 23,20% distribuzione regione Veneto 13,20% 23,20% 23,20% 23,20% scolastici. distribuzione nella regione Veneto 23,20% Edifici realizzati prima del 23,20% 1900 3,90% 0,80% 08.5,80% Raldon: un’aula al Edifici realizzati prima del 1900 Fig. 02 anno di realizzazione Edifici realizzati tra il 1900 e il 1940 primo13,20% livello. Edifici realizzati tra il 1900 Edifici realizzati tra il 1941 ee ilil 1940 1974 distribuzione nella regione Veneto 09. Raldon: lo spazio Edifici Edifici realizzati realizzati tra tra ilil 1941 1975 ee ilil 1974 1990 Edifici realizzati prima del 1900 Edifici realizzati realizzati tra tra ilil 1991 1975 ee ilil 2000 1990 distributivo centrale 53,10% Edifici Edifici realizzati tra il 1900 e il 1940 Edifici realizzati tra il 1991 e il 2000 a doppia altezza. Edifici realizzati tra il 2001 e il 2014

calore è quasi completamente soddi- turazione e nella diffusione di solusfatto dagli apporti solari gratuiti e zioni progettuali e tecnologiche per 02 anno diinterni, realizzazione dagliFig. apporti e l’utilizzo di migliorare l’efficienza energetica e la distribuzione nella regione Veneto un sistema dianno meccani- sostenibilità ambientale. Fig. 02 realizzati anno diventilazione realizzazione Fig. 02 di 1900 realizzazione Edifici prima del Fig. 02 anno di nella realizzazione distribuzione regione Venetodi Veneto Edifici realizzati tra il 1900 e il 1940 distribuzione nella regione ca controllata con recupero calo- In linea con quanto già documentadistribuzione nella regione Veneto Fig. 02il anno di realizzazione Edifici 1941 il 1974 13,20% Edificirealizzati realizzatitra prima del e1900 distribuzione Veneto Edifici prima delregione 1900 parte re consente direalizzati recuperare gran to nelle precedenti edizioni, il XVI Edifici realizzati tra eeilnella Edifici del 1900 Edificirealizzati realizzatiprima trailil1975 1900 il1990 1940 Edifici realizzati il2000 1900dele 1900 il 1940 Edifici realizzati tra eeilil1940 Edifici tra Edifici realizzati prima Edificirealizzati realizzati trailil1900 il1991 1941etra ildispersa 1974 dell’energia altrimenti con la Rapporto Legambiente registra un Edifici realizzati tra eeilil1974 Edifici tra Edifici realizzati tra il 1900 il 1940 Edifici realizzati 1941 e ile 1974 Edificirealizzati realizzati trailil1941 il2001 1975etra ilil2014 1990 23,20% ventilazione naturale delle finestre. bassissimo indice di crescita nella Edifici tratrail 1975 Edifici il 1941 il 1974 Edificirealizzati realizzati ilrealizzati 1991etra eil 1990 ililtra 2000 Edifici realizzati 1975 e ile 1990 Edifici realizzati tra il 1991 e il 2000 Edifici realizzati tra il 1975 e il 1990 Edifici Edifici realizzati tra e ilil2014 Nel complesso leil 2001 scelte tecnologiche produzione di nuovi edifici scolastici, realizzati tra 1991 e il 2000 Edifici realizzati Edifici tra il 2001 e il 2014 realizzati tra il 1991 e il 2000 Edifici Edifici realizzati tra iltra2001 e ileun 2014 Edifici realizzati tra il 1941 e il 1974 Edifici realizzati tra il 2001 e il 2014 e impiantistiche determinano fab- mentre conferma l’elevata età media realizzati il 2001 il 2014 53,10% Edifici realizzati tra il 1975 e il 1990 53,10% 53,10% 53,10% bisogno per il riscaldamento di 15 del parco con il 70% degli edifici reEdifici realizzati tra il 1991 e il 2000 53,10% 53,10% 53,10% Edifici realizzati tra il 2001 e il 2014 kWh/(m²a) e una domanda di energia alizzato tra il secondo dopoguerra e Fig. 03 Dati sulla manutenzione 2010* 2011* 2012* 2013* 2014* 05 primaria pari35,8% a 95 kWh/(m²a). l’inizio degli anni ‘90. Non migliora Edifici che necessitano di interventi di manutenzione urgente 36,5% 37,6% 32,5% 39,1% 53,10% Edifici che hanno goduto di manutenzione straordinaria negli ultimi 5 anni 55,2% 56,4% 56,2% 47,7% 49,3% Fig. 03 Dati sulla manutenzione 2010* 2011* 2012* 2013* in 2014* Benché il progetto illustrato quein modo significativo la situazione se Fonte: XVI Rapporto Legambiente *Edifici anno di riferimento datidi interventi Fig. 03 Dati sulla manutenzione 2010* Fig. 03 Dati sulla manutenzione 2010* 2011* 2012*di manutenzione 2013* 2014* che necessitano urgente 36,5% 2011* 35,8% 2012* 37,6% 2013* 32,5% 2014* 39,1% una32,5% promettensi esaminano i dati relativi alla regioFig. 03che Datinecessitano sulla manutenzione 2010* 2011* 2012* 2013* 2014* Edifici necessitano di interventi di manutenzione urgente 36,5% 35,8% Fig.goduto 0335,8% Dati manutenzione 2010*37,6% 2011* 2012*39,1% 2013* 2014* Edifici di interventi di manutenzione urgente 37,6% 32,5% 39,1% Edificiche che36,5% hanno disulla manutenzione straordinaria negli ultimi 5 ste anni pagine 55,2%costituisca 56,4% 56,2% 47,7% 49,3% Edifici che che hanno necessitano di manutenzione urgente 36,5% 35,8% 37,6% di interventi 32,5% di 49,3% 39,1% Fonte: XVI Rapporto Legambiente Edifici che hanno goduto manutenzione straordinaria negli ultimi 5 urgente anni 55,2% 2010* 56,4% 56,2% 47,7% 49,3% Edifici che manutenzione 36,5%2011* 35,8% 37,6% 32,5% 39,1% Edifici godutodidiinterventi manutenzione straordinaria negli ultimi anni 56,4% 56,2% 47,7% * anno di 55,2% riferimento datidinecessitano Fig.5 03 Dati sulla manutenzione 2012* 2013* 2014* te dimostrazione degli ampi margini ne Veneto, contesto di riferimento del Fonte: XVI Rapporto Legambiente Edifici che hanno goduto di manutenzione straordinaria negli ultimi 5 anni 55,2% 56,4% 56,2% 47,7% 49,3% Fonte: XVI Rapporto Legambiente * anno di riferimento Edificidati hanno goduto di manutenzione straordinaria negli ultimi 5 anni 55,2% 56,4% 56,2% 47,7% 49,3% * anno di riferimento dati Edifici che necessitano diche interventi di manutenzione urgente 35,8% 37,6% 39,1% 04 Dati sugli investimenti Totale Totale Totale 36,5% Totale Totale 32,5% Legambiente Fonte: Fonte: XVI Rapporto lla manutenzione * anno di riferimento dati 2010* 2011* 2012* Fig. 2013* *2014* anno di riferimento datiXVI Rapporto Legambiente di5 anni miglioramento che è possibile rag- 49,3% progetto sopra descritto, dove si regiinvestimenti investimenti investimenti investimenti investimenti Edifici che hanno goduto di manutenzione straordinaria negli ultimi 55,2% 56,4% 56,2% 47,7% essitano di interventi di manutenzione urgente 36,5% 35,8% 37,6% 32,5% 39,1% 06 2010* 2011* giungere 2012*nel settore 2013* scolastico, 2014* Fonte: XVI Rapporto Legambiente esso stra un bassissimo tasso di rinnovariferimento datiinvestimenti no goduto di manutenzione straordinaria negli ultimi 5 anni 55,2% 56,4% * anno 56,2% diFig. 47,7% 49,3% 04 Dati sugli Totale Totale Totale Totale Totale Manutenzione straordinaria € Totale 179.642.866 € Totale 168.361.086 €investimenti 127.062.773 €investimenti 105.683.169 €investimenti 163.819.638 XVI04 Rapporto Legambiente Dati sugli investimenti Totale Totale Totale Fig. 04 Dati sugli investimenti Totale TotaleFonte:Fig. Totale Totale investimenti Totale investimenti mento dati Manutenzione ordinaria € 45.576.021 € 47.662.389 € 39.582.705 € 30.845.442 € 37.022.709 appartiene a una quota piuttosto esiFig. 04 Dati sugli investimenti Totale Totale TotaleFig. 04 Datiinvestimenti Totale Totale Totale investimenti investimenti investimenti investimenti investimenti 2010* 2011* 2012* 2013* 2014* investimenti investimenti investimenti investimenti sugli investimenti Totale Totale Totale Totalemento a cavallo tra gli anni ’90 e 2000 investimenti VENETO 2010* 2011* 2012* 2013* 2014* investimenti investimenti investimenti investimenti investimenti 2013* 2010* 2011* Media 2012* straordinaria 2013* 2014* Manutenzione € 2010* 179.642.866 € 2011* 168.361.086 € 2012* 127.062.773 €attualmente 105.683.169 € 2014* 163.819.638 investimenti investimenti investimenti investimenti investimenti gua dello stock in uso. Manutenzione straordinaria €€10.987 € 8.125 2011* € 4.039 2012* € 7.371 2013* € 5.223 2014* e un trend sotto la media nazionale 2010* 2011* Manutenzione 2012* 2013* € 179.642.866 2014* 2010* straordinaria € 168.361.086 € 127.062.773 € 105.683.169 € 163.819.638 Manutenzione straordinaria € 179.642.866 € 168.361.086 € 127.062.773 163.819.638 Manutenzione ordinaria € 105.683.169 € 45.576.021 € 47.662.389 € 39.582.705 € 30.845.442 € 37.022.709 Fonte: XVI Rapporto Legambiente Totale *Dati anno€sugli di€investimenti riferimento dati Fig. 04Manutenzione investimenti Totale Totale Totale Manutenzione straordinaria €€179.642.866 €€168.361.086 127.062.773 €€105.683.169 €€163.819.638 ordinaria € 45.576.021 € 47.662.389 € 39.582.705 € 30.845.442 € 37.022.709 gli investimenti Totale Totale Totale Totale Totale Manutenzione straordinaria € 179.642.866 € 168.361.086 € 127.062.773 € 105.683.169 € 163.819.638 Manutenzione ordinaria 45.576.021 47.662.389 39.582.705 30.845.442 37.022.709 Media VENETO 2010* 2011* 2012*Totale 2013* 2014* Solamente il 4,5% delle scuole è stato nel periodo successivo (cfr. fig. 05). investimenti investimenti investimenti investimenti Manutenzione ordinaria € 45.576.021 € 47.662.389 € 39.582.705 € 30.845.442 37.022.709 investimenti investimenti investimenti investimenti investimenti investimenti VENETO 2010* 2011* 2012* 2013*€ 7.371 2014*€ 5.223 Manutenzione straordinaria € €10.987 € 8.125 € 47.662.389 € 4.039 € 39.582.705 Media investimenti VENETO 2010* 2011* Media 2012*Manutenzione 2013* 2014* € 45.576.021 ordinariainvestimenti € 30.845.442 € 37.022.709 infatti recente, Media investimenti VENETO 2010* 2011* 2013* 2014* XVI Rapporto Legambiente 2010* 2011* 2012* 2013* 2014* Manutenzione € 10.987 8.125 € 4.039 7.371 € 5.223tra2014* 2010* 2012* 2012*di€ Fonte: 2013* 2014*Nel complesso il 65% è stato costruManutenzione straordinaria € 10.987 € 8.125 €straordinaria 4.039 dati € 7.371 € 5.223 * anno di2012* riferimento Media investimenti VENETO 2010* €2011* 2011*realizzato 2013* cioè Fonte: XVI Rapporto€Legambiente straordinaria € 10.987 € 8.125 € Manutenzione 4.039dati € 7.371 € 5.223€ 10.987 Fonte: Rapporto Legambiente straordinaria €anno 179.642.866 €dati 168.361.086 € 127.062.773 € 105.683.169 163.819.638 * anno di€riferimento straordinaria 4.039 7.371mag€ 5.223 *Manutenzione di riferimento Manutenzione straordinaria €XVI179.642.866 € 168.361.086 € 105.683.169 € 163.819.638 il 2001€ 8.125 e€il127.062.773 2014, €periodo in Fonte: cui ito prima dell’entrata in vigore della Fonte: Rapporto Legambiente * anno di riferimento dati XVI Rapporto Legambiente ordinaria € 45.576.021 € 47.662.389 € 39.582.705 € 30.845.442 37.022.709 * anno di riferimento datiXVI Manutenzione €ordinaria € 45.576.021 € 47.662.389 € 39.582.705 € 30.845.442 € 37.022.709 menti VENETO 2010* 2011* 2012* 2013* 2014* giori sono stati i progressi nella maMedia investimenti VENETO 2010* 2011* 2012* 2013* 2014*normativa antisismica del 1974, dato

straordinaria mento dati

€ 10.987

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€ 5.223

Manutenzione straordinaria Fonte: XVI Rapporto Legambiente * anno di riferimento dati

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Fonte: XVI Rapporto Legambiente

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LEGENDE

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michael tribus

20 pedate da 31cm e 24 alzate da 15.83 cm

20 pedate da 31cm e 22 alzate da 15.90 cm

20 pedate da 31cm e 22 alzate da 15.90 cm

Michael Tribus Architecture è lo studio fondato nel 1997 da Michael Tribus a Lana (Bolzano), specializzato nella progettazione di edifici pubblici e privati dagli elevati standard energetici di tipo Passive House. Per questo motivo lo studio è coinvolto, in collaborazione con università, istituzioni pubbliche e reti internazionali, nella innovazione dei componenti della “casa passiva”. Numerosi sono i premi e i riconoscimenti ai progetti dello studio, tra i quali il primo posto al concorso per la nuova sede della provincia di Parma (insieme ad Archest) nel 2010 e per la ristrutturazione dell’ospedale di Crema nel 2014. A Qingdao con il Raggruppamento di Architetti “ROA-Rongen Tribus Vallentin” ha progettato la nuova sede per il “Qingdao Ecopark” (2014-16) come prima casa Passiva del Governo Cinese. Recentemente si è aggiudicato la costruzione del Golfhotel 5 Stelle “Alpinlodge St.Vigilio a Suisi”, che verrà realizzato sempre in standard Passive House dal 2017 al 2019. LEGENDE

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non certamente trascurabile quando ci si interroga sulle ragioni della scarsa sicurezza ogniqualvolta un tragico evento palesa limiti costruttivi non sanabili con interventi di manutenzione e/o recupero sostenuti con finanziamenti intermittenti e insufficienti. Anche altre fonti confermano come lo stock scolastico italiano sia attualmente caratterizzato da un’obsolescenza multilivello 2 . Se si considera che su 6.310 edifici inclusi nello studio ben il 20% non ha ancora impianti elettrici a norma e il 39,1% necessita di interventi di manutenzione urgente, nonostante siano cresciuti gli immobili (49,3%) che hanno beneficiato di manutenzione straordinaria negli ultimi 5 anni (cfr. fig. 06). Con un tasso di turnover (ingresso di nuovi edifici nello stock) pari circa allo 0,34% annuo appare chiaro che, ancorché preziosi sia come esempi pilota sia per il beneficio prodotto sulla specifica utenza, edifici come quello pubblicato non sono in grado – da soli – di spostare significativamente la qualità media del parco né di incidere sulla domanda energetica complessiva espressa dal settore. Il costo di costruzione intorno ai 1650 €/m² non rappresenta un ostacolo insormontabile dal punti di vista economico a fronte dei benefici prodotti e dai risparmi conseguiti in fase di esercizio, tuttavia per rendersi conto della scarsità di risorse a disposizione è sufficiente analizzare la distribuzione degli investimenti negli ultimi anni (cfr. fig. 07) per constatare come la priorità allo stato attuale non possa che essere la riqualificazione dell’esistente. In questo senso, il trasferimento delle esperienze e dei risultati ottenuti da edifici come quello veronese rappresenta la sfida più complessa sia perché non tutti i deficit riscontrabili nel

LEGENDA

20 pedate da 31cm e 22 alzate da 15.90 cm

20 pedate da 31cm e 22 alzate da 15.90 cm

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parco esistente possono essere sanati o corretti mediante le soluzioni applicate nella nuova costruzione, sia perché la maggior parte degli immobili si basa su tecnologie a umido a carattere massivo il cui comportamento è mediamente diverso da quello di strutture multi-stratificate iperisolate attualmente disponibili. La principale differenza in termini di comportamento si basa sulla maggiore inerzia termica delle prime rispetto alle seconde mentre all’atto pratico certamente il diverso processo esecutivo delle seconde incide sia sui tempi che sul controllo geometrico e funzionale in particolare dei nodi. Infatti quando il livello di prestazione viene spinto a standard prossimi a quello passivo, subentra la necessità di controllare ogni più piccolo dettaglio relativo al

10. Pianta piano primo. 11. Pianta piano terreno. 12. Sezione trasversale in corrispondenza del vulume dell’aula polivalente.

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LEGENDA

www.michaeltribus.com


Energia controllata

PROGETTO 13. Veduta interna della palestra. 14-15. Il contesto urbano di Raldon lungo la via principale. 16. La nuova scuola e, sul fondo, il campanile della chiesa. 17-18. Le relazioni tra la nuova scuola, le prospicienti scuole medie e i campi sportivi dell’oratorio.

Committente Comune di San Giovanni Lupatoto Progetto architettonico e progetto energetico arch. Michael Tribus COLLABORATORe Daniel Noguera Bertan COnsulenti Ingo Mair (progetto elettrico e termosanitario) Delta Ingegneria - Thomas Dusatti (progetto strutturale)

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controllo dei ponti termici, delle perdite per ventilazione e della migrazione dei flussi di vapore. Tutti aspetti che in un intervento di recupero – che necessariamente deve tenere conto delle condizioni e dei vincoli di partenza – possono non essere totalmente controllabili. Interventi realizzati in queste condizioni sono costretti a confrontarsi con una serie molto stringente di vincoli, che non consentono quasi mai di adottare le soluzioni più efficienti e ancor meno di applicare approcci progettuali ispirati alle teorie pedagogiche più aggiornate 3. La realizzazione di nuovi edifici permetterebbe invece di sperimentare efficacemente la complementarietà tra nuove modalità di apprendimento e la configurazione di spazi innovativi, attraverso l’estesa applicazione di criteri adeguati all’evoluzione delle esigenze didattiche e organizzative di una scuola in continuo mutamento 4. La sfida è aperta. Alcuni segnali da parte di progettisti e amministratori locali mostrano che molte soluzioni praticabili sono già disponibili con un discreto margine di successo. Non resta che vedere se saremo davvero capaci di costruire una “Buona Scuola” per il futuro.

1 CENSIS (2014), Diario della transizione/5, Roma, CENSIS. 2 Camera dei Deputati (2013); Resoconto dell’in-

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dagine conoscitiva sull’edilizia scolastica in Italia, Roma, Camera dei Deputati (Atti parlamenta-

dati dimensionali Volume edificato: 2.000 mc Importo dei lavori: 2.400.000 € ca.

ri XVII Legislatura, VII Commissione Camera

dei Deputati, Seduta del 13-12-2013); Roman O. (2014), Edilizia scolastica. Un’emergenza nazionale, Roma, EDIESSE Edizioni; CENSIS

Cronologia Progetto e realizzazione: 2011-2014

(2012), 46° Rapporto Censis sulla situazione socia-

le del Paese, Roma, CENSIS.. 3 Atkin J. (2000), An Outline of Integral Learning,

“Bumgum”

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Harden-Murrumburrah

http://www.learningtolearn.sa.edu.au/tfel/files/links/link_144340.pdf. 4 Baiamonti A. (2007), Learning environments.

Nuovi scenari per il progetto degli spazi della formazione, Milano, F. Angeli; Hertzberger H.

(2008), Space and Learning, Rotterdam, 010 Publishers.

Jacopo Gaspari, architetto, Dottore di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura, Docente di Materiali e Progettazione di Sistemi Costruttivi

oltre che di Tecnologie per il Risparmio Energetico presso il Dipartimento di Architettura

dell’Università di Bologna. è autore di numerosi articoli e saggi in ambito nazionale e internazionale su volumi e riviste scientifiche di settore. Tra le sue recenti pubblicazioni: Material

Imagination (con Dernie D.), Routledge, Oxon,

New York, US, 2016 e Energy design strategies for

retrofitting. Methodology, technologies and applications (con Boeri A., Antonini E., Longo D.), WIT Press, Southampton, UK, 2015.

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Tra l’involucro e il contesto

La scuola come edificio pubblico collettivo in rapporto all’autonomia morfologica e gestionale Testo: Chiara Tenca

Foto: Michele Mascalzoni

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Presentata due anni fa come un fiore all’occhiello per l’efficienza energetica, la nuova scuola di Raldon non può non prestarsi a una riflessione sul rapporto che ingenera con il tessuto circostante, non solo in termini strettamente tecnici: il fare architettura è un atto con forti ricadute sociali sul territorio, oltreché fisiche. Il contesto in cui ci troviamo è periurbano, forse non è corretto parlare di periferia: ci troviamo in uno dei satelliti che gravitano intorno al capoluogo di maggiori dimensioni, che in questo caso è rappresentato più da San Giovanni Lupatoto che da Verona. La città sembra molto lontana, forse molto

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di più della effettiva distanza fisica. Il “centro” di Raldon è una strada sulla quale si attestano le principali attività, la zona residenziale alle spalle; un agglomerato che naviga in mezzo alla pianura e che si sfalda nei lembi, propenso alla dilatazione. Gli spazi collettivi più importanti sono rappresentati da alcuni punti di riferimento: la piazza, la chiesa, la scuola… ed è bello pensare che questi punti possano favorire una socialità fluida, un riferimento urbano come architetture collettive. Tendenzialmente, la pianificazione urbanistica porta a definire in maniera chiara sul territorio le nuove aree destinate all’i-

struzione, ritagliando di conseguenza dei veri e propri “poli”, separati per lo più per ragioni di ordine, logistica e sicurezza. Ma la scuola, di qualsiasi ordine e grado, è prima di tutto un incubatore dove si formeranno i nuovi adulti: il luogo dell’educazione nel senso più lato del termine. La progettazione di un edificio scolastico, pertanto, coinvolge un significato molto più ampio, che sicuramente esce dal perimetro del suo involucro. Il fatto che in questo caso la nuova scuola sia posta a fianco delle vecchie scuole medie e vicino all’oratorio con i campi sportivi, non impedisce che ogni edificio resti un microcosmo a sé, diviso da reti e recinzioni, negando, di fatto, le potenzialità urbane latenti che al momento restano inespresse. Le caratteristiche del nuovo edifico, per il quale è stato scelto di puntare fortemente sul contenimento degli aspetti energetici, il suo stesso volume scatolare (che come è noto è la miglior forma per ridurre le superfici disperdenti) paradossalmente accentua questo “isolamento” che da energetico diventa anche fisico.

