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Anno XLIII · Dicembre 2014 · Numero 133
Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia
[ l’editoriale ] di Roberto Zambon
riscoprire il Natale per rivalorizzare la famiglia L a famiglia riveste un ruolo fondamentale nel grande progetto di Dio per il riscatto e la salvezza dell’umanità. Infatti, per farsi uomo, per patire, morire e risorgere, Egli scelse di nascere come tutti siamo nati. Ha scelto di nascere in una famiglia. Questo è il Natale! Se non mettiamo quel quadretto famigliare in primo piano tutto il resto è vano e fuorviante. In questi anni sembra che stiamo perdendo di vista sia il significato del Natale sia quello della famiglia. Per molti, anche nei nostri paesi «cristiani» il Natale è una delle tante feste. Importante è divertirsi! Forse alcuni sentono il desiderio di andare a Messa, per tradizione; molti altri neanche questo! Il presepio si trova in poche case. L’albero di Natale è molto più «in». I bambini non conoscono Tu scendi dalle stelle ma forse sanno a memoria Jingle Bells. Di questo passo, tra qualche anno ci sarà poca differenza tra Halloween e Natale. Importante è divertirsi. Anche la famiglia sta vivendo un periodo travagliato, un periodo in cui tutto deve essere veloce, effimero, passeggero. Scrive lo sociologo Zygmunt Bauman, in Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi: «Viviamo in un mondo in cui tutto appare e si spende attraverso i mass media. I sentimenti durano quanto il battito d’ala di una farfalla, le emozioni effimere trovano legittimità solo se sono forti, se inebriano, se «sballano». Uomini e donne viaggiano con bagaglio leggero, sempre pronti a cogliere al meglio le occasioni che possono dare la felicità; sempre pronti a disfarsi dei vincoli di qualsiasi genere. Viviamo il tempo dell’amore liquido: ciò che conta è adeguarsi ai sentimenti e alle voglie del momento». Invece, la famiglia è (o dovrebbe es-
sere) il luogo delle forme primarie delle relazioni umane: quelle tra uomo e donna e tra genitori e figli. L’educazione dei figli La famiglia riveste una singolare importanza per l’educazione dei figli. Essere genitori è una grossa responsabilità perché, quando i figli saranno cresciuti, le loro scelte, il loro modo di rapportarsi con il prossimo, il loro stile di vita dipenderanno anche dall’educazione ricevuta in famiglia. Sull’argomento, Sant’Ambrogio, più di 1600 anni scrisse questa perla di saggezza. Sono concetti che andavano bene allora, sono validissimi ancor oggi e lo saranno in futuro.
L’educazione dei figli è impresa per adulti disposti a una dedizione che dimentica se stessa: ne sono capaci marito e moglie che si amano abbastanza da non mendicare altrove l’affetto necessario. Il bene dei vostri figli sarà quello che sceglieranno: non sognate per loro i vostri desideri. Basterà che sappiano amare il bene e guardarsi dal male e che abbiano in orrore la menzogna. Non pretendete dunque di disegnare il loro futuro: siate fieri piuttosto che vadano incontro al domani con slancio, anche quando sembrerà che si dimentichino di voi. Non incoraggiate ingenue fantasie di grandezza, ma se Dio li chiama a qualcosa di bello e di grande non siate voi la zavorra che impedisce loro di volare. Non arrogatevi il diritto di prendere decisioni al loro posto, ma aiutateli a capire che decidere bisogna e non si spaventino se ciò che amano richiede fatica e fa qualche volta soffrire: è più insopportabile una vita vissuta per niente. Più dei vostri consigli li aiuterà la stima che hanno di voi e che voi avete di loro; più di mille raccomandazioni soffocanti, saranno aiutati dai gesti che videro in
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casa: gli affetti semplici, certi ed espressi con pudore, la stima vicendevole, il senso della misura, il dominio della passione, il gusto per le cose belle e l’arte, la forza anche di sorridere. E tutti i discorsi sulla carità non mi insegneranno di più del gesto di mia madre che fa posto in casa per un vagabondo affamato, e non trovo gesto migliore per dire la fierezza di essere uomo di quando mio padre si fece avanti a prendere le difese di un uomo ingiustamente accusato. I vostri figli abitino la vostra casa con quel sano trovarsi bene che ti mette a tuo agio e ti incoraggia anche ad uscire di casa, perché ti mette dentro la fiducia in Dio e il gusto di vivere bene. SANT’AMBROGIO, VESCOVO DI MILANO, IV secolo dopo Cristo
la lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti
Buon Natale «Buon Natale», il saluto che i cristiani si fanno ogni anno intorno al 25 dicembre. Ormai è diventato un saluto comune anche per quanti non si riconoscono più nella tradizione cristiana. È un modo ormai accettato per dire che c’è un clima di festa. Ma noi diciamo anche «buon giorno», «buona sera» quando incontriamo qualcuno, «buona notte» quando tardi ci ritiriamo. Ce l’hanno insegnato da piccoli come segno di buona educazione verso tutti e, soprattutto, nei confronti delle persone più grandi o di maggior riguardo. Ricordo che quando eravamo piccoli e ci dimenticavamo di salutare o non ce ne curavamo, la persona adulta ci apostrofava: «Buon giorno se dis la matina». Oggi non è più così scontato, sei fortunato se il bambino o il ragazzo ti dicono «Ciao don». Qualche persona, anche adulta, se non volta la faccia dall’altra parte, tira dritto come le fosse passato vicino un cane o un gatto, o nessuno… C’è anche chi, se gli dici buon giorno ed è una giornata fredda, piovosa nebbiosa, ti risponde: «Ma quale buon giorno con una giornata così?». Il saluto, allora, non può essere un’abitudine di prammatica, ma deve rappresentare una realtà o un augurio, se vuole avere un senso. Buon Natale. Richiama un fatto avvenuto oltre 2000 anni fa. Un fatto significativo per tutta l’umanità se a così lunga distanza buona parte del mondo lo ricorda con questa espressione. Nessuno si sogna di dire «Buon passaggio del Rubicone» o «Buona nascita di Napoleone».
Gesù, nascendo, ha segnato uno spartiacque nella storia dell’umanità. Avanti Cristo e Dopo Cristo si dice di un fatto o di un personaggio comparsi sul palcoscenico della storia. Gesù, allora, è la luce che viene ad illuminare i popoli e a dar gloria all’Israele di Dio, ai veri credenti. Quel piccolo ed indifeso bambino, nato in una grotta, adagiato in una mangiatoia per animali, riscaldato dal fiato del bestiame, visitato da poveri e rozzi pastori è la luce che si è levata sull’umanità. Non tutti però hanno accolta questa luce, molti hanno preferito rimanere a cuocere nel loro brodo: una situazione che dava loro tranquillità, che non metteva in discussione le loro sicurezze, che non li obbligava a vedere qualcosa di nuovo, di diverso, a dover cambiare mentalità o sistema di vita. Resta turbato Erode e tutta Gerusalemme con lui, all’arrivo di quei misteriosi personaggi, venuti dall’Oriente per scoprire l’origine di questa luce che li aveva abbagliati nelle loro lontane terre. Nemmeno i sacerdoti, i dottori della Legge, i capi del popolo si erano accorti di niente. Sanno tutto riguardo al Messia che deve venire, ma non se ne occupano, tutti dediti ai loro riti e alle loro faccende personali. E nel mezzo della notte mentre intorno c’era tutto un silenzio e il sonno gravava sulle stanche vicissitudini umane Egli scende sulla terra per illuminarla del suo fulgore. Chi se n’è accorto? Gli umili, i semplici, coloro che ascoltano l’annuncio con l’animo desideroso di un rinnovamento, di una liberazione interiore, 3
i poveri in spirito che attendono quella felicità che il mondo con tutti i suoi beni non è in grado di dare. Costoro lo accolgono e a loro il Bambino spalanca le braccine per dire: «Venite benedetti del Padre mio, entrate nel Regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo», perché a chi ha sarà dato «a chi ha fede, a chi ha speranza, a chi ha amore», a chi non ha sarà tolto anche tutto ciò che credeva di possedere come roba sua, da padrone assoluto. Ecco allora che è giusto augurarci: «Buon Natale»: pace, gioia, serenità. Egli è venuto ancora una volta per dirti che ti ama. Accoglilo nel tuo cuore, fa festa con Lui, è una gioia questa che non finisce perché non è legata a un giorno, a un pranzo, a un regalo ma ad una persona che viene a stare con te per sempre, per farti felice. Buon Natale. A tutti i parrocchiani, agli amici vicini e lontani e ai lettori, Buon Natale e Felice 2015!
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[ la ruota della vita ]
NASCITE Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di... Federico Feller di Claudio e di Serena Chiesa – Besenello (Trento) Michela Di Fusco di Salvatore e di Beata Barbara Buczek – Budoia Leonardo Russo di Fabio e di Carla Di Santo – Budoia Roberto Zambon di Claudio Pinàl e di Florence Casarin – Milano Vittorio Berton di Michele e di Elisa Ros – San Vendemiano (Treviso) Cecilia Gant di Michele e di Chiara Capone – Dardago Eleonora Zanus di Sandro e di Francesca Quaia – San Giovanni di Polcenigo Gregorio Morettin di Giuseppe e di Federica Quaia – San Giovanni di Polcenigo Alessio Dorigo di Andrea e di Alessandra Marcuz – Budoia Agata Poggesi di Andrea e di Chiara Nascimbene – Milano Giorgia Vincenzi di Andrea e di Chiara Zambon – Vigonovo Arianna Fort di Alessandro e di Luisella Iaboni – Roma
MATRIMONI Felicitazioni a... Gianmarco Gambin e Manuela Posocco – Casale sul Sile (Tv) Edoardo Calderan Milanes e Elena Villa – Siracusa Nozze d’oro Gianni Bocus e Rosa Fumagalli – Gorgonzola (Mi) Emo Zambetti e Giuseppina Da Ros – Milano Tommaso Andreazza e Mirella Dorigo – Budoia
LAUREE, DIPLOMI Complimenti! Paolo Signora – Graduation cerimony Bachelor of «Criminology and Criminal Justice» Griffith University Brisbane (Australia)
DEFUNTI Riposano nella pace di Cristo. Condoglianze ai famigliari di…
IMPORTANTE Per ragioni legate alla normativa sulla privacy, non è più possibile avere dagli uffici comunali i dati relativi al movimento demografico del comune (nati, morti, matrimoni). Pertanto, i nominativi che appaiono su questa rubrica sono solo quelli che ci sono stati comunicati dagli interessati o da loro parenti, oppure di cui siamo venuti a conoscenza pubblicamente. Naturalmente l’elenco sarà incompleto. Ci scusiamo con i lettori.
Lazar Sandy Seymour di anni 85 – Budoia Gabriella Zambon di anni 81 – Venezia Marino Zambon di anni 84 – Mestre (Ve) Giovannina Zambon di anni 71 – Budoia Lidia Diana di anni 93 – Budoia Laura Bocus di anni 86 – San Donà di Piave (Ve) Giovannina Zambon di anni 91 – Torino Giovanna Marcon di anni 87 – Dardago Eugenio Zambon Marcandéla di anni 89 – Venezia Alba Maria Ballarin di anni 81 – Budoia Francesco Da Ponte di anni 73 – Venezia Maria Santin di anni 98 – Budoia
Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.
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In copertina. Il battesimo di Gesù nel Giordano. Affresco di Umberto Coassin. Chiesa parrocchiale di Budoia.
Periodico della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia
[foto di Alberto Del Maschio]
2 Riscoprire il Natale per rivalorizzare la famiglia di Roberto Zambon 3 La lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti 4 La ruota della vita 6 Il Battesimo di Gesù nel Giordano, l’affresco di Umberto Coassin di Mario Povoledo
anno XLII
icembre 2 ·d
014
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sommario 133
7 ...la tecnica della pittura a fresco di Umberto Coassin
Direzione, Redazione, Amministrazione tel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594 Internet www.artugna.blogspot.com
8 Capomistri, talgiapietre, marangons… di Vittorina Carlon
e-mail direzione.artugna@gmail.com
12 Valori del nostro territorio di Roberto Zambon
Direttore responsabile Roberto Zambon · tel. 0434.654616
14 Della nocciola «non si butta via niente» di Vittorio Janna Tavàn
Per la redazione Vittorina Carlon
15 Quando «piovevano» nocciole di Eugenio Zambon Marcandéla
Impaginazione Vittorio Janna
18 Un archivio a cielo aperto di Vittorina Carlon per la Redazione
Contributi fotografici Archivio de l’Artugna, Vittorina Carlon, Umberto Coassin, Vittorio Janna, Sante Ugo Janna, Mario Povoledo, Flavio Zambon, Francesca Romana Zambon, Roberto Zambon Spedizione Francesca Fort
Stampa Sincromia · Roveredo in Piano/Pn
41 I ne à scrit... 44 Punture di spillo a cura di Sante Ugo Janna Tavàn 45 Il concerto di Santo Stefano
47 Programma religioso natalizio
26 Grazie, Lidia! di Mario Povoledo 26 Fai un regalo di Natale alla tua Parrocchia 5
38 Inno alla vita
20 2014 primavera ed estate… bizzarre! di Osvaldo Puppin
24 Dardagosto 2014 ...il grande protagonista de la ’Sunta di Adelaide Bastianello Thìsa
Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.
32 Cronaca
46 Dove eravamo rimasti? A Natale ritornano... i madhi
23 ’n te la vetrina
Autorizzazione del Tribunale di Pordenone n. 89 del 13 aprile 1973 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.
29 Recensioni 30 Lasciano un grande vuoto...
19 Dario Zambon Pagóto estroso ma «tant de cuòr» di Mauro Zambon Thuciàt
22 San Tomè, qualche connessione con i Puppin di Osvaldo Puppin
Ed inoltre hanno collaborato Francesca Janna, Espedito Zambon
27 L’angolo della poesia 28 L’antico orologio della Pieve di Vittorio Janna Tavàn
46 Bilancio
ed inoltre... Supplemento «Il restauro del soffitto e dell’affresco» della chiesa parrocchiale di Budoia
Il Battesimo di Gesù nel Giordano l’affresco di Umberto Coassin di Mario Povoledo
Nel battistero della chiesa parrocchiale di Budoia, la scena che si presenta agli occhi è stupenda! I colori scelti dall’artista risultano perfettamente idonei al luogo del fatto: il Giordano è «il fiume della rivelazione» Emergono subito le tre figure importanti e predominanti: la colomba (raffigura lo Spirito Santo), Giovanni Battista e Gesù di Nazareth, che riceve il Battesimo. Gli altri personaggi in secondo piano appaiono sbigottiti e guardano con profondo rispetto quello che sta accadendo; anche loro udranno la voce del Padre che rivela al mondo che Gesù, è il «figlio prediletto, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento»; poi l’invito: «ascoltatelo»! Giovanni il Battista predicava il Battesimo di conversione e lo impartiva a coloro che recepivano il messaggio di liberazione, quindi di vita, assicurando che doveva venire: «Uno, dopo di me, il quale vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco e del quale non sono degno di sciogliere i legacci dei sandali»! Improvvisamente quell’Uno arriva e incontra lo sguardo del Battista, uomo rude, vestito di pelli di cammello che si cibava di miele selvatico e di locuste, abituato a sfidare i venti, la sabbia del deserto e i
prepotenti, (morirà decapitato per aver gridato la verità e aver puntato il dito contro Erodiade, amante di Erode, figura controversa, perché ammirava la predicazione di Giovanni e nel contempo si prestava ad uno stile di vita non confacente). Gesù si immerge per ricevere quel Battesimo predicato da Giovanni, ma sarà Lui stesso, il Figlio prediletto, ad aprire la nuova strada con il Battesimo sacramentale, quello che riceviamo tutti e attraverso il quale siamo iniziati alla vita cristiana ed innestati a Cristo. Quando riemerge da quel luogo di purificazione, inizierà la vita pubblica che durerà tre anni; salirà sul Calvario, per redimere l’umanità con la Croce, e poi risorgerà ed aprirà per tutti la vita nuova. È straordinaria la somiglianza fra il Battista e Gesù: sono figli delle due cugine: Santa Elisabetta e la Vergine Maria. L’autore prima di pensare il disegno, ha studiato non solo la scena, ma ha ripassato anche i Vangeli, dimostrando così che in lui non c’è solo arte e bravura, ma anche fede genuina, coltivata e vissuta. *** La nostra comunità e la parrocchia devono riconoscenza a Um6
berto Coassin, per la bravura, la passione, l’attaccamento alla nostra chiesa, per il dono che ci ha fatto, completamente gratuito, eseguito nel giro di circa due mesi. Grati devono essere anche a Piero Del Maschio Fantin, che, da bravo imprenditore, definitosi «manoval» ha preparato il muro per l’affresco a titolo completamente gratuito. Chi scrive queste poche righe ha seguito passo a passo questo straordinario lavoro che rimane alla contemplazione spirituale di chi ha la fortuna di credere, ed artistica di coloro che amano la coltura e l’arte, una peculiarità non di poco conto, uno spaccato di vita e di fede non solo dei nostri antenati, che hanno edificato le chiese, senza le quali i nostri paesi sarebbero vuoti, senza umanità e privi delle radici della forza morale e spirituale che iniziano proprio dal Battesimo. Questo secondo dono, prezioso, di Umberto, dopo il bel dipinto del Risorto, rimane non solo agli annali della nostra parrocchia, in questo Anno della Fede, ma entrambi sono destinati ad impreziosire la nostra chiesa che, dopo i recenti restauri, è ancora più bella, più splendente ma soprattutto più viva della nostra convinta presenza.
