l'Artugna 105_ 2005

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Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

Anno XXXIV · Agosto 2005 · Numero 105

Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia

Gli evangelisti del Buzzi Alpino Paolo, presente! Alla casa del Padre Dardago su internet


di Roberto Zambon

[ l’editoriale ]

Quando nel lontano 1978, sul numero 27 de l’Artugna scrivemmo che ben tre papi – Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II – si erano succeduti al Soglio di Pietro tra le due uscite del nostro periodico, non immaginavamo che il nuovo Papa avrebbe retto la Chiesa cattolica per un così lungo periodo e soprattutto che sarebbe diventato quel grande pontefice che abbiamo conosciuto.

Non abbiate paura! In tutti questi anni Giovanni Paolo II ha stupito il mondo e ha contribuito notevolmente a ridisegnarne il quadro sociopolitico di questo scorcio di fine millennio. L’abbiamo conosciuto come un papa giovane, pieno di forza, di vitalità, capace di richiamare folle di fedeli acclamanti in tutti i paesi che lo hanno visto pellegrino; l’abbiamo conosciuto come un papa ferito, ammalato, vecchio ma sempre pronto ad alzare la sua voce contro ogni ingiustizia e contro tutte le guerre; lo abbiamo conosciuto infermo, addolorato per non poter partecipare alla Via Crucis del Venerdì Santo, per non poter far sentire la sua voce ai giovani che lo acclamavano da Piazza San Pietro. Alla sua morte, molte centinaia di migliaia di pellegrini di tutto il mondo invasero Roma; tutti i potenti del mondo erano furono presenti alle sue esequie. In questo scenario, parve naturale definirlo «Magno» e i fedeli ne richiesero a gran voce una pronta santificazione. Non era certo facile trovare un successore a Giovanni Paolo II. L’attesa è stata breve. La fumata bianca e il suono delle campane di san Pietro sono giunti dopo

solo 24 ore di Conclave, al quarto scrutinio. Joseph Ratzinger, 78 anni, il cardinale che nelle ultime settimane ha presieduto le più importanti funzioni religiose, a causa dell’infermità di Papa Wojtyla, si presenta ai fedeli di Roma e del mondo con il nome del patrono d’Europa. Fin dai primi discorsi di Benedetto XVI appare chiaro che, seppure con le naturali ed ovvie differenze dovute alle specifiche

personalità, il nuovo pontificato inizia nel solco della continuità con l’opera del suo predecessore, del quale era uno dei più stretti collaboratori. Non abbiate paura! Esortava più volte papa Giovanni Paolo II. Non abbiate paura! Continua ad esortare papa Benedetto XVI. È molto significativo il brano che riportiamo che è parte dell’omelia pronunciata del nuovo [continua a pagina 14]

la lettera del Piazza San Pietro, la sera del 2 aprile 2005, già Festa della Divina Misericordia, alle ore 21.37, Giovanni Paolo II sussurrando «Amen» rendeva la Sua bella anima al Signore. Lo accompagnava in questo viaggio verso l’eterno, una folla sterminata di fedeli e giovani che recitavano il Santo Rosario gli tenevano compagnia; la Madonna alla quale si era votato «Totus tuus»

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Plevàn lo aspettava. Ora, libero dal fardello terreno, il Suo spirito di uomo forte, di Sacerdote e Vescovo esemplare, di Servo dei servi di Dio, che ci ha insegnato a non aver mai paura, a fidarsi sempre della Divina Provvidenza entrava nella


Gerusalemme del cielo raggiunta, venti giorni dopo anche dal nostro Vescovo emerito Monsignor Sennen Corrà. Entrambi hanno vissuto la loro fede testimoniandola da veri discepoli di Cristo e hanno condiviso il Suo Calvario; ma accanto a Loro, come accanto a ciascuno di noi c’è sempre Maria, «segno di consolazione e di sicura speranza». Piazza San Pietro, 19 aprile: tanta gente attende in preghiera per il nuovo Papa. Habemus Papam, Benedetto XVI, «umile operaio nella vigna del Signore» e anche Lui con lo sguardo rivolto alla Vergine. Ringraziamo il Signore per i doni straordinari operati nel Papa polacco e quelli che ci concederà attraverso il Ministero e il Magistero del nuovo Pontefice che resta il faro determinante della nostra vita cristiana.

Ho desiderato aprire la lettera del Plevàn, con un ricordo commosso ed affettuoso a Giovanni Paolo II, al Vescovo Sennen che mi ha ordinato e di filiale omaggio a Papa Benedetto.

Abbiamo sempre bisogno di punti di riferimento credibili. Il cuore dell’uomo è fatto così, in qualunque tempo e latitudine; ha bisogno di sentirsi figlio amato e cercato da quel Padre che è eterno, certi che il suo sguardo sarà sempre su di noi. «Persino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate timore». Il Signore ci ama e ci segue sempre. Sta a noi non smarrire il cammino, con la nostra negligenza, il nostro egoismo, la nostra indifferenza. Vicini a noi c’è Maria, la Vergine prudente che ha serbato nel suo cuore tutto l’amore sprigionato dal Cuore del Figlio e lo ha donato a noi. Maria è donna di fede e donna eucaristica. In questo Anno dell’Eucarestia, riscopriamo la grandezza del Pane di Vita, nato dal grembo verginale di Maria. AVE VERUM CORPUS, NATUM DE MARIA VIRGINI.

La solennità dell’Assunzione al cielo in anima e corpo di Maria ci fa capire la profondità del mistero della nostra vita che non si ferma quaggiù, ma è destinata a salire Lassù, da dove siamo partiti. Anche noi, dopo essere passati attraverso il tempo umano che avrà la sua conclusione, ci attende la vita inesauribile nella gloria futura. Ci affidiamo a Maria, umile ancella del Signore che nel canto del Magnificat loda il Creatore perché ha esaltato «l’umiltà della sua serva». Chiediamole di vivere umilmente questo nostro passaggio terreno. Considerato che il nostro corpo non potrà avere la stessa fortuna riservata a Cristo e a sua e nostra Madre che non conobbero la corruzione del sepolcro, chiediamo la grazia di saper usare bene il nostro corpo, di rispettarlo, perché, con il Battesimo e con gli altri Sacramenti è diventato Tempio di Dio, dimora dello Spirito Santo. Sempre nel Magnificat, il contrasto si apre tra i potenti e i superbi da una parte e tra i poveri e gli umili dall’altra. Ma sopra questa folla, sulla quale splende la Madre del Signore vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle, si erge la potenza del braccio di Dio, che continua a fare grandi cose per tutta l’umanità. E per l’umanità chiediamo al Signore che doni intelletto ai potenti e ai sapienti, per una azione a servizio e a tutela della famiglia, prima cellula della società e la salvaguardia dei valori umani e cristiani. Cessino le guerre, gli odi e le divisioni per un autentico progresso mondiale civile, morale e per noi spirituale. Con l’augurio di buon ferragosto a tutti, vicini e lontani, sani e malati, il mio ricordo nella preghiera. Con affetto VOSTRO DON ADEL


NASCITE

[ la ruota della vita]

Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di... Christian Madormo di Antonio e Monica Caliman – Dardago Giacomo Cesaro di Federico e Monica Luchin – Padova Alberto Burigana di Andrea e Giulia Del Gobbo – Pordenone – Budoia

M AT R I M O N I Hanno unito il loro amore. Felicitazioni a... Daniele Biasutti e Elena Zambon – Dardago Luca Del Maschio e Anna Superti – Milano – Budoia Giuseppe Morettin e Federica Quaia – San Giovanni di Polcenigo Alessandro Carlon e Pamela Coassin – Budoia Guido Morson e Federica Zanolin – Budoia Nozze d’oro Fabio Zambon e Rosaria Granata – Milano 55 anni di Matrimonio Alpidio Bocus e Fernanda Rigo – Dardago Nozze d’argento Alfredo Lachin e Lucia Basso – Dardago

L A U R E E , D I P LO M I Complimenti! Lauree Alessandra Zambon – Giurisprudenza – Dardago Serena Chiesa – Scienze e Tecnologie Agrarie – Milano Licenza Elementare Juan Lucas Barrera Ortega, Michele Bocus, Marco Bortoluzzi, Miriam Cavallaro, Cristina De Chiara, Manuel Del Maschio, Ilia Ermochkaev, Xhon Gjoka, Gianluca Lucchetta, Marina Rajkoska, Federica Santi, Ginevra Martina Venier, Pier Guglielmo Venturato, Veronica Jade Wiley Licenza Media Mario Bocus, Michele Bocus, Sabina Ciobanu, Francesca Del Fabbro, Cristian Fort, Denis Fort, Irene Panizzut, Matteo Poles, Alex Quaia, Emanuele Quaia, Loris Salgarella, Matteo Signora, Silvia Signora Licenza Media Superiore Marina Carlon – Ragioneria Michela Busetti – Liceo Socio Psico Pedagogico Alessia Guadagnini – Liceo Scientifico Simone Cecchinel – Geometri Yuri Bocus – Istituto Tecnico Industriale Andrea Rui – Istituto Tecnico per il Turismo Nicola Moro – Liceo Scientifico Francesca Carnio – Istituto Tecnico Industriale Milena Bocus – Liceo Scientifico Chiara Capone – Liceo Socio Psico Pedagogico

IMPORTANTE Per ragioni legate alla normativa sulla privacy, non è più possibile avere dagli uffici comunali i dati relativi al movimento demografico del comune (nati, morti, matrimoni). Pertanto, i nominativi che appaiono su questa rubrica sono solo quelli che ci sono stati comunicati dagli interessati o da loro parenti, oppure di cui siamo venuti a conoscenza pubblicamente. Naturalmente l’elenco sarà incompleto. Ci scusiamo con i lettori. Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.

DEFUNTI Riposano nella pace di Cristo. Condoglianze ai famigliari di… Elsa Carlon di anni 89 – Milano Mario Frey di anni 83 – Dardago Giuseppe Arturo Zambon di anni 88 – Budoia Angela Carlon di anni 89 – Dardago Rita Ponte di anni 77 – Dardago Regina Rigo di anni 65 – Dardago Alberto Colella di anni 87 – Budoia Suor Natalina Fontana di anni 78 – Padova Laura Del Maschio di anni 88 – Dardago Mario Da Ros di anni 69 – Cordenons Laura Busetti di anni 90 – Dardago Paolo Busetti di anni 83 – Santa Lucia Osvaldo Zambon di anni 67 – Dardago Ermido Alfieri di anni 71 – Venezia Gemma Busetti di anni 80 – Dardago Augusta Sanson di anni 94 – Pianzano Angelo Besa di anni 73 – Santa Lucia Sergio Bocus di anni 79 – Dardago


Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia (Pn)

In copertina. Suggestiva immagine di volti alpini durante l’annuale incontro al cippo in Val de Croda a Dardago il 25 aprile 2005. L’Artugna intende ricordare con questa copertina i 60 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale (1945) e i 90 anni dall’entrata dell’Italia nella Grande Guerra (1915). Celebrando il grande sacrificio e il riconosciuto onore degli alpini nei due eventi bellici, auspichiamo che il mondo non abbia mai più bisogno di guerre e violenze per dirimere le controversie tra i popoli.

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Non abbiate paura! di Roberto Zambon

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La lettera del Plevàn di don Adel Nasr

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La ruota della vita

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Gli evangelisti del Buzzi di Giancarlo Magri

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Associazione «Amici di don Nillo» Girotondo di bambini

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L’angolo della musica Cinque righe, sette note... e la melodia prende forma di Giustina Favia e Cornelio Zambon

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A Budoia... di Umberto Boschin

Alpino Paolo, presente! di Leontina Busetti, Mario Ponte Jacopo

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’N te la vetrina

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Giovanna sulle orme di Marco Polo La Redazione

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X anno XXIV

FOTO DI CORNELIO ZAMBON MARIN

105 sommario

Direzione, Redazione, Amministrazione tel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594

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Internet www.naonis.com/artugna e-mail l.artugna@naonis.com

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Lasciano un grande vuoto...

Direttore responsabile Roberto Zambon · tel. 0434.654616

Piero Vettor Cariola di Adelaide Bastianello

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L’umiltà di un campione di Adriano Zambon

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Cronaca

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Inno alla vita

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Alla casa del Padre di Mario Povoledo

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I ne à scrit

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Doi quadri pa’ ’l Teatro

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Polcenigo e dintorni di Angelo Pusiol

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Bilancio, Programmi

Ed inoltre hanno collaborato Elvia Moro Appi, Espedito Zambon, Marta Zambon

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Emigrazione budoiese a Venezia di Redazione e E. Angelin

ed inoltre...

Stampa Arti Grafiche Risma · Roveredo in Piano/Pn

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Dardago su internet di Massimo Zardo e Roberto Dabrilli

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ASD Polcenigo-Budoia Trampolino di lancio per i nostri giovani

Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna Spedizione Francesca Fort

Autorizzazione del Tribunale di Pordenone n. 89 del 13 aprile 1973 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.

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Albero genealogico della famiglia Zambon Tarabin... ramo Trucia, Tunio e Modola [quattordicesimo inserto]


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In occasione dei recenti lavori della chiesa parrocchiale di Dardago, sono state restaurate le quattro grandi tele (cm 154x111) raffiguranti gli Evangelisti, attribuibili a Giuseppe Buzzi. Il restauro pittorico è stato eseguito da Giancarlo e Giovanni Magri con la direzione della dott. Valeria Poletto per la Sovrintendenza del Friuli Venezia Giulia. Riportiamo la relazione tecnica a cura dei restauratori.

Gli evangelisti del Buzzi I dipinti avevano subìto nel corso del tempo un generale indebolimento delle fibre di supporto, costituito da due teli di lino a tramatura media ricuciti trasversalmente. Le tele presentavano sfondamenti e lacerazioni di varie entità. In peggiori condizioni i due dipinti con s. Marco e s. Luca sia per le cadute di pigmento che per la mancanza di supporto, interessando particolarmente le zone sottostanti, che erano state riempite con stucco, in seguito asportate meccanicamente a bisturi. I primi saggi di pulitura sono stati condotti per zone cromatiche assottigliando le vernici ossidate, mediante miste di dimetilsulfossido, acetone e petrolio retificato. Questa operazione ha evidenziato sottostanti ridipinture che conseguentemente sono state asportate meccanicamente a bi6

sturi, ammorbidendo preventivamente le zone interessate con una emulsione cerosa composta di dimetilformammide. Un’ulteriore particolareggiata pulitura è stata completata con una mista di alcool, acetone, ammoniaca e olio di trementina. Questa operazione ha restituito alle policromie la vivacità originale ma evidenziando anche la reale entità di degrado delle cadute di pigmento. Le tele che avevano i bordi ripiegati e incollati sui telai sono state smontate e adagiate su un piano di lavoro. Le superfici pittoriche sono state protette con la velinatura eseguita con carta riso e colla di coniglio consentendo sul retro la rimozione dei vecchi teli e toppe, asportando ogni residuo di collante. Sempre sul retro è stata livellata la cucitura meccanicamente a bisturi.


