l'Artugna 109_2006

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia

Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

Anno XXXV · Dicembre 2006 · Numero 109

Un nuovo pastore per Santa Lucia Un grande uomo... mio padre Vema e Budoia alla Biennale di Architettura Tradizioni d’autunno


di Roberto Zambon

[ l’editoriale ]

Come anticipato nel numero di Agosto, pubblichiamo l’analisi delle risposte al questionario che l’Artugna ha realizzato in occasione dei suoi 35 anni. Questionario che era stato pensato per verificare il gradimento del periodico presso i lettori, per capire quali parti della rivista piacciono di più e per chiedere consigli e suggerimenti. L’analisi delle risposte risulterà particolarmente utile alla redazione per creare una rivista sempre più vicina alle esigenze dei propri lettori.

Sono 95 i lettori che hanno compilato il questionario. Li ringraziamo sinceramente per la loro collaborazione. Trattandosi di un sondaggio è un ottimo risultato, poiché tale cifra rappresenta circa il 15% delle copie distribuite. Le prime due domande riguardavano la zona di residenza e l’età dei lettori.

Le altre domande erano rivolte a conoscere il giudizio che i lettori danno al periodico e a conoscere eventuali consigli per migliorare l’Artugna. A queste domande si potevano fornire più di una risposta. La maggior parte dei lettori si avvicina al periodico per interesse (77 risposte), per informazione (66); un po’ meno per curiosità (48).

Uno degli obiettivi del questionario era di sapere quali sono le rubriche o gli argomenti ritenuti più interessanti dai nostri lettori. Eccone la classifica in uno schema in cui sono riportate le preferenze suddivise per classi di età.

[ continua a pagina 27 ]

l’Artugna vista da i suoi lettori È risultato che il 29% abita nel comune di Budoia, il 59% in altre località italiane e il 12% all’estero. Per quanto riguarda l’età, questa è abbastanza elevata, poiché circa il 60% ha dichiarato di aver superato il 60 anni e quasi il 20% è posizionato tra i 50 e i 60 anni. Si comprende subito che il campione statistico è molto attendibile poiché, se si considerano le percentuali relative alle zone di residenza dichiarate nei questionari, queste si avvicinano di molto ai dati riguardanti le statistiche sulle spedizioni nelle varie città e all’estero.

Argomenti o rubriche

Preferenze totali

Più 60 anni

Da 50 a 60

Meno 50

Cultura e storia Racconti di vita Ruota della vita Cronaca Testimonianze Editoriale I ne à scrit Alberi genealogici La lettera del plevan ’n te la vetrina Inno alla vita La pagina delle Associazioni

77 68 62 60 54 50 50 46 45 38 29 24

48 47 41 39 40 32 35 31 33 26 22 17

14 13 11 9 9 8 7 11 7 5 4 3

15 8 10 12 5 10 8 4 5 7 3 4

2

1° 2° 3° 4° 5° 6° 7° 8° 9° 10° 11° 12°

1° 2° 3° 5° 4° 8° 6° 9° 7° 10° 11° 12°

1° 2° 3° 5° 6° 7° 8° 4° 9° 10° 11° 12°

1° 5° 3° 2° 8° 4° 6° 10° 9° 7° 12° 11°


«In Lui oggi risplende in piena luce il misterioso scambio che ci ha redenti, la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne» [PREFAZIO III DEL NATALE]

la lettera del

Plevàn Carissimi fratelli e sorelle di Budoia, Dardago, Santa Lucia, pace e bene! Dal 24 settembre con il servizio di Parroco anche a Santa Lucia, le tre Comunità hanno un solo pastore. Se rimane intatta l’identità e la forma giuridica di ogni singola Parrocchia, deve prendere nuova forma l’impegno comunitario, la fraternità, l’unità di cuori e la carità di intenti. Grazie alla disponibilità del Patriarcato di Venezia, ci è di aiuto un giovane sacerdote proveniente dalla Lituania, studente di Diritto Canonico al Marcianum, don DOMAS (Domenico); lo abbiamo accolto con grande gioia, lo sentiamo già uno di noi e lo ringraziamo per il suo impegno. ***

Il Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, celebrato a Verona lo scorso ottobre alla presenza del Papa, ha delineato il futuro della Chiesa in una Società multietnica, multiculturale e multireligiosa, ove trovino spazio il rispetto, la tolleranza e il dialogo. Ciò inizia con una solida educazione in famiglia, nella scuola, nella catechesi e nella Messa domenicale per essere testimoni coraggiosi di Cristo e seminatori di fiducia e di speranza per un mondo rinnovato. Siamo quindi chiamati ad essere sale, luce e lievito per tutti, senza dimenticare o peggio ancora rinnegare le nostre origini assunte con l’impegno battesimale.

Il Natale del Signore che si rinnova ci riempie di gioia e di speranza. Gioia, per il grande evento dal quale ha avuto inizio la storia della salvezza, la nostra storia. Speranza, perché dobbiamo – come i pastori e i Magi, come uomini e donne di buona volontà – avere fiducia in questo Bambino, venuto nel mondo a portare pace e serenità. E il mondo, ha bisogno di questi doni. Ogni primo giorno del Nuovo Anno, la Chiesa lo affida a Maria con la giornata mondiale della Pace. Preghiamo allora perché si spengano i conflitti interiori e nel mondo; tacciano per sempre le armi; si riempiano i granai per sollevare le moltitudini di affamati, ammalati e senza futuro. Gesù è il Verbo, la Parola incarnata e consegnata al mondo. È Lui solo la nostra salvezza. *** Ogni Natale Gesù nasce non solo per la storia ma soprattutto nel nostro cuore. Dobbiamo provare lo stesso stupore di Maria Santissima, che all’Annuncio dell’Arcangelo Gabriele che doveva diventare Madre, gli chiede: «Com’è possibile che accada questo?» Per poi sentire l’inequivocabile risposta: «Tutto è possibile presso Dio!» Dopo la colpa del peccato originale Dio non ha lasciato l’umanità senza speranza. Ha mandato Suo Figlio, il Salvatore, il Redentore che viene a rendere nuovo il vecchio, a trasformare il dolore in gaudio, il peccato in grazia, la morte in vita. Il Natale è l’evento stupendo che divide la storia in «prima e dopo Cristo». Egli che era presso Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi, a condividere la nostra condizione umana e a offrire la Sua Vita per la salvezza di tutti, per darci il potere di diventare «Figli di Dio». Con grande gioia accogliamo il Bambino Gesù e lo adoriamo testimoniando il suo amore, seguendo la strada della vita tracciata per ciascuno di noi dall’incommensurabile amore di Dio, Principio e Fine di tutte le cose, Alfa e Omega della storia. Gloria e lode a Te o Cristo, Figlio di Dio, nato dalla Vargine Maria, Re immortale nei secoli. *** A Voi care Comunità di Budoia, di Dardago di Santa Lucia, agli ammalati e anziani, ai bimbi e ai giovani, alle famiglie e alle persone sole, ai collaboratori parrocchiali, agli emigranti, ai lettori affezionati del periodico l’Artugna l’augurio caloroso di Buon Natale e prospero 2007. DON ADEL, DON DOMAS


[ la ruota della vita]

NASCITE Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di... Matteo Sogne di Marco e Chiara De Robertis – Vimodrone (Milano) Zachary Renato Zambon di Stefano e Maria Contreros – New Jersey (U.S.A.) Andrea Bocus di Mario e Simona Riboldi – Besana Brianza (Milano)

M AT R I M O N I Hanno unito il loro amore. Felicitazioni a... Giovanni Bufalo con Silvia Bravin – Budoia Luca Diana con Silvia Fael – Mestre Alessandro Del Zotto con Marilinda Berto – Lazise (Verona) Marco Bosser con Marina Leoni – Milano

L A U R E E , D I P LO M I Complimenti! Lauree Susanna Donadel – Lingue e letterature straniere – Polcenigo Edoardo Calderan – Scienze storiche – Milano

DEFUNTI Riposano nella pace di Cristo. Condoglianze ai famigliari di…

IMPORTANTE Per ragioni legate alla normativa sulla privacy, non è più possibile avere dagli uffici comunali i dati relativi al movimento demografico del comune (nati, morti, matrimoni). Pertanto, i nominativi che appaiono su questa rubrica sono solo quelli che ci sono stati comunicati dagli interessati o da loro parenti, oppure di cui siamo venuti a conoscenza pubblicamente. Naturalmente l’elenco sarà incompleto. Ci scusiamo con i lettori. Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.

Anna Zambon Petol di anni 84 – Roma Letizia Bastianello di anni 87 – Venezia Luigia Ariet di anni 94 – Budoia Liliana Biscontin di anni 78 – Budoia Giuseppe Besa di anni 79 – Sacile Benvenuta Zambon di anni 90 – Gaillard (Francia) Rossanda Bocus di anni 99 – Dardago Antonietta Orlando – Palermo Mario Zambon Ite di anni 84 – Dardago Angelina Rizzi di anni 80 – Dardago Ubaldo Dedor di anni 97 – Budoia Bruna Bocus di anni 77 – Dardago Luigia Zambon di anni 92 – Dardago Romano Bocus di anni 79 – Milano Fortunato Zambon di anni 86 – Dardago Maria Vittoria Benvenuti di anni 69 – Budoia Bruno Zambon di anni 74 – Dardago Agostino Zambon di anni 78 – Dardago Adriana Panizzut di anni 89 – Budoia Giacomina Busetto di anni 84 – Budoia Orfea Della Toffola di anni 87 – San Giovanni di Polcenigo Maurizio Zambon di anni 54 – Budoia Gio Maria Santin di anni 80 – Budoia Rina Zorat di anni 95 – Santa Lucia Suor Aidana Campagnaro di anni 92 – Pordenone


Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia (Pn)

In copertina.

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l’Artugna vista dai suoi lettori di Roberto Zambon

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Genti e materiali di San Tomè di Chiara Rossi

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La lettera del Plevàn di don Adel Nasr e don Domas

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La ruota della vita

Il ritorno a Dardago di un ramo della famiglia Zambon Marin di Lorena Zambon

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Un nuovo pastore per Santa Lucia a cura dei Consigli Pastorali e degli Affari Economici di Santa Lucia

Quando il buio sembra prevalere… di Stefania Gioia Wiley

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Un’immagine della mia estate di Francesco Rugarli

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Vema e Budoia alla Biennale di Architettura di Alessandro Fontana

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Pagina delle Associazioni L’Artugna a Sanremo di Francesca Re

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Un grande uomo… mio padre di Serafino Zambon

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Il Mezzomiglio. Documento inedito del Comune di Budoia di Mario Cosmo

28

’N te la vetrina

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L’angolo della poesia

31

Lasciano un grande vuoto

La Turchia è vicina… Viaggio in un paese dai mille volti di Mariagrazia Zambon

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Cronaca

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Inno alla vita

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I ne à scrit

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Bilancio

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Programma religioso natalizio Auguri

La Natività. Le statue di gesso del tradizionale presepe della prima metà del secolo scorso, bene artistico della Chiesa di Dardago, sono state recentemente restaurate con le offerte raccolte a Natale 2005, in occasione dell’allestimento dei madhi.

no XXXV ·

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109 sommario

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Direzione, Redazione, Amministrazione tel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594 Internet www.naonis.com/artugna www.artugna.it e-mail l.artugna@naonis.com Direttore responsabile Roberto Zambon · tel. 0434.654616 Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna Spedizione Francesca Fort Ed inoltre hanno collaborato Elvia Appi, Adelaide Bastianello, Ennio Carlon, Osvaldo Puppin, Espedito Zambon, Marta Zambon

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Per non dimenticare di Rosetta Gagliardi Gislon

Stampa Arti Grafiche Risma · Roveredo in Piano/Pn

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Autorizzazione del Tribunale di Pordenone n. 89 del 13 aprile 1973 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

Tradizioni d’autunno La nót de i morth a Dardàc di Flavio Zambon Modola

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La crepa da morth e la festa mericana di Flavio Zambon Modola

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.

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ANA Gruppo Bepi Rosa di Davide Fabbro


Un nuovo pastore per Santa Lucia Un nuovo pastore per Santa Lucia di Budoia, parrocchia che dopo cent’anni si riunisce idealmente a quella che è stata la sua chiesa madre di Santa Maria Maggiore di Dardago. Don Adel Nasr è stato nominato parroco dal vescovo S. E. Mons. Poletto. Non più cappellanie e pieve, ma i tre paesi si ricongiungono nel loro antico e comune cammino di fede con la ferma speranza di crescere in amore e fraternità, secondo l’evangelico comandamento. Dopo cinque anni sotto la guida di don Aldo Gasparotto che con dedizione e affettuosa cura aveva raccolto l’eredità di don Nillo Carniel – dopo aver già seguito l’attività pastorale durante la sua dolorosa malattia – la parrocchia è affidata nelle mani di don Adel. Santa Lucia saluta don Aldo, domenica 17 pomeriggio, con riconoscenza e gratitudine. Con cerimonia solenne, domenica 24 settembre, don Adel Nasr inizia il suo nuovo ministero quale nuovo parroco. Pubblichiamo il messaggio di ringraziamento rivolto dalla comunità di Santa Lucia a don Aldo e il saluto della stessa a don Adel.

a cura dei Consigli Pastorali e degli Affari Economici di Santa Lucia

Carissimo don Aldo... è a nome di tutta la comunità parrocchiale di Santa Lucia, del Consiglio Pastorale e del Consiglio per gli Affari Economici che Le rivolgiamo il nostro saluto. Dalle famiglie, dai più piccoli ai più grandi, le giunga il nostro sentito grazie per aver accettato e continuato a servire in questi anni la nostra parrocchia. Un grazie che non è solo riconoscenza, ma un inno di lode a Dio e a Cristo per averci dato ancora una volta un parroco premuroso e responsabile. Non è lontano il tempo in cui – ancora parroco don Nillo, gravemente malato – Lei ha saputo rendersi disponibile alle nostre necessità ed offrire il sostegno di 6

pastore per i nostri bisogni pratici e spirituali. Grazie per aver imparato a conoscere la nostra comunità e le nostre abitudini, per aver apprezzato quanto c’era di buono ed aver suggerito miglioramenti per ciò che poteva essere fatto meglio o diversamente. Per aver avuto sempre un aperto dialogo con le associazioni ed i volontari presenti, mettendo a disposizione i mezzi per la realizzazione delle loro attività; per aver colto gli stimoli perché le nostre tradizioni religiose fossero mantenute e valorizzate. Pur avendo la cura di un’altra parrocchia, ci siamo sempre sen-


A destra. Gian Francesco da Tolmezzo, Martirio di Santa Lucia (particolare). L’opera di notevole fattura è venuta alla luce con i lavori di restauro effettuati nel 1987-88 nella chiesetta sul colle di Santa Lucia. L’affresco va collocato tra la fine del ’400 e l’inizio del ’500. [...] La Santa, le mani piamente congiunte a indicare la ferma determinazione, è trascinata, mediante corde che la legano, da alcuni tristi figuri, e sospinta da altri, i quali non riescono a non ammirare, mentre svolgono il crudele atto, la ferma resistenza di lei. È trascinata verso il luogo di malaffare, dove invano si cercherà di recarle violenza. Solo la spada metterà fine, col martirio pieno, la sua vita offerta in sacrificio allo Sposo divino, Gesù. [...] mons. Pietro Nonis

Carissimo don Adel... titi guidati attraverso un riferimento preciso, unico e stabile. Questo ci ha aperto la possibilità di un cammino sereno e sicuro nella nostra fede, secondo il disegno indicato da Cristo alla sua chiesa. Attraverso l’amministrazione dei sacramenti è entrato a far parte vivamente dell’esperienza umana e cristiana di ciascuno di noi, dando forza alle nostre qualità e sostenendo le nostre debolezze. Soprattutto nella cura della famiglia e dei bambini ha voluto realizzare l’evangelico disegno di amore e carità. L’attenzione, la stima ed il rispetto affettuosi per il Consiglio Pastorale e per gli Affari Economici, ha stimolato i membri degli stessi ad impegnarsi e a lavorare responsabilmente perché anche i laici assolvano con cura alla loro missione di costruttori della Chiesa; e così ha apprezzato l’impegno del volontariato affinché fosse pieno il raggiungimento di quei disegni e progetti che la vita della comunità richiedeva. Per tutto questo ancora il nostro grazie e l’augurio caloroso – unito alla nostra preghiera – che lei possa continuare nella nuova comunità con lo stesso amore, entusiasmo e responsabiltà che l’hanno animata tra noi, e che tanta dedizione stimoli altri nostri fratelli – ugualmenti impegnati nel cammino di fede – alla realizzazione del regno di Dio.

