Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.
Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXVIII Dicembre 1999 Numero 88
Sommario
Tra interrogazioni ed ubbidienze
in questo numero... 2
Tra interrogazioni ed ubbidienze di Roberto Zambon
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Gesù, luce splendente di don Adel, don Italico e don Nillo
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Perché? della Redazione e del Consiglio Pastorale di Budoia e Dardago
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Ricordi di un novantenne di Darmo Brusin
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Dodin de fer di Anna Pinal
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La Provvidenza a Ca’ Corniani di don Giovanni Morgantin
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Il postino di ieri di Fc./99
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Vardèit, vardèit di Anna Pinal
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L’angolo della poesia
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Many thanks per la meravigliosa cena a cura di Mario Povoledo
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Per l’agricoltura, quale futuro? del Gruppo Ecomanager
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La vôs del mede di Demetrio Adore
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Allegre serate in stalla di Pietro Covre
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Tesori della mente di Clelia Zambon Pinal
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’N te la vetrina
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Intorvia la tòla a cura di Melita ed Adelaide Bastianello
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Molteplici le attività della Pro Loco a cura del Consiglio Direttivo della Pro Loco
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Cronaca
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Lasciano un grande vuoto
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I ne à scrit
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Palsa, Bilancio e Auguri
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Avvenimenti
ed inoltre… nel supplemento ’l Cunàth 1
Perché il 2000 sia un anno di giustizia di 2 giovanissime A.C.
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Don Italico: vorremmo dirti... di Arco-Iris
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Soggiorno a Claut di Pierluigi Ceccato L’A.C.: un talento per la Comunità di Gianni Ghiani
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Il piccolo principe al campo giovanissimi di Marta Zambon Nuova recluta al campo di A.C. di Paolo Signora
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L’estate del progetto giovani di Sara e Valeria, Alessandro Balla, Noi tre
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Viaggio in Spagna di Sara Zambon
In copertina: nella notte senza paure la fiamma rischiara con la sua luce il nostro percorso di fede. E il suo calore continua a penetrare nei nostri cuori.
periodico quadrimestrale della comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia (PN) Direzione, Redazione, Amministrazione Tel. 0434/654033 - C.C.P. 11716594 Internet: http://www.naonis.com/artugna E-Mail: l.artugna@naonis.com Direttore responsabile Roberto Zambon - Tel. 0434/654616 Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna Ed inoltre hanno collaborato Guido Benedetto, Ennio Carlon, Espedito Zambon Autorizzazione del Tribunale di PN n. 89 del 13-4-73 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone. Stampa Arti Grafiche Risma - Roveredo in Piano/Pn
Sono passati pochi mesi da quando, in questa pagina, presentavamo don Italico come nuovo pievano di Dardago. Ora le parrocchie di Budoia e Dardago sono state assegnate alla guida di un nuovo pastore: don Adel Nasr. Commentare questo avvenimento su l’Artugna non è un compito facile, ma non è possibile lasciarlo passare in silenzio. Il cuore di chi scrive, come quello di molti che ci leggono, è pervaso da sentimenti contrastanti: il profondo dispiacere per la partenza di don Italico, la gratitudine per il suo operato, il disagio nei confronti della decisione della Curia e la grande gioia di avere avuto subito un nuovo sacerdote giovane, entusiasta e capace come don Adel. Don Italico, nel poco tempo che è rimasto tra noi ha saputo attirarsi le simpatie della stragrande maggioranza dei suoi parrocchiani. Ora che è partito, noi lo dobbiamo ringraziare di cuore. È stato il lievito che ha fatto sviluppare moltissime iniziative a Budoia e a Dardago. Come non ricordare il suo impegno per i giovani, l’Azione Cattolica, i cori parrocchiali, il nostro periodico, gli anziani e gli ammalati. Grande è stato il suo sforzo per far superare il campanilismo tra Dardago e Budoia (magnifica l’ultima Via Crucis comunitaria). Per non parlare dei notevoli lavori intrapresi nella chiesa parrocchiale di Budoia. Una decisione della Curia ha bruscamente interrotto la sua azione a favore delle due comunità provocando sincero dispiacere per molti. Ricordo il malumore (e le lacrime a stento trattenute di molti giovani ed anziani) la sera in cui il Vescovo e il Vicario generale sono saliti a Budoia per annunciare ai Consigli Pastorali delle due parrocchie l’imminente trasferimento di don Italico. Non sta a noi giudicare le decisioni della Curia, le accettiamo da buoni cristiani anche se restiamo perplessi per i tempi e le modalità di tale avvicendamento e le motivazioni con le quali si è voluto giustificare un così rapido cambiamento. Ma il nostro cuore, anche se è dispiaciuto, non è triste. Don Adel è arrivato subito a sostituire don Italico. Il giorno della Madonna della Salute ha fatto il suo ingresso, per ora come Amministratore Parrocchiale, sia a Budoia che a Dardago. La sua giovinezza, la sua capacità di dialogare con tutti sono una garanzia per la crescita delle nostre due comunità. Noi gli offriamo la nostra collaborazione consci che i risultati che un parroco può ottenere sono condizionati anche dall’impegno che i laici proferiscono nelle attività pastorali e parrocchiali. A don Adel, alla mamma Renèe, vada il nostro affettuoso benvenuto accompagnato dal sincero augurio di trovarsi tra noi come in una grande famiglia. Un grazie anche al Vicario Foraneo don Aldo Gasparotto per il suo impegno nel periodo tra la partenza di don Italico e l’arrivo di don Adel. ROBERTO ZAMBON
Gesù, luce splendente
O eterno splendore del Padre, tu sei luce e sei vita; o Cristo, vieni a noi per guarirci dal male e aprirci le porte del cielo. (dalla Liturgia Bizantina)
Ecco, per la prima volta mi rivolgo a voi, cari fedeli, ormai in un clima d’apertura del Gran Giubileo del 2000, sperando che quest’anno sia l’occasione per noi tutti di riconciliazione con Dio e i fratelli. Gesù è la luce che splende nell’umanità immersa nella notte del dolore e della sofferenza. Gli angeli, nella notte santa, hanno cantato «Gloria nel cielo e pace sulla terra». E noi cantiamo gloria e pace, contempliamo il bambino che è nato da una Vergine senza peccato. Chiediamo insieme, adorando il nostro Dio con noi, «l’Emanuele», di donarci la serenità del cuore, la concordia e il dono dell’unità. Cari fratelli e sorelle, ci accostiamo a celebrare questo gran mistero con fede semplice, come
quella di un piccolo che aspetta dal suo padre protezione, aiuto e comprensione. Proprio per questo il Figlio di Dio è tra noi per dirci che lui conosce la nostra condizione. La Sua umanità ci salva da tutto ciò che è male. Andiamo incontro a Lui e confidiamo nella sua misericordia, affinché possiamo vivere meglio la nostra vita. Augurando a tutti un glorioso Natale e un 2000 felice non posso non ricordare tutte le persone che vivono nel resto dell’Italia e del mondo. Saluto i malati e i sofferenti e le persone che si trovano in qualsiasi difficoltà ed invoco la benedizione di Dio su tutti. DON ADEL NASR DON NILLO CARNIEL
Il saluto e gli auguri di don Italico Carissimi, colgo l’occasione di indirizzare un cordiale saluto a tutti i lettori del periodico l’Artugna in occasione della festa del Santo Natale. Alle care tre comunità di Budoia, Dardago e Santa Lucia, a quanti vivono emigranti o comunque fuori dalle loro comunità, giunga un rinnovato e affettuoso saluto. Il mio impegno è sicuramente quello di continuare a ricordarvi nella preghiera e mi permetto di chiedervi che mi teniate presente nella vostra preghiera per i miei nuovi impegni. Ringrazio di cuore per il bene
che avete sempre riservato alla mia persona e chiedo la vostra comprensione se non sempre avessi corrisposto alle vostre attese e speranze. Ai cari amici della Redazione del periodico un particolare saluto e ringraziamento. Il Dio dell’Amore e della Speranza, che ci viene incontro con la nascita del Suo Figlio in questo Natale, benedica voi tutti: Buon Natale di cuore ed un sereno Anno Nuovo. SAC. ITALICO JOSÉ GEROMETTA
Don Adel Nasr, il nuovo pastore per le Comunità di Dardago e Budoia. A lui il compito di guidarci nel nuovo millennio.
Perché?
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Avvolgeva il paesaggio un’atmosfera grigia, uggiosa, di autunno inoltrato, che aveva spento in un attimo i caldi colori della natura e le festosità dei nostri cuori, oramai agguantati dalla desolazione e dall’abbandono. Cupi silenzi di disorientamento erano rotti dallo stridulo richiamo di uno stormo d’uccelli che annerivano il tetto della parrocchiale. Era l’invito all’ascolto del pianto e alla partecipazione al dolore di colui che ha donato se stesso ad una realtà da tempo assopita, trasmettendo vitalità e gioia spirituale, durante il suo pur breve percorso pastorale. L’amaro crepuscolo della sera, con l’odore pungente del fogliame bruno inzuppato di pioggia, accompagnava la nostalgia con i rintocchi dell’Ave Maria. Una meteora che lascerà per sempre il segno. Grazie, don Italico! Quieti e rispettosi, nel ritmo misterioso del silenzio e in un’apparente immobilità, lasciamo lavorare inesorabilmente l’infinito mutare del tempo e della vita nelle sue vicende. LA REDAZIONE
Budoia, 6 novembre 1999
Caro Don Italico, hai dovuto lasciare Budoia dopo tre anni. Ti avevamo accolto con entusiasmo e con gioia e tu hai ricambiato le nostre attese con un’opera graduale, costante, incisiva. Sei entrato nel nostro paese, nelle nostre case, nei nostri cuori. Ci hai proposto il Vangelo come reale e concreta possibilità di vita quotidiana e noi secondo le nostre capacità ci siamo impegnati a seguirti. Grazie, perché con te questo nostro paese si è trasformato in una comunità in cammino. Abbiamo imparato a pregare per i sofferenti; per i bisognosi, per gli emigranti; abbiamo provato a non
giudicare ma tollerare, a compatire, ad accettare come tu in prima persona ci hai insegnato. Hai portato il tuo sorriso e la tua parola di conforto agli ammalati, alle persone anziane e sole con una dolcezza ed un’allegria che tu solo sapevi donare e che con noi sono rimaste. Tutti potevano avere in te un amico sincero su cui contare veramente e ce l’hai dimostrato donando tutto te stesso vivendo accanto a noi. Sono tante le attività e i progetti a cui hai dato vita (catechismo, formazione dei Consigli pastorali e per gli affari economici, Gruppi di azione cattolica, campi scuola estivi, incontri mensili dei giovani delle
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parrocchie di Budoia, Dardago, Santa Lucia; incontri a Taizé, arricchimento del periodico «l’Artugna» e del gruppo «Pueri Cantores - Artugna»; formazione del coro Arco Iris e rinvigorimento del Coro Adulti.) Ma la tua opera pastorale non si è fermata qui. In te abbiamo avuto la guida spirituale che ha aiutato molti di noi ad iniziare un vero e proprio cammino di conversione. Ti ringraziamo per il tuo sforzo nel cercare di unire le due comunità di Budoia e Dardago che prima avevano sempre agito indipendentemente. Ti siamo immensamente grati per aver preso il gravoso impegno di ristrutturare la nostra chiesa, contando solo sullo sforzo della nostra comunità e senza aiuti esterni.
LA
GENTE DI
BUDOIA
NON DIMENTICA!
Ti chiediamo uno sforzo in più: sii con noi nel giorno in cui potremo entrare nella nostra Chiesa, perché lì, segno evidente del tuo operato vorremmo a una voce sola dirti: grazie, grazie, grazie! Il nostro affetto e le nostre preghiere ti accompagnino sempre.
Don Italico tra noi. Momenti incisivi del suo apostolato.
IL CONSIGLIO PASTORALE DI BUDOIA
L’annuncio da parte del Vescovo, che sollevava dall’incarico presso la Pieve di Dardago don Italico, ha lasciato la popolazione stupita e attonita. Solamente dieci mesi fa ci era stato fatto un grandissimo dono e ora questo dono ci è stato tolto. Sebbene la presenza di don Italico sia stata di breve durata, i dardaghesi lo stimavano ed apprezzavano per il suo operato e per il carattere gioviale e sempre allegro. Purtroppo i privilegi non durano all’infinito. Il Consiglio Pastorale e tutta la comunità di Dardago augurano a Don Italico un buon proseguimento del suo apostolato presso la parrocchia di nuova destinazione. Ringraziandolo, lo salutiamo con la frase a cui ci aveva abituato: «Sia lodato Gesù Cristo». IL CONSIGLIO PASTORALE DI DARDAGO
Ricordi di un novantenne
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Durante un pranzo tra amici mi fu presentato dalla prof. Andreina Ciceri il prof. Alan Brusini, che mi parlò di suo fratello Darmo, insegnante nella scuola di disegno di Budoia, negli anni Trenta. Gli feci conoscere il periodico delle nostre Comunità ed egli accettò volentieri di coinvolgere il fratello. All’autore va il mio sentito ringraziamento, unito ai complimenti più sinceri per la sua lucida memoria e per le sue doti artistiche, e un grazie al fratello e alla siore Andreina. LA REDAZIONE
Mi è caro ritornare con la memoria, per fortuna ancora viva dopo oltre sessant’anni, al tempo vissuto in quello di Aviano, Budoia e Polcenigo, come direttore ed insegnante delle Scuole Professionali. Tempi difficili, in cui le attuali comodità della vita non erano nemmeno nel sogno della gente, poiché automobili e altri rapidi mezzi di comunicazione, erano appannaggio di pochi fortunati. Ma dalla mia avevo la giovinezza, il desiderio di lavorare, di migliorare le mie condizioni economiche: un fitto tessuto di speranze per il futuro. Con la mia bici, sfidando il buio, il freddo, il ghiaccio, insomma le intemperie di ogni tipo dei rigidi inverni che ora sembrano scomparsi, avvolto in un ampio e nero mantello di gomma, mi recavo ogni sera in una delle località di mia competenza. In uno squallido stanzone, con un riscaldamento precario, mi attendevano i volenterosi alunni, avidi di apprendere. Per me, ragazzo venticinquenne, era una gioia comunicare loro ciò che avevo imparato all’Accademia di Venezia. E la mia più grande soddisfazione stava nel constatare i risultati che essi conseguivano. Onestamente devo dire che se la mia vita era densa di difficoltà, non minori erano i sacrifici che quei bravi giovani affrontavano rinunciando a serate forse meno proficue, ma certamente più piacevoli. Quando arrivava la bella stagione, tutto diventava più facile per loro e per me. Potevo allora impiegare le ore della giornata passeggiando per la campagna, visitare i luoghi più interessanti della zona come il castello di Polcenigo, il
Gorgazzo, ammirando i singolari aspetti di quella natura che mi offrì lo spunto per bozzetti, disegni e dipinti che ancora conservo. Né ho dimenticato i volti e i nomi di coloro che mi ospitarono con cordialità e dei tanti che mi furono amici: i vari Zambon, Carlon, Biscontin, Cosmo, il podestà Lacchin e consorte (alla quale ho fatto il ritratto) la famiglia del musicista Pàialich e tanti altri che oggi non ricordo. Ad Aviano ricordo l’allora podestà Dian-Berti e famiglia. Il dottor Grandi con il quale ho passato dei momenti interessanti di conversazione riguardante l’arte pittorica. E con piacere ricordo anche l’allora giovane geometra Zozzolotto,
Foto sopra: il prof. Darmo Brusini, direttore delle Scuole di Disegno professionale. Aviano, novembre 1939. Foto sotto: Darmo Brusini, Castello e chiesa di Polcenigo, 1935, olio su compensato.
