Bronislaw Siemieniecki_Introduzione alla pedagogia cognitiva

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Bronisław Siemieniecki

INTRODUZIONE ALLA PEDAGOGIA COGNITIVA a cura di Grzegorz Karwasz, Silvia Crispiani, Piero Crispiani

ARMANDO EDITORE


Sommario

Fondamenti di pedagogia cognitiva di Piero Crispiani Epistemologia e senso Verso la fondazione Omnia comunicanda sunt

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Introduzione

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PARTE PRIMA

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Capitolo 1: Le visioni dell’evoluzione della civiltà e la pedagogia 1. Evoluzione di civiltà e pedagogia 2. Il concetto di evoluzione continua dell’uomo 3. Evoluzione senza evoluzione 4. Tendenze determinanti i cambiamenti di civilizzazione 5. La società dell’informazione 6. L’Homo sapiens e l’ambiente

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Capitolo 2: Il problema dell’ambiente artificiale 1. Un mito fondamentale della pedagogia: tabula rasa 2. Lo sviluppo sociale e l’evoluzione

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Capitolo 3: La pedagogia cognitiva e la cultura 1. Cultura e sviluppo del pensiero 2. Il concetto di mimetico 3. Imitazione e pedagogia

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PARTE SECONDA

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Capitolo 1: La comunicazione e le sue tipologie dal punto di vista della pedagogia 1. La comunicazione totale 2. I concetti di comunicazione e interazione 3. Comunicazione e trasformazione dell’informazione nel cervello 4. La comunicazione non verbale

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Capitolo 2: Complessità della comunicazione 1. Radici evolutive dei comportamenti non verbali 2. La comunicazione non verbale nella discussione pedagogico-psicologica 3. Tipologie di comunicazione non verbale

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Capitolo 3: Cinesica, prossemica e pedagogia 1. La comunicazione orale

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Capitolo 4: Genesi e sviluppo della lingua 1. La lingua come processo 2. Comunicazione e lingua 3. Natura sociale della lingua

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Capitolo 5: La comunicazione sociale 1. Costante reciprocità 2. La comunicazione e i periodi di sviluppo della pedagogia 3. Dimensione sociale della comunicazione

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Capitolo 6: L’empatia primordiale 1. Empatia e bambino 2. L’aggiustamento 3. Esattezza empatica 4. La conoscenza sociale 5. Assiomi di comunicazione sociale 6. Tipi di comunicazione e pedagogia cognitiva

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Conclusione

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Bibliografia

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Fondamenti di pedagogia cognitiva PIERO CRISPIANI

Epistemologia e senso Costantemente impegnata nel faticoso lavoro di definizione delle proprie connotazioni epistemologiche, la pedagogia affronta gli snodi fondamentali della costruzione della propria scientificità percorrendo uno dei fattori che la determinano e che, come in ogni ambito disciplinare, si individua come comparazione, o assetto comparativo della scienza. Essa consiste nel condurre ragionate correlazioni con il portato scientifico affermato in altre culture ed in altre comunità, o in discipline diverse. Sollecitati da questo punto di vista, riscontriamo nei ricercatori più autorevoli la tendenza a corredare il proprio lavoro con la posizionatura di un momento apicale di scavo sulle ragioni epistemologiche della propria disciplina e dei propri percorsi di ricerca e, in tale contesto, aprono feconde esplorazioni comparative con le teorie, le intuizioni, il lessico e le procedure di lavoro di autori talvolta molto distanti. Anche in relazione a questa osservazione, riteniamo che la pedagogia odierna sia fondamentalmente versata sul fronte epistemologico, sia come naturale esigenza proveniente dalla propria sofferta storia, sia per la tendenza ad iscriversi nelle grandi aperture al pensiero complesso che oggi appartiene ai saperi più dinamici. C’è una curiosità scientifica ed una saggezza di prospettiva che nei contatti con l’Illustre prof. Bronisław Siemieniecki, Professore presso l’Università “Mikołaia Kopernika” di Toruń (Polonia) ci hanno indotto ad approfondire la conoscenza di certa sua produzione ed a proporne l’edizione in Italia, sostenuta anche dalla collaborazione – con occhio epistemologicamente avvertito – del Prof. Grzegorz Karwasz, fisico di origine italiana dell’Università di Danzica. 7


Non si tratta infatti solo di una comparazione teorica, nel senso della confrontazione di costrutti concettuali e di fonti scientifiche internazionali, ma di una considerazione interpretativa culturalista, o socio-culturale, che si protrae nell’indagine sulle sensibilità e sulle storie che, sempre, si attivano dal contesto, dalla comunità, e nell’ottica della natura sociale della conoscenza, giuste le intuizioni del cognitivismo culturalista e di J. Bruner. Si tratta allora di rileggere, sotto la duplice lente della retrospettiva nell’antropologia umana e della convergenza di plurali proiezioni disciplinari, la costruzione della cultura e della mente, nella loro reciprocità, in cui consiste gran parte della storia dell’umanità dove si adagia la grande stagione delle scienze della mente.

Verso la fondazione Da più sponde e provenienze la riflessività e le pratiche professionali in ambito pedagogico sono da tempo impegnate nel percorso di fondazione di una pedagogia cognitiva, avendo consapevolezza delle connesse difficoltà definitorie e di delimitazione epistemologica, dal momento che il termine cognitivo reca un’ampia polisemia e che molti autori per le vie più disparate tendono ad iscriversi nello scenario culturale del cognitivo, talvolta con insufficiente possesso dei motivi storici e concettuali che lo giustificano. Del resto, il cognitivo costituisce uno dei grandi paradigmi della contemporaneità, luogo concettuale che, nella forma di sostantivo o di attributo, accompagna i fenomeni più rappresentativi del comportamento umano e, pertanto, della cultura e delle sue dinamiche. Intorno ad esso torna ad impegnarsi la letteratura ponendo in ampio dispiegamento una quantità di concettualità che, avendo a polo attrattore la mente umana, volgono a declinarsi con cognitività, cognition, scienze cognitive, cognitivismo. Le attribuzioni di senso a tali locuzioni riflettono da un lato la storia del globale scenario e, dall’altro, l’intenzionalità che vi hanno impresso autori e scuole di pensiero che lo hanno assunto a proprio riferimento. Lo stesso fenomeno si riscontra a carico dello spettro delle discipline umane, dal momento che i paradigmi del cognitivo e della mente vi compaiono diffusamente in seno alle neuroscienze ed alla neuropsicologia, alla pedagogia ed alla psicologia, alla sociologia ed alle scienze antropo8