a nome di tutta la Comunità di Santa Lucia, del Consiglio Pastorale e degli Affari Economici, dei vicini e dei lontani Le esprimiamo il nostro affettuoso e cordiale benvenuto. Le siamo riconoscenti per aver accettato di servire la nostra parrocchia che dopo cent’anni si riunisce sotto la stessa guida, alla chiesa madre di Santa Maria Maggiore. Siamo un paese piccolo. Piccolo ma con una viva coscienza di far parte del popolo di Dio. Laici con la consapevolezza dell’appartenenza a Cristo, che ci ha fatto suoi figli nel battesimo. Auspichiamo, con Lei pastore, di continuare a svolgere il nostro compito di cristiani, testimoniando la nostra fede nella vita quotidiana, nel nostro lavoro, nel modo in cui siamo cresciuti ed ora cresciamo ed educhiamo i nostri figli. Coscienti della difficile situazione del clero, siamo riconoscenti al vescovo Ovidio per la responsabile paternità con cui guarda alla Sua Diocesi e a Lei che, obbediente, si fa carico della nostra comunità. Anche noi – sull’esempio della Sua generosa risposta a servire – desideriamo crescere in obbedienza alla chiesa, vissuta non come obbligo, ma come servizio al Corpo di Cristo. Siamo sicuri che Lei saprà apprezzare, incoraggiare e consigliare l’attività del Consiglio Pastorale e sostenere l’attività del volontariato, di quanti una volta o sempre doneranno il loro lavoro per la realizzazione delle necessità parrocchiali e per quel più grande progetto che è la costruzione del 7

Regno di Dio nella vita di tutti i giorni. Noi già un po’ La conosciamo in quanto parroco del nostro Comune; col tempo anche Lei imparerà a conoscerci, entrerà nelle nostre famiglie e nella nostra vita sociale. Sapremo raccontarLe le nostre tradizioni, la nostra storia ed il nostro vissuto di cristiani. Il rispetto ed il culto di essi costituiscono una pietra d’angolo su cui poggiarsi di fronte al cambiare del tempo, ma sono il progetto di fede e la speranza nel futuro che ci permetteranno di crescere ancora. Confidiamo, con il suo aiuto e magistero, di poter essere cristiani sempre capaci di rinnovamento, in spirito di carità. La carità, ci farà ricchi di fronte al mondo che cambia, con una fiduciosa aspirazione alla tolleranza, all’accettazione del diverso, con tutta la forza dell’amore per le nostre radici che però sappia oltrepassare la soglia di casa per aprirsi al mondo. Non solo quello lontano, che sempre – su stimolo di don Nillo – abbiamo aiutato con spirito missionario, ma soprattutto quello più prossimo dei nostri confratelli di Budoia e Dardago, senza più campanili – che sono di questa terra – con un reale adempimento del comandamento evangelico dell’«amatevi l’un l’altro come io ho amato voi».


Il nutrito gruppo di volontari, tra i quali molti giovani, che ha offerto il proprio tempo libero per il prossimo.

ANCHE A BUDOIA LA COLLETTA ALIMENTARE

di Stefania Gioia Wiley

Quando il buio sembra prevalere, è un volto amico che ci risolleva. Fondamentale per l’educazione cristiana è la dimensione della carità, richiamata dal Papa nella sua enciclica «Deus caritas est». Benedetto XVI ricorda che la carità appartiene alla natura stessa della Chiesa e così è stato fin dagli inizi della primissima comunità cristiana, che si raccoglieva intorno agli Apostoli. Nell’alveo di questa storia nasce in Italia la Fondazione Banco Alimentare, quando nel 1989 Danilo Fossati, presidente della Star, incontra monsignor Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione. L’obiettivo della Fondazione è la valorizzazione sociale delle eccedenze alimentari a scopo benefico, raccogliendo i prodotti per stoccarli nei propri magazzini regionali e quindi distribuirli gratuitamente alle Associazioni ed agli Enti caritativi convenzionati. Ogni anno vengono così salvate, in tutta Italia, decine di migliaia di tonnellate di alimenti dallo spreco,

perché come ci ricordano le parole di Madre Teresa «quello che scandalizza non è che esistano ricchi e poveri. È lo spreco». È utile ricordare che, enormi quantità di prodotti qualitativamente integri, per ragioni di mercato (difetti estetici e di packaging, sovrapproduzioni agricole, errori di marketing, accumuli di invenduto) non possono essere commercializzati. Altro aspetto della questione: per un’azienda è meno oneroso donare le eccedenze di produzione alla Fondazione piuttosto che disfarsene, affrontando ingenti spese per lo smaltimento. All’interno di questa opera, si svolge la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, che quest’anno giunge alla decima edizione. Oltre ad essere la modalità di approvvigionamento di generi alimentari di maggior necessità, è soprattutto un gesto educativo di condivisione e di solidarietà popolare, che per il numero di persone coinvolte fisicamente risulta essere il gesto di carità più impo8

nente in Italia, che si svolge in una sola giornata. La carità è un gesto semplice, e cui chiunque può aderire. E questa è stata la testimonianza potente di quello che è accaduto nelle nostre piccole comunità di Budoia, Dardago e Santa Lucia. Fin dall’anno scorso avevo lanciato al nostro Parroco, Don Adel, l’idea di fare la Colletta anche nel nostro paese e grazie al suo sostegno, ho potuto presentare l’iniziativa durante la riunione dei Consigli Parrocchiali. La prima risposta è stata una grazia sorprendente, perché già alla fine dell’incontro molte persone avevano dato la loro disponibilità a partecipare come volontari alla Colletta, svoltasi per la prima volta al supermercato Visotto. Ognuno ha contribuito come ha potuto e la disponibilità di ogni singola persona è stata preziosa alla realizzazione del gesto, condividendo il motto di quest’anno: «la carità come dono di sè commosso». Io sono rimasta colpita


da come i volontari hanno partecipato e dalla loro serietà umana. Sono rimasta colpita dal fatto che non è scontato che una mamma, che lavora tutta la settimana, dia due, tre o addirittura quattro ore del suo tempo prezioso, per la carità. Sono rimasta colpita dagli Alpini, coordinati da Mario, che sono stati presenti per tutta la durata di apertura del negozio, hanno fatto il lavoro più duro e pesante (confezionamento di 142 scatoloni, carico e trasporto) ma contenti di essere lì. Guardando come lavoravano, ho visto che la carità rende felice chi la fa, non solo chi la riceve. Sono rimasta colpita dai volontari della Protezione Civile che hanno curato il trasporto, alternandosi agli Alpini. Sono rimasta colpita da quelle persone che ricoprono incarichi di rilievo nelle nostre comunità, ma non hanno esitato a dare un po’ del loro tempo, non hanno esitato a infilarsi la pettorina gialla dei volontari e a distribuire i sacchetti

della spesa ai clienti del supermercato. Sono rimasta colpita dai «miei» ragazzi, che si stanno preparando alla Cresima. Sono arrivati in gruppo nel pomeriggio, tutti vocianti. Era la prima volta per loro, ma avevano risposto all’invito, stavano a un gesto concreto di carità: una bella lezione di catechismo!! Sono rimasta colpita, perché anche i più piccoli hanno voluto dare una mano: Chiara, Guglielmo e Veronica, prima e seconda media, svuotavano i sacchetti della spesa e riempivano gli scatoloni. 1.546 sono stati i chili di alimenti raccolti nella giornata della Colletta di sabato 25 novembre nel supermercato di Visotto, a Budoia. La generosità della nostra gente, che spesso è inversamente proporzionale alle loro possibilità economiche, si è tradotta in un numero così sorprendente. Le donazioni sono andate ad aggiungersi a tutte le altre provenienti dalla nostra regione nel magazzino di Pasian di Prato e 9

verranno ridistribuite in Friuli attraverso le associazioni convenzionate con la Fondazione. In conclusione voglio solo riportare le parole del volantino che invitava a partecipare al gesto: Nella nostra miseria quotidiana, quando il buio sembra prevalere, è un volto amico che ci risolleva. È per un amico, in un rapporto amoroso, siamo capaci di dare tutto. La carità è questo dono di sè commosso all’altro. Piccoli gesti, come fare la spesa per un bisognoso, sono scintille che riaccendono il fuoco della carità verso di sè e verso il prossimo. Grazie di cuore a Aldino, Alessia, Angelo, Chiara, Eugenio, Federico, Francesca, Francesco, Giacomino, Gianni, Gio Batta, Giovanni, Giulio, Graziano, Guglielmo, Guido, Irma, Jasmine, Lucina, Marco, Marino, Mario A., Mario P., Nicola, Paolo, Pietro, Raffaele, Roberto, Rosa, Sergio, Tiziana, Valerio, Veronica, Vivianne, alle commesse del supermercato e al signor Roberto e a tutti quelli che hanno donato.


Tira aria budoiese alla Biennale di Venezia per la presenza di «Elastico», studio di architettura, condotto da Stefano Pujatti e Alberto Del Maschio, che si avvale di un gruppo di lavoro aperto; in questa occasione

Vema e Budoia

alla Biennale di Architettura della collaborazione di Marco Burigana. I giovani budoiesi sono impegnati nella realizzazione di opere per una città nuova, Vema, lo studio testimonia «un approccio progettuale maturo, caratterizzato da un gesto creativo deciso, sicuro nel tratto e innovativo nelle soluzioni formali». Stefano ed Alberto sono inoltre presenti anche alla 5a Biennale di architettura di Brasilia 2006 con opere di scala nazionale ed internazionale.

di Alessandro Fontana

La consueta passeggiata di un giorno a Venezia approfittando di una squillante giornata di tiepido sole novembrino. Così, tanto per rinfrescare un po’ la mente e lasciarsi stupire ancora una volta dall’unicità di questa città. Una lenta immersione nell’onda cosmopolita alla ricerca di una nuova sensazione, speciale e sorprendente, che Venezia sempre ci regala. Ed ecco all’improvviso, in campo Santo Stefano, il manifesto. «Guarda, Paola» e lo indico a mia moglie «c’è la Biennale di Architettura all’Arsenale. Ti andrebbe di farci una scappata?». Detto, fatto! Ed eccoci lì in un rutilante susseguirsi di immagini, di dati, di numeri, di progetti, di suoni, di sensazioni e di un mare di visitatori. Tutte le città del mondo sono prese in esame ed anche poste sotto accusa ma non senza simultanee proposte di soluzione dei mali che le attanagliano. Che 10

sono poi i mali generalizzati della nostra Società nel suo complesso su tutta la terra; i disastri di un modello di vita che necessita di immediati ripensamenti e cambiamenti. Città con cinque, dieci, quindici ed anche venti milioni di abitanti che abbisognano di tutto. Dalle metropolitane a quartieri vivibili, da strutture sportive agli ospedali, dai luoghi della cultura alle fognature. Forse bisognano soprattutto di intelligenza e di buon senso. E noi, lì all’Arsenale di Venezia, ci sentiamo come coscienti taumaturghi tesi soltanto a curare il grande malato. Ma c’è anche una città totalmente nuova ,»Vema», ancora da edificare, una città dello spirito e del corpo alla cui proposta progettuale sono stati invitati venti studi di Architettura, di tutta Italia. Gli studi invitati sono di architetti giovani, rigorosamente sotto i quarant’anni, che hanno contribuito ognuno a progettare ed a integrare fra loro i vari pezzi della nuova città.


E tutt’attorno al grande plastico di «Vema» gli «stand» che mettono in mostra gli studi, gli elaborati e le motivazioni dei giovani architetti. Ecco gli architetti di Torino, Roma, Palermo, Venezia, Genova, e poi... Ma guarda che sorpresa! Lo studio «Elastico... SPA+3». Io questo nome l’ho già sentito! Vedere meglio. Ma si! È lo studio dell’architetto Alberto del Maschio, di Budoia! Il nostro Alberto! Ed è, tra i venti, assieme agli architetti budoiesi Stefano Pujatti e Marco Burigana l’unico studio di Architettura di tutto il Friuli. C’è di che esserne orgogliosi e non solo perché, come Alberto, Stefano e Marco, anche noi tutti siamo cittadini di Budoia ma perché la considerazione di cui i nostri Architetti evidentemente godono nell’ambiente degli specialisti deve essere davvero forte. Quando venimmo a vivere a Budoia ricordo che notammo subito, oltre alla irripetibile bellezza

delle case di pietra, anche le «onde» della piazza Mercatale. Erano le onde del divenire dei secoli e del cambiamento epocale dalle pietre alla modernità. Ci piacquero molto le onde degli architetti di Budoia! Ma mi chiedo come mai noi tutti non abbiamo saputo prima di «Vema», come mai Alberto e gli altri non ce l’hanno detto. Modestia? Certamente non potevano mettere i manifesti in piazza, ma non sarebbe male che Budoia, «tout court», prestasse in un immediato futuro maggiore attenzione alla cultura ed alla professionalità dei suoi concittadini. Forza Stefano! Forza Marco! Forza Alberto! Continuate a darci di queste soddisfazioni.

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Alla Biennale di Venezia tra gli stand di Vema, la città nuova, ancora da edificare, una futura città dello spirito e del corpo. Sotto. Alberto (primo a sinistra) e Stefano (terzo) con un amico.


UN LUCIDO E DETTAGLIATO RICORDO DI UN UOMO CHE È CRESCIUTO RESPIRANDO ARIA DE BOTEGA

un grande uomo...

mio padre di Serafino Zambon Mi è stato chiesto di parlare della vecchia Cooperativa di Dardago, di tempi in cui era gestore mio padre che, da allora, è sempre stato detto Piero della Cooperativa di nome e di fatto: quel negozio è stato come casa sua fino a alla fine dei suoi giorni. L’anno di fondazione della Cooperativa coincide con la nascita della Federazione Nazionale delle Cooperative voluta nel 1922 circa dal fratello di Alcide De Gasperi (capo del governo di allora). A Dardago, un gruppo di brave persone, ebbe il coraggio di mettere insieme delle quote per aprire un negozietto con i prodotti più necessari. I vari capifamiglia potevano associarsi e avere agevolazioni di pagamento anche perché

i prodotti erano più economici essendo il loro costo stabilito dalla Federazione Nazionale delle Cooperative. Alcuni fra i soci fondatori di Dardago che ricordo: Serafino Ponte, Piero Carlon Posta, Toni Luzzol, Fortunato Zambon Pinal, Romano Zambon Rosit, Antonio Zambon Toni Palathin, Giacomo Del Maschio Meto Cussol, Giovanni Janna Nani Tavàn, Angelo Zambon Andoleto Marin. La piccola società fu chiamata «La Fratellanza». La prima «botteghetta» senza Osteria fu aperta in piazza, dove abitava Santa Zambon Sartorela con pochi articoli che non potevano essere prodotti in proprio. Intorno al 1930, per bisogno di spazio, la Cooperativa si trasferì sull’angolo detto dei Cai tra via 12

Castello e via Brait e andammo ad abitarci sopra. Dopo il 1936 la società riuscì a comprare la casa in via San Tomè e a dar vita al negozio abbinato ad una Osteria, che si vede nelle due foto, e qui mio padre ci rimase fino al 1959 cioè al giorno della sua morte. Cercai di continuare la sua opera fino al 1960 e poi altri dopo di me. Penso di far piacere ai nostalgici che si ricordano di mio papà e della Cooperativa, descrivendo un po’ le due fotografie scattate dal fotografo Giorgio Gislon di Aviano nel Settembre 1955. Nella prima fotografia si vede la parte del negozio di articoli di necessità e ci sono: da sinistra il gestore Piero Zambon, mia mamma Teresa, mia cognata Lucia moglie di Ruggero, me


stesso, mia sorella Maria con in braccio mio figlio Michele di quattro mesi, Vincenzo Zambon Glir, Fortunato Zambon Nato Pinal. Nella seconda foto si intravede meglio la parte più interna dedicata all’osteria e ci sono in più mia moglie Laura e mio fratello Ruggero. Esaminando la prima foto si può vedere sugli scaffali di destra i vasi di marmellata, lattine di Olio Sasso, barattoli di spezie da vendere a peso, Malto Kneipp ed Estratto Olandese Elefante per un surrogato di caffè, vasi di caffè in grani sia tostato sia da tostare. Nella vetrinetta di vetro c’erano: il burro, gli affettati (salame, mortadella, pancetta) e formaggio. I prezzi esposti nella tabella erano da calmiere, cioè imposti dalla Federazione e riguardavano generi di prima necessità come: l’olio, il pane, la pasta, lo zucchero e il burro. Vicino alla vetrinetta, nel vaso di vetro c’erano biscotti e dolciumi, un mastelletto (contenitore) con la marmellata sfusa che veniva venduta incartata nella carta oleata, un vaso da 5 kg con la conserva di pomodoro, anche questa da vendersi a peso. L’olio di semi veniva venduto preso con una ciatha da un bidoncino, e messo nella bottiglia portata dal cliente. Più tardi i bidoni di olio vennero provvisti di rubinetto, con un tubo che misurava il decimo, il quarto, il quinto, il mezzo litro e il litro. Sul banco vediamo la carta, articolo indispensabile per vendere tutti i generi sfusi: carta paglia, carta da zucchero azzurra, carta oleata e carta bianca. La bilancia era composta da un piatto grande dove si metteva la merce e sull’altro piatto rotondo, se la merce superava il chilo, si aggiungevano pesetti da 10 g,

