Mario Schifano “Il visionario consapevole” Achille Bonito Oliva ha definito Mario Schifano una icona dell'Arte della seconda metà del XX secolo. Un visionario, un precursore, uno di quegli artisti capaci di assorbire come spugne le tossine dell'esistenza ed attraverso il processo creativo, nel gesto artistico puro, ritrovare l'innocenza del fanciullo. Schifano è in ogni sua opera, vivo, consapevole, potente. Espressione del suo tempo, percorso a grandi slanci in avanti, fino all'ultimo grande salto verso l'ignoto. Ci ha consegnato un'arte che ha raggiunto una piena integrazione tra il figurativo e l'astratto, non più materica ma di superficie che - citando ancora il suo grande amico Bonito Oliva - guardava verso New York e non più Parigi, pur mantenendo una specifica identità culturale come gli altri esponenti dell'Arte Pop italiana (Festa, Rotella, Angeli, Nespolo, Lodola etc). Le sue opere rappresentano appieno l'Italia dalla fine degli anni Sessanta agli anni Novanta, un’Italia che dal boom economico ha dovuto percorrere un arduo cammino tra conflitti sociali, politici, esistenziali verso la modernità. Schifano possiede l’intelligenza di capire la vita nella sua immediatezza – scrisse di lui Goffredo Parise – e di comunicarla nelle sue opere senza schemi tra apparenza e essenza. Con la mostra Italian Pop Art, allestita nella suggestiva ambientazione del Centro Culturale Annunziata e curata da Art Promotion Taormina, abbiamo voluto rendere omaggio all’Arte Pop Italiana, avanguardia artistica che ha ricercato nuovi linguaggi nella pittura, in perfetta sintonia con la tecnologia, con i mass media, riuscendo a rendere l’Arte dissacrante, accessibile, diretta, immediatamente comprensibile. Maria Teresa Parisi Assessore alle Politiche Culturali
Gualtieri Sicaminò continua ad essere centro catalizzatore di attività culturali nel territorio provinciale, un ruolo che ricopre anche grazie alla realizzazione del Centro Polifunzionale Culturale “SS. Annunziata”, struttura predisposta ad ospitare mostre, concerti di musica da camera, cineforum e rappresentazioni teatrali. Un paese antico come il nostro, infatti, non può limitarsi a ricordare il proprio passato e le sue tradizioni, ma deve volgere lo sguardo al futuro facendo della cultura il motore trainante del suo sviluppo. Anche a questo obiettivo abbiamo puntato in questi anni di impegno amministrativo e con tale spirito abbiamo fortemente voluto promuovere ed ospitare questa mostra di arte contemporanea. Opere di grandi artisti, di indiscusso prestigio, arricchiranno l’offerta culturale del nostro paese costituendo importante volano per la promozione e la crescita del territorio. L’amore per l'arte in tutte le sue espressioni e l’interesse per il nostro riqualificato patrimonio architettonico si uniranno così, facendo di Gualtieri Sicaminò un centro di notevole forza attrattiva. Per tali motivi rivolgo un sincero ringraziamento, a nome dell'Amministrazione Comunale e mio personale, a quanti ci hanno consentito di ospitare questa prestigiosa mostra. A tutti coloro che in tale occasione visiteranno Gualtieri Sicaminò formulo l'augurio di scoprire un motivo in più per amare il nostro paese che sarà lieto di accoglierli con la sua tradizionale ospitalità. il Sindaco Avv. Matteo Sciotto
Negli anni Sessanta in piazza del Popolo si incontravano spesso tre giovani inseparabili. Erano i pittori Mario Schifano, Tano Festa e Franco Angeli che si riunivano nel caffè Rosati e che, insieme con altri artisti, hanno dato vita a quel movimento artistico che viene appunto chiamato «La scuola di piazza del Popolo» e che oggi viene rivalutato e giustamente apprezzato. Piazza del Popolo era allora, e lo è rimasta fino agli inizi degli anni ' 70, il luogo privilegiato degli incontri di scrittori, giornalisti, gente del cinema, artisti, un universo che ruotava intorno ai caffè di Rosati d' estate e ai tavoli del Canova d' inverno. Nel tempo si unirono altri artisti, come Renato Mambor, Sergio Lombardo, Cesare Tacchi, Fabio Mauri e Giosetta Fioroni a rappresentare una generazione che ha contraddistinto nello stesso tempo l' attività artistica, la vita culturale e anche quella mondana di quegli anni. Leggendo della vita culturale di quel periodo emergono anche altri personaggi che hanno partecipato a quegli eventi, dal grande collezionista che ebbe l' intuizione di capire e il coraggio di valorizzare questi artisti, il barone Giorgio Franchetti, e Plinio De Martiis che, con la sua galleria La Tartaruga, ne diffuse e ne difese le opere. Questi artisti del trio Angeli-Festa-Schifano, a cui si accompagnavano Bignardi e Giosetta Fioroni, e poi Ceroli e Pascali, vivevano in osmosi con scrittori e giornalisti, in un universo che ruotava intorno ai caffè della piazza e di cui facevano parte Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Renato Guttuso, Ennio Flaiano. Come dice Fabio Mauri, certi comportamenti trasgressivi insieme con le trasformazioni radicali della società si verificarono appunto in quel gruppo che assorbiva l' atmosfera straordinaria di Roma e, in particolare, di quella piazza, ma non aveva un' ideologia di gruppo e obbediva solo alle proprie ispirazioni. A questo proposito il simbolo di questa vita trasgressiva era proprio il trio Angeli-Festa-Schifano, le loro biografie riassumono le caratteristiche di una generazione che ha vissuto quel periodo voracemente, che ha bruciato le tappe artistiche e ha finito anche col bruciarsi. Essi hanno infatti concluso la loro esistenza anticipatamente e da un certo punto di vista drammaticamente. Resta il ricordo in alcune foto e video di una Roma che non esiste più e che quindi provoca anche un sentimento di nostalgia per un gruppo romano che non ebbe mai una risonanza internazionale e a cui allora i critici ufficiali guardavano con sufficienza, afflitti com' erano da un certo provincialismo. Oggi si riconosce come questi artisti conservarono una grande indipendenza sia rispetto alla Pop Art americana, sia a quella che poi fu chiamata Arte Povera, anche perché si rifacevano a maestri italiani che andavano dal Futurismo a Burri, a De Chirico, a Morandi. Come osserva Maurizio Calvesi, essi cercavano una propria espressione fuori della influenza della Pop Art che dall' America invadeva allora l' Europa, e rimanevano tipicamente italiani, autonomi dall' influenza sia americana che francese. Quello che pochi sanno è che erano gli artisti americani a venire a Roma a spiare e curiosare, dal famoso Rauschenberg a De Kooning. Quei pittori che si radunavano intorno al caffè Rosati - da Schifano, Angeli, Festa, Giosetta Fioroni a Ceroli, Mambor, Lombardo, Tacchi, Kounellis, Pascali -, erano al centro di un' attività artistica che rendeva Roma negli anni ' 50 una città in grado di fare concorrenza a New York e Parigi. La scuola di piazza del Popolo rappresenta un aspetto importante nel panorama dell' arte italiana e, nello stesso tempo, un momento significativo della storia della Capitale che testimonia della vivacità culturale e artistica di Roma negli anni ' 60.