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La scelta di concentrarsi su un “tema” progettuale è sicuramente intelligente e l’aspetto energetico è un’emergenza da tenere in considerazione. Ottima la scelta da parte dell’Amministrazione e ottimo il progetto di una scuola passiva, che auspichiamo chiamerà altri esempi altrettanto virtuosi. Ma dal particolare al generale, la necessità è quella di considerare il tema di progetto integrato con gli aspetti complementari, che stentano ad essere inglobati nel ragionamento compositivo, quanto piuttosto relegati ad un completamento accessorio: gli spazi aperti, ad esempio, il disegno di suolo, il verde devono essere parte del progetto, così come deve esserlo un doveroso studio sulle potenzialità di ricucitura urbana che un edificio con questa destinazione può avere. Come incubatore di nuove energie, questa volta sociali, occorre lavorare per un sistema scolastico più aperto e fluido, vitale ed accogliente, sicuramente più coerente con il capitale umano che lì vi cresce, che deve essere spinto a tutt’altra impostazione rispetto alla logica arcaica dei recinti.


SAGGIO

Come va la scuola?

Una ricognizione attraverso i quartieri di Verona mette a fuoco il patrimonio scolastico cittadino tra “edilizia” e “architettura”

Testo: Federica Guerra

Foto: Michele Mascalzoni

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Scuola M. Vilio, Bassona (Verona) 01. Veduta dell’ampliamento da via Penazzi. 02. La scuola preesistente. 03. La contrapposizione tra il vecchio e il nuovo edificio si risolve come accordo di volumi. 04. Il fronte laterale e lo stratagemma del prospetto a dente di sega per raccordare i due fabbricati. 02

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Verona conta ad oggi una popolazione scolastica di circa 42.000 utenti rispetto a un numero di circa 250.000 abitanti: un sesto della popolazione, cioè, frequenta una scuola di qualche ordine e grado. È evidente, quindi, come la qualità dell’edilizia scolastica sia determinante sia per la vivibilità di una fetta così consistente della popolazione, sia per il ruolo che le scuole assumono nei tessuti urbani, nei quartieri e nella città. Ovunque si posi lo sguardo, però, il patrimonio di edilizia scolastica appare gravato da un’obsolescenza tecnica – e di questo danno conto le riflessioni nelle pagine precedenti – ma ancor più culturale.

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Sotto questo aspetto, i progetti di Valter Rossetto che presentiamo in parallelo a queste riflessioni hanno una duplice prerogativa: da un lato dimostrano come nel tempo, pur in presenza costante di vincoli di carattere economico o normativo o ambientale, il progetto di architettura possa perseguire l’idea che sia il valore degli spazi a determinarne il corretto funzionamento; dall’altro, ci permettono, attraverso l’analisi di un caso specifico, di passare dal particolare al generale, dall’occasione alla riflessione. Perché di questo sembra ci sia gran necessità: di fermarci a riflettere sulla qualità dell’edilizia scolastica. Ma

non una riflessione generica (e in fon- che architettoniche, approntando un do superficiale) sul fatto che gli edifici abaco tipologico che indirizzi le strascolastici versano in stato di generico tegie di intervento. Sulle pagine della degrado, ma entrando nello specifico rivista abbiamo spesso dato riscontro del caso urbano (Verona, per l’appun- all’architettura per le scuole “di ogni to) per provare a ricostruire il signifi- ordine e grado”: dall’Asilo aziendacato di un “sistema scuola” che, evi- le GSK (Citterio, Viel and partners, dentemente, va «AV» 89) alle ripensato a parScuole per l’in« è fondamentale calarsi tire da un’analisi fanzia di Penella specificità dei luoghi scantina (BC+V del suo processo di formazione e architetti, «AV» prestando attenzione al consolidamento. e di Valeggio ruolo che la scuola è andata 95) Il patrimonio di (F. Signorelli, ad interpretare all’interno «AV» 103); dalla edilizia scolastica veronese ha Mensa scolastica della parte di città » raggiunto ormai di Dossobuono proporzioni rag(Camillo Bottiguardevoli, ma raramente si è provato cini, «AV» 83) alle elementari di Poa farne una stima da un punto di vi- vegliano (G. Cenna, «AV» 95), fino sta diverso da quello basato sulla va- all’Istituto Alberghiero di Valeggio lutazione dello stato di degrado, uno (Rava e Piersanti, «AV» 103) e al Polo sguardo che non classifichi il patri- scolastico di Rivoli Veronese (M. Pimonio a seconda della sua obsolescen- vetta, «AV» 103). Ma di interventi za ma a seconda delle sue caratteristi- “d’autore”, realizzati a Verona e pro-

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Come va la scuola?

SAGGIO

05. Dettagli costruttivi del nuovo volume rifinito in mattone faccia a vista. 06. Pianta generale con l’ampliamento sulla sinistra. 07. La testata “a dente di sega” dalla strada, con la vecchia scuola sulla destra.

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vincia negli ultimi cinquant’anni ce ne sono molti altri: dalle scuole di Lavagno (Baroni e Gonella, «AV» 103) a quelle di Rinaldo Olivieri, a San Bonifacio e a Verona nei pressi della Stazione ferroviaria; per non parlare degli esempi, numerosi, di Libero Cecchini e di Calcagni e Cenna. Fino a quelli, appunto, di Valter Rossetto. E tuttavia, rimanendo solo nell’ambito comunale, la percentuale delle scuole significative per qualità architettonica risulta ancora troppo bassa rispetto ad un patrimonio che nella sua totalità conta 150 edifici comunali, oltre a 25 istituti superiori in capo all’ente Provincia e a circa cento scuole paritarie (tra scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo e secondo grado). Bisogna allora addentrarsi nel fitto tessuto dei quartieri per capire e classificare questo patrimonio, provare a farne degli esempi

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concreti per valutarne con precisione la specificità e per poter pianificare le diverse strategie di intervento, dal recupero alla rifunzionalizzazione o, perché no, anche alla dismissione. La maggior parte degli edifici risulta costruita tra gli anni ‘70 e ‘80 quando, sulla scorta del boom demografico degli anni ’60 e delle normative di carattere “quantitativo” introdotte a metà degli anni ’70 (primo fra tutti il DM 18/12/75 n. 18 “Indici minimi di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica”), l’edilizia scolastica conosce un’accelerazione che porta alla costruzione di edifici inefficienti sotto il profilo tecnico e approssimativi sotto il profilo formale. Si tratta di un edilizia povera che punta al “mimetismo” urbano, basata su schematizzazioni tipologiche semplificate, che viene ripetuta in modelli compositivi sempre uguali, senza presta-

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08. Il prospetto sud con l’ampliamento sulla sinistra e la vecchia scuola sulla destra; il prospetto ovest con la facciata in mattoni listati dell’ampliamento.

AMPLIAMENTO E ADEGUAMENTO scuola elementare “mariano vilio” località Bassona, Verona Progetto esecutivo arch. Valter Rossetto (dir. artistica) collaboratori: arch. Antonio Mazzi arch. Nicola Moretto arch. Laura Scarsini arch. Romano Micheloni (progettazione strutturale esecutiva) ing. Alberto Zugno (imp. idrotermici) ing. Adelino Gandini (imp. elettrici) 08

Progetto definitivo Comune di Verona 3a circoscrizione: arch. Loredana Brambilla ing. Giovanni Lugoboni geom. Gianantonio Carlassara (D.L.) Cronologia Inizio lavori: giugno 2002 Ultimazione: dicembre 2003

re la minima attenzione alla specificità del tessuto urbano in cui sono inseriti, dove i modelli pedagogici di riferimento sono ormai superati e dove, oltre all’inefficienza tecnologica, è riconoscibile una ben più grave inefficienza sociale: le alte cancellate che separano questi spazi dal tessuto urbano circostante ne classificano il fallimento come spazi pubblici promotori di aggregazione collettiva (ne sono dimostrazione, solo per citarne alcune, le Scuole dell’infanzia Ponchielli di via Villa Cozza, e la Rodari di via Bassone, la Scuola Primaria Uberti di piazza Marinai d’Italia, la Scuola Secondaria Verdi di via Cilea). Ma questo tessuto va in sovrapposizione a quello delle scuole realizzate

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tre domande all’ing. giulio amighini Dirigente Edilizia Scolastica – Area Lavori Pubblici Comune di Verona

Con la legge 107/15 – La Buona Scuola – parrebbero essersi liberate risorse per operazioni sull’edilizia scolastica. Qual è la politica di intervento dell’Amministrazione Comunale? Si pensa ad intervenire solo sull’esistente o è stato possibile individuare aree e procedure per la realizzazione di nuove scuole, inviando le candidature, come indicato dalla legge? L’Amministrazione Comunale, con le risorse disponibili è impegnata a mantenere, e se possibile, migliorare l’efficienza delle infrastrutture scolastiche che costituiscono il proprio patrimonio immobiliare dedicato a tal fine. Le infrastrutture scolastiche che fanno capo al Comune di Verona sono quest’anno complessivamente 164 e vanno dagli asili nido, alle scuole dell’infanzia, alle scuole primarie e secondarie di primo grado, per un totale di 154 fabbricati (in alcune infrastrutture sono allocate due o più differenti tipologie di scuola). Negli anni scorsi sono state demolite e ricostruite sul medesimo sito alcune scuole di vario ordine (scuola dell’infanzia Angeli Custodi di Quinzano, Scuola primaria Collodi alla Croce Bianca), realizzate ex-novo delle altre (asilo nido Fracazzole a Cadidavid), e realizzati ampliamenti di quelle esistenti (infanzia Carso e infanzia Rodari); tutti interventi realizzati nel pieno rispetto della normativa vigente (L. 23/96, D.M. 18/12/75, ecc.) e con attenzione alle nuove mutate

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esigenze psicopedagogiche, come da linee guida ministeriali. Allo stato attuale le risorse economiche disponibili sono concentrate su interventi di tipo manutentivo (ordinario e straordinario) e su una serie di interventi puntuali finalizzati a mantenere l’efficienza e la rispondenza a tutti i requisiti di legge dei fabbricati. Nonostante tutto, è stato individuato un intervento, inserito negli strumenti di programmazione delle opere pubbliche che prevede la demolizione e ricostruzione della scuola dell’infanzia Alessandri in Parona, resa inagibile a seguito delle lesioni prodotte dall’evento sismico del 25 gennaio 2012. Per quanto riguarda le procedure di realizzazione di nuove scuole, la normativa sulle opere pubbliche prevede che queste vengano inserite in strumenti comunali di programmazione pluriennale (triennali), articolati su elenchi annuali. L’inserimento di un’opera in tali strumenti di programmazione è subordinato alla finanziabilità dell’opera stessa in relazione alle esigenze e possibilità di bilancio dell’Ente. Pertanto non è pensabile di ipotizzare opere senza il rispetto di tali vincoli. Quali sono i principi di carattere tipologico che muovono l’Amministrazione? Si ritiene, per esempio, di puntare sul modello dei poli scolastici integrati o esistono altri modelli di riferimento? Attualmente la distribuzione dei fabbricati scolastici è abbastanza capillare sul territorio comunale, distribuita su modelli di zonizzazione urbanistica superati, ma che comunque in parte anticipavano l’idea del “polo scolastico”. Tale principio di


SAGGIO

Come va la scuola?

Palestra dell’Istituto Comprensivo IC02, Parona (Verona) 09. Uscita di emergenza sul retro del nuovo ampliamento adibito a palestra e servizi (foto di Mauro Fiorese). 10. Planimetria generale. 11. Fronte laterale (foto di Valter Rossetto).

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nei primi anni del ‘900, dove l’edificio pubblico è, invece, riconoscibile proprio perché generatore di una gerarchia di spazi pubblici (scuola-piazzachiesa-asse principale del quartiere - giardino pubblico). In questi edifici, che ancora colpiscono per la loro accuratezza formale, la logica compositiva risulta predominante rispetto alla probabile arretratezza distributiva e tecnologica e l’intervento di recupero, forse più oneroso dal punto di vista economico, non può tuttavia esimersi dal riattivare un nodo importante di una maglia urbana consolidata (Primarie Betteloni di Montorio, Camozzini di Piazza Chievo e Dorigo di via Salieri, Istituto Sanmicheli di piazza Bernardi).

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A queste si affianca il filone degli edifici frutto della sperimentazione tecnologica degli anni ’70, dove il tema della prefabbricazione viene interpretato in diverse declinazioni che vanno dalla prefabbricazione strutturale alla prefabbricazione degli elementi di rivestimento. In alcuni di questi edifici la composizione formale è ridotta all’essenziale (Secondaria Pacinotti di via Fattori, Scuola dell’Infanzia Aquilone di via Emo) ma in altri edifici l’articolazione dei volumi, l’uso ardito degli aggetti, il disegno delle coperture dimostrano una elevata accuratezza compositiva (Istituto Marconi di piazzale Guardini, Scuola Secondaria Salgari di via Turazza). Contemporanee storicamente a queste ultime troviamo esempi di una architettura “datata”, che ammicca a modelli contemporanei d’autore, dove l’uso di alcuni materiali, primo fra tutti il mattone faccia a vista, ne determina tuttavia una certa dignità stilistica. In questi casi la riconoscibilità formale celebra il ruolo istituzionale dell’edificio, con l’importante ingresso e l’ampio atrio che spesso fungono da filtro tra interno e esterno e la scabra struttura a vista che muo-

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12. Veduta del fronte principale con il nuovo ingresso che distribuisce il corpo di fabbrica preesistente e l’ampliamento (foto di Mauro Fiorese). 13. Schizzo di progetto.

palestra istituto comprensivo saval-parona località Bassona, Verona Progetto definitivo, esecutivo e d.l. arch. Valter Rossetto (capogruppo) ing. Silvano Carli arch. Laura Scarsini arch. Nicola Moretto strutture ing. Silvano Carli, C.M.M.S. associati 12

impianti termici e elettrici p.i. Gianluigi Sauro sicurezza arch. Giorgio Valentini Cronologia Realizzazione: 2004-2005

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aggregazione di destinazioni può essere perseguito secondo due differenti metodologie, finalizzate comunque ad accentrare nella stessa porzione di territorio le differenti tipologie di scuole (a tal fine è utile ricordare che gli asili nido non sono considerate strutture scolastiche d’obbligo dalla normativa vigente, bensì servizi al cittadino). La prima metodologia è quella di individuare porzioni di territorio su cui andare a realizzare diversi fabbricati indipendenti tra loro, che assolvono singolarmente ad una specifica funzione scolastica (principio in parte fino ad ora seguito dall’edilizia nazionale). Tale metodologia presenta l’indiscusso vantaggio di garantire l’indipendenza e l’autonomia dell’attività didattica in ogni singola scuola, senza interferenze tra attività dedicate a utenze di età differente, pur consentendo – per la contiguità dei luoghi di costruzione – lo sviluppo di progettualità volte alla continuità del ciclo scolastico, e quindi attività anche comuni alle varie infrastrutture. Per contro tale tipologia di “polo” presenta degli inconvenienti di natura gestionale (moltiplicazione degli allacciamenti, delle reti impiantistiche, duplicazione di taluni servizi, ecc.) e manutentivo, con particolare riferimento agli involucri edilizi e agli apparati impiantistici, che presentano, a parità di volume, uno sviluppo molto più elevato. La seconda metodologia è quella di accorpare in un’unica area ed unico fabbricato più attività scolastiche, dedicando ad ogni livello d’istruzione degli spazi e volumi specifici. Pedagogicamente tale soluzione favorisce lo scambio di esperienze e la persecuzione del cosiddetto “progetto di continuità” tra i vari livelli di scuola, favorendo

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la transizione da un ordine scolastico a quello successivo. Si persegue il vantaggio di ridurre le superfici degli involucri, con riduzione degli oneri manutentivi, e si centralizzano gli impianti. Per contro, sono interventi generali di ben più elevato onere finanziario. Essi richiedono una complessa gestione degli spazi comuni. Inoltre, l’accentramento da un punto di vista urbanistico e viabilistico troppo spinto degli istituti scolastici comporta problematiche attrattive di traffico per la contemporaneità degli orari. La scelta di perseguire poli scolastici del secondo tipo non è sempre realizzabile in un Comune come quello di Verona, la cui tessitura urbanistica cittadina non permette di individuare molte aree sufficientemente vaste e idonee alla realizzazione di tali poli. Una grande parte dell’utenza è residente in ambiti di urbanizzazione consolidata e concentrata, ove, salvo rari casi di interventi di particolare rilievo, è difficile individuare territorio libero da dedicare a queste nuove realizzazioni. Nei limiti delle facoltà finanziarie e delle disponibilità territoriali, comunque, l’Amministrazione comunale va nel verso di adottare programmi realizzativi di edilizia raggruppata, approvando studi di fattibilità per la realizzazione scuole dell’infanzia integrate con asili nido. Si rileva che gran parte dell’utenza, specialmente quella collocata nelle periferie dei centri abitati, apprezza maggiormente la distribuzione capillare attuale dell’edilizia scolastica, e vi sono richieste di aumentarne la distribuzione. Cioè si nota una tendenza opposta alla logica della realizzazione dei poli scolastici. Va da sé che questa soluzione di dispersione areale delle infrastrutture dedicate all’istruzione, se da un lato


SAGGIO

Come va la scuola?

14. Pianta a quota dell’accesso. 15. Veduta interna della palestra con la struttura in legno della copertura (foto di Mauro Fiorese). 16. Particolare della finestra sui locali spogliatoio e servizi (foto di Valter Rossetto).

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ve il volume in diversi corpi di fabbrica sapientemente articolati (Scuole Medie Meneghetti di via Giuliari, Scuole Medie Manzoni di via Velino, Scuola Primaria Pascoli di Poiano). Trattazione a parte meritano, poi, i grandi Istituti Superiori che, proprio per la loro dimensione, trascendono la questione del decoro dell’edificio per introdurre il tema del ruolo urbano che essi sono chiamati ad interpretare. Si tratta di edifici che si aprono spesso su vie di grande comunicazione e che richiamano grandi masse di utenti: in questo caso la carenza più evidente sta nella progettazione degli spazi di pertinenza, nelle aree di

filtro tra edificio e strada, nell’attacco a suolo dell’edificio, insomma nella progettazione complessiva del rapporto edificio/città, richiamando il tema della rigenerazione urbana di alcune parti di città che potrebbe scaturire da interventi mirati sull’edificio pubblico, facendolo rientrare in un circuito virtuoso di spazi pubblici articolati (Liceo Galilei e Istituto Einaudi di via S. Giacomo, Istituto Cangrande di Corso Porta Nuova, Istituto Ferraris di via del Pontiere). Di più facile interpretazione, infine, sono gli edifici storici adibiti a scuole di vario ordine, dove la complessità risiede nell’utilizzo di contenitori di alto pregio per un uso non consono alla destinazione originaria: in questo caso è evidente come urga un intervento di ripristino delle strutture storiche e come la rifunzionalizzazione degli stessi debba avvenire con metodologie “leggere” nel rispetto della fragilità del manufatto, garantendone, magari, anche una fruibilità più

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17. Veduta del fronte principale; in primo piano il corpo degli spogliatoi, sullo sfondo il volume della palestra (foto di Mauro Fiorese). 18. Prospetto principale con in evidenza il corpo in ampliamento.

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estesa alla collettività (Istituto Lorgna Pindemonte di C.so Cavour, Liceo Fracastoro e Istituto Marco Polo di via Moschini, Scuola dell’infanzia Garbini di P.tta Santa Maria in Organo). Da questa sommaria classificazione, che costringe sicuramente a ulteriori approfondimenti, emerge come anche a scala locale il tema dell’edilizia scolastica sia estremamente complesso, risulta evidente come “la buona scuola” passi necessariamente attraverso investimenti che interessano gli spazi, l’architettura degli edifici e degli ambienti, la loro organizzazione e costruzione, ma soprattutto il loro rapporto con la città, insomma, il loro completo ripensamento. Per questo sembra fondamentale calarsi nella specificità dei luoghi, tralasciando giudizi sommari e interventi generalizzati e prestando attenzione non solo allo stato di conservazione del bene ma, soprattutto, alla sua storia e al ruolo che esso è andato ad interpretare all’interno della parte di città. Per questo chiedersi cosa “ha funzionato” nei progetti di Valter Rossetto, cosa li rende, a distanza di qualche anno, ancora progetti di qualità, significa intravvedere una possibile soluzione ad una situazione comunemente sentita come di degrado generalizzato.

