Marco Carnà
UOVA DI GALLO
Marco Carnà Uova di gallo
1961-1968
In copertina
Doppia proiezione, 1967
Progetto grafico
Romano Ravasio
Impaginazione
Francesca Benetti
Redazione
Laura Maggioni
Beatrice Bianchi
Fotografie e video
Archivio Marco Carnà
Archivio Uliano Lucas
Marco Deriu
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore.
© 2024 EdiXion, Dubai
© Archivio Marco Carnà
© Archivio Uliano Lucas
Tutti i diritti riservati
Finito di stampare nel mese di settembre 2024 a cura di EdiXion, Dubai
Printed in Italy
www.edixion.ae
Marco Carnà
Uova di gallo, 1961-1968
MUST Vimercate
21 settembre – 15 dicembre 2024
Mostra a cura di Marina Pizziolo e Romano Ravasio
in collaborazione con Archivio Marco Carnà
Coordinamento
Paola Striuli
Gianenrico Salvoldi
Comune di Vimercate
Sindaco | Francesco Cereda
Assessora alla promozione della città | Elena Lah
Dirigente Area Cultura | Maria Grazia Verderio
Settore Cultura e Museo | Gianenrico Salvoldi, Anna Lisa Cavenaghi
Direzione del MUST | Paola Striuli
Assicurazioni
UnipolSai, Vimercate
Visite guidate e laboratori
Associazione culturale Art-U, Bellusco
Ringraziamenti
Archivio Uliano Lucas
Simona Bartolena
Corrado Beretta
Luigi Bergomi
Arianna Bettin
Massimiliano Capitanio
Umberto Cattaneo
Angelo Lorenzo Crespi
Gianni Giussani
Uliano Lucas
Alessandra e Massimo Melis
Carlotta Novelli
Fausto Pella
Matteo Perego
Paolo Piazza
Roberto Rampi
Gianfranco Ravasi
E tutto il personale del Comune di Vimercate, che con competenza e disponibilità ha collaborato alla realizzazione e al successo di questa mostra.
Un particolare ringraziamento a Daniela Piazza, preziosa e insostituibile custode della miniera di opere, memorie e sogni di Marco Carnà
Iniziativa nell’ambito del progetto “Restauro e Riqualificazione del giardino di Villa Sottocasa”
EdiXion pubblica libri digitali fatti di idee, non di carta.
Stamperemo solo 99 copie di questo libro e in cambio pianteremo un albero per ricordare che insieme possiamo fare la differenza.
La scelta di includere Marco Carnà nella programmazione triennale delle mostre al MUST assomiglia alla scelta che fece Marco Colombo del suo pseudonimo: fra tutti i cognomi che avrebbe potuto darsi, Marco scelse Carnà dal nome del suo territorio, Carnate.
Come se questi luoghi di provincia, così lontani dal “sistema dell’arte”, rappresentassero per lui lo spazio più autentico per il proprio lavoro, cercando libertà dai compromessi del mercato milanese.
“Locale” come scelta quindi di identità, per un artista visceralmente parte integrante delle proprie opere e per un’arte che attraversa molti confini per esplorare altrettanti spazi di ricerca e di espressione. Questa mostra lo racconta molto bene: nelle oltre cinquanta opere esposte, nei documenti in teca e nei testi didascalici di accompagnamento si percepisce un senso di pienezza, di contenuto concreto, di storia di spessore senza forzature. Ci auguriamo che qui ciascuno possa trovare il proprio linguaggio e non mancheremo di proporre visite di approfondimento e laboratori per i più piccoli.
I ringraziamenti del museo vanno alla moglie Daniela, che ci ha permesso di entrare nella casa studio dell’artista, lasciandoci travolgere dall’intensità del suo operare quotidiano che lì ancora si respira, e ai curatori Marina Pizziolo e Romano Ravasio che ne conducono con costanza e attenzione la valorizzazione e la scoperta.
Paola Striuli, Direzione del MUST Museo del territorio vimercatese
Marco Carnà è stato un artista estremamente prolifico, tanto da dedicare le sue intere giornate a creare, esplorando negli anni – ma anche nei giorni – tantissimi stili, possibilità, forme d’arte.
La sua casa a Carnate è il luogo in cui l’espressione dell’artista si è resa materia, dove ogni angolo è pieno di bellezza, come un’esplosione sempre viva del suo talento.
Accogliere al MUST uno dei percorsi della sua produzione, dando spazio nel museo alla conoscenza di questo artista, per noi significa al contempo un’azione di scoperta per tutti coloro che lo incontrano per la prima volta e di riscoperta per coloro che hanno già avuto modo di conoscerlo personalmente e di confrontarsi con le sue complessità.
Come per noi entrare nella sua casa – nel processo di racconto dell’artista voluto dalla moglie e dai curatori di questa mostra – è stata un’esperienza potente, ci auguriamo che l’incontro con le opere di Carnà al MUST possa emozionare i visitatori, ri-conoscendo e ri-conoscendosi in un artista importante per il nostro territorio.
Francesco Cereda, Sindaco ed Elena Lah, Assessora alla Promozione della Città
“Ad ogni progetto corrisponde comunque e sempre un destino”
Marina Pizziolo
Innovazione formale e sapienza tecnica
Romano Ravasio
Opere
Vicenda biografica
Esposizioni personali e collettive 75 Bibliografia
Marina Pizziolo
“Ad ogni progetto corrisponde comunque e sempre un destino”
Da dove si comincia a raccontare una storia che non è mai stata scritta? Se poi la storia è quella di un artista che ha attraversato la seconda metà del secolo scorso, la domanda è tutt’altro che banale. Un secolo così generoso di idee che tanti movimenti, pur di riconcorrere il nuovo, hanno preferito arrancare con le stampelle del neo o post qualcos’altro. Sicuramente, in questo tempo così complesso, Marco Carnà ha saputo tracciare una parabola originale e autonoma, anche se profondamente radicata nell’humus culturale della sua epoca. “Sta con tutti e lavora da solo. Conosce tutti e non si lascia conoscere da nessuno”, scrive Girolamo Melis, amico di una vita descrivendo gli anni Sessanta di Carnà, quando stare a Milano era già di per sé “un’operazione culturale”1.
Da dove cominciare, quindi, a raccontare la storia di Marco Carnà? Se la sua storia avesse seguito uno sviluppo stilistico lineare, la risposta sarebbe ovvia. Ma Carnà è stato artista tentacolare, profondamente anticonformista e allo stesso tempo accademico, fino alla provocazione. Un artista dalle fulminanti anticipazioni, ma capace di coltivare ritorni. Il suo progredire non traccia una retta, ma una spirale che tutto include e rimacina. È lui stesso a dire di sé: “Non ha perduto niente per strada: le matrici, le suggestioni, le scuole, i rovesciamenti espressivi, le tecniche, tutto è rimasto sempre presente nella sua lucida e un poco ironica necessità di difendere tutta intera la propria cultura”2.
E se cominciassimo allora a raccontare la sua storia dalla fine? Del resto, è nato prima l’uovo o la gallina? Se poi le uova sono di gallo…
Marco Carnà è stato un artista dalla straordinaria verve creativa. Questa capacità, unita al suo virtuosismo tecnico e alla conquistata libertà da condizionamenti commerciali, gli ha permesso di sviluppare una ricerca autonoma, che si è spinta a esplorare moltissime aree linguistiche. D’altra parte, l’estremo rigore intellettuale di Marco Carnà lo spingeva ad arginare la sua ricerca in filoni coerenti. Di conseguenza, succedeva spesso che divagazioni stilistiche, anche molto felici, venissero presto abbandonate. Lo schema è sempre questo: Carnà crea un’opera con un linguaggio articolato, sviluppa questo linguaggio in sistema estetico coerente, ma solo in una serie limitata di opere. Poi passa ad altro. Non è l’alibi della sperimentazione, che ha afflitto tanta parte del secolo scorso, è qualcosa di più. Ricorda l’architettura logica del migliore Italo Calvino, quello di Se una notte d’inverno un viaggiatore. La capacità di iniziare una storia, di farcela amare, per poi farci scivolare in un’altra storia, presto altrettanto avvincente. E così fino alla fine. Le opere di Carnà sono potenziali e allo stesso tempo concluse. Questo è vero soprattutto per i lavori del periodo che va dal 1961 al 1968. Due date importanti nella biografia di Carnà perché il 1961 corrisponde all’abbandono dell’azzeramento linguistico
informale – la purga stilistica che l’artista si era imposto, per liberarsi dal rigore del disegno accademico – mentre, il 1968 non è solo un condiviso spartiacque ideologico, ma nella vita dell’artista segna l’inizio del suo ritiro a Carnate. In mezzo gli anni di Milano, quelli che Buzzati definiva della “dispersione delle sere”3; gli anni di Sesto San Giovanni e della sua utopia operaia; gli anni “dell’occupazione militare” descritta da Uliano Lucas4, quando Agostino Bonalumi, Arturo Vermi, Edoardo Fraquelli o Costantino Guenzi invadono periodicamente la casa di Marco, paradiso di “vivacità godereccia”; gli anni in cui anche Piero Manzoni va a trovare Carnà5 in Brianza, che scrive, “Ho pure pensato di dipingere quadri tascabili ed invisibili”6. Marco Carnà nel 1968 ha trentanove anni. Ha già esposto a Milano, Prato, Roma, Parigi e ha già prodotto centinaia di opere. È pronto a scrivere il resto della sua storia.
Il titolo di questa mostra, Uova di gallo, è quello di un ciclo di dipinti che Carnà realizza nel 1964. Partendo da questo titolo che è di per sé una dichiarazione di anomala unicità, intraprenderemo un viaggio attraverso una cinquantina di opere che sviluppano coerentemente, ma in edizione limitata, un’indagine sul ritmo del segno, sull’avventura delle geometrie. Uova impossibili, che non si schiuderanno mai, ma preziose, autoreferenziali e cariche di potenzialità. Il Carnà vero arriverà dopo o è già qui?
Considerate nel loro insieme, le opere che abbiamo selezionato rappresentano una sorta di preludio, un inesausto solfeggio formale che però non solo precede, ma accompagna la messa a punto dell’alfabeto di quegli elementi che l’artista chiamerà Neumi, Strutture primarie o più semplicemente Tubi: il variopinto e potente sistema espressivo che diventerà la cifra distintiva della sua arte. Gli elementi primi di questo alfabeto, infatti, sono già presenti in un’opera eseguita tra il 1961 e il 1962, esposta in questa mostra. Un dipinto dove quei primi Neumi, ancora con nomi diversi, si avventurano nello spazio della tela, ponte tra il vecchio e il nuovo, a dimostrare la stupefacente circolarità del percorso di Marco Carnà, che soltanto la mai realizzata mostra antologica di questo artista potrà finalmente rivelare. Conseguenza dell’anomala circolarità del procedere di Carnà (ma dovremmo piuttosto parlare di simultaneità di ricerche, indissolubilmente correlate) è che nelle sue opere, come in un uovo, c’è già tutto, fin dall’inizio. Perché, come aveva scritto, “ad ogni progetto corrisponde comunque e sempre un destino”7.
