Guido Crocetti - Rebecca F. Gerbi - Sofia Tavella
PSICOLOGIA DELL’ACCUDIMENTO NELLE RELAZIONI DI AIUTO Manuale per operatori sanitari e socio-assistenziali
ARMANDO EDITORE
Sommario
Premessa
19
PARTE PRIMA: TEORICA
21
Capitolo I: Il destino del corpo nelle età della vita 1. Il linguaggio dei corpi 2. Il corpo nella relazione di cura Bibliografia
23 23 26 32
Capitolo II: Il corpo nel “campo giochi evolutivo” 1. Il corpo: dagli involucri sensoriali all’identità sessuale
33 34 34 36
1.1. Gli involucri sensoriali 1.2. Verso l’acquisizione del corpo sessuato
2.
Il corpo e la coscienza della morte: dalla perdita del legame alla morte fisica 2.1. Il contesto antropologico attuale 2.2. La graduale acquisizione della coscienza della propria morte
3.
L’attività ludica: verso l’educazione e la promozione del benessere 3.1. Le origini del gioco: spazio e tempo del gioco 3.2. Evoluzione e funzioni del gioco 3.3. La creatività come benessere
Bibliografia Capitolo III: Lo sviluppo psicologico del bambino 1. Nascita 2. L’equipaggiamento genetico del neonato 3. La crescita umana 4. Prima infanzia
39 39 40 42 43 45 46 47 48 48 49 50 50
5. 6. 7. 8.
Seconda infanzia Il periodo della scuola elementare L’adolescenza Livelli di sviluppo dall’infanzia all’adolescenza 8.1. 8.2. 8.3. 8.4. 8.5. 8.6. 8.7.
9.
Lo sviluppo sessuale Lo sviluppo percettivo Lo sviluppo cognitivo Lo sviluppo linguistico Lo sviluppo sociale Lo sviluppo morale Lo sviluppo affettivo
Dalla coppiamadre alla coppia genitoriale e i bisogni del bambino nelle diverse fasi evolutive 9.1. Dalla nascita agli otto/nove mesi: Il bambino acquisisce la postura eretta 9.2. Dagli otto/nove mesi ai tre anni: Il bambino entra nell’utero istituzionale: la scuola per l’infanzia 9.3. Dai tre ai cinque/sei anni 9.4. Dai cinque/sei anni ai nove/dieci anni
Bibliografia Capitolo IV: Corpo e malattia: gli aspetti psicologici del trauma 1. Il trauma 2. La Nevrosi traumatica 3. Il contributo di Freud: la teoria psicoanalitica del trauma 4. Il contributo di A. Freud 5. Il contributo di D. Winnicott 6. Il contributo di J. Bowlby 7. Il corpo ferito 7.1. Il messaggio della malattia 7.2. La riparazione del corpo
8. Il corpo e l’anima 9. L’altra faccia della malattia 10. Un corpo, non un contenitore 10.1. Il corpo che parla della malattia 10.2. Il senso della malattia e l’uso del corpo
Bibliografia
53 54 55 56 56 56 57 57 59 61 62 63 64 66 67 68 69 70 70 71 72 76 77 79 82 82 83 86 87 88 90 92 95
Capitolo V: Corpo abile e dis-abile in adolescenza 1. Lo sviluppo fisico in adolescenza 2. L’immagine del proprio corpo 3. La maturazione sessuale nel maschio e nella femmina 4. L’accettazione di se stessi 5. L’accettazione di un corpo dis-abile 6. La malattia (disabilità) rappresenta un trauma 7. Scoperta delle possibilità e dei limiti Bibliografia
96 98 99 100 101 101 102 104 106
Capitolo VI: Malattia, difese e strategie adattative 1. Le reazioni psicologiche del paziente alla malattia 2. I meccanismi di difesa 3. Il coping 4. Il controllo 5. Informazione e consapevolezza 6. La comunicazione di cattive notizie 7. La regressione
108 109 110 112 114 115 116 118 120 121 123 127
7.1. Il concetto di regressione nel pensiero di S. Freud 7.2. Il concetto di regressione nel pensiero di A. Freud 7.3. La posizione di D.W. Winnicott
Bibliografia Capitolo VII: Il fenomeno del burnout in ambito sanitario 1. Dallo stress lavorativo al burnout: l’origine del termine 1.1. Lo stress 1.2. Stress e lavoro sanitario 1.3. La sindrome del burnout: evoluzione e definizione del fenomeno
2. 3. 4. 5. 6.
I sintomi, segnali d’allarme, fattori di rischio e conseguenze del burnout Le cause del burnout: perché si sta diffondendo Le fasi del burnout Un profilo personologico dell’operatore in burnout Gli strumenti utilizzati per la diagnosi 6.1. Il Maslach Burnout Inventory (MBI) 6.2. L’Organizational Checkup System (OCS)
132 133 135 136 138 144 149 153 156 157 159 159
7. Per bloccare il burnout Bibliografia Capitolo VIII: La comunicazione terapeutica nella relazione di aiuto e nell’assistenza infermieristica 1. L’attenzione 1.1. Le microabilità 1.2. La Comunicazione Non Verbale (CNV)
2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.