BIENNALE DI VENEZIA 1964,padiglione italiano; Pietro Consagra,Tano Festa,Enrico Castellani,Plinio De Martiis,Sophie Chandler,Beverly Pepper,Giulio Paolini,Mario Schifanonella sala di Mimmo Rotellasalutano l’amico assente (Archivio Ugo Mulas)
Da sinistra Achille Perilli, Giosetta Fioroni, Mimmo Rotella, Gastone Novelli in Piazza del popolo a Roma
BIENNALE DI VENEZIA 1964,padiglione italiano; Tano Festa, MarioSchifano, Gian Tomaso Liverani e Giosetta Fioroni di fronte all’opera di Giosetta Fioroni “Immagine del silenzio” (Archivio Ugo Mulas)
Franco Angeli nasce a Roma nel 1935 da una famiglia di umili origini e solida tradizione socialista e antifascista. Non frequenta scuole di pittura. Intorno ai primi anni Cinquanta nascono i primi lavori di impronta informale: l'esigenza di dipingere esplode come affermazione di libertà. Nel 1950 Franco Angeli ha la prima collettiva, alla Galleria La Salita, di Roma, con Festa e Uncini. Nel 1960 è la sua prima personale, alla Galleria La Salita. Nel 1961 partecipa con Lo Savio, Festa e Schifano alla mostra Nuove prospettive della pittura italiana, a Palazzo Re Enzo di Bologna. Diviene amico di Schifano: li accomuna l'estrazione popolare, il senso radicato della realtà, l'esigenza di andare oltre le esperienze informali. Si tratta di una generazione di artisti unita da uno stretto legame esistenziale segnato dalla guerra: vengono definiti maestri del dolore, una qualifica che li distanzia dall'Arte Pop, alla cui estraneità fa riferimento una lettera autografa dello stesso Angeli. Negli anni successivi diviene poi amico di Renato Guttuso e poi di Arnaldo Pomodoro e del poeta Francesco Serrao. Nel 1963 alla Galleria J di Parigi, le sue opere sono di fianco a quelle di Bruce Conner, Michael Todd, Christo e Kudo: catalogo a cura di Pierre Restany. Alla Galleria La Tartaruga, in Piazza del Popolo, partecipa ad una storica collettiva: 13 pittori a Roma. L'opera di Angeli è glossata da un testo poetico di Nanni Balestrini. Nel 1964, alla Galleria L'Arco di Alibert, di Roma, presenta Frammenti capitolini: si tratta di lupe, aquile, frammenti di simbologia collettiva. Partecipa alla Biennale di Venezia, presentato da Calvesi: è la storica Biennale della Pop Art in Italia. Nel 1965 è invitato alla nona Quadriennale romana: di questo periodo sono i Cimiteri partigiani, corredati di stelle e falci e martello. Nel 1967 è presente alla Biennale di San Paolo del Brasile con Half dollar: il famoso mezzo dollaro, zoomato nei particolari. Negli anni 1968/70 vi è un grande impegno politico e ideologico, che lo vedono impegnato sul tema della guerra del Vietnam. Conosce Marina Ripa Di Meana, in occasione del Festival di Spoleto. Con la donna intreccia una tumultuosa relazione poi sfociata in fedele amicizia. E' lei in più occasioni a rimarcare dell'artista il lato profondamente umano, la creatività svincolata da ogni logica di mercato, la vita bohemien costellata di debiti, il desiderio di morire giovane, non toccato dal cinismo che le delusioni e i disinganni inducono nel tempo. Nel 1972 Franco Angeli presenta alcuni interessanti lavori alla Galleria Sirio per la rassegna Film. Comincia ad apparire nella sua produzione il volto di Marina Ripa di Meana, in concomitanza con i temi dell'aereo, degli obelischi, dei piccoli paesaggi. Espone alla X Quadriennale di Roma. Nel 1975 Conosce Livia Lancellotti, che diviene sua compagna e gli darà, nel '76 una figlia, Maria. Nel 1978 partecipa alla Biennale di Venezia, curata da Bonito Oliva nella sezione L'iconosfera urbana. Vi presenta anche un cortometraggio. Nel 1982 partecipa alla collettiva 30 anni d'arte italiana 195080, organizzata a Villa Manzoni, Lecco. Nel 1988 gli viene dedicata una retrospettiva alla Casa del Machiavelli (1958-72) nei pressi di Firenze. Presentato da Marisa Vescovo, espone alla Galleria Rinaldo Rotta di Genova. Viene invitato al Circolo Culturale Giovanni XXIII per la Biennale di Arte Sacra: con lui, Enzo Cucchi, Sandro Chia, Mimmo Paladino e Mario Schifano. Nello stesso anno, Franco Angeli muore di Aids all’età di 53 anni.
