Focus Moda 4 ita

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FOCUS MODA

Innately Elegant. Stylishly Italian.

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Anno XIV | numero 82

Gennaio — Febbraio 2025 Supplemento n. 1

FOCUS MODA #4

SUPPLEMENTO A CURA DI

Alessia Caliendo

DIRETTORE

Massimiliano Tonelli

PUBBLICITÀ & MARKETING

Cristiana Margiacchi 393 6586637 Rosa Pittau 339 2882259

Valentina Bartarelli adv@artribune.com

EXTRASETTORE downloadPubblicità s.r.l. via Boscovich 17 – Milano via Sardegna 69 – Roma 02 71091866 | 06 42011918 info@downloadadv.it

REDAZIONE | EDITORE via Ottavio Gasparri 13/17 Roma redazione@artribune.com

PROGETTO GRAFICO

Alessandro Naldi

STAMPA

CSQ – Centro Stampa Quotidiani via dell’Industria 52 Erbusco (BS)

Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 184/2011 del 17/6/ 2011 Chiuso in redazione il 25/2/2025

HANNO COLLABORATO

Contributors: Elena Canesso, Margherita Cuccia, Lara Gastaldi, Aurora Mandelli, Alessandro Masetti, Cristina Masturzo

Fashion Editor: Giulio Solfrizzi

TRADUZIONE DI Tommaso Martelli

The Community

Nel quarto numero di Artribune Focus Moda ripartiamo dall’essenza che ha guidato la nostra linea editoriale fin dal principio: la comunità. Un tema complesso che affonda le radici nell’empatia e nel senso di appartenenza, per esplorare come gruppi locali e reti globali possano generare nuove forme di incontro, produzione, scambio e cura reciproca. Così moda, arte e cultura visiva diventano vettori di relazioni, capaci di delineare dinamiche innovative e inattese.

In apertura, Lucia Buricelli racconta un’America frammentata all’alba del secondo mandato di Donald Trump, restituendo uno sguardo sulle dinamiche sociali, sulle influenze culturali, sulle controversie e sulle estetiche che segnano il periodo storico. Mentre, nel lavoro dell’artista Noemi Comi la comunità emerge come entità in continua evoluzione. La sua ricerca sulle teorie cospirative legate ai rettiliani rivela un universo di connessioni virtuali, in cui la narrazione collettiva si intreccia con l’immaginario dello scrittore americano Lovecraft in dialogo con Chanel. Il progetto analizza le comunità digitali come organismi capaci di mutare forma e ridefinire le proprie coordinate senza perdere coerenza interna.

La scena techno di Berlino è un altro esempio di comunità che plasma il proprio linguaggio attraverso codici estetici e pratiche condivise. La nostra analisi evidenzia il ruolo di questo movimento nella moda underground, tra sperimentazione stilistica e affermazione identitaria. Invece, Orsola de Castro riporta l’attenzione sulla dimensione etica della moda. Fondatrice di Fashion Revolution, il movimento nato dopo il crollo del Rana Plaza, continua a promuovere un approccio responsabile alla produzione e al consumo, dimostrando come la sostenibilità sia un valore collettivo che passa attraverso la consapevolezza individuale. A chiudere questo percorso, On Common, uno spazio espositivo che raccoglie il lavoro di fotografi internazionali, propone un’indagine visiva sulla costruzione del senso di appartenenza. Le immagini tracciano un itinerario tra riti, memorie e nuove forme di aggregazione, restituendo una mappatura stratificata delle comunità contemporanee.

Le storie raccolte in questo numero e le rubriche consolidate testimoniano che la comunità non è mai statica, piuttosto un equilibrio in continua ridefinizione. Tra tradizione e innovazione, locale e globale, fisico e digitale, il tessuto connettivo delle relazioni si espande e si trasforma generando nuovi modi di intendere l’identità collettiva. Il Focus Moda di Artribune si conferma uno strumento per tracciare rotte, individuare tendenze, raccogliere suggestioni e testimonianze ampliando la narrazione editoriale e ribadendo che il senso di comunità è al centro del futuro.

■ Alessia Caliendo

© Marina Mónaco

La società americana

attraverso l’obiettivo di Lucia Buricelli

Lucia Buricelli, fotografa con base a New York, esplora il paesaggio urbano e le dinamiche sociali su testate come The New York Times, The New Yorker, Time, e The Wall Street Journal. Per noi, ha documentato il concetto di comunità negli Stati Uniti agli albori del secondo mandato di Donald Trump, soffermandosi su estetica, simbolismo e identità collettiva. Attraverso il suo obiettivo ha esplorato l’uso dell’abbigliamento, degli accessori e dei colori come strumenti di affermazione politica e sociale, delineando un ritratto complesso di un paese diviso tra esibizione identitaria ed esuberanza visiva.

Nei tuoi scatti emergono simboli estetici e culturali dell’America trumpiana al suo secondo mandato. Quali dettagli ti hanno colpito? La capacità di esprimere idee politiche e identità attraverso l’abbigliamento e gli accessori, spesso con un mix di patriottismo e ironia. Ho notato un uso massiccio della bandiera americana: l’ho ritrovata su abiti, cappellini, perfino nei dettagli più piccoli come spille o decorazioni per capelli. C’erano cravatte rosse, vestiti con pattern a stelle e strisce, cappelli da baseball con la scritta “Trump” ricoperti di glitter. Anche il make-up era un veicolo di espressione: unghie dipinte con i colori della bandiera, rossetti accesi, ombretti vistosi. Tutti questi elementi rivelano un’estetica costruita per comunicare appartenenza e posizionamento politico.

Hai notato elementi ricorrenti?

Sì, il cappello da baseball è sicuramente il simbolo più iconico. Il MAGA con lo slogan “Make America great again” è ovunque, non solo nei comizi, ma anche nei negozi di souvenir, nelle strade di New York, nelle piccole città. Il rosso è diventato dominante, accompagnato da un’esibizione quasi ossessiva della bandiera. Ma oltre a questi elementi ripetuti, ho notato dettagli più personali: borse clutch con la scritta “Trump”, kippah con il suo volto, T-shirt con slogan personalizzati. È evidente come la politica sia diventata parte di un sistema

commerciale in cui tutto può essere brandizzato e messo in vendita, trasformando l’identità politica in un prodotto di consumo.

Le tue immagini ci restituiscono un’America frammentata. Quali costanti emergono?

Dal 2018, quando mi sono trasferita a New York, ho osservato quanto il consumismo sia centrale nella cultura americana. Ogni cosa è eccesso: supermercati vasti come città, parate continue, centri commerciali con piste da sci. La società americana è

costruita sull’abbondanza e su una costante sovrastimolazione sensoriale. Questo si riflette nelle immagini che scatto, dove il caos visivo racconta la complessità di un Paese sempre in movimento, in cui la volontà di esprimere sé stessi passa attraverso il consumo e la spettacolarizzazione dell’identità.

Il colore e l’uso del flash caratterizzano il tuo lavoro. In che modo influenzano la percezione del contesto?