Comunicazione sana L’ascolto attivo Il dilemma della comunicazione La comunicazione medico-paziente La formazione psicologica dell’équipe Le informazioni al paziente terminale Relazione infermiere-paziente e l’empatia La comunicazione con il paziente terminale oncologico La relazione infermiere-piccolo paziente 10.1. L’ assistenza infermieristica al bambino malato 10.2. Accudire un bambino malato di tumore 10.3. Bambini e adolescenti durante la fase terminale della malattia
Bibliografia
162 163
164 165 166 166 173 174 176 179 181 182 183 186 188 188 191 194 195
PARTE SECONDA: PRATICO-CLINICA
197
Capitolo I: Il bambino nato pre-termine: tra paure e attese P. FAGANDINI 1. Il mondo a parte della Neonatologia: i genitori 2. I sentimenti come strumento professionale nel lavoro sanitario 3. Il gruppo della Neonatologia Bibliografia
199 200 204 206 212
Capitolo II: Il bambino ospedalizzato: relazione di accudimento, paure e bisogni 213 1. La relazione di accudimento 213 2. Il bambino e l’ospedale 216
3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.
Il piccolo paziente e la malattia L’adattamento alla malattia Il bambino e il piccolo corpo Le paure L’ansia L’angoscia I bisogni fondamentali dell’essere umano Il bambino ospedalizzato: la “cura” delle competenze genitoriali 11. Il benessere bambino in ospedale 11.1. La carta di Each 11.2. Il momento del ricovero
12. Vivere in ospedale dai primi 12/18 mesi all’adolescenza 12.1. I primi 12/18 mesi di vita del bambino 12.2. Il bambino di 3-4 anni 12.3. Il bambino dai 4 anni all’adolescenza
Bibliografia Capitolo III: Cibo ed emozioni negative nel piccolo paziente oncologico 1. L’identità corporea
216 217 217 218 219 219 220 221 222 222 225 227 227 227 228 229
232 232 1.1. Il pensiero di Freud 232 1.2. “Cogito, ergo sum”: il pensiero di Cartesio 233 1.3. Lo spavento della femminilità 233 1.4. L’autocontrollo 234 1.5. Il desiderio di primeggiare 234 2. La triplice dimensione dell’anoressia: vista, udito e tatto 235 2.1. L’ossessione dello sguardo 235 2.2. Il rifiuto di ascoltare 236 2.3. La paura delle parole 237 2.4. Noli me tangere 238 3. Il concetto di emozione 239 3.1. Lo sviluppo delle emozioni 240 3.2. Il rapporto fra il cibo e le emozioni 241 3.3. La relazione fra il cibo, le emozioni e i meccanismi mentali 246 4. La ricerca interiore e l’alimentazione 247 Bibliografia 247
Capitolo IV: Cure palliative ed Hospice: in attesa della morte 1. La malattia terminale: il cancro 2. Atteggiamento verso la malattia 3. Dolore e sofferenza nei malati terminali 3.1. Cosa si intende per dolore e sofferenza 3.2. Come superare il dolore nelle malattie terminali
4. 5. 6. 7.
Un nodo problematico: l’accanimento terapeutico L’ultima ora: la fase terminale della malattia La fine della vita e il lutto Cure palliative e Hospice 7.1. Definizione e storia delle cure palliative 7.2. Presupposti per le cure palliative
8.
Dove si applicano le cure palliative
249 249 253 257 258 260 262 265 269 272 273 280 292
8.1. Strutture di applicazione della medicina palliativa per eccellenza: gli Hospice 292 8.2. I criteri di accesso agli Hospice 296 8.3. L’assistenza domiciliare 297 9. L’équipe di cure palliative 299 9.1. L’ équipe come unità multidisciplinare 300 9.2. Stress lavorativo e burnout 303 10. Nell’Hospice, quali possibili vissuti 306 11. Riflessioni a livello etico 307 12. Conclusioni 311 Bibliografia 312
Capitolo V: Il dolore delle diversità in adolescenza: punto di debolezza e di forza G. PALLAORO 1. L’adolescenza come fase di trasformazione 2. Lo stato di informità di base e la noia adolescenziale 3. Gli agiti adolescenziali 4. La funzione del gruppo in adolescenza 5. Il ruolo dell’adulto 6. Il potenziale benefico dell’adolescenza Bibliografia
315 315 318 319 322 323 326 327
Capitolo VI: Età anziana. La generatività della tradizione nella vita religiosa 1. La generatività della tradizione 1.1. 1.2. 1.3. 1.4.