50 g, 100 g, 500 g, fino a un massimo di 2 kg. La cassettina per le elemosine con un santino di Sant’Antonio, il cui contenuto veniva consegnato al parroco. In mano a Lucia c’è il fiasco da 4 litri di vino da cui venivano servite le ombre. In alto gli utensili da cucina: la spiumarola, l’imbuto, il passin, il mestolo forato, il mestolo intero per attingere l’acqua nella bacinella della stufa economica, insalatiere, piatti e brocche di vetro. Seguono i liquori: marsala, crema marsala, menta, grigio verde (menta e grappa), la grappa e poco altro. Nel bancone, sotto la bilancia c’era la cassa: un cassetto diviso in tre parti: le monetine di meno valore, i soldi in argento da 5 lire e da 10 lire e le lire di carta. Sotto il cassetto della cassa c’era un cassetto più grande con lo zucchero sfuso, un altro

cassetto con i timbri e i documenti. In parte a questi un altro cassetto con dentro la paglia nella quale venivano messe le uova fresche portate dai clienti che barattavamo con altra merce. Il banco era stato costruito da Piero Carlon che prima di diventare ufficiale di posta di Dardago faceva il falegname con due apprendisti, Gildo Scroc e Nando Trantheot; era tutto di rovere lucidato talmente liscio che mio papà serviva l’ombra di vino facendo scivolare il bicchiere verso il cliente senza perderne neanche una goccia. Davanti a Lucia il banco si interrompe con una parte mobile, che veniva alzata se serviva il passaggio, e subito dopo c’era il lavello con l’acqua corrente per lavare i bicchieri. Tra me e mia mamma si può vedere la cartella colori relativa al colorante Super Iride, che vendevamo per tingere in casa la stoffa e la lana di pecora.

Immagini come queste sono familiari ai lettori dei nostri paesi, dai 50 anni in su. Anche a Budoia, nell’immediato dopoguerra, sorse la cooperativa, in piazza (nello spazio attualmente occupato dal bar «Da Renè») per la mescita del vino e la vendita di generi alimentari. A Santa Lucia, invece, fu la famiglia Carli ad attivarsi, aprendo la famosissima «Botega de Riseta».

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La porta a sinistra portava alla cantina: si saliva un gradino e lì c’erano: salumi, forme di formaggio, vino nelle botti da 7 ettolitri poi sostituite dalla damigiane da 54 litri. Il vino, dopo la guerra del 1915-18 era generalmente vino rosso Raboso delle cantine di Cimadolmo, (zona tipica per quel vino), il vino bianco veniva da Caneva. Nel mese di maggio le pecore dalla pianura venivano portate in

quelle famiglie che non avevano ancora l’elettricità e, a fianco, c’era un grosso contenitore per le lampadine. Il pane era a forma di «pagnocche» che veniva prodotto dal forno vicino «Alla Rossa» e portato da Cencio sulla testa dentro el thiston (cesto grande); anni dopo i suoi figli lo portavano con due thistons di pane appesi al thampedon.

malga e, passando per Dardago, i pastori portavano il latte di pecora in latteria; il formaggio fatto con questo latte veniva portato a stagionare nelle cantina della Cooperativa vicino alle botti del vino e per questo la scorza aveva un caratteristico colore aranciato che lo rendeva unico e rinomato. Dalla porta di destra si entrava nel grande retrobottega dove c’erano il contenitore dell’aceto, i sacchi della crusca per alimentare gli animali da cortile, i sacchi di riso e zucchero, i piselli spezzati, i fagioli, la grande bilancia a «bascula», un grosso cartone con la lattina di 20 litri di petrolio che serviva ad alimentare le lampade per

Vendevamo anche zoccoli da donna e da uomo, le famose dalmene fatte in legno e cuoio, comprate a Maniago, comode da usare nella stalla. All’estrema destra si vede un mobile che conteneva prodotti per l’igiene: (dentifricio, saponi profumati, deodoranti) e articoli di piccola merceria (bottoni, aghi, filo, nastri e cordele); nei cassetti con la finestra trasparente c’erano la pasta e il semolino. Questo mobile faceva da «confine» tra il negozio e l’osteria; la parte adibita ad osteria era aperta fino alle ore 20 circa. La domenica ospitava i giocatori di tressette. Nella seconda foto si può notare la porta con 14

la tenda damascata, che portava ad una stanza, dove la famiglia si riuniva a mangiare. Durante la sagra, nel mese di agosto, era in uso ritrovarsi nel cortile dietro al portone che portava in casa di Soncin e di Toles e lì si bevevano vino e gassosa, si mangiavano funghi, biscotti e anguria. Ricordo la bottiglia di gassosa che conteneva una pallina di vetro per chiudersi da sé con la pressione dell’effervescenza. Negli anni ’50, la Cooperativa era l’unico esercizio che forniva molteplici servizi per la comunità fra i quali ricordiamo il telefono pubblico, la consegna a domicilio delle bombole di gas e il taxi. La descrizione di una foto può sembrare inutile e forse una lunga lista di prodotti senza anima, ma se i muri potessero parlare, racconterebbero soprattutto di un uomo che ha speso gran parte della sua vita per la Cooperativa con grande sacrificio; di un uomo che ha affrontato anche momenti molto difficili alla fine della guerra del 1945 (ma questa è un’altra storia…); di una persona sempre pronta ad aiutare chi aveva bisogno ed orgoglioso della sua famiglia e della sua Bottega. Non c’era turno di riposo o otto ore di contratto, tutto era solo regolato da una grande passione. Un grande uomo… mio padre.

Una bella foto del 1955 comprendente ben 5 generazioni. In primo piano Serafino (1927) con in braccio il neonato Michele. Alle loro spalle, la mamma di Serafino, Teresa Janna Bocus (1904); la mamma di Teresa, Maria Zambon Marin (1883) e la mamma di quest’ultima Angela Besa (1861).


La delibera del Consiglio Comunale di Budoia del 24 aprile 1898 che ha per oggetto Approvazione del Convegno 1° aprile 1898 pel Mezzomiglio col Comune di Polcenigo si riferisce ad una vertenza di confine con Polcenigo che affonda le sue «radici» nel tempo e che avrà una «coda» almeno fino al 7 gennaio 1943, data dell’ultimo documento significativo finora da me rintracciato nell’archivio storico, appena catalogato e in gran parte restaurato, del Comune di Polcenigo. Approfondiamo queste «radici».

Il Mezzomiglio Documento inedito del Comune di Budoia di Mario Cosmo

La Repubblica di Venezia ottiene, nel 1411, la giurisdizione su Belluno e quindi anche sul Bosco del Cansiglio; i confini col feudo di Polcenigo (comprendente le atuali comunità di Polcenigo e di Budoia che verranno separate nel 1806) come quelli con gli altri confinanti: Pieve d’Alpago, Serravalle, Caneva ecc. non sono ben definiti e fonte di continue dispute. C’è bisogno che il bosco, dal 1548 «riserva» (il bosco da reme di San Marco) per l’Arsenale, venga definito nei suoi confini: a ciò provvedono nel tempo i vari Capitani del bosco Rettori di Belluno con le conterminazioni, cioè l’apposizione di cippi numerati e siglati, con successivi numerosi provvedimenti succedutisi dal 1548 al 1797, cioè fino alla caduta della Repubblica; ciò perché detti confini non erano accettati dalle parti interessate o erano oggetto di «usurpi», cioè si praticava il «fai da te»! Importante quella di Federico Cornaro nel 1622 che, per prima, introduce il termine Mezzomiglio, cioè 500 passi, che è la distanza dal confine nella quale viene ammesso il pascolo ma non il taglio del bosco né la carbonizzazione e ciò per tutto l’anello esterno del bosco. Ci sarà perciò un Mezzomiglio di Pieve d’Alpago, uno di Serravalle ed uno... di Polcenigo. Alla Serenissima succedono i governi Austriaco ed Italiano che intendono «liberare» il pubblico demanio dalla servitù passiva di pascolo, per Polcenigo dal pascolo di 50 armente. Segue una trattativa del Governo Italiano con il Comune di Polcenigo prima da solo e poi assieme 15


a Budoia. Con delibera 19 maggio 1895 il Consiglio Comunale di Polcenigo al punto III° dell’o.d.g. delibera stipula col Governo del contratto definitivo x il Mezzomiglio assieme al Comune di Budoia. La trattativa con lo Stato Italiano (dal 1866!) è stata lunga e ne ha «gemmato» una tra Polcenigo e Budoia. L’imminenza delle conclusioni della vertenza con lo Stato spinge a trovare un accordo. Si era infatti passati alle vie legali e Polcenigo aveva perso la causa sia in I° grado (1880) che in appello (1893) e aveva visto rigettato il suo ricorso in Cassazione; i due Comuni quindi aderiscono ad un arbitrato. Il Consiglio Comunale di Polcenigo il 22 maggio 1898 delibera pagamento a Budoia del suo avere del Mezzomiglio giusta sentenza arbitramentale (quella del 1897 n° 20 citata nel dispositivo della delibera Consiglio Comunale di Budoia di cui trattasi), sentenza che assegna metà del Mezzomiglio per ciascun Comune e conguaglia le spese sostenute da Polcenigo per la difesa e conservazione dei diritti di entrambi e riconosce a Budoia delle utilità derivate dallo sfruttamento del bene da parte di Polcenigo prima della definizione arbitrale. Sembrerebbe finita, ma non lo è ancora del tutto, perché i beni assegnati a Budoia continuano ad essere intestati a Polcenigo che paga le relative imposte, salvo chiedere con più o meno successo e puntualità il rimborso a Budoia. Il Consiglio Comunale di Polcenigo solo il 16 novembre 1924 delibera autorizzazione al Sindaco alla stipulazione del contratto per la rettifica censuaria col Comune di Budoia. Agli atti, nel fascicolo «Rifusione imposte prediali del Bosco Mezzomiglio col Comune di Budoia» ci sono numerose notizie relative, una fra tante: il 29 settembre 1935 il Commissario Prefettizio di Budoia scrive a Polcenigo pregiami informare di aver emesso in data odierna il mandato di pagamento n° 244 a titolo di acconto per rifusione imposte, sovrimposte e contributi dall’anno 1921 al 1935 su beni tutt’ora allibrati in catasto di Polcenigo ma di pertinenza e goduti da questo Ente. Come ricordato all’inizio, data al 17 gennaio 1943 l’ultimo atto da me rintracciato finora circa la questione: il Commissario Governativo di Polcenigo scrive al Comune di Budoia «Codesto Comune non ha ancora provveduto al rimborso delle spese sostenute dallo scrivente ufficio per pagamento imposte e sovrimposte del bosco Mezzomiglio» dei seguenti anni: anno 1939 lire 400, anno 1940 lire 500, anno 1941 lire 500, anno 1942 lire 500. A margine, in matita rossa, c’è l’annotazione: pagate nel 1943 per l’anno 1939 lire 308, per l’anno 1940 lire 304, per l’anno 1941 lire 16

310. Nulla si dice del credito 1942! Che sia ancora sospeso? Ciò dimostra che la trattativa non era finita! Forse la guerra ha risolto la questione, che non risulta più sollevata. Le vicende legate al Mezzomiglio hanno avuto un’ulteriore «coda» quando negli anni ’70 la Regione Friuli Venezia Giulia ha istituito le «Riserve di caccia di diritto»; ma questa è un’altra storia…


La Turchia è vicina…

La Turchia bussa alle nostre porte; molti europei ne hanno paura. Cosa sappiamo noi di questo Paese al di là degli stereotipi (i Turchi!!!) e dei fatti drammatici rimbalzati in TV? Eppure è una terra che ha una storia ricchissima: Costantinopoli, Anatolia, Impero Ottomano, Sublime Porta. Riportiamo l’introduzione al viaggio storico e geografico alla ricerca dei mille e più volti della Turchia della giornalista «dardaghese» Mariagrazia Zambon, laica consacrata della diocesi di Milano che dal 2001 vive in quella nazione, tratta dal suo libro La Turchia è vicina. Viaggio in un paese dai mille volti, edizioni Àncora. Pagine che aiutano a capire le sfide a cui la civiltà occidentale è chiamata a rispondere.

…viaggio in un paese dai mille volti 3 novembre 2002: l’AKP, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo, di ispirazione islamica, vince le elezioni politiche, conquistando 363 seggi dei 550 del parlamento turco. 3 ottobre 2005: alla Turchia viene dato l’ok per l’avvio dei negoziati sull’ingresso nell’Unione Europea. 5 febbraio 2006: viene assassinato a Trabzon, città turca sul Mar Nero, don Andrea Santoro. Tre date allarmanti che, con una notevole carica emotiva, hanno fatto conoscere la Turchia al grande pubblico europeo. Poi, a metà settembre del 2006 l’ira contro il Papa dei mass-media dei Paesi islamici, che ad arte hanno estrapolato e strumentalizzato una sua citazione medioeva-

le sull’Islam, ha riacceso un clima sospettoso e ostile contro i cristiani anche nell’opinione pubblica turca e ha minacciato l’annullamento del viaggio di Benedetto XVI programmato per fine novembre dello stesso anno. È con queste premesse che la Turchia bussa alle nostre porte. Vuol diventare nostra coinquilina e a noi fa paura, diciamocelo chiaro. Ci dicono che il 98% dei 70 milioni di turchi è musulmano; ci dicono che il Paese è arretrato sotto il punto di vista sia sociale che economico; ci dicono che in questa nazione c’è scarso rispetto per i diritti umani; ci dicono che sarà una minaccia alle nostre tradizioni e alla nostra cultura attraverso un’immigrazione incontrollata; ci dicono che i cristiani, 17

come le altre minoranze non musulmane, subiscono discriminazioni e restrizioni sociali. E tutto ciò ci spaventa. Ma la Turchia non è solo questo. Che storia ha, verso quale futuro tende, in una parola: qual è il suo vero volto? È il volto della frizzante Ebru, la giovane archeologa che lavora all’università di Ankara; è il volto della velata Fatma, che studia islamologia a Konya; è il volto fiero dell’antiochena alevita Meltem o la tristezza di una Zeynep segregata in casa.. E ancora: è il volto del gioielliere cristiano Yakob, che sogna di tornare ad abitare sulla sua Montagna dei Servi di Dio; è il volto del sunnita Gúlen, che cerca di vivere il misticismo religioso del Dio misericordia; è il volto di Luigi


Padovese, vescovo di una manciata di cattolici sparsi su un territorio vasto due volte l’Italia; è il volto di Bartolomeo I, che lotta per mantenere viva la sua piccola comunità greco-ortodossa soffocata tra i minareti. Ma è anche il volto dei nazionalisti Lupi Grigi, degli anonimi destabilizzatori della repubblica kernalista, degli attentatori alle sinagoghe di Istanbul, della mano omicida che ha sparato ad un prete italiano mentre pregava in chiesa. Questi i mille e più volti di una Turchia che si è incamminata sulla lunga e difficile strada della democrazia. Il libro, senza la presunzione di essere esaustivo, vuole essere un viaggio storico e geografico alla ricerca dei mille e più volti della Turchia, con l’intenzione di intuire qualcosa di più

dell’identità multipla e sfaccettata di questa nazione. Sono gli incontri con le persone e con i luoghi che ci racconteranno la storia e la complessità di questa realtà che, ancor oggi, ai più appare misteriosa e inquietante. Saranno loro a dirci se c’è da fidarsi o no di questo Paese con il velo in testa e l’abito firmato del manager, con i minareti e i grattacieli, con i piedi e il cuore in Asia ma la testa in Europa, con la tradizione orientale e lo slancio di sempre verso l’Occidente. MARIAGRAZIA ZAMBON (Da La Turchia è vicina. Viaggio in un paese dai mille volti, edizioni Àncora)


Per non dimenticare di Rosetta Gagliardi

Fissare ricordi e trasmetterli alle nuove generazioni è uno degli obiettivi del periodico. Se questi, poi, sono legati ad un sensibile collaboratore de l’Artugna quale fu padre Luigi Rito Cosmo, scomparso da pochi mesi, li accogliamo con piacere. Il ricordo è di una cugina, Rosetta Gagliardi Gislon, che narra in due brevi racconti momenti dell’infanzia di padre Rito: la giovanissima vocazione sacerdotale e le difficoltà economiche della famiglia, citate spesso dallo stesso sacerdote nelle sue memorie.