logiche; si può pertanto dire che l’età contemporanea è attratta dalla cognitività e continua a corrispondervi con intensità di studi e riflessioni sulla diade primaria del nostro tempo, qual è la relazione mente-cervello. Tra biologia e cultura, in un susseguirsi di problemi di non facile delimitazione ed affrontati da molti e disparati autori, emerge il vero protagonista della vita umana sin dalle sue primigenie manifestazioni, la mente. Ma tale istituto concettuale è ricco di criticità e di storia, proviene dalle speculazioni filosofiche espresse nei secoli ed è dominio di lavoro delle scienze biologiche e di quelle che da esse derivano o che da esse non possono sottrarsi (scienze mediche, psicologia e pedagogia, scienze terapiche, ecc.). Biologia e cultura continuano a sommuovere posizioni teoriche ed aspirazioni etiche riproponendo i grandi problemi della cultura umana, quali si presentano allo scenario odierno, nelle vesti delle tendenze alla tecnologizzazione, alle medializzazione globale, all’inasprimento delle relazioni umane, ecc. Nel lavoro del prof. Bronisław Siemieniecki i motivi del cognitivo traspaiono diffusamente e prendono corpo in un articolato percorso di esplorazione negli spazi teorici che, osservando l’evoluzione dall’Homo sapiens all’indefinibilità dell’uomo odierno, insegue e studia la mente quale si declina nelle sue più manifeste espressioni, tra le quali primeggiano il pensiero e la comunicazione inter-umana, quindi la cultura. La cultura costituisce dunque il riferimento costante della vita, è prodotta dalla mente umana ma è anche costruttrice della stessa mente, in una sorta di bivalenza che gli autori hanno da molto tempo indicato, e che l’Autore tratteggia con ampiezza di riferimenti, alcuni dei quali ben presenti nella letteratura italiana, come O. Willmann, J. Bruner, L. CavalliSforza, ecc. Il percorso è serrato, chiama autori e stringe sui ragionamenti, non dà tregua al lettore, alterna ad osservazioni proprie del vivere e dei costumi odierni, riferimenti alla tradizione recente ed alla storia dell’umanità. Il piglio è quello del fine studioso, non solo per il riferimento alla letteratura internazionale, quanto perché recupera le connotazioni concettuali dalla cui costellazione prende corpo il paradigma cognitivo, così come dichiarato in apertura: la fondazione di una pedagogia cognitiva. Dobbiamo esser grati a quegli uomini di pensiero che si pongono le domande fondamentali, che affrontano le questioni essenziali ed analizzano i paradigmi e le loro dinamiche. 9


L’atteggiamento di fondazione di un costrutto – si pensi alla stupenda mente di Edgard Morin ed al suo lungo cammino verso la rifondazione del “metodo” del pensiero, che si accompagna ad una serie di consapevolezze. L’uno e le altre ritroviamo in Siemieniecki, vi riconosciamo lo spessore intellettuale che volge ad un pensiero di ampia inclusione e la manifesta tendenza all’osservanza di molte delle “vie moriniane”, quindi di una radicata consapevolezza complessista. Vi si riscontrano dunque il senso della complessità, la rassegna della pluralità teorica, la prospettiva storica ed il confronto con il pensiero attuale ma, soprattutto, il testo dà esempio di un procedere tra i saperi, che ne supera i confini e le frammentazioni. L’autore sconfina nelle discipline più prossime, la neurologia, la sociologia, la psicologia, la linguistica e la storia del pensiero, ad un tempo frequenta tali territori interpretando il senso più radicale di quel modello della transdisciplinarità che in Morin indica la sovrapposizione e la ricerca di inattese e proficue sinergie, oltre i confini fuori dai campi, nelle pieghe dei domini dei saperi umani. Vi compaiono dunque questioni di alto profilo: lo sviluppo e l’apprendimento, la trasmissione genetica e la selezione naturale, l’uomo di natura e l’uomo tecnologico e mediatico, l’imitazione e la trasgressione, il verbale e il non-verbale, vettori di riflessività che all’autore consentono di richiamare il grande contenitore tematico della pedagogia, ed in ciò fa propria l’essenza problematica delle scienze pedagogiche come di quelle biologiche, qual è l’adattamento. È questo grande territorio di sponde scientifiche che sommuove da sempre le scienze dell’uomo e che ci consente di intrattenerci con le grandi menti del passato, Rousseau e Itard, Montessori e Claparède, Piaget e Bruner, per restare in coloro che si sono espressi tra biologia e scienze del comportamento, tra biologia e cultura, nella prospettiva dei processi della formazione umana. Siemieniecki vive la stessa conflittualità in questo senso, spostando la barra ora sugli uni ora sugli altri, trattandoli positivamente, come portatori di saperi, indugiando su essi, in una sorta di ontologia della pedagogia che è l’ontologia della sua personale ricerca. In ciò, appartiene alla Pedagogia europea ed alla sua tradizione culturalista, nelle cui pieghe si delinea la Pedagogia cognitiva. Oltre lo strumentalismo e fuori da visioni utilitaristiche del comportamento umano, vi rinveniamo il principio piagetiano del pensiero generali10


sta, quello vygotckijano del pensiero sociale e comunicativo, per inglobare le tendenze del socio-costruttivismo odierno e delle criticità connesse alle evoluzioni della cultura e dei dinamismi comunicativi massmediatici che la connotano. L’indagine procede attraverso i filtri dell’antropologia, della sociologia, della storia delle scienze, riconducendone i significati nel capiente letto della pedagogia ed assumendo a collante i luoghi critici della trasmissione culturale, dei processi dell’apprendimento umano, quindi dell’educazione.

