Albero Lacchin

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Le nostre radici Storia e origini della famiglia Lacchin

La nostra famiglia ha sempre abitato nel sestiere di Cannaregio, in Calle della Malvasia e più precisamente al numero 2784/B. La nostra casa era molto grande aveva 3 camere da letto, una dove dormivano i maschi, una dove dormivano le femmine e una per i nostri genitori, poi c’era una cucina, un bagno e una sala da pranzo enorme che ci permetteva di mangiare sempre tutti assieme. La domenica era sempre festa, mi ricordo quando ero bambino che la mamma preparava la tavola per quattordici persone (6 fratelli, 5 sorelle, i miei genitori e la nonna materna), a volte eravamo molti di più quando venivano anche i cognati, uno in più non faceva la differenza e a tavola un piatto in più c’era sempre. L’usanza della domenica erano gli gnocchi fatti in casa, la mamma li preparava con l’aiuto delle mie sorelle maggiori, ne venivano fatti tantissimi, servivano seisette chili di patate, circa duemila gnocchi. Erano talmente tanti che sopra la tavola non ci stavano e venivano stesi sui letti con delle tovaglie e quando era il momento di cucinarli chiedeva sempre quanti ne volevamo, chi ne voleva 50, chi 60-70-80, qualcuno addirittura ne mangiava 100. La stessa cosa quando dovevano ordinare il pane per il sabato e la domenica, ne venivano prenotati dai 15 ai 18 chili, sia da mangiare a tavola per pranzo e cena, sia per la nostra merenda pomeridiana: ci nascondevamo i panini nelle tasche e scendevamo a giocare nelle calli e nei campi di Venezia. Una cosa che ricordo con piacere è la «poesia» che nonna Angela recitava a tavola durante il pasto: Vino vinello, tu sei il più buono e il più bello, ma qualche volta mi fai perdere il cervello. O barone, o briccone ti metterò in quella prigione e quando hai finito la tua condanna ti manderò giù per quella canna. I nostri genitori ci hanno cresciuto bene, non ci hanno mai fatto mancare niente e soprattutto da mangiare, quello c’era sempre e non mancava mai. Altra cosa che ricordo, molto divertito, della domenica sono i vassoi di paste che i miei cognati portavano. Ci nascondevamo sotto la tavola e mangiavamo le paste di nascosto e, quando era il momento di mangiarle, dopo aver pranzato, mezzo vassoio era sparito, così i nostri genitori si arrabbiavano tantissimo. Allora molte volte il papà per farci stare buoni mangiava con me e mia sorella Bruna in braccio. Eravamo i più piccoli e anche i più viziati. Ero anche il più viziato dalla nonna materna Angela, ero il suo pupillo; quando litigavo con i miei fratelli mi difendeva sempre dicendo loro di lasciarmi stare, perché ero il più piccolo, e loro erano invidiosi anche perché ero l’unico a cui la nonna dava dei soldi la domenica. Quando andavamo a trovare la nonna paterna Elvira, diventata cieca con la vecchiaia, non voleva assolutamente sapere chi era andato a trovarla, voleva capirlo da sola; allora ci toccava il viso per riconoscerci, e alla fine indovinava sempre i nomi di tutti. Anche lei voleva viziare i nipoti, così la domenica regalava a me e ai miei fratelli dei soldini; a qualcuno dava di più, a qualcun’ altro meno in base alle preferenze, e anche in quel caso voleva riconoscere da sola le monetine, non voleva che noi le dicessimo cosa ci stesse dando. Eravamo veramente dei piccoli terremoti, e a quel tempo, non essendoci la televisione, i nostri genitori dovevano trovare il sistema per farci stare buoni, allora ci riunivano tutti assieme attorno alla stufa e ci raccontavano delle storie di spiriti e fantasmi, così tutti ascoltavamo con attenzione, molto impauriti. Una sera, dopo aver ascoltato la storia, siamo andati tutti a dormire ma, entrati in camera, abbiamo visto il letto che si alzava. Io e i miei fratelli ci siamo guardati e siamo saltati tutti sopra il letto. In quel momento abbiamo sentito un urlo talmente forte che tutti sono accorsi per vedere cos’era successo. Purtroppo sotto il letto c’era mia sorella Bruna, la più piccola di tutti. Voleva farci uno scherzo, facendoci pensare che c’era uno spirito che alzava il letto, invece era lei che lo alzava con la schiena, così noi saltandoci sopra le abbiamo rotto una gamba e per l’ennesima volta la mamma dovette correre all’ospedale. Moro era il nome del nostro gatto, un bel gatto tutto nero. Quando eravamo molto piccoli, non lo lasciavamo mai stare, volevamo giocare con lui, ma lui non vedeva l’ora di potersi nascondere in soffitta. Dopo che la mamma gli aveva dato da mangiare, gli veniva aperta la porta di casa e lui scappava a grande velocità. La sera, invece, la mamma lo mandava giù per le scale nel magazzino dove c’erano i remi per la barca, le fiocine per la pesca e il carbone per la stufa, e lo faceva scendere per un motivo ben preciso: la mattina seguente Moro ci presentava sul tappeto tutti i topi che aveva cacciato durante l’intera notte e miagolava per avere la sua ricompensa. La mamma, quindi, lo premiava con un bel pesce e il gatto sembrava proprio pensasse di essere stato bravo.

