RIVISTA TRIMESTRALE DI ARCHITETTURA E CULTURA DEL PROGETTO FONDATA NEL 1959
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ISSN 2239-6365
Terza edizione — Anno XXII — n. 4 Ottobre/Dicembre 2014 — Autorizzazione del tribunale di Verona n. 1056 del 15/06/1992 Poste Italiane spa — spedizione in abb. postale d.i. 353/2003 (conv. in I.27/02/2004) — art. 1, comma 1, dcb verona
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Il paesaggio della quiete: memoriale di Costermano — Opera prima, ultima dimora — Doppia soglia — Il parcheggio (quasi) eterno — La memoria errante — Paesaggio dopo la battaglia — Quelli della Notte al Museo — Concorso: una cantina per Negrar — Lavori in corso ai Magazzini Generali — Itinerario: le fortificazioni della Grande Guerra.
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Dal Salva Italia allo Sblocca Italia Testo: Arnaldo Toffali
Con voto di fiducia del Senato lo “Sblocca Italia”, decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, recante “misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”, è stato convertito in legge 11 novembre 2014 n. 164, entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (GU n. 262 del 11-11-2014 - Suppl. Ordinario n. 85). Siamo passati dal “Salva Italia”, nome coniato per dare il senso della politica di emergenza del governo dei tecnici di Mario Monti, i cui effetti sulla crescita sono tristemente noti, al piano “Destinazione Italia” del governo di Enrico Letta, che avrebbe dovuto risolvere il problema del “drammatico bisogno di investimenti diretti esteri” nella Penisola, per finire con lo slogan “Sblocca Italia”, ultima sfida legislativa di Matteo Renzi già preannunciata da “L’Italia cambia verso”. Viene spontaneo porsi la domanda: cos’è che cambia realmente, quali sono, se mai ve ne siano, le nuove opportunità per i professionisti? Centonovantadue pagine di testo normativo dedicato a temi importanti come la manutenzione del territorio, la riqualificazione
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delle volumetrie esistenti, le incompiute, la messa in sicurezza degli edifici pubblici (scuole comprese), il regolamento edilizio unico, l’utilizzo di fondi europei, gli incentivi per l’edilizia privata con sconti sugli oneri. Qualche importante segnale sul fronte delle infrastrutture e novità sul fronte casa, relativamente alle ristrutturazioni e alle manutenzioni, questi i contenuti che più da vicino ci riguardano (cfr. nota). A mio parere, si tratta ancora una volta di un decreto concepito nella logica emergenziale, in linea con il precedente “Piano Casa” che, anziché risolvere delle questioni sistemiche, introduce criteri derogatori e “sposta” ulteriormente le responsabilità da un soggetto all’altro. L’attività di semplificazione di ultima generazione infatti sostituisce l’attività provvedimentale della P.A. con un’attività asseveratrice del libero professionista, che risulta però il soggetto più debole e meno tutelato della filiera (rispondendo penalmente e patrimonialmente degli eventuali errori e/o dichiarazioni mendaci). Intervenire sulla “burocrazia patologica” è una necessità che dovrebbe indurre a ragionare sulle cause di questa degenerazione: questo significa che risulta indispensabile e non più dilazionabile interrogarsi sulle esigenze reali del Paese (i bisogni), sugli obiettivi da conseguire attraverso le normative (lo strumento principale di governo che produce tutele e/o opportunità) e sui mezzi
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necessari per conseguirli, quindi sull’apparato burocratico fatto di procedure, procedimenti, ecc. Non si riesce ancora capire per quale motivo siano necessari, ad esempio in campo edilizio, tutti questi titoli abilitativi di natura procedimentale (CIL, SCIA, DIA) e di natura provvedimentale (permesso di costruire espresso o tacito – per silenzio assenso). Perché mai un’attività edilizia viene chiamata “libera” richiedendo una sua conformità alla normativa di ogni ordine e grado e addirittura imponendo degli adempimenti amministrativi sotto comminatoria sanzionatoria? Qualsiasi iniziativa che sblocchi l’attuale situazione di stallo nel settore dell’edilizia e dei lavori pubblici deve comunque fare i conti con il fatto che l’economia risulta bloccata per ragioni che vanno ben oltre la “burocrazia patologica” che affligge da tempo il sistema Paese. La promessa di un Regolamento edilizio unico va benissimo perchè in quella direzione si deve andare, ma è un percorso che richiederà almeno due-tre anni di lavoro e il rischio è che si traduca nell’ennesimo manuale di progettazione interpretabile. Grandi opportunità per i professionisti pertanto non se ne vedono, almeno di dirette, fatti salvi i casi riferibili alle grandi opere aperte al mercato UE, quindi di interesse per le strutture che sembrano fare riferimento a “grandi gruppi”, dove il fattore finanziario pare prevalere su quello professionale.
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Sintesi delle “Misure per il rilancio dell’edilizia” (Legge 11 novembre 2014, n. 164, capo V) Manutenzione ordinaria. Con gli interventi di manutenzione ordinaria si possono effettuare installazioni di pompe di calore aria-aria, di potenza termica utile nominale inferiore a 12 kW. Manutenzione straordinaria. Tra gli interventi di manutenzione straordinaria vengono ora ricompresi anche quelli volti al frazionamento o accorpamento di unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico, purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso. Regolamento unico edilizio. Al fine di semplificare e uniformare le norme e gli adempimenti, sarà adottato uno schema di regolamento edilizio tipo tra Governo, regioni e autonomie locali, in sede di Conferenza unificata. Il regolamento edilizio-tipo, indica i requisiti prestazionali degli edifici, con particolare riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico, dovrà essere adottato dai Comuni. Permesso di costruire. La proroga dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell’opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari. I termini per il rilascio del permesso di costruire sono raddoppiati di progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento. Segnalazione certificata inizio attività. La SCIA entra a pieno titolo nel testo unico per l’edilizia, di cui al d.P.R. n. 380 del 2001. Inoltre con la segnalazione certificata d’inizio attività, da comunicare a fine lavori con attestazione del professionista, si possono effettuare le varianti a permessi di costruire che non configurino una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore. Denuncia inizio attività. Con la denuncia di inizio attività si possono realizzare solo gli interventi alternativi al permesso di costruire, di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, la cd. super DIA che, d’ora in avanti, può essere chiamata semplicemente DIA ovvero denuncia di inizio attività, poiché non è più necessario distinguerla. Comunicazione inizio lavori. È stata ampliata la sfera degli interventi con la comunicazione inizio lavori, ora si possono effettuare anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso. Contributo di costruzione. Per gli interventi di trasformazione urbana complessi, gli strumenti attuativi e gli atti equivalenti comunque denominati nonché gli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, disciplinano che debba essere prevista una modalità alternativa in base alla quale il contributo di costruzione è dovuto solo relativamente al costo di costruzione, mentre le opere di urbanizzazione sono direttamente messe in carico all’operatore privato che ne resta proprietario.
Deroga agli strumenti urbanistici. La disciplina per il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, di cui all’articolo 14 del d.P.R. n. 380 del 2001, viene consentita per gli interventi di ristrutturazione edilizia, attuati anche in aree industriali dismesse, mediante richiesta di permesso di costruire anche in deroga alle destinazioni d’uso, previa deliberazione del consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico a condizione che il mutamento di destinazione d’uso non comporti un aumento della superficie coperta prima dell’intervento di ristrutturazione. In precedenza la deroga poteva essere richiesta, nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza, esclusivamente per il superamento dei limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati di cui alle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi nel rispetto, comunque, delle disposizioni di cui agli articoli 7, 8 e 9 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444. Interventi di conservazione. Sono consentiti interventi da effettuare sugli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione, da individuare con lo strumento urbanistico. In tale ambito l’amministrazione comunale può favorire, in alternativa all’espropriazione, la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione incidenti sull’area interessata e senza aumento della superficie coperta rispondenti al pubblico interesse e comunque rispettose dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa. In attesa dell’attuazione del piano, il proprietario può eseguire tutti gli interventi conservativi, ad eccezione della demolizione e successiva ricostruzione non giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico od igienico sanitario. Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante. Costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra le seguenti: residenziale; turistico-ricettiva; produttiva e direzionale; commerciale; rurale. Il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito. Autorizzazione paesaggistica. Viene eliminato il ricorso alla conferenza di servizi e, in sostituzione, prescrive che decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione. Permesso di costruire convenzionato. Qualora le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata, è possibile il rilascio di un permesso di costruire convenzionato. La convenzione, approvata con delibera del consiglio comunale, salva diversa previsione regionale, specifica gli obblighi funzionali al soddisfacimento di un interesse pubblico, che il soggetto attuatore si assume ai fini di poter conseguire il rilascio del titolo edilizio, il quale resta la fonte di regolamento degli interessi. Sanzioni per inottemperanza alla demolizione. Per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, in caso di inottemperanza, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima.
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Consiglio dell’ordine • Presidente Arnaldo Toffali • VicePresidente Nicola Brunelli • VicePresidente Paola Ravanello • Segretario Elena Patruno • Tesoriere Giovanni Mengalli • Consiglieri Marco Campolongo, Vittorio Cecchini, Laura De Stefano, Federico Ferrarini, Giancarlo Franchini, Daniel Mantovani, Raffaele Malvaso, Amedeo Margotto, Donatella Martelletto, Diego Martini
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professione
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progetto
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PRogetto
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Dal Salva Italia allo Sblocca Italia di Arnaldo Toffali
Opera prima, ultima dimora di Marcello Bondavalli
Il parcheggio (quasi) eterno di Nicola Tommasini
Paesaggio dopo la battaglia di Carlo Saletti
è qui la Festa dell’Architetto? di Simone Farinazzo
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Doppia soglia di Maddalena Anselmi
Sopra la panca: dialogo con il paesaggio urbano di Alessandra Bari
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odeon
progetto
Il paesaggio della quiete di Francesca Benati
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editoriale
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Memoria lunga, memorie corte di Alberto Vignolo
Architettura paesaggio memoria di Angelo Bertolazzi
PROGETTo
saggio
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La memoria errante di Federica Guerra
Scaffale della memoria di Angelo Bertolazzi
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Quelli della Notte al Museo di Antonella Arzone
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odeon
AAA designer cercasi a Verona di Alberto Vignolo
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Tocatek, Topotì: Topotek al Tocatì di Vera Leanza
La riconversione del Magazzino del Grano: cum grano salis? di Alberto Vignolo
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cantieri
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In vino veritas, utilitas, venustas: una cantina per Negrar di Irene Bonente
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studio Visit
Faccioli & Gabrielli a Mozzecane di Angela Lion VIEW OVER THE NEW WINERY
VIEW FROM THE OFFICES
ATMOSPHERE
arkable socio-geographic and archeological context. Recognizing the values of surround nd silhouettes of hills, contributed to design of the new building. sert itself into the existing contextual fabric and gently connect surrounding area in one new representative element that’s inseparably integrated into the vineyard landscape.
ient. Therefore the new design should be as intelligible and simple as possible. Proposed ce building and replacement with two programmatic elements in the form of two contrast winery. The remained existing part of building is wrapped in energy sufficient facade, to
witch hovers over completely flexible and fluid space dedicated for the storage on ground e volume that levitates over the existing storage area and presents a roof over the store ced underground for atmospheric/sensory type ambient. The tension between these two scape. tion, roof exploits the space for diverse functional program. The volume gives an impres e existing space. Building itself becomes a semi transparent object with vertical perforated surrounding vineyards. nd semiprivate spaces that are defined in modular composition. In the voids of the modular rooms, lecture room and public spaces. panoramic view
ATMOSPHERES One of the most important guidelines was the idea of creating powerfull and suitable atmospheres for different activities. The main idea was creating contrast between two volumes that forms a new building. Volume that hosts a representative program of the winery is located on level -1. It’s rough, cold and dark interior creates a drama that gives a reprezentative space even deeper meaning. Walls built from raw, roughly paneled terazzo are framing quarry-like atmosphere that searches for motives in nearby traditional wine cellars. One of the biggest qualities in the representative space are three ambiental boxes. Three different atmospheres provides three different contemplation spaces where wine tasting becomes a spiritual experience.
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Le frecce di Sebastiano di Dalila Mantovani
Rivista trimestrale di architettura e cultura del progetto fondata nel 1959 Terza edizione • anno XXII n. 4 • Ottobre/Dicembre 2014
Editore Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona
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Redazione Via Oberdan 3 — 37121 Verona T. 045 8034959 — F. 045 592319 redazione@architettiveronaweb.it
Direttore responsabile Arnaldo Toffali
itinerario
Le fortificazioni della Grande Guerra di Fiorenzo Meneghelli
Direttore Alberto Vignolo av@architettiveronaweb.it Art direction, Design & ILLUSTRATION Happycentro www.happycentro.it
As opposite to this raw atmosphere there’s an open, bright and transparent volume levitating over the surrounding vineyards. That volume hosts administration offices and VIP section. Warm wooden interior and panoramic view over the vineyards provides a pleasant working enviroment for employees and attractive visiting point for VIP guests. RELATION TO LOCAL TRADITION
Proposed solution seeks for motives in elements of local tradition. Design of new structure refers to constructing principles that are being present in this place for centuries. New design takes traditional materials and uses them in an honest and modern way. Volume that’s lying in the ground is made from polished terrazzo, giving it impression of a big monolith.
This processing method originates from this area, so as Lessinia stone that’s used as aggregate. The other volume that levitates over that base and hosts offices is completely lifted off the ground. Therefore it can be made from lighter, warmer materials like wood. That gives a building a lighter and more transparent character (like pergola) and inseparably integrates it in the vast open landscape full of vineyards.
LESSINIA QUARRY
SURROUNDING VINEYARDS
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è il cinema, bellezza! di Luisella Zeri
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Distribuzione La rivista è distribuita gratuitamente agli iscritti all’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Verona e a quanti ne facciano richiesta agli indirizzi della redazione.
diversearchitetture
Benzina e velluto di Luisella Zeri
Gli articoli e le note firmate esprimono l’opinione degli autori, e non impegnano l’editore e la redazione del periodico. La rivista è aperta a quanti, architetti e non, intendano offrire la loro collaborazione. La riproduzione di testi e immagini è consentita citando la fonte.
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Stampa Cierre Grafica www.cierrenet.it Concessionaria esclusiva per la pubblicità Promoprint Verona Barbara Cattonar T. 338 898 8251 barbara.cattonar@promoprintverona.it
Redazione AV99 Maddalena Anselmi, Alessandra Bari, Francesca Benati, Angelo Bertolazzi, Irene Bonente, Ilaria De Aloe, Federica Guerra, Angela Lion, Dalila Mantovani, Nicola Tommasini, Luisella Zeri contributI Antonella Arzone, Marcello Bondavalli, Simone Farinazzo, Vera Leanza, Fiorenzo Meneghelli, Carlo Saletti TIPOgrafia AVFont, Helvetica Neue, Adobe Caslon, Courier New Fotografia Elena Brugnara, Cristina Lanaro, Lorenzo Linthout, Diego Martini, Michele Mascalzoni, Gaia Zuffa Si ringraziano Bruno Carmi (Presidente Comunità Israelitica di Verona), Lucia Miodini (Archivio CSAC, Università degli Studi di Parma), Giovanni Punzo, Luigi Scolari
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Memoria lunga, memorie corte
In apertura di una serie di progetti e contributi incentrati sul tema della memoria, tra storia e progetto, una riflessione sull’attualità di una proposta urbana che ha suscitato un vivace dibattito Come ogni organismo, le città recano nelle pieghe dei loro tessuti i segni di molte memorie, che riconosciamo in particolare in quegli elementi dei fenomeni urbani che sono precipuamente destinati a perpetuarle. Lo sono per definizione anche etimologica i monumenti, elevati o costruiti ad memoriam di un illustre personaggio, artista o condottiero, santo o patriota; il monumento è l’espressione più alta della memoria sub specie architettonica, oltre che plasticoscultorea, nel punteggiare dialetticamente il tessuto del costruito secondo le forme e i significati propri delle epoche e delle società di cui è espressione. Vi sono nelle città alcuni luoghi destinati a una forma lunga di memoria, nel custodire le spoglie di noi caduche creature, accogliendo il commiato e ponendoci per qualche istante di fronte all’ineffabile mistero dell’Aldilà. Molte sono le forma che i cimiteri hanno assunto nella storia: ne danno conto le religioni, le tradizioni costruttive, le epoche. Non stupisce quindi che una forma nuova e inattesa, proposta di recente per
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la città di Verona, abbia suscitato inquietudine e addirittura scandalo: la novità e lo scarto dalla norma sono sempre eresia, e il culto dei defunti è quanto di più assoggettato al rito e alla convenzione si possa pensare. L’inattesa proposta per un cimitero a sviluppo verticale, un grattacielocolombario svettante nella periferia orientale della città, avrà un destino che ad oggi non è ancora dato di sapere, dato che le relative vicissitudini amministrative sono tutt’altro che definite. Ma si sa che le vie del signore (e dell’urbanistica) sono infinite, e che vi è sempre possibilità di redenzione (e di un cambio d’uso) nel regno dei cieli (di San Michele Extra). Ma in cosa consiste, a ben vedere, lo scandalo? L’impianto planimetrico proposto ricalca lo schema del panottico di Jeremy Bentham, rovesciandone l’utopico sguardo vigile a 360 gradi in una quieta
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Testo: Alberto Vignolo 01
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01-04. “Cimitero verticale” di Verona. Promotore: CieloInfinito s.r.l. (progetto arch. Riccardo Manfrin). In sequenza, la cappella sulla sommità del fusto del grattacielo, inquadramento urbanistico, l’interno di uno dei bracci e veduta complessiva esterna. 05-06. Piante ai differenti livelli e sezione sul fusto centrale. Fonti: Comune di Verona, allegati alla proposta di variante urbanistica, e immagini web.
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osservanza del ricordo. “Sorvegliare e punire” chi non può certo fuggire né delinquere, appare cinicamente paradossale. Lo schema cellulare, noto per il suo utilizzo nelle patrie galere, viene così transustanziato in chiave cimiteriale in una sequenza di cappelle dall’elegante interior design, sviluppate lungo un viluppo di bracci radiali che, elevandosi, si rastremano per evidenziare lo slancio dell’affusto. Quali nuove gerarchie determinerà tale impianto, tra i posti più vicini al suolo e dunque alle viscere di madre terra, e quelli in sommità, protesi come su una rampa di lancio – una Baikonour celeste - verso l’alto dei cieli? Il cimitero è anche (o forse soprattutto) il luogo della rappresentazione sociale: basta una visita al Monumentale cittadino per avere una visura quasi catastale dei valori censuari familiari, così come in ogni paese o contrada l’estrema dimora ricalca, nel bene e nel male, gli attributi borghesi dell’abitare, tra le “villette” mono o bifamiliari delle cappelle gentilizie e i più popolari
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condomini dei colombari, fino al co-housing estremo e post mortem dei cinerari. La terminazione emisferica del fusto del grattacielo, da adibire a cappella per le commemorazioni, sembra infine trasfigurare il significato simbolico di questo nuovo, ipotetico elemento rilevante dello skyline cittadino in un rigor mortis – forse memore di ciò che un tempo non lontano si chiamava “celodurismo” – attraverso il quale la Signora in Nero, sbeffeggiante, ci potrà ricordare a ogni piè sospinto nel panorama urbano la nostra destinazione finale. Avrà un seguito la proposta per San Michele, o per contrappasso i suoi disegni diventeranno misere spoglie in quel popoloso cimitero dei progetti seppelliti o mai nati, che per qualche istante hanno attraversato le cronache della nostra città? La memoria in questo caso si fa assai corta: chi si ricorderà delle boutade dei progetti civetta, degli annunci di progetti irrealistici e irrealizzabili, buoni solo per consumare carta? R.I.P.
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PROGETTO
Il paesaggio della quiete
Uno straordinario esempio sulle sponde del Garda di quel sentimento di consolazione che la tradizione cimiteriale del Nord Europa ricerca da sempre nel contatto con la bellezza naturale e con il paesaggio
Progetto: arch. Robert Tischler Testo: Francesca Benati Foto: Cristina Lanaro
Costermano
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01. La fioritura primaverile dell’Erica nel campo di sepoltura. Sullo sfondo il sacello. 02. La versione realizzata del progetto, 1967, planimetria generale (VDK Archiv). 03. Il progetto nella prima versione, 1957, planimetria e sezione generale (VDK Archiv). 04. Il cimitero dall’ingresso in una foto subito dopo l’inaugurazione, 1967 (VDK Archiv). 02
Un’immagine rimane particolarmente impressa quando si visita il cimitero militare tedesco di Costermano. Saliti sul punto più alto e arrivati alla radura circondati dal bosco, da un belvedere leggermente aggettante sul pendio si apre una delle più belle viste su Garda, la sua rocca e il lago. Il senso di pace che si gode soprattutto al tramonto, quando lo sguardo si perde nei colori del controluce, racconta di quel sentimento di consolazione che la tradizione cimiteriale del Nord Europa ricerca da sempre nel contatto con la bellezza naturale e con il paesaggio. Il luogo, su cui nel 1957 Robert Tischler per conto del VDK 1 concordò la costruzione del cimitero, è particolarmente fortunato, per posizione e orientamento: siamo sulle colline moreniche del lago di Garda a ridosso del monte Baldo, rivolti verso la campagna terrazzata. E proprio della privilegiata posizione, il progetto ha fatto il suo punto di forza. E delle relazioni con il contesto, il suo senso. È organizzato come un percorso lungo il quale lo sguardo è sapientemente
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guidato in viste sugli episodi interni e prossimi, piuttosto che sugli elementi del paesaggio più lontani. A partire dall’ingresso – da cui si registra un’altra delle viste più significative sul cimitero – costituito da un semplice e ampio portale adiacente un padiglione che accoglie i servizi. Vi si giunge da una leggera rampa, ma per attraversarlo occorre salire rapidamente alcuni gradini oltre i quali, varcata la soglia, si apre una piccola terrazza che invita alla sosta. Ed è la rapida salita che svela, in modo inaspettato e sorprendente la vista, prima occultata, sul campo di inumazione principale: le lunghe fasce di Erica (che in primavera si accendono di un colore di forte impatto), le piccole croci in pietra che emergono dalla vegetazione in gruppi di tre e, salendo con lo sguardo, il pendio, gli alberi, il sacello e in alto, la croce scura in acciaio. La vegetazione sul pendio è opportunamente trattata per incorniciare e permettere la vista della croce direttamente dall’ingresso, così come bene raccontano alcuni disegni dell’epoca. In una versione precedente del pro-
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05. La rampa di accesso dal parcheggio. 06. Il parcheggio, stato attuale (foto di Michele Mascalzoni). 07. La rampa di accesso dal parcheggio in una foto del 1967 (VDK Archiv).
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getto, prima che emergesse la necessità di un parcheggio più grande e la ferrea volontà di occultarne le auto in sosta, l’ingresso doveva trovarsi in altra posizione, maggiormente baricentrica rispetto al complesso, in uno dei punti più bassi del cimitero, immediatamente ai piedi della collina, a coronamento della quale era posto il sacello in forma di belvedere orientato assialmente sull’ingresso. Da qui si sarebbe dunque aperta una vista frontale, molto differente per impatto e carattere rispetto a quanto successivamente realizzato, con l’ingresso defilato e la vista impostata di scorcio su più elementi: il campo di inumazione, il sacello e la croce.
Immediatamente il luogo acquista un carattere informale, meno solenne e all’atmosfera accogliente contribuiscono probabilmente anche le fasce di Erica che in parte occultano la sequenza delle pietre tombali dove sono incisi i nomi dei caduti.
« Alla vegetazione è riconosciuto un ruolo che non è puramente decorativo o ornamentale, ma strutturale nel cercare e proporre relazioni spaziali» Il cimitero si struttura su quattro livelli, tre dei quali ospitano i campi di sepoltura, e il quarto, dopo aver superato gli episodi architettonici del sacello e della piccola sagrestia in forma di padiglione, è posto alla sommità dell’altura: una semplice radura a pra-
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to, dove sono posizionati un altare in pietra e l’alta croce in acciaio. Da qui ci si affaccia sui campi di inumazione, che appaiono senza soluzione di continuità con la campagna coltivata adiacente. L’innalzamento dei terrazzamenti inferiori, realizzato solo in un secondo momento attraverso un massiccio movimento di suolo, contribuisce all’occultamento della strada sottostante. E il cimitero così si relaziona direttamente con i campi terrazzati della collina di fronte, dal singolare profilo segnato da un lungo filare di cipressi. Le lunghe fasce regolari di Erica riprendono ed interpretano il disegno dei vigneti e dei campi coltivati, sottolineando il morbido andamento del profilo dei terrazzamenti. L’utilizzo di un’unica specie vegetale rafforza l’effetto scenografico nell’evocazione del campo coltivato e nell’esplosione
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08. Il sacello in una foto del 1967 (VDK Archiv). 09. Disegni definitivi del parcheggio e dell’ingresso, planimetria e sezioni, 1964 (VDK Archiv). 10. Il campo principale di sepoltura. 11. Le fasce di Erica e il monte Baldo sullo sfondo (foto di Francesca Benati).
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coloristica primaverile. Torna dunque in primo piano la vegetazione, cui è riconosciuto un ruolo che non è puramente decorativo o ornamentale, quanto di importanza strutturale nel cercare e proporre relazioni spaziali. Non è un caso se numerose furono le foto prese immediatamente dopo l’inaugurazione che raccontano di questa intima e feconda relazione con la campagna, tanto da diventare il logo di riconoscimento del cimitero stesso nelle pubblicazioni del VDK. Dietro la croce, il belvedere sul pendio boscoso rivolto al lago di Garda. E dall’altare la vista spazia poi sul monte Baldo.
Diceva Carlo Scarpa a proposito della tomba Brion nel corso di una conferenza tenuta a Vienna nel 1976: “per questo motivo chiamo il muro di cinta terreno sacro, perché dall’interno si vede un magnifico panorama [...]”2 . E come per il progetto di Scarpa a S. Vito di Altivole, anche qui a Costermano, il progetto di un cimitero diventa progetto di paesaggio, in quanto è alla scala del paesaggio cui esso si relaziona e si riferisce.
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1 Il Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge (VDK) è l’organizzazione che dal 1921 realizza e tuttora gestisce i memoriali e i cimiteri di guerra tedeschi. 2 Cit. in Luigi Latini, Cimiteri e disegno del giardino nel paesaggio italiano del Novecento, in All’ombra dei cipressi e dentro l’urne..., Atti del convegno ASCE svoltosi a Bologna nei giorni 24-26 novembre 2004. 14
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Committente Volksbund Deutche Kriegsgräberfürsorge (VDK) Monaco di Baviera Progettista arch. Roberti Tischler collaboratori arch. Max Ramer arch. Curt Vogler (giardino) Heinz Arnold (curatore VDK) direzione lavori prof. Gerd Offenberg, arch. Joseph Volz artisti Manfred Bergmeister (cancello), Tereshia MeckeSteger (mosaico), Max Rotthaler (carta dell’Italia), Ernst Gröhler (grafica), Franz Grau (arredo), Hans Wimmer (scultura del sacello), Sebastian Eberl, Paul Geltinger (fabbri), Annette Kappen (ceramica), Manfred Bergmeister (croce) Cronologia 1955 / 1957 progetto 1958 / 1964 realizzazione 1967 inaugurazione imprese Dalla Corte, Feltre (opere edili), Willhelm Reuter, Norimberga (giardino), Krauss-Maffei, Monaco di Baviera, Rudolf Perner, Passau-Hacklberg, (opere da fabbro)
12. La radura sulla sommità della collina in una foto dell’epoca, 1967 (VDK Archiv). 13. La salita alla croce in un disegno di progetto, 1963 (VDK Archiv). 14. I campi di sepoltura e la collina terrazzata (foto di Francesca Benati).
