Spazi Manifesti di Marco Trulli Spazi Manifesti è un progetto che intende porre in relazione arte, comunicazione e percezione al fine di scardinare un modo di vivere la città assuefatto e cristallizzato. Partendo da un’alterazione della comunicazione convenzionalmente pubblicitaria, l'operazione si è spinta nella direzione di sollecitare una riflessione nella cittadinanza, mettendo in atto una intromissione mimetica nel territorio visuale della città. Grazie ad una efficace sinergia tra il progetto Cantieri d'Arte e PantaCZ, agenzia di pubblicità e pubbliche relazioni di Viterbo, sei collettivi artistici sono stati invitati a produrre interventi d'arte contemporanea per gli spazi deputati alla comunicazione pubblicitaria 1. Così l'arte si insedia in un contesto funzionale predisponendo cortocircuiti atti ad allargare le maglie della medialità commerciale o istituzionale. In questo è interessante valutare come l'occupazione della vita sociale da parte della merce saturi e sopisca la tensione desiderante di un dato territorio. La medialità, come strumento di trasmissione di valori prestabiliti e preordinati, è il luogo di espressione di nuove verità fondate su “soggettività fittizie”2. Recuperando margine per il desiderio e il sogno, il luogo della saturazione mediatica diventa la piattaforma per la generazione di nuove utopie urbane. Lo spazio pubblicitario, habitat del logo, torna a vivere come luogo “dove cittadini parlano a cittadini” 3. La città vista attraverso la rappresentazione dei desideri e dei sogni latenti. Lo spazio riconquistato come luogo praticato, permeato da entità plurali, crocevia di differenze. Il progetto in questione, evidentemente memore dell'esperienza situazionista, si ricollega ad una concezione dello spazio pubblico quale campo di paragone e confronto, territorio della traduzione delle differenze e non più dell'omologazione. Il detournement (proposta di recupero creativo del senso), come dispositivo di occupazione e riappropriazione, crea soluzioni di continuità tese ad invertire le coordinate visive del territorio urbano. “In un contesto in cui la funzionalità satura lo spazio del pensiero, l'arte propone uno spiraglio e opera come frattura o come sospensione dove, in un luogo immaginario, sia ancora possibile l'esperienza e la sorpresa” 4. Riattivare la capacità desiderante della collettività attraverso l'intervento di progettualità artistiche differenti è uno dei presupposti del progetto Cantieri d'Arte. In Spazi Manifesti ciò avviene attraverso operazioni che, in modo multiforme, tendono ad aprire processi di conoscenza, riflessione, approfondimento. La vocazione pubblica del progetto si manifesta nella sua essenza profonda, individuando così nel profondo le ansie, i costumi e i flussi della comunità urbana. Se la cristallizzazione delle dinamiche biopolitiche permette il tramutarsi del sogno in sonno del cittadino, l'operazione d'arte tende a destare e risvegliare il passante, a stimolarne una sorta di interazione creativa con i luoghi della città, una rilettura altra della propria quotidianità. Il paesaggio urbano viene letto così nella sua complessità: diversi livelli di interpretazione danno luogo a corrispondenze formali e provocazioni che mettono a nudo le ambiguità e le dinamiche della società moderna, del potere, della legalità e della sicurezza. Il progetto diventa anche momento di approfondimento e indagine su come lo spazio pubblico attualmente viene inteso o, anzi, concepito. Spazio pubblico è oggi quello spazio urbano che, non necessariamente risente della collettività che lo abita ma che, fondamentalmente, è garantito quale territorio non privato. In questo manca profondamente il senso di condivisione di uno spazio comune. Mancano identità ed essenza di spazio pubblico. L'unica identità dello spazio pubblico risente di due fattori: mercato e potere. Potere (pubblico) come potere decisionale e mercato come capacità di acquistare ed occupare spazio pubblico. Come sostiene Iara Boubnova “mediante la pubblicità e le affissioni, l'interesse privato si rivela in piazza ed