Una vocazione «fanciulla» Quando la nonna decideva di andare a visitare sua sorella Anna a Santa Lucia, io subito mi univo a lei. Per me quella passeggiata era piacevolissima: il sole, il verde, l’acqua sorgiva a Fontana, rendeva tutto fantastico al mio sguardo di bambina. Si partiva di primo pomeriggio e per i sentieri tra le verdi colline si arrivava sul colle di Santa Lucia. Da lì, un viottolo ci conduceva giù e ci permetteva di entrare direttamente nel cortile di casa. Si entrava in una grande cucina dove era riunita tutta la famiglia; la sorella della nonna con sua figlia vedova, madre di cinque maschi. Rito era fra loro; poteva avere 8-10 anni. La nonna abbracciava tutti, poi sedeva e, mentre gli adulti parlavano, noi uscivamo in cortile. Durante una delle consuete visite Rito mi disse: – Vieni in camera a vedere ciò che ho preparato –. Salimmo i gradini di pietra che portavano sul piol, dove si aprivano le porte delle stanze da letto. Nella sua che divideva con altri fratelli c’era un piccolo altare: una sedia sopra la quale stava una tavoletta rettangolare ricoperta di un panno bianco, un’immagine della Madonna, un piccolo Crocifisso di legno, una corona del Rosario, un vasetto 19

di latta con qualche margherita, un pezzo di candela posta in un vecchio bicchierino, completavano l’arredamento di quel piccolo rustico altare. Rito accendeva la candela e m’invitava a pregare insieme l’Ave Maria e il Padre Nostro. Un giorno entrò in seminario. Quando periodicamente ritornava a casa e ci si ritrovava, pregavamo sempre davanti al piccolo altare.

Le noci sotto il letto La nonna Anna era felice ed orgogliosa di avere un nipote in seminario. Quando Rito ritornava a casa, la nonna e la mamma mettevano in ordine il suo corredo. La nonna in particolare rifaceva i talloni dei calzini bucati e anche qualche paio di nuovi. Il suo pensiero era per lui, tanto che, quando spartivano i frutti del grande albero di noci, lei metteva da parte le sue per Rito. Una volta egli mi mostrò il suo tesoro posto sotto il letto: sul suolo di legno c’erano le noci regalate dalla nonna che egli avrebbe portato con sé in seminario insieme ai nuovi calzini di lana che lei aveva fatto.


tradizioni d’autunno di Flavio Zambon Modola

la nót de i morth A DARDÀC No sae se in qualche ciasa i à anciamò l’abitudine, la not del prin de novembre, da fà come che i feva una volta i nostre veci, ad ogni modo mi prove a contave, da chel che ài sentùt e da chel, che ài vivùt da pithol, come che le famee de Dardac le passava la not dei morth. Dopo thena, almanco doi par famea i deva in thimitero a inpià i lumins. Me vin in ment che la prima volta che soi dut co’ me pare, quan che son rivadi davanti al portel del thimitero soi restat co la bocia verta a vede duti ’sti lumins inpiath, ogni tomba l’aveva almanco un lumin e feva impression, col scur che ’l era, vede dute ’ste flamele che le trimava. Dopo, fin quan che l’è restat l’abitudine, le famee le deva ‘ntel stale, qualche femena la restava ‘ntel fogher a cusinà le ciastegne e a boì, se ’l era schei pa’ compràle, le patate mericane. Mi, che me ricorde, ‘ntel stale no soi mai

dut; ormai, a la fin dei ani thinquanta, la dhent la restava ’n tei foghers o ’n tele cusine. Intant le ciampane le aveva scuminthiat a sonà da mort; me vin i grisui ancia ades a pensà chela nót! Le ciampane le vigneva tirade co le corde e le sonava duta la not (al sonà da mort de una volta nol era nencia lontan parent de chel che se sona uncuoi); de solito ’l era fantath pleni de voia che, istruidi dal nonthol, i le sonava, e la dhent ogni tant la deva a portà a chei dovins un poc de patate mericane, sigarete, sgnapa e vin. Al era tre o quatro ani che la nót dei morth, no vigneva sonat le ciampane; par fortuna ’sto an qualchedun al se à pensat de sonale; speron che se continue ’sta tradithion, se no altre pa’ rispeto e ricordo dei nostre morth. Ma continuon a contà. De solito al pì vecio o la pì vecia de la famea al tacava a dise al rosare pa’ i morth; duti reane co la coro20

na in man, e dopo al rosare, le litanie dei morth, dopo un altre rosare e dopo se ricordava par nome i morth de famea. Me ricorde che le rathions le era dute in latin e che da chele bocie vigneva fora de chei stramboloth... Se deva avanti cussì par un bel toc e, fra che ’l era nót, le ciampane che le sonava da mort e le litanie, nealtre canais aveane pura, ancia parchè i veci i diseva che chela not i morth del paeis i feva la procession e i passava par dute le strade e duti i cortifs e che l’ultin che ’l era mort al portava al feral grant davanti a duth; parchel fora de la porta de le ciase, vigneva metude le sece plene de aga in caso che ’sti morth i aves vut bisogn da beve, parchè i aveva ciaminat e i aveva anciamò da ciaminà tant. L’era una not triste; a qualche femena i vigneva le lagreme ‘ntel ricordasse qualche mort che i stava pì a cuor; ogni rumor al fe-


va pura e nessun, almanco fra i canais, al alsava mete al nas fora de la porta, parchè aveane pura de vede la procession dei morth, e guai a chi che i l’aves veduda! Ma in mieth a duta, sta atmosfera stramba, che no la someava vera, rivava ancia al momento che se doveva magnà le ciastegne e le patate mericane; aveit da savè che ’ste patate le vigneva magnade altre che in chista ocasion, e duti, grains e pithui, intant che i magnava i se dismintiava che l’era la sera dei morth, anthi qualchedun par magnà a la svelta al se ingosava, tant che dopo al doveva beve un bel poc de aga pa’ desgormenàsse. I grains i therciava al vin nóf, e al di dopo pi de qualchedun l’aveva brusor de stomego! Intant le

ciampane le seguitava a sonà, ma l’era rivada ancia l’ora de di a dormì, e in chei tempi no duti i aveva, drento ciasa, le s’ciale par dì ‘n te le ciambre. Chi che i le aveva fora oltre che pa’ le s’ciale i aveva da ciaminà ancia pal piol; me ricorde che nealtre canais, sempre par la pura che aveane de vede i morth, feane s’ciale e piól come i fulmini e che in quatro e quatr ’oto reane sote le cuerte; se ingrumèane come i rithabars, co tanta pura, ma un poc sodisfati parchè ancia chel an aveane magnat le patate dolthe e dopo poci minuti ciapeane sion. Intant le ciampane le avarave sonat da mort par duta la not... Cussì fin a una thinquantena de ani fa l’era la not dei morth a Dardac; ades no se se ricorda né

de la not e quasi quasi nencia del dì dei morth. Se porta, par fasse vede, vasi e vasoni de crisantemi in thimitero, una netàda a la sveltina a la tomba dei siès, preà no se sa pì come che se fa e... bisogna di avanti co la vita moderna senò chi che resta indrio al vin rebaltàt e balegàt!

la crepa da mort E LA FESTA MERICANA Volaràve dise ancia mi la mea riguardo al parchè, al come, al quant, ’na volta, quan che reane canàis, se feva la crepa da mort. Aveit da savè che quan che i nostre noni e pàres, a la verta, i semènava la blàva, i aveva l’abitudine, soradùt se un ciamp ’l era sote aga, da mete, dopo solthàt in mièth le cuière, fasòi, radìcia e soradut i thuciàth. In te la tavela se no plovèva, la roba la vigneva instes parchè i ciamps i aveva la fortuna da avè l’irigathiòn e cussì le panóle le era sigùre ma ’l era sigùrs ancia i thuciàth, che i saràve servìdi par dàili da magnà ai

porthìth. Oltre che par nutrithiòn i thuciàth i deva bin pa combate al vermo solitario che al podeva fà stà mal i porthìth e ancia contagià, co la carne, i omis. Quan che ’l era verso al dièsequindèse de otobre, la blava l’era madùra e cussì ’l era dut un viavai de ciars e carète che i portava a ciasa le panòle: chi che i despoiàva al sarturc ’ntel ciamp, chi che i lo taiava e i lo portava a ciasa par dopo despoiàlo ’ntel cortif, insoma bisognava implenì i blavers! Ma ancia i thuciàth i era madùri, e alora, dopo la blava se portava a ciasa ancia chei; in ’era 21

de dute le misure, grains e pithui, de diversi colors: verdi, dai, rosith, e par mantignèli meio i vigneva metùdi in te qualche stanthia fres’cia. Al era chisto al momento che speteàne nealtre canais; domandeàne a nostre pare o a nostra mare se podeàne toign un (no i ne disièva mai de no, parchè i lo aveva fat ancia lor!), e dopo toleàne la brìtola e scumintheàne dopo avelo verdhut in thima, prima a sgoità al thuciàt e dopo i feane i vói, al nas e la bocia. Dopo, quan che se feva scur, meteàn dentro un toc de ciande-


la, la inpieàne e meteàne al thuciat, che clameàne par la só someantha crepa da mort, in thima ai murs, a le erte dei portei, insoma in te posti alti, sperene cussì da fà pura a qualchedun, specialmente a le canaie. Dopo qualche dì le crepe da mort le se flapiva e alora, no se le butava via, anthi, ciapeàne, le rompeàne e le deàne da magnà al porthìt. Chista l’era una nostra usantha che no l’à nient a che véde co’ la festa che i mericani i fa l’ultin dì de otobre; lor i à le so tradìthions, che ’i se le tigne a ciasa soa, ma che qualche baùco, altre che pa’ fà schei, pa’ vende quatro maschere, doi ciapiei a ponta, e thinque thucìe de plastica, al vopia fà passà ’ste robe par nostre tradithìons NO! No la me va dó. Me permete de dise altre doe parole, al dì de uncuoi i nostre dovins i va

in therca de chel de chei altre e no i tin da cont de chel de ciasa soa! Un popol, una generathìon che no impara, mantìn e tramanda le tradithions dei so veci ’l è destinat a sparì , e se don avanti cussì ’l è chel che sucedarà ancia a la nostra ratha! A bon intenditòr...

A proposito... Trentaun de otobre, a la sera tardi, doi compares i varda un dovin mascheràt, un al dis: – Veto chel là, che ’l apia fat alovin? (= halloween). Chel altre al risponth: – Mi no sae che che ’l à fat, ma da come che al ciamìna, vin ’n te la pantha in’ à da avè un bel poc!

Genti e materiali di San Tomè di Chiara Rossi

CORSO DI LAVORAZIONE DEL LEGNO Il Comune di Budoia, con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia e dell’Unione Europea, ha realizzato nell’agosto 2006, nell’ambito dell’iniziativa «Ecomuseo della Montagna Pordenonese», il progetto

«Genti e materiali di San Tomè» di Dardago. Il progetto si è articolato in quattro iniziative: • un corso di lavorazione del legno; • un corso e laboratorio archeologico «Come antichi vasai»; • una mostra in ex tempore di opere pittoriche; • un corso di teatro.

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Il corso di lavorazione del legno, svoltosi tra l’8 e l’11 agosto 2006, ha visto la partecipazione entusiasta di alcuni ragazzini tra gli 8 e i 12 anni. Il risultato finale del corso è stata la realizzazione di alcune sagome dipinte di animali che popolano le zone vicine ai nostri paesi (cinghiale, volpe, scoiattolo, tasso, astore, riccio, allocco, lepre, ghiandaia), che sono state esposte nell’ambito della rappresentazione teatrale svoltasi domenica 13 agosto al parco Ciàmpore. I ragazzi hanno avuto come maestro d’eccezione Gianmaria Santarossa, che, aiutato da Andrea Rui, ha spiegato in diver-


tenti lezioni le caratteristiche e le storie legate alla fauna e alla flora locali e ha seguito i ragazzi nella realizzazione delle sagome in legno, presso il parco Ciàmpore. I ragazzi hanno avuto la possibilità di effettuare una piccola escursione alla chiesetta di San Tomè, imparando alcune semplici tecniche di misurazione degli alberi, e di visitare la falegnameria del sig. Gianni Zambon a Dardago e conoscere così alcuni piccoli trucchi di questo antico mestiere.

CORSO E LABORATORIO ARCHEOLOGICO «COME ANTICHI VASAI» Questo corso, svoltosi anch’esso tra l’8 e l’11 agosto 2006, ha visto la partecipazione attiva e interessata sia di ragazzi che di adulti. Il corso ha previsto la visita al sito archeologico di San Tomè di Dardago ed un laboratorio di ceramica presso il parco Ciàmpore. I partecipanti al corso sono stati seguiti dall’esperta archeologa Silvia Pettarin e da un’artista nella lavorazione dell’argilla, Marta Polli. I partecipanti hanno realizzato alcuni vasi

e altri oggetti in impasto di argilla, ricorrendo ad alcune delle tecniche più antiche. Una parte dei vasi è stata cotta con un fuoco presso il parco Ciàmpore, un’altra parte con il forno del laboratorio dell’esperta ceramista.

MOSTRA IN EX TEMPORE DI OPERE PITTORICHE Domenica 13 agosto 2006 è stata allestita a Dardago una mostraconcorso in ex tempore di opere pittoriche a tecnica libera. Il tema delle opere era collegato al territorio, per l’uso de materiali o per il contenuto delle stesse. Il primo premio è stato vinto da Roberto Vettoretti, il secondo da Graziella Castegnaro, il terzo da Davide Verziagi, il quarto da Mario Cossetti. La giuria ha segnalato inoltre le opere di Antonio Lot, Lucio Trabucco, Tristano Casarotto, Teresa Puiatti e Donnino Borin.

CORSO DI TEATRO Il corso di teatro è stato tenuto da Ramiro Besa dei «Papu». Il percorso, iniziato con una fase di ricerca

e rielaborazione dei racconti popolari di Budoia, compresi quelli raccolti dalla Società Filologica Friulana, ha portato alla messa in scena di uno spettacolo il giorno 13 agosto 2006 presso l’area del Parco Ciàmpore, che per l’occasione si è trasformato in un suggestivo palcoscenico a cielo aperto. Sono state rappresentate, interamente in dialetto budoiese, alcune storie della gente dei nostri paesi, aneddoti legati ai lavori di un tempo, alle visite dei «foresti», alle furberie per scroccare qualche bicchiere; i ragazzi partecipanti al corso di lavorazione del legno, oltre a mostrare le figure di animali appena realizzate, sono intervenuti sul palco come attenti ascoltatori di fiabe del tempo, legate al territorio, raccontate dalle «donne di famiglia» prima di andare a dormire. Si può dire che lo spettacolo è pienamente riuscito, «graziato» anche dal tempo meteorologico; il pubblico intervenuto è stato numeroso ed entusiasta. A disposizione di tutti rimarrà un dvd che conterrà al suo interno l’intera rappresentazione teatrale filmata da Fabio Bastianello e alcuni flash dei vari laboratori, filmati dai ragazzi del Progetto Giovani.


Il ritorno a Dardago di un ramo della famiglia

Zambon Marin di Lorena Zambon Nostalgicamente penso al mio bisnonno che a malincuore lascia la «sua» terra in cerca di fortuna nella «Bassa». Immagino lui, Pietro Zambon Marin, e sua moglie Caterina di cui non conosco i volti, mentre preparano le valigie con le lacrime agli occhi... scrivono il loro addio nel muro del granaio della loro casa in via Cianisela de la Modola (attuale via Castello) caricano il carro e... partono verso una terra che non conoscono con la paura del futuro. I miei nonni si trasferirono a Praturlone di Fiume Veneto nel novembre del lontano 1881.

