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Global Il consumattore, protagonista di nuovi processi di consumo fondati su valore, semplicità, ambiente e qualità della vita The consumactor, a key player in new consumer patterns based on value, simplicity, the environment and quality of life

Projects Architettura e prodotto nel mercato del futuro, per una nuova dimensione etica dell’abitare Architecture and products in the market of the future, toward a new ethical dimension of living

News Padiglione italiano all’Expo di Shanghai: modello urbano costruito sull’uomo Italian Pavilion at Shanghai Expo: an urban model centered on man ITCLab premiato con il Green Good Design Award 2009: progetto innovativo di architettura industriale ITCLab wins the 2009 Green Good Design Award as innovative industrial realization



Rivista semestrale pubblicata da Six Monthly Magazine published by Italcementi Group via Camozzi 124, Bergamo, Italia Direttore responsabile Editor in Chief Sergio Crippa Caporedattore Managing Editor Francesco Galimberti Coordinamento editoriale Editorial Coordinator Ofelia Palma Realizzazione editoriale Publishing House Arcadata srl Redazione Editorial Staff Elena Cardani, Elena Tomei Autorizzazione del Tribunale di Bergamo n° 35 del 2 settembre 1997 Court Order n° 35 of 2nd September 1997, Bergamo Law Court

Il ConsumAttore intelligente

■ Global ■

■ News ■

Il ConsumAttore The ConsumActor

Pleasure In The Time Of Recession

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I consumatori? Diventano attori!

The Consumers They Are A-Changin’

Intervista a Paul Flatters

Interview with Paul Flatters

Giuseppe Minoia

Bipolare, esigente, infedele

Bipolar, Exacting, Unfaithful

Bill Emmott

Non è ancora una nuova era

The New Age Will Have To Wait A While

aV

CONSUMI

CONSUMPTION

Intervista a Pietro Ferrero

Interview with Pietro Ferrero

CONSUMI

CONSUMPTION

Intervista a Umberto Paolucci

Interview with Umberto Paolucci

Più qualità e fiducia

A Legacy Of Prudence

Intervista a Ann M. Mack

Interview with Ann M. Mack

Maurizio Vitta

Il futuro dopo la tempesta

Future From The Storm

Testi a cura di / Texts by Arcadata

Non è lì

It’s Not There

Biennale Miami+Beach – concorso di architettura non costruita

Bienal Miami+Beach – unbuilt architecture competition

Sotto l’ultimo cielo

Under The Last Sky

eVolo – concorso annuale sul tema del grattacielo

eVolo – annual competition on skyscrapers

Mastri del cambiamento

Masters Of Change

Struere – think-tank di ricerca e innovazione architettonica

Struere – think-tank of architectural research and innovation

Soffi nello spazio

Blowing In Space

Architetti galattici – idee avanzate e nuovi campi applicativi nel mondo spaziale

Galactic architects – cutting-edge ideas and new fields of application in the world of space

Come una terra galleggiante

Like A Floating Land

Vincent Callebaut – itinerari di architettura futuribile

Vincent Callebaut – pathways to futuristic architecture

Licenza di innovare

Licence To Innovate

IaaC – concorso di architettura avanzata

IaaC – advanced architecture contest

Dignitas

Dignity

Innovazione verde

Green innovation

Patto per l’ambiente

Pact for the environment

Il paese dell’energia

Energyland

Al servizio della Terra

Gotta serve the Earth

Cemento rapido in arrivo

Fast cement coming

La coerenza del “migrante”

The loyal “migrant”

Cover, rendering of the floating ecopolis Lilypad

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Technology Beyond The Crisis

Un’eredità di prudenza ■

More Quality And Trust

Tecnologia oltre la crisi

Copertina, rendering di Lilypad, l’ecopolis galleggiante

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Il piacere al tempo della recessione

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André-Yves Portnoff

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■ Projects

The Smart ConsumActor

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Chiuso in tipografia il 15 dicembre 2009 Printed December 15, 2009


Il ConsumAttore intelligente The Smart ConsumActor

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mi, Ocse, Bce, tutti d’accordo nel dire che l’economia globale sembra emergere dalla peggiore crisi economica dei nostri tempi. Avvertono, tuttavia, che la ripresa sarà “lenta” e “fragile” e invitano i governi a “continuare nei piani di stimolo” alle economie, perché “la crescita della disoccupazione e la debolezza del mercato immobiliare continuano a comprimere i consumi”. Se è vero che da sempre le crisi hanno causato una contrazione di spesa, è anche vero che l’attuale congiuntura ne ha messo in discussione l’intero impianto culturale. La nostra epoca ha visto i marchi manipolare e modificare le abitudini di consumo e di acquisto, i prodotti hanno pensato al nostro posto, la pubblicità ci ha insegnato a desiderare e il mercato ha soddisfatto i nostri desideri. Quando è sopraggiunta, la crisi economica ha trovato da un lato consumatori schiacciati sotto il peso di slogan, testimonial, icone, messaggi e offerte commerciali, e dall’altro case produttrici impegnate a catturare l’attenzione e pilotare le decisioni d’acquisto. Erano gli anni del credito facile, del marketing consumer-oriented, della produzione finalizzata non a ciò che i consumatori realmente desiderano, ma piuttosto a ciò che i consumatori credono di desiderare. Soprattutto, erano gli anni della presunzione di credere che le banche avrebbero finanziato ogni nostro desiderio. Adesso sappiamo che non è così. Bolla immobiliare, crisi finanziaria, depressione economica e adesso anche la bolla speculativa sulle carte di credito. La recessione ci costringe a “rieducare” i nostri desideri e a spingerli in altre direzioni, riconsiderare ciò che è importante e ciò che non lo è, finanziare i nostri sogni più autentici e distinguerli dalle smanie effimere e transitorie: semplicità, qualità e valore diventano così le leve di induzione all’acquisto. Non solo, il nuovo consumatore non sembra permettere oltre che mercato e pubblicità decidano per lui: forum e community del web, discount, promozioni, lo informano e lo educano a confrontare, vagliare e quindi scegliere di maniera indipendente. È questo carattere di “intelligenza” il vero fatto nuovo del consumismo post-crisi: non prerogativa delle classi più colpite dalla recessione ma fenomeno in crescita anche presso le fasce sociali ad alto potere d’acquisto. Più che di contrazione di spesa è quindi giusto parlare di reindirizzamento dei nostri bisogni verso aree di consumo intelligenti, dove sarà “smart” acquistare un bene sostenibilmente sano, prodotto da aziende responsabili quanto a tutela e valorizzazione dei lavoratori, salvaguardia dell’ambiente, attenzione e rispetto del cliente. Aziende che sappiano parlare ai sentimenti, alla ragione e alle tasche dell’Homo consumens. Resta da chiedersi se questa condotta intelligente durerà anche a crisi superata: da un lato c’è chi sostiene che il ritorno alla frugalità, intesa non necessariamente come povertà o riduzione dei consumi ma come scelta del non-superfluo, finirà con l’imprimersi nella nostra memoria implicita influenzando i nostri comportamenti futuri anche senza raggiungere il livello conscio, dall’altro chi invece ritiene che questa voglia di semplicità sia soltanto il mascheramento di una necessità ineludibile, una tecnica di difesa psicologica che permette a chi l’allestisce di affrontare in modo più conveniente e dignitoso una situazione dannosa. Indipendentemente però da quali saranno gli sviluppi futuri, l’esperienza di questa crisi ci insegna a rimodellare strategie e visioni su indici di valore che misurano la crescita della felicità e non quella del prodotto interno lordo. Del resto, “Dei desideri alcuni sono naturali e necessari, altri naturali e non necessari, altri né naturali né necessari, ma nati solo da vana opinione” Epicuro (341-270 a.C.).


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he IMF, OECD and ECB all agree that the global economy seems to be emerging from the worst recession in modern times. They warn, however, that the recovery will be “slow” and “fragile” and invite governments to “continue with their economic stimulus packages” because “rising unemployment and the weakness of the property market are still squeezing consumer spending”. While it is true that crises have always caused spending to fall, it is also true that current economic conditions have brought about a huge ground shift in the entire consumer culture. In recent years, consumer behavior and purchases were manipulated and modified by producer brands, our thinking was dominated by products, advertising stimulated our desires and the market satisfied those desires. The arrival of the economic crisis found, on one hand, consumers under siege from slogans, endorsements, icons, promotional messages and special offers, and, on the other, producers out to capture consumer attention and steer purchasing decisions. The pre-crisis period was a time of easy credit, consumer-oriented marketing, production geared not to consumers’ real needs but to what they thought they needed. Above all, it was a time when we presumptuously assumed the banks would finance all our desires. Now we know they won’t. The property bubble, the financial crisis, the economic depression and now the speculative credit card bubble. The recession is forcing us to “re-educate” our desires in other directions, to take a fresh look at what’s important and what isn’t, to finance genuine dreams and distinguish them from ephemeral, transitory flights of fancy: simplicity, quality and value become the key factors when making a purchase. What’s more, the new consumer no longer seems prepared to allow the market and advertisers to decide for him: he uses web forums and communities, discounts and promotions to gather information, compare offers and then make a decision on his own. This “intelligence” is the real innovation of post-crisis consumerism: and it is not a prerogative of the classes hardest hit by the recession but is also spreading among the sections of society with greatest purchasing power. What is happening is not so much a contraction in spending as a re-routing of our needs toward intelligent consumer areas, where the “smart” approach is to buy sustainable goods, produced by companies who safeguard and empower their workers, protect the environment, listen to and care for their customers. Companies in touch with the feelings, thinking and pockets of Homo consumens. The question remains whether this intelligent behavior will continue once the crisis is behind us: some commentators believe the return to frugality, in the sense not necessarily of poverty or curtailed spending but of a focus on the non-superfluous, will impress itself on our implicit memories, influencing our future behavior at a subconscious level; others believe the desire for simplicity is nothing more than a cover for an unavoidable necessity, a psychological defense mechanism that enables the subject to deal with a damaging situation in a more appropriate, dignified manner. Whatever happens in the future, however, the crisis has taught us to re-model strategies and visions on the basis of indices that measure growth in happiness rather than growth in gross domestic product. After all, “Of desires, some are natural and necessary, others are natural and not necessary, others are neither natural nor necessary, but come from vain opinion” Epicurus (341-270 BC).

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Global

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Il piacere al tempo della recessione Pleasure In The Time Of Recession di André-Yves Portnoff* by André-Yves Portnoff*

I consumatori cambiano. Acquistano simboli e sensazioni. Il contesto in cui si muovono è complesso e instabile. Difficile ogni previsione. L’unica certezza è il cambiamento Consumers are changing. Their purchases focus on symbols and sensations. In a complex, unstable environment, forecasts are difficult. The only certainty is change

André-Yves Portnoff

Valore, semplicità, attenzione all’uomo e alla natura: questi i driver delle decisioni di spesa del consumatore post-recessione, vero attore protagonista delle logiche di mercato. La crisi globale ha cambiato le percezioni e i comportamenti d’acquisto. La stagnazione ha innescato un meccanismo di progressiva perdita di fiducia che ha colpito a livello globale organizzazioni finanziarie, sistemi governativi, imprese e prodotti. Il consumatore è tornato ad analizzare, confrontare, domandare. E, quel che più conta, è tornato a guardare le cose che dava per scontate, prima tra tutte la propria capacità decisionale. Value, simplicity, attention to people and nature: these are the factors driving the purchase decisions of the post-recession consumer, the leading player on today’s marketplace. The global crisis has changed consumer perceptions and behavior. Economic stagnation has triggered a gradual loss of confidence in financial organizations, government, business and products at global level. Consumers have begun to analyze, compare and question. And, most important of all, to take a new look at things they used to take for granted, first and foremost their decision-making power.

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a reazione dei consumatori alla recessione Quando, nel 1946, si abbatté sul Bengala una grave carestia, che provocò da uno a tre milioni di vittime, alcune categorie professionali come i barbieri furono colpite più di altre: quando mancano le risorse, i consumatori sacrificano ciò che non è indispensabile o che possono fare da sé, come tagliarsi barba e capelli. Possiamo quindi aspettarci che l’attuale recessione induca uno spostamento dei consumi su prodotti e servizi meno cari, su quei beni più materiali che costituiscono la base della famosa piramide di Maslow. In realtà questa visione riduce un po’ troppo l’essere umano a un meccanismo e non permette di spiegare i comportamenti dei consumatori osservabili attualmente e, ancor meno, di prevedere quali saranno in un contesto che negli anni darà più che mai ragione al precetto di Buddha secondo cui l’unica certezza è il cambiamento. I dati delle vendite al dettaglio giunti dalle due sponde dell’Atlantico mostrano un’instabilità con cui dobbiamo imparare a fare i conti. Negli Stati Uniti, a marzo 2009, dopo due mesi di crescita, gli acquisti al

dettaglio sono calati del 9,7% rispetto all’anno precedente. A settembre 2009, dopo altri quattro mesi di crescita, si è registrato un nuovo calo… Secondo il Pew Research Center, due americani su tre hanno avuto problemi economici e l’80% dichiara di aver preso almeno una misura di riduzione delle proprie spese per far fronte alla recessione.1 In Francia, l’aumento dei consumi di prodotti manufatti, regolare da anni, si è fermato all’inizio del 2008, lasciando il posto a piccole oscillazioni, il più delle volte al di sotto dei 20 miliardi di euro al mese.2 Per capire cosa sta accadendo e poter agire sugli eventi futuri, bisogna osservare più da vicino i comportamenti. La prima considerazione che ne scaturisce è che niente è definitivo. Le aziende di acqua minerale erano abituate da trent’anni a un regolare aumento delle vendite, nell’ordine di un 12% annuo negli ultimi anni. Il 2008 ha segnato una battuta d’arresto, con un calo del 7,5% in Francia, dove nei ristoranti i clienti che hanno ordinato una caraffa di acqua del rubinetto sono stati il 15% in più, secondo l’NPD. Le acque naturali sono state colpite più di quelle gassate e da ciò si potrebbe concludere

che i consumatori stiano razionalizzando le spese e cercando di fare economia. La realtà è però più complessa perché anche le campagne di denigrazione che rimproverano, a torto o ragione, alle acque in bottiglia il loro costo ecologico hanno avuto una certa influenza. Inoltre, la ricerca del risparmio non spiega l’aumento in Gran Bretagna delle vendite di bibite e, ancor meno, il fatto che, nel primo semestre del 2009, i clienti degli ipermercati e supermercati francesi abbiano acquistato il 5% in più di whisky e il 15% in più di vodka. Allo stesso modo, i francesi lamentano un aumento, peraltro sovrastimato, del prezzo del pane, ma continuano a consumarlo: nel primo trimestre del 2009, le vendite di pane tradizionale francese, di alto livello, sono addirittura aumentate del 10%. Per Pascale Hebel du Credoc, questo tipo di pane è considerato un “piacere accessibile”, un “simbolo” secondo lo storico del pane Steven Kaplan della Cornell University (New York), il che spiega come mai “l’approccio razionale non fa presa su di esso”. Si acquista quindi guidati dal piacere e dai simboli? Questa considerazione fa crollare le fredde analisi degli economisti ultraliberali. E conferma l’esame del comportamento delle famiglie povere. La nutrizionista Dominique Poisson3 osserva un eccessivo consumo di alimenti troppo grassi, zuccherati e salati, dovuto alla loro capacità di fornire una soddisfazione immediata, “una compensazione delle frustrazioni e preoccupazioni della vita quotidiana”, e un modo per“calmare l’ansia” a un prezzo modico. Il risparmio, quindi, non è l’unica motivazione, e il fatto che, grazie alle campagne di informazione, tutta la


popolazione sappia che bisognerebbe mangiare “almeno cinque frutti o ortaggi al giorno” poco vale a modificare i comportamenti delle categorie sociali che hanno perso l’abitudine di cucinare e consumano abbondantemente cibi industriali. Anche in questo caso non bisogna razionalizzare al posto dei consumatori: molti disoccupati che “avrebbero il tempo” di cucinare, non lo sfruttano, per abitudine e mancanza di motivazione, nonostante l'“obiettivo” interesse che avrebbero a farlo dal punto di vista sia economico che della salute. Internet più necessaria dell’auto? Cambiamenti nel comportamento e persino nella valutazione sono tuttavia possibili, come dimostra il mercato delle acque in bottiglia, ma anche la definizione stessa di ciò che viene considerato come “necessario” o come “un lusso”. Il Pew Research Center ha appena pubblicato uno studio secondo cui le apparecchiature ritenute necessarie da un crescente numero di americani a partire dal 1973 hanno subito un calo di popolarità tra il 2006 e il 2009. È quanto è avvenuto alle asciugatrici, ai climatizzatori, alle lavastoviglie, che hanno perso da 10 a 20 punti. Il forno a microonde, indispensabile nel 2006 per il 68% delle persone, ora lo è solo per il 47%. Anche il televisore perde 12 punti, scendendo al 52%, mentre il computer resiste meglio con un 50%, ovvero con un calo di popolarità dell’1%, e i telefoni fissi e cellulari si mantengono stabili. La maggior parte delle

persone sotto i 50 anni ritiene indispensabile il cellulare e solo il 49% delle persone sotto i 30 anni considera necessario il vecchio telefono fisso, contro una media del 68% per tutte le fasce d’età. Questi dati vanno confrontati con un sondaggio condotto a fine 2008 da YouGov4 per l’azienda di elettronica AMD nel quale sono stati coinvolti circa 5000 internauti in tutta Europa. Il 77% degli intervistati ha affermato di non poter vivere senza un accesso quotidiano a Internet, mentre l’esigenza di disporre di un’auto o di una lavatrice ha ottenuto solo il 54% e il 61% dei voti. Va sottolineato che lo studio ha preso in considerazione solo persone già dotate di una connessione a Internet e non esprime quindi l’opinione di tutti gli europei, ma conferma comunque che l’accesso alla rete è diventato un bisogno primario dei cittadini e che a breve la sua presenza nelle case, così come nelle camere d’albergo, sarà naturale quanto quella dell’acqua corrente e della doccia. L’esigenza di restare in contatto con gli altri spiega anche come mai in un mercato mondiale in cui le vendite di telefoni cellulari sono ferme, la categoria che registra un maggiore aumento è quella dei dispositivi più cari, ovvero quella degli smartphone, iPhone, Blackberry e di altri telefoni avanzati che offrono molte funzionalità innovative. Il cliente acquista la speranza di una soddisfazione Tutti questi cambiamenti sono manifestazioni di una realtà molto antica: i consumatori non acquistano mai un oggetto o una tecnologia, ma quello

che motiva la loro decisione di acquisto è la speranza di soddisfare un desiderio, di raggiungere un obiettivo. Ovvio, dice qualcuno, le persone acquistano delle funzioni, e questa conclusione ha portato alla nascita dell’interessante economia della funzionalità.5 Un buon esempio è rappresentato dalla musica. Dal grammofono portatile negli anni Venti ai dischi 75 e poi 45 giri, al walkman nel 1979, al compact disc nel 1981 per arrivare agli MP3 che oggi carichiamo nei nostri dispositivi portatili, le tecnologie cambiano, ma la funzione attesa è sempre la stessa: il cliente acquista il piacere di ascoltare la musica ovunque si trovi, quando vuole, dove vuole. L’utente compra un bene immateriale.6 Quindi sì, economia della funzionalità, ma a condizione che si ammetta che le funzioni corrispondono a dei bisogni percepiti dall’utente e quindi del tutto legati alla sua soggettività. Il valore in sé non esiste, ha senso solo se il potenziale utente ritiene, a torto o a ragione, che il prodotto o il servizio offerti gli recheranno un vantaggio. Si potrebbe pensare che il fenomeno sia nuovo, legato al progresso tecnologico e all’offerta di un’ampia scelta di soluzioni diverse che si propongono di soddisfare le stesse richieste. Ma il valore è sempre stato un elemento immateriale e soggettivo. Cosa ha motivato le pericolose spedizioni di Cristoforo Colombo e di tutti i navigatori delle grandi scoperte geografiche? La ricerca di nuove rotte per portare in Europa spezie e seta! In nome dei piaceri del palato e della vista sono stati distrutti imperi, uccisi

milioni di persone e condotte ricerche scientifiche e tecnologiche. Tutto questo per delle frivolezze, per quel “superfluo, cosa quanto mai necessaria”, come diceva a ragione Voltaire. I grandi mercati mondiali sono sempre stati guidati dal piacere, nel senso ampio del termine. Il piacere di sopravvivere mangiando, fintanto che si ritiene valga la pena vivere, il piacere di essere potenti, il piacere di capire, il piacere di sentirsi intelligenti o buoni… e non è una coincidenza che l’81% dei francesi abbia dichiarato in occasione di un sondaggio Ipsos del 2007 che “nella vita, la cosa più importante è provare piacere”. I fattori immateriali sono quindi determinanti nella creazione di valore. Per questo, una tecnologia disponibile che offre evidenti vantaggi economici e/o pratici può essere accantonata per motivi legati alla visione che si ha del tempo, dell’uomo, o a causa di una scala di valori, di un’etica. È nota la tesi dello storico Aldo Schiavone7 secondo il quale l’impero romano non ha voluto sfruttare le conoscenze di cui disponeva che gli avrebbero permesso di creare la macchina a vapore e di dare il via a una rivoluzione industriale con quindici secoli di anticipo. L’elemento di dissuasione è stato la sua visione circolare di un tempo e di un’umanità in cui era legittimo rifornirsi di forze motrici organizzando spedizioni militari per procurarsi migliaia di schiavi. Avvicinandoci più ai giorni nostri, l’anestesia epidurale, tecnica italiana definita a Torino nel 1931 dal dottor Achille Mario Dogliotti, nel 2000 era impiegata solo dal 3,7% delle partorienti italiane, contro il 48% delle francesi, il 60% delle americane e oltre l’85% delle scandinave. Tali differenze, spiega la dottoressa Ida Salvo, possono essere motivate solo da una

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valorizzazione passionale del dolore.8 Bisogna anche tenere presente che una transazione può avvenire solo quando sussistono almeno tre condizioni. Nessuno comprerà mai un prodotto di cui ignora l’esistenza o di cui non comprende il possibile utilizzo. La prima condizione, quindi, è comunicare ed educare. La seconda condizione è ispirare abbastanza fiducia da far scaturire nel potenziale cliente la voglia di investire soldi e tempo nell’acquisto. Sotto questi due aspetti, la situazione non è affatto propizia in diversi settori. La maggior parte degli oggetti elettronici includono fogli delle istruzioni incomprensibili e scoraggianti. I computer restano macchine capricciose che non offrono certezze. Le aziende coinvolte, accecate dalla loro arroganza, dalla loro stessa propaganda e dalla domanda del mercato, non tengono conto della fetta di mercato che in questo modo perdono. Una crisi più pesante potrebbe rendere la situazione catastrofica. Già nel 2008, nei mercati del largo consumo, molti clienti hanno abbandonato le grandi marche, a dimostrazione di una maggiore mancanza di fiducia nei confronti di quel valore aggiunto che dovrebbe giustificare prezzi più elevati. Ciò va a unirsi a una sfiducia generale verso tutte le istituzioni. La terza condizione di qualsiasi transazione è indicata da Antonio R. Damasio, che ha spiegato che ogni decisione dipende da un’emozione.9 Le aziende devono domandarsi come fare per creare emozioni favorevoli alle loro offerte in un contesto psicologico sovraccarico e soggetto a bruschi cambiamenti. La generazione del “noi-io” Resta da identificare l’essenza della questione: che cosa rappresenta un valore agli occhi

dei nostri contemporanei? La soluzione peggiore è chiederlo direttamente a loro. Intervistando 18.000 clienti, nel 1996 le grandi marche della foto analogica si sono convinte, come speravano, a non lanciarsi nel mercato della foto digitale: una svolta strategica che Kodak avrebbe imboccato solo 7 anni più tardi, troppo tardi. È molto più sicuro, benché meno semplice, cercare le risposte esaminando i valori che sono alla base delle scelte degli uomini, per identificare le loro aspettative espresse o latenti. Il vantaggio di tale approccio è che tali aspettative variano poco. Il desiderio dell’uomo è, fin dalle origini, quello di valorizzare ed estendere la propria vita riducendo gli sprechi di tempo, esprimere le proprie peculiarità, comunicare con i propri simili e crescere fisicamente e moralmente, aspirando alla sicurezza, alla salute, al gioco, alla conoscenza e alla potenza… La novità è che da trent’anni in Europa, e senz’altro in tutto il mondo, si assiste a un aumento delle esigenze sia individuali che sociali. Uno studio condotto in Europa dal 1980 al 2008 su migliaia di persone10 dimostra che, ad esempio, due persone su tre giudicano “buono” un lavoro capace di soddisfare tre condizioni: deve fornire un reddito adeguato, ma deve anche consentire di crescere facendo qualcosa di interessante, sfruttando al meglio le proprie capacità. Deve inoltre permettere di entrare in contatto con la gente, e avere buoni rapporti con gli altri. Tra il 30 e il 40% degli europei ritiene che il lavoro debba apportare un valore alla società, a dimostrazione di una forte preoccupazione etica e altruistica. Allo stesso modo, la libertà e il libero arbitrio sono esigenze sempre più importanti. Tra gli europei dai 16 ai 29 anni, queste tendenze sono

accentuate e si riassumono nella formula “noi-io”: le cose più importanti sono, a pari livello, “la famiglia” e “gli amici”, seguiti dalla “crescita personale”, dalla “libertà”, e poi, insieme, dal “lavoro” e dal “fare del bene”.11 La conferma di una corrente etica forte e stabile rende verosimile lo sviluppo delle esigenze ecologiche, nonostante la presenza di pressioni economiche che potrebbero farle passare in secondo piano. Questi dati spiegano, ad esempio, il bisogno di essere connessi e di avere sempre con sé un telefonino, oggetto visto come qualcosa che ci permette di restare in contatto con i nostri cari, di poterli soccorrere e di essere soccorsi, e anche di ridurre gli sprechi di tempo combinando sempre più i momenti privati, professionali e sociali. Cittadini-consumatori esigenti Tali aspirazioni, spesso molto antiche, e la grave crisi che stiamo vivendo, interagiscono nell’ambito di una società sempre più collegata in rete, in cui ben presto le persone resteranno, per la grande maggioranza, in connessione costante con i loro beni, la loro auto, la loro casa e le loro relazioni, in qualsiasi luogo e a qualsiasi ora. Internet rafforza ampiamente le esigenze individuali e collettive, rendendo più simmetrici i rapporti con l’offerta, facilitando l’accesso alle informazioni e la nascita pressoché immediata di potenti coalizioni di cittadini, clienti, lavoratori. Questi cittadini consumatori, gelosi del loro libero arbitrio, stanno scoprendo che grazie alla tecnologia sono sempre più in grado di accedere a prodotti e servizi personalizzati a prezzi interessanti, consegnati quasi in tempo reale. In questo senso, quindi, pretenderanno sempre di più, e, in un momento di tensione economica,

sfrutteranno a fondo le risorse di Internet per scegliere le offerte migliori, negoziare, ottenere le condizioni più vantaggiose. Alcune aziende sono tentate di sfruttare la potenza della rete in senso inverso, ovvero per disinformare i media e i cittadini, e in alcuni casi anche per violare la loro vita privata. Io penso che sia un gioco pericoloso che alla fine si rivelerà perdente. Il futuro è delle aziende che hanno deciso di non sacrificarlo in nome di un profitto immediato, allettante, ma effimero. * André-Yves Portnoff, dottore in Scienze della Metallurgia, è direttore dell’Observatoire de la Révolution de l’Intelligence a Futuribles International. Co-autore nel 1983 del primo rapporto francese sulla società immateriale, argomento approfondito recentemente nel suo libro Le pari de l’intelligence – Betting on Intelligence (edizione in francese e inglese Futuribles). Consulente in prospettiva, innovazione, e valutazione del capitale globale delle organizzazioni.

Note 1. Rich Morin, Paul Taylor (Pew Research Center), Luxury or Necessity? The Public Makes a U-Turn, Washington, D.C., Pew Research Center Publications, 23 aprile 2009. 2. http://www.insee.fr/fr/themes/inforapide.asp?id=19&date=20091023. 3. Dominique Poisson, “L’alimentation des populations modestes et défavorisées. Etat des lieux dans un contexte de pouvoir d’achat difficile”, http://www.lemangeur-ocha.com/fileadmin/images/ sciences_humaines/DP-aliment-pop-defavorisees.pdf. 4. “European Connectivity Study”, AMD e YouGov, 17 novembre 2008, http://www.amd.com/us/pressreleases/Pages/Press_Release_129280.aspx. 5. Dominique Bourg, Nicolas Buclet, “L’économie de fonctionnalité. Changer la consommation dans le sens du développement durable”, Futuribles n° 313, novembre 2005, pp. 27-38. E: Véronique Lamblin, “L’essor de l’économie de la fonctionnalité”, Futuribles: Système Vigie, rapporto annuale 2007, pp. 133-143, http://www.futuribles.com/vigieaccueil.html. 6. André-Yves Portnoff, Le pari de l’intelligence – Betting on Intelligence, Raccolta bilingue Perspectives-Futuribles, Paris 2004. 7. Aldo Schiavone, La storia spezzata. La Roma antica e l’Occidente moderno, Laterza, Roma-Bari, 2002. E L’histoire brisée. La Rome antique et l’Occident moderne, Paris, Belin, 2003. 8. André-Yves Portnoff, “Valeurs et savoirs”, Futuribles n° 304, gennaio 2005. 9. Damasio Antonio R., L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi, Milano, 1995. E L’Erreur de Descartes : la raison des émotions, Odile Jacob, Paris, 1995, 368 p. 10. “European Values Survey”, http://www.europeanvaluesstudy.eu/ e Pierre Bréchon, Jean-François Tchernia (sotto la direzione di), La France à travers ses valeurs, Armand Colin, Paris, 2009. 11. http://www.lefigaro.fr/assets/pdf/Etude_ Les_Jeunesses_face_a_leur_avenir.pdf e Anna Geist, Anna Kiefer e Mats Lindgren, “Valeurs et modes de vie des jeunes européens. Analyse comparative d’une enquête menée dans 17 pays”, Futuribles n° 337, gennaio 2008, pp. 21-34.


