Journal of osseointegration

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JO J O U R N A L O F OSSEOINTEGRATION

V E R S I O N E I TA L I A N A

ISSN 2036-413X OTTOBRE 2014 N. 3 VOL. 6 www.journalofosseointegration.eu


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loris Zamuner

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Pubblicazione su JO 09/14

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aDriano Piattelli

professor of oral pathology and medicine dental School, University of Chieti pescara (italy) apiattelli@unich.it

arthur belem noVaes Jr.

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luciano artese chieti (ita) raquel r.m. Barros ribeirão Preto (Bra) giuseppe cardaropoli New York (Usa) Francesco carinci Ferrara (ita) Joni a. cirelli araraquara (Bra) magda Feres guarulhos (Bra) giovanna iezzi chieti (ita) ramon martinez corrià lerida (esP) gabriella mincione chieti (ita) raffaella muraro chieti (ita) gianpaolo Papaccio Naples (ita) rachel sammons Birmingham (gBr)

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© ariesdue Ottobre 2014;6(3)

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sergio caputi chieti (ita) massimo del Fabbro milan (ita) carlo ercoli rochester (Usa) german gomez-roman tübingen (deU) ole Jensen denver (Usa) gregorio laino Naples (ita) Voja lekovic Belgrade (srB) eloà r. luvizuto araçatuba (Bra)

elcio marcantonio Jr araraquara (bra) ziv mazor ra'anana (iSr) gerardo mendoza lima (per) Valdir antonio muglia ribeirão preto (bra)

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Carlos r.p. araujo bauru (bra) bartolomeo assenza Chieti (ita) luigi Califano naples (ita) James doundoulakis new York (USa) massimo Frosecchi Florence (ita) enrico gherlone milan (ita) ana becil giglio new York (USa) graziano giglio new York (USa) luigi guida naples (ita) giulio leghissa milan (ita) giuseppe luongo naples (ita) rogério margonar araraquara (bra) emeka nkenke erlangen (deU) marco e. pasqualini milan (ita) thallita pereira Queiroz araraquara (bra) lorenzo ravera Chieti (ita) gilberto Sammartino naples (ita) antonio Scarano Chieti (ita) tiziano testori milan (ita) CliniCal innoVationS

zvi artzi tel aviv (iSr) giuseppe Corrente turin (ita) nilton de bortoli Jr São paulo (bra) paolo della Casa genoa (ita) Stefano Fanali Chieti (ita) Carlos ademar Ferreira tucuruvi (bra) luis Fujimoto new York (USa) Heracles goussias athens (grC) robert Horovitz new York (USa) Fouad khoury münster (deU) georg H. nentwig Frankfurt (deU) Vula papalexiou Curitiba (bra) Waldemar polido porto alegre (bra) ludovico Sbordone pisa (ita) aris tripodakis athens (grC)

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Maxil, il partner ideale nell’implantologia orale Chi opera nel settore della moderna chirurgia dentale cerca un partner come noi, affidabile e propositivo. Maxil è in grado di associare ad una rasserenante sicurezza, la completezza di una gamma che offre un’ampia e stimolante varietà di soluzioni, tutte all’insegna della qualità e dell’innovazione che sono da sempre i nostri valori portanti.

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ISSN (Print): 2036-413X ISSN (Online): 2036-4121 JOURNAL OF OSSEOINTEGRATION Vol. 6, N. 3 ottobre 2014 - quadrimestrale © Ariesdue Srl Non è permessa la riproduzione di articoli della rivista senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Tutti gli articoli pubblicati sulla rivista sono redatti sotto la responsibilità dell’autore. La rivista Journal of Osseointegration è spedita in abbonamento: l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa e di altre pubblicazioni o per l’inoltro di proposte di abbonamento. Ai sensi della legge 675/96 sulla tutela della privacy, è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o l’aggiornamento dei dati. Registrazione del Tribunale di Como n. 12-08 del 14.4.2008

SOMMARIO ORIGINAL PAPERS

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G. Mendoza, J.D. Reyes, M.E. Guerrero, M. De La Rosa-G, L. Chambrone Cambiamenti mediante l'analisi della frequenza di risonanza rilevati tramite Osstell mentor durante l'osteointegrazione: confronto tra impianti a carico immediato e impianti di controllo non sottoposti a carico M. González-Jaranay, G. Moreu-Burgos, G. Gómez-Moreno, J. Rubio-Roldán, G. Machuca-Portillo, V. Perrotti, A. Boquete-Castro, J. L. Calvo-Guirado

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Influenza del tessuto cheratinizzato sull'esposizione spontanea di impianti sommersi: classificazione e osservazioni cliniche

Piezochirurgia minimamente invasiva per l’inserimento in sicurezza di impianti a lama nelle atrofie mascellari

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Proprietà osteogenetiche di un idrogel a base di polietilenglicole

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D. Lops, L. Ferroni, C. Gardin, S. Ricci, R. Guazzo, L. Sbricoli, E. Romeo, J. L. Calvo-Guirado, E. Bressan, B. Zavan

CASI AL BIVIO ›

CASI AL BIVIO

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› ›

AVULSIONE DI 1.1, RIDGE PRESERVATION E SUCCESSIVO IMPIANTO CONVENZIONALE AVULSIONE DI 1.1 E PROTESI A PONTE DEL GRUPPO INCISIVO AVULSIONE DI 1.1, IMPIANTO IMMEDIATO CON CORONA PROVVISORIA E SUCCESSIVA CORREZIONE MORFOLOGICA DI 2.1

Massimo Frosecchi

RUBRICHE 95

PRODOTTI, AZIENDE, EVENTI

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AGENDA

F. Rossi, M.E. Pasqualini, L. Grivet Brancot, D. Colombo, M. Corradini, B. Lorè, L. Calabrese

INSERITO IN SCOPUS E IN DIREC TORY OF OPEN ACCESS JOURNALS

Ottobre 2011; 3(3)

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24h


prodotti aziende eventi Broken Screw extractor Kit La rottura di una vite all’interno di un impianto è una eventualità non frequente, ma possibile e può trasformarsi in un problema serio. Rhein 83 propone una soluzione per estrarre le viti rotte dagli impianti: Broken Screw - Extractor Kit. Si tratta di un prodotto da considerarsi come una sorta di “assicurazione” da acquistare per il tipo d’impianto che si utilizza. Con il sistema Extractor Kit è possibile rinuovere la vite rotta inserendo il “Centratore“ all’interno dell’impianto e usando la fresa ad artiglio. Nel 90% dei casi si sviterà il residuo di vite rotta. Qualora quest’ultima risultasse fissata in precedenza con composito o cemento, sempre attraverso il centratore si utilizza la fresa Speciale Perforante, con la quale si riesce a consumare il pezzo di vite bloccata. L’operazione va effettuata con molta pazienza e, una volta consumata la vite, si può eliminare il truciolo dalla cavità con aria, acqua ed eventualmente rimuovere i residui più grossi con uno specillo. Extractor Kit è disponibile per impianti a esagono esterno ed interno, ma su richiesta viene realizzato appositamente per ogni tipo di impianto (indicando la marca, il diametro e tipo di connessione dll’impianto).

Sistema implantare tioLogic Dentaurum propone il sistema implantare tioLogic, frutto di una lunga esperienza che si traduce in una scelta precisa della forma e della geometria delle spire degli impianti. In tioLogic© e tioLogic© ST si viene così a creare una costante ed equilibrata distribuzione del carico sia nell’osso corticale che in quello spongioso per assicurare, al tempo stesso, un’elevata stabilità primaria. La connessione interna con sistema antirotazionale PentaStop© e Platform-Switching integrato, offre le migliori condizioni di stabilità per una sovrastruttura protesica individuale, estetica e duratura nel tempo, realizzata con i vari componenti della sistematica implantare tioLogic©. Il disegno della filettatura (rugosità fine e medio-grossa), la geometria delle spire e la forma cilindricoconica dell‘impianto, sono stati calcolati e documentati con l‘analisi al FEM. Tale configurazione produce un carico uniforme e non aggressivo per l’osso, ma, al tempo stesso, la certezza di non creare picchi di stress che possano danneggiarlo, nonchè locali sovraccarichi. Il sistema viene completato da TioLogic easyClean: il primo tray chirurgico per termodisinfettori che nasce con l’intento di semplificare il lavoro nello studio dentistico, risparmiando tempo e migliorando l’igiene complessiva. Nello speciale cestello easyClean vengono infatti riposti tutti gli strumenti e gli accessori utilizzati durante l’intervento, rimanendovi saldamente fissati negli appositi alloggiamenti per tutto il ciclo di lavaggio e disinfezione. Questa rivoluzionaria tecnica di lavaggio meccanico di strumenti rotanti e componenti implantologici, è un concetto nato dalla collaborazione tra le ditte Miele Professional e Dentaurum Implants GmbH. L’originalità del tioLogic® easyClean è racchiusa nella sua doppia funzionalità: quella di vassoio operatorio dove gli strumenti necessari per l’inserzione degli im-

info rHeiN 83 sito: www.rhein83.it - e-mail: marketing@rhein83.it Numero verde 800-901172

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Prodotti, aziende, eventi

pianti tioLogic® vengono disposti secondo un rigoroso ordine operativo e quella di cestello da inserire nel termodisinfettore prima della sterilizzazione. Le molle che fissano saldamente ogni elemento presentano una superficie minima di contatto per assicurare un completo risciacquo di frese, avvitatori e supporti. Un pratico scomparto a maglia fine con coperchio può raccogliere gli oggetti più piccoli, mentre l’innovativa struttura a rete del tray consente la permeabilità completa durante la pulitura meccanica, la disinfezione e la sterilizzazione. Con tioLogic® easyClean è nato un nuovo modo per pulire: flessibile ed economico, semplice e intelligente.

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ii Memorial vogel

terà le votazioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo SIO per il biennio 2015-2016. Anche quest’anno sarà confermata la formula che prevede più sessioni tematiche alla presenza ciascuna di un coordinatore, il quale introdurrà l’argomento e i relatori che si susseguiranno sul podio. La prima sessione, sulla valutazione prognostica multidisciplinare dell’elemento dentario compromesso, sarà coordinata da Marco Annunziata e si articolerà nelle seguenti relazioni: “Possibilità e limiti del trattamento endodontico e restaurativo”, di Fabio Gorni; “Possibilità e limiti del trattamento parodontale”, di Giulio Rasperini; “Possibilità e limiti del trattamento ortodontico”, di Marino Musilli. La seconda sessione verterà sulle modalità attuative del trattamento implantoprotesico e, con il coordinamento di Giacomo Oteri, prevederà i seguenti interventi: “Timing chirurgico: implantologia postestrattiva vs differita”, di Andrea Chierico; “Timing protesico: protesizzazione immediata vs differita”, di Massimiliano Zaccaria; “Il mantenimento del risultato: la prevenzione e il trattamento delle complicanze biologiche”, di Leonardo Trombelli. In concomitanza dell’evento si terrà, come da tradizione, anche il Corso riservato ai Soci Attivi che sarà tenuto dal professor Leonardo Trombelli su “La Perimplantite: attualità in tema di prevenzione e trattamento”.

info Il giorno 8 novembre 2014 si terrà a Roma il II Memorial Vogel, che avrà come titolo “La sostituzione implantare del dente c omprome sso: il processo decisionale”. L’evento è importante innanzitut to perché il tema sviluppato farà strategicamente da ponte verso il programma scientifico del biennio successivo e poi perché ospi-

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siO http://www.osteointegrazione.it

dio implant: nuova sistematica Uf ii La sistematica implantare UF II di Dio Implant System, ultima creazione della casa coreana, è un impianto troncoconico a connessione interna esagonale conometrica. La superficie di DIO UF II è caratterizzata da un trattamento ibrido, che sfrutta le peculiarità positive sia della sabbiatura sia della mordenzatura acida e, in quanto trattamento bifasico, permette di creare una doppia rugosità superficiale, al fine di ridurre il rischio di perimplantite nella zona coronale (Ra 0.5-1.0

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μm) e migliorare l’osteointegrazione nella porzione più apicale dell’impianto (Ra 2.0-2.5 μm). La macrostruttura e la morfologia delle spire dell’impianto DIO UF II garantiscono un’ottima stabilità, ideale per le metodiche di carico immediato, riducendo nel contempo il “press-fit “ in corrispondenza del collo implantare e il conseguente rischio di riassorbimento osseo. Il disegno della porzione apicale dell’impianto e la conicità di 15° conferiscono un’ottima capacità di penetrazione nell’osso. La connessione conometrica antirotazionale dell’impianto DIO UF II garantisce l’assenza

di micromovimenti tra l’impianto e la sovrastruttura protesica permettendo dunque un’ottima stabilità dei tessuti perimplantari sia ossei che connettivali. Il sistema platform switching della componentistica protesica DIO permette sia di creare un’ampiezza biologica “tridimensionale” sigillata dal tessuto connettivale perimplantare che di spostare la connessione verso il centro dell’impianto, in modo da ridurre le sollecitazioni meccaniche e batteriche a carico dell’osso marginale. L’impianto DIO UF II è disponibile nei diametri 3,8; 4; 4,5; 5 e 5,5 mm con lunghezze di 7; 8,5; 10; 11,5; 13 e 15 mm; la linea implantare ExtraWide HSA permette di utilizzare impianti di diametro wide da 6; 6,5 e 7 mm con lunghezza ridotta (6 mm) o standard (8; 10 e 12 mm). Ricordiamo infine che Dio Implant System offre anche una componentistica completa, che permette di creare riabilitazioni protesiche funzionali sia di tipo rimovibile che fisso “all on four”.

info dental P. s.r.l. Via Messico, 3 - 20037 Paderno dugnano (Mi) Tel. 02.9189783 - Fax 02.99044439 commerciale@dentalp.eu www.dioimplantitalia.it - www.dioimplantcorsi.it

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XXvii Giornate Milanesi di implantologia e Chirurgia orale Il 27 e 28 febbraio 2015 a Milano, presso l’Auditorio San Paolo, si terrà la XXVII edizione delle Giornate Milanesi di Implantologia e Chirurgia Orale che avrà come tema “Approccio mininvasivo versus tradizionale in chirurgia orale e implantologia”. Quest’anno l’evento, organizzato come sempre dal COM e dal suo presidente, dottoressa Demarosi, vedrà la collaborazione della Società Italiana Specializzati in Chirurgia Odontostomatologica e Orale (Siscoo), presieduta dal professor Maiorana. L’evento sarà strutturato in sezioni in ognuna delle quali due relatori metteranno a confronto le tecniche tradizionali e quelle mininvasive nei diversi ambiti della chirurgia orale e implantare. Il professor Romeo e il dottor Leghissa affronteranno il tema del grande rialzo del seno mascellare, mentre il professor Francetti e il dottor Ricci metteranno a confronto la parodontologia tradizionale con le nuove tecniche chirurgiche. Seguiranno i professori Rasperini e Re sul tema del mantenimento dell’elemento compromesso vs sostituzione impiantare. Come sempre, interverranno un’igienista, quest’anno la dottoressa Boldi (presidente AIDI) con una relazione sull’impiego del laser nel mantenimento mininvasivo dei tessuti perimplantari, e un’assistente, la signora Terzo vicepresidente SIASO, sul risk management in odontoiatria. Il congresso prevede poi una sessione con la proiezione di interventi chirurgici commentati e discussi in diretta. Non mancherà, infine, il tradizionale focus on dedicato quest’anno all’oncologia orale con relatrice la professoressa Campisi, vicepresidente della Società Italiana di Patologia e Medicina Orale. Il congresso è rivolto a odontoiatri, igieniste, assistenti, odontotecnici per sottolineare, ancora una volta, la scelta del Cenacolo che da sempre è informare e aggiornare l’intera squadra odontoiatrica.

info Cenacolo Odontostomatologico Milanese www.cenacolomilanese.it/

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A NNO 201 3 L’americana FDA (Food and Drug Administration) riclassifica il rischio chirurgico degli impianti a lama nella stessa categoria degli impianti rootform. A norma ISO 1480/2007/E, dentistry implant. Dynamic fatigue test for endosseus dental implants*. * Hughes ER. Food and Drug Administration: reclassification of blade form dental implants. J Oral Implantol 2013 Oct;39(5):523-4. Dal Carlo L, Pasqualini ME, Carinci F, Corradini M, Vannini F, Nardone M, Linkow LI. A brief history and guidelines of blade implant technique: a retrospective study on 522 implants. Annals of Oral & Maxillofacial Surgery 2013 Feb 01;1(1):3.