Il distacco con Dardago, in realtà, non c’è mai stato. I miei nonni infatti usavano mandare in vacanza i loro figli dai parenti dardaghesi, la famiglia Bocus Frith Giomaria (Bia) ed Agata Zambon. Racconta mio padre che prima di partire la nonna li pesava e così faceva al ritorno per vedere quali erano stati i frutti «dell’aria buona» della montagna. Da sempre sento raccontare mio padre e le mie zie delle indimenticabili estati passate a Dardago. Ricordi di bambini quando le cose nuove hanno il sapore più intenso. Se chiudo gli occhi mi pare di sentire le grida di bambini e di vederli correre attorno alla piazza mentre giocavano a cuc. Racconta zia Anna che l’Angelina, diceva loro: se feit i boins, doman de sèra pasta col musét; allora l’indomani cucinava il cotechino e nella stessa acqua, poi, la pasta. Era la cosa più buona che lei ricorda d’aver mangiato da bambina! Tutte le cose erano più belle a Dardago i colori più intensi... i sapori più buoni. Da qui il nostro amore per Dardago nato dai racconti, dalla storia! Un giorno l’occasione di ritornare... anche se solo per le feste e per i fine settimana, in quella terra da cui proveniamo. Siamo felici di 24

far di nuovo parte di questa comunità di cui amiamo la terra e le tradizioni. Spero di saper trasferire l’amore per questo meraviglioso paesino alla mia piccola Anna e di farle apprezzare il legame con le proprie origini.

Sopra. Dardago. Iscrizione tracciata con il lapis rinvenuta sulla parte levigata del muro di un granaio (blavèr) dell’attuale Via Castello n. 9 (già Cianiséla de la Mòdola), con la quale i fratelli Angelo e Pietro suggellano l’addio al paese natale per trasferirsi definitivamente a Praturlone di Fiume Veneto. Nell’iscrizione, datata novembre 1881, si legge come destinazione Bannia probabilmente perché era la località più nota limitrofa a Praturlone. Purtroppo a causa di rifacimenti edili la scritta ci è giunta deteriorata. Testimonianze orali ci confermano l’originario messaggio lasciato: «Addio Dardago parto per Bannia». A lato. Dardago e Praturlone.


Un’immagine della mia estate di Francesco Rugarli

Quest’estate, come tutte le altre, sono stato per un certo periodo a casa dei miei nonni, in Friuli, sotto le montagne, in un paesino chiamato Dardago. La casa dei miei nonni è un luogo molto importante per me, dove vado più volte all’anno da pochi giorni dopo la mia nascita, l’unico posto dove mi sento a casa. È una deliziosa abitazione in pietra, con un giardino abbastanza grande. Ogni volta che ci vado mi sento rinascere e il cuore mi si riempe di felicità, felicità pura e limpida come l’acqua, alimentata dal mio profondo attaccamento a questo luogo: felicità di rivedere i nonni, felicità di rivedere ogni singolo angolo di quell’abitazione, felicità di ritrovare tutto così come l’avevo lasciato, felicità di sentirmi libero. L’emozione più bella la provo a poche centinaia di metri dalla tanto ambita destinazione, quando io e la mia famiglia siamo in auto, prossimi alla destinazione; quando finalmente mio padre mi lascia abbassare il finestrino; è allora che sento quell’odore così particolare, quell’odore che ormai fa parte di me, che mi è famigliare da prima ancora che ne abbia memoria: descriverlo è impossibile. Certo l’elemento che spicca è la genuina, fresca aria di montagna alla quale non sono abituato; ma poi c’è qualcos’altro di indefinibile, che nessun altro, eccetto forse mio fratello, può provare: è

un’emozione così intensa che nemmeno se avessi il dono di esprimerla su carta potrebbe essere condivisa. Rinvigorito da questa sensazione, rialzo il finestrino e, euforico, vedo là davanti all’auto, mio nonno che saluta e il cancello che si apre e l’improvvisa visione della casa, circondata da quel giardino reso così disordinato da nonno eppure, ai miei occhi, più bello dell’Eden e rigoglioso come le foreste equatoriali. Poi scendo, davanti a me la splendida casa e ai suoi piedi la nonna che saluta; l’abbraccio, e abbraccio anche il nonno che nel frattempo ci ha raggiunti e provo ancora una volta una fortissima emozione causata dal profondo attaccamento verso di loro. Entriamo e sono risate ed è festa in quell’atmosfera così calda che solo all’interno di quella casa può esistere. Le cose che più percepisco in quel momento sono, a parte la mia felicità, d’inverno il crepitare del cammino acceso e d’estate il baccano suscitato dalle svariate creature del giardino che sembrano riunite per essere partecipi della nostra allegria. E poi imbocco le scale, animato da una strana sensazione di

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irrequietezza, e controllo il resto della casa accorgendomi con sollievo che tutto è così come l’ho lasciato: la nonna deve aver arieggiato perché in tutte le stanze c’è aria di pulito e un piacevole freschetto; ha fatto tutti i letti, poveraccia, affaticandosi così tanto per noi. I familiari soprammobili sono tutti nella loro consueta collocazione, anche quella testa di donna intagliata nel legno, giù nel pianerottolo, che quand’ero piccolo suscitava in me così tanta paura. Nella camera del nonno ci sono un sacco di tele già terminate ed una sul cavalletto non ancora finita, a cui sta lavorando, e quell’odore intenso di colori. E poi, immancabile, il disordine consueto di mio nonno nello stesso stile del giardino. Mi sento stanco per le emozioni provate, eppure leggero e così libero! Dopo la cena, ricca di prelibatezze e deliziose pietanze preparate da mia nonna, mi corico esausto e, poco prima di chiudere gli occhi, ripercorro le ultime ore della giornata, rivivendo per un attimo un’emozione fortissima, e infine mi addormento con l’immagine dei miei nonni vivida nella mia mente ma, soprattutto, nel mio cuore.


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l’Artugna a Sanremo

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di Francesca Re

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Eccoci di nuovo in corriera per un altro viaggio, questa volta con destinazione Liguria: Sanremo e Diano Castello; di nuovo in viaggio per condividere un’altra esperienza insieme! Partiamo a mezzanotte per sfruttare il fresco e la tranquillità che la notte estiva ci regala e per riuscire a raggiungere il traguardo la mattina del sabato, «riposati» e pronti per affrontare l’intensa giornata. Alle 8 arriviamo a Taggia, fiorente cittadina a 12 km da Sanremo, famosa per l’olio e la produzione delle ricercate olive taggiasche. La «Via dell’olio» ci conduce fino al centro storico, attraverso i caratteristici «carriggi» che si insinuano fino all’interno delle abitazioni, arroccate l’una sull’altra. Il nostro arrivo a Sanremo in tarda mattinata ci permette di godere delle ore migliori di sole, spiaggia e mare, allietati da un gustoso pranzo al sacco in compagnia, distesi sugli asciugamani a caccia della tintarella.

Alla sera è previsto uno spettacolo itinerante di danze lungo Viale Matteotti, il corso principale di Sanremo, su cui si affaccia il Teatro Ariston, famoso per essere sede del Festival della Canzone italiana. Come spesso accade, i passanti ci chiedono la nostra provenienza e ci salutano con graditi complimenti. Nei loro volti stupiti troviamo la meraviglia di chi non ha spesso l’occasione di assistere ad uno spettacolo di tradizione folkloristica. A loro dire, infatti, nella zona non sono presenti molti gruppi folkloristici che recuperino e ripropongano le danze, i canti, le feste e le tradizioni del passato. Questo è uno dei motivi per i quali proviamo gioia e orgoglio nel far conoscere le nostre usanze e i nostri costumi a persone estranee, nonostante il caldo, la stanchezza e i vestiti pesanti. A fine spettacolo, dopo la foto di gruppo davanti al noto Casinò di Sanremo, situato alla fine del Viale, ci rimangono pochi minuti 26

ia

per ammirare Sanremo «by night» e poi… di corsa in albergo, perché è ormai domenica: le Suore Clarisse della casa madre di Diano Castello, un paese dell’entroterra a una cinquantina di chilometri da Sanremo, ci aspettano per accompagnare con il canto la Santa Messa delle 10.30. Alla fine della celebrazione allietiamo l’assemblea eseguendo alcune danze sul sagrato della chiesa. Le premurose Sorelle Clarisse ci accolgono nel loro convento dove possiamo tornare agli abiti borghesi e pranzare. Per ringraziarle della loro ospitalità, le salutiamo improvvisando alcuni canti della tradizione popolare friulana. Quindi riprendiamo la strada di casa, arricchiti da questa ulteriore esperienza che va ad aggiungersi al bagaglio delle trasferte precedenti, ormai numerose per quasi tutti noi. Lungo il tragitto del ritorno, il programma prevede una tappa a Cremona, che purtroppo non può avere luogo a causa di un imprevisto tecnico. Quando rientriamo nelle nostre case, come al ritorno da ogni viaggio del gruppo, siamo stanchi ma entusiasti e, augurandoci di continuare con la stessa gioia il viaggio della nostra quotidianità, siamo già proiettati verso la prossima trasferta.


ANA Gruppo Bepi Rosa

Gli Alpini del Gruppo «Bepi Rosa», orgogliosi, presentano il giovane Davide Fabbro, iscritto come socio da quest’anno e gli augurano ogni bene e tante soddisfazioni. MARIO POVOLEDO

Nato a Venezia nel 1985 e residente a Marghera, dal febbraio 2006 mi sono trasferito a Budoia. Nell’agosto 2004 pochi mesi dopo essermi diplomato come perito elettrotecnico a Mestre, mi arruolai come VFA (volontario in ferma annuale) presso l’Ottavo RGT Alpini con sede a Cividale del Friuli. Fui assegnato alla gloriosa 69a Compagnia Fucilieri, con incarico mitragliere. Dopo un lungo, a volte faticoso, ma sempre appassionante, addestramento da fuciliere alpino sono stato proiettato a vigilare presso il petrolchimico di porto Marghera. Appassionatomi sempre più alla vita militare, ho fatto domanda per una nuova tipologia di volontario, il VFP1 (volontario in ferma prefissata di un anno) con incarico di fuciliere comandante di squadra. Durante gli ultimi mesi del 2005, partecipai ad una nuova missione, questa volta a Milano con l’incarico di vigilare l’aeroporto di Linate. Dopo 27 mesi di «naia», durante i quali ho ricevuto diversi elogi, mi si riempie sempre il cuore di gioia nel pensare alla mia vita militare… perché in certi reparti quali il mio, non è solo un semplice lavoro, è dedicare la propria esistenza a ideali di amicizia e di fratellanza che superano confini regionali e fondono usi e tradizioni diverse. DAVIDE FABBRO

l’Artugna

[ da pagina 2 ]

vista da i suoi lettori

Da un primo sommario esame, emerge che l’Artugna piace ed è apprezzata dai lettori e che quasi tutti gli argomenti vengono letti con interesse. La preferenza viene accordata agli articoli che trattano la storia e la cultura locale che risultano «primi in classifica» per tutte le fasce di età. Molto gradita anche la rubrica La ruota della vita. Non ci sono grosse differenze di preferenze tra le varie età. Sembra, però, che gli alberi genealogici siano più graditi dalla fascia 50-60, mentre la cronaca è gradita dai più giovani.

Un po’ a sorpresa, agli ultimi posti, troviamo due rubriche fotografiche ( ’N te la vetrina e Inno alla vita) e la pagina delle Associazioni. Tutti gli argomenti, però, hanno avuto un’ampia percentuale di gradimento che va dall’81,5% per gli articoli di cultura e storia locale, al 25,3% per la pagina delle Associazioni. Per quanto riguarda i consigli e le proposte per migliorare il periodico, i lettori hanno risposto che bisognerebbe dare più spazio a questi argomenti:

Argomenti o rubriche

Preferenze totali

Più 60 anni

Da 50 a 60

Meno 50

Storia locale Ambiente locale Parlata locale Cronaca Alberi genealogici Religione Altro

65 59 47 36 33 14 12

42 40 28 29 23 11 5

11 10 10 3 4 1 4

12 9 9 4 6 2 3

1° 2° 3° 4° 5° 6° 7°

1° 2° 4° 3° 5° 6° 7°

1° 2° 3° 6° 4° 7° 5°

E per finire... Gli argomenti di carattere locale sono di gran lunga i più richiesti. Sorprende, positivamente, la grande curiosità intorno alla storia dei nostri paesi e della nostra gente. Nella voce «altro» più di qualche preferenza riguarda le richieste di notizie sull’attività della Amministrazione comunale. All’ultima domanda («Come migliorerebbe il periodico?»), 23 lettori hanno risposto che vorrebbero più pagine, e 20 lettori

hanno nuove rubriche o di approfondire maggiormente alcuni argomenti. Qualche lettore ha fornito alcuni suggerimenti «tecnici» quali l’utilizzo di un carattere di stampa più grande per le didascalie ecc. Ora che i lettori hanno risposto con entusiasmo all’iniziativa del questionario, spetta alla redazione comprendere il significato di questi numeri in modo da migliorare ancor più la qualità del nostro periodico.

1° 2° 3° 5° 4° 7° 6°


’N te la vetrina tempo di processioni BUDOIA, 8 DICEMBRE 1942. LA PROCESSIONE CON IL SIMULACRO DELL’IMMACOLATA LUNGO LA PARTE INFERIORE DELLA VIA BIANCO AL BIVIO CON VIA COLLI. CERTO CHE I CHIERICHETTI ERANO NUMEROSI; SE NE RICONOSCONO ALCUNI. DAVANTI AL SIMULACRO, AL CENTRO, IL PARROCO DI DARDAGO, DON NICOLÒ DAL TOSO, A SINISTRA DON GELINDO DI SANTA LUCIA, E, A DESTRA, DON ALFREDO PASUT. REGGONO IL TRONO GLI UOMINI DELLA CONFRATERNITA. SULLO SFONDO LA CASA DEI SANSON CABOLA E A DESTRA AMPI SPAZI VERDI. (FOTO-CARTOLINA DI PROPRIETÀ DI DOMENICO DIANA)

SANTA LUCIA, 1948. UNA LUNGA PROCESSIONE SI SNODA LUNGO LA VIA CHE CONDUCE ALLA CHIESETTA DI SANTA LUCIA IN COLLE. GLI UOMINI APRONO IL CORTEO, SEGUE IL SIMULACRO DELLA MADONNA CON BAMBINO AFFIANCATO DAL PARROCO DON GENESIO, QUINDI, LA CANTORIA; CHIUDONO IL CORTEO LE DONNE CON I BAMBINI. NON MANCANO I GONFALONI DELLE VARIE CONFRATERNITE ED ASSOCIAZIONI. SUI DAVANZALI PENDONO ARAZZI E LENZUOLA CON CERI E FIORI, MENTRE ALL’INGRESSO DEL PORTONE DEI PUSIOL È ADDOBBATO UN PICCOLO ALTARE CON UN’IMMAGINE SACRA, ADORNO DI FIORI E DI PIANTE. (FOTO DI PROPRIETÀ DI RIZZO)

DARDAGO, 21 NOVEMBRE 1942. PROCESSIONE DELLA MADONNA DELLA SALUTE, ALLA FINE DI VIA RIVETTA VERSO LA PIAZZETTA DEL CRISTO. LA STATUA DELLA VERGINE È SORRETTA DAGLI UOMINI DELLA CONFRATERNITA.


UN ACCORATO APPELLO AI LETTORI

Se desiderate far pubblicare foto a voi care ed interessanti per le nostre comunità e per i lettori, la redazione de l’Artugna chiede la vostra collaborazione. Accompagnate le foto con una didascalia corredata di nomi, cognomi e soprannomi delle persone ritratte. Se poi conoscete anche l’anno, il luogo e l’occasione tanto meglio. Così facendo aiuterete a svolgere nella maniera più corretta il servizio sociale che il giornale desidera perseguire. In mancanza di tali informazioni la redazione non riterrà possibile la pubblicazione delle foto.

VENDEMMIA TRA I FILARI DI VIA RIVETTA. IL CARRO TRAINATO DALLE VACIE DI ILARIO BASTIANELLO FUSER TRASPORTA I DOLCI GRAPPOLI E I VENDEMMIATORI. SI RICONOSCE PAOLO BASSO.