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PROGETTO
Il paesaggio della quiete
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15. Veduta della Sagrestia. 16. Interno del Sacello con la scultura di Hans Wimmer. 17. Vista del golfo di Garda dal belvedere (foto di Francesca Benati). 18. Disegni definitivi della Cripta e del Sacello, 1964 (VDK Archiv). 19. Vista del Sacello dopo l’inaugurazione, 1967 (VDK Archiv). 19
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Architettura paesaggio memoria Principi e modelli dei cimiteri di guerra germanici dai casi europei all’esempio veronese di Costermano
Testo: Angelo Bertolazzi
L’architettura della memoria del Novecento in Germania è stretta tra la necessità di ricordare i propri caduti e l’eredità della sconfitta di due guerre mondiali, che culminò nel divieto del 1946 di erigere nuovi monumenti ai caduti in quanto celebrazione della tradizione militare, poi decaduto all’inizio degli anni ’50. Già dopo la Prima Guerra Mondiale la Repubblica di Weimar si era trovata nell’urgenza di dare sepoltura ai quasi due milioni di caduti tra morti e dispersi. L’organizzazione dei cimiteri di guerra e l’erezione dei memoriali venne affidata al Volksbund Deutche Kriegsgräberfürsorge (VDK) che raccolse nel 1921 tutte le associazioni nate spontaneamente nei vari Länder subito dopo il conflitto. L’organizzazione fu abbastanza rapida e già alla fine degli anni ‘20 sorsero i principali memoriali che raccoglievano le spoglie dei soldati caduti: Langemark e Hooglede in Belgio, Bitola in Macedonia e quelli in Italia, a Quero, Tolmino, Feltre, Bressanone, Brunico, e a Passo Pordoi. Le linee guida per la realizzazione dei cimiteri di guerra individuate dal VDK nel primo dopoguerra – e che rimasero valide anche dopo il 1945 – erano dettate dalla precisa volontà di evitare le tendenze retoriche e monumentali dell’età guglielmina. Questa volontà venne raccolta subito
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dalle avanguardie degli anni ’20 per affermare le soluzioni formali della nuova architettura rifiutando il linguaggio classico. Sorsero così i monumenti ai caduti di Monaco di Baviera del 1928, e quello di Berlino, realizzato da Tessenow nel 1931 all’interno della Neue-Wache schinkeliana. Per il monumento berlinese venne indetto un concorso a cui parteciparono anche Mies Van der Rohe, Hans Poelzig e Peter Behrens. Per quanto riguarda la definizione dei cimiteri di guerra prevalse la tendenza a stabilire un rapporto con il paesaggio in modo da “creare all’interno dei luoghi di commemorazione – un pezzo di casa in terra straniera – un valore atmosferico di natura [...] poiché all’ombra delle cime degli alberi il germanico ricerca la pace, in comunione con i suoi morti, per l’eternità”. La definizione di un modello tipologico operativo in stretta relazione con il paesaggio è dovuta soprattutto all’architetto Robert Tischler, responsabile dal 1926 della progettazione dei cimiteri militari del VDK. Nel corso della sua lunga attività vennero
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messe a punto due tipologie principali, entrambe caratterizzate da elementi architettonici – la soglia, la cripta e il monumento d’onore – che insieme ai simboli e ai percorsi stabiliscono un intenso dialogo con il paesaggio circostante. Nella prima la soglia è un cancello che introduce ad uno spazio aperto che accoglie le salme e che è dominato dal memoriale vero e proprio, di solito un edificio a torre o con più torri che domina il paesaggio e nella cui corte centrale si trovano la croce, l’altare e il sacello. Questo modello lo troviamo nei cimiteri di Tobruk e di El-Alamein in Libia, e in Italia nei cimiteri del Pordoi (1939-43 e 1956-59), di Quero (1936-39). Nella seconda tipologia invece, che caratterizza i cimiteri di Langemark e Hooglede (1932) in Belgio, di La Cambe (1954-61) in Normandia e di Maleme (1955-57) a Creta, il paesaggio natu-
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01. Cimitero di guerra germanico di Maleme, Iraklion, Creta (1955-57). 02. Cimitero di guerra germanico di Hooglede, Belgio (1932). 03. Cimitero di guerra germanico di La Cambe, Normandia (1954-61). 04. Cimitero di guerrra germanico di Lagenmarck, Belgio (1932).
Architettura paesaggio memoria
PROGETTO
05. Monumento ai Caduti di Berlino, Heinrich Tessenow (1931). 06. Monumento ai Caduti di Monaco di Baviera (1928).
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rale viene completato da un paesag- di Affi aveva rifiutato di concedere il gio costruito fatto di elementi della terreno. stessa importanza, nei quali nessuno Il progetto di Tischler, posto su un prevale sull’altro. Qui manca la cen- pendio rivolto a oriente circondato da tralità di un unico edificio e i percorsi vigneti e cipressi, prevedeva in una assumono un ruolo fondamentale sia prima ipotesi la suddivisione del cinel disegnare i campi dove riposano mitero in un campo di sepolture infele salme sia nel collegare il sacello- riore e uno superiore, mentre l’accesso cripta, la croce e l’altare che diven- sarebbe stato presso la parte bassa del tano elementi di forza del paesaggio. cimitero. Le due fasce erano attraverIn questo caso la soglia diventa spesso sate da un sentiero posto a prosecuun edificio-propileo che rientra nella zione dell’ingresso che conduceva al composizione generale. sacello posto sul livello più alto, un La scelta di valorizzare il paesaggio bastione proteso verso il lago, che racassecondandolo chiudeva al suo più che imponeninterno la cripta. « All’ombra delle cime do un unico ediIl progetto vendegli alberi il germanico ne poi modificato ficio, è alla base ricerca la pace, in del cimitero di una prima volta guerra tedesco di nel 1959 quando comunione con i suoi Costermano sul i lavori del terremorti, per l’eternità » Lago di Garda, no erano già iniprogettato da Tiziati: il sacello fu schler tra il 1955-57 e inaugurato nel sostituito da un edificio che ricorda le 1967. Il complesso, che ospita 21591 costruzioni rurali mentre i campi di salme di soldati tedeschi, venne co- sepoltura vennero disposti su tre terstruito tra il 1958 e il 1965 dopo aver razzamenti. L’edificio per il custode e risolto alcune perplessità del Comu- il deposito attrezzi, posto vicino all’une circa l’opportunità di costruirlo sul scita del complesso, venne ospitato in proprio territorio, dopo che già quello un edificio esistente, ristrutturato per l’occasione. Una seconda modifica ben più importante venne apportata nel 1964, prima dell’inumazione, ma quando il cimitero era già in gran parte ultimato. L’ingresso venne spostato verso nord per impedire la vista dal cimitero del parcheggio. Questa scelta portò ad un ripensamento nella direzione dei percorsi di attraversamento dei campi di sepoltura che da est-ovest diventò nord sud, mentre fu aumentata l’altezza dei terrazzamenti. Poiché il nuovo accesso si sarebbe trovato prossimo all’uscita si decise di realizzare un edificio-porta posto alla fine della scalinata di accesso. La costruzio-
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ne è su due piani: al piano terra sono ospitati una grande mappa dove il visitatore può individuare la tomba che vuole visitare, l’armadio dei registri dei visitatori, mentre una colomba a mosaico ricorda a chi entra come il cimitero-memoriale celebri la pace e non la guerra. Al piano inferiore, celato in parte dal terreno, sono invece posti i servizi per i visitatori. I percorsi che innervano i campi di sepoltura conducono verso la cappella-sacrario, un edificio dal profilo semplice a capanna, che ospita i soldati dispersi, mentre poco distante si trova un piccolo fabbricato, la cosiddetta sacrestia per i servizi sacri, sulla cui parete si trova una carta dell’Italia settentrionale, dove delle croci indicano le posizioni delle precedenti sepolture dei soldati caduti, prima che fossero trasportati a Costermano. Un ampio sentiero erboso conduce al
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piazzale del raduno, sul quale si tengono le celebrazioni e i servizi religiosi, dominato dall’alta croce in acciaio e dalla grande pietra votiva per tutte le vittime della guerra. Nei campi di sepoltura le croci che indicano le singole tombe dei caduti sono immerse in piante di erica che con il loro viola acceso producono un forte contrasto con il colore scuro del porfido. La scelta di inserire un elemento naturale che segna profondamente l’immagine dell’architettura con il passare del tempo caratterizza anche altri cimiteri realizzati da Tischler, come quelli di Langemark, Maleme e La Cambe. Il grande numero di disegni di vista da e verso gli edifici, le diverse soluzioni proposte per i singoli elementi, rivelano la cura posta dal progettista nel costruire il paesaggio e l’attenzione nel modificare quello esistente
07. Vista del Cimitero di Costermano dopo l’inaugurazione, 1967 (VDK Archiv). 08. Disegni definitivi del Propileo, prospetti, 1965 (VDK Archif). 09. Disegni definitivi del Propileo, piante piano interrato e piano terra, 1965 (VDK Archiv).
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attraverso un progetto che continua a modificarsi per adattarsi al luogo. La scelta di usare pochi materiali è diventato nel tempo il tratto caratteristico dei memoriali tedeschi, in coerenza con la volontà iniziale del VDK di rinunciare a qualsiasi ostentazione e pretenziosità. L’intero complesso di Costermano – rivestimenti dei muri, muri di sostegno e coperture – è realizzato con un unico materiale, il porfido tagliato in piccoli elementi semplicemente sbozzati. Se la ruvida superficie del materiale pietroso ricorda la “naturalità” a cui aspirano i luoghi di sepoltura tedeschi, la sua omogeneità cromatica rotta solo dagli elementi metallici del cancello, della campana, dei libri d’onore e della croce, ci ricorda l’uguaglianza di tutti i caduti di fronte alla morte.
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PROGETTO
Opera prima, ultima dimora
La piaccola cappella di famiglia realizzata nel 1974 nel Cimitero di San Massimo da Giuseppe Tommasi ha costituito un inusuale banco di prova dall’università al cantiere
Progetto: arch. Giuseppe Tommasi Testo: Marcello Bondavalli Foto: Michele Mascalzoni
Verona
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01. Foto di fine cantiere (1974), con il campanile della chiesa di San massimo sullo sfondo. Archivio Giuseppe Tommasi. 02. Schema della costruzione geometrica e proporzionale. Archivio Giuseppe Tommasi. 03. Un’altra veduta a lavori avanzati. Archivio Giuseppe Tommasi 04. La tomba Bonfà oggi tra le altre edicole funerarie.
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L’edicola funeraria della famiglia grazie all’amico Guido Pietropoli, già Bonfà è stata l’opera prima di Giu- suo assistente. seppe Tommasi. Quando fu costru- Il progetto di tesi fu al contempo un ita nel 1974 a San Massimo, vicino manifesto e una scelta di rottura nel a Verona, il cimitero del paese, oggi mondo accademico di quel periodo, oramai inglobato nella periferia della in quanto nelle facoltà di architettucittà, era ancora un piccolo cimitero ra italiane, sotto l’influsso dei movidi campagna. menti sessantottini, si progettava arEvento che non accade frequente- chitettura solamente pensando alla mente, l’edificio è il frutto della re- città, alla società e a come l’architetalizzazione del progetto di tesi col tura potesse essere uno strumento di quale Tommasi si laureò in architet- miglioramento culturale e sociale. tura a Venezia nel 1973 sotto la guida Spinto dall’occasione di avere un pridel professor Carlo Scarpa. mo incarico e convinto dal suo reLa signora Bonfà nel 1973 decise di latore Carlo Scarpa, Tommasi, al commissionare la realizzazione della contrario, si presentò davanti alla tomba di famiglia a Giuseppe Tom- commissione di laurea con un progetmasi quando era ancora studente in to per un piccolo edificio, studiato fin quanto molto amico del figlio Lui- nei dettagli costruttivi. gi, compagno di Nella relazione liceo al Maffei, che accompagna « La tomba Bonfà è una scomparso nel di quelle architetture che il progetto tra1972 a causa di spare la voglia di nascondono ad un occhio misurarsi, per la una malattia gradistratto la profondità di prima volta, con ve che lo affliggeva fin dalla tenera un progetto come pensiero che sottende età. “virtuale realtà” alla sua progettazione » Giuseppe Tomfisica dopo l’espemasi, dopo aver rienza alla scuola superato il biennio di ingegneria al di architettura di Milano che viene Politecnico di Milano, cambiò facol- definita “vitale ma inquietante”. tà e si iscrisse ad architettura ma, non Questo progetto per Tommasi fu trovando risposte adeguate alla sua un’occasione estremamente stimolanindole pragmatica e creativa, si tra- te per cominciare “l’apprendimento sferì a Venezia per avere come relato- del mestiere” e per mettere in pratica re Carlo Scarpa che aveva conosciuto il pensiero di Heinrich Tessenow, ar-
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PROGETTO
Opera prima, ultima dimora
05. Veduta di scorcio dello spazio di ingresso, nello stato attuale. 06. Pianta dell’edicola con i tracciati geometrici. Archivio Giuseppe Tommasi. 07. Assonometrie e schema di posa delle pareti in pietra. Archivio Giuseppe Tommasi.
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chitetto a lui caro, che sosteneva che “la nostra vita e il nostro lavoro non possono essere belli se non possediamo una conoscenza tecnica e un mestiere solidi”. Il lotto dove sorge questa piccola architettura è di forma quasi quadrata (5,5 m x 5,3 m) e si trova nell’angolo nord est del cimitero. Il progetto si imposta su una precisa traccia regolatrice che, partendo da un quadrato genera, inscrivendolo,
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un doppio rettangolo aureo che diventa la base per la pianta dell’edicola funeraria. Da questa costruzione geometrica si crea un reticolo che diventa norma per gli elementi della costruzione. La scelta di partire dal quadrato non asseconda la forma del lotto, bensì vuole essere una scelta tautologica di costruzione di un luogo, il locus, nel quale la tomba ha dimora. Secondo Tommasi questi schemi pro-
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08. La parete vetrata con il mosaico realizzato da Luigi Scapini. 09. Assonometria della copertura in monoliti di pietra (non realizzata). Archivio Giuseppe Tommasi.
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porzionali sono strumenti della progettazione e sono “un’estensione della razionalità di sapore forse manieristico”. Possenti setti bianchi costruiti da lastre monolitiche di pietra d’Istria, seguendo le tracce generatrici, danno forma alla tomba, creano scorci visivi e dialogano con il basamento e la copertura intersecandosi con essi. Il basamento ricalca il rettangolo aureo alla base della costruzione e, quando uno dei setti lo interseca, quest’ultimo si frammenta con un taglio dalla chiara impronta scarpiana. La copertura si appoggia leggera sui muri in pietra e, non seguendo la giacitura del basamento, disegna un portico d’ingresso e di sosta. I setti in pietra che ospitano i loculi sono caratterizzati da una scansione orizzontale di elementi in pietra di Prun lasciata a spacco che segna, con
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un potente gioco chiaroscurale, la sovrapposizione dei diversi piani di appoggio interni. La copertura, in cemento bianco gettato in opera, è divisa in settori e i giunti percepibili dal basso raccontano solo in parte la ricchezza di disegno con la quale questo elemento di copertura è stato progettato e costruito. Una grande vetrata con struttura in acciaio nero chiude l’edicola e ospita un mosaico raffigurante i simboli dei quattro evangelisti realizzato da Luigi Scapini, artista grande amico di Tommasi. La tomba Bonfà è sicuramente una di quelle architetture che nascondono ad un occhio distratto la profondità di pensiero che sottende alla sua progettazione e solo la ricchezza dei particolari costruttivi svela in parte la capacità dell’architetto che si esprime
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senza diventare chiassosa e nel rispetto del contesto. In questo piccolo edificio è possibile riconoscere alcuni temi, che hanno accompagnato e caratterizzato tutti i progetti di Tommasi nella sua attività professionale, quali l’uso della geometria come colto strumento progettuale, la cura nella scelta dei materiali e l’attento studio dei particolari. Il fatto che Carlo Scarpa ne sia stato la guida e che l’edicola funeraria sia l’opera prima di un architetto che, seppur con poche opere, ha lasciato il suo segno a Verona, rende questa piccola architettura estremamente interessante e diventa testimonianza di una progettazione che scaturiva dalla conoscenza e dal disegno su carta e si nutriva di dettagli costruttivi che portavano ad una realizzazione consapevole e accurata.
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giuseppe tommasi Di Pino Tommasi (1948-2012), Architettiverona ha presentato la sistemazione della statua di Mastino II a Castelvecchio (AV 80), il complesso di abitazioni, laboratori e centro sociale a Sandrà (AV 81), un insediamento turistico in Etiopia (AV 88), e un ampio profilo nel numero 91, comprendente il restauro di casa Turco a Marano, la sede de «L’Informatore Agrario» a Verona e tre progetti incompiuti.
PROGETTO
Doppia soglia
Due ampliamenti di camposanti nella provincia veronese, realizzati per stralci a distanza di alcuni anni, sono l’occasione per il progettista di dialogare con le preesistenze e con il paesaggio
Progetto: arch. Mario Bellavite Testo: Maddalena Anselmi
Cerro Veronese
Foto: Michele Mascalzoni
Caprino Veronese
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01. Cerro: il portale di accesso inquadra lo spazio-limite tra il cimitero storico e l’ampliamento. 02. Planimetria generale dell’ampliamento con il parcheggio pubblico sulla sinistra. 03. Nella veduta dalla strada, in evidenza l’ampliamento del recinto cimiteriale. 04. La facciata verso valle e la stratigrafia lapidea di pietra della Lessinia.
mario bellavite (Verona, 1964) Laureato in architettura a Venezia, ha dato vita allo studio Arcade progettazione integrata, che opera nel campo dell’architettura e del design, forte di una consolidata esperienza in tutti i settori principali dell’edilizia pubblica e privata, con una particolare attenzione al retail design. A Verona ha firmato tra l’altro la sistemazione di P.tta Navona (cfr. AV 91) e l’ingresso al palazzo di Giustizia (AV 98). www.progettazioneintegrata.com
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La progettazione di un luogo “sacro”, quale potrebbe intendersi un cimitero, si prospetta quanto mai complessa, per la sensibilità e la delicatezza che la situazione richiede. Si tratta, infatti, di uno spazio dove ci si confronta e ci si scontra con la profondità dei sentimenti che qui emergono con forza. L’essere umano indotto a frequentare questi luoghi, è invaso e percorso dal dolore, dai ricordi, dai pensieri. La progettazione diventa quindi il mezzo attraverso cui ci si confronta con tali emozioni, e che permette di elaborare la consapevolezza che, quando questi spazi verranno utilizzati, sarà per un evento particolare della vita. La filosofia degli ampliamenti del Cimitero di Cerro Veronese e di Caprino Veronese, sviluppati dall’architetto Mario Bellavite in momenti successivi, è animata da questa consapevolezza, nel tentativo di affronta-
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PROGETTO
Doppia soglia
05. Veduta dal parcheggio con in evidenza il portale ad archi ribassati dell’accesso dalla strada. 06. Planimetria del progetto esecutivo relativo al 2°3° stralcio. 05
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07. Il percorso di accesso, in corrispondenza dell’attacco tra il vecchio cimitero e l’ampliamento. 08. Il diaframma lapideo in corrispondenza del percorso dal vecchio cimitero. 09. Sezione di due moduli tipo di colombari e cappelle, progetto esecutivo. 10. Un modulo di colombari in una veduta dall’interno. 08
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re e risolvere l’aspetto seriale e sterile della struttura, che inevitabilmente disperde la spiritualità di cui questi luoghi dovrebbero essere impregnati. Ecco che ogni particolare acquista un significato profondo e l’inserimento del verde, l’attenzione ai materiali, ai percorsi, alla struttura d’ingresso, diventano occasioni per minimizzare l’aspetto tecnico, valorizzando invece l’umanità e la sensibilità. L’intervento per l’ampliamento del cimitero, commissionato dal comune di Cerro Veronese nel 1996, doveva limitare al minimo l’impatto ambientale, oltreché integrarsi formalmente e funzionalmente, sia con
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l’edificio esistente che con il progetto di un parcheggio pubblico. L’estrema visibilità del sito, ha orientato a scelte progettuali e di utilizzo di materiali atti a ridurre al minimo l’impatto volumetrico dell’opera. Elemento caratterizzante l’intervento è l’ampio arco ribassato in corrispondenza dell’ingresso, che costituisce il segnale della presenza del cimitero, e individua il passaggio per raggiungerlo. Il progetto della nuova struttura si imposta sulla realizzazione di un muro, parallelo al lato sud della cinta preesistente, su cui si innestano i volumi destinati ad ospitare le celle mortuarie, realizzati secondo schemi modulari.
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Doppia soglia
11. Caprino: sezioni trasversali sul nuovo corpo del cimitero comunale. 12. La rampa realizzata nell’ampliamento rende accessibili gli spazi preesistenti.
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Tra il nuovo muro e la cinta storica si nata”, capaci di coniugare le rilevanti colloca il percorso rettilineo di servi- caratteristiche di resistenza agli agenzio all’ampliamento, dotato di ingres- ti atmosferici, alle qualità esteriori di so autonomo, su cui prospettano, in materiali “naturali”, in grado di insesuccessione, gli accessi ai colombari e rirsi con continuità nel contesto amalle cappelle delle tombe di famiglia. bientale. I moduli funzionali sono raggruppa- La ricerca della continuità tra l’esiti, due a due, in tre blocchi; la sud- stente e il nuovo, la particolare atdivisione in blocchi consente di rom- tenzione ai materiali e alle soluzioni pere la compattezza volumetrica della progettuali, trovano una nuova applistruttura, consentendone il parziale cazione nell’intervento di ampliameninterramento, riducendo l’impatto vi- to del cimitero di Caprino, sviluppato sivo: dall’interno proget t ua lmendella cinta storica, te a partire dal « Ogni particolare le aperture previ2005. acquista un significato ste in corrisponL’area destinadenza dei var- profondo per minimizzare ta all’intervento l’aspetto tecnico, chi, consentono si inserisce tra la di cogliere scorstruttura del civalorizzando invece ci del paesaggio. storico e l’umanità e la sensibilità » mitero Una luce a raso, tre edifici realizindiretta e diffuzati negli anni sa penetra nel modulo-colombario, settanta. Il nuovo impianto si impoprogettato come una “scatola mura- sta sulla realizzazione di due blocchi, ria” che si apre verso sud e verso l’alto, e il nuovo accesso si apre nel punto con una lieve flessione delle due pa- di cerniera tra i due. L’intervento del reti corrispondenti, originando aper- primo stralcio ha previsto la realizture particolari. L’accesso avviene dal zazione della prima metà del blocco percorso rettilineo di spina , che serve principale. La continuità tra gli spazi tutto l’ampliamento; la flessione della già presenti e la nuova realizzazione parete di fondo, spinta all’esterno ed viene conservata e integrata nei nuovi esposta alla luce ed all’acqua, acco- percorsi pedonali e carrabili. Il proglie la terra destinata a piccole piante e fiori. Si realizza in questo modo, un filtro tra l’ambiente interno e l’esterno al cimitero, che crea una protezione dalla strada ed al parcheggio, pur tuttavia originando un rapporto con l’ambiente circostante attraverso le aperture rivolte verso la vallata. I materiali utilizzati per la pavimentazione e i rivestimenti sono la pietra della Lessinia e il porfido trentino, per una continuità con la tradizione costruttiva locale. Si affiancano, tuttavia, elementi in ferro a “ruggine fre-
13-14. Il cancello-soglia in ferro corten inquadra la nuova realizzazione e, nel controcampo, il paesaggio circostante. 15. Pianta a livello terreno.
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Doppia soglia
getto si sviluppa per moduli funzionali, scanditi dal ritmo regolare dei pilastri, sormontati da un’unica vela di copertura, la cui falda crea un elemento di continuità con l’esistente, per poi alzarsi lasciando penetrare fasci di luce. Ogni modulo individua uno spazio definito e raccolto, ma si collega al successivo tramite il percorso pedonale che lo percorre in tutta la sua lunghezza, passando attraverso i varchi aperti in corrispondenza delle pareti divisorie. I materiali utilizzati per pavimentazione e rivestimenti
creano così un contrasto tra il colore caldo del Nembro rosato e del porfido trentino, e la lamiera di acciaio corten. Il cimitero è il luogo dove passato e presente si incontrano, la cerniera tra ciò che è stato e ciò che è, nel silenzio e nella meditazione. Le scelte progettuali e architettoniche, gli elementi strutturali e di particolari, devono avere la capacità di favorire tale incontro, di fondersi e di porsi come sfondo ad un luogo dove la vita si ferma ed il silenzio prevale.
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Progetto architettonico, direzione lavori, sicurezza arch. Mario Bellavite Collaboratori Cerro: arch. Francesca Boninsegna, arch. Filippo Bricolo, arch. Simone Zacchetto Caprino: arch. Francesca Boninsegna, geom. Davide Brusco, geom. Roberto Zerbato Consulenti Cerro 2°-3° stralcio: ing. Franco De Grandis (strutture) p.e. Stefano Maggiotto (impianti) dott. geol. Dario Gaspari (geologia) Caprino: ing. F. De Grandis, ing. Roby Scardoni (strutture) p.e. Stefano Maggiotto (impianti) dott. geol. Cristiano Mastella (geologia) Cronologia Cerro: 1996 progetto generale di ampliamento 2000 realizzazione primo stralcio 2004 progettazione esecutiva 2° stralcio 2007 / 2209 realizzazione 2°-3° stralcio Caprino: 2005 progetto preliminare ampliamento 2006 progettazione definitiva 2008 / 2009 realizzazione imprese Cerro 2°-3° stralcio: Impresa Edile Pompei di Ziviani & C., Povegliano Caprino: Impresa Costantini Elettroneon, Verona
16-17. L’attacco tra il portale della parte storica del cimitero e la scala-rampa dell’ampliamento. 18. Sul fronte del nuovo ingresso, l’ala della copertura indirizza scenograficamente lo sguardo sul paesaggio collinare dell’intorno.