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Prodotti, aziende, eventi

expodental 2014 Anche quest’anno, come da tradizione, nel mese di ottobre si tiene International Expodental, la fiera che occuperà lo storico padiglione 3 di fieramilanocity (Porta Teodorico 5, Viale Scarampo), ovviamente a Milano. Come è ormai consuetudine, in concomitanza con l’evento espositivo si terrà Expodental Forum, giunto quest’anno alla sesta edizione, che verrà ospitato nelle sale del MiCo - Milano Congressi, il nuovissimo polo congressuale, tra i più grandi in Europa, di Fiera Milano Congressi. Le date di quest’anno sono: da giovedì 16 a sabato 18 ottobre 2014.

sterilizzazione, sia le attività amministrative, anche mediante l’uso di tecnologie informatiche. Possono partecipare al Corso coloro che sono in possesso del diploma di scuola secondaria superiore. Il corso verrà attivato se si raggiunge il numero minimo di 25 iscritti; il numero massimo è 100. Il Corso di Formazione ha durata annuale, le lezioni inizieranno nel mese di febbraio 2015 e si concluderanno nel mese di ottobre 2015. L’attività formativa è pari a 170 ore di impegno complessivo, di cui 70 ore dedicate all’attività di didattica frontale. La frequenza del 75% delle attività previste dà diritto all’attestato di frequenza e permette l’eventuale riconoscimento di 5 crediti formativi universitari. La domanda di ammissione deve pervenire entro e non oltre il 12 dicembre 2014.

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Corso di formazione in assistente di Studio odontoiatrico La Facoltà di Medicina e Odontoiatria della Sapienza Università di Roma propone anche per l’anno accademico 2014/2015 il Corso di Formazione in Assistente di Studio Odontoiatrico, diretto dalla professoressa Antonella Polimeni. L’obiettivo è di realizzare un percorso formativo finalizzato a conferire al discente le conoscenze e le abilità tecniche necessarie a collaborare con l’odontoiatra nel lavoro alla poltrona, per l’esecuzione delle prestazioni specialistiche, e all’organizzazione delle attività extracliniche dello studio, che concernono sia il riordino dell’area d’intervento e la gestione della linea di

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docente di riferimento: Prof. roberto Pippi roberto.pippi@uniroma1.it segreteria Corso di formazione: dott.ssa roberta Manente roberta.manente@uniroma1.it Tel. 06.49918196

Scrittura e immagini nel dominio della scienza “Progetto grafico” è il semestrale bilingue edito da Aiap (Associazione Italiana Design della Comunicazione Visiva) dedicato alla comunicazione attraverso l’immagine. Ogni numero affronta un tema specifico e il fascicolo autunnale di quest’anno è dedicato a “Scrittura e immagini nel dominio della scienza”, nel quale l’apporto di personalità e approcci eterogenei, cioè di progettisti grafici, scienziati, matematici e ricercatori, è volto a far luce su come esprimere al meglio un sapere che, come nel caso delle pubblicazioni scientifiche, fa spesso ricorso alle immagini. La lettura, finalizzata principalmente ai graphic designer, risulta comunque interessante anche per chi, come i nostri autori, realizza articoli scientifici. Info su: http://www.aiap.it/progettografico.

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G. Mendoza1, J.d. Reyes2, M.e. GueRReRo1, M. de la Rosa-G3, l. ChaMbRone4 1

Dipartimento di Parodontologia, scuola di odontoiatria, Università cientifica del sur, lima, Perù Dipartimento di Parodontologia, Università di san Martin de Porres, lima, Perù 3 Dipartimento di Parodontologia, Università di Monterrey, Monterrey, Messico 4 liberoprofessionista, são Paulo, Brasile 2

Influenza del tessuto cheratinizzato sull'esposizione spontanea di impianti sommersi: classificazione e osservazioni cliniche to cite this article Mendoza G, reyes JD, Guerrero Me, De la rosa-G M, chambrone l. influence of keratinized tissue on spontaneous exposure of submerged implants: classification and clinical observations. J osseointegr 2014;6(3):47-50.

Parole chiave ampiezza del tessuto cheratinizzato; classificazione dell’esposizione degli impianti; impianti dentali; rigenerazione guidata dei tessuti.

RIassunto scopo le cause dell'esposizione spontanea precoce (esP) di impianti dentali durante la fase di guarigione non sono ancora state completamente chiarite. l'obiettivo del presente studio è stato quello di stabilire se l'ampiezza del tessuto cheratinizzato e altre caratteristiche del sito implantare possono essere associate all’insorgenza di esP implantare. Materiali e metodi sono stati studiati i dati relativi a 500 impianti posizionati in 138 soggetti non fumatori, tra settembre 2009 e giugno 2010, per i quali era stato seguito l’approccio sommerso stabilendo un periodo di guarigione da 3 a 6 mesi. a baseline sono stati rilevati i seguenti dati: presenza di tessuto cheratinizzato di ampiezza superiore ai 2 mm; tipologia di sito implantare (ovvero siti postestrattivi freschi o creste alveolari edentule); esecuzione contestuale di terapia rigenerativa. Durante il periodo di guarigione è stata registrata l'insorgenza di esP parziale o totale; è stata poi effettuata l'analisi di regressione logistica a effetti misti, al fine di studiare l'associazione tra caratteristiche del sito implantare ed esposizione dell’impianto. Risultati Un totale di 185 impianti (37%) sono rimasti sommersi fino al completamento della fase di guarigione e sono stati catalogati come i classe, mentre 215 (43%) hanno mostrato una esP parziale nella prima settimana dall'inserimento dell'impianto (ii classe) e 100 impianti (20%) hanno sviluppato esposizioni più estese (iii classe). le variabili, ampiezza a baseline di tessuto cheratinizzato (p= 0,18), sito postestrattivo fresco (p = 0,88) e rigenerazione guidata dei tessuti più sostituti ossei (p = 0,42) non sono risultate correlabili alla esP degli impianti, con un odds ratio rispettivamente di 1,29 (intervallo di confidenza del 95%: -0,12-0,63), 1,03 (intervallo di confidenza del 95%: -0,46-0,53) e 1,22 (intervallo di confidenza del 95%: -0,29-0,68). Conclusioni Non è stato possibile stabilire un’associazione tra esP e alcune caratteristiche del sito implantare; pertanto, sono necessarie ulteriori ricerche focalizzate sui fattori causali della esP implantare.

Ottobre 2014; 6(3) © ariesdue

IntRoduzIone L’osteointegrazione è definita come la presenza di osso depositato direttamente sulle superfici degli impianti dentali riscontrabile al microscopio ottico (1). Grazie alle caratteristiche di biocompatibilità, gli impianti dentali in titanio vengono utilizzati quale valida opzione nelle riabilitazioni di pazienti completamente o parzialmente edentuli (1, 2). È stato dimostrato che l’inserimento di impianti dentali può essere effettuato seguendo protocolli monofasici o bifasici (1-6). Relativamente a questi ultimi, il posizionamento è effettuato in base alle raccomandazioni del fabbricante al fine di permettere la guarigione (cioè l’osteointegrazione dell’impianto stesso) con il metodo sommerso. Può però verificarsi l’esposizione spontanea precoce (ESP) degli impianti durante il periodo di osteointegrazione (7). Si tratta di un evento non desiderabile, poiché il paziente può non essere in grado di effettuare un’adeguata igiene del sito implantare. La ESP parziale di un impianto, infatti, può costituire un focolaio per l’accumulo della placca che può condurre a una risposta infiammatoria dei tessuti (7). È ormai assodato che la formazione della placca e la conseguente crescita e metabolismo batterico a livello del solco perimplantare sono fattori chiave che danno luogo a lesioni infiammatorie a carico della mucosa adiacente (8-10), ma anche a infezione perimplantare, perdita di osso marginale e fallimento dell’osteointegrazione (11-13). È stato ipotizzato che la presenza di un’ampiezza di tessuto cheratinizzato (TC) superiore ai 2 mm possa favorire la salute gengivale in seguito al posizionamento di impianti (14, 15). Inoltre, dovrebbe essere tenuto in considerazione che la presenza di TC nell’area in cui è posizionato un impianto potrebbe contribuire a proteggere l’impianto stesso da traumi masticatori, infezioni e perdita di osso

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Mendoza G. et al.

perimplantare durante la fase di guarigione (7, 15). Pertanto, lo scopo del presente studio è stato quello di verificare l’influenza di fattori prognostici, quali l’ampiezza di TC e altre caratteristiche del sito implantare (quali l’inserimento postestrattivo immediato e rigenerazione guidata dei tessuti più sostituti ossei), sull’insorgenza di ESP.

MateRIalI e MetodI Popolazione dello studio

Sono stati analizzati i dati odontoiatrici relativi a 138 pazienti sani (287 maschi e 213 femmine), non fumatori (di età tra i 30 e i 60 anni) in cura presso la clinica implantologica dell’Università di San Martin de Porres (Lima, Perù) tra settembre 2009 e giugno 2010. Questi pazienti sono stati selezionati tra quelli che si erano presentati per ricevere terapie presso l’università e nei quali era stato inserito almeno un impianto dentale (range da 1 a 11) e sono state selezionate come aree i siti postestrattivi freschi e le creste alveolari edentule. Sono stati quindi inseriti tutti i pazienti che rispondevano a questi criteri. Sono stati invece esclusi i soggetti che avevano un’anamnesi pregressa di ripetuti ascessi, presenza di patologie sistemiche (quali AIDS, diabete mellito non controllato o altri fattori di rischio medico per la malattia parodontale), o scarsi livelli di igiene orale. Il protocollo di studio è stato approvato dal comitato etico per la ricerca dell’Università di San Martin de Porres (Lima, Perù), in base alla Dichiarazione di Helsinki del 1975, rivista nel 2000; tutti i pazienti avevano firmato il consenso informato.

Misurazione dei risultati

Subito dopo l’inserimento degli impianti è stata misurata l’ampiezza del TC (nel senso di distanza tra la sommità emergente dell’impianto alla giunzione mucogengivale) da due esaminatori (G.M. e J.D.R.) per mezzo di una sonda parodontale di tipo PC-UNC 15 (correlazione intra e interclasse e tra gli esaminatori >0,90). Le misurazioni sono state arrotondate ai 0,5 mm più vicini. Dopo l’inserimento implantare sono state registrate anche le seguenti caratteristiche: 1) tipologia del sito implantare (sito postestrattivo fresco o cresta alveolare edentula); 2) esecuzione contestuale di terapia rigenerativa guidata dei tessuti in abbinamento a sostituti ossei (cioè innesti eterologhi); 3) riscontro di ESP parziale o totale durante il periodo di guarigione (dall’inserimento dell’impianto alla rimozione delle suture).

Classificazione delle esP

L’esposizione spontanea degli impianti durante il periodo di guarigione è stata classificata nelle tre seguenti categorie: › I Classe, gli impianti rimanevano coperti fino alla seconda fase chirurgica (Fig. 1); › II Classe, gli impianti risultavano parzialmente esposti, indipendentemente dal grado di esposizione parziale della vite di copertura, nell’ambiente orale prima della seconda fase chirurgica (Fig. 2); › III Classe: gli impianti erano completamente esposti

Posizionamento degli impianti

Sono stati analizzati in totale 500 impianti dentali a esagono esterno (Restore Lifecore Biomedical, Chasca, USA), dopo un periodo di guarigione da 3 a 6 mesi. In seguito all’esame iniziale sono stati ottenuti i modelli delle arcate mascellari e mandibolari e sono state realizzate le protesi parziali rimovibili. Tutti i pazienti hanno ricevuto informazioni dettagliate relativamente alle terapie programmate e hanno ricevuto istruzioni di igiene orale; inoltre, sono stati anche eseguiti interventi di igiene orale professionale sopragengivale e/o scaling sottogengivale sugli elementi dentari naturali residui. Dopo avere effettuato queste procedure i pazienti sono stati sottoposti al posizionamento degli impianti, in base alle istruzioni del produttore (ovvero, posizionamento a livello dell’osso crestale), e l’osteointegrazione è avvenuta secondo il metodo sommerso per tre (mandibola) e sei (mascella) mesi. I siti postestrattivi freschi sono stati completamente ricoperti da un lembo avanzato coronalmente; inoltre sono stati inseriti innesti ossei quando la distanza tra le pareti dell’alveolo e la superficie dell’impianto era superiore a 2 mm. Infine, dopo la rimozione delle suture (8 giorni dopo l’intervento chirurgico) sono state posizionate le protesi parziali rimovibili adattate adeguatamente per proteggere i siti implantari.