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Foto a sinistra: Darmo Brusini, Autoritratto, dipinto a Budoia nel 1936, olio su tela. Venne esposto alla XXVIII Bevilacqua La Masa, in Palazzo Reale a Venezia, nel 1937, e al Concorso Premi San Remo per il Ritratto (Mostra Nazionale) in San Remo, nel 1939.
il rag. Deison, direttore della Banca locale, l’ospitale famiglia Policreti di antica nobiltà, le anziane sorelle Pulzatti che mi accolsero gentilmente per un breve periodo; ed infine la Signorina Adele Piazza nella sua casa avita, presso la chiesa, in piazza centrale: (vedi foto allegata). Devo menzionare con riconoscenza il mio aiutante Zanolin di Santa Lucia di Budoia come valido collaboratore a Polcenigo. Così trascorsi quel tempo fruttuoso alla fine del quale mi attendevano la cartolina rosa di precetto e tre anni di vita militare da richiamato che, aggiunti ai due di permanente del 1931, fanno cinque. Cinque anni rubati alla mia gioventù. E qui subentra il ricordo della guerra che tanti lutti seminò nelle famiglie e purtroppo anche nella mia con la morte di un mio caro fratello, giù a Mostar nel giugno del 1942. Ringrazio vivamente i redattori della rivista l’Artugna che mi hanno offerto l’opportunità di rivivere anni lontani, ma sempre vivi nella mia memoria di novantenne. PROF. DARMO BRUSINI
Foto al centro: Darmo Brusini, Gorgazzo, 1935, olio su compensato. L’opera fu esposta alla III Mostra Prov. d’Arte di Udine nel 1936, alla Mostra degli artisti veneti a Padova nel 1939 e alla XII Mostra interprov. d’Arte di Verona nel 1942. Foto a destra: Darmo Brusini, Polcenigo, paesaggio, 1935, olio su tela. Foto a sinistra, in basso: Darmo Brusini, paesaggio budoiese, 1935, olio su tela. (Proprietà del dott. A. Roccaforte)
Dovin de fer
Ogni generazione ha il suo tipo di rivolta da compiere: quella messa in piazza spettacolarmente in aggregazioni compatte, e quella personale e silenziosa di chi volta le spalle a tutto e parte per l’avventura, seguendo il proprio istinto. I giovani, più sono intelligenti, più sono riluttanti ad accettare imposizioni o modelli di vita. Appena arrivano sulla scena del mondo, con il loro eccesso di energia imparano subito a distruggere senza neppure sapere che cosa. Solo i giovani degli anni ’40 non hanno avuto niente da distruggere, perché ci avevano già pensato gli adulti con le vicende della guerra mondiale. È in questo clima che si inserisce la storia di un dovin de fer, emigrato in Belgio fin da bambino, Toni Cep. A 18 anni si ribella a tutto, nell’unico modo possibile: indossare l’uniforme dei legionari e gettarsi nella Legione straniera. Non può usare l’abbondanza di sé, che ogni giovane sente, per ridimensionare la generazione precedente, già troppo provata dai sacrifici e dagli atti di coraggio imposti a chi lascia la terra d’origine. Così parte da Anversa, in Belgio, ed entra in Francia a Lilla, dove viene ingaggiato. Passa per Toul vicino a Nancy e raggiunge Marsiglia, la roccaforte dei legionari mostrata in decine di film. Destinazione prevista è l’Algeria, S. Bel-Abbes, dove arriva il fior fiore della ribellione giovanile. Ogni nuovo arrivato è spedito nella sede di Colomb-Bechar, a ricevere sei mesi di estenuante addestramento militare. Lì è sottoposto a un regime di disciplina dura, al limite della sopportazione, dove la notte i giovani dormono con il fucile accanto al letto. Toni si ritiene alla fine abilitato a missioni pericolose e rientra alla base di S. Bel-Abbes, dove riceve un ordine inaspettato: entrare come strumentista di clarino e sax nella banda dei legionari. La paga è 50 centesimi al giorno (pari a due litri di vino), più il tabacco e la stecca di sapone di Marsiglia per le pulizie personali. Che importa se è più artista che guerriero? Dopo tre mesi a rallegrare i compagni con musica sinfonica e varia, è trasferito in Marocco, con il raddoppio della paga: un franco al giorno. Comincia il periodo incandescente di Casablanca, Marrakech, Rabat, con i 40 gradi di caldo e le attrazioni delle vecchie città esotiche. Radio Marocco diffonde le esecuzioni della banda dei legionari e il Re del Marocco, Assan II, affascinato da quelle sonorità, chiama come
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suo insegnante di clarino e sax, proprio lui, Antonio Zambon. Il tempo scorre e dopo cinque anni smette l’uniforme e opera in abiti civili, per conto del II ufficio di spionaggio. È pagato profumatamente e tutto è tranquillo fino al ’42. Nel ’43, la confusione politica in Algeria, creatasi a causa della resa di Pétain ai nazisti, lo costringe a una vita rocambolesca. Fugge dalla legione straniera e finisce relegato in una sorta di prigione-confino, che si presenta con la scritta: «qui entrate come leoni e uscite come pecoroni». Tenta la fuga due volte e viene sempre riacciuffato. Ma con lo sbarco in Algeria rimane in trappola; però trova il modo di entrare nella Brigata forze libere di De Gaulle, con uniforme inglese e sottoscrive la ferma per la durata della guerra. Lascia Algeri, per raggiungere Tunisi e poi entra in Libia, a Tripoli. Comincia a maneggiare armi più evolute, mentre incontra italiani stremati da fame e privazioni, che aiuta servendosi di abili prelievi dai magazzini inglesi. Partecipa alla liberazione dell’Italia. Dopo lo sbarco a Napoli, con le forze alleate, è tra i primi a liberare Cassino, affiancando Inglesi
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e Americani. L’impegno più arduo è salvare Roma senza mettere in pericolo la popolazione. Da lontano si vede il cupolone: è un richiamo struggente. La vita militare è rischiosa e tutte le settimane sono prescritti abiti nuovi per non essere infettati dai pidocchi. A Viterbo e presso il Lago di Bolsena, si vede la gente accorrere sotto le grotte, per salvarsi dai bombardamenti. La liberazione dell’Italia è lenta e si riesce a riportare la libertà in borghi e paesi, con una progressione di battaglie per fare arretrare i nazisti. Qua e là si scoprono magazzini segreti colmi di generi alimentari, che vengono subito distribuiti alla popolazione affamata. All’improvviso, da Siena fa dietrofront fino ad Anzio. Si imbarca per Napoli, arriva ad Aversa poi a Taranto da dove si dirige verso la Francia. A mezzanotte e mezza, a Hyères vicino a Saint Tropez, si forma la 1ª Armata ufficiale francese. In quello stesso momento avviene lo sbarco in Normandia: sotto un inferno di fuoco, con le truppe che raggiungono la costa trascinandosi sott’acqua, comincia l’avanzata. Per l’Europa sono ore da brivido. Nel fortino si trovano gli ultimi occupanti, 400
tedeschi vecchi e stanchi di crudeltà e devastazioni. Uno di essi dimentica di essere nemico, fraternizza e regala a Toni un binocolo da agganciare al fucile per tiri di precisione, così da accelerare la presa del fortino. Le operazioni di liberazione si susseguono… Tarascona, Nimes, Lione… Il dipinto celebrativo che si può ammirare nel municipio di Lione mostra bandiere con 4 soldati: uno di essi è Toni. Nelle boscaglie dei Vosgi, inseguimenti a zig-zag mettono a dura prova la sopravvivenza: dodici soldati della 1ª Armata francese affrontano ventiquattro tedeschi. Sopravvivono in tre. Antonio se la cava con una sola ferita alla gamba. Dopo un breve riposo è inviato in Italia, a raccogliere feriti americani, da trasferire in un ospedale americano. Quando la fine della guerra è annunciata, l’unica destinazione consentita all’ex legionario è l’Italia, Milano. Raggiunge Sacile e lì ha difficoltà a ottenere il visto di rientro in Belgio. Motivo incredibile: non ha fatto il militare. Lo passano in rassegna e lo vogliono mandare a Trieste dove un pezzo di guerra è ancora in corso. Un ufficiale lo sottopone ad un esame poi lo dichiara riformato. Ma il passaporto da Udine non arriva, perché trattenuto a causa di un sospeso di tremila lire, da versare a chi pretendeva di averlo difeso legalmente in seguito alla prigionia a Tunisi. Una truffa burocratica che si risolverà. Antonio Cep termina qui quelle avventure a catena che aveva cercato, e chiude nel ’46 anni di vita mozzafiato. L’incontro con una ragazza di Dardago, Maria Basso, apre finalmente un capitolo nuovo per lui. La guerra è nel cuore prima che nelle armi. Molti avevano creduto che fosse una passeggiata allegra. Quante sconfitte derivano da idee sbagliate: il risultato lo hanno dimostrato le città europee, diventate cumuli di macerie. Che fatica risollevarsi. ANNA PINAL con le informazioni di Toni Cep
Nella pagina accanto. Marrakech. Antonio Zambon (a destra) con il suo clarino, insieme ad un amico componente della Banda della Legione Straniera. Foto sopra: Parigi. Sempre il nostro dovin de fer (a sinistra), è il 12 maggio del 1946.
La Provvidenza a Ca’ Corniani
Un vecchio opuscolo, datato 12 ottobre 1933 e rimasto in soffitta per quasi settant’anni, riporta alla luce le gesta di un sacerdote – don Giovanni Morgantin, Cavaliere della Corona d’Italia, parroco di Santa Lucia – scritte da lui stesso durante il suo servizio pastorale nel nostro paese. Un grazie a Gero Zambon, che ne ha permesso il ritrovamento. Il giorno 11 Agosto 1918, un gruppo di nostri areoplani effettuava un intenso bombardamento su obbiettivi militari dell’avversario, nei pressi della Salute di S. Stino di Livenza e di Ca’ Corniani di Caorle (Venezia). Essendo io Curato della Salute, in quel giorno mi trovavo per doveri del mio ministero, in casa di Fantin Luigi, mezzadro, del ora defunto, Cav. Ugo Trevisanato. Quando, verso l’una pomeridiana, mi si presentarono due uomini borghesi e un fanciullo dodicenne. Uno degli uomini portava al braccio il distintivo di maestro e mi si qualificò per un ufficiale dell’esercito Italiano. Quell’ufficiale altri non era che il Tenente Camillo De Carlo, medaglia d’oro, attuale Podestà di Vittorio Veneto, inviato in missione segreta, dall’ufficio informazioni della nostra III Armata per raccogliere notizie circa l’organizzazione e gli obbiettivi militari del nemico. L’uomo, che l’accompagnava, del quale ricordo soltanto il nome (Italo), era un sergente di artiglieria fatto prigioniero sul Montello nell’azione di Giugno, e poi riuscito a liberarsi dal nemico; il ragazzo dodicenne era di S. Vendemiano (Treviso) paese del De Carlo. L’ufficiale mi era stato inviato dal maestro Attilio De Conti da Fregona di Vittorio Veneto, mio conoscente, con preghiera di voler interessarmi per procurare al tenente ed ai suoi compagni il mezzo per ripassare il Piave e quindi rientrare nelle nostre linee, avendo il De Carlo delle informazioni pressanti da comunicare al suo Comando. Altamente lusingato per 1’onore di abboccarmi con quei valorosi, il mio cuore si riempì di letizia al pensiero che avrei potuto in quel modo giovare alla mia amata Patria. L’impresa che mi si affidava era però eminentemente rischiosa e terribilmente irta di pericoli e di difficoltà ma l’affetto per i miei fratelli, l’orgo-
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glio stesso del mio carattere di sacerdote Italiano, mi fecero accogliere con gioia la proposta. I tre ospiti, per il lungo e faticoso cammino, che avevano percorso, erano stremati dalla stanchezza e dalla fame. Mentre si rifocillavano in detta casa Fantin, io pensavo al modo di condurli in canonica, come luogo più sicuro e meno sospettato, dove avrei potuto momentaneamente celarli. Qui però mi trovai di fronte alle prime difficoltà; perché nella mia canonica avevano, da qualche tempo preso alloggio due ufficiali Austroungarici: il primo era un ufficiale subalterno di truppa, l’altro un tenente medico; in ogni modo bisognava risolversi. Accompagnai in canonica i miei tre nuovi fratelli e ve li trattenni circa quattro ore per dar loro agio di rifocillarsi e di riposarsi ancora, essendo stanchissimi. In quel frattempo io preparai il mio piano e decisi di far proseguire quei tre valorosi per Ca’ Corniani di Caorle, accompagnandoli fino al traghetto sul fiume Livenza. Alle ore diciotto circa il mio calesse era pronto. Mentre stavo accingendomi a farli salire, il tenente De Carlo mi manifestò un desiderio; Egli mi disse che avvicinandosi per loro il momento della prova suprema desideravano ricevere la SS. Eucarestia per chiedere a Dio la grazia di portare a compimento 1’ardua missione e di morire cristianamente. Profondamente commosso da quel magnanimo sentimento, di Patria e di Religione, che albergava in quelle anime intrepide, acconsentii senz’altro. Uscimmo frettolosamente, quasi furtivamente, dalla canonica, e attraversammo il cortile, che ci separava dal Tempio. Alcuni soldati boemi e polacchi, che stavano presso le scuderie della canonica, spiavano i nostri passi. Giunti in chiesa chiusi le tre porte d’ingresso, e premesse brevissime preghiere, amministrai loro il Sacramento dell’Eucarestia; poi rimanemmo tutti, per pochi minuti, in profondo raccoglimento. Non dimenticherò mai i sentimenti di celestiale commozione provati in quegli istanti! Io avevo gli occhi velati dalle lagrime mentre inalzavo a Dio la mia fervida preghiera invocando la sua Divina protezione sui tre prodi compagni. Erano già da un pezzo trascorse le ore diciotto, quando partimmo in calesse alla volta di Ca’ Corniani. Il viaggio si presentava difficile e pericoloso. Pattuglie di soldati e di gendarmi Austroungarici percorrevano le strade; tutti i crocivia erano rigorosamente sorvegliati. Io conscio del grave
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pericolo che ci sovrastava, aspettavo ad ogni istante di vedere afferrare la briglia del cavallo e richiedermi il «passierschein» lascia passare di cui occorreva essere provvisti per poter circolare nella zona di operazione del nemico. E quale permesso potevo esibire per i miei tre compagni, essendo essi sprovvisti di passaporto, per quella zona in cui noi percorrevamo? Finalmente potemmo giungere, indisturbati, al traghetto sul Livenza a Ca’ Corniani. Qui però le difficoltà e i pericoli non erano cessati, perché la barca, come sempre, era sorvegliata dai gendarmi e gli stessi soldati Austro-ungarici facevano da barcaiuoli. Potemmo tuttavia essere tragittati all’opposta sponda, ma giunti nel cortile della casa abitata da un certo Brichese Tomaso, allora mezzadro del defunto Comm. Chiggiato, mi trovai in una situazione estremamente pericolosa. Infatti nella casa del Brichese c’era un magazzino di medicinali e, in quel momento, circa un centinaio di soldati austriaci, colpiti dalla malaria, stavano raccolti sull’aia per la distribuzione del chinino. Alcuni ufficiali nemici mi si avvicinarono e mi chiesero dove fossi diretto con quei borghesi. «Che momento terribile e spaventoso fu quello»! Risposi prontamente e con tutta disinvoltura, che si trattava di povera gente profuga dei paesi del Piave, che andava alla cerca di grano per sostenere le proprie famiglie che languivano di fame. La mia risposta sembrò convincere gli ufficiali, senonché il più giovane di essi, dall’aspetto assai intelligente, squadrò con un’occhiata il De Carlo, da capo a piedi, in modo tale che sentii gelarmi il sangue nelle vene. (È da notarsi che il De Carlo era ricercatissimo dai Comandi Austro-ungarici, messi a conoscenza ch’Egli si trovava di qua del Piave). Un solo istante di smarrimento, un atteggiamento incerto o inconsiderato ci avrebbero traditi e noi saremmo stati irremissibilmente perduti! La nostra franchezza nelle risposte ci salvò; così potemmo lasciare quel luogo di supplizio morale e proseguire verso casa Tessarin. Quando mi parve di essere abbastanza sicuro, con un sospiro di sollievo, giunsi le mani e ringraziai il Signore di averci scampati da morte sicura, cioé dal capestro. Poi per non dar motivo a ulteriori sospetti, guidati i tre compagni fino poco lungi dalla casa del Sig. Tessarin, allora Podestà di Caorle, ci scam-
biammo un fraterno, ardente abbraccio e con molti auguri ci congedammo. Io avevo il cuore in sussulto e mentre rifacevo da solo il cammino percorso, pregai fervidamente il Signore di proteggere ed illuminare quei arditi fratelli, affinché potessero condurre a buon fine l’ardimentosa impresa ad essi affidata nel nome Santo della Patria adorata. Seppi poi che il De Carlo e compagni, avuto a loro disposizione una barca dal Tessarin, avevano potuto di notte tempo e inosservati, lasciandosi trasportare dalla corrente, giungere alla foce del Livenza (Porto Falconera). Colà messo mano ai remi si erano spinti sull’Adriatico, e avevano raggiunto le nostre linee sbarcando sul litorale di Cortellazzo. Con il compimento di sì alta missione le mie pene, le mie angoscie e i miei dolori non erano però terminati. Nei giorni immediatamente successivi alla evasione del Tenente De Carlo, corse voce, fra i nemici, che ufficiali italiani travestiti avevano potuto, con l’aiuto di un sacerdote non bene identificato, dalle terre invase ripassare il Piave. Presto i sospetti dei Comandi Austro-ungarici caddero su di me e ne fui segretamente avvertito. Mi attendevo quindi di essere arrestato da un momento all’altro. Passò qualche tempo, frattanto il Comando Austro-ungarico di Boccafossa di Torre di Mosto (Venezia) dal quale dipendeva la Salute, avevano ben altro da pensare. La vittoriosa azione del nostro Esercito, compiuta in quei giorni, aveva travolto le difese nemiche sulla sinistra del Piave e verso la fine di ottobre, le armate Austro-ungariche furono costrette ad abbandonare precipitosamente e per sempre la terra generosa che avevano per un anno intero calpestata e martoriata con rabbia teutonica. Così le mie indicibili angoscie ebbero termine. Firmata la pace, appresi che una grave de nuncia a mio carico era stata fatta al Comando nemico, per opera di una persona, che, per amore di carità, non nomino. La Provvidenza che fino allora mi aveva inspirato ed aiutato volle riserbarmi questo acerbo dolore, o meglio questo eccelso onore, forse perché da esso scaturissero un monito ed un insegnamento; che la malvagità degli uomini nulla può contro la possanza Divina, e che 1’amor di Patria e la fratellanza umana non sono cose vane.
