l'Artugna 93 2001

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Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXX Agosto 2001 Numero 93


Sommario

Grazie, Suore!

in questo numero... 2

Grazie, Suore! di Roberto Zambon

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La lettera del Plevan di don Adel Nasr

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Un cammino già iniziato di Stefania Gioia Wiley

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Un servizio d’amore di don Giovanni Perin, don Italico Josè Gerometta, suor Rosanella Rando, Carlo Zambon Sartorel, Beniamino Zambon

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Polcenigo · Due stemmi comunitari ed un affresco inediti di MGB. Altàn

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Emozionare con la luce di Sonia Bianco

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I canàis a scóla a cura di Bruna Fabbro, Ida Anna Angelin, Maria Luisa Piccolo, Maria Teresa Currà, Elisa Modolo, Rosanna Tassan

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Per Dardago e Budoia nuove idee di Antonio Zambon

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Don Rolando Santin, sacerdote ed educatore di don Gustavo Resi

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Un sindaco di 50 anni fa di Antonio Zambon Ricordi del cuore di Raffaella Del Maschio

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Buon compleanno, campanile! di Ines Luthola

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Ricordo del padre di Maria Rigo Moreal

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Intorvìa la tóla a cura di Adelaide e Melita Bastianello

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’N te la vetrina

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L’angolo della poesia

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La pagina delle Associazioni

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Cronaca

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I ne à scrit

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Palsa, Bilancio e Programma

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Avvenimenti

ed inoltre… nel supplemento ’l Cunàth 1

La prima Comunione... Martina e Francesca Romana

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...la Cresima Estate al Progetto Giovani I ragazzi del Progetto Giovani

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Festa della Mamma in Svizzera Marina Carlon

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2° Festival Mondiale del Folclore Giovanile Marta Zambon

In copertina. L’ultima comunità francescana-elisabettina presente in Dardago. Da sinistra: Suor Annalia Ghislotti, Suor Natalina Fontana (superiora) e Suor Felice Pesavento.

Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia (PN) Direzione, Redazione, Amministrazione Tel. 0434/654033 - C.C.P. 11716594 Internet: http://www.naonis.com/artugna E-Mail: l.artugna@naonis.com Direttore responsabile Roberto Zambon - Tel. 0434/654616 Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna Ed inoltre hanno collaborato Ennio Carlon, Mario Cosmo, Espedito Zambon, Ugo Zambon, Giovanni Bufalo Autorizzazione del Tribunale di PN n. 89 del 13-4-73 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone. Stampa Arti Grafiche Risma - Roveredo in Piano/Pn

