l'Artugna 132 - Agosto 2014

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Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

Anno XLIII · Agosto 2014 · Numero 132

Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia


[ l’editoriale ]

la lettera

l’Artugna a portata di «clic»

di Roberto Zambon

del Plevàn

Q uasi in sordina, nello scorso numero di Pasqua a pagina 5, accanto al sommario, è apparso uno strano quadrato. Non era un errore di stampa ma un QRC, abbreviazione di Quick Response Code, che possiamo tradurre con codice a risposta veloce. È un crittogramma, interpretabile dagli attuali telefonini cellulari in grado di svolgere moltissime funzioni. Ad esempio, è possibile accedere facilmente ad un sito web, con la sola inquadratura di un QRC. Anche l’Artugna ha voluto fornire ai propri lettori questa facilitazione. Tramite il QRC si arriva velocemente sulla pagina del nostro sito www.artugna.blogspot.it che permette, tra l’altro di visualizzare i numeri della rivista. Con il cellulare, pertanto, è possibile accedere alla nostra rivista in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo. Una sezione del nostro sito www.parrocchie-artugna.blog spot.it già dal 2010 pubblica il Foglio di collegamento delle parrocchie di Dardago, Budoia e Santa Lucia in cui il parroco don Maurizio Busetti ogni settimana pubblica una riflessione sulla liturgia domenicale, l’elenco delle Sante Messe celebrate nelle tre parrocchie e gli avvisi utili per la vita della comunità parrocchiale. Ora, anche questa sezione è raggiungibile dal cellulare tramite QRC. In ogni numero della nostra rivista, verranno pubblicati i due QRC, uno per collegarsi al sito della rivista e l’altro per accedere velocemente al foglietto di collegamento parrocchiale. Ricordiamo ai nostri lettori che il modo migliore per comunicare con la nostra redazione, anche per spedire articoli e/o fotografie è la posta elettronica con questo indirizzo: direzione.artugna@gmail.com

di don Maurizio Busetti

Totus Tuus programma di Il 27 aprile di quest’anno, giorno della Divina Misericordia, insieme con Papa Giovanni XXIII è stato proclamato santo anche l’indimenticabile papa Giovanni Paolo II. Sono passati solo 9 anni dal suo beato trapasso e ancora gli animi dei moltissimi che l’hanno conosciuto e amato negli oltre 26 anni del suo Pontificato sono a lui legati da grande venerazione. «Totus Tuus» è il motto scelto da Giovanni Paolo II. La devozione mariana è senza dubbio uno dei caratteri distintivi del suo pontificato. Si è affermata nella vita di Karol nel periodo in cui lavorava come operaio in fabbrica. Grazie a San Luigi Grignion de Montfort (suo è il «Trattato della vera devozione alla Santa Vergine») scoprì che «la vera devozione alla Madre di Dio è cristocentrica, anzi è profondissimamente radicata nel Mistero trinitario di Dio». Il motto «Totus tuus» è ispirato proprio alla dottrina di san Luigi Maria Grignion de Montfort. Queste due parole esprimono l’appartenenza totale a Gesù per mezzo di Maria: «Tuus totus ego sum, et omnia mea tua sunt», scrive san Luigi Maria; e traduce: «Io sono tutto tuo, e tutto ciò che è mio ti appartiene, mio amabile Gesù, per mezzo di Maria, tua santa Madre». 2

La devozione alla Santa Vergine è un mezzo privilegiato «per trovare Gesù Cristo perfettamente, per amarlo teneramente e servirlo fedelmente». In virtù di tale consapevolezza hanno preso forma le due encicliche «Redemptoris Mater» e la «Mulieris dignitatem». Per il Papa polacco la devozione a Maria non è soltanto un bisogno del cuore oppure una sorta di sentimentalismo, piuttosto «corrisponde alla verità oggettiva sulla Madre di Dio». Il Concilio Vaticano II ha compiuto passi importanti nella devozione mariana. E nel capitolo VIII della «Lumen gentium» Giovanni Paolo II riconosce le sue varie esperienze mariane: la venerazione per la Madonna del Perpetuo Soccorso nella chiesa di Wadowice e per la Madonna Nera venerata come Regina della Polonia (Korolo Polski) sono solo alcuni esempi. Secondo le parole del Concilio Vaticano II, Maria «è riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa e sua immagine ed eccellentissimo modello nella fede e nella carità» (Cost. «Lumen gentium», 53). La Madre del Redentore è anche redenta da lui, in modo unico nella sua immacolata concezione, e ci ha preceduto in quell’ascolto


Papa Giovanni Paolo II. Alle sue spalle l’icona della Madonna Nera, venerata come Regina della Polonia.

un pontificato credente e amante della Parola di Dio che rende beati. Era il 25 marzo 1983, nell’Anno giubilare della Redenzione, quando Giovanni Paolo II ha rinnovato l’affidamento del mondo al Cuore immacolato di Maria. Il 25 marzo 1987, alla fine della «Redemptoris Mater» ha stabilito la celebrazione dell’Anno Mariano (7 giugno 198715 agosto 1988) come preparazione dei duemila anni della nascita di Cristo. L’enciclica «Redemptoris Mater» è certamente il più importante documento del magistero mariano di Papa Wojtyla; un documento che rappresenta un determinante contributo alla dottrina mariana della Chiesa cattolica. Occorre aggiungere a tal proposito come l’approfondimento e la riflessione continua sulla Madre di Dio abbiano spinto spesso Giovanni Paolo II ad affrontare la questione femminile nel mondo della Chiesa, specie con la lettera apostolica «Mulieris dignitatem» sulla dignità e la vocazione della donna. Inoltre, non dobbiamo dimenticare il Catechismo della Chiesa Cattolica, nato su richiesta del Sinodo dei Vescovi nel 1985 e promulgato nel 1992, nel quale la Madonna è stata collocata in una posizione centrale nella confessione del Dio Uno

e Trino. Insomma il santo Papa ha dedicato davvero tanto alla Vergine: basti pensare alle 70 catechesi mariane pronunciate in altrettante udienze del mercoledì, ai tanti richiami alla Madonna nei vari interventi e documenti che il pontefice ha pubblicato nel suo lungo pontificato; alle numerose omelie pronunciate durante le sue visite nei santuari mariani italiani e del resto del mondo. Come non ricordare infine i commoventi momenti legati alle ultime visite papali ad un santuario mariano. Ricordiamo la visita al Santuario di Lourdes che apparve a tutti come un addio alla Mamma Celeste alla quale affidò tutti gli ammalati e se stesso. E ricordiamo la visita a Pompei, di Giovanni Paolo II, avvenuto il 7 ottobre 2003 a conclusio-

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ne dell’Anno del Rosario. Costituisce quasi un testamento spirituale del Papa mariano, una consegna ed una missione per il Terzo Millennio dell’era cristiana: il Santuario mariano, centro internazionale d’irradiazione del Santo Rosario, deve essere, con la semplice e popolare preghiera mariana, avamposto d’evangelizzazione nel terzo millennio dell’era cristiana, luogo d’incontro tra popoli e culture, laboratorio di pace e luogo di accoglienza per gli uomini e le donne, soprattutto minori, vittime della povertà e del disagio sociale. L’immagine del vecchio e sofferente Papa che affidava se stesso e il mondo alla Beata Vergine del Rosario di Pompei hanno fatto il giro del mondo suscitando tenerezza e gratitudine. Quell’immagine rimarrà indelebile nei nostri cuori.

www.parrocchie-artugna.blogspot.it

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[ la ruota della vita ]

NASCITE Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di... Leone Gioia di Gennaro e di Cristina Basso – Santa Lucia Giacomo Meneguzzi di Kocis e di Francesca Iuorio – Santa Lucia Giacomo Fort di Simone e di Gloria Mauro – Santa Lucia Lorenzo Marielli di Gino e di Tatiana Cinquemani – Budoia Giada Cipolat Mis di Massimo e di Elena Gava – Santa Lucia Eleni Maria Meremetides di Joannis e di Nadia Rover – Dardago Enea Nadalini di Stefano e di Diana Zuccato – Santa Lucia Greta Fiorot di Michele e di Marica Tizianel – Budoia Viola Zambon Rosìt di Riccardo e di Jenny Toffoli – Dardago Mattia Quadrelli di Roberto e di Beatrice Vettor – San Giuliano Milanese (Milano) Edoardo Piccini Corboud di Federico e di Elisa Vettor – Mulazzano (Lodi) Vittorio Berton di Michele e di Elisa Ros – San Vendemiano (Treviso) Carlotta Moretton di Andrea e di Claudia De Silvestri – Dardago Simone Del Maschio di Davide e di Daniela Pasut – Budoia Alice Busetti di Francesco e di Tiziana Bufacchi – Roma

MATRIMONI Felicitazioni a... Stefania Berton e William Klement – Toronto (Canada) Nozze d’argento Flavio Zambon Tarabìn Modola e Angelina Varone – Dardago

LAUREE, DIPLOMI Complimenti! Marta Zambon Pinàl – Discipline Artistiche e Archeologiche (110 e lode) – Verona Adriano Zambon – Giurisprudenza (110 e lode) – Sesto San Giovanni (Milano) Francesca Zambon – Lettere (110 e lode) – Dardago Antonella Del Puppo – Operatore della Ristorazione (cuoco) – Budoia Matteo Martinelli – Maturità Classica – Milano

DEFUNTI Riposano nella pace di Cristo. Condoglianze ai famigliari di…

IMPORTANTE Per ragioni legate alla normativa sulla privacy, non è più possibile avere dagli uffici comunali i dati relativi al movimento demografico del comune (nati, morti, matrimoni). Pertanto, i nominativi che appaiono su questa rubrica sono solo quelli che ci sono stati comunicati dagli interessati o da loro parenti, oppure di cui siamo venuti a conoscenza pubblicamente. Naturalmente l’elenco sarà incompleto. Ci scusiamo con i lettori.

Giovanna Ianna di anni 99 – Cordenons Maria Zanolin di anni 92 – Budoia Wilmer Puppin di anni 57 – Budoia Rina Bastianello di anni 87 – Dardago Jole Moras di anni 87 – Santa Lucia Secondo Gislon di anni 94 – Santa Lucia Marco Poletti di anni 26 – Dardago Maria Fort di anni 97 – Santa Lucia Teresa Zambon di anni 97 – Santa Lucia Paolina Zambon di anni 88 – Dardago Luigia Serafin di anni 85 – Budoia Giuseppe Marcandella di anni 84 – Santa Lucia Onorina Sanson di anni 89 – Milano Gian Pietro Mezzarobba di anni 52 – Budoia Teresa Signora di anni 88 – Budoia Giovanni Alessio di anni 85 – Dardago Clelia Rizzo di anni 93 – Venezia

Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.

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In copertina. Particolare della statua di San Tomè realizzata da Giorgio Igne ed inaugurata domenica 6 luglio in Val de Croda. Collocata nell’omonima chiesetta immersa nel bosco, personalizza ancor di più la sacralità di quel luogo, valorizza ed «accompagna», con maggior forza suggestiva, l’esercizio della meditazione ed i nostri momenti di quiete e riflessione.

Periodico della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia

2 l’Artugna a portata di «clic» di Roberto Zambon 2 La lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti

In quarta di copertina. «Fate tutti il vostro dovere»

4 La ruota della vita

Dal 1915 al 1918 vi fu un continuo susseguirsi di prestiti di guerra il cui lancio, era affidato ai giornali e, più ancora, ai manifesti. Uno dei più efficaci, è senza dubbio questo, disegnato da Mauzan, e apparso proprio nel periodo intorno a Caporetto: nella figura del fante con lo sguardo acceso e l’indice puntato, quasi minacciosamente, verso il pubblico par di vedere il simbolo della resistenza sul Piave.

6 Tre opere d’arte nei nostri paesi di Roberto De Marchi 6 San Tomè ’n te la glesia sót ’l crép Una nervosa sospensione tra dubbio e rivelazione di Lorena Gava

20 A 100 anni, sempre generosa e solidale a cura della Redazione 20 Grazie, Marianna, sei d’esempio per tutti! di don Maurizio e a cura della Redazione 21 Essere di paese di Leontina Busetti 22 Pasqualino Canta, un grande uomo di Pasquita Maiorano Zambon 24 Gli alpini con la loro gioia, allegria e commozione anche a Budoia di Mario Bolzan

sommario

agosto 2 0 III ·

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anno X L

(Civica raccolta Bertarelli – Milano)

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Direzione, Redazione, Amministrazione tel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594

7 La vita in un dito di don Domenico Salvador 8 «Pubblicum oratorium S. Thome Apostoli sub cura Dardaci» di Vittorina Carlon 8 Due occhi sbarrati e curiosi di don Maurizio Busetti 9 San Martìn ’n te la glesiuta su l’Artugna Elio Silvestri, l’autore della tela di san Martino di Nicoletta Silvestri 10 La statua di san Martino di Vittorio Janna Tavàn

Internet www.artugna.blogspot.com e-mail direzione.artugna@gmail.com Direttore responsabile Roberto Zambon · tel. 0434.654616 Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna Contributi fotografici Archivio de l’Artugna, Luciano Fabbri, Vittorio Janna, Francesca Romana Zambon Spedizione Francesca Fort

11 Gli Amministratori del Comune di Budoia [1945-2014] di Elvi China 13 Son tornadhi a votà

Ed inoltre hanno collaborato Francesca Janna, Espedito Zambon Stampa Sincromia · Roveredo in Piano/Pn

14 Il sogno della Venezia delle Nevi a cura della Redazione 15 Te te pénseto?!... te te pénseto cuan che…? di Luigi Zambon

Autorizzazione del Tribunale di Pordenone n. 89 del 13 aprile 1973 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

18 È donando che si riceve Concerto di Beneficenza pro San Carlos di Roberto Zambon

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.

19 I paesi della solidarietà di Nora Quaggiotto 5

25 Operette e musica, che emozione! di Anna Pinàl 26 Prima Festa de ’l Ruial di Chei de ’l Ruial 28 Festa di Primavera, in piazza di Giorgia Del Puppo, Daliah Frezza, Claudio Mariani, Cristina Barbariol, Daniela Lavezzari 29 Gli animali in poesia 29 A Sotto il Monte in pellegrinaggio di don Maurizio Busetti 32 Cento anni dalla nascita. Don Alfredo Pasut di don Matteo Pasut 33 Il valore di un sorriso. Don Bruno Della Rossa di Vittorio Janna Tavàn e Francesco Guazzoni 35 ’N te la vetrina 36 L’angolo della poesia 37 Recensioni 38 Un pensiero per... Claudio, Marco, Secondo 40 Lasciano un grande vuoto... 41 Cronaca 43 Inno alla vita 45 I ne à scrit... 46 Bilancio 47 Programma Dardagosto


tre opere d’arte nei nostri «Oggi è una giornata importante perché ci troviamo in questo magnifico oratorio incastonato in secoli di storia ai piedi delle nostre montagne, nella giornata della 4a Festa della Famiglia. È un incontro gioioso anche per i lavori di sistemazione da poco conclusi e per il nuovo gioiello artistico che impreziosisce ulteriormente la chiesetta: la scultura di san Tommaso creata dall’artista Giorgio Igne, che siede oggi con noi accanto alla sua opera.

In due mesi sono stato invitato due volte a questi momenti di celebrazione di nuove opere d’arte; il 25 aprile eravamo alla chiesa di San Martino dove il pittore Elio Silvestri ha svelato la tela da lui dipinta e lo scultore Renato Zambon ha presentato la sua opera lignea raffiguranti entrambe l’omonimo santo, ed oggi siamo nuovamente qui, con una nuova opera. Molti ritengono che l’Italia sia il paese più bello al mondo ed io stesso sono di questa opinione; abbiamo una

natura straordinaria, dei paesaggi suggestivi, ma forse il maggior patrimonio di cui disponiamo è l’arte, che tutto il mondo ci invidia per quantità e qualità. È innegabile che un ruolo da protagonista nella crescita e conservazione del nostro patrimonio artistico è riconducibile alla Chiesa. In duemila anni ha saputo investire e coltivare un rapporto privilegiato con l’arte; quanto accade qui oggi, e quanto accaduto a San Martino due mesi fa, si inserisce in questo rapporto

san Tomè ’n te la glesia sót ’l «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito al posto dei chiodi, e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». [GV 20, 25]

una nervosa sospensione tra dubbio e rivelazione di Lorena Gava Il san Tommaso di Giorgio Igne è raccolto nella simbologia di un gesto, nell’umana verità di quell’indice sospeso che diventa emblema e paradigma del dubbio. Il dubbio fa parte della vita, è il presupposto di una fede autentica, è un mezzo per arrivare a Dio: «Venne ancora il Signore e al discepolo incredulo offrì il costato da toccare, mostrò le mani e, indicando la cicatrice delle sue ferite, guarì quella sua incredulità» (san Gregorio Magno). Ancora una volta, Giorgio Igne scava dentro l’anima e la forma-materia diventa la suprema espressione dell’incertezza che accompagna ogni esistenza. La voluta sproporzione degli arti, l’accorato stupore e l’accentuato vigore plastico al limite della deformazione rendono la dimensione del sacro fortemente attuale, dentro le inquietudini di un «eterno presente» che la storia inesorabilmente tramanda. 6


paesi

di Roberto De Marchi, Sindaco

della Chiesa con l’arte. Si tratta di un segnale positivo, che dà speranza; perché l’uomo non può vivere solo di pane e all’arte è affidato il ruolo di sollevare lo spirito, in particolare nei momenti difficili come gli attuali, così come quelli che hanno caratterizzato la nostra storia. Nella statua creata da Igne vediamo come san Tommaso,

attraverso la gestualità, presenta due condizioni importanti e complementari per ciascuno di noi: nella mano sinistra possiamo leggere l’umiltà, la riservatezza espressa attraverso un gesto di protezione, che può ricordarci la ferma leggerezza dell’Annunciata di Antonello da Messina. Nella mano destra, al contrario,

crép L’artista Giorgio Igne, autore della statua di san Tommaso (foto di Cristiano Pinzan).

la vita in un dito divagazioni sulla statua di san Tomè di don Domenico Salvador Tommaso, chiamato didimo cioè gemello, aveva avvertito più degli altri discepoli di Gesù l’imminente minaccia dei giudei contro il Maestro nella fase della morte di Lazzaro e, con rassegnazione fatalista, aveva solidarizzato: Andiamo anche noi a morire con Lui! (Giovanni 11, 16). Assistendo, poi, da lontano alla crocifissione e morte del suo Signore, era caduto nella più cocente delusione e depressione. Ora il suo corpo è scarnificato dalla ricerca insonne della verità di quel Nazareno in cui aveva riposto tutte le sue speranze e che aveva momentaneamente rischiarato i suoi dubbi esistenziali e religiosi. Il volto teso e scavato è diventato diafano per la crisi in cui lo avevano gettato gli altri discepoli, che giuravano di aver visto Gesù risorto in carne ed ossa, senza aver eliminato le paure e cambiato stile di vita. A Tommaso non bastano gli occhi per credere. Vuole toccare, palpare quel corpo finito su una croce. Nella tensione tra vista e tatto pone tutta la fiducia per risolvere i suoi dub-

bi: vuole la prova fisica, tattile con la sua mano, con il suo dito. La natura ci ha dato un dito speciale: l’indice. È il dito della curiosità e dell’orientamento, ma anche della golosità con cui i bambini assaggiano le torte e i gelati (fura bolo in brasiliano). Lo usiamo pure come accusa o minaccia quando lo puntiamo contro qualcuno, a volte in forma di pistola imitandone il suono: pam-pam! Il ditone-indice della scultura di

troviamo la tensione e la forza dell’indice teso in avanti alla ricerca del vero. Da questa statua leggo due messaggi propedeutici al fare politica, ovvero l’umiltà e la ricerca del vero; due valori che l’arte riesce a veicolare senza parole, rivendicando così la sua necessaria superiorità al superfluo».

