Tacco & Sperone 7

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Organo Ufficiale dell’Associazione Regionale Pugliesi

Anno III Num. 7 Iscritta all’Albo delle Associazioni e delle Federazioni dei Pugliesi nel Mondo della Regione Puglia e all’albo delle Associazioni della Prov. di Milano

Sede: Via Pietro Calvi, 29 - 20129 MILANO - e-mail: arpugliesi@tiscali.it - www.arpugliesi.com - gruppo Facebook “Terre di Puglia”

SPECIALE

VIIa Edizione


L’ESSERE PUGLIESE: ORGOGLIO CHE VA OLTRE I CONFINI REGIONALI Carissimi Amici “terun istes de mi”, come dicono a Milano, oggi mi svesto dei panni istituzionali e vesto i panni informali del pugliese di strada (solo apparentemente meno impegnativi), per parlare solo di noi, del nostro essere, del nostro orgoglio d’appartenenza. Iniziamo col dire che noi pugliesi siamo cittadini del mondo. Non “apolidi” cioè senza legame con la terra, ma abitanti del globo. Ci sappiamo, infatti, adattare ad ogni situazione, grazie anche e soprattutto ad una versatilità che fa il pari con la nostra operosità. Un’operosità che ha saputo confondersi, prima, e fondersi, poi, con quella che contraddistingue il cosiddetto “primato dei polentoni” cioè degli amici “padani”. Al di là della crisi, di Tremonti prima e di Monti poi, non abbiamo mai perso le nostre grandi passioni: la voglia di vivere, la voglia di esserci e coinvolgere. In questo si racchiude l’orgoglio pugliese. Un modo di essere cha abbiamo esportato ovunque. Pensate, amici miei, che in ogni angolo del mondo che ho visitato, ho trovato sulla mia strada un “pugliese”. Pensate che, anche con i ragazzi della Scuola che sto ultimando in Kenia, parlo spesso pugliese e (e non è una battuta… o almeno non del tutto…) altrettanto spesso, loro stessi capiscono e rispondono col dialetto di Bisceglie che, ormai, risulta quasi più conosciuto della loro lingua locale. Per dirla in breve, quindi, io amo esportare, ovunque vada, il mio essere figlio del tavoliere, sempre! In tutti i contesti in cui mi sono calato, infatti, da quello professionale, a quello istituzionale, non ho mai perso di vista le mie origini, che mi hanno sempre permesso di affrontare le sfide della vita con un sorriso e una dose infinita di ottimismo. Forse perché, quando chiudo gli occhi per le poche ore di sonno, 3/4 per notte, a causa del mio lavoro, che inizia quando gli altri entrano nel dolce dormire, sento il dolce suono del mare che scalda il mio cuore e mi fa ripensare alle mie origini. Origini, che, insieme all’orgoglio di appartenenza sono gli spunti che, se colti, permettono di trasformare un uomo banale e comune in un uomo che è in grado di avere un ruolo da protagonista nella vita. Non importa dove si opera, e cosa si fa, non importa se il fare si traduce in atti meritevoli o semplicemente corretti, ciò che importa è essere consapevoli che un uomo senza storia e radici non può cogliere il futuro e le sue sfide. Per questo, dico a tutti voi, a tutti noi, di non dimenticare mai da dove veniamo e, con orgoglio, di affermare sempre il proprio essere, le proprie origini. Chi è orgoglioso del proprio essere, delle proprie origini, non teme la vita e, soprattutto, la affronta senza mai piangersi addosso. Questo è il sentimento che contraddistingue l’appartenere a qualcosa che si ama, che non si dimentica, e che si vuole sia sempre parte del proprio essere. Questo è essere orgogliosi. Questo per noi è e sarà sempre la Puglia. Cav. Dino Abbascià Presidente Associazione Regionale Pugliesi

La Striscia

di Alessandro Guido

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Armandone, giovane trentaquattrenne tarantino studente di economia e commercio, un po’ fuori corso, un po’ no, riflette tanto su temi di attualità tarantina e non, spesso sfocia nel mondiale, ma comunque senza mai preoccuparsi troppo essendo in ogni caso vicino a mammà con la quale vive quotidianamente, condivide riflessioni e proiezioni, e soprattutto, la PASTA AL FORNO past a u furne.

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Sommario 4

I piaceri della tavola

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Tacco & Sperone: I Maestri Principe e Palumbo legati da antica la sfida ...continua! amicizia

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Venite nel Salento... I riti pugliesi della per diventare Santi! Settimana Santa rappresentati a Milano

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La città di Herdonia

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anno III, n.7

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Lo Scemo del paese

SPECIALE VIIa edizione Premio Ambasciatore di terre di Puglia

Supplemento a “Il Leuca”

A Novoli ...per la Grande Focara

“Un tesoro nascosto” del Gen. Samuele Valentino

Sapori e Saperi di Puglia a Milano

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RECENSIONI

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In ricordo di Domenico Montalto

Hanno Collaborato: Francesca Basile, Ornella Bongiorni, Michele Bucci, Geovana Cléa, Giuliana de Antonellis, Stanislao De Guido, Alessandro Guido, Carmen Mancarella, Anna Pastore, Armando Pisanello, Maurangelo Rana, Paolo Rausa, Felice Ricchiuti.

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Se dovessi nascere italiana e potessi scegliere...

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Gli Italiani di Crimea ricordano a Kerch il 70°della deportazione

La direzione declina ogni re­spon­sabilità al contenuto degli articoli firmati, poiché essi sono diretta espressione del pensiero degli autori. La direzione si riserva di rifiutare qualsiasi collaborazione o inserzione di cui non approvi il contenuto. Foto e manoscritti, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. La collaborazione a questo giornale è a titolo gratuito.

Aut. Trib. di Lecce n. 999 del 9 settembre 2008

arpugliesi@tiscali.it info: 347 4024651 - 392 5743734

Editore: Associazione Regionale Pugliesi Presidente: Dino Abbascià Direttore Responsabile: Agostino Picicco Fondatori e co-direttori: Giuseppe Selvaggi e Giuseppe De Carlo

Stampa: Studio Pixart S.r.l. Quarto d’Altino (Ve)

Realizzato in collaborazione con:

Redazione e Sede Legale: Via Pietro Calvi, 29 - Milano Pagina 3


I piaceri della tavola di Agostino Picicco I prodotti tipici della nostra terra ci riportano al piacere del cibo in ambienti caldi e accoglienti e in compagnia di persone allegre, simpatiche, familiari. Per questo proprio durante la stagione invernale vengono valorizzati cibi particolari, un tempo definiti “cibi poveri” per la loro economicità, comunque ricchi di sostanze nutritive. Castagne, mandorle, legumi, salumi, funghi, formaggi, marmellate, ecc. – per un certo periodo dimenticati, forse anche per rimuovere i simboli gastronomici della miseria - oggi ottengono grande successo, come dimostra l’apertura di ristoranti con menù tradizionali specializzati nella loro preparazione e adeguata presentazione in ceramiche antiche (il tutto a prezzi astronomici soprattutto nei ristoranti delle grandi città). A favorirne, poi, la conoscenza presso il grande pubblico provvedono le sagre paesane che vedono tali alimenti protagonisti indiscussi. Ritengo che questa riscoperta ponga il discorso del gusto in una prospettiva culturale, aliena da mode passeggere o da creatività di dubbie combinazioni, al fine di radicare il buon cibo nella promozione della cultura locale rispetto a prodotti di importazione. Un modo per dire basta all’invadenza dell’industria del surgelato è la riscoperta della magia dei profumi delle lunghe cotture arricchite dal consumo collettivo, proprio per riscoprire accanto al buon gusto anche la socialità. E’ vero che la dispensa di oggi è costituita dal freezer (e in questo senso anche i nuovi elettrodomestici si sono adeguati con

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ampi spazi dedicati alla conservazione) grazie anche alla varietà di prodotti in questo settore, ma in tanti stanno scegliendo il prodotto di qualità, la ricetta regionale e la cena in compagnia. La cucina, cioè, più che uno stile alimentare, sta diventando uno stile di vita, espressione della cultura e dei valori della zona d’origine: ci rappresenta e ci racconta, è una valida testimonianza di cultura e storia, un patrimonio da conservare e tramandare. Certi prodotti, ad esempio, ricordano la necessità di superare inverni freddi e sono legati al clima, certi altri si ricollegano alle coltivazioni locali, alle disponibilità economiche, a mestieri ormai dimenticati. Questo tipo di cucina esprime una cultura dinamica, in evoluzione, che si arricchisce grazie ai contatti con le altre tradizioni alimentari, restituendo l’identità del territorio. Taluni cibi, poi, riportano direttamente al clima della festa. A tal proposito ci si potrebbe interrogare se esiste un legame tra la frittura e la festa. E’ un dato di fatto che nei giorni che precedono le maggiori solennità, le “vigilie”, è tradizione fare i dolci a base di pasta fritta. Si tratta di dolci poveri che ricordano un tempo caratterizzato appunto da povertà e da creatività nell’uso dei prodotti esistenti, valorizzando l’usanza secondo la quale gli avanzi non devono essere gettati. Se è lecita una nota conclusiva, è difficile giudicare quali siano i piatti più gustosi: in Italia si mangia bene dappertutto. E l’emigrante, o chi viaggia spesso per piacere o per professione, lo sa. Se poi la buona tavola si raccorda con ambienti tra il raffinato e il rustico, con una buona accoglienza e una buona compagnia, il gioco è fatto e stare a tavola diventa una gioia “globale”.


