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Jack Alemanno e la Spolpo Blues Band

PERSONE, LUOGHI E MESTIERI

Fondata a Bolzano nel 1981, la Spolpo Blues Band ha festeggiato i quarant’anni di attività ininterrotta con l’immutata energia della sua formazione di musicisti più longeva, costituita da Agostino Accarrino, fondatore della band, Eric Siviero, nel gruppo dal 1987, Paolo “Jack” Alemanno, dal 1990, Werner “Haifisch” Heidegger, dal 1995, e Alex Trebo, dal 2000. L’anniversario si è celebrato con quattro concerti in Sudtirolo: a Merano, a Monte Cavallo, a Passo delle Erbe in Val Badia e a Laives. Jack Alemanno ha raccontato all’Erker la sua esperienza personale nella Spolpo Blues Band.

Suoni nella Spolpo Blues Band già da 31 anni, come l’hai conosciuta? Nel 1979, quando avevo 13 anni, con mio fratello Bob, Fabio Biondi e Walter Rieder abbiamo formato il gruppo ARBAnd. Oltre alle varie prove nella soffitta di casa nostra e ai vari concertini, capitava anche di fare qualche giro in macchina tutti insieme per acquistare strumenti o per andare a sentire altre band. Nel 1982 un manifesto annunciava un Open Air all’Alpe di Siusi e tra i gruppi in scaletta c’era la Spolpo Blues Band. Ricordo la splendida cornice dell’Alpe, una giornata solare e un gruppo fuori dal comune, fuori dagli schemi, con un livello tecnico straordinario, tanto da farmi scordare chi avesse suonato oltre alla Spolpo. Cosa avrei dato per entrar a far parte di una band così… Destino ha voluto che nel gennaio 1990 il loro chitarrista, Werner Bauhofer, mi chiedesse se fossi disposto a suonare qualche data con loro e... E poi sei rimasto a suonare con loro per oltre trent’anni... Quando sono entrato a farne parte ho potuto capire da vicino La Spolpo Blues Band al Music Lab di Vipiteno

l’essenza del gruppo e mi ci sono identificato da subito. Negli anni è diventata una band sempre più promettente ma il suo scopo non è mai stato quello di raggiungere il successo. Il grande pregio del gruppo è che davanti a 15 persone in un pub suona come se si trovasse in uno stadio davanti a 10.000. È un approccio al pubblico che si può tradurre in una sorta di missione musicale. In un certo senso ci potremmo paragonare ai Blues Brothers, sia per le molte avventure che abbiamo vissuto sulla nostra pelle, sia per lo spirito con il quale affrontiamo i concerti. Penso che sia proprio per questo che la band ha influenzato tantissime altre band qua in regione, non tanto per le nostre canzoni - perché noi suoniamo prevalentemente cover - ma più che altro proprio per questo approccio divulgativo, per lo stile e per la passione musicale epidemica che trasmette la Spolpo. Per la Spolpo Blues Band la missione essenziale è sempre stata quella di portare la musica in giro, divertire divertendosi. La più grande ricompensa per noi infatti è vedere la gente che balla, che si svaga e apprezza come suoniamo. Hai parlato di cover, qual è il vostro genere dominante e quali sono i vostri autori di riferimento? Il nostro genere è un blues rock e la musica che ci piace e che ci ispira di più è senz’altro quella dei Rolling Stones, dei Cream o dei Lynyrd Skynyrd e facciamo anche cover di Jimi Hendrix, di J.J. Cale e di altri. I pezzi che proponiamo però si trasformano, li plasmiamo finché a un certo punto diventano nostri. Questa trasformazione è sempre un processo naturale, non è il risultato di uno studio, dipende dal nostro modo di suonare. Abbiamo una formula sinergica che funziona alla perfezione, un’intesa istintiva nel portare la musica dove vogliamo che si sprigiona e si sviluppa nel momento stesso in cui suoniamo. Se decidiamo di fare alcuni brani nuovi, li proviamo individualmente e poi quando ci troviamo amalgamiamo le singole esecuzioni. Le prove che facciamo sono pochissime, perché tanto sappiamo che nel corso di un concerto non suoneremo mai i pezzi così come li abbiamo provati: c’è ampio margine per l’improvvisazione e gli arrangiamenti spesso sono estemporanei. Di concerto in concerto l’esecuzione migliora o comunque è sempre diversa e, tra di noi, abbiamo raggiunto un grado d’intesa che è davvero raro. Per quanto mi riguarda, nella Spolpo riesco a esprimere il mio meglio assoluto sia per l’ottimo livello dei musicisti, ma anche per una flessibilità, una disponibilità all’improvvisazione e un’intesa che mi hanno sempre stimolato molto. Ho suonato