incontra un altro privato interesse che ha il diritto di reagire. Lo spazio pubblico in città è ciò che è soggetto ad essere acquistato o ceduto?”. O non è forse un luogo dove l'individuo si trova non per sua scelta ma perché necessariamente fa parte di una comunità? Può questa necessità dare il diritto di avere un'opinione personale, di esprimerla, di agire in modo tale da poterla difendere?” 5 Partecipare a ridefinire il campo visuale della città potrebbe essere un modo per recuperare un linguaggio dello spazio pubblico condiviso e identitario? Questo uno degli interrogativi che Spazi Manifesti propone come spunto di riflessione. Sei narrazioni Come immagini la tua città? E' l'interrogativo posto dal collettivo S.O.S. Workshop e potrebbe incarnare il vero quesito che Cantieri rilancia per aprire un terreno fertile di discussione e immaginazione della città. I sogni e i bisogni, le necessità irrisolte trovano nel vuoto plastico del cielo una condizione di assenza di restrizioni e vincoli. Un terreno comune in cui ambito privato e pubblico diventano due condizioni dell'abitare in connessione. Il progetto di Exyzt, invece, consiste in una narrazione che si sviluppa in quattro diverse puntate sulle fermate degli autobus poste a lato della strada e poco distanti le une con le altre. Be utopian e Play!6, testi dei primi due manifesti, sono un invito a prendere parte alla ludica fiction proposta dal collettivo francese. Proseguendo la narrazione, si incontrano alcuni loghi (il missile, il fungo) che si rifanno a esperienze che il collettivo ha prodotto in giro per il mondo ma che, in sequenza, generano un insieme utopico e ricreativo. Si evidenzia qui la volontà del gruppo di replicare in modo mimetico la grafica pubblicitaria, così da indurre nella percezione dello spettatore uno spaesamento. I pirati non rappresentano l’icona di un nuovo gioco per bambini, piuttosto alludono al carattere libertario dell’azione di occupazione dello spazio ed il missile o il fungo, rappresentano ironicamente le costruzioni realizzate da Exyzt a Barcellona (ad imitare la vicina Torre Agbar di Jean Nouvel) o in Lettonia. Il collettivo Exyzt lavora attraverso una metodologia che intende riattivare i luoghi dismessi delle città con installazioni architettoniche effimere che vengono socializzate e abitate prima durante e dopo la costruzione. Put your life inside è il motto del collettivo, la cui traduzione in francese è il titolo del progetto partecipante alla X Biennale di Architettura di Venezia: Metavilla. Un'architettura da esperire affinché i luoghi perdano l'attuale carattere alienante e tornino ad essere spazio della condivisione e coabitazione. Questa è la direttiva sulla quale si muovono tutti i collettivi invitati a Spazi Manifesti. Sostituire la pubblicità con l'arte è anche portare a riflettere l’osservatore sul carattere unilaterale della comunicazione. Ciò che appare diventa convenzione, norma. Scardinando questo meccanismo, Com.plot S.Y.S.tem, concepisce un intervento politicamente scorretto nel cuore storico e monumentale di Viterbo: Piazza San Lorenzo. La penisola degli Agnelli (PDA) viene realizzata sottoforma di bandiera dell'Italia. Il significato del simbolo viene rovesciato: da esaltazione del carattere nazionalista, il simbolo diventa strumento per svelare trame di potere piuttosto note. Il verde diventa un campo da calcio, il rosso la carrozzeria di una Ferrari, al centro, la presenza di un candido gregge di agnelli chiarisce il senso ironico e provocatorio dell’operazione. L'intervento pubblico come mossa spiazzante e fuori luogo ci riporta alle incursioni urbane degli olandesi Provòs. La provocazione si esplica nel momento in cui ci si avvicina e, ai lati della bandiera, si leggono due testi di Elias Canetti da Massa e Potere7. Nell’occupazione dello spazio pubblicitario però, Com.plot S.Y.S.tem intende stimolare anche una ricezione attenta dell’immagine che, da vicino svela il suo senso attraverso le parole e, da lontano, mediante l’accostamento cromatico. Il campo sociale diviene territorio d'azione e di reazione in cui gli artisti sollecitano