L’obsolescenza in arte è una verità in atto: tutto è sostituito da altre realtà. L’obsolescenza in arte è un processo inarrestabile di sostituzione, via via che la creatività si manifesta con altre caratteristiche. Il gesto in arte è, una volta compiuto, obsoleto8
Un esempio efficace di questa fluidità dei cambi di scena nell’opera di Marco Carnà lo offre proprio il dipinto citato sopra, Studio per raffineria in disfacimento (p. 26). La tavolozza è ancora quella del periodo informale, quando Carnà componeva opere in sotterranea comunione con Renato Birolli, con quelle terre grevi e la gamma dei grigi contrapposte alla luce del bianco. Così come nella lacerazione delle forme che invadono lo spazio del quadro vive il ricordo delle sue
Cataste di legna sul paesaggio, punto di transizione tra la figurazione e la pittura mentale delle Strutture primarie. Però le forme cilindriche, con i loro bagliori metallici, sono anche lacerto di quel mondo industriale che, consegnando gli operai meridionali al Nord, in quegli anni sta cancellando la realtà rurale del nostro Paese, in una forzata e dolorosa migrazione che è il prezzo del boom economico: un prezzo che sconteremo presto con gli anni di piombo. Il disfacimento della
Gruppo di artisti al Bar
Geni’s di via Brera, Milano 1964. Da sinistra, in piedi: Giorgio De Gaspari, Aldo Calvi, Tom Bombino, Marco
Carnà, Ugo La Pietra, Agostino Ferrari, Domenico Cara; seduti: Luciano Fabro, Luigi Piciotti, Daniel Fuss, Costantino Guenzi, Arturo Vermi, Aurelio Caminati, Timinori
Toyofuku, Pincas Eshet, Angelo Verga, Claudio Papola, Dartel, Francis De Gaspari e Nanda Vigo. Foto di Uliano Lucas.
raffineria è presagio dei disastri provocati da quella irreparabile corrosione del tessuto sociale. È il lamento di una generazione sradicata e privata della sua identità: in un trasferimento che è definitivo, per gli operai che vengono dal Sud, o quotidiano, per i pendolari che ogni giorno consumano ore della loro vita per raggiungere la fabbrica.
Questo dipinto è a sua volta il detonatore dello scarto linguistico di una serie di piccole tele del 1963, tutte dello stesso formato, intitolate Cemento, Ferro e cemento o Destrutturazione (pp. 27 e 28), dove l’atmosfera è ormai decisamente psichica, senza più alcuna eco naturalistica. La pesante caduta percepibile nel disfacimento della raffineria si è tramutata in costruzione labirintica, ardito affondo visivo nei meandri della realtà.
Il pensiero del naturale che aveva assediato la formazione di Carnà e in particolare la sua indagine sui costoni dell’Adda, in sintonia con la contemporanea stagione di Ennio Morlotti, riaffiora in un breve ciclo di opere, che risale al 1964, dedicato ai fili d’erba (pp. 29 e 30). Il naturale ormai non è più però narrazione del vero, ma chiave per penetrare quella “realtà dietro le cose” che aveva ossessionato anche Morlotti: “Un filosofo americano che mi è capitato per caso diceva che anche un filo d’erba nasce da un incrocio, da un coito”9. In questo suo guardare i fili d’erba è possibile cogliere anche l’eco della lettura di Walt Whitman, un poeta che Carnà conosceva e amava: “Ogni atomo che appartiene a me, appartiene ugualmente a te. Io me ne sto in ozio, e invito la mia anima. M’inchino, me ne sto in ozio a mio agio, osservando un filo di erba estiva”10.
A ogni modo, i fili d’erba di Carnà, nella loro rappresentazione come succulenta antenna tesa a captare il fremito della vita, sono già espediente concettuale, un’altra volta variazione sul tema di quei Tubi che domineranno la sua ricerca più matura.
Marco Carnà e Arturo
Vermi davanti alla casa di Carnà nel quartiere di Passirano, Carnate 1960. Di spalle Bellone e Bastianini, artista e fotografo dilettanti.
Due piccole tele del 1964 segnano l’irruzione della sintesi geometrica nella poetica di Carnà: sono Le uova del gallo (pp. 32 e 33). Entrambe propongono la ritmica scansione orizzontale di uno spazio attraversato da due diagonali, ma l’essenzialità di queste campiture araldiche è sovvertita dall’introduzione di una serie di uova, immagine dell’instabilità. Un uovo quando rotola disegna una traiettoria imprevedibile e non si può farlo stare ritto su un piano, a meno di fare come Colombo. L’artista gioca con questo non senso visuale, aggiungendone uno verbale, perché le sue sono uova di gallo. Uno dei due dipinti ha anche un secondo titolo, Le uova di cioccolato nella clessidra, trabocchetto linguistico per spingerci a un’interpretazione oggettuale di opere che vivono invece esclusivamente in un’atmosfera mentale. Del resto, “sigillata l’immagine nel tabernacolo dell’inamovibile forma”11, all’artista resta solo la possibilità di inventare altri nomi per le stesse cose oppure quella di inventare altre realtà, fino a quel momento invisibili. Non a caso l’artista dichiara: “Immaginare l’immagine rendendola visibile è primario esercizio dell’artista”12.
Altre due piccole tele, eseguite sempre nel 1964, propongono la stessa quadripartizione dello spazio lungo le due diagonali: si tratta di Mulino a vento di Euclide e L’apparizione delle chiocciole (pp. 34 e 35). Il legame tra queste due opere e Le uova del gallo è suggerito da Carnà, che nella sua monografia Scultopittura le pubblica tutte e quattro nella stessa pagina13. Come tutte e quattro, una accanto all’altra, vivono tuttora nel suo studio. È evidente che, come per le Uova, i titoli sono dei depistaggi, veri e propri agguati concettuali che l’artista ci tende per farci ricadere in un’interpretazione naturalistica di opere che valgono invece come puri esercizi di indagine spa-
ziale. L’instabilità delle “uova” qui è affidata infatti a una rotazione di forme, suggerita dall’introduzione di linee curve. Quello che appassiona Carnà è il dialogo tra spazio e forma, tra contenitore e contenuto, tra parola e significato. Alterare la qualità dello spazio, che ontologicamente è la dimensione della staticità, con elementi dinamici, espressione del divenire, significa far combaciare spazio e tempo, ossia creare un corto circuito concettuale capace di farci scivolare nella visione di quelle realtà immaginate che è appunto compito dell’artista rivelare. La poesia dell’arte non è forse questa?
Dopo l’orgia geometrica, spogliata la verità, l’istinto riemerge cauto. Riflettendo la casualità nel concetto di intenzionalità, le regole determinano altre regole congegnate nel contesto metodologico dei significati. Lo schema si fa coinvolgere da un’operazione percettiva nell’inesplorato e latente spazio del nascosto mondo psichico. I trasalimenti incanalati nella coscienza estetica, conferiscono sollecitazioni alla componente creativa nella modificazione dei segni14
Il percorso di Carnà non è lineare. L’esigenza affabulatoria farà parte del suo percorso per tutta la vita, come una sorta di potente controcanto, che lo porterà a disegnare migliaia di illustrazioni e a realizzare impegnative commissioni d’arte sacra. Eppure, per la sua ricerca sceglie decisamente la pittura aniconica, una pittura nella quale, però, si diverte a insinuare un conflitto tra protocollo visivo e protocollo verbale. Perché altrimenti, se sta dipingendo l’architettura di un sogno, intitola quel dipinto Le uova di cioccolato nella clessidra? E se ama ripetere, con Lessing, che i titoli non sono ricette di cucina, al punto di scriverlo sul retro di un dipinto, perché insinuare poi il dubbio che possa esistere La porta della felicità e abbia il colore del lutto?
La forma non è sopravvissuta alla tempesta dell’Informale, ma Carnà non si rassegna al vuoto dell’astrazione. Per lui lo spazio del quadro non può diventare il perimetro di un gesto, com’era stato per gli artisti dell’Action Painting, e come era in quegli anni per Emilio Vedova, Giuseppe Santomaso o Afro. Né, per Carnà, il pensiero artistico può progredire per sottrazione, come proponeva Mimmo Rotella con i suoi décollage, o accumulazione casuale, come Daniel Spoerri o Arman. Lo spiega l’artista stesso.
Era avvenuta una distruzione, teoricamente completa, ma per metà non assimilata. La difficoltà era sapere se continuare la distruzione o iniziare una ricostruzione. La via fu quella di costruire traendo valori dal caos. La cosa più importante, quella di costruire dentro e non fuori dal caos15
Carnà ripeterà giustamente che la sua pittura non è astratta, perché è fatta di volumi. E la tridimensionalità appartiene comunque al racconto della ragione, che può solo abitare la realtà. Realtà non solo oggettuale, ma anche intesa come costruzione logica, coerente. Quindi anche la realtà immaginata dall’artista: un oltre plausibile.
È questo lo scenario che apre un dipinto come Volute (p. 37), immersione nella pulsante fisicità di una struttura che si avviluppa nel vuoto del bianco. Oppure Dal ciclo strutture (p. 36), irruzione simultanea di tubi multicolori in una spazialità onirica. Il tono fisico degli elementi compositivi di queste due opere viene subito contraddetto, però, da una grande tela del 1965, Sovrastrutture (p. 38), in cui Carnà crea un’inedita planimetria di forme geometriche, accostate
a riempire lo spazio. Il dipinto fa parte di un gruppo di opere che Carnà dedica a Fritz Glarner e alla sua Relational painting, allitterazione del rigoroso neoplasticismo di Mondrian. La capacità di adeguare il suo linguaggio agli stilemi di artisti che ama, allacciando dialoghi formali a distanza, contraddistingue d’altra parte diversi lavori di Carnà ed è una prova del suo virtuosismo. Capacità che lo porterà, ad esempio, a realizzare la riproduzione di alcuni capolavori di Botticelli, Tiepolo e altri maestri, che saranno utilizzati per una campagna pubblicitaria della Ferrero nel 2000.
Come abbiamo visto, il concetto del dipinto come soglia dei paesaggi della mente si è ormai affermato nella pittura di Carnà intorno al 1964. In quello stesso anno, la novità che si profila nella sua ricerca è legata alla pratica del collage, che s’imporrà in varie declinazioni per i quattro anni successivi. È il trionfo della materia, del suo potere allusivo, dei suoi codici. Ma Carnà non è vicino a quegli artisti che rimano la loro sofferenza sugli accordi della poetica della materia, come Burri o Tàpies. La sua è una materia tattile, rigorosa, che irrompe con la trama di un tessuto, il ritmo ondulato del canneté o il corpo di un cordino, a delimitare i contorni di una realtà altra, enigmatica e senza orizzonti. E qui la capacità creativa di questo artista si dispiega in tutta la sua originalità secondo quello schema a spirale, calviniano. Affida a un gruppo di opere l’invenzione di un modo, lo sviluppa con una serie di formidabili variazioni, e subito lo abbandona.
In un ciclo di piccoli lavori, ad esempio, protagonista è un nero istoriato, una sorta di sontuoso broccato a rilievo, che nel titolo annuncia e delimita inaspettatamente La porta della felicità (pp. 40 e 41). Ne possiamo vedere quattro esempi, divagazioni coerenti sullo stesso tema. Per Carnà, cultore del colore e della luce, il nero è episodico. “La luce è un buio chiaro? Luce: fionda a carpire i colori”, scriverà nel 196516.
Un altro ciclo di dipinti è caratterizzato da una scrittura a zig-zag, affidata al bianco di cordini o fettucce che si sovrappongono al disegno geometrico del fondo. Una sorta di emersione del segno nel territorio del vero. Nel titolo torna la voce Portale, anche se questa volta è quello di Lintippuco o Pildabbiu (pp. 47 e 48), nomi inventati come Carnà farà spesso, a dire con Palazzeschi E lasciatemi divertire! 17
E poi c’è la serie dei pizzi, opere provocatorie, per l’introduzione del materiale antimoderno per eccellenza nel rigore della proiezione delle forme. Perché di sicuro il pizzo sta al nuovo come gli asparagi all’immortalità dell’anima, ma tanto Carnà non cerca di essere moderno, lo è e basta e solo quando vuole. Ed è tanto libero da riuscire a guardare oltre la superficie delle cose ed essere quindi capace di vedere che anche il pizzo è architettura del segno. Madrigale, Contrapposizione lirica o Doppia proiezione (pp. 48-51) sono lavori unici, proprio per l’audacia di quel bianco antico, che ha invece la freschezza della schiuma di un’onda, capace di cancellare e integrare al tempo stesso l’analisi dello spazio affidata alla segmentazione del colore.
Un altro scarto e l’indagine spaziale sperimenta la rinuncia alle valenze emotive del colore. In Spazio n. 14 (p. 52), del 1966, è solo il bianco a disegnare contro il rigore assoluto del nero. Ma l’estrema sintesi di questa “immagine immaginata” non è affidata solo a un segno grafico che fa emergere il volume delle forme evidenziandone le linee prospettiche con un fine reticolo, ma anche al rilievo plastico di un grosso filo e alla superficie ritmata di due rettangoli di canneté. L’inserimento di questi elementi non basta però a reclamare la presenza dell’immagine in un luogo fisico, la definizione delle forme resta psichica. Il baricentro visivo dell’opera, quel
cerchio bianco a rilievo, è centro propulsivo delle linee di forza, inevitabile punto zero dell’irrealtà visibile.