Santa Lucia di Budoia-Venezia

Da Salvador Comin d.° Lachin ai Lacchin veneziani

VENTUNESIMO INSERTO a cura di Vittorina Carlon, Roberto Lacchin e Roberto Zambon

La famiglia Lacchin al completo, il 2 dicembre 1953. Da sinistra: mamma Giannina, papà Ferruccio, Giulio, Maria, la nonna Angela Biscontin, Laura, Roberto, Giovanni, Luigi, Maria Luigia, Irma, Guerrino, Rino, Bruna.

Il nonno Giulio Lacchin, nel 1918.

Il 7 Giugno 1961 è un’altra data che ricordo molto bene: quel giorno io e i miei fratelli Luigi e Bruna abbiamo ricevuto la Prima Comunione e la Cresima assieme e nella stessa giornata, perché a quel tempo si usava così. Quella mattina ci siamo alzati molto presto, perché la mamma ci doveva preparare per questa cerimonia importantissima. Una volta vestiti, siamo scesi ad aspettare che la mamma finisse di prepararsi, ma, quando lei scese, non ci trovò più ed iniziò a cercarci dappertutto. Eravamo andati con i nostri amici a giocare vicino alla riva, dove c’era una risacca, a lanciare pietre in acqua e contro le bottiglie di vetro; dopo di che ci dirigemmo verso la stazione dei treni. Quando la mamma ci ritrovò tutti sporchi ed intenti ad aiutare i porta bagagli a scaricare le valigie, cominciò a riempirci di parole dicendo che ci stava cercando da ore. Mamma dovette riportarci a casa e ripulirci un’altra volta, così dopo averle prese di santa ragione (e ce le meritavamo!) ci siamo incamminati verso la chiesa di Sant’Alvise a fare ciò per cui eravamo stati preparati. Per ben due volte. Avrei ancora molti ricordi da riesumare, ma ora devo proprio raccontarvi di come sono riuscito a ricostruire, per quello che era possibile, la storia della nostra Famiglia. Circa quattro anni fa, dopo aver guardato un vecchio cd con immagini di Venezia del ’900, stupito per il cambiamento che aveva subito nel tempo – posti mai visti o totalmente cambiati e irriconoscibili – cominciai a pensare ai miei genitori, alla mia famiglia e come anche noi eravamo cambiati, e mi resi conto che mi sarebbe piaciuto riunire le foto della nostra famiglia in un «cd ricordo». I nostri genitori, papà Ferruccio e mamma Giannina, avevano dato vita ad una famiglia numerosa composta da 6 maschi e 5 femmine: (in ordine di età) Irma, Giulio, Maria, Laura, Marialuigia, Guerrino, Rino, Giovanni, Luigi, Roberto e Bruna. La ricerca cominciò con il chiedere ai miei fratelli e sorelle di procurarmi tutte le foto