Franco Angeli - 90x90 - Mogadiscio - 1987 - smalto e acrilico su tela
Enrico Baj nato a Milano il 31 ottobre 1924, è fra i più importanti artisti italiani contemporanei. Protagonista delle Avanguardie degli anni Cinquanta e Sessanta, accanto a Fontana, Jorn, Manzoni, Klein, Baj ha stretto rapporti con Max Ernst, Marcel Duchamp, E. L. T. Mesens, e altri artisti del gruppo CoBra, con il Nouveau Réalisme, il Surrealismo e la Patafisica. Nel 1951 Baj fonda a Milano, con Dangelo e Dova, il "Movimento Nucleare"; nel 1954, in opposizione alla sistematica ripetitività del formalismo stilistico, dà vita con Asgern Jorn al "Mouvement International pour une Bauhaus Imaginiste” contro la forzata razionalizzazione e geometrizzazione dell'arte. I collages policromatici e polimaterici pervasi da una vena giocosa ed ironica, costituiscono l’icona della vena satirica dell'artista milanese: lo smembramento delle forme per esprimere la deflagrazione della materia e dell'immagine. L’opera di Baj si articola per periodi, tutti improntati all'ironia dissacratoria e al rinnovamento dell'espressività: filoni ludici e giocosi come ne "Gli specchi, i mobili, i meccani, le dame, le modificazioni, i d’apres" si integrano con la denuncia della violenza e del degrado. Dalle prime figurazioni del Periodo Nucleare (1951) manifesta un grosso impegno contro ogni tipo di aggressività che, attraverso i grotteschi collages “I Generali (1959)” e "Le parate militari", approda a tre grandi opere: "I funerali dell’anarchico Pinelli" (1972), "Nixon parade" (1974) e "L’Apocalisse" (1979). Con "Epater le robot" (1983) e "Manichini" (1984-87) Baj accentua la critica alla contemporaneità e all’uso indiscriminato delle tecnologie, mentre con "Metamorfosi e metafore" (1988), "Mitologia del Kitsch" (1989) e "Il giardino delle delizie" denuncia la corruzione del gusto generata dalla cultura del prodotto industriale. Nel 1993 inizia il ciclo delle "Maschere tribali, dei "Feltri" e dei "Totem. Il 1999 è caratterizzato dai 164 ritratti dei Guermantes tratti dalla Recherche di Proust. L’accostamento di pittura e letteratura ha sempre costituito per Baj fonte di inesauribile ispirazione. I rapporti con poeti e letterati italiani e stranieri sono testimoniati da una serie di cinquanta libri d’artista, corredati da stampe e multipli, che vanno dalle opere di poeti dell’antichità classica come Lucrezio, Marziale, Tacito ed autori via via più vicini, tra i quali: Lewis Carrol, John Milton, André Breton, Edoardo Sanguineti, Roberto Sanesi, Umberto Eco, Alda Merini. Memorabili anche le sue incursioni nel mondo del teatro con le famose marionette realizzate per lo spettacolo "Ubu Roi" di Alfred Jarry del 1984. Artista-intellettuale inquieto, Baj ha costantemente intrecciato l'attività creativa con la riflessione sull'arte. Alla metà degli anni '50 collabora alle riviste "Il Gesto" e "Phases". Ha pubblicato numerosi libri tra i quali “Patafisica”, “Automitobiografia”, ”Impariamo la pittura”, “Fantasia e realtà” con Guttuso, “Ecologia dell'arte”. Ha collaborato, soprattutto nel corso degli anni Ottanta, con importanti giornali e riviste, come “Il sole 24 ore” e il “Corriere della sera”. Ha esposto nei maggiori musei e gallerie del mondo. Enrico Baj muore a Vergiate (Varese) il 16 giugno 2003.