Omnia comunicanda sunt Il saggio volge dunque ad una analisi diacronica e sincronica della comunicazione, aprendone le pieghe storiche, lo sviluppo del linguaggio e quello delle teorie sul linguaggio, in un protratto lavoro di comparazione che ne esplicita il valore epistemologico. Ad un tempo, prende le misure delle forme della comunicazione odierna, tra parola e gesto, tra segno, simbolo e icona, e si proietta – tradendo il gusto della prospettiva futurologica (giusto il rimando ad A. Toffler, che rivela anche la frequentazione con grandi maestri della pedagogia nord-europea) – nel mondo mediatico e in Internet per indagarne gli stili comunicativi e valutarne gli effetti sull’educazione. Dunque la comunicazione è posta all’origine dello sviluppo del pensiero ma anche dei processi di adattamento biologici, a partire dalle strutture cerebrali, essa genera e sostiene la cultura ed è dominio fondamentale delle scienze pedagogiche invitando all’analisi del pensiero che ad essa si accompagna. L’ottica cognitiva, o cognitivista, è qui ben ricompresa. La mente, la comunicazione e la cultura sostengono e regolano l’intero sviluppo dell’uomo, sia nella dimensione individuale che sociale. La stessa attività cognitiva, che “crea la realtà” e ne determina la conoscenza – nel senso della tradizione greco-cristiana-occidentale, ovvero idealista, razionalista, hegeliana – informa l’educazione e la didattica. Dunque l’educazione assume ad interlocutrice la cultura, ma la cultura è comunicazione e questa si sostiene sui processi neurologici e cognitivi. Sullo sfondo della cultura si determina la vicenda umana, adagiata non più sulla natura ma sull’immagine della natura, non più sui linguaggi oralisti e prossemici ma su quelli ad alta simbolicità dei nuovi media, 11


lasciando presagire un futuro per la condizione umana oggi poco prevedibile. Di nuovo la sensibilità ai grandi tempi, nei quali etica ed intellettualità tornano a congiungersi e rendono lo studio dell’Autore lontano dal minimalismo di molti odierni protagonisti della letteratura pedagogica ed umanistica, da postazioni riduttiviste, o semplici, come Morin addita al pensiero contemporaneo. Orientata al cognitivo, la pedagogia si veste di complessità , smette gli abiti della precettistica per riconquistare il dominio delle scienze prospettiche, la visione organica e critica dei fenomeni nella loro estensione e contestualizzazione che ci piace definire come approccio ecologico.

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Introduzione

Quando ho riflettuto per la prima volta sulla pedagogia cognitiva, ritenevo poco probabile che le sua fondazione potesse essere realizzata. Gli anni Ottanta non favorivano le discussioni a riguardo. L’ambiente accademico pedagogico non era pronto nemmeno alle riflessioni preliminari sulla creazione di un profilo teorico della pedagogia che fosse basata su conoscenze sulla trasmissione delle informazioni nel cervello umano. Le restrizioni di accesso alla ricerca contemporanea, causate tra le altre cose dallo stato di legge marziale, i persistenti paradigmi di pensiero, derivati dai decenni passati, l’avversione a tutto ciò che fosse legato alla tecnologia, lo spirito diffuso all’epoca della Repubblica Popolare Polacca, caratterizzato dalla volontà di creare uno Stato con pari opportunità di istruzione, hanno continuato il processo di “uniformazione al ribasso”. Mentre approfondivo i problemi che potevano costituire le fondamenta della pedagogia cognitiva, mi accorgevo sempre di più che senza considerare il ruolo e il posto dei media nel mondo contemporaneo fosse impossibile presentare questa direzione di pensiero pedagogico. Direzione che fermerà la spaventosa ondata di impoverimento della mente dei giovani, poiché la disciplina di cui siamo responsabili ha deluso la democrazia. È tempo per un cambiamento di valori, tempo per allontanarsi da ciò che è non effettivo e dannoso. Questa mia convinzione è stata rinforzata dai seminari cognitivi organizzati da me e dai miei amici a metà degli anni Novanta all’Università “Mikołaj Kopernik” di Toruń, assieme alle discussioni che ho condotto con Włodzisław Duch, Urszula Żegleń, il fu Jurek Perzanowski e altri partecipanti ai nostri incontri. Tutto ciò ha dato forma al mio nuovo pensiero sulla pedagogia e ha avuto un’importante influenza sulla creazione della scienza cognitiva polacca. Uno degli effetti delle citate discussioni è stata la creazione nel 13