La saggezza Il Saggio: Senex-Puer Il destino dell’illusione generativa L’andromenopausa e l’estraneità involutiva ed evolutiva
2. La generatività della tradizione nella vita religiosa Bibliografia PARTE TERZA: INDAGINI/STUDI E RESOCONTI RAGIONATI DI ESPERIENZE SUL CAMPO Capitolo I: Psicologia e psicopatologia del bambino malato e della sua famiglia 1. La situazione emotiva della famiglia di fronte alla malattia 2. Il rapporto tra il bambino morente e la sua famiglia 3. Le reazioni psicologiche dei genitori 4. L’accettazione della mortalità del proprio bambino 5. Le differenze di genere 6. Il lutto 7. Il concetto di malattia 8. La malattia e le angosce di morte 9. Il concetto di malattia secondo la teoria di Piaget 10. Il concetto di dolore 11. Le definizioni del dolore 12. Il concetto di dolore secondo la teoria di Piaget 13. Il ruolo della personalità nella percezione del dolore 14. Le emozioni 15. La malattia come minaccia di morte 16. La paura dei trattamenti terapeutici 17. Gli effetti della malattia sullo sviluppo psicologico 18. La percezione del proprio aspetto fisico 19. L’accettazione della nuova immagine di sé 20. Il superamento delle angosce di morte 21. La Fiaba: Teorie ed Interpretazioni 21.1. La fiaba secondo l’interpretazione psicoanalitica
329 329 329 331 333 335 338 339
341
343 345 347 349 350 351 354 355 356 357 358 358 359 359 359 360 361 362 363 364 366 367 369
21.2. 21.3. 21.4. 21.5. 21.6.
La funzione della fiaba La fiaba come attivazione della fantasia Cappuccetto Rosso Hansel e Gretel Biancaneve
22. Conclusioni Bibliografia Capitolo II: Il disagio psicologico dell’infermiere soccorritore nelle maxi emergenze 1. Descrizione del problema 1.1. I soccorritori volontari e i “rischi psicologici” nell’emergenza 1.2. L’emergenza e le dinamiche di gruppo
2. 3. 4. 5. 6.
I destinatari Gli obiettivi di studio La metodologia d’intervento Gli strumenti L’analisi dei dati 6.1. 6.2. 6.3. 6.4. 6.5. 6.6. 6.7. 6.8. 6.9. 6.10. 6.11. 6.12. 6.13. 6.14. 6.15. 6.16. 6.17. 6.18.
Caso A.C. Caso M.A. Caso T.C. Caso D.B. Caso L.C. Caso C.A. Caso M.P. Caso M.S. Caso S.L. Caso D.M.P Caso P.L. Caso F.G. Caso D.P.D. Caso A.L. Caso S.U. Caso F.D. Caso D.V. Caso P.F.
371 374 376 380 384 388 388
391 391 391 392 394 396 396 397 397 397 398 398 399 400 400 401 401 402 403 403 404 404 405 406 406 407 408
6.19. 6.20. 6.21. 6.22. 6.23. 6.24. 6.25. 6.26. 6.27. 6.28. 6.29. 6.30.
7.
Caso C.S. Caso C.C. Caso S.G. Caso L.P. Caso G.S. Caso O.V. Caso D.M. Caso F.A. Caso C.D. Caso A.F. Caso L.R. Caso M.B.
L’interpretazione dei dati 7.1. 7.2. 7.3. 7.4. 7.5. 7.6. 7.7. 7.8. 7.9. 7.10. 7.11. 7.12. 7.13. 7.14. 7.15. 7.16. 7.17. 7.18. 7.19. 7.20. 7.21. 7.22. 7.23. 7.24.
Il caso A.C. Il caso M.A. Il caso T.C. Il caso D.B. Il caso L.C. Il caso C.A. Il caso M.P. Il caso M.S. Il caso S.L. Il caso D.M.P. Il caso P.L. Il caso F.G. Il caso D.P.D. Il caso A.L. Il caso S.U. Il caso F.D. Il caso D.P. Il caso P.F. Il caso C.S. Il caso C.C. Il caso S.G. Il caso L.P. Il caso G.S. Il caso O.V.
408 409 409 410 411 411 412 412 413 414 414 415 416 416 416 417 417 417 418 418 418 419 419 419 420 420 420 421 421 421 422 422 423 423 423 424 424
7.25. 7.26. 7.27. 7.28. 7.29. 7.30.
Il caso D.M. Il caso F.A. Il caso C.D. Il caso A.F. Il caso L.R. Il caso M.B.
8. Conclusioni Bibliografia
424 425 425 425 426 426 426 427
Capitolo III: L’assistenza infermieristica alla donna affetta da neoplasia 1. Principi generali sul paziente oncologico
2.