Enrico Baj e Mark Kostabi- 1992-impronte- smalto e collage su cartoncino 27x24
Tano Festa, Roma (1938-1988) Tra i ragazzi della scuola di Piazza del Popolo era sicuramente il più passionale e semplice nei modi. Frequentava il caffè Rosati insieme a Schifano, Angeli e Giosetta Fioroni. E anche lui era di casa alla galleria La Tartaruga. Un movimento, quello della Scuola di Piazza del Popolo, al quale nel tempo si avvicinarono anche Mambor, Kounellis, Lo Savio (fratello di Tano Festa), Tacchi e Bignardi. La prima esposizione di Tano Festa risale al 1959, insieme a Franco Angeli e Giuseppe Uncini, alla Galleria La Salita di Roma dove , nel 1961, tiene la sua prima personale. La pittura di Festa è sempre stata carica di una forza espressiva contaminata dalla necessità di percepire l'oggetto del quotidiano come base fondante di quella che sarà l'arte che verrà: ecco quindi persiane, porte, finestre, armadi e specchi che non svolgono più la loro funzione di oggetti ma, in quanto dipinti, sdiventano pittura. Come artista popolare, (così egli definiva la sua attività in quegli anni), sostiene a buon diritto la possibilità, tutta italiana, di potere esprimere la cultura Pop facendo a meno di zuppe o attrici ma mettendo in risalto le bellezze artistiche inestimabili che la storia ha custodito. Ecco quindi l'interesse verso l'analisi della tradizione artistica italiana del Rinascimento, estrapolando e facendo citazioni dall'opera di Michelangelo. Nella metà degli anni Sessanta lavora infatti a grandi pannelli dove appaiono, seguendo la tecnica fotografica, isolati stralci dagli affreschi della Cappella Sistina e dalle tombe medicee realizzati con pittura a smalto su tela emulsionata. Nel 1966 viene a contatto a Milano con artisti come Arp e Man Ray. Festa tramuta i suoi oggetti dipinti in pittura di oggetti e continua a lavorare sulla fotografia. Poi arrivano gli anni '70, i più difficili della sua immensa carriera artistica: benchè fosse sempre presente alle più importanti manifestazioni, critici e galleristi gli preferivano artisti che riuscivano a comunicare meglio la propria immagine. Negli anni '80 trova nuovi impulsi creativi e realizza la serie dedicata ai Coriandoli, enormi tele in festa ricche di materia pittorica. Riscopre, inoltre, una nuova figurazione espressa nel segno e nel gesto duro e tagliente. Il nuovo lavoro di Festa è legato, in questi ultimi anni, all'espressionismo, riletto e adattato alla sua volontà, di artisti come Munch, Ensor, Bacon e Matisse. Ma in Festa esiste anche la solitudine e il vuoto. La critica, attratta da questa rinnovata creatività, si interessa di nuovo al suo lavoro. Nel 1980 partecipa infatti alla XL Biennale di Venezia e nel 1982 è presente alla mostra Artisti italiani contemporanei 1950-1983 e diverse sono le mostre personali che vengono allestite. Nel 1989 realizza la monumentale "Finestra sul mare", visibile sul lungomare di Villa Margi , tra Palermo e Messina, dedicata al fratello Francesco Lo Savio, morto giovanissimo del 1963.
Tano Festa - Per il xxx anniversario della liberazione - Bologna 24 Aprile 1975
Giosetta Fioroni
nasce nel 1932 a Roma dove vive e lavora. Tra le figure artistiche italiane piu' importanti del secondo novecento, Fioroni ha attraversato e accompagnato le esperienze artistiche piu' significative della sua citta', a partire da quel famoso sodalizio che, agli inizi degli anni Sessanta, la vedeva affiancata a Tano Festa, Schifano, Kounellis e altri, fautori in quegli anni, della tendenza Pop in Italia. Sono di questo periodo diversi smalti su tela rappresentanti figure anodine ispirate alla realta' quotidiana delineate con pochi tratti ed una oggettivita' grafica capace di rendere il soggetto rappresentato simile ad una fotografia molto contrastata. Negli anni Settanta, Fioroni sposta il proprio interesse verso l'allestimento di minuscoli teatrini: parodie simboliche della realta' e dei rapporti umani visti attraverso l'occhio metafisico degli oggetti inanimati all'inteno di impianti scenografici. Ma di questa artista si ricordano forse meglio le innumerevoli carte, disegni e calligrammi che compongono l'universo affettivo e interiore. "Negli ultimi dieci anni" scriveva Fioroni nel 1979, "il mio lavoro e' stato una lunga e articolata riflessione sulla Memoria. Una visita e un recupero delle emozioni, delle idee, delle cose... del passato. (...) il senso dello scrivere degli anni infantili". A partire dagli anni Ottanta sino ad oggi, Fioroni recupera in pieno il gusto per la pittura in linea con la piu' generale tendenza alla riscoperta dei materiali e delle tecniche tradizionali dell'arte. Pur non tralasciando il calligrafismo e l'utilizzo di una figurazione stilizzata, l'artista e' immersa ora in un mondo sospeso tra espressione intensa e coloristica da un lato, e forza strutturante del disegno dall'altro. "Tra i moltissimi frammenti visti, letti, visitati" scrive l'artista, "ricordo soprattutto il mondo pittorico dei Tiepolo, di Gian Domenico. Il senso del travestimento, della maschera, della bautta nei quadri di Longhi e Guardi. Le serpeggianti architetture (...) i perimetri delle comici che sottolineano il sublime Vuoto atmosferico (...) tutti questi spunti cosi' eterogenei, filtrati nella sensibilita', hanno un collante malinconico: il sentimento della fine. I quadri vogliono essere dolenti ideogrammi di tutto cio'. Sin nella scelta di 'stile', sia dove la sola superficie e' documento emblematico tra segno e non colore". Giosetta Fioroni ha collaborato con diversi scrittori, ha illustrato libri, pubblicato poesie, fiabe, interviste, interventi e memorie, raccolte di immagini, ceramiche, formelle, fotografie, serigrafie, pitture e sculture. Il suo esordio espositivo e' dei piu' prestigiosi, partecipa infatti, nel 1956, alla Biennale di Venezia. Certo anche le successive collettive non sono meno rilevanti, ricordiamo: 1957, "Pittori italiani alla Rome - New York - Art-Fundation"; 1958, "Realites Nouvelles", Parigi; 1960, "Contemporary Italian Art all'Illinois Institute of Tecnology", Chicago; 1964, di nuovo la Biennale di Venezia; 1966 vince il premio Spoleto; 1967, "Arte moderna italiana", Gemeentemuseum, L'Aja, Olanda; 