Il colore è un elemento narrativo centrale. Negli Stati Uniti, il rosso e il blu non sono solo scelte estetiche, ma simboli di appartenenza politica. Osservare i colori in una foto permette di intuire la dinamica del contesto

ancora prima di analizzarne il contenuto. Il flash ha una funzione altrettanto cruciale: illumina e intensifica le scene, rendendo i contrasti più evidenti e donando alle immagini un effetto quasi iper-reale. Questa tecnica enfatizza l’energia della folla, il modo in cui le persone si presentano e il carattere teatrale di certi momenti.

Come cambia il tuo approccio in base allo strumento utilizzato?

Uso prevalentemente macchine fotografiche digitali e, occasionalmente, la pellicola. Il telefono quasi mai. Indipendentemente dallo strumento, il mio approccio rimane invariato: osservo senza interferire, lasciando che la scena si sviluppi in modo spontaneo. L’interazione minima con i soggetti è fondamentale per non alterare la realtà che voglio documentare. Anche la post-produzione è coerente con questa visione: prediligo il flash frontale perché mi permette di avere maggiore libertà nei movimenti e di concentrarmi sulla composizione senza distrazioni.

Quali momenti ti hanno colpito di più e come pensi sarà raccontata l’America nei prossimi anni? L’elemento che mi ha colpito di più è la costruzione estetica del senso di comunità. Le folle, pur avendo elementi comuni, mostrano forti contrasti interni. L’identità politica e culturale viene espressa attraverso il look, l’atteggiamento e gli accessori. È interessante osservare come le diverse prospettive si incontrassero e si scontrassero nello stesso spazio. In futuro, credo che la fotografia continuerà a essere uno strumento essenziale per documentare la realtà sociale statunitense, anche se l’intelligenza artificiale avrà un ruolo crescente nella costruzione dell’immaginario visivo. Questo non significa che AI e fotografia non possano coesistere. L’intelligenza artificiale può portare oltre la rappresentazione del reale, creando visioni alternative che sfidano la percezione comune.

L’organismo sociale

Noemi Comi Supported by CHANEL

prodotto da ■ Alessia Caliendo

L’indagine sulle teorie cospirative legate ai rettiliani ha portato la giovane artista Noemi Comi a immergersi in gruppi social dedicati alla condivisione di narrazioni alternative. L’analisi del materiale raccolto ha rivelato connessioni tra l’iconografia dello scrittore americano Lovecraft e la struttura delle community digitali. Come il personaggio d’immaginazione Cthulhu, la community è un organismo tentacolare, in costante espansione e mutazione. Non un aggregato statico di individui, ma un’entità fluida, capace di dividersi, moltiplicarsi e ricomporsi in un equilibrio dinamico tra identità e collettività. Attraverso la metafora della mitosi, il progetto prodotto per il Focus Moda e supportato da CHANEL esplora la natura della connessione umana nel contesto digitale, evidenziando come le comunità online si trasformino senza mai perdere la propria essenza.

agosto 2024, Brandenburger Tor. 380.000 persone si riuniscono sotto il più famoso monumento di Berlino per rendere omaggio alla cultura della musica elettronica. Capelli colorati, occhiali da sole pazzi, top a rete: questa folla eclettica segue i DJ boots posizionati su 30 carri che percorrono Straße des 17. Juni all’insegna del motto “Love Is Stronger”, ballando sui ritmi acid techno fino a Ernst Reuter Platz. Il Rave the Planet è ancor più emozionante dopo che, a marzo, la Commissione tedesca dell’UNESCO ha annunciato che la “Cultura Techno di Berlino” è stata inserita nella Lista Nazionale dei Patrimoni Culturali Immateriali. Nel cortometraggio Techno Culture in Berlin, Alexander Krüger del club Alte Münze afferma che “si è creata una sorta di utopia in cui non importa da dove vieni, il tuo orientamento sessuale, il colore della tua pelle, la tua religione. Le persone sono semplicemente unite dalla musica e si sentono come se fossero in un mondo che in realtà è l’opposto del mondo capitalistico in cui viviamo”. La rete di club, collettivi ed eventi sparsi in tutta la città crea un ecosistema autonomo che si distingue per la sua inclusività, uno spazio sicuro e comunitario, dove la diversità è valorizzata e l’espressione di sé è sostenuta.

IL PANORAMA MUSICALE A BERLINO

Se la techno ha certamente plasmato il suono riconoscibile e distintivo di Berlino, il panorama musicale è molto più ampio e comprende uno spettro di sottogeneri dall’hard techno all’house e al groove. “Quando mi sono trasferita da Città del Messico a Berlino, anche io ero interessata a ritmi techno più incalzanti, ma poi ho conosciuto il downtempo e ho pensato che fosse fatto su misura per me”, racconta Renata, artista del collettivo Mystic Tales e cofondatrice di WOMXN. “La musica crea grandi connessioni umane e a Berlino ci sono opzioni per ogni diversa attitudine. Kater Blau, Mensch Meier, Salon zur Wilden Renate, Beate Uwe sono alcuni dei club in cui mi piace suonare quando rimango in città. Ho trovato una scena alternativa di nicchia, dove il mio suono viene apprezzato senza sovrastrutture”.

C’ERA UNA VOLTA A BERLINO

2004, tra Kreuzberg e Friedrichshain. Gli amici Norbert Thormann e Michael Teufele hanno raccolto la storia del clubbing berlinese degli anni ‘90 e l’hanno sublimata in un locale che presto diventerà la destinazione techno più iconica del mondo, il Berghain. Una centrale termoelettrica abbandonata, costruita nel 1953, collocata in un punto strategico tra Kreuzberg e Friedrichshain - ex aree rispettivamente di Berlino Ovest e Est - e rappresenta perfettamente ciò che l’ascesa della cultura techno ha significato per la città dopo la caduta del Muro nel 1989: un punto di contatto tra mondi diver-

© Marina Mónaco

Berlino leggendaria

Storie di musica techno e libertà

Berlin Techno History

Berlin Techno History

La seconda “Summer of Love” nel Regno Unito consacra lʼascesa di una nuova generazione di suoni elettronici.

si, il nido di una controcultura. Le storie vengono narrate e le leggende si alimentano. Famoso per le maratone di tre giorni, il carattere sessualmente esplicito, il categorico divieto di foto al suo interno e la scrupolosa selezione delle porte, entrare al Berghain è come un accordo segreto che il visitatore accetta volontariamente, e il mistero ne accresce l’esclusività. I buttafuori superstar, come il leggendario Sven Marquardt, sono celebri per osservare l’atteggiamento e lo stile degli avventori in fila e per favorire gli outfit scuri e sobri che comunque mantengano un certo tocco disinvolto, spesso impossibile da spiegare.

LIBERTÀ SESSUALE, DA BERLINO AL MONDO

2012, online. Il viaggio di Pornceptual è iniziato come una piattaforma digitale nata dal desiderio di creare un ponte tra pornografia e arte e si è evoluto organicamente in un’esperienza live a Berlino, un sex party. Il fondatore Chris Phillips ricorda quando, arrivato a Berlino, iniziò a frequentare gli eventi fetish e di come fossero fortemente caratterizzati dall’esclusività. “Pornceptual offre un approccio più giocoso e inclusivo: si rivolge a un pubblico internazionale che non ha ancora esplorato il fetish e vuole celebrare la sessualità senza giudizio”. La nightlife erotica è un’altro aspetto che ha forgiato la reputazione e l’estetica della città, con vere e proprie istituzioni come il KitKatClub, l’Insomnia e il Lab.oratory del Berghain che hanno creato una rilevante sottocultura associata alla libertà sessuale.