Ringrazio l’amico Mario Povoledo per aver reso possibile questa bella opportunità, per il suo interessamento, i suggerimenti, i consigli e per avermi incoraggiato fino alla fine. Ringrazio Pietro Del Maschio per la collaborazione nella fase iniziale del lavoro.
...la tecnica della pittura a fresco di Umberto Coassin Spiegavo la tecnica dell’affresco a degli amici e alla fine dissi che per dipingere un quadro serviva una tela, ma per un affresco ci voleva un muro. Mario Povoledo lanciò la proposta di affrescare il battistero della chiesa di Budoia. Tema «Il Battesimo di Gesù nel Giordano». L’idea mi piacque subito e mi misi a fare un bozzetto da sottoporre al parere del Consiglio Pastorale. Individuato il sito, facemmo vari sopralluoghi per stabilire la posizione e le proporzioni. Avute tutte le autorizzazioni del caso, l’avventura ebbe inizio… Si inizia a lavorare. 29 aprile 2013 Predispongo un piano di lavoro, quindi il montaggio di una impalcatura, tavole, scala, sgabello, e quant’altro; l’affreschista deve lavorare in sicurezza e comodo, perché nulla deve intralciare la concentrazione e la rapidità di esecuzione. Riporto sul muro i contorni del dipinto nelle dimensioni stabilite, per poter procedere alla demolizione dell’intonaco, con l’aiuto dell’amico Pietro Del Maschio. Ultimata la demolizione dell’into-
naco e controllato il buono stato del muro (muffe, umidità ecc.), Pietro procede a stendere la malta grezza, riparando prima eventuali buchi e gole profonde tra i sassi. Poi eseguo il rinzaffo, cioè livello in modo uniforme la malta. Dopo il rinzaffo preparo l’arricciato, cioè malta di calce e sabbia, nello spessore di circa un centimetro, lasciandone la superficie grezza. Verifico tutti i giorni se, asciugandosi, sull’arricciato compaiono crepe, eventualmente le riparo con malta fresca, inumidendo tutta la parte spruzzandola con l’acqua. A questo punto predispongo due fogli, uno dei quali trasparente e l’altro di carta robusta, sui quali riporto il disegno in scala naturale. Il primo, trasparente, mi servirà per riportare sul muro i contorni del disegno (sinopia). Il secondo sarà di riferimento mano a mano che procederò nelle «giornate». Inizio a riportare sul muro il disegno dal foglio trasparente: faccio aderire il foglio alla parete e lo foro lungo i profili del disegno; successivamente tampono i fori con della polvere colorata. In questo modo ottengo la riproduzione del disegno voluto (spolvero). Il lavoro procede diviso in «giornate». Stendo il tonachino, cioè la malta di calce e sabbia fina di uno spessore di pochi millimetri, per alcune figure, il giorno dopo per la figura di San Giovanni e così via, finché l’affresco viene completato. Do gli ultimi ritocchi, il lavoro è finito. Conclusione del lavoro. 18 giugno 2013 7
Alcune fasi di realizzazione dell’affresco.
Artigiani e artisti budoiesi nella fabbrica di Sant’Andrea apostolo
Con il passare dei secoli, come a numerose altre realtà diocesane, pure i fedeli della cappella di Sant’Andrea apostolo di Budoia decisero d’ingrandire la loro antica chiesa. L’incarico del progetto fu affidato a un esperto professionista, all’architetto Domenico Aprilis, dopo aver probabilmente verificato i risultati dell’ingrandimento della chiesa di Sant’Andrea di Castions di Zoppola, eseguiti dallo stesso tecnico tra 1755 e il 1776. E, nel 1795 fu posta la prima pietra della nuova fabbrica.
di Vittorina Carlon
«CAPOMISTRO, MISTRI, MURARI E MANOVAI» L’impresa costruttrice non ebbe bisogno di ricorrere a persone esterne: le abilità dei nostri «mistri» erano ben note anche oltre i confini comunali, da Sacile a Polcenigo, da Marsure a San Martino di Campagna, a Cordenons; gli artigiani locali erano impegnati oramai da generazioni in opere di un certo impegno e valore. Il «capomistro» ovvero il diretto-
re dei lavori, come si direbbe oggi, era Anzolo Cardazzo del clan dei Martins, la cui carica fu assegnata dai procuratori fabbricieri con decreto del 27 febbraio 1795.1 Chi era Anzolo Cardazzo? L’artigiano apparteneva a una nota famiglia di impresari edili, già presenti in paese nel Seicento: «Dominicus di m.tri (magistri) Rocchi de Cardazo dicto Martini» è il primo attestato, nel 1669.2 Martin risulta il più antico soprannome dei Cardazzo, docu-
L’imponente fabbrica di Sant’Andrea apostolo nello spazio ristretto dell’omonima piazzetta.
capomistri, talgiapietre, marangons…
mentato in tre nuclei familiari, a metà del secolo XVII. Il «nostro», nato nel 1745 da Maria de Forte e da Giacomo (n. 1717), era figlio d’arte: il padre, infatti, curò progetti di varie chiese, tra cui quelli di San Giovanni di Polcenigo, riguardante la completa demolizione della navata e il suo ampliamento, nel 1763,3 e partecipò, inoltre, ai lavori di costruzione del duomo di Aviano. E il nonno, Bortolomeo, con Antonio e i nipoti Angelo e GioMaria eseguì delle opere nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli a Sacile, tra il 1716 e il 1733.4 In conclusione Anzolo era ritenuta la persona competente, di cui la comunità si poteva fidare. Una curiosità! Anzolo era pure il nonno del pievano di Dardago, don Andrea Cardazzo Martin. La famiglia patriarcale risiedeva nella casa, ancor oggi esistente, collocata in via Antonio Cardazzo (noto personaggio non appartenente allo stesso ramo!), attuale proprietà delle famiglie Bernardis, eredi per linea femminile che acquisirono il soprannome secondo tradizione. All’insediamento abitativo settecentesco, che conserva ancora elementi architettonici lapidei dell’epoca, apparteneva un ampio brolo, «aratorio, arborato, vitato» di proprietà dello stesso sacerdote.5 A far parte della sua squadra, Anzolo scelse maestranze ‘sicure e attendibili’: i «murari» o «mistri» Agostino Carlon, Andrea Panizzut, Giuseppe Stefinlongo, e alcuni suoi famigliari, Giovanni, Andrea e Giacomo (Cardazzo Martin), e Giacomo Carlon, coadiuvati dai manovali, Francesco Anzelin…
capitelli, stipiti delle porte e delle finestre». Si annoverano i «mistri» Nadal e Bortolo Scussat,6 appartenenti a una nota famiglia di lapicidi, che dimoravano nell’omonima strada, l’odierna via Pozzi, e «m.° Bortolo Carlon», i cui interventi furono attestati nella fabbrica di Santa Maria Maggiore di Dardago per l’esecuzione del pavimento del coro, nel 1806,7 e nella medesima chiesa di San Giovanni di Polcenigo,8 nel 1769. Le opere lapidee che ammiriamo all’interno della chiesa fino all’altezza dei capitelli corinzi sono, quindi, creazioni dei tre scalpellini. Nell’elenco appare inspiegabile, però, l’assenza dei Tres-Santin, scalpellini già noti alla fine del Seicento. L’impresa lavorò alacremente e in due-tre anni l’edificio raggiunse l’altezza dei capitelli e apparve immediatamente in tutta la sua grandezza, per la verità smisurata per uno spazio ristretto qual era la «Piazzetta di Sant’Andrea». A quel punto, un anello della complessa macchina organizzativa si spezzò, provocandone l’interruzione dei lavori a pochi passi dal tetto, per decine d’anni. Soltanto nel 1832 si riprese l’attività, ed entrò in scena il lapicida, Matteo Tres Pallotta, uno tra quegli artigiani non coinvolti nella fase iniziale del cantiere, al quale fu affidata la direzione dei lavori.
Apparteneva a uno dei nuclei familiari che risiedevano all’interno della Centa omonima, il cui muro di recinzione confinava con la «Strada comunale detta dei Tressi», la via Casale d’oggi. Fino al secolo scorso, resti materiali della loro attività erano ancora visibili all’esterno della ‘centa’. Costui modificò il disegno originario del progettista, con l’innalzamento dei muri di sei piedi e l’allargamento delle cornici perimetrali, rendendo l’edificio sproporzionato nel rapporto altezza-larghezza, privo di quella «conveniente altezza» sottolineata dal vescovo durante la sua visita pastorale, e neppure calibrato in rapporto al livello del campanile. Abbellì e ornò
«Cantoni, basamenti…» della prima fase di lavorazione della fabbrica.
I capitelli della facciata, opere di Matteo Tres e della sua bottega.
«I TALGIAPIETRE» Al fianco di Cardazzo, operarono i già noti tagliapietra budoiesi, che trasformarono abilmente a colpi di scalpello la pietra greggia e dura in «cantoni, basamenti, colonne, 9
la facciata con i maestosi capitelli di pietra da lui realizzati. Non si conosce la sua squadra di lavoro, perché non esistono documenti di quel periodo nell’archivio parrocchiale, se non le riflessioni del pievano don Andrea Cardazzo, presenti nel suo Diario. Secondo il primitivo disegno erano previsti degli altari ai lati, addossati ai muri perimetrali, ma, nel 1845, Mattio con le sue funzioni ora di scalpellino ora di responsabile di direzione dei lavori, decise di porre, invece, le fondamenta a due grandi cappelle. Sei anni dopo, in quella di sinistra il Pallotta innalzò l’altare del Crocifisso, probabile struttura della precedente fabbrica, in cui venne inserita la splendida scultura marmorea del Cristo in croce.9 Costruì, inoltre, la cappella della Beata Vergine, in cui fu adattato l’altare, a doppio binato di colonne, che fungeva da ‘maggiore’ nella vecchia chiesa, «sopraelevato senza criterio per adeguarlo alla nuova cappella».10 I due altari dovrebbero essere opere degli altaristi dardaghesi Antonelli.
Balaustra, opera di Giacomo Vettor e di alcuni suoi famigliari.
Tra i tanti scalpellini locali, nella chiesa non poteva mancare la firma dei Vettor Martin. Si trattava della famosa famiglia di origini dardaghesi, imparentata sia con i Cardazzo Martin (spiegato il motivo del medesimo soprannome), nell’Ottocento, sia con gli Antonelli,11 nel Settecento. Fu «mistro Giacomo Vettor de Martin» a ideare ed eseguire la base del maestoso altare maggiore di marmo rosso di Verona che rimase per alcuni anni addossato alle pareti del coro in attesa dell’installazione definitiva «tra i due pilasti», avvenuta nel 1870 con l’intervento dello stesso artista e il supporto de «i muratori Domenico Panizzut e Angelo Zambon, e il sega-
to Antonio Santin». Sulla mensa trovò collocazione12 il «tabernacolo di marmo di Carrara mutilato», conservato nel deposito demaniale di Santa Margherita di Venezia, e acquisito per 70 lire austriache, nel 1841.13 Nello stesso anno, il Vettor con altri membri della sua famiglia, probabilmente con il fratello Paolo e il nipote Giovanni,14 realizzò pure le eleganti balaustre di marmo rosso di Verona, creando un’armoniosa atmosfera nel presbiterio; l’opera fu completata contemporaneamente dal fabbro locale Trivelli con le artistiche «porticelle dei balaustri», offerte «dai veneziani». Da testimonianze orali dell’ultima nipote vivente di
A sinistra. L’altare della Beata Vergine, già altare maggiore dell’antica chiesa. A destra. I capitelli corinzi, che ammiriamo all’interno della chiesa, sono opere di Nadal e Bortolo Scussat, di Bortolo Carlon e delle loro botteghe.
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Giacomo, Anna Vettor Dotto, il laboratorio di famiglia sorgeva nel cortile dell’abitazione, sul retro della chiesa. Nel 1906, i «3 Vettor e 1 Panizzut» eseguirono «in giornate 33» l’assemblaggio dell’altare di San Giuseppe, di cui una colonna si ruppe durante il trasporto da Venezia, e operarono pure sull’altare di Sant’Antonio di Padova. A quest’elenco si aggiunse un altro scalpellino, Angelo Janna, che partecipò con modesti interventi. «I MARANGONS» Imponenti le opere lignee che decorano la fabbrica, realizzate da Angelo Rosa, nel 1882. L’artigiano, di egregia scuola di falegnameria e di ebanisteria, costruì la fiancata destra della cantoria, completando il lavoro commissionato al falegname Ortis di Pordenone il quale riuscì a costruire solamente l’ala sinistra, poiché alla ditta insorsero dei problemi con dei creditori, che bloccarono pure la committenza budoiese. Si tratta di un manufatto di essenza di legno noce e ciliegio, composto di 12 stalli di stile neoclassico. Il Rosa creò, inoltre, l’imponente orchestra, la bussola, compresi i due banchi di larice, sottostanti il complesso. La falegnameria di Rosa era visibile fino alla fine del secolo scorso nella via principale del paese, in via Cardazzo. Si procedette alla parte decorativa dell’orchestra con legno di cirmolo, commissionando allo scultore Andrea Scussat15 «due rami e due rose intagliate per cassa organo», mentre ad Angelo Lachin «il trofeo al centro del parapetto dell’orchestra e due angeli con tromba», e inoltre altri stucchi e dorature. Per completare le decorazioni, fu commissionata all’intagliatore tarcentino Pizzini, l’esecuzione dei «tre angioli, un cherubino, una conchiglia e cimiero alla cassa dell’organo». Nel
1875, lo stesso Scussat realizzò pure la piccola corona posta sopra il tabernacolo. *** L’elenco dei «mistri» non si esaurisce qui. Nell’arco degli oltre cent’anni di continui lavori tante altre persone intervennero tra le quali, Lorenzo Carlon, per la preparazione della calce, Angelo e Giovanni Burigana, Luigi Carlon Saccon, Giovisio… per l’intonacatura della facciata. *** E la comunità budoiese provvide sempre con i propri risparmi a conservare, abbellire, arricchire di
suppellettili e di opere d’arte la sua amata chiesa. Lo stesso curato, don Gio Batta Foraboschi, nella sua relazione del 1895, in occasione della consacrazione dell’edificio ecclesiastico, ringraziò in primis il Signore, e « […] poi questa popolazione che senza stancarsi unanime concorse e con denari e con opere faticosissime alle spese non indifferenti per tanti lavori […]».
Sotto. Altar maggiore di Giacomo Vettor. Particolare.
NOTE 1. Archivio Parrocchiale di Budoia. 2. Archivio Storico della Pieve di Dardago (d’ora in poi ASPD). 3. FADELLI-SOTTILE, La Chiesa di San Giovanni Battista di Polcenigo, Roveredo in Piano, 1997. 4. F. METZ, In memoria del convento sacilese di Santa Maria degli Angeli in Sacile. Storia, ambiente, uomini, Udine, 1983; A. FADELLI, I «tagliapiera», il sarto e gli altri in l’Artugna, periodico della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia, aprile 1998, n. 83. 5. Archivio di Stato di Pordenone. 6. La famiglia di lapicidi annoverava, inoltre, GioBatta, Marco, GioMaria, Mattia, Angelo…, nel secolo XVIII. 7. ASPD, Estratto conto. 8. Il figlio Michiel realizzò scalini e piano di due altari nella medesima chiesa, nel 1796. 9. V. CARLON, Una statua in «carne e ossa» in l’Artugna, aprile 2004, n. 101, p. 2. 10. P. GOI – F. DELL’AGNESE, Itinerari d’Arte. Il Sei e Settecento nel Friuli Occidentale, Pordenone, 2008, p. 76.