Tacco&Sperone: la sfida ...continua! di Giuseppe De Carlo Ogni volta che riguardo la bozza di “Tacco & Sperone”, provo la stessa ansia e la stessa emozione che ho provato nel primo numero, il numero “zero”. Tantissime le aspettative e con sé la paura di sbagliare. E come la prima volta trascorsi la notte a rivedere centimetro per centimetro questi fogli A4, cosi ancora oggi rileggo tantissime volte i vari articoli, nonostante la supervisione del direttore responsabile e del direttore. Tra poche ore queste scritte digitali, passeranno da pensieri virtuali a storia, che rimarrà nel tempo. Qualche mese fa mi è stato conferito il “Premio Salento da Comunicare 2012”, premio rivolto a giornalisti e esponenti del mondo della comunicazione. Guardando il mio nome, che quasi scompare di fronte alle prestigiose penne dell’albo d’oro, penso a tutto lo staff che ha creduto in questo progetto, che piano piano, ha iniziato a crescere, ha preso forma ed è diventato di tutti, sfiorando i quasi 15mila lettori a numero. Sono i soci dell’Associazione, i conoscen-

ti, le diverse amicizie nate grazie alle varie iniziative e manifestazioni, che hanno contribuito e contribuiscono tuttora alla realizzazione e al successo di Tacco&Sperone. Il periodico è sorto dall’esigenza forte di “condivisione” di esperienze, eccellenze, relazioni, che legano due Terre come la Puglia e la Lombardia, lontane sulla carta geografica, ma da secoli vicine in un sistema sinergico. Mi accorgo, quindi, che le sensazioni diventano più intense e la responsabilità si fa sentire sempre più forte ed ancora più pressante, ma il pensiero va già al prossimo editoriale, alla prossima copertina, al prossimo ...Tacco& Sperone.

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In occasione della Borsa Internazionale del Turismo 2012 si è svolta la cerimonia del Premio “Salento da Comunicare” assegnato a giornalisti ed esponenti del mondo della comunicazione. Tra i premiati di questa edizione il dott. Giuseppe De Carlo (responsabile della comunicazione dell’Associazione Regionale Pugliesi, direttore de “Il Leuca” e tra gli ideatori del periodico “Tacco&Sperone”).

Il Presidente e il direttivo dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano esprimono vivo compiacimento per il meritato riconoscimento. Pagina 5


Venite nel Salento ... per diventare Santi! a cura di Carmen Mancarella A metà marzo nei paesini dell’entroterra idruntino: Minervino, Cocumola, Uggiano La Chiesa, Vignacastrisi e Giurdignano si festeggia San Giuseppe in un modo del tutto originale. Rivivono il 18 e il 19 marzo le Tavole di San Giuseppe, allestite in piazza dalle amministrazioni comunali e nelle case dai privati, in segno di devozione verso il Santo. Nelle piazze viene apparecchiata una Tavola lunga 40 metri per la Sacra Famiglia e dieci Santi. Da degustare, recitando preghiere ci sono ben nove pietanze che rappresentano il meglio della gastronomia salentina e che hanno tutte un forte valore simbolico. La Sacra Famiglia composta da Maria, Giuseppe e Gesù siede accanto ai dieci Santi: Sant’Anna, Santa Elisabetta, San Zaccaria, San Gioacchino, San Filippo, San Giovanni, Santa Maria Cleofe, Sant’Agnese e San Giuseppe D’Arimatea. Non indossano i panni colorati, nel segno del folklore, ma i panni della vita quotidiana. Ogni anno infatti ad impersonare i Santi sono persone care, persone che soffrono oppure ospiti illustri. La rivista di turismo e cultura del Salento, Spiagge, (www.spiaggepuglia. it), la Pro Loco di Minervino (prolocominerva@libero.it), l’associazione degli operatori turistici di Vignacastrisi, Vi.t.o. (www.vignacastrisi.it), i B&B Casa Pasca di Cocumola, (www.casapasca. it), danno la possibilità ai loro ospiti di impersonare i Santi. E’ un’esperienza da fare perché ricca di suggestioni. Il pacchetto turistico propone anche di Pagina 6

visitare i Comuni di Minervino, ci, secondo altri dai monaci biCastro, Nardò, Presicce e Unione zantini, intorno all’anno Mille. A della Grecìa salentina, per assi- Martigano il gruppo Arakne me-

stere ai particolari riti della Settimana Santa e della Pasqua. I RITI DELLA SETTIMANA SANTA E LA PASQUETTA DI CALIMERA Le Tavole precedono i riti della Settimana Santa, la Pasqua e la Pasquetta salentina, che quest’anno cadono l’8 e il 9 aprile. Durante la quaresima si vivono riti unici. Nelle chiese di Calimera, paesino della Grecìa Salentina, un’area composta da undici paesi, nel cuore del Salento, dove si parla ancora il griko, riecheggiano le preghiere in griko dei suoi abitanti. L’obiettivo è di rivolgersi a Dio utilizzando la madre-lingua, che in questi paesini non era, una volta, né l’italiano, né il dialetto salentino, ma la lingua grika, un dialetto molto simile al greco che secondo alcuni venne importanto nel Salento dagli antichi coloni gre-

diterranea esegue i Canti della Passione, canti in griko antichissimi che i contadini intonavano durante tutta la quaresima, girando con flauti e tamburelli tra le masserie. Cantavano la Passione di Cristo, commuovendosi e piangendo. LA PASQUETTA DI CALIMERA IL RITO DELLA RINASCITA LA PASQUETTA è da non perdere. A Calimera il Lunedì dell’Angelo (9 aprile) si celebra il rito della rinascita. Nella chiesetta di San Vito, alla periferia del paese, c’è una grande pietra conficcata nel pavimento con un foro al centro. Tutti, magri o grassi, riescono a passarci dentro. Porta fortuna: è il simbolo della fertilità. CASTRO, UN MARE DI CULTURA Città di mare, di pescatori, città


messapica, Castro si divide in due: Castro Alta e Castro marina e si affaccia sul mare Adriatico a circa 20 chilometri a Sud di Otranto. Castro alta si arrampica sulla rocca, dominando un panorama mozzafiato. Ai suoi piedi, Castro marina, lambita dal mare limpido e profondo, dove si mangia buon pesce, passeggiando la sera sul lungomare. Nel borgo antico di Castro alta si leggono i resti della civiltà bizantina: la cripta con i Santi orientali dagli occhi a mandorla, le fondamenta dell’antica città messapica, le casette medioevali, restate intatte. Durante i lavori di scavo, l’équipe guidata dal professore D’Andria ha scoperto una piccola statua in bronzo raffigurante la Dea Minerva con i resti del tempio a lei dedicati. E’ la conferma scientifica che Castrum Minervae, di cui parla Virgilio nel VI libro dell’Eneide era Castro. Enea vedeva il suo tempio da lontano, che appariva e scompariva per un effetto ottico, e si rallegrava perché stava per approdare sulle sponde abitate da un popolo che aveva gli stessi costumi greci, i messapi. NARDO’ CENTRO STORICO BAROCCO E NATURA SELVAGGIA Sulla sponda jonica sorge la bella Nardò, con un centro storico che dista dal mare appena 6 chilometri. Vaste distese di ulivi secolari, fanno della città salentina, la città dell’olio per eccellenza, e del vino negroamaro con interessanti realtà che si stato affermando sempre di più sui mercati internazionali. Il centro storico dalle chiese barocche, i palazzi gentilizi e le case contadine a corte, tipiche del Salento, sta vivendo un momento di forte rinascita e rilancio. Sempre più viaggiatori infatti hanno deciso di acquistare a Nardò la loro seconda casa: inglesi, fran-

cesi e tanti settentrionali. Nardò ha ricevuto dal presidente della Repubblica la medaglia d’oro al valor civile perché immediata-

mirano palazzi gentilizi di estrema eleganza che custodiscono giardini segreti, i giardini delle delizie dove si passeggiava e si meditava all’ombra degli aranci e di piante esotiche. Particolare è anche il centro storico del rione Padreterno, dove le tipiche case contadine a corte si affacciano su un dedalo di viuzze. mente dopo la seconda Guerra mondiale accolse gli ebrei nelle ville della marina di Santa Maria al Bagno. Nacquero storie di amore e di amicizia, raccontate oggi nel Museo dell’accoglienza di Santa Maria al Bagno, una casa utilizzata dagli ebrei liberati dai campi di concentramento e caratterizzata dai graffiti dove essi raccontavano il Sogno di ritornare nella Terra promessa. Poco più a Nord, da visitare c’è Santa Caterina con la sua Portoselvaggio e l’area marina protetta, Palude del Capitano, che si estende fino a Porto Cesareo. PRESICCE, LA CITTA’ DEI FRANTOI IPOGEI Restando sulla sponda Jonica, da visitare una città quanto mai elegante: Presicce. Più di trenta frantoi ipogei si nascondono sotto la piazza principale. Presicce era una grande fabbrica di produzione dell’olio, considerato il petrolio fino ai primi dell’800 perché non veniva utilizzato solo per la cucina, ma anche e soprattutto per illuminare le vie e le case. Dalla piazza principale dove si affaccia il giardino pensile della principessa si am-

MINERVINO L PARCO DELLA PREISTORIA Ma il Salento non è solo messapico, bizantino e barocco. Ci sono importanti testimonianze della vita dell’uomo, anche nella Preistoria. A Minervino, nel parco dei Megaliti, si trova il secondo dolmen di Puglia, il dolmen Li Scusi. E’ una pietra magica e se si prova ad entrare dentro si sente la sua energia positiva. Un foro sul tetto lascia penetrare i raggi del sole. Si presta a tante interpretazioni anche il cerchio magico fatto pietre che sembrano sedili, con al centro una specie di trono. Forse si riuniva lì l’assemblea del Gran Consiglio. Poco lontano due grandi menhir. Si protendono verso il cielo e sembrano voler raccontare il desiderio dell’uomo toccare il Cielo.