La nonna Teresa Elvira Peron, nel 1958.

gela (nonni materni). Lei era nata a Budoia in Friuli e si sposò alla Madonna dell’Orto a Venezia con mio nonno Oreste. Guardando tra i libri della parrocchia, scoprivo sempre cose nuove: mio bisnonno paterno, Domenico, era nato a Venezia alla Madonna dell’Orto, ma suo padre Sebastiano era nato in Friuli, si sposò a Dardago e in seguito si trasferì a Venezia per fare il muratore e con lui tutta la sua famiglia: il padre Giobatta, la madre e tre suoi fratelli Francesco, Alvise e Valentino. Si stabilirono tutti alla Madonna dell’Orto, creando un ramo dei Lacchin a Venezia. Tutte le informazioni che ricavavo m’indirizzavano sempre a Dardago e Budoia, quindi le mie ricerche iniziarono da lì. Mi misi in contatto con il parroco della parrocchia di Budoia che mi diede un appuntamento per vedere le copie dei libri presenti in parrocchia inserite in computer, con la promessa che mi avrebbe ricontattato quando sarebbe stato meno impegnato, per farmi vedere altri estratti. Quella volta trovai soltanto la nascita di nonna Angela e nient’altro. Tutte le ricerche che però continuavo a fare a Venezia comunque mi rimandavano sempre nelle zone di Budoia e Dardago; quindi, non avendo ricevuto nessuna telefonata da parte del parroco, ritornai lì una domenica, ma conclusa la messa domenicale il parroco mi disse che non aveva avuto il tempo di verificare e mi diede un nominativo di una persona che faceva ricerche e alberi genealogici. Mi recai dalla signora Vittorina, le spiegai le ricerche fino allora eseguite e le chiesi aiuto per poter accedere ai libri della parrocchia in quanto lei, essendo della rivista l’Artugna (periodico di Dardago, Budoia e Santa Lucia), poteva accedere alla biblioteca e ai libri in essa contenuti senza la presenza del parroco. La signora Vittorina cominciò le ricerche e trovò i miei bisnonni, i loro genitori e i vari figli nati dai vari matrimoni, riuscii inoltre a fotografare i registri di matrimoni avvenuti in altri paesini del Friuli: Aviano, Castel d’Aviano, Pieve di Villotta, Vigonovo, San

Papà e mamma con la neonata Laura, Maria, Giulio e Irma, in Calle Squero dei Muti, il 20 agosto 1940.

Irma tra i nonni materni, Oreste Zabeo e Angela Biscontin, sul Ponte Pasqualigo, nel 1948.

Irma con il piccolo Daniele e il marito Mirco De Gobbis. Il loro matrimonio avvenne il 17 dicembre 1960.

della nostra famiglia da quando eravamo nati ad oggi, poi chiesi anche ai vari cugini, e col tempo riuscii a raccogliere una grandissima quantità di fotografie, ma non solo della nostra famiglia, bensì anche di tutti i matrimoni dei miei fratelli e sorelle, qualche foto dei miei nonni, zii, nipoti e cugini. Dopo averle sistemate in ordine cronologico, provai a comporre il «cd ricordo». Ci volle quasi un anno, ma alla fine ce la feci e con grande soddisfazione lo regalai per Natale a tutti i miei fratelli. Furono tutti molto contenti in quanto il cd conteneva foto mai viste, perché ognuno aveva qualche fotografia ma io le riunii tutte. Essendo riuscito a fare questo, che già è stata un’impresa ardua, pensai di scoprire le origini del nostro cognome e da dove proveniva. Sapevo che sarebbe stata una ricerca molto difficile e, per capire come si cercavano sui registri matrimoni, cresime, comunioni, battesimi e nascite, cominciai proprio da me stesso e da mia moglie Rosetta, continuando con papà Ferruccio e mamma Giannina, poi col nonno Giulio e la nonna Elvira (nonni paterni) e infine col nonno Oreste e la nonna An-

Maria Luigia e Roberto Fontana, il giorno del loro matrimonio, l’8 giugno 1973.