Don Giovanni Morgantin, ai tempi del suo apostolato a Santa Lucia di Budoia, negli anni ’30.
Il postino di ieri
La posta di ieri era più veloce anche se il trasporto avveniva a mezzo dell’amico dell’uomo, il cavallo. Nonno Piero, Burigana Pietro fu Vincenzo nato a Budoia il 26 febbraio 1850 e deceduto sempre a Budoia il 10 marzo 1938, ne sapeva qualche cosa perché recapitava la corrispondenza fin dal 1871 (non è conosciuta la data precisa) e, durante l’espletamento del suo servizio, in data 29 aprile 1877, subiva aggressione (arma da taglio: la britola) da parte di certi, Daniele P. e Piero D.M., con conseguente perdita dell’occhio destro; col trascorrere degli anni perdeva anche il sinistro. Per completare il servizio e renderlo più veloce, in data 8 giugno 1888 – come risulta dall’atto – sottoscriveva, con la amministrazione delle poste, contratto d’appalto per il trasporto di dispacci e pacchi postali tra Budoia-PolcenigoSacile. (È sconosciuta la data di cessazione di tale servizio, di sicuro è avvenuta con l’apparire delle «corriere»). Non poche vicissitudini ha dovuto affrontare nell’espletamento del servizio (mezzo di trasporto e cavallo erano a suo carico). Un paio di casi gravi, tra tanti, possono essere citati. In un gelido inverno, con strada ghiacciata, percorrendo il «Longon» rovinarono nel «Livenza», cavallo, calesse e conducente, con le conseguenze che ne seguirono. Altro caso, nel tragitto Fiaschetti-Polcenigo gli veniva rubato il «sacco speciale delle raccomandate ed assicurate» con gli importi ivi inclusi che gli vennero addebitati con il blocco dei beni e con restituzione rateale di quanto era venuto a mancare, blocco che durò fino a qualche anno prima della sua dipartita. Venuto a cessare il servizio di trasporto, il recapito a domicilio della corrispondenza per Budoia passava nelle mani del figlio Vincenzo. Per parecchi anni dopo la cessazione del servizio di trasporto, divenuto cieco amava recapitare – ugualmente – la posta a domicilio, per poter incontrare gli amici di un tempo; a turno i nipoti lo accompagnavano. Fc./99 * * *
Si trascrive qui a lato il contenuto del Contratto d’appalto che regolava il rapporto con le Regie Poste sul finire del secolo scorso.
Nonno Piero in una foto del 10.09.1937. Lo ritrae con i nipoti: Giovanni Burigana a destra (classe 1914, deceduto sul fronte russo) e Giuseppe Burigana a sinistra (classe 1925 - via Pordenone, 3 - Budoia).
CONTRATTO D’APPALTO CON LE REGIE POSTE (ANNO 1888) Contratto d’appalto per il trasporto dei dispacci e dei pacchi postali tra Budoia e Sacile toccando le località di S. Lucia di Budoia e Polcenigo. Distanza tra i due punti estremi Km. 14. L’anno milleottocentoottantaotto il giorno 8 del mese di giugno in Budoia provincia di Udine. In vista della presente scrittura il sottoscritto Burigana Pietro fu Vincenzo, si obbliga di eseguire il servizio dei trasporti postali tra Budoia e Sacile e viceversa alle condizioni seguenti: 1. Farà il servizio in vettura tirata da un cavallo, decente fornita di apposito ripostiglio, a chiave per collocarvi i dispacci e gli altri oggetti postali con una corsa in andata ed altra in ritorno, entro il termine di due ore e mezza, per cadauna, osservando l’orario che gli verrà fissato dall’Amministrazione postale. 2. Riceverà e consegnerà le corrispondenze inchiuse nei sacchi e valigie, i pacchi e ogni altro oggetto riflettente il servizio postale, agli Ufizi e Collettori dello stradale percorso ora esistenti o che venissero in seguito istituiti. Avrà egual obbligo anche per i pacchi postali sia fino al peso attuale di Kg. 3.000 cadauno sia fino al peso di Kg. 5.000 qualora venisse in seguito così stabilito. Sarà pure tenuto al ricevimento tra-
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sporto e consegna della corrispondenza ed altri oggetti di cui sovra di altre linee, il cui cambio abbia luogo in un punto qualunque della strada suddetta. 3. Sarà occorrendo in obbligo di variare le ore di partenza sempre però nel tempo fissato quando ne sia richiesto per parte dell’Amministrazione. 4. Il servizio sarà eseguito dall’accollatario o da suoi agenti da approvarsi dall’Amministrazione e dei quali sarà egli sempre responsabile. Lui e i suoi agenti dovranno saper leggere e scrivere e portare in servizio una placca sul cappello od al braccio coll’iscrizione R.a Posta. 5. Si dichiara responsabile salvo in capo di forza maggiore debitamente giustificata dei dispacci e degli altri oggetti di cui all’articolo 2. che verranno consegnati a lui e ai suoi supplenti. Nel caso di smarimento, sottrazione o guasto dei dispacci e dei pacchi postali con dichiarazione di valore, o assicurati, con assegno, nonché di lettere contenenti valori, oppure di oggetti raccomandati, dovrà tenere rilevata l’Amministrazione delle conseguenze sottoponendogli al pagamento dei valori mancanti ed al risarcimento fino a lire cinquanta per ogni oggetto raccomandato, smarito sottratto e guasto. Nel caso di smarimento, di sottrazione, o guasto, dei dispacci contenenti corrispondenza ordinaria, e di pacchi postali senza valore dichiarato sarà passibile di una multa da Lire cinque a Lire venti per ogni dispaccio e fino a Lire quindici per ogni pacco. In ogni caso pei pacchi postali precedenti dall’estero, tanto con valore, dichiarato, quanto senza, il procaccia oltre il risarcimento od alla multa di cui sopra, dovrà rimborsare all’Amministrazione anche i diritti postali e tasse doganali, di cui fossero gravati: comprese le tasse di spedizione. 6°. Nel caso di ritardi, negligenze, e contravvenzioni ai patti della presente scrittura l’Amministrazione potrà infligere al sottoscritto concessionario un’ammenda fino a Lire cinquanta secondo la gravità dei casi e ripetendosi i ritardi le negligenze o le contravvenzioni essa potrà pronunciare la rescissione della scrittura senza che sia d’uopo di sentenza del tribunale, ne di formalità d’atti e cosi senza che nemmeno occorra una costituzione in mora. La stessa facoltà di rescissione compette all’Amministrazione, ove il concessionario si mostri indisciplinato, sia dedito al vino od altrimenti la sua condotta sia meritevole di biasima. La condanna ad una pena qualsiasi di semplice polizia scioglie immediatamente l’Amministrazione da ogni obbligo, e così pure l’arresto del concessionario sotto l’imputazione di reato punibile con pena criminale o correzionale. In tutti questi casi però sarà sempre in facoltà dell’Amministrazione di esigere che gli obblighi della scrittura sino al termine della medesima, sieno compiuti da altre persone scelte dall’Amministrazione a spese del Concessionario. 7°. Avvenendo che le condizioni stradali non consentano di eseguire il servizio nel modo stabilito, l’accollatorio sarà tenuto di provvedervi con altri mezzi adatti al più che sarà possibile solleciti e qualunque spesa dipendente da contrattempo,od altra qualsiasi causa sarà sempre a suo carico.
8°. Riceverà dall’Amministrazione per l’eseguimento di detto servizio l’annua retribuzione di Lire seicento a scadenze di trimestri regolari. 9°. Il servizio avrà il principio col 1° Luglio p.v. e durerà fino a tutto 30 Giugno 1891 con successiva ricomferma per due altri trienni separati, salvo disdetta da darsi dall’Amministrazione due mesi e dal concessionario quattro mesi prima della scadenza di ciascun periodo. L’Amministrazione, qualora durante il contratto voglia profittare dell’apertura di qualche tronco di ferrovia, oppure dell’attivazione di tramvays, potrà ridurre e sopprimere le corse contemplate nel contratto stesso lasciando inalterata la retribuzione, durante il periodo di quindici giorni a contare da quella in cui sarà stata notificata all’accollatario la riduzione, o la soppressione delle corse. Dopo il detto periodo di giorni quindici se si tratta dell’abbrevazione, delle corse la mercede sarà ridotta in proporzione della minor distanza, se si tratta invece di soppressione l’accollatario non avrà diritti a verun altra indennità. Nel caso di abbrevazione, l’Amministrazione sarà libera di disporre che il servizio faccia capo alla stazione della ferrovia o dei tramvays. Qualora poi per altre ragioni di pubblico interesse dovesse frattanto essere soppresso il suddetto servizio, l’Amministrazione non sarà tenuta che all’indenità di un mese di paga al concessionario, a decorrere dal giorno della cessazione. Né l’Amministrazione avrà maggior obbligo verso lo stesso quando le convenisse introdurre variazioni nella percorenza a cui egli non si adattasse. 10°. A maggior guarantigia di quanto sopra il cocessonario affida cauzione Lire 120:00 in danaro obbligandosi di estendere il vincolo alla Polizza delle casse dei depositi e prestiti n°3669 al deposito di lire 120:00 in danaro in data 26 Febbraio 1887 e vincolata pel posto di portalettere rurale da lui occupato. Il sottoscritto Del Maschio Domenico Titolare accetta il presente atto il quale non sarà obbligatorio per l’Amministrazione in fino a tanto che non sia approvato e reso esecutorio per Decreto Ministeriale. Le spese relative a questa scrittura sono a carico del concessionario. Fatta in tre originali si sono sottoscritti il concessionario il Titolare dell’Ufficio Postale e di testimoni come segue. Burigana Pietro Procacia Domenico Del Maschio Titolare Antonio Patrizio testimonio – Antonio Cardazzo testimonio
2° originale... 2 agosto 1888 Approvato con Decreto Ministeriale in data 22 giugno u.s., registrato alla Corte dei Conti Addi 10 corrente. Reg. 12 Bilancio Lavori Pubblici ... 275 Roma, 11 luglio 1888 Il capo sezione
Lo storico esemplare di «cassetta per le lettere» ancor oggi funzionante nella piazza di Dardago. Quante lettere e missive sono passate attraverso la sua «bocca»!