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onsumers and recessions When famine broke out in Bengal in 1946, killing between one and three million people, certain professional categories such as barbers suffered in particular: when resources are lacking, consumers sacrifice what is not indispensable or what they can do themselves, like cutting their own beard or hair. We can therefore expect the current recession to lead to a move in consumption toward the cheapest, more material products and services, those which form the base of the famous Maslow pyramid. In reality, this vision excessively reduces the human being to a mechanism, and does not explain the currently observed consumer behavior. It is even less able to predict what this behavior will be, in a context

which for years has continued to prove Buddha’s sentiment that the only certitude is change. Retail sales figures on both sides of the Atlantic show an instability which we will need to learn how to manage. In the United States, after two months of growth, retail sales took a plunge in March 2009, to 9.7% less than the previous year. A new drop occurred in September 2009 after another four months of growth… According to the Pew Research Center, two thirds of Americans experienced financial problems and 80% say that they made at least one cut in their spending due to the recession.1 In France, it has been noted that the rise in consumption of manufactured products, which had been steady for years, stopped at the beginning of 2008 to be replaced by small oscillations, more often

under 20 billion euros per month than over.2 In order to understand what is happening and to be able to act when faced with the events to come, it is necessary to observe this behavior more closely. The first lesson is that nothing is ever certain. For three decades, bottled water companies had been accustomed to a steady progress in sales, in the region of 12% per year over the last few years. In 2008, the market took a knock, with a 7.5% decrease in France, where in restaurants, 15% more clients requested a carafe of tap water according to the NPD agency. Still water suffered much more than sparkling, and one could conclude that the consumer is rationalizing his spending and looking to save money. The reality is more complex, since anti-bottled water

campaigns pointing out, rightly or wrongly, their environmental cost have also played a role. Furthermore, research into cost cutting does not explain the growth in Great Britain of soft drinks sales, nor the fact that clients in French hyper- and supermarkets purchased 5% more whisky and 15% more vodka in the first half of 2009. Similarly, the French complain of the rise in the price of bread—which they in fact overestimate—but continue to consume it: in the first quarter of 2009, sales of high-end, so-called traditional French bread even increased by 10%. For Pascale Hebel du Credoc, this bread appears to be an “accessible pleasure”, a “symbol” according to bread historian Steven Kaplan from Cornell University (New York), which explains the fact that “the rational approach has not affected it”. Do we therefore purchase pleasure and symbols? Which rather ruins the cold analysis of ultra-liberal economists. This is confirmed by a study of the behavior of poor families. Nutritionist Dominique Poisson3 observes that they over-consume excessively fatty, sugary, salty products because they provide immediate satisfaction, “compensation for the frustrations and worries of daily life”, and “calm nerves” for a modest price. Making savings is therefore not the sole motivation and the fact that, thanks to informative campaigns, the entire population knows that we should be eating “at least five portions of fruit and vegetables per day” does little to change the behavior of the social categories which have got out of the habit of cooking and consume a great deal of ready meals. There again, we must not rationalize on behalf of consumers: many unemployed people who “have the time” to cook do not

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take this time, due to habit or lack of motivation, despite the “objective” advantages in doing so from a financial and health point of view. Is the internet more vital than a car? Changes in behavior and even appreciation are possible however, as the bottled water market demonstrates, but also the evaluation of what is considered to be “necessary” or a “luxury”. The Pew Research Center has recently published a study which reveals that the equipment that had been considered necessary by more and more Americans each year since 1973 experienced a drop in popularity from 2006 to 2009. This is the case with tumble dryers, air conditioning systems and dishwashers, which have lost between 10 and 20 popularity points. The microwave oven, which was indispensable in 2006 for 68% of the population, is now only vital for 47%. Even the television set has dropped by 12 points to 52%, while the computer is doing better (50%, or -1%) and land-line and mobile telephones have held on to their positions. Most under 50s consider the mobile telephone to be indispensable, and only 49% of under 30s consider the old land-line telephone to be necessary, as opposed to 68% of people of all ages. This data should be compared to a study conducted late 2008 for the electronics company AMD by the YouGov4 agency, involving 5000 European internet users. 77% of them state that they could not live without daily access to the internet, while having a car or washing machine earned only 54% and 61% of the votes respectively. It must be stressed that this study only questioned people who already had internet connections, and

therefore does not express the opinion of all Europeans, but it does confirm that access to the network has become a basic need for citizens and will soon be as natural, in homes and hotel rooms, as running water and a shower. The need to stay in contact with others also explains why, on a global market where sales of mobile telephones are stagnating, the category making the most progress is the most expensive, that of smartphones, iPhones, Blackberries and other advanced telephones which offer a number of new functions. The client purchases the hope of satisfaction All these developments convey a very old reality: consumers never buy an object or a piece of technology, what motivates their purchasing decision is the hope of satisfying a desire, reaching an objective. Naturally, some people would say, people buy functions, and this conclusion has given rise to the fascinating economy of functionality.5 A good example is that of music. From the portable gramophone in the 1920s to the 75 then 45 records, the Walkman in 1979, the compact disc in 1981 and the current MP3s downloaded to our handsets, the technology changes, but the desired function remains the same: the client is purchasing the pleasure of listening to music wherever he is, whenever and wherever he wishes. The user is purchasing the intangible.6 So, economy of functionality yes, on the express condition that we admit that these functions correspond to the user’s perceived needs and are therefore entirely tied to his subjectivity. Value in itself does not exist, it only has a sense if the potential user considers, rightly or wrongly, that the product or service offered would benefit him. We may believe

that the phenomenon is new, linked to technical progress which offers a wide range of different solutions in order to satisfy the same demands. But value has always been intangible and subjective. What motivated Christopher Columbus’ dangerous expeditions, and those of all the sailors of the Great Discoveries? The search for new routes to bring spices and silk to Europe! For the pleasures of the mouth and eyes, we have destroyed empires, killed millions of people, and also made progress in science and technology. All this was done in the name of frivolities, the “superfluous, a very necessary thing” as Voltaire rightly observed. The great markets of the world have always been those of pleasure, in the broadest sense of the word. The pleasure of survival by eating, since we consider that it is worth living, the pleasure of strength, the pleasure of understanding, the pleasure of feeling intelligent or beneficent… it is no coincidence that 81% of French people stated in an IPSOS survey of 2007 that “in life, the most important thing is to experience pleasure”. The intangible factors are therefore decisive in the creation of value. In this way, an available technology which offers clear economic and/or practical advantages could be rejected for

reasons connected to the vision that we have of time, of people, because of a scale of values, an ethic. The theory of historian Aldo Schiavone7 is well known: the Roman empire did not wish to exploit the knowledge that it had which would have allowed it to create a steam engine and begin an industrial revolution fifteen centuries earlier. It was dissuaded by its circular vision of time and a humanity which considered it acceptable to supply itself with motive power through the organization of military expeditions bringing in slaves by the thousands. Closer to our times, the epidural, an Italian technique described by doctor Achille Mario Dogliotti in Turin in 1931, was only used in 3.7% of Italian births in 2000 as opposed to 48% of French births, 60% of American births and 85% of Scandinavian births. These differences can only be explained by a passionate promotion of pain, explains Dr Ida Salvo.8 It is also necessary to bear in mind that a transaction can only take place if three minimum conditions are fulfilled. We will never buy a product which we do not know exists or of which we do not understand the possible usage. The first condition is therefore to communicate and teach. The second condition is to inspire enough confidence for the target market to wish to risk money


and time by purchasing it. The situation is hardly brilliant in many fields regarding these two points. Most electronic objects are provided with incomprehensible, off-putting instructions. Computers remain capricious, uncertain machines. The companies concerned, blinded by their arrogance, their own propaganda and market demand, do not consider the sectors of the market which they are losing in this manner. A more serious economic crisis could render this catastrophic. Already, in 2008 on the large consumer markets, some of the clients deserted the major brands, which can be interpreted as a major lack of confidence in the added value which would justify their prices. This is added to a general mistrust of all institutions. The third condition of every transaction is given to us by Antonio R. Damasio who explains that every decision depends on an emotion.9 Companies must ask themselves how to create emotions that are favorable to their proposals in a highly charged psychological context which is developing rapidly. The “us-me” generation The heart of the matter remains to be identified: what represents value in the eyes of our contemporaries? The worst solution is to ask them directly. It was by questioning 18,000

clients that the leaders in silver photography convinced themselves in 1996 of the answer that they wanted to hear: that they should not launch into digital photography, a strategic change of direction which Kodak finally took seven years later, too late. It is much more reliable, although less easy, to study responses by analyzing the values that underlie people’s choices, in order to identify the expressed or latent aims. The advantage of this approach is that these aims vary very little. Since the beginning of time, man has wished to add value to and stretch his lifetime by limiting wasted time, express himself by showing that he is different, communicate with like-minded people and blossom physically and morally, hence the aspirations of security, health, games, knowledge and strength… What is new is that for over three decades in Europe and no doubt in the world in general an increase in demands, both individualistic and social, has been observed. A European study of thousands of people conducted from 1980 to 200810 shows that, for example, a job is considered to be “good” by two thirds of the population if it fulfils three conditions: it must bring in a decent amount of money, but also allow one to blossom by doing something interesting, and exploiting one’s personal skills effectively. But it must also allow one to meet people, to have good relationships with others. Between 30 and 40% of Europeans add that this job must bring value to society, which demonstrates a strong ethical, altruistic preoccupation. Freedom and free will are also growing demands. For Europeans of 16 to 29 years, these tendencies are accentuated and may be

summed up with the “us-me” formula: the most important are, jointly, “my family” and “my friends” then, just behind, “personal growth” with “freedom”, then, jointly, “work” and “doing good”.11 The confirmation of a strong, persistent ethical current renders the development of ecological demands plausible despite the economic pressures which could otherwise have put them on the back burner. This data explains, for example, the need to be connected and to have a telephone with us, an object which we experience as something that allows us to stay in contact with our nearest and dearest, to be able to help them and be helped, and also to save time by combining more and more intimately private, professional and social lives. Demanding citizen-consumers These often very old aspirations and the serious economic crisis through which we are living interact in the context of a society which is more and more arranged in networks, where most people will soon remain connected to their goods, their car, their home and their relationships in a continuous fashion, whatever the place and time. Internet largely reinforces individual and collective demands, rendering relationships with the offer more symmetrical, facilitating access to information and the formation of strong, almost instantaneous coalitions of citizens, clients and employees. These citizen consumers, who guard their free will jealously, discover that technology, under favorable economic conditions, offers them more and more made-to-measure products and services which are delivered almost instantly. They will therefore always demand more, and in a context of economic tension, will exploit internet

resources to the maximum in order to select the best offers, negotiate and obtain the best conditions. Companies are tempted to exploit the strength of the networks in the opposite direction, in order to misinform the media and citizens, and also to violate their private lives. I believe that in the end this is a dangerous game which will turn out to be a losing one. The future belongs to the companies which decided not to sacrifice it for immediate profits, which are tempting yet fleeting.

* André-Yves Portnoff holds a degree in Metallurgic Sciences and is Director of the Observatoire de la Révolution de l’Intelligence at Futuribles International. In 1983 he co-authored the first French report on the immaterial society, a subject he examines in depth in his recent book Le pari de l’intelligence – Betting on Intelligence (published in French and English by Futuribles). He works as a corporate consultant on global capital assessment, perspectives and innovation. Notes 1. Rich Morin, Paul Taylor (Pew Research Center), Luxury or Necessity? The Public Makes a U-Turn, Washington, D.C., Pew Research Center Publications, 23 April 2009. 2. http://www.insee.fr/fr/themes/info-rapide.asp?id= 19&date=20091023. 3. Dominique Poisson, “L’alimentation des populations modestes et défavorisées. Etat des lieux dans un contexte de pouvoir d’achat difficile”, http://www.lemangeur-ocha.com/fileadmin/images/ sciences_humaines/DP-aliment-pop-defavorisees.pdf. 4. “European Connectivity Study”, AMD and YouGov, November 17, 2008, http://www.amd.com/us/pressreleases/Pages/Press_Release_129280.aspx. 5. Dominique Bourg, Nicolas Buclet, “L’économie de fonctionnalité. Changer la consommation dans le sens du développement durable”, Futuribles, n° 313, November 2005, pp. 27-38. And: Véronique Lamblin, “L’essor de l’économie de la fonctionnalité”, Futuribles: Système Vigie, Annual Report 2007, pp. 133-143, http://www.futuribles.com/vigieaccueil.html. 6. André-Yves Portnoff, Le pari de l’intelligence – Betting on Intelligence. Perspectives-Futuribles Bilingual Collection, Paris 2004. 7. Aldo Schiavone, L’histoire brisée. La Rome antique et l’Occident moderne, Paris, Belin, 2003. And La storia spezzata. La Roma antica e l’Occidente moderno, Laterza, Roma-Bari, 2002. 8. André-Yves Portnoff, “Valeurs et savoirs”, Futuribles n° 304, January 2005. 9. Damasio Antonio R., L’Erreur de Descartes : la raison des émotions, Odile Jacob, Paris, 1995, 368 p. And L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi, Milano, 1995. 10. “European Values Survey”, http://www.europeanvaluesstudy.eu/ and Pierre Bréchon, Jean-François Tchernia (under the direction of), La France à travers ses valeurs, Armand Colin, Paris, 2009. 11. http://www.lefigaro.fr/assets/pdf/Etude_Les_ Jeunesses_face_a_leur_avenir.pdf and Anna Geist, Anna Kiefer and Mats Lindgren, “Valeurs et modes de vie des jeunes européens. Analyse comparative d’une enquête menée dans 17 pays”, Futuribles n° 337, January 2008, pp. 21-34.

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I consumatori? Diventano attori! The Consumers They Are A-Changin’ Intervista a Paul Flatters* Interview with Paul Flatters*

Sobrietà, semplicità e affidabilità a prezzi abbordabili. L’acquisto dopo la crisi è meno fedele alle marche e molto più consapevole. I clienti chiedono maggiore serietà alle aziende Sobriety, simplicity and reliability at affordable prices. Post-crisis spending is less committed to specific brands and far more knowledgeable. Consumers want a more serious approach from business

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Paul Flatters

L

a recessione economica intervenuta dopo la crisi finanziaria ha provocato una caduta drammatica dei livelli di consumo in tutti i paesi avanzati, con punte che in alcuni settori hanno ampiamente superato il 30%. Ma non si è trattato solo di un crollo della domanda da un punto di vista quantitativo. Secondo l’esperto di consumi Paul Flatters, della società di consulenza londinese Trajectory, si sono fortemente modificate le abitudini di spesa e le priorità

di una grande massa di consumatori, sia a basso reddito, sia benestanti, e sono cambiate anche le tendenze legate ad alcuni consumi di lusso. Ecco come Flatters spiega le principali mutazioni in atto. Quali sono le principali tendenze di consumo che avete visto emergere in relazione alla crisi e alla minore disponibilità di reddito seguita alla caduta delle Borse e dei tassi d’interesse, e all’ondata di

disoccupazione nei principali paesi industrializzati? Le nostre ricerche fanno emergere otto trend principali, alcuni in rafforzamento altri in decrescita. Occorre comunque tenere presente che alcuni di essi non sono sorti durante o in seguito alla recente crisi, ma erano già iniziati in precedenza e proseguiranno anche a ripresa avviata. Tra le tendenze in ascesa abbiamo trovato una crescente domanda di prodotti semplici ed essenziali, privi cioè di caratteristiche inutili o troppo complesse da gestire; una richiesta di maggiore serietà e impegno in termini di corporate governance aziendale, nel senso di una forte attenzione alle esigenze dei lavoratori, dei clienti e della società nel suo insieme; un terzo trend in netta ascesa è quello che va a colpire i consumi puramente voluttuari a favore di prodotti più sani, sobri e addirittura frugali, se non austeri. Infine, il quarto trend in rafforzamento è la sempre maggiore volubilità dei consumatori e la crescente volatilità delle loro scelte, il che coincide con una minore fedeltà alla marca.

E per quanto riguarda le tendenze in via di superamento? Dal lato delle tendenze in via di indebolimento vediamo attenuarsi il consumismo “verde”, non nel senso che non si stia ancora espandendo, ma in termini di maggiore consapevolezza del rapporto tra prezzo e prodotto in epoca di recessione. Un secondo trend è quello che noi chiamiamo del “declino della deferenza”, in particolare verso le imprese, perché l’informazione aziendale ha perso credibilità, ma anche nei confronti delle istituzioni. Due altre tendenze sono addirittura bloccate: la prima è quella che negli anni scorsi è divenuta nota come “consumismo etico”, di cui oggi si sente parlare sempre meno; la seconda è quella, di tipo diametralmente opposto, che consiste nelle esperienze di consumo “estremo”, come certi viaggi avventura molto costosi, o l’acquisto di prodotti extra-lusso, come cibi e bevande fatti venire dall’altra parte del mondo a prezzi esorbitanti.

Come i nuovi trend orienteranno i consumi Influenza dei trend sulle decisioni di spesa, prima, durante e dopo la recessione Domanda di semplicità DURANTE LA RECESSIONE

Attenzione al management

Riduzione delle spese voluttuarie

Consumi volubili

Anche chi non ha necessità di tagliare le spese ricerca uno stile di vita più sano e meno dispendioso.

Facilità di accesso all’informazione e modalità di acquisto semplificate rendono i consumatori sempre più accorti. E meno fedeli.

POST RECESSIONE

LUNGO TERMINE

PRIMA

I consumatori sono alla ricerca di prodotti e servizi non complicati e facili da usare che semplifichino le loro vite.

Indignata da condotte aziendali illecite, la gente punisce le imprese con sistemi di governance non eticamente corretti.


Trend e Traiettorie La recessione sta esercitando una notevole influenza sulle tendenze e i comportamenti di consumo, accentuandone alcuni e rallentando, bloccando o addirittura invertendone altri. Nel grafico qui riportato, un confronto relativo dell’andamento dei trend alla luce dell’impatto dell’attuale recessione. Maturi

Trend rallentati

Trend dominanti CALO DI FIDUCIA

DOMANDA DI SEMPLICITÀ ATTENZIONE AL MANAGEMENT

CONSUMISMO VERDE

Rallentati

Come sta cambiando il comportamento dei consumatori sotto il profilo qualitativo? La crisi ha portato molti a ripensare i propri comportamenti d’acquisto. Di norma non perché dovessero, in quanto solo una minoranza è stata colpita dagli effetti più gravi della recessione, ma perché è sembrata la cosa più sensata da fare. La spesa per consumi si è modificata in parte per una questione di fiducia, in parte perché molto semplicemente è apparso alquanto inappropriato continuare a consumare come prima, come se non fosse successo niente. A suo parere si tratta di un cambiamento temporaneo o permanente? Un certo tipo di sobrietà nei consumi potrà durare anche molto a lungo, ma direi che i comportamenti prudenziali legati agli effetti della crisi potrebbero durare assai meno, anche se comunque almeno per qualche anno dopo la fine della recessione. Abbiamo effettuato ricerche approfondite sui comportamenti di consumo

Consumismo verde

I consumatori rinunciano ad acquistare costosi prodotti ecologici preferendo invece ridurre gli sprechi in maniera più discreta ed economica.

Accelerati 11

CONSUMISMO ETICO

CONSUMI VOLUBILI

RIDUZIONE DELLE SPESE VOLUTTUARIE

RICERCA DI ESPERIENZE ESTREME

Trend bloccati

anche dopo altre crisi e abbiamo verificato che molti consumatori, anche benestanti, mantengono comportamenti di austerità o prudenza piuttosto a lungo dopo una grave recessione. Naturalmente, questo riguarda più alcune aree e prodotti rispetto ad altri, e si tratta in primo luogo delle spese discrezionali, come quelle per un’auto nuova o l’iscrizione a una palestra, che restano depresse più a lungo di quelle legate ai beni di prima necessità, come gli alimentari o l’abbigliamento. Le tendenze verso consumi più sobri o austeri, che si sono diffusi anche, o forse

Calo di fiducia

Il rispetto per istituzioni e autorità, da tempo in calo, registrerà una momentanea impennata fintantoché la gente li vedrà come i possibili artefici della ripresa economica.

Nuovi

soprattutto, tra i ceti più benestanti riflettono un cambiamento reale o c’è in questa nuova austerità un’adesione a un modo di vivere e comportarsi più trendy, più di moda? A mio modo di vedere si tratta di un cambiamento effettivo, anche se le motivazioni possono essere legate a trend in questo momento abbastanza di moda, come l’attenzione all’ambiente o come la rinuncia a determinate spese voluttuarie. Vi sono molte persone assolutamente benestanti, ad esempio, che parlano con orgoglio dell’abito acquistato a pochi soldi in un mercatino rionale o scambiato

Consumismo etico

Spese e consumi equosolidali, come le uova di galline allevate a terra o le donazioni benefiche, sono in calo in quanto la gente è concentrata sui propri problemi.

Trend in ascesa

in una boutique del baratto. Ma se consideriamo il caso dei cambiamenti che sono connessi alle questioni energetiche, si tratta di scelte estremamente importanti che saranno probabilmente molto durature, o forse anche permanenti. Dipenderà da quale sarà la realtà del futuro. Di norma questo non accade per una libera scelta delle persone, anche se questo succede sempre più spesso, ma perché c’è una crescente costrizione a farlo, ad avere comportamenti meno energivori. All’origine del mutamento di abitudini e comportamenti in campo ambientale ed energetico ci sono motivazioni complesse,

Ricerca di esperienze estreme

Svaghi ed esperienze costose, frivole o rischiose, diffuse nella fase di alta congiuntura precedente la crisi, non godono più di grande favore.


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che in parte dipendono dalla libera scelta di ognuno, e in parte da normative più severe. Quello che vediamo accadere, però, è che in questo secondo caso le scelte dei consumatori all’inizio sono determinate dalle regole, ma poi cambiano natura e diventano comportamenti più virtuosi e sempre più convinti. In alcuni casi, addirittura appassionati, e questo fa pensare che non saranno legati alla crisi e destinati a scomparire dopo qualche anno, ma siano mutamenti permanenti. Questa crisi ha colpito non solo i consumi di base e le fasce di popolazione più deboli, ma ha inciso anche su consumi di livello superiore, beni di lusso come le auto di grossa cilindrata, i viaggi costosi e i gioielli, spese che nelle ultime recessioni non avevano risentito della crisi. Come si spiega? Direi molto semplicemente perché questa è stata la recessione più forte degli ultimi decenni. Ma occorre tenere conto anche di un altro elemento, ed è che negli ultimi anni quelli che chiamiamo beni

di lusso sono diventati oggetto di interesse e acquisto da parte di un numero sempre più alto di persone, con redditi di livello intermedio e non necessariamente di fascia alta o altissima. Una sorta di democratizzazione dei consumi di lusso la cui conseguenza è stata che, in seguito alla crisi e alla riduzione del reddito spendibile, la contrazione ha riguardato anche beni che in passato non avevano registrato cadute significative di domanda. Quello dei gioielli è forse l’esempio più evidente, ma ve ne sono altri, come le auto di marca. È chiaro che nel corso della crisi i consumatori di fascia media hanno rapidamente decurtato le spese di lusso, anche solo come comportamento cautelativo, e questo ha determinato la caduta di cui stiamo parlando. Lei ha detto che il trend legato all’ambiente è in via di indebolimento. Ma da qualche anno l’attenzione dei consumatori si è crescentemente orientata verso prodotti e servizi rispettosi dell’ambiente;

un trend che non sembra essere venuto meno nel corso della crisi, malgrado tali prodotti in molti casi siano più costosi, ma anzi sembra tendenzialmente aumentato. Come si spiegano, dunque, le tendenze in atto di consumo attento all’ambiente? È una contraddizione solo apparente, perché da una parte l’attenzione all’ambiente resta forte e consapevole, dall’altra la crisi ha comunque modificato almeno in parte questi orientamenti, se non altro per il semplice fatto che si spende meno. Non abbiamo, in effetti, ancora dati certi su questo specifico trend, ma da quanto siamo in grado di osservare sembra effettivamente che vi sia una certa stabilità nei consumi che tengono conto della variabile ambientale, ma anche nelle spese per prodotti più sani, per i cibi organici e per tutto ciò che fa pensare a un minore impatto sull’ambiente. In parte si tratta di un trend di lungo periodo, perché questi nuovi comportamenti sono iniziati già da diversi anni e hanno motivazioni profonde

che non sono venute meno durante la crisi. Allo stesso tempo, poi, occorre ricordare che vi è una crescente consapevolezza del grande tema del cambiamento climatico, in relazione al quale vi sono preoccupazioni abbastanza diffuse, che portano sempre più i consumatori a privilegiare le spese che li fanno sentire maggiormente coerenti con l’obiettivo di “salvare il pianeta”, anche se può costare nell’immediato qualcosa di più. Anche questo è un trend destinato a durare nel tempo, e probabilmente a rafforzarsi nei prossimi anni.

* Paul Flatters è partner di Trajectory, società di consulenza per la previsione dei trend di consumo con sede a Londra. Ha lavorato in precedenza come Ceo di Future Foundation, direttore generale di Opinion Leader, capo della ricerca per l’associazione consumatori britannica Which?, e responsabile Analisi & Ricerca per BBC News. Paul Flatters è inoltre consulente di organizzazioni internazionali come Coca-Cola, Next, Bayer, Emap e IPC. Di recente è stato co-autore di un saggio di grande successo su Harvard Business Review, dal titolo “Capire il consumatore post-recessione”.

How New Trends Will Drive Consumption Influence of trends on consumer decisions before, during, and after the recession Demand for simplicity DURING RECESSION

Focus on the boardroom

Discretionary thrift

Mercurial consumption

POST RECESSION

LONG TERM

BEFORE

Consumers are seeking uncomplicated, user-friendly products and services that simplify their lives.

Outraged by corporate malfeasance, people are punishing companies for unethical governance.

Even those who don’t need to economize are pursuing a more wholesome and less wasteful life.

Easy access to information and friction-free purchasing is making consumers ever more agile—and less loyal.


Trends and Trajectories The recession is exerting a broad influence on consumer trends and attitudes, propelling some trends forward while slowing, halting, and even reversing others. Here is a snapshot of the current impact of the recession on trends, relative to one another. Mature

Slowed Trends

Dominant Trends DECLINE OF DEFERENCE

DEMAND FOR SIMPLICITY FOCUS ON THE BOARDROOM

GREEN CONSUMERISM

Slowed

T

he economic recession brought in by the financial crisis has caused a dramatic fall in consumer spending in all the advanced nations, with volumes dropping by well over 30% in some sectors. But the slide in demand is not simply a quantitative phenomenon. According to consumer expert Paul Flatters from the London-based Trajectory consultancy, spending behavior and the priorities of huge numbers of consumers, both low-income and affluent, have changed significantly, as have attitudes to luxury goods. In this interview, Flatters explains the changes taking place today. What are the main consumer trends that have emerged as a result of the crisis and the reduction in available income caused by the collapse of the stock markets and interest rates, and the wave of unemployment in the main industrialized nations? Our surveys have identified eight main trends, some gaining strength, others weakening.

Green consumerism

Consumers are forgoing pricey green products and instead are cheaply and discreetly reducing waste.

Accelerated 13 ETHICAL CONSUMERISM

MERCURIAL CONSUMPTION

EXTREMEEXPERIENCE SEEKING

Arrested Trends

It has to be said that not all of them were triggered by the recent crisis, some were already underway previously, and will continue even as the recovery moves ahead. Among growing trends, demand is rising for simple, essential products, with no unnecessary features or functions that are difficult to manage; consumers also want a more serious commitment to corporate governance in the business community, with close attention to the needs of workers, customers and society as a whole; a third rapidly growing trend is a move away from purely frivolous purchases

Decline of deference

Respect for institutions and authority, long in decline, will temporarily level off as people look to them to fix the economy.

DISCRETIONARY THRIFT

New

toward healthier, sober, even frugal if not austere products. The fourth trend we see today is growing consumer volubility and greater volatility in purchase decisions, which coincides with a fall in brand loyalty. And what about the trends that are declining? Among trends on the wane we are witnessing a downturn in “green” consumer spending; this is not to say that this type of spending is not still growing, but rather that consumers pay greater attention to the price/product ratio in a recession. A second trend is what we call a “decline in

Ethical consumerism

Altruistic consumption and spending, such as eating cage-free eggs and giving to charity, are falling as people focus on their own dire situations.

Advancing Trends

deference”, especially toward business organizations, since corporate information has lost credibility, and also toward the institutions. Two other trends have actually come to a standstill: the first is what in recent years had come to be known as “ethical consumerism”, which we hear less and less about today; the second is the diametrically opposed phenomenon of “extreme” consumer purchases, such as certain types of extremely expensive adventure holidays, or spending on ultra-luxury items like food and beverages brought in from the other side of the world at exorbitant prices.

Extreme-experience seeking

Expensive, frivolous, or risky recreational experiences, popular during the boom preceding the recession, have fallen out of favor.


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What sort of qualitative changes are taking place in consumer behavior? The crisis has made many people rethink their spending habits. Usually not because they had to, given that only a minority has been hit by the most severe effects of the recession, but because it seemed the most sensible thing to do. Consumer spending has changed in part out of a question of loyalty, in part because quite simply people thought it inappropriate, to say the least, to continue spending as if nothing had happened. Do you think this change is temporary or permanent? Some sort of sobriety in consumer spending could persist for a very long time, but I would say that the cautious attitudes related to the effects of the crisis are likely to be far more short-lived, although they will continue for at least a few years after the recession ends. In-depth surveys on consumer patterns after other crises have shown us that many consumers, including the better off, maintain an austere, prudent behavior for a long time after a serious recession. Of course, this applies to certain areas and products more than others, chiefly to discretionary purchases such as a new car or a subscription to a gym, where demand continues to be flat for longer periods than for essentials like food or clothing. Does the shift toward a more sober, austere form of consumer spending, especially among the better off, signal a real change, or is the new austerity a trendy new lifestyle and behavior? In my opinion, it is a real change, even if the underlying reasons may be linked to currently fashionable trends, such as attention to the

environment or a decision to forgo certain types of unnecessary purchase. Plenty of people who are perfectly well off can’t wait to tell you about the outfit they bought for a few pounds on the market or from a second-hand shop. But looking at the changes relating to energy questions, these are very important decisions, which will probably be long term, if not permanent. It all depends on what happens in the future. Normally this is not something people choose to do, although that too happens increasingly, but because there is growing pressure to adopt less energy-hungry behavior. The reasons behind changes in consumer habits and behavior concerning the environment and energy are complex, they depend in part on the free choice of the individual, in part on more severe regulations. What we see happening in the latter case, however, is that although consumer decisions are determined initially by regulations, later they turn into a more virtuous, convinced form of behavior, which in some cases becomes a crusade. This suggests that the changes are not linked to the crisis and destined to disappear after a few years, but are permanent changes. The crisis has not only hit basic consumer purchases and the weakest segments of the population, it has also had an impact on spending on luxury goods like powerful cars, expensive holidays, jewelry, which in previous recessions were unaffected. Why is this? I would say quite simply because this has been the worst crisis for decades. But you should also consider that, in the past few years, what we call luxury goods have become

objects of desire purchased by increasing numbers of people with intermediate incomes, not necessarily in the high or very high bracket. A sort of democratization of luxury purchases, with the result that the slump caused by the crisis and the fall in available income has also hit goods that suffered no significant fall in demand in the past. Jewelry is perhaps the most obvious example, but there are others too, like luxury automobiles. Clearly, mid-range consumers have responded to the crisis by rapidly cutting spending on luxury goods, if only as a precaution, and this has produced the decline in question. You said the environmental trend is weakening. But the consumer focus on environment-friendly goods and services has been growing for a number of years; even though many of the products are more expensive, this focus doesn’t seem to have weakened during the crisis, indeed it seems to be increasing. How do you explain the current trends in environment-sensitive consumerism? This is only an apparent contradiction: on one hand attention to the environment remains strong, on the other the crisis has nevertheless had an impact, at least in part, if for no other reason than that people are spending less. We still don’t have any final data on this particular trend, but what we have observed suggests a certain stability in environment-friendly spending, and also in spending on healthier products, organic food and items with a lower impact on the environment. In part this is a long-term trend, because the new attitudes have been developing for a good number

of years and are firmly rooted in reasoning that has been unaffected by the crisis. At the same time, there is growing awareness and widespread concern about climate change, pushing consumers to prefer purchases that make them feel they are doing something to “save the planet”, even if it costs a little more in the short term. This is another trend that will persist and probably strengthen over the next few years.