Giorgio Igne è la punta avanzata di un fremito che ha percorso tutta la vita e in cui ora concentra la tensione per rappacificarsi nel foro luminoso dei chiodi, che testimoniano la morte e risurrezione dell’amato Maestro. Ci viene spontaneo il richiamo, nel film di Steven Spielberg, al contatto degli indici tra E.T., l’Extra Terrestre, ed il bambino, rappresentante dei «piccoli» ai quali il Padre rivela i segreti del regno dei cieli. Su quell’incontro si gioca il senso e la direzione della nostra esistenza.Tommaso ci indica la strada della salvezza, che consiste sempre nel cercarla per le fessure della sofferenza di ogni essere umano dalle mani ai piedi, con la speranza che ci aprano alla prospettiva della risurrezione per comprendere il valore di ogni dolore. Caro san Tommaso, ti ringraziamo della tua agitazione incredula sfociata nella fede solare in Cristo: Mio Signore e mio Dio! Siamo certi che, seguendo l’invito di Gesù, hai messo pure la mano nella ferita del suo fianco aperto dalla lancia del soldato per toccare quel cuore da cui sgorga la gioia di credere. È il dolce contatto che appaga la nostra fame e sete di felicità. Tommaso, sei tutto in quel ditone e ci indichi che è Via, Verità e Vita. Grazie, Tommaso, modello dei cercatori di Dio e nostro Patrono! Amen!

Il battesimo di Enea Nadalini, impartito dal Vescovo diocesano Giuseppe Pellegrini e da don Maurizio Busetti in occasione della Festa della Famiglia a San Tomè.

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san Tomè ’n te la glesia sót ’l crép

«Pubblicum oratorium S. Thome Apostoli sub cura Dardaci» Brevi cenni di devozione popolare di Vittorina Carlon La prima costruzione dell’oratorio di San Tomé risale ai secoli XII-XIII, su possibili resti di un precedente sacro paleocristiano e a sua volta addirittura su ipotizzabili ruderi di «un tempietto pagano, posto ai piedi di un dirupo aspro e roccioso, costruito più in alto di quanto possa giungere il lancio di una balestra». Così annotò in una lettera Jacopo di Porcia su informazioni degli abitanti di Dardago, raccolte durante una sua escursione, nel marzo 1505. Si trattava di un probabile ninfeo, collegato ai culti lustrali dell’acqua che segnavano riti di passaggio o momenti preparatori della vita dell’uomo, quindi, un centro d’intensa vitalità e d’importante culto. Perché dedicare l’oratorio a san Tommaso apostolo, in un luogo d’acqua? Alcune ipotesi potrebbero avvalorare la scelta del culto. Nella religiosità popolare, san Tommaso, vissuto nel I secolo in Palestina, è invocato da chi soffre di oftalmie in riferimento alla sua originaria cecità spirituale. Secondo i riti ancestrali, si sa pure quanto l’acqua sia un elemento importante nella cura delle malattie degli occhi; ciò potrebbe aver determinato la scelta dell’intitolazione di una chiesa su un pianoro sovrastante un torrente, già in età paleocristiana. Secondo la ‘Leggenda Aurea’, l’apostolo è considerato protettore di muratori, scalpellini, architetti, perché avrebbe costruito un palazzo per un re indiano. Tale protezione potrebbe aver influito sulla scelta del culto, poiché gli abitanti dei nostri paesi – abili muratori e scalpellini che lasciarono importanti tracce delle loro opere nel territorio e all’estero – traevano beneficio dai sassi del torrente per la costruzione dei propri edifici. Dal medioevo in poi, l’oratorio fu sicuramente centro di devozione per la frequenza di processioni oltre che dei fedeli dell’antica pieve, anche di quelli provenienti dai paesi limitrofi. Il periodo di maggior affluenza al sacro avveniva tra la primavera e l’estate. In occasione delle antichissime Rogazioni, riti che precedevano il giovedì dell’Ascensione, alle prime luci dell’alba della vigilia, i devoti s’inerpicavano processionalmente con la croce astile della pieve in apertura di corteo, lungo le rive dell’Artugna sino a raggiungere la chiesetta votiva; animavano il percorso tra i canti delle Litanie dei Santi e le invocazioni di protezione divina dalle calamità naturali e per la buona riuscita dei raccolti. Secondo l’antica tradizione, a completamento del rito propiziatorio, seguiva la distribuzione del pane e del vino ai partecipanti, da parte dei camerari (Alcune citazioni settecentesche: 1743. «form.to fato in pan […] che si dispensa al Poppolo […]»; 1705. «Per vin in dete Rogazioni Boc.li (boccali) 4»). Il ricovero del sacro si animava pure il 3 luglio, nella ricorrenza della traslazione del corpo di san Tommaso a Emessa, in Mesopotamia. La popolazione celebrava, inoltre, riti propiziatori nei periodi di prolungata siccità per invocare la pioggia, così pure nei momenti di particolari richieste d’aiuto come la protezione dalle ‘formiche’ che distruggevano i bachi da seta, devozione testimoniata oltre che dai locali anche dai Marsuresi e viva fino all’inizio del secolo scorso. E ancora per ogni evenienza individuale e/o collettiva. Particolari processioni notturne, composte di sole donne provenienti da San Giovanni di Polcenigo e prive della guida spirituale del sacerdote, si snodavano al canto delle Litanie dei Santi lungo i paesi fino alla chiesetta; la tradizione sopravvisse sino alla fine dell’Ottocento. Essendo, purtroppo, limitate le fonti documentarie di pietà popolare, si riesce a ricostruire la storia del sacro solamente attraverso la memoria orale, tramandata di generazione in generazione. Per maggior approfondimento della storia degli oratori di San Tomè, Sant’Angelo, e San Martino, consultare l’articolo di Vittorina Carlon «Lo spirito sulle acque» in Il Vallone di San Tomè a cura di Roberto Pavan e Clara Costariol, edito dall’Associazione Naturalisti Sacile ONLUS nel 2009, pp. 45-69.

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due occhi sbarrati e curiosi di don Maurizio Busetti Due occhi sbarrati e curiosi, una mano che si tende nel ricercare una verità palpabile, una fede che si accende nella presenza dell’amato, la fine della ricerca tormentata: «Signor mio e Dio mio». È forse questo il motivo per il quale i nostri antichi progenitori hanno voluto costruire una chiesa in onore dell’apostolo Tommaso. Una storia tormentata dalle tribolazioni di scarsi raccolti, di una terra dura, avara e petrosa, l’incombere dei pericoli di ogni genere, anche i turchi ci hanno messo la loro parte con le tremende scorribande e tentativi di invasione seminando terrore, devastazione e morte. Costruiamo una Chiesa, lì in mezzo al bosco, «sót ’l crép». Abbiamo bisogno di rafforzare una fede che ogni tanto langue, abbiamo bisogno di chi ci indichi la via a Cristo, abbiamo bisogno di chi si metta al nostro fianco e cammini con noi e ci faccia risentire quelle amorevoli ma decise parole: «Perché tu mi hai visto hai creduto Tommaso. Beati quelli che non hanno visto e crederanno». Ed ecco che sulle rovine di un probabile sacello pagano, la fede in Cristo trionfa. Quella Chiesa è impregnata dalla risposta di Tommaso, fatta propria dai nostri avi: «Signor mio e Dio mio». Quella fede che ha attraversato i secoli ed è giunta fino a noi. Quella Chiesa che, meta di rogazioni, luogo di celebrazione di Messe, testimone del congiungersi dell’amore di giovani sposi, della nascita alla fede di fanciulli, di semplici e silenziose visite, resta l’orgoglio della nostra «gens Dardacensis». Nella plasticità della sua opera l’amico Giorgio Igne ci fa rivivere tutto questo. Grazie!


san Martìn ’n te la glesiuta su l’Artugna di Nicoletta Silvestri Elio Silvestri l’autore della tela di san Martino Elio Silvestri nasce nel 1932 a Castellaneta, nell’entroterra suggestivo della Campagna Pugliese in provincia di Taranto. Negli anni ’50 si trasferisce a Milano per completare i suoi studi all’Accademia di Brera. Diviene ben presto nel ’51 direttore di scenografia dell’Organizzazione Pagot, per la quale crea alcune campagne pubblicitarie a cartoni animati per la RAI, quelle che la sera entravano nelle nostre case con Carosello. Molti ricorderanno magari le celeberrime Calimero, l’Olandesina, Giò Condor, Gigante pensaci tu, Tacabanda. Presto allarga la sua attività e spazia nell’editoria come illustratore di libri per ragazzi, di riviste e fumetti. Pur continuando ad interessarsi al design e all’illustrazione, per raccontare il nuovo spirito dei tempi, decide di seguire la pittura. Esordisce come pittore nel ’62 alla Galleria Pater di Milano. La pittura di Elio Silvestri senza dubbio oltre a manifestare nel corso degli anni le sintonie con le varie situazioni della cultura visiva contemporanea via via emergenti crea un suo personale discorso fatto di citazioni di ‘incontriscontri’ di elementi diversi, ma desunti tutti dall’arte del passato e dei grandi maestri della pittura. Dall’89 per parecchi anni insegna Scenografia all’Istituto Europeo di Design (IED) di Milano mentre continua la produzione pittorica. Nonostante ami la sua città adottiva decide nel tempo di abbandonare quella caoticità diventata ormai irrespirabile e si trasferisce in Friuli nel 2013. Non è un caso, forse, che parte della sua famiglia ha origine quì come anche gli imprenditori Nino e Toni Pagot che gli offrirono di diventare direttore di scenografia per i caroselli della Rai quando Elio era appena un ventenne. Le circostanze favorevoli che lo hanno promosso allora si ripresentano ancora una volta suo malgrado: qualcuno viene a sapere di lui e decide di conoscerlo per invitarlo a partecipare alla cerimonia della quale sappiamo. Elio

accoglie questa nuova proposta come un riconoscimento che va onorato oltre ad essere una nuova sfida. Sta per iniziare l’inverno ed Elio si sente dunque gratificato dal richiamo all’opera per San Martino e la sua chiesetta e si appresta al lavoro che durerà alcuni mesi. Col trascorrere delle prime settimane invernali si affaccia un’inquietudine nuova. Passano i giorni e il rallentamento reattivo aumenta; per la prima volta in vita sua Elio, dopo più di 60 anni di produzione generosa e incessante, non prende più in mano un pennello. Ogni tanto rigira qualche tela sul cavalletto, la posiziona e nulla più. A Elio era stata diagnosticata la sindrome di Parkinson. Provare a ritrovare un ritmo e una forza nuova in reazione a quest’ombra per combatterne gli aspetti collaterali spesso più critici della malattia stessa non è cosa da poco. Nella tranquillità del luogo dove è sita ora la nuova abitazione di Elio, comincia anche la nuova lotta tra Elio, la tela del San Martino e le sue gambe che certi giorni non ne vogliono sapere di star ritte davanti al disegno. La «triade» è già ben abbozzata coi suoi tre elementi, il santo, il cavallo e l’uomo più… un campanile in lontananza, un elemento speciale che Elio ha voluto aggiungere in un posto speciale, ma il ca-

L’artista Elio Silvestri.

vallo, il santo e l’uomo, non vanno avanti. La figura del mendicante, l’anziano spoglio e barbuto, un po’ piegato sulle gambe e con mano tesa in richiesta d’aiuto appare chiaro, in primo piano, sotto una luce che non lascia dubbi. Quelle gambe sofferenti dell’anziano si scorgono bene ma il resto no e per molte settimane ancora rimarrà indefinibile. Ed è proprio lì, in quell’altra parte a tre quarti e a basso del quadro che Elio deve prima fare i conti con una parte di sè per poterla finire. Finché in quella soffitta dove Elio sta rinchiuso a lavorare e ponderare, sotto quelle travi anche troppo basse per un’opera di così grandi dimensioni, là dove il lavoro diventa un esercizio da equilibrista e la prova di resistenza avanza ad oltranza, ancora una volta lo spirito del tempo viene a far visita a Elio. È riuscito a stanarlo anche quì, a Dardago, ma non è più lo spirito del tempo degli anni ruggenti che accompagnava Elio mentre cavalcava l’onda dei mari tumultuosi del mondo degli artisti. È entrato nel suo studio e gli ha imposto uno schema nuovo. L’aiuto che quella mano bianca supplicava è arrivato come una grazia inconsapevolmente attesa. Lo spirito del tempo giunto in aiuto a Elio è lo Spirito del Suo Tempo, quello personale e intimo dell’uomo anziano che si

L’artista con la consorte tra il Vescovo emerito Ovidio Poletto, don Maurizio e don Vito. Sullo sfondo la pala d’altare.


appresta a camminare lentamente a fianco alla malattia del corpo quando anche questa sopraggiunge. È uno Spirito forte perché conosce la vita e i limiti ad essa, conosce l’accettazione e il saper chiedere aiuto quando le forze fisiche vengono meno, nonostante la mente vada ancora forte e l’intelletto capace accompagni il cuore. Quel giorno allora Elio ha spostato da solo i tavoli da lavoro e i cavalletti pesanti dalla

stanza, ha sgomberato il pavimento, tolto fogli e prove di bozze installate ovunque, messo tutti i tubi di colore per terra e sotto la luce fiacca di una lampadina ha dipinto in pochi istanti, quasi al buio, con la tela completamente capovolta. Ha girato il disegno e in manciate di minuti percossi da colpi di pennello come solo il guizzo di un artista può fare, ha eseguito la parte bassa del suo

quadro ponendolo perfettamente rovesciato. Con questo gesto Elio ha risolto così quello che per mesi di gestazione l’aveva tenuto in scacco. A volte le cose speciali accadono.

san Martìn ’n te la glesiuta su l’Artugna

la statua di san Martino di Vittorio Janna Tavàn Don Maurizio aveva definito la sfida con la leggerezza di un desiderio ma la risoluzione avrebbe comportato non pochi grattacapi. «Renato, scusa, sarebbe bello avere una statua di San Martino da collocare nella chiesetta in fondo al paese ora che è stata rimessa a nuovo. Che ne pensi?» «Perché no?» rispose lui entusiasta non percependo ancora i contorni della sfida. «Bene, allora dovrà essere non più alta di 45 cm perché sarà posta nella nicchia esterna della chiesa». Renato Zambon Tarabìn provò a non perdersi d’animo ed accettò ugualmente. Come fare però a realizzarla di quelle limitate dimensioni e renderla visibile ai fedeli? L’iconografia classica e la tradizione parlavano chiaro: San Martino di Tours, quand’era ancora guardia romana a cavallo, incontrandosi con un mendicante seminudo presso Amiens in Francia, divise con la spada il proprio mantello e gliene donò metà affinché si riparasse dal freddo. La notte seguente vide in sogno Gesù, con indosso l’improvvisata coperta, mentre annunciava agli Angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito». Due uomini dunque, dei quali uno in piedi ed uno ancor più alto, a cavallo. No, decisamente improponibile per la limitatezza dello spazio e poi il tema era già stato brillantemente sviluppato dal

L’artista Renato Zambon Tarabìn.

pittore Silvestri, che aveva realizzato la pala da collocare sull’altare. E dunque? E dunque Renato si mise a studiare, a cercare l’espressione di un’originalità attraverso gli eventi biografici del Santo. Libri sacri e libri d’arte, Internet e reminiscenze scolastiche definirono la personalità di Martino. Dopo l’evento prodigioso e l’abbandono della milizia, divenne vescovo nel 371 d.C. e confessore, venerato come Santo – tra i primi non martiri proclamati – dalla Chiesa Cattolica, da quella Ortodossa e da quella Copta. Renato fu colpito in particolare da alcuni affreschi che ritraevano Martino seduto sul suo scranno vescovile. Quella posa lo illuminò, avrebbe risolto i suoi problemi di rappresentazione ridotta e di simbolismo. La solida austerità della scultura lignea e la consacrazione religiosa del

ruolo vescovile uscirono così dall’abile maestria dello scalpello riuscendo in quel giusto compromesso tra la sacralità della figura e l’armoniosa decorazione della chiesa. «Avrei voluto aggiungerci le oche – confessò sorridendo Renato al termine dell’opera (ora conservata all’interno della chiesa per motivi precauzionali) – ma non volevo suonassero irrispettose». Durante il suo studio appassionato lo scultore si era infatti imbattuto in un curioso evento leggendario occorso a Martino proprio in occasione della sua nomina vescovile. Volendo rifiutare la carica, riparò in una stalla piena di oche, sicuro di non essere scovato da nessuno. Non fu così perché i pennuti, col loro starnazzare, rivelarono a coloro che stavano cercando il futuro vescovo il suo illusorio nascondiglio.

Monsignor Ovidio Poletto con la statua, Renato e la moglie Filomena e don Maurizio.


La presente ricerca integra ed aggiorna al mese di giugno 2014 quella pubblicata su l’Artugna dell’agosto 2009, n. 117, pp. 14-18, dal titolo «Sindaci e amministratori del Comune di Budoia dal 1945 al 2009».

gli Amministratori del Comune di Budoia del periodo post-liberazione [1945-2014] di Elvi China* Il 25 maggio 2014 si sono svolte le elezioni per il rinnovo degli organi istituzionali del Comune per il quinquennio 2014-2019, un’occasione propizia per ricordare ed elencare i protagonisti della vita pubblica locale che hanno ricoperto la carica di amministratore del Comune di Budoia nel periodo post-liberazione (1945-20124), contribuendo in varia misura al processo di sviluppo del paese, che al 30 aprile 2014 contava 2.592 abitanti.

Elezioni comunali 2014 Alle elezioni comunali del 25 maggio 2014, si sono presentati due candidati alla carica di sindaco, Roberto De Marchi (primo cittadino del periodo 2009-2014) e Giulio Giannelli, e cinque liste di candidati alla carica di consigliere comunale (in palio 12 seggi): le liste Partito Democratico e Prospettiva Futura a sostegno della candidatura di Roberto De Marchi; le liste Lega Nord, Uniti al Centro per Budoia e Proposta Civica a sostegno della candidatura di Giulio Giannelli. Risultati elettorali: Roberto De Marchi è stato rieletto sindaco di Budoia col 63,4% dei voti e contestualmente è stato rinnovato il consiglio comunale, composto dallo stesso sindaco e da 12 consiglieri. Quadro politico: maggioranza di centro-sinistra, minoranza di centro-destra. Fanno parte della maggioranza, oltre al sindaco, 8 consiglieri: 5 della lista Partito Democratico (Anna Ulian, Mario Bol11

zan, Pietro Ianna, Daniele Carlon ed Eleonora Angela Venier) e 3 della lista Proposta Futura (Stefano Zambon, Elena Zambon e Francesca Cancian). La minoranza dispone di 4 consiglieri: Giulio Giannelli, candidato sindaco eletto consigliere comunale, Manfredi Rosa della lista Uniti al Centro per Budoia, Massimiliano Panizzut per la lista Lega Nord e Giancarlo Bastianello per la lista Proposta Civica. Il 9 giugno 2014 il sindaco nomina assessori Pietro Ianna (vicesindaco), Elena Zambon, Mario Bolzan e Omar Carlon (esterno). Il giorno successivo, nella seduta di insediamento, il consiglio comunale prende atto della formazione della nuova giunta.