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fiG. 1 i classe (impianto non esposto).

fiG. 2 ii classe (comprende diversi gradi di esposizione parziale).

fiG. 3 iii classe (impianto completamente esposto).

© ariesdue Ottobre 2014; 6(3)


Esposizione spontanea precoce degli impianti

alveolo postestrattivo fresco

oR 1.03

se 0.25

z P>|z| 95% CI 0.14 0.88 -0.46 0.53

rigenerazione guidata tessuti

1.22

0.25

0.79

0.42 -0.29 0.68

tessuto cheratinizzato basel.

1.29

0.19

1.33

0.18 -0.12 0.63

e non era necessario procedere alla seconda fase chirurgica per il posizionamento delle viti di guarigione (Fig. 3).

analisi statistica

Il numero e le percentuali di impianti classificati in base alle diverse classi sono stati utilizzati per sintetizzare i dati raccolti. È stata eseguita un’analisi di regressione logistica a modello misto per studiare l’associazione tra l’ampiezza di TC a baseline e anche il tipo di sito implantare (cresta alveolare o sito postestrattivo fresco) e l’utilizzo di rigenerazione guidata dei tessuti in abbinamento a sostituti ossei, con la ESP degli impianti. Pertanto, è stata scelta tale versione di regressione logistica per poter riferire adeguatamente i dati raggruppati (per cluster). La variabile binaria dipendente è stata l’insorgenza di esposizione implantare totale o parziale durante l’osteointegrazione, al fine di stabilire i fattori potenziali che potrebbero permettere di identificare i siti implantari che presentano maggiori probabilità di sviluppare ESP. Il modello di regressione logistica stimata a effetti misti è stato basato sulla formula seguente: Modello Per Impianto_esposizione = N. [-.213884315408148 + 3.69797024563258E02* (sito_postestrattivo_fresco = ”Y”) + 199304493013437* (rigenerazione_guidata_dei_ tessuti = ”Y”) 254808035344482* (ampiezza_iniziale_ del_tessuto_cheratinizzato = ”Y”)]. Inoltre, è stato calcolato un odds ratio con un limite di confidenza del 95%. Il livello di significatività per il rifiuto dell’ipotesi nulla è stato fissato a α = 0,05. L’analisi è stata eseguita utilizzando un pacchetto software (NCSS 2007, Number Cruncher Statistical System, Kaysville, UT, USA).

RIsultatI Dei 500 impianti inseriti nello studio, 185 (37%) sono rimasti non esposti alla fine del periodo di guarigione ed erano classificati come I Classe, 215 (43%) presentavano ESP parziale (II Classe) e 100 (20%) mostravano ESP completa (III Classe). Al follow-up a tre anni solo 3 impianti sono andati perduti; quindi il tasso di sopravvivenza implantare è risultato del 99,4%. I risultati dell’analisi di regressione logistica sono esposti nella tabella 1. Le variabili non sono risultate correlate alla ESP degli impianti, con un odds ratio di 1,29 (intervallo di confidenza del 95%: -0,12-0,63) per l’ampiezza del TC a baseline (p = 0,18), 1,03 (intervallo di confidenza del 95%: -0,46-0,53) per i siti postestrattivi freschi (p = 0,88) e 1,22

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taB. 1 analisi di regressione logistica a effetti misti multivariabile per calcolare l’associazione tra esposizione degli impianti e caratteristiche del sito implantare. or: odds ratio ci: intervallo di confidenza s.e= errorre standard Z= valore calcolato col modello di regressione logistica

(intervallo di confidenza del 95%: -0,29-0,68) per la rigenerazione guidata dei tessuti più sostituti ossei (p = 0,42).

dIsCussIone In questa case series circa la metà degli impianti inseriti (63%) ha mostrato ESP parziale durante la fase di guarigione. Ciò è in linea con uno studio condotto da Tal (7) nel 1999, che aveva identificato i possibili fattori di rischio potenziale correlati alla ESP degli impianti. Nel presente studio l’influenza delle variabili indipendenti legate al sito (cioè ampiezza del TC, caratteristiche del sito implantare e ricorso alla rigenerazione guidata dei tessuti in aggiunta a sostituti ossei) è stata stimata tramite l’analisi di regressione logistica, ma nessuna di esse ha mostrato una correlazione statisticamente significativa (p > 0,05). Per quanto riguarda l’elevata percentuale di ESP risultata nel presente studio, si potrebbe discutere che tale risultato potrebbe essere legato ad alcuni fattori, quali la qualità delle suture, la tensione dei lembi e l’utilizzo di lembi di rilascio per coprire gli impianti. Bisognerebbe tenere in considerazione la normale contrazione del lembo durante la fase di guarigione (16-18). Inoltre, è ormai assodato che una copertura corretta del lembo di tessuto non ammette la tensione del lembo, e anche il completo collabimento dei margini della ferita chirurgica è importante ai fini del corretto instaurarsi di un adeguato afflusso ematico al fine di mantenere chiusa la ferita e permettere la guarigione per prima intenzione (16-18). I protocolli sommersi sono basati sul presupposto che gli impianti devono rimanere coperti durante l’osteointegrazione. In presenza dell’esposizione degli impianti all’inizio del periodo di guarigione sono state descritte difficoltà funzionali e perdita di supporto osseo coronale (7) e, inoltre, è stato dimostrato che gli impianti che rimanevano coperti o totalmente esposti durante il periodo di guarigione subivano una minore perdita ossea. Poiché questa correlazione non è mai stata studiata prima e le decisioni cliniche prese durante il processo di guarigione dovrebbero evitare l’infiammazione e l’accumulo di placca, nel presente studio è stata proposta una nuova classificazione per aiutare il clinico a effettuare la scelta corretta. È importante sottolineare un altro aspetto clinico importante ai fini dell’integrazione dei tessuti molli perimplantari: la quantità di TC (14, 15). Dal punto di vista clinico gli impianti posizionati in aree con ampiezza del TC inferiore ai 2 mm e con un biotipo parodontale più sottile possono andare maggiormente

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Mendoza G. et al.

incontro a ESP. Nel presente studio l’analisi di regressione logistica non ha avallato il primo presupposto. Al contrario, Bouri et al. (19) hanno riferito un’associazione tra zone con TC ridotto e perdita di osso alveolare intorno agli impianti dentali. Analogamente, Crespi et al. (20) hanno riferito che nel loro studio le zone con TC ridotto sarebbero meno resistenti all’infiammazione e in grado di stimolare la migrazione apicale dei tessuti gengivali, inducendo recessioni marginali. Anche se l’utilizzo di impianti dentali osteointegrati è diventato una procedura standard per la sostituzione di elementi dentari perduti per ragioni diverse (21), la formazione di placca e il conseguente accumulo e metabolismo batterico sulle superfici rimane il principale agente causale dell’insorgenza di lesioni infiammatorie a carico della mucosa adiacente (8, 13, 22), pertanto è anche utile sottolineare l’importanza del controllo postoperatorio della placca e delle visite regolari durante il periodo di guarigione (9, 13). Molto spesso i pazienti con ESP non seguono un follow-up regolare e quando ritornano per la scopertura chirurgica degli impianti mostrano un controllo inadeguato della placca. Pertanto, questi fattori possono aver contribuito anch’essi allo sviluppo dell’ESP. Inoltre, se un impianto si espone parzialmente dovrebbe essere esposto completamente al fine di evitare l’accumulo della placca. Dati i limiti del disegno di questa case series, i risultati non sono validi esternamente. Inoltre, avrebbero dovuto essere presi in considerazione anche altri siti correlati agli impianti, quali la presenza di elementi dentari naturali adiacenti all’impianto e la misurazione della profondità (spessore) del tessuto cheratinizzato, ma che non sono stati inseriti nel modello statistico della presente valutazione retrospettiva. Per esempio i siti implantari singoli con elementi dentari intatti su entrambi i lati subiscono minori traumi rispetto a impianti multipli che non hanno la protezione di elementi vicini. Per quanto riguarda lo spessore del TC, questo potrebbe essere più importante dell’ampiezza, poiché appare logico che i tessuti spessi sono in grado di resistere meglio all’ESP rispetto a tessuti del biotipo parodontale sottile. Comunque, nessuna delle due condizioni era stata rilevata al momento dell’inserimento degli impianti. Infine, si potrebbe discutere se i presenti risultati possono essere considerati di bassa significatività clinica, date le moderne procedure di implantologia orale sono ormai basate principalmente sugli approcci non sommersi. Nonostante la mancanza di forti associazioni tra l’assenza o la presenza di mucosa cheratinizzata e salute perimplantare, è consigliabile ottimizzare gli sforzi e preservare la mucosa cheratinizzata esistente durante le procedure terapeutiche. Vi è una mancanza di prove a supporto della tesi secondo la quale le tecniche di innesto finalizzate all’incremento della mucosa cheratinizzata migliorerebbero i risultati della terapia implantare.

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ConClusIonI Entro i limiti di questo studio case series, si può concludere che la ESP implantare è una evenienza comune durante il periodo di osteointegrazione degli approcci implantari bifasici; non è stata però riscontrata un’associazione diretta con fattori di rischio precisi e pertanto sono necessarie ulteriori ricerche in tale ambito.

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© ariesdue Ottobre 2014; 6(3)


M. González-JaRanay1, G. MoReu-BuRGos1, G. GóMez-MoReno2, J. RuBio-Roldán3, G. MaChuCa-PoRtillo4, V. PeRRotti5, a. Boquete-CastRo6, J. l. CalVo-GuiRado7 1

Direttore del Master in Parodontologia e Implantologia, Facoltà di Odontoiatria, Università di Granada, Granada, Spagna Direttore del Master in Parodontologia e Implantologia, Istruttore di cure Speciali in Odontoiatria,Direttore di Ricerca Farmacologica nel gruppo Odontoiatrico, Facoltà di Odontoiatria, Università di Granada, Granada, Spagna 3 Docente al Master in Parodontologia e Implantologia, Facoltà di Odontoiatria, Università di Granada, Granada, Spagna 4 Istruttore di cure Speciali in Odontoiatria e Parodontologia, Faculty of Dentistry, Facoltà di Odontoiatria, Università di Siviglia, Siviglia, Spagna 5 Dipartimento di Odontoiatria e Scienze Orali, Scuola di Odontoiatria, Università di chieti-Pescara, chieti 6 Dipartimento di Pazienti con Bisogni Speciali, Facoltà di Odontoiatria, Università di Granada, Granada, Spagna 7 Istruttore di Odontoiatria Generale e Implantare. Direttore del Master in Implantologia e Biomateriali, Facoltà di Medicina e Odontoiatria, Università di Murcia, Murcia, Spagna 2

Cambiamenti mediante l'analisi della frequenza di risonanza rilevati tramite osstell mentor durante l'osteointegrazione: confronto tra impianti a carico immediato e impianti di controllo non sottoposti a carico tO cIte thIS ARtIcLe González-Jaranay M, Moreu-Burgos G, Gómez-Moreno G, Rubio-Roldán J, Machuca-Portillo G, Perrotti V, Boquete-castro A, calvo-Guirado JL. changes in resonance frequency analysis assessed by Osstell mentor during osseointegration: comparison between immediately loaded implants and control implants without load. J Osseointegr 2014;6(3):51-5.

Riassunto scopo Lo scopo del presente studio clinico prospettico è stato quello di valutare i cambiamenti mediante l'analisi della frequenza di risonanza (RFA) utilizzando il sistema Osstell Mentor, al fine di ottenere informazioni relative al quoziente di stabilità implantare (ISQ) durante il processo di integrazione di impianti caricati immediatamente e in impianti controllo senza carico funzionale. Materiali e metodi In totale sono stati posizionati 40 impianti in 15 pazienti, di cui 20 senza carico funzionale (controlli) e 20 caricati immediatamente (test). L’ISQ è stato valutato a baseline e 6 e 8 settimane dopo l’intervento. Le corone provvisorie sono state rimosse a 8 settimane, quando è stata posizionata la protesi definitiva. Sono stati confrontati i dati degli impianti di controllo e di quelli sperimentali e delle aree mascellari e mandibolari. Risultati A 8 settimane tutti gli impianti risultavano integrati e non vi erano complicanze postoperatorie importanti. È stata rilevata una differenza statisticamente significativa solo a baseline tra gli impianti mascellari sperimentali e di controllo (p = 0,009), ma non a 6 né a 8 settimane (p > 0,05). Conclusioni Le procedure di carico immediato possono essere applicate a impianti che presentano valori ISQ >60 e inseriti con una forza di ≥ 30 N. La RFA effettuata con il sistema Osstell Mentor può costituire un metodo per stabilire in modo obiettivo quando la stabilità implantare è inadeguata per l’applicazione del carico immediato.