una presa di posizione critica al passante. L'intervento di Santiago Cirugeda a piazza della Rocca si sviluppa proprio secondo queste linee d'azione. La progettazione architettonica di Cirugeda è volta a promuovere una riflessione critica sulle attuali condizioni della città contemporanea in relazione ai temi dell'abitare. I quattro progetti esplicati nei grandi manifestigiornale intendono proprio conferire ai passanti conoscenze, strumenti e metodologie che possano contaminare e far crescere la realizzazione di progetti partecipati nelle diverse città d'Europa. Recuperando terreni abbandonati e costruendo con materiali poveri abitazioni, parchi giochi per bambini e altro, Cirugeda riattiva spazi per la socialità che, spesso, costruisce insieme ai fruitori. La circolazione di saperi e la condivisione open source di una pratica artistica (basta firmare un accordo con l'artista per realizzare la stessa operazione altrove) sono i caratteri preminenti e più interessanti di questa comunicazione delle recetas urbanas di Santiago Cirugeda. ON/Stalker interviene progettando un'interruzione del ritmo visivo dominato dall'immagine. L'interferenza testuale proposta dal laboratorio romano riflette la necessità di portare alla ribalta un problema scomodo per la coscienza pubblica: la condizione del popolo nomade. Su un poster 6x3 campeggia uno scritto tratto da un diario di Amela 8, bimba rom che racconta lo sgombero del campo di Vicolo Savini a Roma. Sopra un quaderno gigante dimenticato a terra, le frasi popolano la pagina bianca dando vita ad una storia che riflette l'assurdità della politica odierna sull'abitare, sull'immigrazione e la drammaticità dell'accanimento mediatico contro la popolazione rom. “Non ti preoccupare Amela, ci hanno promesso il futuro.” Qui la parola futuro assume un significato inquietante, di incertezza. L'apparente promessa, in realtà, cela agli occhi di Amela l'instabilità del domani. L'intervento di ON/Stalker non esula dalle problematiche urbane, anzi, propone uno spostamento al centro di emergenze considerate marginali, periferiche in tutti i sensi. Di segno completamente diverso l'operazione realizzata da E'xtra paysage, studio romano di architettura del paesaggio. Mettendo in relazione alcune immagini delle loro opere, realizzate attraverso l'utilizzo di materiali naturali per segnare il profilo dei territori, con la silhouette dei luoghi di intervento (Palazzo dei Papi, Porta Romana), E'xtra paysage tenta di mettere in relazione l'osservatore con il contesto. L'operazione è volta ad attivare dei meccanismi percettivi che evidenziano le caratteristiche preminenti del paesaggio implicando la necessità di una presa di posizione dell'osservatore rispetto alla dimensione territoriale di cui egli stesso è parte in quel momento. I sei interventi, in diverso modo, sono stratagemmi,
interferenze,
occupazioni
che
propongono
complessivamente, un ribaltamento dell'ordine visuale della città
un'alfabetizzazione
visiva
alternativa
e,
9
Paesaggi testuali “Protect me from what I want” era una delle frasi proiettate da Jenny Holzer in uno dei suoi Truismi proiettati a a Times Square. Lo spazio pubblico in questo caso diveniva luogo dell'espressione più intima e profonda dell'animo dell'artista che non esclude però, evidenti riferimenti al campo sociale. Diverse sono state nella storia, infatti, le incursioni testuali all'interno della città che, in generale, risentono di una forte rivendicazione sociale e politica, condita spesso dall’uso di doppi sensi, aforismi, citazioni si pensi proprio alla Holzer, alle campagne in difesa delle donne di Barbara Kruger o ai public message services delle Guerrilla Girls. Ipotizzando una lettura testuale della città ricorrono parole confidenziali che tentano di attirare l'attenzione del passante per sedurlo e soddisfarlo. Il profilo esclusivamente visuale della città evidenzia come l'immagine eserciti nel campo urbano un ruolo dittatoriale. La parola spesso non diventa altro che una presenza accessoria, lecita a identificare un nome, un marchio, un brand.