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Brevi tracce storiche di Giovanni Giuseppe Buzzi La fermatura del colore e degli strati preparatori è avvenuta con colletta stesa a caldo e successiva stiratura, mantenendo le tele in costante tensione. La rintelatura è stata realizzata con teli di lino e collante a pasta. Successivamente, ad asciugamento avvenuto, le tele sono state tese su nuovi telai autoestensibili, non essendo quelli vecchi più in grado di assolvere una corretta tensionatura. Le parti lacunose sono state stuccate con gesso di Bologna e colla di coniglio. Il ritocco, eseguito con colori a vernice di facile rimozione, ha interessato le parti stuccate e le abrasioni per caduta. Infine si è steso la vernice protettiva Retoucher mediante nebulizzatore. Le cornici di epoca ottocentesca con doratura e policromie, sono state oggetto di intervento conservativo. Il restauratore GIANCARLO MAGRI

LE QUATTRO TELE DEGLI EVANGELISTI DI GIOVANNI GIUSEPPE BUZZI, (ATTRIBUZIONE), RECENTEMENTE RESTAURATE. 1. SAN MATTEO; 2. SAN MARCO; 3. SAN LUCA; 4. SAN GIOVANNI. (FOTO DI ELIO E STEFANO CIOL).

Fu Pietro Someda De Marco a tracciare una prima biografia del pittore friulano del '700, Gio Iseppo Buzzi. Con molta probabilità una famiglia Buzzi si trasferì a San Daniele dal suo paese d'origine, Studena Alta della Pieve di Pontebba. Giovanni Giuseppe nacque nel 1683 e morì all'età di 86 anni, il 31 gennaio 1769; venne sepolto – a titolo privilegiato – nella chiesa parrocchiale di San Daniele. Dalla moglie Alda ebbe sei figli, tra cui Giovanni Giuseppe (1718), sacerdote, e Giovanni Antonio (1711) che avrebbe dovuto trasmettere la discendenza della famiglia, ma non si ebbero più tracce di lui in San Daniele; perciò, si può dedurre la sua immigrazione. Apprese l'arte alla scuola settecentesca veneta, avendo presenti opere del Ricci, del Canaletto, del Giordano e in particolare quelle di Giovanni Antonio Pellegrino detto «Pellegrino di Venezia», tanto da divenire anche suo assistente. Visse, perciò, all’ombra riflessa dei maggiori artisti veneti. Maturate le sue prime esperienze artistiche a San Daniele, l'artista ricevette numerose commissioni nella fascia montana e collinare del Friuli Centrale ed Occidentale. Uno dei suoi primi lavori conosciuti, di soggetto sacro, è la pala d'altare raffigurante la Madonna con Bambino tra San Bartolomeo e Santa Margherita, su commissione dei fedeli di Anduins. Altra opera documentata, complessa, che ci fornisce il grado della maturità artistica del Buzzi, è la decorazione del soffitto a cassettoni di palazzo Calice-Screm, a Paularo, composta di venticinque riquadri con

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raffigurazioni di santi, filosofi, poeti …, opera (1716) che fu, purtroppo, smontata e venduta nel 1964 ad una milanese. L'anno successivo (1717) realizzò pale d'altare sia a Caporiacco (la Madonna del Rosario, opera di bella invenzione), sia a Cavazzo Carnico, nella chiesa di San Daniele (La Vergine con Bambino, San Giuseppe, Sant'Antonio da Padova e Sant'Antonio abate). Nel 1721, tornò nuovamente a Cavazzo nella chiesa di San Rocco per la realizzazione di San Nicolò con i Ss. Mauro e Vito, e – due anni dopo – dipinse una tela raffigurante la Beata Vergine della Concezione con l'intera famiglia dei cappuccini di Gemona, per il convento di Santa Maria delle Grazie della cittadina stessa. Continuò ad operare nella zona collinare centrale e nella fascia pianeggiante per le chiese di Pozzuolo del Friuli (1727), di Ragogna (1736-45), di Ursinins Piccolo di Buia, di Fagagna, di Villalta, di Dignano, di Bueriis di Magnano in Riviera; nel 1746/47, da Mereto di Tomba gli fu commissionata una serie di opere tra affreschi e tele, in particolare la ben riuscita Deposizione dalla Croce. Nel Friuli occidentale lasciò traccia di sé – oltre che ad Anduins – negli oratori di San Francesco di Fiume Veneto (1734) e di Sant'Urbano a Suzzolins di Cordovado, e, negli anni '40 del diciottesimo secolo, nella chiesa trecentesca di San Giovanni Battista di Spilimbergo, e in quella parrocchiale di Palse con I quattro evangelisti, medesimo soggetto della nostra antica pieve. LA REDAZIONE


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Ci siamo lasciati con il numero de l’Artugna di Natale raccontando dei progetti dell’Associazione «AMICI DI DON NILLO CARNIEL» di accoglienza di un piccolo gruppo di bambini bielorussi durante le festività natalizie.

girotondo di bambini

I BAMBINI E I RAGAZZI BIELORUSSI OSPITI NELLA NOSTRA PROVINCIA ATTRAVERSO L’ASSOCIAZIONE AMICI DI DON NILLO CARNIEL HANNO AVUTO IL PRIVILEGIO DI INCONTRARE IL PAPA BENEDETTO XVI A ROMA NELL’UDIENZA GENERALE DEL 6 LUGLIO IN S. PIETRO. È STATA UN’EMOZIONE FORTISSIMA E UN MOMENTO CHE SI PORTERANNO NEL CUORE E NELLA MEMORIA PER TUTTA LA VITA.

Il progetto ha coinvolto 12 famiglie residenti nella provincia di Pordenone che hanno ospitato 12 bambini bielorussi provenienti in parte da famiglie che vivono in condizioni di disagio e/o nelle zone contaminate dalla nube tossica e in parte dall’Istituto per Bambini Disabili di Ivenez, regione di Minsk. I ragazzi sono arrivati in Italia il 18/12/04 e sono ripartiti il 15/01/05, accompagnati all’aeroporto di Venezia con il furgone messo gentilmente a disposizione dall’Amministrazione Comunale. All’arrivo sono stati visitati da un medico; in seguito a tale visita è emersa la necessità di alcuni controlli specialistici (ortopedico, dermatologico e oculistico) che sono stati effettuati. Nel corso del soggiorno sono state organizzate attività culturali e ricreative, momenti di aggregazione, occasioni di incontro fra i ragazzi e opportunità di approfondire le loro conoscenze di ambienti e realtà diverse da quelle in cui vivono. Visto il periodo dell’anno, i momenti di incontro sono spesso coincisi con 8

le manifestazioni tradizionali tipiche del periodo natalizio: la Santa Messa della Vigilia di Natale, lo scambio degli auguri di Natale e di fine anno, il tradizionale «Pan e Vin» che chiude il periodo. Al fine di una maggiore cooperazione e nell’interesse primario della salute dei bambini bielorussi, le due accompagnatrici arrivate con i bambini, di cui una medico fisiatra, sono state accompagnate a due interessanti visite a centri che si occupano della gestione dell’handicap: «La nostra famiglia» di S.Vito al Tagliamento e il centro «Anfas» di Pordenone. Si sono così potuti fare degli interessanti e costruttivi confronti tra i diversi modi di gestire centri o istituti di questo tipo e tra le diverse modalità riabilitative praticate. Da queste visite scaturirà un progetto di formazione, approfondimento, che avrà luogo nei mesi estivi, coinvolgendo un medico bielorusso che resterà nella nostra provincia per due mesi. Nel periodo natalizio le iniziative che l’Associazione, con l’aiuto


di alcune famiglie del Comune di Budoia, ha organizzato per poter raccogliere fondi per la realizzazione delle iniziative di solidarietà programmate per l’anno in corso, sono state numerose. Vogliamo ricordare qui, e cogliere l’occasione per ringraziarli

amici e colleghi, ha voluto organizzare un concerto di musica natalizia, alla memoria di Don Nillo Carniel, di cui l’associazione porta il nome. Tenuto in chiesa a S. Lucia di Budoia, il concerto aveva l’obiettivo di raccogliere fondi per l’associazione, ma il

bini dai 0 ai 5 anni e dove ora hanno aperto le porte a tutti, pronte ad aiutare chi non ha più nulla. Per aiutare, nel nostro piccolo, l’operato delle Suore, e perché non resti un’azione isolata al momento della tragedia, ma consapevoli che le difficoltà prose-

ancora, i bambini della Prima Comunione di S. Lucia, che hanno pensato di dare il loro contributo con una iniziativa molto originale. Con l’aiuto delle loro mamme hanno preparato, cucinato e confezionato dei biscotti da distribuire al termine della Santa Messa della Vigilia di Natale, in cambio di una piccola offerta, accompagnati da vin brulé e cioccolata calda per tutti offerti al riparo dal freddo nei locali ex-scuole. Il buon esito dell’iniziativa ha superato il freddo pungente di quella notte, ben 485,00 euro sono stati raccolti, con il risultato di poter finanziare il viaggio di un bambino bielorusso per l’estate 2005, sostenendo economicamente una famiglia, possibilmente di S. Lucia, che avesse avuto intenzione di ospitare un bambino bielorusso. Alla santa Messa della Vigilia hanno partecipato attivamente anche i bambini bielorussi, con la loro presenza e con la lettura di preghiere. Il 30 dicembre, poi, Fabrizio Fucile, coinvolgendo alcuni suoi

maremoto che qualche giorno prima aveva sconvolto il sud est asiatico, ci ha fatto riflettere sulla tragedia che molti bambini stavano vivendo. Dato che l’Associazione ha come obiettivo principale l’aiuto dei bambini nelle loro situazioni di disagio, abbiamo deciso di dirottare le offerte raccolte a favore di queste popolazioni particolarmente provate. Questa intenzione è stata comunicata durante il concerto dalla Presidente dell’Associazione, che ha voluto ricordare come Don Nillo già sostenesse i bambini dello Sri Lanka attraverso le adozioni a distanza. Anche in questo abbiamo visto una continuità del suo operato. Le offerte, raccolte in occasione del concerto, sono state di 460,00 euro che, sommate a successive donazioni di persone sensibili, ci ha permesso di inviare subito 1.225,00 euro alla Congregazione delle Suore della Beata Vergine che operano nello Sri Lanka con otto case dove normalmente vengono accolti bam-

guiranno nei prossimi mesi ed anni, abbiamo deciso di inviare periodicamente durante il corrente anno altri finanziamenti, sotto forma di adozione a distanza e a tal proposito invitiamo chi ne avesse l’intenzione, a sostenere questa iniziativa. Rinnoviamo altresì l’invito alle famiglie del comune di Budoia, affinché si propongano per accogliere qualche bambino bielorusso, bambini che oltre ad avere giovamento nel fisico e nell’alimentazione, troverebbero affetti e calore umano, per molti di loro ancora sentimenti sconosciuti.

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COMITATO DIRETTIVO AMICI DI DON NILLO CARNIEL

NELLE FOTO I BAMBINI BIELORUSSI DELL’ISTITUTO DI IVENEZ DELLA REGIONE DI MINSK.


a Paolo

Solo due parole, doverose! Ho perduto un amico, un grande amico! Per anzianità toccava prima a me, ma tu Paolo hai voluto essere Alpino fino in fondo: tu non sei morto, ma «sei andato avanti». Con Paolo abbiamo avuto la stessa malasorte, quella di arrossare la neve della steppa con il nostro sangue, facendo il nostro dovere dove ci hanno mandato. Fortunatamente siamo ritornati, tu dalla tragedia e dall’inferno di Nikolajewka, io dai lager dell’Asia Centrale. Per ricordare Nikolajewka Paolo fece fare dal signor Coassin un grande quadro, che rappresenta la famosa battaglia di sfondamento per la libertà ed il rientro in patria. Quel quadro lo ha donato alla sede A.N.A. di Pordenone. Caro Paolo a nome degli alpini di Budoia sono stato invitato a porgerti l’estremo saluto e le condoglianze a tutti i familiari. Ti hanno amato e stimato tutti e tutti ti abbracciamo con grande rimpianto per il vuoto che hai lasciato.

di Leontina Busetti

Alpino Paolo presente! «Paolo Busetti... non è stato una persona qualunque: pur nella semplicità ha lasciato il segno come marito, come padre, come nonno, come amico... Mi è d’obbligo ricordare il suo impegno come consigliere di maggioranza della frazione di Santa Lucia alla quale è stato molto legato e per la quale si è sempre battuto in consiglio comunale, sempre pronto e disponibile alla collaborazione per il bene di tutti, con lealtà, correttezza, coerenza, passione e tanta umiltà». Così Giacomo Del Maschio, in rappresentanza del Comune, ha salutato Paolo in chiesa. Dopo di lui Mario Ponte, suo grande amico, lo ha ricordato con un intervento che riportiamo integralmente in queste pagine. Poi ha parlato il Presidente dei Reduci, il quale, dopo aver invitato tutti ad alzarsi ha detto: «L’Alpino Paolo Busetti è tornato dai suoi amici di Russia». Questi sono stati i passi più significativi non i più importanti che abbiamo sentito in chiesa alla messa del suo funerale: nessuna retorica, nessuna espressione convenzionale o frasi fatte, ma

tanta sincerità, tanto affetto, tanta partecipazione. Non ci sarebbe altro da aggiungere, ma non si può non ricordare il suo sorriso, la tua solarità la tua dolcezza malgrado una vita dura: una guerra crudele, in cui perse anche il fratello, gravi interventi al cuore e poi, come molti nei nostri paesi, il lavoro a Venezia, lontano dalla grande famiglia,dove ha cominciato e fino alla pensione è rimasto nello stesso albergo, stimato e letteralmente pianto dallo stesso titolare. Scelta questa che indica un modo di essere serio e leale, non certo di sudditanza. E poi quell’idea di agricoltoreimprenditore con la piantagione di ciliegi e meli che oltre al prodotto in primavera ci regala nella nostra campagna, bella perché amata, ma un tantino monotona, una stupenda immagine di migliaia di alberi in fiore con il loro conseguente profumo. Concludo ancora con le parole di Giacomo Del Maschio: «Ciao Paolo e grazie per essere stato non solo tra noi, ma uno di noi: le brave persone come te si ricordano facilmente». Anzi non si dimenticano. 10

MARIO PONTE

A SINISTRA. IN PIAZZA A BUDOIA, PAOLO CON L’AMICO NANDO ZAMBON PETENELA, NEL 1968. SOTTO. ANNO 2003. IN OCCASIONE DEL 60° ANNIVERSARIO DELLA BATTAGLIA DI NIKOLAJEWKA, PAOLO COMMISSIONÒ AL PITTORE BUDOIESE UMBERTO COASSIN DI IMMORTALARE I TRAGICI EVENTI DEL GENNAIO 1943, IN RUSSIA. L’OPERA FU DONATA ALLA SEDE PROVINCIALE DELLA SEZIONE ANA DI PORDENONE.