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11. Valentina Antonelli (n. 1754) di Giambatta sposò Pietro Vettor. Nel 1806, «m.° Pietro Vettor» fu impegnato nell’assemblaggio dell’altare maggiore della chiesa di Dardago. Cfr. V. CARLON, Gli Antonelli, lapicidi dardaghesi in l’Artugna, agosto 2003, n. 99, p. 9; Paesi di pietra, Bianchi ciottoli dell’Artugna, Comune di Budoia – l’Artugna, 2006. 12. P. GOI, op. cit. 13. V. CARLON, op. cit. 14. Padre e figlio erano emigranti stagionali in Romania con funzioni direttive in un’impresa di lavorazione della pietra (Testimonianza di Anna Vettor Dotto (1921). U. SANSON, Vettor Giovanni: uomo che ci ha onorato all’estero, in l’Artugna, aprile 1990, n. 59, p. 4. 15. G. BERGAMINI, P. GOI, La scultura in Friuli V. G., GEAP, p. 134, Paolo Brescancin opera dal 1857 al 1863 a Cordenons «in quattro altari barocchi della parrocchiale» su disegni di Andrea Scussat.
Il territorio del Comune di Budoia, grazie alla sua particolare morfologia, è caratterizzato da una notevole varietà di piante e di fiori e da un paesaggio vario e sempre emozionante che lo rendono meritevole di essere maggiormente valorizzato, conosciuto ed apprezzato. Questo è un sentimento che, fortunatamente, è sempre più condiviso da molti abitanti dei nostri paesi. Sono molte le località interessanti. Due sono al centro di una operazione di rilancio: Val de Croda a Dardago e Gór a Budoia e colli di Santa Lucia.
di Roberto Zambon
VAL DE CRODA Da poco più di un anno un numeroso gruppo di volontari riuniti nel Comitato del Ruial de San Tomè sta operando, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, per la valorizzazione della Val de Croda. Negli ultimi mesi, grazie alle iniziative già realizzate, in primis il recupero del Ruial (vedi l’Artugna dello scorso agosto), la valle è stata meta di un notevole numero di visitatori che sono rimasti incantanti dalla passeggiata lungo la canaletta, dalla rosta alla cascata de Perer e poi su fino alla presa del Ruial. Molto riuscite ed apprezzate, tra l’altro, le visite guidate di scola-
valori del nostro territorio
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resche e di gruppi di Sacile e di Pordenone organizzate in collaborazione con il Comitato. Ma i volontari non si sono fermati. Dopo la sistemazione di vari sentieri della zona, l’attività si è spostata nella zona del molin de Bronte, con la pulizia e ricostruzione del tratto di ruial mancante all’interno della proprietà. Nel frattempo il «Servizio Regionale Manutenzioni del Territorio Montano» ha costruito una piccola diga alla presa del Ruial; quella vecchia era stata portata via dalle piene del torrente. Contemporaneamente è stato consolidato l’argine del Cunath nel tratto in cui il Ruial, inserito nella roccia, passa sotto il sentiero. Si trovava in una situazione di grande precarietà e
GÓR
L’acqua scorre abbondante nel ruial, in attesa della ruota del mulin che verrà installata nei prossimi mesi.
rischiava di venir travolto irrimediabilmente dalle piene del torrente, in questo periodo particolarmente tumultuose. Grazie a un accordo con gli eredi di Costante Zambon Pinàl, nella zona della rosta, vicino al parcheggio, ampliato ed abbellito dal muretto a secco e dalla piccola scalinata in pietra, sono in fase di ultimazione i lavori del «Parchetto Pinàl» con la nuova cascata e il laghetto sottostante, creati con l’acqua del ruial. Con la realizzazione della ruota in ferro del molin de Bronte, prevista per la prossima primavera, la Val de Croda, ricca di storia e di bellezze naturalistiche sarà motivo di richiamo ancora maggiore per i molti visitatori e amanti della natura. La valle offre la possibilità di passeggiate e brevi escursioni molto appaganti e a portata di tutti.
Un’altra zona affascinante è Gór, località in cui l’Amministrazione Comunale sta lavorando per un progetto di ripristino e valorizzazione del Sentiero Naturalistico che parte da Budoia e arriva fino a Polcenigo, approfittando della futura chiusura del depuratore fognario di Budoia in località Fontana. L’obiettivo è quello tutelare e valorizzare un’interessante zona umida di montagna e proteggerne la biodiversità: tra l’altro nelle acque di Gór vive il gambero di fiume. L’area è interessata da alcuni piccoli torrenti che confluiscono sul Rui de Brosa il quale dopo un suggestivo percorso nella stretta valle caratterizzata da salti d’acqua, rocce, muschi e felci va a terminare la sua breve corsa nel torrente Gorgazzo. Per illustrare il progetto l’Amministrazione Comunale ha organizzato, il 24 ottobre, un interessante incontro sul tema: «Valori del territorio pedemontano, la ricchezza del nostro paesaggio e dei nostri luoghi a fini turistici». Dopo l’introduzione dell’Assessore al Turismo Mario Bolzan e di Antonio Zambon, referente del progetto «Intorno al Monte Cavallo», il prof. Mauro Pascolini, dell’Università di Udine, ha tenuto la sua relazione su «Territorio, Paesaggio, Patrimonio, oppor-
tunità di valorizzazione e sviluppo». Infine l’Assessore Bolzan e l’Ing. Roberto Pavan, botanico, hanno illustrato il progetto. In occasione dell’incontro è stato anche presentato l’interessante opuscolo pubblicato dal Comune: «Itinerario delle colline di Santa Lucia – Il Sentiero Naturalistico Gór». Il giorno successivo, la passeggiata guidata lungo il sentiero Gór ha registrato un alto numero di partecipanti che hanno potuto apprezzare, molti per la prima vota, le bellezze del sito naturalistico. *** Miniguida turistica del Comune di Budoia È in fase di pubblicazione a cura dell’Amministrazione Comunale una prima miniguida turistica. Si tratta di un pieghevole ricco di notizie, curiosità e fotografie del nostro territorio. Una mappa turistica segnala gli angoli più interessanti e sono riportati i numerosi sentieri e percorsi presenti sul territorio. È presente anche un elenco dei principali eventi già programmati per il 2015. La miniguida, che sarà aggiornata tutti gli anni, si propone come strumento per favorire lo sviluppo di un turismo sostenibile ed intelligente dei nostri paesi. È disponibile, gratuitamente, negli esercizi pubblici, presso il Municipio e la Biblioteca comunale.
Tratti suggestivi del sentiero naturalistico di Gór, oggetto di studio per il recupero e la valorizzazione della zona.
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Corilicoltura le opportunità imprenditoriali di una vecchia «conoscenza»
della
nocciola
«non si butta via niente» di Vittorio Janna Tavàn
«Le nostre montagne rappresentano un capitale immenso che abbiamo dimenticato...». Sono parole che Angelo Carlon Scòpio, quand’ancora faceva l’ufficiale postale a Dardago, mi ripeteva sovente nelle rapide conversazioni da sportello. Parole che mi tornano alla mente ogniqualvolta osservo i nostri boschi e l’eterna fissità dei nostri monti. «Un capitale dimenticato», proprio così, una vera e propria risorsa economica che tanta fortuna o, il più delle volte, umile ma vitale sussistenza, ha rappresentato per i nostri «nonni» prima che il conforto di un po’ di benessere scaldasse le nostre case e le nostre vite. Quei monti e quei boschi erano al contempo dispensa alimentare 14
e deposito di merci da rivendere o sfruttare a proprio beneficio. Oggi che la famigerata crisi ha intaccato le nostre comodità, riguardando quei boschi sento che ancora possono riappropriarsi del loro ruolo «dimenticato»: ridiventare cioè non un «capitale» ma una nuova, forse piccola ma lungimirante, opportunità da riscoprire. Un’attività integrativa al reddito – badate bene – ma pur sempre «nostra» e senza che richieda sacrifici onerosi. Com’è stato per la bachicoltura e lo zafferano trattati nei numeri precedenti di questo giornale, la memoria corre nuovamente alla mia infanzia e di quando nel mese di agosto, in compagnia di mio nonno soggiornavo ’n te la Mont de d’Avian per la fienagione. Du-
Genio Zambon Marcandéla, classe 1925, veneziano d’adozione ma dardaghese di nascita e costante frequentazione, riaccende un nitido ricordo. «Avevamo 7-8 anni e da agosto a settembre ci organizzavamo in squadre di 4-5 ragazzi. Non ci si trovava per giocare ma per dedicarci ad una nuova attività da fare nel bosco: raccogliere le nocciole. Andavamo in Val de Croda, nella zona sopra lo Chalet. Mi ricordo bene quell’estate, l’ultima che passai qui prima di trasferirmi a Milano con la mia famiglia e poi a Venezia. Raccoglievamo le nocciole mettendo un ombrello ai piedi del cespuglio. Quindi scuotevamo la pianta e gran parte vi cadevano dentro mentre le altre le racimolavamo da terra o le staccavamo a mano dalla pianta. Poi si tornava in paese e s’andava a casa di Egidio Zambon, mio coscritto, la cui famiglia si incaricava di ricevere il nostro «bottino» e di ripulirlo dalle scòsole verdi che le avvolgevano prima di rivenderlo a commercianti e pasticcieri di Sacile che le avrebbero tostate ed utilizzate per fare il torrone, la pasta di «mandorle» o tritate per il croccante o altri dolciumi. Per noi bambini era non solo un divertimento ma ne ricavavamo anche una seconda soddisfazione: una piccola paghetta per terminare al meglio le nostre vacanze estive».
Una coltura che dà i suoi frutti Sono i dati ufficiali a dirlo: la corilicoltura – ovvero la coltivazione dei noccioli – è in crescente espansione e richiede investimenti minimi e limitate giornate di lavoro, al massimo un mese all’anno per un ettaro di terreno. La domanda supera l’offerta nonostante la forte concorrenza delle importazioni dalla Turchia che concentra il 70% della produzione mondiale e che può contare su una manodopera a basso costo. Due possono essere le vie perseguibili: limitarsi alla coltivazione vendendo il prodotto o gestire l’intera catena produttiva tostando e trasformando le nocciole in granella, farina, crema o prodotti dolciari. Per il 90% infatti il frutto finisce nell’industria alimentare (nutella, gianduiotti, biscotti e gelati), una minima parte è destinata alla cosmesi in forma di olio o creme mentre i gusci, in virtù della loro elevata resa calorica, sono impiegati per il riscaldamento. Come per il più proverbiale
[
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È la sua ultima testimonianza donataci per impreziosire questo articolo. Eugenio è mancato il 22 novembre scorso. Gli siamo ancora grati [n.d.r.]
di Eugenio Zambon Marcandéla
«Mi ricordo, mi ricordo eccome!».
Quando «piovevano» nocciole
rante le pause del lavoro andavo a raccogliere le nocciole per poi, nel fine settimana, portarle a casa e sistemarle nel granaio perché terminassero la maturazione e si essiccassero prima di consumarle insieme alla mia famiglia. Di certo non siamo il Piemonte, il Lazio, la Campania o la Sicilia che detengono la massima concentrazione italiana di superficie coltivata a noccioli (18.000 ettari complessivi) con una produzione di 40 mila tonnellate annue (l’Italia è seconda nella fornitura mondiale dopo la Turchia e prima di Stati Uniti, Spagna e Iran). Di certo non potremmo vantare la qualità certificata della Tonda di Giffoni IGP, la Nocciola Piemonte IGP, la Tonda Gentile Romana DOP, ma anche le nostre nocciole potrebbero ben inserirsi nella filiera agroalimentare nazionale.
maiale, anche della nocciola, dunque, «non si butta via niente». Coltivarla è semplice. Richiede terreni acidi e ricchi di sostanze organiche posti in luoghi ben ventilati, collinari, meglio se con possibilità d’irrigazione. Il terreno si prepara tra luglio e agosto con uno «scasso» profondo, a novembre si mettono a dimora le piantine, la potatura è primaverile e comincia dal terzo anno. La pianta sarà poi fruttifera e pronta per la raccolta tra agosto e settembre dal quarto anno ma è solo dopo l’ottavo che la produzione raggiungerà la piena maturità e si assesterà anche per 40 anni. La resa dipenderà dal tipo di varietà coltivata, dal tipo di impianto arboreo o cespuglioso, dal terreno, dalla eventuale possibilità di irrigazione (molto importante) e – naturalmente come per tutte le colture – da clima e intensità dei fenomeni atmosferici ma in media si ottengono 20-30 quintali per ettaro con un ricavo, dipendente dall’annata, di circa 200 euro al quintale. Anche l’investimento iniziale non richiede eccezionali impegni, 3-4 mila euro per predisporre il terreno ed acquistare le piantine (circa 400 a ettaro al prezzo di 22,5 euro l’una). A questo si può aggiungere il costo dei macchinari per la raccolta (macchine aspiratrici, mentre la potatura rimane manuale), che possono aggirarsi, al minimo, intorno agli 8 mila euro.
tostata e altamente richiesta per la produzione di pasta e granella), vi sono il Nocchione (laziale), dalle grosse dimensioni adatto al consumo fresco e per l’industria, la Mortarella (campana) dal frutto medio-piccolo, la San Giovanni (campana) con ottime proprietà
organolettiche per il consumo fresco, la Tonda Bianca, la Tonda Rossa, la Camponica, la Siciliana, la Ghirana, la Minnulare, la Rancinante. Da noi invece è diffuso il nocciolo spontaneo con frutti di piccole dimensioni ma ottimi nel gusto.
i «superpoteri» della nocciola Sebbene la sua corilicoltura intensiva sia piuttosto recente (fine dell’Ottocento), il nocciolo è conosciuto e coltivato fin da epoche remote, già dopo l’ultima glaciazione. Originario dell’Asia Minore era praticata da tutti i popoli che s’affacciavano sul Mediterraneo. Per i Greci era simbolo di Esculapio, dio della medicina, il cui bastone – di nocciolo appunto – era avvolto da un serpente (oggi emblema
Il «nòcciolo» della questione Quale varietà scegliere è lasciata al gusto e possibilità del produttore. Ve ne sono 25 specie ma la più diffusa è quella comune (Corylus avellana). Di questa famiglia le più ricercate, oltre alle già citate Tonda Gentile delle Langhe, la più pregiata nocciola italiana ideale per l’industria dolciaria che richiede i frutti interi, e la Romana e di Giffoni (ottima 16
delle nostre farmacie). Per i Romani diventò foriero di felicità tanto che una sua pianta era regalata durante i matrimoni. Secondo svariate tradizioni rurali nel suo arbusto magico vi dimoravano fate benigne, nel suo ramo il potere della rabdomanzia e dalla carbonella, unita a zolfo e salnitro, si ricavava la polvere pirica mentre per le più altolocate dame ottocentesche costituiva una ricercatissima
Se l’attività non dev’essere intensiva sarà sempre possibile contenderli ai ghiotti cinghiali e agli scoiattoli raccogliendole a mano e lasciandole essiccare al sole per almeno una settimana rigirandole
crema per ottenere un viso luminoso e ben nutrito. Simbolismo o realtà, suggestione o verità, dal punto di vista nutrizionale le nocciole hanno proprietà davvero eccezionali. Ricche di grassi insaturi (compresi i preziosi omega 3), fibre minerali (ferro,
di tanto in tanto per consentire un’asciugatura omogenea. Conservandole poi in un luogo secco ed arieggiato, le nocciole all’interno del guscio si manterranno inalterate anche per anni.
rame, calcio e manganese), vitamine antiossidanti (E, B1, B6, B9 e B12) e fitonutrimenti, il suo consumo regolare (15 grammi al giorno) è associato alla riduzione del colesterolo nel sangue e a una diminuzione del rischio cardiovascolare.