1998 del giornale “Kognitywistyka i Media w Edukacji”, ove sono stati pubblicati testi innovatori di eminenti scienziati polacchi e stranieri. Fino alla metà del XX secolo l’ambiente naturale è stato il principale scultore del genere Homo sapiens. Nel corso dell’evoluzione della scienza l’uomo ha dilatato la sua influenza sul suo entourage, formando il suo futuro, intervenendo sulla natura e anche su se stesso. I cambiamenti genetici sono diventati un processo naturale presente nel mondo contemporaneo ed hanno avviato molte sfide ancora sconosciute all’uomo. La tecnologia moderna ha costruito un ambiente artificiale sempre più perfezionato ed esteso, di cui Internet è diventato un elemento. La rivoluzione tecnologica in corso lega questo ambiente alla realtà attraverso la conoscenza, la quale cresce in maniera esponenziale. Il prolungamento artificiale della vita umana grazie, tra l’altro, ai risultati nell’ambito della medicina, l’aumento delle possibilità di riproduzione contro le regole della natura, i cambiamenti farmacologici relativi alla psiche, alle emozioni ed all’influsso sulla personalità, la possibilità di sostituzione di un numero crescente di organi umani e le manipolazioni nell’ambito genetico causano un allontanamento dell’uomo dalle sue radici biologiche. Sotto l’effetto di queste azioni stiamo influenzando la dinamica e la forma dell’evoluzione sociale. La comprensione di questi cambiamenti nel campo della pedagogia necessita di un approccio diverso da quello in cui era la natura a decidere dell’evoluzione dell’Homo sapiens ed a favore di uno in cui l’uomo partecipa alla sua formazione. C’è bisogno di una maggior attenzione al problema dell’evoluzione umana e al rifiuto di molteplici ideologie che, soprattutto nel XX secolo, hanno preso piede nella pedagogia. Nella storia dell’umanità la pedagogia ha giocato un ruolo importante nel mantenimento del potere. Ogni ideologia carpiva gli strumenti della pedagogia, affinché attraverso l’educazione potesse convincere la società dei suoi principi, perseguendoli allo scopo di educare un uomo “nuovo”. Spesso anche le azioni più nobili sono state sfruttate per espandere l’ideologia. Ne dà bene l’idea il principio il cui motto era tabula rasa. Tenendo in considerazione che tutte le correnti teoretiche (intellettuali) apparse fino ad ora sul piano dell’educazione, contenevano una forte colorazione ideologica, propongo un’alternativa che può essere il pensiero nelle categorie cognitive. Alla base di una tale creazione intellettuale giace una serie di fattori basati sulla conoscenza dei processi della conservazione dell’informazio14


ne nel cervello umano. Volendo discuterne, bisogna distinguere dapprima i fattori che hanno deciso la nostra evoluzione. Per molti anni pensavamo che doveva esserlo un solo fattore, per esempio le condizioni ambientali, spesso riassunte come cambiamento climatico, selezione sessuale, “deriva genetica”, rivalità interna alla specie e molte altre. In pedagogia essi erano sottoposti ad analisi che portavano spesso a risultati superficiali. Un esempio potrebbe essere la discussione sull’“erudizione” degli organismi sotto gli effetti dell’ambiente. La considerazione naïf che il cambiamento dell’ambiente provochi l’avvio del processo di adattamento dell’uomo ha causato la fissazione in pedagogia dell’idea di possibilità educative infinite che questo cambiamento darebbe. Al contrario, il bisogno di adattamento non provoca dei cambiamenti, ma può soltanto usufruire delle condizioni genetiche preesistenti ed adattarle. Ciò significa che l’efficacia del processo di educazione dipende dalle possibilità genetiche. Nelle riflessioni seguenti mostrerò la complessità di questo problema. La rivoluzione controculturale, che si svolge oramai da molti anni, ha influenzato la società ed i costumi a tal punto che nulla è più lo stesso. L’effetto di una prolungata contestazione dei valori controculturali ha portato all’indebolimento dei modelli attuali così come il matrimonio tradizionale, la famiglia, la maniera di educare i bambini. Nel frattempo sono apparsi gli effetti collaterali della liberalizzazione dei costumi, inattesi e pericolosi per le donne e le famiglie. Nell’epoca del femminismo e della diffusione della correttezza, le differenze tra i sessi paradossalmente crescono. La crisi dell’educazione è diventata la principale ragione della crisi dello Stato. La gente entra nell’unione matrimoniale sempre più tardi. Nel 2006 in Gran Bretagna si è registrato il minimo di matrimoni da 110 anni, solamente 230 mila, negli anni 1940 ce n’erano 471 mila. Nel 1991 la sposa aveva 25 anni, lo sposo 26 – attualmente 30 e 32 anni. Lo spostamento dell’età del matrimonio provoca una frantumazione generazionale della famiglia. Possiamo notare sempre più spesso l’effetto missing link dello spezzamento del legame intergenerazionale e ne risentiamo gli effetti nella vita di tre generazioni. Oggi i 16-18enni lasciano i genitori e cominciano una vita indipendente, affittando una camera con il loro partner. La generazione femminile intermedia si occupa principalmente della carriera e del guadagno, mentre i nonni – se sono abili e indipendenti finanziariamente – approfittano della vita e non si interessano dei nipoti. 15


Già questa succinta presentazione dei problemi con cui si confronta la pedagogia e l’impotenza ed inefficacia a risolverli mostra il bisogno di cambiamenti radicali, sia nella sfera teorica, che in quella pratica. La questione non è facile, poiché sono apparse delle sfide che non esistevano fino ad ora nella storia dell’Homo sapiens. Questo libro sarà pubblicato in due parti. Nella prima discuteremo delle problematiche legate alla visione dell’evoluzione della civilizzazione e della società informatica futura, dell’evoluzione genetica e dei suoi effetti per la civilizzazione attuale. Allo stesso tempo sarà proposta una discussione sul tema dell’evoluzione sociale che esiste nell’ambito di questi problemi. Sembra necessario l’innalzamento della conoscenza scientifica come valore e del rispetto della verità. È un capitale inestimabile nel processo di costruzione della società civile. La scienza cognitiva deve esserne il punto iniziale. La prima parte esamina anche il significato della cultura per l’evoluzione sociale. In questo libro sono stati utilizzati i contenuti pubblicati in modo frammentario in molti articoli. Questi sono disponibili nella bibliografia.

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Capitolo 1

Le visioni dell’evoluzione della civiltà e la pedagogia

1. Evoluzione di civiltà e pedagogia Da molti secoli l’uomo ha cercato di indovinare il suo futuro. Ha cercato la conoscenza negli oracoli, come quello di Delfi, si è rivolto a stregoni, sciamani e astrologi ed ha pure cercato per conto proprio le risposte alle domande che lo intrigavano. Oggi egli cerca di trovare la risposta all’avvenire tramite le analisi scientifiche. Possiamo distinguere in generale due posizioni opposte per quel che concerne la visione dell’evoluzione umana. Una asserisce che ci troviamo di fronte ad un’evoluzione umana perpetua, la seconda lo nega e suggerisce un adattamento continuo dell’Homo sapiens ai cambiamenti ambientali.