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I RITI PUGLIESI DELLA SETTIMANA SANTA RAPPRESENTATI A MILANO di Maurangelo Rana Una novità assoluta in preparazione alla Pasqua è stata offerta agli emigrati pugliesi a Milano, che non sempre possono tornare in Puglia per partecipare ai riti della settimana santa. Per la prima volta a Milano è stata riproposta la Passio Christi con una cinquantina di figuranti in costumi d’epoca che hanno rappresentato e rievocato il percorso di Gesù nei giorni della Passione. figuranti, accompagnati dai loro amministratori locali, sindaco in testa, venivano dal comune di Ginosa (TA). Lo scenario non poteva essere quello della gravina di Gi-

nosa dove si esibiscono durante la settimana santa, richiamando tanto pubblico di devoti e turisti, bensì quello più modesto ma altamente prestigioso del porticato e del cortile d’onore di Palazzo Isimbardi sede della Provincia di Milano. Una rappresentazione molto coinvolgente, divisa in diverse tappe, corrispondenti alle stazioni della via crucis del Cristo sofferente condotto al Calvario, sovrastato dalla croce e percosso da frustate, il tutto molto realistico, tanto da commuovere più di uno dei numerosissimi spettatori, non solo pugliesi, intervenuti. La rappresentazione della Passio è stata preceduta da un convegno, svoltosi nella Sala Affreschi della Provincia e coordinato da Paolo Rausa, sulle tradizioni popolari pugliesi: dalle feste patronali, ai riti della settimana santa passando attraverso fuochi di sant’Antonio, altarini di san Giuseppe, novene, sagre e fiere varie. Pagina 8

Dopo i saluti istituzionali del Vice Presidente della Provincia di Milano Novo Umberto Maerna, dell’Assessore regionale Alessandro Colucci e del Presidente dell’Associazione Pugliesi di Milano Dino Abbascià, attraverso l’ausilio di filmati, foto e recitazione (da parte di Sergio Nigretti, Paola Matesi e Massimo Loiacono) di testi tratti dal volume Puglia in festa del regista RAI Tito Manlio Altomare, sono stati rivisitati tanti aspetti della nostra migliore tradizione popolare che si interseca con fede e devozione e che resiste a secolarizzazione, globalizzazione e scorrere del tempo. alla relazione dell’avv. Agostino Picicco è emerso il significato e la ricchezza rituale e celebrativa di queste antiche tradizioni e devozioni visivamente rese dalle classiche immagini di bande, luminarie, fuochi d’artificio (diurni e notturni) e relative “chiamate”, luci spente per la processione dei “misteri”, accompagnamenti di confraternite, bancarelle, focacce, venditori di palloncini, palloni aerostatici, folle festanti che sciamano per i centri storici, santi portati per mare con relativo corteggio di barche. Il tutto in un contesto di accecante luce estiva, di bagliori primaverili, di silenzi invernali, di colori autunnali: perché queste tradizioni, che si richiamano al calendario liturgico della chiesa, sono diffuse su

tutto l’arco dell’anno valorizzando i singoli periodi e le loro peculiarità. Tali feste, ha detto inoltre Picicco, in quanto fenomeno collettivo, manifestano il vissuto di una comunità e di un popolo nel suo desiderio di socializzazione, di coinvolgimento, di partecipazione. Nella devozione si coglie la ricerca del senso della vita, la nostalgia delle radici perdute (soprattutto per l’emigrante), la forza e l’intensità evocativa del rito. Al convegno e alla rappresentazione, organizzata dall’Associazione Regionale Pugliesi, hanno partecipato diverse delegazioni dei sodalizi pugliesi in Lombardia. Anche loro, al termine dell’intenso pomeriggio milanese di metà marzo, hanno avuto modo di degustare prodotti tipici pugliesi (calzone, focaccia, taralli, verdure cotte), allietati dalle musiche del Gruppo di Ricerca Popolare di Ginosa che ha riproposto danze e canti della tradizione popolare, con grande coinvolgimento del pubblico che si è fatto trascinare, complice la musica e il buon vino, nei balli che sono seguiti.


SAPORI E SAPERI DI PUGLIA A MILANO di Felice Ricchiuti Il mese di febbraio offre sempre ai pugliesi in Lombardia un’occasione privilegiata per riassaporare l’aria di casa negli incontri della Borsa Internazionale del Turismo (BIT), quest’anno alla trentaduesima edizione, presso l’area fieristica di Milano. Anche quest’anno la nostra regione si è distinta nel panorama nazionale e internazionale tipico di questa grande fiera del turismo, caratterizzata dalla presenza di numerosi operatori turistici, espositori, visitatori, giornalisti, televisioni, amministratori regionali e provinciali del settore, sindaci e assessori di tanti comuni anche piccoli che hanno riempito gli stand e partecipato a conferenze stampa ed eventi promozionali. Di notevole interesse quello che è chiamato il Fuori Bit, cioè l’insieme degli eventi di intrattenimento, cultura, spettacolo e degustazione che si svolgono a latere della BIT. Tra le diverse manifestazioni, cito in particolare, come lo scorso anno, la presenza di un grande stand della Puglia nella centralissima piazza Beccaria (a poca distanza dal Duomo), una presenza unica nel suo genere e di grande richiamo nel centro di Milano, che ha favorito la conoscenza della Puglia e delle sua tradizioni anche a chi non poteva recarsi fino al periferico polo fieristico. A differenza dello scorso anno le sei province pugliesi erano rappresentate unitariamente (l’anno scorso solo le tre province del nord barese). Da segnalare il notevole afflusso per de-

gustare taralli, dolci, vini e olio, prendere dépliant e cataloghi, ascoltare qualche banda locale e ammirare gli sbandieratori di Carovigno, per la gioia dei tanti bambini milanesi presenti, non abituati a simili spettacoli ben noti nelle nostre feste patronali. Diversi amministratori si sono poi recati presso la sede dell’Associazione Regionale Pugliesi, casa comune di tutti i pugliesi e Milano, per illustrare le caratteristiche di arte, cultura, folclore, natura e paesaggi dei loro paesi, e così invitare a un turismo so-

stenibile e destagionalizzato in considerazione dei diversi momenti di attrazione collocati durante l’intero anno grazie a sagre, spettacoli, festival, manifestazioni legate alle feste religiose o ad antiche tradizioni. E’ emerso che la Puglia può farcela da sola, nonostante la crisi, grazie all’implementazione di un turismo non solo stagionale, Il governatore Nichi Vendola, presente a diversi eventi, ha poi ricevuto giornalisti e rappresentati di enti e associazioni presso il celebre Four Seasons Hotel nella zona di via Montenapoleone. Qui, in-

sieme agli assessori al Turismo Silvia Godelli e alle Risorse agroalimentari Dario Stefàno, ha presentato l’atlante del turismo sostenibile Puglia rurale, un volume che illustra in maniera piacevole, basandosi su foto e brevi didascalie, tutte le tradizioni culturali, artistiche ed enogastronomiche dell’intera Regione definita quale “scrigno dove sono custoditi sapori tipici e saperi antichi”. A dar man forte agli amministratori sono intervenuti due pugliesi di prima grandezza: il giornalista RAI Attilio Romita e l’attore Michele Placido che, a proposito di Puglia rurale, ha parlato con grande entusiasmo del podere che ha acquistato in Puglia e che si diverte a coltivare.La ricca degustazione di prodotti tipici che è seguita ha consentito di capire bene come i prodotti tipici possano diventare fattore di aggregazione di comunità e motivo di attrazione per visitare i vari centri rurali di solito poco conosciuti. Le immagini che scorrevano presentavano panoramiche marine e distese di uliveti secolari e della macchia mediterranea, ricchi di sole e calore, oltre a eleganti palazzi gentilizi con i loro giardini carichi di delizie che invitano a passeggiare e a meditare. Percorsi di pregio storico e culturale ancora poco conosciuti ma meritevoli di inserimento nelle rotte del turismo pugliese.

