Cent'anni dalla Grande Guerra (6)

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I FUCIL ATI DAL FUOCO AMICO

Vittime di una disumanità

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Un capitolo di storia volutamente dimenticato per quasi un centinaio d’anni, che va incluso a pieno titolo nella ricorrenza del centenario della Grande Guerra: la fucilazione di soldati italiani ‘dimenticati’. Furono oltre millecento i militari non considerati degni di essere ricordati: si tratta di soldati ritenuti disertori o sovversivi, che furono condannati, dopo un sommario processo, e fucilati dagli stessi soldati ‘fratelli’. Per inquadrare l’argomento occorre rileggere le numerose e sprezzanti circolari del generale Luigi Cadorna: «Il superiore ha il sacro potere di passare immediatamente per le armi i recalcitranti e i vigliacchi». «Non vi è altro mezzo idoneo per reprimere reati collettivi che quello di fucilare immediatamente i maggiori colpevoli, e allorché accertamento identità personale dei responsabili non è possibile, rimane ai comandanti il diritto e il dovere di estrarre a sorte tra gli indiziati e di punirli con la pena di morte». «La lettura delle numerose circolari di Cadorna sulla disciplina è mortificante, così come l’elenco dei provvedimenti che prescriveva in termini ultimativi: azione immediata ed esemplare di tribunali regolari e straordinari; decimazione di 6°

reparti; abbattimento di vili per mano degli ufficiali, insomma fucilazioni e galera. Da rilevare la sua convinzione assoluta che fosse il disfattismo del Paese a inquinare le truppe: un modo per evitare di mettere in discussione le condizioni reali dei combattenti e la sua azione di comando. Né si può dimenticare il disinteresse di Cadorna per la vita dei soldati (vitto, alloggiamenti, turni di riposo, licenze)» (da La Grande Guerra di Mario Isnenghi e Giorgio Rochat). Le condanne a morte, stabilite dai tribunali militari, sarebbero oltre 4000, di cui 750 eseguite al termine di un regolare processo e altre 50 a conclusione del conflitto; a queste cifre andrebbero aggiunte circa 350 decimazioni e fucilazioni, eseguite direttamente dai superiori, e un numero imprecisato di soldati uccisi durante i combattimenti dal ‘fuoco amico’ per impedire l’arretramento dalle posizioni loro assegnate. La reale renitenza era attorno al 2%. Le fucilazioni nella Grande Guerra non erano una peculiarità italiana, ma una pratica aberrante diffusa anche negli eserciti degli altri paesi; soltanto la giustizia militare italiana colpì, però, in prevalenza i soldati e non i civili come negli altri stati. Fino ad alcuni anni fa si credeva nell’esistenza di soldati codardi, ma, esaminando i vari casi si sco-

Uno degli aspetti più tragici e crudeli furono le condanne a morte a carico dei soldati .

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