2. Il concetto di evoluzione continua dell’uomo Alla base di questo concetto è l’ipotesi di un’evoluzione umana ininterrotta. I sostenitori dell’idea di evoluzione continua suppongono che l’essere umano sia soggetto ad un cambiamento continuo, dunque l’evoluzione non soltanto non si è fermata, ma al contrario ha subìto un’accelerazione. Come prova si portano molteplici esempi, come quello dello studio del gruppo di Stephen Stearns della Yale University1. Questi ricercatori hanno osservato una correlazione statistica tra donne basse e tozze e la grande quantità di bambini che esse partoriscono. Il mantenimento per un periodo prolungato di questa tendenza, secondo loro, condurrà 1

Stearns S.C., Hoekstra R., Evolution, an introduction, Oxford University Press, Oxford 2005.

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alla dominanza dei discendenti di queste madri su tutta la popolazione. Questo significa che la selezione naturale influisce in maniera essenziale sull’avvenire dell’uomo. Un altro esempio portato dai sostenitori di questa teoria è la diminuzione negli ultimi 30 mila anni del volume del nostro cervello del 10-15% e quella dei denti e mascelle. Secondo Geoffrey Miller2 l’evoluzione accelera significativamente a causa dell’apparizione di nuovi fattori, per esempio la libera scelta del partner, che delineano una direzione di sviluppo responsabile del successo economico e dell’educazione della prole. Più la tecnologia è avanzata, più l’intelligenza dell’uomo decide del suo successo nella vita, in quanto con l’avanzamento dello sviluppo tecnologico c’è bisogno di più intelligenza per padroneggiarlo, osserva Miller, aggiungendo che l’intelligenza è responsabile soprattutto del successo continuo nella vita. Secondo Miller la selezione artificiale tramite l’uso di tecnologie genetiche comporterà molti cambiamenti nell’avvenire, poiché i genitori potranno influire sulla selezione del materiale genetico da cui nascerà il “bambino dei sogni”. Sarà più attraente e sano. Jaron Lanier3 attira l’attenzione sulla possibilità per le persone benestanti di usare le proprie risorse materiali per rendere i propri figli più intelligenti, più felici, più belli e longevi. In questa maniera apparirà una nuova selezione che può portare dei cambiamenti profondi nell’uomo e generare una nuova specie di ominidi. Che cosa succederà invece se le motivazioni non apparterranno soltanto alla bella faccia dell’immagine umana? Eppure ciò può essere la strada per una grande sciagura per l’umanità. L’educazione deve essere previdente anche in questa area. Bisogna preparare l’uomo a far fronte a nuovi pericoli.

3. Evoluzione senza evoluzione Alla base di questo concetto giaceva la legge di selezione naturale creata da Darwin e sviluppata nell’ambito della teoria sociobiologica da Edward O. Wilson e da altri scienziati cognitivi. La selezione naturale ap2 Miller G.F., The Mating Mind: How sexual Choice Shaped the Evolution of Human Nature, Anchor 2001, p. 528. 3 Lanier J., Połowa manifestu, in Brockman J., Nowy Renesans. Granice nauki, Wydawnictwo CiS, Warszawa 2005; Idem (eds.), The New Humanists. Science at the Edge, Barnes & Noble, New York 2003.

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pare quando una certa mutazione genetica (come per esempio l’abbassamento della laringe che ha permesso lo sviluppo della lingua) è trasmessa alle generazioni future dando loro un vantaggio. Seguendo questo corso di idee, Wilson4 ha notato che «il processo di riproduzione sessuale crea ad ogni generazione nuovi genotipi, ma da solo non provoca l’evoluzione», poiché permette di acquistare certi vantaggi ed alla fine la mutazione diventa la norma. Seguendo questo filo di pensiero molti teorici si interrogarono sul punto di apparizione del cambiamento che porta all’innovazione genetica. Secondo Richard Dawkins, Ian Tattersall5 e molti altri, la dimensione della popolazione in cui può apparire il cambiamento genetico ha una grande importanza, esso infatti può apparire solo in piccole popolazioni, dal momento che in popolazioni non isolate l’incrocio illimitato di individui diminuisce la possibilità di una mutazione potenzialmente importante per arrivare nel pool genico. Attualmente abbiamo a che fare con questa situazione. L’umanità, utilizzando le possibilità illimitate di spostamento in ogni luogo, provoca la fissazione dello status quo dell’evoluzione umana e per di più il genetista Steve Jones ha portato l’attenzione sulla possibilità di “perdita di forza della macchina di Darwin”. Supporre la prospettiva di mancanza di evoluzione nell’uomo implica la necessità di seguire il ragionamento di Wilson ed analizzare il problema dell’immutabilità della natura umana, il che conduce in linea retta alla tesi di mancanza di possibilità di apportare dei cambiamenti, e quindi creare una società migliore. Helen Cronin6, riflettendo su questo problema, cerca di evidenziare la differenza che esiste tra la natura umana e il suo comportamento. La natura è immutabile e si manifesta in ogni bambino nato, mentre il comportamento ha una quantità infinita di varianti che sono legate all’ambiente. La natura umana è contenuta nel funzionamento biologico del cervello, geneticamente programmato, al contrario il comportamento è modellato dalla società, perciò non possiamo accettare la tesi di Steven Pinker7 che mette un segno di uguaglianza tra cervello e funzionamento della mente. 4

Wilson E.O., Socjobiologia, Zysk i S-ka Wydawnictwo s.c., Poznań 2000, p. 45. Tattersall I., I stał się człowiek. Ewolucja i wyjątkowość człowieka, WAP 2001. 6 Cronin H., Zrozumieć naturę człowieka, in Brockman J., Nowy Renesans. Granice nauki; Idem, The New Humanists. Science at the Edge, cit. 7 Cfr. Pinker S., Jak działa umysł, trad. M. Koraszewska, Wydawnictwo Książka i Wiedza, Warszawa 2002, p. 52. 5