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risponde all’esigenza cosiddetta “della scuola vicino a casa”, pone diverse problematiche di tipo manutentivo e di razionalizzazione dei consumi energetici e delle singole utenze, anche se ha il il vantaggio di semplificare la ricerca di un area idonea all’insediamento di tali opere. L’intenzione dell’Amministrazione comunale è quella di razionalizzare il proprio patrimonio scolastico, mantenendo in efficienza ed adeguando quello esistente (specie nelle aree a connotazione urbanistica più consolidata) e realizzare poli scolastici nelle aree più periferiche ove vi sia maggior libertà di intervento. È possibile, in riferimento alle scuole del territorio, adeguare il patrimonio edilizio esistente ai nuovi modelli di scuola, alle nuove teorie pedagogiche? Vi sono valutazioni in tal senso con relativo impegno di risorse? Il patrimonio scolastico comunale è in larghissima parte costituito da fabbricato realizzati antecedentemente al D. M. 18 dicembre 1975, o che comunque hanno una progettazione che è stata conclusa prima dell’entrata in vigore del citato decreto. Pertanto non sempre tutte le prescrizioni che la normativa vigente impone sono rispettate integralmente. L’azione dell’Amministrazione è quella di adeguare, per quanto possibile, il proprio patrimonio agli standard richiesti, con attenzione alle nuove linee guida del MIUR. quella di adeguare, per quanto possibile, il proprio patrimonio agli standard richiesti, con attenzione alle nuove linee guida del MIUR. Non sempre tale operazione è agevole e in più casi richiede una integrale rivalutazione del fabbricato con oneri economici molto impegnativi. Particolare difficoltà di rileva per gli istituti ricadenti nel centro storico principale e nei centri storici minori. Essi soffrono di carenza di spazi per le attività libere

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e motorie, in particolar modo quelli di istruzione primaria e secondaria di primo grado, carenza che viene ad essere amplificata se si tengono come riferimento le raccomandazioni delle nuove linee guida del MIUR. Per contro, la contrazione della popolazione scolastica ha comportato la evidente riduzione del numero di classi, rendendo libere aule ora attrezzate a laboratori delle vari materie (aule informatica, aule di musica dedicate a strumenti specifici, aula di lingue, aule per lezioni individuali, ecc.), tant’è che spesso, facendo un semplice quoziente numerico tra alunni iscritti e aule a disposizione, appaiono fabbricati sotto utilizzati, ove però sono richiesti spazi aggiuntivi. Un indagine più approfondita evidenzia invece come gli spazi lasciati liberi da classi non più esistenti siano oggi già attrezzati come laboratori e attività didattiche accessorie, conformandosi così ai criteri delle linee guida ministeriali. In Verona non si sono ancor verificate ipotesi di riqualificazione globale di edifici di livello primario o secondario di primo grado (se non un caso singolo) dall’entrata in vigore delle nuove linee guida. Per quanto concerne le scuole dell’infanzia e gli asili nido, la progettazione e la successiva fase esecutiva è sempre stata seguita di concerto con il Settore Istruzione, ponendo estrema cura alle esigenze del personale docente e di conseguenza alla giovane utenza. Le proiezioni sullo sviluppo demografico, e conseguentemente sull’andamento della popolazione scolastica, danno un ulteriore calo dell’utenza per il prossimo futuro, rendendo allo stato attuale pleonastica la pianificazione e la realizzazione di nuovi plessi, se non per eventuale accorpamento con demolizione delle preesistenze. (intervista a cura di Federica Guerra)


PROGETTO

Cercando un po’ di blu

Modello californiano per un’abitazione costruita all’interno di un’enclave residenziale nei pressi del lago di Garda

Progetto: CircleLab + CLAB architettura

Testo: Marco Campolongo e Marta Benali

Peschiera del Garda

Foto: Michele Mascalzoni

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BELL'ITALIA

I progettisti l’hanno chiamata MZ. La casa sorge in una zona di recente urbanizzazione, su una delle prime colline moreniche che si incontrano giungendo dal Lago di Garda, proprio alle spalle della città di Peschiera, a debita distanza dal traffico frenetico della Statale 11. Questo luogo presenta delle caratteristiche rilevanti dal punto di vista paesaggistico: la sua morfologia si differenzia dalla vicina zona litorale del lago che rimane prevalentemente pianeggiante. La particolare posizione geografica favorisce una prospettiva diversa e più ampia sul territorio circostante. Le coltivazioni dei vigneti e degli ulivi testimoniano la fertilità del terreno e dell’ambiente salubre nel quale ci si trova immersi. Questa localizzazione ha condizionato la definizione formale della casa: le opportunità naturali hanno orientato le scelte degli architetti in modo che la realizzazione finale potesse offrire un punto di osservazione privilegiato sul panorama. Il rispetto nei confronti di queste emergenze paesaggistiche risulta ancora più chiaro se si osservano gli schemi concettuali di progettazione: in questi si identifica la volumetria della casa, che si presenta come un parallelepipedo solido di base quadrata,

01. La casa in una veduta dall’ingresso della strada privata. 02. Inquadramento territoriale con il laghetto del Frassino sulla sinistra. 03. Schemi concettuali della proposta progettuale. 04. Veduta interna del patio.

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« L’impianto planimetrico è organizzato intorno ad un patio, il cuore della casa, ottenuto dalla sovrapposizione delle due “L” » che subisce delle trasformazioni di sottrazione, divisione e slittamento come risposta al contesto nel quale si inserisce. Questo procedimento pragmatico ricorda un atteggiamento nord-europeo, in cui l’architettura è condizionata dalle criticità ed opportunità che si incontrano nel contesto di riferimento. La casa quindi si concretizza in due volumi di forma ad “L” sovrapposti, che rappresentano i due spazi vitali dell’abitazione, quelli diurni e quelli notturni. Entro i limiti indicati dalla normativa, l’edificio arretra di quattro metri rispetto alla strada privata della lottizzazione. Vi si accede dal lato Est, scendendo tre gradini che conducono direttamente alla

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05. La casa, il giardino e la piscina. 06. Particolare della finestra d’angolo. 07. Veduta dalla piscina verso il volume sospeso attorno al patio.

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porta d’ingresso. Si noterà immediatamente la curiosa assenza di una classica recinzione, in pieno stile californiano. L’intento è stato proprio quello di ricreare un quartiere residenziale di prestigio, al quale si accede tramite una strada privata lungo la quale si affacciano le singole abitazioni. L’impianto planimetrico è organizzato intorno ad un patio, il cuore della casa. La relazione spaziale tra la zona giorno e la zona notte si viene a creare proprio grazie a questo vuoto centrale, ottenuto dalla sovrapposizione delle due “L”. Questa soluzione permette di ottenere viste molto ampie sul territorio circostante: le aperture moderano il legame con il paesaggio e lo inquadrano creando degli scenari unici per ogni stanza. I filari di vigneti che sorgono sulle colline moreniche diventano lo sfondo del soggiorno, mentre i tramonti sul Garda e sul Laghetto del Frassino fanno capolino dalla vetrata della zona notte, regalando ogni sera uno spettacolo unico. L’interno della casa è illuminato dalla luce naturale che viene modulata dal patio, venendo a creare ambienti particolarmente suggestivi. Dal corrido-

committente Privato Progetto architettonico CircleLab: arch. Federico Signorelli CLAB architettura: arch. Nicola Bedin, arch. Andrea Castellani, arch. Matteo Fiorini, arch. Paolo Rigodanzo progetto esecutivo CLAB architettura, CircleLab progetto strutture ing. Vincenzo Naldi direzione lavori arch. Federico Signorelli impresa Guerra costruzioni 08

08. Nell’esploso assonometrico, il volume ad “L” della zona notte si sovrappone a quello della zona giorno. 09. L’ingresso dalla strada privata: l’assenza di una recinzione è improntato al modello della casa californiana. 10. Veduta sul giardino.

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Cronologia Progetto: 2014 Realizzazione 2015


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PROGETTO 11. Nella sezione prospettica, in evidenza la zona notte, il patio e la cucina. 12. La casa in una veduta dal vicino parco pubblico. 13. Pianta piano terreno: 1.entrata 2. soggiorno 3. cucina 4. bagno 5. stanza per gli ospiti 6. garage 7. patio 8. piscina. 14. Pianta piano primo: 1. studio 2. suite 3. bagno suite 4. cabina armadio 5. camera 6. bagno 7. patio 8. tetto giardino.

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io della zona notte s’intravede l’olivo che affonda zolatura, che completano gli ambienti sia dal punto le sue radici proprio nel centro del cortile interno, di vista estetico che del comfort. Le finiture estere allo stesso tempo protende i suoi rami verso un ne al piano terra sono ad intonaco, mentre al piano frammento di cielo. Il suo frammento. superiore troviamo listelli di larice non trattato, la Gli elementi che condizionano le atmosfere di casa cui peculiarità consiste in una caratteristica desaMZ si ritrovano sia nella luce che proviene dal pa- turazione dal rossiccio naturale a varie tonalità di esaggio circostante sia nell’anima dei materiali che grigio. La scelta di questo legno è stata dettata dalla la compongono al suo specifica esigenza di creinterno. Il cliente aveva are un’integrazione ar« Gli elementi che condizionano espresso il desiderio che monica dell’architettufossero utilizzate princile atmosfere della casa si ritrovano ra con il contesto in cui palmente essenze natusi inserisce. Osservando sia nella luce che proviene rali: ecco quindi che si casa MZ dalla Strada dal paesaggio circostante sia presenta un’intera strutRegionale la si distingue nell’anima dei materiali tura di tipo xlam, finita appena, circondata dai esternamente con captralci di vite che si stache la compongono » potto di fibra in legno, la gliano sulla collina. cui controparte all’interno è gestita con il carton- Ai bambini è riservato l’angolo più suggestivo: dalgesso che viene a definire il pacchetto murario. At- la finestra della loro camera si può ammirare il ragtraverso questa scelta tecnologica, la casa riesce ad gio di luce della torre di San Martino della Battaottenere le migliori prestazioni energetiche, che le glia, come un faro che illumina il mare nelle notti conferiscono la più alta classificazione. I pavimenti stellate e che guida la fantasia lungo viaggi e avvensono realizzati in doghe di rovere con leggera spaz- ture in paesi lontani.

circlelab clab architettura Improntati entrambi all’idea del “laboratorio”, i due studi con base a Peschiera del Garda hanno collaborato in diverse occasioni, oltre che per casa MZ, aggiudicandosi tra l’altro nel 2011 il concorso per la riqualificazione di Piazza Ferdinando di Savoia nel comune gardesano, attualmente in corso di realizzazione. www.circlelab.it www.clabstudio.eu

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15. La finestra d’angolo panoramica della camera da letto. 16. Il parco pubblico limitrofo alla casa. 15

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17. Il patio centrale, cuore della casa. 18-19. Vedute interne: la cucina e il corridoio distributivo al piano terreno.

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La piscina è l’elemento esterno che collega la residenza con il giardino: ha una forma pura e lineare che rispetta lo stile contemporaneo della casa, in continuità con il suo linguaggio compositivo. L’uomo è in quanto abita, custodisce e si prende cura del luogo in cui vive. L’orto di Casa MZ sorge sul lato Sud-Ovest del giardino. Questo piccolo terreno coltivato svela la presenza dei suoi abitanti, e sottolinea la loro scelta di uno stile di vita naturale e sano. Una piccola rampa di scale conduce a un altro locale, indipendente rispetto alla residenza principale. La volumetria di questa dependance risulta ipogea rispetto alla casa. Il lotto dell’abitazione sorge a fianco di un piccolo parco pubblico, al centro del quale si trova un laghetto artificiale, il cui livello varia a seconda degli agenti atmosferici, poiché svolge la funzione di raccolta delle acque piovane della lottizzazione. Quest’area verde è particolarmente curata anche dal punto di vista estetico, ed è in perfetta armonia con il giardino privato, del quale sembra quasi un’estensione naturale.

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PROGETTO

Una inattesa fraternità

A Dossobuono l’ampliamento di una residenza assistita si propone come un modello architettonico innovativo

Progetto: arch. Saverio Antonini - LASAstudio Testo: Alessio Fasoli

Foto: Michele Mascalzoni

Villafranca

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01. Il fronte principale dell’ampliamento prospetta sulla corte affacciata su via Vertua. 02. Uno sguardo sugli spazi comuni al piano terreno dalla corte posteriore. 03. Schemi distributivi e volumetrici. 04. I fronti sulla corte posteriore.

Un volume che ha saputo sfruttare al meglio la difficile posizione VIA VERTUA

Legenda: Pareti in aderenza Volume ampliamento

ALTRA PROPRIETÀ

PICCOLA FRATERNITÀ ATTUALE

PIANO 2

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SPAZIO DISPONIBILE PER L'AMPLIAMENTO

È mattina, sempre troppo presto per mo il progettista di quest’intervento. lavorare. Il piazzale della chiesa di L’architetto Saverio Antonini si preDossobuono è vivacizzato dalle mam- senta come un professionista sicuro e CORTE ALTRA me che accompagnano i figli a scuola, competente, un ricercatore in grado BONOMI PROPRIETÀ genitrici e bimbi corrono ovunque e di tradurre l’esperienza acquisita atparcheggiare diventa difficile. Sul traverso uno studio personale e con il piazzale della chiesa si affaccia il vec- lavoro su edifici singolari per il loro Il lotto si trova in una condizione critica in chio edificio della Piccola Fraternità, contenuto tecnologico e culturale. Ci quanto circondato da altri edifici. un complesso meno sonoro del vicino accompagna a visitare l’ampliamenasilo, uno spazio tranquillo ma anco- to della struttura appartenente alla ra perfettamente funzionante. Da qui Fondazione Piccola Fraternità, che si comincia ad intravedere qualcosa ospita anziani e persone in difficoltà di stranamente affidando loro cacontemporaneo, mere residenziali « Il sistema frangisole come un elemento e ambienti in cui esterno è il vero atipico su un volto soggiornare. L’inprotagonista della nuova tervento odierno (quello della periferia veronese) vi- immagine architettonica» consiste nell’amsto e rivisto. pliamento dell’eGirato l’angodificio esistente lo, percorriamo il recinto in sassi del con una struttura flessibile, collegagiardino della Piccola Fraternità fino ta ma indipendente rispetto a quella a raggiungere l’immobile attestato su originaria. Saverio si dimostra previa Vertua, di un triste rosa spento. A ciso anche nell’elencare gli obbiettivi un certo punto, su un piano arretra- posti al progetto, si ha subito la sento appare qualcosa di inaspettato che sazione che il lavoro che abbiamo di arresta la meccanica falcata del pas- fronte rispecchi in modo pertinente il seggio. programma ambizioso imposto dalla È lì, dietro al cancello, che incontria- committenza.

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Volumi scavati

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PIANO 1 PIANO 0

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Il volume è stato scavato in modo da creare corti interne per permettere l’aereazione e l’illuminazione naturale delle stanze.

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Una inattesa fraternità

PROGETTO 05. La struttura in xlam durante il cantiere, con lo sguardo dall’ultimo piano sulla chiesa. 06. Pianta dei piani primo e secondo. 07. Pianta piano terreno. 08. L’ingresso principale e, sulla destra, il vano della piattaforma elevatrice per l’accesso all’interrato.

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Oltre che alla flessibilità, la richiesta era infatti di una maggiore disponibilità di spazi comuni per le attività di laboratorio e per i momenti di vita collettiva, di una struttura ecologica e moderna attenta alla responsabilità ambientale, che fosse allo stesso tempo da modello architettonico e sociale per la comunità. Ed è proprio quest’ultima ambizione che colpisce particolarmente, e sarà da qui che incomincerà la nostra storia d’oggi. Il sistema frangisole esterno è il vero protagonista della nuova immagine architettonica: un sistema di tubolari a sezione quadrata montati verticalmente ed equidistanti l’uno dall’altro che, con i loro tre colori bianco, nero e verde, diventano il leitmotiv dell’addizione. Né la forma né la posizione né tanto meno il colore sono casuali;

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se le ragioni della forma e della posizione dipendono esattamente da un preciso studio dell’inclinazione della radiazione solare in merito alla posizione dell’immobile rispetto ai punti cardinali e alla quantità di luce voluta, l’uso del triplice colore ha anche una sua valenza simbolica che evoca le tre fasi della vita umana. Il lotto si trova in una posizione di affaccio molto critica, circondato per la maggior parte dagli edifici limitrofi e con la prescrizione di mantenere il lato nord completamente cieco poiché aderente al confine. Il problema dell’illuminazione naturale è stato quindi il più difficile da affrontare, ma sapientemente risolto attraverso un mirato gioco di cavedi e corti interne in grado di ottenere e anzi di superare i requisiti aero illuminanti

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LASASTUDIO

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minimi previsti per legge. Le grandi vetrate celate dietro al sistema di facciata non sembrano fuori scala rispetto alla ridotta dimensione del prospetto, poiché mitigate dal frangisole anteposto. Entrando nell’edificio, pur essendo stato inaugurato il cantiere di alcune finiture è ancora in movimento, ma già è chiaro quale sia la reale natura degli spazi. L’ambiente è inaspettatamente luminoso, merito del grande cavedio posto in fondo al salone che porta luce dall’alto, poi c’è lo spazio, aperto e senza partizioni, merito della struttura completamente in legno e della tipologia di solaio impiegato che consente spazi a pianta libera. Come ci spiega il progettista, anche qui sarà applicato il concetto di reversibilità, poiché è previsto un sistema di pareti scorrevoli in grado di suddividere il salone principale, sede della vita collettiva della struttura, in due spazi distinti. In tutto lo sviluppo dell’edificio, nei

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suoi tre piani fuori terra e nell’interrato, il collegamento con l’edificio esistente rende questa nuova porzione una naturale evoluzione, senza strappi e forzature spaziali, grazie all’inserimento coerente e corretto dal punto di vista distributivo. Come si diceva all’inizio, questa architettura vuole rappresentare un esempio costruttivo d’eccellenza. Dal punto di vista dei contenuti tecnologici e impiantistici, ci spiega il progettista, è il primo del suo genere. A partire dalla struttura completamente in xlam, compreso il vano ascensore (merito di un particolare brevetto); ma il vero cuore vincente di questo organismo è il sofisticato sistema domotico di gestione, un sistema brevettato dagli stessi progettisti in collaborazione con altri tecnici specialisti, e che gli permette di funzionare esclusivamente con l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e di gestire l’energia solo quando necessario. Il riscaldamento elettrico

09. Veduta degli spazi di soggiorno al piano terra illuminati dal grande lucernario. 10. Sezione del volume in ampliamento.

LASAstudio (Laboratorio di Architettura Saverio Antonini) nasce nel 2011 e riunisce al suo interno professionisti specializzati nell’abitare sostenibile. Lo studio si rivolge in particolare alla progettazione bioclimatica e all’integrazione tra architettura e tecnologia: nasce così la collaborazione continuativa con Easytech Srl, società che opera nel settore della ricerca impiantistica avanzata, dell’innovazione e della prototipazione. Saverio Antonini si è laureato in architettura a Venezia dopo aver svolto parte degli studi a Stoccolma. è stato tra i primi a progettare edifici in legno a Verona. www.lasastudio.com

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PROGETTO 11. Diagramma del funzionamento degli elementi frangisole. 12. Schemi delle condizioni di irraggiamento solare in estate e in inverno. 13-14. Durante il cantiere, l’allestimento degli impianti a pavimento (riscaldamento elettrico) e a controsoffitto. 15. Veduta dagli spazi comuni al primo piano.

Una inattesa fraternità

Filtrare la luce, schermare il calore Estate

SCHERMATURA RAGGI SOLARI

Inverno RAGGI SOLARI ESTIVI (70°)

RAGGI SOLARI INVERNALI (20°)

VISTA

VENTILAZIONE NATURALE PER RAFFRESCAMENTO

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GG RA

22%

Area schermata alla vista

Le schermature verticali metalliche favoriscono l’ombreggiamento delle vetrate e dell’intera facciata, con la possibilità di aperture meccaniche al piano terra.

43%

Area schermata dai raggi solari 11

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a pavimento, per esempio, funziona attraverso un sistema di distribuzione integrato ad impulsi, che entra in funzione solo quando riconoscono la presenza di persone dentro la stanza; inoltre l’ apparato di controllo gestisce i parametri di temperatura e umidità dell’aria in base alla reale necessità dello spazio, riducendo al massimo il consumo energetico dell’edifico e rendendo questo immobile completamente a zero emissioni di Co2. L’unica scala esistente, vicina al vano ascensore, permette di raggiungere l’interrato con l’autorimessa (accessibile tramite una piattaforma elevatrice) e i due piani superiori. Anche il vano scala è illuminato a giorno dalla luce zenitale, che salendo verso l’alto diventa sempre più intensa e calda. Gli spazi residenziali per gli ospiti sono volutamente di tono casalingo, lontani da quell’aria di struttura ospedaliera sterile purtroppo comune a realtà simili. Il fruitore della struttura viene gestito più come condomino che come paziente, concetto questo che rende l’anziano più libero ed indipendente, dunque presumibilmente più sereno. Ogni piano è caratterizzato da uno specifico colore richiamando coerentemente il concetto della tripartizione dell’esistenza terrena umana. Gli scorci sull’esterno sono interessanti, nonostante il contesto non sia dei migliori; l’ultimo piano offre la vista migliore con la veduta diretta sulla chiesa. È qui che ci si può già chiedere quali e quanti occhi potranno, un giorno ormai vicino, vivere e beneficiare di questo sguardo; è poetico ipotizzare quali pensieri avrà l’ospite della struttura nell’osservare solitario quelle madri accompagnare i bimbi a scuola, quali e quanti ricordi potranno tornare alla mente.

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committente Fondazione Piccola Fraternità Progetto architettonico Lasastudio - arch. Saverio Antonini collaboratori: arch. Dalila Mantovani, arch. Andrea Marchesini, designer Margherita Tezza Progetto impiantistico Easytech s.r.l. - ing. Tiziano Milani, arch. Saverio Antonini collaboratori: ing. Mirco Chiozzini, Consuelo Trematore 16

È da questa stanza con vista del terzo piano che finisce il nostro racconto, iniziato nel parcheggio chiassoso di un giorno di scuola e terminato in questo spazio della Piccola Fraternità in compagnia dei progettisti. Non ci può che accompagnare quel sentimento di mistero che intreccia spesso l’esperienza della vita umana con la nostra professione, e ci fa ricordare che progettiamo per persone, spesso sconosciute ma legate dal medesimo destino.

consulenti studio Quattrina (termotecnica) studio Sinteco (strutture cls) ing. Elisa Sardagna (strutture legno)

16. L’ambiente di soggiorno con angolo cucina ad ogni piano residenziale (primo e secondo). 17. Scorcio su una camera e sugli spazi di distribuzione. 18. Il corpo scale.

imprese DEAcostruzioni snc (opere edili) Lignotec srl (opere in legno) dati dimensionali Superficie lotto: 193 mq Volume ampliamento: 1429,4 mc

Cronologia Progetto: 2012-2014 Realizzazione: 2015-2016

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Palcoscenico domestico

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Un racconto architettonico breve con prologo, due atti, epilogo nell’occasione rara di una visita allo Scarpa lacustre di casa Ottolenghi

Testo e Foto: Federico Puggioni

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Prologo

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una calle veneziana, di laguna, controterra, ma in collina (e in calcestruzzo). Vasche d’acqua. E colonne monumentali, fuori proporzioni canonica, staticamente non necessarie, disposte in modo criptico ed elaborato. Un camino come elemento distributivo dello spazio interno, bagni circolari. Sette prospetti diversi tra loro, con sette ingressi. Pareti esterne intonacate in modo pesante, ricoperte di vegetazione e quindi a esse legate fortemente . Un coronamento superiore calpestabile: termine superiore, ma prima cosa visibile nell’accesso della casa.