Capi in pelle nera, accessori bondage, latex, catene e, soprattutto, nudità hanno dato forma a questa uniforme non convenzionale che è diventata la quintessenza del look berlinese. “L’abbigliamento (o la sua assenza) diventa un’estensione dell’identità personale e collettiva. Essere nudi è un’esperienza condivisa di vulnerabilità che permette alle persone di connettersi oltre la superficie”.

LA RIVOLUZIONE DEL DESIDERIO

Spogliarsi dei codici sociali della quotidianità può favorire legami più profondi perché pone gli esseri umani su un piano di maggiore parità. “Nonostante il nostro obiettivo sia smantellare le gerarchie, dobbiamo comunque rimanere consapevoli che le dinamiche sociali legate alla forma del corpo, alla razza e all’età determinano ancora l’immagine di sé e della desiderabilità dell’individuo”. Presenziando con esposizioni, pubblicazioni ed eventi in più di 25 paesi diversi, l’atteggiamento inclusivo di Pornceptual l’ha trasformato in un movimento culturale globale. “Vogliamo contribuire a una rivoluzione in cui il desiderio sia normalizzato, la prospettiva ristretta del porno mainstream venga messa in discussione e le rappresentazioni etiche, consensuali e inclusive del sesso siano promosse. Libertà, per noi, significa dar luogo a uno spazio intersezionale in cui chiunque abbia la possibilità di esprimersi senza timori nel sesso, nell’arte, nell’individualità”.

Caduta del muro di Berlino. Il primo luglio avviene la prima Love Parade, iconico raduno techno antesignano dellʼodierno Rave the Planet.

© Chris Phillips

Nasce a Detroit il gruppo Underground Resistance. Il ponte

Berlino-Detroit ha influenzato fortemente la scena techno nella capitale tedesca.

Dopo tre anni di attività in ambientazioni occupate, il club UFO si insedia in una location ufficiale dando vita allo storico club Tresor.

Lo Snax Club si stabilisce con eventi per soli uomini chiamati Pervy Party, forma embrionale del futuro Berghain. Nello stesso anno viene fondato il KitKatClub.

Fondazione del club Berghain nella sua attuale ubicazione.

Nasce Pornceptual come piattaforma online per poi evolversi in un sex party fisico.

La Divisione tedesca dellʼUNESCO inserisce la “Techno di Berlino” nel registro nazionale dei patrimoni culturali immateriali.

© Marina Mónaco

Orsola de Castro. Il valore di

fare comunità

Mentore, docente, direttrice creativa, autrice de I vestiti che ami durano a lungo. Orsola de Castro è una delle principali attiviste del settore moda. Ha aiutato a porre le basi della moda responsabile ed è oggi un riferimento per trovare ispirazione nella contemporaneità. Attraverso la moda, gli abiti e gli armadi tocca gli ambiti della politica, della società, della comunità, dell’economia sociale, del cambiamento. Alcune delle sue armi sono aghi, uncinetto e ferri, insieme a coraggio, intraprendenza e voce autorevole. Da prima è stata pioniera dell’upcycling, trasformando gli scarti in capi di lusso con il suo pluripremiato marchio From Somewhere (nato nel 1997) e sviluppando collezioni e riutilizzando l’invenduto per Topshop e Speedo, tra le altre. Successivamente, nel 2006, cofonda Estethica, un’iniziativa per il British Fashion Council, dedicando per la prima volta uno spazio alla sostenibilità durante la London Fashion Week. Si afferma come collettivo di esperti che lavorano in tutti i settori dell’industria della moda, e si evolve presto in una agenzia creativa di consulenza, mentoring e soluzioni per i rifiuti pre e post consumo, di cui Orsola de Castro è direttrice creativa. La tragedia del crollo del Rana Plaza nel 2013 è stato il motivo che l’ha spinta ad avviare un movimento, evolutosi oggi in una comunità perché si condividono valori e pratiche. Una rivoluzione pacifica ma determinata ed assidua, quella di Fashion Revolution, che oggi conta 90 paesi. Uno spazio di attivismo comunitario che agisce nel micro, toccandoci tutte e tutti, fino ad arrivare ad essere una delle principali forze di advocacy e spingere la Commissione Europea a considerare nuove normative in nome dei diritti dei lavoratori.

Tu non fai solo parte di una o più comunità, tu sei comunità. Cosa o chi pensi abbia ispirato nella tua vita il senso di comunità? È interessante perché non sono tipicamente una persona da comunità. Le mie comunità non sono necessariamente prossime, ma sono spesso lontane, quindi sono comunità dove posso entrare ed uscire, dalle quali posso sia imparare che dare. Credo che il mio senso di comunità venga dal far famiglia e ho sempre avuto istintivamente un bisogno di comunicare. Chiaramente un comunicatore non comunica da solo, e quindi il mio istinto è quello di parlare e quindi imparare. Mentre lavoro all’uncinetto penso a tanti passaggi dell’umanità, della politica, della filosofia, della poesia, e questo mi porta a fare comunità. Per-

ché mi porta a dover saperne di più e quando devi saperne di più ti devi espandere.

Attraverso il linguaggio tessile parli di coraggio e debolezza, di costruire e di distruggere per rinascere. Che valore ha per te la community dei social? Sembra parte integrante del tuo essere.

In parte lo è, anche se è un’altra contraddizione. A me non piace mettermi in mostra, sicuramente non mi piaceva. Non ho idea di come sia diventata una public speaker. Se quando avevo 15 anni mi avessero detto che avrei par-

lato su un palco ad audience da 12 a migliaia di persone, avrei detto “impossibile”. Però nella vita si imparano cose inaspettate. A me non spaventa; al contrario mi calma. Guardo tutti, le loro espressioni e capisco se quello che sto dicendo è importante o no, capisco per chi è importante, vedo i sentimenti altrui. Sono un veicolo per arrivare a queste persone.

Online è la stessa cosa?

Online è simile. Credo di aver capito di volermi dedicare nel mio futuro alla scrittura, e per me i social sono anche legati a quello. Per anni

ho scritto diari e il canale Instagram è un po’ un diario per me. Diverso, ovviamente. Viene letto da altri ma è una gran goduria mettere insieme le parole giuste e mi piace molto avere dei confini. Sai, io sono una upcyclist!

Ovvero?

Mi piace lavorare nei limiti. E questo limite è nel word count. È nel pensiero di non offendere, di non dire inaccuratezze, di trovare la parola giusta in grado di spiegare un particolare sentimento. Apprezzo tantissimo le persone che bussano alla mia porta e scambiano

Photo by Dvora.Photography

un pensiero. Non c’è niente in me che può essere restia a questo tipo di contatto e rapporto. Do e prendo, prendo e do. E lo apprezzo.