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Itinerari: Ordona

La città di Herdonia di Anna Pastore Ordona è un piccolo paesino inserito nel Tavoliere e a ridosso del Sub-Appenino Dauno che conta circa 3000 abitanti e che affonda le sue radici nell’età tardo romanica. Presente, infatti, nella cittadina nel foggiano, un importante sito archeologico, finito, ormai per molti, nel dimenticatoio: La città di Herdonia. Della sua originaria estensione di circa 20 ettari, solo 4 sono stati portati alla luce del sole, grazie ad alcuni uomini, volenterosi e molto curiosi, che nei primi anni 60 danno il “via” agli scavi archeologici. Vengono successivamente affiancati da una equipe di archeologi e assieme portano in vita: un possente Anfiteatro, il Macellum, la via Traiana, Capitelli che delimitano il perimetro dell’area della Basilica, il Foro, le Terme, graffiti, Epigrammi. Gli studi svolti sul luogo da diverse Università vedono la nascita di Herdonia in età neolitica e la sua fine durante la Seconda Guerra Punica, in seguito alle invasioni, i saccheggi e le deportazioni effettuate da Annibale. Il sito archeologico è, dunque, motivo di vanto, ma non è la sola cosa da visitare nel

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paesotto di campagna, luogo di estrema tranquillità, in cui il tempo scorre serenamente scandito dai rintocchi dell’orologio della Chiesa Madre. Il fertile terreno pugliese ha da sempre permesso una ingente produzione di grano, tanto da essere denominato “Il Granaio d’Italia”, ma oltre alla coltura di questo cereale, importante è quella del carciofo, prodotto grazie al quale il paese vanta la più grande produzione d’ Europa. Ammalia la semplicità nel trovare quiete da una passeggiata senza termine tra le campagne, nell’accogliente, seppur breve, area pedonale o sul viale denominato dagli abitanti del posto “Lungo Mare”, nonostante l’unico panorama offerto sia quello di distese di grano. L’apparenza ti fa credere di essere tornato indietro nel tempo, di essere tornato bambino, di passare giornate intere per strada a giocare a palla con gli amici, e mentre ti immergi nei ricordi e immagini di sentire la voce della mamma che urla per dirti di tonare a casa, ti squilla il cellulare e ti ritrovi catapultato nella vita reale tra stress e problematiche sul lavoro. Vuoi tornare indietro, immagini le urla chiassose di prima mattina del fruttivendolo, ti rivedi tra i banchi di scuola, rivedi i litigi, i primi amori, poi ti addentri nelle viuzze e ti emozioni guardando con occhi nostalgici le vecchie signore tessere la lana, offrirti biscotti, preparare pasta fatta in casa, stendere fuori dall’uscio di casa la biancheria e gli anziani fare interminabili giri in piazza con coppola sulla testa e bastone alla mano. Non può che salire la tentazione di entrare nei negozietti per far provare al tuo palato le sensazioni dovute alla degustazione di molteplici prodotti tipici. Non contento sazi, poi, il tuo stomaco con un pranzo che delizia con piatti caratteristici della cultura contadina, di cui i sapori vengono esaltati grazie ai vini locali…il mix rende il back to the past sempre più vivo e completo.


Lo scemo del paese Ogni paese aveva il suo scemo, potremmo dire che dietro ogni scemo c’era un paese. Era una figura leggendaria.vQuando passava in tanti sorridevano e i ragazzi lo canzonavano. Io non sono mai riuscito a divertirmi, vedevo un’anima in pena che recitava una parte che gli consentiva di essere riconosciuto e riconoscibile, che pur allontanandolo da quelli “buoni” lo faceva sentire parte di quella stessa collettività che si prendeva gioco del suo essere non proprio tutto a posto, ma, appunto per questo parte integrante della stessa comunità. Si chiamava Peppino, tutti lo chiamavano “Peppin u preis” e credo pochi sapessero le sue vere generalità, ma a chi importava. Lo scemo era un individuo che rallegrava la vita dei concittadini urlando e a volte urinando per strada ma non c’era scandalo, glielo si perdonava, in fondo era solo un povero scemo, un adulto con il cuore e la testa da bambino. iveva nelle piazze, a volte dormiva sulle panchine, ma a differenza degli accattoni non chiedeva soldi e non accettava nulla da nessuno. Aveva una casa che non occupava mai, le gote di un acceso colore rossastro potevano farlo apparire perennemente ubriaco. I grandi mi dicevano “stagli alla larga, quello può essere pericoloso” e sicuramente non sarebbe stato bello farsi vedere in giro con quello sciroccato e poco di buono. Spesso lo osservavo alla distanza, tentavo di capire quali pensieri lo accompagnassero nel suo girovagare senza una meta e quando i nostri occhi si incrociavano vedevo un animale selvatico spaventavo e perso; allora pensavo al suo posto e provavo a interpretare quello sguardo, mi sembrava che volesse dirmi: “prova ad avere un mondo nel cuore e a non riuscire ad esprimerlo con le parole”. amminava, perennemente in giro per la città, con entrambe le mani dietro la schiena, l’una che stringeva il polso dell’altra, oppure aveva sotto l’ascella un bastone che agitava minacciosamente in direzione dei monelli che a volte lo facevano segno di lanci di

di Giuseppe Selvaggi piccole pietruzze e gli facevano il verso. La sua caratteristica principale era quella di parlottare e borbottare tra sé e sé di svariati e incomprensibili argomenti, parlando di vari vaneggi e inutili inutilità. Si muoveva apparentemente cercando di passare inosservato, poi, all’improvviso si girava e puntando il primo che gli capitava gli urlava: “cosa siete detto,cosa siete fatto” quasi a cercare una complice provocazione per iniziare ad imprecare e raccogliere il suo momento di notorietà a cui inevitabilmente si arrivava tra ilarità e insulti del popolino. Ricordo il fratello, che spesso arrivava in suo soccorso, era un uomo taciturno che aveva famiglia e pare lavorasse per il Comune, si avvicinava e con gesti risoluti e tranquillizzanti lo prendeva sotto braccio, spesso spingendolo e ripentendo all’infinito “spicciala” (ovvero smettila) e a volte gli accarezzava la testa …. allora guardando i suoi “nemici” si allontanava pronto alla prossima uscita per sfidare il mondo dei normali.

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VIIa Edizione ECCELLENZE DI PUGLIA Premio Ambasciatore di terre di Puglia L’edizione 2012 è la continuità di un’iniziativa, germogliata dalla volontà di dare un riconoscimento a chi negli anni ha contribuito alla valorizzazione del patrimonio umano, culturale e sociale della Puglia. Il Premio “Ambasciatore di terre di Puglia” nasce con l’intento di scoprire, conoscere e far conoscere attraverso le proprie eccellenze, il pensiero, la cultura, la laboriosità e l’ingegno di quelle genti, che sono divenute popolazione delle terre di Puglia. L’evento mira a creare momenti di aggregazione, confronto e condivisione nello spirito di integrazione delle vecchie e nuove migrazioni. Il logo ufficiale è una rappresentazione del faro di S. Maria di Leuca, punta estrema e fine delle terre di Puglia (de finibus terrae). Il faro di Santa Maria di Leuca, luogo di incontro dei due mari pugliesi, vedetta di una terra protesa verso altre terre, rappresenta per gli organizzatori, il simbolo della vocazione delle genti di Puglia all’accoglienza. Vuoi avere maggiori informazioni sul Premio? Scansiona il QR-Code con il tuo Smartphone e verrai subito collegato con la pagina ufficiale del Premio Ambasciatore di terre di Puglia e potrai accedere a tutti i contenuti presenti sul sito web.

Albo d’oro Edizione 2011 premio assegnato a: Pino Cordella, Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari, Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza. Edizione 2010 premio assegnato a: Renzo Arbore, Ennio Capasa, Gaspare Cardamone e Peppino Principe Edizione 2009 premio assegnato a: Edoardo Winspeare, Matteo Salvatore (alla memoria viva), Luca Medici (in arte Checco Zalone) Riconoscimento Eccellenze di Puglia a: Camillo Guerra e Fernando Colazzo Edizione 2008 premio assegnato a: Sergio Rubini, Paride De Masi, Luca Montrone, Sergio Blasi, Antonio Piccininno Edizione 2007 premio assegnato a: Albano Carrisi, Livia Pomodoro e Vincenzo Buonassisi Edizione 2006 premio assegnato a: i Negramaro

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il Manufatto Il manufatto che verrà consegnato ai premiati è stato creato e realizzato dall’artista Nande (in foto). Egli giunto a quasi 50 anni di attività artistica ha voluto omaggiare il premio con una sua riproduzione in bassorilievo del faro di S. M. di Leuca, località dove egli vive attualmente e continua gli studi e le sue ricerche pittoriche sul tema del recupero. Il faro situato nella punta più estrema d’Italia, punta Meliso (il tacco dell’Italia) vuole essere il simbolo di una luce che il pugliese porta dentro di sé ovunque si sposti. Per accedere al sito ufficiale dell’artista Nande scansiona il QR-Code con il tuo Smartphone.