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Una tostatura artigianale può infine essere ottenuta sgusciandole e posizionandole in una teglia a 100 °C nel forno. Eliminata con uno straccio la pellicola che le avvolge potranno quindi essere conservate in un barattolo di vetro per una lunga conservazione ed una degustazione alla bisogna. Ecco dunque questo nostro «capitale», quel «qualcosa di nuovo oggi nel sole – per dirla alla Pascoli – anzi d’antico», una risorsa che ci apparteneva come naturale e diventava parte integrante della nostra cultura. Una cultura che stiamo a poco a poco perdendo e che – senza alcuna retorica nostalgica – meriterebbe di essere riscoperta come un’opportunità concreta su cui investire e rendere (qui sì concedetemi un po’ di orgoglio), nuovamente «dardaghese».
Eccellente nutrimento energizzante (particolarmente calorico ma nelle dosi consigliate non comporta un aumento di peso), è adatto per chi pratica sport o necessita di un supporto naturale alla propria concentrazione mentale.
Progetto di valorizzazione del patrimonio archivistico per conoscerci e farci conoscere
un archivio a cielo aperto di Vittorina Carlon per la Redazione
I l vissuto ci porta a vivere l’archivio come luogo chiuso, quasi uno spazio riservato a pochi eletti in cui sono custoditi beni d’inestimabile valore storico-culturale da scoprire e pure da salvaguardare per i posteri. In contrapposizione allo spazio chiuso vive il paesaggio, già di per se importante e caratteristico bene storico-culturale, naturalistico-ambientale,… Tra i due elementi può nascere il binomio che fa scaturire un concetto nuovo: la creazione di ‘un archivio nel paesaggio’ per rendere più fruibili i documenti e ‘raccontare’ la storia di una comunità, non come sterile recupero di dati storici, bensì come arricchimento d’identità per le nuove generazioni. Potrebbe sembrare un’idea irrealizzabile, troppo azzardata, ma l’Artugna vuol impegnarsi, per… …educare le nuove generazioni a leggere e conoscere il proprio ambiente; …sviluppare la conoscenza del patrimonio storicoculturale-religioso; …far conoscere agli altri la storia e la cultura dei nostri paesi. Tutto ciò con la collocazione di foto-documenti in determinati luoghi, lungo le vie e i sentieri dei tre paesi, e con l’ideazione di una mappa della dislocazione dei documenti secondo percorsi tematici specifici. Se è studiato accortamente nel suo inserimento nello scenario paesaggistico, il progetto può divenire un fattore di riqualificazione anche per lo specifico aspetto paesaggistico-ambientale: un archivio sempre aperto, per un paesaggio altrettanto disponibile a farsi conoscere culturalmente. 18
Particolare del territorio, tratto dalla mappa austriaca.
Dario Pagóto, al centro, tra Ernesto Del Maschio Buréla (a sinistra) e Marco Zambon Tunio (a destra).
Dario Zambon Pagóto estroso ma «tant de cuòr» Ciao Dario, te te pénseto che ràtha de marénde che te portave dhó a Stradèla? Mi sì che me le pense... altre che me le pense!
di Mauro Zambon Thuciàt
Chéla volta ere canai e dhéve spéss drìo de Nani Thuciàt, dhó pa’ la tavèla, par menà ’l trator. Se parla d’i àins a ciavàl fra i ’60 e i ’70. Dhó a Stradèla, come un póc dapardùt, l’era ogni an e ogni stajón la stessa menada: òra le plante de vit da vèrdhe e po’ da serà, la blava prima da solthità e po’ da solthà, fén o medica prima da voltà e po’ da parà in coda, e avanti cussì... L’apalto l’era larc: chèl de Pagóto e chèl de Théco i era sigùrs ogni an, cualche volta se intopàva da fa calcòssa in cualche altre ciamp unlì da vesìn. Có dheane par Dario, l’era da gòdesse. Al rivava dhó co’ la siethénto grisa e sul sedìl in banda l’aveva cargàt un thestón plén de roba par fa marenda. Al thiàva e ’l rideva, po’ al deventava subito serio, al diseva dóe robe, par tornà subito a ride da nóf, e thià... Nó l’èra perìcol da stufàsse, para lui: l’era dut un teatro continuato.
fòra pa’ Ligónt e lo senteve che ’l thiàva su in Sacròda: «Aiutooo, ahh, che paura, ahh che vipera! Mariaaa, torniamo a casaaa, qua c’è troppo pericolo... aiutooo, ahh, che brutta vipera…». In chisto caso ca, ’l bèl l’é che nò l’era nessuna Maria para lui e néncia nessuna vipera che l’avéss vedut. L’era duta ’na sò inventhiòn par fa in maniera che chèi ch’i lo sentéva i ciapàss pura e i stés lontàn, cussì da stà trancuìlo lui unlì che l’era. L’era par scaturì i foresti, che senò i robava i fonc. Nó l’é stada l’unica volta che l’ai sentut a thià in chéla maniera là: cuante altre volte che me à capitàt da sentìlo in Bar, su par Perèr, in Còl... Un artista, sul serio, roba da palcosienico... Dario l’era estroso, ma tant de cuòr; adéss al sarà là che ’l thìa, nó pi in Sacròda ma par aria. Nealtre nò lo sentòn pi ma lui l’é anciamò che ’l thìa, un póc in dialèto e tant in italian!
Lui, descólth, al tigneva un soltharòl, chel altro i lo tigneva Nani e mi menave ’l trator. Cò l’era òra de marenda, intór le diése, rivava ’l bèl: se podhéva fermàsse e palsà un póc. Dario al dhéva a tó ’l thestón có la marenda, al giavava la canevàtha ch’i lo cuerdhéva e alòra saltava fòra ’l bin-de-dio: un salàt, mortadèla apéna comprada in botéga, pagnòche de pan frésc nó sai cuante, un cuòne de formai fòra de posto, un fiasco de vin e un de aga, bòthe de bira e po’ nó savaràve chè altre. L’era la marenda pi granda che capitava da fa in duta la tavèla in dut al an, nó dìe altre. N’altra roba bèla de lui l’era che spéss al parlava in italiàn, disón che l’era un continuo alternà ’l dialèto col ‘taliàn, che nessun altre fòra de lui al féva. Un fato che me plàs torname a pensà, capitàt cualche an dopo sul periodo che l’era fòra i fonc, l’é chèl de cuan che me sói ciatàt 19
2014
primavera ed estate... Da oltre 5 anni dedico le mie vacanze ’budoiesi’, alla raccolta di immagini della flora e della fauna del territorio che mi ha visto trascorrere le estati della adolescenza e giovinezza… Ricordo qui qualche articolo in merito già ospitato da l’Artugna (n. 118 e le ultime di copertina dei numeri 124, 125, 126).
Il 2014 ha presentato una primavera particolarmente piovosa, con solo una breve ‘botta’ di caldo, ed un’estate che fatica ad esplodere non riuscendo a prevalere su ricorrenti fenomeni di instabilità… Così nell’ultima decade di luglio ho trovato nelle mie escursioni, rispetto agli anni trascorsi, tanto verde, troppa vegetazione, e quei fiori che negli anni precedenti erano già ‘sfioriti’, quest’anno erano ancora in bocciolo… o non ancora tali, talora marciti! Non si tratta solo di tempistica ‘vegetale’… nella natura tutto è interconnesso; così centinaia di specie di insetti, che dal 2009 fotografavo tranquillamente nell’ultima quindicina di luglio, in Panerata, piuttosto che alla base della Val Granda o in Longiarethe, quest’anno non c’erano, perché mancavano i fiori che li ospitavano e li nutrivano. Qualche specie è sembrata adattarsi [fig. 1] cibandosi di fiori di rovo, invece delle ombrellifere che rappresentano il suo nutrimento abituale. Frequenti poi i problemi di competizione per accedere al nutrimento of-
bizzarre!
di Osvaldo Puppin
ferto dai pochi fiori disponibili [fig. 2a e fig. 2b Zygenide ‘sloggiato’]. Troviamo poi le ‘apine’ bottinatrici in competizione con altri commensali affamati [fig. 3]… a meno che la struttura del fiore le favorisca, impedendone l’accesso al concorrente. Ulteriori problemi sorgono per l’accoppiamento (quando avviene in spazi ristretti è più facile trovare i ‘rompiscatole’… magari attirati dalla fame, ma poi…) [fig. 4 o fig. 5]. Questi affollamenti sui pochi fiori disponibili provocano inoltre una scarsa reattività della farfallina o della moschina (debilitata per la alimentazione insufficiente e per la temperatura troppo bassa) agli attacchi degli unici che ci guadagnano: i ragni predatori [fig. 6 e fig. 7], che non catturano la vittima nella rete, ma approfittano della oggettiva debolezza della preda e la ghermiscono con uno scatto [fig. 8]. Un incremento di catture è stato osservato comunque anche per quelle specie che tessono reti a maglie molto ‘lasche’ [fig. 9, fig. 10]. Non ho mai fotografato tanti ragni ’a pranzo’ come in questa fine di luglio! Un’ultima considerazione riguarda la vite, una pianta sensibile, nelle varietà coltivate, agli attacchi di peronospora (Plasmopara viticola) un fungo parassita particolarmente favo20
rito dalla condizioni termiche e pluviometriche verificatesi nel 2014. Nell’orto ho una vite piantata dal mio bisnonno (attorno al 1880 – tipo Bakò –) sensibile alla fillossera (gli innesti per il controllo di tale parassita iniziarono proprio in quel periodo), ma con una resistenza atavica (almeno 3000 anni per limitarci alle citazioni storiche…) alla peronospora, anche nelle condizioni più favorevoli alla malattia, come nel 2014 [fig. 11a e fig. 11b; fillossera sulle foglie, ma peronospora assente]. Il ceppo piantato da mio nonno (verso il 1940), frutto di un innesto su piede americano resistente alla fillossera, ma, per mia scelta, mai trattato in primavera-inizio estate contro la peronospora… (a seconda dei prodotti utilizzati, in questa bizzarra stagione, sarebbero state necessarie applicazioni ogni 3-8 gg). Ecco il risultato delle condizioni ‘eccezionali’ del meteo 2014 [fig. 12]. Da ultimo, per quelle piantine messe a dimora da pochi anni (non Vitis vinifera… ma la Vitis labrusca = uva fragola indenne da fillossera e peronospora, nonostante le condizioni meteo fossero estremamente favorevoli a quest’ultima), ogni commento è superfluo [fig. 13]. Solo qualche ferita da grandine. La vite è stata
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scelta in quanto per me facilmente documentabile… le conservo nell’orto, per hobby; ma per gli agricoltori, anche budoiesi, la situazione è problematica! Hanno visto marcire pomodori e cipolle, il mais continua a crescere senza che le pannocchie riescano a maturare, la soia perde le foglie inferiori, i costi dei trattamenti alla vite sono alle stelle... Qualcuno, a conoscenza del mio ministero ecclesiale, mi chiese, di ‘tirare la barba’ al Padreterno. In realtà ricordo come, da ormai almeno un trentennio, le voci di numerosi esperti hanno (invano?) tentato di mettere in guardia dai rischi climatici che l’inquinamento ambientale comporta. Stiamo globalmente pagando anche la nostra imprevidenza.
Fig.1 (pag. 20) Leptura (Ruptela) maculata (Coleott. Cerambycidae) su rovo (Rubus sp.) in Val de Croda poco sopra il tornante a quota 500.
sturbatore’, che, per ora, si allontana; poco lontano una farfalla Zygenidae, prob. gen.Syntomis. Val de Croda poco sopra il tornante a quota 500.
Fig. 2a Farfalla Zygenidae, probabilmente del gen. Syntomis, distesa la spiritromba si nutre suggendo il nettare da un fiore di Knautia arvensis (Dipsacacea) in Val de Croda.
Fig. 6 Un ragno Tomiside, ben mimetizzato, pranza a spese di un dittero Sirfide, su un fiore di Phytolacca americana, verso la Panerata.
Fig. 2b Arginnis paphia (Nymphalidae-Heliconidae), spodesta la più piccola Syntomis (Zygenidae). Fig. 3 Una piccola Ape selvatica, bottinatrice, spodesta una neanide (ossia una forma giovanile) di cimice delle piante (Pentatomidae), su Arnica montana (Compositae). Val Grande. Fig. 4 Trichius sp. (fasciatus or zonatus) (Scarabeidae) in copula, con di fronte un secondo maschio ‘disturbatore’, poco lontano una farfalla Zygenidae [una seconda vicina, fuori campo], prob. del gen. Syntomis e un’ape selvatica. Val de Croda poco sopra il tornante a quota 500. Fig. 5 Trichius sp. (fasciatus or zonatus) (Scarabeidae) in copula, con un secondo maschio ‘di-
Fig. 7 Un ragno Tomiside, mimetizzato tra i fiori di Vincetoxicum officinale, ha agguantato una farfallina piralide. Val de Croda. Fig. 8 Ragno Tomiside, mimetizzato tra i fiori di Verbascum austriacum in agguato. Verso la base della Val Grande. In val del Friz gli apici dei racemi fiorali erano completamente marciti per le piogge, le nebbie e le basse temperature.. Fig. 9 Ragno su una graminacea spontanea (Prob. Holcus lanatus) in agguato. Pedemontana, dintorni Madoneta). Fig. 10 – Ragno domestico prob. Pholcus phalangioides si nutre di una farfallina probabilmente un tineide, (catturata in precedenza in quanto avvolta in una tela ‘protettiva’). Budoia-cortile. Fig. 11a e Fig. 11b Fillossera (Phylloxera vasta-
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trix) su una vecchia vite del fine 1800, non innestata su piede americano, quindi sensibile a questo ‘pidocchio’ minatore radicicolo ma che crea anche ‘galle’ (escrescenze) sulle foglie. Budoia-orto. Fig. 12 Grave attacco di Peronospora (Plasmopara viticola), su vite non trattata. Budoia-orto. Fig. 13 Vitis labrusca (= americana o «fragola») con tracce della grandinata di fine giugno, ma non attaccata né da peronospora, né da fillossera. Budoia-orto.
San Tomè qualche connessione con i Puppin di Osvaldo Puppin La nota di Vittorina Carlon su San Tomè (l’Artugna n.132, pagina 6) mi ha portato a ‘scavare’ tra gli appunti che conservo sui Puppin e su Budoia. Da ragazzo i dintorni della chiesetta erano meta frequente ed al ritorno da tali gite, Roberto Mezzarobba, Gianni Carlon ed io eravamo soliti chiacchierare seduti davanti al «Capitel di via Casale» con Gigi Carlon il babbo di Gianni, guardiacaccia che grazie alla sua professione era divenuto la nostra fidata fonte di informazioni sulla praticabilità del vari sentieri. Rimasi così affascinato nell’apprendere che come raccontavano i «veci» ai tempi della invasione di Attila (anno 452) i Budoiesi si salvarono ritirandosi nella valle del Cunath, proprio nei «landres» (= grotte) situate alla base degli strapiombi sopra la chiesetta. ... il ricordare così precisamente l’invasione di Attila e non altri fatti salienti più recenti, mi lasciava già fin d’allora piuttosto perplesso. Ma ogni tradizione ha un suo nocciolo di verità... ed anche questi miei ricordi non vennero cancellati dal tempo. È stato nell’estate del 1987, indagando sulla attuale dispersione dei Puppin, che incontrai l’allora Parroco di Roveredo in Piano don Mario Del Bosco; il discorso scivolò sulla fondazione di una serie di sacelli posti a distanze regolari, in linea retta lungo la strada romana che da Aquileia risaliva fino alla valle del Cunath (vedasi Roboretum
n.1/1959 pg. 3). Tali sacelli furono voluti nel III secolo dal Patriarca di allora per contrastare l’eresia ariana e proprio per tale ragione furono dedicati a San Tommaso, l’Apostolo incredulo; la valle del Cunath era punto di arrivo, quale sito importante nella pietà popolare anche pagana. (Succitato articolo di Vittorina). Purtroppo questi sacelli sono andati distrutti nella quasi totalità; ne troviamo uno menzionato anche dagli archivi di Dardago in una annotazione sulla sepoltura di Antonio Puppin, sotto Latisana che ‘emigrante temporaneo, muore improvvisamente il 21.11.1731 a VillaNuova sotto Latisana ed ivi sepolto a San Tommaso Apostolo’ [oggi Comune di San Michele al Tagliamento], notizia pervenuta a Budoia solo l’8.6.1732, quindi con più di sei mesi di ritardo (ricordiamo che da Venezia tali notizie giungevano nell’arco di 810 giorni, alla stessa epoca). L’unico figlio maschio Osvaldo Giomaria, che era già orfano di madre dall’età di sette anni, muore ventenne, (depressione?), a soli due giorni dalla comunicazione della morte del padre, il cui unico fratello ‘zio Marco’, si era da poco trasferito a San Giovanni di Polcenigo, originando tra l’altro il ramo dei Puppin brasiliani da San Giovanni (altre famiglie di Puppin emigreranno da Piavon-Cessalto). Ma torniamo ad Attila e a San To22
mè. La scorreria dei predoni turchi che ebbe luogo nel 1499, che portò tra l’altro alla distruzione degli archivi del Castello e della Pieve di Polcenigo, provocando in soli due giorni circa duemila morti nella sola Roveredo, non sembra aver toccato i Budoiesi, che si erano riparati nella valle del Cunath. Se ne conclude che il fatto presentato dalla leggenda è realmente accaduto... ma circa 11 secoli più tardi. Attila, è comunque coinvolto, in quanto passò dal Basso Friuli all’epoca della costruzione della chiesetta, mentre i barbari ricordati dai «veci» come Unni erano in realtà le orde Ottomanne; il tramandarsi di questi fatti distinti, generazione dopo generazione, li ha alla fine confusi. A tal proposito riferisco i «ricordi» di Sante Puppin emigrato in Brasile nel 1883… Di carattere orgoglioso e spaccone Sante, affermava: «Sono discendente di Attila!, i miei avi erano dei Protelati!». (È interessante qui ritrovare due elementi: il ricordo di Attila ed il ricordo delle origini budoiesi attraverso la citazione del Casato Putelate deformato in Protelati). Resta il segno che San Tommaso, nella pietà popolare, ha salvato gli abitanti dal massacro, e quindi, per riconoscenza si moltiplicò il numero dei budoiesi portanti il suo nome e tra essi anche Thomas nato nel 1630, il capostipite del Casato Putelate-Budelone-Loth cui appartengo.