* Dirigente scolastico in pensione, autore di varie pubblicazioni sulla vita politica e amministrativa di alcuni Comuni dell’Alto Livenza.


Nei paragrafi che seguono sono elencati gli amministratori di Budoia dal 1945 al 2014, suddivisi per tipologia di carica.

Sindaci e giunte Nel periodo 1945-2014 il Comune di Budoia è stato amministrato da giunte di diversa composizione politica e civica, con ampio ventaglio di formule e con la guida di sindaci di estrazione partitica o indipendenti. Si riporta, in sintesi, il quadro politico delle giunte postbelliche. 1945-1946: «giunte cielleniste», presiedute dal sindaco Valentino Panizzut (PCI), designate dal CNL di Budoia d’intesa con il comando delle forze partigiane che il 29 aprile liberarono il paese dal «giogo nazifascista». Il Comune venne gestito nella primissima fase post-bellica, maggio-giugno 1945, dalla «giunta municipale provvisoria» e dal mese di giugno 1945 all’autunno 1946 dalla «giunta temporanea» (quest’ultima previa consultazione popolare). 1946-1960: giunte DC aperte alla minoranza. Sindaci DC e periodi di gestione: 1946-1949 Luigi Carlon (18901959), 1949-1951 Liberale Carlon e 1951-1960 Armando Del Maschio (indipendente e poi DC). Ha sempre fatto parte delle giunte «aperte» anche un rappresentante della minoranza, previo accordo politico (come assessore effettivo o supplente). 1960-1964: monocolore DC, sindaco Armando Del Maschio (DC). 1964-1975: bicolore DC-PSI, presieduto dal sindaco Armando Del Maschio (DC) nel periodo 1964-1970 e dal sindaco Fernando Del Maschio (DC) nel periodo 1970-1975. 1975-1980: giunta di sinistra (PSIPCI-Indipendenti), sindaco Alessandro Gislon (PSI). 1980-1990: il sindaco Fernando Del Maschio (DC) guida una giunta centrista DC-PSDI nel periodo 19801985 e una coalizione di centro-sinistra DC-PSI-PSDI nel periodo 19851990. 1990-1995: il sindaco Fernando Del Maschio (DC) presiede una giunta DC-PSI dal 1990 al 1994, anno in cui muta il panorama politico a livello na-

zionale e locale con lo scioglimento della DC e del PSI, causato dal ciclone di Tangentopoli, e con la nascita di nuovi partiti e movimenti politici. Il sindaco e gli assessori assumono la posizione di indipendenti e concludono il mandato alla sua scadenza naturale (primavera 1995). 1995-2009: il sindaco Antonio Zambon (PCI, PSD, area di sinistra) presiede tre giunte di centro-sinistra. Le prime due sono sostenute dalla lista Insieme per Budoia (periodi 19951999 e 1999-2004), la terza sostenuta dalle liste Budoia Democratica e Uniti al Centro per Budoia (periodo 20042009). 2009-2014: giunte di centro-sinistra guidate dal sindaco Roberto De Marchi (indipendente); la prima dal 2009 al 2014, la seconda per il quinquennio 2014-2019 a partire dal mese di giugno 2014, entrambe sostenute dal partito Democratico e dalla lista Prospettiva Futura. Valentino Panizzut è diventato sindaco per designazione «ciellenista». I sindaci Luigi Carlon, Liberale Carlon, Armando Del Maschio, Fernando Del Maschio e Alessandro Gislon sono stati eletti dal consiglio comunale. I sindaci Antonio Zambon e Roberto De Marchi sono stati eletti direttamente dai cittadini.

Assessori comunali Sono stati designati su iniziativa «ciellenista» o eletti dal consiglio comunali o nominati dal sindaco 43 assessori, qui di seguito elencati in ordine alfabetico: Paolo Basso, Giancarlo Bastianello, Antonio Bernardis, Domenico Besa, Vincenzo Besa, Vincenzo Bocus, Mario Bolzan, Sergio Bragagnolo, Guglielmo Busetti, Lorenzo Busetti, Italo Callegari, Andrea Carli, Agostino Carlon (1883-1953), Liberale Carlon, Maurizio Carlon, Omar Carlon, Pietro Carlon, Vanni Carlon, Luigi Diana, Giacomo Del Maschio, Giosuè Del Maschio, Giovanni Fort, Pietro Fort, Davide Fregona, Barbara Maria Giannelli, Alessandro Gislon, Antonio Gislon, 12

Pietro Gislon, Giuseppe Ianna, Pietro Ianna, Sante Ugo Ianna, Valentino Mezzarobba, Riccardo Panizzut, Adriano Rossetto, Maria Scalari, Massimo Scussat, Nazareno Talamini, Marco Varnier, Elena Zambon, Giampietro Zambon, Giovanni Zambon, Luigino Zambon, Roberto Zambon. Numeri assessori hanno svolto anche le funzioni di vicesindaco, di assessore delegato e di assessore anziano.

Consiglieri comunali Il 3 novembre 1945 è stato eletto il primo consiglio comunale post-liberazione. Nel periodo 1946-2014, per elezione o per surrogazione, hanno rivestito la carica di consigliere comunale 125 amministratori che si elencano per ordine alfabetico: Enrico Andreazza, Giovanni Andreazza, Mauro Andreazza, Agostino Angelin, Luigi Angelin, Romolo Cipriano Angelin, Angelo Balla, Roberto Barraco, Luigi Basso, Paolo Basso, Giancarlo Bastianello, Antonio Bernardis, Corrado Besa, Domenico Besa, Giuseppe Besa, Vincenzo Besa, Antonio Bocus, Matteo Bocus, Valentino Bocus, Vincenzo Bocus, Mario Bolzan, Renato Bortolini, Sergio Bragagnolo, Antonio Burigana, Antonio Busetti, Fortunato Busetti, Giovanni Maria Busetti, Lorenzo Busetti, Paolo Busetti, Italo Callegari, Marcello Callegari, Francesca Cancian, Andrea Carli, Agostino Carlon (1883-1953), Agostino Carlon (19151981), Daniele Carlon, Giacomo Carlon, Liberale Carlon, Lucio Carlon, Luigi Carlon (1890-1959), Luigi Carlon (1911-2005), Maurizio Carlon, Omar Carlon, Pietro Carlon, Vanni Carlon, Paolo Cimarosti, Federico Comin, Pietro Da Ros, Armando Del Maschio, Fernando Del Maschio, Giacomo Del Maschio, Giosuè Del Maschio, Andrea Del Zotto, Roberto De Marchi (nella veste di sindaco), Giacomo Dotta, Bruna Fabbro, Ennio Fort, Francesca Maria Fort, Giovanni Fort, Pietro Fort, Novino Foscarini, Davide Fregona, Fabrizio Ettore Fucile, Barbara Maria Giannelli, Giulio Giannelli, Alessandro Gislon, Antonio Gislon, Pietro Gislon, Maria Cri-


stina Gottardo, Giovanni Ianna, Giuseppe Ianna, Pietro Ianna, Sante Ugo Ianna, Pietro Lacchin, Elsa Mainardi, Pietro Melocco, Elio Merlo, Matteo Mezzarobba, Valentino Mezzarobba, Antonio Nadalin, Rosa Oliva, Giovanni Panizzut, Massimiliano Panizzut, Raoul Panizzut, Riccardo Panizzut, Francesco Poles, Guido Quaia, Alessandro Rigo, Giuseppe Rizzo, Antonio Rosa, Manfredi Rosa, Adriano Rossetto, Sara Sanviti, Maria Scalari, Fabio Scussat, Massimo Scussat, Luigi Signora, Napoleone Soldà, Angelo Spader, Nazareno Talamini, Angelo Tassan, Anna Ulian, Marco Varnier, Eleonora Angela Venier, Achille Zambon, Alessia Zambon, Angelo Zambon, Antonio Zambon, Armando Zambon, Bruno Zambon, Carlo Zambon, Cristian Zambon, Elena Zambon, Florence Zambon, Giampietro Zambon, Gianni Zambon, Giovanni Zambon, Guerrino Zambon, Luigino Zambon, Paolo Zambon, Rino

Zambon, Roberto Zambon, Romano Zambon, Stefano Zambon e Valter Zambon.

Amministratori comunali Numerosi amministratori hanno fatto parte più volte degli organi istituzionali del Comune. Tra i sindaci, Fernando Del Maschio ha rivestito la carica di primo cittadino per oltre 19 anni e 10 mesi: è il sindaco che ha governato più a lungo il Comune di Budoia. Tra gli assessori, Pietro Ianna detiene il record di durata nella carica con quasi 20 anni e 10 mesi (confermato in giunta nel mese di giugno 2014 dove ricopre con continuità dal mese di settembre 2005 il ruolo di vicesindaco). Tra i consiglieri comunali figurano come veterano Giancarlo Bastianello, eletto 8 volte (record assoluto), seguito da Fernando Del Maschio e da Pietro Ianna, eletti 7 volte ciascuno.

Limitata la presenza femminile, peraltro in evidenza nell’ultima tornata elettorale. Tra i 125 consiglieri comunali del periodo post-bellico figurano 14 donne (11,2%). A 3 di esse è stata conferita la nomina ad assessore: Maria Scalari (1960-1964), Barbara Maria Giannelli (1995-2009) ed Elena Zambon (2009-2014), confermata in giunta nel mese di giugno 2014.

Son tornadhi a votà Come riferito nell’articolo precedente, il 25 maggio si sono svolte le elezioni Comunali. La composizione del nuovo Consiglio è risultata come riferito nell’articolo del dott. China. Questa tornata elettorale è stata caratterizzata dall’alto numero di preferenze. Sono state espresse ben 953 indicazioni di candidati su 1136 voti di lista.

In rapporto ai voti ricevuti, la lista con più indicazioni di preferenze è stata Prospettiva Futura (301 voti di preferenza su 266 voti di lista) mentre quella con minor numero di indicazioni è stata la Lega Nord (48 su 141). Nella stessa giornata si sono svolte anche le elezioni Europee.

Risultati delle Elezioni Comunali

EUROPEE

LISTA

Partito Democratico Prospettiva Futura Lega Nord Uniti al Centro Proposta Civica

(A) (A) (B) (B) (B)

Voti di lista Voti ai candidati Sindaci senza voto di lista (A) Candidato sindaco: Roberto De Marchi (B) Candidato sindaco: Giulio Giannelli Schede bianche Schede nulle Totali

VOTI

%

461 266 141 134 134

40,6 23,4 12,4 11,8 11,8

1136 142 93 22 43 1436

Totale voti (A) Candidato sindaco: Roberto De Marchi (B) Candidato sindaco: Giulio Giannelli

869 502

LISTA

VOTI

%

Partito Democratico Movimento 5 Stelle Forza Italia Lega Nord Fratelli Italia – AN L'altra Europa NCD – UDC Verdi Europei IDV Altri Schede bianche Schede nulle Totali

563 282 177 130 73 49 30 15 9 12 25 64 1429

39,40 19,73 12,39 9,10 5,11 3,43 2,10 1,05 0,63 0,84 1,75 4,48


chetti. Maria Antonietta Tor ente concesso da Documento gentilm

50 anni fa ci fu chi iniziò a guardare alle nostre montagne, per secoli testimoni di lavoro e sacrificio per le nostre popolazioni, come luogo di sviluppo turistico. Pionieri, in tal senso, furono Alfredo Ianna Simòn e la moglie Angela Basso che il 7 giugno 1964 inaugurarono lo Chalet Belvedere in Val de Croda (cfr. l’Artugna n. 44 – agosto 1984). In quel periodo, nacque, prese forma e svanì il sogno della Venezia delle Nevi: la costruzione di un ampio comprensorio turistico nelle zone del Ciàmp e del Saùc. Ne Il Gazzettino del 24 agosto 1965 venne pubblicata un’intervista ad Egard Ovart, direttore generale della società italo-belga Venezia delle Nevi spa, in occasione dell’inizio dei lavori di costruzione della strada, lunga 17,3 chilometri, da Dardago alle zone della lottizzazione montana. Un’opera di oltre 20 miliardi di lire. L’impresa Mayer di Vittorio Veneto doveva terminare il primo tratto entro la primavera successiva. Intanto, le zone del Ciàmp e del Saùc erano state suddivise in 285 lotti per la costruzione di altrettante villette. Nell’articolo si affermava che investitori belgi, francesi, tedeschi, austriaci, americani e italiani si erano già accaparrati diversi lotti. La strada fu inaugurata, alla presenza di numerose autorità, il 18 settembre 1967. Qualche tempo dopo, però, la strada che partiva dallo Chalet Belvedere franò in più punti forse a causa del tracciato che teneva in poco conto le caratteristiche geologiche della montagna. In seguito, per diverse cause, non si diede seguito al progetto: la «Venezia delle Nevi spa» fu dichiarata fallita e di quel sogno rimase solo il nome.

il sogno della Venezia delle Nevi


Luigi Zambon intento alle rilevazioni topografiche, nel 1964.

te te pénseto?!... te te pénseto cuan che…?

di Luigi Zambon

…Oh se me pense, si che me pense chela volta che… che, nel tardo pomeriggio, quando siamo rientrati al campo, dopo una dura giornata di lavoro per rilievi topografici, mentre qualcuno di noi già si organizzava per la cena serale, io e il geometra Caroli di Minervino Murge, abbiamo controllato, come di consueto, i passaggi principali del rilievo eseguito durante il giorno. Mannaggia! La poligonale della giornata, a livello angolare, con le tolleranze consentite, «chiude», ma le letture di andata e ritorno tra gli ultimi due punti sono errate! Determinano un dislivello diverso! Rifare! Ormai è troppo tardi per ritornare sul posto per rifare le letture. Non è possibile ora, il buio ormai imminente non lo consente. Abbiamo lavorato sodo tutto il giorno per completare il lavoro in giornata perché era una località scomoda e lontana dalla nostra zona di accampamento. Speravamo proprio di non tornarci più!

La serata si concluse non tanto alla ricerca del colpevole dell’errore, se mio, tecnico strumentista con il mio Wild T16, oppure del porta stadia che non aveva tenuto la stessa esattamente verticale come indicato dalla specifica bolla di riferimento, ma con la certezza che al mattino, per recuperare il tempo perso, ci saremmo alzati prima, rifatto il lungo e faticoso percorso, rifatto le battute errate, e saremmo ritornati poi sui nostri passi e ripreso la normale attività giornaliera in un’area nuova. Durante il giorno trascorso avevamo anche ucciso un simpatico serpente velenoso! Ma allora, eravamo in Africa? No, no! Era «solo» una grossa vipera! Eravamo nel Cjamp! Dardago 1964 La vecchia casera del Cjamp è stata il nostro albergo per tre mesi. «… Cjamp!?... ’n te ’l Cjamp a fà che?!»

Vi ricordate la Venezia delle Nevi? Sì, in quegli anni il famoso Aga Kan (proprio quello della Costa Smeralda in Sardegna) su indicazione del famoso Piero Rosso di Budoia, aveva messo gli occhi sulle nostre montagne per realizzare un insediamento turistico montano comparabile a quello marino, per l’appunto la Costa Smeralda in fase attuativa in quel momento. A questo insediamento fu dato nome «Venezia delle Nevi» ovviamente con riferimento alla città lagunare sicuro nome di effetto a livello mondiale. L’area interessata era compresa tra il Sauc, Cjamp, Val de Frith e altre aree per realizzare strade ed opere infrastrutturali necessarie come cabinovie o altro. L’ipotesi di sviluppo era enorme e ovviamente coinvolgeva grossi interessi economici, politici, difesa dell’ambiente, speculazioni! Occasioni positive o enormemente negative per la nostra comunità? Occasioni perse?


Sono ormai trascorsi oltre 50 anni! Non so ancora darmi la risposta! Per certo so che esattamente 50 anni fa ere là ’n te ‘l Cjamp a fà misure. La «Venezia delle Nevi», partita pomposamente, fallì miseramente, qualche anno dopo, per tanti motivi che non intendo qui sollevare, ma il nostro territorio ne porta ancora le tracce e le devastazioni. Ma vorrei riprendere un po’ il filo del mio racconto. Sulla spinta o in attesa degli sviluppi della «Venezia delle Nevi», Alfredo Panetini con una semplice barac-

ons, Val de Frith e quindi entrare nel comprensorio della «Venezia delle Nevi», sempre sulla sinistra guardando la Val Granda. Il percorso era più lungo ma più sicuro e in un ambiente decisamente migliore rispetto a quello «demenziale» proposto ed in parte realizzato. Attualmente è tutta una rovina! Anche Budoia intanto si muoveva sempre in attesa di sviluppi della «Venezia delle Nevi»! Veniva avviata la costruzione, poi interrotta per tantissimi anni, di quello che poi è diventato l’Albergo e ristorante Ca’ del Bosco.

metro Wild T16, sul picchetto che indicava il punto sul terreno di una poligonale di riferimento) e dettare allo scrivano, che mi stava seduto a fianco, i valori di azimut e zenit e di stadia del punto che in quel momento il caposquadra, spostando opportunamente i due portastadia, riteneva utile. Così facendo del punto sul terreno voluto, si sarebbero conosciute, con un semplice calcolo trigonometrico le sue tre coordinate x, y, z. Ma questo non competeva a noi. Noi dovevamo solo riempire di

Cjamp, 1966. Raggiungere Piancavallo era un’impresa! A volte era necessario utilizzare anche le catene da neve a causa del fango presente sulla strada A destra. Luigi all’ingresso della casera Cjamp, luogo di memorabili ricordi, nel 1966. Curiosa e singolare la scritta alle sue spalle: «Attenzione peste». Il cartello era esposto durante il fine settimana per tenere lontane sgradite visite, perché le costose attrezzature per effettuare i rilievi rimanevano incustodite.

ca in legno realizzata da Piero Melocco avviò quello che con gli anni diventerà «Lo Chalet Belvedere» di Val de Croda. Quando con la mia squadra abbiamo finito il rilievo nella zona Cjamp e siamo scesi a valle per eseguire il rilievo del terreno che sarebbe servito per progettare la strada di accesso alla «Venezia delle Nevi», a mezzogiorno andavamo a mangiare da Panetini. Si mangiava bene e si spendeva poco. Ricordo che io, non avendo potuto partecipare all’inaugurazione del locale, qualche giorno dopo ho chiesto ad Alfredo: Alora…com’ela duda, egli con molto sussiego e complicità mi rispose: La giata la fat i giatuth!». L’apertura era stata un successone! Ovviamente era raggiante ma non lo voleva dimostrare! La strada per accedere alla «Venezia delle Nevi» doveva essere eseguita partendo più o meno da dove si trova ora l’area Picnic (Ciàmpore), risalire passando per Longiarezze, Val de Lama, Monte-

Nell’aprile del 1964 sono stato ingaggiato da una società topografica di Milano, che era stata incaricata dalla «Venezia delle Nevi», con accordi con il comune di Budoia, per eseguire un rilievo dettagliato del terreno nel comprensorio in oggetto per la progettazione dell’insediamento turistico in programma. Avevo 25 anni, ero del posto, conoscevo tutte quelle zone come le mie tasche per averle percorse in lungo ed in largo sin da bambino. Volevo acquisire delle esperienze topografiche in quanto le mie erano per lo più edili. Io sono Perito Edile e non Geometra. Ingaggiato, iniziò la mia esperienza, giugno 1964, Cjamp! Tantissimi sono i «…me pense che…!»

