Cent'anni dalla Grande Guerra (9)

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Il centro di Santa Lucia nel 1918, durante l’occupazione nemica. Cartolina d’epoca (Archivio storico Giovanni Bufalo).

L’A N N O D E L L’ I N VA S I O N E

1917-1918, l’occupazione nemica

[CONTINUAZIONE]

La truppa nemica non depredava solo le botteghe ma devastava le abitazioni, bruciava gli infissi di legno per scaldarsi, depredava quel poco di valore che la gente conservava amorevolmente; affamata, svaligiava le dispense e sottraeva gli animali domestici dalle stalle e dai cortili, si ubriacava e molestava le donne (cfr. testimonianza di Marianna Carlon, p. 39). Il comando militare, invece, requisiva oggetti di rame e di bronzo, cosicché divennero preziosi secchi e campane che la popolazione, convinta di poterli custodire, cercava di nascondere in posti insoliti, escogitando persino di sotterrarli. A Budoia, è ancora nel ricordo di alcune nipoti che il loro nonno sotterrò dei bei secchi ottocenteschi di rame nell’orto, credendolo un nascondiglio sicuro, ma a fine conflitto l’uomo li cercò a lungo inutilmente. Durante l’operazione qualcuno lo aveva spiato. Fu il nemico o qualche vicino di casa? Rimase il dubbio. Un ordine emanato il 23 gennaio dal Feldmaresciallo Boroevic von Bojna, prevedeva la requisizione delle campane. Il curato di Budoia, don Giovanni Manfè, così annotava come pro memoria: Il giorno 26 (ventisei) Gennaio 1918 (millenoventodiciotto) durante l’invasione Austro-Tedesca-Bulgara-Turca, per ordine del Comando Militare Germanico furono portate via due nostre campane, la mezzana con l’iscrizione «Fonderia Fratelli De Poli Ceneda anno 1868» e con l’effigie della Madonna; la piccola con la scritta «A fulgure et tempestate, libera 9°

nos, Domine» con l’effigie del Cristo. Anno 1868. Lo stesso giorno, anche a Dardago, come ricorda don Romano nel suo diario, iniziarono i lavori per levare le due campane inferiori. Si requisivano le chiese anche per la celebrazione di riti non cattolici. Successe a Budoia. Così registrava sempre don Manfè: Il giorno 4 (quattro) del Febbraio 1918 (millenovecentodiciotto) un pastore protestante tenne adunanza con relative cerimonie nella nostra Chiesa. La sera stessa la Chiesa fu riconciliata da Don Romano. Il pievano annotava che nei primi giorni di febbraio i soldati bosniaci sostituirono gli austriaci e rimasero in paese fino ai primi di aprile. Nei tre mesi di permanenza un sacerdote bosniaco, cattolico, celebrava e predicava per i soldati. Il primo febbraio, venerdì, don Romano scrisse: «Questa mattina passaggio di S.M. l’Imperator d’Austria Carlo I per Budoia». Il giovane Carlo d’Asburgo, divenne imperatore, nel bel mezzo della guerra, alla morte del vecchio Francesco Giuseppe. Durante il conflitto fece molte visite alle truppe al fronte ed, evidentemente, dirigendosi verso il Piave (o al ritorno), passò per i nostri paesi. «Il 17 gennaio 1918. Il rombo del cannone pare voglia far crollare le case. Passano di continuo aeroplani nemici e truppe tedesche» – annotava nel suo diario la maestra Caterina Nordari, insegnante nella scuola di San Giovanni di Polcenigo, nel «Corriere delle Maestre» dell’anno 1919. «Si è spettatori ogni giorno di scene che contristano e che accen-

la cronologia 1917 Inverno 1917-1918 La sconfitta di Caporetto portò alla sostituzione del generale Luigi Cadorna (che cercò di nascondere i suoi gravi errori tattici imputando le responsabilità alla presunta viltà di alcuni reparti) con Armando Diaz, nel comando supremo dell’esercito italiano. Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva prima battaglia del Piave, riuscendo a difendere a oltranza la nuova linea difensiva su cui aveva fatto ripiegare Cadorna. 14 gennaio A Trieste scoppia un clamoroso sciopero negli stabilimenti industriali che si estende anche all’arsenale di Pola. Il 1° febbraio, a Cattaro si verifica una sommossa: la bandiera rossa sventola a fianco di quella dell’Impero. L’ordine viene ristabilito in pochi giorni. 10 febbraio Nella notte tre Mas entrano nella baia di Buccari: uno dei due siluri lanciati esplode. D’Annunzio si trovava in uno dei Mas e prima di allontanarsi getta a mare tre bottiglie con messaggi di scherno per la flotta nemica. Il gesto passa alla storia come la «beffa di Buccari». 3 marzo L’offensiva tedesca ottiene scarsi successi in Francia e in Italia. Sulla Marna le truppe tedesche usano un potente cannone, la Bertha, capace di colpire a 120 km di distanza.

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