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PROGETTO
Il parcheggio (quasi) eterno
La realizzazione di una grande autorimessa nell’area dell’ex Gasometro è il primo passo verso la restituzione di un’area da tempo degradata in margine al Cimitero Monumentale
Progetto generale: arch. Costanzo Tovo Testo: Nicola Tommasini Foto: Cristina Lanaro
Verona
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L’area dell’ex Gasometro di Verona è stata per molti anni al centro di un lungo dibattito sulla necessità, i tempi e i modi della sua riqualificazione1. Dal punto di vista urbano è senza dubbio un’area assai significativa per la sua posizione, quasi di “cerniera” tra i percorsi che, proveniendo dal centro, attraversano l’Adige e collegano Veronetta, la cittadella universitaria, il cimitero Monumentale e la vasta area che da qui si estende fino al ponte San Francesco, con importanti funzioni urbane (AGSM, Questura). La nuova architettura realizzata – un parcheggio interrato con 439 posti auto su due livelli e 60 posti per bus turistici in superficie, con edifici di servizio e commerciali – è il risultato, ad oggi, di questo lungo dibattito, e insieme anche di un lungo iter burocratico, amministrativo e costruttivo ancora lontano dalla sua conclusione, almeno se si considera l’area nella sua totalità. Le opere appena ultimate, infatti, interessano poco più di metà dell’area: rimane ancora da completare una stretta fascia sul confine sud di via
Le tappe fino ad ora percorse sono le seguenti. Nel 1994 la Regione del Veneto inserisce il progetto nei programmi urbani dei parcheggi finanziati con la Legge n. 122/1989 “Tognoli”. All’inizio del 1999, viene approvato il progetto definitivo dei lavori di costruzione di un parcheggio multipiano interrato e di un parcheggio di superficie, con un contributo della Regione pari a 16,8 mld di lire. Alla fine dello stesso anno viene approvato il progetto esecutivo dei lavori di demolizione degli edifici esistenti. Rinvenuta la presenza, nel corso dei lavori, di materiale contaminato nel sottosuolo, vengono avviate le
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« La disposizione dei nuovi volumi ridefinisce margini e allineamenti in relazione al monumentale viale di accesso al Cimitero »
01. Il volume vetrato della biglietteria-accesso ai piani interrati. 02, 03. L’attraversamento pedonale di Lungadige Galtarossa con i due volumi vetrati degli ascensori e le scale mobili. 04. La linea di margine tra le opere realizzate e l’area in attesa di definizione. 05. II portale dell’ex Gasometro e, in secondo piano, il parcheggio e la facciata del Cimitero Monumentale.
Campo Marzo, in attesa dell’ultimazione degli interventi di bonifica previsti, e tutta la parte ovest verso lungadige Galtarossa, ancora “in attesa di definizione”. Il parcheggio risulta così la prima tessera di un puzzle, prefigurato come scenario complessivo, ma che non ha ancora raggiunto un disegno finale certo e compiuto.
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Il parcheggio (quasi) eterno
06. Sezione trasversale e longitudinale sui piani interrati dell’autorimessa e degli edifici accessori. 07. Il bar e la biglietteria visti dal viale del cimitero. 06
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lunghe e onerose operazioni di boni- La disposizione dei nuovi volumi fica dell’area (che oggi, dopo tre in- mira a ridefinire spazi, margini e alterventi già eseguiti, sono ancora da lineamenti, anche e soprattutto in recompletare nella parte dell’area verso lazione al monumentale viale di acvia Campo Marzo). cesso al Cimitero e alla necessità di Nel 2011 viene approvato il progetto riordino degli spazi limitrofi. L’edifidefinitivo per una spesa complessiva cio lineare contiene il bar, i servizi e pari a 14,8 milioni di Euro. Con ban- gli spazi commerciali, ed ha una dopdo pubblico viene affidata la conces- pia faccia: verso il filare dei cipressi a sione per la progettazione esecutiva, nord si aprono le vetrine dei negozi, costruzione e gestione della durata mentre il fronte a sud, su cui è attedi trent’anni a un Raggruppamento stato il piazzale di sosta dei pullman, Temporaneo di Imprese, che a set- diventa un portico composto da un tembre 2012 ha iniziato i lavori per la lungo muro cieco protetto dall’omrealizzazione della struttura, inaugu- bra di una profonda pensilina in agrata due anni dopo, a settembre 2014. getto, che accoglie i turisti in attesa. Dal punto di vista La scelta di apri« La realizzazione architettonico la re i negozi a nord parte sotterranea va letta in reladell’autorimessa è divisa in mazione al fatto che rappresenta dunque un niera netta dalle qui vi troveranno buon primo punto per la spazio quelle atnuove opere fuori riconsegna di quest’area tività commercaterra. Gli edifici realizzati in supeli già presenti un alla città » rificie sono due, tempo in luogo, entrambi allineati al margine setten- essenzialmente legate ai servizi citrionale dell’area: una lunga stecca, miteriali (fiori, lapidi). Il prospetto che contiene servizi e spazi commer- nord, sebbene caratterizzato dalle veciali, e un volume cubico a doppia al- trine, mantiene una certa massività e tezza (accesso pedonale ai parcheggi chiusura, data dal paramento in pietra interrati) in posizione baricentrica. che prosegue fino alla copertura, ed
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08. Planimetria generale dell’area nel contesto urbano. 09. La grande pensilina che accoglie i turisti in attesa dei pullman. 10. Ipotesi di riordino complessivo dell’area, fine anni ‘90.
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Il parcheggio (quasi) eterno
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è privo di gronda per salvaguardare l’infilata sul Monumentale. Il bar si trova nella testata ovest dell’edificio, completamente vetrata sui tre lati, posta in dialogo con il volume più alto: la grande pensilina qui cerca la continuità formale con la copertura del secondo volume, linguisticamente identica. Il volume a doppia altezza completa la composizione verso ovest e si attesta sull’area come fulcro visivo
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ed elemento dominante, prefigurando la possibilità di un ampliamento dell’edificio verso l’Adige su un doppio livello. La composizione si fa più leggera, con un portico asimmetrico che sorregge la copertura a protezione delle vetrate a doppia altezza. Il progetto ha inoltre previsto la realizzazione di un sottopasso pedonale, collegato con i percorsi che si snodano dal parcheggio di superficie e dal cor-
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po di accesso a quello interrato, per consentire l’attraversamento in sicurezza verso Ponte Aleardi e il centro cittadino, in un ambito che sarà oggetto di una importante risistemazione viabilistica. Le scelte compositive e materiche sono essenziali: l’intera costruzione è giocata sul rapporto tra il basamento in pietra (rosa della Lessinia, in continuità materica con i percorsi pedonali), le parti superiori in vetro e le coperture a sbalzo, di colore bianco. Nel sottopasso i medesimi materiali concorrono alla definizione di uno spazio dilatato, piuttosto ampio e luminoso, attrezzato con scale mobili esterne e ascensori in vetro e acciaio. Del vecchio Gasometro rimangono solamente il portale degli anni ‘30 e il muro di confine verso il Cimitero, sul margine est dell’area.
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La scelta di affiancare volumi a diverse altezze è interessante perchè suggerisce e anticipa i volumi degli edifici per servizi collettivi – si è parlato nel tempo di sede della Polizia Urbana, di Front Office dei servizi comunali, e simili – che saranno realizzati nel grande vuoto a ovest, e garantire la continuità con i percorsi verso il sottopasso. Le strutture interrate dell’autorimessa sono caratterizzate da un disegno semplice, votato alla massima funzionalità e a un uso oculato degli spazi. L’organizzazione appare chiara, anche grazie all’identificazione cromatica dei vari settori e alla ricca dotazione impiantistica. La realizzazione del parcheggio e delle opere di superficie ha rappresentato dunque un buon primo punto per la riconsegna di quest’area alla città, ma inevitabilemente rende ancora più impellente e interessante il dibattito su come completare il puzzle. Come saranno gli edifici nell’area oggi vuota? E che rapporto avranno con le strutture realizzate? Non solo: aver trasferito il parcheggio del pullman turistici oltre l’Adige offre anche l’occasione di ripensare alla vasta area a ridosso delle mura storiche su via Pallone – sarà ancora destinata a parcheggio? – anche come parte di un percorso che, partendo proprio dall’autorimessa dell’ex Gasometro, conduce in pieno centro, e che rappresenta per i turisti che vi transitano la prima “porta” di accesso alla città.
11-13. Rampa di accesso, stalli di sosta e cavedio di aeroilluminazione dell’autorimessa. 14. Planimetria dell’autorimessa al livello -1. 15. Controcampo della pensilina dal cimitero monumentale. 16. Il portico esterno del volume principale.
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Committente Comune di Verona R.U.P.: ing. Luciano Ortolani Dirigente Area Lavori Pubblici ing. Sergio Menon Dirigente Edilizia Monumentale Prog. architettonico def. coordinamento generale arch. Costanzo Tovo Dirigente Coordinamento Progettazione Comune di Verona progetto architettonico arch. Lauro Motta, Girpa s.p.a. arch. Emilio Viviani, Aegis s.r.l. progetto strutture ing. Piergiorgio Castelar, I&G s.r.l. progetto impianti ing. Alberto Olivieri, Planex s.r.l. Concessionario Soc. Parcheggio Ponte Aleardi s.r.l. progetto esecutivo e d.l. Technital s.p.a.: ing. Filippo Boner (direzione lavori) arch. Elisabeth Foroni (sicurezza) impresa costruttrice Parcheggio ex Gasometro società consortile a .r.l. dati dimensionali Posti auto: 439 Posti autobus: 60 Cronologia Progetto: 2011 - 2012 Realizzazione: 2012 - 2014
SAGGIO
Sopra la panca: dialogo con il paesaggio urbano
Una rassegna di frammenti urbani veronesi, visti attraverso l’osservatorio inusuale di un elemento di seduta pubblica
Testo: Alessandra Bari Foto: Elena Brugnara
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01. Panchina e prospetto interno dell’Arsenale Austriaco di Verona 02. Degrado dell’ambiente circostante 03. Recinzione di sicurezza del propsetto interno dell’Arsenale Austriaco di Verona
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Quando ci sediamo su una panchina in cerca di un di un castello medievale abbandonato, che all’im- al giallo al bianco, e seguono la cromia del centro momento di riposo o per osservare un paesaggio, pressione di un complesso militare. L’ordine della storico della città. non ci rendiamo conto di quanto questo oggetto, planimetria si percepisce perfettamente anche da Se è consueto sorridere curiosando tra i bambini in apparenza banale, funzioni come una vera mac- quel punto: i pieni e i vuoti creano un equilibrio che corrono e giocano in quella cornice d’eccezione, china visionaria. Seguendo una semplice rimane stupefacente il fatto che non si quanto efficace strategia visiva, la panincontrino turisti a gironzolare tra gli «La sua aria solipistica non dovrebbe però occultarne spazi aperti al pubblico. china apparta dal flusso del mondo crea il carattere principalmente relazionale, il fatto punti di vista e situazioni particolari, suCi si imbatte più facilmente in gescita emozioni. Orienta inconsciamennitori, zii, nonni che accudiscono da che essa si presenti sempre all’interno te il nostro sguardo e modifica il nostro lontano la loro progenie, e in cittadini di un sistema spaziale» stato d’animo. Come un apparecchio extracomunitari che utilizzano i pofotografico mette a fuoco le qualità sochi tavoli di legno a dispozione per matiche della percezione del mondo. La fare degli allegri banchetti e pic-nic Michael Jakob, Sulla Panchina, Einaudi panchina si trasforma in un messaggio, con le loro famiglie. a volte in ironia; ci permette di rifletteSempre più consueto purtroppo è lo re sul modo in cui noi fissiamo il mondo partendo avvertibile. Nell’immaginario comune si pensa che stato di degrado in cui si trova oggi il complesso arl’atmosfera fosse in passato molto distante da quel- chitettonico, dopo due decenni di incuria da parte dagli oggetti. E fissare il mondo è un atto politico. la che viene percepita ora: nel XIX secolo infatti il del Comune: alcune finestre del secondo piano sono complesso ospitava un insieme di magazzini, depo- chiuse da assi di legno; qua e là si incrociano piccole 1. Giardini dell’Arsenale siti e laboratori. Rumore, disciplina, lavoro, strate- impalcature di sostegno strutturale e zone recintate gie immersi nel verde di una natura ordinata e ri- per cantieri deserti. Immaginiamo di sederci su una panchina all’inter- gogliosa. Molto si discute sul futuro di questi spazi, ma parano dell’Arsenale di Verona. Dentro il primo corti- Oggi il cortile interno è diventato un parco gio- dossalmente è anche questo stato di sospensione e le scegliamo quella più isolata. Le panchine sono chi spoglio, abbastanza frequentato e decisamente trascuratezza che suscita quel sentimento romantidi legno, realizzate con assi larghe decisamente suggestivo. Il prospetto più lungo che si affaccia sul co e così poco pittoresco in chi si siede su una panusurate dal tempo e dall’utilizzo, ma mantengono giardino contrasta con la consueta architettura del- china all’ombra di un albero dentro il cortile. un’aria accogliente. C’è molto spazio vuoto attorno, le caserme, normalmente più austera e rispondente La panchina dell’Arsenale è diventata un oggetto lungo il quale si sbroglia imponente l’edificio. La ai soli fini bellici; anzi sembra quasi rimandare al polisemico: ci fa riflettere sulla relazione problemapercezione dell’architettura si avvicina più a quella vicino Castelvecchio. I colori sono chiari, dal rosso tica con lo spazio pubblico che ci circonda.
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Sopra la panca: dialogo con il paesaggio urbano
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2. Piazza Corrubio
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04. Panchina in ferro, Piazza Corrubbio. 05. L’inatteso risvolto ludico di una griglia di aerazione dell’autorimessa interrata in Piazza Corrubbio. 06-08. Viste della Piazza di Borgo Nuovo. 09. Abitanti del quartiere di Borgo Nuovo.
Una panchina in metallo, grigia. Questa si trova nella nuova Piazza Corrubbio vicino alla Chiesa di San Zeno. Nel mezzo di un quartiere misto che conserva ancora la sua migliore anima popolare, pur essendo così vicino al centro storico della città. Lo spazio pubblico circostante ha ripreso vita, dopo un cantiere lungo tre anni che ha dato origine al parcheggio sotterraneo più chiaccherato di Verona. Ora che la costruzione del parcheggio è terminata si può assaporare un’aria più leggera. Tra i dehors dei locali intorno c’è sempre movimento: chi si prende un caffè, chi un gelato, chi uno spritz o una birra. Poi ci sono le osterie storiche dove si incontrano i san zenati più rock, quelli che ordinano un bianco alle otto di mattina, per intenderci. Il paesaggio urbano è variopinto e questo crea un’atmosfera curiosa, si percepisce energia. La panchina in metallo grigia fa parte del disegno delle aiuole squadrate e simmetriche del nuovo progetto della piazza. Un disegno molto semplice, non ricercato, come quello del verde che in estate diffonde un delizioso profumo di lavanda. Da un lato
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della piazza si intravede con lo sguardo il piccolo edificio tondeggiante, senza finiture di pregio, che copre il collegamento verticale del parcheggio sotterraneo. Viene spontaneo interrogarsi sulla necessità di progettare e realizzare un parcheggio sotterraneo all’interno di una cornice così mistica... per fortuna le buone vibrazioni del pomeriggio distraggono facilmente e spostano l’attenzione sulla cortina degli edifici che incorniciano la piazza, molto veronese. Piccole case a due, massimo tre piani. Colorate, con molti fiori e piante sui davanzali, sui balconi e sulle terrazze. La cura degli spazi privati intorno ricorda la scenografia cinematografica di un paesello piuttosto che un quartiere cittadino. L’aria è profumata e ogni tanto il rintocco delle campane ricorda la presenza della vicina Chiesa di San Zeno. È interessante notare come l’arredo esterno di tutti i locali che si affacciano sullo spazio pubblico sia rigorosamente coordinato su tinte tenui che vanno dal bianco al grigio. La seconda nota stonata dopo quella panchina, così fredda e scomoda. A volte le panchine esprimono il bisogno di un disegno del paesaggio e di qualcuno che ci stupisca indirizzando il nostro sguardo.
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3. Piazza di Borgo Nuovo La piazza di Borgo Nuovo, delimitata da via Gela, via Selinunte e via Siracusa, è rimasta praticamente intatta dagli anni Ottanta. Gli unici elementi cambiati sono le panchine su cui si può prendere un po’ di ombra mentre si aspetta l’autobus. Una volta erano in legno, assi larghe; ora invece sono state sostituite da sedute grigie in metallo, standard, come vogliono le sobrie linee guida del Comune di Verona. La piazza ha una pianta centrale enfatizzata
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dalla presenza di un’ampia fontana in mosaico azzurro oggi reinterpretata come un grande vaso, che contiene diverse piante di oleandro. Dietro la fontana si intravede un monumento bronzeo dedicato ai caduti di guerra. Borgo Nuovo, quartiere storico di Verona costruito intorno agli anni Trenta per iniziativa e grazie al mecenatismo del pittore veronese Angelo Dall’Oca Bianca, fu un avamposto dell’esercito nazista durante la seconda guerra mondiale, di cui il monumento si fa moito. Nella zona furono rinvenuti tra
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l’altro i bunker utilizzati dalle SS. Il giardino comunale è molto utilizzato dagli abitanti del quartiere, soprattutto giovani e anziani. L’edilizia circostante, dagli stilemi piuttosto semplici, è costituita principalmente da servizi per il quartiere e piccoli negozi: la Chiesa a destra, il neonato Centro di Incontro, gli uffici postali e la sede di diverse Associazioni (tra cui il Gruppo Alpini) di fronte, la Scuola Materna Comunale a sinistra. Il verde delle aiuole è poco curato; la pavimentazione della piazza, in cemento, è rattoppata in diversi punti. Due grandi e dimesse fioriere, inserite ai lati esterni dello spazio centrale, creano un fil rouge con gli oleandri piantati all’interno della fontana. Questi piccoli interventi stonati a più riprese ricordano l’origine povera del quartiere, costruito prima per le famiglie di immigrati allontante dal centro storico della città per sviare il problema della mala sanità e del degrado, poi per fornire rifugio temporaneo ai senza tetto. Anche il prospetto longitudinale della Chiesa sulla destra è abbastanza anonimo: un muro giallo intonacato, decorato con finte arcate in cotto dove al centro di ognuna è stato inserito un ovale. Se non si passa all’ora di punta, quando i rumori di auto e motorini diventano più importanti, l’ambiente riserva molta tranquillità e si riescono a sentire le voci dei bambini che giocano nel giardino della Scuola Materna. Nonostante l’incuria e la semplicità generale dello spazio intorno, le panchine della piazza rimangono un buon posto dove fermarsi a leggere un libro; l’ovale nella sua veracità ricorda le cose di una volta: pomeriggi senza pretese, senza compiti, senza smartphone e senza internet.
Sopra la panca: dialogo con il paesaggio urbano
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10-14. Giardini Baden Powell: particolare di una seduta, il traffico lungo la strada, veduta della fontana e lo stado di degrado dei giardini.
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4. Giardini Baden Powell Non capita spesso oggigiorno di sedersi su una panchina di pietra. Refrigerio d’estate e supplizio di inverno. I giardini Baden Powell vicino a Porta Vescovo ne contano ben più di dieci, disposte a cerchio attorno alla fontana rotonda anch’essa in pietra. La posizione non è delle più felici: se da una parte il perimetro è chiuso dalle storiche mura di Verona, dall’altra si apre al traffico periurbano ad alta percorrenza. Anche se l’occhio è da progetto rivolto verso lo zampillio dell’acqua e dei cespugli in essere, l’elevato grado di rumore e l’inquinamento dell’aria rendono il giardino poco frequentato anche da parte di quei personaggi più noir. L’ambiente è piuttosto disadorno, il verde molto presente è naturalmente rigoglioso. La pavimentazione di cemento abbassa la soglia di biodiversità: qualche ciuffo verde si insinua nelle crepe e tra i rattoppi. Lo stile è molto pulito, allineato al razionalismo italiano del dopoguerra. La fontana sembra un piccolo monumento, un tempietto circolare costruito attorno ad una sfera di cemento arancione tenue. I restanti colori sono il verde dell’erba e degli alberi, il bianco della pietra con cui sono realizzati gli arredi e il rosso del mattone delle mura. Rimanere seduti per più di una ventina di minuti diventa un record; ma la colpa non è della panchina. Guardare Verona da questa cornice non può che renderle ingiustizia; troppe automobili, troppi autobus rumorosi per una città così piccola, dove il centro storico si percorre a piedi in un paio d’ore e la bicicletta è ancora il mezzo più usato solo la domenica. Forse chi ha progettato quel piccolo giardino ha cercato di condizionare l’occhio dell’avventore verso il centro, per fargi dimenticare le brutture dell’intorno. Le pan-
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chine di questo spazio negletto ci pongono di fronte ad una contraddizione: rappresentano un invito a sedersi e fissare qualcosa previsto da un altro (atto politico) e nel contempo sfidano l’individualità radicale dello sguardo. La panchina è una metafora dell’architettura del paesaggio, la cui qualità in questo caso è inversamente proporzionale all’età delle sedute prese in esame. Dare attenzione alla ricerca e alla proget-
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tazione di panchine significa dare attenzione agli abitanti e dare loro la possibilità di riappropiarsi del mondo. Chi permette allo sguardo di andare in tutte le direzioni ha rispetto per il territorio, per chi lo abita. È importante dare la possibilità ogni tanto di fermarsi, di fare una sosta: il paesaggio è un arresto, un momento dove ci si ferma e si congela l’immagine del mondo; e questa immagine del mondo diventa paesaggio.
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PROGETTO
La memoria errante
Le vicende del Cimitero Ebraico di Verona nel contesto urbano e sociale tra Otto e Novecento
Testo: Federica Guerra
Foto: Lorenzo Linthout
Verona
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01. I campi di sepoltura, con le lapidi tutte uguali. 02. “Pianta della Città di Verona”, dopo il 1757, autore ignoto, collezione Libreria Antiquaria Perini. Particolare. 03. La tomba della famiglia di Achille Forti disegnata da C. Spiazzi nel 1925.
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Lungo via Badile, in Borgo Venezia, un alto muro vi. Per comprendere l’originalità dell’esemplare vedi cinta custodisce, con gelosa riservatezza, il Ci- ronese, risulta allora necessario fare una riflessione mitero della Comunità ebraica di Verona. sulle caratteristiche dei cimiteri ebraici italiani in Si tratta del quarto cimitero succedutosi a Verona uso fino alla metà dell’ottocento, e su come il tema in oltre sei secoli di presenza ebraica in città. Del della “emancipazione” post-unitaria, cioè del ricoprimo si hanno solo testimonianze documentali noscimento dell’uguaglianza di tutti i cittadini di in un atto del 1435 che rimanda a un contratto di fronte alla legge, senza distinzione di culto, abbia acquisto del 1390, da parte del banchiere Lazzaro influito sui caratteri architettonici anche dei luoghi di fu Samuele, di un terreno di Giacomo Pompei di sepoltura. per la recinzione di un cimitero; il secondo, det- Fino alla metà dell’ottocento per gli ebrei della to di Campo Fiore, attiDiaspora il cimitero non vo tra il secolo XVII e il era solo il luogo di una « Il cimitero di Verona risulta secolo XVIII, si trovava sepoltura privata, ma tra via S. Francesco e via uno dei principali luola testimonianza più avanzata dell’Artigliere, sul sito ghi (insieme alla sinagodel processo di “assimilazione” dell’attuale Scuola Elega) di identificazione copostunitaria che ha investito mentare Massalongo. munitaria: seppellire il la popolazione italiana Il successivo, costituito defunto significava condopo la saturazione di frontarsi con lo spazio di religione ebraica » quello di Campo Fiore e della memoria non solo utilizzato dal 1755 al 1855, era collocato nei pressi individuale ma soprattutto collettiva, significava di Porta Nuova, sul sedime dell’attuale Camera di non disperdere il comune patrimonio culturale. Per Commercio. una società perennemente emarginata, segregata o Nel 1855, sui terreni di un lascito della famiglia espulsa, conservare il proprio patrimonio culturale Forti, fu realizzato l’attuale quarto cimitero, che, diventava garanzia di sopravvivenza. progettato dall’ingegner Gemma, risultò per l’epo- Ancora, il cimitero ebraico si differenzia da quelca estremamente innovativo rispetto ai contempo- lo delle altre grandi religioni monoteiste non solo ranei cimiteri in uso in Italia, e suscitò un dibattito per questa dimensione “culturale” ma anche per una a livello nazionale protrattosi nei decenni successi- motivazione “antropologica”, legata alla grande tra-
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dizione nomade del popolo ebraico: un popolo che attraversa l’Esodo non può permettersi di indulgere nel culto dei morti, la tomba deve essere in fretta abbandonata perché la tribù deve riprendere il viaggio. La memoria, allora, non può essere legata ad un luogo, ma viene affidata esclusivamente alle regole della ritualità funebre. E sono proprio queste regole che danno vita ad un’originale grammatica dello spazio di sepoltura: la mancanza di culto dei morti che permette, pe-
raltro, al popolo di Israele di differenziarsi dagli oppressori d’Egitto, i più esperti dell’antichità in culto dei morti, introduce la tendenza a lasciare incolti i cimiteri, quasi che la natura debba prendere il sopravvento (è viva l’immagine del cimitero di Venezia); il divieto di riesumazione delle salme, dettato dal rispetto sacrale per il corpo come emanazione dell’Altissimo, porta alla congestione delle sepolture e delle lapidi (come non ricordare il cimitero ebraico di Praga); la norma dell’inviolabilità della tomba come luogo di proprietà giuridica del defunto, oltre al precetto dell’uguaglianza degli uomini di fronte alla morte, impone la realizzazione di semplici lapidi con il nome a indicare l’area della sepoltura; e il sasso deposto sulle lapidi, a perenne ricordo delle frettolose sepolture nel deserto.
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La concretizzazione spaziale e formale dei precetti religiosi ebraici ha generato per secoli la specificità di questi luoghi. Tutto questo fino all’Unità d’Italia, al riconoscimento della libertà di culto e all’integrazione delle comunità ebraiche nel tessuto sociale italiano Dopo la proclamazione del Regno, gli ebrei italiani sono travolti dall’euforia per una nuova libertà di espressione (anche artistica e architettonica) fino ad allora inimmaginabile, e cercano di esprimersi attraverso un’estetica che sia loro propria: ma non per questo la trovano. “Uno stile veramente giudaico che io mi sappia non esiste” riconosce Marco Treves, il più dotato degli architetti italiani di origine israelita. Nelle architetture per il culto e per la sepoltura si sperimenta allora un eclettismo di elementi assiro-babilonesi ed egizi, un riferimento all’architettura greca e romana, ma anche a quella moresca, un “incredibile pasticcio”, come ebbe a definirlo Giorgio Bassani nella descrizione della tomba Finzi-Contini, che ha come unico scopo quello di far emergere dal buio di secoli di discriminazione la propria storia e avviare la popolazione israelita
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04. La tomba della Famiglia Cuzzeri di E. Girelli. 05. Tombe della famiglia Bassani disegnate da Ettore Fagiuoli. 06,07. Ettore Fagiuoli, Tomba Grassetti, 1921 e Tomba Bassani, 1920. Disegni su lucido, Archivio CSAC, Università degli Studi di Parma.
ad un lento processo di integrazione. Tale processo deve passare necessariamente anche attraverso il “decoro” della coreografia funebre e cioè la modernizzazione delle strutture e degli spazi identitari, attraverso la “monumentalizzazione” dell’architettura, testimone dell’emancipazione in atto. Come disse il rabbino Isacco Pardo nel discorso inaugurale della nuova sinagoga di Verona, “se vogliamo che la nostra religione sia rispettata, dobbiamo renderla rispettabile”. In questo clima di modernizzazione si inserisce la costruzione del cimitero ebraico di Verona, che all’epoca fu celebrato da Lelio Della Torre sul «Corriere Israelitico» come “il primo cimitero israelitico italiano di cui l’arte e non il caso abbia tracciato i compartimenti, a cui abbia dato una forma regolare, un carattere, un’espressione”. Si tratta perciò del primo cimitero progettato secondo le nuove norme igienico sanitarie e il nuovo “decoro”, il primo che si interroga sull’assolutezza dei precetti religiosi e prova a mediarli con la nuova nascente etica borghese. Il cimitero risulta suddiviso in quattro campi di sepoltura riempiti ordinatamente in successione temporale, separati da un viale alberato e preceduti da un fabbricato ad usi vari (casa del custode e locali ad uso oratorio, ora dismesso), da una loggia e, di fronte all’ingresso, a chiusura del viale principale, da una cappella in stile neorinascimentale utilizzata per l’ufficio funebre, comprendente la camera mortuaria per il lavaggio rituale della salma. Lungo il
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08. La vegetazione e il degrado avvolgono suggestivamente una tomba “illustre”. Ormai illeggibile il nome dei sepolti. 09. I lavatoi all’ingresso per i lavacri rituali. 10. Una tomba ornata con un’immagine fotografica del defunto, in contrasto coi precetti religiosi.