’n te la vetrina
UN ACCORATO APPELLO AI LETTORI Se desiderate far pubblicare foto a voi care ed interessanti per le nostre comunità e per i lettori, la redazione de l’Artugna chiede la vostra collaborazione. Accompagnate le foto con una didascalia corredata di nomi, cognomi e soprannomi delle persone ritratte. Se poi conoscete anche l’anno, il luogo e l’occasione tanto meglio. Così facendo aiuterete a svolgere nella maniera più corretta il servizio sociale che il giornale desidera perseguire. In mancanza di tali informazioni la redazione non riterrà possibile la pubblicazione delle foto.
Dardago, anno scolastico 1951-52, classe terza. Da sinistra a destra, in piedi: Piera Zambon Sclofa, Marisa Ianna Cianpanèr, Luigia Zambon Thanpela, Luciana Vettor Cariola, Emilia Gamberini Puina, Ada Zambon Pinàl, Rosina Zambon Lùthol, (?) Cecchini Trantheòt. Seconda fila, seduti, da sinistra: Luigi Bocùs Frith, Gianni Rigo Moreàl, Corrado Zambon Tarabìn, Gino Pellegrini Lùthol, Germano Zambon Tarabìn, Emilio Naibo, Bruno Zambon Tarabìn Trucia, Enrico Spina. Prima fila, da sinistra: Renato Rigo Barisèl, Pietro Zambon Marìn, Giovanni Zambon Scròcˆ, Arnaldo Busetti Caporàl, Giulio D’Andrea, Giancarlo Bocùs Frith e Girolamo Zambon Tarabìn Modola. (foto di proprietà di Flavio Zambon Tarabìn Modola)
Foto di gruppo degli alunni delle scuole elementari di Dardago e di Castello con i relativi maestri (Castello di Aviano, anno 1958). (foto di proprietà di Flavio Zambon Tarabìn Modola)
2014
...il grande protagonista
de la ’Sunta di Adelaide Bastianello Thìsa
Quest’anno le giornate di Festa del Dardagosto sono state leggermente sottotono. Forse a causa del periodo non proprio ricco di lavoro che ha costretto molte famiglie a ridurre i giorni di ferie, ma soprattutto per il Grande Direttore-Dittatore che ha manipolato tutta la nostra estate: il (mal)tempo. Pioggia, freddo e sole si alternavano di continuo, poco sole… tanta pioggia. C’era una tale diversità di cambiamenti climatici che non era facile destreggiarsi nell’adattarsi alle variazioni di temperatura. Ma visto che siamo ingegnosi (e fortunati!) tutto è andato bene. La personale di pittura di Elio R. Silvestri ha aperto i festeggiamenti del Dardagosto. Una bella mostra, ricca di quadri, piena di colore, allegra e molti visitatori ne hanno apprezzato le opere. La domenica sera poi la nostra splendente Pieve ha offerto un magnifico concerto per organo, il MaeA sinistra. Il gruppo friulano degli s’cianpanotadors. Al centro. Un momento dell’inaugurazione della mostra di pittura alla presenza dell’artista Elio Silvestri e dalla figlia Nicoletta. Sotto. Un momento della Pesca di Beneficenza.
stro Mario Scaramucci è riuscito a risvegliare» il nostro bellissimo organo del ’700 facendolo esaltare in tutta la sua armonia, i suoi toni più profondi e caldi così anche i meno esperti e amanti della musica hanno gustato, apprezzato ed elogiato. Nel frattempo la Pesca di Beneficenza funzionava a pieno ritmo e ha lavorato benissimo per tutta la settimana nonostante i rovesci improvvisi: i giovani, sempre disponibili e gentili si davano da fare a consegnare i premi vinti e consolare i bimbi piccoli per i biglietti neri, mentre le signore cercavano di «fare cassa» per le necessità della Pieve. La baracca de le paste ha aperto la Festa de la ’Sunta: non so a che ora sia arrivata, ma senz’altro molto presto! Il tempo era bello e le campane hanno ricordato a tutti che quel venerdì era un venerdì speciale, suonando a distesa a lungo prima della Santa Messa. Una Santa Messa splendida, officiata da ben quattro preti e la nostra brava Corale, diretta dallo storico Fabrizio, ha dato un tono ancor più solenne alla cerimonia. La chiesa era colma di gente, di bambini che a fatica cercavano di «fare i bravi» trattenendo le loro giovani energie attendendo il momento, di lì a poco, di sfogarsi sul sagrato con gli amici. Purtroppo alla fine della Santa Messa c’è stato un fuggifuggi generale a causa d’un s’ciarsón de aga che ha impedito il trattenersi dei festeggianti sul sagrato per scambiarsi i soliti saluti, abbracci e… aggiornamenti di vita! Il pomeriggio, visto che è rispuntato un bel sole, andiamo tutti alle scuole per i tradizionali giochi popolari dei bambini. Oramai ci sono i usath: si ritrovano le famiglie, i nonni con figli e nipoti: i Rosit, i Thisa, i Theco, i Pinai 25
e tanti altri. Alla fine festa per tutti e caramelle ai vincitori, ai vinti e ai piccoli rinunciatari che per timidezza hanno preferito guardare i giochi. Il giorno successivo si è esibita… la Platha. I portoni aperti ospitavano mostre di artisti e artigiani locali con lavori di ricamo e merletti, di cucito creativo, dipinti, statue in legno e poi teatro, divertimenti per i più piccoli sul sagrato e nell’anfiteatro, insomma le proposte soddisfacevano tutti… se non fosse stato per il solito s’ciarsón de aga che nel pomeriggio ha disturbato per un poco la giornata. Alla fine però si è potuto vedere e apprezzare tutto. Anche il chiosco gastronomico, allestito come di consueto nel cortile delle scuole, ha dovuto fare i conti col maltempo, ma c’era posto anche al coperto e quindi tutto si è risolto al meglio. Desidero veramente ricordare ed elogiare la cucina che è stata squisita e veloce. Un ringraziamento particolare ai ragazzini che hanno servito ai tavoli: bravissimi, veloci, seri, educati e attenti, nonostante la giovane età. Hanno avuto un elogio speciale anche da don Maurizio durante la cena di ringraziamento. Ed infine, chi, se non il nostro bel campanile, poteva concludere in bellezza questo nostro Dardagosto 2014? Non botti, non petardi, non banali e scontati fuochi d’artificio o girandole nel cielo, ma gli S’cianpanotadors furlans che per quasi due ore hanno disperso in alto, nell’etere, il suono caldo, intenso delle nostre meravigliose campane! La gente, seduta in piazza un po’ dovunque, ascoltava compiaciuta. Il prossimo anno sarà ancora meglio. Grazie don Maurizio per il bel regalo! Alla prossima!
grazie, Lidia!
di Mario Povoledo
Una persona speciale Lidia Zambon Balla, vivace, pronta alla battuta, ma soprattutto di grande aiuto per la Parrocchia. Subito dopo la morte del compianto Elio Carlon, si è subito attivata per aprire e chiudere la Chiesa: «Soi tacada, no me costa nient». Puntualmente tutte le mattine e tutte le sere, spegneva i ceri, attendeva pazientemente che le ultime persone uscissero, poi, si raccomandava a Sant’Antonio, «un Sant chel me plas» era solita ripetere e chiudendo gli dava l’appuntamento al giorno dopo. Insie-
me a Fortunato ed Ezelinda, durante i preparativi della Settimana Santa, Natale, Immacolata, ad un certo punto appariva con tre tazzine di caffè e diceva: «Ciapeit visto che lavoreit cusì bin, ve meriteit un cafè». E noi la ringraziavamo con un grathie agna e lei, contenta sorrideva bonariamente. Si preoccupava anche di tenere pulito il sagrato e ogni sabato la vedevi con la scopa all’esterno; estate e inverno! Questo sino agli inizi di primavera quando, un pomeriggio, ci consegnava la chiave dicendo:
Fai un regalo di Natale alla tua Parrocchia. Mettiti a disposizione: dacci un po’ del tuo tempo!
La tua Parrocchia è una comunità che vive con il contributo operativo di diverse persone che si mettono a disposizione. Per le varie necessità in una parrocchia occorrono: catechisti e loro aiutanti, lettori e animatori delle celebrazioni e cantori del coro oltre che organisti e operatori di strumenti musicali, persone che si occupino delle strutture parrocchiali (pulizie, fiori, apertura e chiusura Chiese), collaboratori nell’Amministrazione Parrocchiale (contabilità e procedure burocratiche), operatori festeggiamenti, persone che si occupino di
accostare bisognosi, ammalati, anziani (settore caritativo). Nel 2015 scadono anche i Consigli Pastorali Parrocchiali e i Consigli Parrocchiali per gli Affari Economici che vanno rinnovati. Secondo le tue inclinazioni personali e il tuo tempo disponibile puoi, se vuoi, dare una mano per non far chiudere l’Istituzione Parrocchia, sempre che tu la ritenga ancora necessaria. In pochi e sempre quelli non si riesce più, bisogna che ognuno si dia da fare: dacci una mano anche tu.
L’angolo della poesia «Soi vecia l'è meio trovà una persona dhovena». Così, con questa frase Lidia si è congedata dall’impegno portato avanti con simpatia e con competenza. Gratie agna de duth! *** Con queste poche righe, la Parrocchia desidera ringraziare non solo Lidia, ma anche Ezelinda e Fortunato, altri due volontari preziosi che ora ci mancano.
L’acqua La pioggia, troppa cadi per giorni ed il fiume gran ricolmi picchia sui tetti, la sfuma bianca i vortici del vento. Pensier se male farai rumor di valanga frana l’argine del fiume ora brivido, e travolge, annega persone e animali. Paese, città e campagna voci dai tetti per arrivar a salvarli. In lunga stagion la siccità ritorna non più un frutto era paradiso suo verde foglie secche frusciar dall’aria. Ma padri e nonni lo sanno in procession per arrivar alla cascata; chi ti vede farai sognar di notte e gran sorgente perenne di cascata che scendi specchia il sol sul tuo azzurro. Ai tuoi lati candidi vapori van sfumandosi nell’aria tu fai produr e disseti ben noi. Non ci mancar che sempre vita ci darai. ANGELO JANNA TAVÀN
Pioggia, fiume, cascata, sorgente, vapore. Nelle variegate forme dell’acqua Angelo definisce la doppia anima della materia e ad essa si rivolge come ad una persona. Dapprima delinea, con incedere quasi cinematografico, lo scenario drammatico – e quanto mai attuale – delle alluvioni (la pioggia, troppa cadi per giorni / ed il fiume gran ricolmi), derivate da una pioggia minacciosa che scende copiosa sulle case, facendosi temporale (picchia sui tetti / la sfuma bianca i vortici del vento), ingrossando i fiumi e portando devastazione a paesi e persone (pensier se male farai / rumor di valanga / frana l’argine del fiume / ora brivido, e travolge, / annega persone e animali). Ma Angelo lo sa, sa che piogge ed acqua non hanno colpe e sembra placare l’emotività del lettore avvertendolo dell’importanza della loro azione e del loro valore che si rende palese nella loro desolante mancanza (in lunga stagion la siccità ritorna / non più un frutto). Ed ecco dunque l’acqua benefica, quella raccolta nelle antiche peregrinazioni verso le sorgenti e la cascata (Ma padri e nonni lo sanno / in procession per arrivar alla cascata; / chi ti vede farai sognar di notte), quella emozionante del suo rigoglio (ai tuoi lati candidi vapori / van sfumandosi nell’aria), quella vitale che serve al lavoro dell’uomo e alla sua sopravvivenza biologica (tu fai produr e disseti ben noi). L’appello finale è dunque gioioso e supplichevole allo stesso tempo (non ci mancar / che sempre vita ci darai) e sembra riecheggiare una vecchia canzone di Francesco Guccini dove l’acqua si insinua in ogni ambito – ed in molteplici manifestazioni – della nostra vita riaffermando la sua centralità per la nostra stessa esistenza e per quella del mondo (E mormora e urla, sussurra, ti parla, ti schianta, / evapora in nuvole cupe rigonfie di nero / e cade e rimbalza e si muta in persona od in pianta / diventa di terra, di vento, di sangue e pensiero. / Ma a volte vorresti mangiarla o sentirtici dentro, / un sasso che l’ apre, che affonda, sparisce e non sente, / vorresti scavarla, afferrarla, lo senti che è il centro / di questo ingranaggio continuo, confuso e vivente).
l’antico orologio della Pieve Alcune fasi di recupero dell’antico orologio.
di Vittorio Janna Tavàn
Il giorno 4 dicembre, i signori Mauro Zucchet, Ivan Peruzzi e Matteo Copetti dell’Associazione Vigili del Fuoco di Pordenone, supportati da alcuni dardaghesi volenterosi, hanno provveduto a portare a terra il vecchio meccanismo dell’orologio campanario, da anni lasciato «in letargo» sulla torre dopo la sua sostituzione con l’impianto a comando elettronico. Mario Poletti, che capitanava la squadra locale costituita da Flavio Zambon, Sante Ugo Janna, Corrado Zambon e Claudio Querenghi, non ne ha mai fatto un segreto: il suo sogno è quello di poter restaurare un giorno il vecchio orologio. In lui arde la passione per questi antichi meccanismi e sarebbe bello un giorno, dopo il suo restauro, potergli trovare una degna sistemazione in una delle contrade del paese, così pure conoscere la storia del suo costruttore. Dagli antichi registri parrocchiali apprendiamo infatti solo qualche parziale notizia che rimanda all’anno 1866 quando l’allora pievano Andrea Cardazzo si recò
a Treviso «dall’artiere Ronfini» (ovvero un artigiano), per commissionargli un orologio da torre che vide poi, il 31 marzo del 1867, il suo primo «rintocco» ufficiale a Dardago, quello che consentì alla comunità paesana di udire oltre al battito delle ore e delle mezze ore anche l’armonioso suono della meridiana.
Mario Poletti «accarezza» il meccanismo illustrando ai volontari la complessità degli ingranaggi.
