Utilità e bellezza it

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Nicola Squicciarino, Utilità e bellezza. Formazione artistica ed arti applicate in Gottfried Semper, Armando, Roma 2009, pp. 1-496. Il lavoro di Squicciarino, preceduto da un’introduzione di H. Bausinger, è un diligente, originale approccio interdisciplinare agli scritti semperiani che nel panorama degli studi su Gottfried Semper (1803-1879) rappresenta una novità certamente per l’Italia, ma anche per i paesi di lingua tedesca. Il volume, arricchito da numerose illustrazioni e soprattutto da un preziosissimo apparato di note, inizia con un ampio capitolo che descrive la vivace realtà politicoculturale di Dresda degli anni ‘30, la città in cui il giovane Semper comincia con successo la sua attività come docente ed architetto. Qui egli, interpretando le nuove esigenze della borghesia, pone al centro della pianificazione architettonica non più chiese e castelli, ma teatri e musei, edifici quindi con finalità culturali. Nelle realizzazioni e nei progetti architettonici l’interesse di Semper non è rivolto solo all’aspetto costruttivo, ma anche all’aspetto decorativo da lui sempre inteso come parte pienamente costitutiva dell’intero progetto architettonico. Lo scritto accenna alle sue idee riformatrici nel campo della formazione artistica che già emergono in questa fase iniziale e, in ambito architettonico, alle correnti del suo tempo con cui Semper si confronta. Nonostante il profondo radicamento nella cultura classica, egli s’interroga infatti sul nuovo che cominciava ad affermarsi, anche sull’impiego del ferro in architettura, e non disdegna la sperimentazione con le moderne tecniche. Squicciarino si sofferma in particolare sulla determinante esperienza che Semper - costretto a fuggire da Dresda a motivo della sua partecipazione ai moti rivoluzionari del 1949 - vive a Londra ove ha modo di partecipare all’evento della prima esposizione internazionale londinese del 1851. Questo quadro comparato di tutte le attività umane gli dischiude il mondo della cultura materiale, è fonte di importanti e nuovi stimoli che lo inducono a rielaborare ed arricchire la propria concezione artistica e ad esporla in diversi scritti. In un’epoca in cui si affermava il potere della macchina Semper si colloca fra tradizione e progresso tecnico: da una parte mette in luce la valenza artistica dei prodotti della manualità, pure quelli dei popoli di cultura non europea, dall’altra non rifiuta le potenzialità della moderna tecnica e si pone il problema di come conciliare tecnica ed arte, produzione industriale e gusto per il bello. Bisognava garantire un futuro all’arte che rischiava di soccombere dinanzi alla crescente affermazione della tecnica e, da antesignano dell’industrial design, sente l’esigenza di trovare forme e metodi per una progettazione estetica degli oggetti d’uso che fosse in sintonia con la nuova realtà produttiva. Nei suoi scritti considera perciò come indilazionabile un’adeguata formazione di artisti e artigiani, un innalzamento del gusto artistico da estendere agli stessi fruitori dei loro prodotti, al popolo. A tal fine assegna grande importanza alla funzione didattica dei musei, suggerisce il potenziamento e la creazione di raccolte d’arte applicata e l’organizzazione di conferenze da tenere negli spazi museali. Nella trattazione di tale tematica il lavoro di Squicciarino pone in luce il significativo contributo di Semper alla creazione del ‘South Kensington Museum’, attraverso cui si intendeva colmare il divario fra il prodotto meccanico e la sua forma artistica emerso in tutta la sua gravità con la ‘Great Exhibition’. Il carattere interdisciplinare e divulgativo di tale museo - in cui vennero raccolti i campioni più interessanti presenti all’esposizione del 1851 e che costituì il nucleo dell’attuale ‘Victoria & Albert Museum’ - ne fa fece uno dei primi ed originali esempi di una nuova concezione della museografia, il modello di molti successivi musei di arti applicate. L’insegnamento al ‘Department of Pratical Art’ di Londra offre inoltre a Semper l’opportunità di rielaborare le sue idee di riforma della didattica. Egli è profondamente convinto che per superare la decadenza dell’arte dei suoi tempi e favorire una stimolante formazione in campo artistico bisognava incentivare l’apprendimento negli atelier, congiungere i diversi ambiti del <<sapere>> e del <<saper fare>>, le conoscenze teoriche e le abilità manuali, ed in particolare superare la frattura fra le cosiddette arti ‘minori’ e le arti ‘maggiori’. Il volume di Squicciarino richiama l’attenzione del lettore sul fatto che l’architetto Semper, partendo da una visione storico-evolutiva del divenire delle forme artistiche, negli scritti dopo il 1851 ribadisca più volte l’importanza prioritaria delle arti applicate o ‘tecniche’. Il salto qualitativo nella produzione artistica in generale, ed in campo architettonico in particolare, richiedeva la necessità di ripartire ‘dal basso’, dalla vitalità del sentire estetico proprio dell’arte popolare. Egli sostiene che <<i mutamenti radicali negli stili architettonici vennero sempre preparati da innovazioni precedentemente introdotte nella pratica artigianale>>, che le forme ed i principi del bello dell’architettura furono presi a prestito dalle arti applicate,


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