Carnà è affascinato dalla superficie del canneté, che tra il 1966 e il 1967 inserirà non solo nell’esplosione gioiosa delle Fiabe, il ciclo di dipinti di cui fanno parte Leggenda o Giorno di festa (pp. 44 e 45), ma anche in opere intitolate entrambe non a caso Architettura (pp. 54 e 55). Qui è il colore che definisce i volumi, che si giustappongono e collidono per ricomporsi in una forma di armonia superiore, placata dall’argine di quel filo bianco che definisce le linee di forza, ricucendole in stabilità costruttiva.
Per scandagliare i volumi, Carnà usa non solo la linea, ma anche il colore, declinazione della luce. Indaga questa proprietà del colore, in chiave optical, nel ciclo delle Ypsilon (pp. 56-58).
La lettera viene utilizzata per innescare un’oscillazione tra concavità e convessità, creando una molteplicità di labirinti visivi, enfatizzati dal fatto che la ipsilon è sia linea grafica sia recinto di tonalità digradanti, accostate a costruire il passaggio da un colore primario all’altro. La potenza del disegno è tale da deformare il perimetro del dipinto: il quadrato diventa rombo, il rettangolo trapezio. La forma lievita, le singole celle definite dal reticolo di ipsilon scivolano l’una nell’altra. Il miele che cola da questo alveare impazzito è un’alterata percezione dello spazio che apre interrogativi sulla cognizione della realtà come luogo del visibile. Che cosa è reale? Queste opere esistono non solo nella loro oggettualità, ma anche in quanto generatrici di risposte percettive, di relazioni esistenti solo nella visione soggettiva. Era stato il tema della grande mostra dedicata all’Optical Art, “The Responsive Eye”, che si era svolta al MoMA di New York solo l’anno prima. Mostra alla quale partecipò anche Enrico Castellani, che Carnà in quegli anni frequentava, avendo entrambi lo studio a Sesto San Giovanni nella ancora non indagata comune artistica del Quartiere delle Botteghe.
Carnà era geloso della sua autonomia intellettuale, al punto che per difenderla accetterà di pagare per tutta la vita il prezzo della solitudine, ma era anche un artista immerso nel proprio tempo, un bibliofilo di profonda cultura e soprattutto uno studioso dell’arte di tutte le epoche. Il tema dell’inganno percettivo continuerà ad affascinarlo ed emergerà in vari suoi scritti.
È compito dell’artista indagare e configurare lo spazio nella componente allusiva e simbolica delle forme, attirando a sé tutte le altre, ridefinendole, ingabbiandole via via che esse transitano davanti all’occhio, generando così capacità percettive nel flusso incessante delle idee, altrimenti sconosciute18
È del 1968 una serie di opere su carta dal titolo Metamorfosi (p. 60), in cui l’artista esplora le diverse possibilità di rilievo ottenute dall’accostamento speculare o simmetrico di forme disegnate da una successione di linee equidistanti, rette o curve. L’incredibile successione di tavole di disegni simili, ma mai uguali, oltre un centinaio, ci offre la possibilità di un’immersione nelle infinite possibilità del segno. “Non tutte le parole della forma / sono state dette. / Mi assale la voce muta / dell’inconosciuto segno”19. Sono carte pienamente autonome, ma che hanno anche il valore di studio per la realizzazione delle estroflessioni dominate da potenti torsioni che caratterizzeranno la ricerca dell’artista negli anni Settanta.
La mostra si chiude con un’opera del 1968, Il Volo (p. 61) dove la ritmica ripetizione di un segno curvo crea rilievi cilindrici dall’illusoria e alternante concavità e convessità. Questo dipinto come secondo titolo ha quella che suona come una dichiarazione di poetica, Un ritmo è la ripetizione di una cosa amata, chiave per penetrare non solo il senso di gran parte delle costruzioni di Carnà, ma anche il suo inesausto operare, giorno dopo giorno, con una gioia del fare arte che sarà ragione necessaria del suo vivere da uomo libero. Tutti i dipinti, i disegni, le sculture, a cui ha dato forma e colore nella sua vita sono il potente argine che ha saputo creare per fermare la frana del tempo. E che “spente siano le torce nere del vuoto”20
nel suo studio, 1965.
1 M. Carnà, G. Melis s.d. Nota biografica firmata Giro Melis non datata, scritta intorno al 1973, proposta in vari cataloghi e successivamente aggiornata.
2 G. Seveso, Marco Carnà. L’immagine immaginata 1954-1963, s.n., Carnate 1990, p. 165.
3 Mostra di Alberto Brambilla, catalogo della mostra (Milano, Galleria Gussoni, 1965), con un testo di D. Buzzati, s.n., Milano 1965.
4 Intervista rilasciata da Uliano Lucas a Marina Pizziolo, Asti, 25 novembre 2023, Archivio Marco Carnà.
5 Nanda Vigo, Giovani e rivoluzionari. Un’autobiografia dentro l’arte degli anni Sessanta, a cura di C. Strano, Mimesis - Le parole dell’arte, Milano - Udine, 2019, p. 49.
6 M. Carnà, dattiloscritto datato 1960, Archivio Marco Carnà.
7 M. Carnà, dattiloscritto non datato, Archivio Marco Carnà e M. Carnà, Neumi - Strutture primarie - Dipinti e sculture 1961-1999, s.n., s.l. s.d., p. 4.
8 M. Carnà, dattiloscritto non datato, Archivio Marco Carnà.
9 E. Morlotti, intervento letto in occasione della conferenza Ennio Morlotti. Il mio progetto d’intellettuale (Milano, Fondazione Corrente, 17 febbraio 1981), in “Nuova Rivista Europea”, n. 2, 1981, pp. 48-52.
10 H.S. Morris, Walt Whitman poeta della democrazia (1819-1892), prefazione di C. Formichi, R. Bemporad & F., Firenze 1920, p. 50. Libro presente nella biblioteca di Marco Carnà.
11 M. Carnà, dattiloscritto non datato, Archivio Marco Carnà.
12 M. Carnà, dattiloscritto non datato, Archivio Marco Carnà.
13 G. Seveso, Marco Carnà “Scultopittura” 1964-1984, s.n., s.l. s.d., p. 13.
14 M. Carnà, dattiloscritto non datato, Archivio Marco Carnà.
15 M. Carnà, dattiloscritto non datato, Archivio Marco Carnà.
16 M. Carnà, Appunti dedicati a Pinettone colui che apparirà 1962-1963-1964-1965, quaderno autografo.
17 A. Palazzeschi, L’Incendiario, Edizioni futuriste di “Poesia”, Milano 1913.
18 M. Carnà, dattiloscritto non datato, Archivio Marco Carnà.
19 M. Carnà, dattiloscritto non datato, Archivio Marco Carnà.
20 M. Carnà, Preghiera, dattiloscritto datato 1960, Archivio Marco Carnà.
Marco Carnà emerge come un innovatore straordinario, non tanto per la sperimentazione di tecniche e materiali nuovi, quanto per la sua rivoluzionaria capacità di trasformare le forme. La sua inesausta inventiva contrasta solo apparentemente con la sua aderenza alla tradizione nell’uso dei materiali. Mentre molti artisti tendevano a cercare nuovi supporti materici a cui ancorare le suggestioni di un’epoca che si voleva rivoluzionaria per definizione, rifiutando l’utilizzo delle pratiche tradizionali quasi fossero griglie e setacci dai quali la varietà del nuovo mondo mai sarebbe potuta filtrare, Carnà rivendica la libertà di utilizzare ciò che meglio asseconda il raggiungimento del risultato, innovativo nella forma.
Subordinando i materiali al risultato estetico e formale che intendeva ottenere, assoggettando la tecnica all’idea e piegandola alle proprie esigenze espressive, distoglie l’attenzione di chi guarda dalla lista degli ingredienti, di cui le ricette della novelle cuisine artistica erano sature, e lo porta a considerare il risultato, valido o meno non in quanto matericamente esotico. L’apparente semplicità, che spesso cela il faticoso risultato di un travagliato percorso di ricerca, era nel suo caso fulminante genialità. Un istinto in grado di cogliere la complessità delle cose nella loro forma più pura. Senza gli orpelli della conoscenza che sempre attinge a se stessa, obbligata da binari, dai quali può deviare solo deragliando.
Libero dalle catene delle sperimentazioni forzate e da tutta quella serie di tentativi di riscrivere la storia dell’arte modificando la lista della spesa, all’eloquio preferì sempre la breve densità dell’haiku. Una premessa, questa, che ci conduce a un’analisi curiosa della sua materia artistica, intesa come il fango primigenio da cui l’uomo origina e la cui apparente semplicità è paradossale metafora di una complessità potenziale negli esiti.
Nel contesto del panorama artistico italiano degli anni Sessanta, Carnà si distingue per la sua abilità nel piegare le regole dell’arte senza doverle rompere del tutto. Le sue sperimentazioni, anche quando tecniche, si focalizzano sull’affinare ed evolvere pratiche consolidate, che, nelle sue mani, diventano strumenti per nuove forme di narrazione. Le volute concettuali del suo libero pensiero, che instancabile inventa mondi e forme sempre nuove, deformano le superfici secondo necessità, a volte con la giocosa ironia dell’objet trouvé o nell’accumulo vorace che afferra e usa ciò che semplicemente è a portata di mano, inglobando nel percorso creativo dell’opera ciò che il caso pone di fronte, mai come ostacolo, ma come opportunità.
La via che conduce alla realizzazione di un’opera di Carnà assomiglia al paesaggio che si compone davanti ai nostri occhi, perfetto, perché inevitabile.
Paradigma e metafora di questo modo di procedere sono le sue monolinee, disegni realizzati senza mai staccare la penna o la matita, che procedono implacabili sulla superficie del foglio con la sicurezza di un gesto ripetuto infinite volte e invece inedito. Migliaia di disegni nei
quali la forza di un pensiero limpido semplicemente proietta sul foglio l’immagine che la mano segue, partendo da un angolo qualsiasi per arrivare a chiudersi, compiersi, con una perfezione che stupisce.
Accumuli, incontri, innamoramenti casuali che lo portano ad accostare forme che si determinano nella loro sostanza e necessità. Le volute della gamba segata di una sedia accostate a lacerti di passamaneria e a primi esperimenti di estroflessione, realizzati per inseguire una morbidezza tridimensionale presente solo nella mente dell’artista e non recuperabile negli oggetti.
Uno studio a parte meriterebbe la genesi delle estroflessioni di Carnà, inserite in un contesto unico, quello della contemporanea esecuzione da parte di un nucleo di artisti italiani, di nuove plasticità realizzate con modanature della tela che, tolta dal piano, deformata in forme inedite, sospinta a cercare luce e ombre, inseguiva un risultato simile a quello della scultura o di una pittura della luce, dove il colore andava a cercare le variazioni di tono nell’ambiente, e non sulla tavolozza. Il ritmo e la geometria che tutti ricercavano, in alcuni divenne occasione di esplorazione di forme astratte. In Carnà, la possibilità di sperimentare a tutto raggio, arrivando, lui solo, a misurarsi con la difficoltà di raccontare il reale. Paesaggi, fiori, frutta. E i ritratti. Quelle Ironie, come l’artista le chiamò, che rappresentano un unicum nella sperimentazione tridimensionale delle estroflessioni, che supera, arrivando a inventare le scultopitture. La consapevolezza della loro singolarità spinse Carnà a isolarle nel suo studio dal resto della produzione e a raccoglierle in una stanza, assiepate, irriverenti, dialoganti e rumorose, come a dire “è solo un gioco” oppure “sì, solo io ho fatto opere così”.