Venezia nelle medaglie di Giuseppe Grava Vittorio Veneto, 2013 Interessantissimo lavoro di catalogazione di 23 medaglie, a vario titolo legate alla città lagunare, opere del maestro Giuseppe Grava originario di Revine. Alla base di questo catalogo non è stato solamente il desiderio di riunire una delle sezioni, la più valida e consistente del corpus del maestro,
Venezia ‘italiana’ Personaggi e vicende in medaglia Venezia, 2013 Si tratta del catalogo della mostra delle medaglie più significative dell’epoca di Venezia ‘italiana’, realizzate per celebrare o commemorare vicende e/o personaggi della città lagunare. L’autore, il ‘nostro’ Leonardo Mezzaroba, socio dell’Ateneo Veneto e cura-
ma pure di trasmettere l’atavico legame affettivo di Grava per l’affascinante Venezia, oltre che per la propria terra d’origine e per la medaglistica, elementi fondamentali che traspaiono benissimo in questo catalogo curato da Mezzaroba. Tutto è impostato all’insegna del massimo rigore. Ciò che costituisce il punto di forza dell’opera è la moltitudine di notizie storiche, etnografiche e culturali in genere, che accompagna la trattazione delle singole medaglie, frutto di continue ricerche che richiedono passione, competenza, tenacia e… fatica.
tore del catalogo, ripercorre le vicende di Venezia tra il 1866 e il 2013, attraverso le medaglie celebrative provenienti dalla collezione di Piero Voltolino, con le ben note competenza e precisione di studioso che lo caratterizzano. Le medaglie comunicano un doppio messaggio: rappresentano un evento e trasmettono «la misura del sentimento con cui i contemporanei lo hanno vissuto, e dell’esigenza che hanno avvertito di tramandarne il ricordo fissandolo nel metallo duraturo e a volte prezioso».
Trentasette primavere & poi muori di Giorgio Zambon Giacomo, venticinque anni, si divide tra studio e lavoro per pagarsi le lezioni di pittura dal professore Luigi Milone, scorbutico docente in pensione viziato dall’alcol, un tempo noto e celebrato artista. Tra i due nasce un inaspettato, forte, rapporto di amicizia e confidenza. Milone, infatti, scorge nel ragazzo del talento e decide di metterlo alla prova. II cuore del giovane apprendista, nel frattempo, prende a sussultare per quegli occhi color indaco che appartengono a Lucrezia, la bella e malinconica figlia del suo insegnante. Sarà proprio il sentimento per la donna a spingere Giacomo ad interessarsi morbosamente alla vita di padre e figlia e a conoscere la strana famiglia Pigatti, dietro la quale si cela l’inconfessato passato del professore. Un passato che si rivelerà solo dopo un
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tragico avvenimento. Sullo sfondo di una Venezia poetica e trasognata, l’autore ci consegna un ritratto del pittore moderno, dibattuto tra la vita reale e la vocazione artistica. Una storia avvincente e profonda che si intreccia alle biografie di pittori e letterati del passato e che per questo vuole essere non solo racconto ed emozione, ma anche un sincero e sentito omaggio al mondo dell’arte. L’autore di questo avvincente racconto è Giorgio Zambon, di origini dardaghesi. Giorgio, poeta e sceneggiatore, è fondatore della rivista letteraria Apemon. Nel 2005 ha curato l’opera poetica Il ragazzo suicida & altre favole d’amore di Jack Morivélle (1980-2005). Per Edizioni Apemon ha pubblicato Incanti lunari (2011) e Odi di Ferro, Sangue, Guerra & China (2013).
[ recensioni ]
Due le recenti opere del prof. Leonardo Mezzaroba
l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari
Lasciano un grande vuoto...
Gian Pietro Mezzarobba A tutti coloro che lo conobbero e l’amarono, perché rimanga vivo il suo ricordo.
Laura Bocus Il 30 settembre, all’età di 86 anni, è mancata Laura Bocus, fedele lettrice de l’Artugna. Ora riposa nel cimitero di San Donà di Piave (Ve). La ricordano con tanto affetto Serafino Zambon con Alessandra, Francesca e Michele.
Francesco Da Ponte «Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né potenze, né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore». (RM. 8, 38-39)
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Giovannina Zambon Pinàl Il 3 settembre è mancata la nostra mamma Giovannina Zambon vedova Canuto, nata a Dardago il 2 aprile 1923. Era grande e attenta lettrice di tutte le notizie che comparivano su l’Artugna
ed attendeva con ansia l’arrivo del periodico. Ogni volta ci indicava persone e fatti che lei ricordava con tanto affetto; il pensiero del suo paese natio era sempre vivo in lei. LE FIGLIE LAURA, FRANCA E ANNA MARIA
Maria Zambon Pinàl le belle estati passate a crescere la nipotina, a ciacolar coi fratelli, le sorelle e gli amici. Ciao mamma, un bacio da Franca, Silvia e Franco.
È ormai trascorso un anno da che la cara mamma ci ha lasciato, Zambon Maria Pinal. Maria è nata a Dardago ed ha sempre amato questa terra e la sua gente; ricordiamo con tenerezza
Angela Maria [Mariangela] Bosco Un affettuoso ricordo della mamma e del suo presepe che illumina non solo la via principale di Budoia ma anche i nostri cuori. LE FIGLIE SILVANA E MONICA CON I FAMIGLIARI
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CRONACA
Cronaca
giorni consecutivi interessati dalla pioggia (260 mm) con il ripetersi del fenomeno delle «bombe d’acqua». Da noi, fortunatamente, ciò ha provocato solo il fenomeno delle montane dell’Artugna, ma in molte parti d’Italia, il maltempo ha causato alcuni morti e procurato danni ingentissimi. (fonte: www.meteomasarlada.altervista.org)
Cuanta ploia!
I nostri padri, costretti a coltivare campi sassosi e aridi, non si lamentavano mai della pioggia, anche perché, in estate, era molto scarsa e le coltivazioni pativano la siccità. Quest’anno la pioggia non è certamente mancata: anche in piena estate prati e giardini erano di un verde inusuale per in nostri paesi. Tutto il 2014 è stato caratterizzato da una elevata piovosità. Gennaio e febbraio sono stati due mesi miti e piovosi, molto di più rispetto allo scorso anno: infatti sono stati registrati 888 mm di pioggia contro i 187 dei primi due mesi del 2013. Anche il mese di luglio verrà ricordato per la piovosità. In questo periodo si sono verificate precipitazioni abbondantissime in uno spazio temporale molto limitato,
fenomeno che i media chiamano «bombe d’acqua». Nella sola giornata del 9 luglio sono stati misurati 64,2 mm di pioggia, quasi come quella caduta durante tutto il mese di luglio 2013 (66,2 mm). Se consideriamo che la precipitazione del 9 luglio è durata solo un paio d’ore, possiamo farci un’idea dell’intensità del fenomeno. Ciò ha anche provocato un brusco calo termico facendo registrare alle 19.32 la temperatura minima di tutto il mese di luglio: 11,2 °C. Solo quattro ore prima, la temperatura toccava i 25 °C. Talvolta queste precipitazioni sono state accompagnate anche da brevi grandinate. Nei mesi di agosto e settembre la situazione della piovosità è andata normalizzandosi, ma dopo un ottobre caratterizzato da poca pioggia, in novembre abbiamo assistito ad un ritorno impetuoso delle precipitazioni. Dopo i primi tre giorni, quasi estivi, abbiamo avuto 10
Una delle tante montane dell’Artugna nel mese di novembre, che sarà ricordato per la sua piovosità.
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My Budoia
È funzionante da qualche mese My Budoia, l’App Istituzionale del Comune. Si tratta di un’applicazione sviluppata poter essere utilizzata sugli smartphone, i moderni telefoni cellulari, o sui tablet. Attraverso lo strumento mobile il cittadino potrà usufruire, in qualsiasi ora del giorno e in ogni luogo, di informazioni utili sull’amministrazione comunale, sulle associazioni, sulle attività commerciali. L’amministrazione lo utilizzerà per le notizie di carattere istituzionale e quelle di interesse generale. Sarà possibile contattare tutti gli uffici comunali e, tramite una apposita sezione, il cittadino potrà inoltrare segnalazioni, anche accompagnate da fotografie, per problemi risolvibili dall’amministrazione comunale. Le varie associazioni e le realtà commerciali del Comune possono utilizzare My Budoia per far conoscere le proprie iniziative e la propria attività. L’App è scaricabile gratuitamente.
Le associazioni e le attività commerciali possono inviare il materiale da pubblicare a biblioteca@com-budoia.regione.fvg.it
Prime Comunioni per dodici bambini Domenica 1 giugno, festa dell’Ascensione dodici bambini delle nostre tre Comunità Parrocchiali hanno partecipato alla Santa Messa di Prima Comunione preparati dalla sollecitudine e dall’impegno amorevole delle due catechiste Daniela e Gianfranca. Essi sono: Sofia Andreazza, Nicole Andreazza, Martina Arcicasa, Matteo Della Putta, Nicole Fiorot, Marco Gaudenzio, Benedetta Giacomel, Angelo Jaime, Christian Madormo, Laura Rosa, Erika Zambon e Debora Zambon. La chiesa di Dardago, illuminata ed infiorata, colma come nelle grandi occasioni ha visto lo svolgersi della solenne e ordinata liturgia. I ragazzi hanno avuto dei momenti particolari: la rinnovazione delle promesse battesimali attorno al cero pasquale, la preghiera dei fedeli, la presentazione delle offerte, il canto dopo la comunione con i loro genitori, l’omaggio floreale all’altare della Madonna della Salute, il ringraziamento all’organista Fabrizio e al coro e a tutti coloro che li han-
no aiutati nella preparazione e nella celebrazione. Emozionante l’attenzione e la compostezza nel ricevere il Corpo e il Sangue di Gesù. Sono celebrazioni che lasciano il segno e che si spera non restino racchiuse nell’esperienza di un giorno magico. Un grazie a tutti coloro che hanno preparato la Chiesa e che hanno reso possibile con la loro opera lo svolgersi della celebrazione.
essere posti negli appositi contenitori della piazzola. Le novità per i residenti riguardano la raccolta differenziata. Il secco verrà raccolto con cadenza settimanale solo in estate. Negli altri periodi la raccolta avverrà ogni quindici giorni nei bidoni che saranno dotati di chip, per favorire un maggior monitoraggio sui conferimenti.
Un piccolo gesto per chi è in difficoltà Novità per le immondizie
Sono molte le novità che da gennaio 2105 interessano gli utenti della piazzola ecologica e della raccolta differenziata, sia per i residenti che per i non residenti come molti nostri lettori che periodicamente trascorrono brevi periodi nei paesi. Si può accedere alla piazzola ecologica solo con la tessera personalizzata (badge) in distribuzione presso l’Ufficio Tecnico del Comune. All’esterno della piazzola sono collocati alcuni contenitori, per la raccolta differenziata, riservati ai non residenti che, a richiesta, possono ricevere una chiave per la loro apertura. Al termine del soggiorno, i sacchetti dei rifiuti non si potranno lasciare fuori di casa, ma dovranno
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Un gruppo di volontari alla «Giornata della Coletta Alimentare» di Budoia del 29 novembre.
Ormai da 17 anni, il Banco Alimentare, nell’ultimo sabato di Novembre, organizza la Giornata Nazionale della Coletta Alimentare a favore delle strutture caritative (mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà, centri d’accoglienza, ecc.) che aiutano, in Italia, oltre 1.950.000 persone. All’ingresso dei Supermercati aderenti all’iniziativa, i volontari distribuiscono ai consumatori che entrano per fare la loro spesa, dei sacchetti vuoti con l’invito a riempirli con un elenco dei prodotti più adatti allo scopo della raccolta benefica. Anche a Budoia, da molti anni, viene organizzata questa iniziativa con la partecipazione di molti volontari.
Un’esperienza indimenticabile
Coscritti del 1963
Sabato 22 novembre, una ristretta rappresentanza dei coscritti del ’63 si è riunita per trascorrere una piacevole serata in compagnia. Un ringraziamento alla coscritta Rosanna che ci ha fatto da guida turistica per le vie di Spilimbergo, facendoci visitare la famosa ‘Scuola di mosaico’. La serata si è conclusa in allegria presso il ristorante «al Bachero».
descritte le più comuni credenze popolari spesso causa di comportamenti non corretti e di intossicazioni. Nel suo discorso di inaugurazione, il Sindaco Roberto de Marchi ha ringraziato i vari Enti che hanno reso possibile la creazione del Museo: Montagna Leader ed Ecomuseo Lis Aganis, assieme a chi ha dato l’apporto fondamentale per realizzare la mostra permanente, il Gruppo micologico sacilese e la Pro loco, che da anni collaborano assieme, oltre al Centro Caseario del Cansiglio che gestisce la ex latteria.
Museo funghi Vivaldi & friends
È stato inaugurato, in occasione della 47ª Festa dei funghi e dell’ambiente, il Museo permanente del fungo. È il terzo in Italia. Posto al primo piano della ex latteria di Budoia, il museo propone diverse teche in cui sono sistemati modelli di molti funghi, suddivisi per specie. Sono presenti ben 270 riproduzioni in resina in scala 1:1. Interessanti pannelli ne illustrano le caratteristiche: in uno vengono
7 dicembre: per festeggiare in musica il restauro dell’affresco del soffitto della chiesa, la parrocchia di Budoia ha invitato l’Insieme vocale Elastico. Con la collaborazione di affermati musicisti quali il Quartetto Pezzè di Udine, di Graziano Cester alla tromba e Stefano Maso all’organo, l’Elastico, per l’occasione in formazione maschile e femminile, ha proposto un ricco programma di musica barocca, di autori «immortali» quali Vivaldi, Händel e Mozart. Il folto pubblico ha molto apprezzato i brani proposti, applaudendo a lungo il direttore Fabrizio Fucile e tutti i protagonisti della riuscitissima serata. 34
Sabato 20 settembre, in piazza Duomo a Milano, abbiamo partecipato ad uno dei più grandi eventi musicali realizzati in Italia negli ultimi anni. Dopo il successo del 2011, 500 cantanti Gospel provenienti da tutta Italia si sono riuniti nelle schiere dell’Italian Gospel Choir diretto dal M° Alessandro Pozzetto. Ad accompagnare musicalmente la corale, l’Italian Big Orchestra diretta da Rudy Fantin e come ospite d’onore la Rev. Stefanie R. Minatee, figura di riferimento per il Gospel americano, direttrice artistica del Jubilation Choir di New York nonché compositrice di alcuni brani eseguiti durante la serata. In questo contesto, sono intervenuti un centinaio di coristi provenienti dalla «The Powerful Gospel Corale FVG», la più grande corale Gospel stabile d’Italia, diretta sempre dal M° Pozzetto, che a sua volta è formata da sette cori venetofriulani, tra i quali il St. Lucy Gospel Choir di Prata di Pordenone, del quale facciamo parte. Da diversi anni coltiviamo la passione per il canto e la partecipazione a questo avvenimento ha rappresentato per noi una tappa importante; un’esperienza caratteLaura e Denis al grande evento gospel di Milano.
rizzata da momenti di studio e condivisione con coristi provenienti da tutta Italia, dall’energia e dall’entusiasmo che la musica Gospel sa trasmettere e dall’empatia creatasi tra il coro e il pubblico che gremiva la Piazza. Di grande soddisfazione, oltre al successo dell’evento, è stata la consegna alla corale della medaglia di rappresentanza da parte del Presidente della Repubblica. Un’esperienza indimenticabile che rimarrà per sempre nei nostri cuori.
Momenti di religiosità popolare
LAURA ARDEMAGNI E DENIS DEL ZOTTO
...a Dardago
Coscritti 1949
‘L’unione fa la forza’ verrebbe da dire. Le classi del ’49 di Dardago e Budoia si sono ritrovate insieme per festeggiare simpaticamente il 65mo anno di vita. Dopo il ringraziamento nella Chiesa di Dardago, è seguito l’incontro conviviale ben organizzato a Santa Lucia. Prossimo appuntamento: dicembre 2015.
...a Budoia
Óio de ciasa nostra
Buono è buono, tradizionale è tradizionale. Ma che possa insidiare il podio nel concorso interregionale di olivocoltura indetto dalla Cooperativa Reitia di Cappella Maggiore (Tv) di fronte a più titolate aziende, sorprende lo stesso Bruno Vago che da qualche anno si dedica, per hobby, a questa particolare coltivazione nei terreni del Doneal a Budoia. Eppure è così, il 7 maggio 2014 si aggiudica il quarto posto su una selezione di una cinquantina di produttori e si fa apprezzare dalla giuria per la raffinatezza del suo olio ottenendo un punteggio di 96/100, ovvero l’eccellenza delle valutazioni dei 12 parametri di giudizio suddivisi tra sensazioni olfatti-
...a Santa Lucia Le tre comunità si sono incontrate in occasione delle feste della Madonna della Salute, dell’Immacolata e di Santa Lucia, con percorsi processionali lungo le vie dei tre paesi secondo le secolari tradizioni.