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QUARTA Caffè S.p.a. L’ azienda Quarta Caffè S.p.A. nasce ricerca continua fatta di investimenti e di passione. L’attenzionella Lecce degli anni cinquanta, ne nella selezione dei migliori caffè verdi, la tostatura separata una piccola torrefazione artigianale e la cura della miscela hanno caratterizzato i nostri prodotti e con bar di degustazione nel pieno collocato l’azienda tra le prime 10 aziende di torrefazione in centro della città. Un tostino della Italia. Il caffè Quarta Caffè ha accompagnato gli ultimi cinportata di 5 kg, una miscela e poche quanta anni di storia salentina, diventando un piacevolissimo, decine di clienti. Ben presto quel bar immancabile, insostituibile classico. Non è solo diffuso in tutAntonio Quarta diventa un punto di riferimento per i ta la Puglia ed in varie zone d’Italia ma anche in Svizzera, in leccesi e per l’intero Salento. Germania, in GrePer essere divenuto un marchio di pregio e di conoscibilità pugliese Un via vai continuo di nuovi cia, in Albania ed clienti e soprattutto mili- ben oltre i confini del proprio territorio, passando da piccola torre- in Belgio. Il gruppo tari, in particolare quelli fazione artigianale negli anni cinquanta a leader il cui prodotto ha aziendale “Quarta della vicina aerostazione di la capacità emozionale di far rivivere olfattivamente gli odori, le Caffè” comprende Galatina. Il colore delle dii marchi: Quarta atmosfere e i colori delle terre di Puglia. vise degli ufficiali dell’aria Caffè, Mokaffé, Desi trasforma così nel nome caffeinato Sereno e di quel Bar e della storica Moka/2. L’Azienda miscela della Torrefazione Quarta: il Bar Avio e la miscela Avio ha una spiccata attitudine alla salvaguardia dell’ambiente con “Primato di Qualità”. la produzione di energia alternativa grazie alla realizzazione Qualità e freschezza del prodotto, declinata sia nella realtà Bar di un grande parco fotovoltaico e di una torre eolica nel proprio che nelle miscele Famiglia, per un impegno quotidiano e una stabilimento sito nella zona industriale di Lecce. Pagina 13


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FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA

Il Festival della Valle d’Itria di Martina Franca è nato tistica del Festival nel 2010, nel 1975 su iniziativa di un gruppo di appassionati musicofili riportando, da un lato, l’atcapeggiati da Alessandro Caroli, primo presidente del Festival, con tenzione sul repertorio belil determinante supporto di Franco Punzi, allora Sindaco di Martina cantista e sul teatro musicale Franca, e di Paolo Grassi, all’epoca sovrintendente del Teatro alla barocco, si propone di allarScala. Fin dagli esordi il Festival si è caratterizzato per la coraggiosa gare l’orizzonte del Festival riproposta di un repertorio e di una prassi esecutiva sottovalutati: all’opera del Novecento e hanno contribuito alla sua affermazione le messe in scena di opere contemporanea. Le produqualiTancredi di Rossini (nel 1976, ancor prima della Rossini re- zioni del Festival distinguonaissance che ha caratterizzato i decenni successivi) e della Norma no per l’autenticità dei testi nella versione originale con la protagonista dal timbro più scuro ri- (spesso rappresentati in verspetto alla giovane Adalgisa. Dal 1980, con la presidenza di Franco sione integrale) e il rispetto Franco Punzi Punzi e la direzione direzione artistica di Rodolfo Celletti, grande dei tipi vocali, fedeli agli esperto di vocalità, il Festival ha accentuato la sua identità origina- spartiti e alle interpretazioni ria di rivalutazione del repertorio belcantista (da Monteverdi al pro- originali. Il Festival ha contribuito all’affermazione di artisti che toromanticismo) e della Scuola musicale napoletana di cui grandi avrebbero scritto la storia dell’interpretazione quali Mariella Devia, protagonisti furono i Martine Dupuy, Paolo Per la qualità delle proposte artistiche e l’elevato livello professionale e compositori pugliesi, Coni, Daniela Dessì, pur senza trascurare il organizzativo che ne fanno una manifestazione di interesse internazio- Patrizia Ciofi, Fabio grande repertorio eu- nale contribuendo nei campi dell’arte, della musica e della cultura a far Luisi, Renato Palumropeo e, in particolare, bo, per citarne solo conoscere e apprezzare la Puglia ben oltre i confini nazionali. la valorizzazione di alcuni. Dal 1975 sono elementi del belcanto italiano presenti in opere di autori stranie- state oltre cento le opere presentate al Festival della Valle d’Itria. ri. Con la direzione artistica di Sergio Segalini, dal 1994 al 2009, il Tra l’altro va ricordato che, nel corso della sua attività, il Festival ha Festival ha ulteriormente sviluppato la dimensione internazionale ottenuto per ben cinque volte l’ambito riconoscimento del Premio delle scelte di repertorio a partire dalla Medée di Cherubini nella Abbiati da parte dell’Associazione nazionale dei critici musicali itaversione originale francese con i dialoghi parlati, per poi affrontare liani; è inoltre membro di associazioni importanti, tra cui l’EFA [Eucapolavori come Robert le diable di Meyerbeer, La Grande-Duches- ropean Festivals Association], il CIDIM [Comitato Nazionale Italiano se de Gérolstein di Offenbach, fino alla versione francese di Salomé Musica] e Italiafestival, di cui è socio fondatore. di Richard Strauss. Alberto Triola, che ha assunto la direzione ar-

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PASQUALE ZAGARIA in arte LINO BANFI Pasquale Zagaria in arte Lino Banfi, nasce ad Andria nel 1936. cui emersero le sue doti di A diciotto anni emigrò a Milano per tentare l’avventura nel intrattenitore e di attore teatro di varietà. Proprio qui, dopo essere entrato nella com- misurato ed equilibrato. pagnia di Arturo Vetrani, iniziò il suo percorso di comico, por- Banfi quindi ha mostrato tando in scena elementi tipici del suo paese: detti, modi di dire, ulteriormente doti di attogiochi. Come continuerà a fare nel seguito della sua carriera, re non comico. Dal 1998 al egli affidò le risorse della sua comicità irruente ed immediata 2009 ha ottenuto un granal suo dialetto canosino, oltre che alla sua parlata buffa ed ori- de successo nella fiction Un ginale. Successivamente si trasferì a Roma dove ebbe le prime medico in famiglia, in cui apparizioni di un certo rilievo. Negli anni seguenti ottenne i interpreta il ruolo di Libero primi successi esordiendo in tv su Rai 2 nel 1969 a Speciale per Martini, un nonno completamente diverso dai personaggi bizvoi di Renzo Arbore. L’incontro con Franco Franchi e Ciccio In- zarri interpretati negli anni settanta e ottanta. grassia fu determinante per la sua affermazione artistica. Lino Nel 2001 viene nominato ambasciatore dell’UNICEF e nello Banfi, rappresenta uno dei stesso periodo mostri sacri delle commedia Che nella sua lunga e prestigiosa carriera ha saputo infondere in prende parte a all’italiana degli anni settanta tutti i suoi personaggi una modernità espressiva tale da renderli vi- numerose fiction – ottanta. In questo decennio tra le quali Un dicini e riconoscibili. Umanità e calore lo rendono un indimenticabile Tra le sue migliori interpretafetto di famiglia protagonista nel mondo dello spettacolo, simbolo di una pugliesità zioni sono da considerare Cor(2002) e Un posto netti alla crema (1981), Vieni verace che ha contribuito a far conoscere le terre di Puglia di cui è tranquillo (2003), avanti cretino (1982), L’allerecitando in enautentico Ambasciatore. natore nel pallone (1984) e Il trambe al fianco commissario Lo Gatto (1986) di Nino Manfredi. di Dino Risi. Rientrato in RAI dopo una breve parentesi a Ca- Dal 1994 è Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubnale 5, gli venne affidata la conduzione di Domenica in (1987- blica Italiana e dal 1998 è Cavaliere di gran croce dell’Ordine al 88), Stasera Lino (1989) e Aspettando Sanremo (1990), in merito della Repubblica italiana 1994. Pagina 15


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Con la Regia di Andrea Forte Calatti Immaginiamo la Puglia come un luogo battezzato “Anamnesis”.

Un luogo di memoria. La Puglia è come un grande cervello. Ogni giorno si crea, ogni giorno nascono nuove idee. Un luogo dove possiamo sentirci vivi anche semplicemente nominandola …. Puglia Persone che vogliono farsi attraversare dalle emozioni. Persone che sanno cosa sono i sensi, le sensazioni, i sentimenti, le emozioni. e Le persone sono musica, cinema, danza, poesia. sono elementi sacri che distinguono una regione. Una serata per ricordare che in Puglia tutto è connesso.

La serata verrà contornata da piccole suite del Balletto “EMOTION LOVE” ideato da Andrea Forte Calatti - creatore di“SHOCK”( Teatro degli Arcimboldi, 2009 ) e assistente alla drammaturgia per “L’ALTRO CASANOVA” (Teatro alla Scala, 2011).Le coreografie di Marco Messina si muovono sulle note di Caterina Forte, arrangiate da Gabriele Semeraro.

Andrea Forte Calatti

Conduce la serata: Nicla Pastore Nicla Pastore è giornalista televisiva. Conduce programmi di intrattenimento, svolge interviste, servizi, collegamenti in diretta telefonica e video dimostrando grande capacità di coinvolgimento degli ospiti in studio e di approfondimento dei temi trattati. A Milano ha brillantemente e professionalmente condotto la quinta e la sesta edizione del Premio Ambasciatore Terre di Puglia.