* Paul Flatters is a Partner of Trajectory, a London consultancy specialized in forecasting consumer trends. Previously he has worked as CEO of the Future Foundation, MD of Opinion Leader, Research Director for the British consumer association Which?, and Head of Analysis & Research at BBC News. He is also a regular consultant to many international organizations such as Coca-Cola, Next, Bayer, Emap and IPC. He co-authored the highly successful article “Understanding the Post-Recession Consumer” published recently in the Harvard Business Review.


Bipolare, esigente, infedele Bipolar, Exacting, Unfaithful di Giuseppe Minoia* by Giuseppe Minoia*

Disponibile a cambiare, e sempre più informato grazie a Internet. Dopo la crisi, il consumatore non sarà più lo stesso Willing to change and, thanks to the Internet, better informed. After the crisis, the consumer will never be the same again

Giuseppe Minoia

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li dei hanno fallito. L’economia e la finanza si sono rivelate in tutta la loro infermità. La risk society si è messa in mostra nella sua più convincente dimensione ansiogena. Dal settembre 2008 si è registrata una sorta di spaccatura reputazionale: tutti hanno sentito la scossa, dai ceti medio bassi ai super ricchi. Ma soprattutto i benestanti si sono sentiti colpiti e traditi da chi garantiva gli investimenti finanziari. L’inverno è stato lungo e gelido, con climi di consumo (gli umori dei consumatori finali) demotivati: poca voglia da parte delle persone che acquistano di manifestare spinte di consumo. Poi sono arrivate la primavera e l’estate. E finalmente è giunto il disgelo. Il consumatore ha cominciato a riflettere con lucidità (è diventato esperto, ha imparato dai guai degli ultimi 10 mesi). Il confronto tra prezzi, canali, marche e private label gli ha fatto capire che la crisi stava producendo anche nuove opportunità. Oculato, osservativo, captativo, multimediale, il consumatore si è reso conto di avere a disposizione più touch point da sperimentare per nuovi acquisti sempre più convenienti. È sostanzialmente per questo che

registriamo a giugno 2009 la ripresa della fiducia nel consumatore finale (l’indice passa da 46 a dicembre 2008 a 60 nel giugno 2009). Perché la ripresa di fiducia? Prima di tutto perché si realizza che il sistema dell’offerta sta diventando più conveniente nei prezzi (deflazione?). Ma anche perché rinasce la voglia di esprimersi, di manifestare desideri e bisogni. Si ritiene di aver toccato il fondo e ora si vuole risalire la china riscoprendo il consumo. Facciamo un passo indietro, vediamo che cosa, nelle nostre ricerche, registravamo prima del 14 settembre 2008 (il giorno della Lehman Brothers, per intenderci). I desideri dei consumatori erano, in linea generale, caratterizzati da ipercuriosità e voglia di sperimentare cose nuove, favoriti dalla multimedialità, cioè dai nuovi media diffusi, dentro e soprattutto fuori casa (la infomobilità quale opportunità di approfondimento veloce verso i punti vendita di nuova concezione). Abbiamo chiamato il consumatore pre-crisi di settembre fast moving consumer. Una persona sempre più veloce, infedele, esperta allo stesso livello delle marche di prodotto e di insegna che frequenta. In molti

si sono illusi di fronte all’entusiasmo critico e consapevole del fast moving consumer: una nuova antropologia del consumare critico si stava profilando, costringendo le aziende, i servizi e il sistema dei media ad adeguarsi. Ebbene tutto questo si è vanificato in una notte, quella del 14 settembre 2008. Spaventato, il consumatore sotto choc si è bloccato. È tornata la lentezza negli acquisti in logica maslowiana (precedenza ai bisogni di prima necessità); si è ripreso a perdere tempo per

alla Latouche? No, il clima impone oculatezza, ma non giustifica sacrifici (non dimentichiamo che i consumi del fast moving consumer sono “intelligenti”, cioè portatori di ricchezza immateriale, prima che atti di soddisfazione funzionale). In questa prospettiva il consumatore del dopo-crisi non può che impegnarsi per diventare più scaltro ma anche più informato ed esperto, per poter tornare alla situazione quo ante il 14 settembre 2008. Le grandi marche possiedono valori indubitabili (dalla qualità senza controindicazioni al clima

i confronti tra i prezzi nei differenti punti vendita; la pratica del price watching è riemersa. Nessun prodotto (nessuna marca) diventa insostituibile, tutto può essere acquistato a prezzi sempre più convenienti, in un circolo deflazionistico. [Attenzione: deflazione per il consumatore significa “aspettare ancora un po’”. Perché domani o dopodomani i prezzi potranno calare ancora di più. Con ricadute sul mercato che rallenta e quasi si blocca. Pensiamo ai drammatici segni negativi delle vendite di autovetture prima degli incentivi]. Dunque il consumatore frena, quasi arretra. Ma sin dove? Sino ad accettare il neopauperismo, sino ad auspicare la decrescita

equo per il capitale umano), ma non basta, si colgono nuove attese soprattutto incentrate sulla relazione: richieste di maggiore impegno per favorire il benessere del cliente/utente che dovrà essere sempre più considerato partner. Quale benessere? Un impegno di percorso, con attese di suggerimenti che illuminino anche i beni di più quotidiano consumo, scelti per il benessere materiale e immateriale, per l’arricchimento della vita personale e della famiglia (sempre più sana e ricca di esperienze piacevoli). Le grandi marche non possono limitarsi a produrre: devono anche diventare think-tank in grado di prefigurare il nuovo e di

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anticiparlo con proposte adeguate. Favorendo fiducia, generando conoscenza che crea valore e che a sua volta, in circolo, produce fiducia. Attese quindi per marche capaci di svolgere un ruolo socioculturale, non solo produttivo. Le grandi marche diventano attori socioculturali. Quali ambiti di sviluppo per le grandi marche? a) Cura. Offrire garanzie certe sulla qualità intrinseca, ma anche immateriale, dei prodotti, in modo da arricchire anche sul piano socioculturale. La grande marca diventa Customer Advocate: in grado di difendere il consumatore (anche da se stesso), insegnandogli ciò che conviene, dissuadendolo dall’acquisto di determinati beni, anche prodotti da lei stessa. La marca come Trust. b) Ciò può tradursi in un premium price, ma ragionevole. Segmenti sempre più ampi di acquirenti (gli influentials, i passaparola) si stanno convincendo che esistono ampi spazi di ottimizzazione dei percorsi produttivi. Si possono migliorare i processi di produzione con l’innovazione continua che deve essere nel Dna delle grandi marche, il simbolo della grande impresa. Tutto questo può e deve migliorare la qualità reale dell’offerta senza far lievitare significativamente i costi e quindi mantenendo accessibili i prezzi finali. c) La grande marca non può non curarsi della sostenibilità. Dove per sostenibilità si dovrà intendere aiutare a soddisfare i bisogni delle generazioni attuali, senza compromettere le possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Le attese non sono per la crescita quantitativa a qualsiasi costo. Il vero benessere atteso è il risultato di una complessità di variabili che vanno dalla qualità dell’aria che si respira ai saperi

esperti che si acquisiscono anche grazie alla marca che educa. d) La comunicazione. Investire nelle grandi storie in grado di creare miti fondativi, ma anche nelle micro operazioni di passaparola, nel day-by-day della multimedialità dentro e fuori casa. I punti di contatto sono destinati a moltiplicarsi, per un utente/consumatore lento e veloce, in home office ma anche sempre più fuori casa. La infomobilità è la nuova sfida della marca. Ora occorre valorizzare la fiducia, tradurre la buona disposizione dei consumatori. Ma questa valorizzazione sta avvenendo? Non proprio. Anzi, succede il contrario. Infatti, se consideriamo, per esempio, per l’Italia gli indici di innovazione 2009 nei prodotti durevoli, cogliamo una brusca frenata nel processo di inserimento di nuovi prodotti: meno 20% rispetto al 2008. Il 93% dei prodotti a scaffale oggi era già presente un anno fa. In sostanza, grande prudenza, quasi stasi, verso il nuovo, nonostante un consumatore desideroso di novità. Oltre 13 milioni di consumatori italiani – soprattutto nei segmenti più dotati socioculturalmente – sono desiderosi di nuovo, mentre il sistema delle imprese non risponde. È il paradosso attuale che frena il pensiero di ripresa: gli attori – le grandi marche, ad esempio – sono restii a credere alle propensioni del consumatore (credono che il sentiment positivo sia flatus vocis!). Le imprese hanno paura, non vogliono rischiare: sanno ciò che andrebbe fatto, ora, ma non hanno il coraggio di farlo. Si potrà rompere questo cerchio che sta bloccando la ripresa? Noi crediamo di sì, con progetti imprenditoriali basati su senso di responsabilità e orgoglio, all’interno di una strategia di

medio-lungo termine. Mai rinunciando alla qualità vera e all’investimento sul prodotto come capo d’opera. Nella domanda si è creata una discontinuità di attesa mentre la grande maggioranza dell’offerta agisce in continuità con il passato. Così assistiamo, oggi, a una domanda innovativa che impatta su imprese resistenti al nuovo, timorose di rischiare. Le pastoie finanziarie, non ultimi gli obblighi dei rendiconti trimestrali per la Borsa, frenano la road map della ripresa. Occorre aiutare le imprese – le marche – a innovare (di più). Forse la spinta propulsiva sarà data dalla “obbligata” rivoluzione verde.

* Giuseppe Minoia, laureato in giurisprudenza e psicologo, ha partecipato nel 1972 alla creazione di GfK Eurisko, una delle prime realtà italiane dedicate alla ricerca sociale e di marketing. In GfK Eurisko ha sviluppato le indagini qualitative, in particolare quelle dedicate alla comunicazione sociale e ai media. Ha insegnato psicologia sociale e della comunicazione presso le Università Bocconi e Cattolica di Milano. Ha pubblicato contributi relativi alla pubblicità politica e commerciale e ai nuovi fenomeni di crossmedialità. Dal 2003 è presidente di GfK Eurisko con ruolo di tutoring nell’area delle ricerche qualitative. Dirige Social Trends, quadrimestrale di approfondimento sul cambiamento socioculturale e Cinqueminuti, newsletter mensile on line di GfK Eurisko.

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he gods have failed. All the frailties of the economy and finance have been exposed. The risk society has revealed the real anxiety it provokes. Beginning in September 2008, reputations shattered: everyone, from the lower-middle classes to the super-rich, felt the shockwaves. Above all, the affluent classes felt they had been let down, betrayed, by the intermediaries

guaranteeing their financial investments. The winter, in a demotivated consumer climate, was long and cold, with purchasers displaying little desire to buy. Then came the spring and summer. And at last the thaw began. The consumer started thinking very clearly (the troubles of the previous ten months had turned him into an expert). His comparisons of prices, channels, brands and private labels showed him that the crisis was also creating new opportunities. Cautious, observant, discerning, accustomed to multimedia, the consumer realized that a whole series of touch points were available for increasingly cost-effective new purchases. This, basically, produced the upturn in consumer confidence recorded in June 2009 (the index rose from 46 in December 2008 to 60 in June 2009). Why has confidence picked up? First of all, because people have realized that prices are becoming more affordable (deflation?). But also because the desire to express needs and aspirations has resurfaced. People believe the worst is over and now want to move on and start spending again. Let’s take a step back and see what our surveys were showing before September 14, 2008 (the day Lehman Brothers crashed). Generally speaking, consumer desires reflected hyper-curiosity and an eagerness to try new things, fostered by multimedia tools, the widespread presence of the new media in and above all outside the home (infomobility as an opportunity to learn rapidly about the new types of sales outlets). We called the pre-September-crisis consumer a fast-moving consumer. A consumer who was unfaithful, equally well versed in the product brands and labels he favored. Many players were


deceived by the critical, perceptive enthusiasm of the fast-moving consumer: a new critical consumer anthropology was emerging, forcing business, services and the media to fall into line. All this crumbled overnight, the night of September 14, 2008. Frightened, in a state of shock, the consumer froze. Reflecting a Maslowian logic (giving priority to basic needs), spending patterns slowed; consumers began to lose time comparing prices in different shops; price-watching trends re-emerged. No product (no brand) was irreplaceable, everything could be bought at ever cheaper prices, in a deflationary cycle. [For the consumer, deflation means “wait a bit longer”. Because tomorrow or the day after, prices may fall even lower. With the result that the market slowed almost to a standstill. An example is the auto industry, where sales plummeted before incentives were introduced.] So the consumer has put on the brakes, almost gone into reverse. But how far? To the point of accepting neo-pauperism, of advocating Latouchian de-growth? No, the climate requires caution, but does not justify sacrifices (let’s not forget that the fast-moving consumer’s purchases are “intelligent”, intended to create immaterial wealth rather than satisfy functional needs). From this perspective, the post-crisis consumer must necessarily become more astute, better informed, achieve greater expertise in order to return to the situation quo ante September 14, 2008. The top brands have undisputed values (from quality without contraindications to equitable workplaces), but more is needed: new expectations are emerging, focusing above all

on relationships: a demand for greater efforts to promote the well-being of the customer/user who, increasingly, should be regarded as a partner. Where well-being requires commitment to an approach, to providing indications about even the most mundane consumer items, chosen for material and immaterial well-being, to assist the consumer and his family in achieving an ever healthier, ever more pleasurable lifestyle. The top brands have to do more than produce: they have to become think-tanks capable of anticipating new requirements and providing appropriate offers. Thus encouraging loyalty, generating knowledge that creates value, which, in turn, completing the circle, creates loyalty. Today, brands are expected to have a socio-cultural role, not just a production role. The top brands become socio-cultural players. What are the development fronts for the top brands? a) Care. Guaranteeing intrinsic and also immaterial product quality, for enhancement extending to the socio-cultural level. The top brand becomes a Customer Advocate: a name with the power to defend the consumer (even from himself), to show him what’s best for him and dissuade him from buying certain goods, which the company itself may have produced. The brand as Trust. b) This can translate into a premium price, on a reasonable basis. Increasingly broad groups of purchasers (the so-called influentials) believe there is ample scope for optimization of production. Production processes can be improved with continuous innovation, which should be in the DNA of the top brands, the symbol of the major corporation. All this can and must raise the real quality of the offer without causing

any significant increase in costs, so that end prices remain affordable. c) The top brand cannot neglect sustainability. Where sustainability means helping to satisfy the needs of current generations without compromising the possibility for future generations to satisfy their needs. The expectation is not quantitative growth at any cost. The real well-being people expect is the result of a complex set of variables, from the quality of the air we breathe to the expert knowledge that can be acquired through a brand that educates. d) Communication. Investing in great stories that create founding myths, but also in micro word-of-mouth operations, in day-by-day multimedia in and outside the home. Points of contact will multiply, for a slow and fast user/consumer, in a home office but increasingly outside the home, too. Infomobility is the new brand challenge. Now is the time to valorize loyalty, to translate consumer goodwill. But is this being done? Not really. Quite the opposite, in fact. As an example, Italy’s 2009 innovation rates in durable goods reflect a sudden drop in the introduction of new products: a 20% decrease compared with 2008. Ninety-three percent of products on shelves today were already there a year ago. In short, while the consumer is eager for innovation, manufacturers are moving, if they are moving at all, with extreme caution. More than 13 million Italian consumers—especially those of higher socio-cultural extraction—want something new, but there is no response from the corporate system. The current paradox is holding back thought of a recovery: today’s players—the leading

brands for example—are reluctant to believe in consumer propensities (they think the positive mood is just flatus vocis!). The corporate sector is afraid, unwilling to take a risk: it knows what should be done, now, but lacks the courage to do it. Is it possible to break the bind blocking the recovery? We believe it is, with business projects based on a sense of responsibility and pride, as part of a medium/long-term strategy. Never compromising on real quality and investment in the product as a masterpiece. Demand has moved on, while supply, for the most part, is still anchored to the past. Creating a situation where innovative demand is impacting companies that are reluctant to change, fearful of risk. Financial shackles, not least mandatory quarterly reports for the stock market, are obstacles on the road to recovery. Business—brands—have to be helped to innovate (more). Perhaps the impetus will come from the “unavoidable” green revolution.

* Giuseppe Minoia, a law graduate and psychologist, was a Founder Member, in 1972, of GfK Eurisko, one of Italy’s first social research and marketing agencies. In GfK Eurisko he focused on development of qualitative surveys, notably surveys on social communication and the media. He taught communication and social psychology at the Bocconi and Catholic universities in Milan. He has published articles on political and commercial advertising and the new cross-media trends. He has been President of GfK Eurisko since 2003, with responsibility for tutoring on qualitative surveys. He is Editor of Social Trends, a four-monthly magazine on socio-cultural change, and Cinqueminuti, the GfK Eurisko online monthly newsletter.

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Non è ancora una nuova era The New Age Will Have To Wait A While di Bill Emmott* by Bill Emmott*

Nessun drastico cambiamento nel comportamento dei consumatori Usa. I redditi non sono cresciuti e si spende meno, con un conseguente parziale aumento del risparmio. Ma tutto ciò non costituisce ancora una rivoluzione No dramatic change in US consumer behavior. Incomes haven’t been rising and people are spending less, resulting in some increase in savings. Even so, the times aren’t yet ripe for a revolution

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Bill Emmott

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li eventi che hanno interessato il settore economico e finanziario a partire dall’agosto 2007, quando i timori legati ai mutui subprime statunitensi causarono le prime sostanziali scosse ai mercati finanziari, sono stati certamente scioccanti. Il crollo della Lehman Brothers nel settembre 2008, la bancarotta di General Motors, per anni principale produttore mondiale di auto, la drastica caduta dei prezzi degli immobili nei paesi su entrambe le sponde dell’Atlantico, il crollo del prezzo delle azioni che ha fatto registrare pesanti perdite a diversi fondi pensione, le ampie misure di salvataggio messe in campo dalle banche centrali e dai ministeri delle finanze di tutto il mondo: l’elenco degli eventi traumatici sembra non avere fine. Ecco perché questo periodo è stato percepito come la fine di un’era e l’inizio di qualcosa di nuovo. Ma la fine e l’inizio di cosa? La realtà è che ancora non lo sappiamo. In un primo momento, si è portati a pensare che questi eventi traumatici possano cambiare il mondo dall’oggi al domani, ma in realtà ci vogliono mesi, se non anni, perché raggiungano il loro impatto massimo. Il motivo di

tale palese ignoranza, di questo lento processo dal quale traiamo le nostre conoscenze, è che l’economia non è una scienza esatta. Non è paragonabile alla fisica o alla chimica, che studiano rapporti prestabiliti fra atomi o molecole, con comportamenti che si attengono a leggi ben precise. L’economia, al contrario, analizza il comportamento umano ed è facile comprendere che, sebbene gli esseri umani possano seguire trend e percorsi determinati, non si comportano però in modo tanto predeterminato da poter essere descritto con delle leggi. Due aspetti principali della crisi economica sono poi

particolarmente imprevedibili: i trend di spesa dei consumatori e la gestione dei risparmi personali. Ogni azienda vorrebbe sapere se la crisi economica porterà con sé la fine di quel modello economico centrato sul consumatore tipico di Stati Uniti, Gran Bretagna e alcune altre economie europee. Si comprerà meno? I consumatori sceglieranno di acquistare tipologie diverse di merce e servizi rispetto al passato? Decideranno di accantonare una parte più consistente del loro reddito? Risposte esaustive a queste domande fondamentali saranno disponibili solo fra diversi anni. Vi sono tuttavia alcuni indizi che ci consentono di individuare quantomeno qualche indicazione generale. Il primo è legato alla decisione delle famiglie americane di quale percentuale del loro reddito destinare al risparmio. Per almeno l’ultimo decennio, gli americani sono stati fra i più accaniti sostenitori del prestito e fra i risparmiatori più riluttanti. La facilità di accesso al credito, un tasso di occupazione pressoché totale e, dal 2002, l’aumento a livello nazionale dei prezzi degli immobili residenziali: tutto ha di fatto favorito il consolidamento di un tasso di risparmio personale negativo delle famiglie

americane. In altre parole, come nazione, gli statunitensi spendevano un po’ di più di quanto non guadagnassero ogni anno, senza incrementare in nulla i loro risparmi. Un trend riscontrabile anche in Gran Bretagna e, per entrambi i paesi, in netto contrasto con Italia e Germania, dove il tasso di risparmio delle famiglie si assestava ben sopra il 10%. Dopo il crollo della Lehman Brothers, gli americani decisero improvvisamente che fosse più saggio risparmiare di più. I prestiti divennero sempre più difficili da ottenere, i prezzi delle case erano in caduta libera, i fondi pensione scendevano di pari passo con le quotazioni azionarie e la disoccupazione era in aumento. In soli tre mesi, il tasso di risparmio delle famiglie americane balzò quindi da meno 2% a oltre il 5% del reddito personale disponibile. Ecco il primo indizio: gli americani avevano chiaramente compreso l’insostenibilità del loro precedente comportamento nei confronti di spesa e risparmio. Il secondo indizio mostra tuttavia un rallentamento del trend di crescita dei risparmi, che potrebbe addirittura essersi fermato. Il tasso di risparmio medio a lungo termine delle famiglie americane è pari all’8% del reddito disponibile e, per


il momento, quello attuale resta al di sotto di questo livello. Gli americani potrebbero semplicemente ritenere di non potersi permettere di risparmiare di più. È inoltre possibile che la ripresa delle quotazioni azionarie verificatasi nel 2009 abbia portato qualcuno a concludere che, dopotutto, i fondi pensione non sarebbero stati tanto danneggiati come si era ritenuto. Inoltre, sebbene l’accesso al credito non sia semplice come in passato, durante il periodo d’oro dei mutui subprime, i tassi di interesse sul debito privato sono rimasti contenuti per i richiedenti ritenuti adatti a ottenere finanziamenti. Per il momento, quindi, non è stato rilevato alcun cambiamento drastico nel comportamento dei consumatori. I redditi non sono cresciuti e si spende sempre meno, con un conseguente parziale aumento del risparmio. Ma tutto ciò non costituisce ancora un passaggio a una nuova era. Altri due eventi, tuttavia, sembrano essere certi o comunque altamente probabili. Il primo è l’aumento delle tasse, in America e in tutte le economie dell’Europa occidentale, al fine di ridurre i deficit di bilancio e il livello del debito pubblico. Le scelte

politiche si concentreranno sulla definizione di chi sarà interessato dall’aumento della pressione fiscale, quanto attendere e di quanto aumentarla. Non vi sarà invece alcun dubbio sulla necessità di tale incremento. Una decisione che diminuirà ulteriormente le risorse liquide a disposizione dei consumatori. L’altro probabile evento è legato agli alti costi dell’energia. L’aspetto più caratteristico della crisi economica 2007-09 è che, proprio mentre nel mondo si inizia a intravedere una ripresa economica, il prezzo del greggio è arrivato a 70/80 dollari il barile, il doppio rispetto ai livelli del marzo 2009 e sette volte superiore al valore del 1998. A prescindere che si registri effettivamente una penuria delle forniture di petrolio a lungo termine, tale penuria sarà certo evidente nel breve e medio periodo. Inoltre, indipendentemente dalla conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici, i governi di tutto il mondo sanno comunque che dovranno aumentare i controlli delle emissioni di anidride carbonica, con il conseguente aumento del costo dell’impiego di combustibili fossili come petrolio e carbone. Tutto ciò implica che, sebbene non ci sia consentito sapere

con certezza se la spesa dei consumatori aumenterà e a quale ritmo, è però possibile presumere che le merci che acquisteranno non saranno le stesse del passato, quantomeno per quello che riguarda energia e trasporti. Quando il prezzo del petrolio schizzò alle stelle nel 2006-08, i consumatori potevano ragionevolmente pensare che si sarebbe trattato di una condizione temporanea. Ora che le quotazioni non accennano a diminuire, anche dopo la peggiore recessione degli ultimi cinquant’anni, una conclusione simile è molto meno probabile. Gli ingenti costi dell’energia sono destinati a rimanere stabili, così come le misure statali per porre un freno al cambiamento climatico. Pertanto, per quanto riguarda i trend di spesa dei consumatori, è logico supporre che le auto ibride e completamente elettriche, incoraggiate dalla voglia di risparmio dei consumatori come pure dalla spietata concorrenza globale (includendo questa volta anche i produttori cinesi), si imporranno sul mercato molto più rapidamente di quanto non venga affermato attualmente dall’industria automobilistica, arrivando a dominare il mondo delle auto elettriche così come

un tempo General Motors governava indiscussa sull’ormai obsoleto mercato dell’auto basato sul petrolio.

* Dal 1993 fino al 31 marzo 2006 Bill Emmott è stato direttore di The Economist, il più importante settimanale di attualità ed economia a livello internazionale. Ha successivamente lasciato questo incarico per dedicarsi all’attività di scrittore indipendente, conferenziere e consulente. Ha pubblicato diversi libri di economia internazionale. Il suo ultimo lavoro, uscito nel 2008, è un bestseller mondiale intitolato Rivals: How the Power Struggle Between China, India and Japan Will Shape Our Next Decade (nell’edizione italiana di Rizzoli Asia contro Asia). Emmott scrive regolarmente editoriali di politica internazionale per il Corriere della Sera e il Times (di Londra).

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he economic and financial events that began in August 2007, when worries about American sub-prime mortgages first caused substantial tremors in the financial markets, have certainly been shocking. The collapse of Lehman Brothers in September 2008; the bankruptcy of General Motors, for many years the world’s biggest carmaker; the long slide in residential property prices in countries on both sides of the Atlantic; the slump in share prices that have pushed many pension funds into big deficits; the vast rescue efforts by central banks and finance ministries all over the world: the list of shocks seems endless. That is why this episode has felt as if it must be the end of an era, and the beginning of something new. But the end of what, the beginning of what? The truth is that we still do not know. Shocks may appear to change the world overnight but in fact they take many

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months and years to have their full impact. The reason for this essential ignorance, for this slow process by which knowledge emerges, is that economics is not a science. It is not like physics or chemistry, which study fixed relationships between atoms or molecules, whose behavior follows certain laws. Economics, instead, is the study of human behavior, and we should all surely realize that although humans may follow certain patterns and trends, they do not behave in the sort of fixed ways that can be described as laws. Two of the most critical aspects of the economic slump are especially unpredictable: consumer spending and personal savings. Every company wants to know whether the economic crisis means an end to the consumer-led economic model of the United States, Britain and some other European economies. Will people consume less, will they choose to buy different types of goods and services than before? Will they decide to save a larger share of their incomes? Full answers to these crucial questions will emerge only after a number of years. There are, however, some clues that already provide some indications, at least. The first clue lies in the decisions by American households about how much of their incomes to save. Americans were, for the past decade or so, the world’s most determined borrowers and most reluctant savers.

The easy availability of loans, the presence of almost full employment, and the nationwide rise from 2002 onward of residential property prices: all these conspired to produce a situation in which Americans had a negative personal savings rate: in other words, as a national whole, they were spending slightly more than their incomes, each year, and not adding to their savings. A similar trend occurred in Britain. Both were in sharp contrast to Italy and Germany, where household savings rates remained well over 10%. After the Lehman Brothers collapse, Americans suddenly decided they had better save more. Loans were becoming harder to get; house prices were falling; retirement funds were slumping along with share prices; unemployment was rising. So, in the space of just three months, the American household savings rate jumped from minus 2% to more than 5% of personal disposable income. That is the first clue: Americans clearly realized their previous spending and saving behavior was unsustainable. But the second clue is that the trend of rising savings then slowed down. It may even have stopped. The long-term average household savings rate in America is 8% of personal disposable income, and so far the rate remains below that level. It may well be that Americans simply feel that they cannot

afford to add to their savings. It is also possible that the recovery in share prices that has occurred in 2009 has led some to conclude that retirement funds may not, after all, be as damaged as they once looked. It is also the case that, although loans are not as easily available as they were in the heyday of subprime mortgages, the interest rates on personal debt have stayed low for borrowers who are thought to be creditworthy. Thus, so far, there has not been a drastic change in consumer behavior. Incomes have not been rising, so less money has been spent, and there has been some increase in savings. But this does not, yet, constitute a revolutionary shift, to a new era. Two other forces do, however, look either certain or highly probable. The first is that taxes are going to rise, in America and in all Western European economies, in order to reduce budget deficits and reduce public debt levels. The political choices will be about who should pay the higher taxes, how soon to raise them, and by how much. It will not be about whether to raise them. So there will be a further drain on the money available for consumer spending. The other, probable, force comes from high energy prices. The most remarkable aspect of the economic crisis of 2007-09 is that just as the world is beginning its economic revival the price of crude oil is at $70-80 a barrel, which is double the level in March 2009 and seven times higher than in 1998. Whether or not there is a long-term shortage of oil supply, there is clearly a shortage in the short or medium term. Moreover, apart from the Copenhagen conference on climate change, governments know that they are going to increase the controls on carbon dioxide emissions,

and so will raise the cost of using fossil fuels such as oil and coal. What this implies is that although we cannot know whether or not consumer spending is going to grow, nor how fast, we can assume that the goods on which it is spent will change, at least in terms of energy and transportation. When oil prices soared in 2006-08, consumers could conclude that the rise might be temporary. Now that they are high even after the worst recession in half a century, such a conclusion is much less likely. Costly energy is here to stay, as are government measures to mitigate climate change. Thus, the safest bet on consumer patterns is that hybrid and fully electric cars will emerge on to the market much more rapidly than the car industry currently is saying, encouraged by consumers’ desire to save money as well as by fierce global competition—this time even including Chinese car producers—to dominate the new electric car industry in the way that General Motors once dominated the old, petrol-based automobile market.

* From 1993 until March 31st 2006 Bill Emmott was the Editor of The Economist, the world’s leading weekly magazine on current affairs and business. He has stood down from that post to become an independent writer, speaker and consultant. He has published several books on international affairs. His last book, published in 2008, is an international bestseller, titled Rivals: How the Power Struggle Between China, India and Japan Will Shape Our Next Decade. Emmott writes regular columns on international affairs for the Italian Corriere della Sera and for The Times (of London).