Dopo tanti anni di permanenza tra di noi le Suore hanno dovuto lasciare la nostra comunità. Si sapeva che, prima o poi, questo momento sarebbe arrivato, ma la partenza di suor Natalina, Suor Felice e Suor Annalia ci ha colti un po’ di sorpresa. Era inevitabile che la nostra comunità, prima o dopo, sarebbe rimasta senza le Suore, considerata la quasi totale assenza di vocazioni. Le ordinazioni sacerdotali sono poche e quelle religiose ancora meno. I risultati sono questi! Paesi che un tempo avevano il loro parroco, magari anche il cappellano e le suore, ora sono rimasti con il parroco diviso in più parrocchie: il fenomeno è destinato a diffondersi sempre più. Anche questo è un segno dei tempi, un segno che le comunità cristiane devono prendere in seria considerazione per trovarne le migliori soluzioni. Con la loro partenza si chiude una bella storia, lunga quarant’anni, che ha visto le suore «protagoniste» di molti importanti momenti della vita della comunità. La loro è stata un’opera svolta nel silenzio, quasi nascostamente: un’opera che, ora che non ci sono più, sappiamo apprezzare maggiormente. Le Suore Francescane Elisabettine sono arrivate tra noi chiamate al servizio della Scuola Materna, missione che hanno svolto con rara bravura e dedizione. I genitori e i tanti bambini da loro accuditi – molti ormai sono donne e uomini sposati – non possono che ricordare con gratitudine e nostalgia l’attività, la pazienza, gli insegnamenti, l’amore delle Suore. Quanti ricordi di questi anni! Scorrendo le pagine de l’Artugna, tornano alla memoria le tante feste, le recite, le passeggiate, le scuole di cucito, le mascherate di carnevale, le corse in pulmino. Quanti ricordi, quanto bene! Ma la missione a beneficio della nostra comunità non è rimasta confinata tra le mura della scuola materna! La nostra Chiesa le ha viste sempre presenti, attive e preoccupate perché ogni Santa Messa, ogni funzione, tutto, insomma, riuscisse al meglio a maggior lode e gloria del nostro Signore! Quanta attenzione per la liturgia, le letture, i canti, i paramenti del sacerdote, le vesti dei chierichetti, i fiori (non possiamo dimenticare la cara Suor Aidana costretta, dagli acciacchi, a lasciare Dardago un paio di anni fa). Per molti anni le Suore sono state preziose aiutanti dei parroci per il catechismo, specialmente in preparazione delle prime comunioni e delle cresime. Sono state talmente tante e importanti le loro opere a favore della nostra comunità cristiana che è necessario chiederci: «E ora come faremo senza le Suore?» Anche la comunità civile ha tratto beneficio dalla loro presenza e dalla loro preziosa attività. Gli anziani e gli ammalati hanno goduto delle visite delle suore, delle parole, degli incoraggiamenti e dell’amore di cui spesso sentono la mancanza! Si può affermare che le Suore hanno lavorato proprio per tutti, dai piccoli della scuola materna fino ai più vecchi bisognosi di cure e di affetto. La nostra comunità ricca di storia e di tradizioni, senza le suore, si impoverisce. Un’altra pietra cade, un’altra breccia si apre nella secolare Pieve. Preghiamo Dio che non si sgretoli. Questo saluto è un momento triste e di riflessione per il futuro della comunità cristiana dei nostri paesi. Un’analisi della situazione è doverosa. La nostra «Chiesa» fatta di persone è sempre più vecchia e «povera». Cosa ne sarà fra qualche anno? Ci verrebbe da perdere la speranza ma sappiamo che per un cristiano ciò non è possibile. In più di settecento anni di vita la nostra Pieve ha superato, con l’aiuto del Signore, ben altre difficoltà. Preghiamo e diamoci da fare per ridare smalto ed entusiasmo a questa comunità che si incammina nel terzo millennio. ROBERTO ZAMBON


La lettera del Plevan

Santa Maria, causa della nostra gioia: un bellissimo titolo mariano che la chiesa attribuisce a Maria. Anche l’ultimo documento dei vescovi italiani «Comunicare il vangelo in un mondo che cambia» inizia affermando che il tono più bello in una vita cristiana è quello della gioia. Cito dal documento «Come pastori, vorremmo essere soprattutto i collaboratori della vostra gioia, senza far da padroni sulla vostra fede (2Cor 1,24). Non abbiamo la presunzione di credere di non avervi mai dato giusto motivo di lamentarvi di noi nel nostro servizio episcopale, perciò chiediamo perdono al Signore e a voi per tutte le mancanze a questo nostro ministero, e desideriamo rinnovare il nostro impegno di confermarvi nella fede e di alimentare in voi con tutte le no-

