l'Artugna 126 - Agosto 2012

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Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

Anno XLI · Agosto 2012 · Numero 126 Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia


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l’editoriale di Roberto Zambon

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Alla Giornata delle Associazioni e del Volontariato, organizzata dal Comune a Malga Ciamp, hanno partecipato i rappresentanti delle numerose associazioni operanti a Budoia, che nonostante la pioggia e il freddo, non hanno voluto mancare a questo importante appuntamento, caratterizzato quest’anno dalla presenza del Vescovo, mons. Giuseppe Pellegrini, e del parroco, don Maurizio Busetti, per

l’importanza del volontariato in tempo di crisi la benedizione della Malga recentemente ricostruita e ampliata. Nei discorsi di presentazione è stato messo in risalto che nel 2012 alcune associazioni festeggiano importanti compleanni. Il nostro periodico è giunto al 40° anno di pubblicazioni, la Pro Loco ricorda i 50 anni di attività, i Donatori di Sangue di Dardago hanno celebrato il 45° della Fondazione, il Collis Chorus di Santa Lucia canta da 25 anni, tanto per citarne alcune. Segno che, nei nostri paesi, l’associazionismo e il volontariato hanno una lunga e importante tradizione. Le prime forme conosciute di associazionismo nel nostro Comune risalgono ai primi anni del ’900 ed ebbero un vero e proprio boom nel primo decennio dopo la Grande Guerra. In tempo di crisi, infatti, ogni società scopre il senso del mettersi insieme, di cooperare e di unire le forze per superare i momenti difficili. Ora sono giunti altri momenti difficili. Non li paragonerei, come qualcuno ha fatto, al periodo del dopoguerra, ma non c’è dubbio che siamo in piena crisi economica e di valori (quelli veri). Naturalmente i primi a pagarne le conseguenze sono coloro che restano senza lavoro (dipendenti e imprenditori),

[ continua a pagina 38 ]

I n questi giorni festeggiamo la Madonna Assunta in cielo, un motivo di grande gioia e solennità per tutta la Chiesa, oltre che per l’antica pieve a lei dedicata. In Maria Assunta, la Chiesa vede anticipato, nella più grande e bella delle creature, il suo destino futuro. L’uomo redento viene glorificato, nella realtà pasquale, non solo nell’anima, ma anche nel corpo. Non c’è nel cristianesimo la visione di una realtà solo spirituale per l’uomo, né è ammessa l’attesa di una reincarnazione, ma la fede nel Cristo porta alla verità della risurrezione. Anche il corpo, la realtà materiale dell’uomo, è stato creato da Dio come cosa buona ed anch’esso parteciperà della nuova creazione nel mondo rinnovato dalla redenzione del Cristo. E questo si è già avverato nella Beata Vergine Maria, grazie alla redenzione avvenuta in Lei con la sua Immacolata Concezione. Ma se questo riguarda il destino futuro dell’umanità redenta e riconciliata col Padre, Maria, per noi credenti, qui sulla terra, è anche la porta della fede. Da sempre la Chiesa ha visto nella Beata Vergine l’immagine e il modello del credente: «Beata, tu hai creduto», recita un canto religioso in suo onore. Hai creduto quando, giovane ragazza, hai dato la tua piena disponibilità al progetto di Dio che ti chiamava ad essere la Madre del Suo Figlio. Hai creduto quando hai dovuto proteggere tuo figlio dall’ira di Erode. Hai creduto negli anni passati accanto a Gesù che cresceva e mostrava segni che tu non eri in grado di comprendere pienamente. Hai continuato a credere nei momenti del buio e del dolore: sul Golgota accanto alla croce di colui che più avevi amato nella tua vita e davanti alla sua tomba muta. Hai atteso con trepidazione e con fede di rivederlo risorto. Sei diventata la maestra di fede degli Apostoli in quei cinquanta giorni, nell’attesa dello Spirito Santo. Questo modello ci propone papa Benedetto XVI nell’indire, con la lettera apostolica «Porta fidei», un anno della fede che inizierà il 12 Ottobre di quest’anno e si concluderà il 24 Novembre dell’anno prossimo. A cinquant’anni dall’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II (12 Ottobre 1962) e a vent’anni dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica (12 Ottobre 1992), il Papa desidera, nelle mutate condizioni dei tempi, che tutti i cristiani si interroghino e riflettano sulla portata della propria fede. Richiede che ci convertiamo se abbiamo trascurato o abbandonato le strade che ci portavano a crede-


la lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti

la Madonna « Porta della fede » e stella della Nuova Evangelizzazione re. Il Papa ci spiega in cosa consiste il credere: «Vorrei delineare un percorso che aiuti a comprendere in modo più profondo non solo i contenuti della fede, ma insieme a questi anche l’atto con cui decidiamo di affidarci totalmente a Dio, in piena libertà. Esiste, infatti, un’unità profonda tra l’atto con cui si crede e i contenuti a cui diamo il nostro assenso. L’apostolo Paolo permette di entrare all’interno di questa realtà quando scrive: «Con il cuore si crede e con la bocca si fa la professione di fede» (Rm. 10,10). Professare con la bocca indica che la fede implica una testimonianza ed un impegno pubblici. Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato. La fede è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui. E questo «stare con Lui» introduce alla comprensione delle ragioni per cui si crede. La fede proprio perché è atto della libertà esige anche la responsabilità sociale di ciò che si crede. La Chiesa, nel giorno di Pentecoste mostra con tutta evidenza questa dimensione pubblica del credere e dell’annunciare senza timore la propria fede ad ogni persona. È il dono dello Spirito Santo che abilita alla missione e fortifica la nostra testimonianza, rendendola franca e coraggiosa». (PF,10). A questo proposito il Papa richiama il dovere per tutti i cristiani che vogliono vivere questa nuova stagione della loro fede di prendere in mano i testi del Concilio che restano la pietra miliare della nostra formazione ad una fede più consapevole e il Catechismo della Chiesa Cattolica, uno dei frutti più importanti del Concilio Vaticano II e che attinge la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito ed offerto nei suoi duemila anni di storia. Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai Maestri di Teologia ai Santi che

hanno attraversato i secoli, il Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai credenti nella loro vita di fede. Nella sua stessa struttura, il Catechismo della Chiesa Cattolica presenta lo sviluppo della fede fino a toccare i grandi temi della vita quotidiana. È chiaro che non posso presentare in questo articolo tutta la ricchezza della lettera apostolica Porta Fidei e che possiamo, comunque, trovare in qualsiasi libreria cattolica o scaricare direttamente da Internet, ma mi preme richiamare ancora due insegnamenti di questa lettera che mi sembrano fondamentali per la nostra vita di fede. Il primo è che la fede non può prescindere dalla carità. Il Papa riconosce che la fede è guida alla carità perché fa riconoscere nel povero il volto di Cristo e come dice l’apostolo Giacomo la fede senza le opere è morta in se stessa. Anche i demoni credono ma non amano. Come pure non è possibile far del bene al prossimo a lungo senza la fede perché prima o poi ci si stanca e sorgono molti dubbi su ciò che si sta facendo in favore del prossimo o sulle reali necessità di chi ci interpella. Il secondo insegnamento è che la Chiesa è sempre bisognosa di rinnovamento e di conversione. Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza della vita offerta dai credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore ci ha lasciato. Proprio il Concilio nella costituzione dogmatica Lumen Gentium affermava: «Mentre Cristo santo, innocente e senza macchia, non conobbe il peccato e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo, la Chiesa, che comprende nel 3

suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre più bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento". La Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio. Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino che alla fine dei tempi, esso sarà manifestato nella pienezza della luce. A questo scopo in ottobre verrà celebrato a Roma il Sinodo di tutti i Vescovi del mondo sulla «Nuova Evangelizzazione» per portare di nuovo la freschezza del Vangelo ad un mondo stanco e dimentico che si arrabatta nelle sue difficoltà ed attende una Parola che lo aiuti di nuovo ad incamminarsi sui sentieri della speranza. Anche le nostre piccole comunità, ormai così cambiate, hanno bisogno di riprendere in mano il discorso sulla propria fede, su come vivono la realtà di Chiesa, se la fede nel Cristo morto e risorto ha ancora qualcosa di valido da dire alla loro vita. È finita la società tradizionale che sosteneva in passato il nostro credere, ci troviamo di fronte a un mondo nuovo in parte sconosciuto. Gesù ci invia ancora una volta, ciascuno di noi cristiani di questo tempo: «Va e anche tu annuncia il Regno di Dio». Non saremo soli in questo nuovo cammino: la parrocchia, l’unità pastorale, la forania, la diocesi ci sosterranno in questo nuovo anno di riscoperta della fede. La Vergine Maria Assunta in cielo sarà nostra guida, maestra e patrona.


[ la ruota della vita]

NASCITE Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di... Anna Brotto di Manuel e Lucia Vuerich – Budoia Andrea Carlon di Loris e Annarita Dioguardi – Budoia Emma Carbonera di Stefano e Cristiana Vuerich – Budoia Matteo Masis Scandolo di David e Carinne – Toronto – Canada Giulia Toffoletto di Loris e Lisa Zambon Pala – Casale sul Sile (Tv) Gabriele Savio di Sandro e Leonia Sgnaolin – Venezia Francesco Burigana di Marco e Teresa Zambon – Budoia

M AT R I M O N I Felicitazioni a... Massimo Cipolat Mis ed Elena Gava – Dardago Massimo Fucile e Flavia Zambon – Santa Lucia Simone Fort e Gloria Mauro – Santa Lucia Davide Fregona e Laura Zambon – Dardago Nozze d’argento Antonio Busetti e Viviane Toffoli – Santa Lucia Nozze d’oro

55° di matrimonio

Raffaele Zambon e Fernanda Zambon – Dardago Guido Cecchelin e Marisa Babuder – Dardago Sergio Bragagnolo e Ramira Besa – Budoia

Fortunato Rui e Rina Mies – Budoia

L A U R E E , D I P LO M I Complimenti! Licenza Scuola Primaria Sonia Alfieri, David Andreazza, Laura Baracchini, Eros Benedini, Daniela Bocus, Gabriele Cavallari, Noemi Chiandotto, Maria Dorigo, Giada Giuri, Yix yin Guan, Alessia Pauletti, Alessia Pellegrini, Daniel Schiavetta, Alessandro Zaccaria, Greta Zanolin, Bianca Zimmer, Angelica Zuliani. Licenza Media Inferiore Elisabetta Castelet, Ivan Cozzocar, Fatima, Omar Kahol, Chiara Maccioccu. Licenza Media Superiore Rita Marson – Maestra di Merletto – Dardago Andrea Zanus Perelda – Liceo Scientifico Chiara Baracchini – ITIS Francesca Bocus – Liceo Classico Alice Braido – Liceo Scientifico Alessandra Carlon – Liceo socio-psico-pedagogico Riccardo Cozzi – Liceo Scientifico Raffaele Fossa – ITC Andrea Morson – Liceo Scientifico Alberto Rigo – Liceo Scientifico Martina Zanchetta – Liceo Scientifico Valentina Zanchetta – Liceo socio-psico-pedagogico Jasmine Wiley – Liceo Classico Laurea

IMPORTANTE Per ragioni legate alla normativa sulla privacy, non è più possibile avere dagli uffici comunali i dati relativi al movimento demografico del comune (nati, morti, matrimoni). Pertanto, i nominativi che appaiono su questa rubrica sono solo quelli che ci sono stati comunicati dagli interessati o da loro parenti, oppure di cui siamo venuti a conoscenza pubblicamente. Naturalmente l’elenco sarà incompleto. Ci scusiamo con i lettori. Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.

Michela Busetti – Architettura per la Conservazione – Santa Lucia Giorgio Zambon – Letteratura Contemporanea e Filologia – Dardago Riccardo Zambon Momoleti – Conservazione dei Beni Culturali – Dardago

DEFUNTI Riposano nella pace di Cristo. Condoglianze ai famigliari di… Enrico Alciro Roncali di anni 91 – Cordenons Lucia Vicenzi di anni 88 – Santa Lucia Michela Stancescu di anni 51 – Santa Lucia Renata Busetti di anni 72 – Dardago Sergio Zambon di anni 79 – Dardago Brigida Janna Simòn di anni 91 – Dardago Domenico Burigana di anni 82 – Budoia Angelina Rigo di anni 92 – Dardago Ester Cadamuro Fort di anni 78 – Dardago Lea Zammattio Fort di anni 92 – Santa Lucia Arcangelo Luigi Bottari di anni 80 – Dardago Gianpietro Varnier Menao di anni 74 – Budoia

Luigi Parmesan di anni 86 – Udine Giovanni Zambon Scroc di anni 68 – Dardago Gino Comin di anni 72 – Santa Lucia Anacleto Soldà di anni 90 – Santa Lucia Gianni Ariet di anni 78 – Budoia Elsa Lachin Fort di anni 90 – Santa Lucia Elda Bocus Boldrin di anni 84 – Puos d’Alpago Giuseppe Zambon di anni 61 – Trieste Luigi Zambon di anni 90 – Londra Marco Ianna Bocùs di anni 75 – Dardago Roberto Boccalon di anni 73 – Pordenone Maria Gottardo di anni 84 – Milano


L anno X

agosto 20 12

126

Periodico della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia

In copertina.

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Editoriale di Roberto Zambon

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La lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti

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La ruota della vita

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La Dardaghese, Associazione Mutua Assicurazione contro i danni degli incendi di Roberto Zambon

Una sera d’agosto in piazza a Dardago. La piazza di Dardago è come la piazza di ogni villaggio con l’estate, la sera, la festa, le luci, le persone. L’aria che la circonda sembra permearsi di una felice leggerezza, del sapore pascoliano di «qualcosa di nuovo… anzi d’antico». C’è come un ritrovato senso che sembrava essersi dissolto nella modernità di ‘quel benessere’ che spesso si è rivelato come perdita o precarietà di veri valori. Qualcosa riaffiora, resiste e si rinnova, acquista vitalità quasi fosse l’essenzialità del respiro e l’unica via per una stabilità intaccabile. Ecco, sì, è il senso di aggregazione, di volontariato, di condivisione, di solidarietà, di appartenenza, di identità e di spiritualità che rivitalizza le comunità. È questo il vero senso di ‘fare piazza’, riprendersi cioè quell’antico valore espresso in quei luoghi, luoghi di scambio di umori, di idee, di confronti a volte anche acerbi, ma di continuità tra passato e presente. ‘Apriamoci’ quindi a queste nostre belle piazze che ogni giorno sembrano volerci chiamare per nome e indicarci la giusta direzione.

sommario

Vittorio Janna Tavàn

Direzione, Redazione, Amministrazione tel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594

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W i pompieri di Dardago... di Adriano Pallone

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Saluti da Budoja di Sante Ugo Janna Tavàn

Internet www.artugna.blogspot.com

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Le sorgenti pietrificanti di Roberto Pavan

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’N te la vetrina

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Lasciano un grande vuoto...