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ve, gustative e comparative gustoolfatto. Il prodotto presentato è quello dell’annata 2013 giacché quella di quest’anno è risultata particolarmente scadente, tanto nel nostro territorio, quanto in quello nazionale. La redazione de l’Artugna si congratula dunque con Bruno ed attende di confermare la qualità del suo successo con un generoso assaggio personale augurandosi, per il 2015, una produzione soddisfacente come quella di due anni fa. In via Brait, alle scuole elementari, cantiere aperto.
Ne ocór fa’ la guàita ància a le pite Che si tratti di aquile come affermano i quotidiani locali o di poiane (come l’occhio più esperto dei paesani ha potuto definire), poco importa. Sui nostri monti tornano a farci visita gli agguerriti rapaci e gli effetti non tardano: tra agosto e settembre, l’acuta vista e gli affilati artigli calano sul pollame di due nostri compaesani che hanno l’allevamento casalingo all’estremità di Dardago verso il torrente Artugna. La scena è da bollettino di guerra: Corrado Zambon Tarabìn coglie sul fatto la poiana mentre sta infierendo su una gallina e Marco Bocus Frith registra la strage di tutti i suoi pulcini.
Scóle metudhe a nóf Comincia il restauro delle ex scuole elementari di Dardago che ospiteranno quattro associazioni del nostro territorio: i donatori di sangue dell’AFDS, gli alpini dell’ANA, il Comitato Festeggiamenti di Dardago e l’associazione «Sgancio Rapido». Una sede completamente rinnovata e consolidata sia nell’aspetto e nella struttura (grazie al contributo del Comune e delle Associazioni ospiti), che nella comu-
nicazione visiva giacché saranno apposte sulla facciata principale le insegne luminose identificative. L’obiettivo è quello di rafforzare l’idea di un luogo a grande vocazione ricreativa ed aggregativa: spazio esterno nel cortile per i festeggiamenti paesani e, all’interno, opportunità di incontro tra persone, comunità ed associazioni.
BioPhotoFestival
L’Associazione BioArt visual, in collaborazione con il Comune di Budoia, la Regione FVG e altri Enti locali, ha organizzato a fine settembre a Budoia il 1° BioPhotoFestival. Il festival, pur essendo al suo esordio, ha richiamato l’interesse di molti appassionati della fotografia e della natura. Infatti il concorso BioPhotoContest2014 – «Le foreste temperate» ha richiamato un considerevole numero di partecipanti. Alla fase finale sono stati ammessi circa 80 concorrenti di una quindicina di Stati. Il primo premio è stato assegnato al belga Jonathan Lhoir con la foto «Shadow of the beast». Oltre al concorso, il BioPhotoFestival ha proposto mostre, presentazioni di volumi fotografici, conferenze, multivisioni, escursio36
ni e workshop. Complimenti agli organizzatori e auguri per la edizione 2015 «Fiumi, laghi, paludi e lagune».
Senpro tacàt a Dardac Non manca occasione di vederlo quasi ogni anno in paese d’estate, complice quell’origine dardaghese respirata dalla madre Cornelia Bastianello Fusèr. Padre Agostino Selva, nato a Venezia nel 1926 da Cornelia e Agostino (di Maniago), sin dalla gioventù, è sempre stato legato ai nostri luoghi seppur la sua missione sacerdotale lo abbia portato lontano, in quella Santa Maria delle Grazie a Milano che ospita L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci. Lontano nello spazio ma anche nel tempo perché quest’anno, il 3 aprile, festeggia il 60° anniversario di sacerdozio dopo la sua consacrazione a Bologna nello stesso giorno del 1954 (l’anno in cui, per l’Assunta, celebra anche la sua prima Messa a Dardago assieme a don Nicolò Del Toso). La redazione de l’Artugna festeggia idealmente insieme a lui questo traguardo raggiunto e gli invia i migliori auguri per molti altri anni di servizio spirituale per la sua e la nostra comunità.
Don Matteo a Santa Marta Non capita spesso, per un sacerdote, di celebrare una Santa Messa con il Papa nella cappella di Santa Marta. Don Matteo Pasut ha potuto godere di questo privilegio su invito della Segreteria Vaticana. Così, il 21 ottobre, con tanta gioia e altrettanta emozione, ha potuto partecipare alla celebrazione con alcuni sacerdoti: assistevano una trentina di fedeli. Al termine, Papa Francesco ha avuto un breve colloquio con ognuno: don Matteo ricorda che, per la grande emozione, ha parlato più col cuore che con la bocca.
grazie,
maresciallo!
Il maresciallo Claudio Zambon si è congedato dall’Arma e ha lasciato il comando della Stazione Carabinieri di Polcenigo dopo 11 anni di servizio (1 maggio 2003-30 ottobre 2014), durante la cerimonia di inaugurazione della nuova Stazione Carabinieri di Polcenigo. Durante la sobria manifestazione, partecipata da autorità regionali, provinciali, dell’Arma dei Carabinieri, in rappresentanza dei nostri Comuni i Sindaci di Polcenigo e di Budoia, Mario Della Toffola e Roberto De Marchi, hanno inteso ringraziare il Comandante della discreta ma efficace presenza nelle nostre Comunità, per il lavoro svolto con serietà, professionalità e signorilità unitamente all’amichevole vicinanza in tutte le manifestazioni e nei momenti tristi e lieti. Il Parroco di Coltura e Mezzo-
La famiglia del Comandante Claudio Zambon.
monte, Canonico Mons. Silvio Cagnin, ha benedetto il Tricolore presentato dalla Madrina signora Carmen Gallini, poi issato dallo stesso Comandante sul pennone del nuovo edificio. A suggello della stima nei suoi confronti, ampiamente riconosciuta da tutti, le Amministrazioni Comunali e i Gruppi Alpini di Budoia e Polcenigo hanno predisposto e offerto il rinfresco e un rancio tipicamente alpino, ri37
scuotendo l’apprezzamento dei vertici provinciali dell’Arma e dei numerosi intervenuti. A Claudio Zambon l’augurio di meritata quiescenza e di ogni bene unitamente alla moglie Manuela e alle figlie Sabrina e Laura. MARIO POVOLEDO
*** La Redazione ringrazia per il lavoro svolto a favore del territorio e si associa agli auguri.
Ciao a tutti! Mi chiamo Agata e sono arrivata il 2 ottobre 2014 a Milano. Sono figlia di Chiara Nascimbene e Andrea Poggesi e i miei nonni materni si chiamano Giorgio Nascimbene e Angela Capobianco. Sono la pronipote di Antonia Carlon e stare a Budoia mi piace da matti!
Elisa e Michele Berton sono felici di presentare il loro bimbo Vittorio alla comunità dardaghese.
inno alla vita Milano, il 12 agosto 2014 è nato Roberto Zambon di Claudio Pinàl e Florence Casarin.
Paolo Signora si è laureato brillantemente alla Griffith University Brisbane (Australia) in «Criminologia e della Giustizia Penale», il 31 luglio di quest’anno. Congratulazioni dalla Redazione.
Ciao, mi chiamo Federico Feller e sono nato il 2 agosto 2014. Vivo a Besenello, un ridente paesino vicino a Trento, insieme a mamma Serena e papà Claudio. Insieme ai nonni materni Alves Bastianello Thisa e Tino Chiesa auguro un sereno Natale e un felice 2015 a tutti i miei parenti dardaghesi e ai lettori de l’Artugna.
Dalla capitale, Luisella Iaboni e Alessandro Fort annunciano con gioia il recente arrivo della loro Arianna, nata il 17 settembre 2014, terza nipotina dei nonni Graziella Angelin Pelàt e Roberto Fort Nart.
Da Novate Milanese ci giunge notizia del matrimonio di Vincenzo Carlon, figlio di Angelo Michele Ros e di Anna Piazolla, con Noemi La Manna. Auguri vivissimi!
Edoardo Calderan Milanes e Elena Villa durante il loro matrimonio celebrato il 24 maggio nel palazzo del Senato a Siracusa.
Domenico Del Maschio Besut ha festeggiato con i suoi famigliari 91 anni. È ritratto con la sorella Argia e le figlie Elda e Annamaria.
A Dardago, sabato 8 novembre, abbiamo festeggiato il 90° compleanno della nostra mamma Bruna Zambon Colùs. Le abbiamo organizzato, con familiari e parenti, una festa a sua insaputa, iniziando con la Santa Messa, molto ben celebrata da don Maurizio anche con una personale omelia ed accompagnata dall’organo del Maestro Fabrizio. Poi foto di gruppo ai piedi dell’altare e quindi tutti a pranzo «Al Ciastelàt», dove con piatti gustosi, serviti con cortesia e la torta, abbiamo concluso la festa. La Bruna, incredula «no sai nencia mi come che soi rivatha fin cà», ringrazia tutti per la numerosa partecipazione, perché le vogliono bene e per la bella festa: «ancia massa...». Maria e Gabriella Carlon
Il 7 novembre, Mirella Dorigo e Tommaso Andreazza hanno festeggiato il loro cinquantesimo anniversario di matrimonio con alcuni famigliari, in attesa di ripetere la festa in modo solenne la prossima estate con l’amata figlia Angela, il genero e gli adorati nipotini che giungeranno dagli Stati Uniti.
Il 24 ottobre, a Gorgonzola (Mi) Gianni Bocus e Rosa Fumagalli hanno festeggiato il loro 50° anniversario di matrimonio. Auguri dalla Redazione ai nostri fedelissimi lettori.
Il 10 agosto 1964 in una calda e assolata giornata estiva, un giovane milanese con tutta la famiglia al seguito raggiungeva Budoia per sposare una delle figlie più ambite del compianto Piero Da Ros di Santa Lucia. Più precisamente il milanese Emo Zambetti convolava a giuste nozze con Giuseppina Da Ros, figlia emigrata a Milano per motivi lavorativi. Dopo cinquant’anni di vita trascorsi nella metropoli lombarda in quel di Precotto, fiore all’occhiello meneghino, l’evento veniva giustamente ricordato. E quale modo migliore di festeggiare l’evento che ritrovarsi nello stesso giorno di quest’anno, sulle rive assolate del lago Maggiore nei pressi di Verbania dove i coniugi Zambetti, attorniati da parenti e amici hanno rinnovato la loro promessa e contemplato i frutti del loro operato. Che cosa c’è di più bello quindi che ritrovarsi dopo dieci lustri prima in chiesa con una semplice quanto partecipata Messa e poi al tavolo per un brindisi con i figli Monica e Luca, sposati rispettivamente con Gianni e Paola, e i cinque affettuosissimi nipoti, Gabriele, Stefano, Dario, Marta e Margherita, nonché dai più stretti e fedeli amici di sempre? Ecco quindi che complice il cielo blu, la calda giornata estiva, il suggestivo paesaggio lacustre, l’affetto dei presenti, grande è stata la soddisfazione di onorare e festeggiare l’amore di una famiglia unita. Soprattutto dopo cinquant’anni e per altri cinquant’anni insieme! Auguri.
Lorenzo Marielli, il giorno del suo battesimo. La chiesa di Budoia è molto importante per Lorenzo, perché lì si sono sposati i suoi genitori, Tatiana Cinquemani e Gino, lì è stata battezzata anche sua nonna materna, Raffaella Del Maschio, e naturalmente i bisnonni e tutti i suoi avi. Alla cerimonia, oltre a nonni, zii, prozii, cugini e cugine, c’erano anche le due bisnonne materne di 87 e di 92 anni. I suoi parenti sono arrivati per l’occasione da Fontanafredda, Porcia, Pordenone, Udine, Genova e Monaco di Baviera. Infine la festa si è conclusa alla «Vecia Osteria all’Oca Ubriaca» da Pierpaolo Chiaranda che, con Maddalena Corona, è stato il padrino.
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Auguri dalla Redazione!
I ne à scrit... l’Artugna · Via della Chiesa, 1 33070 Dardago (Pn) •
direzione.artugna@gmail.com
San Carlos, 30 ottobre 2014
Carissimi amici de l’Artugna, congratulazioni per la rivista, per il contenuto e per l’anima di vita creativa che mostra tra le pagine. Grazie per ricordare noi poveri missionari «sperduti» in questo lembo caldissimo di terra boliviana. Noi qui abbiamo passato 3 giorni (17,18 e 19 ottobre) di festa grande per i 40 anni di presenza missionaria salesiana in San Carlos. Erano presenti i 3 fondatori: Mons. Tito, P. Libralon e il salesiano Severino: 40 anni fa hanno piantato un… ramoscello ora è un albero grande e frondoso. Una vera benedizione di Dio. In questa esperienza missionaria, Dio, per la Sua bontà infinita, mi ha chiamato. Lasciai la Parrocchia Don Bosco di Pordenone. Venni con fiducia nella Provvidenza e con un rametto d’incoscienza. Non potevo immaginare la responsabilità di questa nuova missione e di un regalo tanto grande. Mi sono messo con semplicità ed entusiasmo, sicuro che l’iniziativa era Sua. Quante volte mi sentii come... spinto... a rimboccare le maniche per servire i fratelli che vivevano e vivono in situazione di povertà a volte scandalosa. In questo contesto son maturate tante iniziative, quasi spinte dalla Provvidenza. Ne ricordo alcune...
Il Comedor. Ogni giorno 60 persone e più trovano un pranzo caldo e abbondante, altri poveri occasionali e qualche giovane del piccolo carcere vicino che vengono da lontano. L’Ospizio per anziani. Carol Callisaya Quea.
Kevin Rojas Miranda.
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Ben 18 persone senza tetto e senza fissa dimora hanno un posto per vivere in famiglia sotto lo sguardo amoroso di una famiglia che li segue. Il Centro delle salesiane Oblate, punto di riferimento sicuro per tanti piccoli e famiglie. E poi i pozzi
acqua limpida, la Casa Don Bosco, l’emittente radio TV. L’Urbanizzazione Don Bosco. Quest’ultimo progetto è nato negli anni in cui fui direttore e parroco in San Carlos. Era difficile avere educatori e animatori pastorali stabili. Nacque un progetto per far fronte al problema. La comunità salesiana offrì un buon pezzo di terreno a un prezzo stracciato. Ci mettemmo a mendicare... Molti gruppi si sono mossi in aiuto molto presto. Attualmente sono state costruite 12 case per le prime famiglie in lista. Con il vostro Centro Missionario Diocesano abbiamo costruito la seconda casa per la giovane sposa e madre Maricela Mercado che fu inaugurata nel 2003. Mancano 5 case per terminare il mini progetto. Al centro c’è lo spazio per un campetto di calcio, per l’allegria dei piccoli. Le 5 famiglie sono in... coda... pazienti, aspettando la buona ora. Ci stiamo incamminando verso l’Avvento 2014. Auguro a tutti i collaboratori del centro e benefattori un cammino di vera pace e benedizione di Dio verso un Natale felice. Con una preghiera e la benedizione di Dio. Grazie. Mandi
stro San Luigi possiamo dire: «Questi bambini sono la nostra allegria». Questo ricompensa tutti i sacrifici e le sofferenze che si vivono nel tempo. Anche voi potete sentirvi partecipi Ximena Bustamante Saazedra.
Ana Rocio Colgue Coca.