I

II

Il luogo prescelto dall’avvocato Ottolenghi per un ritiro familiare è uno dei più felici dell’area veronese. In quei tempi, le fertili colline discendenti già descritte da Goethe iniziano a subire lentamente la crescita demografica e una transizione verso la vocazione turistica, diventando sempre più urbanizzate colline discendenti. Le difficoltà del costruire in un contesto topograficamente complesso, dotato di panorama di pregio, si manifesta, al di la di ogni possibile vincolo normativo, alla prima scelta strategica spartiacque: contrastare la topografia, opporvisi, oppure insinuarsi in essa. Qui la scelta nella modalità del voler lasciare il proprio segno architettonico è palese ed è densa di una potenza creatrice che ha il chiaro intento di sublimare la natura in architettura. E quindi,

È difficile descriverla. Non si può non partire dalle sensazioni, dalle suggestioni, dall’ordine con il quale avviene ogni visita, dalla mancanza di una prospettiva dominante, di una scena. L’avvenimento planimetrico molto deforme 1 del tetto calpestabile, accesso e riparo dell’abitazione, immerge nel contesto circostante. Si percepisce il pendio, tra gli olivi si svela il lago e per un secondo è possibile, voltandosi, abbracciare l’acqua e il versante collinare al contempo, compiendo una sintesi paesaggistica rafforzata dal vigneto inferiore. Ogni punto di osservazione non può non essere da nessun luogo: in questo caso il punto di vista è quella integrazione topografica e morfologica che è la casa. Si guarda lontano, ma si guarda in realtà dove si è. Perché, per volontà scarpiana, “l’edificio è stato inteso come una forma

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La morte del Professore nel cantiere nipponico, nel novembre del 1978, recise (anche) le trame di alcune articolate imprese architettoniche in corso d’opera. A causa della inaspettata notizia, gli impegni presi con le diverse committenze, le necessità di completamento su alcune parti di progetto, la prosecuzione di quanto fino ad allora fatto furono matasse complesse da sbrogliare. La sede della Banca Popolare di Verona e la la casa Ottolenghi a Bardolino divennero lentamente le trame di tessuto pregiato che sono ora solo grazie all’intenso lavoro di orditura svolto dai collaboratori più stretti del Professore che, assieme a quelli più o meno esordienti nella professione, presero in mano le contingenze pratiche da risolvere. Queste operazioni di composizione, riordino, completamento e progettazione, separate ma contemporanee nel tempo e vicine nello spazio, hanno così completato due tra i più preziosi lasciti del Maestro. In oltre quattro decenni entrambe le costruzioni sono state messe in luce solo lentamente, e in modalità diverse; diverse come la natura di una seconda casa e di una banca possono essere.

01. Il tetto calpestabile e la vista sul lago durante l’affollata visita. 02. La vasca esterna e le grandi colonne rivestite di pietra locale. 03. La massa della casa, la semicolonna e le trasparenze della cucina.

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inconsueta per la quale, mediante le deformazioni murarie, il volume costruito sfugge alla visione da lontano: le pareti esterne sembreranno diaframmi ricoperti da vegetazione (edere, ampleopsis, ficus repens). Le murature saranno costruite secondo la tradizione veronese [...]” 2 . Rileggendo, riscoprendo, comprendendo i disegni per la casa e le diverse versioni della pianta, oltre agli studi per i posizionamenti delle colonne, così articolate nella loro complessità realizzativa e compositiva, si coglie la forza della composizione architettonica. La stessa forza confermata dalla


04. L’esterno della cucina e l’intonaco che caratterizza gli esterni. 05. Riflessi della vasca interna sullo stucco del soffitto del soggiorno. 06. L’armonizzazione della casa tra le colline e il vigneto circostante.

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vegetazione cresciuta nell’intorno e sulle pareti, variabile con le stagioni in consistenza e colore. E ogni possibile interpretazione spontanea data su questa abitazione che comprenda le parole rovina e grotta, con i loro sinonimi, è una conferma della riuscita della realizzazione. Tuttavia, qualsiasi tentativo di dissezionare ogni componente di questa costruzione rende evidente la difficoltà di dare un giudizio univoco, che non può essere dato se non collegando la volontà di sublimazione generale alla base del progetto. 04 La somma delle parti è superiore al totale. E nella pratica «[...] quelle pietre e quei sassi che disporrà insieme contemporanea, l’immaginazione di Carlo Scarpa saran sempre poesia: nell’approcciare un sito e poesia tra l’azzurro del lago ed il verde della collina complesso, riscoprire con due bimbi che ci sgambettano e ci cinguettano sopra, quella volontà è un operazione quanto ah!, come potrei chiudere bene o in bellezza, mai necessaria, per come si dice i giorni della mia vita [...] » poter parlare di un architettura che vada Carlo Ottolenghi, Venezia, 19-05-1974 3 oltre l’esperienza estetica.

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Epilogo Le immagini scelte catturano e restituiscono la realtà dei luoghi. Queste immagini selezionate, dotate di lungo campo e più piani o composte da frammenti e dettagli, sono realizzate con l’auspicio di esprimere la volontà compositiva dell’ultima parte di vita del Professore, portata a termine dai collaboratori più vicini. La visita, avvenuta una mattina in primavera, è stato un altro tassello della insolita quotidianità a cui solo chi vive in case speciali può essere abituato. Un gruppo di studenti del Politecnico di Zurigo infiltrato da una piccola delegazione di «Architettiverona» hanno intrapreso in silenzio e con interesse la visita accompagnati dal collega Andrea Masciantonio e da Alberto Ottolenghi in persona, cogliendo con esso gli aspetti legati al vissuto e alla memoria, oltre che gli aneddoti quotidiani. Tuttavia, trattandosi di un’abitazione e di ambiti privati, si tratta di istantanee di un palcoscenico che, seppur privilegiato, è personale e composto da affetti, passioni, sofferenze, quotidianità:

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Il restauro del campanile dell’Abbazia di San Pietro Apostolo presso Villanova di San Bonifacio Testo e Foto: Angelo Passuello e Irnerio De Marchi

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ospitarle in uno spazio costruito è il compimento dell’utilitas di un’architettura domestica. Ma durante la visita nasce spontanea una sorta di rispetto verso lo stato attuale delle cose e verso la vita degli attori di quel palcoscenico; le immagini si concentrano quindi sull’aspetto generale, sull’impianto, e su alcuni dettagli, rimandando alla ampia bibliografia su Scarpa ogni pretesa di completezza. Quello che una pubblicazione può arduamente rendere, è la sensazione che dà la coincidenza tra le emozioni che una visita può dare e le intenzioni dalla committenza, espresse quarantadue anni fa.

1 Come riportato da Franca Semi in A lezione con Carlo Scarpa,

Cicero, 2010. 2 Sono queste le parole del Professore per una relazione illustra-

tiva da allegare alla consegna del progetto in Comune, dettata a Giuseppe Tommasi nel 1975 e da lui riportate nel suo testo Un avvenimento planimetrico molto deforme, raccolto nella pubblicazione

I disegni di Carlo Scarpa per casa Ottolenghi, a cura di Alba Di Lieto,

Silvana Editoriale, 2012. 3 Lettera di Carlo Ottolenghi a Carlo Scarpa, 19 maggio 1974, Archivio Carlo Scarpa, Collezione MAXXI Architettura, MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, Roma, riprodotta in I disegni di Carlo Scarpa per casa Ottolenghi, cit.

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L’abbazia benedettina di San Pietro apostolo presso Villanova di San Bonifacio (Verona), oggi chiesa parrocchiale, è certamente la più significativa e meglio conservata fra le compagini romaniche dell’Est veronese e, nonostante le complesse stratificazioni che la coinvolsero fra i secoli XIV e XVIII, mantiene ancora integre le strutture cenobitiche quali il chiostro, il refettorio, la sala capitolare e la foresteria. L’impianto ecclesiale, pur ricadendo nella diocesi vicentina, sviluppa un’icnografia e un elevato che rispecchiano in maniera magistrale il lessico architettonico e il gusto coloristico tipici dell’edilizia veronese del XII secolo. Il complesso occupa un sedime anticamente attraversato dalla via Postumia, come testimoniano i reperti archeologici rinvenuti a più riprese nell’alveo basilicale e nelle sue adiacenze. Benché una parte della critica dia ancora puntuale riscontro alla tenacia di certe tradizioni sulla remota origine altomedievale del monastero, è ormai acclarato che la sua fondazione risalga ai primi anni del XII secolo, su specifica committenza del conte di Verona Alberto di San Bonifacio il quale, per di più, nel proprio atto testamentario del 1135 dispose un lascito oltremodo ingente all’abbazia.

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01. Veduta aerea del complesso monastico e dell’imponente torre campanaria. 02. Disegno del monastero realizzato nel 1772 (Archivio di Stato di Verona, San Pietro di Villanova, b. 6, n. 21, c. 69r).

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Nell’area presbiteriale del tempio, inoltre, furono collocati gli stemmi della famiglia comitale e, ancora, nel secondo quarto del XII secolo fu insediato come priore un membro dei San Bonifacio, l’abate Uberto. Questo religioso, nel 1149, si fece promotore di un’opera architettonica

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La torre di Villanova a nuovo


03. Sezioni della torre campanaria. 04. Particolare della cuspide durante il restauro. 05. L’arco remenato romanico prima del restauro. 06-07. La torre campanaria prima e dopo il restauro.

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di notevole importanza facendo innalzare il campanile, come ricorda un’epigrafe tracciata in un concio nel prospetto orientale della torre: IN ANNO EST INCEPT(US) ABB(AS) TURRE(M) UB(ER)T(US) MILLESIMO CENTESIMO VIIII XL. La struttura, a pianta pressoché quadrata, s’eleva su un basamento in pietrame su ampi letti di malta. Il possente corpo principale, in grandi blocchi di pietra e privo di qualsivoglia elemento decorativo, si risolve in quattro trifore archiacute in cotto che furono addizionate fra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo dall’abate Guglielmo da Modena, fautore anche del risanamento della chiesa e degli ambienti claustrali, come rammenta una lapide murata nel fianco meridionale del tempio. I montanti della cella romanica, completamente in mattoni, sopravvivono ancora inglobati nella soprelevazione quattrocentesca e permettono di rilevare, con estrema

precisione, l’originaria quota dell’annesso. L’evidente squilibrio fra l’ampiezza della base, con le sue maestose sezioni murarie, e l’esigua altezza della canna, instillò in molti autori il ragionevole dubbio che la torre s’innalzasse assai più del livello attuale: nondimeno, quantunque sia sconosciuta la primigenia idea progettuale delle maestranze, le sopravvivenze del cantiere di Uberto, messe ancor più in evidenza dal recente restauro, danno la concreta possibilità di respingere quest’ipotesi. Inoltre, come ha da poco appurato Fabio Coden in un esaustivo contributo sui campanili, i tiburi e le torri nell’architettura religiosa medievale del comprensorio veronese, sebbene fra i secoli XI e XIII furono preferiti apparati di forma svettante (ad esempio, nei Santi Apostoli, Santissima Trinità, San Zeno o, nel territorio diocesano, in San Giorgio a San Giorgio di Valpolicella, Santa Giustina a Palazzolo, San Floriano a San Floriano di Valpolicella e San

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Martino di Negrar) occorre ricordare che in alcune fabbriche illustri furono approntati organismi dall’aspetto tozzo e ingombrante, come avvenne nella cattedrale di Santa Maria Matricolare, a San Giovanni in Valle e, ancora, a Santo Stefano a Isola della Scala. A dispetto del sicuro appiglio cronologico, la valutazione dei rapporti fra l’imponente campanile di Villanova e l’unità basilicale è oggetto, a tutt’oggi, di opinioni discordanti. L’erudizione ottocentesca ritiene che la torre, per la sua ingente mole, fosse sorta come bastione difensivo, salvo poi essere convertita a uso religioso; quest’interpretazione è ribadita anche negli studi novecenteschi, dove si sostiene con decisione la precedenza dell’annesso rispetto alla chiesa. La singolare posizione topografica del cenobio, situato nel cuore dei territori controllati dalla famiglia dei San Bonifacio, in una zona di strategica importanza fra

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contributi Fondazione Cariverona Regione Veneto Comune di San Bonifacio progetto e direz. lavori arch. Irnerio De Marchi collaboratori ing. Giacomo Silvestri (progetto strutture) arch. Licia Bottegal (sicurezza) imprese Balzarin Lino, Altavilla Vicentina (opere edili), Zanfer, San Bonifacio (opere in ferro), Busellato Mariano, Cologna Veneta (impianti elettrici)

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le provincie di Verona e Vicenza, renderebbe plausibile l’esistenza di un mastio per il controllo e la demarcazione territoriale; è noto, poi, che dalla fine del XII secolo alcune torri campanarie furono impiegate a uso di baluardo (celebre è il caso della vicina Porcile, ove l’arciprete con il suo seguito, fra il quale s’annoveravano numerosi milites, vi si rifugiò per sfuggire ad una violenta sommossa degli abitanti). Nonostante ciò, la fase d’innalzamento della costruzione deve necessariamente essere postdatata rispetto all’erezione dell’impianto abbaziale: la canna, infatti, s’appoggia alla fiancata settentrionale del tempio e ne segue nettamente i profili, denunciando così, in maniera inequivocabile, il suo adattamento a una preesistenza architettonica. Questa correlazione fra i due corpi di fabbrica, perciò, rende vana l’ipotesi che il campanile, sin dall’origine, possa aver avuto altra funzione se non quella prettamente liturgica.

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cronologia Parere Curia Vescovile di Vicenza: 02.10.2014 Aut. SABAP di Verona: 06.02.2015 Permesso di Costruire: 20.05.15 Inizio lavori: 25.06.2015 Fine lavori: 28.06.2016 07

L’intervento di restauro Il monastero di Villanova era un grande organismo che comprendeva la chiesa e gli edifici abbaziali, oltre ad una grande corte rurale che, dopo la soppressione dell’ente avvenuta nel 1771, fu venduta dalla Repubblica Veneta a privati ed è stata per decenni, alla fine del ‘900, in completo abbandono. Negli anni ’90 l’aia venne trasformata in un complesso residenziale mentre l’antico convento, anche questo

a suo tempo alienato e mutato in alloggi, fu ricongiunto alla chiesa e fu oggetto per più di dieci anni di importanti lavori di restauro che interessarono anche gli esterni della torre campanaria. Negli ultimi tempi la muratura del campanile, nei lati nord ed est, s’era ricoperta di una fitta vegetazione (principalmente parietaria) che aumentava di anno in anno. Oltre a questa preoccupante ed evidente presenza, s’era creata una situazione di pericolo a causa del marcato fuori

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piombo dei quattro pinnacoli sopra alla cella e della caduta, dall’alto della cuspide, di parti di laterizio. Era quindi necessaria un’operazione urgente che risolvesse anche questi problemi di pubblica sicurezza. L’interno della torre, estremamente interessante dal punto di vista storico e architettonico, ma da secoli lasciato in stato di abbandono, aveva la necessità di un completo rinnovo degli impianti e della sicurezza dei percorsi. Individuate perciò le situazioni

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committente Don Giorgio Derna parrocco di San Pietro Apostolo, Villanova di San Bonifacio


08. La rampa d’accesso alla cella quattrocentesca dopo il restauro. 09. L’arco remenato romanico dopo il restauro. 10. Le rampe che percorrono la canna dopo il restauro.

critiche su cui intervenire, dal 2013 cominciarono i rilievi architettonici e del degrado che portarono al progetto e ai lavori, conclusi nel giugno 2016. Montata l’impalcatura, la prima parte affrontata fu la ripulitura e sistemazione della cuspide o pigna; di forma conica, raggiunge 16 metri d’altezza ed è costruita con file concentriche di mattoni sagomati. Nel corso del tempo sulla cuspide, anche a causa della diffusa vegetazione, molti laterizi

si erano fratturati, la spessa malta d’allettamento era stata consumata e l’acqua piovana penetrava all’interno in più punti. Inoltre, numerose zone erano state ricostruite con laterizi e malta inidonei come esito dei mitragliamenti della Seconda Guerra Mondiale. È stata pertanto controllata l’intera superficie della guglia (più di 200 mq) eliminando la vegetazione ed integrando le parti mancanti con interventi puntuali utilizzando mattoni della stessa forma degli esistenti; furono quindi ripassate tutte le fughe, lavoro che si è dimostrato assai laborioso (il solo intervento della cuspide ha richiesto cinque mesi di lavoro). Completata la pigna si è passati al raddrizzamento

« L’impianto ecclesiale rispecchia in maniera magistrale il lessico architettonico e il gusto coloristico tipici dell’edilizia veronese del XII secolo »

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e fissaggio delle guglie-pinnacolo, che sono state parzialmente smontate nella parte superiore, connesse alla sottostante muratura con un perno in acciaio e ripristinate con il materiale recuperato. Scendendo all’esterno è stata affrontata la muratura in mattoni e pietrame del 3-‘400, che continua il paramento in grandi blocchi squadrati della fase romanica. L’intervento presumeva, oltre all’eliminazione della vegetazione, la semplice integrazione in malta delle aree dove erano cadute le stuccature. L’osservazione ravvicinata ed il saggio in vari punti, ha purtroppo dimostrato che le fughe (rifatte

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negli anni ’90) erano quasi tutte già staccate dal supporto e proprio questo fatto era stato causa della diffusa proliferazione di piante: di conseguenza, è stato necessario il loro completo rifacimento con malta di pura calce. Contestualmente ai lavori esterni, all’interno s’intraprese l’eliminazione dei precari solai in legno e si operò un’approfondita pulizia, inattuata da secoli. Una cura particolare è stata dedicata alla volta a botte in mattoni realizzata nel Quattrocento assieme alla cella. Nella volta erano evidenti numerosi interventi maldestri di ricostruzione con getti di calcestruzzo e, per di più, molti mattoni per la costante percolazione dell’acqua dal pavimento del vano soprastante, erano completamente sbriciolati: si è quindi intervenuto con la tecnica del cuci-scuci in tutte le superfici dove era necessario. Sono seguite le sistemazioni interne, come parapetti, luci e scale, per consentire la visita e la salita alla cella campanaria. La vera novità che questo intervento ha messo in evidenza è proprio la riscoperta dell’interno della torre, una magnifica struttura medievale per secoli dimenticata. Salire le scale del campanile è come affrontare un viaggio nel tempo; dalla base, con gli enormi blocchi di pietra perfettamente tagliati del romanico (XII secolo), si raggiunge il ricetto d’avvistamento del periodo scaligero (XIII secolo) e, attraversando la volta a botte, si raggiunge finalmente la panoramica trifora del 1400 voluta dall’abate Guglielmo da Modena. Questo nuovo spazio recuperato, per le sue notevoli dimensioni, potrà essere utilizzato anche per manifestazioni culturali e musicali.

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Un Maestro gentile

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Tra le figure di riferimento come docente allo IUAV Giuseppe Gambirasio ha lasciato molti allievi anche a Verona Testo: Claudia Tisato

Un numero elevato di architetti veronesi ha frequentato lo storico IUAV, il cui prestigio era dovuto in buona parte alla presenza catalizzante di personaggi annoverabili tra i Maestri dell’architettura italiana. I percorsi di studio e le attitudini di ciascun studente si sono indirizzati verso questi o quegli insegnanti che hanno fatto scuola, lasciando anche nella nostra città una copiosa eredità. È così che la recente scomparsa di Giuseppe “Peppino” Gambirasio verrà ricordata da parecchi colleghi che hanno seguito i suoi corsi di progettazione, e in particolare da coloro che hanno deciso di proseguire con lui il lavoro per la tesi di laurea. Alcuni nomi in ordine sparso e sicuramente lacunoso: Giovanni Cenna, Enrico Zoccatelli, Laura Allegrini, Amedeo Margotto, Micaela Bianchi, Fabrizio Quagini, Claudia Tisato… È la sua figura di docente che vorremmo ricordare. Innanzitutto, quali erano le motivazioni che ci hanno spinto a scegliere proprio lui come relatore? Certamente era un ottimo professore, ma a farne una persona speciale non erano solo le sue indiscusse capacità di governare sapientemente la disciplina. Aveva qualcosa in più: la gentilezza, il rispetto, la disponibilità. Ci dedicava con attenzione tempo ed energia. Le interminabili revisioni di progetto venivano interrotte dalla chiusura serale dell’università e non raramente proseguivano su un tavolino del bar o, per chi viaggiava sulla sua tratta, nello scompartimento del treno usando la cartella dei disegni come tavolo. Con pazienza e interesse ascoltava i nostri ragionamenti sull’architettura, spesso contorti, a volte illogici, farciti di ingenuità, e in mezzo a quel caos sapeva cogliere ciò che poteva esserci di buono riassumendolo in un breve

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01. Discussione di tesi allo IUAV, 1991: sulla sinistra Giuseppe Gambirasio, relatore, mentre al suo fianco Mariapia Cunico, correlatrice, abbraccia la neo-architetta Claudia.

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racconto che metteva chiarezza. Non imponeva il suo pensiero, rispettava le nostre idee. Aveva un suo modo particolare per farti giungere alla soluzione senza suggerire, senza dirci “come fare”. Giovanni sostiene che il suo sguardo eloquente e penetrante lo tramortiva ma gli era risparmiata quel tanto di energia sufficiente per riprendersi e procedere migliorando. Con sapienza ci insegnava a collegare il pensiero in un unico ed indissolubile processo coerente. Lasciava volare l’immaginazione per poi ancorarla alla realtà, attraverso una disciplina fatta di materia, di tecniche, di norme. Sapeva inserirsi nei nostri progetti, facendo emergere spazi e volumi che erano lì, disegnati ma che non riuscivamo a vedere; si rivelavano magicamente attraverso i suoi incredibili schizzi in prospettiva tracciati velocemente sulle tavole.

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Quando l’ansia del progetto di tesi, il progetto con la “P” maiuscola, ci portava ad esagerare, la sua tipica frase era: “Questo lo mettiamo in un altro progetto”, il suo modo per dire che stavamo girando a vuoto, che il nostro obiettivo si stava allontanando. Ognuno di noi conserverà un ricordo personale di Peppino con la speranza di ritrovare “le sue intuizioni” nei nostri progetti e la sua onestà intellettuale nella professione.