Gli altri artisti erano Castellani, Bonalumi e Simeti. I suoi maestri i pittori antichi e i grandi contemporanei. Le sue guide i liberi pensatori, i poeti del suo tempo e del passato. La letteratura mondiale la luce sul mondo che, da Carnate, tutto visitò. La musica un vento profumato che regalava ricordi di momenti che non visse e divennero suoi. E una radio in studio, accesa e non ascoltata, che portava il rumore del mondo, da Carnate così lontano.
per raffineria in disfacimento
Cemento armato, 1963
tempera vinilica su tela, 26 x 26 cm
collezione dell’artista
Cemento, 1963
tempera vinilica su tela, 26 x 26 cm
collezione dell’artista
Cemento, 1963
tempera vinilica su tela, 26,5 x 26,5 cm
collezione dell’artista
Ferro e cemento, 1963
tempera vinilica su tela, 26 x 26 cm
collezione dell’artista
Cemento, 1963
tempera vinilica su tela, 26 x 26 cm
collezione dell’artista
Destrutturazione, 1963 tempera vinilica su tela, 26 x 26 cm
collezione dell’artista
Filo d’erba, 1964
tempera vinilica su tela, 26,5 x 26,5 cm
collezione dell’artista
Struttura verde - Filo d’erba, 1964
tempera vinilica su tela, 30 x25 cm
collezione dell’artista
Da un filo d’erba, 1964
tempera vinilica su tela, 44 x 34 cm
collezione dell’artista
Primavera, 1964
olio su tela, 20 x 30 cm collezione dell’artista
Vangoghiana, 1964
olio su tela, 22,5 x 30 cm collezione dell’artista
Le uova del gallo, 1963-64
olio su tela, 24,5 x 18 cm collezione dell’artista
del gallo - Le
di cioccolato nella clessidra, 1964 olio su tela, 24 x 20 cm collezione dell’artista
L’apparizione delle chiocciole, 1964
olio su tela, 29,5 x 22,5 cm collezione dell’artista
Mulino a vento di Euclide, 1964 olio su tela, 25 x 19 cm collezione dell’artista
Dal ciclo strutture, 1964
tempera vinilica su tela, 50 x 40 cm
collezione dell’artista
Volute, 1964 olio su tela, 80 x 45 cm collezione dell’artista
Raccordi, 1965 circa tempera vinilica su tela, 65 x 50 cm collezione dell’artista
Sovrastrutture, 1965
La porta della felicità, 1964
collage e grafite su tavola, 50 x 40 cm collezione dell’artista
La porta della felicità, 1964
collage, tempera vinilica e grafite su tela, 50 x 40 cm collezione dell’artista
La porta della felicità, 1964 collage, tempera vinilica e grafite su tela, 50 x 40 cm collezione dell’artista
Architettura della mente e del sogno - Meriggio, 1964
acrilico e china su tela, 60 x 50 cm collezione dell’artista
La porta della felicità - Ombre della sera, 1964 collage e tempera vinilica su cartone, 36,5 x 25 cm collezione dell’artista
collage, tempera vinilica e china su tavola, 80 x 60 cm collezione
Al di là, 1965
collage, tempera vinilica e china su tavola, 27 x 20,5 cm collezione dell’artista
Portale - Lintippuco, 1965
collage, tempera vinilica e china su tavola, 53,5 x 37,5 cm collezione dell’artista
Luci e ombre sulla geometria, 1965
collage, tempera vinilica e china su tavola, 37,5 x 25 cm collezione dell’artista
Portale - Pildabbiu, 1965
collage, tempera vinilica e china su tavola, 52 x 36,5 cm collezione dell’artista
Madrigale - Spazio costruito, 1965
collage e tempera vinilica su tavola, 80 x 60 cm collezione dell’artista
Contrapposizione lirica, 1966
collage, tempera vinilica e china su tavola, 80 x 60 cm collezione dell’artista
Spazio n. 3, 1966
collage, tempera vinilica e china su tavola, 52,5 x 42,5 cm collezione dell’artista
Spazio n. 14, 1966
collage, tempera vinilica, canneté e china su tavola, 59,5 x 49,5 cm collezione dell’artista
Proiezioni in diagonale, 1966 collage, tempera vinilica e china su tavola, 67,5 x 58 cm collezione dell’artista
noetica, 1967
Architettura, 1967
collage, tempera vinilica, canneté e china su tavola, 93,5 x 58,5 cm
collezione dell’artista
I giardini di Babilonia (Ypsilon), 1967
tecnica mista su tavola, 40 x 40 cm collezione dell’artista
I giardini di Babilonia (Ypsilon), 1967
tecnica mista su tavola, 40 x 40 cm collezione dell’artista
Ypsilon, 1967
acrilico e china su tela, 85 x 85 cm
collezione dell’artista
Diagonalmente, 1967 tempera vinilica su tela, 40 x 30 cm
collezione dell’artista
Metamorfosi, 1968
matita su carta riportata su tavola, 32,5 x 22 cm
collezione dell’artista
Metamorfosi, 1968
matita su carta riportata su tavola, 32,5 x 22 cm collezione dell’artista
Metamorfosi, 1968
matita su carta riportata su tavola, 32,5 x 22 cm collezione dell’artista
Metamorfosi, 1968
matita su carta riportata su tavola, 32,5 x 22 cm collezione dell’artista
Il volo (Un ritmo è la ripetizione di una cosa amata), 1968 tempera vinilica su tela, 39,5 x 29,5 cm collezione dell’artista
Carnà nel suo studio, 1968.
Claudio Papola, Marco
Carnà e Arturo Vermi
davanti al loro studio al Quartiere delle
Botteghe, Sesto San Giovanni (Milano) aprile 1965. Foto di Uliano Lucas.
Marco Colombo nasce in Brianza, a Carnate, il 15 dicembre 1929. Sarà proprio dall’antica dizione del paese natale che trarrà il nome con il quale firmerà per tutta la vita i suoi lavori. Suo padre Domenico alterna il lavoro in fabbrica a quello nei campi, mentre la madre, Filomena Consonni, si occupa della casa e dei quattro figli, di cui Marco è il terzogenito. Fin dall’adolescenza manifesta una profonda passione per l’arte, che a soli tredici anni lo porterà a lavorare, sotto la guida di Arturo Galli, alla decorazione della chiesa dei Santi Cornelio e Cipriano a Carnate. Tra il 1941 e il 1944 frequenta il Collegio Ballerini, prima nella sede di Vimercate e poi a Seregno. Quando le crescenti preoccupazioni del padre per i bombardamenti lo costringono a lasciare il collegio, Marco continua il suo percorso di formazione artistica come autodidatta.
La straordinaria raccolta di libri di uno sfollato milanese rifugiatosi a Carnate offre a Marco l’occasione di leggere testi di filosofia e letteratura, all’epoca difficilmente accessibili, svilup-
pando così un profondo interesse per il romanticismo e l’idealismo tedesco. Ma non si limita a studiare, subito dopo la guerra la visione diretta dei capolavori artistici è la ragione dei suoi primi viaggi a Venezia e a Padova, dove è folgorato dalla potenza narrativa degli affreschi di Giotto. Si iscrive poi alla Scuola di Disegno del Castello Sforzesco, a Milano, dove viene ammesso direttamente al corso finale, ma proprio il riconoscimento del suo talento lo dissuade dal prendere parte alle lezioni. Decide invece di frequentare la Scuola Libera del Nudo di Brera. Nel 1950, a ventun anni, Marco Colombo sceglie di dedicare la sua vita alla pittura e di diventare Marco Carnà. Inizia una vorace sperimentazione di stili e tecniche, fonte di ispirazione sono i maestri francesi della pittura dell’Ottocento e del Novecento, da Courbet a Cézanne, ma anche esponenti del naturalismo lombardo, in particolare Emilio Gola e Donato Frisia. Sono anni di tensioni conflittuali per l’artista, di dubbi e sperimentazioni che lo allontanano progressivamente dal realismo, in
assonanza con il percorso che sarà di Ennio Morlotti e Renato Birolli, anche se nel suo caso la tendenza all’innovazione è frenata dal rigoroso rispetto per l’arte del disegno, che lo spinge a un inesausto perfezionamento delle tecniche accademiche. Nuovi stimoli artistici e culturali provengono nel frattempo dai viaggi intrapresi in Italia e in Francia. Le sue letture sono onnivore, visita musei e mostre, entrando in contatto con le avanguardie del tempo. Nel 1953 a Milano, a Palazzo Reale, si apre la prima esposizione in Italia dedicata a Picasso. La Sala delle Cariatidi, ancora sfregiata dai danni provocati dai bombardamenti, accoglie Guernica che “con il lacerante sfaldamento della sua pittura, dove qualsiasi mimesi della natura era ormai persa”1, lascia un segno indelebile in Carnà. L’artista inizia a confrontarsi con la modernità del suo tempo, segnata da un passato atroce, ma ansiosa di rinnovamento. Nel 1958 Carnà affitta uno studio a Milano, prima in via Confalonieri e poi in via Ciovassino, nel quartiere di Brera. Sempre nel capo-
luogo lombardo, nello stesso anno espone per la prima volta le sue opere, alla Galleria Montenapoleone, in un’esposizione collettiva che vede la presenza anche di Costantino Guenzi, Pierluigi Lavagnino, Luigi Piciotti e Arturo Vermi. Nella stessa galleria subito dopo esporranno anche Piero Manzoni, Lucio Fontana ed Enrico Baj. In sintonia con i tempi, nella pittura di Carnà, il racconto naturalistico ha ormai lasciato il posto a un’audace scomposizione informale. Come scrive l’artista: “Erano stesure nell’architettura allusiva di natura-idea-simbolo: pregnanti trofei naturali ad esprimere caos congestionato, lacerante diario di nascita e fine del vegetale, metamorfosi ossessiva e pulsante scalfittura, fragilità e precarietà dell’esistere”2. L’anno dopo la pittura informale, che da tempo assediava il pensiero dell’artista, dopo i successi internazionali si afferma imperiosamente anche all’XI Premio Lissone. Carnà comunque alterna alla visione dei lavori informali i pellegrinaggi nei musei italiani per studiare i capolavori rinascimentali: Paolo Uccello e Piero della Francesca rimangono per lui potenti magneti stilistici. A Milano si confronta con l’irrefrenabile innovazione culturale che anima il quartiere di Brera, un mondo a parte rispetto alla città, grazie a personaggi arrivati da ogni parte d’Italia, quali Lucio Fontana, Piero Manzoni, Enrico Castellani, Enrico Baj, Giorgio Gaber, Dino Buzzati, Indro Montanelli. Carnà intesse un’ampia rete di relazioni, senza modificare
però il suo temperamento deciso e riservato. “Sta con tutti e lavora da solo. Conosce tutti e non si lascia conoscere da nessuno. Ammira e ama quasi tutti i pittori di quella generazione separata. Stare a Milano sembra di per sé un’operazione culturale”3. Locali come il Geni’s o il Jamaica diventano fertile luogo d’incontri e di discussioni politiche. Una celebre istantanea del 1964, scattata dal fotoreporter Uliano Lucas, cattura quel variegato collettivo estemporaneo di scrittori, artisti e poeti. In quegli anni è soprattutto con Uliano Lucas, Arturo Vermi, Costantino Guenzi e Agostino Bonalumi che Carnà trascorre il suo tempo, a Milano e nella sua villa di Carnate. Nonostante la sua indole solitaria, Carnà offre cibo e letti a tutti e accetta di buon grado quella che Lucas definisce “un’occupazione militare”, descrivendo il clima di quelle riunioni: “Una vivacità godereccia, dove la pittura appariva soltanto in determinati momenti. Tra gli artisti c’era un rapporto di stima, di simpatia, di amicizia e di aiuto reciproco”4.
Sul finire degli anni Cinquanta, crea le sue prime tele estroflesse. Sono opere che esibiscono superfici gravide, costruzioni ritmiche e quelle strutture tubolari che diventeranno poi il suo originale alfabeto. In queste prime estroflessioni Carnà scompone lo spazio del quadro, introducendo linee di forza che sollevano la tela in curve, angoli, diagonali che creano isole di colori diversi.