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Grazie, bambini! di Francesca Begotti

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Cronaca

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Il ricordo di don Romano nei 40 anni de l’Artugna di Roberto Zambon

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Inno alla vita

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I ne à scrit, Bilancio

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Punture di spillo a cura di Sante Ugo Janna Tavàn e Giancarlo Angelin

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Programma del Dardagosto

e-mail direzione.artugna@gmail.com Direttore responsabile Roberto Zambon · tel. 0434.654616 Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna

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Contributi fotografici Archivio de l’Artugna, Monica Buso, Vittorina Carlon, Vittorio Janna

Non tutte le strade portano a Roma di Fabrizio Fucile

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La Ciasa de Moro in... Kenya di Edda e Enzo Vai

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Arriva la Sgancio Rapido! di Jacopo Campana

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A.F.D.S. Dardago 45a festa del Donatore

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La nona de la nuitha di Anna Pinàl

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Recensioni Illazioni su tre metope di Polcenigo Miserere e bandiera rossa

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La partita come metafora di vita Passano gli anni... di Ugo Zambon Pala

Spedizione Francesca Fort Ed inoltre hanno collaborato Alessandra Carlon, Antonella Del Puppo, Francesca Janna, Giuseppe Janna Tavàn, Espedito Zambon, Ugo Zambon Stampa Arti Grafiche Risma · Roveredo in Piano/Pn

Autorizzazione del Tribunale di Pordenone n. 89 del 13 aprile 1973 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.

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La Dardaghese Associazione Mutua Assicurazione contro i danni degli incendi di Roberto Zambon

I

primi anni del secolo scorso furono veramente duri per i nostri paesi. L’atavica povertà si aggravò ulteriormente con il conflitto mondiale e, specialmente, con l’occupazione delle truppe austro-germaniche. Le periodiche epidemie rendevano la vita ancora più difficile. In questo scenario cresceva la consapevolezza che la cooperazione poteva essere uno dei mezzi per combattere la miseria. Fu così che a Budoia venne costituita, nel 1919, la Cooperativa di consumo e, tre anni più tardi, a Dardago sorse la Società Cooperativa di consumo «La Fratellanza».

Nel 1924, il 31 agosto, a Dardago nasce, per volontà di un nutrito numero di persone, la «Società Anonima Cooperativa Concordia e Progresso», istituzione finalizzata a scopi sociali e culturali, e nel 1927, sia Budoia che Dardago ebbero la propria Latteria Sociale Turnaria; poco dopo anche a Santa Lucia fu inaugurata la locale latteria. Ma il primo esempio di Associazione mutualistica si ebbe a Dardago con la costituzione de «La Dardaghese – Associazione Mutua Assicurazione contro i danni degli incendi». Fino ad oggi, non è stato possibile individuare con esattezza la 6

data di costituzione di questa associazione: di sicuro essa era già attiva allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Infatti, analizzando una polizza del 1926, si scopre che il documento riprende una precedente polizza decennale avente decorrenza dal 1 gennaio 1914 con scadenza 31 dicembre 1923. L’incendio era, senza dubbio, un grosso pericolo per il nostri paesi. Le abitazioni erano costruite con sassi e legname, molto spesso addossate a stalle, fienili e legnaie. Nel foghèr, il fuoco veniva acceso quotidianamente per cucinare e, d’inverno, anche per ri-


scaldare; l’illuminazione era fornita dalle candele e dalle lampade a petrolio. Il rischio dell’incendio era, quindi, molto elevato e poteva essere causa di distruzione e di lutti. L’intero patrimonio di una famiglia era in pericolo e un’assicurazione poteva offrire un’ancora di salvataggio. L’intestataria della «nostra» polizza, che porta il numero 45, era Janna Pierina ved. Fu Gio:Maria (Tavàn) la quale faceva «mediante stipulazione della presente polizza sottoscritta…atto di adesione allo Statuto Sociale … contraendo la seguente assicurazione. L’associazione... in base alle dichiarazioni e circostanze descrittive delle cose assegnate in polizza dall’assicurato, ne consente l’assicurazione contro i danni d’incendio per le somme come da esso infradescritte e qui retro descritte». Oggetto dell’assicurazione era una casa colonica ad uso d’abitazione a tre piani situata a Dardago in via Castello, 136.1 La casa era assicurata per 3.000 2 Lire. Il premio (o tariffa di assicurazione) era di L. 1,30 ogni L. 1000 assicurate. Pertanto, come riportato testualmente:

1. di assicurare contro gli incendi beni stabili e mobili esistenti nel territorio di Dardago; 2. di assicurare reciprocamente la sorveglianza tra i soci per evitare le cause dell’incendio, di promuovere solleciti soccorsi, per limitare i danni e di sovvenire prontamente i sinistrati; 3. di estendere il beneficio dell’associazione specialmente alle piccole proprietà.

Va sottolineato il secondo punto. L’Associazione non era una semplice assicurazione ma si proponeva, tramite la collaborazione dei soci, di evitare le cause degli incendi! Tale concetto è ribadito nel successivo art.12 che così recita: Ogni socio, seriamente sospetto di incendio doloso o negligente nel salvare beni propri o di altri soci dall’incendio può essere escluso dall’Associazione.

Sanzione necessaria se si con-

sidera che il fondo per il risarcimento dei danni era formato principalmente dai premi pagati annualmente dai soci. Inoltre, come prescritto dall’ art. 8, il socio… dovrà concorrere, nel caso d’insufficienza del fondo sociale, al risarcimento del danno sofferto da altri associati con la percentuale in ragione del capitale assicurato che il consiglio determinerà.

Infatti, facendo parte di una «mutua assicurazione», gli assicurati trasferivano i rispettivi rischi individuali sulla collettività e si obbligavano a contribuire per la sopportazione collettiva dei rischi. Molto interessante è la Parte Seconda dello Statuto che tratta delle Assicurazioni e risarcimento dei danni. Vale la pena riportare integralmente il testo di alcuni articoli che

il totale della quota di assicurazione da pagarsi annualmente è L. 3,90 – Lire Tre e 90/100 pagabili entro il mese di gennaio di ogni anno. Scaduto tale termine l’Associazione non sarà tenuta a risarcire i danni causati da incendio.

Per pagare non erano previsti bonifici bancari, assegni, né, ovviamente, bancomat o carte di credito. Per il pagamento delle quote l’Amministrazione non ammette e non riconosce altra forma di quietanza all’infuori di quelle staccate dai registri a matrice, munite del timbro della Società e firmate dal Presidente ed esattore.

Il fascicolo che contiene la polizza riporta il testo dello Statuto Sociale. Nella Parte Prima, merita attenzione l’articolo 2 poiché elenca gli scopi dell’Associazione, cioè:

Particolari delle pagine interne della polizza assicurativa intestata a Janna Pierina Tavàn.

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ci danno la possibilità capire il funzionamento di questa associazione nella Dardago contadina degli inizi del ‘900. Art. 24 – L’assicurazione assicura le cose distinte in queste cinque categorie: 1. case civili isolate da stalle e fienili; 2. case coloniche isolate o divise con muro maestro da stalle e fienili; 3. mobili, generi di negozio oggetti di vestiario, bestiame, attrezzi rurali e derrate; 4. stalle, fienili, legnaie, cantine 5. stramaglie e foraggi; Art. 25 – L’assicurazione non accetta assicurazioni oltrepassanti il valore di L. 20.0003 in beni immobili e di L. 10.000 in beni mobili, ed in genere le materie infiammabili, gli oggetti e le opere d’arte, l’oro, l’argento, le gioie, i mobili, le sete, i bachi da seta, i valori monetati, i titoli di rendita e le azioni industriali. Art. 26 – L’associazione non risarcisce i danni provocati da guerre, invasioni, tumulti popolari, terremoti .. come pure non risarcisce i danni prodotti da fulmini…4 Art. 34 – La tassa annuale è così stabilita per le cinque categorie: 5 1. L. 0,80 per mille lire di capitale assicurato; 2. L. 1,00 per mille lire di capitale assicurato; 3. L. 1,20 per mille lire di capitale assicurato; 4. L. 1,30 per mille lire di capitale assicurato; 5. L. 1,50 per mille lire di capitale assicurato.

Gli articoli successivi illustrano le modalità di accertamento e di risarcimento dei danni. L’assicurato, entro 24 ore dall’incendio, doveva dichiararne la causa, la durata e i danni sofferti. La stima dei danni veniva effettuata da due periti, uno scelto dal danneggiato e uno dal Consiglio, il quale stabiliva la cifra spettante al socio danneggiato. Il socio, se non era d’accordo, poteva appellarsi all’assemblea generale. Interessante anche il seguente: Art. 41 – Decade dal diritto di risarcimento dei danni e viene radiato dai soci, con la perdita degli utili sociali, l’assicurato che abbia dolosamente appiccato e facilitato l’incendio ed abbia in tutto o in parte denunciata una perdita non avvenuta; e dovrà restituire l’indennità se l’inganno venisse scoperto dopo la riscossione dell’indennità.

Questo importante documento ci permette si scoprire un aspetto poco conosciuto della recente storia dardaghese. Auguriamoci di poter trovare altri documenti, anche con l’aiuto dei lettori, per conoscere meglio questa benemerita Associazione. *** Ringrazio l’amico Espedito Zambon per avermi messo a disposizione la Polizza, oggetto della ricerca.

NOTE 1. La numerazione era, evidentemente, diversa da quella attuale. Ora, la numerazione di via Castello parte dalla piazza e le case più lontane hanno un numero che supera di poco il 50. Le case dei Tavàns, si trovano sulla destra, scendendo dalla piazza, nel cortile attualmente contraddistinto dal civico n. 8. 2. È difficile avere un’idea del valore assicurato. Considerando che le tabelle statistiche indicano in 1400 ca. il coefficiente di rivalutazione dal 1926 al 2012, le 3000 lire del 1926 corrispondono a L. 4.200.000 attuali e cioè a 2.170 euro.

3. Per i coefficienti di rivalutazione monetaria, vedi la nota precedente. 4. Evidentemente, per limitare i danni risarcibili, si coprivano solo gli incendi provocati dal fuoco domestico. 5. La casa colonica di Janna Pierina era stata assicurata con la tassa di 1,30 ogni mille lire di capitale (categoria 4). Era pertanto una casa colonica non isolata e non divisa con un muro maestro da stalle e fienili.

Curiosità anagrafiche L’intestataria della polizza Janna Pierina ved. GioMaria Tavàn era Pierina Carlon (il cognome Janna era quello da sposata), nata a Budoia il 29.6.1844 da Valentino e da Del Maschio Teresa. La casa natale era nella parte bassa di via Lunga, a sinistra, all’incrocio con via dei Colli. Aveva un fratello e due sorelle: una sposata con un Puppin Loss e l’altra con un Del Maschio Danelin Fantin. Pierina si sposò con Gio:Maria Janna Tavàn ed ebbero due figlie, Luigia (7.5.1872) e Santa (6.11.1876). Il contratto del 1914 fu intestato a Janna GioMaria Tavàn il quale morì il 2 aprile 1920 a 83 anni. Nel 1926, quando Pierina stipulò il nuovo contratto aveva la bella età di 82 anni. Gli ultimi anni della vita li trascorse con la figlia Santa, in via San Tomè. Morì il 4 gennaio 1934 a quasi 90 anni. *** GioMaria e Pierina erano i miei bisnonni. Infatti la loro figlia Santa Tavàn sposò Valentino Zambon Tarabin e il terzogenito di questi, Giacomo, era mio padre. A CURA DI ESPEDITO ZAMBON

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W i pompieri di Dardago... di Adriano Pallone*

La pompa antincendio manuale in uso, ai «pompieri volontari» di Dardago, nei primi decenni del secolo scorso. Attualmente è esposta nell’atrio della Ciasa de ’l Comùn.

Nel tempo al quale mi riferisco l’organizzazione della sicurezza nei borghi, nei paesi e nelle città costituiva una esigenza vitale per la sopravvivenza della popolazione, non potendo essa contare, come oggi avviene, su una organizzazione centralizzata della sicurezza che potesse raggiungere con uomini e mezzi ed in tempi tecnicamente accettabili tutti i punti del territorio. Così ognuno di questi nuclei si dotava di persone esperte in campi particolari ed aveva la propria ostetrica, il medico del paese, ma anche una polizia locale ed un servizio antincendi che faceva riferimento non solo ad una organizzazione istituzionale ma soprattutto alla popolazione valida, in grado di dare il proprio contributo alla salvezza delle persone e dei beni. Nel campo antincendio anche la popolazione di Dardago, almeno stando a quanto mi è dato sapere in merito alla storia che stiamo per raccontare, non

è mancato a questa regola. Ma veniamo ai fatti. Ho conosciuto la terra del Friuli in occasione del terremoto del 6 maggio 1976 quando, giovane funzionario del Comando dei Vigili del Fuoco di Venezia, ho partecipato alle operazioni di soccorso operando nei comuni di Trasaghis, Peonis, Bordano, Interneppo in un primo momento e, successivamente, a Gemona. In occasione di qualche rara «fuga» in momenti di tranquillità e per ritemprare le forze, (si lavorava tutto il giorno e si dormiva all’aperto per motivi di maggior sicurezza) frequentavo la casa del Sindaco di Budoia Alessandro Gislon per incontrare sua figlia Stefania, che sarebbe qualche anno più tardi diventata mia moglie. Molti anni dopo, visitando la casa di un abitante di Dardago, ho notato, in uno stato di completo abbandono ed ormai ridotta a rottame ma con alcune strutture 9

perfettamente riconoscibili ed in grado di essere recuperate, una pompa antincendio di tipo manuale. Avuta notizia che quello che doveva essere stato protagonista in mille interventi stava per finire i suoi ultimi restanti giorni in maniera indecorosa quale ospite dell’Artugna, ho chiesto ed ottenuto di sollevare l’ultimo suo detentore dall’infelice incarico per conferirla a quella impropria discarica. A quel tempo, rivestendo l’incarico di Dirigente del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Ancona, conoscevo non solo le capacità tecniche del suo personale in ogni tipo di emergenza, ma anche le abilità in ogni tipo di attività manuale da ognuno possedute (una volta i «pompieri» venivano assunti per mestiere in modo da poter contare, nella composizione della squadre di intervento, su tutte le abilità). Sapevo inoltre di poter contare nella loro completa disponibilità ad


ogni tipo di collaborazione. Avuta dal personale del distaccamento di Osimo la disponibilità a procedere ad un delicato intervento di restauro, ho trasportato quello che rimaneva della pompa fino a quella città per lasciarlo alle cure dei Vigili del Distaccamento. Questi ultimi hanno realizzato un vero e proprio miracolo, riportando la pompa non solo ad un aspetto estetico davvero apprezzabile, ma mettendola in condizioni di perfetta funzionalità. Infatti quello che il tempo e l’incuria avevano danneggiato era sostanzialmente l’involucro esterno, mentre le strutture essenziali avevano mantenuto una loro integrità. La pompa ha successivamente seguito le mie vicende lavorative, abbellendo prima l’atrio principale del Comando VV.F. di Ancona, poi quello di Venezia e, dopo il mio pensionamento avvenuto nel 2010 ed una breve sosta presso il Comando VV.F. di Pordenone, ha trovato la sua collocazione definitiva presso l’edificio del Municipio di Budoia. Descrizione della pompa Essa si compone di una vasca a base rettangolare svasata verso l’alto, capace di contenere circa litri 150 di acqua che può essere caricata a mano dall’alto ed aspirata dal sistema propulsivo, oppure dal tubo di aspirazione esterno armato e dotato di filtro all’estremità: la scelta del tipo di alimentazione viene operata in dipendenza della distanza dalla prima fonte dell’acqua disponibile (fiume, stagno o pozzo cittadino). Tale scelta viene effettuata tramite apposita valvola manuale a due vie. Il sistema di spinta è costituito come segue: un lungo bilanciere in ghisa incernierato su un asse orizzontale trasversale alla vasca muove alternativamente due pistoni simmetrici all’interno di due cilindri verticali in ottone, ciascu-