#DESIGN_VR:

Qualcosa, qualcuno

Something è lo studio di Daniel Debiasi e Federico Sandri con una base a Londra e una in provincia di Verona, un occhio sul computer e uno sul mondo della produzione Testo: Laura De Stefano

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01-03. Il duo Daniel Debiasi e Federico Sandri, componenti di Something, ritratti in posa e al tavolo da lavoro. 02. Disegno di studio per la lampada “Stage”. www.somethingdesign.com

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Daniel Debiasi e Federico Sandri sono due giovani designer che hanno fondato nel 2010 lo studio Something, con sede a Londra e in provincia di Verona, a Buttapietra. È diventata consuetudine, e non stupisce più, un certo nomadismo nel campo professionale legato all’architettura, a partire dalle esperienze universitarie e post-universitarie fino alla “diaspora” della meglio gioventù in cerca di migliori fortune europee o extraeuropee. Nel campo del design, grazie al fatto che i progetti non sono legati a un luogo specifico, questo fenomeno può essere ancora più spinto: contano la capacità comunicativa, il rapporto con le aziende e con il mondo della produzione, incontrarsi con velocità e flessibilità, destreggiare la tecnologia... e conta Skype. È così che il connubio Londra-Buttapietra si rivela essere solo una curiosità, e che la “territorialità” e il legame con il mondo veronese risultano essere sicuramente strumentali: il pretesto per il racconto di alcune esperienze, a partire da questo numero di «AV». Daniel Debiasi, bolzanino ha concluso i suoi studi universitari in Industrial Design al Politecnico di Milano mentre Federico Sandri, veronese, si è laureato all’Università IUAV di Venezia. Entrambi hanno iniziato la carriera nello studio Palomba Serafini Associati a Milano, sviluppando una grande competenza nello studio

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dei materiali e nella conoscenza delle diverse fasi progettuali e produttive, sia in campo industriale che in campo artigianale. Dopo altre esperienze lavorative indipendenti, si ritrovano e decidono di dare inizio a un’attività comune frutto delle loro competenze, affinità e complementarietà progettuali. La loro collaborazione in Something Design è ora il frutto di un ininterrotto dialogo ampliato dall’osservazione di spazi, comportamenti umani e aspetti culturali che influenzano poi la progettazione dei loro oggetti. Il loro lavoro non si colloca all’interno di una disciplina specifica; essi operano in diversi ambiti del disegno industriale, progettano installazioni e allestimenti, e forniscono consulenze sulle strategie legate al mondo del design. L’approccio progettuale è legato alla sperimentazione di un nuovo uso dei materiali, supportato da una profonda conoscenza dei processi produttivi. I progetti sono il frutto di un pensare “allargato” che vede i prodotti come parti di wnali, che ampliano i confini del design integrando gli oggetti nell’ambiente e dialogando con gli altri elementi di arredo. I due giovani designers possono vantare collaborazioni con importanti aziende internazionali, che gli hanno valso molte pubblicazioni su riviste e portali di settore in tutto il mondo.

2016 #04


MOMENTO

Stelton

Normann Copenhagen

2016

2016

La collezione “Collar” offre un approccio contemporaneo al tradizionale modo di

Momento è una lampada da tavolo caratterizzata da un sistema semplice ed intu-

preparare il caffè ed una ricerca del giusto equilibrio tra espressività e semplicità.

itivo per il posizionamento dell’elemento illuminante. Il giunto centrale è ispirato ai

Il semplice elemento cilindrico che svasa verso il basso agisce come trait d’union

supporti per canna da pesca, la lampada è così separata in due elementi distinti:

per tutta la famiglia di prodotti. La bocca pronunciata conferisce un aspetto ami-

il tubolare fissato al diffusore luminoso slitta e ruota mentre la base rimane ferma

chevole a moka e pentolino da latte, oltre a rendere agevole il gesto del versare. La

e stabile. La sommità della cupola presenta una sorta di rialzo con l’interrutto-

maniglia in legno rende gli oggetti facili da maneggiare e rimane all’esterno dell’a-

re touch nelle vicinanze, il tutto per permettere un’interazione del tutto intuitiva

rea del fuoco senza surriscaldarsi. La finitura materica, abbinata a legno ed ottone,

con l’oggetto. Momento rappresenta un gioco sulla semplificazione dell’archetipo

rende gli oggetti più caldi.

“lampada da tavolo”, risultante in un oggetto curioso adatto sia a contesti domestici che a spazi per la collettività.

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ODEON

COLLAR


LABO

STAGE

Penta

Normann Copenhagen 2016

Labo è una collezione di lampade in vetro borosilicato ispirato agli strumenti pre-

La lampada da terra orientabile Stage esprime con naturalezza il gesto di puntare

senti nei laboratori di chimica. Il risultato è un prodotto che annulla tutti gli aspetti

la luce dove necessario. La forma conica e razionale del diffusore evolve dolce-

tecnici di lampada a favore di un’interazione più amichevole e confidenziale con

mente in una pratica maniglia sulla sommità, utile per dirigere il fascio lumino-

l’oggetto. Paralume e struttura delle lampade, interamente in vetro sono a suppor-

so come si usa nelle apparecchiature professionali. La testa della lampada dalle

to di una “particella illuminante” che si riflette sulle superfici curve e trasparenti

dimensioni generose si contrappone allo stelo sottile generando un’interessante

dell’oggetto. Il cavo elettrico rivestito in materiale tessile è perfettamente visibile

gioco di sproporzione.

attraverso il vetro che lo contiene, diventando parte integrante del progetto.

CLUB Schönbuch

Ispirato alla semplictà che si trova spesso nei camerini dei teatri, lo specchioappendiabiti Club combina alcune funzionalità complementari in un’unico mobile. Essenziale la sua parvenza ed informale il suo utilizzo, uno specchio inclinato è sostenuto da una cornice in legno che nasconde un appendiabiti ed un sostegno per cappelli. Il telaio in legno massello (rovere o noce) finito ad olio è estremamente stabile, la superficie dietro allo specchio esibisce la venatura del legno.

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DAFNE ODEON

Antonio Lupi

Dafne è una vasca da bagno compatta e confortevole, realizzata in solid surface e misura 170x70 cm. Il bordo è sottile ed il bacino, generato da linee curve e superfici morbide, si solleva su un lato per accogliere le spalle. L’assieme scultoreo è generato da una geometria controllata che esprime gentilezza evocando tranquillità.

CAPE

VICLEAN L

Tekhne

Villeroy & Boch

La famiglia CAPE si sviluppa in poltrona lounge, divano e poltroncina dining. Una

Ispirato dalla semplicità che si trova in natura, ViClean L è un nuovo bidet elettroni-

seduta morbida ed ampia è abbracciata da una scocca imbottita fatta di volumi

co caratterizzato dall’apparenza delicata e leggera che traccia un parallelismo con

generosi che si assottigliano alterando la percezione dell’oggetto. La superficie

una foglia che, apparentemente semplice, cela al suo interno un’estrema comples-

esterna nasconde una morbidezza interna che suggerisce il massimo comfort. Le

sità. A giugno 2013 ViClean L si è aggiudicato il premio “Plus X” come “Product of

cuciture enfatizzano i contorni della scocca con un cambio di colore coordinato

the year 2013” nella categoria sanitari.

con la finitura della base. Le gambe in massello sono alleggerite da un taglio netto e mantengono la finitura naturale del legno.

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Come hai iniziato a fare il designer, e cosa ti ha spinto? Il mio primo lavoro, appena finito gli studi, mi ha dato la possibilità di imparare a pensare e realizzare packaging per l’alta gioielleria. Questo è stato il mio primo passo nel mondo della progettazione, mi ha fatto scoprire diversi modi di interpretare il design. Fino ad allora la mia era una visione 2D, poi ho approfondito il mondo del design in termini più ampi. Non c’è stato nulla in particolare che mi abbia spinto a percorrere questa strada, pensavo solo fosse il lavoro più bello del mondo e lo penso tuttora. Studio Fantastico è il mio lavoro quotidiano, l’ho fondato con Enrico Grigoletti, socio e amico.

Abbiamo unito le rispettive esperienze nel settore e ci siamo buttati a capofitto, piano piano siamo cresciuti e sviluppato una direzione ben precisa da seguire. Lavoriamo principalmente su progetti creativi e direzioni artistiche, molte volte con editoria e aziende di moda. Che cos’è per te il progetto grafico, e come lo approcci? Hai un tuo metodo? Penso che il progetto grafico sia tutto quello che succede prima di mettere mano ad un fi le, io ad esempio comincio a visualizzare il risultato mentre il cliente mi presenta la sua richiesta. Cerco di prepararmi mentalmente per arrivare ai bozzetti già con delle linee guida ben precise.

“Crediamo che ogni buona idea possa essere tradotta in forme diverse di comunicazione”: è questa la dichiarazione che apre il sito della boutique creativa Studio Fantastico, di cui Diego Soprana, art director e designer veronese, è fondatore. Un’essenzialità di intenti che si rispecchia nell’estetica dei suoi lavori, in cui l’idea concettuale guida saldamente le scelte realizzative, creando quel link tra significato e bellezza che caratterizza l’arte di questo secolo. Estetica che è stata apprezzata e scelta da grandi marchi internazionali come Nino Cerruti. In parallelo, Diego firma a proprio nome i lavori come illustratore, che affiancano i progetti grafici e l’art direction nell’ambito della moda: VeronaMilano è la tratta d’obbligo, ritorno compreso.

Testo: Gaia Passamonti

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Nel titolo: Legs, artwork.

ContemporaryStandard.com.

10. Illustrazione per

Bonanni Del Rio Catalog.

09. Corporate Identity BDC

08. Self promotion-digital poster.

Flaccavento e Thecorner.com.

collaborazione con Angelo

da Uomo”, realizzato in

06-07. Pagine dal libro “Vestirsi

Fragranze 2016.

pubblicitaria ideata per Pitti

05. Artwork della campagna

Immagine.

di Firenze organizzato da Pitti

l’evento al Museo Marino Marini

02-04. “Il Signor Nino”, invito per

If Art is…

01. Self promotion-digital poster

DIEGO FANTASTICO

GRAPHICS

la pagina come luogo da costruire, caratteri e inchiostri come mattoni e pietre. Testimonianze e ricerche in un territorio del progetto a due dimesioni. a cura di Pensiero Visibile


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C’è un progetto a cui tieni particolarmente? Vuoi descrivercelo? Nel 2015 ho realizzato un invito per la mostra “Il Signor Nino” dedicata a Nino Cerruti e presentato al Museo Marino Marini di Firenze durante Pitti Uomo.

Metti più testa o più cuore nel progetto? Divido spontaneamente le due cose, direi cuore nel mio lavoro e testa nei progetti. Nei progetti ho imparato a metterci la testa dopo aver visto rimbalzare idee a cui tenevo moltissimo e dove avevo messo

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Qual è il tuo legame con Verona? Verona ha alcuni punti di forza che la rendono perfetta, è a misura d’uomo e vicina a Milano, città con cui lavoro praticamente sempre. Magari tende a creare nicchie un po’ chiuse ma lascia anche spazio utile per vivere comodi.

il cuore appunto. Credo sia parte della gavetta e che serva, almeno per mia indole, a rafforzare l’approccio più analitico di questa professione. Col passare del tempo ho capito che c’è un equilibrio nelle due cose, da calibrare a seconda del progetto: sta a me (in questo caso) scegliere quanto cuore e quanta testa usare.

Cosa ti ispira o ti ha ispirato negli anni? Trovo la maggior parte dell’ispirazione osservando la gente, mi piace vedere e capire come ognuno di noi interagisce con quello che ci circonda. Questo mi aiuta a cambiare prospettiva sulle cose e nella progettazione grafica. Ovviamente poi c’è internet, infinita fonte di ispirazione ma va usato con coscienza altrimenti si rischia di sostituirlo alla propria creatività.

Lo faccio perché poi lavorerò dentro ad una gabbia con limiti ben visibili e preferisco dare sfogo alle idee prima di dover racchiuderle in un layout.

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Il progetto voleva in qualche modo mostrare l’eleganza e l’assoluto savoir faire dello storico stilista, che ho tradotto in un libricino composto da pagine con formati differenti, diversi materiali e accompagnato da elementi che andavano poi a comporre un taccuino fatto per essere usato quotidianamente. Inoltre pochi mesi fa sono stato

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www.studiofantasti.co

Info:

Vuoi lasciarci un pensiero? Certo, vi lascio con “More Good, Less Bad”, il motto di Studio Fantastico.

C’è un rapporto tra la progettazione grafica e l’architettura? è curioso come i due mondi tendano a non chiamarsi più di tanto ma sì, penso che un rapporto a doppio fi lo esista. In un certo senso si parla della stessa cosa: lo studio degli spazi e dell’interazione del consumatore con essi.

coinvolto da Pitti Immagine per la realizzazione della campagna pubblicitaria di Pitti Fragranze, realizzando anche un mini libro pieno di messaggi nascosti e trick grafici che mi hanno soddisfatto tantissimo.


Collezione Privata

Il senso del costruire: architettura e arti visive

Il racconto di una esposizione che ha indagato sull’influsso positivo dei procedimenti costruttivi sulle altre operazioni artistiche

Testo: Giovanni Iacometti

Può essere ancora utile, per favorire un lavoro propositivo sulle arti, discutere dei rapporti che si sono instaurati e possono ancora instaurarsi tra di esse, in particolare sui legami dell’architettura con la scultura, la pittura e la fotografia? Legami che si sono stabiliti come partecipazione fisica e decorativa delle varie arti a un programma spaziale unitario presieduto dall’architettura (dalla casa antica classica alla sua rivisitazione rinascimentale, fino alla casa borghese) ma soprattutto considerando l’architettura come un procedimento costruttivo in grado di influenzare positivamente le altre operazioni artistiche. In quanto l’architettura presenta non solo paesaggi costruiti realistici (di oggetti, case e ambienti urbani e rurali) che sono la scena della nostra vita quotidiana ma fornisce anche una particolare metodologia pratica e intellettuale, un senso sintattico–tettonico del fare, in grado di indirizzare molte figurazioni delle altre arti

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01-03. Luis Israel Gonzàles Sosa, S-T, carboncino su tela, 91x54; S-T, carboncino su tela, 123x84; S-T, mista su tela, 176x115 (2015). 04-05. Ramon Ramirez, Vertevrati, mista su tela, 150x100 cm, 2016; Cattedrali di energia, mista su tela, 98x74, 2016. 04

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visive. Tramite la definizione di elementi compositivi elementari, predisposti all’assemblaggio (o al corrispondente smontaggio) secondo principi connettivi e morfologie geometrizzanti molto semplici, vicini alle pratiche della vita quotidiana: sovrapporre, impilare, affiancare, incastrare, incasellare,

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aggettare, sbalzare, spezzare ecc. Il che potrebbe essere connesso a un atteggiamento artistico di impianto e intento autenticamente realistico ovvero rapportato al funzionamento pratico dell’agire umano. Oggi, al contrario, accade che l’architettura, specie quella dell’avanguardia più radicale, si ispiri alle visioni più

o meno espressioniste, astratte e organiche, spesso del tutto a-sintattiche, perseguite dalle altre arti, ambendo anch’essa a configurare icone plastiche sintetiche, oggettoni sempre meno districabili in grammatiche normative comuni, sempre meno assimilabili alle pratiche sintattiche ordinarie, sempre meno distinguibili in atti compositivi ed elementi costitutivi semplici, sempre meno comprensibili analiticamente dai più, sempre più tesi a offrire unicamente seduzioni sensuali immediate e passive al fruitore, razionalmente indistricabili.

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Collezione Privata 06-08. Ramon Ramirez, Uomoinpentola, carboncino su carta, 70x50, 2010; Cattedrali di energia, mista su tela, 120x100, 2013; Optimumhomo, mista su tela, 125x100, 2011.

la mostra Inaugurata a luglio 2016 presso Isolo17Gallery, “Il senso del costruire” ha proposto nel mese di settembre un ulteriore approfondimento. “First Step”, l’evento di arte contemporanea dedicato agli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Verona che ormai da sette anni seleziona e propone i migliori lavori nelle differenti discipline e presenta alla città le tendenze artistiche emergenti, ha proposto a Isolo17 Gallery le opere di Xhimi Hoti, il cui lavoro è stato inserito a pieno titolo all’interno della mostra in corso .

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www.isolo17.gallery

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Può essere utile dunque al progresso sinergico di queste arti interrogarsi di nuovo sulle loro relazioni possibili secondo questa linea metodologica? Ovvero cercare di riconsiderare un rinnovato rapporto della pittura, della scultura e della fotografia con l’architettura non solo nelle sue figurazioni realistiche dello spazio, nei suoi paesaggi caratteristici, ma riconsiderando il suo senso costruttivo, lo spirito sintattico caratteristico dell’edificare? Il quale non esclude affatto la possibilità di espletarsi anche in senso onirico,

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organico, fantastico o altro, e di esprimere dunque il mistero o il sogno di mondi astratti o di fantasia ma di farlo pezzo per pezzo. La mostra “Il senso del costruire”, che ha presentato opere di Sylvain Corentin, Raffaella Formenti, Joe Oppedisano, Ramon Ramirez, Eduardo Romo e Luis Israel Gonzàles Sosa, selezionata e predisposta da Giovanni Monzon in qualità di responsabile di Isolo17 Gallery, ha cercato di porre questo genere di questioni, senza alcuna pretesa di risposte esaustive in

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tal senso, favorendo un incontro, metodologico oltre che tematico, fra autori che possono essere accomunati da questo interesse per le diverse modalità e problematiche della tettonica costruttiva. Sul fondo, irrinunciabile, resta la domanda cruciale: che rapporto ha il momento poetico con le pratiche didascalicamente meccaniche del costruire di tutti? Ogni autore offre la propria risposta.

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09. L’esposizione allestita negli spazi di Isolo17 Gallery. 10. Joe Oppedisano, Borsa di Milano, fotografia, 101 x 130, 2013. 11. Edoardo Romo, Armados, tre sculture, 2015. 12. Ramon Ramirez, Cattedrali d’energia, misto su carta, 59x35,2012. 13. Xhimi Hoti, Senza titolo, 2016.


Territorio Ritorno a Verona Sud

Territorio

Consulente urbanistico per il Comune di Verona alla fine degli anni ‘90 Franco Mancuso ripercorre i luoghi di un’intensa stagione progettuale rimasta sulla carta

Testo: Franco Mancuso Foto: Diego Martini

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Avevamo lavorato intensamente sulle aree di Verona Sud, alla fine degli anni ‘90; più che sulle altre della città che erano state interessate dalle esplorazioni progettuali avviate in funzione della stesura del nuovo Piano Regolatore: prevalentemente nelle aree cittadine dismesse, o in via di prossima dismissione (al Saval, all’AMT, all’ex Tiberghien, alle ex Cartiere, all’ex Foro Boario, solo per citare le più importanti). L’idea era che prima se ne dovessero esplorare le potenzialità, con progetti “tentativi” atti a prefigurarne le alternative possibili, e quindi ad aprire un dialogo con la città; e che solo poi, da tutto ciò, si potessero desumere i parametri urbanistici da inserire nel Piano: le funzioni, le quantità, gli standard, gli indici edilizi; e i valori da preservare. Così dunque si fece a Verona, chiamando a lavorarvi gruppi di giovani architetti; e così si fece a Verona Sud, dove il risultato fu subito entusiasmante: apparve presto chiaro che vi si sarebbe potuto creare un vero brano di città, in un luogo caratterizzato dalle straordinarie preesistenze architettoniche che erano il retaggio della pur breve stagione dell’industrializzazione e della modernizzazione infrastrutturale della città. Vi era in tutti noi l’esaltante prospettiva di poterne riprogettare il futuro con coraggio e lungimiranza, perché si trattava di aree prevalentemente di proprietà pubblica, e si poteva ragionevolmente immaginare che vi si sarebbe potuto intervenire agilmente e senza i condizionamenti della proprietà privata, oltre a ciò, si pensava che la loro valorizzazione urbanistica avrebbe consentito interventi a basso costo per la collettività, anche se di grande portata per il futu-

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ro di Verona. Certo, si favoleggiava. Ma vi era all’orizzonte la prospettiva, anche se ancora assai sfumata, di poter ottenere attraverso uno strumento come il PRUSST (Programma di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio) in quello stesso momento lanciato dal Governo, finanziamenti statali adeguati all’importanza dell’intervento (come poi di fatto avvenne, perché questo strumento fu approvato nel 2002, insieme a quelli di poche città italiane). Obiettivi importanti dunque: far assumere finalmente un autentico ruolo di città al disordinato insieme residenziale della Verona cresciu-

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ta a sud delle linea ferroviaria (65.000 abitanti allora, con scarsissima o nulla presenza di servizi di livello urbano); e ridurre gli effetti negativi che la particolare localizzazione della Fiera (e di Magazzini e Mercato) aveva prodotto, costituendo una netta e invalicabile barriera fra i due popolosi quartieri di Borgo Roma-Tomba (a est) e di Santa Lucia-Golosine (a ovest). Si trattava di costruire un nuova centralità: che sarebbe stata caratterizzata dalla valorizzazione di manufatti in disuso, e che però erano

entrati autorevolmente nella storia e nell’immaginario della città: gli ex Magazzini Generali e l’ex Mercato Ortofrutticolo intanto, ma presto anche la Manifattura Tabacchi, le aree dello scalo merci di Porta Nuova poi, e poco più a nord l’imponente complesso delle ex Cartiere: manufatti e aree compresi in un cerchio di meno di un chilometro di diametro, disposti lungo il principale asse di accesso alla città, non così distanti dal Centro Storico, e prossimi alla stazione ferroviaria. Vi si sarebbero potute trasferi-

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01-02. La sagoma delle due gallerie superstiti degli ex Mercati ortofrutticoli viste dal parco inaugurato nel maggio 2016. 03. Vista prospettica da sud. Tutti gli elaborati progettuali dappartengono agli studi per il Piano di Verona di Franco Mancuso e collaboratori (disegni di Alessandro Calafati).