Nell’ottobre del 1959, Carnà ordina la sua prima personale alla Galleria Falsetti di Prato. L’interesse del pubblico è tale che tutte le opere esposte vengono vendute. Viaggia in Italia, Francia, Olanda, Germania, Svizzera e nel 1960 espone a Parigi, alla Galerie de Beaune. Poco dopo decide inaspettatamente di abbandonare lo studio di Milano: dietro questa decisione vi è il rifiuto di piegarsi alle logiche del successo commerciale che sta vivendo. Inizia un andirivieni tra Milano e Carnate. I viaggi in treno saranno l’ideale osservatorio di un’umanità rassegnata, quella dei pendolari, ritratti in infiniti fogli che catturano la faticosa sospensione del tempo che i lavoratori ogni giorno sono condannati a vivere. Dall’inizio degli anni Sessanta, l’astrazione di Carnà non negherà mai la forma, scegliendo invece la strada di una pittura che accarezza complesse geometrie. Una pittura sostenuta da un complesso pensiero estetico, in sintonia con lo scrittore e saggista argentino Jorge Luis Borges per l’avvertita necessità di inventare “irrealtà visibili”.
Nel 1964 aderisce al progetto del Quartiere delle Botteghe di Sesto San Giovanni. L’avventura culturale prende vita da un’idea dell’ingegnere Felice Valadé, proprietario di alcuni edifici nella periferia di quella che era allora una roccaforte operaia alle porte di Milano. La sua idea era quella di creare una comune di artisti, offrendo loro come studio i locali al piano terra di alcuni palazzoni in viale Casiraghi 376
e richiedendo il pagamento dell’affitto in dipinti, anziché in denaro. I pittori di punta del momento, definendo la città un ambiente per pittori da salotto, scelgono di lasciare i loro studi milanesi, per unirsi alla vibrante realtà di un progetto radicato nella realtà lavorativa, che prometteva di portare l’arte nelle fabbriche. Carnà è uno di loro, con Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Lino Marzulli, Mario Bionda, Lino Tiné, Luciano Fabro, Turi Simeti, Hidetoshi Nagasawa, Arturo Vermi.
Il Quartiere delle Botteghe, una “bohème di cemento armato”, come la definisce Agostino Mantegazza5, non è il luogo di un’identità di stile. La scelta degli artisti, in totale indipendenza intellettuale, è di vivere un’esperienza di condivisione lasciandosi influenzare dalla realtà operaia. Per molti, il Quartiere delle Botteghe rappresenta un’ancora di salvezza, un luogo di irripetibile comunione artistica e profonda solidarietà. A Sesto San Giovanni, la ricerca di Carnà si orienta verso un nuovo lessico, ispirato alla modernità di un tempo dominato dalle pesanti architetture delle fabbriche. I suoi dipinti si popolano di tubi, ritorti, sovrapposti, materici, declinati nei toni neutri del grigio e dell’ocra: “Strutture, sovreminenze, canali, giunti, cemento, viadotti, tubi, sbarramenti, contenitori, tubi, tubi, compenetrazione per una struttura generale”6. L’avventura del Quartiere delle Botteghe aveva come principale obiettivo quello di trovare un punto d’incontro tra due mondi, il mondo operaio e quello degli artisti, tramutando la prossimità fisica in sodalizio. Ma anche se “tre metri sopra le loro teste ci sono piani e piani di appartamentini imbottiti di gente […] quei tre metri è come se fossero centinaia di chilometri: tra i pittori del pianterreno e gli operai non c’è comunicazione”7. Già un anno dopo, molti artisti si rassegnano all’evidenza dell’utopia. “Chi se ne va sostiene infatti che da Sesto si aspettava un interesse sia pubblico che privato più vivo. È mancato completamente il colloquio con l’operaio, che per molti dei pittori che avevano scelto Sesto era determinante. Il tentativo di portare delle mostre nelle fabbriche è morto ancora prima di nascere. L’operaio – sempre secondo il gruppo degli scontenti – si è socialmente spostato e i suoi interessi sia politici che artistici si sono ulteriormente spenti”8. Il primo aprile 1965 alcuni artisti decidono di andarsene con un atto di protesta: dipingono un enorme pesce sulla facciata di un condominio in via Pirandello. “L’apparizione di questo assurdo pesce determinò un brivido di stupore che rimase nell’aria di Sesto San Giovanni per poche ore. Poi sul mostro e sui pittori del Quartiere delle Botteghe tornò il silenzio di sempre”9. Marco Carnà commenta, sempre sulle pagine de “Il Giorno”: “L’umanità è nelle condizioni che si merita”. Il 1968 sancisce il definitivo ritiro dell’artista nella grande casa studio di Passirano di Carnate. Qui lavorerà fino alla fine, accumulando
una mole inimmaginabile di dipinti, sculture e disegni, contesi da un attento collezionismo. Anche se sofferta, la cercata solitudine, nutrita delle letture più disparate, favorisce un’estrema vitalità intellettuale.
La trama di tubazioni, eco del paesaggio di Sesto, diventa labirinto formale, da cui emergono quegli elementi primi che chiamerà Strutture primarie, Sovrastrutture, Neumi o semplicemente Tubi. Un sistema visivo che inventa e mette a nudo la nervatura del reale. I dipinti si popolano di affastellamenti di “tubi”, canali ideali che rappresentano le infinite possibilità di connessione, indispensabile premessa della vita. I loro contorni, prima vibranti, vengono via via circoscritti in una forma netta, rigorosa, che con gli anni approderà a una colorazione luminosa.
Negli anni Settanta i tubi, protagonisti della bidimensionalità del dipinto, invadono la superficie delle opere con torsioni scultoree, dando vita a complesse estroflessioni della tela. Per Carnà questa tecnica non si esaurisce però nell’esplorazione di forme astratte, ma è alla base dell’invenzione di una pittura a rilievo, in cui la tela viene tesa sopra un incastro di rilievi lignei, opportunamente sagomati. Sono le Ironie, “scultopitture” capaci di reinventare la figurazione in una giocosa chiave Pop. Non è un’evoluzione della sua ricerca, ma una produzione parallela, perché Carnà procede sempre simultaneamente su vari fronti. Un’altra costante sarà infatti la produzione di sculture, che propongono la traduzione a tutto tondo del suo linguaggio pittorico. Una nota merita in questo senso la creazione, tra il 1970 e il 1975, di una serie di sculture di tela estroflessa: opere di incredibile difficoltà tecnica, soprattutto quando realizzate in un grande formato. La produzione di Marco Carnà è immensa ed eterogenea. La sua originale ricerca viene documentata dall’artista stesso attraverso la pubblicazione di una vasta serie di monografie, raramente accompagnate da interventi critici, per il rifiuto di un’esegesi considerata dal mercato dell’arte un necessario “supporto all’operare”10. Le monografie contengono invece testi di Carnà o interventi di intellettuali amici, come lo scrittore Girolamo Melis o il cardinale Gianfranco Ravasi, con i quali ha una consuetudine di profondo dialogo. Questi libri, progettati e curati dall’artista, presentano ogni volta una sorta di repertorio, un affondo caotico nella sua produzione di un certo periodo, in un’impaginazione che non lascia spazio al vuoto della pagina, perché lo scopo non è presentare, ma salvare il maggior numero possibile di opere dall’oblio e dalla dispersione. Negli anni Settanta e Ottanta, l’attività espositiva si fa ancora più intensa. Espone in Italia, a Monza, Milano, Roma, e all’estero, in Svizzera, Canada, Austria e Germania. Nel 1986 la passione di Marco Carnà per la parola e il disegno si fondono nella pubblicazione
di una raccolta di poesie da lui illustrate, Le apparizioni in/visibili. 18 Erofanie. 1956-1964. “Non so quale altro barocco gioco evocare / per affondare l’articolato gesto / fino alle minuzie del desiderio”11
Nel 1987 sposa Daniela Piazza, che condividerà per tutta la vita con lui un intenso ed esclusivo dialogo intellettuale. “Quando scopristi l’azzurro dei miei occhi era primavera”, scrive Daniela. “Io tristissima, tu da solo come spesso accaduto nella tua vita. Incontro di anime e di cervelli più che di corpi, il nostro. Forse di corpi ne avevamo avuto abbastanza e portavamo ancora le ferite come tatuaggi”. Nell’arco di oltre trent’anni, dal 1953 al 1987, la pratica dell’illustrazione è il controcanto del lessico arcano delle strutture primarie. Le illustrazioni, così come le opere d’arte sacra, offrono a Marco Carnà un costante rifugio alla sua insopprimibile esigenza di racconto. L’artista disegna migliaia di tavole che sanno farsi formidabile eco visuale della parola scritta: un progetto “accademico-provocatore”12, come lo definisce Girolamo Melis. I tasselli di questo poderoso progetto sono le illustrazioni a china di capolavori della letteratura come La Divina Commedia, I canti di Maldoror, Le anime morte, Il barone di Münchausen, i racconti di Edgar Allan Poe, i Vangeli. La meticolosa cura riposta dall’artista nella realizzazione di tali cicli si estende alla loro documentazione. Carnà pubblica parte delle sue tavole a china dedicate all’opera dantesca, un lavoro ciclopico di oltre cinquecento grandi fogli, nelle monografie fuori commercio Il visibile parlare. Disegni dal 1953 al 1983 e L’altre cose ch’i v’ho scorte. Disegni dal 1953 al 1987. Scrive l’artista: “Assimilai il tortuoso mondo del dolore riempiendo furiosamente di grovigli centinaia di fogli, inventando un’urlante sintassi del disegnato dove il reticolo dei segni castiga la bella immagine nei frastuoni cupi degli sbarramenti, in un nero universo denso di graffiatura barocche”13 Nel corso degli anni pubblicherà anche Lautréamont. I canti di Maldoror. Disegni di Carnà, contenente la riproduzione di oltre mille disegni. “Instradata iperbole visiva, un’orgia quasi: tracciature infervorate da penna indipendente. La veggenza improvvisa dello sfaglio, arrovellando le immagini tra altre immagini viste e impreviste, saccheggia l’irrazionale moto del subcosciente. Disegni in semplice stato d’abbozzo, schizzati come schegge, di un protoautomatismo irrefrenabile in cui idee, sopra righe incommensurabili, immisurabili, stabiliscono la gestualità condotta e immessa dal soffio di una incoscienza inconoscente”14 L’attività di illustratore conoscerà poi un nuovo capitolo negli anni Novanta, grazie alla lunga collaborazione con Pulcinoelefante, una piccola casa editrice “nata casualmente nel 1982, in un pomeriggio ventoso” da una conversazione tra Alberto Casiraghi e Marco Carnà15. Una collaborazione che porta all’edizione di cinquantatré
di Passirano, Carnate 1960 circa.
libri in edizione rigorosamente limitata, con l’inserimento in ciascuna copia di un’opera d’arte originale, di una poesia o un aforisma di Carnà. Carnà non è solo autore di un’originale ricerca artistica ma anche di una vasta produzione d’arte sacra. Negli anni Ottanta e Novanta riceve molte commissioni ecclesiastiche: realizza dipinti, vetrate e sculture. Numerose sono anche le commissioni private per monumenti funebri. Nel 1980, in collaborazione con Lino Marzulli, dipinge undici grandi tele per la chiesa di Santa Maria alla Stazione di Carnate. Le opere, che trattano temi dell’Antico e del Nuovo Testamento, fondono lo stile figurativo adottato da Carnà con gli interventi surrealisti di Marzulli. Nel 1986, a Carnate, per la chiesa dei Santi Cornelio e Cipriano, la stessa dove aveva lavorato tredicenne, disegna otto grandi vetrate, la cui realizzazione è affidata allo storico laboratorio bergamasco di Pier Francesco Taragni. Tra il 1994 e il 1995, don Felice Radice gli commissiona diciotto dipinti sul tema della Passione, Morte e Resurrezione del Cristo, per la parrocchia del Sacro Cuore al Triante, a Monza. Tra il 1995 e il 2000, Carnà completerà tale racconto iconografico dipingendo altre diciotto tele, raffiguranti la vita di Cristo. È la profonda comunione umana e intellettuale che l’artista vive con don Felice Radice, che porta l’artista a dedicarsi con spirito di servizio all’arte liturgica, adattando il suo linguaggio pittorico alle necessità narrative, considerate primarie. Carnà firmerà queste tele in modo inusuale, dando il suo volto a uno degli apostoli nella tela dedicata all’Ultima Cena. Nella stessa chiesa parrocchiale Carnà realizza infine,
nel 2000, una serie di vetrate policrome con una tecnica nuova: non utilizza infatti la tradizionale legatura a piombo per saldare le varie parti, ma una resina epossidica, con un risultato di estrema leggerezza e trasparenza.