429 429 1.1. Il caso della donna 430 1.2. La gestione del dolore 431 1.3. Il ruolo dell’infermiere in oncologia 432 1.4. Le leggi 433 1.5. L’informazione come aspetto fondamentale dell’assistenza 434 L’incidenza dei tumori femminili 435 2.1. La prevenzione e l’importanza dei programmi di screening 436
2.2. Il ruolo dell’assistenza infermieristica nell’ambito dei programmi di prevenzione 2.3. Assistenza infermieristica nella diagnostica 2.4. Assistenza infermieristica nella chirurgia 2.5. Assistenza infermieristica nella radioterapia 2.6. Assistenza infermieristica nella chemioterapia 2.7. I principali effetti collaterali: il ruolo dell’infermiere
3.
La relazione d’aiuto alla donna con neoplasia 3.1. 3.2. 3.3. 3.4. 3.5. 3.6. 3.7.
Comunicazione e ascolto Il corpo malato e la relazione di cura I gesti quotidiani come gesti di cura Il coinvolgimento dei familiari Il counseling Le fasi del processo di counseling Considerazioni conclusive sulla relazione di cura
Bibliografia
437 438 439 440 441 442 445 446 447 448 448 449 450 451 453
Capitolo IV: Il paziente leucemico in fase terminale di malattia 1. La leucemia e il malato leucemico 1.1. 1.2. 1.3. 1.4. 1.5.
2. 3. 4.
Tipi di leucemia Eziologia e fattori di rischio Sintomatologia e diagnosi Terapia e prognosi Il malato leucemico
Le angosce di morte del malato terminale e della sua famiglia I meccanismi di difesa del malato terminale verso la leucemia Il malato morente, quale tipo di assistenza e di sostegno psicologico dare 4.1. I familiari di fronte alla morte: vedere, accogliere, affiancare 4.2. L’elaborazione del lutto nei familiari e negli operatori sanitari 4.3. Le competenze infermieristiche 4.4. Il ruolo dell’infermiere nelle cure palliative 4.5. L’assistenza psicologica al malato terminale ed alla famiglia: il ruolo dell’infermiere 4.6. L’empatia come obiettivo fondamentale della relazione infermiere-paziente terminale
Bibliografia Note biografiche
454 454 454 454 455 456 458 458 459 462 464 466 468 469 470 472 474 477
Premessa
L’accudimento è un abbraccio. L’altro, nel bisogno, è accolto tra le braccia fisiche e mentali di chi di lui si occupa. Questo e solo questo è l’accudimento. Interessa la patologia ma anche soprattutto la salute. L’essere umano nasce per essere accudito nei suoi bisogni vitali di base; nel ricevere conoscenza, gioco, limiti; nell’essere aiutato ad organizzare, orientare e dare senso alla sua esistenza. E non si esaurisce nei primi tempi di vita. Il bisogno di accudimento è sempre attuale. Talmente attuale da dare vita a diverse professionalità: il medico, lo psicologo, l’insegnate, l’infermiere, il fisioterapista, l’assistente sociale, l’assistente sanitario, ecc., sono alcune professioni dell’accudire. Questo testo si rivolge ai professionisti dell’accudimento. Fornisce loro gli strumenti concettuali ed operativi perché possano svolgere al meglio il proprio lavoro nei diversi settori di competenza. Così il corpo e i suoi bisogni introducono il lavoro; segue una puntualizzazione attenta dei bisogni evolutivi e relazionali del bambino nella sua storia evolutiva, dalla nascita all’adolescenza. La malattia e le sue diversità persecutorie occupano poi il posto centrale del lavoro. Non poteva essere diversamente. Il dolore e la sofferenza nei diversi momenti evolutivi e nei diversi contesti di vita sono temi centrali enucleati e analizzati in tutte le loro componenti. Il lavoro non dimentica l’operatore dell’accudimento. Così i suoi bisogni sono evidenziati perché possa salvaguardarsi dai pericoli che comunque sono presenti anche nelle relazioni di aiuto. 19
Il saggio si conclude con indicazioni operative che emergono dallo studio di casi narrati da una giovane infermiera che ha voluto, prima di abbandonare la sua vita terrena, lasciare a tutti la sua esperienza professionale densa di umanitĂ , sensibilitĂ , intelligenza.
20
PARTE PRIMA TEORICA
Capitolo I
Il destino del corpo nelle età della vita
1.