Territorio

Territorio

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04-05. Inquadramento urbanistico e plastico degli interventi previsti dal “Piano Mancuso” (originale in scala 1:5000). 05

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re non poche delle funzioni pubbliche ubicate nel Centro Storico in sofferenza per l’impossibilità di ampliarsi, o di modernizzarsi, o per la loro scarsa accessibilità: vi era la convinzione che la loro presenza avrebbe contribuito a generare un tessuto urbanistico caratterizzato da una pluralità di funzioni, come accade in ogni vero centro di ogni vera città, anche se si credeva fermamente al principio che, per rendere vivo e vitale un siffatto brano di città fosse indispensabile prevedervi un tessuto urbanistico ed edilizio che potesse comprendere anche un buona presenza residenziale. A fronte di queste straordinarie potenzialità urbanistiche si era immaginato, e dunque scritto nelle norme del Piano che si stava facendo, che i progetti sulla base dei quali avviare le trasformazioni dovessero essere di qualità elevatissima, perché altrimenti ne sarebbe andata di mezzo la riuscita di una delle operazioni urbanistiche di maggior portata, anche culturale, per la città intera; insistendo sul fatto che, per le aree più significative, sarebbe stato opportuno ricorrere alla pratica dei concorsi di progettazione, anche di livello internazionale. Occorreva lavorare sul sistema infrastrutturale quindi, e anzitutto ripensare la spina viabilistica di accesso alla città: per rendere più permeabili le aree che la fronteggiano, e allo stesso tempo più percepibili gli edifici che vi si affacciano. A partire da Largo Perlar, che avrebbe potuto assumere la struttura di una vera piazza urbana alberata e dotata di parcheggi interrati, si era immaginata dunque la trasformazione del viale in vero autorevole asse di accesso alla città, organizzandone il traffico su due livelli e ridefinendone l’ar-

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chitettura e il paesaggio dei margini secondo più appropriati allineamenti, sezioni, spazi ed altezze. Oltre l’incrocio con Viale dell’Industria, nella prima delle grandi aree di riqualificazione urbanistica, si era previsto di riservare una parte della superficie non edificata alla realizzazione di un grande giardino pubblico a servizio del quartiere di Borgo Roma. In aderenza alla parte occidentale del quartiere stesso sarebbe potuto sorgere un nuovo comparto residenziale atto a riprendere e a completare il margine sfrangiato e inconcluso del tessuto abitativo esistente,

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« Vale il principio che ogni manufatto esprime in pieno il suo significato solo se lo si àncora al disegno del contesto: che qui è il grande assente » con l’ubicazione di una nuova scuola (proposta allora dalla Circoscrizione), con le sue pertinenze di attrezzature e giardini. Nella porzione centrale di questo importantissimo comparto si era immaginata l’apertura di uno spazio polifunzionale caratterizzato dalla presenza delle quattro grandi gallerie dell’ex Mercato: da riproporre, conservare, restaurare, aprire, come grande inedito spazio pedonale coperto; uno spazio bellissimo, luminoso e articolato, flessibile – un’opportunità straordinaria, un vero unicum urbano – lungo i cui margini si sarebbero potute attestare nuove strutture per il commercio, il terziario, le mostre, gli eventi della cultura e dell’improvvisazione, culminanti in

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due (o tre) volumi più ampi, uno per una vasta sala polivalente, una sorta di auditorium per convegni e manifestazioni legati alla presenza della Fiera, e l’altro per una struttura ricettiva anch’essa legata alla presenza della Fiera ospitata se del caso in un edificio multipiano, unico corpo edilizio visualmente emergente nel tessuto basso e compatto dell’intorno. Il tessuto urbanistico dell’intorno sarebbe stato dunque basso e compatto, come in una vera città, e prevalentemente protetto dal traffico automobilistico, essendo la maggior

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06. Il volume del supermercato in costruzione sul margine meridionale dell’area degli ex Mercati ortofrutticoli. 07. Il cantiere per la riconversione della Stazione frigorifera.


Territorio

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proporre ex novo; da ospitarsi nelle geometrie dell’intricato labirinto tridimensionale dell’ex stazione, senza negarne l’immagine originaria (e gli inimmaginabili macchinari allora ancora presenti al suo interno); o nei possenti solai a fungo (e negli interstizi) dei magazzini, negli edifici dell’ingresso originario, in quelli seriali prospettanti su Via Santa Teresa; e così via.

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08. Studi per la localizzazione dell’Accademia di Belle Arti negli edifici dei Magazzini del freddo (originali in scala 1:200). 09-10. Magazzini del freddo, la struttura originale con i pilastri a fungo (aprile 1997) e veduta da nord nel corso delle demolizioni. 11. Testata del nuovo volume di raccordo tra i Magazzini, di imminente apertura.

parte dei parcheggi collocati nell’interrato, con accesso dal livello viario inferiore previsto nel contesto della riproposizione del Viale del Lavoro. Di modo che, fra l’altro, sarebbe stato possibile realizzare un sistema di collegamenti pedonali con le zone oltre il Viale (verso la Fiera e Santa LuciaGolosine, e inversamente), favorendo in tal modo il rapporto fra i due quartieri sempre più divisi dall’invadenza del traffico automobilistico. In questa prospettiva si era previsto un arretramento della sede stradale di fronte alla chiesa di Santa Teresa, in modo da dar luogo ad uno spazio atto a divenire un vero sagrato Altrettanto basso e compatto sarebbe stato il tessuto del comparto a nord del Viale dell’Agricoltura, dominato dalla straordinaria sequenza dei Magazzini del Freddo che vi prospettano, e dall’ancor più straordinaria presenza della Stazione Frigorifera: un vero laboratorio vivente per l’esercizio del recupero architettonico, ma anche per il potervi inventare l’accoglimento di funzioni pregiate, trasferibili dal centro storico o da

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§

Torno a Verona Sud quindici anni dopo, con Albero Vignolo, dopo che ci eravamo incontrati nel maggio di quest’anno a Santa Marta alla presentazione del bell’intervento di recupero dell’ex Panificio Militare. Torno con malcelata apprensione, perché sapevo bene che il Piano Regolatore cui avevamo tanto intensamente lavorato era stato accantonato, come malauguratamente dovunque accade nel succedersi delle amministrazioni comunali; e che assai probabilmente quel disegno per Verona Sud che qui sopra ho sommariamente evocato non aveva avuto seguito. Anche perché non poche notizie nel frattempo erano trapelate sul destino delle sue aree e dei suoi manufatti, come quella dell’infausta demolizione di due delle quattro hall dell’ex Mercato. Eccoci dunque in questo spazio un tempo assai familiare, dove fino a pochi anni fa erano ancora manifesti i segni della pur breve vita che vi era pulsata: che appare ora deserto e dilatato fra manufatti isolati e smisurati parcheggi, sia pur addomesticato dal vasto giardino pubblico che vi si apre. Manufatti che galleggiano in un mare di niente, fra i quali ogni forma di dialogo appare ora impossibile, e probabilmente improponibile per il futu-

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ro. All’orizzonte, oltre Viale dell’Agricoltura, troneggia vividamente la sagoma lugubre di un enorme centro commerciale in costruzione, definito da pareti cieche (come in tutti, del resto) e circondato da vasti parcheggi: improbabile, anzi impossibile, anche quando sarà animato dalla gente, che possa dialogare con l’intorno. Nel baricentro dell’area, due delle grandi hall dell’ex Mercato sono sparite per far posto a un enorme parcheggio, in una parte del quale è in corso la costruzione di un altro nuovo centro commerciale. Verona ha perso così l’opportunità di dotarsi di uno spazio urbano che sarebbe stato davvero straordinario, una grande piazza coperta come ce ne sono poche in Europa, dove ogni sorta di evento sarebbe stato possibile ospitare. Persa, per sempre. Né potrà lenire questa enorme ferita il fatto che poco più sopra si sta mettendo mano al recupero della ex Centrale Frigorifera, perché anch’essa sembra destinata galleggiare in un mare di spazi vuoti, privati di quei segni che allora testimoniavano ancora le originari funzioni – come i tracciati dei binari ferroviari che consentivano l’entrata e l’uscita dei carri merci carichi di derrate alimentari – spazi pensati ancora una volta per rendere automobilisticamente accessibili (da via Santa Teresa, sembra di capire) le funzioni che vi verranno immesse (vendere, anche se cibo ben confezionato, con qualche sporadico spazio per la cultura e l’intrattenimento; ma non si era pensato, fra le tante ipotesi, di trasferirvi perfino la sede dell’Accademia di Belle Arti, insieme ad altre funzioni culturali bisognose di spazi?). Più sopra, oltre Via dell’Agricoltura, ecco ancora ben visibile la netta sequenza delle belle facciate dei

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12-14. Spazi ed edifici nell’area delle ex Cartiere (aprile 1997) prima della demolizione (foto di Franco Mancuso). 15-16. Studi per il recupero delle ex Cartiere: planimetria generale e sezioni (originali in scala 1:1000). 15

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17-19. Le gallerie degli ex Mercati nel corso della manifestazione Verona CittàCreatività per l’innovazione (2013) e oggi (foto di Michele De Mori). 20-21. Ex Mercati ortofrutticoli: sezioni trasversali e piante dei livelli primo e secondo con i percorsi interni in evidenza (originali in scala 1:500 e 1:1000). 22. Gli edifici di testa degli ex Magazzini.

Magazzini del Freddo: le facciate appunto, perché dietro a esse sono state demolite le fabbriche originarie, concepite con originali strutture a fungo pensate per reggere carichi elevatissimi: ma come, progettisti e Soprintendenza, non si insegna anche a scuola

che così non si deve più fare – conservare solo le facciate di un edificio storico – perché altrimenti non se ne riconosce più il senso e la misura? Questo nostro finora poco entusiasmante itinerario attraverso ciò che è oggi Verona Sud si conclude con gli ex magazzini subito a nord che costeggiano via Santa Teresa, e che ospitano ora l’Archivio di Stato, la sede dell’Ordine degli Ingegneri e, inimmaginabile davvero, il Musalab, Museo-Archivio-Laboratorio dedicato a Franca Rame e Dario Fo: una vera sorpresa, in tutti i sensi, perché devo confessare che al momento di quei progetti tentativi cui all’inizio facevo riferimento, questi manufatti seriali erano apparsi di modesto valore, e non li si considerò neppure nel PRUSST che subito dopo si fece: mentre adesso dimostrano come anche per loro il principio del recupero

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si sia rivelato estremamente fertile e appropriato. Così come lo è, ma questo lo si era capito fin da subito, per i due edifici che marcano l’ingresso alla Stazione Frigorifera, che ora rivelano il decoro e la qualità che erano stati immaginati; anche se appaiono anche loro galleggianti in quel mare di spazi vuoti che domina l’intorno; perché, forse proprio per il fatto di essere stati recuperati, vale anche per loro il principio che ogni manufatto esprime in pieno il suo significato solo se lo si ancora al disegno del contesto: che qui è il grande assente. § La nostra visita sembra concludersi qui, con un doveroso sopralluogo in quella che sarà tra poco la sede dell’Ordine degli Architetti di Verona. Ma visto che non è poi così tardi,

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e che c’è ancora un po’ di luce, propongo di risalire lungo viale Piave, per vedere ciò che resta delle ex Cartiere. Con la medesima trepidazione di poc’anzi, perché anche per la loro sorte erano trapelate negli anni scorsi funeste notizie. Dalla posizione elevata del viale si coglie in una efficace visione d’insieme ciò che resta dell’antico complesso, oltre il duplice corso del Canale Camuzzoni: un inutile incomprensibile moncherino, ritto e isolato in un mare di erbacce, perché è sparita nel nulla la straordinaria complessità architettonica e strutturale della vecchia fabbrica: sparita la bella sequenza delle quattro tettoie in ferro sostenute da setti murari mirabilmente costruiti alternando corsi di pietra viva e di mattoni che accompagnava l’ingresso dalla via Dominutti; sparite le originali strutture

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ad arco che sorreggevano la copertura a shed del corpo centrale; spariti i manufatti destinati alle connessioni tecnologiche. E si che anche per queste, con i progetti tentativi che allora si fecero, e con i defatiganti incontri con i proprietari (e i progettisti), sembrava che si potesse facilmente arrivare a un’intesa e a un progetto condiviso: per realizzare una struttura polifunzionale articolata e complessa, incardinata urbanisticamente nel contesto del Basso Aquar, resa accessibile pedonalmente dalla parte più alta della città, e automobilisticamente da viabilità più in basso, dotata di un parcheggio a gradoni disposto a margine del canale, caratterizzata architettonicamente dal dialogo potenzialmente ricco e continuamente sorprendente fra i linguaggi (anche tecnologici) della storia e quelli della contemporaneità,

con un mix di funzioni che sembrava potesse soddisfare le esigenze degli investitori: uffici, abitazioni, negozi, spazi per attività culturali, per la ristorazione, per la ricreazione. Sembrava che l’accordo si fosse raggiunto, e infatti le risultanze furono riportate nel Piano del 1999. Ma poi, come del resto per Verona Sud, il meccanismo del “piano schiaccia piano” anche qui prevalse. Fino alla demolizione pressoché totale e, perché dubitarne, la costruzione di un prossimo enorme... centro commerciale.

§

L’insieme delle iniziative immaginate per Verona Sud, ora sommariamente tratteggiate, avrebbe potuto dar luogo a un’operazione culturale e urbanistica di livello europeo, paragonabile a quelle che altre città avevano in quegli anni intrapreso. Con il vantaggio, nel caso veronese, di poterle concepire all’interno di un disegno unitario, quello appunto del nuovo Piano regolatore cittadino, piuttosto che muoversi per spezzoni e iniziative isolate, come altrove in molti casi si era fatto, e ancora si stava facendo; e soprattutto di po-

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ter utilizzare proficuamente le esperienze altrui, potendone verificare gli esiti conseguiti. Evitando così di percorrere le strade che sembravano dare risultati negativi – evitare ogni ipotesi di utilizzo monofunzionale delle aree e degli edifici ed escludere fermamente di procedere secondo l’infausto principio della tabula rasa – e muovendosi invece secondo quelle che si stavano dimostrando più fertili: anzitutto, dunque, concependo un disegno nel quale i capisaldi compositivi e organizzativi fossero costituiti dalle tracce e dai reperti di quanto già esiste, e che le verifiche progettuali dimostravano di poter essere utilmente reimpiegati. Si sarebbe dovuto dunque operare, e qui era ancora possibile, più per stratificazioni che per sostituzioni, più per integrazioni che per eliminazioni. Le esperienze più positive condotte già allora in Europa e nel mondo dimostravano, e dimostrano tanto più oggi, che operando con questi principi si possono conseguire risultati di straordinaria efficacia, anche sul piano delle forme e dei linguaggi. Si poteva fare anche a Verona. Ma, ora ne sono certo, si favoleggiava.


Romualdo Cambruzzi a Verona

Testo: Angela Lion

È sempre bello festeggiare, soprattutto se questo avviene per i cinquant’anni di professione di un nostro collega. Romualdo Cambruzzi nasce nel 1939 a Verona, dove ha svolto buona parte della sua attività, costante negli intenti fin da giovane e fortemente motivato al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Frequenta tra il 1954 e il 1958 il Liceo artistico, dove – ci tiene ad evidenziarlo – ancora si insegnavano gli stili architettonici. Lo stesso anno del diploma si iscrive ad architettura a Venezia, dove incontra un bacino di professori tra i più grandi come Carlo Scarpa, con il quale seguì vari corsi, sia quello di geometria descrittiva che di architettura degli interni. Nel 1965 si laurea con due relatori del calibro di Ignazio Gardella e lo stesso Scarpa. Tra i due c’è forte competizioni che a volte si ripercuote sugli studenti: Gardella, date le affinità di Cambruzzi verso gli insegnamenti di Scarpa, lo accusa di essere un formalista. La tesi verte sul Palazzo di Giustizia di Verona: un progetto che, attraverso l’attenta analisi urbanistica della città, porterà al suo attuale posizionamento. Tale operato gli consente di partecipare ad una delle prime iniziative di valutazione culturale, istituite dall’amministrazione comunale. La città in quegli anni risente particolarmente di un momento di stasi a causa della mancanza di nuovi

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01. Romualdo Cambruzzi nel suo studio in viale dei Colli e, in basso, assonometria del complesso direzionale in Basso Acquar a Verona. 02. Negozio Bruschi a Torino (1969). 03. Complesso commerciale a Costermano, primo edificio (1975). 04-05. Auditorium a Torri del Benaco, Verona (1971-72): pianta e veduta. 06. Case AGEC a Forte Procolo (1971-72): planimetria. 06. Scuola materna a Settimo di Pescantina, plastico di progetto (1973).

retribuiti, sono legati a committenze amiche. Di questi si coglie la particolare influenza dovuta all’insegnamento di Scarpa: la cura del dettaglio è il risultato di uno studio attento sui materiali e sulle tecniche costruttive. L’attività di Cambruzzi prende piede con una densissima attività che va dai piani urbanistici (PRG, piani particolareggiati, piani di riqualificazione urbana) alla progettazione edilizia pubblica e privata, ai restauri e alle consulenze tecniche. Cinquant’anni di lavori negli anni fiorenti sono difficili da sintetizzare: ecco perché le immagini supportano una narrazione per macro aree dei periodi che hanno costruito la sua storia professionale. Gli anni settanta si caratterizzano per la partecipazione a diverse commissioni edilizie e l’assistenza alle amministrazioni comunali per tematiche urbanistiche ed edilizie, e la stesura

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professionisti emergenti. È il momento buono per avviare l’attività, e Cambruzzi non appena ottiene l’abilitazione si iscrive all’Ordine. Intanto a soli vent’anni era stato chiamato presso il liceo artistico di Verona a coordinare il corso del professor Magnaguagno, architetto: lo sostituirà in modo permanente dall’anno successivo per una decina d’anni. L’insegnamento è uno dei motivi per cui la laurea tarda ad arrivare, anche se poi il richiamo dello IUAV lo porta a diventare assistente del corso di geometria descrittiva. Insieme all’amico Gianni Perbellini intraprende parallelamente un’attività comune di studio, fino a quando nel 1968 si stacca e procede autonomo. I primi clienti sono gli amici: cinque mini casette da 45 mq sul lago di Garda, poco distanti da Bardolino; il negozio di Bruschi a Torino e poi ancora a Verona sempre per lo stesso committente, altri negozi come il rinomato Richard Ginori, di cui ricorda un biglietto di congratulazioni da parte dell’amico Arrigo Rudi. Anche gli arredamenti interni, che inizialmente non sono moltissimi e per lo più non

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08. Sede AGSM in lungadige Galtarossa (1974-75). Progetto in collaborazione con Calcagni, Cenna, Lucat. 09-11. Basso Acquar, concessionarie Alfa Romeo (1976-77 e 1978-80 ) e complesso direzionale (1999). 12-13. Ex chiesa di Santa Maria alla Ghiaia, Verona, pianta e allestimento della filiale bancaria (1898-91). 14. Restauro di palazzo Brasavola in piazza Cittadella, Verona (1969-70).

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di diversi piani regolatori. Il primo incarico urbanistico è per il PRG di Brenzone, con il quale ha dato continuità allo studio del territorio comunale iniziato per un esame universitario sotto la guida di Giovanni Astengo; fanno seguito il PRG di Torri del Benaco (piano adottato ma non approvato) e ancora il Programma di Fabbricazione di Villa Bartolomea, la variante generale al PRG di Legnago, il PRG di Buttapietra. Tra gli ultimi, la variante al PRG di San Martino Buon Albergo per la Tenuta Musella. Dal 1970 al 1980 partecipa inoltre a diverse commissioni edilizie per comuni quali Roverè Veronese, Verona, Villa

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15-17. Capitolo Canonicale della Cattedrale di Verona: ristrutturazione, ampliamento della Biblioteca e nuovo Museo Canonicale, con ing. arch. Sandro Casali (1991-97): individuazione planimetrica, il chiostro e il fronte sull’Adige. 18. Restauro della facciata di palazzo da Pergine, Verona (1988-90). 19. Restauro del Monte dei Pegni, Verona, con ing. arch. Sandro Casali (1979-81): rilievo. 17

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Bartolomea, Legnago, Brenzone, Buttapietra, Pescantina, Caldiero e Bosco Chiesanuova. In quegli anni i comuni spesso erano sprovvisti di tecnici laureati in architettura, il che ha comportato l’assegnazione di alcuni lavori pubblici da parte degli stessi, come le scuole materne di Villa Bartolomea e di Settimo di Pescantina, l’auditorium di Torri del Benaco, un piano per insediamenti artigianali a Legnago. Tra il 1970 e il 74 collabora con lo studio Calcagni-Cenna insieme a Marco Lucat per il progetto della sede AGSM su lungadige Galtarossa. Sempre con lo studio Calcagni-Cenna

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vince l’appalto concorso per la realizzazione di 257 alloggi di edilizia economico-popolare, indetto dalla GESCAL, in località Forte Procolo a Verona. Non mancano lavori per committenti privati, alcuni significativi come le concessionarie Alfa Romeo in Basso Acquar iniziata nel 1976 con il primo blocco, il successivo ampliamento tra il 1978 ed il 1980, fino a concludersi nel 1998 con il complesso direzionale. Cambruzzi sostiene con forza che un buon architetto deve pensare alla funzione sociale di un edificio, soprattutto alla salvaguardia del territorio dov’è inserito, facendosi portavoce del recupero intelligente del patrimonio edilizio

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esistente. Così si manifesta l’anima delicata del restauratore: insieme all’ingegnere Sandro Casali interviene sulla sede dell’ex Monte di Pietà dietro piazza Erbe, restaura il museo Capitolare e le Case dei Canonici al Duomo, il complesso edilizio Bresavola De Massa in piazza Cittadella (inizialmente in collaborazione con Libero Cecchini) e la vicina chiesetta sconsacrata di Santa Maria della Ghiaia, oggi sede di una banca, e non ultimo il palazzo Da Pergine in via Trezza a Veronetta. Di questi anni è anche la sua abitazione – casa “Paola” in onore della moglie – , frutto di un rispettoso spirito conservativo che ha saputo rileggere nella tipologia, mantenendone traccia, l’impianto del costruito nonostante l’avanzata


fatiscenza dell’immobile, ma al tempo stesso innovativo nell’espressione del proprio gusto e nel dialogo con il paesaggio della prima collina veronese, giungendo ad un intreccio progettuale accattivante. Nel frattempo arrivano gli anni Ottanta dedicati alla progettazione architettonica, e Glaxo lo distrae definitivamente dall’urbanistica. Un impegno che dura diciotto anni a partire dal 1977, iniziando come semplice consulente esterno per la ristrutturazione di magazzini e depositi, seguito dal progetto di una palazzina per uffici

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adiacente a quello esistente nel 1982 e infine l’imponente centro ricerche, inaugurato nel 1990. Questa è forse l’opera in cui esprime un proprio pensiero architettonico maggiormente compiuto; è un lavoro molto impegnativo che richiede cinque anni di progetto e uno di ricerca in tutta Europa e negli Stati Uniti per capire processi e metodologie assieme ai tecnici interni all’azienda farmaceutica. Nasce così il progetto imponente per la costruzione di 180.000 metri cubi di volume con ben cinque piani adibiti a laboratori, improntati alla suddivisione dei percorsi sia verticali che orizzontali tra addetti ai laboratori e impiantistica. Ma non ci sono solo gli apparati tecnici: c’è la biblioteca scientifica ed altri spazi funzionali alla ricerca. Glaxo vuole, inoltre, una sede distintiva di rappresentanza per le delegazioni internazionali: da qui la grande scultura posizionata sul frontone del centro congressi, frutto di un concorso di idee voluto dall’allora presidente Fertonani, per la realizzazione di un centro congressi realizzato solo successivamente. Il concorso è vinto da Pino Castagna e Novello Finotti: la scultura, di forte impatto, rappresenta il grande libro della vita nella sua evoluzione. Tutto questo sarà per

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20-21. Ampliamento palazzina uffici Glaxo in via Fleming a Verona (1984). 22-24. Centro Ricerche Glaxo, Verona (1986-90): veduta del complesso e particolare della scala interna posta nella hall di accesso alla biblioteca scientifica. 23

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« La sua storia professionale è costituita da cinquant’anni di lavori negli anni fiorenti, una somma di esperienze difficili da sintetizzare a posteriori» Cambruzzi motore di ricerca determinante anche per i successivi lavori progettuali, come ad esempio l’avancorpo dell’ospedale Magalini di Villafranca o la ristrutturazione del centro di salute mentale e di riabilitazione psicofisica di Santa Giuliana in Borgo Roma. Ma la storia nel tempo cambia notevolmente. Gli anni novanta vedono un’evoluzione della situazione politica e una crisi della committenza. Lo studio si trasferisce nel 1993 in corso Milano in una palazzina su cui interviene radicalmente lo stesso Cambruzzi. Partecipa al concorso di idee per l’Ospedale Maggiore di Borgo Trento, e non mancano nuovi progetti residenziali come due palazzine in Valdonega e i recuperi urbanistici a Santa Lucia. Negli anni a venire il mondo della libera professione – è storia recente – muta ancora più profondamente. Gli incarichi per un “vecchio leone” si fanno più sporadici e lenti nel tempo.