Una proposta di lettura degli interventi che volontariamente prende in considerazione solo le parole chiave ci offre spunti di riflessione interessanti. Nei manifesti realizzati ricorrono parole chiave come occupazione, sovversione, potere, ma anche futuro, utopia, gioco, immaginazione. L'interruzione oltre che visuale diventa di senso, di contenuto. I manifesti diventano cosĂŹ ricettacolo di speranze latenti, provocazioni tese a spostare l'attenzione dell'osservatore sulla condizione dell'abitare, della cittĂ contemporanea, sollecitando una attivazione del passante a partecipare, diventare protagonista delle scelte che lo riguardano. Lo spazio controllato, rigido e confezionato si dilata attraverso parole che animano il territorio, richiedono interazione. Il dispositivo mediatico, artisticamente manipolato, scardina la convenzionalitĂ pubblica e apre spiragli di alteritĂ nella dimensione urbana.
1
Precedenti esperienze dello stesso tipo sono state realizzate, nel contesto italiano, già a Torino, dal 2001, con ManifesTo, curato da Riccardo Passoni e a Milano, dal 2002 al 2005, con il progetto In Alto. Arte sui ponteggi, ideato da Carlo Birrozzi, vedi C.Birrozzi, M.Pugliese, (a cura di) L’arte pubblica nello spazio urbano, Bruno Mondadori, Milano 2007 2 Come le definisce Debord in G. Debord, La società dello spettacolo, Massari ed., Bolsena 2000 3 P. Diggs, Causing Conversation, Taking Positions, in Aa.Vv, Billboard. Art on the Road, p.10 4 B.Pietromarchi, Il luogo (non) comune, ed. Actar, Barcellona, 2005, p.10 5 I. Boubnova, Per un'analisi dell' interfaccia della città neo-capitalista in B. Pietromarchi (a cura di), Il Luogo (non) comune, ed Actar, Barcellona, 2005, p.103 6 Be utopian. We want to build new worlds where fiction is reality and games are new rules for democraty. We want to encourage creativity,reflexion and renew social behaviours [...], dichiarazione estratta da con una conversazione con alcuni membri di Exyzt 7 Quando la forza dura a lungo, diviene potere; ma nell’istante più acuto, che giungerà all’improvviso, nell’istante decisivo e irrevocabile, sarà di nuovo pura forza. Il potere è più ampio della forza, contiene di più, e non è altrettanto dinamico, da Elias Canetti, Massa e Potere. 8 14 settembre 2005, Sgomberato Campo Vicolo Savini. La mattina la bambina Amela si alza e va a scuola con il pullman. Torna dalla scuola con il pullman, vede soltanto le ruspe che rompono le roulotte e le baracche-carovane. Lei comincia a piangere e chiede: “dove sono i miei genitori?”. “Sono andati a Pontina”. Lei quando arriva a Pontina racconta a suo padre che cosa ha visto: “hanno distrutto il nostro campo”. E piange. Il padre risponde: “Non ti preoccupare, Amela, ci hanno promesso il futuro!”. 9 In questo senso risulta interessante notare l'esperienza di Luchezar Boyadjiev a Sofia. Nell'ambito del progetto Hot city visual sono state realizzate delle operazioni pubblicitarie che mettevano in risalto le diseguaglianze sociali e si concentravano sull'azienda di una famiglia rom. In altri casi invece sono stati affissi, su dimensioni enormi, necrologi di personalità pubbliche.