Hai detto che “Perdere un artigiano significa rischiare l’estinzione di una specie protetta”. Sei fiduciosa in un ritorno all’artigianato? Al 100% sì. Questo posso dirlo con la mano sul cuore. È il vero passo avanti che è stato fatto. La cosa più banale, la più piccola, la più stigmatizzata, eppure più istintiva, è l’atto del riparare. Nel minuto nel quale noi abbiamo fatto, abbiamo riparato. Nessuno dei giovani stilisti emergenti con i quali lavoro nel mondo, e lavoro con tanti, viene a dirmi “voglio diventare il nuovo Prada”. Al contrario, è tutto legato alla visione artigiana: un piccolo business, un piccolo studio, mini-collezioni, rielaborare i vestiti altrui, dare una seconda vita ai loro stessi vestiti. C’è un sistema di design completamente diverso. Poi chiaramente ci sono anche quelli che finiranno a fare questo gioco ridicolo che stanno facendo i grandi brand. L’artigianato nasce dal terreno, dalle persone e dal proposito. Stiamo perdendo dei craft in giro per tutto il mondo, ma mi interessa il fatto che c’è un ritorno e una voglia di inventare un’artigianalità nuova.

molto bene, ma la stragrande maggioranza delle cose le faccio molto male. Se penso a cosa ho veramente imparato con l’uncinetto da piccola, è stato fare errori. Ma soprattutto ho capito che avevo bisogno degli altri. Perché da sola non valgo niente. Come tutti. Ed è proprio questo il bello.

Quindi, qual è la formula?

Scegliere sempre qualcosa che per te non sia del tutto facile da fare, perché se scegli le cose dove eccelli, rischi che ti monti un po’ la testa. Non hai bisogno degli input degli altri. Se in-

Il concetto di cura è legato a quello di comunità?

Il concetto di cura è assolutamente legato al concetto di comunità. La scoperta sull’uomo di Neanderthal noto come l’uomo di La Chapelle-aux-Saints ne è un esempio. È il momento nel quale noi ci prendiamo cura di un altro che veramente abbiamo raggiunto il top della nostra civiltà. Non sono le costruzioni, non è l’agricoltura, è la cura. La cura è al principio di qualsiasi civiltà, nel momento nel quale ti riunisci, se non hai cura, non hai civiltà, non hai comunità, non hai relazioni.

Quali sono gli ingredienti migliori per fare comunità?

Ci sono delle regole importanti per fare comunità. Prendi me, sono una persona profondamente incapace. Ci sono delle cose che faccio

vece scegli una cosa che è un po’ difficile per te, inizia una traiettoria dove accadono cose inaspettate. Non sei la “star of the show”, la persona con tutte le risposte. Troverai persone che ti daranno le risposte che tu non hai. Che ti insegnano a usare l’ago in un modo che tu non sai fare. Che hanno un pensiero opposto, parallelo, diverso dal tuo. Trova qualcosa di difficile. Seguila. Sbaglia. Ricomincia. E fatti aiutare.

Invece, quali ostacoli impediscono alla moda di evolversi?

Ci hanno levato una passione e una competenza. Va reintrodotta la passione perché non ci si veste solo per vestirsi: bisogna acquistare cose che valgono, abiti giusti per la propria taglia fisica e per quella interiore, in grado di rispecchiare i propri principi e valori.

Photo by Dvora.Photography

SPAZIO ESPOSITIVO

On Common

Carmelo Plumari
Mauricio Holc
Francois Prost

curated by ■ Alessia Caliendo

Attraverso la fotografia,  On Common restituisce una riflessione visiva sulle dinamiche di appartenenza, identità e condivisione. Le immagini di otto artisti internazionali raccontano la complessità dei legami umani, evidenziando sia le connessioni spontanee sia gli usi, le mode e i costumi, così come le tensioni sociali che caratterizzano i contesti collettivi. Dalla rappresentazione di riti e tradizioni all’indagine sulle forme contemporanee di aggregazione, passando per la rielaborazione di memorie personali e collettive, i lavori in mostra propongono un’interpretazione stratificata del concetto di comunità. Con una varietà di linguaggi visivi che spaziano dalla fotografia documentaria a quella concettuale, On Common si interroga su come il senso di appartenenza si costruisca, si trasformi e si esprima nel tempo e nello spazio.

Camilla Piana

WHO IS WHO

CARMELO PLUMARI

è un fotografo siciliano la cui ricerca è influenzata dalla nostalgia e dal passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Attraverso l’uso della pellicola e di tecniche analogiche, esplora il tema della vacanza come spazio di sospensione sociale e libertà individuale. Dopo la laurea in Lingue, si è trasferito a Torino, dove ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione pubblicitaria. Ha proseguito la sua carriera tra Roma e Milano, collaborando con case di moda e sviluppando un interesse per la fotografia di strada e la cosiddetta “Beach Photography”, con cui analizza il tempo libero in una chiave nostalgica e senza tempo.

SHAHRAM SAADAT

è un fotografo britannico-iraniano il cui lavoro si concentra sull’osservazione della quotidianità e sulla costruzione di realtà messe in scena. Dopo un primo approccio alla fotografia documentaria, ha traslato questi elementi in ambientazioni controllate, sviluppando un’estetica eclettica. L’interesse per le differenze e le eccentricità umane caratterizza il suo percorso artistico.

NICOLÒ RINALDI

è un fotografo italiano, fondatore dello studio creativo LUCID DREAMS. Dopo un primo approccio alla fotografia di paesaggio, ha sviluppato un interesse per il racconto documentaristico, con progetti personali e su commissione. Ha documentato il fenomeno dell’overtourism con un approccio narrativo che utilizza ironia ed elementi grotteschi. Nel 2024 ha ricevuto la borsa STRATEGIA FOTOGRAFIA con il progetto “W.E.I.R.D.”, promosso dalla Direzione Generale per la Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Parallelamente, lavora nell’industria della moda per campagne e progetti speciali.

ALESSANDRO IOVINO

utilizza la fotografia come strumento di esplorazione personale e ricerca della verità. Cresciuto in un contesto familiare complesso, ha sviluppato un forte legame con il medium fotografico come mezzo per documentare la realtà e analizzare le proprie esperienze. Il suo lavoro è caratterizzato da un profondo senso di onestà e da una continua riflessione sul concetto di casa, identità e memoria. Vive e lavora tra l’Italia e il Sud Africa.

MAURICIO HOLC

è un fotografo e videomaker argentino che lavora con la fotografia analogica. Laureato in Fotografia e Media Audiovisivi presso la Universidad Nacional de Misiones (UNAM), si è formato principalmente come autodidatta, curando personalmente l’intero processo di sviluppo, scansione e stampa delle proprie immagini. Il suo lavoro, con un approccio che intreccia moda e documentario, esplora tematiche legate a identità, territorio, corpo e comunità. Ha esposto in mostre personali e collettive a livello internazionale ed è stato finalista ai Latin American Fashion Awards 2023 nella categoria Emerging Fashion Photographer of the Year.

FRANCOIS PROST

è un fotografo e art director parigino. Il suo lavoro si sviluppa tra incarichi editoriali e commerciali, alternando progetti personali di ricerca fotografica a collaborazioni con marchi e pubblicazioni internazionali. La sua pratica fotografica si concentra sulla documentazione di ambienti urbani e architetture, con un interesse particolare per luoghi che rivelano aspetti culturali e sociali. Tra i suoi progetti più noti, serie fotografiche dedicate alle facciate di locali notturni francesi, ai negozi di armi negli Stati Uniti e alle somiglianze tra città europee e le loro repliche in Cina. Attraverso un linguaggio visivo rigoroso e una ricerca formale dettagliata, il suo lavoro evidenzia le peculiarità e le contraddizioni dei paesaggi urbani contemporanei. Le sue immagini sono state pubblicate su testate internazionali e presentate in numerose esposizioni.