Gli sposi Guerrino e Anita Barbassi con mamma Giannina e Giulio, il giorno del loro matrimonio (9 aprile 1972).

INSERTO DE l’Artugna n. 116 · APRILE 2009

ROBERTO LACCHIN

Un arco d’accesso ad una casa di via Lachin.

Gli sposi Rino e Carmelina Cicco (30.11.1968). Da sinistra: Maria Grazia Antonietta, Pacifico Emilio, Lina, Rino, Giannina, Giulio.

Sopra. La chiave di volta dell’arco di una casa di via Lachin. In alto. La via di Santa Lucia intitolata ai Lachin.

Nonna Giannina con i nipoti, al compleanno di Gabriella, il 12 maggio 1970. Da sinistra: Daniele, Gabriella, Michele, in braccio allo zio Luigi, Stefano, la nonna, Ferruccio, Giancarlo e Riccardo.

Foto a destra. Nozze di Luigi e Fannì Rugoletto, il 29 settembre 1974. Da sinistra, in alto: Maria con il piccolo Massimo, Mirco, Guerrino, Anita, Giovanni, Liliana, Laura, Giulio, Rosa, Giovanni, gli sposi, mamma Giannina, Irma, Roberto. In prima fila: Gabriella, Michele, Ferruccio, Stefano, Giancarlo, Maria Luigia e il figlio Alessandro.

Giovanni di Polcenigo, Polcenigo, Dardago, Budoia e Santa Lucia di Budoia. Ringrazio Vittorina Carlon e il parroco di Budoia, don Adel, per la loro disponibilità e gentilezza, la Curia per avermi offerto la possibilità di guardare e fotografare registri potendo così continuare la mia ricerca. Un grazie anche ai parroci di Venezia, in particolare a don Giovanni, a mio fratello Luigi e mia cognata Fanni che mi hanno seguito nei vari viaggi, e a mio fratello Rino per l’ospitalità riservataci durante i soggiorni a Maniago. Un grazie anche a mia figlia Elisa per avermi aiutato, con molta pazienza, nella stesura di questo testo. Questa non è la fine della mia ricerca. Andrà avanti, sto cercando ancora, ho girato quasi dappertutto ma non ho ancora intenzione di fermarmi, ho visto mezzo Friuli e posti bellissimi che non conoscevo; non so dove le mie ricerche mi possano portare ma, per capire veramente qual è la nostra origine, sono disposto a girare anche tutta l’Italia. Qualcos’altro troverò, per ora ringrazio tutti, anche tutti coloro i quali non sono espressamente citati.

liano antico lacca «anca, coscia» (Dario Soranzo, in «La nuova Venezia» 25 novembre 1996). Potrebbe, invece, aver radici nel patronimico Chinus – Chinus de Dardaco, Chinus q. Federici – presente nel 1408/1415 nei nostri paesi (4). Salvador COMIN d.° LACHIN (n. 1545 ca.), ebbe 4 figli maschi: PIETRO, nato nel 1574 e morto il 31/1/1658, capostipite del ramo in considerazione; DOMENEGO (n. 1580 ca.); BEDIN (n. 1576 ca.); POL (n. 1578 ca.). I soprannomi dei LACHIN, nella seconda metà del XVIII secolo, sono: QUAIN, da un cognome budoiese, presente dal 1777 al 1857, a cui appartenevano 16 persone; TOMÈ, dal patronimico Tommaso, con 12 persone registrate dal 1779 al 1873; BOF, probabilmente dall’agionimo San Bove (5), con 33 persone, dal 1795 al 1866;

9 settembre 1962. Matrimonio di Maria con Isidoro Pelliccioli. Da sinistra: Giulio, Guerrino, Laura, zia Caterina, Irma, Daniele, Mirco, Giovanni, Maria, Isidoro, Rino, Oreste, Roberto, Bruna, Luigi e mamma Giannina.