Il linguaggio dei corpi
Il corpo, luogo del peccato originale e dell’inconscio, carne da redimere, forza lavoro, organismo da sanare, modellare, plasmare alle esigenze della cultura, della politica, della guerra; sede dell’identità e della comunicazione non pensata, il corpo è stato, nelle varie epoche, dominio dei diversi saperi su cui hanno impresso il loro stigma. Sede dell’anima? Ma di quale anima? Il termine ebraico nefes, tradotto in greco psiche e in latino anima significa “vita del corpo”. Con l’avvento della scienza moderna (1600) il corpo è stato ridotto a “organismo”, un insieme di organi, un oggetto da laboratorio. Di qui il potere della scienza, della scienza medica che, da allora, continua ad occuparsi dell’organo malato e non della persona che soffre. In seguito, per dare collocazione scientifica al morbus sine materia, nacque la psichiatria che ha continuato a cercare nel corpo le ragioni del disagio mentale. L’anima, la psiche, la coscienza è in quel “sine materia” di cui la scienza non ha conoscenza. Dunque la psicologia-psichiatria è figlia di un deficit di conoscenza, luogo del mistero, dell’impresentabile e non realtà “altra” di cui occuparsi, magari con strumenti scientifici diversi ed una metodologia di ricerca che non si fonda (non può fondarsi) su dati “oggettivi” di laboratorio (in questo senso l’uso, indiscriminato ed esclusivo, che viene fatto dei test, soprattutto nella ricerca clinica, è forse il più grande inganno scientifico e culturale degli ultimi decenni); non può fondarsi, dicevo, su dati “oggettivi” ma sulla convalida che la tradizione e la comunità scientifica sancisce accogliendo o respingendo con argomentazioni critiche: tesi, intuizioni, esperimenti, ricerche e risultati. 23
Non è un caso che in psicologia la deontologia professionale e la pratica psicologica coincidano, sono esattamente la stessa identica realtà. Il libro allora, come strumento di trasmissione dei saperi, che per la medicina è spesso un solo e semplice oggetto divulgativo per la psicologia è il luogo fisico dello stesso dibattito scientifico. Il libro e non la rivista di scuola, che non ospita opinioni diverse da quelle di corrente. Dicevamo dunque che la psiche, in particolare la psicopatologia, per la medicina è figlia di un deficit di conoscenza. Forse nella lingua tedesca c’è un suggerimento di cui far tesoro, come ha saputo fare S. Freud, un medico, neurologo. Lieb significa “corpo vivo” da cui lieb e cioè “amore” e lieben: “vita”. È una sintesi di natura e cultura, una sintesi che ha portato S. Freud a collocare la “persona” al centro del suo interesse e ad operare una rivoluzione metodologica radicale: nell’oggetto osservato (persona) c’è chi osserva (medico, psicologo). Freud come Ippocrate che dà alla medicina un fondamento cosmologico e antropologico – nel Corpus Hippocraticum troviamo fondamentali passaggi sul linguaggio del medico, sul dovere di informare, sulla collaborazione attiva malato-medico; troviamo il rispetto profondo (pre-etico) del malato e della sua umanità sofferente. Sosteneva Ippocrate nel Prognostico: il vissuto della malattia è il sapere del paziente che deve coniugarsi con il sapere del medico; Freud come Voktor von Weizsacker e la sua medicina antropologica; Freud come Karl Jasper e la sua psicopatologia. Tutti autori celebrati ed inascoltati della cultura medica attuale. Freud come Winnicott, medico, pediatra e come Balint altro medico. Il corpo, dunque, è stato ed è luogo di scrittura ove antropologi, filosofi, teologi, psicologi, psichiatri, medici, economisti e politici, incidono il loro sapere in funzione dei propri obiettivi scientifici e culturali. E noi non vogliamo essere da meno: sul corpo reale fatto di organi e funzioni iscriviamo il corpo immaginato fatto di idola e fantasmi agiti poi sul corpo reale e luogo della nostra noesi, del modo di pensarci da cui la nostra cultura, la nostra mentalità, i pregiudizi, le presunte certezze e verità. Il corpo immaginato è figlio della cultura in cui viviamo: ognuno si pensa per come è stato pensato. In adolescenza proprio per le intrusioni culturali, che diventano patrimonio interno, il corpo immaginato si carica di feticci di moda e diventa, nel bene e nel male, luogo di esperienza viva, di vita nelle sue trasforma24