1970, "Vitalita' del Negativo nell'Arte Italiana 1900-1970", Palazzo dell'Esposizione, Roma; 1972 terza partecipazione alla Biennale di Venezia. Nel 1973, "Combattimento per un'immagine", Museo d'Arte Moderna, Torino; 1974, azione con Boatta, Bonacelli e Bussotti per una cartella del Segnapassi alla Galleria Tartaruga di Roma. 1976, "Disegno in Italia" a cura di A.Bonito Oliva alla Galleria Canaviello di Roma; 1977, "Arte in Italia, '60-70", Galleria Civica d'Arte Moderna, Torino; 1978, "Metafisica del quotidiano" alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna. 1979, GrafiK, Biennale di Heidelberg; "Testuale" a cura di F. Caroli e L. Caramel, Rotonda della Besana, Milano; "Ars Combinatoria", a cura di R. Barilli alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna e al Palazzo Reale di Genova; 1981, "La linea della ricerca artistica in Italia, 1960-1980" a cura di Nello Ponente, Palazzo delle Esposizioni, Roma; 1982, "Generazioni a confronto" a cura di S.Lux, Istituto di Storia dell'Arte, Roma; "Arte italiana, 1960-1982", Heyward Gallery, Londra; 1983, "Critica ad arte" a cura di A. Bonito Oliva, Palazzo Lanfranchi, Pisa; "La scuola di Piazza del Popolo", Galleria La Tartaruga, Roma; 1985, "Aspetti della Pop Art", Centro Talamone, Lecce. 1986, "Arte italiana nel I960", Museo Sperimentale di Rivoli, Torino. 1988, "Disegno italiano dal dopoguerra ad oggi", Civica Galleria di Modena e Frankfurter Kunstverein. 1989, "Orientamenti dell'arte italiana, '47-'88", Mosca e Leningrado. Le personali sono innumerevoli, ricordiamo tra le piu' importanti sino ad oggi: 1961, presso la Galleria La Tartaruga, punto di riferimento degli artisti della cosiddetta "Scuola di Piazza del Popolo" che e' il nucleo centrale della Pop Art italiana. 1965, Galleria II Naviglio, Milano. 1972, si allestisce la prima grande antologica di Giosetta Fioroni presso il Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Nel 1979 sara' la volta della seconda importante antologica presso la Casa del Mantegna a Mantova. Nel 1982, Galleria Cinquetti, Verona. 1984, Galleria Giulia, Roma. 1986, Palazzo dei Diamanti, Ferrara. 1989, Galleria dell'Oca, Roma e nel 2001 la Camera dei deputati ha ospitato una sua mostra personale nel complesso monumentale di Vicolo Valdina.
Giosetta Fioroni -Conseguenze- Matita e smalto argento su carta - cm 100x70 - anno 1969
Marco Lodola Nasce nel 1955 a Dorno (PV). E' tra i fondatori del movimento del Nuovo Futurismo degli anni '80, teorizzato dal critico Renato Barilli. Dall'esperienza futurista, Lodola, mutua l'uso appassionato del colore, l'energia dirompente della luce e soprattutto, forse prima di tutto, l'idea dell'arte come parte integrante della vita, senza elitarismi e confini arbitrari. Dal 1983 ha esposto le sue figure in plexiglass a Roma, Milano, Firenze, Bologna, Lione, Vienna, Madrid, Barcellona, Parigi e Amsterdam. Nel 1994 è uno dei primi artisti europei ad esporre su invito della Repubblica Cinese nei locali degli ex archivi della città imperiale di Pechino. Nel 1996 espone negli Stati Uniti a Miami e a New York. Partecipa alla XII Quadriennale di Roma e alla VI Biennale della Scultura di Montecarlo. Ha disegnato nel 1999 la collezione "Tazzine ballerine" per la "Illy". È noto anche al grande pubblico per le sue collaborazioni con protagonisti della cultura e dello spettacolo, con scrittori come Aldo Busi e Marco Lodoli e con alcuni tra i personaggi più popolari della musica italiana, i Timoria, gli 883 di Max Pezzali e Jovanotti. Come scrive Roberto D'Agostino in "Lodola", edito da Mondadori: "La dimensione di spettacolarità insita nel sistema contemporaneo porta Lodola a produrre immagini che riflettono con cinica e ludica puntualità il destino dell'uomo: l'esibizione come esibizionismo, come ineluttabile cancellazione della profondità ideologica, religiosa, sessuale e morale. Lo spegnimento della profondità segna il punto di massima eccitazione della superficie. Così la plastica diventa specchio del carattere artificiale della vita, vissuto come unica natura possibile, come sfondo naturale dell'uomo moderno?"
Marco Lodola - Scatola luminosa - cm 47x5x17
Renato Mambornasce nel 1936 a Roma. Esordisce nel 1959, a ventitré anni, assieme a Cesare Tacchi, in mostra con Mario Schifano. Nell'ambito dei serrati accostamenti d'avanguardia tra Roma (Schifano, Uncini, Lo Savio, Tacchi, Festa, Angeli), Milano (Manzoni, Castellani, Bonalumi), la Francia (Klein e il critico Pierre Restany, impegnato nel sostegno del suo "Nouveau R‚alisme") proposti da Emilio Villa nella propria galleria "Appia Antica". Segue il riconoscimento nel 1960 tra i "Premi di incoraggiamento" della Galleria d'Arte Moderna; le mostre collettive alla Galleria "La Tartaruga" di Plinio De Martiis (1963, 1964 e anni seguenti) che mettono a fuoco la riconoscibilità di un gruppo Mambor, Tacchi, Lombardo, con caratteri distinti rispetto ai protagonisti delle esperienze avanguardistiche romane del momento. Negli anni Sessanta, dunque, diventa parte integrante della "Scuola di Piazza del Popolo", che fu come la risposta italiana, tra metafisica e futurismo, alla Pop Art americana. Sagome e segnali stradali, ricalchi fotografici, timbri con omini, tele eseguite con rulli da tappezzeria, costituirono la sua cifra di riduzione stilizzata delle icone della cultura massmediale. Ma l’interesse per il teatro lo portò a privilegiare ricerche d’ambiente, con strutture come "L’evidenziatore" (1967), strumento meccanico per agganciare oggetti e spostarli nel mondo dell’arte. Nel 1975 fonda il gruppo Trousse per perseguire "un teatro fortemente visivo ma attento alle dinamiche psicodrammatiche". Torna alla pittura negli anni Novanta sviluppando temi della percezione ("L’Osservatore", il "Decreatore"). Propone ampie narrazioni grafiche (Istituto nazionale per la Grafica, Roma 1998, Galleria Civica di Modena 1999). Ma realizza anche installazioni spettacolari, come i sei autobus svuotati, abitati ciascuno da un artista, per la mostra "Fermata d’autobus", Roma 1996. Nella performance "Fasce di pensiero" (1998) ribadisce il senso generale del suo lavoro: "ritrovare dentro l’occhio lo sguardo che arriva alla coscienza".