CONSUMI

Più qualità e fiducia CONSUMPTION

More Quality And Trust Intervista a Pietro Ferrero* Interview with Pietro Ferrero*

In tempi di crisi occorre mantenere un’offerta al mercato di alta qualità senza compromessi. E consolidare il rapporto di fiducia con i consumatori At times of crisis, a no-compromise offer of high quality has to be maintained and ties of trust with consumers need to be consolidated

Pietro Ferrero

L

e difficoltà economiche della crisi finanziaria hanno provocato, in tutti i paesi avanzati, un netto taglio dei consumi, compresi quelli alimentari, come non si registrava da decenni. Mentre all’orizzonte si profila una timida ripresa, si notano comunque esitanti segni di recupero della domanda per consumi, che evidenzia però caratteristiche nuove, di maggiore austerità

e attenzione al valore intrinseco dei prodotti. In questa intervista, Pietro Ferrero, Ceo di Ferrero International, espone il punto di vista suo, e dell’azienda, su come affrontare la crisi e puntare a mantenere, e consolidare, un buon rapporto con i clienti. E la sua formula è senza compromessi: puntare sempre alla massima qualità per esaltare la fiducia e la soddisfazione dei consumatori.

La crisi ha inciso profondamente sulla domanda per consumi in tutti i paesi, Italia compresa. In che modo la sua azienda ha fatto fronte al calo? La nostra azienda si è posta fin dalla sua creazione l’obiettivo di sviluppare e commercializzare prodotti che rispondessero a bisogni profondi dei consumatori, non soggetti a mode e tendenze di breve. Questa strategia ci ha consentito di occupare spazi di mercato nei quali abbiamo costruito un fortissimo rapporto di fiducia con i nostri consumatori, fondato anche sull’elevato livello qualitativo dei nostri prodotti, che produciamo con le migliori materie prime disponibili sul mercato. I nostri consumatori ci riconoscono quotidianamente la forza di questa relazione attraverso una fedeltà alle nostre grandi marche che si protrae da anni e si trasmette tra generazioni. Basta pensare, per capire l’intensità di questo rapporto, a prodotti quali Nutella o Kinder Sorpresa, che

sono rimasti quasi immutati nel corso degli anni regalando alle generazioni di oggi la stessa soddisfazione che regalavano a quelle di ieri. Questa caratteristica del nostro modello di business attenua quindi in parte l’impatto del calo dei consumi, al quale facciamo comunque fronte continuando a lavorare per garantire sempre più elevati standard di qualità e gusto al portafoglio esistente e sviluppando nuovi prodotti con caratteristiche di unicità. Lei ritiene che, una volta finita la recessione, la domanda per i beni di consumo tornerà rapidamente ai livelli pre-crisi o, come temono alcuni, occorrerà un tempo relativamente lungo per tornare a tali livelli? È difficile immaginare che, dopo un tale periodo di discontinuità, si ritorni a livelli di domanda simili a quelli del periodo pre-crisi, anche se è verosimile che le dinamiche di recupero saranno molto differenziate tra

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categorie. In termini generali, i recenti eventi hanno rafforzato nella popolazione delle principali economie europee una percezione di imprevedibilità delle prospettive economiche e di sviluppo. Non mi riferisco soltanto alle prospettive di crescita del reddito, ma anche alla vulnerabilità percepita del risparmio in relazione all’andamento dei mercati finanziari e alle prospettive incerte del mercato immobiliare, che rappresenta il principale asset delle famiglie in numerosi paesi. A questi aspetti si somma il problema della disoccupazione, ai massimi dall’anno 1999 nell’Eurozona. Questo tema è attualmente occultato da numerose stime e proiezioni più o meno positive su tempi e modalità con cui il sistema riuscirà a recuperare vitalità invertendo il trend negativo degli ultimi due anni. Occorre però essere consapevoli che la disoccupazione è prevista crescere ulteriormente nei prossimi mesi in quanto il tessuto imprenditoriale, e in particolare le piccole e medie imprese del nostro paese, ha esaurito la propria capacità di assorbimento del calo dell’attività. L’insieme di queste condizioni non potrà che impattare in maniera determinante sui consumi anche in un contesto nel quale gli indicatori di sviluppo dovessero tornare positivi. In tempo di recessione l’azienda deve prendere in considerazione un cambio del prodotto offerto al mercato (sotto un profilo di prezzo, o qualità, o altro), l’introduzione di prodotti di fascia più bassa per tenere conto del minore potere d’acquisto, o altro ancora? Si tratta di una strategia proclamata negli ultimi mesi da numerose aziende leader nel mercato dei beni di consumo, sia alimentari che non alimentari.

Dopo anni in cui si è professata la polarizzazione dei consumi tra “low cost” e “high end”, sfruttando frequentemente in quest’ultimo caso posizionamenti non sostenibili rispetto agli effettivi benefici del prodotto, si sta ora riscoprendo che il consumatore chiede prodotti con adeguato rapporto tra qualità e servizio offerto e prezzo pagato. Per quanto ci riguarda non prevediamo di perseguire questo tipo di iniziativa, in quanto riteniamo che sia in contrasto con la nostra filosofia imprenditoriale e con la relazione di fiducia e trasparenza che ci lega da sempre ai nostri consumatori. Una relazione nella quale il consumatore riconosce e valorizza l’eccellenza qualitativa e produttiva dei nostri prodotti. Un’ulteriore indicazione che sembra emergere è legata agli effetti reali della crisi: i consumatori stanno adottando comportamenti di maggiore austerità. Nessuno però sembra oggi in grado di prevedere se saranno permanenti o tenderanno a sparire una volta usciti dalla recessione, con redditi finanziari e di lavoro nuovamente crescenti. Quale prospettiva ritiene la più realistica? Penso che nel breve periodo questi comportamenti tenderanno a permanere, anche in un contesto di uscita dalla recessione. La recente crisi ha infatti indirizzato i comportamenti di consumo della maggioranza delle persone non solo verso una maggiore austerità, ma anche nella direzione di una maggiore consapevolezza dei comportamenti di acquisto. Una consapevolezza che riguarda sia il rapporto tra prezzo e qualità, già menzionato, sia altre dimensioni quali la sostenibilità sociale e ambientale intrinseca del bene acquistato.

Si tratta di dimensioni della cultura di consumo che impregnano ormai i comportamenti di acquisto in maniera diffusa e che rimarranno senza dubbio presenti anche in un orizzonte temporale che va oltre i cicli avversi dell’economia. È comunque plausibile anche un parziale ritorno a un consumo più spensierato e “aspirazionale” in numerose categorie di beni di consumo, in particolare voluttuari, se l’insieme degli indicatori di sviluppo dovesse ritornare positivo su base duratura. Tutte le più recenti ricerche indicano che i consumatori si stanno sempre più indirizzando verso scelte di consumo che tengono conto dell’orientamento dell’azienda in termini di rispetto dell’ambiente (sia nei processi di produzione, sia nell’uso delle risorse e dell’energia, sia ancora in rapporto

al prodotto offerto). È una tendenza di cui Ferrero tiene conto, e in che modo? Ferrero è stato uno dei precursori nell’attuazione di politiche aziendali rispettose dell’ambiente. Fin dagli anni Novanta abbiamo posto in essere politiche di sensibilizzazione e di educazione dei nostri dipendenti su tematiche legate al riciclaggio dei materiali, sia all’interno che all’esterno della azienda. Siamo sempre stati all’avanguardia nella gestione sostenibile dei nostri impianti attraverso un uso efficace dell’energia, dei materiali e delle risorse naturali, perseguendo la riduzione dell’impatto ambientale e degli sprechi e utilizzando dove possibile fonti di energia rinnovabili. A questo proposito siamo orgogliosi dei risultati raggiunti in pochi anni da Energhe, l’azienda del Gruppo nata nel 2007 per sviluppare progetti per la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili e per progettare e sviluppare


progetti di risparmio energetico. In soli due anni, sono stati completati e resi operativi numerosi impianti fotovoltaici presso edifici del Gruppo e impianti di cogenerazione a gas presso i nostri stabilimenti in Italia, Germania, Polonia e Belgio.

* Pietro Ferrero è Chief Executive Officer di Ferrero International, la società lussemburghese holding del Gruppo Ferrero, azienda leader a livello mondiale nel settore dolciario. Entrato in azienda nel 1985, ha svolto incarichi operativi di crescente responsabilità sia in area produttiva sia in area commerciale. Nel 1997 ha assunto assieme al fratello Giovanni la guida del Gruppo, garantendo continuità alla gestione famigliare dell’azienda fondata nel 1946 ad Alba. È stato membro del consiglio di amministrazione di Mediobanca e di Allianz S.p.A. È consigliere di amministrazione di Italcementi e membro del comitato esecutivo di Aspen Institute Italia.

I

n all the advanced nations, the economic difficulties of the financial crisis have triggered a sharp fall in consumer spending, even for groceries, on a scale not seen for decades. While a timid recovery is appearing on the horizon, hesitant signs of an upturn can be seen in consumer demand, but with a new emphasis on greater austerity and attention to intrinsic product value. In this interview, Pietro Ferrero, CEO of Ferrero International, expresses his and his company’s viewpoint on ways to respond to the crisis and maintain and strengthen good customer relations. His is a no-compromise formula: an insistent focus on outstanding quality to raise consumer trust and satisfaction. The crisis has had a severe impact on demand everywhere, and Italy is no exception. How has your company dealt with the downturn?

Ever since it was established, our company has always aimed at developing and marketing products for consumers’ deepest needs, which are not subject to short-term trends and fashions. Thanks to this strategy, we have established a market positioning based on a very strong relationship of trust with consumers, and also on the high quality of our products, which we produce with the best raw materials available. Every day our consumers demonstrate the strength of this relationship by displaying a loyalty to our top brands that has continued for years, from generation to generation. To understand the intensity of this relationship, take products like Nutella or Kinder Sorpresa, which have virtually never changed over the years, offering today’s consumers the same pleasure they provided for previous generations. This characteristic of our business model in part mitigates the impact of the fall in spending; nevertheless, we are taking action to beat the downturn by continuing to work on ever higher standards of quality and flavor for the current portfolio and developing new products with unique features. Do you think demand will move quickly back to pre-crisis levels once the recession ends, or, as some people fear, that it will take longer to return to the old levels? After a period of recession of this severity, a return to pre-crisis levels of demand seems unlikely, although recovery trends will probably differ significantly from category to category. Generally speaking, in the main European economies recent events have strengthened public perception that the economic outlook is

unpredictable. I’m not talking simply about the prospects for income growth, but also about the perceived vulnerability of people’s savings in relation to trends on the financial markets and the uncertain prospects of the property market, which is the main family asset in many countries. On top of this, there’s the problem of unemployment, now at the highest level since 1999 in the Eurozone. This issue is currently masked by countless more or less positive estimates and projections on how and when the system will regain vitality and reverse the slowdown of the last two years. We need to be aware, however, that unemployment is expected to continue growing over the coming months, since the entrepreneurial system, and Italy’s small and medium companies in particular, have used up their capacity to absorb the business decline. The combination of these conditions will inevitably have a decisive impact on consumer spending, even if growth indicators pick up. What should companies do in a recession: change their product offers (in terms of price, quality, and so on), introduce a new, lower-priced offer to take account of diminished purchasing power, or whatever? In recent months many companies who are leaders on the consumer goods market, in food and non-food sectors, have announced strategies of this type. Having said for years that consumer spending was polarized between “low cost” and “high end”, and, in the latter case, frequently exploited untenable positions in terms of the real benefits delivered by products, now they are discovering that what the

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consumer wants is a correct balance between quality and service offered and price paid. Here at Ferrero we are not planning to introduce this type of initiative, as we believe it conflicts with our entrepreneurial philosophy and with the trust and transparency that have always distinguished our customer relations. Where the consumer acknowledges and values the outstanding quality and production excellence of our products. Another emerging trend relates to the real effects of the crisis: consumer behavior is becoming more austere. However, no one today can say whether this is a permanent change or whether it will disappear once we move beyond the crisis and incomes begin to grow again. What do you think is the most realistic outlook?

In the short term, I think this behavior will continue, even when the recession is behind us. The crisis has led most people not only to spend less, but also to pay greater attention to what they buy. Attention to price and quality, as we said, and also to factors like the intrinsic social and environmental sustainability of the product being purchased. These consumer styles are now widespread and without doubt will continue even when we have moved out of the downward economic cycle. Nevertheless, a partial return to a more carefree, “aspirational� form of spending is likely in many consumer goods categories, especially luxury goods, if there is a lasting return to positive growth indicators. All the latest surveys suggest that consumer purchasing decisions tend increasingly to take account of

companies’ attitudes to respect for the environment (production processes, use of resources and energy, and also in relation to products offered). Does Ferrero consider this, and how? Ferrero was a forerunner in introducing environmentally sustainable corporate policies. Since the 1990s we have pursued policies to raise employee awareness about recycling issues, both inside and outside the company. We have always been in the forefront of sustainable plant management based on effective use of energy, materials and natural resources and reduction of environmental impact and waste, using renewable energy sources where possible. On this point we are proud of the results achieved in just a few years by Energhe, the Group company formed in 2007 for the production of electric and thermal power from renewable sources and

development of energy saving projects. In just two years, numerous photovoltaic plants have been completed and commissioned at Group sites as well as gas cogeneration plants at our factories in Italy, Germany, Poland and Belgium.

* Pietro Ferrero is the Chief Executive Officer of Ferrero International, the Luxembourg-based holding of the Ferrero Group, a worldwide leader in confectionery products. He began working in the Group in 1985, holding increasingly senior positions in both production and sales/marketing. In 1997 he and his brother Giovanni took over management of the Group, ensuring the continuity of the family-based management of the company established in 1946 in the Italian town of Alba. He was a Director of Mediobanca and Allianz S.p.A. He is a Director of Italcementi and a Member of the Executive Committee of Aspen Institute Italia.


CONSUMI

Tecnologia oltre la crisi CONSUMPTION

Technology Beyond The Crisis Intervista a Umberto Paolucci* Interview with Umberto Paolucci*

La recessione ha provocato una forte contrazione nella domanda di prodotti e servizi IT. Ma per riprendere la strada della crescita occorre un uso migliore e più intenso della tecnologia The recession has led demand for IT products and services to plummet. Yet for a return to growth, better, more intensive use needs to be made of technology

Umberto Paolucci

A

scoltate i vostri clienti, è il suggerimento di Umberto Paolucci presidente di Microsoft Italia alle aziende italiane che lottano per superare le secche della recessione. Il calo della domanda è un dato di fatto che non ha risparmiato nessun settore e nessuna impresa, ed è possibile che una certa austerità rimanga anche a crisi finita. Ma per risollevare le sorti dell’economia e delle aziende, è indispensabile utilizzare strategie di sviluppo e di innovazione per aumentare la produttività e la capacità di competere. E, in questo modo, anche la ricchezza prodotta e distribuita nel paese. La crisi ha inciso profondamente sulla domanda in tutti i paesi, Italia compresa. In che modo la sua azienda ha fatto fronte al calo? In Microsoft abbiamo scelto la strada dell’innovazione e potenziato gli investimenti in Ricerca & Sviluppo annunciando addirittura un incremento di 1,6 miliardi di dollari rispetto al 2008. È proprio in virtù di questa scelta che abbiamo appena lanciato una nuova line-up di prodotti, tra cui il nuovo sistema operativo,

Windows 7, il cui impatto andrà ben oltre Microsoft e influenzerà i profitti e la crescita di molte aziende IT di tutto il mondo. Per ogni euro del profitto di Microsoft ricavato da Windows 7 in Europa nel 2009, l’ecosistema di Microsoft beneficia di 19,06 euro. Abbiamo inoltre fronteggiato

la crisi facendo leva sulle nostre più recenti innovazioni tecnologiche, che includono la virtualizzazione, la collaborazione e il cloud computing per ridurre i costi operativi aumentando al contempo la nostra efficienza interna. In Microsoft, ad esempio, adottando la “Unified communications” – un

sistema per migliorare la condivisione e lo scambio d’informazioni all’interno dell’impresa e con le strutture esterne – abbiamo risparmiato in un anno 212 milioni di dollari a livello globale. Grazie alla tecnologia di virtualizzazione inclusa in Windows Server 2008, abbiamo anche consolidato e ottimizzato l’ambiente server con un notevole risparmio in termini di spazio, di costi e di manutenzione. Il nostro dipartimento IT, ad esempio, ha spostato il 25% dei server in un ambiente virtuale nel corso del 2007 e il risparmio ottenuto è stato pari a 10 milioni di dollari. Lei ritiene che, una volta finita la recessione, la domanda tornerà rapidamente ai livelli pre-crisi o, come temono alcuni, occorrerà un tempo relativamente lungo per tornare a tali livelli?

Nel nostro settore la crisi economica ha prodotto una generale riduzione dei budget IT che oggi interessa oltre il 70% delle imprese italiane dell’industria e dei servizi, le quali stanno sia rinunciando a investire in nuovi progetti IT, sia rinviando a tempi migliori il rinnovo del parco tecnologico.

Anche all’estero la situazione è simile, con un calo di domanda di PC (Gartner ha stimato 257 milioni di unità vendute a fine 2009, con un declino dell’11,9% rispetto all’anno precedente) e una discesa leggermente superiore alla media in Europa e America del Nord (circa il 13%), ovvero nei mercati più maturi, con quelli emergenti in calo del 10,4%. Tuttavia, è bene ricordare che l’Italia parte da una situazione di retroguardia – a prescindere dalla crisi – dato che spende in Information Technology circa il 40% in meno rispetto ai principali paesi europei, con conseguente impatto negativo sulla produttività e sulla competitività. Quindi il mio auspicio è che le imprese italiane non solo tornino ai livelli pre-crisi, ma sappiano creare le condizioni future per la crescita e lo sviluppo, innanzitutto attraverso maggiori investimenti in Information Technology, capaci di far incrementare la loro produttività e, soprattutto, di diffondere innovazione in modo orizzontale all’interno del sistema economico nel suo complesso. In tempo di recessione l’azienda deve prendere in considerazione modifiche nell’offerta del prodotto e/o servizio offerto al mercato (sotto un profilo di prezzo, o qualità, o altro), l’introduzione di una nuova offerta meno costosa per tenere conto del minore potere d’acquisto, o altro ancora? Più che prendere in considerazione offerte più economiche o di qualità più bassa, io suggerisco alle aziende di qualunque dimensione e settore di focalizzarsi – ora più che mai – sull’ascolto dei propri clienti, per sviluppare prodotti e servizi con le caratteristiche

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“giuste”, in grado di soddisfarli appieno. Ricollegandomi al nostro nuovo sistema operativo, ad esempio, Windows 7 riflette i suggerimenti raccolti da oltre 8 milioni di utenti di tutto il mondo, che hanno preso parte al programma di beta testing e contribuito allo sviluppo di nuove funzionalità. Oltre 600 nuove features sono state testate a livello mondiale per valutare quelle più importanti per gli utenti, e da tutti questi feedback sono emerse nuove necessità: ad esempio, il crescente bisogno di lavorare in mobilità e al contempo in grande sicurezza; la possibilità di connessione e gestione direttamente dal PC di stampanti, telefoni ed eventuali altri dispositivi in maniera semplice e intuitiva; e anche la nuova funzionalità touch, per lavorare utilizzando semplicemente il tocco delle dita. In generale, considero quello attuale un momento strategico per le aziende, perché si dotino di strumenti evoluti di marketing a servizio dell’innovazione, in grado di far penetrare nelle aziende stesse i feedback degli utenti. Un’ulteriore indicazione che sembra emergere è legata agli effetti reali della crisi: i consumatori stanno adottando comportamenti di maggiore austerità. Nessuno, però, sembra oggi in grado di prevedere se saranno permanenti o tenderanno a sparire una volta usciti dalla recessione, con redditi finanziari e di lavoro nuovamente crescenti. Quale prospettiva ritiene la più realistica? Oltre a forse temporanei atteggiamenti di maggiore austerità, ritengo che questa crisi ci lascerà in eredità una diffusa esigenza di “produttività” superiore, sia personale, sia

aziendale. Si chiederà di più alla tecnologia – un’esperienza d’uso più semplice, ricca e completa, anche e soprattutto in mobilità –, ci si attenderanno in particolare maggiori qualità e disponibilità di servizi amministrativi digitali, e per questa ragione la Pubblica Amministrazione avrà sempre più bisogno di abbandonare sistemi tradizionali di relazione con il pubblico basati su comunicazioni cartacee e sportelli. Sono inoltre convinto che la crisi abbia accelerato una serie di cambiamenti nelle preferenze e nei gusti degli utenti, che credo permarranno tali anche quando questa difficile fase economica sarà alle nostre spalle. Tra questi, ad esempio, nel mercato della pubblicità gli investimenti delle aziende saranno sempre più riorientati dalla carta stampata alla Rete, che consente una maggiore interattività con i clienti e una precisa misurabilità del ritorno, mentre il settore dei viaggi per affari e quello delle grandi fiere continueranno a registrare una contrazione e una progressiva sostituzione con riunioni in videoconferenza. Mi auguro che Expo 2015 possa segnare un momento di controtendenza, ma questo non è affatto scontato, e dipende dalla forza creativa e innovativa che si sarà in grado di dispiegare in questo grande evento. Tutte le più recenti ricerche indicano che i consumatori si stanno sempre più indirizzando verso scelte di acquisto che tengono conto dell’orientamento dell’azienda in termini di responsabilità sociale, ambiente e rapporti con gli stakeholders. È una tendenza di cui Microsoft tiene conto, e in che modo? In Microsoft crediamo da sempre che un’impresa che adotti un comportamento socialmente responsabile,

monitorando e rispondendo alle aspettative economiche, ambientali e sociali di tutti i portatori di interesse colga anche l’obiettivo di conseguire un vantaggio competitivo e di massimizzare gli utili di lungo periodo. Un risultato non di poco conto nel contesto economico attuale. In questo contesto, abbiamo una tradizione che ci vede molto sensibili verso la promozione di una società progressiva e inclusiva, moderna e aperta, con particolare riferimento al ruolo positivo che la tecnologia informatica può avere per consentire a tutti di lavorare alla costruzione del proprio futuro, attraverso la conoscenza e con i più moderni strumenti di comunicazione e accesso all’informazione. Il senso di questo impegno riguarda anche e soprattutto la realtà nazionale e locale. Sono moltissimi i programmi di

Microsoft Italia rivolti al sociale, tutti in collaborazione con moltissime onlus grandi e piccole attive sul nostro territorio. Essi spaziano dall’impegno per l’inclusione degli anziani, con corsi gratuiti mirati alla loro alfabetizzazione informatica, alla promozione della sicurezza su Internet dei minori; dall’accesso a nuove opportunità lavorative da parte dei segmenti di popolazione più sfortunati, sempre con l’ausilio della tecnologia, all’impegno per le pari opportunità e per un ruolo nuovo delle donne nella società, fino alla promozione della digitalizzazione delle opere d’arte per diffonderne e preservarne il valore. Ancora, siamo impegnati in favore dell’innovazione nelle piccole e medie aziende italiane, con programmi gratuiti di accesso al credito, formazione e sviluppo di nuova imprenditorialità particolarmente utili in questo


periodo storico, nello sviluppo delle aziende del settore informatico e in generale nella crescita dell’economia del software in Italia e anche nella progressiva modernizzazione della Pubblica Amministrazione, con progetti pilota che stanno partendo in tutta Italia, senza oneri a carico dello Stato. In Microsoft rivolgiamo un’attenzione particolare anche al mondo delle università che, oltre a costituire il luogo principe di creazione, diffusione ed elaborazione della cultura e della scienza, rappresentano per noi potenziali attori di trasformazione del business, in special modo quello delle piccole e medie imprese, che in Italia ha grande necessità di essere innovato.

* Umberto Paolucci, laureato in ingegneria elettrotecnica, ha sempre operato nel mondo dell’Information Technology, prima con la Hewlett Packard e successivamente, fino alla posizione di direttore generale, con la General Automation di Anaheim (California), per poi fondare nel 1985 la filiale italiana di Microsoft come amministratore delegato e direttore generale. Dopo diversi anni di attività e di responsabilità internazionali, durante i quali ha conservato la funzione di presidente della filiale italiana che detiene tuttora, è divenuto vice presidente di Microsoft Corporation nel 1998 e nel 2003 senior chairman di Microsoft EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa). Nominato Cavaliere del Lavoro nel 2002, Paolucci è presidente della American Chamber of Commerce in Italy ed è consigliere di amministrazione di diverse aziende, associazioni e fondazioni in Italia e in Europa.

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isten to your customers, is the recommendation from Microsoft Italy President Umberto Paolucci for Italian companies fighting their way out of the recession. No industry and no company has been spared by the fall in demand and a certain austerity may well continue after the crisis ends. But to put the economy and business back on a firm footing, growth and innovation strategies are essential to boost productivity and competitiveness. And, consequently, to raise the wealth produced and distributed in Italy. The crisis has had a severe impact on demand everywhere, and Italy is no exception. How has your company dealt with the downturn? In Microsoft we have opted for innovation and strengthened our R&D investments, which have actually risen by 1.6 billion dollars from 2008. And thanks to this move we have just launched a new product line-up, including the new Windows 7 operating system, whose impact will extend well beyond Microsoft, assisting the earnings and growth of numerous IT companies all over the world. For each euro of profit Microsoft earns in Europe from Windows 7 in 2009, the Microsoft ecosystem gains 19.06 euros.

We have also responded to the crisis by leveraging our latest technological innovations, including virtualization, collaboration and cloud computing, to cut operating costs and simultaneously raise internal efficiency. In Microsoft, for example, we have achieved a global saving of 212 million dollars in a year by adopting “Unified communications”, a system that improves information sharing internally and with external bodies. With the virtualization technology in Windows Server 2008, we have also consolidated and optimized the server environment, obtaining significant savings in terms of space, costs and maintenance. For example, during 2007 our IT department moved 25% of servers to a virtual environment, with a saving of 10 million dollars. Do you think demand will move quickly back to pre-crisis levels once the recession ends, or, as some people fear, that it will take longer to return to the old levels? In our business, the economic crisis has caused a general reduction in IT budgets currently affecting more than 70% of Italian manufacturers and services providers, who are not investing in new IT projects and are postponing upgrades to their technology installations until things improve. It’s the same abroad, with a drop in PC demand (Gartner estimates total shipments for 2009 of 257 million PCs, down 11.9% from the previous year) and a slightly above-average decline in Europe and North America (approximately 13%), on the more mature markets in other words, and a 10.4% decrease on the emerging markets. You have to remember, however, that, irrespective of

the crisis, Italy starts at a disadvantage, given that we spend around 40% less on Information Technology than the main European countries, and this has negative repercussions for productivity and competitiveness. So I hope corporate Italy not only returns to pre-crisis levels, but successfully creates the conditions for future growth and development, first of all through higher investment in Information Technology to raise productivity and, above all, spread innovation across the entire economic system. What should companies do in a recession: change their product/service offers (in terms of price, quality, and so on), introduce a new, lower-priced offer to take account of diminished purchasing power, or whatever? Rather than cheaper or lowerquality offers, I would advise every company, whatever its size and business, to focus more than ever on listening to customers, in order to develop products and services delivering the “right” features to meet their needs in full. For example, our new operating system, Windows 7, reflects input received from more than 8 million users all over the world who took part in the beta testing program and contributed to the development of the system’s new functionalities. More than 600 new features were tested worldwide to see which ones users preferred, and the feedback pinpointed a series of new requirements: for instance, demand is growing for mobile computing, with guaranteed security; for simple, intuitive connection and management of printers, phones and other devices directly from the PC; and also for the new touch function, where all you

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which supports greater interaction with customers and allows returns to be accurately measured, while business travel and business fairs will continue to decline as growing use is made of video-conferencing. Hopefully, Expo 2015 will buck this trend, but this shouldn’t be taken for granted: everything will depend on the creative and innovative strength brought into play for that great event.

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have to do is touch the display with your finger. Generally speaking, this is a strategic moment for companies: they should equip themselves with advanced marketing tools geared to innovation that bring user feedback into the company. Another emerging trend relates to the real effects of the crisis: consumer behavior is becoming more austere. However, no one today can say whether this is a permanent change or whether it will disappear once we move beyond the crisis and incomes begin to grow again. What do you think is the most realistic outlook? Over and beyond a possibly temporary swing toward greater austerity, I think

a consequence of the crisis will be widespread demand for greater “productivity”, at personal and corporate level. More will be asked of technology—a simpler, wider and more complete user experience, especially for mobile users; in particular, people will want digital administrative services offering greater quality and availability, and for this reason state administrations will have to abandon traditional public relations systems using paper-based communication and face-to-face contact. What’s more, I’m convinced the crisis has intensified a number of changes in user tastes and preferences, which will remain after this difficult period is behind us. In advertising, for example, corporate investments will shift increasingly away from printed paper to the Net,

All the latest surveys suggest that consumer purchasing decisions tend increasingly to take account of companies’ attitudes to social responsibility, environment and stakeholder relations. Does Microsoft consider this, and how? In Microsoft we have always believed that a socially responsible company that monitors and responds to stakeholders’ economic, environmental, and social expectations gains a competitive advantage and maximizes long-term earnings. A not insignificant result in the current economic climate. On this front, by tradition we are extremely sensitive to the need to promote a society that is progressive, inclusive, modern and open, with a special emphasis on the positive role IT can play in helping everyone to build their future, through knowledge and the latest communication and information tools. This commitment focuses above all on activities at national and local level. Microsoft Italy runs a huge range of social programs, in cooperation with numerous no-profit organizations in Italy, large and small. Initiatives include free courses for the elderly to acquire computer skills, promotion of Internet safety for minors, access to new job opportunities for the under-

privileged, again with the help of technology, commitment to equal opportunities and a new role for woman in society, promotion of digitalization projects to conserve the value of works of art, and make them known to more people. We also promote innovation in Italy’s small and medium businesses, with free credit-access programs, training and development of new entrepreneurial skills—particularly useful at the moment—, the growth of IT companies and the software economy in Italy in general, as well as the gradual modernization of the state administration, with pilot projects starting up throughout Italy, at no expense to the public purse. In Microsoft we also attach special importance to universities: not only are universities the main source and key driver of culture and science, for us they are potential players in business change, especially among small and medium sized enterprises, which in Italy have a great need for innovation.

* A graduate in electro-technical engineering, Umberto Paolucci has always worked in the Information Technology industry, first with Hewlett Packard and later with General Automation of Anaheim (California), where he rose to become Chief Operating Officer. In 1985 he established the Italian subsidiary of Microsoft as Chief Executive and Chief Operating Officer. After a number of years of activity at international level, during which he continued as President of the Italian arm, a post he still holds today, in 1998 he was appointed Vice President of Microsoft Corporation and, in 2003, Senior Chairman of Microsoft EMEA (Europe, Middle East and Africa). He was named a Cavaliere del Lavoro of the Italian Republic in 2002. Paolucci is President of the American Chamber of Commerce in Italy and a Director of a number of companies, associations and foundations in Italy and Europe.


Un’eredità di prudenza A Legacy Of Prudence Intervista a Ann M. Mack* Interview with Ann M. Mack*

I consumatori americani sono in attesa di ulteriori prove di stabilità prima di abbandonare la strada della recessione, ma le nuove abitudini orientate al risparmio non sono destinate a scomparire molto in fretta American consumers are waiting for more proofs of stability before easing up on their recessionary ways, but the new saving habits are not meant to disappear soon

meno affluente, useranno i buoni consumo oppure sfrutteranno i prodotti più a lungo, rimandando nel tempo le spese importanti.