EMIGRANTI NEGLI STATES. ANNO 1910. OSVALDO ZAMBON VIALMIN CON LA MOGLIE BURIGANA E I FIGLI, TRA CUI ALBA, INES E LUIGI. (FOTO DI PROPRIETÀ DI GABRIELLA CARLON FASSINER)

FAMIGLIA DEL ZOTTO COTH. GIOVANNI BATTISTA E MARINA SCUSSAT CON I LORO CINQUE FIGLI TRA I QUALI LUIGI (PRIMO A SINISTRA), LUCIANO E PIERINO (QUARTO DA SINISTRA). (FOTO DI PROPRIETÀ DI GABRIELLA CARLON FASSINER)


L’angolo della poesia L’ARTUGNA

NOTTE FRIULANA

DE NOT DRIO LA LIVENSA

Dalla cuneata croda, spenta cascata, l’Artugna precipita di pietra in pietra sulle prime alte case di Dardago. Braccata da verdi cortine incide profondo il suo alveo anelando Budoia. Respinta dall’ultimo colle si perde arenando a Castello nel piano, vinta, spenta cascata. L’occhio sereno risale alla croda ed al baluginare della luna rivede festose acque sonanti precipitare ancora spumose alla vita mai spenta.

Grosse gocce della passata pioggia dagli alberi crepitano sulle foglie secche d’autunno.

Strenze i me oci fiàpi verso la riva scura de bâr e de salès: sol che le sponde intìve del fium che drio se sconde e l’aqua nera nera me avìsa col romòr... quel so respìr me basta, no val pi oltra ’ndar. Svanisse la Livensa piena dei mê pensieri che porta via lontan e parla chieta chieta coi sas, coi ciuf, coi rân, come coi so putèi la mare la discòre avanti de dormir.

La notte sul sentiero si rischiara e la terra espira vapori profumati tra le ceppaie di antichi alberi caduti. E sempre mi chiedo il senso di me sul sentiero friulano coperto da miliardi di stelle lavate dalla pioggia passata. All’angolo che il sentiero ricongiunge alla stradina illuminata da un lampione discreto, un’edicola effigia una signora di Fatima senza luce. Devo sforzare gli occhi per vedere le sue braccia timidamente accoglienti, appena aperte, non sicure dell’amore del viandante. Ma io vorrei tanto essere abbracciato da quelle timide braccia accoglienti e le mie lacrime cadono sulle secche foglie d’autunno senza crepitio. ALESSANDRO FONTANA

ALESSANDRO FONTANA Aprile 2006

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CANZIO TAFFARELLI 1996

fiàpi = deboli bâr = cespugli salès = salici intìve = intuisco rân = rami


l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari

Lasciano un grande vuoto...

Jolanda Burigana La sua scomparsa, avvenuta alla veneranda età di 95 anni, lascia un grande vuoto nel cuore della figlia Franca e della nipote Monica, da loro amorevolmente assistita, soprattutto negli ultimi anni, dopo essere stata colpita da infermità e che la ricorderanno con infinita gratitudine, unitamente ai parenti e a coloro che l’hanno conosciuta e stimata. Persona sorridente, abituata – dopo essere rimasta vedova molto presto – a rimboccarsi le maniche, ha potuto trascorrere gli anni dopo la meritata pensione, nella quiete della sua casa di via Bianco, ravvivata dalla gioiosa presenza dei pronipoti Carolina e Alessio. MARIO POVOLEDO

Anna Zambon Pétol Cara mamma, il 1° agosto di quest’anno, dopo 85 primavere passate sulla terra sei andata a trascorrere la primavera eterna su nel cielo. Io non ti ho mai sognata ma quando mi soffermo a pensare a te ti vedo correre a piedi nudi e raccogliere fiori su per la Solvela e sono sicura che in Paradiso c’è la tua Solvela e tu da lì mi guardi sorridente. ELISABETTA

Adriana Panizzut La notte del 23 novembre 2006 è venuta a mancare Adriana Panizzut. Nell’ultimo periodo della sua vita, aveva sofferto molto a causa di un’infermità che la costringeva a letto, e questo era motivo di grande dispiacere per lei e per le persone a lei vicine in quanto Adriana era sempre stata una donna dinamica ed autonoma che dava molta importanza alla sua capacità di fare. Adriana era una persona molto semplice, dalle umili origini contadine, ma allo stesso tempo ha sempre dimostrato acume e intelligenza nell’affrontare le difficoltà della vita. Nata durante la prima guerra mondiale, nello stesso giorno in cui suo padre venne ferito in combattimento sul Carso, è cresciuta in un momento storico estremamente difficile, sia per il nostro paese che per la sua famiglia. Ha lavorato come cameriera a Venezia. In seguito è stata testimone del secondo conflitto bellico e delle sue tragedie, dovendo aspettare il ritorno del fratello Angelo, finito a combattere nell’ex Jugoslavia, e quello del futuro marito Andrea, costretto a rimanere per gli stessi motivi 12 anni in Africa.

Una volta sposata, con il marito ed il figlio Antonio nato da poco, è partita per la Svizzera, allo scopo di trovare lavoro; nonostante questo fosse stato un periodo molto difficile, ha sempre ricordato con affetto quel momento della vita per i numerosi segnali di stima ricevuti da molte persone li conosciute. Una volta ritornata a Budoia, Adriana è diventata poi nonna di Francesca e Valentina, alle quali ha dedicato molto del suo tempo, assieme alla nuora Maddalena, recentemente scomparsa, per crescerle e giocare con loro. Per questo la ricordiamo con grande affetto, per tutto quello che ci ha insegnato e per il bel ricordo che ha lasciato in noi. ANTONIO, VALENTINA, FRANCESCA

*** Di fede profonda e d’animo sensibile e generoso, con il suo sorriso trasmetteva serenità e dolcezza. Così ricordiamo Adriana, membro della nostra associazione. LE DONNE DEL ROSARIO PERPETUO

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Lasciano un grande vuoto...

Ubaldo Dedor Soela È mancato il 23 ottobre a Wiesbaden ed è ritornato per sempre a Budoia, suo paese natio che tanto amava, lo zio Baldo di anni 97. I nipoti e pronipoti lo ricordano con tanto affetto.

Rossanda Zambon Ciao nonna Rossanda, non è semplice scrivere delle parole sul sentimento che ci lega qui sul periodico del paese l’Artugna. Con coraggio e determinazione hai vissuto la tua lunga vita accompagnata da una grande fede. Infatti tutti i giorni di festa li dedicavi alla Santa Messa, al pomeriggio alla visita dei parenti e al tanto amato gioco della tombola tra amiche. La tua presenza costante nella vita di questi anni ci ha insegnato che l’unione della famiglia è il valore più importante. L’immagine che ora abbiamo impresso nella mente è simile al fatto accaduto circa 15 anni fa nel campeggio di Andreis quando Abramo per accompagnarti dall’altra

parte del torrente, stranamente in piena, ti ha sollevato da terra e preso in braccio. Così il 2 settembre Abramo avvolgendoti tra le sue forti braccia ti ha preso con sé. LA TUA FAMIGLIA (TELO E TATI)

*** Vivere nei cuori che lasciamo dietro di noi non è morire. T. Campbell

Fortunato Zambon Bonaparte Non è facile per me parlarvi di mio nonno Fortunato, non sono abituato a rendere pubblici i miei sentimenti e sono convinto che chiunque lo abbia conosciuto avrà un suo ricordo personale ed intimo che vorrà preservare così com’è. Nell’antica Roma ai funerali parenti ed amici svolgevano le cosiddette «laudationes funebres», discorsi in cui esponevano pregi, doti del defunto e lo lodavano, raccontando in pubblico le sue imprese e le sue azioni più significative. Spesso esageravano nelle lodi, oppure raccontavano falsità, azioni che il defunto non aveva in realtà mai compiuto. Io credo di poter dire che mio nonno era una persona buona e semplice; non esporrò perciò nessuna delle azioni importanti o rilevanti che ha fatto durante la sua vita e nessuno dei gesti amorevoli che ha dimostrato nei miei

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confronti, poiché questi ultimi mi appartengono. Però posso dirvi alcune semplici cose che lui amava fare solo per sé, per il piacere di farle. Era un grande appassionato di parole crociate, credo che nella sua vita ne avrà fatte a migliaia e questa era una attività che gli piaceva molto; così come gli piaceva molto essere ordinato e preciso e trascrivere in una calligrafia bellissima ed accurata i suoi pensieri, ogni annotazione, anche solo la lista della spesa. Gli piacevano le cose «importanti» nella vita di un uomo: mangiare i funghi, fare una passeggiata per Budoia, giocare a carte, bere un buon bicchiere di vino, passare le feste con tutta la famiglia accanto. Un grazie a tutti quelli che lo hanno ricordato in questi giorni e che lo faranno in futuro. IL NIPOTE ADRIANO


Lasciano un grande vuoto...

Luigia Ariet Il giorno 3 agosto ci ha lasciato la nostra cara mamma Luigia. Sentiamo un grande vuoto, ma sarà sempre nel nostro cuore il ricordo del suo amore per la famiglia e del suo carattere forte e propositivo. È stata per noi un esempio dal quale continueremo a trarre aiuto ed insegnamento. LE FIGLIE CLELIA, ROSELLA, LAURA

Suor Aidana Suor Aidana (al secolo Fausta Campagnaro): la bianca colomba del nido di Dardago. Come parroco di Aviano e vicario per la vita consacrata ho avuto modo di ammirare la singolare pietà e lo stile di consacrazione totale al Signore dell’umile suora Aidana. Dopo aver dato tutta se stessa nel campo educativo è diventata, proprio negli anni in cui si viene invitati a ritirarsi, generosa animatrice della piccola comunità di Dardago, con una fedeltà e costanza che hanno lasciato il segno. Nella Pedemontana avianese ci sono chiese molto belle, costruite con le grosse pietre tagliate dai monti vicini e con i sassi raccolti dai torrenti. Quella di Dardago è un piccolo gioiello, reso sempre più prezioso nel tempo per i frequenti contatti con Venezia, dove era impiegata molta gente del luogo. Oggi Dardago è un pugno di case, quasi un nido depositato oltre l’Artugna che s’inoltra lungo la stretta valle di san Tomè. Ebbe per molti anni la presenza delle Suore elisabettiane al servizio nella Scuola Materna. Ricordo ancora un parroco, don Alberto Semeia, che girava con una seicento multipla azzurra per caricare i bambini della zona e accompagnarli dalle Suore. In questa scuola fu chiamata anche suor Aidana, educatrice per tanti anni in varie scuole. Negli anni ’90 l’avanzare dell’età costringeva il piccolo gruppo di sorelle ad interrompere il servizio nella scuola e a dedicare tutte le loro energie alla parrocchia. In particolare seguivano i malati e gli anziani e si prendevano a cuore la chiesa. Suor Aidana divenne così l’angelo del tempio di Dardago: ne conservava la chiave, varcando sempre per prima la porta al mattino e uscendo per ultima alla sera,

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con fedeltà e un raccoglimento che si trasmettevano ai fedeli. A lei era affidata la lampada del Santissimo, da tenere sempre accesa: la sua genuflessione, le giaculatorie che ripeteva, i gesti misurati con cui si avvicinava all’altare e al Tabernacolo diventavano altrettanti momenti di intenso amore per la presenza di Gesù nell’eucaristia da adorare e ringraziare. Si prendeva cura delle tovaglie, dei fiori e di ogni minima cosa della sacrestia, con la stessa intensità con cui santa Chiara preparava i purificatori per l’altare delle chiese di Assisi. Suor Aidana è stata tra le ultime a lasciare il nido di Dardago, dove si conserva ancora un inteso ricordo del suo passaggio come angelo del tempio. Il Signore l’ha chiamata a consumare presso la scuola infermiera «Maran» di Pordenone il suo sacrificio eucaristico, con una infermità durata sette anni, vissuti nella preghiera e nell’offerta di se stessa. DON PIERLUIGI MASCHERIN


Cronaca Cronaca I settantenni di Budoia, Dardago e Santa Lucia, si sono dati appuntamento per ricordare una data importante della loro vita. A questa festa non sono voluti mancare gli emigrati giunti appositamente dalla

ai più giovani e soprattutto avere fiducia nella divina Provvidenza. Per l’occasione sono giunti, graditi, gli auguri e la benedizione del Vescovo mons. Ovidio Poletto. Durante la cerimonia sono stati ricordati i coscritti defunti: Silvio Andrean, Pietro Viel, Miriam Comin, Luigi Del Maschio, Giovanni Lozer, Pietro Zanelli, Franco Zam-

Francia, Svizzera, da Torino, da Milano e Venezia. Il ritrovo nella parrocchiale di Budoia. Durante la Santa Messa, il Parroco delle tre comunità don Adel Nasr, ha ricordato i coscritti defunti e formulato l’augurio che pur nell’età che avanza non si perda mai il gusto della vita, fatto di cose genuine, il saper essere di aiuto e di esempio

bon, e Alfredo Rigo. Un omaggio floreale è stato posto sugli altari della Madonna delle tre chiese. La festa è proseguita con l’incontro conviviale in un noto ristorante della provincia, ove, al termine, è stato tributato un caloroso applauso e un ringraziamento a Espedito Zambon e Fortunato Rui per la perfetta organizzazione.

Chiei del trentasie

Gigi Bof a Lignan

Anche quest’anno, Luigi Lacchin ha organizzato all’Arena Alpe Adria di Lignano in collaborazione con il locale Lions Club lo spettacolo della 19° edizione della «Serata di Solidarietà». La serata è stata presentata da Mariagiovanna Elmi e da Bruno Pizzul ed ha visto l’interpretazione dei Papu (Ramiro Besa ed Andrea Appi), del Collis Chorus, di Sdrindule, dei Trigeminus, di Juan Garrido y sus amigos y del «Cuba Libre Ballet», di Carlotta, di Marnit, di Denis Biason, di Stefano Nardini e di Gigi Bof. L’ingresso era gratuito ed a offerta libera, ha permesso di raccogliere fondi che saranno interamente devoluti al progetto «Sight First II» per la campagna contro la cecità che colpisce le popolazioni dei Paesi sotto sviluppati ed al «Progetto Lorenzo» con sede all’Ospedale Burlo Garofalo di Trieste per la ricerca sulle malattie rare. Sul sito www.lignano.com/lions si possono vedere gli scatti e le intenzioni per lo spettacolo della 20° edizione che si svolgerà giovedì 19 luglio 2007 alle ore 21.00 sempre all’Arena Alpe Adria di Lignano Sabbiadoro. Luigi Lacchin, conosciuto a Budoia anche come Gigi Bof, di professione è un affermato agente immobiliare che coltiva anche la passione, non tanto segreta, per la musica. Infatti, nei momenti liberi dagli impegni di lavoro, Gigi si diletta ad intrattenere amici ed estimatori, facendo sfoggio di tutta la sua bravura di cantante capace anche di ricordare, con le sue interpretazioni canore, il mitico Frank Sinatra.


Al è unlì che la te vardha

Gigi Bof con la presentatrice Maria Giovanna Elmi.

E così Gigi organizza per i suoi Clienti settimanalmente dei parties nel giardino prospiciente l’Agenzia offrendo degli snack ed un buon bicchiere di prosecco, allietando i convenuti con la sua musica rigorosamente dal vivo. Il tutto rivolto a favorire il ritorno dei suoi Ospiti a Lignano. Gigi ha inciso un nuovo C.D. che si intitola «Luigi’s Ever Green 2006» e per riceverlo, naturalmente gratuitamente, è sufficiente richiederlo presso l’Agenzia Lignano in Corso dei Continenti n. 1 a Lignano Pineta. T.S.

Tutti conoscete il capitello che guarda la piazza dal muro della canonica. Per noi dardaghesi è sempre stata una presenza discreta, sappiamo che è lì anche se abbiamo lo sguardo volto altrove. Avrete certamente notato come negli anni l’affresco, che rappresenta la Madonna orante, si sia progressivamente deteriorato, perdendo quella visibilità dovuta al restauro effettuato da Giovanni Battista Bastianello alla fine degli anni sessanta – primi anni settanta – caratterizzato da una predominanza del blu che ben lo faceva risaltare sul bianco del muro, come si può intuire dalla foto, purtroppo in bianco e nero, scattata all’epoca da mio padre. Chi passa adesso per la piazza ed alza lo sguardo al capitello rimane piacevolmente sorpreso: l’affresco ha ripreso il vecchio splendore, anche se adesso predominano colori più caldi, in toni che meglio si armonizzano con i sassi a vista del muro della canonica.

A sinistra. L’affresco alla fine degli anni ’60 e la Madonna prima del restauro. Sopra. Il capitello dopo il recente restauro.