Vardèit, vardèit…
La piazza di Dardago ha cambiato look: sembra bella come non mai. Muri rifatti da un istituto di bellezza, con le file splendenti di crode in vista, che sorridono di piacere. Balconi con serramenti nuovi di trinca, che spiccano a distanza ornati di fiori. Tutta rinnovata e fotogenica, la piazza è pronta ad accogliere allegramente le generazioni del nuovo millennio che arriva e a ricevere congratulazioni. Anche il monumento, ripulito e risanato, con il guerriero che sembrava infiacchito con poca voglia di reggere la bandiera, ora è stato risanato e reintegrato nell’onore. Che colpo d’occhio. Giri lo sguardo, oh piazza, che gran piazza sei. Poi arrivi all’edificio del plevan, e lì alt, fermi tutti. C’è un clamoroso sgorbio. Un puign’n tel vole. L’arco della canonica appare sbilenco, rimpicciolito, stortignaccolo, messo insieme non si sa come. Dove sono finite le pietre che formavano quell’arcata ampia, che si ammira solo nelle vecchie foto della piazza? I lavori nel ’51 per l’apertura della nuova Via della Chiesa, hanno comportato l’arretramento e la curvatura del muro della canonica, rendendo necessaria la provvisoria demolizione dell’arco. Provvisoria? È rimasto in fass a lungo, deposto sul sagrato come spoglie in attesa di essere rimesse nella giusta sede. E poi? Dal ’52, una cancellata di ferro ha fatto da arco e da portone e così sono passati gli anni. E l’arco? Dimenticato. In occasione dei lavori di rifacimento della canonica di anni fa, nel tentare il ripristino dell’arco, si è utilizzato un pezzo che era emigrato con funzione di piedistallo per la Madonna, nel capitello del Brait. Degli altri pezzi, mistero. E il mistero più grande è l’aspetto del nuovo arco che ne è risultato. Sembra fatto di notte, a scur de luna. Da gente che no l’aveva le fassìne a cuèrt. No l’aveva nencia el metro par misurà, nencia i voi par vardà, poreth. Striminzito e dissestato, non assomiglia a nessuno degli archi dei portoni di cui si gloriano Via Brait, Via S. Tomè, Via Tarabin, Via Rivetta, Via Castello… Non rispetta le proporzioni, non ha la bellezza delle curvature secondo un equilibrio di rotondità… Così mal ridotto, l’arco del plevan non è neppure degno di essere disprezzato. Dardago, con tutte le arcate dei portoni, rigorose nelle di-
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L’angolo della poesia
mensioni e nella struttura, ha proprio in piazza il più bello sgorbio di architettura. Come mai è toccato proprio all’arco della canonica, che era storicamente pregevole perché a tutto tondo, senza chiave di volta? Cioé il più lineare, il più snello, secondo lo stile del ’700? I nostri bisnonni scalpellini – ce n’è uno in ogni famiglia – saranno furenti: «Va bene che è la porta del plevan, pastore di noi pecorelle, ma l’aveo ciapada pa la porta de ’na malga? Volevate fare un dispetto al Padreterno? El ne à dat ciarta blancia. Se vignon dhò nealtre, i sas de l’Artugna i ve fis’cia ’nte le rece. No don a thavarià de chi che al é la responsabilità. A colpi de mathiol e scarpelin, demoliremo tutti gli archi ad uno ad uno, poi toglieremo i nostri nomi dalla anagrafe, e li trasferiremo nei registri di Praga, di Pietroburgo, di Mosca, di Bucarest, di Vienna… cioé dove siamo ancora ricordati e riconosciuti come i bravi artigiani della pietra friulani, che hanno abbellito i palazzi imperiali.» E noi, adess, che avono da fa? Sssst! Lasciamo che gli antenati demoliscano tutti i loro archi di Dardago… facciamo finta che sia venuto un terremoto e amen. È nello stile dei vecchi fare predizioni catastrofiche. Ed è nello stile dei giovani infischiarsene. Tra questi due estremi, però, c’è la corda tesa di un arco sfregiato. Quello della sede della Pieve, che getta un’ombra immotivata sull’onore dei dardaghesi. Le vecchie rovinatissime piramidi e gli ornamenti del sagrato, sono stati sostituiti senza difficoltà da manufatti similari che hanno preso il loro giusto posto. Perché l’arco del plevan non ha ancora avuto diritto a un decoroso analogo trattamento? Forse bisognerà suonare le campane a martello e scongiurare un terremoto, per metterlo in ordine. E adés che se fàlo? ANNA PINAL con informazioni di Cornelio Marin e altri
Nella pagina accanto, sopra: L’arco in pietra della canonica (foto di Cornelio Zambon). Sotto: l’arco negli anni ’30. Sarebbe auspicabile ricevere, da parte dei lettori, un «aiuto fotografico» che possa documentare con più precisione le originali proporzioni dell’«arco del Plevan».
L’inverno Se l’inverno ha giorni tristi cantan su strade i bimbi amici; ulula il vento su piante spoglie, frullan più ancor, se han verdi fronde. È il radunar d’uccel sul noce, nel lor pensier neppur un canto, san più che noi: vien brutta notte; pallido il sol che nube sconde. Pensier se non, tepor in casa sul calar di sera dal grigio ciel coprirne giù la neve bianca or far ritir in casa. Brucian dei ceppi sui caminetti, che luminan ne fa i presepi, l’augurar di buon Natale sperar felici dell’anno nuovo. Riposa, o terra, coperta stai; fiori e frutti che a noi darai val più dell’oro, per chi non sai. Chi la nuova o ben vecchietta godersi ognun la sua casetta. Mite silenzio su ogni via, dà luce una finestra di casa mia, chel vecchio tetto ancor la via gran chioma ancor che ne sopporti. Ognun di noi ha suo passato il chè venir continua ancora. Dormon i bimbi, ma un balbetta fra doni suoi trovar la slitta verrà doman, a giorno, il sole, farem Natal al monte o al colle. ANGELO JANNA TAVAN
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Many thanks per la meravigliosa cena
Per un ristoratore, come per un medico, i clienti come i pazienti, sono tutto uguali. Può darsi che si differenzino per la simpatia, per la costante presenza, per i lusinghieri e continui apprezzamenti del cibo e del servizio. E può anche darsi che, improvvisamente, in una sera di mezza estate, il Presidente degli stati uniti d’America, sia fra questi clienti. È successo a Dardago, al ristorante «Il Rifugio», gestito da Manlio e Marina Signora, un locale già molto conosciuto, ora alla ribalta della cronaca di tutto il mondo; già, quando si muove un Presidente, tutto viene riportato, tutto fa notizia. A parte lo scalpore della notizia, il ritrovarsi sulle prime pagine, da protagonisti, credo faccia piacere a tutti. Ed è lo stesso Manlio a raccontarci come ha vissuto quell’incontro, attraverso le interviste rilasciate ai quotidiani locali. Da parte nostra i più sentiti rallegramenti per la professionalità e la competenza che sempre dimostra, non solo con il presidente Bill Clinton ma con tutti coloro che si siedono al suo ristorante. a cura di MARIO POVOLEDO
«Indovina chi viene a cena?» Vi rispondo: «Clinton!» In effetti ha il vago sapore di una favola e ce la stiamo godendo tutta. Mercoledi 28 luglio sera ci hanno telefonato dalla Base per prenotare due tavoli da dieci persone ciascuno dicendo che si trattava di un compleanno e che i clienti si sarebbero presentati al ristorante non prima delle 22,30. A dire il vero subdoravo qualcosa... ma non certo di aver seduto a capotavola il presidente Clinton. Facendo mente locale ci siamo ricordati anche che lunedì scorso erano venuti altri statunitensi, in tanti, forse a fare un sopralluogo. Chissà. Poi il 29 sera, alle 22,40, gli americani che si erano seduti fuori, che poi ho scoperto essere del servizio segreto, hanno detto che «stava arrivando» e si sono inseriti gli auricolari nelle orecchie. Ho domandato chi, pensando forse all’ambasciatore, ma mi è stato risposto: «Il presidente Clinton!». Mi sono proprio guardato attorno per capire se qualcuno me la stava facendo sotto il naso. Invece è arrivata la limousine. Alla fine, tra servizi segreti, staff, giornalisti americani al seguito, forze dell’ordine e quant’altro c’erano almeno una cinquantina di persone. Clinton è arrivato
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Da sinistra: Marina, Manlio, il Presidente degli Stati Uniti e il personale de «Il Rifugio».
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con l’auto presidenziale, fatta giungere appositamente per la due giorni Aviano- SarajevoAviano. Più tardi ho saputo che già martedi lo avevano informato su questo fuori programma e quando gli ho parlato mi ha detto che il posto era meglio di come se l’era immaginato. Immaginatevi, invece, la faccia degli avventori. Per mezz’ora buona sono rimasti sotto choc. Non volevano credere ai loro occhi, pensavano fosse un sosia, uno scherzo, hanno domandato informazioni, hanno tentato di capacitarsi di una cosa che, comprensibilmente, si faticava a concepire. E pensate l’emozione. Clinton era seduto a capotavola (avrebbe detto al proposito che è sempre meglio «avere le spalle al muro») e ad un solo metro di distanza c’erano sedici persone della ditta Tec Service di Albina di Gaiarine, che da lì non si sono più mosse. Il presidente, per la cronaca, ha mangiato proprio tutto. Nell’ordine: una selezione di antipasti (carpaccio di cervo marinato con porcini, bresaola di struzzo, filetto di manzo affumicato, insalata di porcini crudi), delle fetuccine con salsa d’estate di primo, un filetto di cervo al pepe rosa per secondo e, infine, dello strudel, cheese cake, torta di pere con cioccolato. Il tutto sapientemente innaffiato con dell’ottimo cabernet franc delle Grave. In finale, una «grappetta». Clinton mi ha detto che era dai tempi in cui era governatore in Arkansas che non ne beveva una. Ma insomma, il presidente è una persona molto umile, simpatica e gioviale. E una buona forchetta per quanto mi riguarda. Ha anche fatto scarpetta nel piatto in cui gli era stato servito il filetto di cervo. Una bella soddisfazione, già. Oltre all’emozione io e mia moglie eravamo anche preoccupati di non farcela a gestire tutta quella gente, di non dare il meglio proprio con quell’ospite in casa. Poi, invece, è andato tutto liscio. Clinton, che ha chiesto una bottiglia d’olio per la moglie Hillary, si è congedato un paio di orette dopo. Un istante prima ha addocchiato un piattino di dolci fatti in casa e se li è portati in limousine. Ci ha lasciato un fermacarte con lo stemma della casa bianca, un autografo sul librone degli ospiti del ristorante («Many thanks for a wonderful dinner») e si è fatto immortalare più volte dal fotografo, ufficiale dello staff. Ma, soprattutto, il presidente ha lasciato una favola che noi non potremo mai più dimenticare». Intervista tratta da «Il Messaggero Veneto» del 31 luglio 1999, firmata da Massimo Boni
Momenti storici nella vita di un ristoratore tra sorrisi, strette di mano, autografi e congratulazioni di un Presidente.
Per l’agricoltura, quale futuro?
Questa che presentiamo è un’ipotesi di valorizzazione ecocompatibile delle risorse naturali ed agricole del nostro territorio, formulata da un gruppo di giovani laureati della nostra regione.
La ricerca è stata sviluppata da un gruppo di lavoro multidisciplinare nell’ambito del corso di specializzazione post laurea di Ecomanager tenutosi presso il centro IAL di Udine. Il lavoro si compone di una parte introduttiva storico-naturalisica, cui segue un’analisi della situazione agricola attuale, con particolare riguardo agli allevamenti bovini e al loro impatto sull’ambiente. La seconda parte, propositiva, presenta specifici interventi atti a consentire la ripresa della monticazione estiva sulle malghe comunali già ripristinate. Vengono inoltre illustrate alcune azioni per la valorizzazione dei prodotti tipici, in primo luogo il formaggio. Per quanto riguarda la storia e la natura partendo dai documenti del catasto austriaco risalente al secolo scorso si è evidenziato l’utilizzo storico del territorio e la struttura economico-agricola locale. Sono inoltre stati evidenziati gli aspetti geologici, climatologici, paesaggistici e floro-faunistici del territorio. Per l’agricoltura, i rilievi effettuati direttamente hanno fatto emergere chiaramente le caratteristiche di ecocompatibilità delle aziende agricole di Budoia. In particolare sono stati riscontrati un limitato impiego di prodotti chimico-industriali e la continuazione di alcune tecniche tradizionali di coltivazione e allevamento. Negli allevamenti bovini i foraggi risultano quasi interamente prodotti in azienda e la razione alimentare è basata su grandi quantità di fieno di prato stabile e di medica, con limitato ricorso al silomais. Viene inoltre largamente utilizzato il letame, che è un fertilizzante naturale di fatto privo di potenzialità inquinanti. Nel complesso abbiamo quindi un sistema ciclico in cui gli equilibri naturali sono sostanzialmente mantenuti. Per la monticazione, viste le caratteristiche delle due malghe comunali ripristinate, si ritiene che per gli allevatori di Budoia una prospettiva interessante sarebbe la ripresa dell’alpeggio con
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le manze. Vengono illustrati tutti gli interventi per completare il ripristino delle malghe e per renderle idonee alle esigenze del bestiame. Relativamente ai prodotti tipici, considerando le attrattive storico-naturalistiche locali e le caratteristiche di genuinità dei prodotti agricoli, si è ritenuto di proporre canali alternativi di commercializzazione, quali la vendita diretta in azienda, nei mercati settimanali dei paesi limitrofi, in occasione di fiere. Con particolare attenzione si è studiata l’ipotesi della riapertura di un caseificio situato nel comune limitrofo di Polcenigo (che anticamente costituiva un’unica unità amministrativa con Budoia) per farvi affluire il latte dei due comuni. Si otterrebbe così un formaggio tipico da vendere direttamente in loco. Il latte sarebbe perciò valorizzato, mentre attualmente viene conferito presso un grande caseificio che lo mescola con altro di qualità inferiore. Altre proposte sono costituite dalla suinicoltura all’aperto, l’agriturismo, l’apicoltura, l’ortofrutticoltura. Come prospettiva futura si propone infine il passaggio all’agricoltura e quindi al prodotto biologico. In virtù delle caratteristiche di ecologicità già presenti e riscontrate nel corso dell’analisi, questo passo non dovrebbe essere né troppo oneroso, né troppo difficoltoso. ANDREA ALBERGHINI, MASSIMO BARBO, FRANCESCO DI TROIA, LINDA FALZONE, GUIDO TUVERI, C. ANTONIO VENIER, SUSANNA ZILLI
L’ex caseificio di Budoia attende una nuova primavera.
La vôs del mede La vôs del mede è la rubrica curata da medici del nostro Comune che desiderano dare, ai nostri lettori, informazioni e consigli utili sulla salute.