Nino, cianta che ’l é l’ino pì bel del mondo! Ora che mi trovo di fronte a questo foglio bianco, nella malinconica solitudine del mio studio, cercando di selezionare i ricordi che più mi legano alla figura quasi paterna di mio nonno Paolo, riesco a malapena a delineare i tratti di una persona che per molti versi, assieme a mio zio Eligio, ha costituito un punto di riferimento della nostra grande famiglia. Ne parlerei per ore, come adoravo parlare per ore con lui, quando rientravo alla sera durante i due anni che, per vicende lavorative, ho vissuto sotto il suo stesso tetto. Si discuteva amabilmente degli argomenti più disparati. Amavo parlare di caccia, la sua grandissima passione, che con gli anni aveva finito per contagiare e coinvolgere il figlio, i cognati e pure qualche nipote; amavo parlare di politica e credetemi che, pur non condividendo il suo medesimo credo politico, non mi ha mai dato l’occasione di accendere un diverbio. Amavo parlare spesso anche di sport: capitava che lo prendessi in giro, come successe recentemente, per le sconfitte della sua squadra del cuore. Ma non capitava mai che lui si rivalesse all’occasione nei miei confronti, anzi. Lui era questo, una persona seria, rigorosa, a volte impulsiva, ma estremamente buo-

na e incapace di volgere qualsiasi sentimento negativo nei confronti del prossimo. Ricordo con affetto quando, di fronte alla TV nell’attesa di vedere la nostra nazionale di calcio giocare, era solito alzare il volume e, rivolgendosi a me, diceva: «Nino, cianta che ’l é l’ino pì bel del mondo!». E questo era un modo per esprimere tutto il suo attaccamento all’Italia e alla sua terra, per la quale aveva combattuto e per la quale aveva pagato un tributo carissimo, la perdita di un fratello. La guerra aveva lasciato in lui un ricordo terribile e dolce nello stesso tempo. Non amava parlarne e solo una volta, pur avendolo esortato in passato tante e tante volte, per le pagine di questa stessa pubblicazione, aveva aperto la sua mente e il suo cuore a me, affinché potessi trascrivere il suo terrificante racconto di esperienze vissute. E quando suo figlio Antonio lo accusava affettuosamente «de no avè copàt neancia un Russo» lui ha sempre rivolto un sorriso affettuoso, forse perdonando noi generazioni «moderne» di ignorare il vero significato della parola guerra. Gli amici conosciuti durante il Conflitto e durante il servizio nell’amatissimo Corpo degli Alpini, sono gli amici che fino alla fine non ha mai voluto abbandonare e di-

menticare. Forse il suo ultimo desiderio è stato proprio quello di partecipare in loro compagnia all’ultima adunata degli Alpini a Parma. Benché in sedia a rotelle e quasi impossibilitato a reggersi in piedi per lunghi tempi, lui era lì, in prima fila, in un qualche modo protagonista come pochissime volte ha desiderato essere in vita sua. Mi mancherà molto, mi mancherà il suo modo di riprendermi quando rientravo tardi la notte e lo svegliavo, mi mancheranno le sue prese in giro quando mettevo «troppo gel tra i capelli» e mi mancheranno anche le chiassose partite di briscola che a turno giocava con gli amici Napoleone, Cochi, il figlio Antonio e i cognati vari. Ciao, nonno, e non preoccuparti che l’inno lo canterò ancora, anche per te! JACOPO

SOPRA. PAOLO CON LA PRIMOGENITA IDA NEL 1949. A SINISTRA. DOPO UNA BATTUTA DI CACCIA, DAVANTI ALL’OSTERIA E ALIMENTARI LACHIN BOF ALLA FINE DEGLI ANNI ’40. DA SINISTRA DOLFO POCIO, RIZZO, NANI POCIO RIZZO, PAOLO BUSETTI CARACO, ?, ETTORE DOTTA, MARIA LACHIN, BEPI BESA ED ALTRI.

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Vi ricordate l’articolo apparso nel n. 98 dell’aprile 2003 intitolato «Da via pal mondo i nostre i ne conta...»? L’articolo riportava la storia di un giovane dardaghese di quattordici anni che, come migliaia d’altri giovani di allora, «senza arte né parte» ma con una grande voglia di lavorare e imparare un mestiere, presa la sua valigia emigrò in cerca di fortuna.

Piero Vettor Cariola di Adelaide Bastianello

IN ALTO. IL 19 MARZO 2005 A PALAZZO MARINO IL SINDACO DI MILANO GABRIELE ALBERTINI CONSEGNA L’AMBROGINO D’ORO A PIETRO.

Come ho già raccontato, trascorsi un po’ di anni, a Milano, il giovane ha trovato quello che cercava, famiglia, lavoro, grandi soddisfazioni personali, rispetto e riconoscimenti nel ramo della ristorazione. Oggi è un distinto signore in pensione che pur passando il suo tempo libero a fare il nonno non si è staccato completamente dal suo lavoro di maître, perché «nei pranzi importanti», quando cioè ci sono personaggi di rilievo, viene ancora chiamato dal suo vecchio datore di lavoro a prestare la sua esperienza e professionalità maturata in 40 anni di lavoro. C’è però un seguito a quell’articolo. Infatti, una mattina dello scorso anno a casa Vettor il postino recapita una busta proveniente dalla Presidenza della Repubblica. Nello stupore generale la busta viene aperta e all’interno ecco l’invito del Presidente Ciampi a presentarsi il giorno 1° maggio a Palazzo dei Congressi a ritirare la Stella al Merito per la nomina di «Maestro del Lavoro della Repubblica Italiana». Questa onorificenza viene data dal Presidente della Repubblica, su segnalazione dei datori di lavoro, al personale di12

pendente che abbia occupato posizioni direttive per lunghi periodi distinguendosi nella propria professione. Naturalmente dopo la sorpresa iniziale, grande soddisfazione ed emozione di tutta la famiglia per il riconoscimento attribuito a compimento di una vita di duro lavoro, onestà e sacrifici. Così il 1° maggio 2004 il Ministro dei Beni Culturali, onorevole Urbani, a nome del Presidente Ciampi, conferisce ufficialmente a Piero Vettor la Stella al Merito e lo nomina Maestro del Lavoro. Ancor oggi Piero fa fatica a capacitarsene e la mostra con molta ritrosia, timidezza, ma nello stesso tempo con molta fierezza: al giovane ragazzo emigrato molti anni fa da Dardago senza nulla in tasca se non i suoi sogni, non sembra vero di meritare un riconoscimento così importante per un lavoro che lui ha svolto sì con sacrificio, ma con tanta passione e orgoglio! E non è finita… quest’anno è arrivato anche l’Ambrogino d’oro! Il Comune di Milano, infatti, ogni anno il 19 marzo, giorno di S. Giuseppe, premia con l’Ambrogino d’oro i cittadini milanesi che sono


stati nominati Maestri del Lavoro della Repubblica. Così dopo il riconoscimento della Stella al Merito, ecco che a Piero Cariola si sono aperte le porte di Palazzo Marino dove con tutta la famiglia è stato ricevuto dal Prefetto e dal sindaco Albertini che gli ha consegnato l’Ambrogino d’oro; questa onorificenza per Milano e i milanesi è un riconoscimento importante, per lui poi che considera Milano sua città d’adozione questa premiazione lo ha doppiamente gratificato. Conversando con Piero ci si accorge con quanto amore e passione parla del suo lavoro e quanta amarezza invece nel rendersi conto di come sia cambiato l’atteggiamento dei giovani che cercano oggi un’occupazione nella ristorazione. Quanta poca rilevanza è data alla professionalità, al rispetto verso il cliente, al modo di presentarsi e di relazionarsi. La richiesta

autorità competenti (il Ministero per il Turismo non esiste più) affinché si decidano ad investire nel turismo, il «nostro petrolio», curando e proteggendo l’immenso patrimonio artistico, archeologico e naturalistico che possediamo, offrendo nel contempo strutture adeguate, servizi perfetti e professionalità di cui noi italiani siamo maestri. Da dati statistici mostrati durante i vari incontri di questa associazione, risulta che, mentre il turismo in Italia cala anno dopo anno, altre nazioni europee come Francia, Spagna, Germania, che intelligentemente stanno investendo molto in questo settore, vedono premiati i loro sforzi, infatti il flusso turistico è in continuo aumento incrementando quindi anche i guadagni nazionali, in Francia ad esempio il 6% del PIL è dato dal turismo. Forza, Piero, se il carattere è

principale è avere il sabato libero, non lavorare la sera e naturalmente guadagnare bene. La competenza o la passione per il proprio lavoro, l’estetica della propria persona o sono optional oppure sono ritenuti concetti obsoleti. È per questo che oggi Piero, e altri maître come lui, stanno cercando di associarsi per studiare il modo migliore per sensibilizzare le

sempre lo stesso, come ce l’hai fatta da ragazzo ci riuscirai anche «da veterano». So che attualmente sei seriamente impegnato nell’insegnamento «del mestiere» ai giovani nelle scuole di formazione del personale e cerchi di far apprendere loro quello che tu hai imparato da autodidatta «sul campo». Quale mezzo migliore per iniziare, per forgiare i nuovi maître, 13

come tu vorresti che fossero, per trasmettere loro la tua esperienza e professionalità? Io ti auguro che tu possa provare con qualche allievo, con qualche giovane, quel feeling che mio padre ha provato con te molti, molti anni fa e che tu riesca ad essere per lui l’uomo da ricordare con gratitudine come tu ricordi papà. Grazie Piero.

A SINISTRA. PIETRO VETTOR, IL SINDACO DI MILANO GABRIELE ALBERTINI, LA MOGLIE TOÑI E LA FIGLIA MAGGIORE MONICA. SOTTO. 1° MAGGIO 2004 PIETRO VETTOR RICEVE LA STELLA AL MERITO DI MAESTRO DEL LAVORO DELLA REPUBBLICA DAL PREFETTO DI MILANO BRUNO FERRANTE.


[segue da pagina 2]

pontefice durante la solenne Messa di Insediamento celebrata nella Basilica di San Pietro domenica, 24 aprile 2005. In questo momento il mio ricordo ritorna al 22 ottobre 1978, quando Papa Giovanni Paolo II iniziò il suo ministero qui sulla Piazza di San Pietro. Ancora, e continuamente, mi risuonano nelle orecchie le sue parole di allora: «Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!» Il Papa parlava ai forti, ai potenti del mondo, i quali avevano paura che Cristo potesse portar via qualcosa del loro potere, se lo avessero lasciato entrare e concesso la libertà alla fede. Sì, egli avrebbe certamente portato via loro qualcosa: il dominio della corruzione, dello stravolgimento del diritto, dell’arbitrio. Ma non avrebbe portato via nulla di ciò che appartiene alla libertà dell’uomo, alla sua dignità, all’edificazione di una società giusta. Il Papa parlava inoltre a tutti gli uomini, soprattutto ai giovani. Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura – se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della libertà? Ed ancora una volta il Papa voleva dire: no! chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità

della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita. L’esortazione «Non abbiate paura» è rivolta anche a ciascuno di noi in questo tempo in cui noi cristiani rischiamo di lasciarci sovrastare dalla sfiducia e dal timore. Le chiese, che una volta erano il centro della vita dei nostri paesi, oggi sono malinconicamente chiuse per la maggior parte della giornata e, quando sono aperte, i rari sacerdoti rimasti celebrano la messa per pochi fedeli, perlopiù anziani. In un angolo della chiesa sta il fonte battesimale, bello, ricco di storia e di ricordi, ma oggi quasi inutilizzato. Con le sue scelte, l’umanità vuol percorrere la sua strada verso un futuro senza Dio. Perfino la vecchia Europa avvolta nella nebbia dell’indifferenza, l’Europa, la cui storia, la cui civiltà, la cui cultura sono intrise di cristianesimo, ha paura di ricordare le proprie radici cristiane! Vien da chiederci: Ma cosa abbiamo fatto in tutti questi anni! Dove abbiamo sbagliato. È umanamente concepibile che il cristiano si senta demoralizzato, impaurito, sconfortato. Non abbiate paura! Ecco l’esortazione di cui abbiamo bisogno. E’ l’esortazione che Gesù stesso ci fa attraverso i suoi discepoli. La paura è l’antitesi della fede e della fiducia nel futuro che il cristiano deve avere. Noi, umili lavoratori nella vigna del Signore – questa la bella espressione pronunciata Papa Ratzinger la sera del 19 Aprile durante il primo saluto dopo l’elezio14

ne – dobbiamo continuare il nostro cammino alla luce dei Suoi insegnamenti, certi che l’indifferenza e il degrado morale non potranno avere il sopravvento. È la promessa e la volontà del nostro Signore. ROBERTO ZAMBON

Roma, 8 aprile 2005 Caro Papa, durante la messa del tuo funerale è sopraggiunto un forte vento; ci doveva essere, perché ha voluto portare il tuo alito di vita nel mondo, per accarezzare ancora tutti i bambini e la gente che ti ama e non. Che emozione forte vedere il Vangelo posto sulla tua bara, guardare quelle pagine sfogliate in continuazione dal vento per così portare le parole di Cristo nei nostri cuori. Poi si è chiuso, certo ha voluto dire che tu hai vissuto secondo le Sue Scritture fino in fondo. Con questo vento sei volato in cielo, e quella colomba che non voleva volare, ora è volata con te fino alla gloria eterna e questo vento spazza via tutte le nostre incertezze e paure. Grazie Giovanni Paolo II, ci hai dato la tua presenza straordinaria, resterai nei nostri cuori per sempre. SILVANA ZAMBON – MESTRE

Caro Papa

Non abbiate paura!


La medaglia di Brugnetti al collo di Stefano

L’umiltà di un campione di Adriano Zambon

Vi scrivo questo breve articolo per raccontarvi come mio fratello Stefano, sette anni, si sia trovato al collo la medaglia d’oro delle Olimpiadi di Atene. Conoscete Ivano Brugnetti? È un atleta che pratica la marcia, percorre 5000 6000 km l’anno allenandosi a partire dalla mattina presto lungo i sentieri e le strade del Parco Nord a Sesto San Giovanni (MI), dove viviamo anche noi. Ha dimostrato di essere un vero campione, vincendo la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene nel 2004, nella gara di marcia, compiendo un percorso di venti chilometri davvero splendidamente. Brugnetti inoltre si allena nel campo di atletica in cui fa sport anche mio fratello. Andando lì per accompagnarlo ho avuto modo di vedere con quanta semplicità e tranquillità un campione olimpico si allena al fianco di ragazzi e ragazzini che magari le olimpiadi le vedranno solo in televisione. Con umiltà, come fosse uno di loro. Lì ho conosciuto anche il suo allenatore Antonio La Torre, che ho intervistato per il giornale della mia scuola, e che fra le altre cose mi ha detto che lo sport deve essere gioco, divertimento, passione, sfida con se stessi e con gli altri, impegno serio, ma anche che le persone val-

gono per quello che esprimono con la loro vita e i loro gesti e non se appaiono in televisione o nei giornali. Insomma i campioni sono tali quando oltre ad esserlo nelle piste o nei campi lo sono nella vita. E lo si capisce anche dai piccoli gesti di generosità e disponibilità, come quelli che voglio raccontarvi. Nel campo di atletica della nostra città si sono tenute delle gare a cui hanno partecipato Stefano e tutti gli altri bambini che si allenano insieme a lui. Nel corso di una specie di staffetta a squadre campioni veri hanno marciato accanto ai bimbi e Ivano ha marciato proprio accanto a Stefano incitandolo e facendolo divertire moltissimo. Alla fine hanno vinto tutti. Dopo alcuni mesi di distanza da questa simpatica gara, in cui contava soprattutto divertirsi, Ivano aveva portato con sé al campo la sua medaglia d’oro, e con molta simpatia e grande generosità l’ha messa al collo di Stefano e io gli ho scattato la foto che vedete sotto. Pensate all’emozione ed alla felicità di mio fratello, che indossava anche solo per pochi secondi la medaglia della gara più importante del mondo, sperando un giorno di poterne vincere una tutta da sé! 15

STEFANO ZAMBON DURANTE GLI ALLENAMENTI CON IL CAMPIONE DEL MONDO E MENTRE POSA FELICE CON LA MEDAGLIA D’ORO DI IVANO BRUGNETTI.