SERGI PLANAS

è un regista e fotografo nato in Costa Brava e cresciuto nel sud della Spagna. Dopo aver studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, ha intrapreso una carriera creativa nell’industria della moda, specializzandosi successivamente come regista nel settore del lusso e della bellezza. Il suo lavoro combina sensibilità estetica e rigore tecnico, unendo elementi visivi e narrativi in uno stile dinamico e coinvolgente. Produce l’immagine per Artribune Focus Moda, lanciando il progetto Chorus, un’esplorazione artistica multidisciplinare a lungo termine sui concetti di collettività e diversità ideologica nel contesto di una società sempre più governata dagli algoritmi.

CAMILLA PIANA

è una fotografa italiana. Dal 2015 lavora esclusivamente con la pellicola, utilizzando la luce naturale per realizzare immagini di grande formato. Il suo processo creativo si sviluppa attraverso un tempo di elaborazione lungo, nel quale la materialità del mondo esterno si intreccia con la dimensione interiore. Nei suoi primi lavori, realizzati in Italia e in Eritrea, ha affrontato esperienze legate al lutto e alla sofferenza fisica. Trasferitasi in Portogallo, ha rivolto la sua ricerca verso la devozione popolare e le tracce sopravvissute di antichi riti religiosi. Ha esposto alla Triennale di Milano (2021) e alle Scuderie del Quirinale di Roma (2023).

Le comunità creative della moda

Spesso, nelle recensioni delle sfilate, la narrazione giornalistica celebra il genio individuale, trasformando i direttori creativi in figure mitiche: re Armani, Kaiser Karl, la Signora Prada.

Eppure alcuni brand hanno costruito la loro identità su un senso di appartenenza condivisa, tanto che la stampa li definisce col termine clan.

Un richiamo che evoca non solo legami di sangue e dinastie creative, ma anche codici estetici riconoscibili, proprio come i tartan scozzesi identificano le antiche famiglie delle Highlands.

Seguendo il tema del quarto numero cartaceo di Artribune Focus Moda, dedicato alla comunità, la nostra rubrica Wunderkammer esplora le dinamiche collettive della moda attraverso storie e immagini.

IL DESIGNER SOLITARIO E LE SUE MUSE

Per quanto l’immaginario giornalistico ritragga i fashion designer come artisti isolati, la creatività si nutre di relazioni.

Un emblema su tutti è lo stilista Yves Saint Laurent, genio solitario ma circondato dalla cerchia di amiche come Paloma Picasso, Catherine Deneuve, Marisa Berenson.

Poi, chiuse le porte dello studio-atelier parigino di Avenue Marceau 5, poteva fare affidamento sulle sue muse Loulou de la Falaise e Betty Catroux.

Compagne che trascendevano la semplice ispirazione: erano confidenti, collaboratrici e interpreti viventi del suo linguaggio.

Invece, negli anni Settanta, Halston creò attorno a sé la comunità delle “Halstonettes”, donne come Pat Cleveland, Anjelica Huston e Elsa Peretti che non erano solo modelle, ma ambasciatrici del suo stile di vita, trasformando ogni apparizione allo Studio 54 di New York in un manifesto estetico.

L’ATELIER INVISIBILE:

LA COMUNITÀ DIETRO LA CREAZIONE

Se esiste un luogo in cui la comunità si manifesta in modo concreto, è l’atelier di alta moda. Qui, dietro il nome dello stilista, si cela un collettivo di mani esperte, sarte e première d’atelier che trasformano le idee in realtà.

Di recente, alcuni direttori creativi hanno reso visibile questo microcosmo nascosto. Pier Paolo Piccioli, durante il suo mandato da solista alla guida di Valentino (2016-2024), era solito condividere il palcoscenico con il suo team di atelier nei saluti finali delle sfilate, un gesto simbolico che riconosceva il lavoro collettivo dietro ogni collezione.

Il documentario “Dior and I” (2014) di Frédéric Tcheng, invece, racconta l’arrivo di Raf Simons alla guida della maison francese (2012-2015), svelando il ruolo essenziale delle première d’atelier, alcune delle quali vi lavoravano da decenni, tramandando saperi e tecniche.

Le scene delle sarte che cuciono perline fino all’alba del giorno della sfilata dimostrano che, dietro ogni abito da sogno, c’è una comunità resiliente.

I CLAN DELLA MODA ITALIANA

Infatti, un ambito in cui la moda si struttura come i clan scozzesi, è quello delle maison a conduzione familiare.

Il prêt-à-porter italiano ha costruito la sua identità proprio su questo modello, dove il legame di sangue diventa un codice stilistico e un metodo produttivo.

Tra i tanti nomi possibili, scegliamo due dinastie che hanno tramandato la propria visione attraverso le generazioni, distinguendosi per l’uso del colore e dei motivi grafici.

Il primo è Etro, marchio fondato da Girolamo Etro nel 1968, diventato noto per l’uso del motivo paisley, una fantasia scoperta nei viaggi in India e traslata in un’estetica sofisticata e dandy.

Chiudiamo con un omaggio a Rosita Missoni, scomparsa di recente, che con il marito Ottavio fondò nel 1953 il marchio reso celebre dai caleidoscopici motivi a zig-zag su maglia.

Per i Missoni la famiglia è il fulcro di tutto, e le loro vecchie campagne pubblicitarie, che spesso ritraevano figli e nipoti, raccontano la sfera più intima della moda, offerta come gioiosa chiave di lettura del mondo.

■ Alessandro Masetti

Yves Saint Laurent and Betty Catroux, Marrakech, circa 1970. © All rights reserved. Courtesy Musée Yves Saint Laurent Paris
Missoni, Spring Summer 1993. Ph. Alfa Castaldi. Courtesy Archivio Missoni
Ottavio Missoni, sketch, 1974. Courtesy Archivio Missoni

Il futuro dei giovani italiani in una bottiglia di profumo

Il marchio di profumeria d’autore Jijide si cimenta nel raccontare due storie e vite differenti con la nuova collezione Dialoghi III. Lo fa servendosi dell’aiuto di due nasi profumieri emergenti, Mattia Sorrentino ed Edda Salvadori. E servendosi delle capacità di due fragranze, “Dentro” e “Oltre”, nel stimolare l’olfatto.

DENTRO L’ITALIA

La prima ricorda le sensazioni di chi decide di rimanere in Italia e mettere radici, come Sorrentino che l’ha realizzata. Il talento classe 1996 ha scelto di vivere e proseguire la sua carriera nel Belpaese: “Dentro nasce dal desiderio di celebrare la bellezza delle piccole cose, gesti semplici e profondi che ci legano alle persone che amiamo. Il caffè, cuore pulsante della fragranza, è il simbolo di questo radicamento” dice, mentre si lascia andare all’immagine di “un rito quotidiano che profuma di casa, di calore, di vicinanza. L’ispirazione viene dal ricordo di mia nonna, che con amore preparava il caffè per condividerlo, creando un momento di incontro”. Per lui, la scelta di restare in Italia è dettata da un attaccamento alle relazioni, ai gesti condivisi e alle emozioni: “l’Italia è un intreccio di storie che parlano al cuore; ed è proprio questo tessuto emotivo, più di qualsiasi luogo, a nutrire la mia creatività e a dare vita alle mie fragranze”. Una celebrazione dell’italianità in tutte le sue sfumature, mescolando cacao, tabacco e incenso “Dentro” una boccetta che valorizza il profumo del caffè.