Renato Mambor -Cascata- cm 70x50 anno 1989 smalto su cartoncino
Ugo Nespolo, nato a Mosso Santa Maria (Biella) il 29 agosto 1941, si è diplomato all'Accademia Albertina di Belle Arti con Enrico Paulucci ed è laureato in Lettere Moderne con una tesi in Semiologia. I suoi esordi nel panorama artistico italiano risalgono agli anni Sessanta, alla Pop Art, ai futuri concettuali e poveristi (mostre alla galleria il Punto di Remo Pastori, a Torino, e Galleria Schwarz di Milano). Mai legata in maniera assoluta ad un filone, la sua produzione si caratterizza subito per un'accentuata impronta ironica, trasgressiva, per un personale senso del divertimento che rappresenterà sempre una sorta di marchio di fabbrica. Negli anni Settanta Nespolo si appropria di un secondo mezzo di espressione, il cinema: in particolare quello sperimentale, d'artista. Gli attori sono artisti amici, da Lucio Fontana a Enrico Baj, a Michelangelo Pistoletto. Ai suoi film hanno dedicato ampie rassegne istituzioni culturali come il Centre Georges Pompidou di Parigi, il Philadelphia Museum of Modern Art, la Filmoteka Polska di Varsavia, la Galleria Civica d'Arte Moderna di Ferrara. Gli anni Settanta rappresentano per Nespolo un passaggio fondamentale: vince il premio Bolaffi (1974), realizza il Museo (1975-'76), quadro di dieci metri di lunghezza che segna l'inizio di un filone mai esaurito di rilettura-scomposizione-reinvenzione dell'arte altrui. L'opera viene esposta per la prima volta nel 1976 al Museo Progressivo d'Arte Contemporanea di Livorno. Negli anni Settanta incomincia anche la sperimentazione con tecniche (ricamo, intarsio) e materiali inconsueti (alabastro, ebano, madreperla, avorio, porcellana, argento). Nasce in questo momento L'albero dei cappelli poi prodotto in serie come elemento d'arredo. Gli anni Ottanta rappresentano il cuore del "periodo americano": Ugo Nespolo trascorre parte dell'anno negli States e le strade, le vetrine, i venditori di hamburger di New York diventano i protagonisti dei suoi quadri. In questi anni si accumulano anche le esperienze nel settore dell'arte applicata: Nespolo è fedele al dettato delle avanguardie storiche di "portare l'arte nella vita" ed è convinto che l'artista contemporaneo debba varcare i confini dello specifico assegnato dai luoghi comuni tardoromantici. Lo testimoniano i circa cinquanta manifesti realizzati per esposizioni ed avvenimenti vari (tra gli altri, Azzurra, Il Salone Internazionale dell'Auto di Torino, la Federazione Nazionale della Vela), il calendario Rai dell'86, le scenografie per l'allestimento americano (Stamford) della Turandot di Busoni, le videosigle Rai (come Indietro Tutta con Renzo Arbore). Nell'86 Genova festeggia i vent'anni di attività artistica di Nespolo con la mostra antologica di Villa Croce La Bella Insofferenza. Nel '90 il Comune di Milano gli dedica una grande mostra a Palazzo Reale. Dello stesso anno sono prestigiose collaborazioni artistiche come la campagna pubblicitaria per la Campari, le scenografie e i costumi del Don Chisciotte di Paisiello per il Teatro dell'Opera di Roma ed una esposizione di ceramiche - il nuovo interesse di Nespolo - nell'ambito della Biennale Internazionale della Ceramica e dell'Antiquariato al palazzo delle Esposizioni di Faenza. Nel '91 partecipa in Giappone all'International Ceramic Festival, Ceramic World Shigaraki. L'anno successivo la Galleria Borghi & C. di New York ospita A Fine Intolerance,personale di dipinti e ceramiche. Del '94 è una personale cinematografica promossa dalla Regione Valle d'Aosta alla Tour Fromage di Aosta. L'anno seguente Nespolo realizza scene e costumi per L'Elisir d'Amore di Donizetti al Teatro dell'Opera di Roma, all'Opera di Parigi, Losanna, Liegi e Metz. Sempre del '95 sono l'antologica Casa d'Arte Nespoloal Palazzo della Permanente di Milano e la personale Pictura si instalatu di Bucarest a cura del Ministero alla Cultura rumeno. Nel maggio '96 s'inaugura la personale Le Stanze dell'Arte alla Promotrice delle Belle Arti di Torino, organizzata dalla Regione Piemonte. Pochi mesi dopo Ugo Nespolo assume la direzione artistica della RichardGinori. Nel 1997 ad aprile il Museum of Fine Arts di La Valletta a Malta gli dedica una personale. Una mostra itinerante in America Latina: parte da Buenos Aires (Museo Nacional de Bellas Artes) prosegue a Cordoba (Centro de Arte Contemporaneo de Cordoba, Chateau Carreras), Mendoza (Museo Municipal de Arte Moderno de Mendoza) e Montevideo (Museo Nacional de Artes Visuales).