ME PENSE CHE… …che la mia squadra era composta da me strumentista (dovevo stazionare lo strumento, un tacheo16

numeri le pagine di tanti libretti. A Milano con particolari apparecchiature si producevano addirittura le mappe con le curve di livello. Quindi in totale eravamo in 5 della sola nostra squadra. Ho voluto dare queste informazioni tecniche a chi tecnico, ora, riderà del nostro lavoro perché ora si ottiene lo stesso risultato con qualche foto aerea! Noi invece «…..sù e dò pà le rive!.. sù e dò pai Therthins! sote i Pietins.... fora pa’ ’l Troi de le sterpe!» Provare ora ad andare lì anche solo come escursionisti!»

ME PENSE CHE… ...i primi tre o quattro giorni si dormiva nel rifugio di Piancavallo. A Piancavallo c’era solo quello e una stradina sgangherata che lo collegava con la pianura. Andata e ritorno tutti i giorni, Piancavallo/Cjamp dopo aver camminato per ore e ore su percorsi ac-


cidentati di montagna era veramente massacrante. A mia richiesta mi fu data una tendina canadese in cui dormii, da solo, qualche giorno. La casera del Cjamp era veramente ridotta male, piena di sporcizia con numerose tegole rotte per cui pioveva dentro. Dopo qualche giorno però anche gli altri optarono per sistemar un po’ la casera e dormirci dentro. La tendina, in cui dormivamo io e Caroli, per essere più riparata, la sistemammo dentro la casera nella zona alta adibita solitamente a dor-

si mangiava la pastasciutta era in parte carbonizzata. Nella casera del Cjamp, ovviamente non c’era il gas, e non c’era la corrente elettrica. Sì, l’acqua c’era: una piccola sorgente a circa 10 minuti per andare su verso il Foradór, ma... forse causa della siccità …no la butava! L’era ridota a esse ’na pothala de aga martha.. ‘cò bissanegole e altre bestiute che ciaminava e noava drento». Quella era l’acqua e quella abbiamo usato, per tutto. Non certo per lavarsi. Ovviamente, e chi si lavava? Amuchina a litri! Praticamente «..l’aga la feane deventà varechina!» Solo in certe capanne di villaggi africani, che ho visitato recentemente, ho ritrovato questa realtà. Questi non hanno nemmeno l’Amuchina! Però eravamo sempre allegri non mancavano gli scherzi. Ci si divertiva per niente perché niente avevamo! Il buon umore era norma.

ME PENSE CHE…

mitorio dai malgari. La sistemazione non era certo da Grand Hotel! Gli altri dormivano, su semplici brandine, nel grande stanzone d’ingresso. Erano in tre.

ME PENSE CHE… …io e Caroli facevamo cucina per conto nostro. Tutte le sere 1 chilo de bigui conthadi con 4 vasetti di Sugoro! Gli spaghetti venivano cotti dentro ’na pignata che serviva per tutto! Quando bolliva l’acqua, si buttavano gli spaghetti. La pentola era posta su tre sassi in un equilibrio precario. Per combustibile usavamo rami secchi ma anche pezzi di legno ricavati dai serramenti e dal tetto della casera stessa in quanto già semidistrutta. Le fiamme che avvolgevano la pentola bruciacchiavano in parte anche gli spaghetti che ancora non erano del tutto finiti dentro per intero nella pentola stessa. Quando

...pulizia piatti? Sistema altamente biologico! Piatti in pvc usa e getta? Ma scherziamo! Ho detto ecologico! Abbiamo scoperto che il piatto, che ognuno di noi aveva, ma in genere si usava quello che per primo capitava tra le mani, veniva splendidamente pulito anche se sporco con tracce di grasso od altro, semplicemente ruotandolo due tre volte sull’erba sclaurosa bagnada de guath de ’l rival davanti la casera.

riferire gli epiteti e le oscenità che sono seguite!

ME PENSE CHE… …normalmente ci si svegliava molto presto, diciamo verso le 5. In genere ero io che davo la sveglia. Caroli si alzava poco dopo di me. Il caffè lo preparavamo facendo bollire l’acqua e Amuchina nella solita pignata della pasta (usata come cogoma) e lasciando depositare i sorbeti. Comunque in genere le mattinate erano fresche e splendide. Ci si muoveva presto in modo da essere operativi appena la visibilità era buona. Verso le 7 eravamo già in stazione con il mio Wild. Ma, spesso, specie nel fondo valle, una leggera foschia cominciava ad offuscare il panorama: lentamente ma con progressione, la foschia diventava leggera velatura e poi caligo da non riuscire neanche a leggere la stadia. Alle volte la calighera durava tutto il giorno. In genere nel tardo pomeriggio si dissolveva e prima dell’oscurità si potevano fare ancora un 100150 battute. Le notti poi splendide con stellate incredibili! Per non annoiare il lettore non sto a raccontare quello che si inventava per passare il tempo durante le calighere. Anche perché non vorrei beccarmi qualche denuncia a posteriori. Come... «…chela volta che un crodon, forsi ’l era grant come una machina... ’l era propio apena apena pojat sul troi,.. forse magare ’l deva dò ancia da missol…». ***

ME PENSE CHE… ….uno di noi, pensando di fare cosa gradita a tutti, dopo più di un mese ha voluto lavare i piatti con l’acqua. Sarebbe stata anche l’ora! Ma nella confusione e nella parziale oscurità (si usavano un sacco di candele) invece della tanica che conteneva acqua e Amuchina, ha usato la tanichetta da 10 litri che invece conteneva l’ottimo Tocai che ci doveva bastare tutta la settimana. Per rispetto di chi legge non posso 17

Mentre butto giù questi ricordi tanti altri riaffiorano nella mia memoria. Certamente sono ritornato nel Ciamp. Ora è dolce la vita! Prendo la mia Feroza e su. Due anni fa mi giunse la notizia che il Comune ha ristrutturato la casera del Cjamp. Appena mi è possibile, prendo la Feroza e molto speranzoso vado su a vedere. Invano l’ho cercata! Mi son trovato davanti una specie di villino svizzero. Credo di aver pianto!


LE NOSTRE COMUNITÀ PER TANTI PROGETTI DI SOLIDARIETÀ

È donando che si riceve CONCERTO DI BENEFICENZA PRO SAN CARLOS di Roberto Zambon

L’Insieme Vocale H2VOX al termine dell’apprezzata esibizione nella chiesa di Dardago.

L a comunità di Dardago ha uno stretto legame con la missione di San Carlos in Bolivia, grazie ad alcuni parrocchiani che hanno scelto di donare un po’ del loro tempo e della loro esperienza per dare una mano ai sacerdoti e alle suore in quella regione tanto disagiata. Nel numero di Pasqua, abbiamo trattato diffusamente della missione, dei suoi problemi e di come i missionari e i volontari riescono a mandare

Padre Arturo Bergamasco durante il momento conviviale, a conclusione del concerto.

avanti «un’oasi in un deserto di sofferenza». Periodicamente, padre Arturo Bergamasco, salesiano, nato 80 anni fa a Medeuzza di San Giovanni al Natisone, torna per qualche settimana in Italia e non manca di venire a Dardago. In occasione della sua recente visita, su iniziativa del Comitato del Ruial, la parrocchia in collaborazione con il Comitato Festeggiamenti 18

Dardago, il periodico l’Artugna, l’A.F.D.S. Dardago, Budoia Solidale e con il patrocinio del Comune di Budoia hanno organizzato, per la serata del 12 luglio, il Concerto di Beneficenza, «Forme d’Acqua», con l’Insieme Vocale H2VOX di Fontanafredda e la Corale Giulio Zacchino di Trieste. Senza dubbio è stato un modo suggestivo ed originale per dimostrare a Padre Arturo e ai suoi col-


laboratori di San Carlos quanto apprezziamo il loro impegno spirituale e umanitario. Il concerto avrebbe dovuto svolgersi nello splendido scenario della piazza di Dardago, ma un’autentica «bomba d’acqua» ha fatto modificare i programmi: i coristi si sono esibiti in chiesa che, con la sua notevole acustica, ha esaltato le loro capacità corali e melodiche. Forme d’Acqua è un progetto di ricerca musicale che i due laboratori corali conducono insieme su repertori originali o contemporanei. Ogni volta si presenta diverso e contestuale, per raccontare, dell’acqua, i contenuti simbolici e drammatici, le energie devastanti o purificatrici, la memoria di uomini e paesaggi. Nel concerto di Dardago il tema si è legato alla recente riapertura dell’antico Rujal, tracciato d’acqua, di cultura e storia. L’esibizione, molto apprezzata dal pubblico presente, si è conclusa con una originale ed applaudita improvvisazione con i coristi posizionati lungo il perimetro della navata. Le offerte raccolte durante la serata e la Santa Messa domenicale sono state consegnate a padre Arturo per i bisogni della Missione boliviana.

Il missionario Padre Arturo in visita alla chiesetta di San Tomè.

I PAESI DELLA

SOLIDARIETÀ

di Nora Quaggiotto per il Gruppo Missionario «Sacro Cuore»

F orse non tutti sanno che i nomi di Budoia, Dardago e Santa Lucia sono conosciuti in Asia, Africa e America Latina non solo per la presenza degli emigranti che vi hanno portato il loro impegno prezioso nel lavoro e nella vita sociale, ma anche per tanti progetti di solidarietà che appartengono ai nostri tempi e partono dalla profonda radice religiosa di questi paesi della Pedemontana. Da dieci anni, in occasione della Domenica delle Palme, accompagnando il cammino di Gesù verso il calvario, le tre comunità accolgono alcuni progetti suggeriti dal C.D.M. che riguardano i crocefissi della storia, amati e seguiti dai nostri missionari. È stato così possibile offrire le scarpette ai bambini filippini di suor Idangela Del Ben, un lavatoio con acqua e sapone alle bambine etiopi di Lina e Toni Striuli, tremila piantine di cacao ai contadini di San Lorenzo (Ecuador), riuniti in cooperativa da frate Umberto Martinuzzo... Quest’anno il progetto riguardava «Zappe e badili» per la fattoria di Gulu (Uganda), progettata 19

e fortemente voluta dalle nostre suore comboniane, e il pozzo in Cameroun (per la Comunità di Santa Lucia), richiesto da suor Bernarda Carniel. Anche in questa occasione le tre comunità, animate dal loro parroco e da tante persone generose, hanno risposto con partecipazione malgrado la crisi economica che si fa sentire. «È donando che si riceve» ci ricorda papa Francesco e siamo certi che aver aiutato i ragazzi senza futuro e speranza di Gulu, che potranno imparare un lavoro dignitoso, e aver donato acqua pulita alle famiglie di Bertoua, riempirà i vostri cuori della gioia che viene dalle opere buone. Grazie!


È donando che si riceve

Per gentile concessione di Maurizio Angelin.

A 100 ANNI sempre generosa e solidale a cura della Redazione

S correndo l’elenco della ventina di nomi di persone della parrocchia di Budoia, che sono attive nelle ‘Adozioni a distanza’, spicca quello di Marianna Carlon, che il 2 luglio ha festeggiato splendidamente il suo secolo di vita. Cent’anni portati ‘alla grande’, con un’ammirevole lucidità mentale. Lettrice appassionata come lo era il marito Bruno Giacchini, assiduo frequentatore della biblioteca comunale negli anni ’70 del secolo scorso, aggiornata sugli avvenimenti del mondo, e amorevolmente attenta e solidale

ai problemi dell’umanità. L’amore e la generosità verso gli altri diventano i valori ‘forti’ del suo vivere, senza lasciarsi travolgere dalla solitudine e dagli anni che avanzano inesorabilmente. Ed ecco che il suo pensiero è indirizzato a chi è debole, in particolare a quel mondo dell’infanzia che è futuro dell’umanità, spesso disprezzato e umiliato. Così in memoria della

sorella Ilde e in ringraziamento alle giovani madri a lei vicine, Michela e Fiorina, Marianna partecipa da molti anni alle ’Adozioni a distanza’ per il Gruppo Missionario del Sacro Cuore di Pordenone, di cui è responsabile un’ultranovantenne per la parrocchia di Budoia. Auguri ancora a Marianna, affinché il suo spirito rimanga sempre giovane.

GRAZIE, MARIANNA, sei d’esempio per tutti! di don Maurizio Busetti e a cura della Redazione

U n compleanno a tre cifre è un

Marianna con il sindaco Roberto De Marchi e don Maurizio. In alto. Marianna, attorniata da parenti, amici e... bambini.

evento riservato a pochissimi. Marianna Carlon rientra tra tali eletti: una vita lunga, costellata di gioie e di dolori, in periodi storici tra i più vari. Nel 1914, fin dai primi vagiti, iniziò a respirare arie di guerra, di carestie e di paure, a combattere momenti difficili, e da adulta, sempre forte e pronta a sovvenire alle necessità dei suoi cari, a Trieste a lavorare. È nella città cosmopolita 20

che incontrò Bruno Giacchini, il poliziotto che divenne suo marito, persona cordiale, distinta, colta, e con lui visse fino al 1978, anno in cui scomparve. La natura non le ha concesso figli, ma l’Amore l’ha portata ad assistere la madre, il fratello Sergio e la sorella Ilde, che ad uno ad uno l’hanno lasciata sola. Una vita di laboriosità, fortificata da una fede granitica, che ancor oggi la porta ad accettare con se-


Per gentile concessione di Maurizio Angelin.

renità le inevitabili situazioni di un’età avanzata. Mercoledì 2 luglio, Marianna ha raggiunto ‘quota cento’. Il sindaco Roberto De Marchi e il parroco don Maurizio Busetti non hanno potuto mancare ad un appuntamento così importante, a testimoniare la gioia e l’affetto della comunità di Budoia. Marianna per nulla turbata, ma anzi molto vivace, ha accolto tutti con un sorriso, con una battuta arguta che hanno testimoniato la lucidità e la prontez-

za di spirito di una donna sempre attenta alle vicende del mondo e del suo paese. A festeggiare con le autorità, si sono uniti i parenti di Udine e di Venezia, Fiorina e Florio Bernardis con i loro figli e nipoti, la premurosa Orizia, l’amica Doris, un gruppo di parrocchiani e i numerosi vicini. Tutti insieme, ritrovati nella sua casa paterna in via Cardazzo, per far festa con lei. Per i suoi 100 anni, pure un fotografo d’eccezione, suo parente,

che l’ha omaggiata con 100 clic, ossia il famoso «fotografo per passione ed ingegnere meccanico per professione» Maurizio Angelin abitante nell’udinese. L’augurio da parte della comunità è che Marianna possa vivere giorni di serenità e di pace. La festeggiata detiene però l’ultima parola: augura a tutti, presenti e non, che possano raggiungere il secolo di vita come lei. Grazie, Marianna, sei d’esempio per tutti!

È donando che si riceve

ESSERE DI PAESE di Leontina Busetti

S e si frequenta l’ospedale come è capitato a me recentemente, ci si rende conto che raggiungere età elevate oramai è facile, perché la medicina ha fatto progressi enormi, cosicché fa sembrare straordinaria la morte che è invece un evento naturale. Si nasce, quindi si muore, senza scampo: solo il modo è imprevedibile. Ho considerato ciò negli ultimi mesi assistendo mia mamma (Maria Futa). Ma ho constatato anche che dolore e sofferenza sono attenuati se malattiae perdita avvengono in paese: qui c’è spontanea partecipazione, affetto, vicinanza, che non ti fanno mai sentire sola. Ti chiedono, s’informano, ognuno racconta il proprio vissuto che conforta e aiuta a capire e condividere: dolore e tristezza sfumano in un’atmosfera di serenità. Le parole non sono una semplice

e usuale forma di consolazione, ma un sincero coinvolgimento. E io ho capito quanto sia importante essere di paese, ti accorgi che tutti conoscono la tua storia e l’abbraccio non è formale, ma sentito e genuino. Quel paese che in questi anni può essere apparso

isolato e composto da microcosmi, è tutt’uno e unito: persone che non vedi e non senti da tempi immemorabili, appaiono e ti abbracciano. Il tempo trascorso si annulla e ti rendi conto che esprime amicizia e legame profondi.


Pasqualino Canta

un grande uomo di Pasquita Maiorano Zambon

Le ciase de Canta, in via Tarabìn a Dardago, dove Pasqualino è nato. Sulla facciata frontale in alto (poco visibile nella foto) il grande affresco raffigurante la Madonna del Carmine con Bambino in gloria, circondata da Angeli, tra i santi Giuseppe e Antonio di Padova.