zioni continue, ma anche luogo delle dismorfossessioni: i famosi “complessi” di cui liberarsi. Come? Semplicemente plasmando il corpo reale sui simulacri culturali diventati esigenti in quanto interiorizzati. Così palestre, chirurghi plastici e dietologi che propongono, appunto, i feticci della cultura dominante fanno la loro fortuna economica. I motori trainanti sono quelli che mercificano tutto anche il corpo, non più luogo della sacralità della persona, ma oggetto di speculazioni, risorsa per lucrare. Mentre la salute vorrebbe che il corpo immaginato si adeguasse, nel tempo della vita, a quello reale. I feticci culturali del nostro tempo chiedono l’esatto contrario: il corpo reale deve plasmarsi a quello immaginato, con tutto quello che consegue. Non è difficile incontrare uomini e donne “caricature” di se stessi, vestiti di ridicolo ostentato come un fiore narcisistico di cui vantarsi. Per recuperare il senso della sacralità pre-etico che abita il corpo, dimora della propria dignità, la medicina deve recuperare Ippocrate, il senso pieno del suo giuramento: nel corpo che tratta c’è la persona che vive. Nel corpo nudo che manipola c’è la sua sacralità pre-etica. Perché lo dimentica? Così sembrerebbe. Non crediamo che la medicina lo dimentichi, crediamo che non riesca a rinunciare al suo potere tecnico e scientifico intriso di narcisismo culturale. Galeno docet. La medicina, regione al servizio dell’istinto di sopravvivenza, è in guerra (le metafore che usa ne sono l’esplicitazione più eloquente: lotta contro, sconfigge, respinge l’invasore, ecc.). E la guerra, come metafora, ha legittimato e legittima tutte le campagne per il progresso della scienza i cui obiettivi vengono descritti ovviamente in termini di sconfitta del nemico-malattia: tumore e psicosi. Tutto questo andrebbe benissimo se non ci fosse una vittima eccellente: il paziente, il bambino in reparto con i suoi bisogni esigenti e trascurati; maltrattati ed abusati. Fare la guerra è poi una delle poche attività umane che non si è tenuti a valutare in modo etico, tanto meno realistico con l’attenzione rivolta al costo umano ed ai risultati complessivi. In ragione della guerra a tutti i costi tutto è lecito: è lecito medicalizzare la morte, medicalizzare la nascita, medicalizzare la vita quotidiana; così la medicina può farci più belli, più intelligenti, meno stanchi, meno stressati. Può cercare di realizzare il “bambino perfetto” come in Cina. Non manca certo, in Cina, il materiale umano. È la lotta dell’istinto di sopravvivenza che usa come un ariete il solo pensiero razionale contro 25
la morte. E fa vittime. Il termine vittima nella nostra cultura suggerisce quello di innocenza. E l’innocenza, per l’inseparabile logica che regola tutti i termini di relazione, rinvia alla colpa. E la colpa vuole la punizione. Apparentemente il colpevole è la malattia eppure teorie psicologiche e psichiatriche (metafore pseudoscientifiche) attribuiscono allo sventurato paziente la massima responsabilità non solo per essersi ammalato di cancro o di psicosi, ma anche per come risponde ai processi di cura e di guarigione. E l’attribuzione a queste malattie del nucleo dinamico descritto (la colpa) ne fanno malattie non solo gravi, ma di cui vergognarsi. Tutte le malattie che abbiano cause incerte e terapie inefficaci traboccano di metafore colpevolizzanti. Idoli e feticci, prodotti dal pensiero razionale, sono scolpiti dentro le nostre paure. Si invocano allora valori comuni e l’etica codificata in una morale dogmatica. Tuttavia i valori comuni se irrigiditi dalla logica della mente razionale creano uomini con codici comuni ed un comune modo di pensarsi. Come appunto la libertà intesa come possibilità “cosciente” dunque razionale di decidere. Dimentichiamo che la condanna alla solitudine dell’incomunicabilità segue solo e soltanto alla perdita del linguaggio mimico: il linguaggio dei corpi che diventa protagonista nelle crisi come la malattia e la morte. Un linguaggio che se ascoltato può smentire le decisioni prese dalla mente razionale in assenza di malattie e lontana dalla morte. 2.
Il corpo nella relazione di cura
Tutti gli operatori della salute hanno a che fare con il corpo. Alcuni direttamente, nel contatto più o meno ravvicinato col corpo altrui; altri indirettamente, tramite le tecnologie e i laboratori che indagano anch’essi il corpo, nelle sue parti, particelle, fino alle molecole. Il corpo di cui si occupano professionalmente viene sentito, da alcuni, come facente parte dell’identità di una persona, un corpo vissuto nella pienezza efficiente piuttosto che nella sofferenza e nell’impotenza; da altri, invece, viene sentito e pensato come un corpo meccanico, biologizzato e medicalizzato. Husserl, fruendo dalla lingua tedesca, sottolineò la differenza tra leib e korper. Il primo termine (leib) indica il corpo vissuto, la soggettività del 26
corpo, il corpo come identità propria; mentre il secondo (korper) è il corpo oggetto, il corpo cadavere, il corpo umano così come quello animale, il corpo anatomico. L’operatore della salute studia e interviene di solito su un korper. Ma poiché lo scopo della sua professione è portare vita, salute e benessere, egli ha a che fare con persone vive: dunque può operare su un korper ma non può dimenticare il leib. Spesso accade però che gli operatori della salute non siano sufficientemente formati alla considerazione del corpo vivo, del corpo persona, del corpo che entra nel rapporto interpersonale, di quel corpo che con equilibri e disequilibri lo psiche-soma modula nella relazione. Opportuno pertanto è sottolineare il valore, la centralità del corpo che non è un’appendice o un’aggiunta alla mente e alla psiche ma una realtà centrale. Il corpo è la