Alla Casa del

Padre di Mario Povoledo

Il Vescovo emerito della nostra Diocesi, monsignor Sennen Corrà, è deceduto il 25 aprile, festa di San Marco, dopo lunghi mesi di malattia, sopportata con cristiana rassegnazione, dignità e forza d’animo.

Nato a Salizzole (Verona) il 22 dicembre 1924, ultimo di sei figli, dopo gli studi in Seminario e presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, fu insegnante e vice rettore del Seminario di Verona e preside dello Studio Teologico «San Zeno». Dopo aver svolto le mansioni di parroco, viene ordinato Vescovo di Chioggia il 1° maggio 1976. Nel 1989 viene nominato Vescovo di ConcordiaPordenone, carica che resse fino al 16 settembre 2000, quando, per raggiunti limiti di età, passa la guida della Diocesi all’attuale Monsignor Ovidio Poletto. Persona semplice, sorridente ma efficace, insigne teologo e scrittore di libri di carattere teologico-eucaristico, portato allo studio e alla meditazione (più che ai ricevimenti ed inaugurazioni), si era buttato capofitto a servizio della Diocesi. 16

Con la visita pastorale, era entrato nelle case e nei cuori di tutti, privilegiando le sue attenzioni verso il mondo del lavoro in difficoltà, (scendendo anche in piazza a fianco dei disoccupati per esprimere la solidarietà della Chiesa diocesana), verso le persone ammalate ed anziane negli ospedali e case di riposo per le quali aveva sempre una parola di conforto. Incontrava spesso i carcerati, avendo per loro espressioni di stima, di speranza e di carità. Nelle visite ai Consigli Comunali dei Comuni della Diocesi, raccomandava agli amministratori l’onestà intellettuale e morale, a servizio e per il bene comune. Molto lungimirante, stemperava spesso le tensioni con una battuta sempre pronta ed efficace. Andava fiero per aver accolto in Diocesi le Monache Benedettine di Poffabro, i Frati


A SINISTRA. BUDOIA ANNO GIUBILARE 2000, MONS. SENNEN CORRÀ ALLA RIAPERTURA DELLA CHIESA RESTAURATA, CON DON ADEL, IL NOSTRO DIACONO PUPPIN E L’ALLORA SUO SEGRETARIO DON ROBERTO TONDATO. SOTTO. IL VESCOVO CORRÀ CON IL PAPA GIOVANNI PAOLO II IN OCCASIONE DELLA VISITA A PORDENONE NEL 1992.

Minori di Fanna, la Comunità religiosa di Frattina, la Fraternità Francescana di Betania e, in modo particolare la Comunità Missionaria di Villaregia, – ricevendo nel 1992 da Giovanni Paolo II il riconoscimento pontificio – formata da laici e da sacerdoti, che ora vanta una espansione in svariate parti del mondo e la ragguardevole cifra di oltre 400 aderenti. Proprio in via San Daniele (ex Casa dei Comboniani) ha sede la Comunità che ha accolto a braccia aperte Monsignor Corrà, divenuto Vescovo emerito e lì ha chiuso la sua vita all’età di 80 anni. Il Vescovo Poletto ha ricordato l’ultima Santa Messa celebrata il 23 aprile insieme al suo predecessore disteso a letto, durante la quale gli ha impartito il Sacramento dell’Unzione degli infermi, ricevuto con consapevolezza e gioia, tanto da fargli dire che attendeva l’ultimo giorno come il più importante della vita. Altro particolare, non di poco conto, la sua morte avvenuta nel giorno – che ha segnato per sempre la vita del Vescovo Corrà – in cui si ricorda l’anniversario della liberazione dell’Italia dal nazifascismo, per combattere strenuamente il quale, i suoi due fratelli Gedeone e Flavio, poco più che ventenni, studenti universitari e aderenti all’Azione cattolica, furono reclusi nel campo di concentramento di Flossenburg in Germania, ove morirono di stenti, mentre continuavano ad infondere negli altri internati l’amore predicato

da Cristo anche per i nemici. Per questo, oltre a ricevere post mortem la laurea honoris causa, la Diocesi di Verona ha istruito il processo canonico per la loro beatificazione. Giovedì 28 aprile, le esequie, presiedute dal Cardinale patriarca di Venezia Angelo Scola, con il Patriarca emerito Marco Cè e i Vescovi del Triveneto, oltre duecento sacerdoti diocesani, di Chioggia e di Verona e una rappresentanza della chiesa ortodossa, si sono tenute nel Duomo-Concattedrale di Pordenone, gremito di Autorità e fedeli. Molto sentita l’omelia da parte del Vescovo Poletto, che ha tracciato la figura e l’opera del suo predecessore, svelando particolari inediti, tenuti nascosti dalla semplicità e dalla riservatezza di Monsignor Corrà. Il suo amore per L’Eucaristia, infuso dalla madre; la citazione a memoria di documenti del Concilio, il trovarsi a suo agio a scrivere, pregare e meditare nella cappella privata; il suo soffrire in silenzio e con dignità, senza far pesare il suo stato; il suo testamento, racchiuso in un libro,

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scritto nel momento più intenso della sua malattia. Il saluto finale a nome dei Vescovi è stato portato dal Cardinale Angelo Scola che si è familiarmente rivolto allo scomparso chiamandolo don Sennen, ricordando il primo incontro avuto con Lui, ad un campo scuola sul Falzarego insieme ad un altro giovane studente, Attilio Nicora, ora anch’egli cardinale. Don Sennen li salutò dicendo: «Ecco qui due giovani che diventeranno santi preti»; un presagio mai dimenticato e continuamente ricordato dagli interessati anche nei giorni del Conclave. Riconoscenza al Vescovo Corrà la deve anche don Adel, da lui accolto in Diocesi e ordinato prima diacono poi sacerdote nel 1992, nel Duomo-Concattedrale S. Marco di Pordenone. Mons. Sennen riposa nella tomba dei Vescovi nel Duomo di Portogruaro. Ora il Vescovo Sennen ha raggiunto la «Gerusalemme celeste» da Lui creduta, sperata e predicata.


Polcenigo e dintorni origini e culti di Angelo Pusiol

Secondo quanto scriveva Plinio il Vecchio, anticamente la zona delle sorgenti del Livenza doveva appartenere al «municipium» di Oderzo (Liquentia [oritur] ex montibus Opiterginis). Il legame tra Polcenigo e la città romana trova conferma anche nel diploma di Ottone del 963, dove i due luoghi sono citati l’uno di seguito all’altro quasi rincorrendosi. A presidiare la proprietà di Quinto Aulo Paucinio, tribunus militum opitergino, vi era la villa1 rustica di Sottocolle a San Giovanni2. La villa sorse (forse su un insediamento preesistente) a seguito della donazione di 300 centurie (150 kmq) fatta da Giulio Cesare ad Oderzo quale premio per la fedeltà dimostratagli nella lotta contro Pompeo. Questo allargamento, che portava i limiti del

municipio al margine delle Prealpi, fu completato in epoca augustea fino alla stretta di Serravalle ed al Bellunese. La villa (l’unica fino ad ora accertata lungo la nostra fascia Pedemontana) e la necropoli di Sottocolle furono distrutte tra la fine del IV e gli inizi del V secolo d.C. Le due seppur parziali campagne di scavo condotte dal GR.A.PO. negli ultimi tre anni a Sottocolle di San Floriano, i ritrovamenti di monete con l’effigie di Costantino (il Grande?) e delle urne funerarie rovesciate e calpestate appartenenti agli strati più recenti dell’area sacra, testimoniano l’epoca in cui la furia sacrilega pose termine alla plurisecolare frequentazione del sito, iniziata nell’Età del Ferro. I fatti risalgono verosimilmente 18

al periodo che va dal 390 al 410 d.C., periodo durante il quale si verificarono eventi storici molto importanti, che portarono alla fine del Paganesimo ed all’avvento definitivo del Cristianesimo. Per maggior chiarezza, è bene fare un salto indietro e partire dal tempo in cui regnava Costantino il Grande il quale nel 330 trasportò la capitale da Roma a Bisanzio (Costantinopoli), instaurò un sistema di successione dinastica, riformò le leggi amministrative e militari in senso accentratore, trasformando l’Impero in monarchia assoluta. Costantino suddivise l’Impero tra i suoi tre figli, Costantino II, Costante e Costanzo, che si trovarono presto a lottare fra di loro per la conquista del potere. I cinquant’anni che seguirono furono


un succedersi continuo di imperatori, di usurpatori, di lotte intestine, e crearono i presupposti per la definitiva caduta dell’Impero romano avvenuta ufficialmente nel 476 con la deposizione di Romolo Augustolo. In questo marasma, l’ultimo grande tentativo di riunire l’Impero fu compiuto da Teodosio. Durante il suo regno dovette affrontare guerre civili e tentativi di usurpazione, alternati a momenti di pace poco duraturi. Nel 388, Teodosio, con la vittoria sull’eser-

cito del generale Franco Arbogaste, rimase padrone incontrastato dell’Impero e sancì la definitiva sconfitta del Paganesimo. Ed è in questo contesto che possiamo inserire la distruzione della Necropoli di San Floriano e forse l’inizio del culto del Santo Martire, con la chiesetta a Lui intitolata che da molti secoli domina la pianura. La zona ai piedi del colle, dove in effetti trovasi la necropoli, è da sempre chiamata dai suoi abitanti «Cimitero dei Pagani»3. Questo è un fatto molto significativo, e dimostra l’ancestrale consapevolezza che quelle sepolture contenevano i resti mortali di genti che non osservavano la religione cristiana. Le ultime indagini archeologiche effettuate dalla Soprintendenza in collaborazione con il GR.A.PO. dimostrano

la rabbiosa volontà distruttiva di coloro che, intorno la fine del IV secolo, saccheggiarono le tombe, rovesciando e calpestando le urne funerarie nel nome dell’Unico Dio, e fecero fuggire gli ultimi abitanti della Villa Romana che si trovava a poche centinaia di metri. Fu questa una situazione che i cronisti dell’epoca4 videro ripetersi un po’ ovunque nelle campagne, visto che nelle città il processo di Cristianizzazione era iniziato già da alcuni anni, costringendo gli adoratori degli antichi dei a disperdersi distante dagli agglomerati urbani, dove non tardarono a raggiungerli (come a Sottocolle appunto) gli Editti Imperiali. «Se vi sono ancora templi nei campi», dispone una legge del 399, «senza rumore e tumulto si abbattano tutti, giacché distrutti i templi non avrà più alimento la superstizione». Ed Onorio nel 408 ordinava: «Se ancora rimangono statue nei templi e nei santuari, siano rimosse dalle loro sedi». A poco a poco per ordine degli imperatori si soppressero tutte le spese del culto pagano, si confiscarono tutti i beni dei templi, assegnandoli al culto cristiano. Ed Agostino riguardo ai luoghi di culto indicava tre vie da seguire: «...distruggerli o volgerli ad uso pubblico o convertirli in chiese cristiane...» Escludeva solamente l’uso privato (Epist. XLVII, Ad publicolam). Secondo quello che scrive Agostino quindi, non è del tutto illogico pensare che la chiesa di San Floriano5 possa essere sorta su un preesistente edificio o luogo di culto pagano. Però a tutt’oggi non esistono evidenze che possano confermare l’esistenza di culti precristiani sulla cima del colle di San Floriano. Certo è che dopo la distruzione della Necropoli e della Villa, la zona pare essersi per lungo tempo spopolata. La spiegazione è da ricercare tra gli eventi che seguirono la battaglia del Frigido e la 19

divisione dell’Impero Romano, primo fra tutti le invasioni delle popolazioni barbariche, molte delle quali, provenendo dalle steppe dell’Europa dell’est, trovarono nel Friuli la più immediata terra di conquista e di passaggio. Molti cercarono rifugio presso centri urbani più muniti, dove la difesa e la sopravvivenza parevano essere più facili: Oderzo, Concordia, Belluno etc., altri si ritirarono verso luoghi impervi, nelle vallate alpine e prealpine6. In attesa di poter svolgere sul territorio indagini approfondite (leggasi un «sondaggio di scavo» che mai è stato fatto per portare alla luce le origini delle chiesa di San Floriano, accontentiamoci in questa sede di far notare come la zona di Polcenigo ben si prestava agli usi cultuali, anche e soprattutto in epoca preromana (ricordo che qui la Romanizzazione è avvenuta a partire dal I secolo A.C.). A quell’epoca non vi era una religione vera e propria, come la si intende adesso, con un Dio (o gli Dei), i Santi, i templi, le chiese. Vi erano dei culti «naturalistici»: si adoravano simboli come il sole, la luna, l’acqua, gli alberi, ai quali si associavano vari significati e vari nomi. I luoghi sacri erano le sorgenti dei fiumi, le spianate sulla cima delle colline, le radure dei boschi sotto grandi alberi dove raramente veniva edificata una capanna di tronchi, paglia e fango che fungeva da tempio. E quale posto sembra possedere inequivocabili tutte le caratteristiche di atavica sacralità? Le Sorgenti del Livenza, naturalmente, dove le acque nascenti erano simbolo di fecondità, di purezza, di ricchezza, inserite in uno scenario tranquillo ed austero, poste nel grembo della montagna.

NELLA PAGINA PRECEDENTE. LE SORGENTI DELLA LIVENZA E IL SANTUARIO DEDICATO ALLA SANTISSIMA TRINITÀ. SOPRA. VIA SOTTOCOLLE, LUOGO DI RITROVAMENTO DI RESTI DELLA NECROPOLI.


Ana, la Grande Madre dei Celti incarnava questi simboli, ed è perlomeno curioso che la madre della Madonna si chiamasse appunto Anna. Proprio a Maria era dedicata ab antiquo la chiesa sorta sulle sponde del Livenza: tuttora sul posto si trova un capitello mariano, e nella cripta un gruppo scultoreo ligneo rappresenta TRE DONNE (le Tre Marie) che vegliano il Cristo morente. Da notare che ancora oggi i più anziani indicano la «Santissima» con l’appellativo di «Ternita» che ricorda senz’altro una divinità trimorfa pagana7. Ma anche altri sono i luoghi che fanno pensare ad arcaiche divinità ed a riti precristiani trasposti nella religione di Cristo. Il «Col de le Agane», per esempio, su un versante del quale lo scrivente qualche tempo fa ha ri-

trovato alcuni cocci (consegnati alla Soprintendenza) riferibili all’Età del Ferro, che confermano la frequentazione del sito in epoca protostorica. Il colle, posto tra Polcenigo e Budoia, si trova vicinissimo a quello della chiesa di Santa Lucia (da Siracusa, una delle prime Martiri cristiane). Le Agane, come si sa, erano delle divinità preromane, ninfe che la religiosità collocava nei pressi di sorgenti e fiumi, a protezione dei benefici che la credenza popolare collegava alle acque8. È chiaro il parallelo con la Santa cristiana, che tra le altre virtù riconosciute aveva quella di guarire la cecità tramite il lavaggio con l’acqua. Questi riferimenti a deità ormai dimenticate, oltre al ritrovamento di oggetti nella necropoli di Sottocolle, confermano i collegamen-

ti che i nostri avi tenevano con le popolazioni di ceppo germanoceltico, più che con quelle di stirpe venetica. Ci sarebbero ancora singolarità nascoste da indagare, come l’antica venerazione per Sant’Antonio/Lugh a Mezzomonte e le colonne monolitiche ottagonali sparse per il paese che forse erano parte di un tempietto paleocristiano smantellato. Purtroppo, lo spazio a mia disposizione non me lo consente: ci saranno tempi e modi per parlarne più avanti. Intanto concludo questo mio contributo, sperando che le notizie e le considerazioni riportate in questo mio articolo fossero motivo di discussione e di ricerca affinché il patrimonio archeologico, storico, culturale e le nostre tradizioni non rimangano sepolte nella polvere dell’oblio.