Caratteristiche tecniche della pompa Capacità della vasca

litri

150

mm

3÷4

n

2

Presa aspirazione da vasca o esterna

Ø mm

70

Due attacchi di mandata

Ø mm

45

Campana di compensazione

n

1

Filtri rimovibili

n

2

Valvole scarico colonne idriche di mandata

n

2

Spessore acciaio della vasca Cilindri aspiranti/prementi

no dei quali è dotato sul fondo di due valvole a funzionamento contrapposto. Durante la fase ascensionale del pistone si apre la valvola di aspirazione e si chiude quella di mandata: l’acqua invade il cilindro. Nella discesa del pistone la valvola di aspirazione si chiude e si apre quella di mandata e l’acqua contenuta nel cilindro viene spinta verso l’esterno. Ogni braccio del lungo bilanciere, per motivi di ingombro in fase di trasporto, è divisibile in due tramite una cerniera e porta alla sua estremità l’attacco per un asse trasversale in legno che consentire ai quattro manovratori (due per lato della pompa e per parte del bilanciere) di azionare il meccanismo. Completa l’attrezzatura una campana di compensazione in rame che evita un andamento discontinuo del getto d’acqua e due valvole sui tubi di mandata che consentono, ad incendio terminato, di scaricare la colonne d’acqua dai tubi di mandata quando si opera su terreni in salita. La pompa era, con ogni probabilità ed a causa del peso suo e delle attrezzature di dotazione (tubi di mandata e di aspirazione, secchi per l’acqua, strumenti da intervento), montata su un carro a trazione animale. Come si vede, ad una semplicità della funzione da svolgere, quella di mandare dell’acqua in pressione dentro due tubi, corrisponde una notevole complessità strutturale, anche in relazione al 10

tempo della sua fabbricazione. Anche se non è individuabile il nome della ditta costruttrice, normalmente inciso alla base della struttura, la pompa è databile nella seconda metà del XIX secolo e rappresenta, per raffinatezza di fabbricazione, uno dei pochi esemplari esistenti, gelosamente conservati, di norma, presso le sedi centrali dei Comandi provinciali dei Vigili del Fuoco. Ciò che ha spinto me, ma soprattutto i Vigili del Fuoco di Osimo, nell’amorevole lavoro di recupero di questo importante cimelio, è stato certamente l’affetto che si nutre per la professione del Vigile del Fuoco, spesso piena di molti sacrifici per gli operatori e per le loro famiglie, ma densa di molte soddisfazioni morali. Rivolgo un vivo ringraziamento ai Vigili del Fuoco di Osimo per la perizia e l’operosità dimostrata, ma anche a tutti quei Vigili del Fuoco che con essa in tempi ormai lontani hanno operato. Mi sia consentito di rivolgere un deferente omaggio alla memoria di mio suocero Alessandro Gislon, compianto primo cittadino di Budoia per una legislatura. Con questi sentimenti ho restituito alla piena proprietà della collettività del Comune di Budoia la pompa idrica antincendio fin qui descritta ed ho pregato il Sindaco di adoperarsi perché abbia una degna collocazione in un edificio pubblico del Comune. *Dirigente Superiore dei Vigili del Fuoco (a r.)


sono collegati dalla strada asfaltata pedemontana o dalla vecchia strada asfaltata, che passa per i borghi di Santa Lucia di Budoia e San Giovanni. Tra queste due strade si trovano il Col delle Razze (162 m) , il Col Pizzoc (172 m) e i Colli di Santa Lucia (154 m), ricchi di boschi e di acque sorgive con ambienti naturalistici veramente singolari e preziosi. L’acqua è un bene vitale non surrogabile, che ri-

troviamo in Comune di Budoia nel Torrente Cunaz, ma soprattutto nei dintorni di Polcenigo con le sorgenti del Fiume Livenza, del Gorgazzo, nel Palù del Livenza e nelle risorgive verso la pianura. Ma l’acqua, che nasce da piccole sorgenti tra i colli citati, ha caratteristiche diverse in habitat ricchi di biodiversità. Per visitare queste fonti un sentiero attrezzato parte da Budoia, passa scendendo di quota tra i Colli di Santa Lucia, a

destra, e il Col Pizzoc e il Col delle Razze, a sinistra, ed arriva in breve tempo a Polcenigo. All’inizio del sentiero a Budoia si trova anche la sorgente principale del ruscello, che passando tra i colli lungo la valle, riceve acque da sinistra e da destra da sorgenti secondarie in località Tre Fontane, le cosiddette «sorgenti pietrificanti», acque che si immettono nel Rui de Brosa e si mescolano a Polcenigo con quelle del Torrente Gor-

le sorgenti pietrificanti

di Roberto Pavan

Vaschetta ai piedi di una sorgente pietrificante.

I paesi di Polcenigo e Budoia


Vaschette e cascatelle con formazione di travertino.

stillicidio d’acqua ed accrescimento per il calcare depositato su muschi ed epatiche (Marchantia paleacea), (Marchantia polymorpha) e ai margini con la presenza di capelvenere (Adianthus capillus-veneris) con le foglie cerose, che respingono le goccioline d’acqua, l’erba di San Giovanni arbustiva (Hypericum androsemum) e il billeri flessuoso (Cardamine flexuosa). In questi ambienti boscosi e freschi la felce, che più si impone all’attenzione, è la felce falcata (Cyrtomium fortunei ) e su rupi e rocce umide ed ombrose caratte-

Sorgente pietrificante.

Le foto sono a cura dell’autore.

gazzo. Con Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 è stato emanato il regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche.Le sorgenti pietrificanti con formazione di travertino costituiscono un tipo di habitat naturale di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione. Il travertino è una roccia di origine sedimentaria, che si forma quando acque con calcare disciolto lo depositano su muschi, epatiche, foglie e fili d’erba incrostandoli progressivamente. Si forma nel tempo una roccia con struttura stratificata, che risulta essere un buon materiale usato in costruzione.Da piccole valli secondarie laterali, afflussi d’acqua stagionalmente limitati alimentano il rio principale. I piccoli ruscelli nella parte di origine d’estate sono privi d’acqua, che ricompare dopo breve tratto in vaschette di ritenzione, in piccole pozze seguite a valle da cascatelle, dove si deposita il carbonato di calcio. Il fenomeno risulta più evidente in corrispondenza di piccole cascate di 4-5 metri di dislivello, con

rizza queste valliciuole e il corso d’acqua. La flora primaverile del bosco misto collinare vivacizza questi luoghi e con i colori dell’autunno, con le castagne e con i funghi di ogni specie si entra in un mondo di fiaba. In primavera, nelle pozze fangose laterali al torrente, è possibile osservare un piccolo rospo dal ventre giallo, l’ululone (Bombina variegata), il cui verso ricorda vagamente i rintocchi attutiti di una campana lontana. Nelle buche con acqua ben ossigenata in sorgenti laterali al rio principale si osservano invece le larve deposte dalla salamandra pezzata (Salamandra salamandra), provviste di branchie esterne piumose. Con la metamorfosi le piccole salamandre perdono le branchie ed escono dall’acqua. La salamandra, tipica delle zone collinari, ha la livrea nera a chiazze gialle e la si può osservare facilmente quando nel bosco vi è grande umidità dovuta alla pioggia. Nel corso d’acqua principale un tempo si potevano osservare il gambero d’acqua dolce (Austropotamobius pallipes italicus), lo scazzone (Cottus gobio) e comunità di macroinvertebrati, che a causa delle acque reflue di un depuratore a monte sembrano del tutto scomparsi.

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Grazie, bambini!

di Francesca Begotti

Domenica 20 maggio alle ore 10, nella Chiesa parrocchiale di Budoia, 17 bambini di quarta elementare hanno ricevuto per la prima volta il Sacramento dell’Eucaristia. I loro nomi sono: Andrea Basaldella, Ernesto Bertolo, Andrea Braido, Nicole Bravin, Mattia Bruno, Elisa Cescherin, Alice Cosmo, Francesco Dell’Angela Rigo, Marco Della Putta, Martina Ferrarelli, Alan Foscarini, Cristiano Masutti, Juan Jaime, Alessio Morson, Leonardo Tizianel, Andrea Pauletti, David Zambon. Con loro ha seguito gli incontri di catechismo anche Federica Epifani, che ha fatto la Prima Comunione in un’altra parrocchia e che vogliamo ricordare insieme agli altri, con molto affetto.

L’intera comunità di Budoia vuole ringraziare teneramente questi cari bambini, perché ci hanno insegnato che quando tutti insieme ci si impegna con costanza, generosità ed impegno per la riuscita di uno stesso obiettivo, il risultato non può che essere eccellente e tornare utile per il bene comune. Mi spiego meglio: la Santa Messa della loro Prima Comunione è stata veramente un evento indi-

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menticabile, perché tutti quelli che vi erano coinvolti nella sua realizzazione hanno dato il meglio di se stessi per la sua riuscita. A cominciare dai bambini che, già impegnati a scuola e nelle varie attività sportive e ricreative, hanno continuato a partecipare agli incontri di catechismo ed alle prove di canto serali (dopo 8 ore di scuola). Ci commuove, il pensare che dei bambini così piccoli


abbiano impiegato così tanta energia, attenzione, tenacia, fatica e costanza, per preparare il loro incontro con Gesù. E se siamo noi a commuoverci per questo, pensiamo a quanta felicità e tenerezza ed amore può aver provato Gesù Stesso per questi bambini. Come non poteva commuoversi il Nostro Creatore nel vedere che i loro piccoli occhi si appesantivano durante le prove serali di canto, dopo le attività scolastiche. E quanta gioia possono mai aver dato questi carissimi bambini al loro Salvatore, quando,

venivano agli incontri di catechismo il sabato e subito dopo riprendevano le loro attività sportive – alcuni anche impegnati con le gare sportive – oppure interrompevano i loro compiti per casa assegnati dalle maestre di scuola. Grazie, cari bambini, a nome di tutti: che esempio di costanza, di dedizione, di sacrificio avete dato a noi grandi, che, troppo spesso ci lamentiamo per le difficoltà della vita! E quanto spesso, siamo noi adulti ad appesantire le nostre giornate, soffermandoci sulle cose non ne-

Un momento della cerimonia che ha visto raccolti i bambini delle tre Comunità. Sopra. I comunicandi lungo il percorso dall’oratorio alla chiesa.

cessarie, su chiacchiere inutili e nocive, su immaginazioni, previsioni e presentimenti che stancano le nostre anime! E poi un grazie particolare va dato anche ai genitori dei bambini della Prima Comunione: grazie per avere seguito non solo la preparazione di tutte le cose necessarie alla Cerimonia, ma soprattutto per essere stati vicino alla crescita spirituale dei vostri figlioletti. Grazie per averli portati a Messa, per aver dato loro l’opportunità di stare vicini a Gesù come chierichetti, per aver loro insegnato le preghiere, per aver ricevuto il Sacramento della Riconciliazione insieme a loro, grazie per averli portati agli incontri di catechismo, dove hanno partecipato con viva attenzione e curiosità; grazie per aver cantato insieme a loro e grazie per essere diventati nuovamente bambini insieme a loro nel loro incontro commosso con Gesù. È stato bello anche vedere la maestra di scuola di questi bambini che li ha accompagnati anche fuori dai banchi di scuola. Grazie alle loro catechiste Gianfranca ed Anita, che non hanno mai abbandonato questi bambini sia nei momenti belli, come nei momenti più difficili; ma anzi, hanno curato anche gli aspetti organizzativi e la scelta e l’esecuzione dei canti, mettendo insieme la competenza del maestro di musica Fabrizio, all’organo, l’allegria delle chitarre e l’accompagnamento delle voci dei genitori e dei bambini. È stato delizioso anche vedere che, pur nella diversità di carattere, di sensibilità e di gusti, di punti di vista, si è riusciti a trovare un accordo su tutto: sui canti, sulla musica e persino sugli strumenti musicali. Ad ognuno è stato dato un compito per l’organizzazione della Cerimonia: c’erano i cantori, i musicisti, i lettori, c’è chi ha curato la disposizione dell’arredo ecclesiastico e dei banchi. È così che ci si immagina


la Chiesa: come l’insieme di tutte le persone, ognuna delle quali ha un suo preciso posto, che mette a disposizione degli altri i propri doni ed i talenti, la propria fatica o il proprio sacrificio, anche le proprie preghiere o le proprie sofferenze, senza aspettarsi niente in cambio, nella speranza e gioia che al Signore tutto è accetto, se fatto con amore e per amore. Ed infine, grazie al nostro parroco che ha reso possibile tutto questo, che ha coordinato e sostenuto ogni cosa, grazie all’altissima dignità del suo ministero,

per cui noi possiamo ricevere in noi Gesù. Un grazie particolare va dato a Gesù, che ha «escogitato» un modo così semplice ed umile per starci il più vicino possibile: l’Infinito contenuto in un pezzetto di pane e in un sorso di vino che, dal momento della Consacrazione, se uno li mangia, potrà avere la vita eterna. E la vita eterna, per dirla con Gesù e con S. Agostino si può spiegare così: Chi crede in me – dice Gesù – ha la vita eterna che non è quella che si vede, ma quella che non si vede.

8 giugno 1952. Prima Comunione a Dardago

Sopra. Ricordo della Prima Comunione autografato dall’allora pievano. A lato. Il pievano don Nicolò Del Toso (1913-2003) e i comunicandi Oreste Zambon Tarabìn Canta, Gianpietro Zambon Sclòfa, Luigino Zambon Scròc, Giuseppe Janna Tavàn, Roberto Busetti Caporàl, Angelo Cecchini Tranheòt, Enrico Spina (figlio di Linda Janna Tavàn), Gianni Rigo Moreàl. In prima fila. Vittorio Janna Tavàn, Mirella Janna Ciampanèr, Silvana Zambon Petol, Maddalena Vettor Muci, Paola Melocco, Elisabetta Paola Zambon Petol, Graziella Zambon Pinàl. Lidia Ponte era la catechista che coadiuvava don Nicolò a fa dotrina ai canais.