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I Maestri Principe e Palumbo legati da antica amicizia di Armando Pisanello Quando qualche anno fa ebbi l’invito per assistere ad uno spettacolo di Peppino Principe non esitai neanche un istante, perché già il solo nome di Peppino Principe mi riportava in un sogno lontano, legato alla mia fanciullezza. Ero infatti un fanciullo (avevo 10 o 12 anni) quando, aggregandomi alle mie quattro sorelle e a mio fratello, tutti di età maggiore di me, mi recavo alle feste organizzate in casa di qualcuno, feste nelle quali c’era da mangiare, si rideva e soprattutto si ballava. Ricordo che la stanza dove si sarebbe ballato veniva svuotata dei mobili, con le sedie tutt’intorno e, in un angolo un mobiletto con su un giradischi, al cui braccio di tanto in tanto bisognava cambiare la puntina sotto cui giravano i dischi, altrimenti non si sarebbe sentito bene il suono. I dischi erano tutti in vinile, 78 e 45 giri. Ecco, il mio posto era lì, perché già allora, anzi allora più di ora, la musica era la mia grande passione e guai a staccarmi da dove c’era la musica. Il mio compito era quello di mettere i dischi: valzer, mazurche, tanghi, polche. E la maggior parte dei brani erano eseguiti con la fisarmonica; indovinate da chi?... Peppino Principe!! I suoi brani erano richiestissimi e sempre trasmessi per radio. I pezzi più richiesti nelle serate da ballo erano i tanghi. In particolare “El bandido”, poi c’era “Il tango delle capinere”,” Il tango della gelosia”. E poi il valzer, “Carnevale di Venezia”, ricco di bellissime e difficilissime variazioni. E poi “Il volo del calabrone”, difficilissima esecuzione che soltanto lui poteva interpretare. Ogni disco aveva la sua copertina sulla quale imperava un giovane artista, capelli neri e un bel sorriso e, in primo piano, la fisarmonica. Non potevo sapere allora che quel Peppino Principe non era soltanto un autore di tanghi e valzer; solo da adulto ho capito che quei brani che conoscevo da bambino erano soltanto un diversivo, brani che hanno dato più popolarità (e tanti quattrini) a questo artista e che il vero genio della fisarmonica era quel-

lo che si sentiva nei pezzi jazz, eseguiti con i più grandi nomi della musica nel mondo. Di Sante Palumbo non ho ricordi, non perché fosse meno famoso. Ho scoperto da adulto la sua fama mondiale; é stato ed é ancora il pianista delle più grandi star della canzone (Iva Zanicchi, Mina etc.) Autore di tantissimi brani, apprezzati ed eseguiti dai più grandi musicisti di jazz, classico, moderno e persino di musiche per bande sinfoniche. Ha collaborato con la Rai per oltre 20 anni come arrangiatore e solista. Alcuni dei nomi più famosi con i quali ha collaborato e suonato sono Franco Cerri, Lino Patruno, Tullio De Piscopo, Gorny Kramer e, al di là dell’oceano ricordiamo Charly Mingus, Tony Scott, Astor Piazzolla e tanti altri “grandi” del jazz. Ha collaborato con Tito Fontana per musicare le poesie di Papa Woityla. Uomo di grande sensibilità, in onore dei nostri soldati caduti a Nassiriya, ha composto l’opera “Concerto per Nassiriya”, che fa parte di un CD insieme a musiche di Mozart, Brhams ed altri famosi. Noi dell’Associazione Regionale Pugliesi, abbiamo il privilegio (quale Pugliese anche lui, di Cerignola) della sua presenza in alcune nostre manifestazioni, nelle quali non disdegna di farci ascoltare qualche sua esecuzione al pianoforte. Nella sua grande semplicità accompagna le nostre funzioni religiose eseguendo musiche sacre con l’organo. Quando mi sono trovato a cantare l’Ave Maria di Schubert per la prima volta con lui, da grande artista e grande uomo com’é, mi ha messo subito a mio agio e siamo entrati subito in simbiosi facendo sentire un pochino “grande” anche me. Eccoli ora questi “mostri”, ancora in mezzo a noi, in occasione del “Premio”. Per loro non ci sarà mai un premio tale da compensarli di quanto hanno reso famosa l’Italia e la nostra terra di Puglia.

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A NOVOLI... ...PER LA GRANDE FOCARA di Giuliana de Antonellis

La fede, l’arte, la passione. Racchiude in sé tutto questo la grande Focara di Novoli, che alta 25 metri con un diametro di 20, viene costruita con i tralci di vite e viene accesa il 16 gennaio di ogni anno per festeggiare Sant’Antonio Abate, il protettore di Novoli, paese che si trova ad appena 15 chilometri a Nord di Lecce. E’ il più grande falò del bacino mediterraneo, “un fuoco che aggrega e che unisce, il fuoco buono di Puglia”, dice il sindaco di Novoli, Oscar Marzo Vetrugno, presidente della neo costituita Fondazione Focara di Novoli (www.fondazionefocaradinovoli.com), un amministratore che ha saputo promuovere il valore della grande festa religiosa facendola diventare un appuntamento di livello nazionale. L’edizione 2012 è stata ricca di importanti novità. Iscritta tra i Beni Immateriali della Regione Puglia e candidata a divenire Patrimonio immateriale dell’Umanità Unesco, la grande festa di Novoli ha aggregato intorno al fuoco prestigiose firme dell’universo artistico internazionale. E’ Mimmo Paladino, a firmare infatti il manifesto d’autore per la focara e 80 serigrafie d’autore. Antonio Romano, il designer che ha ideato tra i tanti la farfalla della Rai e il quadrato della Cgil, ha creato il marchio della Fondazione Focara di Novoli, operativa da quest’anno, mentre a grandi fotografi come Uliano Lucas e Mario Cresci è stato affidato il compito di riPagina 18

trarre le emozioni e gli istanti più belli di questa grande festa. In particolare Uliano Lucas è stato premiato l’anno scorso come miglior fotografo e quest’anno, nell’edizione 2012, si potrà vedere la mostra di fotografie realizzate da lui un anno fa intorno al Fuoco. Quest’anno invece sarà premiato Mario Cresci, di cui potremo vedere la mostra fotografica il prossimo anno. Mimmo Paladino ha dato il suo imprimatur anche alla grande focara, dove si incontrano l’arte contadina con l’arte contemporanea. Sei cavalli, realizzati a grandezza naturale in cartapesta dalla cartapestaia leccese, Carmen Rampino, campeggeranno sulla grande focara, testimoniando l’amore che Sant’Antonio aveva per gli animali. Infatti nel pomeriggio del 16 gennaio a Novoli avviene la tradizionale benedizione degli animali. La notte poi, intorno al fuoco, che continua ad ardere per giorni e giorni si potrà ballare al ritmo della musica di Roy Paci e dell’Orchestra del fuoco al suo esordio. Concerti in piazza fino al 18 gennaio, ultimo giorno della festa. La focara di Novoli è strettamente legata alla cultura e alle tradizioni del territorio. Infatti viene costruita con una tecnica che si tramanda di padre in figlio e utilizzando i tralci della vite di cui è ricco Novoli e tutto il territorio circostante. Siamo infatti nel Parco del Negroamaro, contrassegnato


dalla produzione di ben tre vini doc: il Salice Salentino, (di cui Novoli fa parte), lo Squinzano e il Leverano, grandi vini nati dall’abbraccio tra negroamaro e malvasia nera di Lecce. Non a caso contemporaneamente alla festa religiosa si svolge la rassegna delle cantine del Parco del Negroamaro, cui partecipano anche i Primitivi di Manduria. “La nostra focara”, dice il presidente della Fondazione e sindaco di Novoli, Oscar Marzo Vetrugno, “è il simbolo dell’accoglienza e dell’unione perché chiama ormai a raccolta genti da tutte le parti d’Italia. Affidandoci a grandi artisti come Mimmo Paladino abbiamo voluto far dialogare l’arte contadina con l’arte contemporanea”. In pochi anni la festa è diventata un polo d’attrazione per il turismo invernale. E’ considerata infatti la versione invernale della Notte della Taranta, che ogni anno attrae a fine agosto, 100mila presenze in una sola notte. Uno studio condotto dall’Università Bocconi di Milano e finanziato con il Bando regionale Principi attivi della Regione Puglia ha messo in evidenza come la Festa sia stata in grado di rilanciare le attività legate al turismo. I bed and breakfast di Novoli registrano in quei giorni il tutto esaurito, le trattorie tipiche sono al completo, mentre

i turisti prenotano anche negli alberghi di Lecce, pur di essere presenti alla grande cerimonia dell’accensione. Il giorno più importante è il 16 sin dalle prime ore del mattino, anche se la costruzione della focara è iniziata un mese prima, il giorno dell’Immacolata con carretti tradizionali e trattori coordinati dal professore Guido Pagliara. Il comitato, guidato da Toni Villani, dà luogo alla cerimonia della bardatura. Con una lunga scala di legno i costruttori della focara, formando una vera e propria catena umana, vi depongono in alto l’effigie del Santo, passandosela di mano in mano con devozione. Nel primo pomeriggio avviene la benedizione degli animali, cui il Santo era legato. Così si vedono cagnolini, gatti, ma anche uccellini nelle loro gabbiette e piccoli criceti con i loro padroni. Nella tarda serata, dopo la processione con la Statua del Santo, che attraversa le vie del paese, avviene l’accensione della Focara tra Fuochi d’artificio e luminarie. Nel Salento, del resto, operano tra le più grandi ditte al mondo specializzate nell’arte dei fuochi d’artificio e delle luminarie, la cui arte si ispira al barocco leccese. Infatti su impalcature di legno intagliato si montano tantissime lampadine colorate che ricordano il barocco delle chiese.