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viale principale e lungo il muro di cinta sono collocate le tombe delle personalità “benemerite”, o piuttosto delle persone “benestanti”, considerando il nuovo ceto borghese che si andava formando dove i due valori spesso coincidevano. Nei rimanenti campi di sepoltura, lapidi tutte uguali in schematica successione. Si comprende allora il perché, tra le personalità illustri qui sepolte, vi siano le figure che hanno animato la vita sociale, economica, professionale veronese tra otto e novecento, a testimoniare di quanto gli ebrei di questo “mezzo secolo d’oro” si fossero impegnati per la tanto agognata integrazione nella vita cittadina. E si intuisce ancor più l’uso, in alcune tombe, di un apparato iconografico “alla moda” del momento, sia essa il classicismo di fine ottocento, o il liberty di inizio novecento: gli ebrei veronesi, come quelli italiani, premono per una modernizzazione della società italiana che li possa vedere finalmente protagonisti, e si affidano, pertanto, agli architetti più in voga del momento. A Verona, Ettore Fagiuoli, dopo il progetto per la Sinagoga, disegnerà per il
cimitero ebraico due tombe di grande compostezza figurativa, la tomba Grassetti del 1920 (non realizzata) e la tomba Bassani, del 1921, il cui modello verrà ripreso in serie per tutte le sepolture del nucleo familiare come segno distintivo ed emblematico; ma non da meno sono quelle realizzate per la famiglia di Achille Forti da C. Spazzi nel 1925 o per la famiglia Cuzzeri da E. Girelli. Rimangono leggibili i precetti secolari dell’assenza di ritratti, della natura rigogliosa, dell’apparato iconografico con gli antichi simboli biblici, delle vasche per le abluzioni rituali, ma tutto risulta ordinato, controllato, lindo, “progettato” con il preciso intento di “assimilare” la popolazione ebraica alla società borghese contemporanea; al punto di decidere di esibire, forse per la prima volta in Italia, persino qualche inconsueta immagine fotografica del defunto. E a testimonianza di questa grande fiducia nelle possibilità della popolazione di religione ebraica di vivere un futuro pacificato dalle persecuzioni millenarie e quindi di grande espansione, il cimitero prevedeva due campi di ampliamento di 9000 mq cia-
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scuno, rispetto ad una ampiezza iniziale di 11.000 mq, dove sono oggi conservate, malamente affastellate, le bellissime lapidi settecentesche provenienti da Campofiore. Il cimitero di Verona risulta, quindi, la testimonianza più avanzata del processo di “assimilazione” postunitaria che ha investito la popolazione italiana di religione ebraica. E mai come a Verona il termine “assimilazione” diviene equivoco e fortemente allusivo. Equivoco, perché l’espressione fa riferimento alla sopravvivenza stessa della vita spirituale e religiosa ebraica, che rischia di diluirsi fino al suo totale “scioglimento” nel completo e definitivo processo di integrazione sociale; ed allusivo, perché sottintende una sostanziale sudditanza al modello (borghese) di riferimento. Dopo il 1945, anche (ma non solo) a causa della Shoah, in molte Comunità di dimensioni mediopiccole, come quella di Verona, cambia profondamente il quadro ambientale in cui la Comunità si era sviluppata, determinando un profondo e irrimediabile ridimensionamento. Questa situazione determina, per decenni, uno stato di degrado di gran parte dei cimiteri, tendenza che solo negli ultimi anni si è interrotta attraverso progetti di recupero e strategie di valorizzazione volte a rendere maggiormente conoscibile questo importante patrimonio architettonico proprio dell’identità ebraica e italiana.
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11. I leoni , simbolo della tribù di Giuda, ornano una tomba lungo il muro di cinta. 12. Il viale di ingresso e, sul fondo, la cappella per gli uffici funebri. 13. Nell’impossibilità di esporre immagini fotografiche, effigi in altorilievo.
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Paesaggio dopo la battaglia
Architetture della pietà e della gloria nell’Italia risorgimentale: l’Ossario di Custoza
Testo: Carlo Saletti
Foto: Ben Turpin Studios
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Terminato il combattimento, sui gurazione nel 1870 di due ossari, ricampi di battaglia calava il sipario. cavati in piccole chiese preesistenti. Dei soldati che vi avevano preso par- Il caduto veniva sottratto al destino te, alcuni avevano abbattuto nemici, millenario al quale era consegnato, altri erano caduti. Era abitudine che quello di finire sotterrato in un luoquesti ultimi – i morti, e ciò valeva go imprecisato e in una tomba senza particolarmente per i militari di trup- nome, per essere trasferito in un mopa – venissero raccolti in fosse comu- numento funerario. Letteralmente, ni, scavate nei giorni successivi con si trattava di un luogo in cui le ossa l’aiuto degli abitanti delle zone inte- erano depositate per esservi custodiressate dallo scontro. te, in nome della pietà, ed esposte per Questa situazione cambiò con l’av- tramandarne la gloria. Attraverso la vento degli Stati nazionali europei, presenza dei suoi resti, radunati indimaturato nel corso del XIX° secolo. stintamente assieme a quelli dei comGli uomini caduti in guerra assurge- pagni, il caduto otteneva una visibivano, ora, al ruolo di fondatori e come lità, anche se collettiva e anonima, e tali andavano ricordati e glorificati: proseguiva post mortem a servire la pa“Dal Risorgimento – viene detto in tria per la quale si era immolato. Ofun recente studio sull’argomento1 – frendo le proprie spoglie allo sguarfino a oggi in Italia il culto dei cadu- do dei visitatori, i caduti assumevano ti e il morire per la patria hanno rap- così il ruolo di reliquia laica. presentato un fattore essenziale nella L’esempio dell’Ossario di Custoza è sacralizzazione della nazione, la cui chiarificatore. La sua funzione cimiapoteosi trovava teriale s’interseca la sua espressiocon quella peda« Nell’Ossario di Custoza gogica, di luone più marcata la funzione cimiteriale nella legittimago devozionale zione nazionameta di un pels’interseca con quella le della morte in legrinaggio papedagogica di luogo guerra in quantriottico. Come devozionale meta di un to sacrificio del era stato per gli singolo per la pellegrinaggio patriottico» ossari di Solfecomunità politirino e San Marca. Prende il via tino (da cui era in questo modo una secolarizzazione ispirato), anche quello di Custoza del concetto cristiano di vita eterna, avrebbe ospitato le spoglie dei nemiplasmato sulla nazione”. Negli anni ci, riconosciuti come appartenenti a successivi al compimento del processo un medesimo consorzio (l’umanità): d’unificazione dell’Italia, furono ria- “Tale deve essere considerato l’asilo di perte le fosse comuni e realizzati ap- pace”, scrive il poeta veronese Alearpostiti monumenti, dove raccogliere do Aleardi, “che da noi si prepara sene custodire le spoglie dei caduti. Ciò za distinzione a quelli, che pugnanavvenne, inizialmente, a San Martino do morirono sul campo di Custoza. e Solferino, tra il bresciano e il man- E diciamo, senza distinzione, perché tovano (dove, il 24 giugno 1859, si era sentiamo il dovere di tutti raccogliere. combattuta una delle più sanguinose […] tutti quei morti son cari. Dormabattaglie dell’Ottocento), con l’inau- no in pace amici e nemici, nello stes-
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01. Alcuni dei nomi che si leggono sulle lapidi dei caduti sul campo di battaglia di Custoza nel 1848 e 1866 conservate nella cappella dell’Ossario. 02. Lapide commemoriativa all’esterno del monumento. 03. Un ritratto di Don Gaetano Pivatelli, “inventore” dell’Ossario. 04. Lo slancio verticale dell’obelisco di pietra tufacea, che misura 17 metri.
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Paesaggio dopo la battaglia
so sepolcro, e sia lieve anche agli stranieri la terra straniera”. Questa nuova tipologia funeraria – che si sarebbe protratta sino al primo decennio del Novecento – è legata ai principali fatti d’armi che hanno definito la costruzione militare del Regno d’Italia. Ammontano a venticinque gli Ossari realizzati in questi trentacinque anni e il loro elenco costituisce un sunto geografico delle battaglie combattute in Italia. Ne ricordiamo alcuni: la chiesa di San Pietro a Solferino (Mantova) del 1870; l’Ossario di Bicocca (Novara) di Luigi Broggi e quello del Gianicolo (Roma) di Giovanni Jacopucci, entrambi inaugurati nel 1879; il monumento ossario di Calatafimi (Trapani) di Ernesto Basile del 1892; quello di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), l’ultimo a essere inaugurato nel 1905, in ricordo della campagna del ’60-61.
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L’ossario di custoza L’Ossario di Custoza sorge sul colle Belvedere (173 m/slm), alle spalle del piccolo abitato di Custoza (Sommacampagna). Costituisce uno dei principali monumenti militari del Risorgimento italiano. Inaugurato il 24 giugno 1879, ospita le spoglie di poco meno di 2.000 militari, caduti per lo più della battaglia combattuta tra Custoza e Oliosi, il 24 giugno 1866. Meta in passato di pellegrinaggi patriottici, l’Ossario si è trasformato da tempo in una meta turistica. Dalla sua balconata, il visitatore contempla il magnifico panorama, con l’entroterra alla spalle del Garda, teatro delle passate battaglie. 1 Da La morte per la patria. La
celebrazione dei caduti dal Risorgimento alla Repubblica, a cura di Oliver Janz e Lutz Klinkhammer, Donzelli, 2008.
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05. Il monumento celebrativo realizzato nel 1879 sul progetto dell’architetto Giacomo Franco. 06-07. Interno della cripta con l’ordinata disposizione dei teschi dei caduti.
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Scaffale della memoria
Una rassegna bibliografica ripercorre una serie di contributi che in tempi più o meno recenti hanno affrontato in ambito veronese il tema della memoria Testo: Angelo Bertolazzi
In questi mesi, complice il recente primo centenario dell’inizio della Grande Guerra, il tema della memoria è tornato di grande attualità: attraverso mostre, pubblicazioni, convegni e visite guidate si cercano le tracce della memoria collettiva nelle ferite dei luoghi segnati dal conflitto che ha segnato il Novecento. Questa ricorrenza fornisce anche l’occasione per dare un’occhiata negli scaffali della libreria, e riscoprire diverse pubblicazioni che, in ambito veronese, hanno affrontato questo tema in tempi più o meno recenti. Si ritrovano così gli atti del convegno del 1986 Architettura Monumento Memoria, organizzato da Vincenzo Pavan nell’ambito del Marmomacc, allora da poco approdato a Verona. L’iniziativa aveva affrontato il tema della memoria con particolare riferimento all’uso della pietra in architettura per tramandare il ricordo, grazie alla sua durevolezza. Il volume raccoglie gli interventi di Paolo Marconi, Christian NorbergSchultz, Alessandro Anselmi, Ranko Radović, Siegfried Wernik, Maurice Culot, Boris Bodrecca, Robert Stern, Arrigo Rudi e Sergio Los e quelli, dell’anno precedente, di Paolo Portoghesi, Alessandro Mendini, Piero Sartogo, interrogati
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sempre sul tema della memoria, della pietra e dell’architettura. Erano gli anni tardi del Post-Modern, opere come la Galleria di Stoccarda di Stirling o il Cimitero di Modena di Rossi erano già stati realizzati, mentre si continuavano a studiare autori che l’International Style aveva fatto dimenticare, come Asplund e Plečnik, e si riscopriva il valore dell’opera di Louis Kahn. L’insieme dei contributi traccia un palinsesto che ha come filo conduttore la ricerca della forma architettonica portatrice di valori semantici e simbolici precisi, che andavano oltre l’aforisma form follows function, e del muro in pietra che poteva ricucire un dialogo con la storia che sembrava metodicamente reciso dalle omogenee e indifferenti facciate in vetro della seconda modernità. L’anno successivo, era il 1987, sempre nell’ambito delle iniziative culturali di Marmomacc veniva organizzata la mostra Ultime Dimore, una rassegna dedicata all’architettura della pietas, dove il caso veronese è letto all’interno di un più ampio orizzonte culturale italiano. Il percorso, ripreso nel catalogo, parte dalle riflessioni sulla memoria e la morte di Maurizio Bottacin, Manlio Brusatin e di Vittorio Savi, passando attraverso saggi storici sulle Arche Scaligere (Sergio Marinelli), sul Cimitero Monumentale di Verona (Vincenzo Pavan) e sul mausoleo di
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Crespi d’Adda (Rossana Bossaglia), per giungere infine a una rassegna di progetti (allora) contemporanei di architettura funeraria. Dopo il Cimitero di Modena di Rossi (Alberto Ferlenga), la Tomba Brion di Scarpa (Manlio Brusatin) e il Cimitero di Parabita di Anselmi (Francesco Moschini), nei quali i meccanismi della memoria erano tradotti in forma costruita, vengono presentati alcuni progetti di Adriano Cornoldi, Ludovico Quaroni, Massimo Carmassi, Luciano Semerani, Massimiliano Fuksas
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01. In libreria, tra le annate di AV, i volumi tratteggiati nell’articolo.
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(prima che prendesse la via del caos sublime) e di altri progettisti. I disegni, allora rigorosamente a mano, testimoniano la centralità del progetto come ricerca intellettuale nel pensare la città dei morti come una forma costruita piuttosto che come un’immagine virtuale affidata ad un modello tridimensionale. Le Arche Scaligere, definite «uno dei più insigni e significativi monumenti dell’arte gotica» dallo storico francese Georges Duby nel suo L’Europa del medioevo, hanno sempre attirato l’attenzione dei
viaggiatori, come testimoniano i primi dagherrotipi di John Ruskin. L’interesse verso i monumenti scaligeri è stato sempre alto, soprattutto in occasione dello spostamento delle statue equestri di Cangrande, perno del percorso espositivo scarpiano a Castelvecchio, e di Mastino II, ospitata dal 2007 nella Torre dell’Orologio. Nel 2004 è stato pubblicato Cangrande della Scala: la morte e il corredo di un principe nel Medioevo europeo, in cui Paola Marini, Ettore Napione e Gian Maria Varanini intendono
chiarire il mistero della sua morte. Nel 2005 è stata la volta del libro curato da Maristella Vecchiato L’arca di Mastino II. Storia, fortuna e conservazione del monumento scaligero, che ripercorre le vicende storiche del monumento funebre e dei suoi restauri ottocenteschi. Nel 2009 ha fatto seguito Le arche scaligere di Verona di Ettore Napione, uno studio completo e aggiornato del complesso che racconta il ruolo del complesso nel trasmettere il potere e l’immagine signorile della dinastia scaligera. L’Arca di Cansignorio, restaurata tra il 2009 e il 2010, è stata il soggetto principale del numero dei «Quaderni della Sovrintendenza», apparso nel 2011, a cura sempre di E. Napione. Il corposo volume è strutturato in due parti: la prima – attraverso i saggi di Gian Maria Varanini, Franco Barbieri, Ettore Napione, Daniela Zumiani e Paola Marini – narra la storia di Cansignorio come signore di Verona e della sua tomba tra il XV e il XX secolo, oltre alle problematiche di conservazione e musealizzazione del complesso scaligero. Nella seconda viene presentato il lavoro di restauro e consolidamento, che ha visto all’opera insieme alle Soprintendenze il Dipartimento di Architettura dell’Università di Padova, in particolar modo i professori Vladimiro Achilli e Massimo Fabris per il rilievo tridimensionale e Claudio Modena per il monitoraggio e il consolidamento. I saggi specialistici comprendono l’intervento di restauro (Gianna Gaudini), la cronistoria degli interventi conservativi (Ettore Napione), l’analisi del degrado (Vasco Fassina) e i ritrovamenti archeologici emersi dal cantiere
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del restauro (Giuliana Cavalieri Manasse e Francesca Meloni). Il Cimitero Monumentale, realizzato da Giuseppe Barbieri agli inizi dell’Ottocento e ampliato agli inizi del secolo successivo, non ha riscosso la stessa fortuna bibliografica, forse per il suo minore appeal in quanto ancora funzionante. Dopo il contributo di Vincenzo Pavan sopra ricordato, è necessario aspettare il 2005 per il saggio Il Cimitero di Verona: architettura e scultura tra Neoclassicismo ed Eclettismo di Maddalena Basso e Camilla Bertoni, pubblicato all’interno de Gli spazi della memoria. Architettura dei cimiteri monumentali europei. Il volume, curato da Mauro Felicori, raccoglie una interessante rassegna di cimiteri europei del XIX e XX secolo. I diversi saggi illustrano come per tutto l’Ottocento l’architettura cimiteriale sia stata un capitolo centrale della storia dell’architettura, mentre nel corso del XX secolo, eccetto alcuni episodi importanti, si sia progressivamente diffusa un’architettura della memoria anonima, perdendo così centralità nella topografia e nell’immagine della città. Accanto alla memoria religiosa esiste anche quella, per così dire, laica, cioè quella legata al ricordo delle vicende belliche e delle sue distruzioni. Il volume di Daniela Beverari e Maristella Vecchiato Monumenti celebrativi dell’età risorgimentale nella provincia di Verona edito nel 2008, offre un accurato censimento dei principali monumenti che celebrano il Risorgimento, da cui emerge un ricordo dovuto, ma spesso soffocato dalla retorica post-risorgimentale. Tra questi frammenti spicca l’Ossario di Custoza, il monumento
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LETTURE V. Pavan (a cura di), Architettura, Monumento Memoria, Arsenale Editrice, 1987 V. Pavan (a cura di), Ultime Dimore, Arsenale Editrice, 1987 P. Marini, E. Napione, G.M.Varanini, Cangrande della Scala: la morte e il corredo di un principe nel Medioevo europeo, Marsilio, 2004 M. Basso, C. Bertoni, Il Cimitero di Verona: architettura e scultura tra Neoclassicismo ed Eclettismo, in M. Felicori (a cura di) Gli spazi della memoria. Architettura dei cimiteri monumentali europei, Luca Sossella Editore, 2005
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G. Trevisan, Memorie della grande guerra. I monumenti ai caduti di Verona e provincia, Cierre, 2005
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02. Incisione delle Arche Scaligere, Verona (1888). 03-04. Veduta e planimetria del progetto del Cimitero Monumentale di Verona di G. Barbieri, 1827 (immagini da P. Brugnoli, A. Sandrini (a cura di), L’architettura a Verona dal periodo napoleonico all’età contemporanea, BPV, 1994).
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che ricorda nel veronese l’epoca risorgimentale e che raccoglie le spoglie dei caduti nella battaglia che chiuse la Terza Guerra di Indipendenza e portò l’annessione del Veneto all’Italia nel 1866. Il monumento è stato recentemente restaurato nell’ambito del 150° anniversario della fondazione del Regno d’Italia, lavori di cui si dà conto nel Quaderno della Soprintendenza IV del 2012. Per conoscere lo storico monumento è utile sfogliare la recente guida L’Ossario di Custoza, che racconta la storia della battaglia e del monumento, soffermandosi anche sulle vicende del concorso per il monumento inaugurato alla fine nel 1879. All’agile testo di Giacomo Bertasini e di Gian Pietro Cipriani si aggiungono le immagini di Ben Turpin Studios e le mappe realizzate da Paolo Turato, che accompagnano
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M. Vecchiato, L’arca di Mastino II. Storia, fortuna e conservazione del monumento scaligero, Editrice La Grafica, 2005 D. Beverari, M. Vecchiato, Monumenti celebrativi dell’età risorgimentale nella provincia di Verona, Editrice La Grafica, 2008 E. Napione, Le arche scaligere di Verona, Umberto Allemandi, 2009 Gianna Gaudini, Pietro David, Emanuela Savioli, Il restauro dell’Ossario di Custoza, Quaderni della Soprintendenza BB.AA.PP. di Verona Rovigo Vicenza, 4, 2012 C. Saletti (a cura di), L’Ossario di Custoza, Ombre Corte/Créa, 2013 .................................
il visitatore lungo i sentieri della memoria. L’abile regia del volume è di Carlo Saletti, che porta alla scoperta di questi luoghi unendo cultura storica e turismo enologico. La memoria della Grande Guerra e del sacrificio dei veronesi è infine l’oggetto di Memorie della Grande Guerra. I monumenti ai Caduti di Verona e provincia di Giorgio Trevisan, edito nel 2005, un catalogo ragionato dei monumenti dedicati ai caduti del primo conflitto mondiale: statue, targhe, monumenti, obelischi e cippi vengono analizzati, paese per paese, restituendo un paesaggio della memoria carico di cordoglio e patriottismo che venne realizzato nel giro di una decina di anni in tutta la provincia di Verona, parte di un’attività intensa, spesso politicizzata, che negli stessi anni caratterizzò il Paese dalle Alpi alla Sicilia.
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Quelli della Notte al Museo
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Una serie di iniziative a Castelvecchio, in occasione del cinquantesimo anniversario dell’allestimento scarpiano inaugurato il 20 dicembre 1964
Testo: Antonella Arzone
Foto: SilvanoChiappin, Simone Padovani
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01-03. L’installazione luminosa di Marco Nereo Rotelli nel cortile di Castelvecchio per la Notte dei Musei (16 maggio 2014).
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Se per l’Europa questa manifestazione è di grande importanza, essa assume un sapore tutto speciale per la Direzione Musei d’Arte e Monumenti del Comune di Verona, poiché per la città quest’anno l’appuntamento della Notte dei Musei coincide con la celebrazione dei cinquant’anni dell’intervento di restauro e allestimento del Museo di Castelvecchio da parte di Carlo Scarpa e con la IV Giornata Internazionale degli Archivi di Architettura. Nel corso di due giorni e due notti, dal 16 al 18 maggio, il Castello si è animato perché l’architettura, la musica e la poesia si unissero in un’armonia multidisciplinare nella serie di iniziative offerte al pubblico. Il primo giorno, in sala Boggian al Museo di Castelvecchio, Antonello Alici, con Alba Di Lieto, ha organizzato la presentazione del bollettino dell’Associazione nazionale Archivi di Architettura contemporanea incentrato quest’anno sulla Museografia dei Palazzi Storici. Sono intervenuti Alessandra Mottola Molfino, Giuliana Ricci ed Esmeralda Valente. Successivamente la manifestazione è stata ulteriormente arricchita dalla visita, condotta da Alba Di Lieto e Ketty Bertolaso, all’archivio dei disegni di Carlo Scarpa conservato nella torre sud-est del castello, di recente riportata alla sua funzionalità da un pregevole restauro. In serata, il tema scarpiano è stato declinato in modo originale nell’installazione luminosa di Marco Nereo Rotelli appositamente pensata per questa occasione e realizzata dal progetto di Manon Comerio. L’artista, veneziano e architetto come Carlo Scarpa, da anni persegue una ricerca
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“La Notte dei Musei”. Un titolo che evoca allo stesso tempo magiche atmosfere di passati lontani e percorsi attuali negli antichi palazzi, custodi della nostra memoria. Titolo scelto per questa iniziativa di respiro europeo che apre le porte di musei, aree archeologiche, gallerie e biblioteche in un insolito orario serale; ciò che si offre ai visitatori è un emozionante viaggio nel patrimonio artistico e nelle sensazioni attraverso le centinaia di attività previste tra concerti, visite tematiche e percorsi guidati. La manifestazione è nata in Francia ed è giunta alla sua decima edizione, coinvolgendo più di una trentina di paesi europei tra i quali l’Italia, che partecipa all’evento con istituti statali, civici e privati.
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sulla luce e sulla dimensione poetica. Tutto il suo percorso creativo ha come soggetto e oggetto la luce, proiettata in fasci colorati che danno forma a parole e segni in contesti di eccezione quali il Castello aragonese di Ischia, il porto antico di Genova, il Palazzo Reale di Milano, citando solo esempi in Italia. È la luce che fonde i linguaggi differenti: quello della poesia, della musica e dell’architettura. Nell’installazione veronese, la luce proiettata sulle pareti del castello ha enfatizzato la relazione tra l’idea che prende forma negli schizzi dell’architetto e la realizzazione concreta negli spazi, nelle superfici e nei volumi del castello. Rotelli ha intrecciato i segni che descrivono i progetti architettonici di Scarpa con il “flo” delle parole del poeta Andrea Zanzotto. Lo spettatore poteva vedere le parole poetiche e contemporaneamente sentirle attraverso la voce di Loreto Rafanelli. La riproduzione del suono della tromba di Paolo Fresu costituiva il sottofondo musicale nell’intento di creare suggestioni dall’intreccio complesso di armonie e dissonanze. La “Notte dei Musei” è proseguita nella serata del 17 maggio, in cui il pubblico presente, numeroso, ha potuto gustare e vivere un percorso a diversi livelli, che sono stati pensati e realizzati in modo da innestarsi sul fulcro costituito dagli interventi di restauro realizzati da Scarpa nel castello scaligero. I visitatori hanno potuto avvalersi nei punti chiave, all’esterno e all’interno del museo, della spiegazione suggerita dai giovani volontari del Servizio Civile nazionale e dell’Associazione “Amici dei Musei”, appositamente formati su alcuni temi. Un livello di maggiore
è qui la Festa dell’Architetto?
04-05. Carlo Scarpa-Luigi Nono. Ascolta il vuoto, allestimento di Filippo Bricolo e Officina 9 per la Notte dei Musei, 17 maggio 2014.