20 maggio 1923. Prima Comunione a Budoia Quasi un’ottantina i comunicandi budoiesi delle classi 1911-12 e 13. Quest’anno avrebbero compiuto un secolo di vita. (Non meravigliamoci, perché tra alcuni mesi festeggeremo i cent’anni di Antonietta Sanson; i 98 anni sono già suonati anche per Marianna Carlon). Aiutateci a riconoscerli, perché solo alcuni sono stati identificati. I comunicandi, i cui volti sono velati di tristezza, sono divisi per sesso, occupando spazi nettamente distinti: a destra le femmine, a sinistra i maschi; al centro il curato e un altro sacerdote. Fanno da contorno alcuni adulti, probabilmente i fabbricieri. I bambini indossano dei dignitosi completi con pantaloni lunghi fino a nascondere le ginocchia e qualcuno tiene in mano il cappello di paglia. Le bambine, invece, portano sul capo il velo bianco, indossato come segno di purificazione, simile all’antico rassador, un capo generalmente di lino o di seta che scendeva dalla testa lungo le spalle, alla foggia dell’abbigliamento popolare tradizionale. Spicca sul petto di ognuno il ricordo dell’evento, mentre tra le mani qualcuno tiene il libro delle preghiere. La foto è dello Studio fotografico Gislon di Aviano ovvero del fotografo Liberto Gislon. (proprietà di Flora Del Maschio e Giacomino Del Zotto)


Il 14 agosto 1942, la vigilia dell’Assunta di 70 anni fa, si spegneva don Romano Zambon Pinàl, pievano di Dardago per ben 46 anni. La nostra comunità lo ricorda e lo ringrazia con una Santa Messa solenne, concelebrata dal Vescovo, mons. Giuseppe Pellegrini, da don Maurizio e dai sacerdoti che negli ultimi anni hanno guidato questa parrocchia.

il ricordo di don Romano nei 40 anni de l’Artugna di Roberto Zambon

Nella prima metà del ‘900, la vita della Pieve di Dardago fu caratterizzata dal plevàn. Il suo zelo sacerdotale, il suo carattere austero, la sua compostezza, il suo costante impegno come sacerdote e come uomo hanno lasciato molti ricordi. Per questo motivo, l’Artugna, in questi 40 anni di attività, ha spesso pubblicato articoli e testimonianze sulla figura di don Romano. Riteniamo utile, in questa ricorrenza, proporre una breve rassegna di alcune interessanti pagine che compongono una bibliografia essenziale per la conoscenza di questo grande Dardaghese. G.B. Bastianello (agosto 1975, n. 14), fu l’autore del primo e forse più completo ricordo del Pievano. Il Bastianello scrisse questo articolo per assolvere «ad un preciso dovere di devozione e di riconoscenza a nome dei Dardaghesi suoi compaesani e di coloro che furono testimoni e partecipi della sua lunga, laboriosa, feconda vita di sacerdote e di cittadino». In occasione del 40° anniversario della sua morte, Anna Pinal, tratteggiò, come lei sa fare, la figu-

ra di «don Romano, nobile roccia di Dio», definendolo «un vero protagonista del suo tempo, discusso forse, ma certamente un uomo di Dio. Fu presente in tutti gli avvenimenti che caratterizzavano quell’epoca» (luglio 1982, n. 38). Ermellina Zambon, (dicembre 1989, n. 58), nipote e perpetua di don Romano, alla bella età di 95 anni, descrisse con dovizia di particolari, per i lettori de l’Artugna, gli ultimi mesi di vita dello zio, dalla notte del 18 novembre 1941 – trascorsa all’addiaccio dopo essere scivolato in un canale a causa di una caduta dalla bicicletta – fino alla morte. Nel 1992, a 50 anni dalla morte, don Maurizio Busetti, lo ricordò con l’articolo «Assunta, prendimi!». Definiva don Romano «Patriarcha Dardacensium» e vedeva in lui «il sacerdote fedele che ha saputo vivere integralmente la sua scelta. Don Romano era figlio del suo tempo, pastore energico ma anche tutto teso al progresso spirituale del gregge affidatogli» (agosto 1992, n. 66). Nel numero successivo, (dicembre 1992, n. 67), don Euge16

nio Filipetto, professore del Seminario, in «Ammirazione per don Romano» esternava i suoi sentimenti verso il nostro pievano. «Nella mia mente di giovane seminarista lo paragonavo al Curato d’Ars, tanto mi appariva immerso in Dio. Don Romano e don Antonio Tubello, suo devotissimo amico, sono stati i miei silenziosi maestri, i miei migliori modelli nel cammino, non sempre piano, verso il sacerdozio». Più recentemente, in «Sera e mattina parlai intorno alla guerra…» (aprile 2009, n. 116), raccontai gli anni della Grande Guerra a Dardago prendendo spunto dagli appunti che don Romano lasciava nel suo diario delle Sante Messe. «Come cattolici e come cittadini, noi non la vogliamo» scrisse di proprio pugno. Purtroppo non fu così e il pievano ebbe l’opportunità di riportare nel suo diario la testimonianza dei frutti velenosi – morti, miseria, invasioni, soprusi, profughi, malattie – che ogni guerra porta con sé. Nel numero 122, aprile 2011, l’analisi dei manoscritti di don Romano, ha permesso di descrivere


Don Romano con il fratello Marco nel cortile della canonica. (proprietà di Girolamo Zambon Riveta)

dettagliatamente le varie fasi di un avvenimento del 1921 che rappresentò un passo significativo verso la normalità dopo il periodo bellico: la fusione e l’inaugurazione delle nuove campane in sostituzione di quelle requisite dagli Austriaci nel 1918. Per brevità, ci fermiamo qui; ma scorrendo le varie pagine de l’Artugna ci si imbatte in molti altri episodi che hanno avuto don Romano protagonista o testimone. Cogliamo l’occasione per precisare alcuni dati anagrafici, considerato che talvolta abbiamo rilevato alcune imprecisioni. Don Romano Zambon Pinàl nacque a Dardago il 20 agosto 1862 da Giomaria e da Santa Bastianello. Il piccolo Romano rimase orfano a 6 anni. Infatti nel 1868, la

mamma morì a soli 32 anni. Santa aveva messo al mondo anche Regina, Marco, Giuditta e Rosa. In seconde nozze, Giomaria sposò Maria Zambon. Ebbero altri 4 figli, Davide, Angelo (morto in tenera età), Vincenza ed Angelo. Infine, una curiosità. Giomaria, padre di don Romano, era il primo degli otto figli di Vincenzo (1811) e Teresa (1812) che diedero origine al ramo più prolifico dei Pinài. Tanto prolifico che quando don Romano, il 13 gennaio 1896 celebrò il funerale della nonna Teresa, nell’atto di morte annotò: «Ben 77 persone la chiamavano nonna». È difficile controllare l’esattezza di tale affermazione ma conoscendo la precisione di don Romano siamo sicuri che il numero di nipoti e pronipoti era molto vicino alla realtà.

l’Artugna, nel corso di questi primi quarant’anni, si è periodicamente dedicata al suo pievano don Romano Zambon corredando gli articoli con foto ritraenti quasi esclusivamente la sua figura. Solo in pochi casi abbiamo avuto la fortuna di pubblicare immagini che lo immortalavano come «pastore con il suo gregge». In questo numero, dove si ricorda il 70° anniversario della sua morte, abbiamo ritenuto opportuno riproporre questa foto già apparsa sul nostro giornale nel luglio del 1978 (l’Artugna, anno VII, n. 26); don Romano è raffigurato, probabilmente sessantenne, attorniato da un numero considerevole di bambini – ben 72 della sola Dardago – nel giorno della loro Prima Comunione. In alto da sinistra a destra. Ines Bocus Frith, Giovanna Zambon Rosit, Rosa Zambon, Tilde Basso, Gina Zambon Sclofa, (sconosciuta), Maria Bocus, (sconosciuta), Gina Zambon Pinal, Lina Zambon, (sconosciuta). Seconda fila. Vittoria Busetti, Adele Zambon Petol, Gioconda Janna, Ida Zambon, Gilda Zambon Thanpela, Antonietta Calderan, Santina Del Maschio, Italia Bastianello, Linda Ponte, Lea Ponte, Caterina Zambon, Gina Zambon Moreal. Terza fila. Ginevra Janna (Kati), Rosina Zambon, Virginia Zambon Pinal Riveta, Giovanna Janna, Giuseppe Zambon Tarabin, Giovanni Bastianello, Attilio Zambon, Domenico Zambon, Antonio Bastianello, Vittorio Bocus, Francesco Zambon Tarabin, Armido Zambon Glir, Domenico Zambon Mao, Guido Bocus Frith, Albino Zambon Sclofa, Ermenegildo Zambon Scroc, Rino Zambon Pinal, Norina Zambon. Quarta fila. Gisella Zambon, Maria Clara, Vittorio Zambon Pala, Silvio Zambon Vialmin, Napoleone Zambon, Ferruccio Zambon, Antonio Busetti Bronte, Giovanni Zambon Petol, Uria Vettor, Ovidio Vettor, Eugenio Zambon Pinal Riveta, Pietro Janna, Menotti Janna, Rita Zambon Pinal, Maria Zambon Pinal Thanpela. Quinta fila. Gino Janna Stiefin, Gino Zambon Nontholo, Mario Busetti Caporal, Basilio Zambon Riveta, Guerrino Zambon Tarabin, Osvaldo Zambon Frith, padre Egidio Barbuianni, don Romano Zambon, Pietro Busetti Frate, Mario Busetti Caporal, Antonio Zambon Bedin, Giovanni Zambon Trucia, Domenico Zambon Caporal. Seduti per terra da sinistra. Marco Zambon Biso, Giuseppe Santin Tesser, Gildo Vettor Cariola, Bruno Busetti Caporal.

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Conversazione con don Daniele Fort nel XXV anniversario della sua ordinazione sacerdotale

non tutte le strade portano a Roma di Fabrizio Fucile

È una strada all’incontrario quella che porta don Daniele in Friuli e me a Roma. Conosciamo bene questi oltre 600 Km che separano l’una dall’altra, la capitale dalla terra che ci ha dato i natali. Fare e rifare questo percorso, anche se in tempi e direzioni diverse, ha favorito il consolidarsi di quel legame affettuoso che scaturisce dalle esperienze condivise. Una delle prime volte che ho visto Daniele, è stato d’estate, in chiesa, animatore energico di un coro estivo che per qualche anno, a cavallo degli anni Settanta, ha interpretato con convinzione e grinta le nuove canzoni scaturite dal Concilio e dalle suggestioni della musica beat. Abbiamo avuto parenti in comune: lo incrociavo spesso a casa de l’agna Rosa Tomè; lì incontravo anche sua madre, Iria, una signora emiliana capace sempre di grandi sorrisi e di una innata e affettuosa simpatia. Ma è stata l’estate del ‘79 che ci ha permesso di conoscerci meglio e di diventare più intimi, nonostante ci fosse qualche anno di differenza tra noi. Un’estate passata insieme ad altri amici ad organizzare gite al mare e a Mezzomonte, a fare un’esperienza di preghiera comu-

nitaria a Fusine, a mangiare angurie nelle afose serate d’agosto, ad ascoltarlo mentre mi spiegava generosamente un po’ di chimica (non mi è mai piaciuta questa materia). Sullo sfondo il nostro amato paese, Santa Lucia. La nostra chiacchierata non può non avere che questo panorama. Da qui cominciano le sue confidenze. Daniele appartiene alla famiglia Fort Nart. Il papà era partito da giovane per la città eterna in cerca di lavoro. Come tanti emigrati – combattuto tra la nostalgia di casa, il dolore di averla lasciata ed il rincrescimento per l’amarezza di una terra al tempo avara – non parlava molto del paese natale. Ero piuttosto io che lo interrogavo – dice Daniele – e che gli chiedevo come era la vita quando era ragazzo. Molto dialogo lo abbiamo avuto in età adulta, lì ho conosciuto tante cose di Santa Lucia, personaggi e tradizioni soprattutto dei periodi bellici. Il primo ricordo del paese, a distanza di tanti anni, è la strada bianca di via delle Scuole, oggi via Mons. Comin, e di una gran caduta quando tentavo di imparare ad andare in bicicletta senza rotelle. Accanto all’eco di quel dolore, 18

si affaccia anche la gioia di quando l’anno dopo sono arrivato ed ho trovato la strada asfaltata. Addirittura segnavo sul calendario i giorni che mancavano alla partenza. Appena finita la scuola si partiva e si ritornava a fine settembre – erano giorni molto belli perché c’era tutta una liturgia della partenza: la preparazione e la spedizione del baule, la prenotazione dei posti a sedere, i cuscini per la notte in affitto, i viveri di conforto ecc... e così iniziava l’avventura estiva. Le vacanze a Santa Lucia erano entusiasmanti, avventurose e bellissime. Sarà perché vivevo in città durante l’anno e il vedere le montagne, il verde delle colline mi dava un senso di libertà e di vita che mi è sempre rimasto nel cuore fino al punto da decidere, in età giovanile, di lasciare la città per venire a vivere in un luogo a dimensione più umana. La bicicletta era il mezzo con cui ci spostavamo dappertutto (che sudate per quelle salite!). Poi c’era l’avventura di andare al mercato di Sacile con la corriera e da grandicelli anche al mare o in Piancavallo a piedi, partendo la notte. Un’esperienza unica quest’ultima, perché era riservata solo ai più


grandi e quando per la prima volta ci è stato concesso di aggregarci la nostra vacanza si arricchì di esperienza. Una faticaccia boia! Passo a rammentargli del coro che animava: avrei sempre voluto farne parte anch’io, ma don Nillo, irremovibile, mi aveva detto che il mio compito era quello di «servir messa» come chierichetto. Dall’altare li guardavo e li ascoltavo con una sana invidia ed imparavo a memoria quei canti. Dopo anni, da grande, dopo aver imparato a suonare la chitarra, ho avuto la soddisfazione di riproporli nello stesso auditorium. Il coro è nato per caso. Trovandoci intorno a Enzo, che sapeva suonare l’organo, abbiamo cominciato a cantare qualche canzone alla messa. La cosa bella è che ognuno portava le canzoni che cantava nella parrocchia della sua città. Don Nillo, ci dava spazio, brontolava un po’, ma sostanzialmente sosteneva positivamente il nostro sforzo di rendere la messa domenicale più partecipata e attiva. Erano gli anni del post-concilio e c’era tanto fermento. L’esperienza mi ha dato tantissimo in termini di