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Dopo anni di abbandono infatti, grazie all’interessamento conseguente alle segnalazioni comparse in precedenti numeri de l’Artugna, e nonostante un intervento di restauro effettuato nel 1997, l’opera, sempre a causa degli agenti atmosferici, versava ancora una volta in cattivo stato di conservazione. Ora, grazie alla sensibilità della amministrazione comunale per aver finanziato i lavori e alla professionalità della ditta Centro Restauro di Renato Portolan di Pordenone, l’immagine si presenta con nuova luce. Lunedì 14 agosto si è svolta l’inaugurazione alla presenza del Sindaco e di vari esponenti della giunta. Dopo la scopertura e la benedizione impartita dal pievano, l’affresco si è nuovamente mostrato alla popolazione e lo sguardo della «Madonna orante» ora può vegliare sul passante per comunicare ancora la sua profonda spiritualità. MASSIMO ZARDO


Dujà insieme pa’ cognóssesse méjo

Sagra dell’Assunta: dopo tanto pensare e fantasticare, abbiamo messo in pratica le nostre idee ed eccoci qua ad organizzare i giochi del Dardagosto. ‘Come mai questa idea?’ vi domanderete... bè un giorno, sentendo Gigi dire che dei giochi quest’anno non se sarebbe fatto nulla, perché non c’era nessuno disposto a dedicarci del tempo, a parte gli organizzatori di sempre, abbiamo pensato che fosse triste lasciar cadere una così bella tradizione, anche perché anche noi ragazzi da piccoli abbiamo partecipato a questi giochi, e ci siamo sempre divertiti, quindi il pensare che non venissero fatti ci deludeva un po’. Così abbiamo deciso di prendere in mano la situazione e siamo andate a parlare con Roberto, al quale non sembrava vero disporre di due volontarie così motivate! Dopo tanti sforzi, avvisati tutti i compaesani e organizzati i giochi negli spazi disponibili, siamo riuscite a tenere in piedi questa festa. E che risultato! Vedete un po’ voi… La giornata è iniziata all’insegna del nervosismo, anche se avevamo già preparato tutto, è normale che le preoccupazioni ti prendano un po’ prima di un evento, ancora di più se si è al centro dell’attenzione...

La mattina avevamo lavorato giù all’asilo per la vendita dei libri de l’Artugna alla mostra Vof e coraio ed eravamo quindi già in piedi da un pezzo, ma in testa c’era solo l’appuntamento di quel pomeriggio nel cortile delle scuole per gli ultimi preparativi. Le tre, ora stabilita, sono finalmente arrivate ma sono anche iniziati i contrattempi: abbiamo pensato di essere perseguitate dalla sfortuna, tra materiali dimenticati a casa e «pignatte» che cadono e si rompono all’ultimo secondo prima dell’inizio dei giochi, ma forse è stata una sfortuna beneaugurante, anche se può sembrare un controsenso, perché il resto della giornata si è svolto in maniera quasi perfetta. Abbiamo preparato vari giochi, di cui molti ormai tradizionali, come ad esempio l’immancabile gioco dell’anguria. Consiste nel tagliare

l’anguria a fette grandi, e chi riesce a finirla prima vince. Di solito i bambini maschi in questo gioco sono i più competitivi, solo all’idea di sporcarsi tutti i loro occhi si illuminano. Un altro gioco tradizionale è quello delle «pignatte», in cui ci sono alcune «pignatte» appese in aria, e ognuna contiene cose diverse, alcune contengono caramelle, giocattoli ecc, ma alcune sono solo piene di segatura o farina. I bambini, uno alla volta, devono cercare di colpire queste pignatte, con un bastone, ad occhi bendati. Quest’anno un bambino è riuscito anche a spaccare il bastone. Le soddisfazioni più grandi sono state sicuramente la partecipazione di un gran numero di bambini e ragazzi ai giochi, ma anche la fiducia che gli adulti hanno avuto nel nostro lavoro, assistendo con allegria a tutti i giochi, incoraggiando i partecipanti alla rottura delle «pignatte», alla gara dell’anguria, della corsa con le palline e delle caramelle nella farina. Ma dobbiamo dirvi che poi vedere Simone, Matteo, Marco Tomas e gli altri dare una mano a pulire e sistemare è stato il colmo, anche se poi il tutto si è concluso con gavettoni e secchiate d’acqua! Una cosa molto bella è il vedere noi ragazzi grandi guardare e scherzare sui giochi che facevamo insieme pochi anni fa. Questo è per augurare che da questi gio-


chi nascano molte amicizie, come quelle che sono nate ai nostri tempi. Cosa volete che vi diciamo ancora? Che il prossimo anno speriamo di vedervi ancora più numerosi e che vi ringraziamo della vostra stupenda partecipazione e della collaborazione di quelli che hanno reso possibile tutto questo! Saluti a tutti ALICE E SARA

Thena de la Pro Loco

Anche quest’anno la Pro Loco vuole ringraziare quanti abbiano in qualunque modo collaborato con l’associazione, in particolare per la realizzazione della Festa dei Funghi e dell’Ambiente. È rincuorante che ogni anno siano sempre più numerosi i giovani, che evidentemente riscoprono il valore del tempo speso per la comunità. A loro, durante la cena dei collaboratori dell’11 novembre, è conferito il diploma di collaboratori speciali, quale ringraziamento e incentivo a continuare nella vita associativa.

Dovins da dut ’l mondo...

Si è concluso, con il concerto finale eseguito dai vincitori della manifestazione, il X concorso pianistico internazionale «Luciano Gante», organizzato dall’Istituto di Musica della Pedemontana in memoria dell’artista triestino scomparso nel 1993. Il concorso si è svolto presso l’Auditorium Concordia di Pordenone dal 25 al 28 ottobre 2006. Il Concorso Pianistico Nazionale «Luciano Gante», trasformato nel 2002 in Concorso Pianistico Europeo, da quest’anno è internazionale ed è aperto ai concorrenti di tutti i paesi. Quest’ulteriore novità vuol essere, oltre che la giusta evoluzione di una manifestazione

Resoconto lotteria Dardago 2006 Incasso dalla vendita biglietti Spese per acquisto premi e biglietti

euro 3.580,00 euro 1.070,00

Totale netto

euro 2.510,00

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ormai matura ed affermata nel proprio settore, anche un piccolo segnale, dopo l’anno 2002, verso un'unione non solo monetaria ma anche culturale, veicolata dalla musica, l'unico linguaggio condivisibile che non necessita di traduzioni. Comunicare, incontrarsi, confrontare le proprie esperienze è diventata un'esigenza formativa irrinunciabile per gli studenti di ogni Paese e il Concorso Pianistico «Luciano Gante» si propone di contribuire attivamente ad un rafforzamento dei legami tra i giovani pianisti di tutto il mondo e ad una migliore diffusione della cultura musicale. I sette componenti della giuria, tutti pianisti di fama internazionale, presieduti da Lya De Barberiis ha ritenuto di non assegnare il primo premio «Provincia di Pordenone», consistente in seimila euro, diploma di partecipazione e quattro concerti. Al secondo posto, ex aequo, si sono classificati Kaori Takaishi (Giappone) e Marc Toth (Germania). Il terzo premio posto non è stato assegnato. Il premio speciale (offerto dalla F.I.D.A.P.A. di Pordenone) alla miglior concorrente femminile è stato assegnato a Kaori Takaishi (Giappone). DAVIDE FREGONA

Chiei del quarantasie

Sessantanni: un traguardo importante nella vita di un uomo che merita di essere festeggiato in maniera particolare. Per questo noi del ’46 ci siamo trovati. Venerdì 20 ottobre nella chiesa di Budoia abbiamo assistito alla Messa per ringraziare il Signore dei beni ricevuti, per raccomandare le nostre famiglie e per ricordare i nostri coscritti defunti. Sabato 21, di buon’ora, con il cie-


Dal Común

I sessantenni del Comune in gita al lago di Garda.

lo gonfio di pioggia ma con una grande allegria nel cuore, accompagnati dai consorti, siamo partiti per il lago di Garda. Prima tappa, Gardone per la visita al Vittoriale, poi a Peschiera per il pranzo al Ristorante Al Fiore dove ci è stato servito un ricco e squisito menù; infine una passeggiata «digestiva» a Sirmione. È stata una giornata intensa, piena di allegria e di ricordi; a tarda sera ci siamo lasciati con l’impegno di ritrovarsi il prossimo anno ad Aosta in visita a padre Luigino. A ricordo della festa un pensiero a quelli che soffrono: fatti quattro conti il resto è stato devoluto al centro dei bambini denutriti di San Carlos in Bolivia. PIETRO JANNA

Messa a San Martin

La chiesetta di San Martino, per secoli, è stata meta di processioni in occasione delle rogazioni; poi, per molto tempo l’edificio non ha più ospitato funzioni religiose. Da qualche anno, nel pomeriggio dell’undici novembre, festa di San Martino, viene celebrata una messa nella chiesetta sulle rive dell’Artugna dedicata al santo vescovo di Tours. Numerosi sono i fedeli (è un giorno lavorativo) che vi partecipano favoriti anche da un clima non troppo autunnale. Quest’anno don Adel ha voluto addolcire il pomeriggio con pasticcini. Inutile dire che hanno incontrato il gradimento dei presenti.

Spesso i problemi più grandi, che hanno dimensioni mondiali, si risolvono grazie alle piccole azioni dei singoli individui. Potrebbe essere il caso del problema dei rifiuti, che negli ultimi decenni ha assunto dimensioni sempre maggiori, con tutte le implicazioni che il loro smaltimento comporta sull’ambiente che ci circonda. Consapevole di questo l’Amministrazione Comunale di Budoia, spiega l’assessore Davide Fregona, ha deciso di intraprendere la strada della sensibilizzazione della cittadinanza e di riordinare la situazione attuale nel campo della gestione dei rifiuti: il comune di Budoia si attesta nella media provinciale, con il 42% di differenziazione, ma molto rimane da fare. È infatti necessario che non solo le istituzioni, ma ogni singolo cittadino si senta responsabilizzato e si impegni nei piccoli ma fondamentali gesti quotidiani della raccolta differenziata dei rifiuti. Per facilitare questa azione l’Amministrazione Comunale, in collaborazione con la Provincia, ha realizzato un nuovo ed efficiente ecocentro presso la zona industriale, in via Cial de Zuc.

Dhent «nova» al Ciastelàt

Il 25 ottobre riapre il locale Il Ciastelàt, sotto la guida di Gian Pietro Fort e Stefano Gislon. Oltre all’attività di ristorante pizzeria, particolarmente curato è il settore dei vini, con la predisposizione di una vera e propria enoteca in una nuova sala adibita a raffinate degustazioni. I titolari riscontrano già una buon gradimento da parte della clientela e sono pronti ad accogliere quanti ancora non fossero a conoscenza della nuova apertura.

San Martino ha rispettato la tradizione: bel tempo e tepore anche quest’anno.

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Gli utenti potranno conferire i diversi rifiuti il lunedì dalle 8,00 alle 10.00, il mercoledì dalle 15.00 alle 17.00 e il sabato dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 17.00. La nuova struttura è solo un primo passo. L’intento è quello di proseguire su questa via, in maniera da aumentare e diffondere in modo capillare un atteggiamento moderno sulla gestione dei rifiuti. Per questo l’assessore Fregona Davide ha in cantiere nuove iniziative volte in tal senso, dando maggior rilievo alla giornata ecologica che già da alcuni anni viene realizzata con successo, tanto da ottenere il Patrocinio della Provincia, e la stampa di opuscoli illustrativi per spiegare e ricordare le regole della raccolta differenziata e del riciclaggio.

Ancia ’sto an la Madona la ne à benedit

La festività della Madonna della Salute è ritenuta da tutti una ricorrenza religiosa tipicamente veneziana, infatti già a Mestre la tradizione è poco sentita. In realtà anche a Dardago il 21 novembre è una giornata molto importante, una festa che una volta aveva le caratteristiche di una sagra paesana come a Ferragosto per l’Assunta, con la processione come momento centrale, quando la statua lignea della Madonna faceva il giro del paese portata a spalle. Grazie alla buona volontà di un nutrito gruppo di dardaghesi, più o meno giovani, la processione si è svolta anche quest’anno, in una giornata sì autunnale ma per fortuna senza pioggia. A margine di questa festa due annotazioni: il richiamo di don Adel alle tradizioni e ai valori della nostra cultura e la partecipazione di un buon numero di persone,

non tutte abitualmente frequentatrici delle funzioni religiose, ma evidentemente coinvolte in altro modo. MASSIMO ZARDO

La scóla dei nini

Dopo una lunga attesa finalmente con dicembre inizieranno i lavori di ampliamento della scuola per l’infanzia di Dardago. Lo scorso anno l’iter burocratico era stato sospeso a causa di un problema nella concessione del mutuo al Comune da parte della Cassa depositi e prestiti: i lavori sarebbero stati eseguiti con fondi pubblici su una superficie di proprietà della Curia. Ora, grazie all’impegno dell’assessore ai Lavori Pubblici Pietro Ianna e alla disponibilità della parrocchia di Dardago, è stata sottoscritta una convenzione tra Comune e Parrocchia, nella quale quest’ultima si impegna a cedere l’area oggetto dell’ampliamento. Sbloccato il mutuo, i lavori, già appaltati, partiranno al più presto. Non ci saranno interruzioni nelle

lezioni: la cucina è già stata trasferita al primo piano, vicino alla sala refezione, così l’intervento a dicembre inizierà dal piano terra, nei locali adibiti in questi anni a disbrigo e a cucina, e nel ricovero retrostante, area dove sarà realizzata la nuova costruzione e l’ampliamento vero e proprio. A giugno, al termine delle lezioni, (forse sarà necessario trasferire le classi a Budoia prima della metà di giugno, per guadagnare 20 giorni di lavoro) i lavori entreranno nel pieno e interesseranno anche l’edificio vecchio, che nel complesso cambierà il suo aspetto e offrirà ospitalità a una sezione in più, rispetto alle due attuali. Non ci potranno essere ritardi nell’esecuzione dei lavori, perché a settembre 2007 le lezioni dovranno cominciare proprio nella scuola rinnovata. Soddisfazione ha espresso l’assessore Ianna, che dopo tanto impegno ha visto finalmente conclusa la vicenda; dello stesso avviso anche i molti che, dopo il festeggiamento dei 50 anni della scuola la scorsa estate, vedono nell’ampliamento una giusta soluzione per il futuro.

La statua della Madonna della Salute passa tra le strade di Dardago. Don Adel e don Domas la precedono.

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El trator de Nuto Thelot

Chi l’avrebbe mai pensato... Negli anni ’70 accompagnava le donne il martedì mattina al mercato di Aviano, d'estate aiutava gli amici con i lavori negli orti, in autunno disponibile con le vendemmie e nel periodo invernale la legna. Sempre pronto a collaborare per la gioia dei bambini con asilo e scuola. A gennaio del 2003 il mitico trattore di Nuto ha attraversato lo stretto della Manica per essere rimesso come all'origine dal nipote Dario che con passione e dedizione, impiegando un anno, ha procurato i pezzi originali facendoli arrivare da tutta Europa. Pubblichiamo le foto sperando di rievocare bei ricordi a chi ha conosciuto Nuto Thelot, chel del trator.

La mostra de Coassin

Dalla grafica… al colore è il titolo della mostra sul percorso artistico del budoiese Umberto Coassin, che espone dall’8 al 10 dicembre presso il negozio ex fioreria, in piazza del capoluogo, in occasio-

Il trattore di Nuto, da Dardago all’Inghilterra. Dai lavori campestri, dai viaggi al mercato e ai giri «in maschera» sempre guidato da Nuto, ora fa bella mostra di sè oltre Manica.

ne della sagra dell’Immacolata. Dell’artista abbiamo avuto modo di parlare in numeri precedenti. Ricordiamo che – dopo la frequentazione a corsi qualificanti di specializzazione, tra i quali presso la Scuola Internazionale di Grafica a Venezia – è parte attiva del «Gruppo d’arte G. Sigalotti» di Sesto al Reghena, nell’ambito del quale ha approfondito varie tecniche di disegno, pittura, grafica e scultura con i maestri Gagnolato, Pauletto, Fioretti, Daneluzzi, Marcon e Zoccolan. 40

Recensione

10 composizioni facili per pianoforte è un opuscolo illustrato con spartiti e testi di Giustina Favia Zambon. Con quest’opera la compositrice, nota per la produzione di altri importanti testi musicali in parlata dardaghese con la collaborazione del marito Cornelio Zambon Marin, ha prediletto il mondo infantile. Non dimenticandosi di essere


turalmente ci sono la celebrazione della Messa Solenne, cantata dai ragazzi del gruppo Artugna, e la processione pomeridiana. Dopo la Messa viene inaugurata la nuova sede della fioreria Petalo Rosa, che dalla piazza si sposta sotto i portici in via Panizzut, dove maggior risalto e visibilità hanno le composizioni floreali create dalle abili mani della titolare. Nel locale rimasto vuoto espone i suoi lavori il nostro artista Umberto Coassin. stata insegnante di scuola magistrale, la maestra Giustina si è ispirata ad elementi che catturano l’attenzione e la sensibilità dei bimbi, così i suoi canti sono popolati da uccellini, orsi, ranocchi, ochette, nuvole, fiori, ma anche giochi e ninne nanne. I testi sono in attesa di essere proposti ai bambini della scuola dell’infanzia e dei primi anni della primaria.