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PAROLe chIAVe carico immediato; Impianti dentali; ISQ; RFA.

intRoduzione La chirurgia implantare monofasica a carico immediato si è dimostrata una procedura affidabile per la riabilitazione delle aree edentule (1-3). Sebbene vi siano numerosi studi riferiti all’arcata mandibolare, ve ne sono molti meno sull’efficacia del carico immediato nell’arcata mascellare (molari e premolari) (4), laddove tale approccio è controindicato in alcune circostanze (5). Le innovazioni del design implantare, così come lo sviluppo di nuovi trattamenti di superficie, hanno facilitato l’utilizzo di procedure di carico immediato. Studi sperimentali hanno infatti dimostrato che gli impianti a superficie modificata (sabbiata, a grana grossa, mordenzatura acida) presentano un maggiore contatto con l’osso e una più elevata resistenza alle forze laterali rispetto a quelli con superficie liscia (6, 7). L’indicazione al carico immediato in genere dipende da una valutazione soggettiva della stabilità primaria dell’impianto e dei cambiamenti a cui essa può andare incontro nel tempo. La valutazione della stabilità primaria spesso si basa sulla resistenza presentata dai tessuti alla forza di torsione necessaria nell’inserimento dell’impianto, mentre qualsiasi variazione viene tradizionalmente valutata tramite il test di percussione con il manico dello specchietto o con il test di torsione antioraria (8). L’analisi della frequenza di risonanza (RFA) è stata proposta come un metodo non invasivo e non lesivo per misurare l’integrazione dell’impianto e individuare le modifiche a cui la stabilità va in-

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González-Jaranay M. et al.

contro nel tempo (9). Questo approccio è stato impiegato per determinare le modifiche all’interfaccia tra osso e impianto e per stabilire i rapporti con i tessuti circostanti (10, 11). È anche stato applicato per determinare se gli impianti sono sufficientemente stabili per la riabilitazione finale (12) e per identificare gli “impianti a rischio” (13). Attualmente sono disponibili due sistemi RFA: uno strumento elettrico a diretto contatto con il sensore elettronico e quello magnetico che rileva le misurazioni a una distanza di pochi millimetri. Il modello magnetico Osstel Mentor (Osstell AB, Göteborg, Svezia) di quarta generazione è composto da un trasduttore e un sensore elettronico con un magnete da applicare nella parte avvitata all’impianto. Il magnete viene attivato per 1 ms da un impulso magnetico del trasduttore, producendo una vibrazione del sensore e la conseguente induzione di una tensione nel trasduttore che rappresenta il segnale di misurazione del RFA. I valori ottenuti sono quantificati in quozienti di stabilità implantare (ISQs) e la significatività clinica dei valori è definita dal produttore nel modo seguente: valori ISQ <60 indicano un rischio elevato di fallimento; valori ISQ tra 60 e 90 indicano una integrazione ottimale; valori ISQ >90 indicano la presenza di necrosi ossea (14). L’obiettivo del presente studio è stato di verificare la stabilità implantare attraverso un apparecchio RFA di quarta generazione e di confrontare i valori ISQ in impianti a carico immediato e non caricati nello stesso paziente, nella stessa area e nello stesso tipo di osso in momenti diversi.

pianti con un diametro di 4 mm e lunghezza di ≥ 8 mm; simile qualità di osso nei siti sperimentali; almeno 30 N di torque al momento dell’inserimento dell’impianto. I criteri di esclusione erano i seguenti: presenza di qualsiasi patologia che avrebbe potuto influire sulla terapia implantare, tabagismo, terapia farmacologica pregressa o in corso che avrebbe potuto interferire con la terapia implantare e presenza, a livello radiografico, di difetti ossei.

Protocollo chirurgico

In tutto sono stati inseriti 40 impianti (Essential Cone, Klockner Implant System), in 15 pazienti, di cui 20 senza carico funzionale (controlli) e 20 caricati immediatamente (test). Gli impianti presentavano superficie sabbiata e acidificata. In ciascun paziente gli impianti sono stati posizionati nello stesso quadrante e regione dell’arcata (Tab. 1). Gli impianti sono stati caricati immediatamente o non caricati in base a una procedura randomizzata stabilita tramite www.randomization.com, che generava automaticamente numeri casuali e assegnava gli impianti al gruppo sperimentale o di controllo. Questo programma online utilizza un generatore numerico casuale per produrre gruppi personalizzati di numeri casuali, garantendo perciò che i partecipanti (gli impianti) siano destinati a ciascun gruppo (controllo o sperimentale) in maniera casuale. È stata praticata una incisione crestale per sollevare un lembo a tutto spessore. Il sito implantare è stato preparato mediante frese rotanti dedicate ad una velocità di a 800-1200 rpm, in base alla consistenza dell’osso, seguendo rigidamente il protocollo consigliato dal produttore. L’inserimento dell’impianto è stato effettuato prima manualmente e poi, dopo la stabilizzazione, con una chiave dinamometrica calibrata ad almeno 30 N. Tutti i pazienti hanno ricevuto per iscritto informazioni sulle cure e medicazioni postoperatorie (1 g di amoxicillina ogni 8 ore per 4 giorni, 600 mg di ibuprofene per 3-7 giorni e sciacqui orali ogni 12 ore con clorexidina al 0,12%). Le suture sono state rimosse dopo 7 giorni e i pazienti sono stati controllati a 6 e 8 settimane.

MateRiali e Metodi Popolazione dello studio

Il campione dello studio è stato selezionato in maniera casuale tra i pazienti in terapia presso la Clinica di Parodontologia e Implantologia della Scuola di Odontoiatria dell’Università di Granada (Spagna). All’inizio sono stati esaminati 67 pazienti e solo 15 (10 maschi e 5 femmine), di età compresa tra i 40 e i 65 anni, corrispondevano ai criteri di inclusione. Lo studio si è svolto da gennaio a marzo 2013. Lo studio è stato approvato dal Comitato Etico dell’Università di Granada e tutti i pazienti hanno firmato il consenso informato. I criteri di inclusione erano i seguenti: occlusione stabile, siti implantari in cui le estrazioni erano state effettuate più di un anno prima; necessità di impianti nello stesso quadrante e regione dell’arcata; buona salute orale e sistemica, adeguato volume osseo per l’inserimento di imPosizione

11

14 15

test

1

3

controllo Lunghezza mm 10

106

16

22 24

1 1

2 3

10 10 10

1

25 26

35

3 2

Verifica RFa

Dopo l’inserimento, è stata verificata la stabilità degli impianti a baseline utilizzando un apparecchio RFA di quarta generazione (Osstell Mentor, Osstell AB, Göteborg, Svezia) per registrare l’ISQ. Gli impianti con valori ISQ entro i limiti stabiliti dal produttore (60-90) sono stati caricati immediatamente, mentre gli impianti non sottoposti a carico (controlli) sono stati chiusi con le viti di chiusura 36

37

4 3

1

1

10 10 10 10 10 10

46

44 47

5

totale

1

20

3

20

2

2

1

8

10

10 10

tAB. 1 Distribuzione, numero e lunghezza degli impianti inseriti.

© ariesdue Ottobre 2014; 6(3)


Cambiamenti all’analisi RFA durante l’osseointegrazione

del sistema implantare. L’area è stata poi suturata per assicurare una chiusura stabile. La stabilità dell’impianto è stata sempre controllata a 6 e 8 settimane dall’inserimento e anche prima della rimozione della corona e/o della vite di chiusura e per dirigere il segnale del trasduttore in direzione vestibololinguale o vestibolopalatale.

Procedura di carico immediato

Le corone provvisorie sono state preparate direttamente nel cavo orale. Dopo l’inserimento degli impianti e la sutura dell’area, è stata avvitata in situ una connessione conometrica Octacone a 12° (Klockner Implant System). È stata poi posizionata una cappetta ottagonale in titanio per evitare la rotazione della corona provvisoria, costituita a sua volta da una corona preformata in acetato (3M Espe) riempita con resina autopolimerizzante e perforata nell’area occlusale per inserire la vite di fissaggio. Dopo la lucidatura e la rifinitura del margine gengivale, le corone sono state inserite nel cavo orale, applicando una forza di torsione di 10 N alla vite di fissaggio, evitando di danneggiare i tessuti e migliorandone l’adattamento. Le corone sono state poste in occlusione svincolando i contatti laterali. Tutti gli impianti erano a supporto di corone singole, in nessun caso gli impianti sono stati splintati. Le corone provvisorie sono state rimosse a 6 settimane per le misurazioni RFA e sono state mantenute fino a 8 settimane, quando, dopo il controllo radiografico, sono state alla fine rimosse per la misurazione finale RFS. Le corone definitive sono state posizionate per la riabilitazione definitiva.

analisi statistica

Tutte le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando

oR teSt IMPLANtS

cONtROL IMPLANtS

se

z P>|z| TOTAL MAXILLARY MANDIBULAR TOTAL MAXILLARY MANDIBULAR

il software SPSS v 20.0 (SPSS Inc., New York, USA). I valori medi (+/-deviazione standard) di RFA implantare (unità ISQ) sono stati calcolati per i gruppi sperimentale e di controllo e per la mascella e la mandibola. È stato utilizzato il T test di Student perché, nonostante le differenze nelle varianze, i campioni avevano sempre la stessa numerosità e la distribuzione era approssimativamente normale. Al fine di effettuare i confronti tra i gruppi e tra le aree mascellare e mandibolare è stato considerato come significativo un valore di p = 0,05.

Risultati Dal punto di vista clinico non sono insorte complicazioni postoperatorie importanti. Le aree trattate non hanno mostrato alterazioni ed è stata osservata una buona guarigione delle ferite chirurgiche a 7 giorni dall’intervento. Non vi erano differenze statisticamente significative tra le età medie e i gruppi (p > 0,05). La tabella 2 mostra i valori medi ISQ e le deviazioni standard negli impianti sperimentali e di controllo a baseline, a 6 e a 8 settimane. A baseline gli impianti mascellari hanno mostrato valori ISQ superiori, sebbene la tendenza sia verso il decremento a 6 e 8 settimane. Al contrario, gli impianti mandibolari hanno mostrato a baseline valori ISQ inferiori che tendevano però ad aumentare a 6 e 8 settimane (Tab. 2). I valori di p tra valori di ISQ per tutte le localizzazioni degli impianti sono mostrati nella tabella 3. A baseline è stata riscontrata una differenza statisticamente significativa nel gruppo sperimentale verso il controllo negli impianti mascellari (p = 0,009), ma non a 6 e 8 settimane (p >0,05).

Mean isq Baseline 95% Ci 66.75 (SD 9.503) 70.90 (SD 7.430) 62.60 (SD 9.857) 58.95 (SD 9.583) 60.20 (SD 8.753) 57.70 (SD10.667)

Mean isq 6 WeeKs

Mean isq 8 WeeKs

65.35 (SD 6.752)

65.80 (SD 5.625)

66.60 (SD 5.232)

65.80 (SD 4.686)

64.10 (SD 7.767)

65.80 (SD 6.97)

62.60 (SD 6.443)

64.95 (SD 5.165)

63.10 (SD 5.646)

64.50 (SD 4.686)

62.10 (SD 7.430)

65.40 (SD 6.603)

tAB. 2 Deviazione media e standard (SD) dei valori ISQ negli impianti di studio e di controllo a baseline, 6 e 8 settimane.

oR se z loCalizzazione iMPianti

P>|z| 95% Ci Baseline (P)

totale mascellare/mandibolare

0.095

0.407

0.794

Studio mascellare /controllo mascellare

0.009*

0.168

0.492

Studio mandibolare/controllo mandibolare

0.300

0.564

0.894

Studio mascellare /Studio mandibolare

0.049*

0.411

1.000

controllo mascellare /controllo mandibolare

0.574

0.739

0.709

Ottobre 2014; 6(3) © ariesdue

6 settiMane (P)

8 settiMane (P) tAB. 3 Valori P tra valori ISQper tutte le localizzazioni degli impianti, a baseline, 6 e 8 settimane. *(il valore p<0.05 è stato stabilito come differenza statisticamente significativa).

107


González-Jaranay M. et al.

FIG. 1 confronto dei valori ISQ tra impianti di studio e controllo.

FIG. 3 confronto dei valori ISQ tra impianti mandibolari di studio e controllo.

Gli impianti di controllo, non caricati, sia nella mascella che nella mandibola hanno mostrato una tendenza all’aumento dei valori di ISQ, senza differenze statisticamente significative (p >0,05). Gli impianti sperimentali, a carico immediato, hanno presentato una tendenza per valori ISQ iniziali in diminuzione dal momento del carico a 6 settimane con una stabilizzazione a 8 settimane ed è stato osservato anche l’inizio di un lieve recupero (Fig. 1). Nella mascella, gli impianti sperimentali hanno mostrato una diminuzione dei valori ISQ, mentre negli impianti di controllo è stato riscontrato un aumento tra il momento dell’inserzione e 8 settimane (p >0,05) (Fig. 2). Sia negli impianti sperimentali che nei controlli tra il momento dell’inserimento e il follow-up a 8 settimane (p >0,05) era presente un aumento dei valori ISQ (Fig. 3).

disCussione I criteri per il carico immediato degli impianti e i relativi

108

FIG. 2 confronto dei valori ISQ tra impianti mascellari di studio e controllo.

vantaggi e svantaggi sono tuttora dibattuti. Alcuni autori hanno proposto che i criteri per il carico immediato sono la forza di torsione applicata al momento dell’inserzione e le caratteristiche dell’osso, mentre altri hanno stabilito criteri clinici, che comprendono i risultati dei test di percussione con il manico dello specchietto e il sondaggio o gli esami radiografici (8). Altri ricercatori hanno descritto il trattamento di superficie dell’impianto come un elemento critico ai fini dell’idoneità di un impianto al carico immediato (6, 7). Attualmente, però, nessuno studio ha stabilito criteri obiettivi per effettuare questa scelta clinica. Alcuni autori hanno suggerito di effettuare diverse misurazioni della stabilità implantare al fine di identificare gli impianti a rischio di fallimento (15, 16). Infatti, Glauser et al. (15) hanno riferito una continua diminuzione della stabilità in alcuni impianti a carico immediato che sono falliti dopo un anno nonostante la loro stabilità primaria iniziale elevata; mentre Sennerby et al. (16) hanno osservato una correlazione tra perdita di osso marginale e stabilità implantare in uno studio sul modello animale (cane). Vi è un evidente bisogno di un metodo semplice e obiettivo per quantificare la stabilità implantare al carico immediato e le misurazioni RFA appaiono essere un metodo promettente in tal senso (9). Nel presente studio la stabilità è stata misurata utilizzando il trasduttore Osstell Mentor (Osstell AB, Göteborg, Svezia). È stato riferito (8) che la direzione in cui il trasduttore è utilizzato può influenzare la misurazione. Nel presente studio tutte le misurazioni sono state standardizzate e condotte nella stessa direzione (in senso vestibolare verso linguale o palatino) da parte di un solo operatore. Fischer et al. (17) hanno analizzato 139 impianti mascellari in 24 pazienti a 3 e 5 anni e hanno scoperto che il fallimento implantare era associato a valori ISQ <54. Nel presente studio un valore ISQ >60 è stato un criterio per il carico immediato. L’ampiezza e il tipo di carico sulla riabilitazione è un parametro chiave negli impianti a carico immediato (14, 18), quando le parafunzioni costituiscono un fattore di rischio principale per il fallimento