Ugo Nespolo- Intarsi - 35x50
Mimmo Rotella, Nasce a Catanzaro il 7 ottobre 1918. Studia arte a Napoli e successivamente si trasferisce a Roma. Qui conduce ricerche ed esperimenti in varie direzioni: fotografie, foto-montaggi, decollages,assemblages di oggetti eterogenei, poesia fonetica, musiche primitive. Nel 1951-52 é negli Stati Uniti grazie ad una borsa di studio della " Fullbright Foundation " di Kansas City ricevuta dapprima come studente e poi come artista. Nel 1954 Emilio Villa lo invita ad esporre in una mostra collettiva i suoi manifesti lacerati. Le opere di Rotella si imposero subito all'attenzione della critica e del collezionismo d'avanguardia ed a questa prima mostra ne seguirono molte altre. Nel 1961 partecipa su invito del critico francese Pierre Reastany al gruppo Noveaux Rèealistes ( Arman, Cesar, Deschamps, Dufrène, Hains, Yves Klein, Martial Raysse, Niki de Saint-Phalle , Spoerri, Tinguely, Villeglè). Nel 1963 realizza le prime opere di arte meccanica ( Mec_Art ) stampando immagini fotografiche su tela emulsionata. Alla fine degli anni '60 realizza gli artypoplastiques, prove di stampa, colori, percezioni, riportate su rigidi supporti di plastica. Rotella si é imposto per avere fatto dell'arte un comportamento: " Giocando con l'erotismo e la speculazione intellettuale Rotella é un agitato che passa attraverso vari stili con un distacco da dandy " scrisse Otto Hahn. E questa sua " vitale agitazione " lo porta nel 1990 ad una riapproprazione della pittura dipingendo su decollages i ritratti dei Maestri dell'arte del '900. Nel 1992 riceve da parte del Ministro della Cultura francese, Jack Lang, il titolo diOfficiel des arts et des Lettres. E' invitato al Gugenheim Museum di New York nel 1994 in " Italian Metamorphosis " ,ancora al Centre Pompidou nel 1996 in " Face à l'Histoire ", e nel 1996 al Museum of Contemporary ART DI Los Angeles in " Halls of Mirror ", una mostra che farà il giro del mondo. Mimmo Rotella é tra i più importanti artisti italiani del novecento, le sue opere sono presenti nelle collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Rotella muore nel Gennaio del 2006
Mimmo Rotella -LaTigre- serigrafia e collage su cartoncino cm.80x60 anno 1962-1997
Mario Schifano,nasceil 20 settembre 1934 a Homs, in Libia. Dopo il trasferimento della famiglia a Roma il giovane Schifano dapprima lavora come commesso e in seguito affianca il padre, archeologo restauratore al Museo Etrusco di Valle Giulia. Comincia nel frattempo la sua attività artistica come pittore.I suoi debutti si possono situare all'interno della cultura informale con tele ad alto spessore materico, solcate da un'accorta gestualità.Inaugura la sua prima personale nel 1959 alla Galleria Appia Antica di Roma.L' anno successivo alla Galleria La Salita in compagnia di Angeli, Festa, Lo Savio e Uncini, la critica comincia ad interessarsi del suo lavoro.In questo periodo la pittura di Schifano subisce una svolta per certi versi radicale. L'artista dipinge ora quadri monocromi; delle grandi carte incollate su tela e ricoperte di un solo colore uniforme e superficiale quasi una sorta di schermo nel quale si annullano tutti gli eventi e tutti gli oggetti. Nel corso del 1962 Schifano visita gli Stati Uniti dove entra in contatto con il movimento della Pop Art e resta colpito dall'opera di Dine e Kline.Sue opere saranno esposte alla Sidney Janis Gallery di New York nella mostra The New Realist. Ritornerà negli States sul finire del 1963, dopo aver allestito diverse personali in alcune delle grandi città europee (Roma, Parigi e Milano). L'artista opera ora per cicli tematici e verso la fine del 1964 accentua quell'interesse verso la rivisitazione della storia dell'arte che Io porterà. l'anno successivo, ai notissimi pezzi dedicati al Futurismo. Nello stesso 1965 realizza "lo sono infantile", un'opera legata alle illustrazioni destinate all'infanzia, che rappresenta pure il ritorno - tutto mentale - a una dimensione temporale lontana, eppure sempre presente nell'arte di Schifano. Si occupano in questa fase del suo lavoro tanto critici attenti, come Maurizio Calvesi, Maurizio Fagiolo e Alberto Boatto, quanto scrittori illustri, quali Alberto Moravia e Goffredo Parise, Allo Studio Marconi presenta nel 1967 il lungometraggio "Anna Carini vista in agosto dalle farfalle", cui farà seguito la trilogia di film composta da satellite, Umano non umano, Trapianto, consumazione e morte di Franco Brocani. Le sue prime esperienze cinematografiche risalgono comunque al 1964 e risultano in perfetta sintonia con l'attenzione critica che Schifano presta all'ininterrotto flusso di immagini prodotto dalla nostra civiltà tecnologica. Fra il 1966 e 1967 realizza le serie Ossigeno ossigeno, Oasi, Compagni compagni. Quest'ultima emblematizza il preciso impegno che condurrà Schifano, in questi anni tormentati, a una crisi ideologica e d'identità tale da portarlo a dichiarare di abbandonare la pittura. Agli inizi degli anni Settanta comincia a riportare delle immagini televisive direttamente su tela emulsionata, isolandole dal ritmo narrativo delle sequenze cui appartengono e riproponendole con tocchi di colore alla nitro in funzione estraniante. Dapprima è il materiale raccolto negli Stati Uniti durante i sopralluoghi per la progettazione del film, mai realizzato, Laboratorio umano a essere oggetto di rielaborazione, poi