Daniele Fort Daniele Fort nasce ad Aviano il 14 maggio 1956. Cresce e studia a Roma fino all’età di 19 anni, e dopo aver conseguito il diploma di perito chimico, decide di trasferirsi a Santa Lucia. Lavora come insegnante al Villaggio del Fanciullo e comincia a frequentare con attiva partecipazione la comunità di Comunione e Liberazione. In questo periodo matura la sua vocazione al sacerdozio. Entra nel seminario di Pordenone ed il 7 dicembre 1986 viene ordinato prete nella cattedrale di Concordia dove svolge il suo primo mandato pastorale come cappellano. Nel 1991 è nominato parroco di Anduins e della Val d’Arzino. Dal 1998 è arciprete di Porcia.

passione per il bel canto che mi è rimasta anche dopo. Diventando prete ho cercato sempre di curare il coro parrocchiale e aprire anche uno spazio per giovani. Cosa che si è sempre avverata. Io che oggi – pur nell’amore incommensurabile per la mia terra – non potrei fare a meno di Roma per il suo sole, la luce, la ruffiana ospitalità, gli domando perché abbia voluto lasciarla. E a distanza di tanti anni chi e cosa ricorda di Santa Lucia. Mi interessa anche capire se la sua vocazione sia maturata qui in paese… A Santa Lucia la vita era a dimensione più umana, come ho già detto prima. Avevo trovato un iniziale impiego al Villaggio del Fanciullo e questo mi ha consentito di staccarmi. E poi avevo la casa paterna... gli amici e una morosa. Ho un caro ricordo di Domenico, il sagrestano, di Elena la sorella di don Nillo, di Rico Comin Domarion perché con lui ho fatto tante vendemmie; di sua moglie la Maria Mora che è stata la prima ad avere il telefono che usavo anch’io per chiamare i miei a Roma e che mi invitava spesso quando faceva la polenta. E poi Ferruccio (meccanico ndr) che non so quante biciclette mi ha aggiustato per 100 lire e qualche volta anche gratis. Ricordo anche Jose (Sarri ndr) che veniva spesso a casa per tagliere l’erba, per aiutare a vangare l’orto o solo per bere un bicchier e di vino. E tante altre persone che fanno parte del mio vissuto. La mia vocazione però è maturata nell’oratorio di Roma. Quello è stato il campo dove il seme è stato gettato. La scelta poi è avvenuta quando ho incontrato le gente di CL a San Quirino. Ma il tempo trascorso tra il diploma (1975) e la mia entrata in seminario (1980) ha visto come figure importanti don Nillo e la maestra Anna Besa. Due persone che mi hanno sempre voluto molto bene e incoraggiato nella verifica vocazionale. Come seminarista ho mosso i primi passi qui, le prime animazioni dell’Adorazione Eucaristica, la Settimana Santa. Don Nillo mi ha sempre sostenuto e alle volte corretto, un po’ bacchettone ma sempre affettuoso. Chiedo a Daniele se oggi Roma sia ancora nei suoi pensieri; lo rimprovero affettuosamente perché viene poco a Santa Lucia… 19

Roma è il punto di riferimento della mia vita, lo è e lo sarà sempre. Lì sono cresciuto e ritengo che sia veramente Caput mundi, non solo per la fede cristiana. Ci ritorno sempre appena posso e mi piace tantissimo camminare per le vie e riguardare quello che i miei occhi hanno visto da fanciullo e che adesso possono godere per il grande significato. A Roma frequentavo l’oratorio: ogni giorno, finiti i compiti, si andava lì a giocare con i bigliardini e altri giochi (non c’erano i video), in particolare con le palline o le biglie. Era come una seconda famiglia, passavamo più tempo lì che in casa. Ci trovavamo anche solo per chiacchierare e … per fumare di nascosto le prime sigarette! Santa Lucia è il posto della mia crescita, dei miei ricordi di gioventù, è il luogo che ha forgiato la mia persona. Resta sempre quale punto di certezza: io sono di lì. Ci vengo poco perché la vita è un po’ taccagna con me, non mi lascia tanto tempo per ritornare, ma ogni volta che c’è un’occasione ritorno volentieri, anzi spero di essere invitato più spesso così non ho scuse. Per i numerosi impegni della parrocchia mi trovo a non poter partecipare ai funerali delle persone che conosco e questo per me è faticoso da sopportare. Così torno ogni tanto al cimitero e quando vedo le tombe di chi ho conosciuto, prego per loro e chiedo di perdonarmi. Dal cimitero si gode una bellissima vista sulle montagne. Spero un giorno di poter riposare lì con i miei famigliari e tutti gli amici. Nessuno di noi due – per motivi diversi – è diventato padre. Sono curioso di sapere cosa direbbe a suo figlio se oggi avesse una famiglia. Direi le stesse cose che dico ai ragazzi e ai giovani oggi: di essere veri, sinceri, leali con se stessi fino in fondo e di non scoraggiarsi mai di fronte alle avversità. Di scegliersi una buona compagnia di amici perché con loro si può affrontare ogni cosa, si può rinascere anche quando tutto trema intorno a noi. Tanti auguri don Daniele. Che tu abbia da Dio la forza perché quando intorno tutto trema ci sia la sua mano ferma a sorreggerti ed indicarti la strada.


la Ciasa de Moro in... Kenya di Edda e Enzo Vai

Ci è parso giusto informare la Comunità di Budoia di una notizia che le fa onore. Il 21 aprile 2009 moriva Candida Janna e lasciava in eredità a una nipote e al di lei marito la casa rurale di famiglia di via Lunga 59 a Budoia, con l’impegno di venderla e di devolvere il ricavato in beneficienza. Bisognava quindi realizzare

il pensiero della zia Candida e l’operazione si è presentata parecchio laboriosa e si è quindi dilungata nel tempo. La scelta, alla fine, è stata quella di indirizzare questi fondi a una missione alla periferia di Nairobi (Kenya) che tra le sue attività si cura anche di bambine abbandonate, spesso orfane, gestite da un Comboniano, 20

Padre Renato Sesana, originario di Lecco. Lo spirito educativo di questa comunità che ora è composta da ragazzine, è sempre stato quello di una educazione integrale alla vita, per cui oltre alla formazione scolastica è stato loro insegnato ad essere autosufficienti sia nella gestione della casa, quanto economicamente attraverso una


Carissimo Enzo, mi dispiace risponde rti soltanto ora, ma era doveroso valuta nostri centri di accog re bene le necessità lienza in Kenya. dei Abbiamo deciso di destinare il lascito di vos tra zia Candida all’amplia razione e manutenzio mento, ristruttune generale della Ca sa di Anita, il centro tazione per ex bamb di accoglienza e riab ine di strada che ave ilite vis itato durante il vostro Solo adesso e grazie viaggio a Nairobi. al vostro aiuto sarem o in grado di fare i corso di questi tredic tanti interventi che, i anni di attività, abbia nel mo dovuto rimandare Vista l’entità preved più volte. iamo di riuscire ad ampliare la struttura composto da un gra con un nuovo edific nde salone, due au io le, bagni ed una cu Intendiamo destinare cina per gli studenti questi nuovi locali a . corsi professionali per le ragazze ospiti di sartoria e inform della casa e per i gio atic a van i che vivono nelle fra La generosità di vos zioni vicine. tra zia Candida ci pe rmetterà anche di po agricola e gli allevam tenziare la produzio enti di polli, galline ova ne iole e bovini. Sono cordate bene la voc certo che tu ed Edda azione agricola della rizona in cui sorge la L’ampliamento e i Casa di Anita. lavori saranno sup erv isio nati dalla volontar Orsolato, che da du ia di Amani, Grazi e anni presta serviz a io ad Anita ed è orig paese di Tarcento. inaria proprio del Friu li, dal A futura memoria vor remmo far realizzare ai maestri intagliator gno con inciso: i locali un intarsio su leCIASA DE MORO in ricordo di zia Ca ndida Certamente questo non basta per esp rim ere la nostra gratitudine, segno che a lungo ma è un piccolo ricorderà ai molti osp iti e visitatori della cas zia di guardare al fut a la capacità di vos uro e oltre la vita co tra n generosità. Con riconoscenza, GIAN MARCO ELIA AMANI ONG ONLU S Sede legale: Via Go nin 8, 20147 Milano Sede operativa: Via Tortona 86, 20144 Milano - tei. +39 02 Codice Fiscale 971 48951149 - fax +39 79120155 02 45495237

Le foto ci mostrano come le volontà di zia Candida si sono concretizzate nell’ampliamento e ristrutturazione di un centro di accoglienza e riabilitazione per giovani abbandonate.

attività tipicamente agricola, quale allevamento di polli, di galline ovaiole, una stalla con mucche, un pezzetto di terra con ortaggi. Cosa poteva assomigliare di più alla casa di Budoia? Quello che prima ci sembrava un progetto eccessivamente ambizioso si è realizzato: ampliare una casa già esistente e potenziare un’attività agricola già collaudata.

La nuova costruzione porterà una targa ricordo che rievoca la casa originale Ciasa de Moro. Speriamo che la zia Candida ne sia felice. Abbiamo trasformato il suo tesoro in terra con un tesoro in cielo. Secondo la sua intenzione. N.B. Amani è l’organizzazione in Italia che raccoglie fondi per la missione e Gian Marco Elia è il presidente. 21


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Alcuni membri della neonata società dilettantistica di ciclismo «Sgancio Rapido» con il Vescovo, Mons. Giuseppe Pellegrini, in occasione della Giornata delle Associazioni a Malga Ciamp.

Arriva la

Sgancio Rapido! di Jacopo Campana

L a «Sgancio Rapido», neonata società dilettantistica di ciclismo, può vantare un piccolo record: è il primo team dedito alla pratica dello sport su due ruote con sede ufficiale nel Comune di Budoia. L’idea di fondare una squadra risale a metà aprile del 2011, quando assieme ad altri 3 amici stavamo preparando una gara di endurance di 24 ore su Mountain Bike. Desiderosi di correre per i nostri colori e desiderosi di promuovere la nostra idea di ciclismo, abbiamo preso il coraggio a due mani e in meno di un mese, giusto il tempo tecnico per adempiere alle sempre farraginosa burocrazia italiana, la squadra è stata creata. Il nome, Sgancio Rapido, deriva da un tipo di pedale usato nel ciclismo, quello, in sostanza, che consente alla scarpa di «agganciarsi» al pedale in modo solidale.

Nemmeno la scelta di dove collocare la sede ufficiale è stata casuale: quando qualcuno pensa alla Mountain Bike, nel pordenonese, non può non pensare ai trois del territorio budoiese. Dal punto di vista geografico e paesaggistico esso offre, oltre a dei magnifici e suggestivi scorci, anche molteplici passaggi tecnici e difficili, che possono soddisfare i raider più smaliziati ed esigenti. La cura e manutenzione dei sentieri e soprattutto le attenzioni rivolte da questa e dalla precedenti Amministrazioni Comunali al mantenimento delle nostre colline, hanno avuto un ruolo fondamentale in tal senso. Non a caso fanno parte della nostra Squadra atleti provenienti da Roveredo, Fontanafredda, Pordenone, Porcia e perfino Azzano Decimo. Altro particolare che rende 22

unico il nostro gruppo, soprattutto se confrontato con altri, è lo spirito che ci anima: per noi non sono fondamentali né la partecipazione obbligatoria alle gare (ben inteso, nel periodo estivo gareggiamo almeno un paio di volte al mese) né i risultati da un punto di vista agonistico. Quello a cui teniamo in particolar modo invece è la coesione sociale, cioè la partecipazione agli eventi che organizziamo o a quelli in cui siamo chiamati in causa, come ad esempio la giornata delle Associazioni tenutasi a Malga Ciamp. Le nostre attività prevedono, banalmente, l’organizzazione delle uscite settimanali, passando per la classica birra del venerdì oppure la vacanza full-immersion che organizziamo tutti gli anni rigorosamente in sella alle bici. Le nostre attività però non rimangono circoscritte ad un ambito così ristretto


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45 festa del Donatore e quindi provvediamo, ad esempio alla pulizia dei sentieri, terreno dei nostri «raid». E proprio quest’anno, durante la prima uscita per disboscare un paio di tratti di sentieri dei nostri colli, che abbiamo iniziato a covare un sogno, cioè quello di realizzare un percorso permanente di Mountain Bike che si snodi interamente lungo le nostre colline e le nostre montagne. Nelle nostre intenzioni vorremmo presentare la nostra idea e il nostro progetto all’Amministrazione Comunale entro la fine di quest’anno. Sgancio Rapido tuttavia non è solo Mountain Bike in senso stretto, ma è anche bici da strada. Un sempre più nutrito gruppo di stradisti, che hanno trovato nei nostri principi ispiratori qualcosa di unico e da condividere, hanno deciso di unirsi a noi e addirittura, nel 2013, vorremo riuscire ad accogliere anche dei cicloturisti. Un unico rammarico è rappresentato dal fatto che chi scrive, Presidente della Sgancio Rapido, è l’unico residente nel Comune di Budoia. Mi auguro che qualcuno, dopo aver letto questo articolo e soprattutto dopo averci visto sfrecciare di giorno e di notte con le nostre divise verde acido-bianco-nere, abbia voglia di unirsi a noi!

D omenica 17 giugno 2012 si è svolta a Dardago la festa del Donatore, particolarmente importante per la Sezione di Dardago perché quest’anno festeggia i quarantacinque anni di attività. La storia della Sezione di Dardago è iniziata nel 1967 grazie al fondatore e primo Presidente Giacomo Zanchet, al quale si sono succeduti nel corso di questi quarantacinque anni i presidenti Armando Zambon, Giampietro Zambon, Carlo Zambon e Corrado Zambon attuale Presidente. Grazie al loro impegno si è allargato sempre più il numero di donatori e di conseguenza il numero di donazioni di sangue ed emoderivati (nel 2011 le donazioni complessive sono state 53: 42 di sangue intero e 11 di plasma e piastrine). La giornata, accompagnata da uno splendido sole, ha visto la partecipazione di numerose

Per qualsiasi informazione potete mandare una mail a campana.jacopo@gmail.com

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A.F.D.S. Dardago

sezioni provinciali, ma anche di alcune sezioni fuori provincia di Monfalcone, Orsago e Cordignano. La giornata è riuscita molto bene grazie all’aiuto e all’impegno di coloro che hanno partecipato all’organizzazione di questa ricorrenza, in primis della Sezione consorella di Budoia-Santa Lucia e del suo Presidente Piero Zambon; del coro parrocchiale di Dardago diretto da Fabrizio Zambon, che ha accompagnato magistralmente la Santa Messa; di don Maurizio per la celebrazione della Messa solenne; del sindaco del Comune di Budoia Roberto De Marchi che, nonostante i numerosi impegni, ha voluto essere presente personalmente alla festa; del Vice Presidente della Sede Provinciale Baita, dei donatori, in particolare di un gruppo di giovani che ha dato una grossissima mano, di tutti i sostenitori e simpatizzanti.