Ann M. Mack

L’

economia mondiale guarda ai consumatori americani sperando che questi ultimi mettano da parte le loro abitudini di risparmio e stimolino così la ripresa su scala globale. Ma secondo Ann Mack, direttore della divisione Trendspotting di JWT, questo non accadrà a breve. Redditi in calo, elevata disoccupazione e incertezze in crescita portano gli acquirenti a ridurre le spese, rendendoli più selettivi e razionali riguardo a ciò di cui hanno veramente bisogno. In generale la tendenza consumistica del passato sembra giunta alla fine. Le previsioni avvertono che nei prossimi anni il consumo privato aumenterà con un ritmo decisamente più lento rispetto agli ultimi vent’anni. Condivide questa visione? In risposta all’incertezza e alla disoccupazione che caratterizzano la ripresa, i consumatori entrano nel 2010 restando attaccati alla mentalità e al comportamento recessivi. Piuttosto che cercare sicurezze nei dati globali, aspettano prove di stabilità a lungo termine nella vita di tutti i giorni prima di abbandonare la strada della recessione. Una svolta nella disoccupazione potrebbe essere

per loro un indicatore chiave (un amico o un famigliare disoccupato che trova lavoro, la propria azienda che riapre le assunzioni, ecc.). Di conseguenza aspettatevi di vedere i consumatori comportarsi esattamente come nel 2009, con quelli più ansiosi che continueranno a limitarsi il più possibile e a pianificare i loro acquisti in base al momento e al luogo in cui potranno fare gli affari migliori. Alcuni continueranno a tagliare le spese relative a trasporti, energia e divertimenti; altri manterranno uno stile di vita

Il comportamento dei consumatori sta quindi cambiando? Molte aziende temono che dopo la recessione le abitudini degli utenti resteranno modificate per sempre (o perlomeno per molti anni), come avvenne dopo la Grande Depressione, e questo a causa dei redditi più bassi, un aumentato grado di incertezza, una maggiore disoccupazione, ecc. È d’accordo? Anche quando le preoccupazioni a livello privato saranno scomparse, la prudenza dei consumatori rimarrà un lascito della Grande Recessione. Gli utenti, provati dalla recessione e più cauti a livello fiscale, esiteranno a tornare alle loro abitudini di spesa sostenute dal credito e dalla mentalità “spendi ora e pensa dopo” che hanno contribuito a generare la crisi. Le società consumistiche si sono trasformate in società di risparmiatori, e questo non cambierà molto presto.

In base a studi recenti, un’altra caratteristica del nuovo consumatore è la forte richiesta di un ottimo rapporto qualità-prezzo, ossia la stessa qualità a prezzi più bassi oppure lo stesso prezzo per una qualità decisamente più elevata. È una tendenza che ha previsto anche lei? La gente si è abituata ad avere molto per meno, con i venditori al dettaglio che abbassano i prezzi, troppo alti rispetto a quelli dei negozi della grande distribuzione come i Walmart di tutto il mondo. La recessione ha anche spinto sotto i riflettori i negozi all’ingrosso e la loro migliorata qualità: in base a un sondaggio effettuato a settembre da AnxietyIndex, l’82% degli adulti americani sostiene che in generale “i negozi all’ingrosso vanno bene”; il 73% afferma che la loro qualità è migliorata a tal punto che “a volte è difficile capire la differenza tra i negozi all’ingrosso e quelli di marca”; e il 72% si dichiara “sorpreso per la buona qualità dei negozi all’ingrosso al giorno d’oggi”. Individuando le categorie più sensibili sarà possibile riprendersi in modo più veloce dai tagli e dall’abbassamento dello stile di vita. I consumatori continueranno anche a dare priorità a un acquisto rispetto a un altro: decidendo che non hanno bisogno di avere tutto subito non si troveranno più a scegliere tra una marca o l’altra (una tv con schermo piatto Sony o Samsung?), ma tra una categoria o l’altra (una vacanza o la tv a schermo piatto?). Non si smetterà di spendere, ma le marche dovranno fornire più motivi che in passato per giustificare gli acquisti, ad esempio promuovendo un prodotto o un servizio come se fosse un investimento, un affare troppo vantaggioso

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per lasciarselo scappare oppure appoggiando la filosofia del “me lo merito” dopo un anno difficile. Quanto inciderà la richiesta dei consumatori per standard ambientali più elevati per i prodotti e i processi produttivi? È un aspetto che le imprese dovrebbero prendere in considerazione per le loro strategie e le loro attività quotidiane? La nostra ricerca AnxietyIndex ha mostrato che l’ambiente non sarà una vittima della recessione. Nonostante molti consumatori siano restii a spendere di più per prodotti ecologici, il movimento “verde” sembra godere del periodo di forza iniziato prima della recessione. Sebbene i prodotti più ecologici siano considerati più costosi, si teme comunque che la recessione impedisca l’adozione di altri provvedimenti “ambientali”. La preoccupazione di sopravvivere in questa economia non ha diminuito la crescente apprensione dei consumatori per l’ambiente. Dalla nostra indagine è emerso inoltre che ci saranno vantaggi non previsti in questo ambito. Nell’ultimo anno i consumatori hanno adottato una serie di comportamenti che possono essere considerati ecologici: spegnere le luci/gli apparecchi quando non in uso, aspettare a sostituire le cose a meno che non sia strettamente necessario, riutilizzare i prodotti, ecc. Come si poteva prevedere, la recessione è risultata un fattore motivante più potente dell’ambiente per adottare queste abitudini. I brand “verdi” che traggono vantaggio dalla recessione dovranno allinearsi con i consumatori e portarli ad agire a favore del pianeta. Queste aziende dovranno inoltre far leva sulle

T

preoccupazioni legate al denaro per stimolare comportamenti rispettosi dell’ambiente e in seguito lavorare sulle mutate abitudini (es. l’idea che essere ecologici sia più dispendioso) per garantire che queste vengano mantenute anche dopo la recessione. In futuro, a crisi attenuata, sarà necessario sottolineare che questi atteggiamenti sono un vantaggio per l’ambiente, non solo per il portafoglio. La recessione sembra aver colpito non solo i consumi quotidiani, ma anche alcune categorie di beni di lusso come automobili e gioielli. È una cosa inaspettata? Ha senso? I benestanti spendono meno e il loro numero è in calo. Gli ultimi sei mesi hanno anche visto nascere un certo populismo che non scomparirà presto. In questi tempi sembra di cattivo gusto ostentare il proprio successo finanziario, così gli ultraricchi tendono a comportarsi con più sobrietà e a fare acquisti in modo più moderato. Per contrasto nei mercati in via di sviluppo, soprattutto in Oriente, l’ultimo simbolo di potere e successo sono i brand di lusso europei, che guardano quindi avidamente a mercati come la Cina (dove le vendite di Gucci sono aumentate del 42% nell’ultimo anno) considerandoli il nuovo motore della crescita. Da altre parti il look senza logo sta diventando l’emblema di un nuovo tipo di lusso: discreto, duraturo e a prova di recessione. Gli acquirenti di beni di lusso rivolgono l’attenzione verso pezzi di “investimento” e i distributori pongono l’attenzione su qualità e autenticità piuttosto che sulla novità. I beni di lusso non sono più un prestigio per le masse, tornando a essere esclusivi e fuori dalla loro portata.

he world economy is looking at American consumers, hoping that they will resume their spending habits stimulating the recovery on a global scale. But this is not likely to happen in the foreseeable future, according to Ann Mack, Director of Trendspotting for JWT. Decreasing income, high unemployment and rising uncertainties are causing customers to slowing down expenditures, making selective and rational choices about what they really need to purchase.

La recessione spinge anche i consumatori a dare una nuova definizione di lusso. Oggi può significare spendere di più per prodotti che rispondono ai più elevati standard di sostenibilità o per cose che favoriscono la salute e il benessere. Anziché incoraggiare gli acquirenti a “fare qualcosa per se stessi”, i distributori di beni di lusso li invitano a dare una mano per cambiare il mondo.

* Ann M. Mack è direttore della divisione Trendspotting di JWT, una delle più grandi agenzie pubblicitarie del mondo. Aiuta i clienti a trasformare in opportunità i cambiamenti del tempo, legati a qualsiasi cosa che vada da tecnologia digitale, gioco d’azzardo e globalizzazione ad attività al dettaglio, filantropia e ambiente. Ann Mack ha lavorato a progetti strategici per clienti come Unilever, Kellogg’s e Kimberly-Clarks. Di recente ha seguito lo sviluppo di AnxietyIndex.com della JWT, specializzata nell’assistere i brand a gestire le preoccupazioni della clientela. Ann Mack è stata ospite di The Early Show sulla CBS, Fox and Friends e Sky News; è stata inoltre intervistata da numerose radio fra cui BBC e NPR. È stata infine citata in diverse pubblicazioni, tra cui il New York Times, USA Today e l’International Herald Tribune, per l’autorevolezza dei suoi studi. Prima di entrare in JWT nel 2004, Ann Mack ha curato le inchieste giornalistiche di Adweek relativamente al settore della pubblicità digitale nel ruolo di Interactive Editor.

In general terms, the consumer trends of the past seem to be over. Most forecasts indicate that, in the next years, private consumption will rise at a remarkably slower rate than in the last two decades. Do you share this view? As a result of the uncertainty and joblessness punctuating the recovery, consumers will hold onto their recessionary mind-sets and behavior well into 2010. Rather than look to macro data for assurance, they will wait for closer-to-home and longer-term proof of stability before easing up on their recessionary ways. Unemployment lifting will be a key barometer for consumers (an unemployed friend or family member getting a job, their company hiring again, etc.). As a result, expect consumer behavior to look very much like it did in 2009, with anxious consumers still planning their purchases based on where and when they can get the best deals and exercising greater restraint. Some will continue to cut their transportation, energy and entertainment spending; some will keep trading down, clipping coupons, using products for longer and delaying big-ticket purchases.


Are the consumers’ behaviors fundamentally changing? Many companies fear that after the recession consumers habits will be permanently modified (or, at least, for many years ahead), as it happened after the Great Depression, because of income reductions, increased uncertainties, higher unemployment and the like. Do you agree? Even when closer-to-home anxieties let up, expect consumer prudence to be a legacy of the Great Recession. The recession-weary and newly fiscally conservative consumer will be hesitant to return to the credit-fueled, spend-now-think-later habits that helped spark the crisis in the first place. Spending societies have turned into saving societies, and they won’t revert anytime soon. According to recent researches, another element of the new consumers’ behaviors is likely to be a strong demand of “value for money”, which means same quality at lower prices, or same price but for really higher quality. Is this trend in your schemes too? People have become accustomed to getting much more for less, with retailers adjusting prices downward for everyday low prices that extend well beyond the Walmarts of the world. The recession has also thrust store brands and their improved quality into the spotlight: according to a September AnxietyIndex survey, 82 percent of American adults said that in general, “store brands are good enough for me”; 73 percent said the quality of store brands has improved to the point where “it’s sometimes hard to tell the difference in quality between store brands and name brands”;

and 72 percent said they’re “surprised by how good store brands are these days.” Look for the high-sensory categories to recover more quickly from both cutbacks and trading down. Consumers will also continue to prioritize purchases; deciding that they don’t need it all at once, consumers are choosing not just brand over brand (a Sony or a Samsung flat screen?) but category over category (a vacation or a flat-screen TV?). It’s not that people aren’t spending, but brands will have to keep giving them more reasons than ever to rationalize their purchases—whether by promoting a product or service as an investment, a too-good-to-pass-up deal or an “I deserve it” treat after an arduous year. How important consumers’ demand for higher environmental standards for products and production processes is going to be? Is this something that companies should embed in their strategies and daily operations? Our AnxietyIndex research has shown that the green movement will not be a casualty of the recession. While the recession is making some consumers reluctant to spend more for green products, green as a movement appears to be enjoying the momentum that started before the recession. Although consumers regard greener products as more expensive, they also worry that the recession will impede further “green” adoption. Their anxiety about surviving in this economy has not lessened their growing concern about the environment. Our research has also shown that the recession is likely to have unintended benefits for the environment.

Consumers have adopted, over the past year, a number of behaviors that could be considered environmentally friendly—turning off lights/appliances when not in use, waiting to replace things until absolutely necessary, reusing things, etc. As might be expected, the recession is a more dominant motivator for these behaviors than the environment. Green brands benefitting from the recession will have to get in with the pockets and keep consumers with the planet. These brands will have to leverage people’s concern over money to stimulate environmentally friendly behaviors and then work on changing attitudes (e.g., the impression that going green is more expensive) to help ensure people maintain these habits well past the recession. As the recession abates, brands will need to reinforce that these behaviors benefit the environment, not just the pocketbook. The recession seems to have hit not only what we can define as normal consumption behaviors, but also some category of luxury goods, such as cars and jewellery. Is this unexpected? Reasonable? The wealthy are spending less, and there are far fewer of them around. The past six months have also ignited a populism that won’t soon die down. In these times, it seems vulgar to flaunt one’s financial success. So the ultra-rich are embracing a new frugality, they’re shopping more quietly. By contrast, in developing markets, especially in the East, Old World European brands are the ultimate symbols of power and success. Luxury brands are hungrily eyeing markets like China (where Gucci saw sales soar 42 percent last year) as the

new engines of growth. Elsewhere, the muted, logo-free look is gaining traction as the standard-bearer for a new kind of luxury: subtle, long-lasting and recession-proof. Luxury shoppers are turning toward “investment” pieces, and luxury marketers are playing up quality and authenticity over novelty. Luxury is moving away from masstige (i.e. prestige for the masses), going back upmarket and beyond the reach of the masses. The recession is also prompting consumers to redefine luxury altogether. Today it can mean spending more for products that conform to the highest sustainability standards or for things that enhance health and well-being. Rather than encouraging shoppers to “treat yourself,” luxury marketers are telling them to help change the world.

* Ann M. Mack is Director of Trendspotting for JWT, one of the largest advertising agencies in the world. She helps clients turn shifts in the zeitgeist—related to everything from digital technologies, gaming and globalization to retail, philanthropy and the environment—into opportunities. Ann Mack has worked on strategic projects for clients including Unilever, Kellogg’s and Kimberly-Clarks. Most recently, she led the development of JWT’s AnxietyIndex.com, which focuses on helping brands navigate consumer anxiety. Ann Mack has appeared on The Early Show on CBS, Fox and Friends, and Sky News; has been interviewed by numerous radio outlets, including the BBC and NPR; and has been quoted in dozens of publications, including The New York Times, USA Today, and International Herald Tribune for her thought leadership. Before joining JWT in 2004, Ann Mack led Adweek’s coverage of the digital advertising industry as Interactive Editor.

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Projects

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Architetture spettacolari e affabulatrici, espressioni di una continua tensione verso il futuro dove la cultura progettuale cerca di trovare risposte alle dinamiche di consumo di domani. Sperimentazione tecnologica, innovazione formale ed emancipazione dalla geometria euclidea proiettano l’architettura contemporanea verso nuove configurazioni plastiche. Architettura come prodotto: strutture spaziali mass-customized, orientate a un dialogo vitale tra progettista, committenza e impresa. Spectacular and storytelling architecture embodying a constant thrust toward the future as design culture tries to find answers to the dynamics of tomorrow’s consumerism. Technological experimentation, stylistic innovation and the breaking free from Euclidean geometry project modern-day architecture toward new sculptural configurations. Architecture as a product, meaning: mass-customized spatial structures aimed at vital interaction between the designer, clients and contractor.

Il futuro dopo la tempesta Future From The Storm

Maurizio Vitta*

U

n’immagine ha accompagnato la fine della modernità, accendendo la sua lunga agonia di una luce profetica: l’immagine dell’Angelus Novus di Paul Klee, che Walter Benjamin interpretò come destino della storia nel suo farsi. Per Benjamin l’angelo della storia doveva avere, come nel dipinto di Klee, il volto rivolto al passato visto come “una sola catastrofe” che gli accumula dinanzi rovine su rovine, mentre una tempesta violenta, che fa salire al cielo quella montagna di macerie, lo sospinge irresistibilmente in un futuro cui volge le spalle. “Ciò che chiamiamo progresso è questa tempesta”, conclude Benjamin. Il passato come maceria, il progresso come tempesta, il futuro come cecità: nella metafora benjaminiana fu soprattutto la cultura architettonica fiorita nel tormentato crepuscolo del XX secolo a cogliere il senso di una vicenda nella quale il tempo già vissuto sembrava, con le sue stesse rovine, chiamato ad alimentare quello ancora da vivere. Si è trattato però di una breve stagione. Oggi, nel pieno del XXI secolo, dopo la fine del Novecento, la morte della modernità, la dissoluzione delle istanze postmoderne e l’insorgenza di richieste, linguaggi, tecniche, metodologie, modelli di esistenza del tutto nuovi e in gran parte da decifrare, è legittimo chiedersi se la metafora benjaminiana può ancora essere assunta – tenendo per buona l’interpretazione che allora se ne diede – come paradigma dell’architettura contemporanea. Non è forse vero, infatti, che il problema, ora, non è più quello di interpretare il presente alla luce del passato, ma di nutrirlo di un futuro presentito come già in atto e in vertiginosa accelerazione, tanto che le rovine che il tempo accumula dinanzi a noi non sono più quelle della storia trascorsa, ma quelle di una storia colta nel suo farsi immediato? L’interrogativo si impone con prepotenza non soltanto nel vivo di una riflessione sullo statuto culturale dell’architettura dei giorni nostri, sulle sue modalità di rappresentazione, sui suoi protocolli tecnici, funzionali, formali, ma anche sul filo di una speculazione più generale, nella quale alla cultura progettuale tocca il ruolo di referente primario per un’analisi più ampia e complessa, che coinvolga i problemi dell’abitare, dell’urbanesimo, dello sviluppo economico o della qualità della vita. Il panorama architettonico che si distende attualmente dinanzi ai nostri occhi ci appare costellato di episodi dominati da un’ansia di futuro che si esprime, a prima vista, in una instancabile innova-

zione delle forme: l’esasperata tensione dei corpi, la plasticità dei volumi, la sovversione dello spazio euclideo, l’insistenza sulla fluidità, la continuità, il divenire, costituiscono gli elementi portanti della cultura progettuale contemporanea, la quale, più che protesa verso il futuro, si direbbe immersa in una perenne futuribilità, fatta di audacie, azzardi sperimentali, sfide temerarie che attirano l’avvenire in un travagliato presente, più che rilanciare le incertezze dell’oggi nella scommessa del domani. A prevalere parrebbe soprattutto l’aspetto più propriamente iconico delle opere e dei progetti, vale a dire il loro darsi al puro apprezzamento estetico, che li istituisce in vivide, ma solitarie presenze. Questa prima impressione va tuttavia ridimensionata. Certo, essa legittima il sospetto della spettacolarizzazione o, per usare un più efficace termine emerso di recente nel dibattito culturale, della “vetrinizzazione” dell’artefatto architettonico: non “monumento” denso di significati simbolici, ma “opera” in sé compiuta, la cui “forma” trova in se stessa – in ragione di una sottesa matrice artistica – la sua giustificazione. Ma al di là dei facili giudizi, il problema resta quello di distinguere la creazione di un autentico linguaggio espressivo dalla semplice estetizzazione degli elementi disponibili. A ben vedere, non è difficile cogliere, in quelle forme apparentemente gratuite, i segnali di una sensibilità nuova, il tentativo di interpretare le tendenze in atto dando loro immagine e sostanza. Basta sbarazzarsi dell’equivoco autoriale (l’”opera” come prodotto di un “genio solitario”) e porsi a distanza di sicurezza dall’edificio inteso come corpo, oggetto, manufatto o, se si vuole, duchampiano ready-made, per assumerlo invece nella sua qualità di sistema, organismo, risultante vettoriale di una molteplicità di forze, per accertarsi che dietro quelle pure forme si agita un mondo fatto di realtà e concretezze. Proprio quella sfida del futuro che si supponeva giocata sul piano del mero formalismo ha finito infatti con l’imporre il recupero del senso dell’architettura come costruzione – con-struere, accumulare, mettere insieme, assemblare – e cioè come struttura intersoggettiva, che presuppone una quantità di attori – la funzione, lo spazio, l’ubicazione, le relazioni ambientali, le tecniche di rappresentazione, le tecnologie costruttive, i materiali, le apparecchiature di funzionamento, le modalità di abitazione, la committenza – e che è proprio su questo terreno che il futuro affonda le sue radici,


IL CONSUMATTORE THE CONSUMACTOR

lancia i suoi segnali, accenna le sue anticipazioni. Prendiamo ad esempio due degli elementi primari che definiscono il progetto d’architettura contemporaneo: le nuove tecnologie e i nuovi materiali. Quelle garantiscono non solo l’attuabilità dei modelli formali contemporanei, ma anche, addirittura, la loro possibilità di essere pensati; questi ne assicurano la fattibilità al di là di ogni azzardo. Le opzioni offerte dalla rappresentazione digitale dei progetti architettonici hanno reso possibile l’ideazione, la misurazione, il calcolo e la realizzazione di forme che un tempo erano solo affidate all’utopia dello schizzo, del disegno fine a se stesso; la continua offerta di materie, strumentazioni, attrezzature destinate alla struttura costruttiva dell’edificio e, più oltre, alla sua vita stessa, al suo funzionamento come complesso vivo e, per dirla con espressione ormai abusata, intelligente, consente di trasformare la qualità onirica del progetto più avveniristico in una realtà perfettamente calibrata e convincente. In queste radicali trasformazioni il futuro si presenta come anticipazione, aggiornamento continuo, sfruttamento delle sue potenzialità tecniche, sempre più articolate in saperi settoriali che intervengono da protagonisti nel progetto; ma si configura altresì, più in profondità, come sostanziale mutamento di prospettiva del senso stesso dell’architettura. Il passaggio storico che vi si avverte è, rispetto al passato, vertiginoso: la levità si è sostituita alla gravità, l’idea di sistema ha soppiantato quella di massa o volume, le stesse figure su cui si soffermò l’attenzione di Hegel e Schopenhauer – il pilastro o la colonna portante, la trave di sostegno, il culto dell’edificio come recinto protettivo – sono sfumate in altre immagini, che insistono sulla continuità, il fluire delle superfici e dei volumi, la trasparenza, l’organicità, lo scambio incessante fra naturalità e artificialità, tra esterno e interno, tra gestione individuale e gestione comunitaria. Su questo sfondo, progettare e costruire non possono più darsi come timida dialettica tra “ieri” e “oggi”, ma devono comporsi in una complicata figurazione coinvolgente non solo una pluralità di soggetti, ma anche una diversità di prospettive. Emerge qui quel concetto di “complessità” che informa tuttora la ricerca scientifica e resta protagonista del nostro orizzonte culturale, il che ci conduce irresistibilmente sul vero terreno sul quale il futuro gioca la sua partita di spareggio nei confronti dell’architettura. Il progetto architettonico non è infatti solo arché, ovvero principio istitutivo, forma originaria che si

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riflette sul mondo definendone il profilo. Esso è anche – qualcuno direbbe soprattutto – télos, ovvero finalità, scopo, obiettivo, ed è per questo immerso in una prassi che ne condiziona lo sviluppo nella misura in cui ne viene a sua volta condizionata. Dietro le ardite figurazioni che gli edifici più spericolati compongono si distende infatti un universo in frenetica fibrillazione, nel quale gli schemi, i modelli, i diagrammi operativi di un tempo – uno “ieri” appena trascorso – declinano e collassano lasciando il posto a nuovi e inattesi paradigmi, che l’architettura – disciplina ad alto profilo sociale, ispirata per antonomasia a spirito di servizio – è chiamata continuamente a tradurre in strutture funzionali. In tale prospettiva, le forme in apparenza arbitrarie di certi edifici rivelano un senso che va oltre la loro immediata presenza: dietro di esse, brulica un universo di istanze, sollecitazioni, desideri, volontà, opportunità, conoscenze, funzioni, che vi affiora per analogia, illuminazione metaforica, energia simbolica o semplice intuizione. La complessità che si sprigiona dalla loro immagine, dal loro funzionamento, dalla loro legittimazione tecnica e dalla loro stessa esasperata iconicità non è che il rispecchiamento di quella che agita il mondo contemporaneo e che trova nel progetto di architettura il luogo naturale per svilupparsi, definirsi, collaudarsi. Il futuro che vi traspare è in realtà il nostro presente, colto nelle sue pieghe più profonde, nelle sue propaggini più estreme, quelle che si agitano sull’orlo di una storia ancora da scrivere. Aveva dunque ragione Walter Benjamin, quando aveva visto nel progresso una “tempesta” che ci sospinge irresistibilmente verso un futuro di cui possiamo solo presentire – e talvolta presentificare – le modalità. Nel turbinio del tempo che trascorre e smantella instancabilmente le sue stesse opere non si deve però cogliere solo la luttuosa immagine delle rovine, del decadimento o della sopravvivenza nella memoria, ma anche la freschezza del rinnovamento, l’empito della rinascita, l’orgoglio di un’intelligenza capace di scrutare l’avvenire per imprimervi, proprio attraverso il progetto, il segno della propria superiorità.

* Maurizio Vitta, laureato in Filosofia, è docente di Storia delle Arti, dell’Architettura e del Design presso la III Facoltà di Architettura e Design del Politecnico di Milano, dove ha tenuto in precedenza il corso di Storia e Cultura del Progetto. Ha insegnato Storia del Design e delle Arti Applicate all’Accademia di Brera (dove ha anche tenuto corsi di Estetica del Paesaggio nel Master di Landscape Design), Teoria della Comunicazione Visiva all’ISIA di Urbino e Storia dell’Arte e della Comunicazione Visiva presso la NABA di Milano. È autore di numerosi articoli e saggi sull’arte, la letteratura, l’architettura e il design contemporanei. Collabora con diversi quotidiani e periodici, ed è vicedirettore de l’Arca, mensile di architettura, design e comunicazione visiva. Tra le sue principali pubblicazioni: Dell’abitare. Corpi spazi oggetti immagini, Einaudi, Torino 2008; Il paesaggio. Una storia tra natura e architettura, Einaudi, Torino 2005; Storia del design grafico (con D. Baroni), Longanesi, Milano 2003; Il progetto della bellezza, Einaudi, Torino 2001; Il sistema delle immagini, Liguori, Napoli 1999; La cultura artistica del Novecento, in S. Guglielmino, Guida al Novecento, Principato, Milano 1998; Il disegno delle cose, Liguori, Napoli 1996.


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A

n image accompanied the end of modernity, lighting up its long agony in a prophetic light: Paul Klee’s Angelus Novus, which Walter Benjamin interpreted as the fate of history as it unfolded. For Benjamin the angel of history ought to have, just like in Klee’s painting, its face turned toward the past seen as “one great catastrophe” accumulating before it ruin upon ruin, while a violent storm, blowing the mountain of rubble up into the sky, relentlessly pushes it toward a future on which it turns its back. “This storm is what we call progress,” so Benjamin concludes. The past as rubble, progress as the storm, the future as blindness: it was, above all, the architectural culture which flourished in the tormented twilight of the 20th century which, in Benjamin’s metaphor, grasped the meaning of a story in which time already gone by appeared through its very own ruins to be called upon to fuel time yet to come. But this was a very short lived season. Now that the 21st century is in full swing, after the end of the 20th century, the death of modernity, the fading away of post-modernity, and the emergence of totally new demands, languages, techniques, methods and models of life, all still largely to be deciphered, we are entitled to wonder whether Benjamin’s metaphor may still be taken—assuming the interpretation we gave it to be valid—as a paradigm for modernday architecture. Is not it perhaps true that the issue is now no longer that of interpreting the present in light of the past but rather of nourishing it with a future already perceived as underway and accelerating at a dazzling rate, so that the ruins which time leaves before us are no longer those of past history but rather of history captured as it immediately unfolds? This question does not just arise with great force right in the heart of debate on the cultural status of modern-day architecture, its means of representation and its technical, functional and formal protocols, but also in the wake of more general speculation in which design provides the fundamental benchmark for a broader and more elaborate analysis, involving issues in living, urbanism, economic growth and quality of life. The architectural panorama which currently stretches out before our eyes appears to be peppered with episodes dominated by an anxiety over the future which, at first sight, expresses itself through tireless innovation in forms: exasperated volumetric tension, sculptural structures, the upturning of Euclidean space and an insistence on fluidity, continuity and progress, are the bearing elements of modern-day design culture, which, rather than being projected into the

future, appears to be submerged in an endless futurability consisting of boldness, experimental gambles and daring challenges, which draw the future into a troublesome present rather than launching the uncertainties of today into the gambles of tomorrow. It would appear, above all, to be the more distinctly iconic side of works and projects which is prevailing or, in other words, the way they lend themselves to pure aesthetic pleasure, which makes them vivid but very solitary presences. But this initial impression needs to be reassessed. Of course it does indeed justify our suspicion of spectacularization or, to use a more effective expression recently coined by cultural debate, the “showcasing” of the architectural artefact: not a “monument” full of symbolic meaning but a “work” finished in itself, whose “form” finds its own justification in itself—due to the artistic matrix subtending it. But leaving aside facile judgments, there is still the matter of distinguishing the creation of an authentic expressive language from the mere aestheticizing of available elements. Upon closer scrutiny, it is not difficult to see signs of a new awareness in these apparently gratuitous forms, an attempt to interpret the trends underway by giving them both image and substance. We need only get rid of that confusion over authorship (the “work” as a product of a “solitary genius”) and stand at a safe distance from the building seen as a body, object, artefact or if you like, Duchampian ready-made, in order to grasp it as a system, organism, vectorial result of a multiplicity of forces, in order to realize that behind those pure forms there is a world of reality and concreteness. That challenge of the future which it was assumed would be played out on the level of mere formalism has, in actual fact, resulted in the recovering of the meaning of architecture as construction— con-struere, to accumulate, put together, assemble— or, in other words, as an inter-subjective structure assuming a number of players—function, space, location, environmental relations, means of representation, construction technology, materials, operating apparatus, means of inhabiting, clients—and this is the ground in which the future takes root, sends out its signals and provides a taste of what is to come. Let’s take, for example, two of the main elements defining a modern-day architectural project: new technology and new materials. New technology not only guarantees that certain modern-day stylistic models can actually be created, but also ensures they can even be thought up; new materials guarantee their feasibility. The options provided by the digital representation of architectural projects have made it possible to


invent, measure, calculate and create forms, which, once upon a time, were part of the utopian world of sketches and drawing as an end in itself; the constant availability of materials, tools and equipment designed for constructing buildings and, further still, for giving them life and guaranteeing their functioning as a living and (using what is now a rather abused expression) intelligent complex, enables the oneiric side of even the most futuristic project to be turned into something real, which is perfectly gauged and convincing. Within these radical transformations, the future presents itself as a taste of things to come, constant updating, an exploiting of its technical potential increasingly deriving from realms of knowledge which are now key players in design; but, on a deeper level, it also appears as a notable change in perspective in the very meaning of architecture. The historical transition that can be noted is, compared to the past, head-spinning: lightness has taken over from gravity, the idea of system has replaced that of mass or volume, those figures which Hegel and Schopenhauer focused on—the pillar or bearing column, the support beam, the worship of a building as a protective enclosure—have faded into other images, which concentrate on continuity, flowing surfaces and structures, transparency, organicity, incessant interaction between naturalness and artificiality, inside and outside, individual management and community management. Against this backdrop, designing and constructing can no longer present themselves as timid dialectical relations between “yesterday” and “today”, they must be composed into elaborate figuration involving not just a number of different subjects but also various different perspectives. That concept of “complexity”, which still informs scientific research and remains a key player in our culture, comes to the fore here, leading us irresistibly onto the true ground on which the future will engage in a “play-off” with architecture. Architectural design is not in actual fact just arché or grounding principle, original form reflected onto the world to define its outline. It is also—some might say most importantly—télos or, in other words, end, purpose, aim, which is why it is part of a practice constraining how it develops to the extent that it, in turn, is constrained. Behind those bold figurative forms out of which the most daring buildings are composed there is, in fact, a frenetically vibrating world, in which the schemes, models and operating diagrams of the past—“yesterday” which has just gone by—fade and collapse making way for new and unexpected paradigms, which architecture—a discipline with a high social profile inspired (by definition) by the aim to

serve—is constantly expected to translate into functional structures. In this light, the apparently arbitrary forms of certain buildings reveal meanings which go beyond their immediate presence: behind them there is a bubbling world of demands, requirements, desires, will, opportunity, knowledge and functions, which emerge through analogy, metaphorical enlightenment, symbolic energy or plain intuition. The complexity given off by their image, functioning, technical justification and even their excessively iconic nature is merely a reflection of the complexity which enlivens the modern-day world and finds in architectural design a natural place to develop, define itself and test itself out. The future transpiring is, in fact, our present grasped in its deepest folds, its most extreme ramifications, those unfolding on the margins of a story still to be written. So Walter Benjamin was right when he saw progress as a “storm”, which pushes us relentlessly toward a future whose characteristics we can only feel—and at times sense. Within this whirlpool of time which tirelessly passes over and tirelessly dismantles its very own works, we must not merely grasp a tragic image of ruins, decadence or survival in memory, but also the freshness of renovation, the impetus of rebirth, the pride of intelligence capable of studying the future in order to leave a sign of its own superiority through design itself.