La manifestazione promossa dall’Ordine come occasione di incontro e celebrazione dell’anniversario scarpiano Testo: Simone Farinazzo
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approfondimento è stato costituito dalle visite all’Archivio dei disegni di Carlo Scarpa, condotte da Alba Di Lieto e Ketty Bertolaso; Alberto Vignolo ha inoltre spiegato ad un pubblico più ristretto come il progetto del Museo di Castelvecchio sia il punto di origine della museografia intesa in senso contemporaneo. Goethe diceva che l’architettura è una musica pietrificata e in un certo senso la scrittura architettonica di Scarpa, attraverso un’incessante trasformazione del progetto, compone lo spazio visivo utilizzando elementi formali e materici ordinati secondo una delle tante mappe della serie infinita delle soluzioni possibili. Nel 1984 Luigi Nono dedicò all’amico scomparso il brano orchestrale A Carlo Scarpa, architetto, ai suoi infiniti possibili, caratterizzato da un tessuto musicale fatto di lancinanti frammenti e improvvisi silenzi, di anticipi e tensioni a quello che ancora manca. Nono e Scarpa sono infatti accomunati dall’utopica ricerca degli ‘infiniti possibili’. Il progetto di Filippo Bricolo, con il gruppo di giovani di Officina 9, ha realizzato
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un’installazione sonora nell’ambito del Cangrande, fulcro dell’allestimento scarpiano; questa suggestiva cornice ha accompagnato l’ascolto della composizione dedicata da Luigi Nono a Carlo Scarpa; nello stesso tempo sulle mura del castello venivano proiettati i numeri che scandivano lo spazio del silenzio in attesa del successivo momento sonoro e una copia dello spartito originale oscillava sulle teste dei visitatori e poteva essere consultata per consentire di seguire anche visivamente le note. È ancora l’armonia che accompagna i visitatori per ricreare il contesto musicale con le sonorità soul-jazz e hammond-groove, tipiche degli anni in cui si svolse il restauro e l’allestimento di Castelvecchio da parte di Carlo Scarpa, nel concerto-racconto in tre set con Filippo Bricolo (organo e racconto), Ennio Righetti (chitarra), Oreste Sodano (batteria) e Rudy Speri. Suoni, vedute, racconti: armonie senza tempo che hanno creato quel cibo per l’anima che ci permette di sognare, di volare lontano apprezzando la creatività dell’Homo faber.
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Sabato 28 giugno 2014, Festa dell’Architetto, Verona, promossa dal nostro Ordine con il patrocinio del Comune di Verona-Musei d’Arte e Monumenti. Per fare una festa degna di essere ricordata, ci vogliono i festeggiati, degli invitati, un banchetto e qualche imprevisto: il cosiddetto guastafeste... Quindi, andando con ordine, nella Festa dell’Architetto festeggiato e invitato, senza ombra di dubbio, coincidevano. Il banchetto era un generoso buffet, programmato come ultima tappa della serata. La festa si doveva tenere nel bellissimo giardino di Castelvecchio, ed ecco che entra in scena il guastafeste: la pioggia. Del resto l’estate 2014 sarà ricordata come quella più piovosa degli ultimi cinquant’anni. Festeggiare l’architetto, in tempi come questi, è ideale per creare un po’ di sano spirito di gruppo, visto che il morale della professione non è alle stelle, e il periodo estivo non è stato così confortevole e rigenerante come ci si auspicava. E poi, a dirla tutta, sarebbe risultato deprimente se il motivo dei festeggiamenti fosse stato solo la ricorrenza ufficiale della “Giornata dell’Architetto”. Infatti la locandina della serata riportava come sottotitolo il “50° anniversario dall’inaugurazione del Museo di Castelvecchio”, e ad essere precisi il compleanno cade il 20 dicembre. Ma nel festeggiare gli architetti di Verona e Castelvecchio, si va a parlare per forza di cose di Carlo Scarpa. I punti nodali dello svolgimento della serata erano gli interventi degli architetti
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dell’opera avanguardista di Luigi Nono, “A Carlo Scarpa, architetto, ai suoi infiniti possibili”, attraverso un video dell’installazione sonora realizzata in occasione della Notte dei Musei (cfr. articolo precedente). Ora, considerando l’ascolto di un’opera contemporanea difficilmente compresibile ad orecchie poco allenate a tale genere musicale, l’atmosfera non poteva che ricordare la mitica scena fantozziana de “La corazzata Potëmkin”: tutti i presenti si sono beccati ben dieci minuti di questo “spazio sonoro composto su due note e declinato in variazioni microtonali”. Comunque, a scanso di equivoci, nessuno si è alzato gridando
festa dell’architetto sabato 28 giugno 2014 Giardino del Museo di Castelvecchio
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che “interpretano la lezione di Carlo Scarpa”, e la video proiezione intitolata “A Carlo Scarpa, architetto, ai suoi infiniti possibili”, dall’opera di Luigi Nono. Ritorniamo alla pioggia. Si stava apparecchiando il giardino del museo con sedie e postazione per gli interventi, quando le prime gocce hanno interrotto i preparativi e fatto correre al riparo i festeggiati. Ecco il piano B: tutti in sala Boggian. Così la festa, che doveva essere ambientata nel cortile del castello, viene dirottata in una funzionale sala conferenze, chiusa e appartata. Ma visto il programma, luogo più adatto non ci poteva essere. Lontano dalle affascinanti distrazioni che il cortile del museo poteva indurre, spazio ricco di particolari e dettagli dove ogni architetto si rispecchia narcisisticamente, ci siamo ritrovati in un ambiente introverso, che non dava alibi a distrazioni o fughe di pensiero. Passando direttamente al clou dell’evento, si sono avvicendati uno dopo l’altro quattordici interventi di altrettanti colleghi, invitati da Filippo Bricolo a esprimere, in una manciata di minuti, una loro impressione, esperienza vissuta o pensiero sulla figura di Carlo Scarpa. La riflessione, come una sorta di gioco di società, si legava ad una immagine e a una parola chiave scelta dagli stessi intervenuti: bellezza, eros, giustapposizione, esattezza, invisibile, mater, medioevo, Venezia, segno, coraggio, sguardi, no-symmetry, giovinezza, osare. L’esposizione dei quattordici è durata una quarantina di minuti senza soluzione di continuità. Parlavano di sensazioni provate a partire dalle architetture scarpiane – dal Museo in particolare –, quasi confessioni personali, e di ragionamenti tratti dalla lezione del Maestro, condividendo con i presenti la loro sincera testimonianza. Tutto questo ha creato un clima nuovo, piacevole e inaspettato. L’altro momento in scaletta è stato l’ascolto
a cura di Filippo Bricolo e Nicola Brunelli video di Alberto Scorsin interventi di Carlo Ferrari, Michelangelo Pivetta, Andrea Castellani, Giovanni Cenna, Alberto Vignolo, Paolo Mestriner, Emanuele Bugli, Vittorio Cecchini, Alba Di Lieto, Francesca Rapisarda, Diego Cisi, Roberto Nicolis, Lorenzo Marconato, Michele De Mori video http://www.architettiveronaweb. it/video-architettura-verona/festadellarchitetto-2014/
fieramente il “famoso” epiteto, bensì la prova superata dal pubblico ha fatto apprezzare l’insolito ascolto, che difficilmente si potrebbe affrontare nella sua interezza in momenti di quotidiana normalità. Il video, inoltre, era accompagnato da un video creato ad hoc. Esso visualizzava attraverso il movimento di onde suoni forti e debordanti da suoni appena impercettibili, interrotto di tanto in tanto con dei silenzi improvvisi cronometrati da un countdown come quello che si vedeva nelle proiezioni di pellicola. Anche questo momento ha contribuito a creare quella partecipazione e vicinanza che si sperava all’inizio di serata, per poter stare bene insieme anche tra colleghi, al di là dello stupido ego che
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spesso viene fuori nella nostra professione. Per la cronaca, l’ineffabile Wikipedia ci ricorda che Scarpa e Nono, entrambi veneziani, erano amici, e che Scarpa ha disegnato un tavolo per l’amico compositore, e che tale disegno è presente nella collezione del museo MAK di Vienna. Così, a completamento, nella prossima Festa dell’Architetto non sarebbe male vedere lo schizzo di questo mobile. La serata poi si è conclusa con il buffet e i brindisi nei vari capannelli di architetti festanti, finalmente insieme e forse più uniti dalla grande bellezza di Castelvecchio. Pertanto, buon compleanno Castelvecchio e tanti auguri architetti, ne abbiamo bisogno!
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AAA designer cercasi a Verona
Una mostra in due tappe promossa dall’Ordine degli Architetti ha indagato la dimensione progettuale dell’oggetto d’uso prodotto in serie Testo: Alberto Vignolo Foto: Gaia Zuffa
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Che cos’è il design? Sulla definizione di questo termine così denso, quasi un grimaldello o un passepartout lessicale utilizzato per inchiavardare i più assortiti cassetti intellettuali, si sono arrovellati nel tempo autorevoli teorici, raffinati critici e arguti ermeneuti: per giungere a inquadrarlo come “la progettazione di manufatti e oggetti d’uso” realizzati per via industriale, che abbini esigenze tecnico-funzionali e pregi estetici. Entro questo vasto spettro di possibilità, se vogliamo interrogarci sulla nicchia occupata da un ipotetico – per ipotesi di lavoro – “design veronese”, la sfida si fa ancora più ardua, perché occorre comprendere verso quale accezione di un disegno industriale come sopra definito far oscillare il pendolo terminologico. In realtà, il punto di partenza di questa esposizione che chiama a raccolta, fin dalla sua titolazione, la figura sospesa (incerta? ambivalente? cerchiobottista?) degli “Architetti Designer”, graziosamente unificati come redivivi Giuliette e Romei dal nodo d’amore di “Verona”, fornisce un taglio di lettura chiarificatore. Il vaglio degli artefici-designer nel pur vasto novero degli architetti opera infatti una selezione naturale, sia per approccio metodologico che, necessariamente, anche per generazione. Le Scuole del Design come istituzioni universitarie sono infatti creature ancora giovani: quella di maggiore tradizione, dove venne istituito il primo corso di laurea italiano, nasce infatti solo nel 1994 da una costola del Politecnico di Milano. Risulta così evidente come il novello Adamo-designer debba la sua origine alla primigenia Evaarchitettura: fra le cui braccia sono
« Stiamo dunque celebrando – e per aggravante, in forma tardiva e periferica – una razza in via di estinzione? » stati cullati i nostri protagonisti, allattati e svezzati al vasto seno del mitico approccio “dal cucchiaio alla città”, sintesi sloganistica della eredità critica del pensiero del Moderno fatta propria da E.N. Rogers a partire da H. Muthesius. Non stiamo certo parlando di una accezione locale e dunque specifica veronese, quanto di una prima unificante categoria di lettura secondo la quale accomunare i “testi” oggettuali della mostra. Alla quale si deve far seguire una necessaria
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indicizzazione, relativa alle specifiche d’uso e ai materiali: da riassumere infine nella sacra trinità di forma, uso e significato. L’universo degli oggetti raccolti è in buona sostanza quello domestico, tra cucina, bagno e living, con qualche sconfinamento nello spazio urbano. è È un mondo ancora legato a una tecnologia in bilico fra tradizione e modernità – i marmi e le pietre, l’acciaio, il legno… – con qualche guizzo tra il pop e il tech (resine, plastiche). Si tratta poi, per buona parte, di oggetti la cui fruizione d’utilizzo non riserva particolari sorprese o spunti, ovvero di oggetti per i quali risulta prevalente una funzione estetica: dunque tanto “inutili” quanto necessari ed essenziali, come può esserlo un vassoio di metallo, un centro tavola
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01, 02. L’esposizione dei designer veronesi nell’allestimento presso l’Atelier EERA.
architetti designer verona Abitare il Tempo, Verona 24–27 settembre 2014 Atelier EERA, Cavaion 16 ottobre–11 dicembre 2014 Promotore Ordine degli Architetti PPC della provincia di Verona cura Laura De Stefano, Giovanni Mengalli 03
Partecipanti Giancarlo Aldighieri, Chiara Maria Stella Ballini, Romualdo Cambruzzi, Giorgio Canale, Andrea Castellani, Alessandro Corona Più, CTF Design-Claudio Tezza & Stefano Chiocchin, Maria De Rossi e Maria Vittoria Malgarise, Valerio Facchin, Alessandra Fagnani, Simone Farinazzo-Michele RighettiDamiano Brighenti, Giuseppe Gregorelli, Sergio Ambrosi e Roberto Marangoni, Francesco Meurisse, Piergiorgio Micheletti, Annamaria Moletta, Stefano Olivieri, Enrico Pasti, Alice Piubello e Roberto Rocchi, Antonio Romanò, Ivonne Sthandier 04
03. L’ingresso dell’esposizione nell’allestimento all’Atelier EERA. 04. L’allestimento nei padiglioni della Fiera nell’ambito di Abitare il Tempo.
lapideo o una scarpa da tennis in formalina, quasi fosse un animale preistorico raccolto da un entomologo folle. È altrettanto “inutile dunque necessaria” l’ennesima lampada, o una nuova seduta, di pietra o di legno che sia: inutile perché la funzione del sedere – e la parte del corpo che la espleta – è stata abbondantemente indagata, esplorata, pesata e soppesata in ogni sua valenza, e non sembra poter riservare nuove sorprese (ma chissà). Necessaria perché cambiano i gesti, i
simboli, le espressioni, i significati di ogni pur trita e consumata funzione d’uso; perché la volontà di mettersi alla prova, di tentare un disegno, un materiale, un giunto, un nodo realizzativo, un metodo di assemblaggio, o ancora un progetto di marketing e di consumo o di riciclaggio a fine ciclo riservano ancora infinite possibilità e potenzialità. Doveroso a questo punto concentrarci sugli aspetti della produzione, cui è connessa la téchne di ciascun manufatto. Sia per l’approccio progettuale di matrice architettonica, aduso al pezzo singolo su disegno, che per le dimensioni del tessuto produttivo – piccole aziende legate più a una dimensione artigianale, sia pur raffinata, che a una scala industriale vera e propria – dobbiamo scordarci una idea del design come oggetto dai grandi numeri. Siamo, cioè, più sul versante di una benjaminiana opera d’arte riprodotta serialmente – un multiplo, in sostanza – che dalla parte di una catena di montaggio da Tempi Moderni, ammesso che
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ancora esista. L’immaginario della parola “industria”, e di conseguenza il disegno industriale, evoca infatti ancora il retaggio di presse, stampi, fusioni, sbuffi di vapori e alambicchi, mentre dovremmo adattarci a pensare a silenziosi cutter laser, dinoccolati bracci meccanici, occhieggianti schermi di controllori digitali. Il passo successivo, che è già una realtà in fase di piena esplosione, è l’innovativo mondo della stampa 3D: nel quale il designer rimarrà forse solo l’artefice del “cartamodello”, sempre che le Burda cartacee o le Mani di Fata televisive non gli sottraggano anche quel residuo ruolo. Stiamo dunque celebrando – e per aggravante, in forma tardiva e periferica – una razza in via di estinzione? Ogni fine è in fondo liberatoria e catartica, e forse una nuova fenice o un’altra creatura mitologica potrà risorgere dalle ceneri di queste spoglie di oggetti di design: corpi illuminanti divelti, credenze di noce ridotte a braci odorose, lavandini di marmo scheggiati in mille frammenti... Forse quella creatura non sarà poi tanto mitologica ma, come nel migliore scenario post-human che si rispetti, saranno esseri ben più prosaici a popolare il territorio del progetto da colonizzare. “Il Design è un pipistrello, mezzo topo mezzo uccello”: così si intitolava in tempi non sospetti una raccolta di saggi di storia e teoria del design di un grande studioso del fenomeno, Giovanni Klaus Koenig. Una definizione che chiude il cerchio terminologico iniziale, aprendo per i cultori degli oggetti di design – e per gli appassionati ornitologi – nuovi affascinanti scenari.
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2014 #04
L’incontro con i paesaggisti berlinesi in margine all’ultima edizione del Festival Testo: Vera Leanza
Foto: Lorenzo Linthout
Dal 18 al 21 settembre 2014, Verona ha accolto gli eventi e gli incontri organizzati dal Tocatì, Festival internazionale dei Giochi in Strada, che quest’anno nella sua dodicesima edizione ha avuto il Messico come paese ospite. Come da tradizione oramai consolidata, la manifestazione si svolge per lo più nel centro storico: l’invasione di giochi e giocatori ridisegna gli spazi pubblici, vie e piazze si adattano alle regole dei giochi che vi sono ospitati. Oltre che una manifestazione culturale e turistica importante, il Festival rappresenta un esperimento urbano che ogni anno prova a stupirci con nuovi confini e percorsi: un’occasione per vedere la città con uno sguardo nuovo, e un invito a scoprirne le potenzialità. Siamo stati piacevolmente sorpresi nel 2009 dal labirinto-installazione realizzato nel Cortile del Mercato Vecchio, omaggio al Giardino Giusti e alla Grecia ma anche spunto di riflessione sul gioco negli spazi urbani. Nel 2006 il Ponte Postumio, riprodotto sull’Adige in modo simbolico, definiva lo spazio ludico più antico della città, nei pressi di ponte Pietra, dove sembra si svolgessero le naumachie. Quest’anno invece in piazza Viviani e nei pressi del Teatro Laboratorio si poteva assistere alla pelota p’urèpecha, un gioco messicano che utilizza una palla ricoperta di pece infuocata, che per la sua spettacolarità e pericolosità ha richiesto nuovi limiti e percorsi per entrambi i luoghi. Partecipando a questi eventi ci si sofferma su luoghi che solitamente non osserviamo: il gioco delle cerbottane porta a guardare l’Adige e il Teatro Romano da un punto poco frequentato, il trasporto fluviale regala una rara vista della città,
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e gli spettacoli di parkour o di street boulder fanno percepire le facciate degli edifici come dei nuovi piani orizzontali. La bellezza di questo festival è il vivere gli spazi pubblici, viverli davvero come dovrebbe essere per loro definizione, luoghi di incontro e di attività. Attraverso il gioco tutto questo diventa possibile. Di questa idea sono anche i Topotek 1, studio berlinese di architettura del paesaggio che durante i giorni del festival ha proposto una installazione, ospite di una conferenza organizzata da L.A.C.
(Laboratorio di architettura contemporanea) e A.G.A. (Associazione Giochi Antichi) presso il Conservatorio. L’installazione visiva e artistica si basa sul concetto secondo il quale il gioco può trasformare e ridefinire gli spazi urbani. L’interazione tra utente e oggetti gonfiabili, collocati all’interno del chiostro del Conservatorio, altera all’istante il contesto stesso, trasformandolo in un grande parco giochi in cui ci si trova a rotolare all’interno di uno spazio rosa, perdendo i confini del luogo. Il progetto dei gonfiabili rosa, “Playscapes: un giardino senza radici”, era stato proposto per la prima volta dallo studio berlinese a Wolfsburg nel 2004 durante l’Horticultural Show come struttura ludica temporanea, accanto a un’area del parco in cui c’erano i cavalli, e il colore scelto voleva ricordare il mondo romantico delle
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principesse. Il contrasto creato tra il verde della vegetazione e il colore e le forme dei gonfiabili è di grande impatto; l’interazione è spontanea e giocosa per i bambini di tutte le età, e ciò avviene in tutti i luoghi in cui sono stati esposti, tra cui il CCA di Montreal e la Biennale di Architettura di Venezia. È un progetto di paesaggio visivo, artistico e interattivo, formato da oggetti dentro cui sdraiarsi per osservare, tra i profili dei gonfiabili, porzioni di paesaggio che si trasforma. Durante l’incontro veronese, altri progetti presentati da Lorenz Dexler colpiscono per l’ironia e la voglia di giocare. I percorsi e le aree funzionali sono definiti spesso grazie all’uso di colori accesi, di piani orizzontali trattati con textures grafiche o da pavimentazioni dalle tonalità inusuali. Il progetto che forse più colpisce per la riuscita e la capacità di analisi delle problematiche sociali è quello realizzato a Copenaghen nel 2012. Il quartiere, composto da varietà razziale, religiosa e culturale, è stato coinvolto nella realizzazione di una piazza collettiva formata da tre grandi aree, un parco, una piazza mercato e una zona gioco, in cui tutte le aree sono caratterizzate da elementi di arredo urbano che traggono spunto da oggetti e ricordi della popolazione locale. Gli abitanti sono stati invitati a portare immagini e simboli urbani dei loro paesi di origine, come insegne, giochi, illuminazioni, sedute. Lo studio ha rielaborato questi oggetti e li ha inseriti nelle nuove piazze, creando in questo modo uno spazio collettivo più sentito dagli abitanti. Il risultato molto positivo è divenuto un luogo di aggregazione molto vissuto. Uno spunto positivo di progettazione urbana giocosa e collettiva che restituisce parti della città ai propri abitanti.
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ODEON
Tocatek, Topotì: Topotek al Tocatì
In vino veritas, utilitas, venustas: una cantina per Negrar
Gli esiti del concorso per il Wine Culture Centre, che ha posto all’attenzione dei partecipanti il tema della cantina vinicola, di grande attualità e attenzione per la progettazione contemporanea VIEW Testo: AXSONOMETRIC Irene Bonente ROOF COVERING ELEMENTS
Sebbene per molti paesi europei, e anche per alcune regioni a noi vicine (come l’Alto Adige e il Trentino) il concorso di architettura – pubblico e privato – sia una consuetudine, promossa da anni come strumento principe LEVEL per1 garantire qualità e ricerca del progetto architettonico, in Veneto e nel nostro ambito provinciale rimane purtroppo più un’eccezione che la regola, già nell’ambito dei progetti pubblici: e figuriamoci per quelli privati... La lungimirante scelta della cooperativa Cantina Valpolicella di Negrar di rivolgersi all’Ordine degli Architetti di Verona, e LEVEL 0 successivamente a YAC (Young Architecture Competition), per indire il primo concorso privato di Verona per il rinnovamento della propria cantina, risulta pertanto particolarmente degna di nota. Infatti, non da poco è la possibilità indotta dal concorso di avere a disposizione un numero consistente di soluzioni a confronto, senza tralasciare l’evidente effetto pubblicitario e di visibilità dal punto LEVEL -1 di vista della comunicazione. Effettivamente di Valpolicella e dell’eccellenza del vino della Cantina Sociale di Negrar si è parlato in ben ottanta paesi, da cui provenivano i circa 3000 progettisti - secondary light steel grid construction - transparent roof covering - vertical facade envelope
OFFICES, LECTURE HALL, VIP, RESEARCH LAB. - supporting concrete cores
- primary light steel grid construction - diagonal steel tension cables
- prefabricated modular wooden offices
VIEW OVER THE NEW WINERY
01
MAIN ENTRANCES, SOTREHOUSE, DELIVERY - 8 supporting steel pilars
- 2 supporting concrete cores
connection to bottling area
visitor entrance
REPRESENTATIVE SPACE, MUSEUM, BOTIQUE, FRUIT STOREHOUSE - supporting concrete core - 4 terrazzo boxes
SPATIAL CONTEXT
che hanno lavorato ed elaborato oltre 400 progetti. L’affiancamento di una giuria professionale, inoltre, risulta essere un valido alleato per il committente (privato, pubblica amministrazione o sua rappresentanza politica) che spesso non ha le idee chiare, e nemmeno le nozioni necessarie per la scelta di un professionista o per la valutazione della bontà o meno di una proposta architettonica. è singolare che il primo concorso indetto da un privato nella nostra ATMOSPHERE provincia abbia avuto un tema legato a un settore trainante dell’economia veronese, quello vitivinicolo, nel
Cantina Valpolicelia Negrar is situated in a remarkable socio-geographic and archeological context. Recognizing the values of surroundings, mainly the vast landscape of vineyards and silhouettes of hills, contributed to design of the new building. The purposed solution tries to respectfully assert itself into the existing contextual fabric and gently connect surrounding area in one stroke. Therefore the new building becomes a new representative element that’s inseparably integrated into the vineyard landscape.
ATMOSPHERES
cuore di un luogo così rinomato per la qualità del vino, la Valpolicella, che nonostante rechi i segni di una cattiva gestione del territorio e di una urbanizzazione intensiva – la tristemente famosa “negrarizzazione” – conserva notevoli valenze storiche, architettoniche e paesaggistiche. In linea con questo pensiero, la Cantina Valpolicella ha giustamente richiesto un intervento sull’esistente ripensando l’attuale struttura della cantina, tuttora funzionante, senza consumare ulteriore suolo. L’obiettivo espresso nel bando era quello di trasformarla “da mero opificio a manifesto architettonico
One of the most important guidelines was the idea of creating powerfull and suitable atmospheres for different activities. The main idea was creating contrast between two volumes that forms a new building.
01-04. Progetto 1° classificato: veduta complessiva, l’atmosfera di uno VIEW FROM THE OFFICES spazio per la degustazione, schema assonometrico generale e veduta interna sugli spazi di stoccaggio.
Volume that hosts a representative program of the winery is located on level -1. It’s rough, cold and dark interior creates a drama that gives a reprezentative space even deeper meaning. Walls built from raw, roughly paneled terazzo are framing quarry-like atmosphere that searches for motives in nearby traditional wine cellars. One of the biggest qualities in the representative space are three ambiental boxes. Three different atmospheres provides three different contemplation spaces where wine tasting becomes a spiritual experience. The existing building is fragmented and insufficient. Therefore the new design should be as intelligible and simple as possible. Proposed solution suggests demolition of the current office building and replacement with two programmatic elements in the form of two contrast- As opposite to this raw atmosphere there’s an open, bright and transparent volume levitating over the surrounding vineyards. That volume ing volumes that redefine the main area of the winery. The remained existing part of building is wrapped in energy sufficient facade, to hosts administration offices and VIP section. Warm wooden interior and panoramic view over the vineyards provides a pleasant working give it discrete overall appearance. enviroment for employees and attractive visiting point for VIP guests. RELATION TO EXISTING SITUATION
ARCHITECTURAL DESIGN
RELATION TO LOCAL TRADITION
The concept derives from a roof type element witch hovers over completely flexible and fluid space dedicated for the storage on ground level. The first element is a longitudinal slab-like volume that levitates over the existing storage area and presents a roof over the storehouse. On contrary, the second volume is placed underground for atmospheric/sensory type ambient. The tension between these two volumes creates a special composition in landscape. Within the static height of steel frame construction, roof exploits the space for diverse functional program. The volume gives an impression of a long slender object, that floats upon the existing space. Building itself becomes a semi transparent object with vertical perforated facade that enables panoramic views over the surrounding vineyards. Interior is organized as a sequence of private and semiprivate spaces that are defined in modular composition. In the voids of the modular
Proposed solution seeks for motives in elements of local tradition. Design of new structure refers to constructing principles that are being present in this place for centuries. New design takes traditional materials and uses them in an honest and modern way. Volume that’s lying in the ground is made from polished terrazzo, giving it impression of a big monolith.
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This processing method originates from this area, so as Lessinia stone that’s used as aggregate. The other volume that levitates over that base and hosts offices is completely lifted off the ground. Therefore it can be made from lighter, warmer materials like wood. That gives a building a lighter and more transparent character (like pergola) and inseparably integrates it in the vast open landscape full of vineyards.