Il cardinale Gianfranco Ravasi, a lungo presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, in una recente intervista afferma che Marco Carnà aveva lo straordinario talento di riuscire a rendere accessibile la Bibbia a tutti con le sue immagini “capaci di intercettare un linguaggio d’ascolti, di lettura e di visione […] Era come uno dei pittori che si rifacevano allo statuto d’arte del Trecento senese, ‘Noi siamo coloro che presentano agli uomini che non sanno leggere le meraviglie operate da Dio’”.
Ed è proprio con il cardinale Ravasi, all’epoca monsignore, che Carnà accetta di affrontare un’originale esperienza televisiva, partecipando con una singolare performance a una puntata del programma Le frontiere dello spirito, che va in onda il 3 dicembre 1989 su Canale 5. Marco Carnà dipinge in diretta una grande tela mentre monsignor Ravasi legge un brano biblico, la vocazione di Isaia. L’episodio sorprende profondamente il pubblico e la trasmissione ha un grande successo. “Ho ricevuto molte lettere dei telespettatori, che volevano sapere chi fosse e anche se fosse possibile vedere altre sue opere, vederlo ancora in azione”16 Nel 2006, Marco Carnà realizza la sua più importante opera d’arte sacra: le vetrate per le due grandi trifore collocate sulla facciata nel duomo di Monza. È l’arciprete monsignor Leopoldo Gariboldi ad affidargli la commissione. Nello stesso duomo, qualche anno
prima, Floriano Bodini e Sandro Chia avevano realizzato le vetrate dell’abside. Carnà illustra due miracoli: la trasformazione dell’acqua in vino durante le Nozze di Cana e la guarigione dell’epilettico indemoniato. Utilizza un disegno monumentale per dare vita a due scene potentemente evocative, che si impongono all’interno del duomo introducendo nell’austera controfacciata la magia del colore. Gli anni tra il 2002 e il 2009 sono quelli della lunga collaborazione con Angelo Lorenzo Crespi, ora direttore dell’Accademia di Brera, e il suo settimanale di cultura “Il Domenicale”. “Marco, con l’umiltà tipica dei grandi artisti, si offrì di aiutarmi come illustratore, inventando fin dal primo numero quasi tutte le copertine del mio giornale che in poco tempo diventò un caso editoriale anche per la bellezza di quei disegni, alcuni dei quali custodisco ancora nel mio archivio. Ne apprezzai innanzitutto l’umanità, il talento assoluto, ma anche l’ironia e la capacità di ritrarre i grandi della storia della letteratura senza scadere mai nel bozzetto o nella vignetta. Fu in quel periodo un amico”17 L’attività espositiva in Italia e all’estero si intensifica. Nel 1990, Carnate dedica al suo artista più celebre una grande mostra personale, a Villa Fornari Banfi: “Marco Carnà. L’immagine immaginata 1954-1963”, una retrospettiva focalizzata su un decennio particolarmente fertile nella produzione dell’artista. Solo qualche mese più tardi, nel dicembre del 1990, espone con Alberto Casiraghi in una grande mostra ordinata in Unione Sovietica, a Saratov, nella Sala dell’Arte dell’Associazione di Artisti Avtograf. Nel 1993 a Milano, a Palazzo Sormani, sono
Una misteriosa “Leda”, Uliano Lucas e Marco Carnà, Carnate 1960. Foto di Uliano Lucas.
invece esposte le sue illustrazioni della Divina Commedia e Le anime morte, con grande successo di critica e pubblico. Nel 2007, il ciclo illustrativo dell’Inferno dantesco viene esposto al Museo d’Arte Moderna di Minsk, in Bielorussia, in una mostra intitolata “Il visibile parlare. Disegni dall’inferno dantesco (1953-1993)”.
Tra la personale ricerca artistica, illustrazioni e commissioni di arte sacra, non mancano incursioni in altri territori, come quello del marketing. Nel 2000, Girolamo Melis gli commissiona quattordici dipinti per una nuova campagna pubblicitaria della Ferrero. Carnà realizza la riproduzione di alcuni capolavori di grandi maestri, da Botticelli a Renoir, con l’inserimento ironico di ciliegie, nocciole e altri ingredienti dei più celebri prodotti dell’azienda: un esempio riuscito di product placement, una tecnica di pubblicità indiretta oggi sempre più in uso. Negli ultimi anni della sua vita, seppure gravemente malato, Marco Carnà non smette di lavorare. Riempie taccuini di progetti, disegni e note. Ogni giorno dipinge una rosa, completandola con alcuni versi: una sorta di preghiera laica alla meraviglia della vita. Muore all’ospedale di Vimercate, il 10 agosto 2021, all’età di novantun anni. Su una delle ul-
time pagine di un taccuino, scrive: “Avrei voluto che la creatività fosse il dire e il fare, tra il fare e il dire, con audacia anziché no; altrove la mente vaga nei meandri di occhi e mani, nei linguaggi delle idee grafiche, il resto è zero. Il naturale è noioso”. La nota è firmata: “Noi due: M.D.”, Marco e Daniela.
1 G. Seveso, Marco Carnà. L’immagine immaginata 1954-1963, s.n., Carnate 1990, p. 21.
2 M. Pizziolo, Carnà Informel. Dipinti 1953-1962, s.n., s.l. 1991, p. 7.
3 M. Carnà, G. Melis, Disegno disegnato 1953-1964, s.n., s.l. s.d., p. 6. Nota biografica firmata Giro Melis non datata, scritta intorno al 1973, proposta in vari cataloghi e successivamente aggiornata.
4 Intervista rilasciata da Uliano Lucas a Marina Pizziolo, Asti, 25 novembre 2023, Archivio Marco Carnà.
5 A. Mantegazza, Sesto San Giovanni. Bohème di cemento armato, in “Vie nuove”, n. 19, 13 maggio 1965, pp. 26-29.
6 F. Abbiati, Hanno lasciato a Sesto un pescecane per protesta. Un gruppo di pittori che da diversi parti d’Europa si era trasferito in un grosso centro industriale, deluso dall’indifferenza, ha rifatto le
valigie, in “Il Giorno”, 15 dicembre 1965, p. 7.
7 Ibidem.
8 Ibidem.
9 Ibidem
10 M. Carnà, Neumi. Strutture primarie. Dipinti e sculture 1961-1999, s.n., s.l. s.d., p. 3.
11 M. Carnà, Le apparizioni in/visibili. 18 Erofanie. 1956-1964, Le cinque vie, Bergamo 1986, p. 38.
12 M. Carnà, G. Melis, op. cit., p. 7.
13 M. Carnà, “L’altre cose ch’i v’ho scorte”. Dall’inferno dantesco 200 disegni (1953-1987) di Marco Carnà con una nota introduttiva dell’autore, s.n., s.l. s.d., p. 5.
14 M. Carnà, Lautréamont. I canti di Maldoror. Disegni di Carnà, s.n., s.l. s.d., p. 5.
15 Piccoli editori in mostra. Parole nel tempo, catalogo della mostra (Castello di Belgioioso, 2224 settembre 1990), Amministrazione Provinciale di Pavia - Centro d’arte e cultura Castello di Belgioioso, Belgioioso 1991, p. 59.
16 Intervista rilasciata dal cardinale Ravasi a Marina Pizziolo, il 31 gennaio 2024, Archivio Marco Carnà.
17 Angelo Lorenzo Crespi, nota inedita inviata a Marina Pizziolo il 13 giugno 2024, Archivio Marco Carnà.
Agostino Bonalumi, Edoardo Fraquelli e Marco Carnà. Foto di Uliano Lucas.
Esposizioni personali e collettive
Marco Carnà all’inaugurazione della mostra “Marco Carnà, Costantino Guenzi, Pierluigi Lavagnino, Luigi Piciotti e Arturo Vermi”, Galleria Montenapoleone 6a, Milano 1958.
Esposizioni personali
1959
Prato, Galleria Falsetti, “Carnà”, 18-28 ottobre 1959.
1961
Prato, Galleria Falsetti, “Marco Carnà”, 8-21 aprile 1961. Roma, Galleria Del Triangolo, “Marco Carnà”, 1961.
1964
Macerata, Museo d’Arte Moderna, “Marco Carnà”, gennaio-febbraio 1965.
1965-1966
Milano, Galleria Montenapoleone 6a,
“Marco Carnà”, dicembre 1965 - gennaio 1966.
1969
Hof an der Saale (Germania), Kunst und Buchhandlung Kleinschmidt und Galerie Weinelt, “Marco Carnà Mailand. Ausstellung der illustrationen zur Göttlichen Komödie von Dante Alighieri”, marzo 1969.
1970
Madesimo, Albergo El Chico, “Marco Carnà 1952-1970. Mostra antologica”, 21 marzo - 5 aprile 1970.
1971
Vimercate, Galleria El Lanternin, “Marco Carnà. Rilievi”, 14-28 febbraio 1971.
1973
Monza, Galleria Montrasio, “Carnà”, 17-30 novembre 1973.
1974
Brescia, Fant Cagnì Arte contemporanea, “L’inferno nei disegni di Marco Carnà”, maggio 1974.
Suzzara, Galleria d’arte moderna Icaro, “L’inferno nei disegni di Marco Carnà”, ottobre 1974.
1976
Brescia, Lo Spazio - Galleria d’arte moderna, “Marco Carnà a Brescia. Rilievi”, 14-27 febbraio 1976.
Rehau, Foyer Rheniumhaus, “Kunst + Technik”, 1976.
1979 Cremona, Galleria Renzo Botti, “Carnà”, febbraio 1979.
1981
Cornate d’Adda, scuola media Guglielmo Marconi, “L’inferno nei disegni di Marco Carnà”, 25 aprile - 11 maggio 1981. Bernareggio, Palazzo comunale Prinetti, “Marco Carnà”, 12-30 dicembre 1981.
1983
Milano, Galleria delle Forme d’arte, “Marco Carnà”, 22 aprile - 13 maggio 1983. Cassano d’Adda, Biblioteca comunale, “Carnà. Esposizione antologica 1953-1983”, 15 maggio - 9 giugno 1983.
Osnago, abitazione di Alberto Casiraghi, “80 opere di Marco Carnà. Divagazioni e storia di una collezione”, 22 ottobre 1983.
1985
Osnago, santuario della Madonna di Loreto, “Marco Carnà. Evangeliario. 150 disegni dal 1955 al 1965”, 21 aprile - 21 luglio 1985. Vimercate, Studio Valcamonica, “Marco Carnà. Ironia. Ovvero il puzzle nella pratica artistica come dissimulazione del reale”, 5-19 ottobre 1985.
1986
Monza, Teatrino della Villa Reale, “Cartesio/ Oggi. Poesie di Maria Grazia Zamparini. Let-
tura grafica di Marco Carnà”, 30 maggio 1986. Macherio, chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, cappella, “Marco Carnà, Evangelario disegni”, 27-29 agosto 1986.
1987
Seregno, Galleria civica Ezio Mariani, “Marco Carnà. Evangelario. 150 disegni dal 1955 al 1965”, 9 marzo - 3 aprile 1987. Villasanta, Villa Camperio, “Marco Carnà. Disegni (1946 - 1962)”, 21-29 marzo 1987. Carnate, Centro sociale della Terza età, “Marco Carnà. Disegni (1946-1962)”, maggio 1987. Oreno, convento di San Francesco dei frati cappuccini, “Marco Carnà. Evangelario”, 1320 settembre 1987.
1988
Usmate Velate, Villa Borgia, “Dall’inferno dantesco ‘Il visibile parlare’. Marco Carnà, disegni (1953-1983)”, 22 maggio - 5 giugno 1988. Macherio, chiesa dei Santi Gervaso e Protaso, “Marco Carnà. La vita di Cristo”, 27-29 agosto 1988.