STORIE DI FAMIGLIE

la nona de la nuitha

di Pina Bastianello [traduzione di Anna Pinàl]

Quant che Lidio Thisa el se a maridhat l’à portat da Roma la so nuitha, a faila vedhe a so nona, la Nena Thisa. La ciasa de la Nena ’l era restada de chele de ’na volta, ma el stale ’l era guoit, thentha né mussa né vace né gnele, e ’n tel puliner ’l era oramai ’na pita sola. «Oh, che bella gallina!» la dhis la nuitha quant che i la veit, «ce la possiamo mangiare?». «No, nina!» la dhis la pora Nena, «’l è chela che la me fa el vof duti i dhis, mi vive con chela pita là». El dì drio, come che la se leva su, la Nena la ciata la pita morta, destirada par tera ’n tel puliner. Co le mans ’n te i ciavei, e i vói fora del ciaf, la va a disi a la nuitha: «Me ato copat la pita?»

«No, nonna, io non l’ho toccata». «Lidio, la to femena la me a copat la pitaaaa!» Lidio nol saveva che santi clamà. «No, nona, liena no i ’l à tociadha, soi segur» La Nena no ’l à podhut fa altre che pelala, no ocoreva copala parchè ’l era beldà morta par conto sio. E i ’l à metudha ’n tela pignata a boì, e dopo un tocut a la volta pian pian i se l’à magnada dhuta. L’aveva drento un fagot de gras e ’l è dhuradha un toc. Ma i doi nuith no i n’à volut nencia ’na thercia. E forsi la Nena la se à parsuaso che la nuitha i l’aveva propio altre che vardada e davero no i l’aveva nencia tociadha. 24

Quando Lidio Thisa si sposò, portò da Roma la sua sposa per farle conoscere la Nonna Nena. La casa della Nena era rimasta come quelle di un tempo, ma con la stalla vuota, disabitata, senza asino né mucche né pecore, e nel pollaio una sola gallina. «Oh, che bella gallina», dice la sposa, «ce la possiamo mangiare?» «No, piccola» le dice la povera Nena, «è quella che mi fa l’uovo tutti i giorni e io ci vivo con quella gallina». Il giorno dopo, come si alza, la Nena trova la gallina morta, distesa a terra nel pollaio. Con le mani nei capelli e gli occhi fuori della testa si rivolge alla sposa e le urla: «Mi hai ammazzato la gallina»! «No, Nonna, io non l’ho toccata!» «Lidio, tua moglie mi ha ammazzato la gallina!». Lidio non sapeva che santi invocare: «No, Nonna, lei non l’ha neppure toccata, sono certo.» La Nena non ha potuto fare altro che pelarla, non occorreva tirarle il collo, perché era già morta per conto suo. E poi l’ha messa in pentola. Un pezzetto alla volta, la Nena se l’è mangiata tutta, da sola. Aveva all’interno una enorme quantità di grasso così è durata a lungo. Ma i due sposi non ne hanno voluto neppure un assaggio. In questo modo la Nena forse si sarà convinta che quella gallina era stata solo guardata ma davvero dalla sposa non era stata neppure sfiorata.

Nella foto. Pina e Lidio Bastianello in viaggio di nozze.


Sopravvivenze di antichi culti dell’acqua e della fertilità nell’antica diocesi aquileiese di Angelo Floramo · Edizioni l’Artugna

Nel suo 40° compleanno, l’Artugna, periodico della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia, coglie l’occasione per presentare agli affezionati lettori il 2° opuscolo della Collana «I Quaderni de l’Artugna», che segue Paesi di pietra pubblicato nel 2006 in coedizione con il Comune di Budoia. Nei quaderni monotematici – come già riferito allora – troveranno spazio contributi d’interesse storico, etnografico, artistico, letterario, naturalistico-ambientale e altro ancora, relativi al nostro territorio. In questa pubblicazione è con onore che ospitiamo la ricerca del saggista prof. Angelo Floramo, sulle sopravvi-

venze di arcaici culti dell’acqua e della fertilità nell’antica diocesi aquileiese e, in particolare, nei territori dell’estrema area occidentale. Attraverso un interessante e coinvolgente viaggio multidisciplinare, l’autore ci conduce sulle tracce dei Terapeuti della prima Chiesa a vocazione universalistica qual è stata quella d’Aquileia, e ci tratteggia la comparazione tra le acque di Livenza e Gorgazzo e quelle del Timavo; rileva, inoltre, indicative testimonianze della chiesa di origine alessandrina sul soffitto dell’ex sala capitolare del convento di San Giacomo di Polcenigo: tre iconografie di valenza etnologica oltre che artistica.

Miserere e bandiera rossa Trenta giorni per ricordare di Carlo Zoldan · Edizioni Circolo Ricreativo di Fiaschetti

Miserere e bandiera rossa (trenta giorni per ricordare) di Carlo Zoldan, pubblicato da Circolo ricreativo di Fiaschetti, con copertina e illustrazioni di GianAntonio Cecchin, nel titolo può richiamare alla memoria l’eterno confronto tra Peppone e don Camillo dell’inesauribile e ineguagliabile Guareschi. Del clima delle storie del narratore del «mondo piccolo», in questi racconti, vi sono di fatto degli echi, per lo più, evidenti nel misurarsi in arguzia sia dei popolani che dei preti delle parrocchie rurali. Il libro, dalla narrazione intensa, ricca di escursus

ma mai ampollosa, distribuisce i suoi trenta racconti, con la voce di Sergio protagonista e narratore, nell’arco di un mese, la durata del ritorno in famiglia dello stesso Sergio. Le storie sono trame in cui il dialetto è linfa vitale e riaffiora ad ogni pagina come luccichio di perle che impreziosiscono il tessuto narrativo e nel contempo rafforzano e avvalorano il racconto. È la scelta dell’autore: «raccontare rievocando la vita della gente contadina del passato in un ambiente con caratteristiche proprie, differenti rispetto a quelle dei paesi vicini». Il libro è un album di foto familiari e collettive, un concerto di vecchi suoni e di vecchie canzoni, un vento pregno di profumi e odori che aprono la porta ai ricordi. Ma non vi è nostalgia in questo libro, che poteva ben correre questo rischio, perché esso è un rimettere in gioco le storie, è ricostruzione dentro un progetto dal rigore scientifico. Appare, infine, come un collage ingiallito ma vive degli umori di chi lo

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legge, perché Carlo Zoldan è un affabulatore che viene dalla ricerca sul campo delle tradizioni popolari e non lascia molto spazio ai cedimenti della nostalgia che se da un lato può accumunare, dall’altro sicuramente inficia il nostro vivere quotidiano. Zoldan trascrive dalla vita, ferma sulla carta quanto ha udito o vissuto in prima persona, mettendoci di suo l’ironia e il brio del contastorie, sempre e comunque rimane un ricercatore chiaro e onesto, commentatore partecipe eppure mai fazioso né incline alla commiserazione o all’autocompiacimento, anche quando ci riporta con il ricordo le emozioni e i rossori della nostra infanzia. In un tempo in cui non sappiamo dove stiamo andando, questo libro ci porta una sintesi del luogo e del tempo da cui proveniamo e per questo punto fermo dobbiamo essere grati a Carlo Zoldan.

TRATTO DA UNA RECENSIONE DI GIOVANNI TRIMERI

[ recensioni ]

Illazioni su tre metope di Polcenigo


la partita come metafora di vita Il dramma completo che è una partita di calcio è un susseguirsi continuo di gesti e di rinunce, di piazzamenti utili o errati, di prodezze ed errori non sempre colti nella loro essenza tecnica e agonistica. Io, per me, sarei soddisfattissimo di poter aiutare qualcuno che non sappia a veder meglio e a

spiegarsi con sempre maggiore agio una partita. Il calcio è il gioco più bello del mondo per tutti quelli che amano il calcio. Purtroppo, o per fortuna, non sempre amare il calcio significa capirlo. Può anche succedere, dio ne guardi!, che conoscendolo sem-

pre meglio si apprezzi sempre un po’ meno: è però certo che, se resta bello e buono anche agli occhi di chi lo capisce, allora non esiste gioco al mondo che valga il calcio. Io così la penso da almeno cinquant’anni… GIANNI BRERA

tratto da: 63 partite da salvare, Arnoldo Mondadori Editore, Vicenza, 1978.

PASSANO GLI ANNI... A.S. BUDOIA

I baldi dòvins dell’A.S. Budoia Calcio che, quarant’anni fa, hanno partecipato al campionato F.I.G.C. di 3a Categoria. In piedi, da sinistra: Ugo Zambon, Tullio Busetti, Graziano Bocus, Valerio Guglielmin, Giancarlo Bastianello, Angelo Michele Carlon. Accosciati: Mario Lachin, Mauro Zambon, Graziano Del Zotto, Renato Andreazza, Bruno Carlon. UGO ZAMBON PALA

sede sociale 33070 Budoia (Pordenone) c/o albergo «da René»


Saluti da Budoja di Sante Ugo Janna Tavàn

O gnuno di noi ha pregi e... difetti, uno dei miei è quello di amare le cose vecchie (adesso si dice «vintage») e quindi se possibile di raccoglierle. Detto questo le mie raccolte aumentano: francobolli, monete, santini, vecchie stampe, vecchi libri e ultima mania le cartoline illustrate, quelle che stanno scomparendo perché le abbiamo sostituite con telefonini ed SMS relativi. Cominciando una raccolta, devi darti un limite, altrimenti la casa si riempie ma si svuota la cassa (i famosi schei…). Nel mio caso ho ristretto la ricerca alla nostra pedemontana (comuni di Aviano, Budoia, Polcenigo), quindi frequento i mercatini dell’usato i rigattieri e quant’altri «trafficano» in cartoline paesaggistiche; mi collego inoltre a internet ed ho fatto un salto sulla sedia quanto ho visto in offerta la nostra «Saluti da BUDOJA». Le crositole! La prima cosa che mi ha colpito è stato il «paracarro» (mi scuso ma fin da bambino l’ho battezzato in questo modo barbaro) invece è giustamente una pietra miliare che indica «Strada per Roveredo e Pordenone» sicut dicit l’incisione sulla pietra. In questa specifica cartolina, si nota la mancanza della Croce – Anno Santo 1900, che attualmente è posta, sullo stesso asse, a 55 centimetri dalla pietra miliare; ma bisogna essere cauti, perché, nella vita i casi sono sempre due: A. La foto potrebbe essere stata eseguita prima dell’anno 1900. B. Il fotografo non ha inquadrato anche il simbolo cristiano che, mi dicono fonti interpellate e assolutamente degne di fede, era posta «ab origine» ad una distanza maggiore dell’attuale, dalla suddetta pietra miliare. Potremmo quindi datare la cartolina fra il 1910 e il 1920. Nella foto vediamo quindi la classica scena agricolo-pastorale (amo pensare che non sia stata preconfezionata!): un carro che va verso il paese, la giovane e le due vecchie os-

servano il fotografo. L’unico «che no l’ha temp da perde a l’è l’on» che tranquillamente con la sinistra «al tin le bestie a man» e nella destra ha l’immancabile «scuria». Al tutto fa da cornice quello che era lo sviluppo edilizio dell’epoca. Finora abbiamo osservato il dritto della cartolina ma anche il retro non scherza. Purtroppo manca la data (che risolverebbe uno dei due casi citati); è indirizzata a «Mademoiselle Erna Vilikonia – Rue D’Ottange n. 9 – Aumetz Lorraine (France)». Il testo (scritto in francese) dice: «Cara amica, penso che tu t’annoi. Ti scrivo queste due righe per dirti che sono contenta e spero che anche tu lo sia. Ora io vado a scuola. Tanti baci a te e tua sorella Ida. In attesa cara amica ricevi i baci e il buongiorno dalla nostra famiglia. Amica Santa». La curiosità mi ha fatto fare alcune considerazioni e ricerche: 1. La cartolina, se ha viaggiato, è stata spedita a mezzo lettera in quanto non c’è traccia di francobollo. 2. Santa, colei che scrive, dice «ora io vado a scuola» chissà che classe frequentava, usa comunque a mio giudizio, un buon francese, che fosse la sua lingua madre? Santa era nata in Francia da genitori italiani? 3. Questo ci porta a considerare una emigrazione di ritorno. Parlo di emigrazione di ritorno perché Aumetz, comune francese di 2.329 abitanti (regione Lorena, dipartimento Mosella) ha un museo sulla sua miniera di ferro che doveva essere sicuramente in funzione in quegli anni; spontaneo pensare che il padre di Santa lavorasse «dans la mine». 4. Come mai Santa torna a Budoia e frequenta qui le scuole? Termino qui le mie fantasie sperando solo di aver fatto nascere qualche curiosità che spinga, chissà, qualcuno dei nostri lettori a farsi vivo, magari con notizie di prima mano. 27


’N te la vetrina

LUIGI BOSCO (GIGI DE LA FELICITA), VALENTINO PANIZZUT (TINI SCUSSAT), LA MAESTRA MARIA SCALARI E UMBERTO BIGAI, A MEZZOMONTE, NEL 1960. (FOTO E TESTO DI MARIANGELA BOSCO COCA)

1959. MEZZOMONTE. ANTONIETTA PANIZZUT, MARILLA E IVANO SIGNORA CON MARIANGELA BOSCO COCA DURANTE UNA PASSEGGIATA A MEZZOMONTE, IL 17 GENNAIO 1959, IN OCCASIONE DELLA SAGRA DI SANT’ANTONIO ABATE. (FOTO E TESTO DI MARIANGELA BOSCO COCA)

UNA NUMEROSA SCOLARESCA BUDOIESE, SONO BEN 40 GLI ALUNNI DELLE CLASSI QUARTA E QUINTA, RITRATTI NEL CORTILE DELLE SCUOLE ELEMENTARI, DAVANTI ALLA CASA DEL FASCIO. 1° FILA IN ALTO: FLORA FREGONA, SCONOSCIUTA (SFOLLATA), SCONOSCIUTA (SFOLLATA), MARIA TERESA ANGELIN TONELA, RENATA ANGELIN PELADA, LILIANA PUPPIN PUTELATE, ELDA CARLON, LIBERA DEDOR PIAI, AMALIA CARLON ROS, ANTONIETTA PANIZZUT SCUSSADA, RAMIRA BESA, CLELIA DEDOR SOELA, MARILLA SIGNORA, GIANNA ZOTTI, ANNA MEZZAROBBA PIAI, ZAIRA COSMO. 2°FILA: ANGELO DEDOR, ANDREA BURIGANA SPINEL, DINO CARLON ROCO, DORO DEL MASCHIO DANELIN MOS’CION, ELSA DA ROS, MARIA TERESA DEL ZOTTO COTH, ENZA ZAMBON, MAESTRO GIOVANNI SCANDOLO, GIAMPIETRO VARNIER, SEVERINO CARLON, GIANFRANCO PETRIS, CARLO ANGELIN FORNER, LUIGI BISCONTIN, MARIO CARLON. 3° FILA: PIETRO ZAMBON THUCIAT, IVANO SIGNORA, RENÈ DEL ZOTTO, MARIO ANDREAZZA, MACALÈ ZANIER, FERDINANDO BOSCO COCA, LUCIANO PICCINATO, CORRADO VARNIER, BRUNO BISCONTIN, ELIO DEL ZOTTO, ENNIO PANIZZUT. GRAZIE A LILIANA PUPPIN CHE HA RICERCATO I NOMI DEI SUOI COETANEI. (FOTO DI PROPRIETÀ DI PIETRO ZAMBON THUCIAT)


INVERNO 1941. LUCIO CARLON FASSINER IN VESTE DI SCIATORE, IN PIAN CAVALLO, INSIEME CON GLI AMICI CIRO COLUS, DANILO DE RIZ E LUIGI ANGELIN. «MADE IN BUDOIA» ERANO GLI SCI DI LEGNO, USCITI DALLA FALEGNAMERIA DI GIGETTO GANDIN OVVERO LUIGI POVOLEDO. IN QUELL’INVERNO LA NEVE RAGGIUNSE L’ALTEZZA DI QUATTRO METRI, LASCIANDO VISIBILE SOLO IL TETTO DEL RIFUGIO POLICRETI DEL CAI. ALTEZZA DAVVERO INVIDIABILE PER LE ATTUALI STAGIONI INVERNALI! (FOTO DI PROPRIETÀ DI LUCIO CARLON FASSINER)

UN ACCORATO APPELLO AI LETTORI Se desiderate far pubblicare foto a voi care ed interessanti per le nostre comunità e per i lettori, la redazione de l’Artugna chiede la vostra collaborazione. Accompagnate le foto con una didascalia corredata di nomi, cognomi e soprannomi delle persone ritratte. Se poi conoscete anche l’anno, il luogo e l’occasione tanto meglio. Così facendo aiuterete a svolgere nella maniera più corretta il servizio sociale che il giornale desidera perseguire. In mancanza di tali informazioni la redazione non riterrà possibile la pubblicazione delle foto.