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In verità lo fa indirettamente, asserendo l’idea che «la nostra mente è adattata ad un ritmo di vita da tempo trascorso e non alla totalmente nuova civiltà agricola ed industriale». Analizzando il problema del comportamento, possiamo osservare che alcuni comportamenti propri dell’uomo hanno un carattere universale. Lo sviluppo della civiltà è il risultato di uno sviluppo socio-culturale. Questa associazione è accettata da lungo tempo dalla pedagogia e per di più ne costituisce uno dei canoni, perciò se vogliamo parlare di pedagogia cognitiva, non possiamo omettere questa questione. Prima di cominciare a descrivere il ruolo della cultura bisogna trattare il problema della relazione tra cultura e geni. Wilson nota che i geni danno una predisposizione alla creazione della cultura, in altre parole la dirigono. Lo scienziato ha riassunto il processo come segue: “I geni tengono la cultura al guinzaglio”8. A questo riguardo ha un’opinione diversa Michael Tomasello, che dopo un profonda analisi ha notato che i cambiamenti genetici avvengono su scala di milioni di anni, mentre l’uomo ha effettuato la sua marcia in poco tempo, il che suggerisce l’esistenza di un fattore al di là della biologia. Secondo lui questo meccanismo è la trasmissione sociale e culturale, che è stata chiamata evoluzione culturale cumulativa.

4. Tendenze determinanti i cambiamenti di civilizzazione Nei ragionamenti precedenti ho attirato più volte l’attenzione sull’evoluzione sociale come principale fattore dell’evoluzione della civilizzazione umana. La comprensione di questa evoluzione ha un grande significato per la direzione di sviluppo delle scienze sull’educazione, tra cui la pedagogia. Guardando da questa prospettiva analizzerò i cambiamenti che accadono nelle società sotto l’influenza dei mezzi informatici e gli effetti pedagogici che ne risultano. Le metamorfosi dinamiche, a cui sono state sottoposte le società dopo la seconda guerra mondiale, sono state velocemente percepite dal mondo della scienza. Sono state dapprima definite come “folla solitaria”, “rivoluzione dell’organizzazione”, “l’uomo dell’organizzazione”, “rivoluzione delle comunicazioni”, “secolo dell’informazione”, “secolo genetico”, “seconda divisione industriale”, “l’uomo di Turing”, per giungere a denominazioni che precisano più strettamente i fenomeni che accompagnano 8

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Discuterò in maniera più approfondita di questa questione nel terzo capitolo.


la rivoluzione informatica, per esempio “Era Cosmica”, “Era Informatica”, “Era Elettronica”, “Era dell’Acquario”, “Villaggio Globale”, “Secolo Tecnotronico”, “Rivoluzione Scientifico-Tecnica”, “Terza Onda”, “Prima Rivoluzione Globale”. Le denominazioni citate includono fenomeni e processi spesso distanti tra di loro e creano una moltitudine di posizioni ed opinioni sulla società contemporanea. A causa della egemonia delle nuove tecnologie, sempre più spesso si accetta la locuzione società informatica. Analizzando le opinioni a riguardo, sebbene vi siano senza dubbio delle differenze, esistono molte caratteristiche comuni. La principale caratteristica esposta dai teorici è il cambiamento nelle comunicazioni, ove i media elettronici sono diventati dominanti. La crescita dell’importanza dell’informazione, che ha cominciato ad avere un influsso essenziale sull’arricchimento delle società, ha contribuito ad aumentare i bisogni dei cittadini. Il modello proposto dai teorici è stato quello di una società ricca in informazioni9 disponibili a richiesta e secondo il bisogno. Il sociologo americano Daniel Bell, mostrando nel 1959 a Salisburgo il concetto di “società postindustriale”, di cui la conoscenza teorica è l’asse principale, ha esposto la tesi che informazione è ricchezza. Ha previsto l’aumento del livello scientifico e la crescita a valanga delle tecnologie intellettuali moderne. Più generalmente esistono due approcci alla previsione dei cambiamenti nella civilizzazione: normativo ed esplorativo. L’approccio normativo prevede l’accettazione di una certa visione desiderata del futuro (scenario di sviluppo degli eventi) e analizza sotto quali ipotesi e con il superamento di quali ostacoli è possibile la sua realizzazione. Questo approccio influisce sulla formazione del futuro e serve alla scelta ottimale di soluzioni a problemi concreti. In altre parole ci dice come dovrebbe essere. Vediamo questo approccio in molte visioni presentate, per esempio, da Bill Gates per quanto riguarda lo sviluppo di reti informatiche, oppure da Thomas Friedman – un mondo in rete appiattito tramite l’uso di tecnologie informatico-comunicative. L’approccio normativo è fortemente contaminato da concetti ideologici; basta ricordare le ideologie presenti attualmente, per esempio il socialismo o il cosiddetto politically correct che guadagna sempre più proseliti. Vale la pena prestare attenzione all’influenza di queste idee sull’uo9

Cfr. Zacher L.W., Rewolucja informacyjna, czyli społeczeństwo bogate w informacje, Wydawnictwo Transformacje, Warszawa 1992.