Rovagnate, Punto incontro d’Arte, “Il paesaggio di Brianza: suggestioni ed atmosfere nei dipinti di Carnà degli anni Cinquanta”, 22 ottobre - 1° novembre 1988.
Concorezzo, oratorio San Luigi, “Evangelario”, 5 novembre - 31 dicembre 1988.
1990
Carnate, Villa Fornari Banfi, “Marco Carnà.
L’immagine immaginata 1954-1963”, 28 aprile - 10 giugno 1990.
1991
Plaisance du Touch (Francia), Xème Rencontre de l’Art e de l’Artisanat, “Carnà Informel. Dipinti 1953-1962”, 26-27 ottobre 1991.
1993
Crema, Centro culturale Sant’Agostino, “Il visibile parlare”, 17 aprile - 2 maggio 1993. Milano, Palazzo Sormani, “Marco Carnà: illustrazioni”, 10-30 settembre 1993. Monza, chiesa parrocchiale del Sacro Cuore al Triante, “Marco Carnà. Cartoni delle vetrate”, 23-24 ottobre 1993.
Milano, Libreria Garzanti, “Le anime morte. Disegni dal poema di Nikolaj Gogol”, 16 novembre - 8 dicembre 1993.
1995
Monza, Centro culturale Ricerca, “A nord-est di una malinconia”, poesie di Daniela Piazza e opere pittoriche di Marco Carnà, 24 febbraio 1995.
1996
Monza, Arengario, “Carnà, Via crucis”, 14 giugno - 15 luglio 1996.
1997
Prato, Spazio Santa Caterina, “Il visibile parlare. Disegni di Marco Carnà dall’inferno dantesco”, 6-28 settembre 1997.
2000
Monza, chiesa del Sacro Cuore di Triante, auditorium, “Gesù il Cristo. Diciotto dipinti di Marco Carnà”, 15 aprile - 7 maggio 2000.
2006
Carnate, scuola secondaria di primo grado Eugenio Montale, “Carnà”, 29 settembre 2006.
2007
Minsk (Bielorussia), Museo d’Arte Moderna, “Il visibile parlare. Disegni dall’inferno dantesco (1953-1993)”, giugno 2007.
2008
Agrate Brianza, Circolo Cesare Battisti, “Andar dimorando. Dalle ‘Lavandaie a Passirano’ del 1954 ai ‘fantasmi di Paolo Uccello e Piero della Francesca’ degli anni ’90. Opere di Marco Carnà”, ottobre 2008.
2012
Monza, chiesa del Sacro Cuore, “Passione di Cristo segnata col pennino e inchiostro da Marco Carnà”, 17 marzo - 25 aprile 2012.
2022
Milano, via Morimondo 26, ex fabbrica Richard Ginori, “Shaping Ideas. Marco Carnà. Strutture primarie: 1969-2010”, 10-11 giugno 2022.
Esposizioni collettive
1958
Milano, Galleria Montenapoleone 6a, “Marco Carnà, Costantino Guenzi, Pierluigi Lavagnino, Luigi Piciotti e Arturo Vermi”, aprilemaggio 1958.
1959
Brescia, Galleria del Libro - Saletta degli Artisti, “Annibale Biglione, Marco Carnà, Luigi Picciotti, Osvaldo Pivetta”, 7-17 febbraio 1959.
1960
Parigi, Galerie de Beaune, “Carnà, Scuderi, Vermi. Peintures”, 8 febbraio - 5 marzo 1960.
1961
Lucca, Galleria d’arte La pantera, “La pittura contemporanea in Italia”, luglio 1961.
1962
Milano, EIDAC- Ente Internazionale d’Arte e Cultura, “Carnà, Gadaldi, Tinè, Vermi”, 1225 marzo 1962. Prato, Galleria Falsetti, “Gadaldi, Tinè, Carnà, Vermi”, 9-25 giugno 1962.
1963
Milano, via Borromei 13, Ristorante Da Pino, “La Parete 1962”, 15 gennaio 1963.
Magenta, Casa Giacobbe, “Esposizione collettiva di giovani artisti”, 1-4 novembre 1963.
1965
Sesto San Giovanni, Quartiere delle Botteghe. Centro di attività per pittori, “Inaugurazione ufficiale”, 13 febbraio 1965.
Prato, Galleria Brigata, “Carnà e Pizzo Greco”, febbraio 1965.
Cosenza, Galleria d’arte calabrese, “Mostra collettiva di artisti milanesi”, 10-20 novembre 1965. Monza, Arengario, “Marco Carnà, Arturo Vermi”, novembre 1965.
1965-1966
Milano, Galleria Montenapoleone 6a, “12 stories. Raccontate da Gianni Arde, Marco Carnà, Gianpaolo Monti, Lorenzo Piemonti, Rino Sernaglia, Arturo Vermi”, 27 dicembre 19656 gennaio 1966.
1967
Milano, Palazzo del Turismo, “Presenze a Sesto. Rassegna di pittori e scultori”, 21 febbraio - 5 marzo 1967.
1968
Novi di Modena, “Terzo concorso Biennale d’arte ‘Premio Novi 1968’ di grafica”, ottobre 1968.
1969-1970
Merate, Salgallery, “Mostra mercato. Disegni, tempere, litografie, incisioni, xilografie”, 14 dicembre 1969 - 6 gennaio 1970.
1970
Brescia, Galleria Sincron, “2° Incontro post Pejo”, marzo-aprile 1970.
1971
Nova Milanese, scuola primaria Ignoto Militi, “XI Concorso nazionale di pittura Bice Bugatti”, 20-29 giugno 1971.
1972
Ardesio, Municipio, “Incontro artistico ad Ardesio”, luglio 1972.
Hof an der Saale (Germania), Galerie Haus Weinelt, “Konstruktive Tendenzen IV. Malerei, Liktobjecte, Multiple, Plastik, Kinetik und Grafik”, 16 ottobre - 30 novembre 1972.
1973
Monza, Montrasio Arte, “Pittori in collettiva”, 8-21 dicembre 1973.
1975
Cadorago, località Roncaccio, “Sculture + Campagna = Habitat naturale”, giugno-luglio 1975. Seregno, Sala comunale via XXIV Maggio, giardini e piazze comunali, “Forme nuove per una città nuova. Sculture all’aperto”, luglioagosto 1975.
Desio, Galleria Arte, “Parametri per una Scultura Abitativa”, ottobre 1975.
Barzanò, Municipio, “Mostra per la chiesa di San Salvatore”, 7-21 dicembre 1975.
Cogliate, “I Premio di pittura Comune di Cogliate”, 1975.
Monza, Villa Reale, “Scultura ’75 - XXX M.I.A.”, 1975.
1976
Monza, Galleria civica, “Vendita di opere di artisti contemporanei”, 22 aprile - 9 maggio 1976. Milano, Palazzo della Permanente, “500 artisti per la Innocenti e le altre fabbriche occupate”, 19 maggio - 15 giugno 1976. Zurigo, Atelier Donati, “Begegnung mit internationaler Graphik”, 16-30 giugno 1976. Seregno, Sala comunale via XXIV Maggio, “Impressioni visive = versi + immagini. Premio internazionale ‘Seregno Brianza’, poesia - pittura - scultura”, settembre-ottobre 1976. Toronto, Palace Pier, “10 Italian Painters”, autunno 1976.
Monza, Galleria civica, “Astrazioni dal paesaggio. Collettiva di pittori contemporanei”, 1-10 dicembre 1976.
1976-1977
Monza, Montrasio Arte, “Grafica e dipinti Natale ’76”, 10 dicembre 1976 - 6 gennaio 1977.
1977
Carate Brianza, Villa Cusani, “Astrazioni dal paesaggio. Mostra collettiva di pittori contemporanei”, 15-28 maggio 1977.
Toronto, Palace Pier, “Ten Contemporary Artists from Italy”, 21-28 maggio 1977. Cornate d’Adda, Atelier Noveau, “Agostino Bonalumi, Gian Carlo Bulli, Marco Carnà, Arturo Vermi”, 8-13 ottobre 1977.
1978
Monza, Montrasio Arte, “Pittura e scultura contemporanea. Marco Carnà, Giorgio Bellandi, Quinto Ghermandi, Pierluigi Lavagnino, Alberto Ghinzani, Giancarlo Ossola, Paolo Schiavocampo, Aldo Saruggia, Giuseppe Spagnulo, Ruggero Savinio”, 24 maggio - 20 giugno 1978.
Graz (Austria), Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum und Künstlerhaus, “Der Rahmen, meine Welt. Die Sammlung eines italienischen Tischlers”, 8-31 ottobre 1978.
1979
Milano, Galleria Seno, “Marco Carnà, il mare - Lino Marzulli, il cielo”, marzo-aprile 1979. Carate Brianza, Villa Cusani, “Spazi d’estate. Mostra di pittura e scultura”, giugno-luglio 1979.
1980
Monza, Centro parrocchiale San Giuseppe, “Rassegna di arte sacra contemporanea”, 19 aprile - 4 maggio 1980.
Cornate d’Adda, scuola media statale G. Marconi, “Tendenze dell’arte di ricerca”, 13-30 settembre 1980.
Sovico, ex Palazzo comunale, Centro culturale Sovico, “Carta/colore. Arte rassegna 80”, 25 ottobre - 2 novembre 1980.
Modena, Centro Studi L.A. Muratori, “Carnà, Cattini, Chiusa, Clement, Marzulli, Merisi, Petrus, Togo, Vaglieri, Volpe”, 9-30 novembre 1980.
Monza, Montrasio Arte, “Espressioni d’arte contemporanea”, 7-31 dicembre 1980.
1981
Modena, Centro Studi L.A. Muratori, “3° Biennale della piccola scultura e del disegno”, 29 gennaio - 19 febbraio 1981.
Roma, Galleria del Triangolo, “33 Pittori 63 Disegni”, 30 marzo - 22 aprile 1981.
La Spezia, piazzale Kennedy, “Premio Città della Spezia - Premio della Cultura e dell’Arte”, 14-29 novembre 1981.
Bernareggio, Palazzo comunale, “La forma e l’immagine 1946-1981”, 12-30 dicembre 1981.
1982
Roma, Palazzo dei Congressi, “I collettiva europea di arte contemporanea”, 28-30 maggio 1982.
Bernareggio, Bar Trattoria Giuliana, “Mostra d’arte contemporanea. Basaglia, Basello, Besutti, Bonalumi, Bonfanti, Brambilla, Bulli, Carnà, Casiraghi, Dirnaichner, Dozio, Eulisse, Fullin, Marzulli, Merisi, Montrasio, Petrus, Saruggia, Scaccabarozzi, Simeti, Valentini, Vermi, Wouters”, 8-31 dicembre 1982.
1983
Modena, Centro Studi L.A. Antonio Muratori, “IV Biennale della piccola scultura e del disegno” 26 febbraio - 24 marzo 1983.
Carimate, Il Torchio, “Un percorso lombardo”, 22 maggio - 5 giugno 1983.
Desio, Casa natale di papa Pio IX, “Arte sacra”, 15 maggio - 15 luglio 1983.
Bernareggio, Palazzo comunale, “Arte rassegna 1983. Presenze in Brianza”, 18 giugno - 10 luglio 1983.
Bernareggio, Trattoria Giuliana, “Emiliano Bonfanti - Marco Carnà”, 11-30 settembre 1983. Codogno, Mini Galleria di Nino Bellini, “Emiliano Bonfanti, Marco Carnà, Giacomo Nuzzo”, 3-24 dicembre 1983.
1984
Monza, Villa Reale, “Mostra nazionale di pittura Città di Monza 1984”, 10-30 giugno 1984. Bernareggio, Palazzo Prinetti e Trattoria Giuliana, “Cinque artisti per cinque appunti di un viaggio verso… Marco Carnà, Angelo Dozio, Franco Sortino, Nanni Valentini, Arturo Vermi, 2-29 settembre 1984.
Milano, Palazzina Appiani, “Coal not dole!”, 15-16 dicembre 1984.
1984-1985
Bernareggio, Trattoria Giuliana, “Omaggio alla presenza”, 8 dicembre 1984 - 5 gennaio 1985.