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Un tesoro nascosto del Generale Samuele Valentino di Stanislao De Guido Giovedì primo marzo in una gremita sala Radetsky di palazzo Cusani, il Gen. Samuele Valentino ha presentato la sua fatica letteraria “Un tesoro nascosto”. Il Generale medico dell’Esercito Italiano ha ripercorso le orme della sua vita, citando aneddoti e episodi significativi che hanno tratteggiato la sua carriera militare, ma anche l’attività di medico presso l’ospedale militare di Milano e che ha voluto riassumere in un volume che pur partendo da un viaggio a ritroso nel tempo, non aveva solo il sapore della nostalgia, ma anche una proiezione al futuro e quindi alla ricerca del “tesoro nascosto”, attività che ogni essere umano ha quasi il dovere di perseguire. Qualcuno ascoltando le parole provenienti dal libro, ha po-

tuto rivivere momenti della propria infanzia, magari persi nei pensieri del tran tran quotidiano e riaffiorati dai cassetti della memoria all’improvviso. La serata, iniziata con l’introduzione del Gen. Camillo De Milato, padrone di casa, che ha redatto un profilo dell’autore e del libro, è stata ancora una volta brillantemente moderata dall’Avv. Agostino Picicco, abilissimo a dettare i tempi della conferenza, garantendole un grande interesse da parte del pubblico in sala. A presentare il volume di Samuele Valentino sono altresì intervenuti, oltre al già citato Gen. de Milato, il Cav. Dino Abbascià, presidente dell’Associazione RegioPagina 20

nale Pugliesi di Milano, e il Dott. Giuseppe Selvaggi, in qualità di studioso di tradizioni popolari. Il Cav Abbascià, con sobrietà, ma con una forma tutt’altro che banale, ha sottolineato, oltre al viaggio nel tempo, l’umanità che contraddistingue l’opera, mentre il Dott. Selvaggi ha sottolineato che un’opera del genere va riletta almeno un paio di volte per assimilare tutti i valori che contiene. Ospite d’onore della serata è stato l’attore-regista Gerardo Placido, che ha ulteriormente valorizzato l’arte contenuta nel libro grazie ad una brillante interpretazione di alcuni passi. E a chiudere il tutto un rinfresco che ha permesso ai numerosissimi partecipanti di fermarsi ancora anche per farsi autografare dal Generale le copie dei volumi.


RECENSIONI A CURA DI AGOSTINO PICICCO

Confraternite, identità e carisma Il parroco della concattedrale di Giovinazzo, don Benedetto Fiorentino, dopo le fatiche estive culminate nel volume sull’icona della protettrice, del quale si è già detto in queste pagine, si cimenta ancora con la scrittura e produce un’altra opera di carattere culturale e pastorale. Questa volta il parroco giovinazzese ha volato alto cimentandosi in tematiche nazionali. Ha messo a frutto la sua esperienza di padre spirituale di quattro confraternite giovinazzesi e ha valorizzato un’attività di collaborazione con la Confederazione delle confraternite delle diocesi d’Italia con sede a Roma, pubblicando il volumetto Confraternite, identità e carisma, risultato di intenso studio e della sua esperienza sul campo. Il volumetto, pubblicato su richiesta della Confederazione italiana delle confraternite, infatti, è destinato ai sodalizi di tutta Italia e si avvale del prezioso supporto scientifico del prof. Danilo Zardin dell’Università Cattolica di Milano, un’autorità nel campo degli studi confraternali. Lo stile è semplice, la struttura chiara: dopo un’ampia introduzione sulla storia e le caratteristiche dei sodalizi confraternali, il volume

tratteggia linee di impegno e spiritualità del confratello alla luce della liturgia, della pietà popolare e dell’attività caritativa. Alcuni paragrafi significativi riguardano la presenza delle donne e dei giovani, e accenni di diritto canonico utili per risolvere questioni relative agli usi e alla tradizione. La Confederazione, che si occupa della diffusione del volume, ha altresì annunciato che tale testo è il primo di altri studi relativi al mondo confraternale.

Angelo Tedone, Ruvo di Puglia verso l’Unità d’Italia, Centro Studi Meridionali, Giovinazzo 2011 Lo studio del giornalista pugliese Angelo Tedone descrive le vicende accadute nella provincia b a re se (in particolare a Ruvo, Bitonto, Giovinazzo) tra il 1848 e il 1865, ricostruendo meticolosamente la vicenda degli “sbandati” di Giovinazzo e Bitonto, con ampia documentazione originale tra cui la pubblicazione dell’atto di accusa e della sentenza del 23 dicembre 1861, posta in appendice. Uno dei motivi, già auspicati dal Presidente della Repubblica per i festeggiamenti del 150° dell’Unità d’Italia, era quello della riscoperta e promozione delle vicende minori del periodo risorgimentale. Lo studio di Tedone ben si colloca in questa scia, ricostruendo una pagina infelice della nostra storia locale grazie alle carte rinvenute presso l’Archivio di Stato di Bari e Trani relativamente a vicende precedenti e successive all’Unità d’Italia, ben presentate all’inizio dagli scritti introduttivi del Presidente del Centro Studi Meridionali, Giuseppe Tulipani, e del Direttore dell’Istituto pu-

gliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, Vito Antonio Leuzzi. Quando si parla di Risorgimento tutti pensano ai grandi personaggi storici come Cavour, Garibaldi, Mazzini, re Vittorio Emanuele II. Ma il Risorgimento ha avuto anche in Puglia le sue tappe storiche, le sue date importanti, le sue battaglie, i suoi martiri, le sue eroine che hanno pagato con la vita l’attaccamento a un ideale di unità, di liberazione e di risollevamento delle condizioni sociali: persone di ingegno, precursori nel campo delle scienze e del pensiero, personaggi che una scarsa valorizzazione delle glorie locali e della diffusione della loro memoria ha fatto si che ora siano ignoti a tutti. Nonostante ci siano strade a loro dedicate, nessuno sa chi sono o ricorda le loro gesta. Sempre il Presidente della Repubblica Napolitano in questo periodo ha spesso ricordato che la storia non rappresenta solo il passato ma anche l’identità di un popolo e per questo contribuisce a costruire il futuro della Nazione. Che sia questo un auspicio perché vengano ancora effettuati e divulgati studi documentati su personaggi di quel periodo, da sottrarre all’oblio nel quale il tempo e l’indifferenza li hanno collocati, per ritornare ad essere esempio e monito per tutti anche oggi, dove non è richiesta l’effusione del sangue per professare le proprie idee, ma è richiesta la presenza di idee sostenute da fattivo impegno e dai valori di lealtà, abnegazione, disinteresse e generosità per la causa pubblica e per la crescita della collettività. Il volume può essere acquistato in esclusiva dal Centro Studi Meridionali scrivendo a centrostudimeridiona@libero.it.

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“SE DOVESSI NASCERE ITALIANA, E POTESSE SCEGLIERE, SCEGLIEREI DI NASCERE NELLE TERRE DELLA PUGLIA” La Puglia mi ha fatto sentire a casa. Parlare della Puglia, dei suoi sapori e dei suoi colori non è difficile. Il mio primo contatto con quella terra, mi ha dato un’immensa allegria al cuore. Gente assolutamente cordiale, gentile, genuina e sorridente. Vivo al nord Italia, dove sono abituata a vedere gente che corre costantemente e che spesso non ha tempo per dedicarsi un po’ ai propri affetti, “Il lavoro” una priorità assoluta, bisogna correre e fare il meglio possibile per far fruttare al massimo le opportunità lavorative che si trovano qui. Io, che sono brasiliana e che vivo lontana dalla mia terra da diversi anni, ho la sensazione di avere tante cose in comune con i pugliesi e credo che anche i pugliesi che vivono al nord Italia da diversi anni per motivi lavorativi o famigliari, sentano costantemente quella dolce nostalgia, come capita spesso anche a me, della mia dolce e calorosa terra. Per questo, vorrei esprimere attraverso queste parole tutta la mia ammirazione per “L’associazione dei Pugliesi a Milano”, dove ho potuto trovare, non soltanto un gruppo di persone in gamba, sensibili alla cultura in generale e con grande tenacia nel portare ai propri conterranei un po’ della AMADA PUGLIA! Ma sono felicissima di dire che ho trovato anche un gruppo di amici, con cui spesso ho il piacere di condividere meravigliosi momenti di scambio culturale e di sorrisi gioiosi, come nell’ultima occasione del “Premio ambasciatore delle Terre di Puglia”, un bellissimo evento, che mi ha lasciato davvero nel cuore l’immagine di un popolo che custodisce l’amore, l’allegria e la genuinità della propria terra con molto impegno e serietà, cercando di mantenere viva la Puglia anche se in mezzo ci sono tanti chilometri di distanza. L’altra cosa di cui vorrei parlare è la Rivista “Tacco e Sperone” diretta dal Dott. Agostino Picicco. Perché questa rivista è un altro modo per tenere la fiamma culturale sempre accesa, un modo di portare a piccoli e grandi pugliesi che vivono lontani dalla Puglia, la cultura, le tradizioni e valori in modo assolutamente impeccabile. Complimenti a voi, che avete attraverso un sogno realizzato concretamente: Associazione, Premio Ambasciatore di terre di Puglia, la rivista Tacco e Sperone e sicuramente tante altre belle cose. Quello che fate è un grande esempio d’amore verso il vostro popolo, valori, cultura e tradizioni. I miei amici Pugliesi, a cui sono molto affezionata, ogni giorno mi sorprendono per la capacità di fare una cosa secondo me stupenda: il condividere! Condividere tanto, ricordandosi sempre da dove sono usciti e con quale onore vivono l’orgoglio delle proprie radici. Con ciò posso solo dire che meritate APPLAUSI, gente come voi merita APPLAUSI, ed io fiera delle parole che ho scritto dico con grande ammirazione: VIVA LE TERRE DELLA PUGLIA, un pezzo caloroso e genuino d’Italia. Un abbraccio forte al Presidente Dino Abbascià, Giuseppe Selvaggi, Agostino Picicco, Giuseppe De Carlo, Maria Rosaria Chirulli (cara amica pugliese che mi ha fatto conoscere il suo meraviglioso popolo e la sua bellissima terra) e a tutti i cari amici Pugliesi. Geovana Cléa (Pittrice Brasiliana)