DA SINISTRA. TORQUES, ASCIA E FIBULA IN BRONZO (DALLA NECROPOLI DI SAN GIOVANNI DI POLCENIGO). (FOTO TRATTE DA «SITI ARCHEOLOGICI DELL’ALTO LIVENZA» – COMUNITÀ PEDEMONTANA DEL LIVENZA, 1992).

1. Villa (romana): termine usato dagli scrittori latini per designare i fabbricati costruiti al di fuori delle città e che aveva un significato piuttosto ampio. Infatti erano VILLAE sia le fattorie destinate alla sola produzione agricola (villae Rusticae) sia te lussuose residenze per il riposo ed il tempo libero (villae d’otium). E tra queste tipologie vi erano le soluzioni intermedie. La villa iniziò a diffondersi già in età repubblicana, riprendendo abitudini di origine greco-orientale. Ma fu in epoca imperiale che conobbe la maggior diffusione (straordinari gli esempi che si trovano nei dintorni di Napoli). Quella di San Giovanni di Polcenigo apparteneva al gruppo delle Rusticae. Controllava un vasto appezzamento, dando prodotti come grano, frutta, olive. Una villa poteva controllare zone alquanto estese, impiegando molte persone, creando a volte interi paesi: vi sono ville romane che utilizzavano oltre 10.000 persone, tra schiavi, liberi e le di loro famiglie).

2. Sul luogo si trovano numerosi resti di tegole, mattoni ed embrici, colonne e capitelli di squisita fattura. Diverse tessere di mosaico sono state ritrovate negli orti vicini. 3. Il termine pagano deriva da «pagus» = villaggio, perché i villaggi furono per lungo tempo ribelli alla Cristianizzazione. 4. Sull’argomento vedi: Libanio – Pro Templis, Agostino – Ep. ad Max.Maduar. e altre op Eunapio – Aedesium Vita Teodoreto – Hist.EccI., Sulpicio Severo – Dial. e De B. Mart. Vita, solo per citarne aicuni. 5. Su San Floriano vedi: La chiesa di San Floriano, a cura di C. Sottile, Prov. di PN, 1999. 6. p.e. Ovaro in Carnia. Anche l’origine di Mezzomonte si potrebbe far risalire a quegli eventi. 7. Ana: la Grande Madre delle genti celtiche. Spesso veniva rappresentata come «La Tripla Madre» (Matribus o Matronae), tre donne con un bimbo in braccio. Sono state trovate molte

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iscrizioni, legate soprattutto alla tradizione nordica, che si riferiscono a queste divinità. Latini la associavano a Giunone Lucina, dea del parto, i Greci a Lizia. Ecate: associata alla latina Demetra, era la protettrice della fertilità della terra, delle arti magiche e dei crocicchi. Veniva ritratta con tre volti, impugnava la torcia ed era accompagnata da segugi. 8. Anche sulle AGANE sono molte le iscrizioni ritrovate, soprattutto nell’Europa centro-settentrionale, che testimoniano la popolarità di queste divinità delle acque, di chiare origini germaniche. A seconda delle zone, venivano definite: Ahueccaniae, Alagabiabus, Alhiahenae, Adganis etc. 9. In particolare, il ritrovamento di un paio di fibule molto simili ad alcune appartenenti alla grande necropoli celtica di Santa Lucia di Tolmino ed in una area funebre appartenuta ai Galli Cenomani in provincia di Mantova (tipo Nauheim o Gurina).


SOPRA. VENEZIA 1934. OSVALDO CARLON, CON I FIGLI E I DIPENDENTI, FESTEGGIA LA MEDAGLIA D’ORO, RICEVUTA ALL’ESPOSIZIONE DELLA MOSTRA CAMPIONARIA DI FIRENZE COME MIGLIOR PANIFICATORE (FOTO SALVAGNO, SAN ZACCARIA VENEZIA). SOTTO. VENEZIA, CAMPO SANTA MARGHERITA, VECCHIA BOTTEGA DEI CARLON.

EMIGRAZIONE BUDOIESE A VENEZIA

LA REDAZIONE

di Osvaldo Carlon

Alcuni anni fa, ripercorrendo con la mia famiglia gli indimenticabili luoghi della mia infanzia ed adolescenza veneziana, – come sono solita fare – entrai in un panificio nel Sestrier di Dorsoduro e, con mio grande stupore, il mio sguardo si posò su una bellissima foto della famiglia di Osvaldo Carlon con tutti i dipendenti, scattata in occasione dell’onorificenza ricevuta per il miglior produttore di pane in Venezia. Era un’immagine familiare, che avevo visto e rivisto sfogliando gli album di famiglia: al centro, alle spalle di Osvaldo Carlon era mio padre, Cipriano Angelin. Fin dagli anni Venti i miei genitori lavorarono come commessi nel

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panificio Carlon della Crosera San Pantalon; mio padre, inoltre, era uomo di fiducia del signor Osvaldo. I signori Osvaldo e Teresa Besa di Santa Lucia con la loro numerosa famiglia abitavano nell’appartamento sovrastante il panificio, poi si spostarono verso I tre Ponti, al Gafaro, lasciandoci libero il loro appartamento. Ricordo il signor Osvaldo, con i lunghi baffi che m’incutevano soggezione tanto da fuggire al suo sguardo, sua nonna Teresa e i figli Francesco, Pietro ed Antonio, oltre alle figlie Maria, Carolina, Antonietta, Giovanna, Santina e Angelina. E. ANGELIN

Ricordi

Osvaldo–Ernesto (n. 23/01/1872) era unico figlio maschio di Pietro (n.1846) e di Maria Carlon (altri due di nome Osvaldo morirono infanti) e nipote di Francesco di Osvaldo (n. 1822); abitava a Budoia, nella parte terminale della via Lunga, nelle case confinanti con i Carlon Cech, con i Carlon Puci e Carlon Pacio. Il soprannome della sua famiglia era Coch, la cui etimologia a livello popolare deriva dall’onomatopea «cloch», rumore provocato dalla deglutizione della polenta, durante il periodo della monticazione. I suoi avi erano apparentati con i Cech, altra onomatopea utilizzata per il richiamo delle pecore, in montagna. Come si può notare, nello spazio di venti-trenta metri, erano presenti ben quattro soprannomi. Costretto dalle ristrettezze del paese – sul finire dell’Ottocento – Osvaldo cercò fortuna a Venezia dapprima alle dipendenze di un fornaio, dal quale imparò sapientemente l’arte della panificazione; in breve tempo, sostenuto dal suo vivace spirito imprenditoriale, si trovò proprietario di una catena di panifici sparsi per l’intera Venezia, da San Pantalon a Santa Margherita, dal Gafaro a Strada Nova, da Rialto ai S.S. Apostoli, le cui insegne, seppur sbiadite, testimoniano ancor oggi una parte di storia budoiese.

L’imprenditorialità


[ www.artugna.it] Alcuni amici di Dardago hanno avuto l’idea di creare un sito internet dedicato al nostro paese e alla nostra gente. Lo hanno chiamato: www.artugna.it Pubblichiamo volentieri la presentazione del sito al quale auguriamo un prolifico futuro.

Dardago su internet

L’idea di fare un sito internet per Dardago è nata mentre commentavamo la serata del pan e vin, parlando di Artugna e di altri pan e vin con Roberto e altri amici. Ci siamo chiesti come mai a nessuno fosse venuto in mente di registrare il dominio «Artugna», come mai non ci fosse un sito autonomo al quale collegarsi, dove cercare notizie e foto, documenti e storie. Esiste, certo, il sito del giornale l’Artugna, che è però inserito in un sito più grande, fornisce solo i testi del periodico e notizie su manifestazioni, mostre e pubblicazioni. L’indirizzo e-mail consente di scrivere alla redazione, ma se ci si volesse collegare con altri dardaghesi fuori da questa sede? Se avessi delle foto da far vedere, delle notizie da chiedere, delle persone da contattare? Attraverso internet, che ci dà velocità, internazionalità e spazi ampi con costi minimi questo obiettivo è facile da raggiungere. Così la curiosità ci ha spinto a vedere se il dominio fosse libero, a sentire il parere di altri amici, Gigi, Flavio, Alberto e poi infine a registrare www.artugna.it, riservandoci l’uso di questo indirizzo web. C’è anche un’altra considerazione che abbiamo fatto: sono sempre più rare le occasioni di incontro, di scambio di idee e di ricordi, di notizie tra noi dardaghesi «non residenti» e tra noi e chi ancora a Dardago vive. Non sono infatti molti quelli che con una certa regolarità passano qualche giorno di vacanza «sulle rive dell’Artugna» o hanno l’occasione di passare qualche serata a parlare di

Dardago, del suo presente e del suo futuro. Avete visto in quanti ancora ci ritroviamo a Dardago nelle occasioni classiche? Sempre meno persone tornano con regolarità mantenendo vivi rapporti di amicizia e di vicinato, se non di parentela. La memoria storica del paese e delle sue figure più caratteristiche vive solo negli spazi troppo stretti del bollettino, ma molte altre cose sono perse, dimenticate nel cestino delle buone intenzioni, lasciate sugli scaffali delle cose da fare. Un sacco di volte, ad esempio, ho promesso a me stesso e alla redazione de l’Artugna di scrivere qualcosa per il bollettino, ma non l’ho mai fatto. Perché? Tempo libero poco, cose da fare, lavoro, di scuse ce ne sono molte. Anche la difficoltà di seguire canali ufficiali, magari. Allora perché non creare una grande vetrina, uno scaffale pubblico, una bacheca dove ognuno possa esporre le sue idee, annunciare qualcosa, offrire spazi di ricerca e di colloquio? Quando eravamo più spesso in piazza o dalla Rossa o da Moreal le idee correvano svelte, ci si vedeva più spesso e il tempo non era dedicato solo ad informarsi della reciproca salute e di quanto fosse successo nel tempo trascorso dall’ultimo incontro. Ecco allora che una piazza pos22

siamo trovarla in internet, aperta a tutti, senza limiti di tempo e di spazio. Nessuna concorrenza con la rivista, naturalmente, ma un flusso continuo di idee e cose da cui pescare per arricchire l’archivio della memoria di tutti noi, un deposito di foto vecchie e nuove da condividere, un luogo dove scrivere la nostra storia. Perché? Perché leggere la storia ci spiega come siamo adesso, nel bene e nel male. La nostra storia e le nostre origini sono là che ci guardano dalle vecchie foto; il senso della storia, le tradizioni sono il filo che lega il passato al presente. Certo ciò non significa che dobbiamo vivere legati ai ricordi, ma nemmeno che dobbiamo dimenticare le esperienze passate. Popoli giovani e senza storia creano miti ad ogni occasione perché hanno bisogno di un passato che legittimi il loro presente: pensiamo agli Stati Uniti che hanno mitizzato personaggi di ogni tipo, da Davy Crockett a Buffalo Bill. Oggi invece in Europa troppo spesso si nega il passato o lo si etichetta come inutile peso, come qualcosa da negare, contestare o a cui ribellarsi. Ma la nostra storia è la traccia lasciata nel tempo da coloro che hanno ricostruito il loro mondo lontano da casa, che hanno mantenuto vivi gli affetti e i legami. Così succede che a distanza di anni e di


chilometri i friulani ovunque emigrati non dimenticano la loro terra e la loro origine, non dimenticano la loro storia perché è quella che dà significato al loro tempo, è essere comunque parte di un popolo che passa attraverso il tempo. L’uomo infatti ha bisogno di riconoscersi in qualcosa (bisogno di appartenere) per linea di sangue o di cultura.

Quello che noi vogliamo raccogliere attraverso www.artugna.it è la storia piccola, dei fatti di ogni giorno e delle cose comuni perchè è quella che abbiamo vissuto e sentito raccontare dai vecchi. Scoprendo, oggi, che quella storia vive ancora nella nostra quotidianità e che sempre la ritroviamo quando ci incontriamo in due o tre o più, ecco allora un luogo virtuale do-

ve incontrarci in molti di più, una memoria collettiva per non perdere il senso della nostra storia. Per entrare nel sito l’indirizzo è: www.artugna.it, per inviare una email scrivere a info@artugna.it. Aspettando notizie, foto, suggerimenti e domande, saluti a tutti. MASSIMO ZARDO E ROBERTO DABRILLI

ASD POLCENIGO-BUDOIA

Trampolino di lancio

per i nostri giovani Gli anni passano ma dare un calcio ad un pallone è l’azione più semplice e naturale per i bambini. Chi di noi non ha dato dei calci al pallone per divertirsi. Nella nostra società odierna vi sono diverse associazioni per giocare a diversi sport, ma le più numerose sono quelle calcistiche. In ogni comune più o meno esiste una società calcistica ed anche per il Comune di Budoia vi era l’AS BUDOIA, Presidente unico René Del Zotto, con risultati proficui; purtroppo ci fu la battuta di arresto con molto rammarico di tutti. Anch’io giocai, non per molto, nella squadra giovanile dell’AS Budoia portando il mio piccolo aiuto. C’era una partecipazione di pubblico notevole alle partite, giocate con molto agonismo dai giocatori. Da qualche tempo fra i Comuni di Budoia e Polcenigo, oltre all’impegno amministrativo, vi è una collaborazione per utilizzare in modo proficuo gli impianti sportivi. Questi presuposti e varie riunioni hanno fatto pensare di unire calcisticamente i due Comuni per avere una unione di ragazzi veramente forte, così è nata la nuova ASD POLCENIGO-BUDOIA Associazione Sportiva Dilettanti. L’assemblea aperta a tutti e diretta dal Presidente Leandro Dorigo con Maurizio Carlon, Assessore allo sport per il Comune di Budoia, ha votato il nuovo statuto e chiesto all’unanimità di nominare Presidente onorario René Del Zotto, storico Presidente della passata gestione AS BUDOIA. La relazione del Presidente Leandro Dorigo ha fatto capire che l’obbiettivo principale è quello di educare i ragazzini dei due comuni, alla pratica del calcio, in quanto sport di

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squadra, impone l’apprendimento ed il rispetto delle regole di gruppo a scapito di quelle prettamente personali. L’ASD POLCENIGO-BUDOIA si farà promotrice non solo di manifestazioni sportive ma anche sociali e ricreative con le altre Associazioni del territorio per sensibilizzare i nostri ragazzi alle grandi problematiche che purtroppo segnano, spesso irreparabilmente, la vita di tante persone meno fortunate di noi. Attualmente la nostra Associazione sta seguendo l’attività di circa ottanta ragazzini, di età compresa tra i sei e quattordici anni, con i quali partecipiamo a cinque diversi campionati di categoria. Vicino ai nostri ragazzini vi è la squadra di adulti che milita nel campionato regionale di seconda categoria. Nella stagione appena conclusa numerose sono state le iniziative organizzate a scopo benefico a favore di Enti e Istituzioni che si occupano di bambini ed anziani gravemente malati e/o emarginati. La compagine societaria è costituita da una quarantina di soci con un impegno incessante per il finanziamento attraverso manifestazioni varie quali sagre, feste pubbliche e quant’altro e piccole sponsorizzazioni. Auguriamoci che la nuova ASD POLCENIGO-BUDOIA sia un buon trampolino di lancio per l’unione e lo sviluppo futuro dei nostri giovani e per una vita felice. Aiutiamoci. Grazie. RINO ZAMBON (Vice Presidente)


L’ANGOLO DELLA MUSICA

Cinque righe, sette note... e la melodia prende forma Comare Tonina

Musica: G. Favia Zambon Parole: Cornelio Zambon

In questi 34 anni di vita, l’Artugna ha avuto il piacere di ospitare sei originali composizioni della maestra Tina Favia Zambon. Chi non ricorda con simpatia le melodie di: Sote ’l balèr; Torne a ciasa; No te poi pì sposà; Lauda nova; Ninna nanna (1); Ninna nanna (2). Le prime tre composizioni sono anche entrate nel repertorio del coro Collis Chorus e del coro giovanile del Gruppo Artugna. In questo numero siamo lieti di pubblicare la sua più recente composizione musicale Comare Tonina con il testo in parlata dardaghese realizzato dal marito Cornelio. Unlà vato comare Tonina unlà vato de bona matina mi te vede dhuta ingropada come un got plen de thonclada. Cori sù a ciatàte un moroso dhovin o vecio ma decoroso se te stai a spoià margherite te pol dì a dormì co le pite. No sta stà mai pì da missola ciata un che te consola va de ca e de là. Meti sù ‘l vestito meio tira sù chei poc de ciavei se te vol sposà i pì bei.