* Maurizio Vitta has a degree in Philosophy and teaches the History of Arts, Architecture and Design in the III Faculty of Architecture and Design at Milan Polytechnic, where he previously taught a course in the History and Culture of Design. He has also taught the History of Design and Applied Arts at the Brera Academy (where he also taught courses in Landscape Aesthetics as part of the Masters in Landscape Design), Theory of Visual Communication at the ISIA in Urbino, and the History of Art and Visual Communication at the NABA in Milan. He has written numerous articles and essays on art, literature, architecture and contemporary design. He works with various newspapers and magazines and is the Assistant Editor of l’Arca, a monthly magazine on architecture, design and visual communication. His main publications include: Dell’abitare. Corpi spazi oggetti immagini, Einaudi, Turin 2008; Il paesaggio. Una storia tra natura e architettura, Einaudi, Turin 2005; Storia del design grafico (with D. Baroni), Longanesi, Milan 2003; Il progetto della bellezza, Einaudi, Turin 2001; Il sistema delle immagini, Liguori, Naples 1999; La cultura artistica del Novecento, in S. Guglielmino, Guida al Novecento, Principato, Milan 1998; Il disegno delle cose, Liguori, Naples 1996.

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Non è lì It’s Not There Futuri possibili: la potenza del lavoro concettuale e della sperimentazione Possible futures: the power of conceptual and experimental work Biennale Miami+Beach – concorso di architettura non costruita Bienal Miami+Beach – unbuilt architecture competition

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Potential Architecture – Fragments and their reconstruction Frank Shih Her Wang “Ricostruzione” di un edificio generico di Manhattan. “Reconstruction” of a generic building in Manhattan.

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ove sta andando l’architettura? Il dibattito sul ruolo della progettazione, le sue finalità, i suoi strumenti, i suoi costi in termini economici e sociali, in una stagione di ripensamenti e incertezze quale quella attuale, diviene improcrastinabile. Pionieri di questa ricerca i concorsi indetti dalla Biennale Miami+Beach sul futuro del costruire, nella convinzione che esso risieda nei potenziali delle sperimentazioni di architettura non costruita. Risvegliare e promuovere nuove istanze progettuali e prospettive operative, nuovi approcci culturali e nuove visioni urbanistiche così da segnare un nuovo percorso evolutivo della produzione architettonica contemporanea.

La Biennale Miami+Beach nasce con il principale obiettivo di far incontrare architetti e designer provenienti da tutto il mondo, offrendo loro, per una settimana, mostre, conferenze, workshop, seminari e attività sociali, ma anche concorsi fondati sulla sperimentazione più assoluta. Tra questi, le edizioni della competizione via internet “Futuri Possibili” rappresentano una pietra miliare nell’esplorazione del progetto oltre i suoi limiti concettuali e disciplinari e una fondamentale presa di coscienza della crisi dell’architettura, non più oggetto ma sostanza viva plasmabile e fruibile. I progetti di “Futuri Possibili” sfruttano in maniera creativa i più moderni artifici della tecnologia digitale, tentano


IL CONSUMATTORE THE CONSUMACTOR

audaci sortite nel campo delle scienze naturali e della matematica e mescolano le diverse aree del sapere umano in ibridi inquietanti. Dallo smontaggio di immagini frammentate estrapolate dall’habitat di Manhattan e il loro successivo rimontaggio nello scenario newyorkese come nel caso di Potential Architecture—Fragments and their reconstruction di Frank Shih Her Wang (Usa) alla geometria della trasformazione della materia di ephemeralMATTER di Mirco Becker e Oliver Tessmann di F-U-R (Germania) per un’architettura continuamente plasmabile e configurabile. Dal Concept of a new space for Issey Miyake di Ammar Eloueini di Digit-all Studio (Usa) dove lo spazio si configura nella ripetizione di strati ripie-

gati su se stessi, in una sorta di ossimoro architettonico omogeneo e multiforme, al Topotransegrity—adaptive spatial organisations di 5SUBZERO (Austria), una avveniristica sperimentazione di architettura cinetica i cui spazi sono via via ri-configurabili in funzione dei movimenti e dei comportamenti dei visitatori. Più che sui possibili futuri, in realtà, la Biennale Miami+Beach si interroga sulle possibili vite dell’architettura, sulle sue infinite forme e i suoi molti nomi: meno edificio, meno simbolo e meno spazio, più idea, patrimonio intellettuale, mezzo di divulgazione. Un’architettura che sfugge alle definizioni e che quando pensiamo di averla raggiunta e compresa non è già più lì.

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ephemeralMATTER Mirco Becker, Oliver Tessmann (F-U-R) Studio sulle potenzialità di modellazione di una membrana flessibile bi-dimensionale in modo da creare molteplici forme tri-dimensionali.

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Study into the possibilities of shaping a flexible two-dimensional membrane, so as to create multiple three-dimensional forms.

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here is architecture heading? The debate on the role of design, its purposes, means and costs in economic and social terms during a period of rethinking and uncertainty like the present time, cannot be put off any longer. The competitions organized by the Bienal Miami+Beach concerning the future of building are pioneering in this respect, in the firm belief that the future lies in the potential of experimentation into unbuilt architecture. The idea is to reawaken and publicize emerging stylistic demands and operating perspectives, new cultural approaches and new urban visions capable of marking a new stage in the evolution of modern-day architectural production. The Bienal Miami+Beach is designed to bring together architects and designers from all over the world, giving them a chance for an entire week to attend exhibitions, conferences, workshops, seminars and social activities, and also get involved in competitions based on experimentation of the most absolute kind. This includes the various editions of the e-competition “Possible Futures”, a milestone in exploring design beyond its conceptual and disciplinary limits and a fundamental acknowledgement of the crisis in architecture, no longer seen as an object but as a living substance to be shaped and made usable. The “Possible Futures” projects make creative use of the latest means of digital technology, boldly venturing into the fields of the natural sciences and mathematics

and mixing together various spheres of human knowledge into disquieting hybrid forms. From the dismantling of fragmented images extrapolated from the habitat of Manhattan and their subsequent reassembling onto the New York cityscape as in the case of Potential Architecture—Fragments and their reconstruction by Frank Shih Her Wang (USA) to the geometric form of the transformation of material involved in ephemeralMATTER by Mirco Becker and Oliver Tessmann from F-U-R (Germany) in the name of an architecture, which can be constantly shaped and configured. From the Concept of a new space for Issey Miyake designed by Ammar Eloueini from Digit-all Studio (USA), in which space is configured through the reiteration of different layers folded over themselves into a sort of seamless and multi-formed architectural oxymoron, to Topotransegrity—adaptive spatial organisations by 5SUBZERO (Austria), a futuristic experiment into kinetic architecture, whose spaces can gradually be reconfigured in relation to the movements and behavior of visitors. More than on possible futures, the Bienal Miami+Beach investigates the possible lives of architecture, its endless forms and numerous names: less building, less symbol and less space, more idea, intelligence and means of communication. An architecture which defies definition and, when we think we have grasped and understood it, is already no longer there.


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Concept of a new space for Issey Miyake Ammar Eloueini Come lo stilista Issey Miyake, che attraverso la ricerca sui materiali oltrepassa il concetto di stile, cosÏ questo spazio è pensato come una sovrapposizione di pieghe che vanno dal pavimento al soffitto. Realizzate in diversi materiali opachi o trasparenti, le pieghe si deformano a creare gli elementi di arredo e far filtrare la luce. Just like fashion designer Issey Miyake, who moves beyond style through the research on materials, this space is designed like overlapping folds rising up from the floor to ceiling. The folds, made of different opaque or transparent materials, deform to create furnishing features and to let the light in.


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Topotransegrity – adaptive spatial organisations 5SUBZERO Studio per un ambiente cinetico che integra nei materiali costruttivi un sistema di sensori e di reti senza fili trasformando l’edificio in una struttura intelligente in grado di rispondere alle sollecitazioni funzionali dell’ambiente e degli utenti. Study for a kinetic environment where sensors and wireless networks are integrated in the building materials to turn the building into an intelligent structure capable of catering for the functional needs of the setting and users.

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Sotto l’ultimo cielo Under The Last Sky Esplorare e ripensare il concetto di verticalità, ridefinendolo Exploring and rethinking the concept of verticality by redefining it eVolo – concorso annuale sul tema del grattacielo eVolo – annual competition on skyscrapers

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Para-City Somnath Ray Rendering di uno dei sistemi di cellule che compongono Para-City. La tipologia delle cellule, derivata dal Penrose Tiling System (geometria ad aquiloni e punte), può combinarsi ripetutamente in infiniti schemi per potersi propagare nella condizione metropolitana. Rendering of one of the systems of cells composing Para-City. The celltypes derived from the Penrose Tiling System (kite and dart geometry) may repeatedly combine into infinitely differentiated patterns to propagate within a metropolitan condition.

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nnovazioni ingegneristiche e tecnologiche, e mutate esigenze economiche e psicologiche, impongono una nuova prospettiva all’evoluzione tipologica del grattacielo: speculare e sperimentare nuove idee per cambiare il modo di concepire la verticalità. È il tema, affascinante, proposto dalla rivista newyorkese di architettura e design eVolo con un concorso che dal 2006 invita progettisti di tutto il mondo a esplorare nuove idee e concetti di densità verticale. L’11 settembre è stato visto da molti come la fine del sogno fondato sullo sviluppo tecnologico dell’edificio alto. Si è parlato di segni urbani fuori scala e modelli abitativi costosi da assicurare e da manutenere, nonostante poi il progetto vincitore per la ricostruzione di Ground Zero, quello di Libeskind, proponga uno skyscraper alto 1776 (data dell’indipendenza americana) piedi. Per non parlare dei tanti grattacieli del Medio ed Estremo Oriente, simboli di nuovo benessere economico. L’icona della modernità urbanistica del XX secolo, accusata di arroganza abitativa e a-contestualità, si ripropone oggi come tipo architettonico in grado di rivestire un’importanza strategica per il futuro delle metropoli. Non solo archetipo di auto-referenzialità, il grattacielo condensa in sé valenze importanti dal punto di vista economico, tecnologico e comunicativo: riletto e rivisitato in chiave urbana e simbolica si ripropone come vera e propria utopia progressiva che tenta di mediare la forma totalizzante della città con l’individualismo organicista. Il concorso di eVolo vuole spingere l’immaginazione del progettista a ridefinire il termine “grattacielo” attraverso l’uso di nuovi materiali, tecnologie, estetiche, programmi e organizzazioni spaziali. Globalizzazione, surriscaldamento atmosferico, flessibilità, adattabilità e rivoluzione digitale sono solo alcuni degli elementi da

CELL DEVELOPMENT STAGES

prendere in considerazione nella progettazione di una spazialità verticale che affascina e ha affascinato generazioni di architetti. Non solo oggetto scultoreo, non solo firma sul territorio, il grattacielo della nuova sperimentazione è anche spazio culturale, in quanto struttura urbana e sociale, e ricerca tecnologica ai confini fra biogenetica e ingegneria. Massimi livelli di adattabilità al contesto sono ottenuti, ad esempio, nella Para-City di Somnath Ray: più che un edificio, una sorta di spora architettonica che si riproduce e propaga sui tetti e i muri della città, una “incrostazione” abitativa iper-tecnologica che prende corpo nello spazio inutilizzato tra i grattacieli. Nel progetto The Inverted Skyscraper Typology di Yi Cheng Pan, invece, per sovvertire la proliferazione e l’ingombro dei grattacieli a livello del suolo urbano, si “inverte” la loro massa attraverso strati sovrapposti che si sviluppano allargandosi dal basso verso l’alto, lasciando libero il terreno per l’inserimento di una distesa intricata di edifici più bassi, mentre nel Vertical Biotope—For Sustainable Urban Development di XLGD Associés la proposta è di collocare, sopra e dentro la Parigi attuale, una rete di torri-biotopi: un’imposizione paradossale e provocatoria in grado però di far dialogare la dimensione verticale contemporanea con l’orizzontalità delle città storiche. Comune denominatore dei progetti delle diverse edizioni la sintesi fra architettura (l’oggetto), urbanistica (larga scala del paesaggio), ecologia (politically correct), tecnologia (evoluzione nel campo delle scienze applicate e nelle programmazioni CAD). A queste quattro caratteristiche se ne aggiunge un’altra, almeno in tempi brevi: l’utopia, che, comunque, ha sempre avuto e sempre avrà un ruolo imprescindibile nello sviluppo spirituale dell’uomo.


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ngineering/technological innovation and changing economic and psychological demands call for a new perspective on the stylistic evolution of skyscrapers: speculating on and experimenting with new ideas to change our way of envisaging verticality. This is the intriguing theme proposed by the New York magazine of architecture and design eVolo in a competition, which, starting in 2006, invites architectural designers from all over the world to explore new ideas and concepts in vertical density. Many people saw September 11 as the end of a dream based on the technological development of tall buildings. There was talk of oversized urban signs and living models which are expensive to insure and maintain, although in actual fact the winning project for the reconstruction of Ground Zero (designed by Libeskind) is a skyscraper which is 1776 (the date of American independence) feet tall. Not to mention all the skyscrapers in the Middle and Far East, symbols of new economic welfare. The distinctive icon of 20th century urban modernity, accused of arrogance and non-contextuality, is now being put forward as an architectural type capable of taking on strategic importance for the future of metropolises. More than just an archetype of self-referentiality, the skyscraper incorporates a number of important factors from an economic, technological and communications viewpoint: reinterpreted and revisited in an urban and symbolical key, it offers a genuine form of progressive utopia, striving to mediate between the allencompassing form of the city and structured individualism. The eVolo competition sets out to force architects to use their imaginations to redefine the term “skyscraper” through the use of new materials, technology, aesthetics, planning and spatial layouts. Globalization, overheating of the atmosphere, flexibility, adaptability and

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Rendering dell’inserimento di Para-City tra due “edifici ospiti”. Rendering of the insertion of Para-City between two “host buildings”.

the digital revolution are just some of the factors to be taken into account in designing a vertical spatial structure, which has fascinated and still fascinates generations of architects. Not just a sculptural object, not just a signature on the land, the latest line of experimentation into skyscrapers is also a cultural trait, in that it is part of the urban and social structure, and technological research bordering between bio-genetics and engineering. Utmost adaptability to setting has been achieved, for example, in Somnath Ray’s Para-City: more than just a building this is a sort of architectural spore, which reproduces itself and propagates across the roofs and walls of the city, a hyper-technological inhabitable “encrustation” taking shape in the unused space between skyscrapers. On the other hand, Yi Cheng Pan’s The Inverted Skyscraper Typology project “inverts” the mass of skyscrapers to upturn their proliferation and cumbersomeness at ground level by means of overlapping layers, which widen up from the base leaving the ground free for incorporating an intricate web of lower-level buildings, while XLGD Associés’ Vertical Biotope—For Sustainable Urban Development sets out to place a network of biotope-towers above and inside presentday Paris: a paradoxical and provocative layout capable, however, of bringing modern-day verticality into relation with the horizontal nature of historical cities. The common denominator of the projects in the various editions of the competition is a synthesis of architecture (the object), town planning (the big scale of the landscape), ecology (politically correct) and technology (progress in the field of applied sciences and CAD programming). Another trait will soon be added to these four features: utopia, which, however, has always had and will always have an irreplaceable role in the spiritual development of mankind.


Rendering della “proliferazione” di Para-City. Il sistema ha un’intelligenza implicita mediata da algoritmi genetici per la costituzione di strutture evolutive che ne permettono un livello ottimale di adattabilità sintattica in ambienti complessi. Renderings of Para-City “proliferation”. The system has an implicit intelligence mediated by genetic algorithms to constitute evolutionary structures that enable its growth in complex environments to attain an optimum level of syntactic adaptability.

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The Inverted Skyscraper Typology Yi Cheng Pan

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Assonometria, modello e rendering. Nella pagina a fianco, assonometria della struttura. Il progetto intende invertire la massa dei grattacieli attraverso la coltivazione di piani urbani multipli.

Axonometry, model, and rendering. Opposite page, axonometric view of the structure. The projects aims to invert the skyscraper’s massing through the cultivation of multiple urban plans.



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Vertical Biotope – For Sustainable Urban Development XLGD Associés Una rete di torri-biotopi super-imposta sulla città esistente per renderla più densa. Ogni biotopo contiene vari tipi di piante, animali, oltre agli abitanti. A network of towers-biotopes superimposed on the city to make it denser. Each biotope houses all kind of vegetable, animal and human life.

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Mastri del cambiamento Masters Of Change Trasgressione e audacia per cambiare il paesaggio in cui viviamo Transgression and boldness to change the landscape we live in Struere – think-tank di ricerca e innovazione architettonica Struere – think-tank of architectural research and innovation

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lla base della filosofia progettuale dello studio Struere di Los Angeles, fondato e diretto da Hraztan Zeitlian ci sono creatività, innovazione, mutamento, volontà di rottura. E, conseguentemente, ribellione all’accademismo. In definitiva, una sperimentazione continua, inarrestata e inarrestabile. Per Zeitlian occorre cambiare la forma del mondo per cambiare il mondo, ovvero l’architettura va rinnovata per rinnovare la vita dell’uomo. La valenza di un edificio, anche il più ardito, dunque, non nasce dalle sue qualità formali o funzionali quanto dal suo valore di verità, come nel caso del progetto presentato da Struere per la sede dell’Organization of the Islamic Conference (OIC) in Arabia Saudita (che non venne pre-

scelto, ma vinse poi l’American Architecture Award 2006). L’impianto progettuale è qui più storico e ideologico che architettonico, puntando a trovare un terreno di dialogo e confronto fra Occidente e Islam. La costruzione si presenta come “una lettura astratta della cultura islamica”, di cui sottolinea, nella sua concreta struttura, gli elementi simbolici. La Torre Hilal dell’OIC, si ispira alla simbologia islamica della hilal (mezza luna) accoppiata alla nejme (stella) e del mihrab (la nicchia, orientata verso la Mecca) che qui diviene un’ampia finestratura. E i masharabiya, schermi frangisole della tradizione islamica, sono qui ripresi nella struttura esterna in acciaio. A confronto con l’Hilal Tower, il Fluxform, presentato al concorso per un museo d’arte alla San José State


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University (California), tende invece a liberarsi totalmente della tradizione. In questo caso, quella museale ottocentesca. Non semplice contenitore di reperti artistici ma “estrema dimora dell’arte”. Ovvero flusso, struttura fluida, nella quale gli spazi espositivi si organizzano sulla base delle più recenti tecnologie digitali in variegate morfologie e rimandi naturalistici. Bulbi, meteoriti, conchiglie o ciottoli, gli spazi espositivi si sviluppano sinuosi su tre livelli come episodi nello svolgimento di una sequenza animata. Che cosa hanno in comune un edificio dedicato alla cultura islamica e un museo d’arte americano? “La radice progettuale”, è la spiegazione dello storico dell’architettura Maurizio Vitta, “cioè la medesima volontà di assumere la tradizione e la

storia non come dati da annullare, ma come punti di partenza per una profonda rielaborazione capace di rispettare le premesse concettuali – la religione dello spirito, la religione dell’arte – proiettandole però su un presente destinato a trasformarne in profondità le modalità di esperienza”. L’intera produzione dello studio Struere, nonostante l’estrema differenziazione e una inevitabile propensione a effetti spettacolari tipici di ogni innovazione radicale, può essere ricondotta a questo unico denominatore: flessibilità e duttilità, per fornire risposte personalizzate ai bisogni individuali della committenza salvaguardando però nel contempo l’efficienza della produzione di massa in termini di qualità e costi sostenibili.

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Hilal Tower Rendering della Torre Hilal: il design dell’edificio riprende e rafforza l’estro decorativo caratteristico della tradizione architettonica islamica. Rendering of Hilal Tower. The building design re-reads and reinvigorates the decorative impetus of traditional Islamic architecture.


Particolare della struttura esterna in acciaio formata da un sistema doppio di tubi incrociati che formano le due ali dell’edificio. Detail of the outside steel structure, constituted by a twin system of crisscross pipes, which form the building’s two wings.

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he design philosophy of the Struere firm from Los Angeles, set up and headed by Hraztan Zeitlian, is based on creativity, innovation, change and a desire to break with tradition. This inevitably means a rebellious approach to academism. In a nutshell, constant, relentless and unstoppable experimentation. For Zeitlian we need to change the form of the world in order to change the world or, in other words, architecture needs to be renewed in order to renew people’s lives. The value of a building, even the most bold and daring construction, does not, therefore, derive from its stylistic or functional features but from its truth value, as in the case of the project Struere presented for the headquarters of the Organization of the Islamic Conference (OIC) in Saudi Arabia (which was not preselected but won the 2006 American Architecture Award). In this case the design layout is more historical and ideological than architectural, focusing on trying to find some grounds for dialogue and interaction between the West and Islam. The construction looks like “an abstract reading of Islamic culture”, actually underlining its symbolic elements through its concrete structure. The OIC’s Hilal Tower is inspired by Islamic symbology: such as the hilal (half-moon) combined with a nejme (star) and the mihrab (niche facing Mecca), which is here transformed into a wide window. The masharabiya, sunscreens in Islamic tradition, are here adapted into the outside steel structure.

Compared to Hilal Tower, Fluxform, entered in the competition to design an art museum at San José State University (California), tends to break totally with tradition. In this case with traditional 19th century museum facilities. It is no longer just a simple container of artistic relics but an “extreme home for art”. Its flowing, fluid structure sets out the exhibition spaces based on the latest digital technology in a variety of morphological forms and allusions to nature. Bulbs, meteorites, shells or pebbles, the exhibition spaces wind across three levels like episodes in a cartoon sequence. What does a building devoted to Islamic culture have in common with an American art museum? “The roots of their design” is the explanation given by the architecture historian Maurizio Vitta, “the same will to take tradition and history not as facts to be cancelled out but rather as starting points to be re-worked in depth, capable of conforming to their conceptual premises—the religion of spirit, the religion of art—while projecting them into the present in order to completely transform the way they are experienced.” Despite its great diversity and an inevitable tendency toward the kind of spectacular effects typical of any radical innovation, all Struere’s work may be traced back to this common denominator: flexibility and ductility, in order to come up with customized solutions to meet the client’s personal needs, managing at the same time to maintain the efficiency of mass production in terms of quality and sustainable costs.


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Rendering degli interni della Torre Hilal. Renderings of the interiors of Hilal Tower.


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Fluxform – Prototype Museum of Art Dal basso, piante del piano terra, del secondo e del terzo piano. Nella pagina a fianco, prospetto principale, rendering del volume sinuoso o “flussoforma” che contiene gli spazi espositivi del museo, e rendering di una delle sale interne. From the bottom up, plan of the ground floor, plans of the second and third floors. Opposite page, main elevation, renderings of the sinuous volume or “fluxform” containing the museum exhibit space, and rendering of one of the internal halls.


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In queste pagine e nelle successive altri due progetti dello studio Struere. These and following pages, two other projects of the Struere firm. Ripple – Prototype Sustainable Office Building

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Il Ripple incorpora le più innovative strategie “verdi” e sostenibili. Per minimizzare l’impronta al suolo, l’edificio è sopraelevato e si sviluppa su tre livelli. Le acque piovane vengono convogliate in cisterne, mentre quelle grigie vengono inviate in campi di scarico per essere bioripulite e riutilizzate. Prese d’aria orientate in direzione dei venti prevalenti sfruttano le correnti per far circolare l’aria all’interno. Al centro della costruzione si apre una grande eco-terrazza piantumata che riduce l’assorbimento di calore. Pannelli fotovoltaici semi-trasparenti sulla facciata sud garantiscono uno sfruttamento ottimale dell’energia solare. The Ripple incorporates the most innovative sustainable and “Green Building” strategies. To minimize building footprint the structure is lifted above ground and is stacked over three levels. Rainwater is collected into cisterns and graywater flows to leech fields for biocleaning and reuse. Fresh air intakes are positioned against the main prevailing winds, thus allowing air to circulate through the building. The middle of the complex features a large vegetated eco-terrace to reduce heat absorption. Semi-transparent photovoltaic panels on the southern facade are angled to provide for maximum solar energy collection.


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Krikorian Prototype Multiplex Cinema

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In questo prototipo di cinema multiplex le singole sale sono collocate “schiena a schiena” con gli schermi disposti verso il centro del complesso. Tale configurazione determina spazi

pubblici al di sotto dei piani di platea per contenere funzioni commerciali e di intrattenimento. Si genera così una forte sinergia tra le varie componenti del complesso e i flussi degli utenti.

In this prototype for a multiplex theater, the individual movie theaters are oriented “back to back” with their screens toward the middle of the multiplex. This configuration creates public spaces under

the seating planes with retail and entertainment program elements. This configuration generates a strong synergy between the various components of the complex and the users’ flows.


Particolare del piano continuo parete/soffitto color arancio laccato che si ripiega per formare una gradinata e lo spazio interno del cinema. Di sera i film vengono retro-proiettati da una cabina vetrata attraverso l’atrio su uno schermo integrato nella parete esterna di vetro che segna l’ingresso del multiplex.

A detail of the continuous red-orange lacquered ceiling/wall plane, which folds to reveal a seating stepped floor and interior space of the cinema. In the evenings, movies are rear-projected from a glazed booth through the lobby space on to a screen integrated in the exterior glass curtain wall of the cineplex at the main entry.

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Soffi nello spazio Blowing In Space Strutture pneumatiche per un’urbanistica planetaria Pneumatic structures for planetary town-planning Architetti galattici – idee avanzate e nuovi campi applicativi nel mondo spaziale Galactic architects – cutting-edge ideas and new fields of application in the world of space

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Viste del Galactic Suite Hotel, la stazione orbitale progettata come struttura abitativa spaziale modulare. Views of the Galactic Suite Hotel, the orbital station designed to be a modular space habitat.

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on più fantascienza. L’abitabilità nello spazio è ormai oggetto di studi approfonditi dedicati soprattutto alle strutture pneumatiche, ovvero tecnologie gonfiabili ultraleggere e compattabili per applicazioni spaziali. La NASA ha cominciato a sperimentarle già negli anni Sessanta. E le ricerche e i test ne hanno dimostrato gli indubbi vantaggi. A causa degli alti costi di trasporto, sia NASA che ESA stanno ora prendendo in seria considerazione la possibilità di realizzare moduli con tecnologia pneumatica anche per l’ospitalità degli astronauti, in definitiva degli space-hotel. Fra questi, il TransHab. Nel 1997 al NASA-JSC, Johnson Space Center di Houston (Texas), venne realizzato un prototipo: un modulo pneumatico di 10 metri di diametro in grado di essere trasportato dallo Shuttle fino alla ISS (Stazione Spaziale Internazionale) e, in prospettiva futura ma non troppo, essere usato poi su Marte. Un modulo di formato bi-strutturale con un cuore rigido in materiale composito e una struttura esterna gonfiabile. Rispetto a un modulo tradizionale in lega di alluminio-litio, queste strutture offrono maggiore leggerezza e minore ingombro sia in fase di lancio sia nello spazio. Si ottengono anche maggiore resistenza a possibili impatti di meteoriti e migliore isolamento dalle radiazioni cosmiche dannose per gli astronauti. Anche l’Europa sta effettuando ricerche su queste strutture pneumatiche. Si lavora, ad esempio, in Italia, all’Alenia Spazio di Torino, per conto dell’ESA, dove si sta testando l’operatività della struttura su un modulo gonfiabile a scala ridotta. Al progetto lavora anche la IS-in and out space, studio d’architettura specializzato nell’elaborazione di concetti avanzati di design per habitat in ambienti estremi, con il compito di creare una simulazione virtuale delle varie fasi di assemblaggio del modulo. Del resto, agenzie di viaggio spaziali organizzano già voli turistici (in orbita bassa e con proprie navette). Il 4 ottobre 2004 il primo spazio-plano privato americano (SpaceShipOne) ha vinto un premio di 10 milioni di dollari (Ansari X PRIZE) per aver compiuto tre missioni in orbita bassa (80 km dalla Terra). Il 17 novembre 2006 è nata la SpaceShipTwo – 2 sedili per i piloti, 6 per i passeggeri e

15 oblò – dalla matita del designer Seymour Powell, mentre a Sir Norman Foster è stata affidata la progettazione dello Spazioporto dell’Area 51 in New Mexico (nota per le presunte frequentazioni aliene). Secondo statistiche settoriali, nel 2010 avremo i primi viaggi turistici commerciali e di routine nello spazio sub-orbitale con un range di circa 4.000 passeggeri all’anno fra il 2015 e il 2025, e un totale di 26.000 passeggeri nel decennio 2010-2020. La società spagnola Galactic Suite Limited ha presentato il primo pacchetto turistico spaziale che include addestramento, trasporto e sistemazione in un albergo orbitale. L’hotel di Galactic Suite è composto da un grappolo di moduli gonfiabili, vere e proprie camere, tutte agganciate a uno snodo-corridoio posto in posizione centrale a cui possono attraccare le navicelle provenienti dalla Terra. Un’idea simile è quella sviluppata nella IS Space Suite, l’hotel del team IS-in and out space: quattro moduli pneumatici che agganciati a un core centrale e alla stazione spaziale permetterebbero di avere costantemente in orbita 8 turisti per vacanze di 3-4 giorni (in media 100 turisti all’anno già a partire dal 2015). Il modulo centrale è dedicato agli spazi comuni dell’hotel: cucina, pranzo, area ginnastica e igiene. La parte terminale è invece occupata da una cupola panoramica da cui si può ammirare…la Terra. Tutti gli arredi degli spazi comuni e delle cabine, situate nei moduli gonfiabili, sono rigorosamente pneumatici: letti, armadi e altri elementi si gonfiano insieme al modulo, automaticamente. Ricadute di questi studi in applicazioni sulla Terra sono i Capsule Hotel, hotel a basso costo progettati come macchine tecnologiche perfette con camere, vere e proprie capsule, dalle dimensioni ridottissime. Nessun senso di claustrofobia, però, grazie a superfici riflettenti, ottima illuminazione e climatizzazione. Insomma, quella che quindi fino a pochi anni fa veniva considerata “fantascienza” sembra ora destinata a entrare in una fase più matura e concreta: l’architettura contemporanea si trova a confrontarsi e a ridefinirsi non solo con nuove esigenze abitative e di consumo, ma anche con nuove logiche di sfruttamento dello spazio dove in questo caso per spazio si intende quello galattico.