OLTRE L’ITALIA

La seconda fragranza della nuova collezione di Jijide, “Oltre”, è la parte opposta e complementare in questo dialogo. Racconta la vita, le sensazioni e la scelta di chi decide di trasferirsi all’estero, proprio come la sua autrice Edda Salvadori. Classe 2001, ha lasciato l’Italia per trasferirsi a Parigi portando nelle note del suo profumo il senso di transizione, di scoperta e di nostalgia per ciò che è stato lasciato alle spalle. ”’Oltre’ si apre con una nota metallica spiccata, quasi urlata, elettrica, ricca di tensione. Vuole rappresentare la paura del cambiamento ma anche la tensione propositiva ed attiva nel cambiare, nel partire” dice il naso. “La nota talcata e morbida è il bagaglio della memoria, come una confortante malinconia che quello che stiamo lasciando non è perso ma sempre con noi. Spero di lasciare sulla pelle l’impronta di un abbraccio ormai lontano fatto di gesti antichi, come il borotalco usato dalle nonne”. L’approccio di Salvadori alla profumeria è sperimentale, un processo creativo fatto di esplorazioni intuitive sperimentando nuove combinazioni. “In “Oltre” si racconta di un viaggio, e di come si cambia nel tempo. Chiunque si sia ritrovato almeno una volta nella vita a vivere una metamorfosi riesce ad immergersi nella tensione iniziale, nella spinta propositiva e poi nella nostalgia confortante di una nuova realtà”. Perché è necessaria una grande sensibilità per concepire e narrare una fragranza, che non si limita a stimolare l’olfatto ma risuona nell’anima evocando dettagli potenti, intimi e profondamente umani.

Carmela Rizzuti, per una fotografia senza tempo

Carmela Rizzuti nasce a Palermo e fin da bambina disegna costantemente i suoi personaggi preferiti, scoprendo così il suo amore per l’arte che approfondisce al liceo e all’università. Dipinge con uno stile iperrealista, scegliendo supporti sperimentali come il plexiglass per arrivare a una resa “quasi fotografica” delle sue opere. Invece, dal 2018 comincia a stampare i propri scatti su carta fine art hahnemühle, focalizzandosi sulla fotografia digitale e sull’autoscatto come momento di ricerca, comprensione ed esteriorizzazione di sensazioni e idee.

Cosa significa per lei esprimersi attraverso la fotografia? Seppur evocando la sua formazione pittorica nella composizione... È un mezzo alternativo per esprimere arte dove il soggetto diventa uno strumento di espressione artistica. Il processo creativo è più istantaneo, posso vedere in anteprima l’esito del mio lavoro con la possibilità di poter ricreare altre immagini con le dovute correzioni.

Perché la scelta di utilizzare l’autoscatto come metodo di ricerca?

Mi permette di comprendere e di trasformare idee e sensazioni in immagini, liberare la mia mente. Affronto diverse tematiche, a partire dalla figura femminile che diviene il fulcro della comunicazione, nel suo rapporto con l’esistenza, nella sua forza, nell’essere allegoria della natura e della vita stessa, rivelandone anche i diversi aspetti contrastanti nel contemporaneo.

Tra gli aspetti più affascinanti del suo lavoro c’è un utilizzo molto teatrale di abiti e scenografie. Qual è il loro valore simbolico?

Diventano apparizioni e simboli-chiave per la lettura e la comunicazione; vicini al surrealismo e con richiami al realismo magico, rendendo gli autoscatti unici e autentici “racconti visivi”.

Ad esempio?

In alcune opere in bianco e nero, la figura femminile mostra due diversi aspetti del sé; trasformata da grandi

petali bianchi che le fanno da corolla come un abito da sera, a rappresentare il legame con la natura, mentre il vento afferisce alla fugacità della bellezza. Oppure i veli quasi trasparenti richiamano le Madonne del Rinascimento, intrecciate alle radici culturali della “sposa casta”, superando però le barriere tramite i ricami. Emblematica è la donna con un ombrello che dal suo interno ne illumina il volto e lascia cadere papaveri come pioggia leggera, una rappresentazione poetica, protetta e illuminata dall’arte.

A cosa sta lavorando al momento?

A un nuovo progetto fotografico dal titolo “Sinergie multidimensionali” che

presenterò presso il Centro Culturale di Milano durante il Fuorisalone 2025. Un evento dove arte e design si fanno linguaggio, superando i confini tra disciplina ed esperienza. Un invito a guardare oltre il visibile, a scoprire connessioni nascoste e a riflettere su come le forme artistiche possano creare ponti tra mondi differenti, ma interconnessi.

■ Aurora Mandelli

© Carmela Rizzuti

photo

Avant-Garde(s) including Thinking Italian. Il fascino dell’arte italiana a Parigi secondo Christie’s

Fontana, Boetti, Gnoli. Sono solo alcuni dei maestri protagonisti alle aste di Parigi, dove dal 2022 la casa d’aste Christie’s ha spostato la sua tradizionale vendita internazionale dedicata all’arte italiana, inaugurata a Londra nel 2000. Nella sua nuova veste francese, Avant-Garde(s) including Thinking Italian, il segmento tutto italiano conferma l’attrattività dei nostri artisti più celebri anche nella Ville Lumière, dove, sempre dal 2022 e intorno alla metà di ottobre, ha aperto il nuovo avamposto di Art Basel. Dalle ricerche futuriste ai classici del Post-War, e anche in momenti di incertezza del mercato, l’arte italiana riscuote risultati eccezionali Oltralpe. E che la piazza francese fosse pronta ad accoglierla è stato evidente dalla prima edizione, quando una Mappa a fondo rosa di Alighiero Boetti (1979), proposta per la prima volta sul mercato, ha aggiornato il record per l’artista a €5,6 milioni. Ancora più in alto la stessa sera era arrivato Lucio Fontana con Concetto spaziale

(1960), a oltre €15 milioni. Era stato tra i protagonisti anche nel 2023, Fontana, con Concetto spaziale del 1961 a quota €7,9 milioni, insieme a Domenico Gnoli e al nuovo record d’asta per Tancredi. “Guanti bianchi” poi, per i maestri italiani, all’ultima AvantGarde(s) including Thinking Italian del 2024, con record aggiornati in Francia per Piero Manzoni e Arnaldo Pomodoro e sul podio Lucio Fontana, Manzoni, appunto, e Domenico Gnoli.

La bellezza rara degli hotel Hilton adesso a disposizione di tutti

Elevare il concetto di lifestyle a un livello raro, unico nel suo genere: è questa la filosofia di Hilton, che apre le aree più straordinarie dei suoi hotel in Italia a professionisti e organizzatori del mondo lifestyle.

A conquistare una nuova platea di collezionisti per i quali l’asta AvantGarde(s) including Thinking Italian è un evento imperdibile e che guardano già alla prossima in calendario a Parigi, il 24 ottobre 2025.

Domenico Gnoli, La Robe Rouge, 1964. Courtesy Christie’s Images Ltd.