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Cambiamenti all’analisi RFA durante l’osseointegrazione

implantare. Nei nostri pazienti il protesista ha effettuato aggiustamenti occlusali meticolosi alle sedute di controllo in tutti i restauri con corona provvisoria/temporanea, assicurando l’assenza di interferenze o di qualsiasi movimento laterale. Sebbene tutti gli impianti nel presente studio sono stati inseriti con la stessa forza di torsione (>30 N), le misurazioni ISQ Osstell hanno rivelato differenze nella loro stabilità. Pertanto, la misurazione delle unità ISQ sembra poter costituire un metodo obiettivo per quantificare la stabilità implantare, per decidere i tempi di applicazione del carico e per valutare la stabilità implantare durante le prime fasi dell’osteointegrazione. Rimane però ancora la necessità di sviluppare, come ha segnalato Aparicio et al. (8), una scala di valori ISQ che permetta di definire le caratteristiche dell’interfaccia tra osso e impianto o quantificare l’integrazione. Abbiamo osservato una riduzione dei valori ISQ negli impianti mascellari, ma un lieve aumento in quelli mandibolari e la differenza tra valori mandibolari e mascellari è risultata significativa a baseline. Ciò può essere spiegato da una maggiore quantità osso corticale nella mandibola, nella quale il rimodellamento osseo avviene tra la prima e la quarta settimana, producendo osso neoformato; il rimodellamento osseo avviene in un momento successivo nell’osso più spugnoso della mascella. Questi risultati sono in linea con quanto riferito in precedenza da altri autori (9, 19-22). Nell’insieme, nel presente studio è stata registrata una lieve riduzione progressiva dei valori di stabilità da baseline a 8 settimane. Studi precedenti su impianti a carico immediato hanno mostrato una riduzione iniziale nella stabilità che è stata ribaltata dopo 3 mesi, attribuendo questo comportamento al rimodellamento osseo e al carico esercitato dal restauro (23-28). Abbiamo riscontato un aumento della stabilità degli impianti non caricati (sia nella mandibola che nella mascella) tra baseline e le misurazioni a 8 settimane, quando è stata rimossa la riabilitazione provvisoria. Glauser et al. (29) hanno studiato 81 impianti per un periodo di 1 anno e hanno trovato che la stabilità degli impianti sottoposti a carico diminuiva inizialmente e poi aumentava quando il carico veniva rimosso. In conclusione, gli impianti con stabilità primaria (ISQ >60) e inseriti esercitando una forza di ≥ 30 N hanno mostrato un comportamento clinico ottimale durante il periodo di integrazione dopo il carico immediato. I tempi del carico implantare in questa fase iniziale non hanno influenzato la percentuale di successo. Il sistema di RFA Osstell Mentor (Osstell AB, Göteborg, Svezia) ha costituito un metodo obiettivo per determinare se la stabilità implantare fosse adeguata per il carico immediato. Poiché il carico immediato non è stato applicato agli impianti con un valore ISQ < 60, sulla base delle indicazioni del produttore, non possiamo trarre conclusioni sul carico immediato di impianti con valori ISQ inferiori. Ulteriori ricerche sono necessarie per sviluppare una scala di valori ISQ che offra informazioni affidabili sulle caratteristiche dell’interfaccia tra osso e impianto e lo stato dell’integrazione.

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RinGRaziaMenti The authors are grateful to Javier Fernández Delgado, Juan José Fernández de Rota Conde and Juan José Gijón from the Masters in Periodontics and Implants at the School of Dentistry, University of Granada, for their collaboration in this study. They also thank D. Jordi Marínez, the Product Manager of Klockner, for his cooperation.

BiBlioGRaFia 1.

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Dal sangue la rigenerazione dei tessuti

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Tra i nuovi ritrovati spicca il C.G.F. (Concentrated Growth Factors), concentrato che viene dei isolato da campioni di sangue tramite Dal sanguepiastrinico la rigenerazione tessuti un procedimento realizzato dalla Silfradent di Forlì. Tra i nuovi ritrovati spicca il C.G.F. (Concentrated Growth Factors), concentrato piastrinico che viene isolato da campioni di sangue tramite Nell’ultimo decennio l’ingegneria l’Oftalmologia, la Medicina Sportiva e la Dermatologia. tissutale ha fatto dalla enormi progressi Il CGF (Concentrated Growth Factors) rappresenta una nuova generazione un procedimento realizzato Silfradent di Forlì. nell’identificazione di nuove stradi concentrati piastrinici in grado trattenere al suo interno una maggior tegie nel campo della rigenerazione tissutale; tra queste, l’utilizzo di “concentrati piastrinici” rappresenta Nell’ultimo decennio l’ingegneria un interessante ed innovativo aptissutale ha fatto enormi progressi proccio clinico. nell’identificazione di nuove straDiversi studi hanno evidenziato tegie nel campo della rigeneraziol’importanza delle piastrine nei ne tissutale; tra queste, l’utilizzo di meccanismi di rigenerazione tis“concentrati piastrinici” rappresenta sutale grazie alla loro capacità di un interessante ed innovativo apfornire un ricco apporto di fattori proccio clinico. di crescita; tra questi, PDGF (plateDiversi studi hanno evidenziato let-derived growth factor), TGF-β l’importanza delle piastrine nei (transforming growth factor-β), FGF meccanismi di rigenerazione tis(fibroblast growth factor), VEGF (vasutale grazie alla loro capacità di scular endothelial growth factor) e fornire un ricco apporto di fattori IGF (insulin-like growth factor) risultano essere coinvolti nell’induzione deldi crescita; tra questi, PDGF (platela proliferazione cellulare, nel rimodellamento della matrice extracellulare let-derived growth factor), TGF-β e nei meccanismi angiogenetici che si attuano durante le diverse fasi della (transforming growth factor-β), FGF rigenerazione. (fibroblast growth factor), VEGF (vaAlla luce di ciò, negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi metodi per scular endothelial growth factor) e produrre concentrati piastrinici in grado di contenere un’ottimale concenIGF (insulin-like growth factor) risultano essere coinvolti nell’induzione deltrazione di fattori di crescita autologhi. la proliferazione cellulare, nel rimodellamento della matrice extracellulare I concentrati piastrinici sono ottenuti dal sangue venoso del paziente ate nei meccanismi angiogenetici che si attuano durante le diverse fasi della traverso uno standardizzato processo di centrifugazione che, utilizzando rigenerazione. talvolta l’aggiunta di sostanze esogene, permette di isolare una frazione Alla luce di ciò, negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi metodi per ricca in piastrine e fattori di crescita, detta appunto “concentrato piastriniprodurre concentrati piastrinici in grado di contenere un’ottimale concenco” o “gel piastrinico”. trazione di fattori di crescita autologhi. Per quanto riguarda le applicazioni cliniche, l’efficacia rigenerativa di queI concentrati piastrinici sono ottenuti dal sangue venoso del paziente atsti preparati è stata ampiamente dimostrata in diversi ambiti clinici quali traverso uno standardizzato processo di centrifugazione che, utilizzando la Chirurgia Maxillo-Facciale, la Chirurgia Ortopedica, la Chirurgia Estetica, talvolta l’aggiunta di sostanze esogene, permette di isolare una frazione ricca in piastrine e fattori di crescita, detta appunto “concentrato piastrinico” o “gel piastrinico”. Per quanto riguarda le applicazioni cliniche, l’efficacia rigenerativa di questi preparati è stata ampiamente dimostrata in diversi ambiti clinici quali la Chirurgia Maxillo-Facciale, la Chirurgia Ortopedica, la Chirurgia Estetica,

concentrazione di fattori di crescita autologhi. Esso, come gli altri concentrati piastrinici, viene isolato da campioni di sangue tramite un semplice e standardizzato protocollo di separazione che l’Oftalmologia, la Medicina Sportiva e la Dermatologia. viene effettuato per mezzo di un’apposita centrifuga (Medifuge MF200, Il CGF (Concentrated Growth Factors) rappresenta una nuova generazione Silfradent srl, Forlì, Italia) senza l’aggiunta di sostanze esogene. La sua prindi concentrati piastrinici in grado trattenere al suo interno una maggior cipale caratteristica risiede nella sua consistenza: si tratta, infatti, di una concentrazione di fattori di crescita autologhi. matrice organica più ricca in fibrina e quindi più densa rispetto agli altri Esso, come gli altri concentrati piastrinici, viene isolato da campioni di sanconcentrati piastrinici in grado di “intrappolare” una maggiore quantità gue tramite un semplice e standardizzato protocollo di separazione che di elementi piastrinici e fattori di crescita. In esso è stata rilevata, inoltre, viene effettuato per mezzo di un’apposita centrifuga (Medifuge MF200, la presenza di cellule CD34 positive, elementi cellulari che vengono norSilfradent srl, Forlì, Italia) senza l’aggiunta di sostanze esogene. La sua prinmalmente richiamati dal sangue verso i tessuti danneggiati e che giocano cipale caratteristica risiede nella sua consistenza: si tratta, infatti, di una un ruolo chiave nel mantenimento dell’omeostasi vascolare e nei processi matrice organica più ricca in fibrina e quindi più densa rispetto agli altri angiogenetici e di neovascolarizzazione. concentrati piastrinici in grado di “intrappolare” una maggiore quantità Per quanto riguarda le applicazioni del CGF, la sua efficacia è stata finora di elementi piastrinici e fattori di crescita. In esso è stata rilevata, inoltre, dimostrata in chirurgia orale e maxillo-faciale negli interventi di rialzo del la presenza di cellule CD34 positive, elementi cellulari che vengono norseno mascellare e di aumento del profilo crestale. Tuttavia, le sue carattemalmente richiamati dal sangue verso i tessuti danneggiati e che giocano ristiche lo rendono idoneo ad essere impiegato, da solo o insieme ad altri un ruolo chiave nel mantenimento dell’omeostasi vascolare e nei processi biomateriali, in altri diversi settori dove si rende necessaria la rigenerazione angiogenetici e di neovascolarizzazione. tissutale. Per quanto riguarda le applicazioni del CGF, la sua efficacia è stata finora dimostrata in chirurgia orale e maxillo-faciale negli interventi di rialzo del seno mascellare e di aumento del profilo crestale. Tuttavia, le sue caratteristiche lo rendono idoneo ad essere impiegato, da solo o insieme ad altri biomateriali, in altri diversi settori dove si rende necessaria la rigenerazione tissutale.

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F. ROSSI1, M.E. PASqUAlINI2, l. GRIvET BRANcOT3, D. cOlOMBO4, M. cORRADINI5, B. lORè6, l. cAlABRESE7 1

Libero professionista, Busto arsizio (Va) Libero professionista, Milano 3 Libero professionista, torino 4 Libero professionista, como 5 Libero professionista, trento 6 Università tor Vergata, roma, cattedra di chirurgia Maxillofacciale 7 Università tor Vergata, roma, Direttore chirurgia Maxillofacciale 2

Piezochirurgia minimamente invasiva per l’inserimento in sicurezza di impianti a lama nelle atrofie mascellari to cite this articLe rossi F, Pasqualini Me, Grivet Brancot L, colombo D, corradini M, Lorè B, calabrese L. Minimally invasive piezosurgery for a safe placement of blade dental implants in jaws with severe bone loss. J osseointegr 2014;6(3):56-60.

RIASSUNTO Scopo Le gravi atrofie dei mascellari edentuli necessitano di chirurgie ossee ricostruttive invasive per permettere l’inserimento di impianti troncoconici di diametri standard. Queste tecniche di aumento di volume osseo rappresentano attualmente l’opzione più proposta dalla comunità scientifica internazionale, ma spesso non sono accettate dai pazienti per i costi economici e biologici elevati. Nel mascellare superiore le metodiche rigenerative (onlay, inlay e distrazione) sono utilizzate con alte percentuali di successo, mentre nella mandibola, specialmente nei settori distali atrofici, tali tecniche non danno sufficiente predicibilità di risultati positivi, limitandone quindi l’impiego. Una tecnica alternativa, sempre finalizzata ad una protesi fissa, è rappresentata dall’inserimento di un impianto a lama che, grazie allo spessore ridotto, è indicato nelle creste ossee con atrofia di spessore. Lo scopo di questo studio è valutare l'efficacia dell'uso di manipoli piezoelettrici nel posizionamento di impianti a lama, rendendolo più sicuro, semplificato e meno traumatico rispetto alle procedure chirurgiche tradizionali. Materiali e metodi Gli impianti a lama risultano funzionalmente ed esteticamente affidabili anche se richiedono una tecnica operativa più difficoltosa rispetto alle normali tecniche attualmente in uso relative ad impianti avvitati. Viene presentata una procedura minimamente invasiva mediante piezochirurgia eseguita su 142 soggetti, riportando un caso clinico che evidenzia i risultati positivi ottenuti. Risultati e conclusioni L’utilizzo del bisturi piezoelettrico a ultrasuoni semplifica l’inserimento dell’impianto a lama e lo rende più sicuro e meno traumatico.

ParoLe chiaVe chirurgia piezoelettrica, impianto a lama, atrofia mandibolare posteriore, Nervo alveolare inferiore, Mini invasività.

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INTRODUzIONE Con il progredire delle conoscenze scientifiche, al fine di consentire il posizionamento di impianti anche in creste atrofiche, sono state sviluppate tecniche chirurgiche atte a rigenerare artificialmente il tessuto osseo fino a ottenere una quantità volumetrica minima per l’inserimento di impianti di dimensioni adeguate al caso clinico. Si tratta di metodiche rigenerative che prevedono l’utilizzo di innesti (onlay/inlay) o l’uso di distrazione osteogenetica (1-7). Tali tecniche richiedono al paziente un certo impegno fisico, sia pur variabile a seconda dei casi, che ne sconsiglia l’utilizzo nelle categorie a rischio; se a questo si aggiunge la non predicibilità dei risultati e un’innumerevole serie di complicanze (8-18), si comprende come il loro impiego debba essere limitato a casi selezionati. In particolare, nella mandibola atrofica l’uso degli impianti troncoconici di diametri standard spesso presenta problemi di inserimento chirurgico a causa dell’insufficiente volume osseo. Le aree atrofiche, normalmente molto mineralizzate e poco vascolarizzate, non si prestano alle varie tecniche di innesto per la possibilità di insuccesso e per l’alto costo biologico. L’EBM (Evidence Base Medicine) non valuta queste tecniche come sufficientemente predicibili (19-22). Un’alternativa a queste tecniche rigenerative nei distretti posteriori della mandibola con severo riassorbimento orizzontale e verticale e spessore osseo inferiore a 3 mm è rappresentata dall’uso di impianti di larghezza sottile o impianti a lama. La storia dell’impianto a lama nasce con Linkow e Roberts alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso come un impianto endosseo a moncone fisso con forme variabili a seconda dei siti ossei edentuli anatomicamente differenti. Nel corso degli anni, Leonard Linkow modificò e migliorò sia la forma che la superficie dell’impianto (23-26). Nel 1972 Ugo Pasqualini presentò alla comunità scientifica internazionale la “lama polimorfa”, l’unico impianto a poter essere modificato e modellato a seconda delle caratteristiche morfologiche dell’osso in cui deve essere inserito. L’impianto a lama polimorfa è un impianto monofasico con una parte emergente filettata che impedisce alle

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Rossi F. et al.