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mo. Ogni idea, anche se ha un carattere utopico, influenza la maniera di pensare ed agire di milioni di persone, essa costringe le élite al potere a modificare i propri principi. È sempre stato così da quando l’uomo ha cominciato il suo percorso di espansione sulla terra. Infatti, ciò risulta dall’abilità dell’uomo di modificare i propri comportamenti. La maggior parte delle analisi concernenti l’avvenire erano basate sull’approccio esplorativo, che consiste nel fare delle deduzioni sul futuro basandosi sul passato ed il presente. Esse servono tra l’altro a creare le cosiddette previsioni ammonitrici e ci dicono come potrebbe essere. L’approccio esplorativo è molto in voga poiché è abbastanza facile adattare l’esperienza del XIX e XX secolo alle condizioni odierne. La conoscenza del passato, delle possibilità avveratesi e dei pericoli che vi sono occorsi sono un punto di riferimento per il presente. Ciò permette di caratterizzare il processo di cambiamento ed in seguito prevederne il futuro. Questo approccio è tuttavia macchiato da un grande difetto, causato dalla complessità e grande dinamica dei cambiamenti che accadono nel mondo. Ulrich Beck10 identifica le cause degli errori occorsi: • nel carattere della società industriale, che è una società semimoderna; • nelle categorie attraverso le quali pensano i creatori delle teorie di cambiamenti prevedibili. Secondo la teoria prima citata, la discussione sui cambiamenti nel campo della modernizzazione delle precedenti direzioni di mutazione dello stato esistente non è corretta, visto che la realtà futura appartiene ad un mondo diverso. La differenza risulta dall’uso da parte dell’uomo di utensili diversi, dalle condizioni ambientali diverse e da fattori fino ad ora sconosciuti all’uomo. Abbiamo a che fare dunque con due mondi diversi, due realtà differenti che non si accordano in alcun modo. Sia l’approccio normativo che quello esplorativo presentano molte previsioni. Esse sono state introdotte sotto forme diverse, per esempio come concetti teorici, analisi e resoconti e anche previsioni complesse. I concetti teoretici basano spesso le proprie tesi su un solo fattore fondamentale, per esempio l’informazione (Daniel Bell), i media (Marshall McLuhan), l’energia (Alwin Toffler). Questo ha condotto ad una eccessiva enfasi del fattore considerato, trattando allo stesso tempo gli altri come secondari. Nonostante questa debolezza delle teorie presentate, la 10

Beck U., Społeczeństwo ryzyka, W drodze do innej nowoczesności, Wydawnictwo Naukowe SCHOLAR, Warszawa 2004, p. 331.

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scoperta, da parte dei ricercatori, di un dato fattore ha avuto un gran significato per le generazioni seguenti di osservatori ed ha anche trovato considerazione nelle discussioni dei pedagogisti. Ciò ha anche costretto i futurologi successivi a prendere in considerazione i fattori scoperti nelle loro previsioni ed a crearne delle forme più complesse. L’applicazione di approcci globali è stata più volte tentata nel passato. Un esempio è dato dal Rapporto del 1972 del Club di Roma intitolato I limiti dello sviluppo che con il tempo si è rivelato un documento di poco valore. Un destino simile è toccato al Report on the Year 2000 pubblicato nel 1979, i cui autori erano membri di una commissione creata dal presidente Carter. In questo rapporto non si è previsto alcun avvenimento importante che sia accaduto negli anni seguenti. Anche i tentativi di inserimento nel processo di previsione di programmi informatici, per esempio FORECAST (previsione), non sono giunti a granché. Alcune delle previsioni avevano un carattere caricaturale, come la previsione datata 1890 asserente che, a causa dell’aumento della circolazione equestre a New York, le vie sarebbero state coperte nel giro di 30 anni da mezzo metro di escrementi equini. Le istituzioni internazionali fino ad adesso non se la sono cavata meglio, come ad esempio l’Organizzazione per lo Sviluppo e la Collaborazione economica, che nel resoconto del 1980 prevedeva un netto rallentamento dell’avanzamento tecnologico. Vi sono molte cause della bassa efficacia delle previsioni. La più comune è un problema di carattere metodologico. Gli scienziati che effettuano le previsioni, temendo di essere accusati di non scientificità, si attengono strettamente a teorie ben documentate, in tal modo creano delle previsioni basate su eventi accaduti nel passato. La formulazione di una previsione altamente probabile ha invece bisogno di qualcosa di più, è legata all’immaginazione, alla connessione di fatti lontani ed anche alla presa in conto di un’evoluzione sociale basata sulle basi biologiche di funzionamento dell’uomo. Si pone poi un altro problema connesso alla comparsa di nuove tecnologie, impossibili da prevedere. Alcune tecnologie non trovano applicazione al momento della scoperta, altre sono sfruttate immediatamente, altre ancora hanno bisogno di molto tempo per diffondersi. Un esempio può essere l’invenzione in Cina di timbri con simboli che non hanno rivoluzionato la stampa dei libri. Solo molti anni più tardi la stessa idea è stata sfruttata da Gutenberg per creare il torchio da stampa e contribuire a dei profondi cambiamenti sociali in Europa e nel mondo. 25


Anche le previsioni di grandi pensatori sono tra loro contraddittorie. Stanisław Lem11, uno dei migliori creatori di letteratura science fiction, nota nel libro Bomba megabitowa che «l’involata mondiale dei computer sembra arrivare al limite e allo stesso tempo alla sua fine». Thomas Friedman12 nel già citato libro Świat jest płaski esprime a sua volta l’opinione contraria. Gli esempi di Lem e Friedman mostrano come sia difficile profetizzare sulle innovazioni, eppure ogni visione creava un’arena di discussione. Analizzando i concetti che rappresentano allo stesso tempo sia l’approccio normativo che quello esplorativo, possiamo osservare qualche tendenza che si sta delineando. Le più evidenti sono i processi di globalizzazione che appaiono in economia, cultura, comunicazione ed anche nelle strutture e nel funzionamento sociale. I cambiamenti economici sono caratterizzati da un afflusso illimitato di capitale, costruzione di strutture soprannazionali ove l’uomo diventa un ingranaggio della macchina corporativa. Lo scambio culturale crea un genere di cultura pop specifica, che consiste in un amalgama di diverse attività umane condotte su scala globale. Essa è pervasa da tecnologie di comunicazione, poiché i media costituiscono un elemento del sistema di cultura pop creata. Nella struttura culturale domina la comunicazione mediatica che crea un mondo virtuale. L’aspetto sociale dei cambiamenti è un sistema pluridimensionale ove si intrecciano al contempo fenomeni globali e locali. Su scala globale appare una distanza crescente tra società povere e ricche. All’interno delle società si creano anche delle differenze, per esempio nell’accesso all’informazione. Il modello relativistico di società amplia la sua portata. Propagate dai media e dai sostenitori della “terza cultura”, le prospettive di usufruire della vita hic et nunc, di trasformarla in un gioco perpetuo, sospingono nell’ombra il modello di pensiero, nelle categorie di vita nell’oltretomba. Questo porta delle conseguenze che si spingono lontano; infatti, ciò provoca un singolare obbligo di esclusione dalla vita della prospettiva religiosa13 e per di più traduce la razionalità in spiritualità. Da una prospettiva storica, più di una volta si è svolto il dibattito tra vedute materialistiche e spirituali. Tuttavia, attualmente abbiamo una si11