Dubbi di salute Aviano, Budoia, Caneva, Polcenigo sono ridenti paesi della Pedemontana Occidentale, dove l’ambiente riveste un ruolo di primo piano sia dal punto di vista territoriale che paesaggistico e dove si dovrebbe fondere l’aspetto ecologico con quello sociale in un equilibrio a misura d’uomo. Ma quali possono essere «i dubbi» della gente che un medico di base ha recepito nell’espletamento della sua professione in tale zona? Sento dire che ci sono troppe patologie tumorali perché siamo vicini alla Base Usaf, perché risentiamo dell’effetto «Chernobyl», perché c’è il Radon, perché ci alimentiamo male, perché c’è l’effetto dei campi magnetici ecc. È giusto parlare della «piazza di Budoia», dei servizi dei rifiuti, di calcio, del supermarket perché fanno parte integrante della «discussione sociale», ma è altrettanto importante (se non di più) sensibilizzare l’opinione pubblica, le autorità comunali e provinciali al problema di cui sopra. Non si può bloccare un tratto autostradale Sacile-Conegliano di soli 20 km per motivazioni ecologiche a me «ignote» e non toccare o non voler toccare le tematiche inerenti alla salute pubblica del cittadino. Come cittadino, ma soprattutto come medico, ritengo di avere una responsabilità maggiore in queste problematiche. Se poi, queste mie parole, rimanessero inascoltate, vorrà dire che mi associerò al motto di De Coubertain cioé «l’importante è partecipare» (per avere la coscienza a posto). Per quanto riguarda le problematiche alimentari, rimando il lettore ai precedenti articoli in cui ho fatto menzione del problema; per «l’effetto Chernobyl», purtroppo, non possiamo fare più nulla se non sperare che tale effetto stia diminuendo con il passare degli anni e comunque, è un problema europeo e non solo budoiese o pedemontano; veniamo ora ai campi elettrici ed elettromagnetici (CEM), compresi i campi a radio frequenza (RF) emessi dai telefoni mobili e stazioni radio-base. Secondo le ricerche svolte dall’OMS quando si discute dei possibili effetti nocivi per la salute all’esposizione dei campi RF è importante, innanzitutto, non confondere i campi RF con le radiazioni jonizzanti, come i raggi X e Gamma o con le radiazioni ultra violette a piccole lunghezze d’onda. Dr. DEMETRIO ADORE Medico di base di Budoia
EFFETTI SANITARI DEI CAMPI R.F. TRA MHZ E 10 GHZ E A BASSA INTENSITÀ. È noto che i campi R.F., entro questo intervallo, penetrano nei tessuti esposti e producono riscaldamento a causa dell’assorbimento di energia. Lo spessore di penetrazione del campo nel tessuto dipende dalla frequenza della stessa ed è maggiore alle frequenze più basse. Comunque, gli standard internazionali, secondo i quali sono costruiti i telefoni mobili e le stazioni radio-base, non consentono che questi provochino alcun riscaldamento significativo Studi recenti hanno segnalato che l’esposizione ai campi R.F. ed elettrici, altererebbe, comunque, l’attività elettrica del cervello nei gatti e nei conigli, attraverso variazioni della mobilità degli ioni calcio. Sempre secondo O.M.S. questi effetti non sono ben stabiliti e le loro implicazioni per la salute umana non sono comprese in misura sufficiente per costituire una base per la limitazione dell’esposizione umana a tali campi, né per valutare adeguatamente il rischio di cancro nell’uomo. La proposta del Consiglio e della Commissione Europea Sanità è quella che prevede che gli stati membri: a) assicurino un elevato livello di protezione all’esposizione ai CEM; b) forniscano informazioni al pubblico sulle conseguenze per la salute; c) facilitino e promuovino il rispetto delle restrizioni fondamentali. Bisogna però riconoscere, per dovere di cronaca, che viviamo ormai in una società moderna piena di insidie elettromagnetiche e che forse nessuno di noi è disposto a rinunciare ad una fetta di tale benessere. Per avere un’idea di cosa sia l’inquinamento elettromagnetico non occorre andare troppo lontano: basta chiudersi in casa e osservare. Televisione, computer, video terminali, radiosveglie, elettrodomestici, forni a microonde, asciugacapelli contribuiscono ad aumentare notevolmente il campo magnetico presente naturalmente sulla terra. Fare a meno
di tutto questo e tornare alle lampade a olio è impensabile. Qualche accorgimento tuttavia può risultare utile ad arginare il fenomeno. «Lega-ambiente», ad esempio, ha elaborato alcuni consigli anti-elettrosmog. Eccoli: a) Se si ha il sospetto della presenza di elevate intensità di campi elettromagnetici si può richiedere la misurazione al servizio di igiene pubblica; b) effettuare le stesse misure se si intende acquistare una casa in prossimità di linee ad alta tensione, cabine di trasformazione o impianti di radio diffusione; c) allontanare dalla testata del letto (almeno 1 metro) le radiosveglie; d) guardare la televisione a distanza adeguata; e) evitare di sostare lateralmente o posteriormente al videoterminale; f) evitare di sistemare il letto vicino al quadro elettrico; g) evitare di dormire con la coperta elettrica in funzione. La realtà è che comunque i tumori sono in crescente aumento in tutto il mondo occidentale, ma che forse c’è «qualche zona» a più o meno rischio; sta agli organi competenti stabilire tali zone e a noi tutti cercare di «evitare» situazioni ulteriori di eventuale rischio. Sottolineo che lo scopo di tale articolo è il desiderio che lo stesso non venga «sfruttato» a fini politici-partitici ma esclusivamente per fini di «salute pubblica».
Allegre serate in stalla
Ancora all’inizio di questo secolo, nella fascia pedemontana adagiata alle spalle di Pordenone, era abitudine per i giovani contadini della zona passare le serate d’inverno nelle stalle di famiglie che avevano qualche ragazza da marito. Proprio
nella stalla perché quello era l’unico locale della casa dove era possibile godere un po’ di tepore prodotto dalla presenza delle mucche. Tale tradizione, che si immagina abbastanza remota, era conosciuta con il nome di «fila», ed andare in fila, per i giovanotti si intendeva trovarsi alla sera dopo cena nella stalla di famiglie composte più da femmine che da maschi, e là passare qualche ora in lieta compagnia. In questo ampio, ma molto spartano, locale, intiepidito dal fiato di tre o quattro animali, venivano poste alcune panche, e se queste non bastavano ad accomodare gli ospiti, si disponevano anche i tipici seggiolini usati per mungere. L’illuminazione dell’ambiente era affidato ad una o due lampade a petrolio, impianto che favoriva una discreta penombra. I pretendenti, o presunti tali, arrivavano tra le sette e le otto di sera, accolti dal capo famiglia, mentre le donne si presentavano un po’ più tardi, appena sbrigate le varie faccende domestiche.
In alto: illustrazione di Guido Benedetto. Sotto e nella pagina accanto: illustrazione di Angelo Modolo.
Tesori della mente
Il tema della conversazione verteva generalmente sul tempo, o sui lavori agricoli in programma: ma l’interesse dei presenti subito si ravvivava allorquando qualcuno degli ospiti, da poco reduce da una stagione di lavoro all’estero, esprimeva le sue generalmente favorevoli impressioni raccolte in quei paesi lontani. Chi era stato in Prussia (nome con cui allora si definiva tutta la Germania), non mancava di magnificare quanto visto in quei luoghi, l’ordine e la disciplina che vi regnavano, ed i buoni salari con cui venivano compensati i lavoratori. Altre meraviglie raccontava chi era stato a Vienna, o chi aveva lavorato nel nord della Francia (purtroppo anche nelle miniere); meno mirabolanti, ma pur sempre soddisfatti coloro che avevano prestato servizio (anche se solo stagionale), negli alberghi di Trieste e di Venezia. Il grado di relativo benessere raggiunto da questi giovani emigranti era messo in evidenza anche dal loro aspetto esteriore, ed infatti erano provvisti di buoni cappotti (indumento allora quasi sconosciuto nella zona), inoltre qualcuno ostentava anche l’orologio da taschino con la catena d’oro che pendeva dal panciotto. Verso la metà della serata, ad un cenno della padrona di casa una delle ragazze usciva dalla stalla per rientrare dopo qualche minuto con un boccale di vino ed alcuni bicchieri. Un ristoro questo, destinato ai soli uomini. Di solito, tra i giovani presenti (generalmente tre o quattro), vi era anche il tipo spiritoso che raccontava delle barzellette molto castigate, ma sempre gradite in particolar modo dalle donne presenti che ridevano di gusto coprendosi il volto con le mani. In quell’ambiente da presepio natalizio, i contatti tra i due sessi erano ridotti a qualche rapida occhiata foriera di ulteriori favorevoli sviluppi, o furtive strette di mano. Verso le dieci di sera i giovani ospiti si ritiravano abbandonando con comprensibile rammarico un ambiente caldo e simpatico, per affrontare il buio ed il gelo della notte. Qualcuno abitava in case isolate in mezzo ai campi, per loro non restava altro che sperare nel chiaro di luna. PIETRO COVRE
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La stalla è piccola, cioè lunga e stretta; comunque ci stanno nove mucche e due vitellini. La Roma, cioè l’asina, e le pecore separate da un muro. La porta in tavole naturali che divide le due stalle è piena di ritratti fatti a matita. I colori bisogna tenerli per la scuola. La pittrice di casa è Graziosa, la minore di quattro sorelle. Per lei ogni posto è buono per dipingere. Le sedie tutte in fila lungo il muro. Sul fondo verso strada troneggia il nonno Adamo. Naturalmente troneggia poiché la sua non è una sedia normale, bensì un trono. Di legno, ma sempre un trono. Più alto di una sedia normale, con i braccioli. Papà Paolin sonnecchia, lui dice sempre la solita preghiera: «Signore ci siamo intesi». Come dire: «Ho tanto lavorato tutto il giorno e sono troppo stanco per pregare». La mamma Santa (santa di nome e di fatto) cuce o fa la maglia. I vestiti non si comprano, bisogna farli e così pure le s’ciampinele (scarpette) Le suole si fanno con strati di stracci cuciti con lo spago con punti fitti fitti. Il sopra il solito velluto nero. Naturalmente si portano solo in inverno. D’estate zoccoletti fatti da papà Paolin. Il fondo lo compera, il sopra lo fa lui con qualche striscia di stoffa o di pelle. Per i vestitini arriva il sabato lo zio Mario da Venezia dove lavora e qualche pezzo di stoffa colorata per le bambine c’è sempre. Il nonno con voce possente comincia il rosario. Ruggero (un cugino) e le bambine vicino alla porta. Qui cominciano i problemi. Ruggero racconta qualcosa di divertente al che tutte a ridere. La nonna Rosa buona com’è prega più forte per coprire le nostre risate. Si sa che quando non si può ridere si ride di più. Così il nonno Adamo prende il cappello e ce le dà di santa ragione (cercando sempre di sbagliare la mira). CLELIA ZAMBON PINAL
’N te la vetrina
FOTO SOPRA: ANNO 1910 CIRCA. I soldati di leva Giuseppe Zambon Pinal, a sinistra, Marco Janna Theco, al centro, e Fortunato Zambon in una foto-cartolina del fotografo Caporelli di Padova, spedita da Giuseppe allo zio, don Luigi Del Maschio, parroco a Lestans di Spilimbergo. (Proprietà di Angelo Zambon Pinal - Verona)
ANNO SCOLASTICO 1937/38. Sullo sfondo dell’edificio scolastico di Budoia, numerose le due classi di alunni nati dal 1926 al 1930 2ª e 3ª gestite da un’unica insegnante, la signorina Italia Nannino. Alcuni bambini indossano la divisa fascista di «Figli della lupa» di «Balilla» e di «Piccola italiana». DA SINISTRA A DESTRA. Seduti: Domenico Carlon Drugo, Romano Carlon Ros, Giulio Fort, Ermes Stefani, Domenico Burigana Remondin, Vittorio Zambon Colus, Giovanni Santin Tres, Mario Pilot, Giuseppe Bortolini. 1ª fila, in piedi: Redenta Carlon Ros, Ida Dedor Barisel, Elena Carlon Pertia, Luisa Stefinlongo Belogna, Luigia Carlon Pertia, Elide Signora, Noemi Fregona, Isolina Soravia, Teresina Zambon Marin, Nadia Lachin Bof, la maestra Nannino, Lidia Zambon Colus, Amelia Bocus, Rina Signora, Diomira Stefinlongo Belogna, Lucia Carlon Favre, Amelia Santin Tres, Ida Zanier, Eugenia Da Ros. 2ª fila in piedi: Giomaria Santin Tres, Sergio Angelin, Isidoro Carlon Drugo, Beniamino Mezzarobba Piai, Filippo Del Zotto Coth, Sergio Carlon Drugo, Angelo Varnier, Ferruccio Puppin Los, Luigi Carlon, Osvaldo Signora, Giorgio Fort. 3ª fila: Gennaro Zambon, ? , Antonio Carlon Cech, Domenico Zambon Thuciat, Virginio Bortolini, Aristide Puppin Freal, Guido Carlon Drugo, Vincenzo Zanier. Dietro: Giuseppe Cardazzo Rocco, Angelo Angelin Mastela. (Proprietà di Rina Signora) *
Per la collaborazione si ringraziano Angelo Varnier e Mariangela Bosco.
FOTO SOTTO: Un gruppo di famiglia all’inizio degli anni Trenta. I genitori, Concetta Zambon (5/5/1888) e Giuseppe Zambon (20/1/1883), attorniati dai figli Ines, la primogenita (7/6/1914), Ilario (25/9/1922), Rolando (9/2/1926) e Gennaro (20/1/1929). (Proprietà di Ines Zambon)
Intorvìa la tóla
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Sardèle in saòr Ingredienti per 8 persone 1,5 kg di sarde, 1,2 kg di cipolle rosse, 100 g di farina 00, 1 litro di olio di oliva per la frittura, 1 bicchiere di aceto bianco sale q.b. Preparazione Lavare le sarde, intere e chiuse, sotto l’acqua corrente dopo averle private della testa e delle interiora, metterle poi a scolare su un tagliere. Passare le sarde prima nella farina e poi friggerle nell’olio bollente per circa 4 minuti. Mettere ora in un tegame, a freddo, le cipolle finemente tagliate a spicchi, cinque cucchiai
d’olio e tre cucchiai d’acqua. Farle rosolare a fuoco moderato e dopo 10 minuti salare e aggiungere un bicchiere di aceto bianco, continuare la cottura per altri dieci minuti mantenendo il composto molto morbido. Far attenzione che le cipolle non cuociano troppo: la cipolla deve appassire ma rimanere anche consistente. A questo punto in una terrina abbastanza capace (meglio se di terracotta), posare uno strato di sarde e uno strato di cipolle e continuare fino ad esaurimento terminando con le cipolle. Lasciar riposare due giorni a temperatura ambiente.
Il saòr (sapore) è una marinata in cui l’ingrediente base è la cipolla. A Venezia l’uso di marinare i cibi con la cipolla ha origini molto antiche (se ne ha notizia fin dal secolo XIV) ed era tipicamente marinaresco, perché evitava di ammalarsi di scorbuto a quanti erano costretti a trascorrere lunghi periodi in mare. Oggi la tradizione vuole che i veneziani preparino questo piatto (anche a base di sfogi, sogliole) per mangiarlo in barca durante la notte della festa del Redentore (terzo sabato di luglio).
Appena passata l’Epifania ecco iniziare il carnevale. E quale miglior piatto se non le fritole ce lo ricorda, più di ogni altra cosa?
Le fritole Ingredienti 450 g di farina 00, 250 g di zucchero, 1,5 litro olio di semi, 2 uova intere, 350 ml di latte, 150 g di uva sultanina, 2 bicchierini di ruhm, 1 mela, 1 bustina di lievito, 1 bustina di vaniglina, la buccia grattugiata di un’arancia Preparazione Mettere a bagno l’uvetta con un po’ di acqua tiepida per 15 minuti per farla rinvenire. In una terrina sbattere con la frusta i tuorli e gli albumi con lo zucchero fino ad ottenere una crema morbida; un poco alla volta unire poi a pioggia la farina mescolando continuamente per amalgamare bene l’impasto. Far bollire nel frattempo il latte e aggiungerlo, caldo, mescolando sempre con continuità in modo da creare una pasta cremosa.
Aggiungere ora l’uvetta scolata dall’acqua e strizzata, il ruhm, la mela tagliata fine e la buccia grattugiata dell’arancia, la vaniglina ed il lievito. Mettere al fuoco una pentola da frittura con l’olio: quando l’olio sarà ben caldo (ma non bollente altrimenti brucerebbe le frittelle), colarvi un cucchiaio di impasto facendo in modo che si formi una pallina compatta, e cuocerla tre o quattro minuti girandola di tanto in tanto (mia nonna usava il ferro da calza), tirarla poi fuori e spruzzarla con un po’ di zucchero. Si possono friggere 8 o 10 frittelle contemporaneamente secondo la misura della pentola. Consiglio: prima di iniziare la cottura far riposare l’impasto per circa un’ora per permettere una buona lievitazione dell’impasto.