IL CONSUMATTORE THE CONSUMACTOR Ogni modulo del Galactic Suite ha una finestra a diaframma scorrevole per consentire spettacolari viste della Terra. Each module of the Galactic Suite has a slidable diaphragm window to enhance spectacular views of the Earth.

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In queste pagine, la IS Space Suite, l’idea sviluppata dal team della società IS-in and out space, in particolare gli architetti Daniele Bedini e Antonio Fei.

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These pages, the IS Space Suite, the idea developed by IS-in and out space team, and in particular by architects Daniele Bedini and Antonio Fei.

iving in space is no longer just science fiction but actually the subject of in-depth scientific studies mainly devoted to pneumatic structures or, in other words, ultra-light and compact inflatable technology for space applications. NASA began experimenting with them back in the 1960s. Research and tests have shown just what great benefits they entail. Due to extremely high transport costs, NASA and ESA are now seriously considering the possibility of designing modules using pneumatic technology for accommodating astronauts in so-called space-hotels. A prototype was built at NASA-JSC, Johnson Space Center in Houston (Texas) in 1997: the TransHab was a pneumatic module measuring 10 meters in diameter suitable for being transported on the Shuttle to the ISS (International Space Station) and, with an eye for the not too distant future, to be used on Mars. A bi-structural module with a rigid core made of a composite material and an inflatable external structure. Compared to conventional modules made of aluminumlithium alloy, these structures are lighter and less cumbersome, both during launching and out in space.

They are also more resistant to possible impacts with meteorites and better insulated against cosmic radiation, which is harmful to astronauts. Europe is also experimenting with these pneumatic structures. For example, research is being carried out at Alenia Spazio in Turin, Italy, on behalf of ESA, where tests are being carried out on the structure of a smallscale inflatable module. IS-in and out space, an architecture firm specializing in developing cutting-edge design concepts for habitats in extreme environments, is also working on the project. The firm has the task of creating a virtual simulation of the various stages in assembling the module. In any case, space travel agencies are already organizing tourist trips (in low orbit and using their own shuttles). On 4th October 2004 the first private American space-plane (SpaceShipOne) won a $10 million prize (Ansari X PRIZE) for completing three low orbit missions (80 km from the Earth). SpaceShipTwo was unveiled on 17th November 2006—2 seats for pilots, 6 for passengers and 15 portholes—designed by Seymour Powell, while Sir Norman Foster has been giv-


en the job of designing the Area 51 Spaceport in New Mexico (famous for allegedly accommodating aliens). According to official figures in the industry, the first tourist commercial flights will begin in 2010 and by 2015-2025 there will be routine suborbital spaceflights for in the range of 4,000 passengers a year, increasing to a total of 26,000 passengers over the period 20102020. The Spanish firm Galactic Suite Limited has presented the first space tourism package to include preparation, transport and accommodation in an orbital hotel. The Galactic Suite Hotel is composed of a cluster of inflatable modules (proper hotel rooms), all hooked onto a corridor-junction placed in a central position which spaceships coming from Earth can dock onto. A similar idea underpins the IS Space Suite by the IS-in and out space team: four pneumatic modules, which, when hooked onto a central core and to the space station, will allow 8 tourists to spend 3-4 days on holiday in orbit (on average 100 tourists a year starting from 2015). The central module accommodates the hotel’s commu-

nal spaces: kitchen, dining room, fitness room and restrooms. The end section, on the other hand, is taken up by a panoramic dome from which it is possible to admire…the Earth. All the furnishing in the communal spaces and cabins, located in the inflatable modules, is strictly pneumatic: beds, wardrobes and other items of furniture are all inflated automatically together with the module. The implications of studies like these for applications on Earth are the Capsule Hotels, low-cost hotels designed like perfect technological machines with very small bedrooms—authentic capsules. Nevertheless, there is no sense of claustrophobia at all thanks to reflective surfaces, excellent lighting and air-conditioning. So, what until a few years ago appeared to be just “science fiction” now seems destined to progress to a more advanced and concrete stage: modern-day architecture must now face up to and cater for not just new living and consumer requirements, but also new ways of exploiting space, where in this instance by space we mean galactic space.

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Componenti, particolare e sezione del TransHab della NASA.

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Components, detail and section of NASA TransHab.


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Vista zenitale e ingresso dello Spazioporto dell’Area 51. Visitatori e astronauti accedono all’edificio attraverso un “canale” tagliato nel terreno i cui muri di contenimento costituiscono uno spazio espositivo che documenta la storia della regione e quella dell’esplorazione spaziale. Zenith view and the entrance to the Area 51 Spaceport. Visitors and astronauts enter the building via a deep “channel” cut into the landscape. The retaining walls form an exhibition space that documents the history of the region, alongside a history of space exploration.


Prospetti ovest e sud. Lo Spazioporto è incastonato nel deserto del New Mexico e, vista dall’antico percorso El Camino Real, la forma organica del terminal sembra un’altura che si

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innalza nel paesaggio. Sarà realizzato utilizzando materiali e tecniche locali, in modo da essere sostenibile e in armonia con il proprio intorno.

West and south elevations. The Spaceport lies low within the desert-like landscape of the site in New Mexico and seen from the historic El Camino Real trail, the organic form of

the terminal resembles a rise in the landscape. Using local materials and regional construction techniques, it is both sustainable and sensitive to its surroundings.


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Vista del modello e assonometria dello Spazioporto. La forma sinuosa dell’edificio e i suoi spazi interni cercano di catturare il fascino e il mistero del volo spaziale, esprimendo il brivido del viaggio per i primi turisti

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dello spazio. Si sono attentamente bilanciate accessibilità e privatezza. Le zone più sensibili, come le sale di controllo, sono visibili ma non accessibili ai visitatori.

View of the model and axonometry of the Spaceport. The sinuous shape of the building and its interior spaces seek to capture the drama and mystery of space flight itself, articulating the thrill of space travel for

the first space tourists. There is a careful balance between accessibility and privacy. The more sensitive zones—such as the control rooms—are visible, but have limited access.


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In queste pagine, il Capsule Hotel progettato da IS-in and out space. La struttura portante dell’hotel parte da una hall a forma di ovoide con fori-cratere da cui entra la luce. Nell’intercapedine centrale scorre un avveniristico ascensore ad aria compressa agganciato a un doppio sistema di cavi ortogonali che ne consentono lo scorrimento anche in diagonale. Sono così eliminati tutti gli spazi di distribuzione orizzontale e verticale, se si eccettuano le strutture-corridoio all’aperto che sono vie di fuga in caso di emergenza e la scala-tubo pneumatica in cui in caso di pericolo, il cliente scivola fino alla quota terra.

These pages, the Capsule Hotel designed by IS-in and out space. The bearing structure of the hotel starts from an egg-shaped hall with crater-holes letting in light. In the central cavity there is a futuristiclooking lift driven by compressed air, with a twin system of orthogonal cables, which even allows it to move diagonally. There are no longer horizontal or vertical distribution spaces, except for the outdoor corridor which acts as escape route in emergencies. Similarly, the pneumatic tube-stairs allow guests to slide down to the ground in case of danger.


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Come una terra galleggiante Like A Floating Land L’utopia reale di una ecopolis anfibia The real utopia of an amphibious ecopolis Vincent Callebaut – itinerari di architettura futuribile Vincent Callebaut – pathways to futuristic architecture

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ilypad è un nuovo prototipo bio-tecnologico di residenza ecologica dedicato “al nomadismo e all’ecologia urbana del mare”, spiega il suo ideatore e progettista, il belga Vincent Callebaut. Un prototipo itinerante che viaggia sulla superficie degli oceani seguendo le correnti marine. L’idea di Lilypad nasce in funzione delle catastrofiche previsioni dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Foro intergovernativo sul mutamento climatico, IPCC) secondo le quali il livello marino dovrebbe aumentare tra i 20 e i 90 centimetri durante il XXI secolo a seguito dello scioglimento dei due enormi bacini di ghiaccio che non sono sull’acqua, e cioè una parte della calotta antartica e della Groenlandia e una parte dei ghiacciai continentali, insieme alla dilatazione

dell’acqua provocata dalla aumentata temperatura. Il panorama scientifico internazionale stima per il 2100 un incremento di 1°C che porterà a un innalzamento di un metro delle acque. Con conseguenti perdite di terre emerse in Uruguay (0,05%), in Egitto (1%), in Olanda (6%), in Bangladesh (17,5%) e nell’atollo Majuro in Oceania (fino all’80%), ovvero 50 milioni di potenziali popolazioni senzaterra che diverranno 250 milioni all’innalzamento successivo. Callebaut ha dunque pensato a “una vera e propria città anfibia, capace di ospitare 50.000 abitanti e orientata a creare biodiversità di flora e fauna intorno a una laguna centrale che raccoglie acqua dolce purificando le acque piovane. Tale laguna artificiale è interamente immersa grazie ad un apposito sistema


IL CONSUMATTORE THE CONSUMACTOR

di zavorramento, che consente di vivere nel cuore delle profondità subacquee”. Ideata sul modello biologico della grande ninfea amazzonica Victoria Regia, Lilypad ha un assetto multifunzionale che suddivide gli spazi in tre porti turistici e tre montagne, rispettivamente dedicati al lavoro, attività commerciali e intrattenimenti. Le residenze sono dotate di giardini pensili e attraversate da strade e viali organizzati su precisi schemi organici. Insomma, l’antica utopia di creare “una coesistenza armoniosa tra Uomo e Natura” potrebbe non essere più così irrealizzabile, anche se nasce da una tragica emergenza. Completamente autosufficiente, Lilypad raccoglie inoltre le maggiori quattro sfide lanciate dall’Ocse: clima, biodiversità, acqua, salute. Raggiunge l’obiettivo dello

zero emissioni di carbonio grazie all’integrazione di tutte le fonti di energia rinnovabile (solare, termica, fotovoltaica, eolica, idraulica, osmotica, delle maree, di fitopurificazione e di biomassa), generando quindi una quantità di energia proporzionale al consumo. Produce autonomamente ossigeno ed elettricità, ricicla CO2 e rifiuti, purifica le acque reflue e integra le nicchie ecologiche, i campi di acquacoltura e i corridoi biotici sopra e sotto la propria superficie così da produrre il cibo per il proprio fabbisogno. Callebaut paragona Lilypad alle strutture futuribili immaginate da Jules Verne, proponendo un’alternativa possibile di “eco-città galleggiante multiculturale il cui metabolismo sarà in perfetta simbiosi con i cicli della natura”.

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Rendering di Lilypad, l’eco-città galleggiante pensata per ospitare rifugiati “climatici”. La struttura, di circa 500.000 metri quadrati, è pensata per solcare gli oceani seguendo le correnti marine principali come la Corrente del Golfo e la Corrente del Labrador. Renderings of Lilypad, the floating ecopolis conceived for “climatic” refugees. The structure, with a surface of 500,000 square meters, is designed to travel the oceans following the main marine streams such as the Gulf Stream or the Labrador Stream.

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ilypad is a new biotechnological prototype for an eco-friendly house devoted “to nomadism and seaside urban ecology,” so its inventor and designer, the Belgian architect Vincent Callebaut, explained. A travelling prototype which moves across the surface of the oceans following marine currents. The Lilypad idea derives from the catastrophic forecasts of the Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), according to which the level of the sea will rise by between 20-90 cm during the 21st century due to the melting of two enormous icecaps—which are not on the water and, in fact, are part of the Antarctic and Greenland and part of the continental glaziers— together with the dilation of water caused by the rise in temperature. The international scientific community estimates a 1°C increase by the year 2100, which will result in a 1 m rise in the water level. This will result in land being submerged beneath water in Uruguay (0.05%), Egypt (1%), the Netherlands (6%), Bangladesh (17.5%) and the Majuro atoll in Oceania (up to 80%). This corresponds to 50 million potential populations without land, which will become 250 million after the next rise in temperature. Callebaut has, therefore, envisaged “an authentic amphibious city, capable of accommodating 50,000 people and aimed at creating a biodiversity of flora and fauna around the central lagoon filled with fresh water by purifying rainwater. This man-made lagoon is entirely immersed thanks to a special system of ballasting, which

will allow people to live in the heart of underwater depths.” Designed based on the biological model of the great Amazonian lily, Victoria Regia, Lilypad has a multifunctional layout, which divides up the spaces into three tourist harbors and three mountains, respectively catering for work, commercial enterprises and entertainment. The houses all have hanging gardens and are crossed by streets and avenues organized according to very specific organic schemes. In a nutshell, the ancient utopia of creating “harmonious coexistence between Man and Nature” may no longer be so unfeasible, even if it is the result of a tragic emergency. Totally self-sufficient, Lilypad also takes up the four main challenges launched by the OECD: climate, biodiversity, water, health. It achieves the target of zero carbon emissions by integrating all the various renewable energy sources (solar, thermal, photovoltaic, wind, hydraulic, osmotic, tidal, phyto-purification and biomass), thereby generating enough energy to meet the needs. It generates oxygen and electricity autonomously, recycles carbon dioxide and waste, purifies wastewater and integrates ecological niches, fields of water crops and biotic corridors above and below its own surface, in order to produce enough food to meet the requirements. Callebaut compares Lilypad to the futuristic structures envisaged by Jules Verne, suggesting the possible alternative of a “floating multi-cultural eco-city, whose metabolism will be in perfect symbiosis with the cycles of nature.”


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In queste pagine, prospetti e sezioni di Lilypad. Nelle pagine successive, sequenza delle piante dei diversi livelli della cittĂ galleggiante.

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These pages, elevations and sections of Lilypad. Following pages, sequence of the plans of the various layers of the floating city.


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Licenza di innovare Licence To Innovate Il sapere vecchio, nuovo e nuovissimo per una sostenibilità consapevole Old-fashioned, new and brand new know-how for conscientious sustainability IaaC – concorso di architettura avanzata IaaC – advanced architecture contest

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Folded House Tang Ming, Dihua Yang

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na miscela interessante dal sapore vagamente retrò quella proposta dalle tre edizioni dell’“Advanced Architecture Contest” lanciato dall’Istituto di Architettura Avanzata della Catalogna (IaaC): dimostrare con progetti e non solo parole la possibilità di coniugare tecniche industriali e artigianali, tenendo conto della situazione evidentemente irreversibile nella quale si trova la conoscenza nella nostra età dell’informazione (procedimenti digitali e lavorazioni computerizzate e nel medesimo tempo capacità e competenza nell’impiego di materiali innovativi e/o tradizionali), rimettendo anche in gioco in maniera opportuna vecchi modi di produzione e costruzione utilizzati in contesti ambientali che non ci sono più. Lo IaaC è un centro studi di ultima generazione focalizzato sulla definizione di nuovi modelli abitativi per il XXI secolo. L’istituto riunisce specialisti di diversi ambiti disciplinari dall’ecologia all’antropologia, dall’ingegneria all’informatica, dalle arti visive alla sociologia, e si confronta con il mondo dell’architettura nell’implementazione di conoscenze e strumenti, alla ricerca di un’architettura “che avanza”. Self-Sufficient Housing, Self-Fab House e Self-Sufficient City sono i titoli dei tre concorsi internazionali finora indetti dallo IaaC dedicati a promuovere e sostenere l’innovazione in architettura. Tecnologie digitali d’avanguardia di livello mondiale si coniugano a materiali e tecniche costruttive squisitamente locali per disegnare e produrre prototipi abitativi auto-sufficienti nei più diversi contesti ambientali. La costruzione computerizzata è qui concepita come stru-

mento di autoproduzione accessibile a tutti in tutto il mondo in grado di utilizzare di volta in volta i più svariati materiali reperibili sul territorio per realizzare strutture diversificate da un luogo all’altro. Risultata vincitrice dell’edizione Self-Fab House, la Folded House di Tang Ming e Dihua Yang è un perfetto esempio di tecnica auto-costruttiva a partire da materiali organici: una casa di bambù che si sviluppa attraverso una struttura deformabile che si auto-regola e si auto-assembla dal basso verso l’alto. Installabile in tempi brevissimi, la “casa pieghevole” ha la possibilità di essere ricollocata in differenti contesti e rispondere a ogni esigenza abitativa. Basato invece sulla lavorazione di materiali innovativi biodegradabili è il progetto abitativo Biodegradable vacuum-formed modularized shelter ideato da Shinya Okuda, Kung Yick Ho Alvin e Lam Yan Yu Ian che si serve di avanzatissime tecnologie per manipolare una plastica ottenuta dal mais attraverso un processo di modellazione sottovuoto. Attualmente prodotto in Cina e utilizzato nell’industria del packaging, questo materiale potrebbe trovare interessanti future applicazioni su grande scala in moduli architettonici auto-fabbricati attraverso l’impiego di stampi. Da tutti i progetti del concorso emerge un’idea comune di flessibilità totale, che renderà possibili strutture abitative in grado di essere trasmesse, copiate e riassemblate. Strutture vive e in evoluzione continua, suscettibili di cambiamenti, aggiustamenti e autoadattamenti in forza di esigenze ambientali, sociali o individuali diverse.


IL CONSUMATTORE THE CONSUMACTOR

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he three editions of the “Advanced Architecture Contest” organized by the Catalonia Institute of Advanced Architecture (IaaC) have offered an interesting blend of ideas with a vaguely old-fashioned feel to them: to show through projects and not just words that it is indeed possible to combine industrial and craft methods, taking into account the clearly irreversible state in which knowledge finds itself in the computer age—digital procedures and computerized processes and, at the same time, skill and expertise in using innovative and/or conventional materials—also bringing back into play old-fashioned means of production and construction once used in environmental settings that no longer exist. The IaaC is a latest generation study center, which focuses on designing new living models for the 21st century. The institute brings together experts in various different fields, ranging from ecology and anthropology to engineering, computer technology, the visual arts and sociology, working with the world of architecture on implementing know-how and tools in search of architecture “which advances”. Self-Sufficient Housing, Self-Fab House and Self-Sufficient City are the names of the three international competitions so far organized by IaaC, aimed at promoting and supporting innovation in architecture. World-class cutting-edge digital technology combines with exquisitely local building materials and methods to design and manufacture self-sufficient housing prototypes in a wide range of environmental settings. Computerized construction is, here, envisaged as a

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A seconda delle modifiche interne necessarie e della topografia del sito, la Folded House permette di creare scenari potenzialmente infiniti. Invece di utilizzare prodotti industriali di serie per generare abitazioni uniformi, la Folded House usa una semplice struttura cinetica, fatta di bambù. The Folded House, according to the changing internal requirements and site topography, can produce potentially infinite scenarios. Rather than using the industry mass production to generate uniform dwellings, the Folded House uses a simple kinetic structure made by bamboo.

means of self-production available to everybody all over the world and capable of using the widest possible range of materials available to construct structures which differ from one place to another. Folded House designed by Tang Ming and Dihua Yang turned out to be the winning entry in the Self-Fab House competition. It is a perfect example of selfconstruction technology based on organic materials: a bamboo house developed around a deformable structure, which self-adjusts and self-assembles from the bottom upwards. This “folding house”, which can be installed very quickly, may be located in various different settings and can cater for every imaginable living requirement. The Biodegradable vacuum-formed modularized shelter designed by Shinya Okuda, Kung Yick Ho Alvin and Lam Yan Yu Ian is, on the other hand, based on working with innovative biodegradable materials. This project uses cutting-edge technology to manipulate a type of plastic obtained from wheat through a vacuum modeling process. Currently manufactured in China and used in the packaging industry, in future this material could well have interesting usages on a bigger scale for selfconstructing architectural structures using special moulds. All the projects entered in the competition share the basic idea of complete flexibility, which will enable the construction of living facilities capable of being transmitted, copied and reassembled. Living structures which are constantly evolving, susceptible to change, adjustments and self-adjustments in relation to different environmental, social or even personal needs.


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Biodegradable vacuum-formed modularized shelter Shinya Okuda, Kung Yick Ho Alvin, Lam Yan Yu Ian

Questo progetto utilizza tecnologie avanzate nella manipolazione di materiali biodegradabili per creare un sistema che può essere assemblato in una costruzione sostenibile. L’indagine geometrica prende avvio dalla volta con sezione a semi-cerchio.

This project uses advanced technologies in the manipulation of biodegradable materials to create a system that can be assembled as a sustainable construction. Geometrical exploration will start with the vault, with half-circle section.

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Fase 1: Conformazione sottovuoto in loco/prefabbricazione. Step 1: Vacuum forming on site/prefabrication.

Fase 3: Assemblare lo strato interno e lo strato esterno alternati. Step 3: Assemble inner and outer layer alternately.

Fase 2: Trasportare il modulo interno ed esterno in loco. Step 2: Deliver inner and outer module to the site.

Fase 4: Completamento di un arco. Le fondamenta saranno fissate al suolo con sabbia. Step 4: Completion of an arch. The foundation will be fixed by sand on site.


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Fase 5: Si possono assemblare archi in successione per formare la volta della lunghezza necessaria. Step 5: The arch could be repeatedly assembled to form vault as needed length.

Fase 6: Disassemblare il rifugio e lasciarlo in loco. Si degraderĂ in 20 giorni e sarĂ completamente decomposto in 90 giorni. Step 6: Disassemble the shelter, leave it on site. It will be degraded in 20 days, totally decomposed in 90 days.


Harvest House Luis Aguirre Manso In queste pagine un altro esempio di Self-Fab House presentato al concorso IaaC. Questo progetto nasce da un dato di fatto: negli ultimi 40 anni, circa tre milioni di persone sono state

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costrette a lasciare le proprie case in Colombia, che ha oggi il primato di paese col più alto numero di sfollati al mondo. Le case di bambù sono facili da costruire, non richiedono manodopera specializzata e sono

particolarmente adatte per il clima tropicale. Una canna di bambù alta 18 metri impiega solo 59 giorni a ricrescere e il raccolto di un ettaro di bambù permette di realizzare 3,5 case. La base, ampia e stabile, contiene le funzioni e le attività

quotidiane, mentre il primo piano prevede due camere da letto disposte attorno al camino centrale. Le aperture disposte casualmente tra le nervature e la pelle intessuta consentono di avere viste in tutte le direzioni.


These pages, another example of Self-Fab House entered in the IaaC competition. The project results from a matter of fact: in the last 40 years, about three million people have been forced to leave their

homes in Colombia, making it the country with the highest number of displaced people in the world. Bamboo houses are easy to build, qualified labor is not required, and they are particularly suited for the tropical

climate. An 18-meter high bamboo takes only 59 days to grow and the harvest of one hectare of bamboo is equivalent to 3.5 houses. The base, wide and stable, contains the day activities

program, whereas the first floor accommodates two bedrooms around the central chimney. The random openings made between the nerves of its sewed skin allow choosing views in all directions.

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Ground floor plan

First floor plan

Roof floor plan


News

Dignitas Dignity

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Dignitas Dignity Innovazione verde Green innovation Patto per l’ambiente Pact for the environment Il paese dell’energia Energyland

ittà Ideale. Città dell’Uomo è il titolo del Padiglione italiano al World Expo 2010 di Shanghai: un modello urbano costruito sulla centralità della persona umana, la sua dignità, le sue relazioni sociali, le sue attività produttive. La crisi della globalizzazione e dei suoi modelli di omologazione hanno creato i presupposti per l’emergere di un “nuovo umanesimo” che torna a guardare all’uomo come a un essere infinitamente grande e prezioso, un essere che, come affermava Giovanni Pico della Mirandola nel De hominis dignitate, è libero e sovrano di se stesso in grado di plasmarsi secondo la forma che preferisce. E alla “forma” della città ideale propria della cultura umanistico-rinascimentale si ispira l’idea del Padiglione: un vero e proprio borgo in miniatura che coniuga la tradizione urbanistica dei centri storici italiani, con il loro tipico reticolo di vie e vicoli, con una scienza del costruire attenta a ricerca e innovazione in termini di impiego di materiali eco-compatibili e tecnologie d’avanguardia nel rispetto dell’ambiente e del patrimonio culturale e sociale. Il progetto dell’architetto Giampaolo Imbrighi non manca però di rendere omaggio anche alla città ospite di Shanghai attraverso la sua

Al servizio della Terra Gotta serve the Earth Cemento rapido in arrivo Fast cement coming La coerenza del “migrante” The loyal “migrant” IL CEMENTO “TRASPARENTE” Il cemento “trasparente” viene realizzato partendo da particolari resine plastiche, assemblate nella forma di griglie più o meno fitte a seconda dell’effetto trasparenza che si vuole conferire al materiale. All’interno di questi reticolati viene colato il conglomerato cementizio, opportunamente messo a punto per legarsi alle resine. Queste ultime, reagendo sia con la luce artificiale che con quella naturale, creano un’illuminazione calda e morbida all’interno dell’edificio e un’immagine di chiaro nitore all’esterno. Il materiale messo a punto da Italcementi è innovativo perché non contiene fibre ottiche, come i normali cementi trasparenti utilizzati fino ad oggi. Questa caratteristica consente di “giocare” con ogni singolo raggio luminoso, qualsiasi sia la sua angolazione. Le resine colorate sono, infatti, in grado di sfruttare ogni possibile incidenza della luce, mentre le fibre ottiche garantiscono l’effetto richiesto solamente se la luce batte perpendicolarmente sulla parete. I pannelli “trasparenti” che saranno utilizzati per il Padiglione Italia di Shanghai hanno una dimensione di 500x1000x50 mm e circa il 20% della loro superficie è trasparente. Rispetto alle prestazioni statiche, sulla base di test effettuati in laboratorio, questi lastroni, in prova di flessione su tre punti, sono in grado di sostenere un carico elastico pari a circa 3 kN; il carico massimo a rottura rilevato è di circa 8 kN. Non solo leggeri e trasparenti, i pannelli si propongono come veri e propri componenti architettonici con funzioni diversificate e fra loro integrabili, dall’internal lightening, grazie a tecniche di ombreggiamento/diffusione della luce, all’isolamento termico, stante la bassa conducibilità della componente plastica.

particolare articolazione in moduli di dimensioni diverse e irregolari con chiari rimandi ai giochi cinesi delle costruzioni. Una struttura architettonica al tempo stesso popolare e tecnologica, creativa e consapevole, ardita e umile: perfetta sintesi del capitale artistico e culturale dell’Italia. In sinergia con il Gruppo Italcementi, il 40% della superficie totale del padiglione sarà realizzata con oltre 3.700 pannelli di cemento “trasparente”, un materiale innovativo che affianca alla ricerca concettuale una valenza non secondaria di sostenibilità grazie al considerevole risparmio energetico dovuto a un minore utilizzo di luce artificiale e di climatizzazione. Le proprietà trasparenti del cemento sono garantite da speciali resine plastiche di diversa colorazione in grado di interagire sia con la luce artificiale sia

con quella naturale, creando un suggestivo effetto architettonico di giochi e ombre. Su una pianta quadrata di 3.600 mq e con un’altezza di 18 metri, il padiglione sarà diviso all’interno in più corpi di dimensioni diverse e irregolari, collegati da strutture-ponte in acciaio in un insieme geometricamente armonico: un mosaico, simbolo della varietà di tradizioni e costumi regionali italiani che concorrono alla ricchezza di un’identità nazionale comune. Sorta di polifonia architettonica, il progetto acquista unitarietà grazie alla luce: luce, che filtra attraverso i tagli laterali delle pareti, luce che si propaga attraverso i muri trasparenti, luce che si riflette sulla lama d’acqua che circonda l’edificio. Luce che, in quanto metafora di vita, forza ed evoluzioni positive, vuole trasmettere l’immagine di un paese dinamico, concentrato a vivere il futuro da protagonista originale e competitivo. E su un’idea di futuro collettivo e di valore è fondato il World Expo di Shanghai che, con oltre 200 nazioni presenti e 70 milioni di visitatori previsti, si propone di rappresentare un cambiamento di direzione nell’attuale complessa fase congiunturale verso forme di benessere più diffuse e umane nel segno di una “Better City, Better Life”: integrazione fra culture diverse, prosperità economica, innovazione tecnologica, rimodellamento delle comunità, interazione tra aree urbane e rurali.


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“TRANSPARENT” CEMENT “Transparent” cement is made with special plastic resins assembled in the form of a more or less tightly packed mesh, depending on the desired transparency effect. The cement conglomerate, in a special preparation to bind with the resins, is poured into the mesh. The resins react with both artificial and natural light to create a soft warm light inside the building and a clear, clean exterior. Unlike the transparent cements used to date, the material developed by Italcementi does not contain optical fibers. This enables it to “play” with each single ray of light, whatever the angle. The colored resins interact with light at any angle, whereas optical fibers need the light to hit the wall at a perpendicular angle to deliver the required effect. The “transparent” panels used for the Italian Pavilion in Shanghai measure 500x1000x50 mm and approximately 20% of their surface is transparent. As far as static performance is concerned, laboratory three-point bending strength tests found that the panels support an elastic load of approximately 3 kN; the breaking load was found to be approximately 8 kN. Lightweight and transparent, the panels are architectural elements in their own right with diversified, complementary functions, ranging from internal lightening, thanks to light shading/diffusion techniques, to thermal insulation, due to the low conductivity of the plastic component in the cement.