PADRE ARTURO
Carissimi amici, un gran saluto dalla Bolivia e precisamente da San Carlos, dove la nostra missione particolare è seguire i bambini del «Centro nutrizionale del bambino denutrito P. Luigi. È un’allegria grandissima quando si vede un bambino già grande, che non poteva camminare per la denutrizione, cominciare a fare i primi passi da solo. Per questo anche noi, come il no42
di questa allegria perché in un angolino del mondo che è San Carlos avete dato «nuova vita» con la Vostra solidarietà. SUOR CLARA, AGUEDA E SABINA
Carissimi, cosa possiamo raccontarvi quest’anno? A Cochabamba siamo sempre più riconoscenti per quanto fate per noi: ci rendiamo conto sempre di più che se mancasse il vostro aiuto, non riusciremmo a fare quello che ora facciamo. Grazie infinite. Rimaniamo uniti! Buon natale a tutti voi e grazie per la vostra vicinanza e solidarietà. LE SUORE E LE FAMIGLIE DEI BAMBINI
Carissimi, quanto bene avete fatto e quanto ne farete ancora in quel «lembo caldissimo di terra boliviana» a favore dei nostri fratelli più sfortunati! Vi siamo vicini e vi ringraziamo. Ci viene in mente il brano di Matteo» In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». (Mt 25,40)
Centrati molto bene anche i commenti sul «dito» del Santo, da diverse angolazioni: storico, artistico e spiritual-religioso. Mi permetto un pensiero sul san Tomè che dantescamente irrompe e giganteggia sulla prima pagina. Pur nella sua fissità materiale: quel volto e quello sguardo che interroga imperioso chi lo avvicina, e quel dito michelangiolesco-caravaggesco: qui tutta la forza, la domanda e il dubbio di ciascuno di noi, nessuno escluso (oh cosa perde l’ateo... se esiste!) per una vera nascita-rinascita e risorgenza spirituale dell’uomo! Bravo, caro Giorgio, bravissimo: lo sei sempre stato nel tuo plasmare le difficoltà e la ricerca che ci fa «poveri in Cristo»! Un pressante invito anche, il tuo, specialmente all’uomo d’oggi che corre, corre e non ha tempo: per riflettere, per capire, per vivere. Rèspice viator: stat crux, dum volvitur orbis. E con i due san Martino (scultura e dipinto) il messaggio è completo. Un «bravo» ancora a tutti, con le scuse per il mio lungo pensiero. Cordialmente SERGIO GENTILINI
Egregio sig. Gentilini, siamo contenti che ci segua così attentamente. Troppi complimenti! Anche se, ovviamente ci fanno piacere. Non pensavamo di essere capaci di arrivare… al cuore! Grazie.
Ambilly, 20 settembre 2014
Buongiorno, sono Albert, figlio di Guerrino Santin Tessèr e di Irene Bocus Frith. Il papà e la mamma non ci sono più, però, io e mio fratello riceviamo ancora con tanto piacere il vostro periodico: grazie. Per favore non smettete. Mi piacerebbe anche ricevere il dizionario «Comót» di Flavio Zambon. Grazie a tutta la redazione. ALBERT SANTIN
Caro Albert, di sicuro non smettiamo e continueremo di inviarti l’Artugna. È un grande piacere sapere che anche se i vostri genitori dardaghesi non ci sono più, voi siete ancora legati al loro paese natio! Ti abbiamo spedito il dizionario. Speriamo che sia di tuo gradimento.
Roveredo in Piano, 15 settembre 2014
[...dai conti correnti ]
Spettabile Redazione, un sincero complimento e in vivo apprezzamento per il vostro sempre stupendo Periodico per la cura, la scelta degli interventi e delle molteplici notizie che non solo interessano il lettore residente e l’emigrante «lontano» ma anche chi è solo «curioso» lettore delle varie riviste e periodici parrocchiali al fine di una visione globale di come si scrive e si vive nelle nostre realtà. Quanto mai vario nelle notizie e nei ricordi come ad esempio «te te pènseto?!...» e le diverse rubriche, che chi cura e redige il Periodico par proprio che non dimentichi nessuno, e arriva... al cuore. Bravi e bravi! E poi la copertina con il Santo, dello scultore Giorgio Igne, amici da ormai vecchia data, senza nulla togliere agli artisti Elio Silvestri e Renato Tarabin, anzi!
In memoria di Vittoria Zambon, Riccardo Angelin e figli. MARIA TERESA ANGELIN – TOLMEZZO
Per l’Artugna che ricevo e leggo sempre con piacere. Grazie. VERENA ZAMBON – TORINO
A l’Artugna, la famiglia Giuseppe Signora in occasione della laurea del figlio Paolo. Sempre vicini a l’Artugna. DOMENICO E AGNESE DIANA
Grazie a l’Artugna! MARIA CARLON ROS
Ringraziandovi di cuore per avere pubblicato con tanta attenzione la mia lettera su Pasqualino Canta. PASQUITA MAIORANO ZAMBON SARONNO
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Punture di spillo
a cura di Sante Ugo Janna
[AFORISMI – MALDICENZE – PROVERBI – FREDDURE]
Questa volta le «Punture di spillo» sono tutte dedicate al VINO.
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… Piantare una vigna è come fare un matrimonio con la terra, è gesto di grande speranza, che non a caso la Bibbia pone come il primo gesto compiuto da Noè dopo il diluvio. Significa stipulare un’alleanza con un pezzo di terra, affermare che lì, in quel posto preciso, si vuole dimorare, che ci si prende il tempo di attendere lì e non altrove i frutti del proprio lavoro: coltura e cultura «radicalmente» diversa da quella nomadica è quella della vigna, una sorta di patto nuziale tra l’uomo e la natura senza il quale non può nascere la «civiltà»… sì, il vino: è lui, non l’uva, il vero «frutto» della vigna. E come la vigna è ricco di doni concreti e, al contempo, denso di rimandi simbolici. Da sempre, «dai tempi di Noè» appunto, accanto al pane del bisogno, al pane che sfama, al pane quotidiano necessario per vivere, l’uomo ha avuto il vino della gratuità e della festa: una bevanda non necessaria alla sopravvivenza, ma preziosa per la consolazione, la gioia condivisa, l’amicizia ritrovata…
DA «IL PANE DI IERI» DI ENZO BIANCHI
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’
… bere vino richiede che uno abbia voglia di aiutare la vita, che accetti le vicissitudini della vita, che aspiri a dare sapore ai suoi giorni, che aneli a «celebrare» ciò che gli dà gioia: l’amore, l’amicizia, l’incontro, un evento insperato o a lungo atteso e desiderato. Bere vino richiede che uno, nella consapevolezza della morte ineluttabile, voglia dire sì, amen alla vita.
’
Per conoscere un individuo (ed un insieme di individui forma un popolo) non c’è niente di meglio che analizzarlo (psicanalizzarlo?) attraverso le espressioni verbali usate nei confronti di questa bevanda particolare, che fa parte integrante della vita di tutti i giorni. Facendo mente locale sul soggetto (vino) e su come e quanto viene detto su di esso nelle regioni italiane, si possono notare alcune peculiarità: la parsimonia, la prudenza, l’amabilità, la millanteria, la sguaiataggine, l’umanità tollerante, la superstizione, le credenze popolari; comunque ecco alcuni detti/proverbi regionali ed alcuni aforismi di personaggi della cultura mondiale.
leto (quando tutti ti dicono ubriaco, vai a letto). Dio te vardi da un magnador che no beve (Dio ti guardi da un mangiatore che non beve). LAZIO Vale più un bicchiere de Frascati, che tutta l’acqua der Tevere. LOMBARDIA Pan, vin e gnocca, e s’el voeur fiucà, ch’el fioca (pane vino e donna e se vuole nevicare che nevichi) El vin l’è la teta di vecc (il vino è la tetta dei vecchi). MARCHE Le bott del vin bon e i omm brevi fnischn prest (le botti del vino buono e gli uomini bravi finiscono presto). PUGLIE
FRIULI VENEZIA GIULIA Pitost che spandi une gote a le mior bevi une bote (piuttosto che spandere una goccia è meglio berne una botte). VENETO
Face chiù meracule na votte de vine ca na chiese de sante (fa più miracoli una botte di vino che una chiesa di santi). TOSCANA
Quando tuti te dise imbriago, va in
Chi beve vino prima della minestra saluta il medico dalla finestra.
I veri intenditori non bevono vino. Degustano segreti.
Il vino è il più certo e (senza paragone) il più efficace consolatore.
[Salvador Dalì ] 1
[Giacomo Leopardi]5
Grande è la fortuna di colui che possiede una buona bottiglia, un buon libro, un buon amico.
Il vino aggiunge un sorriso all’amicizia e una scintilla all’amore.
[Molière] 2
Amo sulla tavola, quando si conversa, la luce di una bottiglia di intelligente vino.
La felicità, come il vino pregiato, deve essere assaporata sorso a sorso. [Ludwig Feuerbach]3
DA «OGNI COSA ALLA SUA STAGIONE»
Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo.
DI ENZO BIANCHI
[Ernest Hemingway]4
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[Edmondo De Amicis]6
(Pablo Neruda)7
La vita è troppo breve per bere vini mediocri. (Johann Wolfgang von Goethe)8
L’uomo è come il vino: non tutti i vini invecchiando migliorano; alcuni inacidiscono. [Eugenio Montale]9
A ben riflettere, si può bere il vino per cinque motivi: primo per far festa, poi per colmare la sete, poi per evitare di avere sete dopo, poi per fare onore al buon vino e, infine, per ogni motivo. [Friedrich Ruckert]10
I ricordi sono come il vino che decanta dentro la bottiglia: rimangono limpidi e il torbido resta sul fondo. Non bisogna agitarla, la bottiglia. [Mario Rigoni Stern]11
L’amore inespresso è come il vino tenuto nella bottiglia: non placa la sete.
Collis Chorus Il concerto di Santo Stefano La sua storia ed i suoi riconoscimenti non lasciano dubbi sul prestigio della sua esecuzione. Così come la tradizione «itinerante» del giorno di Santo Stefano in uno dei tre paesi del nostro Comune è rispettata anche quest’anno con una scaletta d’eccezione. Il Collis Chorus di Santa Lucia di Budoia da più di 30 anni coinvolge appassionati di canto dalle province di Pordenone, Treviso e Venezia ed abbraccia repertori musicali di diverso genere: dalla polifonia sacra a quella profana, dai musical ai recital monografici, dagli autori classici a quelli più contemporanei. Ma è la matrice gospel e spiritual quella che lo ha reso celebre ed apprezzato fin dalla sua costituzione tanto da garantirgli successi ad ogni evento canoro e collaborazioni artistiche di prim’ordine. Da quasi vent’anni organizza infine nel Comune di Budoia la rassegna «Colori della Speranza», ospitando gruppi e solisti di fama nazionale ed internazionale.
[George Herbert]12
13. Lodato sii, mio Signore / per nostro fratello il vino / il quale rallegra il cuore / ed è simbolo dell’amore. [Enzo Bianchi]13
1] Dalì Salvador (1904-1989) pittore spagnolo, protagonista del surrealismo. 2] Moliere, pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin (Parigi 1622-1673) commediografo ed attore francese. Molière è il creatore della moderna commedia di carattere e di costume. Tra i suoi capolavori: L’avaro (1668), Il malato immaginario (1673). 3] Feuerbach Ludwig (1804-1872) filosofo tedesco, principale esponente della sinistra hegeliana, ne «Essenza del cristianesimo» (1841) sostiene: in Dio l’uomo non fa che conoscere la propria essenza, che è ragione amore e volontà. 4] Hemingway Ernest (1899-1961) narratore statunitense, premio Nobel 1954, morì suicida, intese sostanzialmente la letteratura come specchio della propria vita. 5] Leopardi Giacomo (Recanati 1798-Napoli 1837) poeta fra i maggiori dell’800 europeo. 6] De Amicis Edmondo (Oneglia 1846-Bordighera 1908) scrittore e giornalista, autore di «Cuore» (1886) libro per ragazzi di ispirazione patriottica e sentimentale. 7] Neruda Pablo, pseudonimo di Neftalì Ricardo Reyes Basoalto (1904-1973) poeta cileno, Nobel 1971. 8] Goethe Johann Wolfgang (Francoforte sul Meno 1749-Weimar 1832) scrittore tedesco, di famiglia agiata, studiò giurisprudenza a Lipsia e Strasburgo, dove conobbe Herder. 9] Montale Eugenio (Genova 1896-Milano 1981) poeta, Nobel 1975, senatore a vita dal 1967. 10] Ruckert Friedrich (1788-1866) poeta e orientalista tedesco si ispirò alle letterature ed alle forme metriche dell’Oriente. 11] Rigoni Stern Mario (Asiago 1921-Asiago 2008) narratore, si rivelò con «Il Sergente nella neve» (1953). 12] Herbert George (1593-1633) poeta inglese, seguace di J. Donne, scrisse liriche religiose di complessa elaborazione, «Il tempio» (1633). 13] Bianchi Enzo (Castel Boglione (AT) 1943) priore e fondatore nel 1965 della comunità monastica di Bose (Biella).
Collis Chorus presenta
Jazz
Christmas... Direttore Roberto De Luca
Percussioni Loris Veronesi
Pianoforte Denis Feletto
Contrabbasso Michele Gava
venerdì 26 dicembre 2014 · ore 17.00 Budoia Chiesa Parrocchiale «Sant’Andrea» INGRESSO LIBERO
Dove eravamo rimasti? A Natale ritornano...
i madhi Per sostenere le spese delle pulizie straordinarie della chiesa di Dardago
Per fare un albero, ci vuole il seme... si cantava in una vecchia canzone, ma per fare un madho, oltre all’albero e al seme, servono anche creatività, abilità e costanza. Quella costanza che negli ultimi anni è venuta meno per ragioni di praticità e logistica all’interno della chiesa, interrompendo parzialmente e temporaneamente, un’antica tradizione dardaghese, quella di impreziosire un alberello natalizio con addobbi di umile quotidianità (un tempo prevalentemente frutta e nastrini colorati), per poi esporli nella navata centrale di Santa Maria Maggiore dalla vigilia di Natale fino al 6 gennaio. Una consuetudine ripristinata da una decina d’anni, che coinvolgeva e coinvolge nuovamente quest’anno le famiglie delle dieci contrade della pieve, ognuna impegnata a personalizzare e reinterpretare con fantasia il suo madho di rappresentanza e a prodigarsi nel rendere ancor più solidale il Natale e lo spirito comunitario.
Ogni anno infatti, in occasione dell’esposizione dei madhi in Chiesa, sono raccolte le offerte delle contrade da devolvere a sostegno dei lavori della parrocchia e a beneficio dell’intera collettività.
Il contributo, che sarà raccolto in questo Natale, sarà destinato a sostenere le spese per le pulizie straordinarie della chiesa, per ridare così splendore alle strutture, agli arredi ed alle attrezzature.
bilancio Situazione economica del periodico l’Artugna Periodico n. 132
entrate
Costo per la realizzazione
uscite 4.600,00
Spedizioni e varie
276,00
Entrate dal 16.07.2014 al 13.12.2014
4.904,00
Totale
4.904,00 46
4.876.00
–
21.30
–
24.00
22.00
22.00
GIOVEDÌ 25 DICEMBRE 2014 SANTO NATALE • Santa Messa solenne • Santa Messa vespertina
11.00 –
10.30 18.00
10.00 –
VENERDÌ 26 DICEMBRE 2014 SANTO STEFANO • Santa Messa • Concerto Collis Chorus
11.00 –
10.00 17.00
10.00 –
DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 SANTA FAMIGLIA • Santa Messa • Santa Messa vespertina
11.00 –
10.00 18.00
10.00 –
MERCOLEDÌ 31 DICEMBRE 2014 • Santa Messa e canto del Te Deum
18.00
17.00
17.00
11.00
10.00
11.00 –
10.00 18.00
10.00 –
18.00
17.00
16.00
GIOVEDÌ 1° GENNAIO 2015 SANTA MADRE DI DIO GIORNATA MONDIALE DELLA PACE • Santa Messa solenne 18.00 e canto del Veni Creator DOMENICA 4 GENNAIO 2015 • Santa Messa • Santa Messa vespertina LUNEDÌ 5 GENNAIO 2015 VIGILIA DELL’EPIFANIA • Santa Messa e benedizione acqua, sale e frutta
Nelle rispettive comunità la tradizionale accensione del panevin MARTEDÌ 6 GENNAIO 2015 EPIFANIA DEL SIGNORE • Santa Messa solenne • Benedizione dei bambini, • Santa Messa vespertina
11.00 – –
10.00 15.00 18.00
10.00 – –
CONFESSIONI Dardago Budoia
mercoledì 24 mercoledì 24
Auguri B Ó N
N A D H À L
dalle 15.00 alle 17.00 dalle 15.00 alle 17.00
programma religioso natalizio
nt a Lu cia
Sa
Bu do ia
Da rd ag o
MERCOLEDÌ 24 DICEMBRE 2014 VIGILIA DEL SANTO NATALE • Rappresentazione presepio vivente sul sagrato • Santa Messa in nocte
Digitale gialla Digitalis ambigua ❖ All’interno della corolla del grande fiore giallo della Digitalis ambigua (Scrophulariaceae) l’obiettivo ha colto anche una piccola ape selvatica bottinatrice nel suo quotidiano ed instancabile lavoro. Sui femori posteriori dell’ape è visibile il polline già raccolto. La foto è stata scattata nella zona della Val Granda. Foto di Osvaldo Puppin