1985
Milano, Casa della Cultura, “200 artisti per Vitale Petrus”, 21-29 marzo 1985.
Seregno, Galleria San Rocco, “Collettiva” 20 aprile - 3 maggio 1985.
Treviglio, Galleria Nuova Ergus, “Il segno e la pace”, dicembre 1985.
1985-1986
Agrate Brianza, itinerario artistico per le vie della città, “Arte in vetrina”, 14 dicembre 1985 - 11 gennaio 1986.
1986
Seregno, Galleria San Rocco, “Treccani, 20 olii. Maestri e promesse della grafica. Allegri, Aurelio, Biffi, Bosich, Bueno, Carnà, Cascella, Cattini, Dalì, de Chirico, De Andreis, Fiume, Fomez, Guttuso, Haydee, Migneco, Morlotti, Mutti, Pasetto, Zappalà”, 22 marzo - 5 aprile 1986.
Seregno, Galleria San Rocco, “Collettiva”, 20 aprile - 3 maggio 1986.
Monza, Villa Mirabellino, “Sei artisti per sei appunti di viaggio verso… Marco Carnà, Hilda Reich, Gim Diligenti, Franco Sortino, Chin Hsiao, Piergiorgio Zangara”, 6-20 luglio 1986.
Cassano d’Adda, Salone del dopolavoro, “Sette artisti”, 14-28 settembre 1986.
Bernareggio, Trattoria Giuliana, “Astrazione, surrealismo, neonaturalismo, informale nella pittura degli anni Cinquanta-Sessanta”, 23 novembre - 8 dicembre 1986.
1987
Cassano d’Adda, Salone del dopolavoro, “A Blaise Cendrars. 2a Rassegna d’arte”, 13-27 settembre 1987.
1988
Bernareggio, Trattoria Giuliana, “Pittura a confronto. Dall’immagine esistenziale alle esperienze astratte”, 8-31 dicembre 1988.
1988-1989
Macherio, Auditorium, “Sedici scultori”, 18 dicembre 1988 - 7 gennaio 1989.
1990
Milano, Stazione Centrale FF.SS., Sala presidenziale, “Eguaglianza delle differenze. Bring us together. Un percorso d’arte per l’incontro delle culture”, 16-23 maggio 1990.
1990-1991
Saratov (URSS), Sala dell’Arte dell’Associazione di Artisti Avtograf, “Marco Carnà e Alberto Casiraghi”, dicembre 1990 - gennaio 1991.
1991-1992
Robbiate, Gelateria Spini, “Emiliano Bonfanti, Marco Carnà”, 13 dicembre 1991 - 29 febbraio 1992.
1992
Carate Brianza, Villa Cusani, “La crocifissione. Liberamente interpretata da 33 pittori contemporanei”, marzo-aprile 1992.
Desio, Villa Tittoni Traversi, “Per incantamento. Segno e disegno”, 4-25 ottobre 1992.
Usmate Velate, Villa Borgia, “La crocifissione. Liberamente interpretata da 33 pittori contemporanei”, 24 ottobre - 8 novembre 1992. Usmate Velate, Villa Borgia, “I passi di cotone, 4-13 dicembre 1992.
1993
Vedano al Lambro, Sala della Cultura, “La crocifissione. Liberamente interpretata da 33 pittori contemporanei”, febbraio 1993. Giussano, oratorio maschile di via San Filippo Neri, “La Crocifissione”, marzo 1993. Besana Brianza, Villa Filippini, “La crocifissione. Liberamente interpretata da 33 pittori contemporanei”, 10-18 luglio 1993.
1995
Carnate, Villa Fornari Banfi, “Mondonico, l’Adda e dintorni. Emilio Gola, Donato Frisia, Ennio Morlotti, Marco Carnà, Edoardo Fraquelli, Piero Maggioni, Enrico Gaudino”, 14 maggio - 18 giugno 1995.
1996
Chiari, Le botteghe di Chiari, “Biennale d’arte ‘Città di Chiari’. Concorso internazionale di pittura ad invito”, I edizione, novembre 1996.
2002
Milano, Backy Bar, “Opere dalla collezione del pittore E. Bonfanti”, 23 febbraio - 31 aprile 2002.
Villasanta, centro parrocchiale Mons. G. Gervasoni, “La croce vista dagli artisti”, 24 marzo - 14 aprile 2002.
2003
Milano, Backy Bar, “Arte Pace”, 31 maggio30 settembre 2003.
2012
Sulbiate, chiesa di Sant’Ambrogio, “Sacre rappresentazioni nelle opere di Marco Carnà e Benvenuta Magni”, 16-23 settembre 2012.
2022
Monza, Teatro Binario 7, “1962-2022. A sessanta dai Sessanta”, 6 maggio - 3 luglio 2022.
2024
Lecco, Palazzo delle Paure, “Milano anni ’60. Da Lucio Fontana a Piero Manzoni, da Enrico Baj a Bruno Munari”, 13 luglio - 24 novembre 2024.
1962-2022. A sessanta dai Sessanta, catalogo della mostra (Monza, Teatro Binario 7, 6 maggio - 3 luglio 2022), a cura di S. Bartolena, Ponte 43/Binario 7, Monza 2022, p. 84.
F. Abbiati, Un gruppo dei pittori di via Pirandello farà fagotto. Hanno lasciato a Sesto il pesceprotesta, in “Il Giorno”, 15 dicembre 1965, p. 18.
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M. Carnà, Vitale Petrus, Trattoria Giuliana, Bernareggio 1984.
M. Carnà, Ernesto Doneda, Trattoria Giuliana, Bernareggio 1986.
M. Carnà, Giuseppe Valcamonica, Trattoria Giuliana, Bernareggio 1986.
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M. Carnà, Ironia. Rilievi 1967-1989, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, “L’altre cose ch’i v’ho scorte”. Dall’in-
ferno dantesco 200 disegni di Marco Carnà con una nota introduttiva dell’autore, s.n., s.l. s.d. M. Carnà, Lautreamont. I canti di Maldoror. Disegni di Carnà, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Lineamenti. Disegni 1956, s.n., s.l. s.d. M. Carnà, Mimesi. Disegni 1946-1963, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Mostra personale del pittore Adrian Arthur Senger, Galleria Parnaso, Varese s.d. M. Carnà, Neonaturalismo. Disegni - dipinti 1957-1961, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Neumi - Strutture primarie - Dipinti e sculture 1961-1999, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Noesi. Disegni 1956, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Paesaggi - Figure. Dipinti 19571962, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Repertorium. Le cataste - Il paesaggio - Il viaggio - Le planimetrie - Gli squarci. Opere dal 1957 al 1963, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Rudolf Erich Raspe, Strani viaggi, campagne e avventure del barone di Münchhausen. Disegni 1967-1969, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Il segno del visibile. Disegni 1948-
1963, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Similia. Disegni 1953-1964, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Sovrastrutture. Dipinti 1961-1969, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Strutture. Contrappunti - ritmi - logogrammi. Opere 1963-1968, s.n., s.l. s.d. M. Carnà, Torsi 1956-1963, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Trofei 1962-1967, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, Tubi. Sovrastrutture. Dipinti, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, A. Casiraghi, Aforismi riciclati, con un collage di Alberto Casiraghi, Pulcinoelefante, Osnago 1987.
M. Carnà, G. Ferri, “Il visibile parlare”. L’inferno dantesco nei disegni (1953-1983) di Marco Carnà, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, G. Melis, Disegno disegnato 19531964, s.n., s.l. s.d.
M. Carnà, A. Verdi, L. Marsiglia, Riaffioramenti. Dipinti e disegni di Dome, Samsara Arte, Brugherio s.d.
Mostra fotografica di Fausto Carzaniga. Carnate
un passato che ritorna, catalogo della mostra (Carnate, Festa de l’Unità, 1984), a cura di M. Carnà, s.n., Carnate 1984.
Libri illustrati da Marco Carnà
L. Agostino, L’ora azzurra, con disegni di M. Carnà, Tommaso Marotta, Napoli 1994.
L. Agostino, A. Merini, D. Piazza, Ulisse, con disegni di M. Carnà, Divulga, Crema 1993.
L. Agostino, A. Merini, D. Piazza, Prose critiche. Ulisse, con disegni di M. Carnà, Arti Grafiche 2000, Crema 1995.
A. Bagno, Burattini, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1989. G.C. Bulli, Scaccomatto, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
A. Caiani, Donna, chi sei?, con una xilografia di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1985. A. Caldarelli Montel, Una poesia, con un disegno di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1991.
A. Casiraghi, Grugniti, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1983.
A. Casiraghi, Nuovi sapori, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1986.
A. Casiraghi, Ipsilon, con una xilografia di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1987.
A. Casiraghi, Asportazioni, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1989.
A. Casiraghi, Gianobifronte, con una xilografia di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1989.
A. Casiraghy, Aforismi, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
J. Cocteau, Aforismi, con una serigrafia di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1991. Dolores, Animi, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1988.
I. Farina, Rugiada, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1984.
I. Farina, A les Halles, disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1986.
I. Farina, Sui binari lucenti, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1987.
G. Ferri, A Marco Carnà. Due quartine per Beatrice, disegno di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1991.
G. Finzi, Grigio fumo, con un disegno di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1994.
G.F. Grechi, Antichi proverbi Barbessitaniani, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
G.F. Grechi, La badessa di Castelleone. Con l’aggiunta di due scritture della memoria, con disegni di M. Carnà, Divulga, Crema 1993.
F. Hoefer, Acrostici a scacchi, con disegni di M. Carnà, Divulga, Crema 1994.
J.A.D. Ingres, Pensieri e aforismi, con una serigrafia di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1991.
R. Marchi, Variazioni senesi, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1986.
G. Melis, Versi e parole di un fatto privato, con un disegno di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1993.
A. Merini, A padre Davide, con un disegno di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
A. Merini, La palude di Manganelli o Il monarca del re, con cinque disegni di Marco Carnà, La Vita Felice, Milano 1992.
A. Merini, Il poeta, con un disegno originale di M. Carnà Pulcinoelefante, Osnago 1992.
A. Merini, La vita facile. Aforismi, con una cartolina di Marco Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
A. Merini, Tre aforismi, con un disegno di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
A. Merini, Tre aforismi, con un frammento dantesco di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
A. Merini, Tre aforismi, con una telina di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
A. Merini, Aforismi, con un disegno di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1994.
A. Merini, Orazioni piccole, con disegni di M. Carnà, dell’Ariete, Crema 1997.
I. Newton, Un aforisma, con una cartolina di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
E. Paolini, Dies amor, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1987.
A. Papalia, A Carmen che io guardo, con un di-
segno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1986.
D. Piazza, All’anonimo scultore, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1991.
D. Piazza, Canzonetta, con un disegno di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
D. Piazza, In silente noctilunio una lirica, con un disegno di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
D. Piazza, Sola, con un disegno di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1994.
G.C. Politi, Antico amore, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
U.P. Quintavalle, Filottete. L’arco e la ferita, con disegni di M. Carnà, La Vita Felice, Milano 1994.
I. Ravasi, Rosso e grigio, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992. M. Russo, Arcobbaleni [sic], con un collage di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1987.
C. Salami, Itaca e ritorno, con trenta disegni di M. Carnà, La Vita Felice, Milano 1993.
M.G. Zamparini, A tutto cielo, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1984.
M.G. Zamparini, Assenza, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1991.
M.G. Zamparini, Una poesia, con un disegno di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1991.
M.G. Zamparini, Una poesia, con un disegno originale di M. Carnà, Pulcinoelefante, Osnago 1992.
Uova di gallo è il titolo di un ciclo di dipinti del 1964. Un viaggio attraverso cinquanta opere che sviluppano coerentemente, ma in edizione limitata, un’indagine sul ritmo del segno, sull’avventura delle geometrie. Uova impossibili, che non si schiuderanno mai, ma preziose, autoreferenziali e cariche di potenzialità. Conseguenza dell’anomala circolarità del procedere di Carnà è che nelle sue opere, come in un uovo, c’è già tutto, fin dall’inizio. Perché, come aveva scritto, “ ad ogni progetto corrisponde comunque e sempre un destino”.