Su scominthia a profumate buta via le sporce thavate va de ca e de là. No sta stà mai pì da missola cori cori a ciaminà un moroso te ciaterà e bel prest te sposerà. A Dardac al è un bel fiol ma i plas dormì missol de not al ronthéa e ‘ntel lièt se remenéa. A Budoia in’ è un altro tant vecio ma molto scaltro al lavora dhut ’l dì e a la sera al vol dormì.


A Budoia...

In’ è un de Santa Luthìa che ’l vol portate via ’l à poci ciavei e tanta pantha ma ’l è un fiòl plen de creantha. Veto veto te l’à ciatàt e ’l è pur inamorat che festa se farà!

Quanto mi è gradito parlar di questo paese. È un paese che rassomiglia a quei viandanti, i quali riposano all’ombra di un’altura le loro membra stanche dal lungo peregrinare. Budoia si è scelto una conca baciata dal sole e inclinata per trovare meglio e più sicuro riposo. Lontano dalle grandi «ville» e dagli intensi rumori e movimenti, è posto ad osservazione del piano e sul piano, guardingo e silente come per tema d’essere disturbato. E intorno gli stanno le ondulate chiome dei colli che una brezza di primavera fa fremere, portandogli l’onda aulente del castagno in fiore. A volte mi par di ritrovarmi lungo quei piccoli sentieri a mirar la dolcezza dei verdi pendii; e talvolta mi par di riudire l’eco che di valle in valle porta il richiamo di un pastore o di un legnaiuolo. Dolce e sereno paese che nel suo grande silenzio porta a me il ricordo di tutti gli affetti, i più cari, i più belli. Quando anch’io, come il pellegrino stanco, avrò bisogno di riposo di quel riposo che ridona le forze, rincuora e rianima, troverò rifugio lassù ed avrò serenità e pace, lontano dal mondo turbolento e agitato. Mar Rosso, settembre 1954

Va invidà duth i parenth i sonadors coi lor strumenth che festa se farà.

UMBERTO BOSCHIN

Comare Tonina mea al Signor t’à da ringrathià che chel a l’altar bin prest te sposerà. CORNELIO ZAMBON MARIN NELLA FOTO. BUDOIA, VIA CASALE NEGLI ANNI ’50.


UN ACCORATO APPELLO AI LETTORI

Se desiderate far pubblicare foto a voi care ed interessanti per le nostre comunità e per i lettori, la redazione de l’Artugna chiede la vostra collaborazione. Accompagnate le foto con una didascalia corredata di nomi, cognomi e soprannomi delle persone ritratte. Se poi conoscete anche l’anno, il luogo e l’occasione tanto meglio. Così facendo aiuterete a svolgere nella maniera più corretta il servizio sociale che il giornale desidera perseguire. In mancanza di tali informazioni la redazione non riterrà possibile la pubblicazione delle foto.

’N te la vetrina Muradòrs al lavoro

ANNI ’57-’58 BUDOIA – VIA CARDAZZO A SINISTRA MURATORI BUDOIESI INTONACANO LA CASA DELLA MAESTRA MARIA SCALARI. DA SINISTRA A DESTRA: OSVALDO LOZER VIROL, IL CAPOMASTRO RICCARDO PANIZZUT DIONISO E IL GIOVANE PIETRO DEL MASCHIO FANTIN. A DESTRA RIFANNO IL TETTO DELLA VECCHIA GELATERIA DEL PAESE. DA SINISTRA A DESTRA: ANTONIO DEL MASCHIO FANTIN, BRUNO DEL MASCHIO ANTHOLET, PIETRO DEL MASCHIO FANTIN, RENATO DEL MASCHIO GÈ, LUIGI BOSCO (IL PROPRIETARIO) OVVERO GIGI DE LA FELICITA, RICCARDO PANIZZUT DONISIO ED IL FABBRO GIUSEPPE VARNIER COCA.

BUDOIA – VIA ROMA CASA DI MARCO PANIZZUT DONISIO (ORA DI PROPRIETÀ DELLA PARROCCHIA) SULL’IMPALCATURA I «VECCHI» MURATORI. DA SINISTRA A DESTRA: ANGELO CARLON SACCON, SEVERINO PUPPIN PUTELATE E RICCARDO PANIZZUT DONISIO. (SERIE DI FOTO DI PROPRIETÀ DI ALBERTA NOEMI PANIZZUT DONISIO)


IL PASSATO CHE RITORNA! Capita a tutti, una volta tanto, di aver voglia di far ordine in quei cassetti dove sono state riposte, un po’ alla rinfusa, tutte le cose care tra cui la scatola di latta con dentro le foto. Beh! Sono rimasta proprio sorpresa nel trovarmi fra le mani le foto «Ricordi di Scuola». Rivedendole ora, sembra quasi che ognuno di noi stia pensando «siamo piccoli ma cresceremo...». Ed in effetti siamo «cresciuti», eccome, forse anche un po’ troppo in fretta! Fatalmente, mi ha preso una tale «botta» di nostalgia che non ho potuto resistere dal chiedere a l’Artugna la loro pubblicazione pensando, in questo modo, di far piacere a tutti i cari e «vecchi» compagni che non vedo più da tanti anni. Questo «tuffo» nel passato non potrebbe essere un buon motivo per organizzare un incontro e tornare per una volta ancora «scolaretti»? Saluto tutti molto caramente. ROSELLA DEDOR SOELA

DAL BASSO IN ALTO – DA SINISTRA A DESTRA: TOMMASINO ANDREAZZA, MARIO ZAMBON, GIUSEPPE SIGNORA, LUCIANO BESA, ROMILDA BESA, GIUSEPPE ZAMBON. ANGELA SIGNORA, ANDREINA CAPRANI, ROSELLA DEDOR, LUIGIA..., SERGIO DA ROS, SANTINA CARLON, VIOLETTA ZAMBON, BIANCA SIGNORA, ANTONIO......, RENZO CARLON, FORTUNATO ........, COSTANTINA DEL ZOTTO, MARIANGELA BOSCO, GIOCONDA CARLON, PIERO MEZZAROBBA, GUIDO ANDREAZZA. INSEGNANTE IDA BESA COSMO. (FOTO DI PROPRIETÀ DI ROSELLA DEDOR SOELA).

NELLA FOTO: VAL DE CRODA, ANNI ’70. LA FOTO RITRAE ALCUNI COMPONENTI DELLA FAMIGLIA ADAMO ZAMBON PINAL-SCATOL LUNGO LA SCALETTA IN PIETRA CHE PORTA ALL’EX CIASA MATA DE ’L CIAMADOR DE VAL DE CRODA ORA TRASFORMATA IN RISTORANTE. IN ALTO DA SINISTRA: VITTORIO ZAMBON, PAOLO ZAMBON, TEODOLINDO ZAMBON, LAURA BOCUS. SECONDA FILA: ROSINA ZAMBON, ROBERTO BOCCALON, FRANCO ZAMBON, GRAZIELLA ZAMBON (LEGGERMENTE NASCOSTA). TERZA FILA: ELENA TROVI, LUCIA TROVI, MARIA ZAMBON, RUGGERO ZAMBON. QUARTA FILA: CLELIA ZAMBON, MARIA ZAMBON, VINCENZO ZAMBON. QUINTA FILA: SERAFINO ZAMBON, SANDRA ZAMBON. SESTA FILA: TERESA JANNA, PIERLUIGI ZANUS. SETTIMA FILA FRANCESCA ZAMBON (SORRETTA DA TERESA JANNA), ROBERTO ZANUS. (FOTO DI PROPRIETÀ DI RUGGERO ZAMBON)

NELLA FOTO: VIA SAN TOMÈ, LAVORI IN CORSO NEGLI ANNI ’50 DINANZI LA SEDE DELLA COOPERATIVA DI CONSUMO «LA FRATELLANZA». ALCUNI AVVENTORI DELL’OSTERIA ANNESSA ALLA COOPERATIVA ASSISTONO ALLE FASI DI SCAVO O DI INTERRAMENTO. DA SINISTRA: ALLA GUIDA DELLO SCAVATORE (?), RODOLFO VETTOR MUCI, GERARDO VETTOR, PIETRO ZAMBON «PIERO DE LA COOPERATIVA», ANTONIO BUSETTI CÒCIA, ANTONIO PARMESAN DANUT (SEDUTO). (FOTO DI PROPRIETÀ DI RUGGERO ZAMBON)


Una ricerca pionieristica sulla pubblicità sociale in Cina

Giovanna sulle orme di Marco Polo Sono sempre più numerosi gli studenti trapiantati in Cina per apprendere la lingua. Sono quelli che, dopo una prima volta nel Paese di Mezzo, non possono fare a meno di tornarci. Più e più volte. È stato così per la veneziana Giovanna Puppin, figlia di Marina e Mario Budelone, che ha trascorso – anche grazie alle borse di studio del Ministero degli Esteri – quasi 3 dei suoi 26 anni in Cina, soprattutto a Pechino, all’Università del Popolo, dove ha steso la tesi di laurea specialistica sulla pubblicità sociale nel paese asiatico, prima a livello europeo sull’argomento, tanto da meritarsi 110 e lode. A Giovanna è stato sufficiente bussare alla porta delle più importanti agenzie pubblicitarie di Pechino, leggere i manifesti lungo le vie e in metropolitana e non lasciarsi scappare neanche uno spot della televisione cinese per capire che la «pubblicità progresso» stava prendendo piede anche nel paese dei mandarini. Nessuno prima di lei aveva preso in considerazione tale fenomeno almeno con rigore accademico. Durante i periodi di permanenza in Cina, fin dal suo arrivo nel 1999, Giovanna ha visto fiorire sotto i suoi occhi la pubblicità sociale, iniziata da appena tre anni. I fondi per il diritto allo studio, la prevenzione contro l’AIDS, la sicurezza domestica, l’onestà nel commercio sono stati alcuni tra gli slogan analizzati e tradotti con perizia dalla neodottoressa. Pieni voti e lode per una ricerca pionieristica in Traduzione tecnico scientifica dal cinese che, a detta 28

del professor Lafirenza, direttore del corso di laurea specialistica di Ca’ Foscari attivato da due anni nella sede di Treviso, «è l’inizio di tutte le future ricerche su quest’argomento, una pietra miliare». Complimenti, Giovanna, ed auguri per il tuo futuro! Intanto Giovanna, sofferente del «mal di Cina» – come lei stessa ammette – è nuovamente volata con una borsa di studio tra gli uomini dagli occhi a mandorla. LA REDAZIONE


Lasciano un grande vuoto... l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari

Suor Natalina Fontana Era nata nell’anno 1926 a Noventa Vicentina. Prima di cinque tra fratelli e sorelle, figli di Secondo e Marcante Amelia. Non poteva abbandonare subito la sua casa. C’era la vocazione religiosa ma c’era anche l’impegno di provvedere alla vita e sostegno della casa e dei fratelli più piccoli. Entrò così in convento a Padova il 9 aprile 1946. Seguirono la vestizione, la professione e i voti perpetui nel consacrarsi totalmente allo sposo Gesù Cristo, il 29 settembre 1954. Chiuse la sua esemplare e generosa giornata a Taggì di Sopra il lunedì 5 maggio 2005. Ero presente al rito esequiale che non aveva nulla di triste, ma sembrava un commosso canto pasquale e di gratitudine a Dio e a lei per i singolari tratti umani, sapienti e spirituali che avevano segnato tutta la sua vita ovunque era passata: in diversi paesi del Veneto, a Trieste e soprattutto a Dar-

dago ove fu superiora dal 4 marzo 1972 al 18 settembre 1985, e poi ancora in qualità di superiora nella Comunità di Presenza dal 24 novembre 1990 fino al 12 giugno 2001. Tutte le comunità religiose quasi invidiavano lo stile della Comunità di Dardago, dove semplicità, accoglienza e carità francescana si riversavano come benefica rugiada anche sulle famiglie e la comunità intera. Sr. Aidana, Sr. Felice, Sr. Annalia e altre trovarono in Sr. Natalina una vera maestra di vita e di fede. Chi è vissuto a quei tempi lo sa e fa bene a non dimenticare perché il bene ha sempre accesa la sua fiamma. Quel giorno sostai alquanto accanto alla sua salma. Una suora si accostò e mi sussurrò all’orecchio con profonda convinzione: Sr. Natalina era una santa. Giusto. Era proprio quello che stavo pensando. E penso ancora. DON GIOVANNI PERIN

Luigi Carlon Brolo L’otto marzo 2005 ci ha lasciati Luigi Carlon Brolo. Eravamo in tanti riuniti per darti l’ultimo saluto certi che ciò ti avrebbe reso felice perché tu amavi la gente, amavi la compagnia. Quante ore abbiamo passato ad ascoltare i tuoi racconti, la tua vita, il tuo passato che tanto amavi raccontarci. A volte ti prendevamo in giro... le sapevamo tutte: al barba Bepo, l’agna Rosa, i Fanghi, al Col de le Palse. Avevi reso tutto ciò come una fiaba ma non lo era, era la tua vita, come eravamo la tua vita noi, la tua famiglia, che amavi più della tua stessa esistenza. Hai dato amore con generosità e altruismo, hai seminato saggezza alla 29

luce dei tuoi 93 anni fino all’ultimo giorno. I tuoi occhi e il tuo cuore si illuminavano quando vedevi le tue «TETI», Chiara, Greta e Laura, le nipotine che hanno reso felici gli ultimi anni della tua esistenza, soprattutto dopo la morte della compagna della tua vita: la nonna Rosina. Sei stato un grande maestro di vita, saggio, intelligente e generoso. Ci hai lasciato nel cuore un grande vuoto e nel contempo la consapevolezza di avere avuto un nonno meraviglioso. Ti porterò sempre nel mio cuore, nonno Gigi. ANTONELLA


Mario Ceschel Un ultimo saluto di dolce regalità. Mario Ceschel era per tutti il «re delle spumiglie», erede di un’arte pasticcera appresa dal padre Antonio, vissuta con la moglie Gian Santa, e trasmessa ai figli Giambattista ed Orietta. Di nascita cordignanese, diventava dardaghese tutti gli anni, una volta l’anno – come già voluto dal padre – perché saliva in paese a festeggiare con noi svelandoci il segreto dei suoi sapori fatti di «passione, materie prime eccel-

lenti e cottura», una formula di rito rinnovata in un’intervista al nostro giornale di qualche anno fa. La sua bancarella di prodotti di pasticceria, all’ombra del campanile, brillava nella dolcezza di un sorriso e del gusto. Ad agosto Mario non ci sarà. Il 2 giugno di quest’anno ha riabbracciato suo padre ed ora, insieme, vegliano sui giovani affinché conservino l’antica tradizione di famiglia. Compreso il loro essere dardaghesi per un giorno.