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deal City. The City of Man is the title of the Italian Pavilion at the World Expo 2010 in Shanghai: an urban model centered on the dignity of man, his social relationships, his production activities. The crisis in globalization and its homologation models has fuelled the emergence of a “new humanism” where, once again, man is regarded as infinitely great and precious, almost the being described by Giovanni Pico della Mirandola in the De hominis dignitate, a free and sovereign artificer able to mold himself into the form he prefers. And the “form” of the humanist-renaissance concept of the ideal city is the inspiration for the Pavilion: a miniature village combining the urban tradition of Italy’s historic towns, with their characteristic network of streets and

alleyways, with a construction science where research and innovation put priority on sustainable materials and cutting-edge technology to protect the environment and honor the country’s cultural and social heritage. At the same time, with its use of irregularly shaped modules of various sizes, the project by architect Giampaolo Imbrighi pays tribute to the host city, Shanghai, in a design clearly inspired by the game of pick-up sticks, known in Italian as Shanghai. Technological architecture for people, creative and alert, daring and unpretentious: a perfect synthesis of Italy’s artistic and cultural wealth. In cooperation with the Italcementi Group, 40% of the total pavilion surface will be built with more than 3,700 panels of “transparent” cement, an innovative material coupling conceptual research with

a value of no minor importance, sustainability, through the significant energy savings made possible by reduced use of artificial light and air conditioning. The cement’s transparent properties are guaranteed by special plastic resins in various colors that interact with both artificial and natural light to create an interesting architectural effect of light and shade. With a surface area of 3,600 m2 and a height of 18 m, the pavilion interior will be divided into a series of irregularly shaped areas of different sizes linked by steel bridge structures to create a geometrically harmonious whole: a mosaic, the symbol of the variety of regional traditions and customs that make up Italy’s rich national identity. The unifying element in this sort of architectural polyphony is light: light filtering through the

lateral slits in the walls, through the transparent walls, reflected by the sheet of water surrounding the building. Light, a metaphor for life, energy and positive change, conveying the image of a dynamic country set to live the future as an original, competitive protagonist. The idea of a collective, worthwhile future is, of course, the underlying theme of the Shanghai World Expo, which, with more than 200 countries taking part and 70 million visitors expected, wants to present a change of direction in today’s complex situation toward more widely distributed, people-friendly forms of well-being, under the slogan “Better City, Better Life”: integration of cultures, economic prosperity, technological innovation, re-modeled communities, interaction among rural and urban areas.


Innovazione verde Green innovation

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mportante riconoscimento internazionale per ITCLab, il nuovo Centro di Ricerca del Gruppo Italcementi, attualmente in costruzione all’interno del Parco scientifico e tecnologico “Kilometro Rosso” di Bergamo. L’edificio, progettato dall’architetto Richard Meier, è stato premiato con il Green Good Design Award dal “Chicago Athenaeum: Museum of Architecture and Design” e dall’“European Center for Architecture Art Design and Urban Studies” come più innovativa produzione industriale per l’anno 2009. Il Good Design Award è un prestigioso premio istituito nel 1950 a Chicago da autorevoli progettisti e designer, tra cui Eero Saarinen, Edgar J. Kaufmann Jr., Charles e Ray Eames. Simbolo internazionale dell’impegno delle aziende verso l’innovazione e l’eccellenza in architettura e nel design, viene assegnato annualmente a 23 classi di progetti tra cui, a partire dal 2008, un’intera categoria dedicata allo sviluppo sostenibile. L’ITCLab, che si sviluppa su una superficie di 11.000 m2 di cui 7.500 m2 adibiti a laboratori di ricerca, vuole essere un punto di riferimento per il mondo dell’architettura in materia

di risparmio energetico e di qualità innovativa della progettazione. L’edificio è stato concepito per massimizzare le prestazioni ambientali e rispondere così agli standard previsti dai parametri LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), la più importante e rigorosa certificazione americana in materia di edilizia sostenibile. Dal punto di vista tecnologico, oltre alle prestigiose caratteristiche architettoniche, il progetto dell’ITCLab prevede un uso significativo di energie alternative: la copertura avrà pannelli fotovoltaici, per la produzione di oltre 54.560 kWh di energia elettrica, e 250 m2 di pannelli solari per l’impianto di riscaldamento e l’aria condizionata, con un risparmio complessivo di 12,7 tonnellate di combustibili fossili tradizionali. Un ulteriore contributo energetico sarà dato dall’impianto geotermico che sfrutta il calore accumulato nel suolo e nel sottosuolo, mentre per il rivestimento dell’edificio sarà impiegato il cemento “mangia-smog” a base di TX Active®, il principio fotocatalitico che garantisce la preservazione delle caratteristiche estetiche delle superfici insieme a un abbattimento significativo delle sostanze inquinanti presenti in atmosfera.

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TCLab, the Italcementi Group’s new R&D Center currently under construction at the “Kilometro Rosso” Science and Technology Park in Bergamo, has won an important international endorsement. The building designed by architect Richard Meier has been assigned the Green Good Design Award by “The Chicago Athenaeum: Museum of Architecture and Design” and “The European Center for Architecture Art Design and Urban Studies”, as the most innovative industrial realization of 2009. The Good Design Award is a prestigious honor instituted in 1950 in Chicago by a group of distinguished engineers and designers, among them Eero Saarinen, Edgar J. Kaufmann Jr., Charles and Ray Eames. An international symbol of business commitment to innovation and excellence in architecture and design, the award is assigned on an annual basis in 23 project classes, including, as from 2008, a sustainable development category. The ITCLab occupies an area of 11,000 m2 including 7,500 m2 of research laboratories. Intended as an

architectural benchmark for energy savings and innovative design quality, the building delivers maximum environmental performance to comply with the strict Leadership in Energy and Environmental Design (LEED) standards, the leading sustainable construction certification program in the USA. At technological level, in addition to its important architectural features, the ITCLab project provides for extensive use of alternative sources of energy: the roof will be fitted with photovoltaic panels for production of more than 54,560 kWh of electricity, and 250 m2 of solar panels serving the heating and air-conditioning plant, for an overall saving of 12.7 tons of conventional fossil fuel. Further energy savings will be achieved thanks to a geothermal system using heat stored in the soil and subsoil, while the building will be plastered with “smog-eating” cement based on TX Active®, the photocatalytic principle that enables surfaces to conserve their original appearance and plays a significant part in eliminating pollutants in the atmosphere.

Patto per l’ambiente Pact for the environment

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atto per la Tutela dell’Ambiente è la denominazione dell’accordo volontario tra il Ministero dell’Ambiente e Italcementi firmato nel 2009 alla presenza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, il ministro Stefania Prestigiacomo e il consigliere delegato del Gruppo Italcementi Carlo Pesenti. L’intesa si inserisce in un quadro di accordi analoghi tra il Ministero e dieci principali aziende italiane e prevede un percorso programmatico di investimenti da parte di Italcementi, e della sua controllata Italgen, finalizzati alla riduzione dei gas a effetto serra e alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Al fine di favorire la corretta implementazione dell’accordo è stata annunciata l’istituzione di un Comitato di nomina ministeriale composto da membri del Ministero dell’Ambiente e rappresentanti del Gruppo Italcementi, con il compito di elaborare un report annuale di monitoraggio del programma e dei benefici ambientali raggiunti, individuare e favorire soluzioni alle eventuali criticità,

agevolare il dialogo e la collaborazione con autorità regionali ed enti locali attraverso condivisione periodica di report e documentazione tecnica. Il piano di investimenti di Italcementi, stimato in circa 510 milioni di euro complessivi, prevede 3 tipologie di interventi da realizzarsi entro il 2013: revamping degli impianti di produzione di energia idroelettrica e realizzazione di impianti solari fotovoltaici; interventi tecnologici per la sostituzione di una parte dei combustibili fossili utilizzati nelle cementerie con combustibili derivati da rifiuti; revamping delle unità di produzione di cemento per il miglioramento dell’efficienza energetica e ambientale. Dall’attuazione dell’accordo è attesa una riduzione delle emissioni CO2 di circa 760 kt/anno e un risparmio di energia da fonti fossili di circa 260 ktep/anno. Un obiettivo ambizioso e insieme un primo passo in direzione di nuovi ulteriori interventi di riconversione industriale, maggiore efficienza ambientale dei processi produttivi e più rapidi iter autorizzativi.

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Pact for the Protection of the Environment is the title of the voluntary agreement signed in 2009 by the Italian Ministry of the Environment and Italcementi at a ceremony attended by the Under Secretary to the Prime Minister’s Office, Gianni Letta, Environment Minister Stefania Prestigiacomo and the Chief Executive Officer of the Italcementi Group, Carlo Pesenti. The pact is one of a series of similar agreements between the Ministry and ten leading Italian companies. It sets out a program for investments by Italcementi and its Italgen subsidiary to reduce greenhouse gases and produce energy from renewable sources. To assist the implementation of the agreement, it was announced that a Committee would be appointed by the Ministry, composed of members of the Environment Ministry and representatives of the Italcementi Group, to draw up an annual report on the program and the environmental benefits achieved, identify and promote solutions to any difficulties, foster dialogue and cooperation with

regional and local government bodies through the distribution of periodical reports and technical documentation. The Italcementi investment plan, for a total amount estimated at approximately 510 million euro, envisages measures on three fronts, to be completed by the end of 2013: revamping of hydroelectric power production plants and construction of photovoltaic solar plants; technological upgrades to replace a portion of the fossil fuels used in cement plants with waste-derived fuel; revamping of cement production units to improve energy and environmental efficiency. The implementation of the pact is expected to deliver an annual reduction in CO2 emissions of approximately 760 kt and fossil-fuel based energy savings of approximately 260 ktoe/year. An ambitious goal and also a first step toward other new industrial conversion projects, greater environmental efficiency in production processes and faster approval procedures.


Il paese dell’energia Energyland

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l concetto di “energia” in India poggia su solide basi filosofico-religiose. Nel pantheon induista, Shiva e Shakti rappresentano i due principi assoluti che attraverso la loro unione danno origine all’universo. Shiva è lo spirito del mondo, Shakti è l’energia creatrice che lo realizza e pervade tutte le forme di vita. Nonostante questo illustre retroterra culturale l’energia rappresenta attualmente un grandissimo problema in tutto il paese. Negli ultimi decenni la rapida industrializzazione e l’incremento della popolazione hanno creato una dipendenza sempre più elevata da combustibili fossili come il carbone, il petrolio e il gas. L’esigenza di una strategia sostenibile per l’approvvigionamento energetico è diventata quindi ancora più urgente. Ad agosto 2009 il Consiglio sui Cambiamenti Climatici del Primo ministro indiano ha approvato anche se ancora in linea di principio la National Mission on Enhanced Energy Efficiency (NMEEE – Missione Nazionale sul Miglioramento dell’Efficienza Energetica) che, da qui al 2015, permetterà transazioni nel campo dell’energia per un risparmio annuo del 5% sui consumi energetici e di circa 100 milioni di tonnellate sulle emissioni di anidride carbonica a livello nazionale. L’iniziativa è la seconda delle otto Missioni che il Consiglio deve approvare nell’ambito del Piano Nazionale d’Azione sui Cambiamenti Climatici: agli inizi dello stesso mese era stata approvata la Missione Nazionale Solare, un piano da 19 miliardi di US$ che mira a far diventare il paese una potenza mondiale nel campo dell’energia solare nei prossimi tre decenni. Convinto assertore della necessità di politiche industriali ambientalmente sostenibili per risolvere la “fame di energia” del continente India il Gruppo Italcementi, che opera nel paese dal 2001, attraverso la filiale Zuari Cement, con le cementerie di Yerraguntla, nella parte meridionale dell’Andhra Pradesh, e Sitapuram, nella regione settentrionale vicino alla capitale Hyderabad. Tra i progetti strategici della società, l’ampliamento della linea di produzione di Yerraguntla rappresenta un investimento di enorme rilevanza quanto a efficienza ambientale e a standard qualitativo del prodotto finale. Il nuovo impianto, grazie all’aggiunta di una seconda linea di produzione e all’adozione delle migliori tecnologie disponibili (Best Available Technologies) con particolare riguardo al consumo energetico, avrà una capacità produttiva di cemento di 2,3 M/t annue e sarà in grado di contenere i consumi termici sotto

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la soglia di 3000 MJ per tonnellata di clinker (2965MJ/t) garantendo emissioni di CO2 e NOx estremamente contenute (NOx <400mg/Nm3). Un contributo non risolutivo ma tuttavia incoraggiante per la salvaguardia di quell’energia che dà la vita all’universo.

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n India, “energy” is a concept with solid philosophical and religious roots. In the Hindu pantheon, Shiva and Shakti are the two absolute principles whose union created the universe. Shiva represents the constituent elements of the world, while Shakti is the dynamic creative force that pervades all forms of life. This illustrious cultural foundation notwithstanding, energy is currently an enormous problem throughout India. The rapid industrialization and population growth of the past

few decades have increased dependency on fossil fuels like coal, oil and gas, making a sustainable energy procurement strategy an ever more urgent priority. In August 2009 the Indian Prime Minister’s Council on Climate Change endorsed, albeit in principle, the National Mission on Enhanced Energy Efficiency (NMEEE). From now to 2015, the mission will permit energy transactions generating annual savings of 5% in energy consumption and a reduction of approximately 100 million tons in national carbon dioxide emissions. The NMEEE is the second of the eight Missions the Council must approve as part of the National Action Plan on Climate Change: at the beginning of the same month it gave the go-ahead to the National Solar Mission, a US$ 19 billion plan intended to establish India as a world power in solar energy over the next thirty years. Active in India since 2001 through the Zuari Cement subsidiary, with cement plants in Yerraguntla in southern Andhra Pradesh, and

Sitapuram, near the capital city of Hyderabad in the north of the state, the Italcementi Group is a firm advocate of the need for environmentally sustainable industrial policies to quench the subcontinent’s “thirst for energy”. Among the company’s strategic projects, the expansion of the Yerraguntla production facility is an investment of enormous importance in terms of environmental efficiency and end product quality. With the addition of a second production line and implementation of Best Available Technologies, particularly as regards energy consumption, the new plant will have an annual cement production capacity of 2.3 M/t and will keep thermal consumption below 3000 MJ per ton of clinker (2965MJ/t), to ensure that CO2 and NOx emissions stay significantly low (NOx <400mg/Nm3). While this may not solve India’s problems, it is certainly an encouraging contribution to safeguard the energy that gives life to the universe.


Al servizio della Terra Gotta serve the Earth

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el 1987 il costruttore e velista australiano Ian Kiernan navigando attraverso gli oceani con la sua barca a vela fu impressionato dall’enorme quantità di rifiuti che incontrava ovunque. Sua fu dunque l’idea, due anni dopo, di un’operazione di volontariato per la pulizia del porto di Sidney, il Clean Up Sydney Harbor Day, e successivamente della Clean Up Australia, a livello nazionale, che già alla prima edizione del 1990 mobilitò più di 300.000 volontari. Tre anni dopo l’idea si estese su scala globale e, sostenuta dall’Unep (United Nations Environment Program), nacque Clean Up The World, una delle maggiori campagne di volontariato ambientale a livello internazionale che si propone di liberare dall’incuria parchi, giardini, strade, fiumi e spiagge in tutto il mondo. Il programma Clean Up, rivolto a imprese, cittadini e organi istituzionali, promuove uno stile di vita più attento ai consumi e più rispettoso dell’ambiente nella convinzione che la sua salvaguardia sia un dovere primario dell’uomo per prevenire esaurimento e distruzione delle risorse naturali. Halyps Cement, filiale greca di Italcementi Group, coerentemente con i Programmi Corporate di Responsabilità Sociale del Gruppo, ha aderito alla 17a edizione della campagna globale Puliamo il Mondo, promossa localmente dalla Ong Clean Up Greece. Attraverso tre principali aree di azione – volontariato, ricerca e campagne di informazione – l’iniziativa vuole

essere un’operazione concreta di cura e pulizia del territorio e al tempo stesso un’azione simbolica per chiedere città più pulite e vivibili. Gli oltre 200 dipendenti di Halyps, già fortemente impegnati in programmi di responsabilità sociale e sostegno alle comunità locali, hanno partecipato con entusiasmo all’operazione di pulizia delle spiagge: buona volontà e solidarietà per combattere degrado e inciviltà.

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aking part in the solo round-the-world yacht race in 1987, Australian builder and yachtsman Ian Kiernan was astonished by the huge quantities of rubbish dumped in the oceans. Two years later, he organized a voluntary community event for Sydney harbor, Clean Up Sydney Harbor Day. This was followed by the national Clean Up Australia

campaign, whose first edition, in 1990, mobilized more than 300,000 volunteers. Three years on, with the support of the United Nations Environment Program (UNEP), Kiernan’s idea had expanded on to a global scale with Clean Up The World, one of the largest international voluntary environmental campaigns ever organized to clean up parks, gardens, streets, rivers and beaches around the world. The Clean Up program—for business, government and private individuals—promotes a lifestyle paying greater attention to consumption and to the environment, in the belief that safeguarding the

planet is a primary duty to prevent the depletion and destruction of the Earth’s natural resources. In line with the Group Corporate Social Responsibility Programs, Italcementi Group’s Greek subsidiary, Halyps Cement, took part in the 17th Clean Up The World global event, promoted at local level by the Clean Up Greece NGO. The initiative operates on three main fronts—voluntary work, research and information campaigns—combining its physical clean-up activities and care for the environment with a symbolic demand for cleaner, more harmonious cities. Halyps’ more than 200 employees are already closely involved in social responsibility programs and local community work and turned out in force for the beach clean-up: enthusiasm and solidarity to combat dirt and thoughtlessness.

Cemento rapido in arrivo Fast cement coming

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icerca come attività strategica finalizzata a progetti di innovazione per lo sviluppo di sistemi e tecnologie, in un’ottica di sostenibilità economica, ambientale e sociale. Un impegno concreto e mirato che trova la sua espressione nel progetto i.nova., contenitore di conoscenze, informazioni e opportunità che rafforza e valorizza il patrimonio di competenze del Gruppo Italcementi. L’ultimo prodotto messo a punto nell’ambito di i.nova. è Alispid®, un nuovo legante cementizio capace di acquisire resistenza meccanica elevata in breve tempo garantendo una notevole stabilità dimensionale,

come nel caso di fissaggio di infissi, tubazioni, scatole elettriche, zanche, cardini, chiusini stradali o piccole riparazioni. Alispid® è un esempio di prodotto ad alta tecnologia e basso impatto ambientale: appartiene alla famiglia di prodotti Alipre®, l’innovativo cemento solfoalluminoso prodotto in Italia da Italcementi, il cui ciclo produttivo ha emissioni di CO2 di gran lunga inferiori a quelli del cemento tradizionale. Si tratta di nuovi materiali da costruzione per architetti e designer, pensati per un “buon costruire” che tenga conto sia degli aspetti estetici che di quelli ambientali delle realizzazioni.

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esearch as a strategic activity for innovative projects developing systems and technologies geared to economic, environmental and social sustainability. A specific, solidly based commitment that takes the form of i.nova., a program embracing know-how, information and opportunities to strengthen and enhance the competences of the Italcementi Group. The latest i.nova. product is Alispid®, a new cement binder that rapidly achieves high mechanical resistance and guarantees significant dimensional stability when installing window and door frames, pipes,

switch boxes, clamps, hinges, manhole covers or making small repairs. An example of a hi-tech environment-friendly product, Alispid® is part of the Alipre® range of products based on the innovative sulfoalluminate cement produced in Italy by Italcementi with far lower CO2 emissions than traditional cement production cycles. The new construction materials are intended for architects and designers, in the interests of “good building” practices that take account of both the aesthetic and the environmental impact of new constructions.


artVision

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La coerenza del “migrante” The loyal “migrant”

igore e progettualità, ma anche continua ricerca e sperimentazione: irrequieta, quasi maniacale. Tormentato dal dubbio di “rifare sempre lo stesso quadro”. La ripetitività fino alla noia per molti artisti è un valore. Non per Gianfranco Pardi, migrante perenne ma profondamente coerente a uno stile personale, chiaro e inequivocabile, che caratterizza tutta la sua opera, dai “Giardini Pensili” di fine anni Sessanta, ai lavori più recenti. “Nel farsi del quadro – spiega l’artista – non c’è successione lineare, non un prima o un dopo. Ogni passo è definitivo e mette incessantemente in gioco un nuovo inizio… ogni aggiunta, ogni cancellatura, inevitabilmente producono un altro inizio e ogni quadro non è mai finito”. Per comprendere l’attuale latitudine del viaggio artistico di Pardi è significativo il racconto del noto critico Bruno Corà, direttore del Museo d’Arte Moderna di Lugano, che narra di una sua recente visita allo studio dell’artista. “Quattro tele allineate su una parete ben evidenziano la sua ricerca. Un metodo costante presiede alla loro definizione: le superfici si mostrano dipinte con colori privi di ombra, confinati tra loro e geometricamente intagliati, sempre delimitati a un certo punto rispetto a una porzione di tela lasciata nuda, senza alcuna traccia di preparazione o di colore. Giallo, nero, bianco e tela nuda. Infine un’ultima opera, il cui dispositivo ideologico della contraddizione dell’ortogonalità, messo in atto da Pardi tra i segmenti tracciati sui colori e che conforma indifferentemente i quattro dipinti, si manifesta su una bilanciata divisione della superficie tra nero (in due valenze), bianco e tela nuda. Viene da pensare che la pittura

di Pardi, spogliandosi, investa in autorevolezza. Ciò che la sostiene, infatti, è ormai evidente: una essenziale tensione etica ha dato fisionomia a un modo di far spazio, mediante un uso dei mezzi e delle entità interrogate e verificate per dare forma all’immagine. La quale, anche se il suo autore crede [o teme, ndr] di rifare sempre lo stesso quadro, non è mai quella definitiva”. Il rapporto fra pensiero e forma, fra forma e colore, fra costruttività e costruzione, fra astrazione e concretezza, fra pieno e vuoto, sono da sempre i temi ricorrenti nelle opere di Gianfranco Pardi, sia in pittura che in scultura. La ricerca artistica di Pardi, nato a Milano nel 1933, dove vive e lavora, si concentra, verso la fine degli anni ‘60, su alcuni luoghi fondamentali della concezione dello spazio: le “Architetture”, opere che esprimono chiaramente la volontà di fondare lo spazio attraverso metodologie costruttive. Fondamentale la rilettura, che Pardi ci propone, dagli anni ‘70 in poi, delle avanguardie storiche, come l’Astrattismo, il Costruttivismo e il Neoplasticismo: in questo modo la forma si esprime tramite un segno geometrico capace di dare corpo a un pensiero costruttivo. Ma la sua arte fissa le sue regole anche in un processo che mira a recuperare le potenzialità della pittura, riacquistandone la memoria storica rimanendo nello spazio virtuale del quadro. Convinto che – come egli stesso afferma in una recente intervista – “la pittura sia uno dei modi di espressione primari dell’uomo [...] un linguaggio estremamente diretto”. Negli anni Settanta sviluppa nelle sue “Architetture” la volontà di costruire

La scultura “Danza” in piazza Amendola a Milano. The sculpture “Danza” installed in Piazza Amendola, Milan.

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e fondare uno spazio attraverso la pittura, poiché ritiene che tale mezzo espressivo possa produrre immediatamente l’idea. Le sue opere si sviluppano attraverso segni e gestualità geometriche che, insieme a poche cromie, lo aiutano a esprimere il concetto di costruttività. Tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta realizza le opere delle serie “Cinema”, “Monk” e “Maschere”, concentrandosi sull’utilizzo di supporti in ferro. Successivamente la sua ricerca artistica si indirizza sul tema della “Montagna-Sainte Victoire”, ispirata alle opere di Cézanne, e ai cicli intitolati “Nagjma”, ispirati alla luce e alla notte di Tangeri, e “Box”, lavori realizzati con scatole di cartone. Gianfranco Pardi conduce quindi da sempre un suo particolare discorso intorno all’architettura, iniziato nel 1967 con la rappresentazione di interni ed esterni architettonici, soffitti, terrazzi, giardini pensili, ecc., e proseguito nel corso di questi anni attraverso forme espressive differenti ma sempre riflettendo attorno alla forma e allo spazio che la comprende. I “Soffitti”, le “Scale”, i “Terrazzi” e i “Giardini Pensili”, di Pardi, sono opere in cui compaiono frammenti di architetture che rimandano, come se si stesse

guardando una pellicola ritagliata, alla realtà e allo spazio circostante. Il punto di partenza di queste opere è l’amplificazione, da parte dell’artista, di quel senso di insopportabilità che si può provare vivendo in un ambiente artificiale. I soffitti, le scale, i pilastri e tutti quegli elementi architettonici che normalmente costituiscono l’interno di un edificio, vengono isolati e sbilanciati nel quadro, assumendo un nuovo significato slegato dal contesto di cui facevano parte. Togliendo il pavimento a una stanza, come avviene nei “Soffitti”, Pardi accentua il peso psichico di quella specifica presenza architettonica che noi vediamo, ovvero il soffitto insieme ai pilastri che ne modulano la superficie. L’inquietudine di questa assenza viene rivelata dalla presenza dei materiali usati dall’artista, lo smalto su legno e l’alluminio, che con precisione ed estremo distacco, fanno diventare percepibile la parte mancante del reale. Nel 1986 partecipa alla Biennale di Venezia con una sala personale; nello stesso anno è presente alla Triennale di Milano e alla Quadriennale di Roma; partecipa alla Biennale di Palazzo della Permanente a Milano nel 1974 e nel 1993. Nel 1998 Palazzo Reale di Milano ospita una


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sua personale. Nel 1999 è in Germania con tre importanti mostre al Frankfurter Kunstverein di Francoforte, al Museo delle Belle Arti di Bochum e al Kulturhistorisches Museum di Stralsund. Negli anni successivi continua il rapporto “proficuo e costante” con le sue “storiche” gallerie: Marconi di Milano e Fumagalli di Bergamo. Intensa anche l’attività di Pardi scultore. I suoi lavori si trovano in numerosi spazi pubblici e privati in Italia e all’estero. Una sua grande scultura ambientale, “Danza”, è stata collocata nel 2005 dal Comune di Milano in piazza Amendola. Altre sue sculture si trovano a Roma in via XX Settembre, a Parigi, Bruxelles, Bergamo, Brescia, Tortoli. Giuliano Papalini ■■■■■■

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igor and forward-looking thinking, but also continual research and experimentation: restless, almost obsessive. Plagued by the doubt that the result is “always the same picture”. For many artists, repetitiveness verging on boredom is a value. But not for Gianfranco Pardi, a perennial migrant but profoundly loyal to a clear, unmistakable personal style that characterizes his entire oeuvre, from the “Hanging Gardens” of the late 1960s to his most recent works. “There is no linear progression as a work is produced, no before and after,” the artist explains. “Each step is final and incessantly brings a new beginning into play … each addition, each cancellation, inevitably produces another beginning and no picture is ever finished.” The story told by well-known critic Bruno Corà, director of the Museum of Modern Art in Lugano, about a recent visit to the artist’s studio, offers insight into the current latitude of Pardi’s artistic journey. “Four canvases lined up on a wall provide ample evidence of his research. The method used in their creation is the same: the surfaces are painted in colors without shadows, in separate geometrically carved blocks, at a certain point always delimited with respect to a bare section of the canvas, with no trace of priming or color. Yellow, black, white and bare canvas. Finally, the last work, where the ideological device of the contradictory orthogonal structure deployed by

Pardi between the segments formed on the colors, a common feature of the four paintings, is presented as a balanced division of the surface into black (in two valences), white and bare canvas. The thought occurs that, by stripping down, Pardi’s painting invests in authority. Clearly, it is supported by an essential ethical tension, which has given a physiognomy to a way of creating space, through use of the materials and the entities he questions and verifies to give form to the image. An image that, despite the author’s belief [or fear, ed.] that he is always re-creating the same picture, is never definitive.” The relationship between thought and form, between form and color, between constructiveness and construction, between abstraction and reality, between full and empty, have always been the recurring themes of Gianfranco Pardi’s work, painting and sculpture alike. Born in 1933 in Milan, where he lives and works, toward the end of the 1960s Pardi focused his artistic research on a series of fundamental structures in the concept of space: his “Architectures”, works that clearly express the desire to shape space through construction techniques. Since the 1970s, Pardi has provided a fundamental review of history’s avant-garde movements: Abstraction, Constructivism and Neoplasticism. Form is expressed through a geometrical sign embodying a constructive thought. But his art also sets its rules in a process that seeks to recover the potential of painting, re-acquiring its historic memory within the virtual space of the work. In the belief that—as he himself said in a recent interview—“painting is one of man’s primary means of expression [...] an extremely direct language”. During the 1970s, in his “Architectures” Pardi’s objective is to build and create a space through painting, an expressive medium able to produce an idea immediately. Using geometric signs and gestures, together with a small number of colors, he expresses the concept of constructiveness. The end of the 1980s and early 1990s saw the production of the works in the “Cinema”, “Monk” and “Masks” series, concentrating on the use of iron supports. His subsequent themes were “Mont Sainte Victoire”, inspired by the works of Cézanne,

the “Nagjma” cycles, where the light and night of Tangiers are his inspiration, and “Box”, a series of works created with cardboard boxes. Gianfranco Pardi has always devoted particular attention to architecture, beginning in 1967 with the representation of architectural interiors and exteriors, ceilings, terraces, hanging gardens, etc. Over the years, he has employed a variety of expressive forms, but always offers a meditation on shapes and the space around them. His “Ceilings”, “Stairs”, “Terraces” and “Hanging Gardens”

revealed by the materials used by the artist, enamel on wood and aluminum, which, with precision and extreme detachment, make the missing part of the real scene perceptible. In 1986 Pardi was present at the Venice Biennale with a personal room; the same year he exhibited at the Milan Triennale and the Rome Quadriennale; he took part in the Biennale at Milan’s Palazzo della Permanente in 1974 and 1993. In 1998 Palazzo Reale in Milan housed a one-man show. In 1999 he showed works at three major exhibitions

contain fragments of architecture relating, like clips from a video, to reality and the surrounding space. The starting point for these works is the artist’s amplification of the sensation of unbearability provoked by living in an artificial environment. The ceilings, stairs, pillars and all the architectural elements that normally constitute the interior of a building are isolated and placed off-balance in the pictures, taking on a new significance unrelated to their original context. By taking the floor out of a room, as he does in the “Ceilings”, Pardi accentuates the mental weight of the specific architectural element he presents, the ceiling and the pillars that modulate its surface. The unease created by the absence of the floor is

in Germany, at the Frankfurter Kunstverein in Frankfurt, the Fine Arts Museum in Bochum and the Kulturhistorisches Museum in Stralsund. Since then, he has maintained a “profitable and constant” relationship with his “historic” galleries: the Marconi in Milan and the Fumagalli in Bergamo. Pardi’s output as a sculptor has been equally intense. His work can be seen in many public and private collections in and outside Italy. One of his large environmental sculptures, “Danza”, was installed in Piazza Amendola in 2005 by the City of Milan. Other sculptures can be seen in Rome, in via XX Settembre, Paris, Brussels, Bergamo, Brescia, Tortoli. Giuliano Papalini



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