2014 #04
VIEW OVER THE NEW WINERY
eel pilars
oncrete cores
, MUSEUM, BOTIQUE, FRUIT STOREHOUSE
ncrete core
es
ATMOSPHERE SPATIAL 02 CONTEXT
di leadership e qualità di prodotto: luogo di cultura, formazione e degustazione“, e di farne “un ambizioso progetto architettonico orientato ad onorare l’eccellente oggetto della propria attività vinicola”. Alla richiesta di promozione della partecipazione ai giovani ha risposto YAC – società promotrice da diversi anni di concorsi di architettura con l’obiettivo di incentivare la ricerca nel campo della progettazione e di valorizzare l’inventiva e il talento dei giovani progettisti – che ha redatto il bando e organizzato il concorso internazionale per il “Wine Culture Centre”. I partecipanti hanno trasmesso i materiali richiesti per via telematica, e ciascun membro della giuria – composta da Nicola Scaranaro (Foster +Partners, Londra), Alfonso Femia (5+1AA, Genova), Markus Scherer (Merano), Fiorenzo Valbonesi (ASV3, Cesena), AntonioRavalli (Ferrara) – ha valutato i progetti senza un preventivo confronto con gli altri componenti, con tutti i pro e i contro
ATMOSPHERES
Cantina Valpolicelia Negrar is situated in a remarkable socio-geographic and archeological context. Recognizing the values of surround- One of the most important guidelines was the idea of creating powerfull and suitable atmospheres for different activities. The main idea ings, mainly the vast landscape of vineyards and silhouettes of hills, contributed to design of the new building. was creating contrast between two volumes that forms a new building. The purposed solution tries to respectfully assert itself into the existing contextual fabric and gently connect surrounding area in one stroke. Therefore the new building becomes a new representative element that’s inseparably integrated into the vineyard landscape. Volume that hosts a representative program of the winery is located on level -1. It’s rough, cold and dark interior creates a drama that gives a reprezentative space even deeper meaning. Walls built from raw, roughly paneled terazzo are framing quarry-like atmosphere RELATION TO EXISTING SITUATION that searches for motives in nearby traditional wine cellars. One of the biggest qualities in the representative space are three ambiental boxes. Three different atmospheres provides three different contemplation spaces where wine tasting becomes a spiritual experience. The existing building is fragmented and insufficient. Therefore the new design should be as intelligible and simpleVIEW as possible. Proposed AXSONOMETRIC solution suggests demolition of the current office building and replacement with two programmatic elements in the form of two contrast- As opposite to this raw atmosphere there’s an open, bright and transparent volume levitating over the surrounding vineyards. That volume ing volumes that redefine the main area of the winery. The remained existing part of building is wrapped in energy sufficient facade, to hosts administration offices and VIP section. Warm wooden interior and panoramic view over the vineyards provides a pleasant working give it discrete overall appearance. enviroment for employees and attractive visiting point for VIP guests. ROOF COVERING ELEMENTS
ARCHITECTURAL DESIGN
RELATION TO LOCAL TRADITION
- secondary light steel grid construction - transparent roof covering - vertical facade envelope
The concept derives from a roof type element witch hovers over completely flexible and fluid space dedicated for the storage on ground level. The first element is a longitudinal slab-like volume that levitates over the existing storage area and presents a roof over the storehouse. On contrary, the second volume is placed underground for atmospheric/sensory type ambient. The tension between these two volumes creates a special composition in landscape. Within the static height of steel frame construction, roof exploits the space for diverse functional program. The volume gives an impression of a long slender object, that floats upon the existing space. Building itself becomes a semi transparent object with vertical perforated facade that enables panoramic views over the surrounding vineyards. Interior is organized as a sequence of private and semiprivate spaces that are defined in modular composition. In the voids of the modular mesh are lounge areas for office staff, meeting rooms, lecture room and public spaces. panoramic LEVEL 1 view OFFICES, LECTURE HALL, VIP, RESEARCH LAB. - supporting concrete cores - primary light steel grid construction - diagonal steel tension cables - prefabricated modular wooden offices
Proposed solution seeks for motives in elements of local tradition. Design of new structure refers to constructing principles that are being present in this place for centuries. New design takes traditional materials and uses them in an honest and modern way. Volume that’s lying in the ground is made from polished terrazzo, giving it impression of a big monolith. This processing method originates from this area, so as Lessinia stone that’s used as aggregate. The other volume that levitates over that base and hosts offices is completely lifted off the ground. Therefore it can be made from lighter, warmer materials like wood. That gives a building a lighter and more transparent character (like pergola) and inseparably integrates it in the vast open landscape full of vineyards.
del mantenimento dell’oggettività, senza una discussione diretta. La graduatoria finale, oltre ai primi tre classificati presentati di seguito, ha visto l’assegnazione di due menzioni gold e di altre undici menzioni. Vincitori sono risultati i giovanissimi del team sloveno, seguito in ordine di campanile da un gruppo italiano e da uno francese. Tutti i progetti premiati si sono rivelati completi e ben studiati, convincenti dal lato concettuale, formale e funzionale. L’architettura ha saputo dare un senso unitario a una situazione di partenza fortemente articolata e disomogenea, ricercando la coerenza con il luogo. Gli ottimi risultati sono l’esito di un concorso “di idee”, che ovviamente richiederebbe un successivo approfondimento: o almeno così si spera. Ci auguriamo infatti che alla novità del concorso privato possa far seguito anche il passaggio dall’idea allo sviluppo – quanto meno – e alla LESSINIA QUARRY realizzazione dell’opera: sarebbe una asupicabile eccezione nella prassi concorsuale nostrana.
VIEW OVER THE NEW WINERY
LEVEL 0 MAIN ENTRANCES, SOTREHOUSE, DELIVERY
employees entrance
- 8 supporting steel pilars - 2 supporting concrete cores
connection to bottling area
visitor entrance
LEVEL -1 REPRESENTATIVE SPACE, MUSEUM, BOTIQUE, FRUIT STOREHOUSE - supporting concrete core - 4 terrazzo boxes
VIEW FROM THE OFFICES
ATMOSPHERE SPATIAL CONTEXT
ATMOSPHERES
Cantina Valpolicelia Negrar is situated in a remarkable socio-geographic and archeological context. Recognizing the values of surroundings, mainly the vast landscape of vineyards and silhouettes of hills, contributed to design of the new building. The purposed solution tries to respectfully assert itself into the existing contextual fabric and gently connect surrounding area in one stroke. Therefore the new building becomes a new representative element that’s inseparably integrated into the vineyard landscape.
One of the most important guidelines was the idea of creating powerfull and suitable atmospheres for different activities. The main idea was creating contrast between two volumes that forms a new building.
Volume that hosts a representative program of the winery is located on level -1. It’s rough, cold and dark interior creates a drama that gives a reprezentative space even deeper meaning. Walls built from raw, roughly paneled terazzo are framing quarry-like atmosphere that searches for motives in nearby traditional wine cellars. One of the biggest qualities in the representative space are three ambiental boxes. Three different atmospheres provides three different contemplation spaces where wine tasting becomes a spiritual experience. The existing building is fragmented and insufficient. Therefore the new design should be as intelligible and simple as possible. Proposed solution suggests demolition of the current office building and replacement with two programmatic elements in the form of two contrast- As opposite to this raw atmosphere there’s an open, bright and transparent volume levitating over the surrounding vineyards. That volume ing volumes that redefine the main area of the winery. The remained existing part of building is wrapped in energy sufficient facade, to hosts administration offices and VIP section. Warm wooden interior and panoramic view over the vineyards provides a pleasant working give it discrete overall appearance. enviroment for employees and attractive visiting point for VIP guests. RELATION TO EXISTING SITUATION
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ARCHITECTURAL DESIGN
RELATION TO LOCAL TRADITION
The concept derives from a roof type element witch hovers over completely flexible and fluid space dedicated for the storage on ground level. The first element is a longitudinal slab-like volume that levitates over the existing storage area and presents a roof over the storehouse. On contrary, the second volume is placed underground for atmospheric/sensory type ambient. The tension between these two volumes creates a special composition in landscape. Within the static height of steel frame construction, roof exploits the space for diverse functional program. The volume gives an impression of a long slender object, that floats upon the existing space. Building itself becomes a semi transparent object with vertical perforated facade that enables panoramic views over the surrounding vineyards. Interior is organized as a sequence of private and semiprivate spaces that are defined in modular composition. In the voids of the modular mesh are lounge areas for office staff, meeting rooms, lecture room and public spaces. panoramic view
Proposed solution seeks for motives in elements of local tradition. Design of new structure refers to constructing principles that are being present in this place for centuries. New design takes traditional materials and uses them in an honest and modern way. Volume that’s lying in the ground is made from polished terrazzo, giving it impression of a big monolith. This processing method originates from this area, so as Lessinia stone that’s used as aggregate. The other volume that levitates over that base and hosts offices is completely lifted off the ground. Therefore it can be made from lighter, warmer materials like wood. That gives a building a lighter and more transparent character (like pergola) and inseparably integrates it in the vast open landscape full of vineyards.
LESSINIA QUARRY
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SURROUNDING VINEYARDS
1° classificato: team v
Dominik Košak, Rok Primažič, Ambrož Bartol, Miha Munda, Rok Staudacher (Slovenia) La soluzione progettuale vincitrice propone uno schema semplice e programmatico, che cerca di mantenere l’esistente creando equilibrio tra le diverse funzioni. Demolendo la palazzina per uffici, ridistribuisce chiaramente le funzioni su tre diversi livelli: uffici, deposito e museo. L’intervento consiste nell’addizione FROM THE OFFICES di due volumi, VIEW che ridefiniscono la cantina. Viene recuperato al piano terra il magazzino, e reso uno spazio fluido, aperto e flessibile, collegato all’esterno e alla struttura esistente. I due volumi si differenziano per struttura, funzione, concezione, luce e materiali. Il primo è una struttura in metallo rivestita in legno, che funge da SURROUNDING VINEYARDS tetto per il magazzino e che ospita al proprio interno i moduli degli uffici e le sale riunioni. Sembra quasi
ODEON
REHOUSE, DELIVERY
+10.40
+5.10
+0.00
galleggiare, e vuole essere leggero, in continuità con i segni del paesaggio circostante (struttura verticale in listelli di legno, in analogia ai filari dei vigneti) . Il secondo volume è quello del museo, concepito al contrario come uno spazio cavo in riferimento ai monti Lessini e alla pietra locale, con l’intenzione di enfatizzare lo spazio a disposizione del pubblico, tanto da definire la degustazione del vino come un’esperienza quasi spirituale, con una luce drammatica che bagna i muri grezzi. La distribuzione e gli spazi sono concepiti per essere flessibili, modulari e polivalenti (es. il fruttaio). LONGITUDINAL SECTION scale 1:500
Office
Meeting
Office
LEVEL +2 scale 1:500
OPEN SPACE (january-august)
Existing convention hall
ALTERNATIVE SPACIAL CONFIGURATION
Existing fruit storehouse
+5.10
Office
4
5
+0.00
2° classificato: cavejastudio + davide lorenzato
6
+5.10
ATTIC – NEW BUILDING The new intervention is placed on top of the existing building to allow better air circulation in the loft, as in the past tradition. As in the typical “casone veneto” we have a solid ground floor and an upper timber. The structure consists of wood trusses that are at the same time supporting elements and architectural 13 expression, visible from the outside. The project has an outside shelter supported by beams that recall the sequence 14 repetition of rows of vines.
FLEXIBILITY - MODULARITY The first level is understood as a large free space, completely flexible because built on a module of 2x2 meters, which can be broken through panels that slide on guides inserted on the ceiling. The panels are matt (for fruit storehouse) or transparent depending on the necessity.
Wood structure
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The use of panels allows a heat treatment of different spaces, ensuring a climate controlled and constant for the loft which can be ventilated through opening skylights.
05-09. 2° classificato: ATTIC – NEW Progetto BUILDING The new intervention is placed on top of the existing building to allow better air circulation in the loft, as in the past tradition. veduta complessiva, As in the typical “casone veneto” we have a solid ground floor and an upper BASEMENT – EXISTING BUILDING FLEXIBILITY - MODULARITY timber. diagramma funzionale The consists of wood trusses are atfree the space, same time supporting flexible because The design for the new winery Valpolicella Negrar maintains the existing building Thestructure first level is understood as that a large completely elements architectural visible difrom the as a base of theAlessandro new intervention. Pretolani, Filippo built distributivo, onand a module of expression, 2x2spazi meters, which canoutside. be broken through panels that slide The project has an outside shelter supported by beams that recall the sequence We want the identity of the winery is rooted in the tradition of Valpolicella. on guides inserted on the ceiling. repetition of rows of vines. degustazione, lo sbalzo All existing functions at level 0, -1, -2, are maintained because well-functioning, panels are matt (for fruit storehouse) or transparent depending on the Pambianco, Davide Lorenzato (Italia) Entrance The and supplemented with new functions at level 1. necessity . della copertura lignea e The use of panels allows a heat treatment of different spaces, ensuring a climate controlled In addction to the existing building we have kept all the equipment (scales, piante ai loft vari and constant for the which can be ventilated through opening skylights. Level 1livelli. stemmer just placed, square) were stored on site.
CROSS SECTION scale 1:500
CROSS SECTION scale 1:500 Office
BASEMENT – EXISTING BUILDING The design for the new winery Valpolicella Negrar maintains the existing building Modular and flexible space as a base of the new intervention. We want the identity of the winery is rooted in the tradition of Valpolicella. All existing functions at level 0, -1, -2, are maintained because well-functioning, and supplemented with new functions at level 1. The use of panels allows a heat treatment of different spaces, ensuring a climate controlled In addction to the existing building we have kept all the equipment (scales, and constant for the loft which can be ventilated through opening skylights. stemmer just placed, square) were stored on site. +10.40
FLEXIBILITY - MODULARITY +5.10 The first level is understood as a large free space, completely flexible because built on a module of 2x2 meters, which can be broken through panels that slide on guides inserted on the ceiling. The panels are matt +0.00 (for fruit storehouse) or transparent depending on the necessity.
BASEMENT – EXISTING BUILDING The design for the new winery Valpolicella Negrar maintains the existing building 9 as a base of the new intervention. We want the identity of the winery is rooted in the tradition of Valpolicella. All existing functions at7level 0, -1, -2, are maintained because 8 well-functioning, and supplemented with new functions at level 1. In addction to the existing building we have kept all the equipment (scales, stemmer just placed, square) were stored on site.
+10.40
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+10.40
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LEVEL +1 scale 1:500 +5.10
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N
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I
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II
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Il progetto classificato al secondo posto propone un’unica addizione al volume esistente, del quale sono mantenute le funzioni, che viene considerato come un basamento. Il nuovo corpo in sopraelevazione, dalla struttura lignea, vuole richiamare in primo luogo l’orditura e la ripetitività seriale del vigneto; in secondo luogo l’idea progettuale complessiva si rifà alla struttura tradizionale della cascina rurale, che solitamente presenta un basamento solido e una parte leggera lignea sovrastante. Particolare attenzione viene dedicata al fruttaio, per la centralità di quest’area nel processo produttivo: qui infatti è dove nasce l’Amarone, e l’utilizzo per soli tre mesi l’anno – necessari all’appassimento dell’uva – apre la possibilità di utilizzo per altre funzioni nei restanti mesi. Un sistema di pannelli scorrevoli in parte trasparenti e in parte opachi, basati su un modulo di 2 x 2 m, permette
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+5.10
+0.00 ATTIC – NEW BUILDING The new intervention is placed on top of the existing building to allow better air circulation in the loft, as in the past tradition. Existing ground tanks As in the typical “casone veneto” we have a solid floor and an upper timber. LONGITUDINAL SECTION scale 1:500 The structure consists of wood trusses that are at the same time supporting OPEN SPACE (january-august) ALTERNATIVE SPACIAL CONFIGURATION elements and architectural expression, visible from the outside. The project has an outside shelter supported by beams that recall the sequence Existing building 12 repetition of rows of vines.
Office Meeting
Office
LEVEL +2 scale 1:500
Existing convention hall
Existing fruit storehouse
Office
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Modular and flexible space
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Meeting
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Existing lift
II IV LEVEL +2 scaleIII 1:500 LEVEL 0 scale 1:500 Existing weighs
VI OPENV SPACE (january-august)
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Dressing room II
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AXONOMETRIC VIEW
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Basament-existing building
Level -2
Modular and flexible space
Wood structure
AXONOMETRIC VIEW
-4.20
III
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-1.30 Level 1
1 Entrance / exit visitors and offices area (Level 0), 2 Reception (Level 0), 3 Redesign staircase and lift (All Level), 4 Lobby (Level 1), 5 Start tour (Level 1), 6 Fruit storehouse (SeptemberDecember) / temporary cultural activities (January-August) (Level 1), 7 Valpolicella Wine 9 museum / educative itineraries (Level 1), 8 Classrooms / research laboratories (Level 1), 9 New staircase and lift (Level -1,0,1), 10 Existing 9 cellar (Level -1), 11 Stairs to visit the main existing cellar at level -2 (Level -1), 12 Bottling area (Level 0), 13 Tasting room (Level 1), 14 8 (Level 7 wine / wine exposition (Level 1), 16 Finish tour Openair terrace (Level 1), 15 Booking 0), 17 Outdoor temporary cultural activities (Level 0), 18 Cantilever (Level 0), 19 Cash / Taking bottles (Level 0)
Existing destemmers
Entrance/exit goods
LEVEL 0 scale 1:500
ALTERNATIVE SPACIAL CONFIGURATION
Entrance
Cantina Valpolicella Negrar Suggested visitor tour
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Entrance/exit goods
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Existing building
1 Entrance / exit visitors and offices area (Level 0), 2 Reception (Level 0), 3 Redesign staircase and lift (All Level), 4 Lobby (Level 1), 5 Start tour (Level 1), 6 Fruit storehouse (SeptemberDecember) / temporary cultural activities (January-August) (Level 1), 7 Valpolicella Wine museum / educative itineraries (Level 1), 8 Classrooms / research laboratories (Level 1), 9 New staircase and lift (Level -1,0,1), 10 Existing cellar (Level -1), 11 Stairs to visit the main existing cellar at level -2 (Level -1), 12 Bottling area (Level 0), 13 Tasting room (Level 1), 14 Openair terrace (Level 1), 15 Booking wine / wine exposition (Level 1), 16 Finish tour (Level 0), 17 Outdoor temporary cultural activities (Level 0), 18 Cantilever (Level 0), 19 Cash / Taking bottles (Level 0)
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Basament-existing building
2014 #04
grapes curtain The intense and persisted flavor of the Valpolicella wine comes not only from the magnificent landscape, and product, but also from the story of its production method. It is the appassimento, the grapes drying process, that gives the complexity and fragrance to the wine. This mystic image of the suspended fruit inspired the grapes curtain project. The architectural concept enhances the story and tradition of the Valpolicella wine, through ornamental metallic elements, suspended from the roof. The little weight metal particles gently move when the wind blow, as an echo of
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staff e nc entra
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g loadin dock
visito
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e tranc
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1 loading dock 7 outside patio 13 multipurpose room
conceptual diagram
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storage space
8 wine museum 14 service room
3 visitor’s reception
4 espace boutique
9 sensory multimedia space 15 open work space
5 tasting room
6 cafeteria lounge
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organization diagram
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di quelli della vigna a cui fanno riferimento, e un tocco poetico è dato dalla luce filtrata che entra nell’edificio. La “scatola”, resa omogenea dalla facciata vegetale, contiene dei volumi più piccoli con le differenti funzioni richieste dal programma, raggruppate in tre grandi aree tematiche: uffici, aree tecniche e parte pubblica. Dal punto di vista energetico, i volumi separati permettono la libera circolazione dell’aria, il tetto verde risulta utile per l’inverno mentre la facciata a grappoli filtra la luce e il caldo dell’estate.
•
3° classificato: MK
di variare la configurazione degli spazi e il dialogo con gli altri utilizzi. L’utilizzo dei pannelli permette un trattamento termico dei diversi ambiti, garantendo un clima controllato e costante per il soppalco, che può essere ventilato attraverso l’apertura di lucernari. La scelta della tecnologia prefabbricata in legno lamellare è rivolta a una miglioria dei costi e della tempistica di cantiere, mentre l’uso di travi reticolari permette luci più ampie e maggiore flessibilità delle partizioni interne. segui le interviste sul concorso nella sezione “video” di architettiveronaweb.it
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Moreau Kusunoki, Hiroko Kusunoki (Francia)
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Il concetto ispiratore del terzo progetto premiato prende spunto dall’immagine mistica dell’antica tecnica di appassimento Picai, che consisteva nell’appendere i grappoli d’uva alle travi con dei fili. A partire da questa suggestione, il gruppo francese propone una facciata di elementi ornamentali in zinco per dare unità e omogeneità alle parti in addizione rispetto al volume esistente, considerati come un unico sistema. La nuova immagine della cantina è quella di un edificio che si fonde con il paesaggio che riflette, con il ritmo verticale del paramento esterno che rimanda alla struttura dei vigneti. Gli elementi vegetali della facciata sono vibratili al pari
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4 espace boutique
5 tasting room
6 cafeteria lounge
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grapes curtain The intense and persisted flavor of the Valpolicella wine comes not only from the magnificent landscape, and product, but also from the story of its production method. It is the appassimento, the grapes drying process, that gives the complexity and fragrance to the wine. This mystic image of the suspended fruit inspired the grapes curtain project. The architectural concept enhances the story and tradition of the Valpolicella wine, through ornamental metallic elements, suspended from the roof. The little weight metal particles gently move when the wind blow, as an echo of the movement of the leafs, insufflating a poetic dimension to the facade. This curtain wraps the entire winery and creates an iconic and an unique image for Cantina Valpolicella Negrar.
staff ce entran
10-13. Progetto 3° classificato: schema grafico dei riferimenti morfologici, inquadramento generale, veduta dal vigneto e sezioni di progetto.
g loadin dock
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the movement of the leafs, insufflating a poetic dimension to the facade. This curtain wraps the entire winery and creates an iconic and an unique image for Cantina Valpolicella Negrar.
è il cinema, bellezza!
Due iniziative concomitanti rievocano l’avventurosa epopea cinematografica di alcuni luoghi del territorio veronese, tra lago e colline Testo: Luisella Zeri
Vi è mai capitato di camminare per Verona e incontrare un centurione romano all’incrocio fra Via Mazzini e Piazza Brà? No, non uno di quei figuranti che per arrotondare qualche spicciolo si travestono di pellicola d’alluminio e simulano i calzari con sandali da trekking. Uno di quelli (quasi) veri, talmente rispondente alla realtà storica da farci pensare ad un salto indietro nel tempo. Qualche tempo fa, a partire dagli anni Trenta, tutto questo sarebbe stato possibile: è il cinema, bellezza! Ma cosa accade quando a stravolgere la quotidianità di un paese di provincia è una troupe proveniente dalla Cinecittà dei sogni, quella dei cinematografari e degli attori famosi? Una risposta la possono dare gli abitanti di Valeggio sul Mincio che nell’estate del 1954 si trovarono catapultati sul set del film “Senso”, nella Custoza risorgimentale di metà Ottocento. Le vicende narrate sono note: sullo sfondo della terza guerra di indipendenza si consuma l’amore tragico, immaginato, tradito e vendicato fra la patriottica contessa Livia Serpieri e il “nemico”, nella persona dell’intrigante tenente dell’esercito austriaco Franz Mahler. Quest’anno cade il sessantesimo anniversario della produzione del film di Luchino Visconti, e in occasione di questa ricorrenza l’associazione culturale “Crèa Custoza” ha voluto rievocare, dal 15 al 21 settembre, l’atmosfera di quei giorni, attraverso ricostruzioni e mise en scène celebrative. Attraverso i racconti della studiosa Elena Pigozzi e una passeggiata sui luoghi del film, è stato possibile toccare con mano la tensione di quei giorni. Se inizialmente ad accendere le fantasie degli indigeni era l’imminente arrivo di star del calibro di Alida Valli, Farley Granger e Massimo Girotti, ben presto i valeggiani si
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accorsero che a scombussolare la loro quotidianità sarebbe stata la maniacale ricerca paesaggistica e urbanistica perpetrata da Visconti in nome della perfetta riconducibilità storica. Il lavoro di ricostruzione fu maniacale. A Borghetto la troupe stravolse la quotidianità eliminando pali e fili elettrici, esigendo che edifici e strutture, appena ricostruiti dopo i disastri della seconda
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01. Una cartolina d’epoca da Peschiera, con le inconfondibili sagome dei vascelli pirata attraccati lungo un canale della fortezza. 02. Piglio e mezzi militareschi, durante le riprese sul Garda. 03. Il manifesto di uno dei film prodotti nella stagione cinematografica arilicense.
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04. Una scena del film “Senso” di Luchino Visconti girata sul ponte visconteo di Borghetto di Valeggio. 05. L’attrice Giovanna Scardoni interpreta la contessa Livia Serpieri nella riduzione teatrale del racconto di Camillo Boito, messa in scena da Carlo Saletti (foto di Lucrezia Berretti).
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« La tradizione continua, e Verona presta ancor oggi la sua immagine agli schermi piccoli e grandi che si relazionano con il mondo » alcune peripezie logistiche il galeone attraversò mezza Italia, ma il tanto immaginato ristorante non arrivò mai. Complice l’orizzonte sconfinato delle acque del basso lago, il galeone si trasformò in uno studio di posa e trovò presto compagnia. Si aggiunsero infatti ad esso una serie di altri mezzi navali adattabili alle più svariate esigenze cinematografiche. Il primo lungometraggio fu “La scimitarra del saraceno”, diretto da Piero Pierotti e prodotto dalla Romana Film di Fortunato Misiano. A questa seguirono altre nove produzioni e alcuni lavori televisivi. L’avventura terminò nel 1966 quando un violento fortunale distrusse l’intera flotta. Questo curioso scampolo di storia del cinema ha rivissuto quest’estate in una mostra itinerante dal titolo «Quando il Garda era un mare», curata da Franco Delli Guanti e Ludovico Maillet con il contributo del centro culturale «La Firma» di Riva del Garda: l’esposizione, organizzata parallelamente ai lavori per la produzione di un documentario sul tema, racconta l’avventura di
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Bertolazzi attraverso foto, documenti e locandine originali. La tradizione continua, e Verona presta ancor oggi la sua immagine agli schermi piccoli e grandi che si relazionano con il mondo. Ma i mezzi di comunicazione evolvono e con essi gli strumenti di divulgazione. Oggi la nostra città diventa sfondo per un nuovo genere, il video musicale, grazie anche ad una grande casa di produzione che ha sede proprio a Verona. Ma questo è un altro “film”, che speriamo prima o poi di ospitare sulle pagine di AV.