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L’organico dello studio si riduce ai minimi, e Cambruzzi si avvale di collaborazioni esterne importanti associandosi in modo indipendente ad una società di ingegneria. Alcuni impegni professionali nati per caso sono il frutto di quanto seminato nel passato, come ad esempio le sedi della Croce Verde – nel 2005 la ristrutturazione e l’ampliamento dell’edificio in Borgo Roma e nel 2008 la ristrutturazione della sede storica in lungadige Panvinio – seguendo il coordinamento delle attività e la direzione lavori di questi interventi realizzati grazie alla Fondazione CariVerona. Il resto è l’oggi, e l’occasione dei cinquant’anni di professione per guardarsi indietro. Il lavoro è fatto di una somma di esperienze, “ogni attività ha una sua storia, e – aggiunge – non riconosco un unico stile nel mio operato: ogni cliente ha influenzato i risultati del prodotto finale”. Ha seguito le esigenze dei luoghi, dei committenti e le disponibilità economiche. Un punto fisso: diligenza nella tecnica e creatività, dove possibile, sempre.

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25. Lo studio Cambruzzi nella palazzina recuperata in corso Milano a Verona (1991-93). 26-27. “Casa Paola” a Verona in viale dei Colli, Valdonega (1980): un interno della zona giorno e veduta del giardino. 28-29. Croce Verde, Verona: ristrutturazione della sede in Lungadige Panvinio (2008-09) e ampliamento dell’edificio in Via Polveriera Vecchia a Borgo Roma (2005-06). 26

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{DiverseArchitetture}

La fabbrica degli ascensori

Un caleidoscopio di piani, materiali, arredi, dipinti e oggetti d’arte racchiude gli stratificati spazi di lavoro e la storia personale del fondatore dell’azienda

Testo: Luisella Zeri

Foto: Lorenzo Linthout

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Nome alvaro stevan Luogo settimo di pescantina (Vr) via e. fermi 9 Attività fornitura, installazione manutenzione sistemi di elevazione Contatto www. stevanelevatori.it

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Mentre pensavo a come raccontarvi la

DiversaArchitettura di questo numero della nostra rivista, un’immagine continuava a

tornarmi alla mente, quella di Willy Wonka e della sua fabbrica di cioccolato. Anche

noi infatti, un po’ come Charlie Bucket, il

protagonista delle avventure narrate da Roald Dahl, ci addentreremo in uno stabilimento

aziendale dove, oltre gli omologati muri di graniglia del più classico prefabbricato, troveremo un microcosmo che sotto la

superficie dell’attività imprenditoriale

serba molto poco dell’impianto industriale,

Stevan insieme al collega Arturo Pizzeghella prende in mano completamente le redini

dell’azienda, mutando il nome della stessa

nella denominazione che conosciamo oggi. Da

quel momento in poi passione e determinazione hanno permesso alla ditta di crescere e

di affermarsi sul territorio, riuscendo a

resistere e coesistere sul mercato anche dopo l’avvento delle grandi multinazionali. Per

fare questo sono stati fondamentali il lavoro duro, la passione e il giocarsi in prima

persona nelle associazioni di categoria.

In anni più recenti, Pizzeghella lascia

ma tutto del suo fondatore: dalla fatica

l’incarico per sopraggiunti limiti di età

multiforme personalità. Inoltre, sul finale

Stevan. Con l’inserimento della successiva

per creare da sé il proprio successo alla

del romanzo Dahl narra di un grande ascensore di cristallo, che nell’omonimo sequel del

e entrano a far parte del team i figli di

generazione, la ditta riesce ad ampliare la

più famoso libro diventerà il pretesto per raccontare nuove avventure. Sono proprio

i sistemi di elevazione i protagonisti di

questa puntata della rubrica, inseriti in una storia umana e professionale portata avanti in maniera talmente singolare da

far diventare “l’ascensore” un elemento non solo funzionale ma anche pieno di storia

e significato: insomma, un monumento a una famiglia e a un’idea.

Ai piedi delle colline veronesi, nella

zona industriale di Settimo di Pescantina, ha sede la Pizzeghella e Stevan S.r.l.,

realtà radicata nel territorio veronese che

ha fatto arte della sfida di elevare. L’anima forte alle spalle dell’azienda ha il volto e il cuore di Alvaro Stevan. Proprio come nei romanzi di formazione per ragazzi, Stevan

comincia la sua avventura all’età di quindici anni entrando come giovanissimo fattorino

nella ditta veronese Grazian, all’epoca il

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01. L’affaccio degli uffici sulla “serra” all’interno di uno dei capannoni nella sede del gruppo Stevan. 02. Alvaro Stevan. 03-05. Zucche, cedri e piante verdi sono solo alcune delle collezioni di Alvaro Stevan che popolano e colorano gli spazi dell’azienda.

riferimento per la vendita di ascensori, motori, trasformatori e condensatori.

L’impegno e la passione per l’elettronica,

per le macchine e il loro funzionamento porta ben presto Stevan a diventare venditore e rappresentante, fino ad entrare nel cuore pulsante dell’azienda come socio in un

momento di ricambio generazionale. Nel 1965

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{DiverseArchitetture} copertura sul mercato aggiungendo ulteriori

rami a quello dei sistemi di elevazione: nel 1993 viene fondata Cest per la progettazione e realizzazione di piattaforme elevatrici, montacarichi, montavivande e servoscala,

e nel 2000 nasce IdealPark per completare

l’offerta con i parcheggi meccanizzati e gli ascensori per auto. Le tre aziende formano oggi il Gruppo Stevan Elevatori.

Quella narrata fin ad ora è storia,

mentre dall’inizio vi ho promesso che avrei raccontato di un microcosmo parallelo

nascosto dietro ai 2.100 metri quadri di

capannoni, ai 1.000 metri quadri commerciali

ai quali si aggiungeranno in futuro ulteriori spazi. Ecco quindi cosa Alvaro Stevan ha

realizzato negli ultimi dieci anni nella sede di Settimo di Pescantina.

Se la filosofia del gruppo sta nell’arte

di elevare, la sede della ditta non può

che essere assimilabile ad un museo, con un interessante percorso di visita. Va

ovviamente premesso che la conformazione

interna del prefabbricato risente in parte della vocazione principale della ditta

che è quella di risolvere il problema di

collegare quote diverse. La distribuzione degli spazi quindi, per fare di necessità

virtù, si snoda su più mezzanini deputati alle varie destinazioni, determinando un labirintico schema dei flussi interni. Ad

articolare ancora di più un già complesso

collage di livelli, vi è la concezione degli

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06-07. Le sale riunioni in cui spicca l’accostamento di colori forti, di pezzi d’antiquariato e di arredi contemporanei riprodotti. 08. Opere d’arte e ascensori si fondono all’interno dello show room. 09. Il simbolico albero genealogico costruito con pezzi di risulta. 07

ambienti, dove ogni spazio è stato pensato

come un punto in cui fermarsi a rimirare con stupore qualche oggetto o qualche elemento. Concretamente, nonostante le officine, gli uffici tecnici e i locali amministrativi

serbino sostanzialmente un profilo più serioso e professionale, assicurando la funzione

principale per cui l’edificio e i locali che

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accoglie sono stati pensati, subito al di

fuori di questi luoghi tra sale riunioni,

locali espositivi, uffici direzionali, corridoi e collegamenti si è catapultati in una

giungla urbana (o forse industriale?) fatta

di vegetazione, piante rampicanti, cascanti

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e liane di cui se si cerca

l’origine si ha davvero difficoltà nel capire dove esse possano

essere state messe a dimora. Alla

presenza massiccia del verde, che

accompagna lungo tutta la visita, si affiancano le interessanti e

singolari collezioni che Stevan cura personalmente fra cedri,

zucche, sassi e oggetti risalenti

a qualche conflitto bellico. Nelle cabine degli ascensori posti

in esposizione fanno capolino, ripetendosi all’infinito grazie agli specchi interni, statue

tribali, lignee e più in generale opere d’arte. Gli arredi che completano i locali, spesso progettati e realizzati in

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officina rielaborando alla propria

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10. Stevan oltre a collezionare opere d’arte, costruisce e rielabora in metallo oggetti celebri di design. 11. L’arte di elevare è uno slogan che prende vita in ogni spazio. 12. Sculture di diversa provenienza abitano le cabine da esposizione.

maniera celebri pezzi di design, si allineano a questa mescolanza di stili ed elementi, definendo ancora di più gli eclettici ambienti.

Proprio perché l’arte è uno degli interessi

principali di Alvaro Stevan essa è presente in maniera massiccia ovunque lo sguardo

abbia la possibilità di posarsi. Come un

mecenate dei nostri giorni, Stevan colleziona dipinti e sculture e stimola gli amici

artisti nella produzione delle stesse. Tutto quanto da lui scelto e selezionato trova

uno spazio adatto nei locali dell’azienda,

mescolandosi senza un confine definito fra i

pannelli stampati e serigrafati esposti qua e là per mostrare le infinite possibilità di

rifinitura delle cabine in vendita. Stevan non è solo un collezionista, ma anche in qualche

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modo a sua volta un artista. Infatti, aiutato

rimaste dalle lavorazioni, ciascuna dipinta

una casa a cui essere affezionati come

personalmente la manutenzione ordinaria

componenti della famiglia.

quindi, il proprietario non può che farsi

dai più affezionati operai in pensione, cura degli spazi interni dell’azienda e realizza

in un diverso colore a simboleggiare i vari

Le motivazioni che hanno portato Stevan a

a sua volta elementi che completano la già

caratterizzare così fortemente gli spazi di

ditta, per esempio, troneggia un simbolico

storia così radicata, profonda e personale

affollata esposizione. All’ingresso della quanto imponente albero genealogico

realizzato con grosse catene di scarto

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lavoro sono immediatamente intuibili. In una l’azienda, intesa proprio come le mura che

la costituiscono, non può che rappresentare

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alla propria residenza. Di questo spazio

progettista, ideatore e custode restituendo a clienti e visitatori un’immagine che

sia filosofia di vita e lavoro, come un meno

stravagante, ma più reale Willy Wonka, nella sua fabbrica degli ascensori.


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Strutturalismo ecclesiale

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Verona, Castel d’Azzano, San Giovanni Lupatoto, Palù, Vigasio

Due sono le motivazione che, tra la fine degli anni ’50 e la fine degli anni ’60, inducono la Diocesi di Verona a promuovere la costruzione di numerosissime chiese nella periferia cittadina e nelle espansioni extraurbane dei centri della provincia: da un lato, l’aumento considerevole della popolazione che si insediava fuori dagli abitati storici e che necessitava di nuovi centri di aggregazione, dall’altro il Concilio Vaticano II che, nel ’63, costituì uno spartiacque nella concezione e nella percezione dello spazio sacro, a concretizzare la rivoluzione del rituale ecclesiastico. Effetto di questi fattori fu l’istituzione di un finanziamento ordinario dello Stato a favore dell’edilizia ecclesiastica che, in fase di centrismo democristiano, affidava al bilancio dei Lavori Pubblici il costo di costruzione di parrocchiali e annessi fino al completamento del rustico, in una logica che riteneva di interesse statale la soddisfazione dei bisogni religiosi mediante l’istituzione ecclesiastica. Anche a Verona, come in altre città, si consolida una ristretta cerchia di architetti che, incentivati dalla abbondante committenza (di cui è parte la Pontificia commissione centrale per l’Arte Sacra in Italia - PCCASI), edificando chiese che se stupiscono per l’arditezza delle soluzioni, non possono non aver avuto riferimenti al dibattito e agli esempi concreti in cui i maestri dell’architettura italiana, da Michelucci a Muratori, da Quaroni a Figini e Pollini, andavano esprimendo una inedita spazialità. Nell’architettura per il culto essi raccontano tutta l’autoreferenzialità dell’edificio sacro ma osano anche una sperimentazione, di materiali e forme, a cui la contemporanea architettura civile non era ancora giunta. Testi: Federica Guerra

Foto: Lorenzo Linthout

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1 BEATA VERGINE REGINA Verona (Saval) arch. Marcello Zamarchi 1961-62 Una delle prime chiese progettate da Zamarchi, subì già nel 1965 opere di adeguamento liturgico del presbiterio in ottemperanza al Concilio Vaticano II. La chiesa presenta un impianto planimetrico con un’unica ampia aula rettangolare ad asse maggiore longitudinale, e le pareti d’ambito lievemente convergenti verso il presbiterio. Interessante l’articolazione della facciata in calcestruzzo e mattoni faccia a vista (oggi rivestita in lastre di Nembro rosato) con monofore e un ampio portico in calcestruzzo, che ricorda l’articolazione della facciata della Madonna dei Poveri di Milano, realizzata nel 1952 da Figini e Pollini.

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SAN PIETRO APOSTOLO Verona (Borgo Trento) arch. Bruno Milotti 1958-1961

SAN PIO X Verona (Biondella) arch. Gelindo Giacomello 1961-1962

L’edificio fu esito di un Concorso indetto dalla Diocesi nel 1958, in cui venne premiato il progetto di Milotti per aver rispettato “i requisiti funzionali, liturgici ed ambientali”. L’impianto planimetrico, infatti, ad unica ampia aula rettangolare, di notevole altezza e con una sequenza di cappelline laterali, risulta di estrema semplicità, richiamando l’essenzialità della chiesa delle origini, e fungendo da capofila ad una serie di realizzazioni successive. L’alta facciata continua di forma rettangolare, a lieve sviluppo concavo, interamente rivestita in mattoni di laterizio faccia a vista, presenta al centro un ampio oculo.

Nata dallo smembramento della Parrocchia di San Giuseppe a Borgo Venezia, l’edificio venne realizzato per rispondere alle esigenze dei quartieri di espansione a est della città. La recente controsoffittatura nasconde in parte il bel disegno degli ampi portali in calcestruzzo, con sezione a capanna, che caratterizzavano la navata centrale. La scalinata di ingresso ha lo scopo, vista l’esigua dimensione del lotto, di elevare l’accesso rispetto al piano stradale prospiciente e di poter prevedere un ampio interrato per le opere parrocchiali.

4 SAN GIUSEPPE IN SANTA MARIA ASSUNTA Verona (Montorio) arch. Guido Troiani 1964-1965 La chiesa venne edificata tra il 1964 ed il 1965 in sostituzione dell’antica pieve di Santa Maria Assunta, che venne chiusa al culto dal 1966 al 1991. L’intelaiatura portante in travi e pilastri in c.a. lascia libera un’ampia aula rettangolare sovrastata da un tetto a due falde, attraversato longitudinalmente da un originalissimo lucernario continuo a sezione triangolare con copertura in rame. Un recente intervento ad opera dell’architetto Massimo Barba ha previsto la realizzazione di frangisole in vetro colorato a parziale mascheramento del lucernario.

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5 SANTI ANGELI CUSTODI Verona (Stadio) arch. Luciano Raineri 1968 e 1998 Le strutture in elevazione sono realizzate con intelaiatura portante in cemento armato e pareti di tamponamento in laterizio. L’ampio e luminoso impianto spaziale della chiesa è contraddistinto dalla rotazione dell’asse liturgico lungo la diagonale che converge nel presbiterio, elemento focale della composizione. La rotazione è rimarcata dalla progressiva inclinazione del piano di calpestio e dalla convergenza delle travature portanti di copertura disposte a raggiera. La facciata rientra negli interventi di ammodernamento realizzati nel 1998 e affidati, a vent’anni di distanza, sempre all’architetto Luciano Raineri.

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SAN GIOVANNI EVANGELISTA Verona (Santa Lucia) arch. Marcello Zamarchi 1963-1964

gesù divino lavoratore Verona (Borgo Roma) arch. Gelindo Giacomello 1964-1968

Realizzata ai limiti del quartiere INA-casa “Risorgimento”, la chiesa ha sviluppo planimetrico e prospetti di modesta articolazione, adeguata al contesto in cui fu realizzata, un quartiere periferico di edilizia popolare. Prima di allora, dal 1960 al 1964, la comunità di fedeli si riuniva presso un capannone prefabbricato sito in via Monzambano. Eppure gli scarni setti in calcestruzzo di notevole altezza che delimitano la facciata, oggi “nobilitati” da un rivestimento in marmo rosato, la volta a botte ribassata in latero-cemento, con sviluppo curvilineo longitudinale controventata mediante tiranti metallici e la pianta esagonale, testimoniano una notevole spregiudicatezza strutturale che richiama le contemporanee architetture di Nervi.

Risulta senza dubbio l’esempio più chiaro della sperimentazione in atto in quegli anni sui temi dell’architettura sacra con chiari rimandi, negli interni, alla chiesa del Sacro Cuore di Gesù di Ildo Avetta o a Nostra Signora del SS. Sacramento di Bruno Ghiettj (entrambe a Roma, 19521955) ma dimostrando anche una propria originalità nell’uso sapiente delle grandi crociere paraboliche in calcestruzzo e nell’impianto planimetrico ad ampia aula rettangolare, fiancheggiata da due strette navatelle, interrotte in corrispondenza di uno pseudo-transetto trasversale. La facciata, che ricorda la capanna ancestrale, in diretta fusione con il campanile, si riverbera all’interno dell’aula e diviene tema spaziale incentrato sulla vela strutturale autoportante con evidenti memorie neogotiche.

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8 SACRA FAMIGLIA Verona (Genovesa) arch. Gelindo Giacomello 1964-1972 La Parrocchia della Sacra Famiglia nacque nel 1963 dallo smembramento delle vicine Parrocchie di Cadidavid e Tomba Extra. La chiesa venne edificata tra il 1964 e il 1972 ma fu inaugurata nel 1977. L’impianto planimetrico ellissoidale a disegno irregolare con asse maggiore longitudinale ad unica ampia aula, fiancheggiata lungo il lato settentrionale da una stretta navatella laterale, non risulta originale. Di grande interesse è invece la soluzione di facciata con l’ampia vela a sviluppo curvilineo. Il tema della vela (generalmente in calcestruzzo) percorre, da Le Corbusier fino a Michelucci, tutta l’architettura moderna, e l’oramai esperto Giacomello sa farne tesoro con una versione semplificata in muratura di laterizio.

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9 Santissimo NOME DI MARIA Azzando di Castel d’Azzano arch. Gelindo Giacomello 1963-1966 In considerazione delle precarie condizioni statiche della vecchia Parrocchiale, nel 1963 si avviò l’edificazione della nuova chiesa. Il virtuosismo planimetrico dovuto all’incastro di due figure trapezoidali, caratterizza poi tutto l’apparato decorativo dove il tema della figura triangolare ricorre nella facciata, nella finestratura laterale, nel campanile a posizione centrale e persino nei corpi illuminanti. Questo parossismo stilistico aveva le proprie radici in modelli come la Concattedrale di Taranto di Giò Ponti o il Gesù Redentore di Torino di Nicola Mosso, chiese ampiamente documentate in quegli anni nelle riviste di settore che gli architetti veronesi dovevano conoscere bene (come la bolognese “Chiesa e Quartiere”, fondata nel 1957 o la romana “Arte Sacra”, fondata nel 1913).