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In ricordo di DOMENICO MONTALTO di Agostino Picicco E’ molto in sintonia con il periodo di Quaresima che stiamo vivendo la mostra sul tema della Crocifissione, dedicata da organizzatori e artisti al caro Domenico Montalto, giornalista di Avvenire e critico d’arte versatile e apprezzato, venuto a mancare al termine dell’ultima estate. Il tema della croce ha molto “interessato” Domenico - che in qualche modo aveva anche programmato questa mostra - e ha costituito per lui il punto di riferimento per una interpretazione dell’esistenza nel suo orizzonte di redenzione. La croce, simbolo di morte e di sconfitta, è diventata la metafora attorno alla quale si articolano i dolori, le amarezze, le sofferenze, le delusioni, i tradimenti, le solitudini e le incomprensioni dell’uomo. La croce segna i drammi sociali (guerre, terremoti, ingiustizie planetarie) e le meschinità quotidiane (invidie, maldicenze, piccole cattiverie). Ma la morte di Cristo crocifisso, grazie alla sua gloriosa risurrezione, ha riscattato il simbolo di infamia e di disperazione che la croce rappresentava, per indicare che al termine della vita, dopo la morte, c’è appunto la risurrezione, il riscatto, la felicità, il dono totale di sé. La croce diventa allora un passaggio obbligato, un cammino di dolore per favorire la maturazione dell’uomo e permettergli di comprendere eventi non calcolati e non previsti, come pure è stato per la morte di Domenico. Una morte inaspettata, dura da accettare dato che si trattava di

un uomo nel pieno vigore umano e professionale, all’apice del suo pensiero artistico. In questo contesto maturavano i suoi alti ideali e prendevano corpo i tanti progetti artistici e letterari che metteva in cantiere e che erano caratterizzati dal suo modo di fare discreto, amichevole, rispettoso, sempre carico di premure e attenzioni verso chi ha avuto la fortuna di condividere un tratto di strada con lui. La dimensione poetica della vita, la competenza non ostentata, la bontà innata, le capacità organizzative che lo rendevano appassionato, vulcanico e determinato operatore di cultura, la delicatezza nei rapporti, la giovialità del tratto sono tutti elementi che chi l’ha avvicinato e l’ha avuto amico sicuramente riconosce e rimpiange. Una morte fatale quella di Domenico, che trova la sua motivazione nella fede e nell’amore. La sua scomparsa, nella prospettiva della croce, ci fa misurare ogni giorno col dolore e con l’amore, che sono gli elementi attraverso i quali si manifesta e si realizza la volontà di Dio. E solo l’amore ci permette di essere fedeli agli

appuntamenti col Signore, appuntamenti che non seguono la nostra logica e i nostri tempi, ma ci chiedono una sequela e un’attesa da innamorati. L’amore è la fonte della croce: nell’orizzonte della croce ammiriamo (e meditiamo) queste opere d’arte, tutte così significative, tutte unitariamente legate ad un messaggio di salvezza, reso attraverso l’originalità, la sensibilità personale e l’esperienza di vita del singolo artista, grazie alla raffigurazione di intense espressioni, miste di dolcezza e malinconia, evocative di mistero. Tale mostra, che ha il merito – pur nella durezza della Crocifissione - di farci intravedere le gioie, le speranze, le novità e i fulgori della risurrezione, non ci offre segnali di morte, ma di vita. Anzi di vita eterna!

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Gli Italiani di Crimea ricordano a Kerch il 70° della deportazione di Paolo Rausa

A Kerch non fa freddo... Il ricordo delle sofferenze subite 70 anni fa, il 29 gennaio 1942, quando per volere di Stalin oltre duemila italiani da tempo residenti in Crimea furono arrestati e deportati in Kazakhstan, i singhiozzi, il pianto rituale e liberatorio scaldano l’animo della piccola comunità degli italiani, per lo più pugliesi sopravvissuti alla tragedia, e dei loro discendenti, figli e i nipoti degli emigrati, che in due ondate, negli anni ’30 e ’70 dell’Ottocento, si erano trasferiti in Crimea, ormai ben integrati nella società locale. La cerimonia è stata preceduta da un incontro con la comunità italiana il giorno prima nella sede della Associazione Culturale “Il Cerchio”, dove la infaticabile presidente Giulia Giacchetti Boico tiene vivo il lume delle origini, organizzando dei corsi di lingua italiana. L’incontro è l’occasione per la presentazione della delegazione, che partecipa quest’anno alla cerimonia, inviata dall’Associazione Regionale Pugliesi di Milano e della Associazione Uomo Libero di Trento. Un piccolo locale dove trova posto l’essenziale e sulla parete gli elementi distintivi della loro italianità: le foto, le cartoline illustrate di città italiane, la bandiera tricolore e la carta geografica politica dell’Italia. Un angolo del nostro paese, come si può capire, ricco di suggestioni e di emozioni, soprattutto quando si sentono parlare questi nostri connazionali dai cognomi italiani, i vari Fabiano, i di Fonzo, i De Martino, gli Scolarino, Pagina 24

i Giacchetti, ecc. che conservano anche nei nomi l’origine italiana. Veramente commovente questa adesione ad una tradizione e ad un paese che, almeno finora, non si è meritato tanto attaccamento. La cerimonia del 29 gennaio inizia con la celebrazione della messa, officiata da don Casimiro in lingua russa. Ma quando risuona nella Chiesa, costruita proprio dagli emigranti italiani nel 1840, “Il Padre Nostro” recitato in italiano dal sacerdote allora l’emo-

zione si scioglie. …Anzi a Kerch fa freddissimo, la temperatura scende fino a –13 gradi mentre la piccola comunità italiana di origine si reca, a fine funzione, sul pontile del porto della città per onorare le vittime della deportazione con un minuto di silenzio e con il lancio di garofani multicolori in mare, che resta gelato. Da qui partirono i convogli della disperazione che trasportavano come carne da macello su vagoni piombati alcune migliaia di italiani in direzione delle steppe del Kazakhstan e delle lande ghiacciate della Siberia. Molti non sopravvissero alla fame, agli

stenti e alle malattie. I pochi superstiti restarono nei vari luoghi della deportazione e altri ritornarono a Kerch, la città di partenza. Una diaspora che non si riesce a ricomporre perché nel frattempo l’Unione Sovietica si è suddivisa in numerosi stati e la deportazione della nostra comunità non è stata finora riconosciuta. Questo riconoscimento assume perciò un obiettivo imprescindibile per la nostra comunità. Da qui i continui appelli alle Autorità Ucraine e a quelle Italiane perché se ne facciano interpreti. Inoltre gli italiani di Crimea si attendono azioni di solidarietà e di generosità dagli italiani della madre patria e dalle comunità di origine, soprattutto quelle pugliesi di Bari, Bisceglie, Molfetta e Trani, perché stabiliscano rapporti di conoscenza e di amicizia attraverso azioni concrete, quali borse di studio per i giovani, inviti agli anziani che non hanno mai visto le terre di origine dei loro genitori e nonni, viaggi turistici che creino legami e inducano a visitare la Crimea, una terra mitica, e la città di Kerch posta a guardiana sull’istmo fra il Mar Nero e il Mar d’Azov, luoghi frequentati già dagli antichi greci, che qui avevano fondato l’antica Panticapeo e avevano immaginato i viaggi leggendari degli Argonauti alla ricerca del vello d’oro, e dalla Repubblica di Genova che aveva fondato Caffa, oggi Feodosia, e aveva sulla sponda opposta dei fiorenti presidi commerciali a Trebisonda e a Istanbul.


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