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ODEON
guerra mondiale, venissero riportati all’aspetto decadente di metà Ottocento, vanificando così il lavoro di ricostruzione portato avanti con le sole risorse economiche dei locali. Sul Ponte Visconteo venne girata una delle scene più significative del film, quella in cui il patriota Ussoni, cercando di raggiungere il campo di battaglia, viene sorpreso dalla confusione delle retrovie. In questo caso le risorse impiegate furono davvero imponenti: la location fu studiata da diverse angolazioni con molto anticipo, fu analizzata la luce, l’atmosfera e l’estrema aderenza alla realtà. Venne montato uno dei primi carrelli su binario per riprese cinematografiche, allo scopo di realizzare la scena in un lunghissimo piano sequenza. Si impiegarono numerosi mezzi, comparse umane e animali. I ciak vennero ripetuti un numero infinito di volte, con gli attori piegati sotto il sole e il peso di veri zaini da guerra riempiti con le più disparate tipologie di materiali bellici. Il giornale “L’Arena” quell’estate annunciò l’arrivo del cinematografo in terra veronese con un articolo dalle parole profetiche, che giocava con il titolo provvisorio che era stato dato al film: “Anche se non pioverà, Uragano d’estate si terrà a Valeggio”. Le ripercussioni che il lavoro cinematografico ebbe sul territorio, furono consistenti: in quest’ottica la convivenza non fu facile, e Visconti disputò la sua personalissima battaglia di Custoza più o meno negli stessi luoghi dove essa fu combattuta novant’anni prima. Se a Verona era possibile passeggiare fra gli antichi romani e a Valeggio l’ambientazione era quella risorgimentale, sulle rive del lago di Garda i veri protagonisti erano i pirati. Per quasi un decennio, a partire dagli anni Sessanta, grazie alle caratteristiche del paesaggio lacustre, Peschiera e dintorni si trasformarono in una succursale galleggiante di Cinecittà. Tutto nacque per scommessa, per mano del genio di Walter Bertolazzi che acquistò da Dino De Laurentis il galeone usato nella produzione del kolossal «Ulisse», al fine di reimpiegarlo nel veronese come ristorante galleggiante. L’accordo era chiaro, De Laurentis si sarebbe occupato del passaggio di proprietà a patto che Bertolazzi curasse il trasporto da Roma a Verona. Dopo
CANTIERI
La riconversione del Magazzino del Grano: cum grano salis? Fervono i lavori all’interno del grande recinto dei Magazzini Generali, mentre si aprono nuovi cantieri e si inaugura il primo edificio recuperato
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Testo: Alberto Vignolo Foto: Diego Martini
Non ce ne vogliano i nostri lettori, se con una fre- scorrevoli1. La delicatezza della funzione ha richiequenza quasi imbarazzante torniamo ad occuparci, sto inoltre un consistente adeguamento impiantistiancora una volta, dei Magazzini Generali di Vero- co, che risulta avere un rilievo non indifferente nel na. L’occasione però è davvero storica, perché se- progetto condotto dallo Studio Mattioli. La parte gnata dall’inaugurazione – parziale, ma tant’è – del più visibile dell’intervento ha riguardato la campata primo tassello della riqualificazione del complesso. dividente le due sezioni del magazzino costruite in Con l’insediamento avvenuto il 4 ottobre scorso de- fasi successive, riconoscibili dalla differente sagogli amici ingegneri nella nuova sede del loro Ordine ma, che è stata demolita e ricostruita a mo’ di veprovinciale, abbiamo infatti assistito al primo taglio trato passage: con un risultato che, complice il modi nastro, con tanto di autorità, benedizioni e di- numentale scalone assiale, sembra rievocare il tipo scorsi di rito. Il Magazedilizio dello shopping zino n. 1 “del grano”, il mall. Non possiamo che « Il progetto che si sta compiendo più grande del comparto augurarci che tale apai Magazzini Generali risolleva dopo la Stazione frigoparentamento morfolol’eterna questione, ovvero se ciò che gico sia foriero di una rifera, è stato destinato deve essere preservata è a nuovo Polo archivistigrande frequentazione co, mettendo a dispoper un insieme di funla materialità di un’opera sizione 10.325 mq di zioni culturali, aduse a o la sua facies » superficie complessiva numeri in genere ben per l’Archivio di Stato, più modesti di quelli reche effettuerà nei prossimi mesi un delicato traslo- lativi alle pratiche e ai riti del commercio. co in loco. Le caratteristiche dell’edificio e l’elevata L’immagine esteriore dell’edificio, vividamente portanza delle strutture, dimensionate originaria- presente nella memoria collettiva per l’aspetto conmente per lo stoccaggio del grano, si sono rivelate sunto e per la patina del tempo, reca ora la veste di consone alla nuova destinazione d’uso, consentendo un fiammante e uniforme intonaco color zabajone. la dislocazione di ben 80.000 metri di scaffalature Ma il grande traffico su via Santa Teresa e l’uso a
03
01. La galleria vetrata sulla quale prospettano gli spazi dell’Ordine degli Ingegneri. 02. Il fronte riqualificato del Magazzino n. 1 “del grano” verso il parterre interno. 03. La monumentale scala di accesso al livello superiore del nuovo Polo archivistico. Progetto: Studio Mattioli Associati Architettura.
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CANTIERI 04. Spazi distributivi al primo livello. 05. Diagramma progettuale complessivo prima e dopo l’intervento di recupero, da G. Mattioli, Da magazzino del grano a Polo archivistico. Valorizzazione della vocazione originaria, in «Quaderni della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le provincie di Verona Rovigo Vicenza», IV, 2012, pp. 176-181.
04
parcheggio che sembra essere previsto per l’interno del recinto, sapranno presto smussare le asprezze del ‘troppo nuovo’. La sistemazione del grande parterre interno, infatti, vede ora una grande distesa di asfalto, che segna il passaggio dal poetico olezzo di rose prefigurato da Mario Botta al più prosaico puzzo di bitume e gas di scappamento. Una sistemazione che non può che essere provvisoria, posto che, al ritrovamento dei resti del forte asburgico denominato Werk Clam, le massime autorità ne peroravano, in considerazione del suo rilievo storico-architettonico, “una opportuna valorizzazione nell’ambito del ricomposto comparto storico urbano” 2 . Mentre veniva completato il Magazzino 1, si avviavano i lavori di ristrutturazione dei fabbricati 23-24 e 25-26 nella parte meridionale del comparto, da destinarsi ad uso direzionale e commerciale (uffici Unicredit e ASL cittadine). L’evidenza di questo questo cantiere, complice la posizione di grande visibilità, è a dir poco spettacolare. Le fragorose demolizioni effettuate e le sensazionali incastellature di tubi metallici elevate per mantenere in equilibrio i frammenti superstiti di facciate, compongono uno scenario post-sismico, simile a quelli che le cronache purtroppo ci hanno abituati a conoscere (L’Aquila, Emilia). L’artificiale sommovimento tellurico veronese porta le firme di Mario Botta assieme allo Studio SM Ingegneria. Gli esiti si potranno giudicare a lavori compiuti, mentre rimane viva la riflessione sul senso di un vincolo monumentale che, nonostante anni e anni di studi, ricerche, notifiche, rilievi etc, sembra aver provocato la distruzione del bene, inve-
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ce che la sua conservazione: un classico esempio di eterogenesi dei fini. Sia chiaro, il progetto che si sta compiendo è perfettamente regolare dal punto di vista autorizzativo, ma non può non risollevare l’eterna questione, ovvero se ciò che deve essere preservata è la materialità di un’opera, o la sua facies. Gli amati Magazzini veronesi si prestano in maniera esemplare ad approfondire il dibattito sull’annosa questione teoretica. Dall’altra testata del comparto, al vertice del triangolone urbano, una volta insediati nella nuova sede del nostro Ordine (cfr. box) avremo modo di portare avanti tale riflessione cum grano salis.
1 Antonietta Folchi, I Magazzini Generali e il Polo Archivistico
territoriale, in I Magazzini Generali. Ingegneria, economia e società nella Verona del primo Novecento, supplemento al «Notiziario Or-
dine Ingegneri di Verona e provincia», 122, aprile-giugno 2014, pp. 17-26 2 Gianna Gaudini, Il piano di recupero dei Magazzini Generali
come occasione di valorizzazione di un’area urbana importante per lo sviluppo futuro della città di Verona, in «Quaderni della Soprinten-
denza per i beni architettonici e paesaggistici per le provincie di Verona Rovigo Vicenza», IV, 2012, pp. 152-155
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06, 08. Il cantiere per la ristrutturazione dei fabbricati 23-24 e 25-25. 07. I fabbricati 15 e 16-17 dove troverà spazio la Casa delle Professioni.
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RULLO DI TAMBURI: La NUOVA SEDE al “via!”
Dulcis in fundo, verrebbe da dire – ma la “torta” finale sarà inevitabilmente il “gran zuccotto” della Rotonda – il 15 dicembre 2014 hanno preso ufficialmente il via i lavori di ristrutturazione dei fabbricati 15 e 1617, al vertice nord dell’area triangolare dei Magazzini, dove troverà posto la nuova sede dell’Ordine degli Architetti di Verona. Pur essendo un inizio, si tratta in realtà dell’agognato punto di arrivo di un lungo percorso, presentato assieme al progetto definitivo nel numero 93 di AV (pp. 116129), che ora entra finalmente nel vivo. La proprietà del complesso, Fondazione Cariverona, ha infatti affidato l’esecuzione delle opere all’Impresa Mantovani, che avrà a disposizione 428 giorni naturali consecutivi
99
per portarli a termine. Salvo imprevisti, dunque, il 15 febbraio 2016 avverrà la consegna dell’opera; è comunque previsto che sia completato in prima battuta, anche a livello di finiture, l’edificio 15, in modo da accelerare il più possibile il trasloco del nostro Ordine nei nuovi spazi, già in parte arredati secondo il progetto da una serie di “armadiature tecnologiche”. A condurre la navigazione, in qualità di direttore dei lavori, sarà capitan Antonio Ravalli che, tra marosi e bonacce, ha tenuto il timone del gruppo M28, équipe di giovani professionisti – architetti, ingegneri, storici dell’arte etc. - nel corso della navigazione fin qui giunta. Al suo fianco, Federico Reginato a dritta, direttore operativo per le strutture, e Giorgio Valentini a sinistra, responsabile dei lavori e della sicurezza. A prua Paola Ravanello che, in veste di polena, ha visto lontano sognando un traguardo che ora si fa più vicino. La ciurma di M28 avrà infine il
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08
ruolo di ispettore di cantiere, proseguendo l’iter progettuale-formativo fin qui svolto. Saranno inoltre organizzate visite di cantiere e altre attività formative, in linea con lo spirito del ‘progetto Nuova Sede’. Relativamente ai temi sollevati dagli altri cantieri dei Magazzini, verranno conservate e consolidate tutte le facciate, mentre solai e coperture dovranno essere sostituiti per adeguarli ai nuovi carichi. Il progetto prevede inoltre di mantenere, per quanto possibile, il carattere délavé degli esterni. Ma staremo a vedere: gli amichi architetti coinvolti in prima persona sono consapevoli della responsabilità, e dell’avere il fiato sul collo di un paio di migliaia di colleghi, che vigileranno sul loro operato. Arrivederci in cantiere! (A.V.)
Faccioli & Gabrielli a Mozzecane
A-01
PROSPETTO
51
3,09
12
41
72
2,84
1:50
12
M01
90
2,28
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3,68
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M01
1,12
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PROSPETTO
1:50
89
M01 IMPORTANTE
Caldaia
2,00 bagno mq 5,40
12
dis mq 5,25
12
1,71 2,10
80 2,10
80 2,10
80 2,10
80
3,59
4,71
linea acque nere diam 160
2,69
2,69 75
85
camera mq 15,66
ALTRA PROPRIETA'
1,90
12
80
camera mq 18,49
soggiorno + pranzo mq 35,98
1,50 1,65
3,59
Sesse
l
12
M02
7,165 2,66
80
3,60
A-02
4,2
1. Questo disegno deve essere letto con gli elaborati (disegni e speciÞche) del progetto esecutivo strutturale redatto dal ingegnere incaricato. 2. Tutte le misure sui disegni e in cantiere devono essere veriÞcate dall'impresa prima dell'esecuzione. 3. In caso di divergenza fra quote scritte e dimensioni direttamente misurate sugli elaborati le quote scritte sono sempre prevalenti. 4. In caso di divergenza fra differenti elaborati di progetto, prevalgono sempre i disegni di maggiore dettaglio ES: 1:5, 1:10, 1:20, 1:25 ecc. 5. Il dimensionamento delle strutture (sezioni, armature, proÞli etc.) sarˆ meglio speciÞcato nei disegni esecutivi strutturali. 6. Pareti contro terra e interrate saranno debitamente impermeabilizzate sia nella loro composizione che nei loro giunti. 7. Per le stratigraÞe delle murature confrontare gli elaborati del termotecnico. 8. Contattare preventivamente la direzione lavori prima dei tracciamenti di: ingombro ediÞcio, scale, tramezzature interne, sistemazioni esterne e ogni altra particolare lavorazione.
1,60 12
2,51
L
3,68
M03
80 2,10
12
wc
80 2,10
3,41
90 2,40
3,62
3,62
cucinotto mq 12,61
PP
3,18
lavanderia mq 5,89
80 2,10
12 12
met
bagno mq 5,09
80 2,10
1,60
3,97
he
eoric
collettori riscaldamento
Lav
wc
1,00
2,28
21
K
lamiera preverniciata
12
5,15
12
trave in legno lamellare (spessore cm. 10)
3,83
G F
rivestimento in polistirolo (spessore cm. 2)
33
E
20 dicembre 25° 60'
90 2,40
M02
D
72
70
90 2,40
33 1,75 2,40
70
2,65 2,40
M02
90 2,40
2,80
90 2,40
33
90 2,36
7,69
C B
6,70
avere conferma parete lato Nord dalla committenza 02.10.13
A
2,54
3,92
INDICE
2,34
4,92
2,77
5
2,53
5
4,11
01.10.13
MODIFICA
DATA
Mozzecane
eventuale scuretto a pacchetto
PROGETTO'
spalle in cls (spessore cm. 8)
FACCIOLI GABRIELLI ARCHITETTI ASSOCIATI via C. Bon Brenzoni 13, 37060, Mozzecane, Verona, 0456340448 info@faccioligabrielli.com
eventuale fondazione
PROPRIETA'
GIARDINO D'INVERNO
particolari portali
1:30
A-01
Prati Marcello via Enrico Fermi , 37060, Mozzecane , Verona, 045 0457930753
0.
ES_piano terra
1:50
rinforzo strutturale fondazione
1:20 PROGETTO
stratigrafia pacchetto copertura 6
4
MU 02
Est. 1. Intonaco interno 1-1,5 cm 2. Tramezza in laterizio 8,0 cm 3. Pannello in polistirene tipo Greypor 6,0 cm 4. Blocco Cls 19,5 cm 5. Intonaco esterno 1-1,5 cm TOTALE: 33-35 cm
parete con isolamento a cappotto LATO NORD-OVEST
parete con intercapedine LATO SUD
3
2
1
Int. 1. Intonaco interno 1-1,5 cm 2. Blocco Cls 19,5 cm 3. Pannello in polistirene tipo Greypor 10,0 cm 4. Intonaco esterno 1-1,5 cm TOTALE: 32-33 cm
Int.
— 76
TOTALE: 36-37 cm
particolari e stratigrafie
1
SOLAIO PIANO TERRA
Ristrutturazione e cambio d'uso fabbricato
01 #Stato Progetto
scossalina
Est. 1. Intonaco interno 1-1,5 cm 2. Tramezza in laterizio tipo Poroton 8,0 cm 3. Pannello in lana di roccia Rockwool Dachrock 6,0 cm 4. Blocco Cls 19,5 cm 5. Intonaco interno 1-1,5 cm
3 1
Int. P.T.
Est.
5
3
1
S01
Terreno vegetale
TITOLO
9
1. Pavimento in parquet - 1,5 cm 2. Caldana addittivata per pannelli in sabbia e cemento con rete o autolivellante - 6 cm 3. Pannello in polistirene per impianto radiante - 4 cm 4. Sottofondo alleggerito per passaggio impianti - 9 cm 5. Cappa collaborante - 4 cm 6. Intercapedine debolmente ventilata (igloo) - 25 cm 7. Magrone di cls - 10 cm
6
cordolo di testa in C.A. tavellone travetto Varese in calcestruzzo (originale)
5
4 3
7
8
2 1 1
TOTALE 59 - 60 cm
1:25
ESECUTIVO
5
4
Q (altezza)
parete con isolamento intercapedine lato EST
MU 03
1. Travetto varese e tavolato in tavelle di laterizio (esistente) 2. Barriera al vapore 3. Travetto 50 x 70 con interposto pannello in lana di roccia Rockwool 50 mm 4. Pannello in lana di roccia Rockwool da 110 mm e travetto trasversale in legno 5. Pannellatura OSB 6. Guaina Riwega per pannelli OSB 7. Listelli per ventilazione 8. Pannellatura OSB 9. Pannelli in lamiera grecata verniciata Silver
9
8
7
1
MU 01
Int.
rivestimento in pietra (valutare con DL e committenza)
2,55
altra proprietà
A volte è dal caso che nascono le esperienze, in questo frangente lavorative, più entusiasmanti. È capitato ad Hermes Gabrielli e Corrado Faccioli, compagni universitari, oggi colleghi e soci di studio. Risale al 2002 la proposta progettuale, insieme al folto gruppo di amici e colleghi del Gruppo Culturale WSM (WorkShopMozzecane) – Gabrielli è stato anche tra i fondatori nel 2002 dell’AGAV – per il riordino urbano del centro di Mozzecane e per la realizzazione di una nuova piazza: iniziativa che darà inizio concretamente a questa unione professionale portandola, l’anno seguente, alla collaborazione dei due, e poco più tardi all’insediamento nell’attuale sede. Un ambiente moderno, fresco, disteso ma soprattutto giovane: questo è quanto si respira all’interno dell’open space che li accoglie, negli annessi di villa Vecelli Cavriani a Mozzecane. Un tempo porticato collegato all’imponente corpo di fabbrica, ora struttura chiusa da grandi vetrate, tale ambito è diventato, attraverso la mano degli stessi architetti, la loro ala protettrice. Questa realtà nasce dalla volontà di camminare con le proprie gambe, dopo svariati anni di praticantato presso ambiti di lavoro rinomati e collaborazioni con professionisti di notevole esperienza, grazie al sostegno di chi ha creduto in queste figure
altra proprietà
Testo: Angela Lion
3
2014 #04 copertura
soluzione di progetto
SCALA
19/05/14
1:50, 1:20, 1:25, 1:30
DISEGNO N°.
08
le quote riferite all'altezza sono misurate su assito particolare costruttivo
DATA
1:20
FILE
STAMPATO
ESECUTIVO_MANUELA_PRATI_5.pln
19/05/14 18:46
A - GRANDE AIA/MANIFESTAZIONI B (1-2) - FRUTTETO E PRATO NORD / FORMAZIONE RAPPORTO CON L'ACQUA
sezione passerella pedonale struttura di sostegno e corrimano
elemento trasversale
doghe di legno
trave longitudinale in acciaio doghe in larice trattato
2,00
1,00
plinto in c.a. di sostegno - dimensioni da valutare
2,00
2,00
D-01 DETTAGLIO sezione
1:50
struttura parapetto pannello in legno di tamponamento
plinto in c.a. di sostegno - dimensioni da valutare
doghe in legno di larice trattato
elementi trasversali in acciaio (p:200 cm)
trave longitudinale in acciaio
1,00
8,00 (distanza variabile)
D-01 DETTAGLIO
2,00
2,00
2,00 trave longitudinale in acciaio
elementi trasversali in acciaio (p:200 cm)
plinto in c.a. di sostegno - dimensioni da valutare
0.
PROGETTO
ARCHITETTI ASSOCIATI Via Bon Brenzoni 13 37060 Mozzecane VR T 045 6340448 F 045 6348854 Info@faccioligabrielli.com www.faccioligabrielli.com
1:100
doghe di legno
piastra di ancoraggio
0,95
C-
professionali emergenti. UnSTARE tempo esistevano il quale la mano D - PRATO SUD / LO i mecenati a sostegno di attività artistiche e pensante del progettista E - PRATO D'INGRESSO / PARCO e GIOCO LIBERO culturali sotto forma di sostentamento economico concretizza, in modo e materiale. Anche al giorno d’oggi, seppur tangibile, un’idea. sporadici, troviamo dei committenti, investiti Tra gli esempi dell’onere di sostenitori, che credono nelle presentati in queste potenzialità e nelle capacità dei giovani architetti. pagine, molti dei Lo spirito di coesione tra i due soci, supportato quali in itinere tra il 1:2000 dalla collaborazione continuativa di Luca pc dello studio e la Iannucci, ingegnere strutturista e da altre figure baracca del cantiere, professionali a loro connesse, è fondamentale per troviamo molti 2,00 garantire quella cura minuziosa che riservano interventi sul costruito, al progetto nelle diverse fasi compositive e tra ampliamenti e realizzative. L’intervento viene analizzato ristrutturazioni. A dal suo nascere attraverso un pensiero che, Castel d’Azzano, nel suo evolversi, prende forma fino alla sua l’addizione a un concretizzazione ultima del cantiere. fabbricato residenziale L’esperienza sul campo, le partecipazioni ai è caratterizzata da concorsi – spesso in collaborazione con Giuseppe una ‘linea’ grafica Morando, collega veronese on the road tra Londra che riproporziona lo e Milano – e una grande determinazione nel spazio aperto attorno 2,00 settore edilizio, spaziando dal pubblico al privato, alla piscina. Una senza perdere mai di vista il filo conduttore della analoga chiarezza macchina progettuale, ha certificato questa voglia « La capacità di ri-creare FACCIOLIspazi GABRIELLI di fare architettura. collettivi, di dare vita a nuove Definiti da alcune commissioni comunali ‘quelli dai progetti strani’ hanno cercato di essere residenze sulla base di un esistente sempre coerenti con il loro credo architettonico ormai obsoleto, conferisce un valore e con la convinzione che si possa fare della aggiunto al loro prodotto finale: sana progettazione proponendo, anche in realtà minori e fortemente chiuse, stereotipi alternativi è il valore del fare architettura » e nuovi segni edilizi. La peculiarità di questo modus operandi sta nella grande concretezza che si grafica, intesa come segno incontrovertibile nello attribuisce alla progettazione architettonica. Gli spazio, si ritrova nell’altro intervento residenziale schizzi preparatori sono lo strumento attraverso a Mozzecane, così come nel medesimo comune la trasformazione di un laboratorio artigianale in residenza, in cui la riqualificazione dell’edifico fatiscente è leggibile nei nuovi elementi distributivi e nella materialità stratificata dei fronti, tra profilati metallici e listelli lignei. La ricerca progettuale di Faccioli Gabrielli è supportata dallo studio dei materiali e delle tecniche costruttive, esigenza non eludibile di fronte alle prestazioni sempre più elevate richieste agli edifici, di contro alle problematiche autorizzative, di gestione della committenza e dei budget, sempre più ardue. Ad ogni forma
03 D-01
passerella pedonale
1:50
PROGETTO
PROPRIETA'
DITTA ESECUTRICE
PROGETTO PER IL RIUTILIZZO ED IL RECUPERO DELL’AREA ESTERNA DELLA ROCCA DI NOGAROLE PROGETTO ESECUTIVO
Comune di Nogarole Rocca
Vivai Progetto Natura di Lug
via Roma 38 Nogarole Rocca Verona R.U.P. geom. Francesco Bonetti
Viale Postumia 100 - Villafranca di Verona Tel. 0456303305 - info@vivaiprogettonatura
© tutti i diritti sono riservati - disegno proprietà esclusiva di Faccioli Gabrielli Architetti Associati
GSPublisherEngine 0.0.100.100
02
99
— 77
04
01-02. Ristrutturazione di un ex laboratorio da destinarsi a residenza, Mozzecane, 20132014: tavola progettuale e veduta del cantiere. 03-04. Riqualificazione del parco della Rocca, Nogarole Rocca, 2013-2014: disegno esecutivo e veduta della passerella pedonale.
05
06
07
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05-07. Ampliamento di edificio residenziale, Castel d’Azzano, 2011-2014: schizzo progettuale, veduta del cantiere e render. 08-09. Edificio residenziale e commerciale Domo Art, Castel d’Azzano, 2008-2010. 08
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nuova si può dare voce, e ai numerosi manufatti esfoliati da un decorso storico inesorabile può essere restituita quella dignità architettonica che ne recupera la loro anima. L’edificio Domo Art di Castel d’Azzano bene rappresenta questo spirito: un volume spigoloso rivestito di pannelli modulari, in forte discontinuità rispetto al luogo, in cui tecnica e materiali si intersecano dando vita all’innovazione della forma architettonica nel paesaggio urbano. Nel campo dei lavori pubblici, lo stesso studio si è fatto promotore di alcuni interventi, supportando
2014 #04
10
11
l’amministrazione locale nella riqualificazione di alcune aree. È il caso del parco della Rocca di Nogarole, un intervento composto da elementi semplici ma progettualmente approfonditi, che pur utilizzando gli esigui mezzi economici a disposizione riscatta la banale ipotesi di partenza – l’inserimento di un box per i servizi igienici e poco più che una pulizia dell’area a verde - in una vera occasione di progetto. Del loro operato e di quanto andranno ad operare, Hermes e Corrado scrivono di “occuparsi di differenti settori progettuali, sviluppando progetti a tutte le scale. Nell’ottica di soddisfare le esigenze della clientela, analizzare e coordinare la realizzazione di progetti che spaziano dal residenziale al planning urbanistico fino allo studio di soluzioni di dettaglio per l’arredamento”. A chi li osserva dal di fuori, colpisce la semplicità nel modo di porsi, che siano committenti piuttosto che colleghi o amministratori, bilanciata dalla grande precisione di valutazione, dall’attenzione alle novità e dalla continua ricerca nella sperimentazione di elementi tipologici e tecnologici. La capacità di ri-creare spazi collettivi o di ripensare gli spazi aperti, di dare vita a nuove residenze sulla base di un esistente ormai obsoleto, aggiungendo, togliendo, fondendo elementi e materiali con cognizione di causa, conferisce un valore aggiunto al loro prodotto finale: è il valore del fare architettura.
•
99
13
12
14
10-12. Ristrutturazione di un edificio residenziale con demolizione e ricostruzione, Mozzecane, 2013-2014: schizzo di studio, veduta del cantiere e tavola esecutiva strutturale dell’appoggio metallico tripartito. 13-15. Ristrutturazione dell’ex macello per la formazione di una residenza plurifamiliare, Mozzecane, 2012-2013: schizzo progettuale, stato antecedente all’intervento e veduta del fabbricato.
15
— 79
{DiverseArchitetture}
Benzina e velluto
Due spazi complementari, l’uno di rimpetto all’altro, accolgono una rivendita di motociclette e la ricerca creativa sulla personalizzazione di veicoli e luoghi
Testo: Luisella Zeri
Foto: Lorenzo Linthout
Nome concessionaria triumph/ showroom mr. martini Luogo VERONA, Via Tombetta Attività rivendita e customizzazione motociclette Contatto www.mrmartini.IT
01
— 80
2014 #04
La storia di questa architettura “diversa”
ambienti entro i quali far “abitare” le
arredo – richiama il gusto British che fa
odora di benzina e di asfalto, perché assieme
proprie creazioni. i luoghi in cui questa
da filo conduttore a questa storia. Qui la
alla passione del protagonista, è di tali
ricerca viene costantemente condotta sono
personalità del proprietario è riconoscibile
elementi che si nutre. Questa avventura
due, posti l’uno di fronte all’altro in via
nell’esposizione degli oggetti da lui
inizia tra gli anni ’70 e ’80 in una pompa
tombetta a verona. il primo accoglie la
progettati, come i bauli da moto, i giubbotti
di carburante che è anche un po’ officina,
rivendita vera e propria, l’officina e gli
e le borse restaurati con l’inserimento
dove Nicola Martini acquista, elabora e
spazi relativi all’attività commerciale.
di nuovi pellami, ma anche nella scelta
rivende motociclette, affiancandosi al padre
ritorna il tema giovanile della pompa di
dispositiva delle motociclette all’interno
benzinaio nella conduzione dell’attività
carburante, in quanto è proprio all’interno
dello spazio. Ogni veicolo possiede infatti
di famiglia. È all’interno di questo luogo
di una di esse, riconvertita al nuovo uso,
un carisma dato dai colori sgargianti, dai
che si improvvisa per la prima volta non
che la concessionaria è accolta. in questo
solo preparatore di mezzi a due ruote, ma
spazio sono ben visibili due anime: quella
anche progettista di spazi, trasformando un
del marketing, dove a farla da padrona
ponte per le riparazioni meccaniche in una
sono i colori della casa motociclistica
pedana semovente per esporre i veicoli da lui
di cui Martini è rivenditore, e quella
riprogettati.
individuale, dove tutto – dalla disposizione
Nicola Martini, mantenendo fede alle
dei veicoli alla scelta dei complementi di
passioni di gioventù, è oggi venditore e preparatore di motociclette, ma le soddisfazioni più grandi le ha come progettista customizzatore di Café racer. Questi veicoli riprendono la tendenza inglese della prima metà degli anni ’60, quando ordinarie motociclette stradali venivano modificate esteticamente con le sovrastrutture dei più avventurosi veicoli da turismo. Questo tipo di elaborazione portava e porta tutt’ora a una personalizzazione del mezzo che riprende nelle sue linee la 02
personalità di chi lo andrà a guidare.