Nasce così Ra e, un’iniziativa esclusiva pensata per chi necessita di spazi d’eccezione per eventi prestigiosi, con un focus sui principali settori del lifestyle, tra cui accessori, gioielli e cosmetici.

Un vero e proprio viaggio attraverso l’Italia, dal nord al sud, che coinvolge suite raffinate, ambienti spa e wellness, oltre a un’offerta gastronomica d’eccellenza, espressione dell’attenzione di Hilton verso questo mondo. Dai panorami incantevoli del Hilton Lake Como al fascino del Hilton Molino Stucky di Venezia, passando per le iconiche sedi romane del Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel, l’Aleph Rome Hotel, Curio Collection by Hilton, Hilton Rome EUR La Lama, fino all’eleganza mediterranea del Hilton Sorrento Palace e Sulià House Porto Rotondo, questi hotel si rivolgono a chi ricerca – e necessita – bellezza.

■ Giulio Solfrizzi

Art Gallery of Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel

LA NIGHTLIFE NEWYORKESE ANNI 80 IN FORMATO POLAROID

Aurora Mandelli ■ Tra il 1980 e il 1988, Sharon Smith lavorava come fotografa nei club più pazzi e vibranti di New York, scattando Polaroid alla “gente della notte” mentre ballava, beveva, flirtava e, a volte, si innamorava. Madonna, Andy Warhol, Grace Jones, David Bowie, Iggy Pop, Debbie Harry, favolosi volti sconosciuti dai capelli rosa, verdi, blu, cristallizzati nei loro look senza freni. Raccolte nel volume Camera Girl, edito da Bill Shapiro per IDEA con la prefazione di Honey Dijon, queste immagini inedite testimoniano da vicino l’edonismo e la sperimentazione della controcultura in quel decennio.

IL V&A MUSEUM ESPLORA IL RUOLO DELLA DISABILITÀ NEL DESIGN

Lara Gastaldi Il V&A Museum a Londra ospita Design and Disability dal 7 giugno 2025 al 15 febbraio 2026. La mostra mette in luce i lavori di persone portatrici di disabilità - come sordità e neurodivergenza - rispetto alla storia del design e alla cultura contemporanea, partendo dal 1940 fino ad oggi. Verrà mostrato come questi designer e artisti abbiano progettato oggetti di uso quotidiano attraverso la propria esperienza e competenza. Il fine è promuovere un design più equo, accessibile e orientato alla giustizia sociale, tra arte, architettura, moda e fotografia.

IN MOSTRA LO STILE DEL BLACK DANDY AL COSTUME INSTITUTE DI NEW YORK

Aurora Mandelli Inaugura presso il Costume Institute del Metropolitan Museum di New York, in occasione dell’annuale Gala di beneficenza, la mostra Superfine: Tailoring Black Style – visitabile dal 10 maggio al 26

LA FIBER ART DI GRAZIA INSERILLO SBARCA A MILANO

Lara Gastaldi ■ A Milano, la personale di Grazia Inserillo, Un seme profondo, va in scena presso Studio Masiero dal 4 marzo al 30 aprile. L’artista siciliana esplora la fiber art utilizzando filo e tessuto per indagare il mondo naturale. La mostra, curata da Gianna Panicola, presenta cinque cicli di opere, tra cui “Linum” e “Organismi”, che reinterpretano elementi vegetali come lino, canapa e papiro attraverso ricami e tecniche tradizionali. Il ricamo, pratica ancestrale e profondamente femminile, assume nell’opera di Inserillo una valenza antropologica. Con Un seme profondo, Grazia allude al processo di esplorazione e trasformazione di sé stessa, immergendosi nelle profondità della terra per riportare alla luce microcosmi vegetali pronti a proliferare o fossilizzarsi nel tempo.

ottobre 2025 – che esamina lo stile emblematico del Black Dandy come un costrutto estetico e politico, ispirandosi al libro Slaves to Fashion: Black Dandyism and the Styling of Black Diasporic Identity di Monica L. Miller (2009) e guardando agli stilisti che meglio rappresentano la cultura afroamericana. Troviamo abiti, accessori, disegni, stampe, ephemera, estratti di film, per un viaggio dal XVIII secolo fino ad oggi.

IL LEGAME TRA MODA E INTERIOR DESIGN IN UNA MOSTRA (E VOLUME) AL MOMU DI ANVERSA

Alessia Caliendo Il MoMu di Anversa presenta PRACTICAL. Fashion & Interiors. A Gendered Affair, in mostra dal 29 marzo al 3 agosto 2025. L’esposizione analizza il legame tra moda e interior design dal XIX secolo a oggi.

Dall’estetica domestica femminile all’influenza dei modernisti, fino ai lavori degli stilisti Margiela, Demeulemeester e Chalayan, il percorso espositivo riflette sulle connessioni tra corpo e spazio. Il catalogo della mostra approfondisce il tema con saggi e immagini, grazie alla curatela di Romy Cockx e al supporto di Van Den Weghe, Dedar e Vitra Partner Store Antwerp.

TOMORROW’S WARDROBE: IL FUTURO DELLA MODA AL DESIGN MUSEUM

Lara Gastaldi Al Design Museum di Londra, Future Observatory: Tomorrow’s Wardrobe esplora il futuro del-

Studio Masiero via E. Villoresi n° 28 Milano monicamasiero.it

la moda sostenibile fino ad agosto. Tra i pezzi più rappresentativi in mostra, la polo riciclata di Ahluwalia e le scarpe Salomon progettate per essere facilmente smontate e riciclate. Grazie ad un approccio multidisciplinare, con la curatela di George Kafka e la consulenza di Kate Goldsworthy (UAL), Jalaj Hora (Nike) e Susan Postlethwaite (Manchester Metropolitan University), la mostra espone tessuti, tecnologie e prototipi che ripensano l’abbigliamento.

RITORNO AMBIZIOSO PER LA FIERA ART PARIS AL GRAND PALAIS

Giulio Solfrizzi Dal 3 al 6 aprile 2025, Art Paris, l’evento primaverile dedicato all’arte moderna e contemporanea, torna al Grand Palais, i cui spazi della navata e delle balconate permettono alla fiera di ospitare 170 espositori provenienti da 25 paesi diversi (34 in più rispetto al 2024). Per questa edizione, il programma offre una scelta di visite e tour espositivi riservati a collezionisti e professionisti dell’arte. Sarà ancora più ambizioso con nuovi temi, mostre, premi e tavole rotonde.

GIOIELLI DA COLLEZIONARE COME OPERE D’ARTE

Giulio Solfrizzi I gioielli sono opere d’arte in miniatura da collezionare. È quanto crede la casa d’aste milanese Art-Rite, che ha ampliato il proprio orizzonte con un dipartimento riservato agli accessori preziosi. Dopo la lunga e profittevole esperienza legata all’arte antica, moderna e contemporanea, l’obiettivo è offrire ai propri collezionisti pezzi unici, da sfoggiare e tramandare alle generazioni future. Tra questi, la tiara-collana del marchio francese di alta gioielleria Chaumet, in oro bianco e diamanti, creata nel laboratorio di Parigi e stimata tra i 35.000 e i 65.000 euro.

I 5 COLLEZIONISTI DʼARTE PIÙ

RICCHI AL MONDO (e due vengono dal mondo della moda e del lusso)

Bernard Arnault

Patrimonio: $ 221.5 mld

Valore collezione dʼarte: n.d.