Maschi (59)

Femmine (83)

totaLe

ETà

N. IMPIANTI

% SUccESSO 5 ANNI

51-60

3

94,8

61-70

31

93,1

> 71

25

92,4

51-60

12

95,3

61-70

39

94,6

> 71

32

92,7

142

93,8

sollecitazioni meccaniche esterne (deglutizione, lingua e muscoli masticatori) di raggiungere le strutture sommerse. Così scriveva il Prof. Pasqualini (1972): «Le migliori condizioni per la rapida guarigione delle ferite chirurgiche necessarie per l’inserimento degli impianti ed il ripristino di tessuto osseo intorno, al di sopra ed attraverso i manufatti scheletrati, si verificano solo quando essi siano stati completamente sommersi, senza comunicazioni con l’esterno. E ciò non tanto per eliminare il paventato e in realtà inesistente pericolo di contaminazioni microbiche, ma per escludere il braccio di leva dei monconi esterni, che trasmetterebbe alla parte interna pericolose sollecitazioni meccaniche, sottoponendole a continue mobilizzazioni che potrebbero compromettere l’evoluzione dell’osteogenesi includente(leggi osteointegrazione)» (27-30). L’intervento classico di inserimento dell’impianto a lama è eseguito a lembo aperto per visualizzare la cresta ossea in cui viene poi praticato un solco sagittale per l’alloggio della parte sommersa della lama (minimo spessore osseo utilizzabile 2 mm). I solchi si preparano con fresa a fessura (a seconda della lunghezza del gambo) montata su turbina ad alta velocità. I solchi devono accogliere tutta la porzione endo-ossea della lama. La fresatura dell’osso richiede il contemporaneo raffreddamento del sito chirurgico con soluzione fisiologica. La lama viene posizionata manualmente nel solco e poi bloccata in posizione con un delicato martellamento con scalpello. La lama va sommersa almeno 2 mm al di sotto della cresta ossea, in modo da essere poi completamente ricoperta da tessuto osseo durante il periodo di guarigione (31-33). Questa tecnica richiede notevole abilità chirurgica, al fine di ottenere un taglio accurato e preciso. Per superare le problematiche correlate ad eventuali errori dell’operatore e movimenti del paziente e migliorare e semplificare l’incisione dell’osso, Linkow consiglia di eseguire una serie di forellini sulla corticale superficiale per poi unirli più con la fresa a fessura. La nostra scuola consiglia l’uso della ruota di Geyer, che è una fresa per contan-

112

% SUccESSO AvG 93,4

taB. 1 tabella riassuntiva dei 142 casi trattati con lame in atrofia distale mandibolare.

94,2

golo a bassa velocità, costituita da un disco dentato di 1 mm di spessore e di 5 mm di diametro: si utilizza per tracciare lungo la corticale ossea un solco di invito alla fresa a fessura che poi dovrà estenderlo in profondità (34-36). Recentemente, grazie alla chirurgia piezoelettrica, l’inserimento di un impianto a lama è diventato più preciso e più sicuro perché i tessuti molli profondi, in particolare le componenti vascolo-nervose del canale mandibolare, non vengono lesi (37-38). È stato ideato un protocollo utilizzando dispositivi di chirurgia ultrasonica, ed al fine di valutarne i vantaggi riguardo sicurezza e precisione di taglio, è stato effettuato uno studio multicentrico.

MATERIAlI E METODI Lo studio multicentrico è stato condotto in cinque studi privati italiani (Busto Arsizio, Milano, Torino, Como e Trento) su 142 pazienti con atrofie edentule posteriori della mandibola (Tab. 1), per un periodo compreso tra il 2005 al 2008 con il follow up a 5 anni nel 2013. Lo studio è stato eseguito in accordo con i parametri etici tracciati dalla Dichiarazione di Helsinki ed stato firmato dai pazienti un consenso informato prima che gli stessi fossero inclusi nella ricerca. I criteri di inclusione sono stati i seguenti: atrofie edentule delle aree posteriori della mandibola richiedenti riabilitazioni implanto-supportate. Tutti i casi sono stati eseguiti con la medesima procedura operativa. L’anestesia locale è stata eseguita iniettando una dose ridotta (0,90 ml x 1) di articaina 40 mg/ml con adrenalina al 1:100.000 vestibolarmente e lingualmente alla cresta ossea oppure con l’uso dell’anestesia intraligamentosa (Peripress) lungo il decorso della cresta edentula stessa (39). Queste anestesie topiche consentono al paziente di mantenere una sensibilità profonda in vicinanza del decorso del nervo mandibolare, permettendo il rispetto assoluto della struttura vascolo-nervosa. L’anestesia loco-regionale è assolutamente controindicata come in qualsiasi altra procedura implantare.

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Protocollo per l’inserimento di impianti a lama tramite chirurgia piezoelettrica

Procedura chirurgica

Il lembo di apertura va eseguito in cresta senza incisioni di rilascio verticali, in modo da fornire un adeguato apporto sanguigno all’osso e consentire di osservare direttamente l’intera morfologia e topografia dell’osso stesso. Esposto l’osso, si scollano e si ribaltano delicatamente i tessuti mucoperiostei con lo scolla-periostio. Si crea la breccia chirurgica in cui inserire l’impianto con l’inserto piatto seghettato (ES071) dell’apparecchio Ultrasonic Bone Surgery (Italia Medica Srl; Milano). Dopo un’analisi radiografica e anatomica mediante OPT e TC Cone Beam si decide di introdurre un impianto a lama di lunghezza adeguata (nel caso presentato, 12 mm di lunghezza). Il solco chirurgico deve avere i seguenti requisiti: una lunghezza pari o leggermente maggiore alla lunghezza mesio-distale dell’impianto selezionato, una larghezza in senso vestibolo-linguale lievemente inferiore allo spessore del bordo superiore dell’impianto scelto (spessore della spalla della lama 1,4 mm, spessore del margine inferiore 0,5 mm), così da rendere impossibile l’inserimento passivo dello stesso nel solco, se non per qualche millimetro, in modo che, dopo l’inserimento a percussione (press- fit), si abbia una stabilità primaria immediata. La profondità deve essere pari all’altezza della lama misurata dal suo margine inferiore fino alla base del moncone protesico avvitabile. L’altezza delle lame in commercio generalmente varia da 5 a 12 mm (nel caso documentato è pari a 9 mm). Il solco viene preparato tramite un inserto seghettato del dispositivo piezoelettrico e l’impianto a lama viene inserito nello stesso solco, affondandolo con apposito scalpello. La spalla dell’impianto deve affondare di almeno 2 mm al

di sotto del margine della cresta ossea. La mucosa viene poi suturata con punti staccati (40).

Procedura postchirurgica

Nel nostro studio multicentrico sono stati usati impianti monofasici a lama polimorfa a moncone avvitabile approvati con certificazione CE 0301, Lama singola CE 0476, Lama mini CE 0476, Lama con doppio abutment CE 0068/QCO- DM038-2009, validati nell’Unione Europea. Dopo un periodo di almeno 3 mesi sono state rimosse le cappette di guarigione, posizionati gli abutment definitivi e si è proceduto alla protesizzazione che può coinvolgere anche un elemento naturale quale pilastro portante quando non è possibile collegare la lama con altro impianto (l’ADA, American Dental Association ha stabilito la validità di questa procedura) (41). Si fa notare che nel 2013 l’FDA (Food and Drug Administration) negli Stati Uniti ha proposto la riqualificazione dell’impianto a lama, portando il rischio chirurgico dal grado 3 al grado 2 come per tutti gli altri impianti standard troncoconici (42).

DEScRIzIONE DEl cASO clINIcO Riportiamo il caso di un paziente di sesso femminile, di anni 46, con grave atrofia emi-mandibolare destra. La Tac evidenza la grave atrofia del distretto edentulo con presenza dell’ottavo incluso e di un residuo radicolare anchilosato asintomatico, che, per volontà della paziente, sono stati mantenuti (Fig. 1). Dopo i controlli millimetrici per la scelta della lama polimorfa specifica

FiG. 1 in alto sezioni seriate della tac che evidenziano l’atrofia ossea. in basso l’oPt. Le frecce gialle delimitano la zona di impianto e nell’oPt l’ottavo incluso e l’anchilosi radicolare.

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Rossi F. et al.

per il sito ricevente e scollato il lembo, è stata eseguita l’osteotomia usando esclusivamente l’inserto ES071 applicato allo strumento piezoelettrico per chirurgia ad ultrasuoni. Questa metodica chirurgica ha permesso un taglio selettivo micrometrico preciso e sicuro (Fig. 2), permettendo una buona visione del campo operatorio. Inoltre la guarigione del tessuto osseo e dei tessuti molli è avvenuta priva di alcun tipo di complicazione e con minimo dolore. Dopo un periodo di guarigione di 3 mesi, sufficiente per avere una completa osteointegrazione, si è passati alla riabilitazione protesica includendo due elementi naturali precedentemente trattati endodonticamente (Fig. 3). Il follow-up a 5 anni evidenzia il buon mantenimento dei tessuti perimplantari e del parodonto degli elementi naturali grazie ai controlli periodici che hanno permesso un’igiene congrua e mantenuto una stabile armonia occlusale. FiG. 2 in alto a sinistra l’inserto “seghettato” mentre lavora in profondità. a destra la silhouette della lama polimorfa a moncone avvitabile osteointegrabile di Pasqualini appena inserita. in basso lo splendido taglio ed il corretto inserimento dell’impianto. FiG. 3 in alto la protesi definitiva in oro porcellana. in basso controllo radiografico finale (2008).

FiG. 4 il comportamento dei tessuti molli a 5 anni e la radiografia, testimoniano lo stato di salute della riabilitazione implantoprotesica con lama ed elementi naturali (2013).

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DIScUSSIONE E cONclUSIONI L’impianto a lama rappresenta un’evoluzione implantoprotesica introdotta alla fine degli anni ‘60 ed ebbe il suo massimo sviluppo nel decennio successivo, durante il quale fu modificato e migliorato assumendo per un certo periodo il ruolo di sistema implantare più diffuso al mondo. In seguito all’avvento degli impianti troncoconici, l’utilizzo delle lame è andato in progressivo disuso. Solo pochi operatori utilizzano ancora tale tecnica, che rappresenta una procedura d’elezione per successo ed affidabilità nelle zone atrofiche edentule nei settori distali della mandibola, senza escludere però l’utilità delle tecniche d’inserimento di impianti bifasici. Non si escludono ottimi risultati degli impianti a lama anche in settori con grave deficit di spessore osseo del mascellare superiore (43-45). La tecnica chirurgica classica rimane una tecnica complessa, nella quale anche un lieve errore può portare ad insuccessi. Gran parte degli insuccessi descritti in letteratura con impianti a lama, infatti, sono legati all’uso improprio della tecnica che necessita di una adeguata selezione del paziente e di una rigida osservanza dei principi della procedura chirurgica. Se utilizzati in modo appropriato e nelle condizioni di atrofia di spessore per le quali è stata ideata, gli impianti a lama offrono successi (46, 47). Queste difficoltà sono notevolmente ridotte con l’introduzione della piezochirurgia. In sintesi i vantaggi dell’osteotomia piezoelettrica possono essere: minore invasività, facilità di tagli micrometrici e selettivi, vantaggio dell’effetto di cavitazione, estrema precisione e sicurezza con il rispetto dei tessuti molli (in particolare delle componenti vascolo-nervose) e riduzione del riscaldamento dei tessuti, sempre mantenendo costante il flusso di soluzione fisiologica e limitando la pressione dell’inserto durante l’utilizzo. In aggiunta, viene fornita una massima visione del campo operatorio, diminuzione dei tempi di riabilitazione e riduzione del dolore. Si sottolinea come con-

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Protocollo per l’inserimento di impianti a lama tramite chirurgia piezoelettrica

dizione sfavorevole l’allungamento dei tempi operativi, che richiedono sensibilità e pazienza sia da parte del chirurgo che dello stesso paziente. Il maggior comfort operativo compensa ampiamente l’allungamento dei tempi chirurgici.

RINGRAzIAMENTI Nello studio multicentrico hanno partecipato i Dottori: Luca Dal Carlo, PierAngelo Manenti, Enrico Belotti, Lucio Bilucaglia, Enrico Moglioni, Federico Meynardi, Marco Gnalducci, Emanuele Morella, Giancarlo Cortese, Giorgio Galassi, Michele Nardone, Francesco Grecchi che ringraziamo.

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Dipartimento di Protesi, Università di Milano, Scuola di odontoiatria, Clinica odontoiatrica, ospedale S. Paolo, Milano Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova 3 Dipartimento di Neuroscienze, Università di Padova 4 Dipartimento di odontoiatria Generale, Facoltà di Medicina e odontoiatria, Università di Murcia, Murcia, Spagna § Questi autori hanno contribuito al lavoro nella stessa misura 2

Proprietà osteogenetiche di un idrogel a base di polietilenglicole to CItE tHIS ARtICLE Lops D, Ferroni L, Gardin C, Ricci S, Guazzo R, Sbricoli L, Romeo E, Calvo-Guirado JL, Bressan E, Zavan B. osteoproperties of polyethylene glycol hydrogel material. J osseointegr 2014;6(3):61-5.

Riassunto scopo Scopo del presente progetto è stato testare in vitro il potenziale osteogenetico di un idrogel a base di polietililenglicole (PEG) mediante l’utilizzo di cellule staminali adulte al fine di poterlo utilizzare come membrana biodegradabile per la rigenerazione guidata dell’osso (GBR). Materiali e metodi Cellule mesenchimali staminali adulte derivanti da tessuto adiposo (ADSCs) sono state isolate, caratterizzate e seminate sull’idrogel. Dopo 15 giorni di coltura sul biomateriale la morfologia delle cellule è stata analizzata al miscroscopio elettronico (SEM), mentre il loro differenziamento in senso osteogenetico è stato valutato mediante espressione genica con tecniche di biologia molecolare. Infine la sicurezza del biomateriale e quindi la capacità di indurre mutazioni è stata valutata con teniche di citogenetica molecolare (CGH array). Risultati I risultati in vitro hanno confermato che le ADSCs sono in grado di aderire all’idrogel e di differenziarsi in un fenotipo osteocitario. La sicurezza biologica del materiale è stata infine confermata dall’assenza di mutazioni rilevate nel DNA delle cellule coltivate. Conclusioni L’idrogel a base di PEG, caricato con cellule staminali adulte, dimostra avere proprietà osteogeniche e dunque rappresenta un materiale utilizzabile come membrana nei trattamenti di rigenerazione ossea.