ALTRO GRUPPO DI GIOVANI BUDOIESI E «FORESTIERI», DURANTE UN’ESCURSIONE SULLE MONTAGNE DI CASA, NELL’IMMEDIATO DOPOGUERRA. 1° FILA IN BASSO, DA SINISTRA: GIOBATTA CARLON (BATTISTIN CECH), ONELIA MEZZAROBBA, ATTILIO CARLON ROS, MARIA CARLON CECH. DIETRO: GIUSEPPINA (PINA) ANGELIN, ?, ANNA CARLON ROS. ALLE SPALLE: ?, PIERINA ANGELIN PELAT, ?, CIPRIANO ANGELIN (NANO PELAT),?, ALTRE PERSONE NON RICONOSCIBILI. L’ULTIMA PERSONA A DESTRA: AUGUSTO ANGELIN (GUSTO PELAT) CON LA MOGLIE. (FOTO DI PROPRIETÀ DI LUCIANO ANGELIN PELAT)


Lasciano un grande vuoto... l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari

Elsa Lachin Stort «Ciao Nino» e «Ciao Nina»: ci salutavi così ogni volta che venivamo da te, fin da quando eravamo piccoli. Nell’infanzia e nell’adolescenza dei tuoi sette nipoti ci sono diversi motivi per ricordarti, e di questo vogliamo ringraziarti. C’è chi ricorderà di aver imparato ad andare in bici da te, chi ricorderà le marachelle fatte di nascosto dai genitori, chi di aver fumato le sigarette nel fienile o corso in motorino nei campi e chi di aver dormito nella stanza coi salami. Tutti ricorderemo le tue patate pai, le tue zucchine panate, gli gnocchi al ragù che facevi qualche volta. I tuoi generi ricorderanno il baccalà, i nipoti soprattutto la tua conserva di pomodoro. Quando racconteremo a qualcuno delle nostre tradizioni parleremo di cortile, di orto, di conigli, di maiale, di galline, di campagna, dei campi. Tutte

cose che abbiamo conosciuto da te, con te e col nonno Milio. Voi nonni (tutti i nonni) siete la nostra Tradizione. Ricorderemo il cortile con quegli incomprensibili sassi, perché non potevamo giocare senza essere ripresi quando i sassi andavano dappertutto. Però venivamo a giocare da te lo stes-

Cara santola, cara Gabriella, cara Francesca, questo mio messaggio non sostituisce il forte abbraccio che vorrei dare a ciascuna di voi in questo momento; il dispiacere di non poterlo fare, mi ha spinto a scrivervi queste brevi righe per esprimere tutto l’affetto che mi lega a voi e alla cara Elsa. La sua scomparsa mi riporta indietro di due anni, quando anche mia nonna ha affrontato il viaggio verso la nuova casa, quella della serenità e del meritato riposo. Non posso non associarle anche in questo momento: le ho sempre viste insieme, legate da un’amicizia forse non scelta da loro stesse, ma dal corso della vita. Da piccolo casa vostra era casa mia e quante volte dal braccio dell’una sono passato a quello dell’altra. Non occorre che vi elenchi i loro pomeriggi passati a cucire e a elencare le genealogie dardaghesi a suon di «te penseto?»; i carri di fieno scaricati, le domeniche pomeriggio a piedi a Dardago, il mercato ad Aviano in littorina, i «capitei» per le processioni del venerdì santo e del Corpus Do-

mini... non certo una vita di grande respiro mondano, ma sicuramente serena, senza screzi, fatta di confidenze e di aiuto reciproco. Di loro, ho tanti ricordi, ma quello che conservo più gradito nel cuore è la loro capacità di ridere, di divertirsi, con quella sana ironia, quei prendere in giro senza cattiveria; il suono delle loro risate, di una battuta improvvisa, o di un solo sguardo per poi «scoconarsì» rendeva la loro vita più gioiosa e stemperava le fatiche e le preoccupazioni. Tanti anni fa – ero in prima elementare – un pomeriggio in cui avevo chiesto cosa scrivere per dei pensierini, me li hanno fatti fare con tutti i nomi della famiglia di Armando Cussol... ridevano, ed io non capivo perché, ma anche il maestro aveva apprezzato lo spirito delle sue compaesane e dopo avermi chiesto chi mi avesse aiutato, le aveva mandate a salutare. Non le voglio ricordare ormai anziane, appoggiate ad un bastone, quando gli acciacchi della vecchiaia portano a concentrarsi su se stessi, un po’ assenti, alla ricerca di attenzioni, quando 30

so, perché lì ci ritrovavamo tutti insieme e alla fine ci sedevamo intorno alla stessa tavola, magari anche con qualche parente lontano. Questo era «andare dalla nonna Elsa». Da te avevamo il nostro secondo letto, qualche volta casa tua è stata la nostra vacanza estiva. Grazie per i tuoi difetti, con i quali hai tenuto unita una famiglia numerosa come la nostra. Ancora più numerosa adesso che ti portavamo i nostri figli. Noi continueremo grazie ai tuoi insegnamenti e a quelli del nonno Milio, cercando di farli diventare Tradizione, anche se a modo nostro. A proposito: adesso che sei in Paradiso, salutacelo e digli che le sue vigne sono in buone mani! «Ciao, Nona». I TUOI NIPOTI PREFERITI: CRISTI, ROBI, MASSI, ALBI, RICKI, MOMI E LAURA

anche le grasse risate si erano smorzate di fronte alla debolezza degli anni e al passare del tempo. Le voglio ricordare piene di forza, spiritose e sorridenti, con addosso le vestaglie cucite da loro; soprattutto piene di amore per i figli ed i nipoti. E le voglio pensare insieme adesso, a riprendere i loro discorsi interrotti. Dentro di noi c’è quello che ci hanno insegnato. Anche Elena si unisce a me nel ricordo e nella preghiera. Vi abbraccio forte. FABRIZIO


Brigida Janna Simòn All’età di 91 anni sei venuta a mancare: eri una mamma, una nonna, una bisnonna. Le tue figlie Lucia e Silvana, i tuoi nipoti e pronipoti porteranno sempre impressi nella memoria il tuo sorriso dolce, i tuoi occhi azzurri, la tua immensa disponibilità e forza d’animo che ti contraddistinguevano.

Anche tutte le altre persone che hanno avuto il privilegio di conoscerti ricorderanno le tue qualità. Tenera e tenace al tempo stesso, sei stata un esempio per tutti noi e cercheremo di ricordare gli insegnamenti ricevuti. Nonna Brigida non sei più tra noi, ma vivrai per sempre nei nostri cuori.

Giovanni Zambon Scroc Papà era una persona semplice e laboriosa. Ha sopportato con dignità la sua lunga malattia.

Io e mamma Graziella non siamo soli: viviamo nel suo ricordo. Ciao papà. CLAUDIO

Ester Cadamuro Fort Salute Il giorno 27 aprile 2012, dopo un anno dalla scoperta della malattia, ci lascia una persona semplice ma concreta. Nonostante la vita ti abbia preservato un’esistenza difficile, non ti sono mai mancati l’ottimismo e la serenità; sempre pronta a minimizzare i tuoi problemi, anche se eri consapevole che questa volta l’avversario era più forte del tuo carattere.

Peccato, ti avremmo voluto tra noi ancora per molti anni col tuo inseparabile gatto, con le caramelle in tasca per i tuoi nipoti che ti nominano spesso, e che, quando passano davanti alla porta della tua cucina, si fermano per salutarti... ma non ci sei più! Sarai sempre nei nostri cuori. I TUOI CARI

Marco Ianna Bocùs Il caro Marco ci ha lasciati. Troppo presto. La moglie e i figli, addolorati, lo ricordano con immutato affetto.

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Cronaca Cronaca

Il pittore Umberto Coassin con il critico d’arte Vittorio Sgarbi.

Coassin e la so pitura

Nella Villa Benzi Zecchini di Caerano San Marco, in provincia di Treviso, si è tenuta una mostra di pittura alla quale ha partecipato con alcuni suoi quadri anche Umberto Coassin. Il prestigioso incontro è stato inaugurato e illustrato dal critico d’arte Vittorio Sgarbi. Il pubblico è stato numeroso e qualificato. Un piccolo passo nella divulgazione e conoscenza dell’opera di Umberto Coassin.

nella persona della signora Lora Quaggiotto – organizza i mercatini per la vendita dei suoi prodotti, il cui ricavato va a favore delle missioni gestite dai religiosi e laici della Diocesi. Le comunità hanno partecipato con sensibilità caritatevole alla giornata missionaria, offrendo 1200,00 euro, cifra devoluta a suor Maria Pedron, missionaria che opera in Mozambico da oltre 36 anni, la quale, sollecita, ha inviato una lunga e commovente lettera di ringraziamento al parroco e ai parrocchiani. Nella missiva la missionaria testimonia «la grande miseria che attanaglia quel popolo a causa delle malattie, della denutrizione, del menefreghismo delle nostre società occidentali, degli sfruttatori e della corruzione». Don Maurizio ritiene che «il ringraziamento dobbiamo noi darlo a queste persone che hanno dedicato la loro vita, a nome nostro,

per alleviare quelle miserie umane e spirituali, facendosi poveri accanto al povero».

’N tel ciamadhor de Val de Crodha È uno dei locali più noti del nostro territorio, luogo ospitale di personalità illustri come l’ex Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton; un ambiente giovane anagraficamente eppure di solida maturità gastronomica e ricettiva. «Il Rifugio» compie vent’anni ed i titolari aprono le porte del ristorante, in località Val de Croda a Dardago, domenica 15 aprile alle ore 18.00 per accogliere vecchi e nuovi amici e condividere insieme il significativo traguardo. A Marina e Manlio l’Artugna augura che i sapori della loro cucina possano nutrirsi ancora per molti anni dei profumi della nostra terra.

Marina e Manlio Signora, da vent’anni in Val de Croda.

Don ’na man a chiei che i à bisoign Come ogni anno la Domenica delle Palme, le nostre tre comunità parrocchiali ospitano il gruppo missionario della parrocchia del Sacro Cuore di Pordenone, che – 32


I à ciantat le poesie

Domenica 20 maggio pomeriggio, nel Teatro Comunale di Dardago, l’Insieme Vocale Elastico diretto da Fabrizio Fucile è protagonista dello spettacolo La poesia è musi-

ca, la musica è poesia, undici testi poetici della letteratura classica musicati da Tina Favia Zambon. Dalle filastrocche per bambini, alle poesie degli amici; dal breve verso d’incisiva forza fino ai vasti poemi della letteratura antica e moderna: c’è un momento in cui a scuola, mandando a memoria i versi dei grandi, anche chi alla musica non si è mai accostato, riconosce i segreti del ritmo e dell’armonia. Proprio pensando alla scuola – per cui tanta parte del suo impegno ha speso – la maestra Tina ha musicato questi brani. Ha immaginato che attraverso la musica i testi – rivisitati dalla sua sensibilità musicale – potessero meglio essere assimilati dalla memoria e dal cuore. L’Elastico ringrazia Tina per l’affetto e la stima che ha dimostrato nell’affidare la prima esecuzione di queste poesie.

Su ’n tel Ciamp dhuti insieme Sabato 5 maggio, su ’n tel Ciamp, la giornata meteorologica non era delle migliori. Vento sferzante, pioggia gelida e fitta nebbia hanno

Due momenti della cerimonia. In alto. Il Vescovo tra il sindaco e don Maurizio. Sopra. Roberto Zambon consegna al Vescovo la pubblicazione sulle pergamene.

accompagnato i festeggiamenti della «Giornata dell’Associazionismo del Comune», promossa dall’Amministrazione. I numerosi partecipanti, accolti sotto il porticato della malga Capitan Maso da poco inaugurata dopo il ripristino del fabbricato, hanno ben presto riscaldato l’atmosfera. Ha condiviso la giornata il vescovo della Diocesi, mons. Giuseppe Pellegrini, ospite d’onore della manifestazione, accompagnato da don Maurizio Busetti. Dopo il saluto ufficiale del sindaco, Roberto De Marchi, in cui ha evidenziato il significato della giornata e il reale ruolo dell’associazionismo e del volontariato sul territorio, sono seguiti l’intervento e la benedizione del vescovo. Quindi, i rappresentanti delle singole associazioni hanno presentato il loro operato sul territorio. La giornata è proseguita con un momento conviviale, favorito anche da uno squarcio di sereno. 33

La «Verta in Platha»

La seconda edizione della festa di «Primavera in Piazza», organizzata dal Gruppo Volontari in collaborazione con Comune, Pro Loco e Spazio Giovani di Budoia, ha avuto luogo sabato 2 giugno. Ricchissimo e per tutti i gusti il programma proposto: dall’intervento ufficiale del sindaco «Voler bene all’Italia, festa dei piccoli comuni» per la cerimonia della festa della Repubblica all’escursione naturalistica al Ciampestrin; dai giochi del Progetto Giovani alla lettura animata; dall’esibizione dei Papu a quella del Gruppo Folkloristico Artugna; dalla premiazione del concorso per la creazione del logo «Energia del bosco», progetto comunale rivolto alla Scuola Primaria di Budoia, ai numerosi laboratori. Anche quest’anno una grande quantità di eventi!