Festa de la Madhona a Buduoia

Foto di Antonietta Torchetti.

In occasione del giorno dedicato alla Madonna Immacolata, sono molti gli eventi a Budoia. Na-

Ai merciath de Nadhal

Sabato 16 dicembre la Pro Loco organizza una gita per visitare i tradizionali e suggestivi mercatini natalizi in Alto Adige. Piace l’idea, visto che la corriera è piena. La mattinata è dedicata alle bancarelle di Bolzano. Chi lo desidera può visitare il museo archeologico dove è conservata la famosa mummia di Similaun. Dopo il pranzo in un tipico locale tirolese a Bressanone, la comitiva si reca all’abbazia di Novacella. La giornata si conclude con una passeggiata tra i mercatini di Bressanone.

Pa’ stà insieme sóte Nadhal

Domenica 17 dicembre 2006 a Budoia è organizzato il Pranzo di Natale per gli anziani e le persone seguite dai Servizi Sociali. La giornata inizia con la celebrazione della Santa Messa alle 11.00 nella Chiesa di S. Andrea per proseguire alle 12.00 con il pranzo presso l’edificio di assistenza scolastica. Il pomeriggio è allietato dallo spettacolo di Ramiro Besa, il nostro esuberante compaesano componente dei Papu, esibizione offerta da Coop Consumatori Nordest. L’assessore alle Politiche Sociali Davide Fregona spiega che si è voluto recuperare questo tradizionale momento di aggregazione conviviale per combattere la solitudine che spesso affligge molti anziani e dare loro l’occasione di ritrovarsi insieme. L’appuntamento assume un particolare valore in quanto organizzato da varie associazioni operanti nel Comune. Da evidenziare il particolare coinvolgimento dei ragazzi del Progetto Giovani che in quella giornata si mettono a disposizione della generazione dei loro nonni collaborando ai trasporti e al servizio del pranzo.


Inno alla vita Alessandra, figlia di Daniela Angelin e Aldo Cargioli, e il marito Fabrizio Battisti con i loro genitori, il giorno delle nozze.

Giorgina Anna Blair a sei mesi.

Alessandro Cauz di Roberto e Gabriella Barbarito, nel giorno del suo battesimo.

Marco Zambon a quattro mesi.

1째 ottobre 2006. Marco, nel giorno del suo battesimo, attorniato dai genitori, nonni e 5 bisnonni.


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È Caterina Signora di Budoia partita per Orsay (Francia) nel 1934. Per l’occasione Caterina desidera mandare il suo affettuoso saluto a tutti i parenti e gli amici. Cordiali saluti e molte grazie

Milano, 11 agosto 2006

Spett. Redazione, anche quest’anno non potrò esserci alle feste di agosto, ma saranno presenti i miei genitori. Nella foto riconoscerete qualcuno: siamo a Budoia alla festa dei coscritti della classe 1964. Manca un «pezzo forte» che per motivi famigliari non è potuto essere presente: Davide Fregona. Spero in futuro di scrivervi e spedirvi foto più spesso. A noi emigrati piange il cuore a pensare alle nostre colline e al suono delle nostre campane... Ciao e auguri. PIETRO DA ROS

Caro Pietro, grazie della foto e delle tue parole. Siamo sicuri che i tuoi coscritti, rivedendosi nella fotografia, saranno molto contenti di ricordare quella bella serata. A presto.

Gent. Signora, è con piacere che pubblichiamo la foto della sua cara zia Caterina. Complimenti per il bel traguardo. La notizia e la foto faranno contenti anche i parenti e conoscenti di Caterina residenti a Budoia.

Palais (Francia), 26 settembre 2006

Spett. Redazione, vi devo ringraziare per l’invio de l’Artugna. Leggerla è sempre un grande piacere. Vi sarei molto grata, se vi fosse possibile pubblicare la foto della zia. Il 3 agosto ha festeggiato il suo 100° compleanno.

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Firenze, 11 settembre 2006

Alla Redazione de l’Artugna, sono un Fort che ha soggiornato per le vacanze estive, da scolaro e studente (tra il 1937 e il 1950) a Santa Lucia di Budoia nella casa del nonno Antonio, soprannome Chischi, emigrato a Venezia con la moglie Maddalena Marcandella di Coltura verso la fine dell’800, come arguisco dal fatto che mio padre Giovanni nasceva appunto a Venezia nel 1899. Ricordo, nel salotto della casa, un bell’ingrandimento fotografico del bisnonno Angelo – un ovale sfumato in un’importante cornice di legno scolpito. Tra l’altro ricordo anche le passeggiate a Dardago, con la rituale raccolta di ciclamini nel cortile erboso attor-


no alla chiesa. E appunto nel muro di cinta di questo cortile – credo l’ex cimitero – ricordo che erano murate lapidi che riportavano i vari nomi di famiglia, ciascuno con l’indicazione di una data e di una particolare domenica dell’anno. Naturalmente c’era anche una lapide per la famiglia Fort ma non ricordo né la data né la domenica assegnata. Io sono nato a Verona, sono cresciuto ed ho studiato a Padova e dal 1956 sono diventato fiorentino. La mia ultima visita a Santa Lucia e ai paesi vicini risale al 1965: che delusione quando a Dardago, volendo far vedere a mia moglie la lapide della famiglia Fort, ho scoperto che non c’era più ed il muro stesso mi pare fosse stato in gran parte demolito! Trapiantato «al cubo» come sono (mio nonno dal Friuli a Venezia, mio padre da Venezia alla terraferma veneta, io, infine, dal Veneto a Firenze) ad un certo momento ho sviluppato una forte nostalgia per le mie radici. Partendo dalle parole dialettali che avevo appreso a Santa Lucia in gioventù, ho cercato di leggere tutto quello che mi capitava di reperire: poesie di Pasolini, Bartolini, Giacomini (una fonte particolare sono stati i quaderni del Menocchio), raccolte di villotte, i romanzi in dialetto di Sgorlon e i racconti di padre Turoldo. Da un paio d’anni, su segnalazione occasionale di un mio biscugino di Milano, ho conosciuto l’Artugna, a cui sono molto grato perché spegne la mia sete in maniera più specifica, venendo proprio dai posti della mia famiglia. Solo recentemente mi è venuta la curiosità di conoscere l’albero genealogico della mia famiglia, ma ormai l’ultima «memoria» consultabile era l’ultranovantenne ma lucidissimo cugino del papà, da poco scomparso. Grazie a lui sono però giunto solo alla conferma che Angelo Fort, soprannominato Chischi, era il mio bisnonno e che ave-

va avuto per figli, oltre a mio nonno Antonio (nato forse nel 1875) anche Giovanni Battista (Tita) detto Pitus, Domenico ed Eraclio. C’erano anche figlie, una delle quali credo si chiamasse Elvira. Tutti nati a Santa Lucia di Budoia. La possibilità di andare indietro, magari fino alla data di quella famosa lapide, mi risultava preclusa, finché nell’ultimo numero de l’Artugna ho visto – lieta sorpresa – che la cosa era riuscita per i Fort del ramo Padello o Padedo. Con le indicazioni che ho dato sopra, sarebbe possibile lo stesso anche per il ramo Chischi (qualcu-

no diceva, tirano fuori l’Austria, che si scrivesse Kiski, ma ci credo poco)? Sarei proprio contento che l’Artugna potesse farmi questo bel regalo. Ringrazio fin d’ora per quanto potrete fare e, prima di accomiatarmi, non posso dimenticare di compiacermi per la bella rivista. Cordiali saluti. ANTONIO FORT

Egregio sig. Antonio, come vede siamo riusciti a farle un regalo per Natale. Speriamo di averla accontentata.

Il ramo dei Fort Chischi da Zuanne (1710) a Giovanni (1899)

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i locali della Scuola Materna di Dardago. Un ringraziamento particolare al sig. Sindaco e al pievano don Adel. Sono grato, inoltre, alla rivista l’Artugna per aver curato l’invito e la locandina della Mostra. Così pure non posso dimenticare i ragazzi della Pro Loco per la loro preziosa opera d’allestimento e gli addetti al sito internet www.artugna.it per aver messo «in rete» le mie opere. L’ultimo ringraziamento ma non per questo meno sentito va ai miei paesani dardaghesi per la loro grande e significativa partecipazione alla mostra. Buon Natale e Buon Anno e tanti auguri di buona salute e felicità dal vostro

Berna, 20 novembre 2006

RUGGERO ZAMBON GERO

Spett. Redazione, attraverso l’Artugna, desidero ringraziare tutti coloro che nel periodo di ferragosto (12, 13, 14 e 15) mi hanno aiutato ad allestire la mia personale di pittura presso

Grazie a te, Gero per averci offerto la possibilità di apprezzare molte delle tue opere che hanno arricchito culturalmente i festeggiamenti agostani. Ricambiamo gli auguri.

[...dai conti correnti]

Leggendo la sua bella lettera abbiamo rivisto la storia di molti Fort, Zambon, Carlon… che ora abitano lontano dai loro paesi di origine in seguito all’emigrazione dei loro padri o dei loro nonni e che mantengono un saldo legame d’affetti con la «nostra» terra. l’Artugna ne è testimone con i molti messaggi che riceve dai lettori lontani. Complimenti per come ha cercato di lenire la sua «sete di friulanità». Pasolini, Bartolini, Sgorlon, Turoldo… pilastri della letteratura moderna friulana.

Vi ringraziamo. BASILIO ZAMBON – FRANCIA

In memoria dei propri defunti MARIO GIUSSANI – VERUNO (NOVARA)

Un caro saluto alla Redazione e un caloroso abbraccio ai miei parenti di Dardago. ALESSIO ZAMBON – GENAZZANO (ROMA)

?

Ci è giunta, da alcuni dardaghesi, una lunga lettera anonima con osservazioni e critiche sulla gestione campanilistica di alcune iniziative tendenti a sminuire il ruolo che Dardago e le sue genti svolgono nell’ambito comunale. Anche se possiamo comprendere alcuni appunti contenuti nella missiva, non riteniamo corretto pubblicare una lettera anonima. Invitiamo gli autori a riproporre, firmandosi, le loro considerazioni

Ricevere l’Artugna è come sentirsi a «casa». Complimenti, è sempre più innovativa. NADIA MARAVIGNA – MONZA

magari con una vena meno polemica e campanilistica (ricordiamoci che il campanilismo non è mai unilaterale). La redazione sarà lieta di pubblicarla invitando i lettori ad aprire un dibattito su questo antico fenomeno che sicuramente deve essere superato.

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Punture di spillo

Concerto a Santa Lucia *

[AFORISMI – MALDICENZE – PROVERBI – FREDDURE]

a cura di Sante Ugo Janna

Se lavorare fa bene, perché non lo lasciamo fare agli ammalati?

Occhio ai corruttori di minoranze.

Per le donne mettersi in mostra è una cosa così naturale che si è dovuto inventare il pudore come virtù suprema.

Ci sono tre cose che una donna è capace di fare con niente: un cappello, un’insalata e una scenata.

[Jules Romains] 1

[Mark Twain] 5

Il mio maggior desiderio nella vita è trovare qualcuno che mi faccia fare quello che posso. [Ralph Waldo Emerson] 2

Polvere siamo e polvere ritorneremo... e gli eschimesi... granite! [Makaresco]

Tutte le guerre sono popolari... per i primi trenta giorni. [John Schlesinger] 3

I cavalieri antichi, per amore di una damigella, erano disposti ad uccidere un drago. Oggi, al massimo, a dividere una pizza. Perde stupidità da tutte le parti. [Ennio Flaiano] 4

[Ennio Flaiano] 4

1. Jules Romains. Pseudonimo di Louis Faugoule (1885-1972). Scrittore francese, di formazione socialista, elaborò la teoria dell’unanimismo (La vita unanime, 1908), secondo la quale ogni aggregazione di individui esprime un’anima collettiva. 2. Ralph Waldo Emerson (1803-1882). Filosofo, saggista e poeta statunitense. Pastore protestante, rinunciò poi alla carica. 3. John Schlesinger (1926-2003). Regista cinematografico statunitense. Tra le sue opere: Un uomo da marciapiede (1969), Domenica maledetta domenica (1971), Il giorno della locusta (1975), Sai che c’è di nuovo? (2000).

venerdì 29 dicembre 2006 ore 21.00 Chiesa Parrocchiale di Santa Lucia Secondo appuntamento con la musica per la salvaguardia dell’Altarol de la Madona de Tomé

Collis Chorus direttore Roberto De Luca

l’Insieme vocale e strumentale Elastico direttore Fabrizio Fucile

4. Ennio Flaiano (Pescara 1910-Roma 1972). Narratore e commediografo satirico. Sceneggiatore di film di Fellini ed altri registi. 5. Mark Twain. Pseudonimo dell’umorista statunitense Samuel Langhorne Clemens (Florida - Missouri 1835, Redding - Connecticut 1910). Celebre scrittore de «The adventures of Tom Sawyer, 1876.

presentano

Concerto di Fine Anno per soli, coro e quartetto d’archi

bilancio

programma A. Vivaldi · Magnificat RV 610

Situazione economica del periodico l’Artugna Periodico n. 108

entrate

Costo per la realizzazione + sito web Spedizioni e varie Debito precedente Entrate dal 16.07.2006 al 07.12.2006

4.673,00

Totale

4.673,00

46

uscite 3.256,00 120,00 1.961,50

A. Vivaldi · Beatus Vir (Salmo 111) RV 598 AA. VV. · Brani natalizi tradizionali

Offerta libera destinata al restauro del Capitello Tomé 5.337,50


programma religioso natalizio DOMENICA 24 DICEMBRE 2006 VIGILIA DEL SANTO NATALE

Budoia

Dardago

S. Lucia

• Santa Messa in nocte

22.30

24.00

22.00

10.00 18.00

11.00 –

10.00 –

10.00

11.00

10.00

Gli auguri della redazione...

LUNEDI 25 DICEMBRE 2006 SANTO NATALE • Santa Messa solenne • Santa Messa vespertina MARTEDI 26 DICEMBRE 2006 SANTO STEFANO PRIMO MARTIRE • Santa Messa DOMENICA 31 DICEMBRE 2006 SACRA FAMIGLIA

EPIFANIA «Non ho come i Magi che sono ritratti nelle immagini dell’oro da donarti» «Dammi la tua povertà»

• Santa Messa • canto del TE DEUM

10.00 18.00

11.00 –

10.00 –

LUNEDI 1 GENNAIO 2007 MADRE DI DIO GIORNATA MONDIALE DELLA PACE • Santa Messa solenne • Santa Messa vespertina

11.00 –

– 18.00

– 17.00

17.00

18.00

18.00

VENERDI 5 GENNAIO 2007 VIGILIA DELL’EPIFANIA • Santa Messa vespertina e benedizione acqua, sale e frutta

«Non ho nemmeno, Signore, la mirra dal buon profumo e neppure l’incenso in tuo onore.» «Figlio mio, dammi il tuo cuore.» FRANCIS JAMMES (1868-1938)

SABATO 6 GENNAIO 2007 EPIFANIA DEL SIGNORE • Santa Messa solenne • Bacio al Bambino Gesù e benedizione • Santa Messa vespertina

10.00 14.30 18.00

11.00 – 18.00

10.00 – –

10.00 18.00

11.00 –

10.00 –

DOMENICA 7 GENNAIO 2007 BATTESIMO DI GESÙ • Santa Messa solenne • Santa Messa vespertina

CONFESSIONI Prima delle Sante Messe feriali nei giorni 21, 22, 23 dicembre. Domenica 24 dicembre

15.00/17.00

Bambini e ragazzi nelle ore del catechismo

47

17.00/19.00

15.00/17.00

...a duth quàins Bon Nadhàl!


Pieve di Santa Maria Maggiore Dardago

O Due grandi tele, copie d’autore raffiguranti la «Natività» e la «Pesca Miracolosa», arricchiscono dallo scorso agosto le pareti laterali del presbiterio della Pieve di Dardago. Un grazie sincero dalla Comunità ai donatori: don Maurizio Busetti e famiglia; famiglia del defunto Giovanni Puiatti.


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