03
Pensare alla motocicletta in quest’ottica, assimila la professione di Nicola Martini a quella dell’architetto-progettista. customizzare un veicolo vuol dire arrivare al perfetto equilibrio fra tre elementi: la soddisfazione dei sogni del committente, i limiti imposti dal budget e le restrittive prescrizioni che vincolano l’omologazione dei veicoli. se pensiamo al rapporto fra desideri, crisi economica e regolamenti edilizi, il parallelo tra meccanica e architettura è presto fatto. La ricerca portata avanti da Martini però, esula dal solo studio dei veicoli e dagli elementi che possono essere modificati per ottimizzarne le performance. Fin da giovanissimo, indaga gli spazi e gli
01. L’ingresso della concessionaria Triumph su via Tombetta. 02. Una foto d’epoca del distributore di benzina ora trasformato in concessionaria. 03. Gli spazi dedicati all’officina. 04. Una scrambler customizzata da Nicola Martini in bella mostra nello showroom. 04
99
— 81
{DiverseArchitetture} volumi possenti e dall’idea di velocità che trasmette: una personalità quasi futurista. La creatività di Martini si trovava però imbrigliata, all’interno della concessionaria-distributore, in alcuni vincoli commerciali difficili da trasgredire. è in quest’ottica che, da qualche anno, alla rivendita di via tombetta si affianca un altro luogo che si configura come showroom per la parte più creativa dell’attività. Questo spazio accoglie il concept del percorso compiuto fino ad oggi, sublimando la filiera perseguita nella sola attività di vendita. “Mr. Martini è un laboratorio di idee e progetti su due ruote. un luogo dedicato ai desideri delle persone e alla fantasia di Nicola Martini. i sogni sono parcheggiati qui.” Questo “salotto delle motociclette” è accolto in un palazzetto liberty che, con il suo apparato decorativo e l’aspetto decadente, bene si presta a evocare l’heritage del vero brit-style. Qui le moto di Nicola sono a casa, dove il termine è inteso nel senso più stretto dell’abitare: trovare il
05
proprio ambiente naturale in una precisa dimensione spaziale. All’interno dello showroom, infatti, ci sentiamo ospiti in un luogo completamente a misura di motocicletta. Lo spazio svuotato da ulteriori elementi è riempito dai veicoli stessi, accompagnati da elementi di arredo e da finiture dal sapore vintage che incorniciano le “signore della strada”. La luce di due lampadari a gocce e di un’originale abat-jour tiffany di fine ’800 è modulata dalla tinte delle pareti e 07
dalla moquette; specchi con imponenti cornici
05, 06. Gli spazi della concessionaria e dello showroom sono testimoni di una continua ricerca estetica. 07. Il palazzetto liberty di Via Tombetta fa da cornice allo showroom. 08. Tutto trova una precisa collocazione, anche una vecchia colonnina di un distributore di carburante.
sono posizionati a livello pavimento per moltiplicare all’infinito l’immagine delle motociclette. 06
in questo racconto abbiamo compreso come anche le professioni più tradizionali
con il suo temperamento eclettico sdogana
e di conseguenza i luoghi che le ospitano
l’immagine del cultore di motociclette con le
devono per forza, ai giorni nostri, compiere
mani sporche d’olio per motori: Nicola è un
dei viaggi alla ricerca di una nuova
trasformista, sia della sua immagine sia di
interpretazione degli spazi, per poter
quella degli oggetti che incrociano la loro
affermare la propria personalità e raccontare
storia con la sua, siano essi motociclette,
ogni giorno una storia nuova. Martini,
capi d’abbigliamento o spazi.
— 82
•
08
2014 #04
Le frecce di Sebastiano
Il lavoro creativo sui margini del rapporto tra arte e architettura, nell’esperienza di Studiocontemporaneo e del suo artefice
Nome sebastiano zanetti Luogo Verona Attività Arte, DESIGN, grafica, etc. Contatto www. studiocontemporaneo.it
01
Testo: Dalila Mantovani
sebastiano Zanetti ci accoglie nel suo
recuperato, traspare la passione per il suo
formazione artistica alle scuole superiori,
mestiere, la stessa con la quale ci racconta
confrontandosi con tutti gli stili e le forme
la sua esperienza.
d’espressione possibili; scopre e rimane
cresciuto a “pane e architettura”,
particolarmente affascinato dall’arte dei
Studiocontemporaneo, attualmente in fase
grazie all’interesse del padre per questa
writers, che uscendo dal foglio da disegno
di trasloco, dove convivono molte sue opere
disciplina (che però non ha mai professato),
spaziano sui muri o sulle grandi superfici
- alcune già inscatolate - e un angolo di
durante tutta l’infanzia e adolescenza entra
urbane.
salotto dove ci fa accomodare; da ogni
in confidenza con le immagini dei grandi
oggetto, arredo, libro, frammento o materiale
maestri dell’architettura. comincia la sua
99
— 83
La voglia di confrontarsi con altri artisti si fa sentire in maniera preponderante e,
{DiverseArchitetture} nonostante sembrasse predestinato alla
customizer di spazi anonimi o dismessi,
il compimento di ogni sua realizzazione.
facoltà di architettura, decide di proseguire
continua il suo lavoro nelle tre dimensioni,
Non si pone mai come soggetto principale,
la sua ricerca all’Accademia di Belle Arti di
sempre più richiesto per la sua capacità di
ma ricerca, sperimenta, indaga, collabora
verona. Ben presto dimostra il suo talento,
ridare un nuovo carattere ai diversi luoghi:
con altri colleghi e professionisti, fino a
vincendo prestigiose borse di studio ed
come è accaduto per gli uffici della Fis a
trovare la risposta più rispettosa per ogni
esponendo in diversi eventi e gallerie, sia in
Oppeano, oppure per il vano scale principale
specifico progetto e per le persone che ne
italia che all’estero.
della Points of view a Milano. Grazie alla
usufruiranno. Nel suo metodo di approccio,
sua formazione di artista, Zanetti rinnega il
quello che conta non è tanto il risultato
riconoscimenti, sebastiano sente però che
white cube, che rende freddi o impersonali
- che può essere un successo o anche un
la sua ricerca si dovrebbe focalizzare su
molti spazi, e tratta l’architettura come
fallimento - quanto il processo che lo ha
obiettivi ancora più impegnativi: uscire
fosse un elemento decorativo: la esalta o la
generato. L’ultima sua ideazione, “idottini”,
dalle due dimensioni di un foglio o di
stravolge, come se si prendesse gioco di essa,
è un prodotto in continua evoluzione e
un muro per sperimentare la sua capacità
marcando i suoi gesti con colori molto accesi
condivisione: partendo dalla forma semplice
creativa nello spazio. La grande opportunità
e decisi che appartengono allo stile dei
di una coppia di portacandele, rigorosamente
arriva quando rFi - Ferrovie dello stato gli
murales, di cui è figlio. Logica che applica
lavorata a mano, Zanetti vuole proporre a
chiede di riqualificare il sottopassaggio
anche quando interviene in un contesto
diversi artisti o disegnatori delle varianti
della stazione di Dossobuono, in provincia
tutt’altro che degragato, come avvenuto per
sul tema in termini di materiale, colore o
di verona, opera che dà il via a una serie
la linea di tappeti realizzata per il ModFive
qualunque altra personalizzazione, così che
di interventi analoghi già presentati
Living hotel di sandrà.
ogni tiratura sia nuova, unica e mutevole.
Appagato in età giovanile da tali
sulle pagine di questa rivista (cfr.
sebastiano sa contraddistinguersi
La stessa natura non celebrativa, ma di
Architettiverona 86, pp. 92-93, e 89, pp. 34-
sostanzialmente per la sua “anima di
apertura e ricerca, si trova anche nelle sue
37).
artista”, dotata di grande sincerità e
opere di design e nelle sue installazioni.
lealtà, dalla quale si lascia guidare per
Questa metodologia ha dato vita all’opera
Dopo essersi fatto conoscere anche come
02
01. Progetto cromatico e della segnaletica verticale negli uffici FIS, Oppeano (Vr), 2012 (foto di Alessandro Gloder). 02. Modelli di studio per “Augh!”, lampada da terra in lamiera piegata, opalino e led, 2013. 03. Linea di tappeti per ModFive Living Hotel, Sandrà (Vr), 2009. 04. Installazione “Compro odio” presso SPAC, Buttrio (Ud) durante la mostra Lavoro Work Vore.
04
03
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2014 #04
05
06
“compro odio (oro)”, presso la mostra Lavoro Work Vore a Buttrio (uD), che vuole essere una ironia - e verità - su una attività commerciale piuttosto florida in questo periodo; e alla lampada da terra “Augh”, che sceglie la pianta quadrata e la geometria rettangolare rastremata in cima, per seguire le forme spigolose dell’angolo che è il luogo dove alloggiano le piantane, così da evitare gli spazi vuoti. Studiocontemporaneo ha ottenuto oggi una sufficente notorietà, nonostante si scontri quotidianamente con i pregiudizi nei confronti del lavoro creativo. sebastiano è una figura di artista molto eclettica che ama lavorare al confine tra arte e architettura
07
- e in quanto tale rientra nel novero dei diversiarchitetti - in un clima di costante ricerca e mutevolezza, ma che pone sempre al primo posto l’uomo, ossia colui per il quale arte, design e architettura hanno ragione di esistere, al di là di recinti, definizioni e campi d’azione specialistici. 08
99
— 85
•
05.-07. “Idottini”, prima edizione, 2013: packaging, disegno tecnico e veduta. 08. “Notes pour une nouvelle colonne vertébrale”, stampa serigrafica in due colori, 2012.
Le fortificazioni della Grande Guerra
99
Comuni della Lessinia
Dopo il 1866, quando il Veneto passò al Regno d’Italia, il confine con l’Austria venne a trovarsi sulla linea dell’attuale demarcazione tra il Veneto e il Trentino Alto Adige, ponendo la città di Verona praticamente sul limite territoriale del Regno. Sul lato nord-orientale di Verona, sulle propaggini dei monti Lessini, si costruirono forte Castelletto (1885/primi ‘900), forte San Briccio (1885) e la batteria Monticelli (1888), con l’obiettivo di controllare le valli alpine che si aprivano verso la pianura e difendere la strada proveniente da Vicenza. Tra il 1908-1911 si realizzano i forti corazzati di Monte Tesoro, Santa Viola e l’aggiornamento difensivo di forte Castelletto e Masua. La militarizzazione del territorio pre-alpino portò a profonde trasformazioni del territorio, con la costruzione di nuove strade, ponti, acquedotti, fontane, linee teleferiche, linee telefoniche, caserme, comandi, ospedali, polveriere, ecc. Le piccole Malghe di alpeggio e le case dei paesi diventarono caserme. I paesi conobbero una nuova economia, quella dei servizi di guerra: panifici, lavanderie, botteghe di fabbri, maniscalchi, carpentieri, ecc., mansioni legate all’attività estrattiva e delle opere stradali, edilizie, ecc. Tra il 1915 e il 1918 in Lessinia era stimata la presenza di circa 20.000 soldati, ai quali bisogna aggiungere più di 5.000 operai impegnati nelle opere di difesa; ciò portò quest’area di confine, poco abitata e priva di strade, ad una profonda e rapida trasformazione i cui esisti sono ancor oggi leggibili nell’assetto insediativo ed infrastrutturale del territorio. Testi e Foto: Fiorenzo Meneghelli
•
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2014 #04
1 2
3
1 1883-1884 forte masua Fumane Costruito in posizione dominante sul versante del Monte Pastello, a controllo della Valdadige, è il punto di saldatura tra le opere difensive della valle dell’Adige e quelle del fronte lessinico poste sul fronte italiano. Il forte, a pianta poligonale, era circondato da un fossato difeso da due caponiere e da un tamburo sul fronte di gola. All’interno erano presenti cisterne per l’acqua potabile e tutta la serie delle infrastrutture logistiche necessarie alla vita della guarnigione di circa 840 uomini. Nel 1904 vi si progettò l’inserimento di una moderna batteria in calcestruzzo, realizzata poi nel 1910, costituita da sei installazioni a pozzo armate con cannoni da 149A in cupola corazzata. L’opera si pone sul fronte di gola dell’esistente forte come un enorme blocco in calcestruzzo, posto trasversalmente all’ordinamento ortogonale degli altri manufatti. Il risultato finale è un complesso fortificato in cui vi è una perfetta integrazione tra strutture concepite in tempi successivi, con caratteristiche tipologiche e con materiali diversi. Il forte è oggi di proprietà privata.
4
5
6
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2 1905-1911 FORTE MONTE TESORO Sant’Anna d’Alfaedo Il forte è articolato su tre livelli circondati da un fossato, da cui si accede ad una galleria blindata che si snoda lungo tutto il fianco sud-est. L’ingresso avviene da una caponiera che conduce ai locali destinati a sala per il generatore di energia elettrica, magazzino, cucina, camerate per ufficiali e truppa, infermeria, confezionamento e caricamento proiettili, ecc. Due scale simmetriche conducono ai livelli superiori, al primo piano con i dormitori e i magazzini di artiglieria, mentre al secondo vi sono sei batterie in pozzo con cannoni da 149A, le riservette, l’osservatorio, il comando. Una galleria scavata nella roccia collega il forte a una polveriera. Le caserme, poste lungo la strada di accesso all’opera, sono edifici in linea su due piani con interposto un blocco per i servizi igienici, con magazzini al piano terra e alloggi degli ufficiali e della truppa alprimo piano. Il forte, già di proprietà del demanio pubblico, è ora passato al Comune di Sant’Anna d’Alfaedo.
3 1908 FORTE SANTA VIOLA Grezzana L’accesso al forte avviene da una caponiera posta nel fossato. I locali del piano terra sono destinati a generatore elettrico, magazzini, laboratori, cucina, infermeria, ecc.; una scala interna porta ad una galleria sotterranea che conduce alla polveriera. Al centro del manufatto vi è una scala in pietra che conduce ai livelli superiori: al piano primo vi sono i dormitori per la guarnigione e i magazzini di artiglieria; al piano secondo vi sono le quattro batterie corazzate con cannoni in grado di ruotare a 360 gradi, e l’osservatorio. La bocca da fuoco ospitava, nella cupola Armstrong, il cannone in acciaio da 149A, in grado di sparare un proiettile del peso di 40 kg a una distanza di oltre undici chilometri. Il comune di Grezzana, proprietario del forte, ha in atto un intervento di recupero con la Comunità Montana della Lessinia per destinare il forte a centro di accoglienza per il turismo giovanile e Museo della Lessinia.
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2014 #04
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4 1885 FORTE SAN BRICCIO Grezzana
1885 FORTE CASTELLETTO Verona
Costituisce l’elemento di cerniera tra i forti del campo trincerato austriaco di Verona ed i nuovi forti italiani della Lessinia. Presenta una forma trapezoidale, di scuola austroprussiana, con il fronte principale e il fronte di gola rettilinei e paralleli, e le postazioni di artiglieria poste sul terrapieno perimetrale. Al suo interno si trovano i locali per ricoveri della truppa, magazzini, laboratori di artiglieria, infermerie, ecc. Il forte è ora passato dal demanio pubblico al Comune di Lavagno.
A pianta pentagonale irregolare, già nel 1908 fu trasformato in un forte corazzato. I pochi ruderi rimasti sono oggi di proprietà privata.
6 1885 BATTERIA MONTICELLI Lavagno È stata costruita contemporaneamente ai forti Castelletto e San Briccio e fu terminata nel 1888. Il forte, di cui oggi sono rimasti pochi ruderi, è di proprietà privata.
7 1915-1917 LE TRINCEE DELLA LESSINIA
Realizzate allo scoppio del primo conflitto mondiale, erano parte dell’iniziale linea di difesa che si estendeva per oltre quindici chilometri seguendo per la maggior parte i ciglioni e i margini settentrionali dei Lessini. Alla fine del 1917, dopo Caporetto, l’area fu interessata da una riorganizzazione difensiva che prevedeva la realizzazione di tre linee fortificate. In totale, le opere difensive realizzate possono quantificarsi per una lunghezza di circa 34 chilometri e per una superficie di circa 100 chilometri quadrati, ed erano costituite da reticolati, bocche da fuoco, ricoveri in caverna per uomini e provviste, baracche in legno per ospitare la truppa e gli ufficiali, camminamenti, strade, ecc. Le principali località in cui si possono ancora incontrare resti o semplici tracce di queste opere difensive sono: da malga Pedocchio a Castelberto; da cima l’Aguz a Cima Mezzogiorno; da cima Sparavieri a Malga Nazzaro; da Bocca del Vallone a Passo Malera.
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8 1905-1914 FORTE BOCCHETTA DI NAOLE Caprino Veronese Fu realizzato dagli italiani sulle propaggini del Monte Baldo a 1675 m di quota, in località Bocchette di Naole. La sua funzione era quella di contrastare un possibile attacco austriaco dal vicino confine. Costruito su due livelli posti su terrazzamenti naturali, era dotato di quattro cannoni da 149/35 posti in torrette corazzate e girevoli. Una caserma per alloggiare la truppa era situata più a valle. La struttura è di proprietà privata.
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11 1884 TAGLIATA DI INCANAL Caprino Veronese Costruita a ridosso della parete rocciosa del monte, aveva il ruolo di “sbarramento” della riva destra dell’Adige. L’opera difensiva era articolata in due corpi: uno sbarramento stradale e una batteria alta, collegati tra loro. Lo sbarramento, costituito da una fortificazione trasversale alla strada che da Incanal conduce a Rivoli, da un lato si
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1962 FORTE CIMO GRANDE Caprino Veronese
1888-1913 FORTE SAN MARCO Caprino Veronese
È stato costruito a sud dell’abitato di Spiazzi, su uno sperone roccioso a picco sulla Valdadige. Rappresenta l’opera fortificata tecnicamente più avanzata di tutto il fronte difensivo della Valdadige. Era armato da quattro cannoni posti in torrette corazzate girevoli collocate in una grande struttura in calcestruzzo, protetta a nord da un ampio fossato scavato nella roccia e collegato da una galleria ad una sottostante caserma. Di proprietà pubblica conserva le strutture murarie del forte e quella della caserma.
Situato sul monte Cordespino a 451 m di quota, è stato costruito dagli italiani quale avamposto di difesa della bassa valle dell’Adige contro l’area trentina tenuta dagli austriaci. La pianta e il profilo di questa vasta ed imponente fortificazione adottano una forma stretta e allungata, perfettamente integrata sul contrafforte roccioso a picco sull’Adige. Il complesso difensivo è articolato in due cortili interni delimitati da strutture murarie in pietra e laterizio, su cui affacciavano i locali di servizio (caserme, sale, depositi munizioni). Le artiglierie con postazioni in barbetta erano distribuite sugli spalti esterni e sul traversone interno, con le batterie in casamatta ai livelli inferiori. L’ingresso avveniva da un ponte levatoio protetto da un tamburo di gola. Collocato in posizione dominate sulla Valdadige, il forte è raggiungibile sia dalla strada proveniente da Caprino sia da quella militare (1883) che arriva dalla Tagliata di Incanal. Di proprietà privata, è oggi in abbandono.
collega alla parete rocciosa e dall’altro, attraverso un lungo terrapieno, giunge all’Adige. L’opera fortificata, oggi di proprietà privata, è stata parzialmente demolita a causa dell’ampliamento della strada e, con la costruzione dell’autostrada, è del tutto scomparso il terrapieno difensivo di collegamento con il fiume Adige.
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12 1850-1851/1881/1884-1885 FORTE DI RIVOLI e BATTERIA BASSA Rivoli Veronese Sul luogo in cui Napoleone sconfisse gli Asburgo, gli austriaci realizzarono il forte di Rivoli, intitolandolo al generale Wohlgemunth. Posto sulla riva destra dell’Adige, era collegato con una strada all’abitato di Ceraino, sede del comando dei forti, e allo sbarramento stradale della Chiusa Veneta. Era costituito da un corpo principale a torre, a forma di cilindro aperto, articolato su due livelli con postazioni di fucileria al piano terra e artiglierie in casamatta al piano superiore ed in copertura. In seguito all’annessione all’Italia, il forte austriaco fu modificato con l’inversione del tiro delle artiglierie, nel 1881, e la realizzazione della Batteria Bassa, tra il 1884-85. Ulteriori modifiche comportarono l’inserimento di un’ala difensiva a pianta rettangolare, raccordata al corpo cilindrico originario, la riconfigurazione del cortile e lo spostamento del portale d’ingresso. Fu in questo modo che le nuove bocche da fuoco casamattate poterono efficacemente battere dalla chiusa
di Ceraino al fiume Adige. L’intera struttura poteva ospitare circa 130 uomini. Fino agli anni ‘80, il forte è stato utilizzato dall’esercito italiano come polveriera ed in seguito il demanio militare lo ha concesso in uso al comune di Rivoli. Oggi, la struttura è visitabile e all’interno delle sale è stato ricavato un museo della I Guerra Mondiale. La Batteria Bassa fu realizzata su un piazzale posto immediatamente a nord del forte di Rivoli, con lo scopo di battere con le artiglierie lo sbocco della Valdadige. Il vasto cortile interno, la piazza d’armi, è delimitato da locali in muratura ricoperti di terra, nei cui volumi interrati erano ricavate camerate per ospitare 120 uomini, locali di servizio, magazzini, casematte, una cisterna d’acqua e la polveriera. Sopra il terrapieno di copertura vi erano le postazioni di artiglieria in barbetta. Oggi, la struttura in uso al Comune di Rivoli è gestita da un’associazione di volontari che ne garantisce la conservazione e la visita.
Forte Wohlgemunth (1850-1851) Intervento italiano: inserimento nuovo corpo difensivo (1881) Intervento italiano: Batteria Bassa (1884-1885)
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13 1841-1842 FORTE CERAINO Dolcè Intitolato al luogotenente feldmaresciallo Johann von Hlavaty, architetto militare che diresse varie opere fortificate a Verona, e realizzato con murature composte da grossi conci squadrati di pietra locale, il forte è situato a metà altezza tra lo sbarramento della Chiusa Veneta e forte Monte. Il progetto originario prevedeva un recinto dall’andamento irregolare, con all’interno due corpi difensivi articolati in diverse altezze con funzione di caserma. Nel suo perimetro erano disposte le artiglierie in casamatta. Dopo l’annessione al Regno d’Italia, il forte conservò il suo armamento e nel 1884 fu ammodernato cambiando la direzione di tiro verso nord. Un fossato scavato nella roccia circondava il forte, e l’accesso avveniva da un ponte levatoio posto sul fronte di gola. In epoca austriaca la guarnigione era composta da 180 uomini con sedici pezzi di artiglieria. Dopo essere stato utilizzato dall’esercito italiano come deposito di munizioni, è oggi abbandonato.
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1975 FORTE MONTE Sant’Ambrogio di Valpolicella
1849-1851 CHIUSA VENETA Dolcè
Costruito dagli austriaci sul declivio del Monte Pastello e dominante sulla Valle dell’Adige, era collegato al Forte Ceraino attraverso una strada militare. Dedicato al generale Anton von Mullinary, venne realizzato con murature di grosso spessore in conci di pietra rosso ammonitico, mentre le volte a botte erano in mattoni. Sul fronte di gola, un ponte levatoio consentiva l’accesso al forte, articolato su tre livelli. Lo stesso fronte di gola era costituito da un alto recinto con ridotto sulla linea di fuoco, integrato a valle da tre batterie casamattate. Un largo e profondo fossato circondava il muro, staccato dal monte per tutto il suo perimetro. Dotato di una ventina di bocche da fuoco, ospitava un centinaio di uomini, che potevano raddoppiare in tempo di guerra. Nel 1866, con il passaggio del forte all’Italia, si progettò lo spostamento del fronte offensivo da sud a nord, opera poi non realizzata.
È rappresenta da una strettoia naturale storicamente utilizzata per il controllo della strada che collega il nord (ValdadigeBrennero) con il sud (Verona - Pianura Padana). La fortificazione austriaca Etschklause, posta in sinistra dell’Adige in direzione di Verona, doveva costituire uno sbarramento difensivo attraverso cui passavano la strada e la ferrovia. Il forte, delimitato dal fossato, era attraversato dalla strada, che entrava da due portoni dotati di ponte levatoio, e dalla ferrovia, che passava in un secondo cortile, ad una quota più elevata. L’allargamento dell’attuale strada ha causato l’abbattimento di parte del Blockhaus e lo spostamento della ferrovia in posizione più elevata, in galleria. Oggi il forte è in gran parte di proprietà privata.
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Fu fatto esplodere dai tedeschi in fuga nel 1945 e, in seguito, venne utilizzato come cava dai privati che lo acquistarono.
Fonti: F. Meneghelli, Un territorio fortificato, edizioni Terraferma, 2011 Immagini: archivio Fiorenzo Meneghelli Impaginazione: Loris Mirandola
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www.architettiveronaweb.it Dal 1 ottobre 2014 è online Architettiveronaweb. L’affiancamento progressivo del sito alla rivista cartacea si pone l’obiettivo di una maggiore attenzione all’attualità e al dialogo con i lettori, oltre che di rappresentare un contenitore-archivio digitale dei materiali raccolti ed elaborati nel tempo. Il cantiere continua... RIVISTA / PROGETTI / EVENTI / FORUM / ITINERARI / VIDEO / PERSONE
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ISSN 2239-6365
Terza edizione — Anno XXII — n. 4 Ottobre/Dicembre 2014 — Autorizzazione del tribunale di Verona n. 1056 del 15/06/1992 Poste Italiane spa — spedizione in abb. postale d.i. 353/2003 (conv. in I.27/02/2004) — art. 1, comma 1, dcb verona
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Il paesaggio della quiete: memoriale di Costermano — Opera prima, ultima dimora — Doppia soglia — Il parcheggio (quasi) eterno — La memoria errante — Paesaggio dopo la battaglia — Quelli della Notte al Museo — Concorso: una cantina per Negrar — Lavori in corso ai Magazzini Generali — Itinerario: le fortificazioni della Grande Guerra.
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