È da poco passato il quinto anniversario della morte di Pasqualino Zambon Canta Tarabìn. Alla sua morte avvenuta il 31 maggio 2008, mi giunse, tra le tante condoglianze, quella del personale medico ed infermieristico del reparto Dialisi dell’ospedale di Saronno, dove Pasqualino era stato curato per ben 32 anni. In esso così si diceva: «Dispiaciuti ma felici di aver conosciuto un grande uomo». Con poche parole sono riusciti a ben definire quello che è stato Pasqualino Canta: un grande uomo. Quando lo conobbi, ancor tanto giovane, ebbi da subito l’intuito di riconoscere in lui una non comune intelligenza. Appariva come un volenteroso contadino che, nonostante il suo grave male della glomerulonefri-

te, dovuto dalle molteplici ferite riportate durante un rastrellamento dei tedeschi nella «Val Grande», lavorava con amore ed entusiasmo, aiutando il padre Piero Canta nella cura dei terreni e del bestiame, ma, nelle brevi ore libere, Pasqualino studiava da autodidatta, aiutato dal suo caro amico Beppi Cecchelin che, alla fine di ogni anno scolastico presso l’Istituto Tecnico di Venezia, gli prestava i suoi libri già usati. Ammirevole per un ragazzo di campagna dedicarsi allo studio delle scienze, della fisica, della chimica e dell’algebra avendo ottenuto solo il diploma della quinta elementare, dove peraltro era stato notato e benvoluto dalla sua amatissima insegnante Irma Burigana. 22

Era un contadinello particolare Pasqualino; in lui non era difficile scoprire le sue capacità creative e lo spirito d’iniziativa, il talento costruttivo e il desiderio di migliorarsi sempre per riuscire a memorizzare cose nuove. Aveva seguito un corso di disegno professionale istituito presso la parrocchia di Dardago e condotto da un eccellente professore dell’università di Trieste. Pasqualino e il suo caro amico Natalino Zambon (Gidio Curadela) erano i migliori in assoluto, come ancora lo ricorda la cara signora Bruna, che tuttora è sempre pronta ad aiutare la chiesa e tutti coloro che hanno bisogno delle sue cure. I disegni che mi aveva fatto ve-


dere durante il mio breve soggiorno a Dardago nell’agosto del 1946, erano le prove di una capacità grafica non comune e ne rimasi così ammirata da consigliarlo di riprendere gli studi superiori per poter ottenere un meritato diploma. Seguì i miei consigli, forse perché era già sorta tra di noi una tacita intesa e non è difficile seguire i pareri di chi sai già che ti vuole bene. Per lui seguirono anni difficili, lasciò Dardago per emigrare nella metropoli lombarda: Milano negli anni del primo dopo guerra fu per molti il luogo che più facilmente poteva offrire lavoro. Fece di tutto: il cameriere, l’autista, l’idraulico pur di guadagnare qualche lira per vivere e comprare i libri utili alla frequenza delle scuole serali. Iniziò con la scuola commerciale, poi quella media indispensabile per l’ammissione alla scuola superiore di Chimica Industriale, continuando a conseguire ottimi risultati. Grazie agli studi trovò un lavoro si-

Fu un marito meraviglioso e un padre del tutto speciale...

curo presso un’industria chimica farmaceutica, «La Mugolio», ma dopo il lavoro prendeva i libri per continuare gli studi. Io, da una Trieste non ancora italiana, cercavo con un’assidua corrispondenza di dargli forza e coraggio per proseguire nella lotta, e fu proprio nel giorno stesso che ottenne il tanto agognato diploma che mi scrisse di preparare i documenti per il matrimonio. In un radioso lunedì dell’Angelo, il 22 aprile 1957 a Trieste, nella cappella di Pasquale Rivoltella, si univano in matrimonio Pasqualino Zambon e Pasquita Maiorano, dopo ben 11 anni di fedele e trepida attesa. Fu un marito meraviglioso e un padre del tutto speciale: ci dette di tutto e di più, ci donò la sua vita. Nonostante il suo antico e subdolo male, continuò a lavorare senza

tregua. Il desiderio del fare non si esauriva nelle sue consuete mansioni, cercava sempre di migliorare con nuove tecniche, tempi e modi di lavoro, conquistandosi le ammirazioni di colleghi e datori di lavoro. Prima presso «La Mugolio» per 10 anni poi, nel 1962 richiesto da una ditta americana a Lainate «La Parke Davis», una multinazionale che lo assunse come capo-tecnico di produzione, offrendogli uno stipendio adeguato alle sue molteplici esperienze. Vi rimase per 15 anni, rispettato e apprezzato per le sue molteplici innovazioni applicate ai macchinari da lui controllati, tanto da meritarsi numerosi premi di produzione ed infine una simbolica medaglia d’oro al merito per la sua assidua e proficua collaborazione. Purtroppo il suo male si aggravò al punto di costringerlo a lasciare il lavoro. Per sopravvivere dovette sottoporsi, a giorni alterni, a un trattamento dialitico, resistendo con la sua voglia di vivere per ben 32 anni. Non furono per lui anni persi: si dedicò alla costruzione della casa per sé e per i suoi figli. Dopo il terremoto del 1976, nei pochi giorni che riusciva ad ottenere un trattamento di dialisi presso l’ospedale di Sacile, fece di tutto per ristrutturare l’instabile casa che il padre gli aveva lasciato. Lì ci eravamo conosciuti, lì era nato il nostro grande amore e abbiamo voluto conservarla con i nostri cari ricordi. Per l’aiuto ricevuto durante questa opera di ristrutturazione devo ringraziare anche i signori Espedito Zambon, Berto Janna e Novino Foscarini. Non fu quella la sua ultima opera, perché continuò a lavorare nella sua attrezzata officina, che si era costruito nella sua casa di Saronno, fino alla fine. Riuscì a creare, con le proprie mani a tutto ciò che la sua mente inventiva gli suggeriva e ne si risparmiava mai, offrendosi ad aiutare tutti coloro che gli si rivolgevano per un consiglio o un aiuto. Le sue invenzioni furono molteplici: dalle macchine automatiche per l’industria chimica a quelle per la lavorazione del ferro e del vetro, 23

Pasqualino Zambon Canta è ricordato anche per le sue molteplici invenzioni e per un importante brevetto.

fino all’ultima, quella che avrebbe risolto l’inquinamento con l’abbattimento delle polveri sottili (vedi articolo pubblicato su l’Artugna n. 113 del marzo 2008). Riuscì anche a farne un brevetto, che però non riuscì a veder realizzato per l’incomprensibile incapacità e volontà dei politici e degli industriali italiani di realizzare ciò che giovani o non giovani talenti riescono a creare. Tuttora i nostri giovani migliori sono costretti ad emigrare all’estero se vogliono veder considerate le loro idee. Così avviene oggi come nel passato, nulla è cambiato, ma non bisogna scoraggiarsi mai! Ho voluto scrivere queste pagine di vita vissuta accanto ad un grande uomo, un esempio per i nostri giovani disoccupati per incoraggiarli a non demordere mai. Con la volontà e la costanza si possono superare tutti gli ostacoli e perseguire i propri ideali. Con l’indispensabile amore dei propri cari nella serenità di una famiglia coesa, si può raggiungere la felicità.


gli alpini

di Mario Bolzan

con la loro gioia, allegria e commozione anche a Budoia In occasione della 87a adunata degli alpini svoltasi a Pordenone l’11 maggio scorso si è creato in tutta la nostra provincia un’atmosfera ed una coreografia molto suggestiva. Vedere le strade ed i paesi pieni di bandiere, striscioni inneggianti e di benvenuto agli alpini suscitava immediatamente un’immagine di festa e di fratellanza.

A nche Budoia ha beneficiato di questa atmosfera particolare. Molti alpini, si valuta almeno 200, hanno trovato alloggio a Budoia. Il gruppo più numeroso è stato quello di Cassano Magnago (Varese) composto da 72 alpini alloggiati presso un B&B. Quest’ultimo oltre alle camere ha messo a disposizione anche un prato adiacente dove gli alpini hanno eretto un grande tendone, organizzando al suo interno un dormitorio, le cucine e tutto l’occorrente per essere indipendenti. Numeroso anche il gruppo di Crescenzago (Mi) alloggiato a Dardago e tanti altri che hanno trovato singoli alloggi presso famiglie, amici, parenti ecc. In quei giorni di metà maggio scorso si incontravano alpini dappertutto. È capitato di vedere un gruppo di essi a piedi con lo zaino che scendeva dalla pedemontana verso Budoia. Erano partiti da 24

Longarone e stavano raggiungendo a piedi Pordenone. La nostra comunità ha usufruito anche di alcune rappresentazioni di cori alpini. Il coro di Cassano Magnago si è esibito nella chiesa di Santa Lucia venerdì sera 9 maggio. La rappresentazione, supportata anche da immagini multimediali sugli alpini proiettate durante lo svolgimento delle canzoni, è stata davvero commovente. Molti presenti non sono riusciti a trattenere le lacrime. Un pomeriggio c’è stato un piacevole siparietto fuori dalla latteria di Budoia. Un coro stava intonando alcune canzoni. Erano presenti alcuni americani già in età avanzata, che avendo riconosciuto gli alpini hanno chiesto loro di cantare alcune canzoni di montagna. La rappresentazione è stata lunga ed esilarante con continue richieste di nuove canzoni finché


Il coro Julia di Fontanafredda, assieme ai cori ANA di Belluno e di Cassano Magnago, al termine dell’esibizione collettiva nella chiesa di Dardago.

alla fine gli ospiti americani hanno messo a disposizione una discreta somma al locandiere per un rinfresco a tutti i coristi e alpini presenti. Il sabato sera 10 maggio nella chiesa di Dardago si sono esibiti due cori di Fontanafredda e Belluno. Alla fine hanno cantato una canzone tre cori assieme in quanto ai primi due si è unito anche quello di Cassano Magnago. Immagine bellissima e suggestiva. Per molti degli alpini era la prima volta che visitavano il nostro territorio. Sono rimasti affascinati dalle fonti del Livenza, dal Gorgazzo, dalla chiesetta al colle di Santa Lucia, dal Ruial, da San Tomè. La loro ammirazione è stata unanime. Molti di loro dopo la partenza hanno fatto giungere degli scritti ringraziando la comunità per l’ospitalità e l’accoglienza, esprimendo sempre molti complimenti al nostro territorio perché oltre che bello è ancora a misura d’uomo. Infine la sfilata di domenica 11 maggio a Pordenone è stata uno spettacolo unico e gioioso. Gli alpini di Budoia hanno sfilato per ultimi, insieme alla sezione di Pordenone, alle ore 20.00. Quando tutti erano fermi già in riga, in attesa del loro turno di partenza per la sfilata, ha iniziato a grandinare e una pioggia torrenziale ha accompagnato sino alla fine. Vedere però la gente ai bordi della strada, pur fradicia di acqua, che rimaneva lì imperterrita ad applaudire ed incitare, nonostante la pioggia, dava ancora più allegria e coraggio a tutti quelli che stavano sfilando. Ben pochi si sono lamentati del tempo inclemente. Un alpino ha commentato «va tutto bene, avremo sicuramente qualcosa da raccontare ai nostri nipoti». È stata veramente una giornata memorabile.

Operette e musica,

che emozione! di Anna Pinàl

Fucile ci ha offerto un’occasione per rallegrarci alla maniera sua, con le sue «perle rare». Le abbiamo ammirate al Teatro di Dardago. Con Suoni e Gesti mossi da bellezze vere, taglia 40, o 42 o 44 max. Longilinee, messe in scena accuratamente abbigliate, e truccate per luci forti, e dirette con mano sicura, per lievi e suggestivi movimenti. Le parole nello show sembravano quasi svanite. Abituati come siamo, a sentire quelle delle conferenze, cioè le parole seriose, educate, raffinate, piene di importanza e autoreferenziali tipo: «la mia esperienza mi dice che… perciò io vi dico che»,… scoprivamo che quel tipo di parole qui erano bandite assolutamente. C’era altro. C’era di meglio. Per poter capire questo genere di comunicazione, che Fabrizio Fucile ci ha regalato, bisogna mollare la presa delle abitudini mentali visive, convenzionali e tradizionali, insomma tutto il deja vu, il consolidato. Intanto non è vero che per ammirare uno spettacolo originale e di gran stile si debba andare solo alla Scala di Milano o al Bolshoi di Mosca. Bisogna rendersi aperti a tutto e tutti, con generosità e fiducia. E approfittare quando arriva qualcosa di insolito sotto il segno della bellezza. L’eleganza non è un’esclusiva degli ambienti esclusivi, la puoi trovare in un pomeriggio fortunato, anche in un paesino sperduto del Friuli. Musica, danza, allusioni nei gesti, vocalismi… è la diversità di perfezioni di più arti, che hanno fatto strada insieme,

congiungendosi in un’unica presentazione. Barcarole, brindisi, danze e altre allegrie di Orologio, Donizzetti, Brahms, Rossini, Offenbach, e Lehar. In tutti i livelli si percepisce che i ritmi dell’estetica e della fantasia, toccano le corde più varie. E questo è il dono che è sceso fino a noi, dal divino, fino a portare con forza, il divino nell’umano. Qui l’invenzione di Fabrizio Fucile ha voluto esibirsi in continue ideazioni che si chiamano bellezza. Ma che possono avere anche altri nomi allusivi, come guizzi, fughe, rifiuti, ritorni, balzi, accordi, cioè movimenti che seguono regole dettate da libere padronanze espressive. Tutto sembra mostrare che l’artista voglia dirci «anch’io sono creatore», quando il Cielo mi guida, e questa è felicità. E un qualcosa che ha a che fare con una superiorità e spiritualità messe insieme, che sono sempre senza formale certezza, e sempre portate al cambiamento. Come per cercare un altro infinito. Cioè la bellezza che supera la bellezza, esprimendo verso l’alto un sentire che è misterioso. Che trascina in alto ma non sa di farlo, e porta in volo anche chi non sa nulla di volo. Qualcosa che è come sublime, senza utilità apparente. Una visione a cui si vuole rendere omaggio con il linguaggio dei suoni e dei gesti, abitualmente non praticati, come per una ricerca di paradisi perduti. Un desiderio di eterno presente, a cui è stata tolta tutta la banalità del fare quotidiano. Con ammirazione.


Prima Festa de ’l Ruial ass oc

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F inalmente, dopo mesi di lavoro da parte dei volontari, il Ruial è stato recuperato. Per celebrare questo primo traguardo, il Comitato ha voluto organizzare una festa. È stata una grande giornata per tutti. autorità, volontari e cittadini, che è iniziata con la cerimonia dell’alzabandiera. Sul pennone sventolavano il nostro Tricolore e la Stars and Stripes per i numerosi amici americani presenti. Quindi, a monte, è stata rilasciata l’acqua per l’inaugurazione ufficiale del Ruial. Il nostro parroco don Maurizio ha benedetto i lavori ed ha avuto parole di plauso per il recupero di un’opera molto significativa per le nostre popolazioni. Hanno voluto portare il loro saluti anche il dott. Damiani, direttore di Montagna Leader, che si è complimentato per l’ottimo utilizzo dei fondi concessi tramite il progetto Liquentia e il rappresentante della base USA, il Chief Master Sergeant Mark Batzer che ha ringraziato per l’ospitalità e l’amicizia che caratterizzano i rapporti tra la popolazione locale e la comunità USA residente.

Il Presidente del Comitato ha quindi ringraziato i Sindaci di Budoia e di Polcenigo, per l’impegno e professionalità nella gestione del progetto Liquentia, il Corpo Forestale e tutti i vari collaboratori. Il piccolo pianoro sopra la «cascata» de Perer era gremito – come non mai – di gente, tra cui moltissimi bambini. Una bellissima festa anche grazie alla splendida giornata di sole, dopo giorni di pioggia. Più tardi, nel cortile delle scuole

di Dardago, circa 300 persone hanno continuato concluso la giornata con brindisi ed un ricco rinfresco. I giudizi dei presenti sono stati unanimi: plauso e soddisfazione per i lavori portati a termine. Apprezzamenti che sono la miglior ricompensa per i volontari che hanno dedicato tempo e fatica. *** Ora il Ruial è meta di visite e passeggiate: il sentiero è accessi-

Momenti della «Prima Festa de ’l Ruial» alla presenza di autorità civili e religiose.

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bile anche ai bambini e sono numerose le famiglie che, nelle belle giornate estive, decidono di trascorrere un po’ di tempo in questi luoghi ameni, freschi e allietati dal piacevole rumore dell’acqua della cascata di Perer. Vale proprio la pena fare una passeggiata dal Mulin de Bronte fino alla cascata e anche proseguire fino alla presa sul Cunath, sempre costeggiando il Ruial. Lo consigliamo.

Alfredo Zambon Curadela e il figlio Mirco, che si sono offerti di realizzare la nuova ruota in ferro. A destra. Il progetto della ruota del Mulin de Bronte.

*** Terminato il grande sforzo sul Ruial, i volontari non si fermano: alcuni sentieri da sistemare ed il ripristino della «diga» presso la presa sul Cunath, in collaborazione con il Corpo forestale, sono i prossimi impegni. Recentemente c’è stata la proposta di Alfredo Zambon Curadela e del figlio Mirco di costruire una nuova ruota ad acqua, in ferro, per il Mulin de Bronte. Ora «Chei de ’l Ruial» con la partecipazione di Idrogea, che fornirà i materiali e verificherà lo stato del cavo metallico e del tubo che attraversa l’Artugna, procederanno alla messa in sicurezza del condotto in ghisa. Ottenuti i relativi permessi si potrà costruire una fontana in pietra e creare, in prossimità della Rosta, un piccolo laghetto, prima che l’acqua del

Ruial ritorni in Artugna. Il Ruial è veramente una fonte di piacevoli sorprese! Nella lista dei progetti da portare avanti c’è anche il recupero e restauro della «glesiuta de Sant’Agnol» (e sistemazione dei sentieri relativi), l’area della fortezza del Ciastelat (con parziale ricostruzione di un esempio della palizzata e casupole medioevali), ma il nostro «grande sogno» e sfida nel cassetto sarebbe quello di poter trasformare in una pista ciclabile per mountainbikes la vecchia strada della Venezia delle Nevi (quella costruita e mai completata negli anni ’60), e che rappresenterebbe una arteria fondamentale di sviluppo cicloturistico per la vallata di Val de Croda e anche per tutto il sistema «Piancavallo-Pian del Cansiglio».

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Per ora è solo un’idea ambiziosa, ma chissà che con la collaborazione di tutti (amministrazioni, cittadini, americani, associazioni sportive ecc.) non possa diventare una realtà. Il Comitato del Ruial è di tutti i cittadini del Comune, e speriamo che con questo spirito ci possano essere nuove energie e risorse per un allargamento della base di volontari, in particolare giovani che dovranno dare continuità alle attività iniziate. Comunque un grazie sincero a tutti gli amici e simpatizzanti che ci hanno gratificato con la loro presenza e che continuano a supportare il Comitato del Ruial.


festa di Primavera in piazza

di Giorgia Del Puppo, Daliah Frezza, Claudio Mariani, Cristina Barbariol, Daniela Lavezzari

C entinaia di persone sono accorse in piazza a Budoia la sera del 1° giugno per l’appuntamento con Grease, lo spettacolo musicale che ha visto protagonisti un gruppo di 18 entusiasti ragazzi di Budoia e Aviano dai 12 ai 20 anni, e che è stato il frutto di un vero e proprio lavoro di comunità. Il percorso che ha portato alla realizzazione del musical ha coinvolto, infatti, in un crescendo di partecipazione e passione, il Progetto Giovani (GIM Aviano) e i ragazzi che ne fanno parte, famiglie e persone del territorio, associazioni e Amministrazione Comunale. Tutto è nato da una proposta di Francesca Lazzarotto in un pomeriggio afoso d’estate, alla fattoria Ortogoloso con Daniela Lavezzari, Claudio Mariani e l’associazione GIM, Giovani in movimento. Il 23 dicembre si erano svolte le audizioni ufficiali al Teatro di Dardago, con i giudici d’eccezione Ramiro Besa, Emanuele Lachin, Katia Gavagnin e Sonia Borgonovo. Scopo delle audizioni era incoraggiare i ragazzi a presentarsi e ad accettare l’impegno: nessun fine di selezione, bensì di coinvolgimento

di quanti più ragazzi possibile. Da gennaio a giugno i ragazzi e i loro coach hanno provato tutti i fine settimana nella palestra delle scuole elementari di Budoia e nell’area festeggiamenti. Per quasi tutti i ragazzi si trattava della prima esperienza come ballerini, attori e cantanti, e si sono impegnati con costanza e dedizione; di particolare importanza per la buona riuscita dello spettacolo sono state Elisa Lachin e Katia Gavagnin.