nostra origine e nei primi tempi della nostra vita viviamo solo come corpo. Il destino del corpo ha una sua evoluzione. Quando il bambino viene al mondo è tutto corpo. Non ha una mente. Il corpo è un universo intero di emozioni e sensazioni che vanno sul bambino e ne condizionano il comportamento. Il bambino nasce da un’illusione generativa di coppia. Alla nascita è tutto corpo, cioè un insieme di funzioni e di organi attivi su base fisiologica e genetica. Il bambino nasce nell’utero biologico (materno) e dopo 9 mesi entra nell’utero psicologico (di coppia) dove rimarrà per altri 9 mesi. Come dice Crocetti la gestazione dell’essere umano ha una durata non più di 9 mesi, bensì di 18. Nell’utero di coppia, sia il padre che la madre (coppiamadre) assumono ed esplicano funzioni materne, ponendosi in modo analogo di fronte al figlio fino ai suoi 3 mesi di vita (circa). Un bambino appena nato è tenuto tra le braccia della madre, ma la forza di quelle braccia è quella che circola nella relazione di coppia, nella quale il padre, in quel momento particolare dell’esperienza relazionale, ha proprio il compito di sostenere la compagna, di aiutarla ad emergere dalla regressione. Il padre ha dunque il compito di sostenere l’attività organizzativa della mente di coppia. Il suo compito è quello di dare alla coppia madre-bambino possibilità, consistenza e soddisfazione al bisogno fondamentale e primario di affidarsi. Dalla realizzazione adeguata di questo bisogno deriva la fiducia di ognuno in se stesso e più profondamente ancora l’autostima. 27
Il bambino vivrà avvolto nei suoi involucri sensoriali e si nutrirà delle sensazioni di accudimento, benessere e amore che riceverà dalla madre con la quale è in relazione. Dal tipo di relazione di accudimento-attaccamento dipenderà il benessere o il malessere del bambino, la sua salute o la sua malattia. La madre determina il mondo interno del bambino, i bisogni affettivi/emotivi, i rapporti con gli oggetti significativi interni. È soprattutto la madre a dare la mente interna al bambino. Essi gli devono essere dati attraverso il filtro mentale ed affettivo della relazione materna prima, della relazione della coppiamadre dopo, e di tutte le figure significative presenti nel corso dei primi anni. I contenuti emotivi della madre s’insediano nel corpo del bambino diventando patrimonio del suo modo di sentire e influenzando l’organizzazione dei suoi involucri sensoriali. L’involucro sensoriale non è solo un fatto legato al corpo, ma anche alla mente. Dagli involucri sensoriali prenderanno forma quegli automatismi cognitivi che governano, nel quotidiano, la vita di ogni essere umano. Pertanto condizionano il sistema di convinzioni e di pensieri che attivano ed orientano il comportamento sociale del soggetto. La relazione – comunicazione che si realizza sin dalla nascita tra madre e figlio – viene ritenuta di fondamentale importanza per diversi ordini di fattori: y il bambino viene accudito e soddisfatto nei suoi bisogni fisiologici fondamentali: nutrimento, sonno, capacità di auto-aggiustamento in relazione ai cambiamenti fisici ed ambientali, controllo sfinterico; y il bambino nutrito, accudito e amato organizzerà un senso di autostima elevata. Maggiore è l’ondata di benessere che arriva al bambino quando nasce e più alto sarà il valore e l’importanza che il bambino stesso crescendo si riconoscerà; y il corpo è il luogo delle emozioni, delle sensazioni, dei bisogni, dell’identità del bambino. Il bambino entra in relazione con gli altri e da qui si sviluppa il suo senso di esistere e la sua autostima, attraverso la sensorialità del contatto corporeo immediato: tatto, olfatto, udito, gusto, vista. In questi contatti si formano le prime unità di significati per un dialogo complice e condiviso che fonda lo sviluppo della mente e che costituisce la struttura di base della personalità; 28
y la motricità che il bambino impara nella modulazione delle interazioni col caregiver integra, sostiene e compensa le carenze di un involucro attraverso la iperattivazione degli altri; y il bambino traduce il linguaggio dei segni (mimico) nel linguaggio dei simboli (verbale). In questo modo codifica lo schema corporeo, l’immagine di sé con la conseguente conoscenza e coscienza del proprio corpo. Crescendo, nella nostra cultura il corpo perde la sua centralità nell’esperienza dell’individuo. In adolescenza acquistano più importanza le relazioni interpersonali, il mondo sociale e amicale di appartenenza, soprattutto i sogni, i progetti verso cui gli adolescenti, in quanto esseri desideranti, tendono continuamente. Il corpo è vissuto come un oggetto da possedere, plasmare, manipolare e trasformare in senso onnipotente e narcisistico. In età adulta, ma soprattutto in età anziana, il corpo recupera la centralità che aveva nell’infanzia. Crocetti spiega l’evoluzione del corpo dalla nascita alla vita adulta nella nostra cultura attraverso una figura che chiama “Fuso a spirale” (vedi Figura sottostante). Il fuso centrale si