Il giorno del matrimonio di Giulio con Mariarosa Grandi, il 18 maggio 1972 Gli sposi sono attorniati da tutti i fratelli. Da sinistra: Maria Luigia, Mariarosa, Giulio, Roberto, Irma, mamma Giannina, Maria, Giovanni, Bruna, Laura, Luigi, Guerrino, Rino.

Matrimonio di Laura con Giovanni Barbato, il 28 marzo 1965. Da sinistra: Daniele, Rino, Laura e Giovanni.

I Lachin di Santa Lucia Dal 1760 al 1899, le persone con il cognome LACCHIN, presenti in Santa Lucia di Budoia, sono così numerose – ben seicentosettanta, di cui 157 nei quattro decenni del ’700 e il rimanente, 513, nel secolo successivo – da determinare, già nei primissimi anni dell’Ottocento, l’intitolazione di una via nel versante meridionale del paese: Strada Comunale detta Lachin. Fu proprio tale sviluppo demografico una delle cause dell’emigrazione degli abitanti di Santa Lucia verso Venezia, come nel caso dei Lachin di quest’albero genealogico, stabilitisi nella città lagunare all’inizio del secolo XIX, che hanno richiesto il nostro aiuto per risalire alle loro origini. Il cognome LACHIN non appare nei registri anagrafici dell’archivio storico della Pieve di Dardago, negli anni ’50 -’60 del secolo XVII (1), mentre è attestato in un documento del 1626 appartenente sempre al medesimo archivio (2). Lachin è presente, invece, come soprannome di un ramo del casato dei COMIN, scomparso in-

14 maggio 1973, il giorno del matrimonio di Giovanni con Liliana Canciani. Nella foto gli sposi con la mamma Giannina, Bianca e Fulvio. Mamma Giannina e papà Ferruccio, il giorno del loro matrimonio, il 20 marzo 1934.

7 giugno 1961. Luigi, Laura e Roberto sul Ponte di San Felice, dopo aver ricevuto la Prima Comunione e la Santa Cresima, nella Chiesa di Sant’Alvise.

torno al 1670, lasciando spazio definitivamente al soprannome. Tale documentazione archivistica ci permette di ricostruire l’evoluzione del significante del cognome nei cinque secoli di presenza nel territorio. Negli ultimi tre decenni del secolo XVII, prevalgono le varianti cognominali «dell’ACHINO, ACHINI (1670), dell’ACHIN, della CHIN, della CHINO(1671)». Dagli ultimi decenni del ’600 si stabilizza la versione priva di raddoppiamento della consonante C, nei secoli alternata alla variante con raddoppiamento; quest’ultima forma per molti acquisita in terra veneziana. Nel caso del ramo in questione, si attesta la versione con raddoppiamento a Venezia dal 1841, il 3 aprile, con la registrazione dell’atto di battesimo di Domenico Giuseppe Salvatore; da allora i discendenti furono registrati LACCHIN (3). Secondo Enos Costantini, nel «Dizionario dei cognomi friulani», il cognome «sembra una derivazione dal veneto lache, «cosce, gambe» da cui il noto «tirar le lache», variante veneta del notissimo «tirar le cuoia». Le lache derivano dal latino lacca, «rigonfiamento a forma di vescica nelle gambe dei giumenti», passato poi ad indicare le predette parti anatomiche umane, come nell’ita-