Ciò che ha contato di più in questo percorso è l’aver creato un gruppo unito e un’occasione di impegno e di benessere non solo per i ragazzi ma anche per gli adulti che con loro hanno lavorato. Il musical si è unito, inoltre, alla raccolta di beneficenza rivolta al reparto di gastroenterologia pediatrica dell’Ospedale Burlo Garofolo di Trieste, da tre anni effettuata in occasione dell’allegra Festa di Primavera in Piazza del 2 giu-

Un momento della dimostrazione dell’Accademia della Falce a cura di Mauro Zambon. Da sinistra: Angelo Janna Tavàn, Mauro Zambon e Guerrino Dirindin.

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I giovani sul palco per la «prima» di Grease. Lo spettacolo musicale è stato riproposto anche in altre località della Pedemontana.

gno, che anche quest’anno ha accompagnato la celebrazione della Festa della Repubblica Italiana in Piazza Umberto I. La giornata si è aperta con una lunga passeggiata a tappe nella natura: moltissimi bambini accompagnati da genitori e amici hanno attraversato le incantevoli colline e i suggestivi boschi di Budoia e Polcenigo. Guidati da esperte Guardie forestali e accompagnati dagli Scout di Aviano, durante la camminata i bambini sono saliti all’interno della nuova ambulanza veterinaria dell’associazione «Mi fido di te» di Pordenone, hanno accarezzato le asinelle Pina e Primula di Marcello Callegari, hanno fatto merenda insieme al GASP, sono stati i protagonisti di un gioco di ruoli incentrato sull’uomo e gli animali guidato da Alfio Ragogna e Samantha Furlan ed hanno imparato, grazie a Mauro Zambon dell’Accademia della Falce, cos’è la falce e come essa si usava, in fondo, non molti anni fa. E per finire… un buon gelato e dello zuc-

gli animali

in poesia PRIMO CLASSIFICATO

Quest’anno, il concorso di poesia «Bambini Poeti per un giorno» è giunto alla sua quarta edizione. Dopo «Il Tricolore in Rima», «Il Paese in Poesia» ed «Il Costume in Poesia», i protagonisti delle poesie in gara sono stati gli amici animali. I Volontari Amici del Girasole, con il patrocinio del Comune di Budoia e in collaborazione con l’Ass. GiM-Giovani in Movimento, che gestisce il Progetto Giovani di Budoia, e la Proloco hanno rivolto il concorso alle classi quinte

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e quarte delle scuole primarie del territorio. Hanno partecipato al concorso le scuole di Budoia, Polcenigo, Sarone, Casut, San Quirino e Montereale Valcellina. Quest’anno si sono uniti in via eccezionale anche i bambini della classe III B della scuola di Vigonovo. La partecipazione è stata altissima, la giuria composta da Ornella Ibic Celant, Elisa Modolo, Francesca Giannelli e Fabiano Naressi, ha valutato più di 160 poesie.

La volpe di Luca Cesaro, classe V, Budoia

Una fiamma che corre sui sassi bianchi come la neve. Corre in tana dove la aspettano i suoi cuccioli affamati. Con il mio sguardo, per un attimo ti ho catturata. Per un attimo sei diventata la mia volpe


gli animali

in poesia

SECONDO CLASSIFICATO [2 pari merito]

TERZO CLASSIFICATO

Il cane

Animali

Il pavone fa la ruota

di Anna Gjoka, classe V, Sarone

di Davide Del Savio, classe V B, San Quirino

di Joseph Abdalla e Yousra Jmaiel, classe IV, Polcenigo

Voglio un cane scorreggione e anche un poco brontolone ma che quando io mi alzo mi atterra con un balzo per non farmi andare via e giocare in compagnia e quando torno mi salti addosso perché ha fame e vuole un osso che sia pur maleducato ma che mi sia affezionato papà è un anno che lo dico «voglio un cane per amico». Dai papà non fare il sordo … ho chiesto un cane non un tordo!

Dalla finestra, una mattina, vedo le montagne, alcune con uno spruzzo di neve, altre verdi e di un blu grigiastro. Chissà tutti gli animali che ci vivono, posson stare liberi nell’aria aperta. Vorrei liberare tutti gli animali rinchiusi in gabbia, perché penso che anche loro abbiano bisogno di una vita. L’orso è come un uomo forzuto, tutti gli uccelli sono come bambini diversi, e gli altri animali … ognuno è paragonabile a qualcosa … pensate ai cacciatori, uccidono gli animali, ma se uccidessero voi, come vi sentireste …?

Il pavone fa la ruota per trovar la fidanzata. Poi cammina spensierato sull’erba verde del prato. Poi incontra un’oca bianca ma gli dice che è stanca; dopo vede il tacchino ma gli sembra un po’ sciocchino; gira gira il continente ma non trova proprio niente. Cerca cerca nel pollaio e combina un grosso guaio. Il pavone fa la ruota per trovar la fidanzata Si avvicina ad una fata: finalmente l’ha trovata!

chero filato in piazza! È stata poi la volta del discorso del sindaco Roberto De Marchi, da poco rieletto dai cittadini budoiesi. Numerose le attività manuali e le dimostrazioni educative e sportive, tutte gratuite, proposte a bambini e ragazzi, che insieme alle loro famiglie hanno trascorso ore di serena condivisione in piazza; ci hanno raggiunto persino da Trieste i Clown Dottori della Compagnia dell’Arpa a dieci corde. Unica pecca la pioggia dispettosa... Nel tardo pomeriggio ha avuto luogo la premiazione del concorso «Gli animali in Poesia», a cui hanno partecipato le scuole primarie di Budoia, Polcenigo, Sarone, Montereale Valcellina, San Quirino, Casut e Vigonovo. Anche se bagnata dalla pioggia, la premiazione dei bambini da parte del Sindaco è stata come ogni anno emozionan-

te (e condividiamo con i lettori alcune delle poesie vincitrici!); dopo un’attenta valutazione delle numerosissime poesie (più di 160!), la giuria composta da Fabiano Naressi, Ornella Ibic Celant, Francesca Giannelli ed Elisa Modolo ha conferito il primo posto a Luca Cesaro della classe V di Budoia. La giornata si è conclusa, come ogni anno, con la coloratissima degustazione benefica che coinvolge e unisce tutti i ristoratori di Budoia, i quali offrono le loro specialità agli altrettanto generosi cittadini. La presenza del dottor Stefano Martelossi, responsabile del reparto di gastroenterologia pediatrica del Burlo Garofolo, giunto a Budoia per il terzo anno consecutivo da Trieste, è stata come sempre significativa nel dare inizio al buffet di beneficenza per il Burlo, che anche quest’anno ha 30

consentito di raccogliere un’ottima somma: si tratta di 1.803,42 euro che saranno destinati, come ha spiegato il dottore, al finanziamento di una ricerca volta a studiare il dosaggio di un nuovo farmaco. La degustazione è stata accompagnata dalle fresche note del duo Den Rode, due giovani promesse della musica, Claudia Cocchetto e Gaia Petozzi. Ringraziamenti speciali vanno all’Amministrazione Comunale, alla Proloco Budoia, agli Alpini di Budoia e Polcenigo, al Progetto Giovani (GIM) di Budoia e Aviano, senza i quali la Festa non avrebbe avuto la stessa anima, ai baristi e ai ristoratori di Budoia, e a tutti coloro, volontari, associazioni, cooperative, amici, che hanno messo a disposizione tempo ed energia per la buona riuscita della manifestazione.


Una sosta dei nostri parrocchiani amorevolmente accolti dal sorriso del «Papa buono».

a Sotto il Monte in pellegrinaggio di don Maurizio Busetti

S abato 7 giugno, cinquanta persone delle nostre tre Parrocchie e amici hanno partecipato al pellegrinaggio a Sotto il Monte Giovanni XXIII per venerare il Santo Papa, amato da gran parte della nostra gente che lo ha conosciuto ed amato come il Papa della bontà. Dopo un viaggio in corriera di circa tre ore e mezza abbiamo raggiunto il ridente paesotto della bergamasca. Subito ci siamo recati nell’edificio Ca’ Maitino, dove Papa Giovanni trascorreva le vacanze per riposarsi dai suoi gravosi impegni e dove oggi il cardinale Loris Francesco Capovilla, suo antico segretario, ne tiene viva la memoria. Alcuni di noi, superando il muro che le suore fanno per impedire che si esaurisca (è alla vigilia dei 99 anni!), lo hanno incontrato. Un uomo dall’intelligenza viva, dalla memoria infallibile, affaticato nel corpo, ma non nella mente, era una miniera di ricordi e di insegnamenti. Abbiamo poi visitato Ca’ Maitino che è un museo di ciò che è appartenuto al santo pontefice: arredi sacri, quadri, libri, regali ricevuti nel corso della vita e oggetti di vario genere. Siamo poi passati alla Chiesa Parrocchiale nuova, dove abbiamo visitato all’esterno il campo della pace con la memoria di tutti i luoghi dove il Papa ha

operato e la storia della vita di Roncalli. Siamo stati poi accolti nella Casa del Pellegrino sostenuta completamente col volontariato. Bella, nuova, pulita e accogliente. Dopo la proiezione di un breve filmato abbiamo pranzato. Nel pomeriggio la visita alla Casa Natale del Papa dove abbiamo visto la camera dove è nato con i vecchi arredi e l’albero genealogico. Adiacente il Seminario missionario, da lui voluto, per formare missionari da mandare in tutto il mondo. Qui siamo stati impressionati dai tanti ex voto di ogni genere, perfino una sala addobbata da… nastri e fiocchi dei neonati dei quali si attribuisce la nascita per grazia ricevuta dal Santo Papa. C’è anche la foto dell’incontro del Papa con una bambina malata di leucemia che prima di morire ha espresso il desiderio di incontrarlo.

E fu esaudita. Abbiamo partecipato alla Santa Messa celebrata dal nostro parroco e da don Paolo di Cusano Poincicco nell’antica chiesa parrocchiale dove Angelo Giuseppe Roncalli fu battezzato lo stesso giorno della nascita il 25 ottobre 1881 e dove celebrò la sua prima Santa Messa il 15 agosto 1904 (quest’anno 110 anni). Dopo la Santa Messa, grazie al bravissimo e simpatico autista George Illia che incurante dello scarso navigatore, fidandosi più del suo naso che delle indicazioni ci ha portati ad una quindicina di chilometri da Sotto il Monte nel paese di Almenno San Bartolomeo, dove abbiamo ammirato una chiesa del XII secolo dedicata a San Tomè. Di pianta circolare, in pietra con matroneo, ben tenuta: un vero gioiello. Il rientro è stato gioioso e piacevole.

La Rotonda di San Tomè di Almenno San Bartolomeo in provincia di Bergamo. I nostri gitanti hanno visitato l’interessante esempio di architettura romanica del XII secolo, armoniosamente incastonato nel paesaggio campestre bergamasco. Da San Tomè di Dardago... a San Tomè di Almenno!


– cento anni dalla nascita –

don Alfredo Pasut di don Matteo Pasut

V i era da poco scoppiato il fragore dei cannoni dell’odio nell’Europa e nel mondo intero della Prima Guerra Mondiale. Quando nel piccolo paese di Palse di Porcia nasceva il 31 luglio 1914, giusto 100 anni fa, un bambino, che venne battezzato col nome di Alfredo. Quartogenito di Carla Pase e di Angelo Pasut. Trascorse la sua infanzia serenamente nella nuova abitazione di via Panegai in Palse; casa che papà Angelo aveva da poco costruita non senza grossi sacrifici, frutto di alcuni anni giovanili trascorsi in Argentina a Buenos Aires, dove aveva emigrato.

Il piccolo Alfredo frequenterà le scuole primarie nella vicina Rondover, poi, quando da adolescente era già orientato al lavoro nella famiglia tra le vigne ed i campi arati, quindicenne scelse la via del Seminario a Pordenone. Ciò avvenne nell’ottobre del 1929, l’autunno che precedette uno dei più freddi inverni della nostra storia. È risaputo che persino gli alberi si spezzavano dal freddo. Dopo 12 anni di impegno allo studio, ed alla fedeltà alla vocazione verso il sacerdozio, venne consacrato il 29 giugno 1941, Festa dei ss. Pietro e Paolo, nel Seminario di Pordenone.

L’attività pastorale sacerdotale dello zio don Alfredo si svolse anzitutto nella parrocchia di Rorai Grande, presso Pordenone, per alcuni mesi a cavallo dal 1941-1942. Passerà in seguito a Cordenons, proprio nel periodo più acceso e più delicato della guerra: anni ’42-’45. Nella Parrocchia di Santa Maria Maggiore di Cordenons viene tutt’ora ricordato e venerato per la sua generosità, per il suo coraggio, per il suo spirito di compartecipazione alle prove ed alle sofferenze della gente e delle famiglie, soprattutto nei momenti tragici e nelle dolorose situazioni imposte da-

Mamma Carla e Alfredo, ad un mese di vita. La famiglia di don Alfredo. Da sinistra, dietro: Marcello Pasut, Carla Pase (mamma), Angelo Pasut (papà), Amalia. Davanti: Valentino, la nonna Amalia, il nonno Valentino, Giuseppe e Alfredo Pasut.


gli eventi bellici. Sempre vicino a portare la parola di conforto, incoraggiamento e di speranza. Fu poi trasferito a Lorenzaga di Motta di Livenza (Treviso). Una esperienza assai preziosa accanto al Parroco don Giuseppe Lozer, originario di Budoia, dove nel frattempo venne a mancare il Parroco don GioBatta Foraboschi. Così accadde che don Lozer invitò il suo collaboratore a prendere possesso della Parrocchia di Budoia. Il 2 agosto 1946 sarà accolto dalla Comunità di Budoia, e vi rimase per ben 50 anni. Don Alfredo ha vissuto la bella missione di Pastore amato e stimato nella gioia di un lungo servizio pastorale.

Un servizio semplice umile essenziale, ma sempre presente e accanto ad ogniuno. Il suo spirito di sano ottimismo, buono e amico di tutti, carico di umanità soffusa da una fede profonda e genuina, che ha saputo trasmettere in tutti, e coltivato con tanta umiltà e preghiera. Una vita avvalorata da una profonda e autentica testimonianza che sapeva effondere in tutti speranza e pace. A cento anni dalla sua nascita, e dopo 5 anni dal suo passaggio all’eternità, le Comunità di Budoia, Dardago e Santa Lucia e quanti lo ricordano, esprimono gratitudine al Signore, venerando la memoria del sacerdote don Alfredo Pasut.

L’incontro di don Alfredo e di don Matteo Pasut con Papa Giovanni Paolo II, avvenuto a Pordenone il 1° maggio 1992.

– il valore di un sorriso –

don Bruno Della Rossa di Vittorio Janna Tavàn e Francesco Guazzoni

scriveva Marcel Proust... «La felicità è benefica al corpo ma è il dolore quello che sviluppa le facoltà dello spirito».

«La felicità è benefica al corpo – scriveva Marcel Proust – ma è il dolore quello che sviluppa le facoltà dello spirito». Chiunque abbia conosciuto il sorriso di don Bruno Della Rossa può confermare questa affermazione. E può confermare di averlo conosciuto realmente laddove la vera conoscenza di una persona si racchiude nell’assorbimento del suo spirito. Perché don Bruno Della Rossa era così provato nel corpo da una malattia debilitante che l’accompagnò per tutta la vita e che gli consumò la forza fisica, eppure così vitale e sereno. Così umano e solidale nel raccontarsi e mostrarsi, prima che con le parole, con il suo volto sempre sorridente che valeva già un conforto dell’animo. La sua vita è stata minata fin da giovanissimo dalla profonda sofferenza, che segnò, anticipandola, la sua missione a fianco delle persone 33

malate negli ospedali ed un viatico di dolore per tutto il cammino dell’esistenza. Nato a Ligugnana, una frazione di San Vito al Tagliamento, da una famiglia contadina il 17 ottobre 1938, dopo la formazione seminaristica a Pordenone, iniziò il suo percorso sacerdotale come cappellano in varie parrocchie. La salute precaria lo costrinse poi ad un trasferimento all’Ospedale «San Zenone» di Aviano dove vi rimase cappellano per quarant’anni, fino alla chiusura della struttura ed il conseguente spostamento al vicino Centro di Riferimento Oncologico dal 1984 al 2007. «Missionari del dolore», così monsignor Ovidio Poletto definì i sacerdoti sofferenti come don Bruno. Aveva constatato come, attraverso la visione della sofferenza ed il carico che se ne facevano questi consacrati, le persone in visita ne uscissero rasserenate.


La famiglia di don Bruno Della Rossa. La mamma Dora Schincariol (1900), il padre Angelo detto Coradin (1897), il fratello maggiore Pietro (1930) e il piccolo Bruno.

È in questi luoghi infatti che don Bruno visse la pienezza della sua opera tra i fedeli e gli ammalati, sofferente tra i sofferenti, dove equilibrò vocazione e doveri di «parroco di campagna» con i valori dell’uomo semplice governato da una visione umile e rispettosa della vita e delle persone. Don Bruno non considerava la religiosità imposta e disciplinata dal-

…non una religiosità imposta dallo spauracchio del castigo…

lo spauracchio del castigo e dalla rigida osservanza delle regole, quale unica via per la salvezza e la misericordia del Signore. Amava l’uomo con le sue debolezze e le sue limitate possibilità pur-

ché votate alla rettitudine, anche se laica, dell’azione. «Se non vuoi entrare in chiesa – confidava a qualcuno – non farlo, ma sappi che là dentro, c’è un Amico che ti saprà sempre ascoltare ed aiutare». Parole semplici come la sua vita, modeste ma funzionali come il vespino che lo conduceva, quando saliva a Dardago, nel periodo in cui sostituì il pievano nei primi anni ’70. Era conosciuto in tutta la Pedemontana, aveva una buona parola per tutti e, soprattutto, regalava il suo sorriso generoso, come generoso era il suo animo aperto all’aiuto materiale ed economico di chiunque avesse necessità. Sempre con discrezione e nell’anonimato, bilanciava la Divina Provvidenza col pragmatismo risolutivo dei problemi. Anche nella cappella costruita all’interno del CRO, da lui fortemente voluta «e fatta costruire da un laico» come amava ricordare scherzando, univa il sacro al «profano» quale formula mediatrice per il conforto dei malati. Fece installare un impianto di diffusione sonora che trasmettesse, a chiunque vi entrasse o sostasse oltre le funzioni religiose, musica di Bach, Beethoven, Mozart e Vivaldi, quasi a rappresentare l’ideale continuazione della riflessione ed un’armonica atmosfera per la sacralità della preghiera ed il beneficio dell’anima. Sarà per la celebre frase «chi non ride mai, non è una persona seria» attribuita a Chopin e certamente sottoscritta da don Bruno, la sua predilezione personale e privata ricadeva invece sul compositore polacco nel cui struggimento musicale identificava e condivideva la sua sofferenza con la medesima intensità di sentimento. Sempre al CRO strinse amicizia e condivise iniziative di solidarietà con diversi medici e con Franco Gallini e sua moglie Carmen grazie ai quali, nel 1989, poté realizzare il suo sogno: la Casa della Via di Natale, una struttura adiacente l’ospedale che desse ospitalità ai familiari dei pazienti. Per anni ne fu anche vicepresidente e consigliere. 34

Quando le sue condizioni di salute peggiorarono e s’intensificarono le terapie di dialisi, dovette trasferirsi a Pordenone nella Casa della Madonna Pellegrina alternando le sue cure alla pratica della confessione nella Chiesa del Cristo. «Aveva la possibilità di stare ancor di più accanto alle persone – ricordò un suo vecchio amico –. Si dedicava agli altri, nonostante lui stesso stesse sempre più male. Ma la malattia l’ha vissuta sempre in modo sereno, come se fosse uno strumento di ulteriore vicinanza ai sofferenti». Visse l’ultimo periodo della sua vita alla Casa del Clero di San Vito al Tagliamento ricevendo cure mediche continue ma non demordendo mai nella sua missione evangelica e consolatoria. «Entrare nella sua stanza, negli ultimi tempi, ti immergeva in una profonda ed intima esperienza, come ascoltare una predica» ha confidato commosso il suo amico don Gianni Lavaroni. «Andate a trovare don Mario nell’altra stanza che sta peggio di me» sollecitava invece don Bruno, con un filo di voce e le labbra screpolate dal male, chi gli faceva visita nella sua stanza. Fino all’ultimo il suo pensiero è stato per chi soffriva più di lui, fino all’ultimo cullò con lucidità il suo dolore senza lamentarsene, fino all’ultimo si sentì testimone dei chiodi della croce. Fino all’ultimo, quando anche quella musica non bastò più ed il suo sorriso mutò. «Non desidero più ascoltarla, ne sto già ascoltando un’altra... sono pronto» disse poco prima del 22 febbraio 2014. Oggi don Bruno riposa ad Aviano, in quella Pedemontana che custodisce il silenzio naturale e discreto come fu il suo essere uomo e apostolo di Dio.