assottiglia o si inspessisce in base alla centralità che il corpo riveste nelle varie fasi della vita: y nella parte inferiore si trova il bambino che nasce (fuso grande): è solo corpo, la mente viene dopo (narcisismo è sano). Le pulsioni e l’illusione generativa sono al servizio dei bisogni e dei desideri (Eros); y nella parte centrale si trova l’adulto (fuso piccolo): il corpo perde la sua centralità perché si acquisisce la mente. Emerge la progettualità futura (l’adolescente è un essere desiderante), è presente un culto dell’esteriorità patologico (narcisismo patologico) ed il concetto di normalità e patologia (non in termini di salute) del corpo è molto importante. Le pulsioni e l’illusione generativa sono al servizio della parola, del simbolo, del concetto: adolescenza (Logos); y nella parte superiore si trova l’anziano (fuso torna grande): il corpo diventa di nuovo centrale come da bambino. Avviene una regressione e una riattualizzazione di cose già vissute. Le pulsioni e l’illusione generativa sono al servizio della produttività organizzata, logico-razionale: età adulta (Noos). 29
Il corpo è, dunque, l’elemento che sostiene la continuità del sé nel tempo e nello spazio fisico e mentale. La malattia minaccia questa continuità. Il malato è sospeso in un intervallo, come dentro una parentesi, in una censura, in una spaccatura, con tutto ciò che questo comporta a livello della relazione con se stesso e con gli altri. Ogni essere umano ha sul corpo i segni della propria storia e della propria identità. Sono segni tangibili. Anche la malattia è segno della storia e dell’identità, ed ha senso e significato nella storia e nell’identità di quella persona per cui non si può trattare la malattia come avulsa dal contesto esperienziale del paziente. È quanto accade nelle istituzioni che fanno fatica a mentalizzare il disagio, il dolore e la sofferenza; questo vuoto di simbolizzazione e la carenza di mentalizzazione si traduce in forme di abuso e maltrattamento dei pazienti (funzione materna dell’istituzione). 30
Il paziente non ha un corpo su cui si praticano le varie strategie terapeutiche (iniezioni, interventi chirurgici, chemioterapia, radioterapia o altro), ma è il suo corpo, e tutto quello che viene fatto su quel corpo viene fatto a lui stesso, alla sua realtà, alla sua identità, alla sua storia. Il corpo è la scena fisica su cui tutti o quasi tutti i conflitti sono recapitati ed è la scena fisica su cui sono rappresentati gli affetti, le emozioni, le esperienze significative. Il corpo si colloca al centro degli scambi relazionali affettivi concreti e al centro delle esperienze regressive. Il malato si trova in una condizione regressiva perché nel modo in cui incontra la malattia recupera e quindi attualizza nel qui ed ora modalità di funzionamento mentale, emotivo e relazionale già sperimentate nel corso della sua vita e che gli hanno permesso di mantenere un suo equilibrio. Più la malattia è grave, più le esperienze regressive saranno profonde, per cui un morente è molto vicino alla condizione esperienziale neonatale. È una condizione in cui prevalgono i bisogni (di dipendere, di essere accudito, accarezzato, lavato, toccato, avere le labbra inumidite…), e dove la parola non serve più per comunicare ma soltanto per esprimere i bisogni, è solo un suono che evoca sensazioni diffuse e indefinite ma leganti. Nel corpo il paziente sente il dolore, nel qui ed ora, ed è compito del medico con il suo armamentario terapeutico porvi rimedio. La sofferenza invece è della psiche, è del tempo dell’esperienza di sé, si radica nella propria tradizione interna; compete allo psicoterapeuta che deve essere preparato ad accoglierla. Il dolore è centripeto, in sé chiuso, e fa riferimento ad una parte di sé; la sofferenza prevede sempre l’altro, interessa l’intera esperienza di sé e non si risolve con la scomparsa del dolore. Il dolore fisico, qualora si connoti come esperienza tragica (malattie terminali) obbliga l’essere umano ad incontrare l’essenza stessa della sua realtà corporea, l’essenza della sua vicenda terrena. Il dolore diventa allora sofferenza. Diviene sofferenza nel momento della consapevolezza del legame esistente tra il bene fisico che viene tolto dalla malattia ed il vuoto scavato nel senso psico-fisico del sé, nella propria identità profonda e sostanziale. I pazienti si trovano in una condizione nella quale il Sé corporeo è reinvestito narcisisticamente. Il paziente, come un bambino appena nato, si affida e chiede affidabilità. È questo il compito specifico affidato agli operatori della salute nella relazione di aiuto. 31
Bibliografia Crocetti G., Legami imperfetti. Psicodinamica delle relazioni d’amore, Armando, Roma 1997. Crocetti G., Ascolto terapeutico e comunicazione in oncologia, Borla, Roma 2002. Crocetti G., Tavella S., Dispense di psicologia clinica, Roma 2008. Crocetti G., Tavella S., Nel dolore la vita. Tra problemi, sfide e soluzioni, Città Aperta, Troina 2008.
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