10 santa maria annunziata Castel d’Azzano ing. Enea Ronca 1956-1960 Abbattuta la precedente chiesa trecentesca, la nuova Parrocchiale presenta

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11 madonna di lourdes Forette di Vigasio arch. Gelindo Giacomello 1957-1968 L’antica chiesa di S. Martino di Forette venne chiusa al culto e successivamente trasformata in teatro nel 1961, dopo la realizzazione della nuova Parrocchiale. Giacomello utilizza per la prima volta l’espediente dell’arco parabolico in calcestruzzo che utilizzerà poi in maniera spinta nella chiesa del Gesù Divino Lavoratore in Borgo Roma, semplificandone la percezione con l’annullamento delle nervature che vengono qui annegate nella muratura e intonacate. Il risultato è una spazialità più limpida, meno ricercata e innovativa. La sperimentazione traspare invece nel disegno dell’altissimo campanile addossato al fianco settentrionale della chiesa, all’altezza della facciata: la torre a traliccio di calcestruzzo a vista, con fusto rastremato verso l’alto, ospita la cella a doppio ordine di campane.

caratteri stilistici tradizionali seguendo la linea storicistica indicata da Muzio e cioè applicando tecniche moderne ai modelli basilicali quali archetipi irrinunciabili. Così la facciata e l’aula, con planimetria tradizionale, stridono con il ritmato colonnato in calcestruzzo a vista che, nel contrasto con i paramenti intonacati, riecheggia memorie rinascimentali.

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12 san zeno vescovo Vigasio arch. Gelindo Giacomello 1966-1968

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Dalla vecchia parrocchiale, convertita in teatro, furono trasportati nel nuovo edificio il settecentesco altare maggiore, il fonte battesimale ed alcune pale. L’edificio è caratterizzato da una pianta a “ventaglio” risultante dalla compenetrazione di un esagono regolare con un trapezio isoscele. La torre campanaria centrale è inserita nella struttura della chiesa. Lo spazio interno è coperto dall’articolata composizione della volta con vele a doppie falde inclinate, che si sviluppano radialmente a partire dal tiburio centrale. L’imponente costolatura a vista, nonché gli appoggi dei pilatri su pattini in ghisa rimandano alle sperimentazioni di Nervi e soprattutto al San Policarpo a Roma di G. Nicolosi (1957).

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13 santa maria maddalena Raldon di San Giovanni Lupatoto arch. Guido Troiani 1960-1962 La chiesa originaria cinquecentesca venne manomessa nell’800 e definitivamente demolita per la costruzione della nuova Parrocchiale, mantenendo la torre campanaria appartenente al vecchio edificio. La facciata presenta un corpo centrale a capanna definito da una struttura a telaio in cemento armato suddivisa in due registri da un massiccio architrave in cemento. Agli angoli della facciata due corpi a pianta quadrangolare completano la composizione tutta rivestita di mattone faccia a vista. A questa articolata facciata si contrappone l’ambiente interno, molto semplice ad unica ampia aula caratterizzato solo dagli ampi portali strutturali in calcestruzzo a vista.

14 san zenone Palù arch. Marcello Zamarchi 1964 Gli esterni della chiesa sono stati pesantemente rimaneggiati negli anni ’80, con l’aggiunta del campanile (già previsto “a vela” nel progetto originario) e dell’edificio delle opere parrocchiali. Lo spazio interno è coperto da una controsoffittatura voltata costituita da una teoria di strette volte a sviluppo toroidale ritmate da costolonature trasversali. Lungo i fianchi longitudinali un taglio continuo consente l’ingresso di un fascio di luce naturale indiretta.

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LA BACHECA DI AV

LA BACHECA DI AV

Su misura e su disegno (ogni disegno) La tradizione della sartorialità artigianale per l’arredo e le finiture d’interni

La recente realizzazione di un arredo domestico ha visto alla prova il Mobilificio Zinelli con le sfide proposte dal progettista. Queste immagini mostrano il risultato finale e alcune fasi della lavorazione di un sinuoso mobile bagno, realizzato con una scocca in legno, con spigoli a 45° (compresi quelli sulla parte curva), finitura in laccato texturizzato e top curvo in Corian bianco realizzato su stampo. Nel rapporto con il progettista o direttamente con il cliente, è possibile seguire ogni fase delle lavorazioni presso la falegnameria.

mobilificio zinelli via sottocastello 60 37142 poiano di valpantena (verona) tel-fax 045 551133 www.mobilificiozinelli.it info@mobilificiozinelli.it

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Sostituire e adeguare un vecchio impianto ascensore

I condomini di un palazzo a Verona avevano espresso l’esigenza di ammodernare il vecchio ascensore presente nell’edificio per renderlo accessibile alle persone in sedia a rotelle, confortevole e performante per ogni utente e finalmente adeguato alle normative vigenti in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.

emissioni (anche ad impianto fermo); - miglioramento dell’estetica. Il vecchio ascensore a fune tradizionale con locale macchine è stato quindi sostituito con un ascensore elettrico di nuova generazione, soluzione che nella maggior parte dei casi risulta essere la più conveniente.

Dopo un’analisi eseguita dai tecnici qualificati di Pizzeghella e Stevan è stata proposta la sostituzione dell’intero impianto elevatore.

Gli elementi innovativi sono: - porte automatiche: il nuovo impianto elevatore non ha più la porta a battente ai piani e la porta a doppia anta in cabina, ma porte automatiche che offrono il vantaggio di poter sfruttare l’intera luce netta dell’ingresso e garantire l’accessibilità anche a persone con disabilità o con problemi di deambulazione; - cabina: il rivestimento della vecchia cabina era in legno e conferiva un aspetto non più in linea con i tempi; ora invece è in simil-acciaio con una parete di fondo a

Gli obiettivi dell’intervento erano: - aumento dello spazio disponibile e dell’accessibilità; - migliore comfort di marcia (silenziosità, velocità, precisione di fermata); - maggiore sicurezza e conformità agli standard vigenti; - riduzione sensibile di consumi, costi ed

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specchio e corrimano laterale. L’effetto è davvero moderno, elegante, luminoso e pulito; - pulsantiera e display grafico: la nuova cabina è dotata di pulsantiera a colonna con display grafico per garantire robustezza e leggibilità da parte di tutti; - illuminazione: il soffitto è dotato di faretti a LED temporizzati che si spengono automaticamente ad impianto fermo e che garantiscono una perfetta illuminazione e una significativa riduzione dei consumi; - portata e velocità maggiori: la portata dell’ascensore è passata da 360 kg per 4 persone a 450 kg per 6 persone, la velocità da 0.6 m/sec a 1 m/sec; - qualità dei componenti impiegati: in questo caso sono stati utilizzati tutti componenti di fabbricazione italiana, di facile reperibilità e di indiscussa qualità ed affidabilità; - minor impatto sull’ambiente: grazie all’assenza di oli inquinanti e all’utilizzo di materiali rigenerabili; - risparmio energetico: su un impianto idraulico è del 90%, in caso di impianto elettrico invece è del 50%; - recupero degli spazi tecnici: il vecchio ascensore necessitava di un locale per l’alloggio del quadro di manovra di almeno 2,50 x 2 metri, mentre ora è alloggiato in un armadietto da cm 30 x 14 x 160 che può essere posizionato dove si preferisce; il locale macchine quindi può restare a disposizione dei condomini per altri usi;

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- costi minori: sia i costi fissi dell’ascensore che quelli di gestione sono stati ridotti notevolmente. Quelli fissi sono diminuiti in quanto il nuovo ascensore presenta componenti più moderne e quindi maggiormente performanti. I costi di gestione invece sono minori in quanto essendo l’impianto completamente nuovo ha una longevità maggiore e non richiede interventi di manutenzione straordinaria.

pizzeghella e stevan srl gruppo stevan elevatori via e. fermi 9 37026 Settimo di pescantina (VR) Tel +39 045 6750078 www.stevanelevatori.it

LA BACHECA DI AV

L’esperienza di Pizzeghella e Stevan al servizio del recupero del patrimonio edilizio esistente dà nuovo valore all’immobile sia dal punto di vista estetico che energetico


New Multimedia Showroom: la tecnologia Sever-Sever Maison al servizio dei progettisti Apre a inizio 2017 il nuovo spazio interattivo multimediale messo a punto da Sever per offrire nuove opportunità alla comunicazione e comprensione del progetto

LA BACHECA DI AV

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La professionalità e il know how di SEVER, maturati in cinquant’anni di esperienza, hanno visto negli ultimi anni il naturale sviluppo e integrazione delle forniture contract anche nel settore alberghiero e domestico. Da qui l’esigenza di creare un nuovo format di presentazione multimediale ed interattivo, gestito da un sistema domotico intelligente. Il nuovo showroow di SEVER e SEVER Maison, offre una nuova possibilità di comunicazione e coinvolgimento emozionale “dentro il progetto”. Uno spazio allestito come luogo di incontro tra progettisti e committenti, all’interno del quale le tecnologie della struttura permettono di visualizzare immagini , progetti e clip multimediali. L’elevata tecnologia utilizzata consente proiezioni in super HD a 4K su schermi e monitor ad altissima risoluzione, controllati da telecamere con sensori di presenza in modo tale che l’utilizzatore possa gestire la presentazione anche con il solo ausilio del movimento delle mani.

All’interno dello Showroom sono collocate un’area di consultazione/riunioni e un’area break.

SEVER potrà mettere a disposizione dei progettisti che vorranno farne uso la propria struttura per la presentazione e/o condivisione dei loro progetti di qualunque natura essi siano. SEVER Maison è partner dei più importanti marchi di arredamento e complementi d’arredo nazionali ed internazionali.

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H. 269

pannello laccato colore grigio , colore a campione portali in profili metallici sezione 6x6 cm rimozione porta e chiusura in cartongesso

monitor 40'' inserito in pannello porta scorrevole rivestito in specchio box acustico pannello composto da tre lastre in vetro con grafica serigrafata scuretto perimetrale

pannello laccato colore grigio , colore a campione per mascherare tubazioni - apribile

I

rimozione ventil-convettore e impianti volume con rivestimento interno in legno e nelle parti a vista esterne in lamiera

pannelli laterali con fresate tipo topakustik Fantoni pannello centrale rivestito in specchio largo 120 cm

parte rivestimento (lungh 260 cm) in legno con fresate tipo topakustik Fantoni

D

sezione C-C

monitor 65'' appeso a parete con distanziale di 3 cm (telaio perimetrale arretrato 10 cm rispetto ingombro schermo)

H. 281

H. 230 zona cataloghi

F

nuova parete in cartongesso veletta in cartongesso prosecuzione parete in cartongesso arredo con pannello scorrevole e fianco a vista in vetro retro-laccato all'interno sistemi per domotica controllo apparecchiature rete di zona controllo, amplificatori interno armadio colore grigio scuro

proiezione ingombro cassonetto 50x80 cm - h. 230 cm da terra N.B. misura da verificare in base sporgenze e posizioni tubazioni cassonetto realizzato per mascherare tubazioni a soffitto nel lato inferiore di tale cassonetto sarà realizzata una fresata per inserimento guide per pannelli scorrevoli e guide per tende avvolgibili motorizzate

*

1.65 1.22

lamiera risvoltata in battuta al pannello laccato

C

zona cataloghi

E

pannello scorrevole lunghezza 220 cm

binario esterno per scorrimento pannello di chiusura ingresso box acustico binario posto su tutta la lunghezza parete

bancone cucina predisposizione corrente cappa e piano cottura e prese

102.5 220

po

controsoffitto colore bianco con tagli 10 cm con tagli verniciati 10x10 cm verniciati neri per inserimento faretti led dimmerabili

D

1.65 1.22

ripiano con frontale laccato RAL 7043 posta alla stessa altezza a terra del piano cucina

1.03

*

G

box acustico Citterio rimuovere controsoffittatura in pannelli fonoassorbenti in tessuto blu e inserimento di nuovo controsoffitto in barrisol serigrafato con luci led sovrapposte (cfr. dettaglio M - tav. 04) pannello composto da tre lastre in vetro con grafica serigrafata con strip led per illuminazione grafica

H. 281

H. 281 102.5 220

1.65 1.22

corpi luce dimmerabili accensione/spegnimento personalizzato - domotica tamponamento sopra box acustico

pannello laccato colore grigio , colore a campione lamiera risvoltata in battuta al panello laccato H. 230

*

pannello scorrevole lunghezza 220 cm

1.65 1.22

lampada a sospensione mod. Otylight Pop Brooklyn ARC-CUP 120+120 cm tavolo MDFItalia modello Tense, dimensione 280x120 cm

C

pavimento in legno

RIPOSTIGLIO

N

prese corrente incassate nel risvolto in lamiera placca e frutti nere o grigio scuro di colore analogo alla lamiera

H

parete in cartongesso con strutture di sostegno retroposte e rinforzi per sostegno libreria perfettamente rasata senza giunzioni finitura colore grigio scuro

0.90 2.10

nuova parete in cartongesso con inserimento isolamento tra la struttura interna

pannello laccato colore a campione con fessura per ottiche kinect tenda avvolgibile comandata elettricamente lunghezza 220 cm rilevatore ottico di presenza appoggiato su mensola e nascosto da pannello laccato colore a campione, dotato di fessura per lasciare a vista l'ottica mensola 480x50/30 cm sp. 5 cm laccata del colore della cucina posta alla stessa altezza a terra del piano cucina h. 85 cm

pannelli fonoassorbenti in tessuto grigio perla porta a filo rivestimento per accesso zo con specchio di finitura e inserimento video fianco arredo rivestito in vetro retro-laccato

monitor 65'' appeso a parete con distanziale di 3 cm (telaio perimetrale di sostegmo arretrato 10 cm rispetto ingombro schermo)

armadio mod. su misura a tre ante scorrevoli di cui la centrale rivestita in specchio ante laterali con fresate tipo top topakustik Fantoni interno armadio colore grigio scuro

cassonetto 50x80 cm - h. 230 cm da terra N.B. misura da verificare in base sporgenze e posizioni tubazioni cassonetto realizzato per mascherare tubazioni a soffitto nel lato inferiore di tale cassonetto sarà realizzata una fresata per inserimento guide per pannelli scorrevoli e guide per tende avvolgibili motorizzate pannello laccato colore a campione

D

barrisol posto a soffitto nel box acustico

prese dati e corrente a terra - torretta a scomparsa con coperchio rivestito in legno come pavimento

pannello a parete sotto la mensola laccato colore a campione

sezione D-D

videoproiettori inseriti in scatolare di lamiera microforata staccato da pavimento di 2 cm con rivestimento superiore in legno diffusore acustico messo in orizzontale

libreria MDF Italia, modello Minima 3.0

H. 270

F

controsoffitto con tagli per inserimento faretti led

E

tamponamento sopra parte del box acustico divisione rispetto zona consultazione cataloghi

prese corrente mascherate da pannellino in legno apribile, inserito nel rivestimento in legno

1.03

arredo con pannello scorrevole e fianco a vista in vetro retro-laccato all'interno sistemi dispenser presa corrente

videoproiettori inseriti in scatolare di lamiera microforata staccato da pavimento di 2 cm con lastra in vetro colorato opalino soprastante staccato di 2 cm

struttura per reggere pavimento in legno

tenda avvolgibile comandata elettricamente lunghezza 230 cm, colore grigio H. 268

nuova porta U.S. - tipo rasomuro inserita in parete esistente

* sezione E-E

pavimento in smalto colore grigio scuro 1.03

L

po

D

lampada Ø130 cm - luce up/down - a luce diretta bianca 3000K luce indiretta - RGB dimmerabile

E

*

h. 40 cm risvolto alla sommità volume zona cataloghi

pannelli laterali con tipo topakustik Fantoni e pannello centrale rivestito in specchio largo 120 cm

tenda avvolgibile comandata elettricamente lunghezza 230 cm, colore grigio

diffusore acustico n.b.: valutare posizionemento sopra tessuto barrisol

cassonetto 50x80 cm - h. 230 cm da terra N.B. misura da verificare in base sporgenze e posizioni tubazioni cassonetto realizzato per mascherare tubazioni a soffitto nel lato inferiore di tale cassonetto sarà realizzata una fresata per inserimento guide per pannelli scorrevoli e guide per tende avvolgibili motorizzate

luci led poste sopra copertura

pannello laccato colore grigio , colore a campione

H. 269 CPU

nuova parete in cartongesso realizzata a filo trave presente a soffitto con inserimento isolamento tra la struttura interna nuova porta rasomuro

03

06

luci led poste sopra copertura volumi

01, 03, 05. Vedute dello showroom multimediale ricavato all’interno della sede Sever a Verona. 02. Pianta dello showroom. 04, 06. Sezioni e particolari del progetto esecutivo * dell’allestimento.

stripled

U.S.

1.28 2.15

tamponamento arretrato

cielino libreria posto 10 cm più in alto rispetto risvolto lamiera di chiusura box espositivo

A

A

**

parete in cartongesso con strutture di sostegno retroposte perfettamente rasata senza giunzioni per proiezione

libreria Minima 3.0 colore bianco

pannelli con fresate tipo topakustik Fantoni e pannello centrale con specchio

armadio su misura a tre ante scorrevoli di cui la centrale rivestita in specchio larga 120 cm e pannelli laterali con fresate tipo topakustik Fantoni

A

B

PIANTA

*

è da prevedere la verniciatura del lato interno dei serramenti del colore dato alle pareti, e l'oscuramento del vetro dei serramenti con applicazione di pellicola adesiva opale

basamento libreria piano inclinato in lamiera retto da strutture retropostre basamento apribile per accesso cablaggi casse acustiche poste in orizzontale passaggio cavi

mobile per contenimento dispenser con anta scorrevole e fianco a vista in vetro retro-laccato

B

sul retro: passaggio cavi casse acustiche poste in orizzontale

B

* sezione B-B

**

video-proiettore

pannello composto da tre lastre in vetro con grafica serigrafata

il cielino di chiusura posto sopra la libreria dovrà proseguire ai lati, fino ad incontrare il muro perimetrale e la nuova parete in cantongesso

luci led poste sopra copertura

portali in profili metallici sezione 6x6 cm

stripled pannello laccato colore grigio, colore a campione

binario esterno posto su tutta la lunghezza della parete verniciato colore a campione

A

schermo appeso 65''

04

piano inclinato in lamiera passaggio cavi

piatto verniciato colore a campione di chiusura dello spessore a vista dei pannelli di rivestimento pareti box acustico

* *

video-proiettore

sezione F-F

sezione A-A

* * *

cielino libreria posto 10 cm più in alto rispetto risvolto lamiera di chiusura box espositivo con incassato luce lineare led

SEVER ACADEMY NUOVA AREA POLIFUNZIONALE, VIALE DEL COMMERCIO 10, 37135 - VR - SEVER@SEVER.IT - WWW.SEVER.IT RINGRAZIAMO L’ORDINE DEGLI ARCHITETTI PIANIFICATORI PAESAGGISTI CONSERVATORI DELLA PROVINCIA DI VERONA

volume con rivestimento interno in legno con inserte parti con fresate tipo topakustik Fantoni ingresso schowroom passaggio dal box acustico

A

evento inaugurale

parete per proiezione

Il nuovo showroom multimediale Sever verrà inaugurato con un * evento di presentazione aperto a progettisti, clienti e a quanti interessati a verificare dal vivo le potenzialità tecnologiche della struttura. Per informazioni e per registrarsi all’evento, collegarsi all’indirizzo sotto indicato. B

schermo appeso 65'' libreria Minimal profondità 5 cm schineale 35 cm mensola struttura di sostegno retroposta parete in cartongesso basamento libreria piano inclinato in lamiera retto da strutture retropostre basamento apribile per accesso cablaggi

B

*

parete in cartongesso con strutture di sostegno retroposte perfettamente rasata senza giunzioni finitura colore grigio scuro

N.B. tale piano inclinato non deve venire illuminato dal fascio luminoso della video proiezione N.B. rinforzare pavimento per evitare trasmissione di vibrazioni dal pavimento ai videoproiettori. Sarà necessaria un accurato fissaggio dei videoproiettori N.B. inserire adeguato materiale sotto il pavimento (tipo sacchetti di lana imbustata), per evitare rumore da calpestio

LINK http://www.sever.it/it/Eventi/ Iscrizioni-agli-eventi/

pannello laccato colore a campione da porre a parete sotto la mensola

sever viale del commercio 10 37135 verona Tel +39 045825 0033 www.sever.it sever@sever.it www.severmaison.it

05

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LA BACHECA DI AV

nuova parete in cartongesso / chiusura parete ove rimosso box acustico con inserimento isolamento tra la struttura interna ripiani per esposizione materiali e cataloghi

1.03

D

barrisol serigrafato posto a soffitto nel box di Citterio comprendere cablaggi e passaggi impianti

parete in cartongesso con strutture di sostegno retroposte perfettamente rasata senza giunzioni per proiezione con verniciatura finale adatta alla proiezione subwoofer a terra

0.90 2.10

E

colorato opalino per possibile appoggio di cassa acustica a goccia della Garvan - staccato di 2 cm dal filo superiore scatolare in lamiera macchina trattamento aria a soffitto h. 250 da terra resta al di sopra nuovo volume

spostamento quadro elettrico da portare nel locale "zona cataloghi"


Un supporto a fianco del progettista

Geometrie sospese La luce al servizio della forma

LA BACHECA DI AV

Il tuo partner di fiducia per il comfort abitativo e il risparmio energetico Aspetti fondamentali, oltre a quello architettonico, nella progettazione e ristrutturazione degli edifici sono l’efficienza energetica e il comfort abitativo. Progettare e costruire eliminando gli sprechi, utilizzare al meglio l’energia prodotta da fonti rinnovabili e assicurare un ambiente confortevole a costo energetico vicino allo zero sono obiettivi di grande attualità ed interesse. Dimensionare opportunamente l’impianto fotovoltaico, l’accumulatore di energia prodotta e non auto consumata, l’impianto di ventilazione meccanica controllata, il riscaldamento elettrico a pavimento o parete eccetera, è compito dell’energy manager. L’energy manager ha le competenze necessarie per porsi come consulente del settore energia nella progettazione dell’immobile. Affianca l’architetto assicurando lamigliore soluzione di efficientamento energetico garantendo il contenimento dei costi e l’aria pulita dentro e fuori casa. Il monitoraggio e la gestione di ogni impianto per 3 anni garantisce il conseguimento delle prestazioni definite in fase di progetto.

La luce si fonde con l’architettura, semplici geometrie vengono pensate e sviluppate per far sì che la luce sia la protagonista, compiendo così la sua naturale missione; quella di donare vita all’ambiente che ci circonda.

IL FUTURO DELL’ENERGIA SOSTENIBILE

Questa è la Mission di Forall, azienda d’illuminazione rivolta a risolvere con lo sviluppo della progettazione e con la personalizzazione estrema del prodotto, le varie richieste illuminotecniche dei nostri Partner.

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