PARoLE CHIAvE Cellule staminali adipose, Idrogel, osteogenesi, PEG, Rigenerazione ossea guidata.

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intRoDuzione Il trattamento dei difetti ossei rappresenta una grande opportunità nel campo della chirurgia orale e dell’ortopedia. Sebbene esistano numerose tecniche per la ricostruzione, molte di queste presentano alcune limitazioni. Alla classica tecnica che prevede l’utilizzo di sostituti ossei autologhi, eterologhi o sintetici per la riparazione dei difetti ossei (1-4) si affianca la strategia che prevede la creazione di una sorta di “tasca biologica”, in cui inserire il biomateriale necessario per la rigenerazione e la successiva applicazione della membrana deputata alla sua chiusura (1-3). Le membrane utilizzate a tale scopo devono possedere proprietà osteoinduttive, osteogeniche ed angiogeniche (1-4). Un’altra caratteristica che devono possedere, per poter essere utilizzate nel processo di rigenerazione guidata dell’osso (GBR), è quella di fungere da barriera per impedire l’invasione dei tessuti molli nella tasca per la rigenerazione ed interferire, dunque, nella formazione del tessuto osseo (5-7). In commercio sono presenti membrane di diversa origine e composizione e possono essere sia in forma non riassorbibile (per esempio politetrafluoruro di etilene espanso) che riassorbibile (per esempio acido polilattico, collagene). Il principale vantaggio rappresentato dalle membrane riassorbibili è che non richiedono un secondo intervento di chirurgia per la loro rimozione. La maggior parte delle membrane disponibili nel mercato hanno lo svantaggio, tuttavia, di non raggiungere facilmente le dimensioni e le forme richieste durante l’intervento. La possibilità di avere a disposizione una membrana che si possa applicare in forma liquida, solidificandosi poi nel sito da rigenerare potrebbe offrire numerosi vantaggi, soprattutto nei casi difficili come quando è necessario avere membrane con forme complicate (per esempio quando devono essere utilizzate attorno ad un impianto) o in siti che sono difficili da raggiungere (8). Alla luce di tali osservazioni, recentemente è stato svi-

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luppato un idrogel a base di polietilenglicole (PEG) che presenta un elevato grado di biocompatibilità e dunque trova grandi applicazioni nel campo dei dispositivi medicali (9). In studi su modello animale sono state utilizzate membrane a base di PEG al fine di valutarne la capacità di fungere da barriera selettiva (10). Analisi istologiche hanno dimostrato che tali membrane sono in grado di impedire le infiltrazioni cellulari fino a 4 mesi. Ad oggi, non sono ancora disponibili dati sulle capacità osteoinduttive di tale materiale. A tal fine, nel presente lavoro sono state utilizzate cellule staminali mesenchimali derivanti da tessuto adiposo al fine di valutare le proprietà osteogenetiche di un idrogel a base di PEG. Le cellule staminali sono state isolate e, dopo la loro semina sul biomateriale, si è proceduto ad analizzarne la vitalità, il differenziamento in senso osteogenetico e la sicurezza genetica in termini di potenziali mutazioni a livello di DNA. L’analisi morfologica delle cellule seminate sul biomateriale è stata inoltre condotta mediante analisi al microscopio elettronico (SEM).

test di proliferazione

MateRiaLi e MetoDi

Real-time PCR

biomateriale

Le colture cellulari sono state condotte su un supporto a base di PEG (Institut Straumann AG, Basilea, Svizzera). Tale idrogel è composto da due tipoloige di PEG; le singole molecole, disciolte nel loro specifico buffer, una volta mescolate si solidificano entro 20-50 minuti a temperatura ambiente.

Colture cellulari

Le ADSCs sono state isolate dal tessuto adiposo derivante da 5 donatori sani di sesso femminile e 5 di sesso maschile (età: 21-36; BMI: 30-38) che si erano sottoposti a procedure di chirurgia estetica in accordo alle linee guida della Clinica di Chirurgia Plastica dell’Università di Padova. Il tessuto adiposo è stato digerito e le cellule isolate, amplificate e seminate sul biomateriale secondo i protocolli precedentemente pubblicati (11).

gene

Il test di proliferazione è stato effettuato mediante la valutazione del contenuto di DNA nelle cellule che è stata effettuata a tempi prefissati: 3, 7 e 15 giorni dalla data di semina in presenza di terreno non differenziativo. Il DNA è stato estratto utilizzando il kit DNeasy Blood & Tissue Kit (Qiagen, Hilden, Germania). Il DNA è stato quantificato spettrofotometricamente mediante la misurazione dell’assorbanza a 260 nm. Il numero delle cellule è stato determinato mediante la costruzione di una curva standard (µg di DNA rispetto numero di cellule).

Microscopia elettronica a scansione (seM)

I campioni sono stati fissati per 1 ora in glutaraldeide al 2,5% addizionata con buffer cacodilato 0,1 M, successivamente sono stati trattati con esameildisilazano e seccati per poi procedere al rivestimento con oro. Tutte le immagini sono state acquisite al microscopio JEOL 6360LV SEM (JEOL, Tokyo, Giappone) a 20 kV. L’analisi è stata condotta presso il centro interdipartimentale C.U.G.A.S. (Università di Padova). Per la sintesi della prima elica di cDNA, 800 ng di RNA totale derivante da ogni campione è stato retrotrascritto con M-MLV Reverse Transcriptase (Invitrogen, Carlsbad, CA, USA), seguendo le indicazioni del fornitore. I primer umani sono stati disegnati per ogni gene target mediante l’utilizzo del software Primer 3 software (Tab. 1). La Realtime PCR è stata condotta con lo strumento Rotor-Gene 3000 (Corbett Research, Sydney, Australia) utilizzando come condizioni: 15 min di denaturazione a 95°C; 40 cicli di 15 sec di denaturazione a 95°C; fase di appaiamento dei primer per 30 sec a 60°C; e 20 sec di fase di allungamento a 72°C. I valori sono stati normalizzati sull’espressione dell’enzima glyceraldehyde-3-phosphate dehydrogenase (GAPDH). Gli esperimenti sono stati condotti con 3 diverse preparazioni cellulari e ripetuti almeno 3 volte.

array Cgh (Comparative genomic hybridization)

L’Array CGH è stato condotto utilizzando lo stumento

FoR (5’ - 3’)

Rev (5’ - 3’)

Lungh. PRoDotto (bP)

osteonectina

TGCATGTGTCTTAGTCTTAGTCACC

GCTAACTTAGTGCTTACAGGAACCA

186

osteopontina

TGGAAAGCGAGGAGTTGAATGG

GCTCATTGCTCTCATCATTGGC

192

Collagene di tipo 1

TGAGCCAGCAGATCGAGA

ACCAGTCTCCATGTTGCAGA

178

CD31

TCCAGCCAACTTCACCATCC

TGGGAGAGCATTTCACATACGA

171

GCTTCACTTACGTTCTGCATGA

CCTTCACTCGGACACACTCATTG

174

TCAACAGCGACACCCAC

GGGTCTCTCTCTTCCTCTTGTG

203

von Willebrand Factor GAPDH tABLE 1 Sequenze dei primer.

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Proprietà osteogenetiche del polietilenglicole

Agilent Human Genome CGH Microarray 4x44K Kit (Agilent Technologies, Palo Alto, CA, USA) con risoluzione di 43 kb. Colorazione e ibridazione sono state effettuate secondo i protocolli forniti da Agilent, mentre l’interpretazione dei dati e la rappresentazione grafica è stata condotta utilizzando il software CGH analytics software (v3.1) (Agilent Technologies, Santa Clara, CA, USA).

RISULTATI Proliferazione cellulare e morfologia

Le cellule staminali sono in grado di proliferare una volta seminate sul biomateriale a base di PEG incrementando di numero, come chiaramente riportato nella figura 1. Le immagini al SEM, acquisite 3 ore dopo la semina, rivelano che le cellule cominciano ad aderire al substrato (Fig. 2A). Dopo 15 giorni di coltura in vitro in assenza di terreno differenziativo le cellule formano un continuo strato di cellule con morfologia tipicamente osteoblastica (Fig. 2B).

FIG. 1 Test di proliferazione delle ADSC seminate su scaffolds a base di PEG. La proliferazione cellulare è stata condotta mediante misura del contenuto in DNA delle cellule a tempi prefissati: 3, 7 e 15 giorni dopo la semina in terreno non differenziativo.

Espressione genica

L’analisi con Real-time PCR è stata condotta sulle colture tridimensionali di cellule ADSCs coltivate in presenza di fattori osteoinduttivi, vasculogenici o non differenziativi. Quando le cellule sono coltivate in terreno non differenziativo esprimono un profilo osteoblastico ben definito come chiaramente riportato nella figura 3 (barre verdi). L’espressione di osteonectina, osteopontina, osteocalcina e collagene di tipo 1 è infatti assolutamente comparabile con i valori ottenuti quando le cellule vengono coltivate in presenza di terreno osteogenico (Fig. 3, barre blu). Questi risultati confermano che la FIG. 2 Analisi al SEM di ADSC seminate su idrogel a base di PEG dopo 3 ore dalla semina (A) e dopo 15 giorni (B). FIG. 3 Real time PCR di ADSC coltivate sull’idrogel a base di PEG per 15 giorni in presenza di terreno osteogenico (barre blu), standard (barra verde) o vasculogenico (barra arancio). Si riporta l’espressione dei marcatori osteogenici (osteonectina, osteocalcina e collagene di tipo 1) e di quelli vasculogenici (CD31 e von Willebrand Factor).

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presenza del solo idrogel è in grado di indurre il differenziamento osteocitario delle cellule staminali. Quando si procede a coltivare le ADSCs nell’idrogel a base di PEG con terreno vasculogenico (Fig. 3, barre arancio) si osserva l’espressione di marcatori vascolari come CD31 e von Willebrand Factor, marcatori che invece non si osservano quando le cellule sono coltivate in terreno non differenziativo.

array Cgh analysis

Al fine di identificare la presenza di alterazioni a livello

FIG. 4 Array CGH delle colture di ADSC su idrogel a base di PEG dopo 15 giorni di coltura. Le cellule sono state isolate da 2 donatori e coltivate sul biomateriale in terreno osteogenico (A, B), standard (C, D) o vasculogenico (E, F). Le figure riportano una regione rappresentativa dell’intero genoma analizzato, in particolare è riportata la regione dell’oncogene p53 (indicata dall’ovale rosso).

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di DNA, si è proceduto ad analizzare il contenuto genetico delle cellule dopo 15 giorni di coltura su biomateriale a base di PEG. Come riportato nella figura 4 non si osserva alcuna alterazione cromosomica in nessuna popolazione cellulare, confermando la sicurezza biologica dello scaffold.

DisCussione e ConCLusioni Ad oggi la terapia implantare si è rivelata uno strumento estremamente importante nel processo di riabilitazione in caso di perdita dei denti. L’introduzione di impianti osteointegrati in odontoiatria rappresenta un evento di fondamentale importanza nella pratica clinica, grazie soprattutto alla loro elevata capacità di offrire una completa riabilitazione a pazienti con parziale o totale edentulia. Tuttavia non sempre è possibile posizionare impianti dentali da subito (12-14). Come principio generale nella chirurgia protesica, la superficie implantare dovrebbe essere completamente circondata da osso alveolare, ma a volte, a seguito di limitazioni protesiche o anatomiche, non è possibile inserire l’impianto nell’osso. Numerose tecniche vengono attualmente utilizzate per la ricostruzione di osso alveolare danneggiato, una di queste è rappresentata dalla GBR. In molti casi di GBR, le membrane utilizzate sono supportate da materiale protettivo che può essere sintetico, autologo e di origine animale (15). In questo contesto, recentemente è stato sviluppato un nuovo materiale biocompatibile, occludente il passaggio cellulare e biodegradabile a base di PEG che si presenta in una forma liquida iniziale al fine di adattarsi al meglio al sito anatomico per poi solidificarsi velocemente in un secondo momento (16). Alla luce di tali considerazioni, nel presente studio abbiamo rivolto la nostra attenzione ad analizzarne le proprietà osteogenetiche mediante analisi con cellule mesenchimali staminali derivanti da tessuto adiposo. I test di proliferazione cellulare basati sulla quantificazione del DNA hanno confermato che le cellule staminali seminate sul biomateriale a base di PEG incrementano di numero e danno origine a un tessuto vitale. Le immagini morfologiche al SEM dimostrano che le cellule aderiscono alla superficie dello scaffold e formano uno strato cellulare. La capacità osteogenetica del materiale, e dunque la sua capacità a rigenerare osso, è stata analizzata mediante la valutazione dell’espressione genica di marcatori ossei (11). In particolare l’analisi molecolare ha confermato la presenza di produzione di componenti di matrice extracellulare come collagene di tipo 1 necessario per la formazione di nuclei di cristalli di idrossiapatite e di osteonectina e osteoclacina fondamentali per l’interazione tra cellule e matrice ossea già dopo 15 giorni dalla semina sul biomateriale. In particolare si osserva che la produzione di tali marcatori avviene in grandi quantità anche in assenza di fattori

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Proprietà osteogenetiche del polietilenglicole

di crescita osteoinduttivi, confermando la capacità del biomateriale da solo a indurre il differenziamento osteocitario. Il materiale, inoltre, è in grado di supportare il differenziamento vasculogenico in presenza di fattori vasculogenici. La sicurezza biologica è stata inoltre valutata con la tecnica di citogenetica molecolare del CGH array diretta a valutare abberrazioni cromosomiche in termine di incremento o riduzione di DNA dai cromosomi (11). Si è proceduto quindi ad analizzare il DNA delle colture fino a 15 giorni sull’idrogel al fine di valutare se questo inducesse alterazioni genetiche (17). I risultati ottenuti hanno dimostrato che il materiale è in grado di supportare il differenziamento cellulare delle staminali garantendone la totale sicurezza in termini di stabilità cromosomica.