’n te la vetrina

UN ACCORATO APPELLO AI LETTORI Se desiderate far pubblicare foto a voi care ed interessanti per le nostre comunità e per i lettori, la redazione de l’Artugna chiede la vostra collaborazione. Accompagnate le foto con una didascalia corredata di nomi, cognomi e soprannomi delle persone ritratte. Se poi conoscete anche l’anno, il luogo e l’occasione tanto meglio. Così facendo aiuterete a svolgere nella maniera più corretta il servizio sociale che il giornale desidera perseguire. In mancanza di tali informazioni la redazione non riterrà possibile la pubblicazione delle foto.

15 agosto 1981. Festa degli Anziani nel cortile delle scuole. Si riconoscono, in primo piano, da sinistra: Marcella Zambon Cep, Augusta Janna Tavàn, Luigia Zambon Momoleti, Suor Felice. In secondo piano: Ermenegilda Zambon Marìn, Ermellina Zambon (del Plevàn), Enrico Zambon Pinàl, Pietro Janna Tavàn, Celestino Del Zotto, Ermellina Bocus, Edoardo (Rino) Del Maschio Bisùt.

Basilio Brussato con il figlio Ferdinando a legna sulle nostre montagne. A sinistra. Basilio Brussato tra i due amici Fortunato Zambon Pinàl e Giovanni Zambon Cantòn Luthòl.

Anno 1958, Castello di Aviano. Passeggiata degli alunni della scuola elementare di Dardago... Chi si riconosce?


L’angolo della poesia Comót

Ritornare a Dardago

Seo de ciasa? Non ve ài mai vedut cà par drento. Son dudi debant thentha ciatà pase son dudi lontan quant dut al temp e i ani che avon consumat. E da veci tornà par vede le piere che avon lassat se le era restade come che le avon lassade e se l’é vero de chel che avon liedut de Dardàc. Vigne cà e non trovà nessun pa le strade dùt serat ancia el dì de festa. Unlà eli i dovins che da coscriti i festegiava el temp passat con la naja e le fie che i feva l’amor. I é dudi lontan par lavorà chi a Venetia chi a Milàn chi anciamò pi lontan, i à mettut su fameja e in ogni lóc i se à fermat. Sono noi chei, sono noi che tornon a ciasa, sono noi che se penson de le parole de nostra mare el dì che son partidi sono noi che no dismintion i month e l’Artugna, le grave e i masarons quan che se deva a seà fen o a legne in tel bosc, vendemà a Masarlada o Lingoria, drio un caret, o drio i grains come el coder, con la sloitha su le spale e cussi dovins par lavorà? Le nostre forthe avon perdut ma l’istinto de vigne a ciatà chel mond sol che ricognosson, i cari veci che i ne à precedut, le amicissie perdude. Leadi da ’na nostalgìa sempre in tel pensier nostre e non savon comót?

Sole le case adagiate che in lontananza rapiscono lo sguardo speranzoso, in quel ritorno a noi obbligato, tanto che vecchio e nuovo ormai non sembrano più distanti dalle nostre idee che nella sorpresa di scoprirne il reale volto si confondono. Qualcosa ci indica, e non solo a causa di un’età, che vorrebbe rianimare quel mondo lasciato ad un destino senza tempo che solo per noi tutto finirà domani.

Nonna Augusta Chel pensiero che i feva compagnia, de nostre ricordo quan che le dornade le pareva pi longe, e spetà uncuoi come doman che le porte le se verdesse par dise ’na parola de pì ai fioi e ai canàis, che i vigneva par poc. E ciatà solievo quand duth i steva bin, quand dut l’era pulido. Poc l’era restat e chel poc i bastava par podè dise de esse siora in un temp che vive pulido se podeva. Ades pensasse dovon quant el temp l’è passat thentha podelo fermà e le parole de nostra mare che non disminthion, restade impresse in te le nostre ment le à costruit le nostre vite come chele piere de rujal i à fat cresse un paes. PIER LUIGI DELLA VECCHIA

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[ recensioni ] Villeggiare in Posta

Morte all’Acropoli

Archeologia del Paesaggio

(de Buia)

Le indagini di Apollofane

L’insediamento di Longiarezze

di Carlo Zoldan

di Andrea Maggi

di Moreno Baccichet

Carlo Zoldan continua a scrivere; e con i suoi racconti descrive la vita della gente comune di Sarone e dintorni, riproponendo personaggi, aneddoti, fatti realmente accaduti e altri che potrebbero benissimo esserlo... Infatti, dopo aver letto le prime righe del suo nuovo libro, Villeggiare in posta, ti trovi già lì, a Sarone e tra i saronesi: li senti parlare, burlarsi di qualcuno, vantarsi di qualche bravata, misurarsi con gli avversari, soprattutto se scorzet da Sazil, Orsi da Caneva o Barbari canevoti... Il libro è strutturato sulla falsariga di Miserere e bandiera rossa, pubblicato due anni fa: il protagonista, che è l’autore stesso, racconta al nipote, che non si stanca mai di ascoltare, tutto quello che ha osservato, rilevato e tenuto in serbo per decenni, fatta eccezione per alcuni episodi registrati di recente, ma comunque riferiti al passato e a personaggi tipici di Sarone e dintorni. Anche il linguaggio è quello solito usato da Zoldan: un italiano semplice, con molte espressioni dialettali, modi di dire e tante tante spiegazioni di semplici parole, di comportamenti, di situazioni particolari, di usanze, di riti religiosi... Una peculiarità dello stile di Carlo Zoldan sono proprio le numerose espressioni dialettali che di norma gli servono per concludere un discorso, per ribadire un’opinione, per meglio caratterizzare un personaggio. Il libro, edito dal Circolo Ricreativo Fiaschetti, reperibile nelle librerie di Sacile e presso la sede del Circolo, viene venduto al prezzo simbolico di 10,00 euro e l’intero ricavato è devoluto in beneficenza.

Gli elementi di un giallo ci sono tutti. Il corpo martoriato di un uomo ammazzato, un uomo accusato dall’opinione pubblica di essere il colpevole, un mercante ed una saggia e affascinante donna che, convinti dell’innocenza dell’imputato, si battono per far valere le loro idee. Apollofane, questo è il nome del mercante, decide di sfidare l’opinione ed i pregiudizi dei suoi concittadini tra molte difficoltà e gravi pericoli. Gli elementi di un giallo ci sono tutti ma è un giallo molto particolare perché si svolge nel IV secolo a.C., in una Atene, ormai sulla via del tramonto, che ha dovuto soccombere contro i molti nemici e che sta vivendo una grossa crisi morale ed economica. La città è sconvolta anche per questo efferato omicidio e per il contemporaneo furto del suo tesoro. L’autore di questo avvincente thriller a sfondo storico è Andrea Maggi, giovane professore di lettere, figlio della prof. Gabriella Panizzut. Morte all’Acropoli è il suo primo romanzo.

Moreno Baccichet, architetto e docente di Urbanistica presso l’Università IUAV di Venezia, ha aggiunto una nuova tessera alla storia di Budoia con la pubblicazione della sua ricerca sullo studio del paesaggio. L’opera, Archeologia del paesaggio. L’insediamento medievale di Longiarezze a Budoia, edita da Forum, l’Editrice Universitaria Udinese, è il completamento di un percorso di un decennio di studi estensivi nel territorio, nel contesto di un progetto di valorizzazione dei siti di Cjastelat e Longiarezze, in cui lo studioso ha coinvolto pure la popolazione con visite guidate e ha realizzato una mostra sull’insediamento medievale del villaggio montano, nel 2012. Il volume raccoglie i risultati delle ricerche svolte, incrociando i dati provenienti da un’analisi microtopografica e archivistica del sito abbandonato già nel secolo XVI, con l’obiettivo di far riscoprire alle comunità i luoghi antropizzati in epoche storiche e ora inghiottiti dalla vegetazione, e offrire così una nuova prospettiva di sviluppo del patrimonio storico, culturale ed ambientale del territorio. L’autore è stato affiancato da Walter Coletto, che si è occupato dei rilievi e del materiale fotografico, e da Eugenio Belgrado, che ha interpretato creativamente ma con rigore scientifico l’ambiente medievale del villaggio montano. Il libro è disponibile nelle librerie.

Il libro, edito da Garzanti, è disponibile nelle librerie.

R.Z.P.

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un pensiero per...

Una folla silenziosa, (molti con gli occhi lucidi) ha salutato Wilmer, per l’ultima volta, nel campo sportivo comunale, scelto dalla famiglia con il Parroco don Maurizio e il Sindaco di Budoia. Una scelta dettata non solo dalla vasta partecipazione, vista la chiusura della chiesa per restauri. Di Wilmer è stata ricordata la sua figura poliedrica, spensierata, dalla vita spericolata, tanto che le note di Vasco Rossi, al termine della liturgia della Parola (essendo la settimana santa iniziata, non si è potuto celebrare la Santa Messa, né suonare le campane, né accompagnare con canti appropriati la liturgia) sono risuonate nel rettangolo verde che lo aveva visto protagonista come giocatore e come sponsor. Volti noti e meno noti, accomunati dal ricordo di una persona cara, amica di tutti, che, nonostante avesse la parvenza di uno disinteressato e un poco burbero, nascondeva sotto la pellaccia dura (come diceva lui) un profondo cuore, che ha saputo donare del suo, in modo nascosto e

Foto di Sigfrido Cescut.

Claudio Wilmer Puppin

silenzioso, facendo del bene senza tanto chiasso. L’ultimo sportivo caloroso applauso è durato a lungo, e ha accompagnato il feretro all’uscita dello stadio. La folla si è poi stretta in solidale vicinanza alla moglie, alla figlia, ai familiari tutti. Abbracci, strette di mano, per ricordare un volto noto che non vedremo più.

Secondo Gislon Moro – la grande eredità – Secondo Moro non c’è più, dal 12 maggio. Aveva 94 anni. L’ho visto in ospedale negli ultimi giorni, soffriva e lottava, non cedeva: era l’emblema della sua vita, lunga e con tanti dolori, ma senza cedere mai né piegarsi alle dure prove. Ora tutti ricorderemo le sue grandi qualità: Secondo non era un semplice artigiano, era un professionista preparato, abile, profondo conoscitore del legno, uno che

Le nostre comunità, sono composte da persone, per fortuna, che sono abituate a condividere gioia e dolore. Speriamo di non perdere mai di vista questi valori umani e cristiani senza i quali, o mancando i quali, la nostra vita non avrebbe significato! Ciao Wilmer, riposa finalmente in pace. MARIO POVOLEDO


Marco Poletti Un pensiero… Il nostro lavoro ci porta oggi giorno a non avere mai tempo per nulla… per gli affetti, per gli amici, per le piccole cose della quotidianità, sempre tutto di corsa per stare al passo con un mondo frenetico. Il lavoro del camionista è un lavoro dove si è spesso da soli a riflettere sulla propria vita, su un camion di notte dove l’unica compagnia è la tua coscienza… proprio quella che ti ha portato a compiere un gesto che nessuno potrà mai comprendere ma solo accettare e rispettare senza inutili commenti. Un unico rimpianto… il tempo… È proprio il tempo la cosa che forse ognuno di noi deve farsi peso, quel tempo che nessuno trova mai per fermarsi un attimo e chiedere al proprio collega o amico un semplice «ciao, come stai, tutto bene?» Quel tempo che oggi non ci permette di conoscere a fondo chi ci sta vicino, chi passa con noi gran parte della giornata in quello che è il mondo del lavoro e che grazie a Dio per fortuna abbiamo…

riusciva a risolvere problemi di architetti con piglio deciso, uno che diceva «quando lavoro comando io, quando è finito il lavoro sarà tuo». Famoso per la montatura di scale, ne avrà allestite non meno di una sessantina, che nelle sue mani diventavano fulcro ed elemento decorativo dell’edificio. E quando entreremo in chiesa, voltiamoci a guardare il coro: suo è tutto l’apparato ligneo. Generoso e

Non sappiamo in realtà come vivevi questo lavoro se lo amavi se lo odiavi o se semplicemente lo accettavi per far fronte a quello che era il tuo nuovo impegno da papà. Eri da noi da solo un anno, ma quello che sappiamo è che lo facevi bene, con la serietà di un padre di famiglia e la consapevolezza che ora eri diventato grande nonostante i tuoi 26 anni. Eppure affrontavi ogni giorno la strada che dal tuo piccolo paese ti porta in un’azienda dove l’impegno richiesto è tanto ma tu lo hai sempre rispettato facendo di te un uomo ben voluto da tutti. Chi ti è vicino dev’essere fiero di te, per quello che sei stato e per il buon ricordo di educazione e serietà. Questo lasci in ognuno di noi: mille domande da farti ma che ormai lasciano solo il tempo al saluto nel quale un’azienda si stringe. Ciao, Marco, rimani sempre nei nostri pensieri più belli. I TUOI COLLEGHI: IMPIEGATE, TECNICI, AUTISTI CTA E DITTA TREVISAN

disponibile, ma soprattutto uomo di paese, di Santa Lucia, di cui era la memoria storica: aveva una risposta puntuale e corretta per ogni curiosità del passato. Spiritoso e facilmente disposto alla burla: quando guarderemo il panevin ci ricorderemo dei suoi bellissimi vecio e vecia; ma l’estro di imbastire due vecchietti e collocarli su una panchina fuori della chiesa la sera dell’Epifania

era il segno della sua inimitabile fantasia. Ora noi vorremmo sperare che tutto questo non sia passato e finito. Ha figli e un nipote che stanno continuando la sua attività, ma vorremmo che seguissero le sue orme e il suo esempio, i suoi insegnamenti e la sua arte: è una grande eredità che ci fa sperare che Secondo viva ancora. LEONTINA BUSETTI


Lasciano un grande vuoto... l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari

Giovanna Ianna Tavàn Cara nonna, noi nipoti e pronipoti insieme a tutti desideriamo darti un ultimo saluto. Siamo frutto dei tuoi figli. Figli dei quali sei sempre andata fiera e ai quali hai dato tutto il tuo amore. Ci mancherai. Ci mancherà il tuo segno della croce in francese fatto puntualmente ad ogni nostro congedo... tranne all’ultimo nostro incontro, eri troppo stanca e non ne avevi la forza. Vogliamo salutarti e soprattutto ringraziarti per tutto quello che hai sempre fatto.

Sempre presente ma mai invadente. Un esempio per tutti noi. Adesso che ritroverai il tuo caro amato Nino, ti auguriamo di riposare serenamente accanto a lui. Ah, solo un’ultima richiesta: non stancarti mai di pregare per noi! Ciao, nonna Giovanna. Che Dio ti benedica: «Au nom du Père, du Fils, et du Saint Esprit. Ainsi soit-il».

Teresa Signora La cara Teresina non è più tra noi: il Signore l’ha voluta Lassù. Era una persona attiva nel Gruppo, perciò ci mancherà tanto. La ricordiamo con affetto.

All’età di 88 anni, ha raggiunto la Casa del Padre Teresina Signora. Ultimamente la sua mente era rivolta a quella mèta, definita da Sant’Agostino ‘termine ultimo di ogni umana attesa’. La sua vita, lontana dalla natia Budoia, l’ha vissuta lavorando intensamente, sino al raggiungimento della pensione e il ritorno nell’amato paese d’origine. Persona mite, discreta, quasi distaccata dalle cose terrene, trascorreva le giornate, dopo i lavori domestici, visitando le persone sole ed ammalate, avendo per tutti una parola di conforto e di speranza, senza dimenticare le pratiche religiose, fin che ha potuto. Proprio alla chiusura del mese di maggio 2011, era stata colta da malore presso il Capitello della Madonna in località Costa e da lì è iniziato il declino delle sue forze. Ora vive nel cuore di tutti coloro che l’hanno amata, ampiamente ricambiati. I famigliari tutti ringraziano della partecipazione alle esequie e sono grate a Maria che l’ha seguita con tanta dedizione, a Marisa, a Elda e Franca e a quanti l’hanno visitata e confortata nella sua casa.

Teresina se n’è andata in punta di piedi. Premurosa, generosa e sempre disponibile: è questa l’immagine che rimane di lei. l’Artugna è riconoscente per il servizio di diffusione del periodico che ella svolse per anni. Attendeva con piacere le tre uscite annuali e si collocava puntuale all’ingresso della chiesa per la vendita; con grande disponibilità si premurava anche alla distribuzione nelle case di alcune persone anziane, con la sua inseparabile bicicletta. La Redazione la ricorda con affetto e la ringrazia perché è anche merito suo se il periodico si è arricchito di nuovi lettori.

I FAMIGLIARI

LA REDAZIONE

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GRUPPO DEL ROSARIO PERPETUO E GRUPPO ADOZIONI A DISTANZA


CRONACA

Cronaca Auguri a chiei de Milàn co’ setanta «Verte» La lettrice Giancarla Mozzarelli, moglie di Sergio Da Ros, ci ha fatto pervenire una foto dei coscritti del 1944 di Gorla e Precotto a Milano. Il 1944 è stato un anno molto particolare per quella zona. Il 20 ottobre di 70 anni fa, un bombardamento aereo degli Alleati colpì la scuola elementare «Francesco Crispi» nel quartiere di Gorla provocando la morte di 184 bambini. Anche la scuola di Precotto, frequentata da 280 bambini, venne colpita da una bomba e fu completamente distrutta. Per fortuna tutti riuscirono a mettersi in salvo nel rifugio sotterraneo. Dopo il bombardamento, il sacerdote Don Carlo Porro e alcuni genitori riuscirono a fatica a estrarre i bambini. Purtroppo due bidelle e un genitore morirono per il crollo delle scale che portavano al rifugio, quando i bambini erano già al sicuro. Nella città di Milano, in quel giorno furono estratti dalle macerie ben 614 morti, oltre a centinaia di feriti.