POLAT, dal patronimico Pol, 5 persone dal 1808 al 1873; PELLENTE, 5 persone a cavallo tra la seconda e la terza decina del XIX secolo; PELLIUTE, forse persona fragile, non resistente oppure si potrebbe ricercare nella parola «pelliccia», presente dal 1847 al 1867 con 14 persone; POLET, forma diminutiva del patronimico Pol, Paolo, in versione veneta, una sola persona, nel 1867. I LACHIN/LACCHIN popolano ancora il territorio, numerosi in Santa Lucia di Budoia, una famiglia in Dardago e alcune nel capoluogo. Un personaggio di spicco fu GIOBATTA LACHIN, notaio, che operò dal 1750 al 1770. Nel 1753 stilò un atto che lo riguardava direttamente: insieme con il fratello Antonio costituì una «responsion livelaria» di 186 lire con la «Scola del Venerabile di Santa Lucia». La garanzia offerta dai Lachin consisteva in un loro appezzamento di terra arativa con piante d’olivo in località «la Crosera», sul retro delle case in cui abitavano i due fratelli, nella parte iniziale di via Lachin per chi giunge da San Giovanni di Polcenigo (6). Giobatta fu impegnato, inoltre, come «procurator» nella costruzione del campanile della chiesa di Santa Lucia (7). VITTORINA CARLON

NOTE

Il 6 gennaio 2009, con la Befana è giunta anche Niki, figlia di Elisa Lacchin e Raffaele Olivucci, e nipote di Roberto e Rosetta.

La famiglia di Roberto e di Rosetta con i figli Elisa ed Alessio, il 7 luglio 2008. Foto a sinistra. I fratelli Roberto e Bruna il giorno del loro matrimonio, il 5 giugno 1977, con i rispettivi consorti Rosetta Gregorin e Luigino Gaspari, nell’isola di San Giorgio.

1. Ci sono le seguenti attestazioni. Dal Registro dei Battesimi (n° 1). Nel 1658, il 7 aprile è battezzato «Fran.co di Pol q. Jseppo de COMIN d.o LACHIN e di Maria q. Antonio del Cont di Giais», mentre nell’atto della sua morte, il 29 marzo 1672, (Registro dei Morti n° 1) è registrato con il cognome «DELLA CHIN». Pure le sorelle – Anzola, Jacoma, Menega, Pasqua, – riportano nell’atto di battesimo il soprannome Lachin. Altri 15 battezzati e 6 defunti conservano lo stesso cognome, mentre uno (Matthia, 1657) porta il cognome de LUCCHINO. Così anche i figli di Nicolò di Antonio e di Appolonia Celant, di Jseppo e di Osvalda de Fort, e di Giacomo e di Rosa Busetto sono presenti con il cognome COMIN d.o LACHIN. Dal Registro dei Matrimoni (n° 1). Due persone – Domenego de Antonio e Iseppo de Mattheo – conservano il cognome COMIN d.o LACHIN, mentre Gio:maria di Antonio e Valentin de Pol mantengono la nuova registrazione LACHIN. (APSMMD) 2. Il 4/6/1626. Piero LACCHIN di Santa Lucia, insieme con Nicolò COMIN di San Giovanni, sono citati dal conte Guglielmo di Polcenigo per danni provocati in montagna (APSMMD).

3. I quattro figli di Sebastiano e Angela Scussat (Giovanna Maria, Santa, Elisabetta Maria, Maria) sono registrati con il cognome privo di raddoppiamento sia a Venezia che a Dardago; gli altri figli (Domenico Giuseppe Salvatore, Antonio, Antonia, Francesco e Martino) acquisiscono la versione attuale del cognome. 4. CARLO ZOLDAN, La pieve di Dardago tra XIII e XVI secolo. Le pergamene dell’archivio, l’Artugna Editore, 2008. 5. Esiste la località Col dei Bof in Val di Seren, nel Feltrino. Il nome del luogo e il cognome di chi vi risiedeva sono riconducibili a San Bove, cavaliere combattente divenuto contadino e protettore degli animali, in particolare dei bovini. 6. ALESSANDRO FADELLI, Frammenti storici budoiesi (1752-53), in l’Artugna Anno XXI – Agosto 1992, n. 66. 7. FABRIZIO FUCILE (a cura), Nota storica della Veneranda Chiesa di Santa Lucia, Parrocchia di Santa Lucia, 1988.


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