Lem S., Bomba megabitowa, Wydawnictwo Literackie, Kraków 1999. Friedman T.L., Świat jest płaski. Krótka historia XXI wieku, Dom Wydawniczy REBIS, Poznań 2006. 13 Cfr. Plopa M., Człowiek u progu trzeciego tysiąclecia, Oficyna Wydawnicza Impuls, Kraków 2005, p. 14. 12

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tuazione diversa da ciò che accadeva nel passato. L’immediatezza e quantità del flusso di informazioni insieme all’apparizione di un intermediario di comunicazione nella forma dei media, hanno causato la comparsa di una nuova e precedentemente non riscontrata situazione nell’evoluzione sociale dell’Homo sapiens. La prospettiva di visione del mondo è cambiata per milioni di persone, così come la posizione data all’uomo nel circolo sociale e nell’ambiente naturale. Le crescenti aspettative di realizzazione immediata dei desideri causano una crescita dell’importanza dello stile di vita consumistico. Un aspetto caratteristico dei cambiamenti in corso è un’accelerazione incontrollata della rivoluzione tecnologica. Ciò causa degli effetti difficilmente prevedibili per il mercato del lavoro, dei servizi, del commercio, dell’amministrazione, della sanità, dell’educazione e della vita quotidiana dell’uomo. Le tendenze espresse mostrano qualche fenomeno essenziale che si riscontra nelle società moderne. Queste sono state presentate in molte versioni, per esempio da John Naisbitt14, Fritjof Capra15, Bronisław Siemieniecki16 ed il già citato Mieczysław Plopa17. Mettendo in ordine queste tendenze, possiamo citarne otto ben delineate importanti per la pedagogia: 1. Il sentimento di alienazione nel mondo, sempre più artificiale, che ci circonda. L’atomizzazione che avanza nelle famiglie indebolisce il sentimento di influenza sul proprio destino e quello degli altri. 2. Un adattamento sempre minore all’ambiente che cambia dinamicamente. La nascita di numerose tensioni, risultato di una dissonanza crescente tra il ritmo naturale di vita e le trasformazioni della civilizzazione moderna che accelerano sistematicamente. La dissonanza sempre più profonda è un effetto dell’inadeguatezza biologica dell’uomo a dei cambiamenti così improvvisi nell’ambito socioculturale come quelli causati dalle nuove tecnologie. 3. L’aumento dell’importanza della conoscenza che indica un bisogno di un’educazione sempre più effettiva centrata sull’uomo, sulle 14

Naisbitt J., Megatrendy, Dziesięć nowych kierunków zmieniających nasze życie, trad. P. Kwiatkowski, Zysk i S-ka Wydawnictwo, Poznań 1997. 15 Capra F., Punkt zwrotny, PIW, Warszawa 1987. 16 Siemieniecki B. (red.), Pedagogika medialna, Wydawnictwo Naukowe PWN, Warszawa 2007. 17 Plopa M., op. cit.

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sue capacità creative; un uomo che è caratterizzato non soltanto da una grande conoscenza professionale, ma soprattutto da saggezza secondo il principio “per prendere decisioni e fare delle scelte bisogna dapprima sapere”. 4. Presenza universale di nuove tecnologie informative nel processo di educazione. 5. Una crescente razionalizzazione e tecnicizzazione della vita, un tempo di cambiamenti rapido, la corsa al successo, la vita nel presente, senza riflessioni più profonde, il rimandare a un secondo piano lo sviluppo spirituale dell’uomo. 6. Le perturbazioni crescenti nella comunicazione intergenerazionale, la caduta dell’autorità, tra cui l’autorità degli anziani e i cambiamenti nel funzionamento della famiglia. 7. La sfera crescente di pericoli da parte delle nuove tecnologie di comunicazione. 8. La crisi dei modelli di vita, dei valori umanistici, dei modelli di organizzazione del mondo, dei paradigmi di civilizzazione e religiosi. I fenomeni rappresentati ed i bisogni che ne risultano formano le direzioni dei cambiamenti attesi; l’Europa e gli Stati Uniti vi pongono l’accento in maniera diversa. Le visioni europee si ricollegano alla tradizione illuminista che sta nello spazio umanistico-culturale. La visione europea pone l’accento sul contesto dei cambiamenti sociali e istituzionali che servono all’innalzamento della qualità di vita e del lavoro dei cittadini. In questo modello «si dà un’importanza maggiore al contenuto dell’informazione e della trasmissione che alla creazione della stessa infrastruttura teconlogica»18. L’ideologia americana si appoggia sulla creazione della cybercivilizzazione, che funziona sulla base dell’accesso universale a reti a banda larga che distribuiscono informazione (infostrade), che sono tenute a dare agli Stati Uniti il comando del sistema globale di comunicazione e di conseguenza condurre alla «redditività del settore dell’informazione, lo sviluppo del commercio elettronico e servizi, la creazione di mestieri e nuovi posti di lavoro»19. 18

Żechowska B., Bilans antycypowanych treści i strat w edukowaniu nauczyciela–Europejczyka, in Kwiatkowska H., Lewowicki T., Dylak S. (red.), Współczesność a kształcenie nauczycieli, Wyższa Szkoła Pedagogiczna ZNP, Warszawa 2000, pp. 45-46. 19 Ibidem.

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