Molteplici le attività della «Pro»
Non c’è dubbio che le passate generazioni abbiano avuto, quali maestri principali, la vita di tutti i giorni, il contatto quotidiano con ambiti che oggi sono possibili solo a pochi bambini (ma anche adulti), nonni, genitori, amici e fratelli più grandi che hanno trasmesso ciò che gli stessi a loro volta avevano imparato direttamente «sul campo». Quella dell’individuazione di specie arboree, flora vegetale e fauna selvatica, per esempio, era una pratica che veniva quasi automatica anche perché, per gioco o per necessità, questi ambiti erano il teatro della quotidianità, del contatto diretto ogniqualvolta anche il bambino doveva rendersi utile alla gestione della famiglia. Si pensi solo alla raccolta delle foglie lungo i fossati, o in montagna. Individuarne la specie diventava allora automatico. Oggi, a un qualsiasi bambino, che non abbia familiari dediti all’agricoltura (con limitazioni, purtroppo, anche in questo caso), per far conoscere e individuare una pianta non resta che l’immagine fotografica riprodotta o il disegno dettagliato di forme e di foglie. Il nostro territorio pedemontano e montano sotto certi aspetti può essere considerato un’autentica enciclopedia naturalistica, tante sono le varietà arboree e vegetali, la fauna, gli ambiti ancora integri, le opportunità di toccare con mano le varie espressioni del creato. Il tutto a beneficio delle nostre giovani generazioni. Ma in considerazione che non c’è più quel patrimonio (anche per mancanza di tempo) fatto di genitori e nonni pronti a rammentare un così tanto e importante compendio naturalistico, ecco l’intervento che qualifica ancora una volta, dopo la tracciatura e ripulitura di vecchi sentieri, l’azione di salvaguardia operata dalla Pro Loco di Budoia, con la «realizzazione» del sentiero naturalistico di San Tomè. «Un itinerario tutto da scoprire e conoscere» recita l’intestazione di un pregevole opuscolo presentato dalla stessa Pro Loco, dal Comune di Budoia e dal Gruppo Regionale di Esplorazione Floristica che consente di venire a contatto con un
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campionario di grande valore didattico. Lungo un percorso di una decina di chilometri, riducibili comunque a volontà se le gambe non hanno la forza di completare il giro, sono state catalogate, tra le altre cose interessanti, ben 40 specie arboree e arbustive (ovviamente qualcuna si ripete ma c’è un perché…) alla base delle quali un cartello numerato collegato all’opuscolo fa intuire il nome scientifico, italiano e nella parlata locale. Il percorso si sviluppa, partendo a piacere da uno dei quattro parcheggi, Ciastelat, Ciampore, Rifugio e Belvedere, lungo le due sponde del torrente Artugna. L’opuscolo è la base di partenza per comprendere l’alto valore didattico dell’iniziativa in considerazione delle note scientifiche sugli aspetti della flora e della vegetazione del posto che per esteso sono applicabili a un po’ tutta l’area pedemontana e montana del comune di Budoia e delle altre comunità della zona; basta un pizzico di passione e voglia di imparare. I testi di Bruna Bulgarelli, Alessandro Fabbroni, Aldo Dionisio e Giuseppe Fabbroni, aiutano a comprendere al meglio questo impegno in considerazione che l’iniziativa non è limitata all’aspetto arboreo del posto e alla sua conoscenza, ma affronta anche quegli aspetti morfologici e pedologici che si possono trovare lungo il percorso. Ecco la zona del mulino con i suoi prati, le sponde e il greto dell’Artugna, il bosco ceduo di carpino e orniello, le roccette e i ghiaioni, l’area a conifere attorno alla chiesetta di San Tomè e lo stesso edificio risalente al XIII secolo. Un’occasione più che ghiotta sia per famiglie, vista la grande possibilità di fare poi picnic in zona, sia per le scolaresche che potranno, in una sola mattinata, «sfogliare» un autentico volume di scienze naturali. * * * È sempre arduo, specie se a farlo sono i diretti interessati, fare un bilancio di una manifestazione che, biglietti venduti all’ingresso della rassegna principale a parte, si sviluppa in modi e tempi diversi, diluiti in dieci giornate di impegno. Di primo acchito emerge positivamente l’ennesima proposta della Pro Loco di Budoia in materia di funghi e ambiente con la sua rassegna regionale di settembre non fosse altro per l’aumentata partecipazione corale dei nostri compaesani a sostegno del programma centrale rappresentato dall’ossatura, una sorta di cartina tornasole, che anche senza volerlo richiama una manifestazione popolare come la «Festa dei funghi e
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dell’ambiente». Tuttavia non è dal numero (non soltanto) dei visitatori e dei commensali, per non parlare della gente che chiedeva solo qualche ora di divertimento, che si misura la bontà di una rassegna. A concorrere per il successo finale ci sono stati, quest’anno, il bel tempo (anche troppo bello al punto di mettere un po’ in crisi i gruppi micologici chiamati ad allestire la mostra didattica), la straordinaria partecipazione del volontariato con oltre 300 persone resisi disponibili, alcune scelte in ordine alla rassegna espositiva principale, a quella didattico-informativa dedicata ai funghi in cucina nelle... cinque stagioni (quattro classiche e le specie coltivate in serra tutto l’anno), alla gastronomia, alle manifestazioni collaterali e al movimento di opinione che la festa ha portato. In definitiva è un appuntamento che si rinnova nella tradizione e riesce sempre più a coinvolgere anche chi appassionato di micologia non è. Un successo che ha appagato gli sforzi compiuti dal direttivo della Pro Loco Budoia impegnata più che mai a difendere la sua “creatura” (anche se ha ormai compiuto 32 anni). Tanto impegno non è passato inosservato e piano piano anche le istituzioni, su tutte l’Amministrazione comunale, hanno compreso che a Budoia il linguaggio sui funghi non è solamente di tipo mangereccio. Tutt’altro! Quanto Budoia e la Pro Loco hanno cercato di far comprendere in questo trentennio è che dei funghi si deve parlare anche in termini didattico-educativi per arrivare a comprendere quale ricchezza rappresenta l’ambiente in tutte le sue componenti. Perché tutto questo preambolo? Perché il nostro territorio ha ancora molto da offrire in termini di conoscenze e pur nella limitatezza dei suoi mezzi anche la Pro Loco ha fatto qualcosa (se ne parla in altro articolo) che possa indurre i giovani e giovanissimi ad avvicinarsi all’ambiente e alle sue componenti con la consapevolezza che ogni passo compiuto nella direzione della auto disciplina potrà servire alle future generazioni. Ecco che parlare di bilanci al termine della «Festa dei funghi e dell’ambiente» è sempre riduttivo se non improprio, specie se ci si sofferma ai numeri. La Pro Loco Budoia incamera con soddisfazione anche questa edizione, la 32a, avendo constatato alcuni elementi di garanzia: 1) la festa continua a suscitare interesse, anzi sotto certi aspetti è aumentato, con visite anche da molto lontano; 2) le istituzioni hanno colto l’essenza di questo appuntamento settembrino assicurando la loro partecipazione; 3) il volonta-
riato locale, salvo una piccola sbavatura comunque subito annullata grazie alla comprensione reciproca, ha dimostrato di poter assicurare il suo indispensabile apporto; 4) le caratteristiche fisiche del territorio di Budoia sono tanti e tali da risultare ambito di studio a livello internazionale; 5) non si profilano all’orizzonte concorrenti tali da mettere in dubbio il ruolo di leadership di Budoia nel campo della micologia. Il futuro? Come tutte le cose di questo mondo anche la manifestazione budoiese dovrà fare i conti con il mondo che si evolve. È l’imperativo che attende i dirigenti della Pro Loco Budoia per l’immediato futuro certi di cogliere nel segno e di trovare pronta rispondenza dal resto della popolazione.
La «Festa dei funghi e dell’ambiente» ormai giunta alla 32a edizione continua a collezionare successi. Nelle foto di Marcello Missinato: il mercatino e lo spettacolo delle «majorettes» di Prata di Pordenone.
IL CONSIGLIO DIRETTIVO
Un impegno per rivalutare il territorio In occasione della Festa dei Funghi e dell’Ambiente i budoiesi hanno percorso, con orgoglio, le vie del centro paese lungo le quali la Pro Loco ha allestito la Mostra «Vecchi oggetti di vita paesana» e la «Mostra Mercato» curata in collaborazione con gli artigiani locali, con esposizioni di prodotti tipici ed artigianali del territorio. Da un’attenta verifica di questo nuovo scenario, emergono alcuni dati. La rivalutazione del centro è possibile se collegata al commercio, le nostre realtà economiche, di piccola entità, agiscono «di nascosto», non sono abbastanza visibili ma ci sono e sono interessanti. Per un breve momento, le domeniche della festa, abbiamo dimostrato che con un’adeguata politica del territorio e facendo sistema la ripresa delle attività commerciali e la rivalutazione del centro, possono e debbono essere rivalutati. DAVIDE FREGONA
Cronaca
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LE TRE COMUNITÀ PA’ LA SUNTA La solennità dell’Assunta è stata celebrata con solennità in tutte le Comunità ed in particolare nella Pieve di Dardago affidata alla protezione di Maria Assunta sua Patrona. Particolarmente partecipata la S. Messa della vigilia nella Pieve di Dardago, presieduta dal Vescovo Mons. Pietro Giacomo Nonis di Vicenza concelebranti il Vicario Generale della nostra Diocesi Mons. Sante Boscariol, Padre Luigino Da Ros, missionario oblato originario di S. Lucia, assistiti dal diacono permanente Osvaldo Puppin, della Diocesi di Milano, ma di origini budoiesi, dal Pievano don Italico Josè Gerometta e dal parroco di S. Lucia don Nillo Carniel. I canti sono stati eseguiti dai «Pueri Cantores Artugna», diretti dal Maestro Matteo Peruzzo. Il giorno dell’Assunta le Sante Messe sono state celebrate dal Pievano ed accompagnate dal Coro Parrocchiale di Dardago diretto dal Maestro Fabrizio Zambon e dal Prof. Alessandro Bozzer. Presente anche il reverendo don Maurizio Busetti originario di Dardago. Apprezzate anche l’esecuzione di due brani della soprano Stefania Antoniazzi accompagnata all’organo dal maestro Emanuele Lacchin. La Comunità si è preparata a questa grande festa con la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione. Non è mancato l’impegno dei dardaghesi nel proporre iniziative a carattere ricreativo, in particolare la Pesca di Beneficenza e la proposta del mercato del «commercio equo e solidale» della Cooperativa del terzo Mondo come segno di attenzione e solidarietà verso i paesi in via di sviluppo. Nei giorni precedenti nei tre cimiteri delle rispettive Comunità sono state celebrate le Sante Messe di suffraggio per i defunti, presiedute dai parroci don Nillo Carniel e don Italico Josè Gerometta. Da notare la presenza di molte persone a tutte queste proposte, in particolare degli emigranti e quanti durante l’anno vivono in altre parti d’Italia, ma sempre legati alle loro Comunità di origine. DON ITALICO
UN PREMIO PA’ LA BRUNA A Bruna Zambon è stato riconosciuto il premio «Stella di Natale 1999» da parte della Pro
Monsignor Pietro Nonis, Vescovo di Vicenza, ci ha onorati della sua presenza la vigilia della solennità dell’Assunta. Le foto lo riprendono attorniato dai concelebranti e dai ragazzi dell’Artugna e all’uscita di chiesa.
Pordenone. Il premio – oramai giunto alla 32a edizione – verrà assegnato domenica 26 dicembre nel Duomo Concattedrale di San Marco di Pordenone. Complimenti, Bruna!
A LA CASERA FRITH Dopo un rinvio per cattivo tempo, finalmente il 25 luglio siamo riusciti a raggiungere la Casera Frith per goderci una giornata tra la natura. Grazie anche al nostro sindaco che ha partecipato accompagnando alcune persone con il pullmino del Comune, anche coloro che non disponevano di mezzi propri hanno potuto raggiungerre il «campo base» senza problemi. Chi se la sentiva ha poi proseguito a piedi sino alla riserva naturale del
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Cansiglio e quindi ha raggiunto il Col de Piero con un percorso di circa quattro ore, avendo la fortuna di trovare una giornata che alternava schiarite e rannuvolamenti ma che ci risparmiava i temuti acquazzoni. E, dopo la passeggiata in Cansiglio, il ritorno ed i buoni cibi preparati dagli amici al «campo base». MARIA ANTONIETTA TORCHETTI
’NA VOLTA I CONTAVA È uscita in questi giorni la seconda edizione del volume «Racconti popolari», edita dalla Società Filologica Friulana. Contiene una raccolta di 300 pagine di narrativa orale dei nostri tre paesi, realizzata grazie alla collaborazione di tante persone del luogo.
CORO «ARCO IRIS» Domenica 8 agosto il coro «Arco Iris» ricorda il 2° anno di attività. I ragazzi accompagnano la Santa Messa con il loro entusiasmo ed insieme ringraziano Dio. Il coro è seguito con grande attenzione dal Maestro Matteo Peruzzo di Maniago con la collaborazione di Emanuela Lot di Budoia. Un grazie ai ragazzi per la loro disponibilità e alle loro famiglie. DON ITALICO
A TRIESTE PER «LO ZINGARO BARONE» Come ogni anno, la Pro Loco ha organizzato un viaggio a Trieste per consentire agli appassionati di musica di trascorrere un pomeriggio speciale. L’operetta «Lo Zingaro Barone» di Joan Strauss, che pochi conoscevano, ha permesso ai melomani di Dardago, di Santa Lucia e di Budoia di unirsi a quelli di Aviano e Polcenigo per gustarsi questo spettacolo domenica 10 agosto al teatro Verdi. Se il botteghino non avesse smarrito il nostro fax di prenotazione, avremmo potuto assistere anche all’opera «Turandot». L’appuntamento con gli appassionati di musica è per il 2000, auspichiamo ancor più ricco ed interessante, dato che contiamo di concretizzare altre opportunità che saranno illustrate di volta in volta. PRO LOCO DI BUDOIA
DONATORI IN FESTA Il 5 settembre 1999 si è celebrato a Budoia il 30° anniversario di fondazione della Sezione AFDS di Budoia-S. Lucia. La cerimonia si è svolta assieme alla Sezione di Dardago, in uno spirito di fratellanza, collaborazione e unità di intenti. La giornata è iniziata con la Santa Messa celebrata dal parroco don Italico Gerometta e accompagnata dalle corali parrocchiali di Dardago e Budoia dirette da Fabrizio Zambon, al pianofor te Emanuele Lachin e la partecipazione della soprano Stefania Antoniazzi. Al termine del rito il gruppo dei partecipanti in corteo, preceduto dai labari di tutte le Sezioni presenti, si è tra-
Foto in alto: Casera Val de Frith. I numerosi gitanti riuniti per la foto ricordo. Foto sopra: per gli appassionati di musica un pomeriggio speciale a Trieste.