Carlos Slim

Patrimonio: $ 102.9 mld

Valore collezione dʼarte: approssimativamente $ 100 mln

Francois Pinault

Patrimonio: $ 31.6 mld

Valore collezione dʼarte: approssimativamente $ 1.4 mld

Steve Cohen

Patrimonio: $ 19.8 mld

Valore collezione dʼarte: approssimativamente $ 1 mld

Roman Abramovich

Patrimonio: $ 9.7 mld

Valore collezione dʼarte: approssimativamente $ 1 mld

LA NUOVA TRADIZIONE SARTORIALE HOCKERTY E SUMISSURA

Aurora Mandelli ■ In contrapposizione alla produzione di massa, optare per un capo cucito addosso al nostro corpo è ancora un’alternativa. Una vestibilità perfetta unita a materiali di alta qualità che il marchio svizzero Hockerty propone nei suoi abiti formali e informali, esclusivamente su ordinazione, lasciando il controllo totale sul design. Progettato con l’innovativo Configuratore 3D, ogni dettaglio è personalizzabile, dai tessuti alle rifiniture, fino ai monogrammi ricamati, offrendo in tempo reale una preview iperrealistica del risultato finale da ogni angolazione. Sebbene la sartoria tradizionale sia associata al guardaroba maschile, a rivendicarne lo spazio anche in quello femminile è oggi il brand Sumissura con la sua nuova Signature Collection di capi sartoriali pensati per garantire eleganza, comfort e versatilità grazie al connubio tra struttura e flessibilità. Ogni filo racconta una storia unica, senza compromessi, portata sul palcoscenico fiorentino di Pitti Donna 2025 come simbolo di empowerment per scrivere il proprio capitolo dello stile.

Grand Palais 03—06 April 2025

Discover the list of 170 exhibitors of Art Paris 2025

I dazi di Trump spaventano la moda europea. Anche il Made in Italy ha da temere

La moda di lusso europea, e più nello specifico tutti i prodotti del segmento lussuoso, sono a rischio. Sin dal suo insediamento alla Casa Bianca, Trump minaccia di tassare anche ciò che proviene dal Vecchio Continente perché, testuali parole, “prendiamo da loro e non prendono da noi”. Il Presidente degli Stati Uniti si riferiva soprattutto a medicinali e automobili; infatti dal 2 aprile dovrebbe essere introdotto un dazio del 10% sulle importazioni di auto dall’estero, Italia compresa. Ma è il fashion system a temere più di tutti la volontà scellerata di praticare un vecchio nuovo modo di stare al mondo, essendo l’Unione Europea tendente ad esportare oltreoceano piuttosto che ad importare.

LA MODA ITALIANA: UN “LUSSO” PER IL PAESE?

Nel caso specifico della moda femminile italiana, durante i primi dieci mesi del 2024, l’Ufficio Studi Economici di Confindustria Moda ha registrato una crescita del +2,4% in termini di export, raggiungendo un valore complessivo di 10,2 miliardi di euro. Senza contare la moda uomo e bambino, di cui non si hanno ancora i dati. In testa alla classifica dei Paesi che acquistano abbigliamento Made in Italy c’è la Francia, seguita a pari merito da Germania e Stati Uniti. Quest’ultimi sono tra i principali clienti del lusso a tutto tondo, come testimonia l’importante spinta da parte degli americani nelle vendite di abbigliamento e accessori firmati dopo la crisi economica in Cina, che ha avuto una ricaduta anche sul fashion.

I DAZI DI TRUMP: UN PERICOLO PER LA MODA EUROPEA?

Ce ne ha parlato in esclusiva la direttrice di un importante magazine di moda statunitense, dando alternative pratiche ai dazi di Trump che farebbero tutto tranne valorizzare la moda del Paese

Il sistema moda è il settore più colpito valore del dazio attuale – valore 2023 (in millioni di dollari)

Sistema moda Agroalimentare Intermedi Meccanica

Perciò l’attuale conservatorismo trumpiano spaventa i big brand europei. E mentre l’UE alza i toni affermando di voler rispondere con la stessa moneta, gli amministratori delegati ambiscono a nuovi mercati (come l’India) prioritizzando regioni ad alto potenziale del sud globale. «Se i dazi colpiscono i prodotti di moda europei, non c’è dubbio che i prezzi aumenterebbero nel mercato statunitense. Ma parliamo chiaro: l’America è un attore enorme nella moda di lusso, probabilmente il più grande. Si prevede che i beni di lusso personali da soli porteranno circa 83,3 miliardi di dollari di entrate nel 2025 (Statista lo conferma)», afferma la Direttrice di 10 Magazine USA, Dora Fung «I brand più forti come Hermès, Chanel, Louis Vuitton, ecc. probabilmente staranno bene. Il loro desiderio è così alto che gli aumenti dei prezzi non fermeranno necessariamente i loro clienti dall’acquisto— hanno già aumentato i loro prezzi ogni anno in modo costante e i loro fan continuano a spendere».

Altri settori della manifattura

Autoveicoli e moto Elettronica ed elettrotecnica

Altri mezzi di trasporto Farmaceutica

Chimica per il consumo

L’ALTERNATIVA DELLA MODA AI DAZI DI TRUMP

L’alternativa a una lotta senza armi nel sistema? «Raddoppiare su ciò che rende grande la moda americana—lavorando di più con i loro partner mediatici sulla narrazione, sull’innovazione e sull’influenza culturale. I brand statunitensi stanno guidando in sostenibilità, inclusività e moda tecnologica. Piuttosto che misure protezionistiche, una strategia migliore sarebbe quella di spingere per collaborazioni internazionali, diplomazia della moda e iniziative sostenute dal governo per mettere in mostra il talento degli Stati Uniti sulla scena mondiale».

Fonte: Prometeia

ART-RITE AUCTION HOUSE DIPARTIMENTO DI GIOIELLI

Il dipartimento di Gioielli di Art-Rite, la casa d’aste di Kruso Kapital, mette a disposizione di tutti coloro che desiderano vendere e acquistare gioielli, la sua professionalità e conoscenza del mercato.

Gli esperti del dipartimento sono sempre disponibili a visionare e valutare, in via gratuita non vincolante, i singoli oggetti

LE ASTE DI GIOIELLI DI ART-RITE DEL 2025 SI SVOLGERANNO IL 15 MAGGIO E L’11 DICEMBRE.

TIARA, COLLANA E PENDENTE IN ORO 18 KT E DIAMANTI Chaumet, collezione Joséphine, 2013 Stima € 35.000 - 65.000

CONTACTS

Mariolina Bassetti mbassetti@christies.com +39 348 341 8454

PIERO MANZONI (1933 - 1963)

Achrome, 1958 - 1959

LUCIO FONTANA (1899 - 1968)

Concetto Spaziale, Attese, 1968

Renato Pennisi rpennisi@christies.com +39 338 136 0306

Sold for: €2,944,000

Avant-Garde(s) including Thinking Italian, Paris, 18 October 2024

Sold for: €3,670,000

Avant-Garde(s) including Thinking Italian, Paris, 18 October 2024

christies.com

Lucio Fontana, Milano
Paris, 2025
Photo:
Buklovska

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