Gemma Busetti Zambon Ti ringraziamo, carissima nonna, per tutte le cose che hai fatto per noi e per gli altri. Giacomo dice che eri una esperta di botanica (oltre che di tante altre cose) e infatti qui è pieno di piante e fiori che tu curavi ed annaffiavi, alzandoti prestissimo. Stai tranquilla che continueremo a curarle noi, insieme al nonno. E che dire della tua cucina. della pasta e dei mille piatti che cucinavi per noi. Quante golosità. Ora siamo noi a cucinare, grazie ai tuoi insegna-

menti ed al tuo esempio. Tutto questo con la tua grande energia ed il tuo buonumore: sempre allegra, sorridente, ottimista. Ora è tempo che pensi un po’ a te ma sappi e ricordati che noi ti vorremmo sempre un gran bene e ci rimarrà il ricordo di una nonna stupenda. Sei stata una persona fantastica e sarai sempre nel nostro cuore: siamo stati proprio fortunati ad avere una nonna come te. I tuoi nipoti: Suna, Alice, Laura, Pedra e Giacomo

Ciao, Silvia! Ciao Silvia, è strano salutarti quando sembri ancora tra noi, con la tua espressione serena, la tua semplicità, la capacità di sorridere anche sulle piccole delusioni della vita. La tua spontaneità ci rincuora con una speranza: trascorsi i giorni in cui le lacrime e i sospiri dicono più delle parole, non ti ricorderemo con tristezza, ma,

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pensandoti, troveremo di nuovo il buonumore che tu riuscivi a spargere attorno a te. Dal cielo dona serenità ai tuoi amici e famigliari. GLI AMICI DEL GRUPPO GIOVANILE ARTUGNA


Cronaca Cronaca a cura di Marta Zambon

La verta in Ciampore

Un dopomesdì in oratorio

Domenica 15 aprile presso l’oratorio di Budoia abbiamo organizzato con l’aiuto di alcuni genitori un corso di decoupage. È stato un bellissimo pomeriggio tra pennelli, colori e vernici, durante il quale ci siamo impegnati in allegria e abbiamo realizzato degli originali e coloratissimi quadretti. CHIARA, MARTINA, VALENTINA, MATTEO, FABIO

Co’ l’Auser ’n te le Marche

Un interessante tour delle Marche riservato ai soci Auser si svolge tra il 16 e il 19 maggio. Il lunedì pomeriggio il gruppo è già a Pesaro per ammirare la Sfera Grande di Pomodoro, il Villino Ruggeri in puro stile Liberty, il Duomo, gli scavi romani, le chiese di san Francesco e Domenico, il Palazzo Bariviera e il conservatorio Rossini. Il martedì è dedicato principalmente a Urbino, città d’arte per eccellenza, definita l’Atene d’Italia poiché uno dei centri maggiori del classicismo ri-

nascimentale, grazie soprattutto al duca Federico da Montefeltro. Mercoledì trasferimento a Recanati, paese natale di Giacomo Leopardi, dove è possibile visitare il suo palazzo. Si prosegue per Loreto, cittadina celebre in tutta la Cristianità grazie alla basilica lauretana, nella quale si trova la casa della Vergine Maria che la tradizione vuole sia stata trasportata in volo dagli angeli dalla lontana Nazaret. L’ultimo giorno si parte per Gradara, borgo fortificato tra Marche e Romagna, reso celebre da Dante Alighieri che narrò la storia di Paolo e Francesca da Rimini.

URBINO, I LUOGHI DEL DUCA FEDERICO.

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Domenica 22 maggio 2005 si presenta come una magnifica giornata di sole in cui la Primavera si dimostra degna di essere festeggiata. I bambini e vari accompagnatori si ritrovano sulla Riva de Basso dove, dopo la Benedizione, inizia la passeggiata lungo i sentieri puliti in precedenza dai volontari della Pro Loco, della Protezione Civile e della Sezione ANA Bepi Rosa. Il cammino, lungo le località Là de l’Artugna, Codolàt, Rosta e Trioi, è alleggerito dal ristoro preparato dall’Auser e da numerose e interessanti pause durante le quali il prof. Fernando Del Maschio dispensa numerose curiosità sulla flora locale. Al parco Val de Croda la Scuola Materna espone i lavori dei bambini e offre le torte preparate dalle mamme, mentre le classi delle Elementari si esibiscono nelle danze popolari impa-


rate durante l’anno con l’Artugna. Il presidente della Pro Loco Gian Pietro Fort consegna i diplomi ai ragazzi che hanno collaborato alla buona riuscita della giornata ecologica. Dopo pranzo divertimento per tutti grazie a un inaspettato giro a cavallo e ai giochi organizzati dall’Oratorio, dal Progetto Giovani e dal comitato Cittadini per la Scuola. Più tardi i bambini rimangono incantati dal teatrino nel bosco.

L’Infiorata del Corpus Domini

Il solito gruppo dei quarantini e quarantatreini organizza un piccolo tour a carattere culturale e gastronomico nelle Marche. Si parte venerdì 27 maggio per arrivare a Porto Recanati dove si pranza a base di pesce. Il pomeriggio è dedicato alla visita di Ancona, guidati dal Cicerone budoiese (Fernando Del Maschio per chi non lo conoscesse!). L’indomani il gruppo ammira una tipica cittadina marchigiana e il centro storico di Ascoli Piceno. La sera qualcuno scende nel paese di Castelraimondo (MC) per assistere all’allestimento dell’Infiorata: ogni anno in occasione del Corpus Domini le strade vengono ricoperte con incredibili immagini religiose disegnate con petali di fiori e foglie! La domenica infatti la Santa Messa è seguita dalla suggestiva processione. Il tour conclude in bellezza con una deviazione per San Marino.

Pa’ la mission de suor Rita

Domenica 23 gennaio la parrocchia di Dardago ha ospitato suor Rita Saccol, missionaria comboniana nella favela Baixo do tubo a Salvador de Bahia. Suor Rita è

venuta a ringraziare quanti l'hanno aiutata nella realizzazione di un suo grande sogno: quello di ampliare l'asilo (Casa da Pastoral da Criança) all'interno della favela. Della situazione dei bambini e delle condizioni in cui operano le suore comboniane nonché delle necessità della missione ne ho ampliamente parlato in alcuni articoli su l'Artugna. A ricordo della generosità della nostra parrocchia e a testimonianza che le somme raccolte sono andate a buon fine, le suore hanno voluto dedicare una’aula alla nostra pieve (vedi foto). Personalmente desidero ancora una volta unirmi a suor Rita nel ringraziare quanti hanno collaborato e contribuito a questa iniziativa. PIETRO IANNA

’N te la Val de Non

Domenica 19 giugno 2005 l’Auser di Budoia organizza una giornata in Trentino. Partiti di buon ora (alle 5.30) i partecipanti arrivano a Cles dove ammirano il suggestivo castello, ancora abitato. Il pranzo e l’inevitabile riposo per riprendersi dal caldo si svolgono a Dimaro. Nel pomeriggio qualcuno visita le terme di Peio, altri preferiscono una passeggiata. Il programma prevedeva anche la visita alla Casa Solerana a Malè, ma il museo della cultura locale è chiuso e i nostri si devono consolare in una gelateria famosa per proporre gelati dai gusti più disparati.


Prima Comunion a Dardac

Elisa Bocus, Nicol Bocus, Alessandro Cozzi, Giulia Ianna, Martino Gilli, Michele Lachin, Luca Pauletti e Stefano Salgarella ricevono la prima Comunione domenica 5 giugno nella Pieve di Dardago. I bambini, assieme ai loro amici che si avvicineranno al Sacramento in ottobre a Budoia, sono stati preparati dalla catechista Gianfranca. Un importante momento si è svolto la settimana precedente in cui bambini e genitori hanno partecipato al ritiro spirituale con don Adel e Emanuela.

citori anche una coppa. La giornata ha lasciato tutti soddisfatti tanto che il sabato successivo i collaboratori si sono ritrovati a festeggiare in oratorio. Spero che si rifaccia anche il prossimo anno, organizzandolo ancora meglio. MATTEO FUCCI

Pithola, ma granda Omis e canais drio ’na bala

Domenica 12 giugno 2005, il gruppo dell’oratorio in collaborazione con la Pro Loco ha organizzato un torneo di calcetto. C’erano molti partecipanti tra grandi e piccoli, l’oratorio era strapieno di spettatori. Nella mattina si sono sfidate le squadre dei ragazzi mentre dopo il pranzo è stata la volta degli adulti. Gli arbitri erano federali, molto bravi. Io ero con la squadra delle Aquile, però ho dovuto giocare con altre squadre perché mancavano bambini. La mia squadra è arrivata prima, mentre nel torneo dei grandi ha vinto il Flamenco. Alla fine tutti hanno avuto una medaglia e i vin-

Il 24 – 25 giugno, a Bormio si sono tenuti i campionati italiani di pattinaggio corsa. La nostra compaesana Elisa Bocus e altre trentanove coetanee provenienti da tutta Italia, dopo essersi qualificate alle gare regionali (Elisa 1a sul podio per il Friuli) hanno potuto disputare la gara più importante per la loro categoria. Dovevano superare due gare: una il 24 giugno che consisteva in un percorso di destrezza a tempo, e una il 25 giugno dove le concorrenti dovevano percorrere 400 metri in linea. Elisa ha dato sempre il massimo di se stessa, superando con grande maestria tutte le eliminatorie ed arrivando in finale in en-

trambe le gare guadagnandosi due medaglie di bronzo! Alla fine del secondo giorno il pubblico, riconoscendo la bravura e la simpatia di Elisa, acclamavano a gran voce: «Forza Elisa, sei piccola ma grintosa! Vai, vai, veloce come il vento!». Elisa Bocus aveva tre anni e mezzo quando, per imitare il fratello Luca che già pattinava, ha indossato un paio di pattini. Subito si è capito che il pattinaggio era un «qualcosa» che aveva dentro, nel cuore e nell’anima. Ora a nove anni, la grinta e la per-


severanza l’hanno portata a raggiungere un livello che per bambini della sua età, che praticano uno sport, è uno dei sogni più belli che possano avverarsi. Il fratello Luca, «atleta di grande esperienza con diversi podi in attivo» l‘ha aiutata a crescere e ad aver fiducia in se stessa nel mondo del pattinaggio. Nei due giorni trascorsi a Bormio le ha fatto sia da «meccanico ai box» che da «cameraman» durante le gare. Un grazie a Luca per ciò che ha fatto. Un grazie ad Elisa per aver regalato alla sua squadra, la LIBERTAS PORCIA, tanta felicità ed orgoglio ma, soprattutto, un grande abbraccio e ringraziamento al suo allenatore ELIO ZONCA. GRAZIE, Elisa, da papà, mamma e Luca.

Pa'la dhent de l'Africa

Tra febbraio ed aprile di quest'anno, nella Missione delle Suore Domenicane «B. Imelda a Yaounde» nel Camerun in cui opera suor Bernarda Carniel, si sono svolti i lavori di perforazione del suolo alla ricerca di una falda acquifera, trovata a sessanta metri di profondità. I primi a beneficiare dell'acqua pura e fresca di quel pozzo sono stati i bambini che frequentano la missione, che con i loro calorosi sorrisi ringraziano

FINALMENTE CE NÈ... TANTA!

Budoia e Dardago per aver contribuito generosamente alla realizzazione di quell'opera.

Là pa’ le Russie

Un gruppo di dieci persone di Budoia ha avuto l’idea di raggiungere la Russia. Arrivato nella serata a San Pietroburgo, ha potuto, come prima cosa, ammirare il fenomeno delle notti bianche, per cui c’è luce anche durante le ore notturne, e lo spettacolo dei ponti che si aprono come porte magiche durante la notte. San Pietroburgo, pur essendo una città nordica, è tipicamente europea nel suo stile di vita e nella sua bellezza architettonica, che colpisce il visitatore che arriva per la prima volta. Qui tutto è «grande» dalla vastità alla ricchezza e tutto ciò che si trova in essa. Arrivando dall’aeroporto si percorre la prospettiva Nevsky, la più importante arteria (lunga 4 km) che con i suoi centri commerciali e negozi attira i turisti. Girando per la città si ammirano palazzi e monumenti legati al nome di illustri artisti italiani, quali Domenico Trezzini che lavorò per la nascita della città dal 1703 al 1734, l’architetto Giovan Mario Fontana, Carlo Rastelli, Antonio Rinaldi, Giacomo Quarenghi, seguiti da tanti altri: ciò da al turista l’impres34

sione di essere avvolto da un’atmosfera familiare e di sentore italiano. La città, pur essendo costruita sul mare e percorsa da una miriade di canali e della Neva (che fa di San Pietroburgo uno dei principali porti marittimi della Russia) possiede una vasta rete metropolitana: le scale mobili di accesso alle stazioni sembrano pozzi minerari, tanto sono profonde! Il nostro itinerario ci ha portati a conoscere la Fortezza di S. Isacco, le chiese e i monumenti in essa contenuti, e la tomba del fondatore della città, Pietro il Grande. L’Hermitage già all’esterno colpisce per la sua grandiosità e imponenza; la ricchezza delle opere contenute è indescrivibile, perché solo visitando e vedendo si può avere una vera immagine di quanto grande sia la capacità del genio umano. Ecco, queste sono le impressioni che può avere il visitatore desideroso di nuove conoscenze e di nuovo bagaglio artistico e storico, bagaglio che deve essere aggiornato dalla familiarità e cortesia dei Sanpietroburghesi, che hanno saputo lasciare alle spalle un triste periodo dittatoriale fatto anche di privazioni e sopportazioni, cambiato ora in accogliente prosperità e benessere per tutti. E per terminare cito un comune proverbio russo: «in Russia tutto quello che brilla è oro!». FORTUNATO RUI


W gli sposi

Massimiliano ed Edoardo Gelmetti rendono gioiosa la vita ai loro genitori e ai nonni Renate e Mirko Del Zotto.

Inno alla vita

Budoia. 95° compleanno di Alda Signora, attorniata dai suoi famigliari.

Se le brutte notizie corrono veloci, quelle belle… volano! Il messaggio trasportato da decine di palloncini colorati liberati sul sagrato della Chiesa di Dardago, dopo aver sorvolato la Pedemontana, la Valcellina, la Val Meduna e la Val d’Arzino, è entrato in Carnia, per essere ritrovato l’indomani da alcuni bambini su un prato a Imponzo, piccolo paese sopra Tolmezzo. La bella notizia riguardava il matrimonio di Elena (chela che la sona l’orghin) e Daniele, che si sono sposati sabato 14 maggio. La cerimonia, animata dalla Cantoria e dal Gruppo Artugna, è stata seguita da alcune danze, dalla condivisione del pane, dal tradizionale taglio della catena e da un beneaugurante giro della piazza sulla careta trainata dalla mussa.