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sferito al Monumento ai Caduti dove è stato deposto un omaggio floreale. Si è raggiunto poi il capannone allestito dalla Pro Loco per la festa dei funghi e dell’ambiente; in tale sede si è proceduto alla celebrazione del 30° anniversario con i discorsi dei Presidenti Umberto Coassin, Corrado Zambon, del Sindaco di Budoia Antonio Zambon, del Consigliere Provinciale Antonio Piffaretti e della signora Caterina Zotti, Presidente della Sezione per molti anni e ora Probivira dell’Associazione. L’incontro, che ha visto una notevole partecipazione dei tre paesi del Comune, è proseguito con il pranzo, la cui buona riuscita si deve anche alla disponibilità offerta da volenterosi collaboratori. Questa manifestazione ha sottolineato che l’attività del volontariato nelle varie sue forme, oltre ad essere un lodevole impegno civile può contribuire ad avvicinare le varie comunità per operare in modo più sereno e costruttivo. UMBERTO COASSIN Presidente AFDS di Budoia - Santa Lucia
CHIEI DE «VIA CIAL DE GAIA» Da qualche anno stanno sorgendo diverse case e con esse sono arrivate famiglie nuove in quel di «Via Cial de Gaia» a Budoia. Un gruppo subito unito, sebbene i componenti provengono da diversi comuni ed è costituito da famiglie giovani con figli piccoli e grandi. Un numero consistente è composto da americani che pur se rimangono per pochi anni, immediatamente fraternizzano con noi italiani. Con l’occasione delle ultime giornate di vacanze e ferie estive abbiamo voluto festeggiare il piacere di stare insieme con una serata, dove tutti hanno contribuito con piatti paesani e leccornie d’oltre oceano. Con spirito organizzativo è stata allestita in strada: con riparo antipioggia, impianto luci, cucina da campo, una serata non solo mangereccia, ma anche musicale, con canti e ritmi vari al suono di una chitarra. Con il vino buono, varie lingue si sono mescolate: italiano, americano, dialetto furlano, con poco intendimento, ma con molto affiatamento si sono scambiate usanze e modi di dire, barzellette, canzoni vecchie e nuove all’insegna della pace e dell’amore. SONIA SFREDDO
VÓ´IA DE MUSICA L’Istituto di Musica della Pedemontana indice dal 1997 un concorso pianistico nazionale in memoria dell’illustre pianista Luciano Gante (Trieste 3 febbraio 1915 - Monfalcone 23 febbraio 1993). La rassegna ha conquistato in poco tempo una fitta serie di riconoscimenti in tutta la penisola ed è considerata negli ambienti musicali uno tra i più interessanti appuntamenti nel suo genere. La manifestazione è stata realizzata con il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Provincia di Pordenone, i comuni di Pordenone ed Aviano e grazie al rilevante impegno economico della Fondazione della Cassa di
Foto in alto: 30° anniversario di fondazione della sezione AFDS di Budoia-Santa Lucia. I labari «alzati» delle numerose associazioni presenti per la cerimonia presso il monumento ai caduti. Foto sopra: le famiglie abitanti la via Cial de Gaia riunite in sana allegria.
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Risparmio di Udine e Pordenone. Particolarmente lusinghiera la recensione del noto critico internazionale Claudio Gherbitz pubblicata sul Piccolo di Trieste del quale cito un passaggio: …È stata proprio in questi giorni ufficializzata la sospensione definitiva del concorso di composizione «Città di Trieste», una manifestazione che ultimamente languiva, nata 50 anni fa sullo slancio personale dell’allora sindaco Bartoli e nel ’63 lanciata in orbita internazionale. Per un concorso che sparisce, un altro sta facendosi largo e sembra aver imboccato la strada giusta: si tratta del concorso pianistico nazionale intitolato al pianista e didatta triestino Luciano Gante… È motivo di particolari soddisfazioni essendo il Direttore responsabile del concorso. Vincitrice assoluta è risultata la genovese Elisa Tomellini, il secondo premio è stato assegnato ex aequo a Giacomo Migliranzi di Venezia e Bruna Pulini di Pescara, conclude la graduatoria al terzo posto il siciliano Giuseppe Fagone. DAVIDE FREGONA
1949-1999... THINQUANTA AINS In una fredda giornata autunnale, la classe 1949 di Dardago si è riunita al gran completo per festeggiare i 50 anni di vita. Dopo gli immancabili saluti di rito e gli scambi di cortesie tra vecchi compagni di scuola, la giornata è vissuta sui ricordi di un passato non tanto lontano. La Santa Messa, celebrata dall’inossidabile Don Silvio, ha fatto da prologo ai festeggiamenti presso un noto locale della zona. Il gruppo si è lasciato con la promessa di ritrovarsi in futuro, molto più spesso. Un grazie sentito all’organizzatore Paolo e a tutti i coscritti, che sono venuti anche da lontano, pur di non mancare all’appuntamento. GIANNI ROSIT
Foto in alto: la giuria che ha esaminato il 3° Concorso pianistico «Luciano Gante». Foto al centro: i coscritti del 1949 di Dardago festeggiano il loro mezzo secolo di vita. Foto in basso: chiei del ’39. I sessantenni in piazza a Dardago per la foto ricordo.
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Foto a sinistra: il gruppo cucina al lavoro. Foto accanto: il tutto paesano «trio Carlon», Elena, Silvia, Michela.
THENA CO’ LA PRO LOCO Il 13 novembre la Pro Loco ha organizzato la ormai tradizionale cena per ringraziare le persone che hanno collaborato alla buona riuscita di tutte le manifestazioni svoltesi nel 1999: su circa 300 collaboratori hanno dato la loro adesione133 persone. Non possiamo ovviamente elencare tutti, ma riteniamo di interpretare il pensiero comune nel citare tra tanti coloro che hanno lavorato in cucina (vedi foto) anche mentre noi festeggiavamo. Inoltre, anche a nome vostro, diamo un caloroso benvenuto al «Trio Carlon» (ovvero Elena, Silvia e Michela nell’ordine nella foto) che hanno dato un prezioso aiuto soprattutto per le attività del chiosco enogastronomico. Ci auguriamo naturalmente che tutti coloro che si sono resi disponibili nel 1999 confermino la loro disponibilità per il 2000 e che altri volontari si aggiungano soprattutto per la Festa dei Funghi, per poter avere dei turni di lavoro meno lunghi. Arrivederci quindi alle prossime manifestazioni e ancora un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno offerto il loro tempo libero per la comunità. Grazie mille, anzi duemila! IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA PRO LOCO
FESTA DE LA BOCCIOFILA PEDEMONTANA BUDOIA-POLCENIGO L’associazione Bocciofila si è riunita presso «Il Rifugio», gestito da Manlio Signora, per festeggiare la chiusura di un’annata sportiva forie-
ra di risultati agonistici eccezionali. Alla presenza di tutti i soci praticanti, dei soci sostenitori, degli amici della Bocciofila San Rocco e Avianese e dell’assessore allo sport del comune di Budoia, la serata è trascorsa tra piatti prelibati e grande allegria. Personalmente voglio ringraziare, senza fare nomi, tutti coloro che da anni, sponsorizzano, organizzano e gestiscono in modo impeccabile questa società che fa del sano associazionismo e del sano agonismo. Un grazie sentito a tutti. GIANNI ZAMBON
DENIS ZAMBON, CAMPION DEL MONDO Denis Zambon Momoleti si è laureato campione del mondo Juniores nella specialità Coppie – in compagnia Michele Giordanino – e vice campione nel Tiro Tecnico. «Il principino» di Budoia, dopo la sospensione delle gare in Marocco causata dalla morte del Re Hassan, ha conquistato a Lione il più prestigioso titolo al quale un giocatore della sua categoria può ambire; erano circa dieci anni che l’Italia non vinceva il titolo iridato della specialità. Non era per nulla semplice,
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anche perché in semifinale i due azzurrini dovevano affrontare i padroni di casa che, sostenuti da un tifo indemoniato, hanno dato fondo a tutte le energie per contrastare l’esuberanza del mancino budoiese e del suo compagno, sino a concludere la gara alla scadenza del tempo limite sul punteggio di 11-8. Nemmeno in finale, contro la coppia slovena, Zambon e Giordanino hanno avuto vita facile, infatti, anche l’ultimo atto della competizione si è concluso allo scadere delle 2 ore quando sul punteggio di 12-9 sono stati proclamati campioni del mondo. Denis ha tentato di bissare l’impresa nella gara del Tiro tecnico, dove però si è dovuto arrendere di fronte allo sloveno Causevic (37-43), campione anche nell’individuale. D’ora in poi non potremo più chiamare Zambon giovane promessa, o «campioncino»; il brutto anatroccolo si è trasformato in cigno. Anche il Ct della nazionale maggiore se n’è accorto e non ha perso tempo: il Campione di Budoia, infatti, in occasione di un torneo quadrangolare che si svolgerà nel prossimo dicembre in Francia, è stato inserito nella lista dei convocati. DANIELE FRANCO tratto da «Il Gazzettino»
CHE FONO DE LE SCOATHE? In un clima di confronto aperto tra utenza del servizio ed Amministrazione comunale, si è svolto un interessante ciclo di serate informative sui rifiuti. Sono stati illustrati la nuova Legge Ronchi, l’opuscolo realizzato dall’Ecoistituto, l’educazione al consumo, ai rifiuti agricoli e al compostaggio domestico, i costi del servizio ed, infine, il programma sull’economia dei rifiuti, che l’Amministrazione intende sviluppare nell’ambito della Rete dei Comuni delle Alpi.
Filologica Friulana, c’era l’attore di casa nostra, Ramiro Besa, che ha letto alcuni racconti, coinvolgendo nell’animazione sindaco, assessore ed illustratore.
Per Denis (primo atleta da destra) è un momento importantissimo. Complimenti!
CO’ FIL, GUSELA E… C’è chi lavora per mettersi in mostra e chi lo fa in silenzio. È il caso della signora Noemi Alberta Panizzut, che con paziente ed ordinato impegno ha riordinato i paramenti sacri della parrocchiale di Budoia. A lei va il nostro sentito ringraziamento.
EL LUNARE PAL DOIMILA
‘N TE LA ALLEANZA NELLE ALPI
Nei primi giorni di dicembre è stato presentato il lunare 2000, edito dall’Amministrazione Comunale. A vivacizzare la serata, oltre all’illustratore, Corrado Besa, che ha presentato le immagini ottenute dalla transcodificazione di alcuni racconti popolari (I edizione) editi dalla società
Alla recente assemblea dell’Associazione Alleanza nelle Alpi, tenutasi a Naturno in provincia di Bolzano, il nostro sindaco Antonio Zambon, è stato eletto membro del Direttivo dell’Associazione, in rappresentanza dei comuni italiani.
Allianz in den Alpen Alliance dans les Alpes Alleanza nelle Alpi Povezanost v Alpah
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Inno alla vita... È una grande festa quando un bambino riceve il Sacramento del Battesimo. L’Artugna partecipa alla gioia dei genitori e di tutta la comunità cristiana con questa nuova rubrica fotografica. In questo numero ricordiamo il battesimo di Giorgia, Francesco, Giacomo e Stefano.
Fotto sotto, a sinistra. Silvana Angelini Girolet e Claudio Bravin, nel loro 25° anniversario di matrimonio. Foto a destra: festeggiamenti per il 50° anniversario di matrimonio alle due coppie dardaghesi Alfredo Janna Simon con Angela Basso e Mario Zambon Ite con Irma Rigo. Auguri agli sposi d’argento e d’oro dalla Redazione.
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Foto in alto: quattro generazioni italo-americane: la piccola Olivia Bibb di due anni con la bisnonna Giuseppina Egidi ved. Caprani, la nonna Gabriella Caprani in Klinger e la giovane mamma Cinzia Klinger in Bibb.
Foto sopra: nella casa delle vacanze, Francesco Turri di tre anni con la bisnonna Luigia Ariet ved. Dedor, la nonna Clelia Dedor Varnier e la mamma Lorella Varnier Turri. Foto accanto. Quattro generazioni al femminile, tra il verde de Val de Croda: Francesca Belmonte di cinque anni con la bisnonna Giovanna Bastianello, la nonna Giuditta Cecchelin Pellegrini e la mamma Antonella Pellegrini Belmonte.
Lasciano un grande vuoto...
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A VENETHIA PA’ STEFANI L’eroe budoiese Agostino Stefani, ucciso a Venezia nel 1849, è stato commemorato il 13 dicembre nella città lagunare in occasione del 150° anniversario della sua morte. Alla cerimonia, organizzata dall’Associazione Combattenti e Reduci di Venezia, rappresentata dal presidente Sig. Bragadin Di Sera, era presente in veste ufficiale il sindaco Antonio Zambon. Erano presenti anche l’assessore Frezza per l’amministrazione Comunale di Venezia e il presidente della Federazione provinciale Combattenti e Reduci di Pordenone, maestro Nilo Pes.
A ricordo di Marina Letizia Santoro
Nelle foto: il nostro Sindaco con il labaro del Comune alla Cerimonia davanti alla lapide commemorativa.
Cara Marina, con il tuo bagaglio traboccante di profonda sensibilità, sostenuta da spiccata intelligenza e da notevoli doti artistiche, approdasti nel lontano 1970 a Budoia, per creare quella nuova istituzione scolastica sperimentale a tempo pieno, presente solamente sulla carta. Con le tue abilità espressive conquistasti gli alunni, (un’opera ideata e realizzata con i bambini è la «Via Crucis», esposta alle pareti dell’attuale cappella, nella Casa della Gioventù di Budoia), creasti rapporti di profonda amicizia e con le tue doti organizzative contribuisti lodevolmente a far crescere il nome del nostro paese in provincia e in regione. Ti ringrazio per gli insegnamenti e desidero ricordarti con il tuo raggiante sorriso, carico di generosità e di amicizia. Ciao, Marina. UN’AMICA
Natale 1999: in ricordo di Vittorio Del Maschio. Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi rimane. È il terzo Natale che non sei più con noi: la morte ci ha separati. Nei nostri cuori sei sempre vivo, siamo certi che in spirito ci starai vicino. Ti ricordiamo con infinito affetto e nostalgia. TUA MOGLIE E FIGLI
I ne à scrit
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mi e le soluzioni. Chissà che il 2000 non incominci con questa bella iniziativa come ponte tra il vecchio ed il nuovo millennio. Bulgaria, Agosto 1999
UNA DARDAGHESE… LONTANA
Carissima l’Artugna, un saluto a tutti voi, da chi si ricorda delle sue colline. Attualmente mi trovo in servizio in Bulgaria. Cordialmente ELIO PUPPIN
Gent. Sig. Elio, grazie della magnifica cartolina che raffigura una splendida icona del 1700 «Madonna con Bambino» del monastero di Bachkovski. Bello e «poetico» anche il saluto «da chi si ricorda delle sue colline»!! Quanto amore e quanta nostalgia della terra che si è dovuta lasciare! Grazie ancora!
Milano, 29 ottobre 1999
Carissima l’Artugna, come sempre quando ho qualcosa nel cuore o qualcosa che mi frulla nella mente mi rivolgo a te. Questa volta il mio pensiero è rivolto ad un progetto e la realizzazione dello stesso: un progetto che sta molto a cuore a me e, credo, a molti altri che amano il nostro paese. Vado al sodo: che cosa si sta facendo per il cinema di Dardago? Avevo sentito affermare: «Visto che avon perdut la lateria, vedon de no perde ancia el cinema». Sono passati ormai due anni e non ne sento più parlare. Mi rendo conto che questo è un progetto che ha dei costi, d’altra parte cosa è gratuito? Niente. Mi sembrava di aver anche capito che la Giunta Comunale attuale fosse sensibile affinché le aree recuperabili fossero ristrutturate, per mantenere così vivo il nostro passato. La mia speranza quindi è che «qualcuno che può» mi stia leggendo e condividendo il mio pensiero si prenda a cuore il problema, perché basta incominciare …e la macchina si mette in moto con la collaborazione di tutti. È un’area bella, abbastanza grande e può essere utilizzata non solo come cinema, ma come area di ritrovo, di studio o altro. Facciamo dunque qualcosa, incominciamo a parlarne e a progettare, senz’altro si troveranno poi i mezzi per proseguire e completare l’opera, si vedranno quali sono i proble-
Las Vegas, 24 ottobre 1999
Ciao a tutti! Volevo farvi sapere il mio nuovo indirizzo… se potete mandarmi l’Artugna al mio nuovo indirizzo sarei molto grata. Eh già, mi sono trasferita, per ragioni di lavoro (temporaneamente – circa 8 mesi), ed adesso sono nel bel mezzo del deserto. Las Vegas è una città molto… diversa! È sempre «sveglia» 24 su 24, in particolare sul Las Vegas Strip. Anche molti negozi sono aperti sempre. Nei supermercati ci sono le slot-machine e vedi la gente che, dopo aver pagato la spesa, si ferma a fare qualche tiro prima di uscire. Incredibile. Volevo anche ringraziarvi, ho ricevuto l’Artugna n. 87. Bellissima foto sulla copertina. I miei colleghi di lavoro lo hanno ammirato molto e dicono che la regione è molto bella («Naturalmente!» rispondo io). Gli articoli sono sempre interessantissimi – non sapevo che i Turchi avevano invaso la regione nel medioevo, per esempio. E gli articoli in dialetto mi piacciono molto (e così imparo almeno a leggerlo, anche se parlarlo è un’altra storia). Vi ringrazio ancora. Tanti Saluti SYLVIA KLINGER
Cara Sylvia, naturalmente spediremo l’Artugna anche nel Nevada. Non pensavamo di arrivare tanto lontano! Prima che termini la tua trasferta a Las Vegas attendiamo un articolo, magari con qualche foto di questa città straordinaria! Ricambiamo di cuore i saluti.