il patrimonio di immagini che quotidianamente trasmettono le nostre stazioni televisive. Nel 1971 partecipa alla mostra "Vitalità del negativo nell'arte italiana 1960-70", curata da Achille Bonito Oliva; in seguito tiene personali a Roma, a Parma, a Torino e a Napoli ed è presente alla X Quadriennale di Roma e a Contemporanea, rassegna allestito nel parcheggio di Villa Borghese, sempre a Roma e ancora a cura di Bonito Oliva. Nel 1974 l'Università di Parma gli dedica una vasta ontologica di circa 100 opere che consentono di leggere per intero la sua avventura pittorica e definirne le linee portanti. Nel 1976 Schifano partecipa alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Bologna alla mostra "Europa / America, l'astrazione determinata 1960-76"; due anni dopo è invitato nuovamente alla Biennale di Venezia e presenta alla Tartaruga di Roma "Il capolavoro sconosciuto", rielaborazione del noto omonimo racconto di Balzac, Diverse sue opere sono in mostra nel 1979 al Palazzo dei Diamanti di Ferrara mentre l'anno successivo viene invitato da Maurizio Calvesi alla mostra "Arte e critica 1980", allestita al Palazzo delle Esposizioni di Roma. -(continua in ultima pagina)
Mario Schifano - Dinosauri - smalto su cartone pesante - cm 51x73 -anno 1990
Cesare Tacchi, nasce a Roma nel 1940. A soli diciannove anni esordisce insieme a Mario Schifano e Renato Mambor alla galleria Appia Antica di Roma nel 1959. Negli anni Sessanta partecipa a numerose mostre personali e collettive, esponendo spesso alla galleria La Tartaruga diventando uno degli artisti protagonisti della Pop Art italiana. Il giovane Tacchi affermò la sua identità realizzando sin dal 1965 una produzione di oggetti-quadro, tele e dipinti “imbottiti”, sfruttando superfici in tappezzeria con tutte le sue prominenze, sulle quali si modellava una pittura che si richiamava con esplicita eleganza ironica a temi “floreali” ripresi da Botticelli e Pisanello. Negli anni Settanta partecipa ad importanti mostre presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma, la Galleria d'Arte Moderna di Bologna e la Quadriennale di Roma, portando avanti la poetica Pop, usando i procedimenti di recupero dell'immagine dei mass-media che riporta su tessuti stampati e spesso imbottiti, conferendo al quadro una interessante , gustosa e lucida forza di trasgressività, che cerca di uscire dalla consueta bidimensionalità, producendo una sorta di "bassorilievo", mediante l'uso delle imbottiture.
Cesare Tacchi - Armadio a 2 sportelli imbottiti - Disegno su carta - 1967 - cm 24,5x19
(Mario Schifano ...Continua ...) nel 1981 Germano Celant seleziono alcune opere di Schifano per l'esposizione "Identitè italienne" organizzato al Centre George Pompidou di Parigi mentre dello stesso anno sono il gruppo di dipinti raccolti sotto il titolo Cosmesi, cui seguono i cicli Architettura, Biplano, Orto botanico. Sempre nel corso degli anni '80 le opere dell'artista vengono esposte in varie edizioni della Biennale di Venezia e Schifano è presente alla rassegna Arte italiana nel XX secolo organizzata dalla Royal Academy di Londra. In questo periodo tiene inoltre personali al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles e al Padiglione d'arte Contemporanea di Ferrara, dove, sotto il titolo Inventano con anima e senz'anima, raccoglie una serie di tele che rappresentano la summa della sua ricerca in ambito naturalistico. Quest'ultima mostra diverrà poi itinerante, toccando diverse città italiane, per giungere infine in Francia, al Centre d'Art Contemporain di Saint Priest (1992). Il Palazzo delle Esposizioni di Roma, in occasione della sua riapertura (1990), gli allestisce una rassegna, intitolata Divulgare, con un consistente numero di opere di grande formato realizzate per l'occasione. Tre anni dopo presenta in diverse gallerie italiane il ciclo Reperti, dedicato agli animali del mondo preistorico, tema i cui primi esemplari erano già comparsi nella personale da Maeght. Nel 1996 Schifano rende omaggio alla sua Musa Ausiliaria, ovvero alla televisione, intesa quale flusso continuo di immagini in grado di strutturarsi come vera e unica realtà totalizzate della nostra epoca. L'artista ha nel frattempo attivato un sito Internet, attraverso il quale si relaziona al mondo. Se alla fine degli anni Sessanta si limitava a estrapolare dai programmi televisivi dei singoli foto-grammi e a proiettarli decontestualizzati sulla tela, ora, invece, interviene sulle immagini pittoricamente mutandole ulteriormente di senso. Allestisce con una quarantina di tele di questo genere e un migliaio di fotografie ritoccate a mano, una grande mostra che è stata ospitata dapprima presso la Fondazione Memorial da America Latina di San Paolo del Brasile (1996), poi presso il Museo di Belle Arti di Buenos Aires (1997); nel corso del 1998 sarà presentata alla Fondazione Wifredo Lam dell'Avana e a Città del Messico. Durante un suo viaggio in Brasile compie un happening all'interno di una favela di Rio de Janeiro. Nel 1997, in occasione del settimo centenario della edificazione di Santa Croce a Firenze, Schifano ottiene il Premio San Giorgio di Donatello per aver realizzato le vetrate policrome collocate nella cripta della Basilica. Nello stesso anno cura gli allestimenti scenografici del carnevale di Roma. Muore a Roma il 26 gennaio 1998.
Comune di Gualtieri Sicaminò