Gran festa pa’ l’AFDS de Budoia e Santa Luthìa Domenica 22 giugno, a Santa Lucia, i Donatori di Sangue della Sezione di Budoia e Santa Lucia hanno celebrato il 45° anniversario di Fondazione. Dopo la deposizione di una corona al monumento ai Caduti, è stata celebrata la Santa Messa, con la partecipazione del «Collis Chorus». Al termine del sacro rito, dopo il saluto delle Autorità, il presidente della Sezione, Pietro Zambon, ha ripercorso le principali tappe del

I settantenni di Gorla e Precotto, Milano.

I labari delle varie sezioni della provincia con i presidenti delle sezioni del Comune e il vice sindaco Pietro Janna.

sodalizio dal 1969 ad oggi. Un ricordo particolare è stato riservato per il sig. Lino Poletto, il dott. Italo Callegari, il maestro Umberto Sanson, la sig.a Caterina Zotti, a suo tempo premiata con Palma d’oro con Fronde per l’elevato numero di donazioni, e il sig. Umberto Coassin. La sezione in questi anni ha effettuato 2.300 donazioni e il 2013 è stato un buon anno con ben 96 donazioni: 17 sono i nuovi donatori. Il Presidente, ricordando che pros41

simamente si dovrà rinnovare il Consiglio Direttivo, ha invitato i donatori a dare la loro disponibilità per la conduzione della Sezione. Quindi si è passati alla premiazione dei donatori benemeriti. Tra gli altri, meritano una segnalazione i due «Pellicani d’Argento» (65 donazioni) a Gian Pietro Fort e Renato Poletto e i tre distintivi d’oro (50 donazioni) a Eligio Carlon, Vincenzino Gislon e Pietro Zambon. PIETRO ZAMBON


stica locale compilando addirittura... un vocabolario. Bravo (...)». Così scrive Roberto Scloza, capogruppo ANA di Milano-Crescenzago all’alpino Flavio Zambon Tarabìn in un biglietto di ringraziamento per il vocabolario Comót ricevuto in dono. Un pensiero che sottolinea la gratitudine del gruppo per l’ospitalità ricevuta a Dardago durante l’Adunata Nazionale degli Alpini a Pordenone.

Pa’ la prima volta ’na «nostra» fémena...

A Tokyo ’l à fat Comunion e Cresema driomàn Il 27 aprile nella Franciscan Chapel Center di Tokyo Alessandro Conzato, figlio di Ottaviano e Antonella Maccioccu, insieme ad altri 47 bambini provenienti da tutto il mondo, riceve la Prima Santa Comunione e la Santa Cresima, sacramento di Confermazione degli impegni battesimali. «In una società come quella attuale in cui il riferimento a Dio si identifica sempre meno nella concretezza della vita quotidiana – ci dicono Antonella e Ottaviano – e ancor di più in una città frenetica come Tokyo, dove attualmente viviamo, il percorso di fede in Dio, onnipotente e misericordioso, è sempre più difficoltoso. Come genitori siamo consapevoli di quanto sia importante aiutare i nostri bambini ad accogliere e conservare l’amicizia di Gesù».

Per la prima volta una donna alla guida dei produttori cinematografici italiani. Francesca Cima, nipote del «nostro» Nino Cosmo gestore del bar pizzeria «Artugna», è stata nominata presidente della Sezione produttori ANICA (Associazione Nazionale Industria Cinematografiche Audiovisive). Francesca titolare insieme a Nicola Giuliano e Carlotta Calori della Indigo Film, (quest’anno premio Oscar con «La grande bellezza» di Sorrentino), eletta alla presidenza per acclamazione, succede ad Angelo Barbagallo. «Sono onorata di ricoprire questo ruolo in questo momento di crescita e trasformazione del settore» ha commentato Francesca. Auguri e buon lavoro alla neo presidentessa da l’Artugna e dai suoi lettori.

Comót ela alpìns?

«Caro Flavio (...), mi complimento per il tuo certosino lavoro di lingui42

Vóto savé dute le robe de ’l Comùn? È stata presentata ufficialmente il 21 luglio, My Budoia, l’App Istituzionale del Comune. Si tratta di un’applicazione sviluppata poter essere utilizzata sugli smartphone, i moderni telefoni cellulari o sui tablet. Attraverso lo strumento mobile il cittadino potrà usufruire, in qualsiasi ora del giorno e in ogni luogo, di informazioni utili sull’amministrazione comunale, sulle associazioni, sulle attività commerciali. L’amministrazione lo utilizzerà per le notizie di carattere istituzionale e quelle di interesse generale. Sarà possibile contattare tutti gli uffici comunali e, tramite una apposita sezione, il cittadino potrà inoltrare agli uffici competenti segnalazioni, anche accompagnate da fotografia, per problemi risolvibili dall’amministrazione comunale. Le varie associazioni e le realtà commerciali del Comune possono utilizzare My Budoia per far conoscere le proprie iniziative, la propria attività, tutto quello che può servire per far conoscere ed apprezzare le realtà budoiesi. L’App è scaricabile gratuitamente. Le Associazioni e le Attività commerciali possono inviare il materiale da pubblicare a: biblioteca@com-budoia.regione.fvg.it


inno alla vita Auguri dalla Redazione!

Alessandro Grassi Sànchez (14 dicembre 2013) con la sorella Lorena.

Con profonda gioia e soddisfazione di papà Giuseppe Zambon Bepi Pinàl di Verona, la figlia Marta il giorno 19 marzo 2014 si è laureata in: «Discipline Artistiche e Archeologiche» con la tesi: «Le Arti allo specchio del Corpo. Riflessioni su Storia, Creazione Artistica e Neuroscienze, tra Cultura e Biologia». Conseguendo la votazione di 110 su 110 e la menzione della Lode.

L’Anonimo budoiese ha nuovamente colpito al cuore con le sue 57 primavere di vita coniugale con la sua Rina. La loro unione è iniziata con la dichiarazione «Ascoltando il cuore», legata nel sacro vincolo del matrimonio il primo giugno 1957, davanti all’altare del Duomo di Motta di Livenza, benedetta da Dio. Oggi primo giugno 2014, Fortunato e Rina sono ritornati in questo bellissimo posto con i loro figli per rendere grazie a Dio che sempre li ha assistiti nella loro unione.

Congratulazioni agli sposi Leonida Zambon e Luigi Tedesco (Ontario-Canada) per il loro 65° anniversario di matrimonio (1948-2013). I parenti in Italia e tutta la redazione porgono i migliori auguri per altri futuri traguardi da festeggiare.

A ’l é nassut el prin «mos’cionùt», che el se clama Simone. Vivissime congratulazioni al papà Davide Del Maschio e alla mamma Daniela Pasut.


Roma, 9 novembre 2013: è nata Alice Busetti Caporal Giachetina di Francesco e Tiziana Bufacchi. Da Perth (Australia) un abbraccio a tutta l’Artugna. Toronto (Canada), 26 aprile 2014. Stefania Berton e William Klement nel giorno del loro matrimonio.

Bis-nonna Lidia Bastianello presenta con orgoglio Mattia ed Edoardo, i suoi bis-nipotini nati entrambi a breve distanza nel mese di aprile, e Giorgia, sorellina di Edoardo. Si associano con grande gioia anche i nonni Ida ed Antonio Vettor, nonché i genitori Beatrice e Roberto, Elisa e Federico.

Domenica 6 luglio 2014, per la gioia di mamma e papà, nonna e nonno, zii e cuginetti sono venuta al mondo! Mi chiamo Viola Zambon Rosìt.

Auguri

dalla Redazione!

Alessandra Della Vecchia (nipote di Augusta Janna Cep e Luigi Zambon Marin) con i figli Federico e Sofia.

44


I ne à scrit... l’Artugna · Via della Chiesa, 1 33070 Dardago (Pn) •

direzione.artugna@gmail.com

Susegana, 18 maggio 2014

Carissimi amici de l’Artugna, è arrivato il nuovo numero del nostro caro periodico che, seguendo la Pasqua, è arrivato un po’ più avanti nel tempo. Noi ci accorgiamo di ciò perché lo aspettiamo e questo vi dice quanto apprezziamo il lavoro che fate: è il periodico parrocchiale (e di comunità piccole come lo sono i nostri paesi!) più bello che conosco: e lo dicono anche i nostri amici di qua! È arrivato anche il momento che, nel mio piccolo, contribuisca all’impegno… finanziario e lo faccio col collettivo di c/c postale. Lo verrei dedicare con affetto al nostro caro zio Camillo Zambon che ci è venuto a mancare il 14 dicembre scorso a Trieste, alla bella età di quasi 98 anni! Ora riposa nel cimitero di Sant’Anna accanto alla zia Irene. Ci mancano i suoi baffoni, ci manca il saluto sorridente di quando con mia sorella Laura andavamo a trovarlo: Ciao putele! Per lui eravamo sempre le nipotine , anche se coi capelli bianchi! Ci siamo trovati a pranzo, una volta, noi tre soli: intorno a quel tavolo c’erano più di 250 anni. Ciao zio... Ora vi saluto bravissimi! Con tanta cordialità, SILVANA BOCUS PISU

Gentile Silvana, grazie dei complimenti che, spesso, ci invia. Ci fanno piacere ma ci sem-

brano anche esagerati. Cerchiamo solamente di portare avanti – come meglio possiamo – l’impegno che ci siamo assunti tanti anni fa. Con la speranza e la volontà di proseguire...

Vedelago, 20 maggio 2014

Vi ringrazio per il dizionario: mi è arrivato ed è molto bello; ha suscitato interesse anche in chi, come mia moglie, non ha origini friulane. Colgo l’occasione per inviare alcune poesie e alcune foto dei miei cari. Farebbe molto piacere sia a me che ai miei familiari vedere, se possibile, le foto pubblicate sul prossimo numero de l’Artugna. Ringrazio anticipatamente e saluto cordialmente. PIER LUIGI DELLA VECCHIA

Grazie, Pier Luigi, per il materiale inviatoci! Lo pubblichiamo volentieri nelle rubriche «L’angolo della poesia», «Inno alla vita» e «’N te la vetrina».

Milano, luglio 2014

Spettabile Redazione, sono una fedele lettrice del «nostro» periodico, lo attendo sempre con tanta curiosità e aspettativa, mi piace, è interessante… mi porta alle mie radici. Sono da molti anni abbonata anche 45

al Fogolar Furlan, tutto questo sempre per restare legata al mio Friuli e a Budoia. Da pochi giorni avevo acquistato quella pregevole e importante opera che è Comót e mi divertivo a scoprire e imparare nuovi vocaboli della nostra parlata, ogni giorno qualche parola nuova… quando ricevo l’ultimo numero del Notiziario del Fogolar Furlan! Con mio grande stupore trovo una recensione scritta da Alessandro Secco, presidente della Associazione Milanese, proprio su Comót. È un articolo di riconoscimento e apprezzamento, che con dovizia di particolari spiega le differenze e le similitudini della parlata dardaghese con quella friulana. Dapprima la paragona alla parlata bellunese, poi analizzando le desinenze e i suoni ammette l’assonanza con il friulano. Ne apprezza i contenuti, la ricchezza delle descrizioni, la grafica. Esattamente la stessa valutazione, lo stesso interesse che stavo provando io. Proprio una buona e meritata recensione. Comót è sulla mia scrivania ed è lì a portata di mano non solo per soddisfare un’improvvisa curiosità o un mia «ignoranza», ma per ricordarmi da dove vengo. Ringrazio Flavio Zambon, che spero di conoscere questa estate quando verrò a Budoia e spero, come ha suggerito Alessandro Secco, che presto anche Budoia e Santa Lucia riescano a pubblicare il proprio vocabolario. Grazie spettabile redazione per il vostro impegno, il vostro sacrificio e la vostra disponibilità a conti-


nuare questo importante lavoro che da anni state portando avanti, spero che vi porti almeno soddisfazioni e riconoscimenti. Noi lettori ve ne siamo riconoscenti.

dal nostro maestro Umberto Sanson, nel ‘lontano’ 1970. In attesa di un incontro estivo, ti salutiamo cordialmente.

DONATELLA ANGELIN

Cara Donatella, diciamo grazie a te che ci segui instancabilmente e ci sostieni da sempre, continuando a mantenere i legami con la terra dei tuoi genitori. Ci fa piacere che tu tenga sulla tua scrivania Comót, opera che racchiude il nostro intero microcosmo. Per ora, oltre a Comót, in attesa di un possibile dizionario della parlata di Budoia e di Santa Lucia, utilizziamo le Aggiunte al Nuovo Pirona (vocabolario friulano), redatte con competenza

Pordenone, 19 luglio 2014

Carissimi tutti del «Comitato Ruial San Tomè» e comunità tutta di Dardago, Budoia e Santa Lucia, mentre sto correndo verso la conclusione delle mie... vacanze... italiane, sento l’urgenza di ringraziare ancora una volta il nostro Buon Padre del Cielo e voi tutti per l’esperienza missionaria che ho avuto la fortuna di vivere, ancora una volta, con voi.

[...dai conti correnti ] Ringrazio per la bella fotografia di Papa Francesco. FERDINANDO BRUSSATO – SARONNO

Budoia, giugno 2014. Al periodico l’Artugna, in memoria di mio marito Claudio Wilmer Puppin. IVANA FORT CON LA FIGLIA SARA – BUDOIA

29 luglio 2014. Sono contento di ricevere l’Artugna, che leggo con molto piacere, perché mi fa giungere in Francia l’aria budoiese. Vi ringrazio. ANTONIO GISLON CON LA MOGLIE BIANCA

Riparto per la Bolivia, come lo sapete, il primo di agosto. Terrò nella «memoria» i momenti vissuti con voi la sera di sabato 12 e domenica 13 luglio. Il concerto è stato splendido. «Novedoso». Sarà per me fonte di gioia il comunicare alla mia cara gente boliviana come Dio è creativo e fecondo quando trova gente generosa che sa «perdere tempo» per creare attività multiple che rendono vivo e bello il cammino di una comunità. È dono di Dio. Fortunato chi la capisce... Sto pensando anche al sentiero del Ruial de San Tomè che ho avuto la fortuna di percorrere poco prima della Messa solenne delle ore 11. Ero felice anche perché mi richiamava, emozionato, tanti sentieri e ferrate fatte con i giovani della Parrocchia Don Bosco di Pordenone durante la mia lunga e bella esperienza di Direttore-parroco. Vi porto nel cuore e vi raccomanderò al Signore perché continuate con questo stile di vita. Un grazie speciale al parroco che con un autentico senso di Chiesa favorisce questo cammino. Grazie. L’offerta di 980 euro, che sono un frutto concreto e generoso di quella esperienza, saranno un raggio di speranza per tanti nostri fratelli boliviani. Con la Benedizione di Dio e la assicurazione delle mie povere preghiere. PADRE ARTURO MISSIONARIO IN BOLIVIA

29 luglio 2014. Grazie per l’Artugna che ricevo puntualmente. SANDRO SIGNORA

Il nostro amico missionario Padre Arturo ci ha mandato questa email di ringraziamenti che pubblichiamo con piacere. Gracias a ti, Padre Arturo, y hasta la proxima, deseandote mucha salud!

bilancio Situazione economica del periodico l’Artugna Periodico n. 131

entrate

Costo per la realizzazione

uscite 4.396,00

Spedizioni e varie

293,00

Entrate dal 01.04.2014 al 15.07.2014

3.287,00

Totale

3.287,00 46

Dardago, 15 maggio 2014

Ringraziamo la Redazione per aver pubblicato il nostro ricordo della cara nonna Teresina. I NIPOTI ELEONORA E ANDREA USARDI

4.689.00

A voi il ringraziamento per la generosa offerta a favore del periodico.


Pieve Santa Maria Maggiore Dardago

Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia

2014 sabato

18.30

9

in teatro

venerdì

11.00

15

in chiesa

Inaugurazione della Personale di Elio R. Silvestri «Tra mare e monti»

Santa Messa solenne in onore dell’Assunta

16.30 presso ex scuole Giochi popolari Apertura chiosco enogastronomico

domenica

21.00 domenica

10

presso ex scuole

17.00

Serata latina con «DJ Federico» e Scuola di danza «TOP DANCE» di Pordenone

chiesetta di San Tomè Santa Messa

21.00 in chiesa Concerto per l’Assunta in occasione del XX anniversario del restauro dell’organo della Pieve Concerto d’organo del M° Mario Scaramucci

17

17.00 sul campanile Esibizione degli S’cianpanotadors furlans

19.00 presso ex scuole Aperitivo con Beppe DJ set

sabato

17.00

16

in piazza «Riciclando con la natura» laboratorio creativo agri-didattico per Bambini a cura di Fattoria didattica Ortogoloso e Associazione GIM

con la presenza della Truccabimbi Sara Michieli [sagrato della Chiesa]

Apertura chiosco enogastronomico

21.00 presso ex scuole Serata musicale con rock band «Vastagamma»

Mostra di artisti e artigiani locali [all’interno dei portoni]

giovedì

14

17.00 presso ex scuole Partenza della 8a marcia sul percorso circolare del torrente Artugna Apertura chiosco enogastronomico

18.00 presso cimitero Santa Messa per i sacerdoti e dardaghesi defunti

21.00 presso ex scuole Serata danzante con l’orchestra «Alto gradimento»

17.00 presso anfiteatro «Rime e racconti» con Picchiatamburi Cantastorie

da sabato 9 a domenica 17

17.00

in teatro

presso ex scuole

Personale di Elio R. Silvestri «Tra mare e monti»

Apertura chiosco enogastronomico

21.00

da sabato 9 a domenica 17

in piazza

in canonica

«Universi da Bar»

Pesca di beneficenza

di e con Max Salvador e Alessandro Venier incursioni teatrali da Stefano Benni

INGRESSO LIBERO


Centenario Prima Guerra Mondiale È trascorso un secolo da quando in Europa iniziarono le insurrezioni per ridisegnare i confini delle potenze dell’epoca.

1915 2015 Per l’Italia fu l’occasione favorevole

per completare il piano patriottico irrisolto del Risorgimento,

recuperando i territori irredenti di Trieste

con la costa adriatica e del Trentino.

A quale prezzo? Con quali sacrifici umani? E il nostro microcosmo come visse quell’immane tragedia dell’umanità? Per evitare che un simile evento possa ripetersi, e perché la memoria del passato consenta migliore vita per il futuro, è indispensabile documentarsi. Il progetto del nostro periodico si prefigge proprio di esplorare e approfondire gli eventi vissuti dalla nostra popolazione, militare e civile, nei quattro lunghi anni di sofferenza, di dolore, di carestia, di privazioni, ma anche di speranza di veder rincasare gli uomini dal fronte.

APPELLO AI LETTORI Per coronare il nostro progetto nel modo migliore, ci appelliamo alla sensibilità di tutti voi, lettori, affinché possiate collaborare nel mettere a disposizione documenti d’epoca* (corrispondenza dei soldati con le famiglie, memorie, foto, disegni, oggetti…), anche informatizzati. I contenuti saranno inanellati in un iter quadriennale, creando con i lettori un’abitudine che ci auguriamo sia apprezzata. *Il materiale messo a disposizione sarà restituito.


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