Milano, 23 Settembre 99
Gent.le Redazione, mi chiamo Laura Tradati, sono la figlia di Maria Busetti Caporal, essendo interessata al periodico l’Artugna lo vorrei ricevere. Certa del Vs. cortese riscontro Vi invio cordiali saluti. Dardago è sempre nel mio cuore!
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Gentile Sig.ra Laura, siamo ben lieti di inserirla tra i nostri «abbonati». Ci segua sempre e, se vuole, ne l’Artugna c’è posto anche per la sua collaborazione.
Budoia 18.10.1999
Gentile Direttore, semplice ma molto significativo l’articolo di Roberto Zambon (l’Artugna n. 87/1999 «Un sogno per il Giubileo») in quanto tende a risvegliare in noi quella fede che, in questi tempi così frenetici e consumistici, sembra essersi assopita nei nostri animi. Siamo in tempo di Giubileo, ma un Giubileo tutto particolare, che segna la fine non di un semplice secolo ma il passaggio dal secondo al terzo millennio cristiano e di cui noi saremo testimoni viventi come lo furono i nostri avi nei secoli scorsi. Essi lasciarono segni tangibili di queste tappe, molto ben enumerate nell’articolo. Tale enumerazione però è incompleta. Non intendo far torto a nessuno permettendomi di aggiungere ancora qualche «segno» lasciatoci da chi ci ha preceduto e qui da me ricordato: – Anno Santo 1950, tomba don Foraboschi, 1° curato di Budoia, cimitero di Budoia; – mosaico pavimento chiesa a ricordo Anno Santo 1950 ed anche 1° centenario della chiesa. Ora, accogliendo il suo invito vorrei proporre, quale «segno» per i posteri per far loro sapere in futuro che anche noi non abbiamo perso quella fede cristiana che tanto distinse i nostri avi, la ricostruzione della Croce che trovasi lungo la vecchia strada per Castello d’Aviano e che nell’arco di un lustro, mano sacrilega e vandalica, ruppe a dispregio di ogni regola cristiana e civile per ben due volte e non ancora rimessa in piedi. Vien fatto pensare a quei versi famosi «…ora è là come in Croce, che tende le braccia ai rovi e alle spine e aspetta l’aiuto per protendersi nuovamente verso quel Cielo, così vicino e così lontano…»
to? La proposta del Sig. Fortunato di ripristinare la croce che ora giace tra i rovi lungo la strada che porta a castello è senza dubbio degna della massima considerazione. Il dibattito è aperto e il nostro periodico sarà ben lieto di ospitare altre opinioni. Restando sempre nell’argomento «Giubileo» ci sentiamo di proporre che presto i consigli pastorali e per gli affari economici delle nostre parrocchie si riuniscano (anche comunitariamente) per decidere le iniziative da intraprendere. L’avvenimento è molto importante e non deve essere affrontato in modo affrettato o superficiale.
Leicester, 30/9/1999
Spett. Redazione, sono molto felice quando ricevo l’Artugna perché tutte le volte trovo articoli molto interessanti sia su l’Artugna che su ’l Cunàth. Mi piacciono anche le fotografie che pubblicate, specialmente quelle in copertina e quelle della fauna sull’ultima pagina. Io sono molto appassionata di fotografia e ne ho moltissime relative alla mia famiglia, alla mia casa, al mio giardino e a tutti i paesi del mondo che ho visitato durante i miei viaggi. Vi invio un’offerta per mantenere l’Artugna. Approfitto per salutare tutti voi e i miei cugini di Dardago Giuseppe, Lina (mia mamma era Giuditta Janna Bernardo). Fervidi saluti SANTINA CARLON
Gentile Sig.ra Santina, grazie per i suoi complimenti e per la sua generosa offerta. Congratulazioni per la vitalità che dimostra alla sua bella età. Ricambiamo i saluti anche da parte dei suoi parenti che vivono a Dardago.
FORTUNATO RUI.
Nashua, 23/10/1999
Ringraziamo il Sig. Rui per aver completato il nostro elenco dei «segni» a ricordo del Giubileo. Tutti questi lavori testimoniano la grande fede dei nostri padri che pur in tempi di grande povertà hanno voluto. Sapremo noi fare altrettan-
Carissima Redazione, il vostro periodico l’Artugna ci giunge molto gradito e regolarmente qui in New Hampshire (USA). Lo troviamo sempre più interessante e i vostri articoli e le vostre foto ci riportano tanti bei
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ricordi. Abbiamo pensato di inviarvi una foto delle quattro generazioni della nostra famiglia scattata quest’estate a Budoia durante la nostra visita annuale. Con gli auguri più cordiali per il vostro lavoro vi salutano,
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Il nostro regalo di Natale: tutta l’Artugna su Internet
GABRIELLA E AL KLINGER
Siamo felici che l’Artugna venga letto con piacere anche oltre Oceano. È una grande soddisfazione per noi e ci ripaga delle «fatiche» che ogni numero ci riserva. Complimenti sinceri per la vostra bellissima famiglia!
DAI CONTI CORRENTI Contributo a favore de l’Artugna sempre molto gradita. Tanti saluti ed auguri. FLORA BALLARDINI – LODI
* Il mio contributo per l’Artugna. Saluti PIETRO COVRE – TRIESTE
* In memoria delle cugine Maria, Rosina, Gina e Narcisa. MARIO GIUSSANI – VERUNO (NO)
* Per il periodico l’Artugna. Splendido. Complimenti. Cordialmente. FRANCO BESA – VENEZIA
* Per l’Artugna nel secondo anniversario della morte di mio marito Vittorio Del Maschio, con tanta ammirazione per il vostro impegno. Saluti.
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Il nostro periodico si adegua alle nuove tecnologie. Da ora gli articoli (testi e fotografie) sono presenti anche su Internet a disposizione di tutti gli interessati in qualsiasi parte del mondo! Già da qualche anno l’Artugna ha un sito dove gli appassionati possono venire a conoscenza del periodico, delle iniziative collaterali ecc... e in questo periodo sono stati numerosi coloro che hanno visitato il nostro sito. Ora, una novità ancora più grande! Accedendo al sito (www.naonis.com/artugna) è possibile sfogliare tutte le pagine della rivista, leggere gli articoli, vedere le fotografie. Si possono anche trasferire articoli e foto sul proprio computer per memorizzarli e stamparli. Tutto questo grazie all’utilizzo di uno specifico programma, Acrobat Reader, che è prelevabile gratuitamente anche dall’interno dello stesso sito de l’Artugna. Siamo convinti che, in un mondo e in un tempo in cui tutti parlano continuamente di Internet, questa opportunità sarà molto gradita specialmente dai nostri amici e parenti che vivono, per lavoro, in tutti i continenti. In un batter d’occhio, sia che si trovino a Milano, sia che vivano a New York o a Buenos Aires potranno, col computer, leggere l’Artugna appena uscita dalla tipografia. Naturalmente l’Artugna «elettronica» non sostituisce quella di «carta». È solo un mezzo per farci conoscere da una grandissima platea di lettori che, se lo desidereranno, potranno richiedere di ricevere il periodico a casa loro.
ROBERTO ZAMBON
Concerti per Natale
MARIA LILIANA PATRON – TREVISO
* Vi leggo sempre con molto interesse. Bello l’articolo sull’invasione dei Turchi. Un elogio. LINA PUSIOL – SANTA LUCIA
Insieme vocale e strumentale ELASTICO · dir. Fabrizio Fucile Pieve Santa Maria Maggiore giovedì 23 dicembre, ore 21
* Grazie per avermi spedito l’Artugna. GIORGIO PUSIOL – LUGANO
* Un’offerta per il periodico a ricordo di tutti i miei ex alunni vivi e defunti. EUTIMIA PAIALICH – GENOVA
* Grazie per l’Artugna. Saluti. LAURA, ROSELLA E CLELIA DEDOR – VERONA
Parrocchiale Santa Lucia mercoledì 29 dicembre, ore 21 Scuole Elementari di Budoia giovedì 30 dicembre, ore 21
CANTO DI NATALE Concerto per soli, coro, organo e fiati Brani tratti dal «Messia» di Händel e dalla tradizione natalizia COME SE LE STELLE CI ASCOLTASSERO... Concerto per soli, coro e orchestra A. Vivaldi: Gloria e Beatus Vir LA VEDOVA... E ALTRE ALLEGRIE Concerto per soli, coro e pianoforte Selezione dalla «Vedova allegra» di F. Lehár
Palsa
Bilancio
La mia Budoia
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Bilancio
Ora parliam della nuova generazione che trova normale l’inflazione. Fino alle più alte stelle va la benzina questo non fa niente, si corre più di prima. Si spreca, si disprezza l’energia alcun sforzo non si fa per l’economia, pertanto della crisi molto si parla, ma in alcun modo voglion provarla. L’automatico e l’elettronico deve scattare, robot e computer devon programmare; tra concimi e sali tutto vien sforzato verdure e legumi han gusto d’annacquato. Le grandi tiede e le semplici stalle son trasformate in lussuose sale, in moderne officine o deposito di gas in immenso emporio o semplice garage. L’acqua potabile pare sia inquinata, pure l’aria sembra un po’ atomizzata, non più tanto azzurro chiaro il cielo ma spesso avvolto d’un leggero velo. Ma parliam ancora di Budoia nostro paese che tuttora sottovoce si augura buon anno ma pian piano, non so se il panevin faranno. Non ci son più voci per cantar gli stornelli, son terminate le baldorie dei tempi belli, non si canta più canzoni tradizionali non c’è più l’ombra dei grandi carnevali. …Dappertutto s’intonava la famosa veronica col basso del violon e la classica fisarmonica col mus o col birocio tanto ci gustava poco importava andar contro una palada. Ricordo a Dardago la prima motoretta quella del Palathin che correva senza fretta. Apparsa l’auto immaginate l’emozione quaranta all’ora, quanta confusione, se ne andava a lieto passo quella del vecchio dottor Sisto Cardazzo. Ecco un trattore, mai visto in vita mia, lo possedeva Amerigo Soldà di Santa Lucia, che sgombrava le strade col suo ingegno tantissima era la neve, per lui era l’impegno… GIUSEPPE DEL MASCHIO
Situazione economica del periodico l’Artugna Periodico n. 87
entrateuscite
Costo per la realizzazione+sito web Spedizioni e varie Entrate dal 11/7/99 al 11/12/99 Contributo Comune di Budoia
6.684.000 1.419.700 6.903.000 800.000
Totali
7.703.0008.103.700
Differenza
400.700
nN Bo d ad h à l a uth qu ài n s
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Concludiamo la pubblicazione di alcuni brani della simpatica filastrocca scritta da Giuseppe Del Maschio. La prima parte è stata pubblicata nel precedente numero del periodico.
A. A. A. CORISTI CERCASI * * * Il Collis Chorus cerca coristi per tutte le sezioni (soprani, contralti, tenori e bassi). Repertorio: gospel, spiritual, polifonia sacra e profana. Requisiti obbligatori: voglia di cantare!!! Per informazioni telefonare ai seguenti numeri: 0434/653331 - 654503 - 654275.
Avvenimenti
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Nascite
Matrimoni
Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di:
Hanno unito il loro amore: felicitazioni a…
Mathias Zambon di Michele e Fabiola Canova - Budoia Giorgia Signora di Luca e Sabina Scarabottolo - S. Lucia Alessandro Zambon di Claudio e Michela Marton - Fontanafredda Arianna Besa di Corrado e Daniela Buttignol - S. Lucia Alex Michelin di Mauro e Stefania Zammattio - Dardago Deniel Zanatta di Claudio e Manuela Da Ros - S. Lucia Manuela Sestito di Vincenzo ed Eliana Zambon - Milano Chiara Carlon di Vinicio e di Giovanna Loi - Roma
Massimo Faion con Sandra Lucia - Budoia Antonio Della Putta con Michela Barraco - Budoia Thomas Wise con Annamaria Barzan - Budoia * Nozze d’argento Francesco Quaia e Aurora Janna - S. Giovanni di Polcenigo Claudio Bravin e Silvana Angelin - Budoia * Nozze d’oro Sauro Vettor e Luigia Janna - Dardago Alfredo Janna Simon e Angela Basso - Dardago Mario Zambon Ite e Irma Rigo - Dardago
Lauree
Defunti
Complimenti a:
Riposano nella pace di Cristo: Condoglianze ai famigliari di…
Laurea Andrea Maggi - Lettere Antiche - Cordenons Gionata Asti (Danut) - Scienze Forestali ed Ambientali - Mestre Pamela Coassin - Giurisprudenza - Budoia Alessia Zambon - Economia e Commercio - Dardago Marco Dall’Olio - Giurisprudenza - Milano Francesca Quaia - Giurisprudenza - S. Giovanni di Polcenigo Annalisa Quaia - Scienze Biologiche - S. Lucia
Silvano Rossetto di anni 44 - S. Lucia Benvenuta Zambon di anni 95 - Dardago Iginia Zambon di anni 87 - Castello d’Aviano Renato Tabacco di anni 68 - Budoia Teresina Bastianello di anni 78 - Trieste Luigia Zambon di anni 85 - Sacile Pietro Pizzinato di anni 68 - S. Lucia Pietro Rigo di anni 83 - Budoia Giuseppe Alessi di anni 77 - S. Lucia Aurelio Fort di anni 98 - S. Lucia Eligio Fort di anni 53 - S. Lucia Ada Bastianello di anni 68 - Trieste Sante Zambon di anni 73 -Jersey - Inghilterra Adele Salmaso di anni 74 - Budoia Corrado Carlon di anni 50 - Mestre Giacomo Del Puppo di anni 78 - Polcenigo Giovanna Carlon di anni 98 - Budoia Maria Mussoletto di anni 58 - USA Collesville Ezio Panizzut di anni 67 - Budoia Claudio Zambon di anni 55 - Budoia Lucia Angelin di anni 85 - Budoia Giuseppe Puppin di anni 89 - Roma
I nominativi pubblicati sono pervenuti in Redazione entro il 10 dicembre 1999. Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.
Civetta capogrosso · Aegolius funereus (parlata locale: thuita) Foto di Ezio Zaia - Pordenone Nikon F 90x Ob. 300 f 4.5 ED Fuji Velvia Come molti altri rapaci notturni anche la Civetta capogrosso è condizionata dalla presenza di molti piccoli roditori per potersi riprodurre con successo. La sua consistenza è perciò fluttuante. Nell’ambiente forestale cattura prede mediamente più piccole rispetto all’Allocco, dedicandosi in particolare ai topi campagnoli, alle arvicole, ai moscardini e ai toporagni.
O Associazione Fotografi Naturalisti Italiani Sezione di Budoia · Pordenone Via della Liberazione, 6 · 33070 Budoia/Pn Tel. 0434/654322