RingRaziaMenti Questa ricerca è stata supportata dai fondi dell’Università di Padova, Progetto di Ateneo di Barbara Zavan.

DiChiaRazione Gli autori dichiarano che non c’è conflitto di interesse.

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1 Avulsione di 2.6 e 2.7, grande rialzo di seno e impianti con protesizzazione a distanza. Rifacimento della corona di 2.4 2 Avulsione di 2.4, 2.6 e 2.7, inserimento successivo, di 2 impianti, ponte fisso avvitato di 2.4, 2.5, 2.6

CASI AL BIVIO

LA SCHEDA SITUAZIONE CLINICA INIZIALE Paziente maschio di 68 anni. Non fumatore. Mobilità dei denti di supporto protesico.

ESAMI STRUMENTALI OPT, Rx endorali e CBCT. POSSIBILI SOLUZIONI TERAPEUTICHE 1 Avulsione di 2.6 e 2.7, grande rialzo di seno e

successivo inserimento di impianti con protesizzazione a distanza; rifacimento corona di 2.4. 2 Avulsione di 2.4, 2.6 e 2.7 e inserimento ritardato di 2 impianti, ponte degli

SITUAZIONE CLINICA INIZIALE

ESAMI STRUMENTALI

Paziente: RA, di sesso maschile, età 68 anni, nessuna patologia generale, non fumatore. Il paziente è giunto alla nostra osservazione per mobilità del ponte superiore sinistro e dolore alla masticazione, sospettando una semplice decementazione. L’esame obiettivo e il sondaggio rivelano invece la mobilità degli elementi di supporto. Vengono quindi eseguiti esami strumentali atti a evidenziare lo stato dei tessuti dentali e dei tessuti di sostegno. Il paziente viene comunque sottoposto ad un ciclo di terapia causale della parodontite, con rivalutazione prima dell’inserimento degli impianti.

Radiografia panoramica, radiografie endorali. Si evidenzia un riassorbimento osseo di grado elevato a carico dei settori corrispondenti a 2.6 e 2.7, con una compromissione del supporto parodontale dei due molari. Anche il premolare 2.4, elemento di ponte, presenta un difetto osseo distale e mobilità di grado 2-3. L’esame rx evidenzia inoltre la presenza del seno mascellare in stretto contatto con le radici degli elementi dentari diatorici. Allo scopo di valutare meglio l’anatomia della sede e la soluzione più idonea da adottare, è stata eseguita una cone beam tomography (CBCT).

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elementi 2.4, 2.5, 2.6. SOLUZIONE TERAPEUTICA ADOTTATA Avulsione di 2.4, 2.6 e 2.7, inserimento successivo di 2 impianti ponte di 3 elementi.

FIG. 1 Rx endorale iniziale.

L’esame ha evidenziato i seguenti elementi critici: estrema sottigliezza dell’osso residuo in sede molare con qualità ossea molto scarsa; segni di infiammazione della mucosa sinusale; irregolarità dei profili ossei con grave riassorbimento osseo crestale.

123


CASI AL BIVIO

CASI AL BIVIO

FIG. 3 CBCT con pianificazione dei 2 impianti. FIG. 2 CBCT: sezione ossea in sede molare.

SOLUZIONI TERAPEUTICHE PRESE IN CONSIDERAZIONE Gli elementi dentari 2.6 e 2.7 appaiono irrecuperabili ed esistono dubbi riguardo la prognosi del premolare 2.4 con mobilità e sondaggi parodontali profondi, specie in sede distale. Il paziente esprime la volontà di ripristinare gli elementi dentali secondo una soluzione fissa. Questo tipo di soluzione poteva a nostro avviso essere perseguita secondo 2 modalità principali: 1) Avulsione degli elementi dentari 2.6 e 2.7, applicazione di una protesi removibile provvisoria, esecuzione differita di un intervento di grande rialzo di seno e successivo inserimento degli impianti con conseguente protesizzazione a distanza di un idoneo tempo di attesa. Rifacimento della corona sul 2.4, previa terapia parodontale e provvisorizzazione. 2) Avulsione di 2.4, 2.6 e 2.7 e inserimento successivo, a guarigione avvenuta, di 2 impianti di cui uno inclinato (tilted implant) in sede distale. Esecuzione di un ponte fisso avvitato di tre elementi (2.4, 2.5, 2.6).

SOLUZIONE TERAPEUTICA ADOTTATA Allo scopo di ottenere una maggiore

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FIG. 4 CBCT con visione rendering.

sicurezza nell’esito delle chirurgie e di contrarre al massimo i costi e i tempi totali del trattamento, è stata scelta la seconda soluzione. In particolare, un intervento di grande rialzo di seno, tecnicamente possibile, presenta due difficoltà evidenti: 1) Difficoltà anatomiche e fisiologiche dovute all’estrema atrofia e situazione clinica della mucosa sinusale. Anche nel caso di risoluzione della patologia sinusale, permane il rischio di insuccesso costituito dall’estrema atrofia ossea. 2) Difficoltà procedurali dovute ai tempi estremamente lunghi del trattamento e delle molte fasi chirurgiche previste.

3) Prognosi incerta del premolare 2.4. Il mantenimento di questo premolare comporterebbe una serie di interventi chirurgici e protesici per prolungarne la permanenza. L’estrazione del 2.4, di per sé discutibile, consente tuttavia di evitare il grande rialzo di seno, grazie alla possibilità di inserire gli impianti con tecnica inclinata in osso nativo. La soluzione adottata ha quindi previsto l’inserimento di due fixture, di cui una in sede postestrattiva 2.4 e una inclinata con un angolo di circa 30° per consentire una emergenza in sede 1.6. Questo tipo di soluzione elimina di fatto l’effetto cantilever e consente

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CASI AL BIVIO

FIG. 5 Radiografia postoperatoria con i due impianti e meso-strutture in sede.

FIG. 6 Aspetto dei tessuti molli al termine del periodo di osseointegrazione.

di realizzare una protesi fissa avvitata mediante un’apposita sistematica protesica attraverso meso-strutture dedicate. In particolare sono stati usati 2 impianti Bone level Straumann da 4.1 mm di diametro e 10 e 12 mm di lunghezza. Entrambi gli impianti hanno superato, all’atto dell’inserimento, 35 N/cm di torque. Gli impianti sono stati immediatamente dotati di apposite meso-strutture, dette “multibase”, per consentire il parallelismo delle componenti avvitate. Non è stato previsto alcun tipo di provvisorio, in accordo con il paziente. La sistematica multi-base consente di rendere paralleli tra loro due o più impianti con inclinazioni grazie a mesostrutture che consentano l’applicazione di protesi avvitate, sia provvisorie che definitive. La stabilità primaria ottenuta e il tipo di superficie implantare consentono di passare alla protesizzazione definitiva dopo 45 giorni dalla chirurgia, secondo il cosiddetto protocollo early loading. In questo modo il tempo totale del trattamento, i costi e la morbilità risultano estremamente contenuti rispetto alle altre possibili soluzioni. Al termine del periodo di integrazione, è stata realizzata e consegnata una protesi fissa avvitata di 3 elementi in metalloceramica. I tessuti molli, grazie all’applicazione

FIG. 7 Ponte in metalloceramica avvitato, in sede.

FIG. 8 Ponte in visione occlusale.

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CASI AL BIVIO

FIG. 9 Radiografia endorale finale.

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CASI AL BIVIO

CASI AL BIVIO

immediata delle meso-strutture, appaiono stabili e privi di segni di infiammazione.

CONCLUSIONI Il ricorso alla chirurgia avanzata, alla chirurgia di innesto in particolare, deve sempre essere valutato attentamente al fine di ricercare soluzioni più semplici, meno rischiose e dall’esito più prevedibile, specie in quei pazienti in età avanzata e che presentino segni di patologia infiammatoria delle sedi riceventi. Tra le alternative, specie nel caso delle sedi mascellari latero-posteriori, gli impianti inclinati possono rappresentare una possibilità concreta, purché stabiliti da un protocollo di studio scrupoloso della sede ricevente e della protesi attuabile alla fine. Il ricorso ad impianti inclinati non rappresenta infatti una deroga alla regola che gli impianti vengano inseriti in maniera “protesicamente guidata”. Riassumendo, nel caso in oggetto sono stati determinanti ai fini della scelta i seguenti fattori. 1) Grado di compromissione della sede ricevente a causa dell’atrofia crestale e del volume del seno mascellare. 2) Presenza di ispessimento della mucosa sinusale di origine infiammatoria. 3) Possibilità di conseguire sufficiente stabilità primaria tale da

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consentire un trattamento di tipo standard, senza prolungamento dei tempi di trattamento o di attesa. 4) Evidenze scientifiche riguardo le possibilità di conseguire una osseointegrazione degli impianti collocati con asse predeterminato con elevato grado di inclinazione. 5) Disponibilità di una sistematica chirurgica e protesica in grado di realizzare casi con impianti inclinati oltre 25°.

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DI FABIO, GALLO, PALERMO, ORTU, DEL FRA, DE VENDICTIS, DURONIO, LATINI, MARUCCI

Materiali e tecnologie odontostomatologiche 2a edizione

58,00 E

Manuale per l’esercizio della professione odontoiatrica

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agenda NOVEMBRE

8

6

PaROdONtOLOGia NON chiRuRGica (cORsO tEORicOPRaticO)

San Benedetto del Tronto (AP) Tel 0735781520 email iapnor@iapnor.org

8

La RiaBiLitaziONE OdONtOiatRica NEuROMiOfasciaLE

7

La PROtEsi tOtaLE La PROtEsi iMPLaNtaRE E iL RiEquiLiBRatORE OccLusaLE NEuROMiOfasciaLE RONMf iN LaBORatORiO San Benedetto del Tronto (AP) Tel 0735/781520 email iapnor@iapnor.org

7

LiVE suRGERY NEL tRattaMENtO dELLE PERiMPLaNtiti- dR cORRENtE PER iNfORMaziONi Torino acme Tel 0761/228317 Fax 0761/345971 info@edizioniacme.it

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Milano dr Garlini acme Tel 0761/228317 Fax 0761/3459714 info@edizioniacme.it

29

3 d daY siRiO

Milano sirio Milano - tel. 02.2047610 r.a. info@sirioradiologiadentale.it www.sirioradiologiadentale.it

dicEMBRE

19

Phd daY

Roma dip. scienze odontostomatologiche e maxillo-facciali, sapienza università di roma. segreteria Organizzativa Fasi srl Tel Tel 06/97605621

Torino acme Tel 0761/228317 Fax 0761/345971 info@edizioniacme.it

8

ii MEMORiaL GiORGiO VOGEL Roma siO www.psteointegrazione.it

Ottobre 2014; 6(3) © ariesdue

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Manuscript preparation Gli articoli scientifici del Journal of Osseointegration vengono pubblicati nella versione on line in lingua inglese della rivista su: www.journalofosseointegration.eu

The aim of the Journal of Osseointegration is to publish high quality contemporary, innovative and clinically relevant information in the implant dentistry field in an accurate and unbiased way. Only manuscripts dealing with basic research, biomaterials, tissue engineering techniques, clinical research and technical innovations, with well designed projects, conducted in a manner that follows sound scientific principles will be accepted. The statements and opinions contained in the articles published are solely those of the authors.

MAnuscRipt length

Papers submitted to the Journal of Osseointegration must be typed in a 12-point font and double-spaced; they should not exceed 20 typescript pages (including title page), plus a typical number of figures (about 10 to 15). Italian authors must also supply an Italian translation of the full text.

title pAge

Provide the following data on the titlepage (in the order given): title, author names, titles and affiliations (where the work was actually done), corresponding author (telephone and fax numbers, with country and area code, e-mail and complete postal address).

AbstRAct

Abstracts must not exceed 250 words and should be structured as follows: Aim, Materials and methods, Results, and Conclusion.

KeywoRds

Authors should list 4 to 6 keywords that appropriately represent the contents of the work.

heAdings

The component parts of the main text of a manuscript will normally be Introduction, Materials and methods, Results, and Discussion. Other parts of the manuscript will normally include a list of references, tables, figure legends, and figures.

studies involving AniMAls oR huMAns

Reprints Please order reprints to:

ARiesdue sRl

Via airoldi, 11 - 22060 Carimate (CO) Tel. +39(0)31792135 Fax +39(0)31790743 email: info@ariesdue.it www.ariesdue.it

130

When data from animal or human subjects are reported, approval of the protocol by an institutional committee is required and a statement should be included in the “Materials and methods” section of the text. For human subject data, an informed consent of the subjects should be also provided.

AKnowledgMents/disclosuRes

Grants, fellowships, and donations that funded (partially or completely) the research should be listed. Industrysponsored grants as well as information on the potential conflict of interest, or lack thereof, must be noted by the author

in the Disclosure section of the paper.

RefeRences

References should be listed according to the Vancouver style of referencing, that is numbered in sequence as they are cited in the text. They should be also included on a separate page in the manuscript. Examples for arranging the reference list. › JOurnals Mangano C, Scarano A, Perrotti V, Iezzi G, Piattelli A. Maxillary sinus augmentation with a porous synthetic hydroxyapatite and bovine-derived hydroxyapatite: a comparative clinical and histologic study. Int J Oral Maxillofac Implants 2007;22:980-6. › MOnOgraPhs Matthews DE, Farewell VT. Using and understanding medical statistics. Basel: Karger; 1985. › ediTed bOOks Piattelli A, Misch CE, Farias Pontes AE, Iezzi G, Scarano A, Degidi M. Dental Implant surfaces: a review. In: Carl E. Misch. Contemporary Implant Dentistry. Third edition. Mosby Elsevier 2008:599- 620. Authors will be responsible for the accuracy of the references both within the main text and the reference list.

tAbles And figuRes

Each table should be typed on a separate page at the end of the manuscript, and numbered consecutively. Be sparing in the use of tables and ensure that the data presented in tables do not duplicate results described elsewhere in the article. Figures, charts, and graphs should be professionally drawn. Text should be large enough to be read after reduction. Resolution must be at least 300 dpi when the image is 3 inches wide. Files saved in TIFF or JPEG format are preferred. Please do not send images embedded in word processing programs (eg, Word) or “office suite” programs (Excel, PowerPoint, etc). Figure legends should be typed as a group on a separate page at the end of the manuscript. There should be an individual legend for each illustration. Detailed captions are encouraged. For microphotographs, specify original magnification and stain.

© ariesdue Ottobre 2014; 6(3)


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