Tutti insieme fanno 273 anni! Tre fratelli veramente in gamba. Sono da sinistra, Osvaldo Bocus Frith (1912), Ida (1909) e Guerrino (1921). La foto è stata scattata in occasione del 95° compleanno di Ida.

Auguri dalla Redazione!

20 maggio 2005. Alpidio e Fernanda Bocus festeggiano i 55 anni di matrimonio. La redazione augura a questi due affezionati lettori ancora molti anni di vita in comune pieni di salute e di serenità.


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Toronto, 21 aprile 2005

Venezia, 18 aprile 2005

Gentili signore e signori, mi chiamo Osvaldo Carlon, sono di Venezia, mio padre, zii e zie ed i nonni paterni erano di Budoia (la nonna paterna in realtà era di Santa Lucia, una Besa). Ho visto ieri per la prima volta e per caso un inserto (credo il n. 104 di marzo 2005) della rivista l’Artugna (parola che mi risulta sconosciuta), a cura della signora Vittorina Carlon e dedicata ad un ramo della famiglia Carlon, i Fassiner. Pensavo che Fassiner o piuttosto Fassinera fosse un cognome (avendo spesso sentito nella versione al femminile da piccolo in famiglia, come ne sentivo un altro, «Scussàt»); ieri ho scoperto trattasi invece di un’indicazione di un ramo genealogico e a questo punto penso che valga lo stesso anche per «Scussàt». Credo che il mio ramo sia quello dei «Ciec» (non so come si scriva, forse Cec, ma è probabile che sia proprio Ciec, in quanto deriva da un’alterazione del primo «cioc», che era un suffisso dal tono troppo canzonatorio per essere usato, a quanto almeno si dice fra cugini in famiglia). Non ho la più pallida idea di quanta vicinanza o lontananza ci sia fra questi rami. Ho allora guardato se trovavo qualcosa di l’Artugna su internet ed eccomi qui. Sono a scrivervi anzitutto per complimentarmi per l’elegante in-

serto che ho avuto occasione di sfogliare (e di cui provvederò a farmi una fotocopia) e poi per chiedere se sia possibile ricevere la rivista (eventualmente qualche numero passato per pdf) e quale sia il contenuto dei precedenti inserti (sono forse dedicati ad altre famiglie di Budoia o Dardago?). Vi ringrazio della cortese attenzione e porgo i miei più cordiali saluti. OSVALDO CARLON

Gent.mo ing. Osvaldo Carlon, è davvero un sommo piacere averla tra noi! Ben conosciamo le origini dei suoi avi per aver frequentemente raccolto testimonianze ed analizzato l’onomastica del luogo. Le abbiamo riservato a pagina 21 una sorpresa, che ci auguriamo possa farle piacere. In riferimento agli altri soprannomi: Fassiner era la forma al maschile, mentre Fassinera era quella al femminile; Scussàt, invece, è un cognome. La ringraziamo per l'apprezzamento manifestato al nostro periodico l’Artugna, il cui nome deriva dal torrente che nasce dai monti ed attraversa il Comune di Budoia. Il suo nominativo è oramai incluso nell’elenco dei nostri abbonati. Sarà nostra cortesia spedirle anche qualche copia arretrata del giornale e degli inserti. Cordialmente. 36

Spett.le Redazione de L’Artugna, desidero inviare il mio personale ringraziamento e apprezzamento per il periodico e per ciò che pubblicate. Con l’invio del giornale fate felici tante persone. Il sentimento di gioia che ho provato quando l’ho ricevuto la prima volta lo riprovo sempre ogniqualvolta mi giunge e per questo devo ringraziare mio fratello Pietro Zambon, che vive a Praturlone (Pordenone) dove io sono nata. I miei nonni Pietro e Caterina Zambon di Dardago si trasferirono a Praturlone molti anni fa. Quando ero ancora residente in Italia, mio padre Alessandro ogni anno il 15 agosto ci portava a Dardago per festeggiare, assieme ai nostri parenti, la Festa della Madonna Assunta. Difficilmente dimenticherò quei giorni. Dal 1951, con mio marito Luigi Tedesco, sono residente a Toronto (Canada) e da allora la nostra famiglia è cresciuta. Mio figlio Robert e sua moglie Brenda hanno due figli: ormai grandi che frequentano l’università. Dardago non l’ho mai dimenticata e, quando ritorno in Italia, non manco mai di venire a visitare il paese che mi è rimasto nel cuore. Rinnovo i ringraziamenti a l’Artugna per aver pubblicato in collaborazione con mio fratello Pietro e sua figlia Lorena, l’albero genealogico della nostra famiglia che ho molto apprezzato. Un cordiale abbraccio LEONIDA ZAMBON E FAMIGLIA

Gentile signora Leonida, ricevere questo tipo di lettere fa bene. Fa pensare e meditare. Sono passati più di 50 anni e Dardago con le sue tradizioni e i suoi affetti non è stato dimenticato! Anche se i in tempi lontani i suoi nonni prima di andarsene


definitivamente dal paese lasciarono scritto sul muro del blavèr: «Addio Dardago, partiamo per Praturlone» certamente non voleva essere un addio. Un filo, mai reciso, è rimasto e vi unisce al paese, in quel filo corre la corrente dei sentimenti. Bravi e grazie per l’esempio.

Metafora a parte, le siamo riconoscenti come lo siamo con tutti quei lettori e amici che si ricordano del giornale. Speriamo di vederla spesso a Dardago... qui l’aria è più fine e fresca. A presto.

Milwaukee (U.S.A.), 9 maggio 2005

Milano, 5 gennaio 2005 Praturlone, 25 maggio 2005

Spett.le Redazione, varie sono le occasioni che ogni tanto mi fanno tornare a Dardago. Recentemente per la domenica di Pasqua, in compagnia di alcuni miei famigliari, ho partecipato con la comunità di Dardago alla Messa Granda. All’uscita della chiesa, sul sagrato, c’è stato lo scambio degli auguri, un saluto a parenti ed amici, una visita al «banchetto» dove si distribuisce l’Artugna e poi di nuovo via... Famiglia, casa, lavoro mi hanno ancora una volta riportato a Praturlone. Le mie visite a Dardago ormai durano solo poche ore. Grazie per aver pubblicato l’albero genealogico della mia famiglia sul numero 102 del mese di agosto dello scorso anno. Unisco a questa mia un contributo per il giornale. Vi saluto, vi ringrazio e vi auguro di continuare. PIETRO ZAMBON

Egregio sig. Pietro, anche se le sue visite durano solo poche ore, Dardago le dà sepre il benvenuto. Praturlone poi non è molto lontano. La redazione ringrazia lei e la sua famiglia per il generoso contributo. Come lei ben sa l’acqua ne l’Artugna non è molta, anzi spesso il torrente è secco e mostra al cielo le sue bianche crode. Poi arriva la pioggia e la montana torna a scorrere.

paio di anni fa, la consigliamo di rivolgersi al Comune di Budoia che ha curato la mostra. Cordiali saluti.

Spett.le Redazione, buon giorno! Vi ringrazio per l’Artugna. Anche questa volta mi avete regalato dei ricordi. Nella rubrica «’N te la vetrina» ho ritrovato la foto dei miei nonni, paterni e materni, si tratta proprio di una delle foto che, nei primi anni sessanta, erano esposte... nella vetrina del mobile della cucina dei miei nonni. Nelle foto del Dardagosto 1965 ho rivisto, invece, l’immagine di un mio coetaneo e lontano parente, nato in Francia e che non rivedo da quarant’anni. Ho apprezzato e mi complimento per l’articolo di Anna Pinal «Plens de Trabacole». Mi piacerebbe veder pubblicata una foto di tutto il gruppo della redazione e collaboratori de l’Artugna con specificati i rispettivi nomi, almeno, potrei riconoscervi se, eventualmente, vi incontrassi per le strade del paese. Ho apprezzato la mostra di fotografia di circa due anni fa, in Budoia, mi piacerebbe vedere altre raccolte degli anni dal 1950 in poi e ritirare il rispettivo volume. Cordialmente FORTUNATO CARLON

Gent.mo signor Fortunato, siamo noi a ringraziarla per tutte le cose belle che ha espresso nel suo messaggio. Uno degli obiettivi de l'Artugna è stato raggiunto, quello di far riaffiorare i ricordi. Relativamente alla richiesta del volume fotografico realizzato un 37

Spett.le Redazione, ho scoperto il vostro sito: la rivista è bellissima. Bravi! Sono stato a Dardago per una settimana, ad aprile, e mi è molto piaciuto. La nipote di mia moglie abita lì con suo marito che è un soldato americano. Ogni giorno facevo una passeggiata e mi divertivo molto a Dardago, anche se è tranquillo. Non dimentico la cena al Rifugio e quel amicone di Giacomo al Bar Artugna in piazza. Dal capitello sulla strada verso il Rifugio ho imparato a non mangiare i funghi che non conosco (come l’uomo sfortunato morto avvelenato nel 1823). Spero di tornare presto. Saluti da Milwaukee ROBERTO TANZILO WWW.MONFERRINI.COM

Caro Roberto, grazie per i complimenti! Complimenti anche a te per il ricco sito www.monferrini.com. Lo abbiamo trovato molto interessante. È molto bello che gli emigranti e i loro discendenti mantengano i legami con la loro terra di origine. Siamo contenti che ti piaccia il nostro piccolo paese. Piace anche a noi proprio per la sua tranquillità. A proposito dei bovoli, (ti ricordi la lapide dell'uomo morto nel 1823, dopo averli mangiati?) bisogna dire che nel dialetto veneto (qui da noi si parla un friulano con molte infiltrazioni venete) i bovoli sono le lumache! Chissà per quale motivo è morto quel povero uomo! Ciao e, se vuoi, scrivici ancora!


[...dai conti correnti]

...per comunicare con

il Municipio In seguito alla recente riorganizzazione è possibile raggiungere telefonicamente gli uffici comunali senza passare per il centralino. Questi i nuovi numeri.

Cordiali saluti a tutta la Redazione e grazie per l’Artugna. NADIA E ANTENORE BOCUS TORONTO (CANADA)

NUMERI TELEFONICI

0434 671911 Centralino – Ufficio Protocollo

Grazie per l’Artugna. Riceverlo è sempre una festa.

671912 Sindaco 671913 Segretario Comunale

MARCELLINO ZAMBON – TORINO

671914 Ufficio Ragioneria 671914 Vice Segretario Responsabile Ufficio Finanziario

L’Artugna, tenace filo che ci unisce al passato e al presente. Buon lavoro e grazie.

671920 Ufficio Servizio Servizi Demografici 671930 Ufficio Tecnico

SILVANA BOCUS PISU – SUSEGANA (TV)

671931 Ufficio Tecnico Urbanistica 671932 Ufficio Tecnico Lavori Pubblici

Un caro saluto e augurio alla Redazione.

671940 Ufficio Tributi 671950 Ufficio Vigilanza Urbana

DANIELA ANGELIN CARGIOLI

671960 Ufficio Segreteria

S.MARGHERITA LIGURE (GE)

671961 Ufficio Affari Generali – Commercio 671970 Ufficio Servizi Sociali

Una mia offerta per l’Artugna.

671971 Ufficio Assistenti Domiciliari GIOVANNINA ZAMBON – BROZOLO (TO)

671980 Biblioteca Civica 671981 Sala Consiliare NUMERO TELEFAX

0434 654961 Telefax POSTA ELETTRONICA

protocollo@com–budoia.regione.fvg.it

Doi quadri pa’ ’l Teatro Ruggero Zambon pur vivendo a Berna (Svizzera) da oltre 60 anni, non si dimentica mai della sua natìa Dardago. Puntualmente ogni estate è tra noi. Quale segno tangibile per dimostrare l’affetto che nutre per la comunità dardaghese ha voluto donare due quadri per abbellire le pareti del nostro teatro. I quadri che visualizzano l’idea della musica nel tempo sono stati consegnati al nostro sindaco Antonio Zambon. «Dono questi due quadri al Teatro di Dardago. Riconoscente alle mie origini», questa la dedica con la quale Ruggero accompagna il dono.

38


festeggiamenti PER L’ASSUNTA PROGRAMMA RELIGIOSO DOMENICA 14

ore 11.00 ore 17.00 ore 18.00

Santa Messa Confessioni Santa Messa Prefestiva

LUNEDÌ

ore 10.30

Santa Messa Solenne dell’Assunta accompagnata dalla corale «Santa Maria Maggiore» Santa Messa Vespertina

15

ore 17.00

PROGRAMMA RICREATIVO MERCOLEDÌ 10

ore 20.45 · in piazza Esibizione del Gruppo Folcloristico «Città di Szeged» (Ungheria) Serata in collaborazione con l’«Associazione Amici di don Nillo»

VENERDÌ

12

ore 20.45 · in teatro La Compagnia Teatrale «El Tanbarelo», Bellombra presenta DON CHECO commedia brillante in tre atti di Attilio Rovinelli

SABATO

13

ore 20.45 · cortile ex scuole elementari Serata danzante con l’orchestra «Retrospettiva»

DOMENICA 14

ore 20.45 · cortile ex scuole elementari Serata «Blue Sugar»

LUNEDÌ

ore 16.00 · cortile ex scuole elementari Giochi popolari per i ragazzi ore 20.45 · cortile ex scuole elementari Serata danzante con l’orchestra «Loris e i Milords»

15

DAL 6 AL 15 AGOSTO Pesca di Beneficenza presso i locali della canonica. Il ricavato sarà destinato al restauro della Chiesa. Mostra di pittura e scultura presso i locali del teatro. I festeggiamenti si svolgeranno con la collaborazione di Amministrazione Comunale, Associazione «Amici di don Nillo», Comitato Festeggiamenti Dardago, Gruppo Giovanile Artugna, Parrocchia di Dardago, Periodico l’Artugna, Pro Loco Budoia, AFDS – Dardago.

NOTE TRA LE MALGHE FESTIVAL MUSICALE NELLE MALGHE ATTORNO AL MONTE CAVALLO

bilancio

DOMENICA 31 LUGLIO ore 14.30 · Malga Pian Mazzega (Piancavallo) «Bushi Sax 9»

Situazione economica del periodico l’Artugna Periodico n. 104

entrate

Costo per la realizzazione + sito web Spedizioni e varie Entrate dal 1.03.2005 al 10.07.2005

4.126,50

Totale

4.126,50

uscite 3.562,00 594,50

4.156,50

DOMENICA 7 AGOSTO ore 14.30 · Malga Valle Friz (Budoia) Quartetto dell’Orchestra d’archi «G. Fauré» con la partecipazione del soprano Stefania Antoniazzi e del tenore Corrado Margutti


Vardànt da la banda de la busa de Sarone O Presto il giorno avrebbe riposato. Il calmo respiro della sera profumava di rosso, dei petali dei fiori, delle risa dei bambini, della vita del paese. Anche i colori cercavano il silenzio e si svestivano verso il cielo. Il campanile, le montagne, le case disegnavano sagome nere, nude del loro corpo a contemplare un ultimo pensiero prima del sonno. «Avaròn bel temp», così mi diceva mio nonno scrutando il cielo che si costruiva da ovest, a Sarone. Perché non ci si può sbagliare, il cielo lo vedi, l’aria l’annusi, la notte l’ascolti. E a saperla ascoltare ti racconta che il tramonto non è la fine della giornata ma una pausa necessaria per capire il nuovo giorno.


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