I è tornàth in sagrestia

Il mobilio settecentesco in legno di noce e di abete, appartenuto all’Archivio dei Sei Comuni di Polcenigo a seguito dell’accordo con la Repubblica Serenissima nel 1793, conosce un rinnovato splendore. Artefice della «rinascita» è Monica Romanin, restauratrice di San Martino di Campagna, che nello studio di Bassano del Grappa si è dedicata al ripristino dello stile originario e alla manutenzione degli armadi. All’argomento storico e agli antichi arredi l’Artugna dedicò, nel 1995, la pubblicazione I Sei Comuni a firma dello studioso Giorgio Zoccoletto.

L’istituzione, nata per volontà del budoiese mons. Giuseppe Lozer che offrì un iniziale sostegno economico e materiale librario come riconoscenza al suo paese natale, opera attivamente nel territorio da 44 anni. È punto focale della cultura per utenti di ogni età e, negli ultimi anni, anche di diversa provenienza: funge, infatti, da supporto alla sezione del centro Ter-

ritoriale Permanente di Sacile frequentata da cittadini stranieri. Nel discorso inaugurale, il sindaco ha voluto ricordare quanto sia attuale il pensiero del fondatore, citando un brano estrapolato dal libro di Lozer «Ricordi di un prete», in cui l’autore sosteneva l’importanza della diffusione della cultura anche con l’istituzione delle biblioteche popolari, già nei primi de-

Il taglio del nastro per l’inaugurazione della nuova sede della biblioteca.

La «don Lozer» tra storia e modhernità La biblioteca comunale «mons. Giuseppe Lozer» ha trovato una definitiva sistemazione, in un ampio spazio al piano terra della nuova ala del complesso scolastico, ufficialmente inaugurata il 26 maggio. 34


cenni del Novecento, quali validi rimedi alle ingiustizie che angosciavano la società. Il primo cittadino ha evidenziato, inoltre, che la nuova sede della biblioteca è al passo con l’innovazione tecnologica, essendo dotata di una postazione «wifi,» alla quale l’utenza può liberamente accedere. Sono seguiti gli interventi delle autorità civili regionali, provinciali e del sindaco di Pordenone; quindi il parroco, don Maurizio Busetti, a seguito di un breve discorso, ha benedetto la nuova struttura. La cerimonia ha visto la partecipazione della popolazione locale.

inno alla vita

Festa tra famee a San Tomè Anche quest’anno, nella prima domenica di luglio, in occasione della festa di San Tommaso apostolo (3 luglio), la parrocchia ha voluto riproporre la Festa delle Famiglie presso la chiesetta di San Tomè, in Val de Croda. Nonostante il caldo, particolarmente afoso di quei giorni, la particolare posizione di San Tomè garantisce ai partecipanti un clima gradevole e riposante. La festa consiste in una santa Messa celebrata nella radura prospiciente la chiesetta e in un momento conviviale (pastasciutta, affettati e dolci) predisposto da un gruppo di volontari. È bene, ogni tanto, frequentare anche questo antico luogo di culto tanto caro ai nostri antenati. La chiesetta andrebbe anche sottoposta alla manutenzione, specialmente sul tetto, e sarebbe necessario trovare una soluzione al problema della eccessiva umidità. Purtroppo, la partecipazione è stata inferiore alle attese. Speriamo che il prossimo anno, per la terza edizione, magari pubblicizzandola con anticipo, la festa richiami un maggior numero di partecipanti da tutte e tre le parrocchie.

Ciao a tutti, sono Marco Brotto e vi voglio far conoscere la mia sorellina Anna, nata il 15 dicembre 2011. Vogliamo mandare un bacio a papà Manuel e mamma Lucia Vuerich e ai nostri nonni e bisnonni.

Ciao, sono Emma Carbonera e sono nata il 24 aprile 2012 per la gioia di papà Stefano e mamma Cristiana Vuerich, e sono la cuginetta di Marco e Anna Brotto.


inno alla vita Mi chiamo Matilde Donadel e sono nata il 25 febbraio 2012. Ho portato la felicità a papà Valentino e a mamma Eleonora Serafin, e anche ai nonni materni e a quelli paterni, Orfeo e Alida.

Ciao, sono Matteo Masis Scandolo, sono nato a Toronto (Canada). I miei genitori sono David e Carinne e i miei nonni Gianpiero e Donatella Zambon Rosit.

Il 29 marzo 2012, Michela Busetti si è laureata in Architettura per la Conservazione alla Facoltà di Architettura dell’Università IUAV di Venezia con il massimo dei voti, 110 e lode. Nella foto è ritratta con i compagni di tesi, Enrico Less e Caterina Peretti. Congratulazioni e affettuosi auguri dai famigliari.

È nata Giulia Toffoletto di Loris e Lisa Zambon Pala. Insieme al suo papà e alla sua mamma desidera mandare un bacione grosso, grosso ai nonni materni Paolo e Doria.

Auguri dalla Redazione!

Sergio Bragagnolo e Ramira Besa hanno festeggiato con gioia il 50° anniversario del loro matrimonio, avvenuto il 9 giugno 1962.


I ne à scrit... l’Artugna · Via della Chiesa, 1 33070 Dardago (Pn)

·

direzione.artugna@gmail.com

Bella anche la storia della montagna vissuta dai miei famigliari. Mi ha fatto sorridere la battuta di mio papà Domenico che, tornando giù in paese, disse: «Basta pesce in mont se no la farina pa’ la polenta, son da tocià, no la basta fin fine setimana!». Grazie a tutti di cuore.

Munsingen (Svizzera), 23 aprile 2012

Carissimi de l’Artugna, ringrazio tutti voi per aver inserito l’albero genealogico dei Del Maschio Danelin Fantin. Ringrazio particolarmente Vittorina, i miei cugini Pietro e Gioconda per tutte le ricerche che hanno fatto.

CARLA DEL MASCHIO

Cara Carla, siamo noi a ringraziarti per la tua generosità. Ci fa piacere sapere che hai apprezzato la ricostruzione dell’albero genealogico della tua famiglia e dei tuoi avi. In attesa dell’articolo che ci hai promesso, t’inviamo un cordiale saluto.

[...dai conti correnti] Nel ricordo di Marcellino Zambon. VERENA BIONDI ZAMBON – TORINO

Per l’Artugna in occasione della laurea di nostra figlia Michela. DANIELA E GIOMARIA BUSETTI

Vi ringrazio per l’Artugna, sempre più bella e gradita.

Grazie per l’Artugna che riceviamo con piacere.

FERDINANDO BRUSSATO – SARONNO (VA)

ANTONIO E BIANCA GISLON – PALAISE (FRANCIA)

Per l’Artugna che ricevo sempre con tanto piacere.

Un grande grazie per il periodico. SANDRO SIGNORA – BROADSANDS (INGHILTERRA)

FLORA BALLARDINI – LODI

In memoria di mamma Ester Cadamuro. REDDI E ORIELLA FORT

bilancio Situazione economica del periodico l’Artugna Periodico n. 125

entrate

Costo per la realizzazione

uscite 4.513,00

Spedizioni e varie

400,00

Entrate dal 26.03.2012 al 22.07.2012

3.562,00

Contributo Comune di Budoia

500,00

Totale

4.062,00 37

4.913,00


[ da pagina 2 ] l’importanza del volontariato in tempo di crisi i lavoratori con basso reddito e i troppi giovani che non trovano occupazione. Tutte situazioni che, in mancanza di aiuto, possono creare situazioni gravi e talvolta drammatiche. Anche i nostri paesi cominciano ad essere contagiati da questa piaga. Specialmente se la crisi dovesse proseguire ed aggravarsi, alcune nostre famiglie potrebbero trovarsi in seria difficoltà. Preghiamo e speriamo che ciò

non avvenga, ma come comunità dobbiamo essere pronti ad affrontare questa evenienza. Certamente l’Amministrazione comunale, tramite i servizi socio sanitari, ha il compito di affrontare i casi di disagio economico, ma è impensabile che possa risolvere da sola eventuali emergenze. Nella crisi si esaltano i veri valori, quelli che ispirano il volontariato: il donarsi gratuitamente, l’altruismo e la solidarietà.

Punture di spillo

Valori che per un cristiano si riassumono nel comandamento «Ama il prossimo tuo». Individualmente e come comunità (parrocchie, associazioni, gruppi di volontariato) è necessario porre particolare attenzione alle situazioni di disagio, e, contemporaneamente, incoraggiare ogni iniziativa che possa favorire un pronto ritorno ad una situazione di normalità.

a cura di Sante Ugo Janna e Giancarlo Angelin

[AFORISMI – MALDICENZE – PROVERBI – FREDDURE]

Capitalismo: libera volpe in libero pollaio. [Che Guevara] 1

Ognuno ha la faccia che ha, ma c’è gente che esagera! [Totò] 2

Il successo non è mai definitivo. [Winston Churchill] 3

Il caso aiuta solo chi è preparato. [Louis Pasteur] 4

Il successo è una conseguenza, non un obiettivo. [Gustave Flaubert] 5

1. Guevara de la Serna Ernesto detto «Che» (1928-1967) politico cubano di origine argentina, protagonista con F. Castro, della rivoluzione cubana (1956-1959), ebbe importanti incarichi nel governo. Teorico della lotta armata di liberazione per il Terzo Mondo, organizzò (1966) la guerriglia in Bolivia dove venne ucciso. 2. Antonio de Curtis detto «Totò» (Napoli 1898Roma 1967) attore di cinema e varietà, aiutato da un corpo mobile fino al marionettismo e da una mimica ineguagliabile, impose una maschera rappresentativa dei disagi dei ceti meno abbienti in una satira del costume italiano.

Il giorno più bello? Oggi. L’ostacolo più grande? La paura. La cosa più facile? Sbagliarsi. L’errore più grande? Rinunciare. La radice di tutti i mali? L’egoismo. La distrazione migliore? Il lavoro. La sconfitta peggiore? Lo scoraggiamento. I migliori professionisti? I bambini. Il primo bisogno? Comunicare. La felicità più grande? Essere utili agli altri. Il mistero più grande? La morte. Il difetto peggiore? Il malumore. La persona più pericolosa? Quella che mente.

Il sentimento più brutto? Il rancore. Il regalo più bello? Il perdono. Quello indispensabile? La famiglia. La sensazione più piacevole? La pace interiore. L’accoglienza migliore? Il sorriso. La miglior medicina? L’ottimismo. La soddisfazione più grande? Il dovere compiuto. La forza più grande? La fede. La cosa più bella del mondo? L’amore.

3. Churchill Winston (1874-1965) uomo politico britannico, primo ministro dopo la caduta di Chamberlain (maggio 1940), incarnò la volontà dell’Inghilterra di lottare contro il nazifascismo e guidò l’azione diplomatica e militare britannica nella seconda guerra mondiale.

5. Flaubert Gustave (1821-1880) scrittore francese, il suo romanzo più noto «Madame Bovary» (1857) gli procurò un processo per oltraggio alla morale: è la storia delle ambizioni, frustrazioni e degradazioni di una donna di provincia, che assurgerà a simbolo di un modo di vivere illusorio, nutrito di falso romanticismo.

4. Pasteur Louis (1822-1895) chimico e biologo francese, introdusse la vaccinazione con microrganismi viventi ma attenuati, scopri i microbi piogeni, eseguì importanti esperienze sulla rabbia che lo condussero alla scoperta del siero antirabbico, inventò il processo per la conservazione del vino,birra e latte detto pastorizzazione.

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[Madre Teresa di Calcutta] 6

6. Teresa di Calcutta al secolo Agnese Gonxha di Bojaxhiu (1910-1997) religiosa indiana di origine macedone. Stabilitasi a Calcutta, si dedicò all’assistenza degli ammalati e degli emarginati, fondando l’ordine delle Missionarie della Carità (1948). Nobel per la pace (1979). Beatificata da papa Giovanni Paolo II (10.10.2003).


Comune di Budoia Comitato Festeggiamenti Dardago Pro Loco Budoia Periodico l’Artugna

2012

Dardago Pieve Santa Maria Maggiore

mercoledì 15 11.00 in chiesa Santa Messa solenne in onore dell’Assunta

sabato 11

16.30

19.00

presso ex scuole

presso ex scuole

Giochi popolari per i ragazzi

Apertura chiosco enogastronomico

martedì 14

21.00

10.30

Serata danzante con l’orchestra «Ombre Rosse»

domenica 12 12.00 in teatro Inaugurazione Mostra di pittura «Opere di Angelo Modolo» [1926-2010]

19.00 presso ex scuole Apertura chiosco enogastronomico

21.00

in chiesa Santa Messa solenne per il 70° anniversario della morte di don Romano Zambon concelebrata dal vescovo Mons. Giuseppe Pellegrini, don Maurizio Busetti e dagli ex Parroci di Dardago

Apertura chiosco enogastronomico

21.00 Musica dal vivo con «Sylvia»

17.00 presso ex scuole Partenza della 6a marcia sul percorso circolare del torrente Artugna Apertura chiosco enogastronomico

da domenica 12 a mercoledì 15

21.00

in teatro

Serata danzante con l’orchestra «Alto gradimento»

Mostra di pittura «Opere di Angelo Modolo 1926-2010»

in chiesa

[a cura dei figli ]

Concerto per l’Assunta «Umile e alta più che creatura»

Mostra di archeologia del paesaggio «L’insediamento medievale di Longiarezze a Budoia»

Insieme Vocale Elastico con la partecipazione straordinaria del soprano Ornella Pratesi Fabrizio Fucile, direzione Stefano Maso, organo

Mostra «Cuan che i noni i era nini» [a cura del Gruppo Folcloristico Artugna per il 35° di attività]

da sabato 4 a mercoledì 15 in canonica

Pesca di beneficenza


Ricordi (mimetizzati) d’estate La nostra (nostra perché ci ha tenuto compagnia per oltre un mese frinendo nel nostro cortile a Budoia) Cicala, Cicada orni L. si nascondeva nel fitto fogliame, ma se disturbata, si difendeva mimetizzandosi sulla corteccia, rendendosi così meno visibile agli uccelli potenziali predatori. Talvolta era sul Prunus, ma preferiva il Carpino Nero Ostrya carpinifolia Scop., e proprio da tale pianta si è concessa all’obiettivo. Una curiosità: in Friuli convivono due specie di cicale (fam. Cicadidae), la nostra Cicada orni ed il Lyristes plebejus Scop. (quest’ultima, un po’ più grande della prima, non presenta le chiazze nere sulle ali visibili nelle foto). In lingua friulana cicala si dice ciale; ma mi comunicava il dr. Pietro Zandigiacomo dell’Istituto di Entomologia dell’Università di Udine, che un vecchio gli aveva raccontato che esiste anche il nome chek, «parce che lòr sont dòs». Capacità di osservazione dei nostri vecchi! Testo e foto di Osvaldo Puppin


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