con una novantina di band, ma la Spolpo mi ha dato la possibilità di esprimere al massimo la mia identità musicale. Quest’anno, proprio nella ricorrenza del quarantennale, avete organizzato solo quattro date. È stata una scelta, abbiamo voluto essere cauti innanzitutto per le limitazioni della pandemia, perciò abbiamo programmato quattro date significative, ovvero una per decennio di vita della band. E poi abbiamo scelto di proporre le serate in luoghi rappresentativi, posti in cui in passato abbiamo fatto concerti ben riusciti e che sapevamo avrebbero offerto una buona accoglienza e una bella atmosfera. In previsione dei concerti abbiamo lavorato al Music Lab e bisogna dire che, oltre a essere per due quinti vipitenesi, i membri della Spolpo Blues Band qui a Vipiteno sono di casa. Perché oltre a te nel gruppo c’è anche il bassista vipitenese Haifisch... Haifisch, Gianni Ghirardini ed io suoniamo insieme dagli anni Ottanta, prima nella Gianni Ghirardini Blues Band e poi nella PANGEA. Quando nel 1995 è uscito dalla Spolpo Blues Band il bassista Walter Kustatscher, era mio grande desiderio che il suo posto venisse preso da Haifisch, perchè con lui il mio modo di suonare si fonde benissimo e, una volta entrato Haifisch, è stato chiaro a tutti che era proprio il bassista giusto per il gruppo. Bisogna anche ricordare che nella nostra band sono rappresentati i tre gruppi linguistici sudtirolesi, italiano tedesco e ladino, visto che il tastierista Alex Trebo è della Val Badia. La Spolpo Blues Band ha fatto anche da gruppo spalla a musicisti importanti Sì, nel 1996 abbiamo condiviso il palco con Zucchero al concerto invernale a Plan de Corones, poi nel 2008 ci ha voluto lui come gruppo spalla al Palaonda di Bolzano. In un’occasione speciale, un concerto privato a Chiusa, abbiamo suonato anche con Alvin Lee dei Ten Years After, un musicista che ha suonato a Woodstock nel 1969. Inoltre, una decina di anni fa, abbiamo avuto come ospite della band Andrea Braido, un bravissimo chitarrista trentino che ha anche suonato con Vasco e con Mina. Proprio come i Blues Brothers gli Spolpo hanno suonato spesso per beneficenza. Abbiamo amici e fan della Spolpo che ci hanno invitati più volte a suonare per iniziative benefiche, nel corso degli anni ci hanno chiamati diverse associazioni, ad esempio abbiamo suonato spesso per Emergency a Merano e per la Pro Positiv a Laives. Abbiamo girato per tutta la regione, ma siamo stati invitati a fare concerti anche più lontano, in Germania e all’Isola d’Elba. Anche questo forse racconta la band nel suo approccio alla musica: non c’è mai stata quella smania per l’autopromozione, per il successo a tutti i costi, eppure siamo sempre stati invitati a suonare in giro. Le energie della Spolpo si sono sempre spese più per la musica dal vivo che per le questioni di contorno e si potrebbe dire che è la qualità della musica a promuovere la nostra band e non il contrario. cf

Per approfondire: Paolo “Crazy” Carnevale, Spolpo Files. Una storia altoatesina, Edizioni Alpha Beta, Merano 2008

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