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stre forze la gioia evangelica, per essere insieme a voi portatori della gioia a ogni uomo». La scuola mariana è per eccellenza gioiosa. La vita di Maria possiamo chiamarla l’espressione perfetta della gioia di Dio. Possiamo anche noi rispondere ai nostri vescovi, se vogliano essere collaboratori della nostra gioia, chiediamo a loro di avere come maestra di vita Maria. La creatura unica che è modello di ogni cristiano. Dal suo concepimento senza peccato originale alla sua assunzione al cielo in anima e corpo, Maria è l’opera completa di Dio, è la prima creatura dopo Cristo che si trova in cielo nel suo corpo glorificato. Per questo Maria è la nostra gioia, guardando a lei vedremo il vero destino di ogni uomo. Pensando a lei la invochiamo Madre di tutti i credenti. In Maria, la colpa è stata vinta e la creatura è divinizzata dalla Santissima Trinità. Vedete chi cerca la vera gioia non può non pensare a colei che Dio ha guardato all’umiltà della sua serva e che tutte le generazioni la chiameranno beata. Maria ha saputo accettare tutto quello che è successo nella sua vita: viaggiare verso Betlemme, scappare in Egitto, cercare Gesù nel tempio, stare sotto la croce. Maria non ha avuto la vita facile, però lei è la causa della nostra gioia perché ha dato al mondo Colui che ha liberato l’uomo dal male. Liberando l’uomo dal male, l’uomo ritorna ad essere l’amico di Dio. E per questo la vera gioia è essere amici di Dio in ogni sorta della nostra vita senza mai perdere la pace, la gioia e la certezza della vita eterna. Per cui fratelli e sorelle con tutti i vescovi, i sacerdoti, i diaconi e qualunque persona che esercita un servizio nella comunità auguro ogni gioia e pace e bene. La luce di Dio risplenda sui vostri volti e illumini ogni zona di tenebre e di sofferenza nel vostro cuore. DON ADEL NASR

Icona di Guido Benedetto


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Un cammino già iniziato

La comunità parrocchiale di Santa Lucia ha ufficialmente accolto il nuovo parroco don Aldo Gasparotto domenica 1° aprile.

Tre mesi dopo la scomparsa di don Nillo, nominando don Aldo, il Vescovo S. E. monsignor Poletto ha voluto garantire la presenza precisa e costante di un sacerdote per la gente di Santa Lucia, nonostante la grave carenza di preti nella nostra Diocesi. Già durante gli ultimi tempi della malattia di don Nillo, e poi, alla sua morte avvenuta il 26 dicembre dello scorso anno, in qualità di Am ministratore pro tempore, don Aldo aveva iniziato a farsi carico delle esigenze più urgenti della parrocchia, incontrandosi sia con il consiglio pastorale che con i membri del consiglio degli affari economici, per permettere che le varie attività parrocchiali potessero continuare e che tutte le scadenze amministrative ed finanziarie fossero rispettate. È stato un periodo in cui Don Aldo ha dovuto seguire con costanza e precisione la parrocchia di Santa Lucia e il suo impegno, che inizialmente si prospettava a tempo determinato, è poi diventato successivamente definitivo, data l’oggettiva situazione di difficoltà di reperire nuovi sacerdoti. Come per tanti altri sacerdoti, anche per Don Aldo, Santa Lucia è diventata l’impegno di una seconda parrocchia, oltre a quello già assunto dal ’93 della confinante San Giovanni di Polcenigo. Originario di Pordenone, don Aldo, è stato ordinato sacerdote nel 1971. Per cinque anni è stato cappellano a Pordenone-San Francesco e dall’82 all’ 87 ha svolto l’incarico di animatore e vice rettore del seminario, mentre contemporaneamente era nominato parroco festivo a Tramonti di Sopra. Dall’87 al 90 è stato parroco a Teglio Veneto. Nel 1992 ha anche servito come segretario del Vescovo Sennen Corrà e dal 1993 si è insediato a San Giovanni, comunità che continuerà a seguire unitamente alla nuova parrocchia di Santa Lucia. La Santa Messa di inizio del ministero pastorale si è quindi svolta la prima domenica di aprile alle ore 16, nella chiesa parrocchiale di

Santa Lucia. La cerimonia solenne, presieduta dal Vicario Generale, monsignor Boscariol e concelebrata dai sacerdoti della Forania di Aviano, si è aperta con il rito di consegna degli impegni pastorali. È stata data lettura della bolla di nomina e monsignor Boscariol ha presentato il nuovo parroco alla comunità. Durante l’omelia, dopo aver salutato i nuovi parrocchiani e le autorità locali presenti, don Aldo ha spiegato che il ministero pastorale, nella situazione contingente, è da intendersi come servizio condiviso all’interno dell’Unità Pastorale. Ha comunicato che non avrebbe presentato un discorso programmatico, poiché quella era l’occasione dell’inizio ufficiale di una attività già precedentemente iniziata. Ha poi ricordato la carismatica figura del curato di Ars, come ideale del prete perfetto, perché aveva sacrificato tutta la sua vita agli altri per amore di Cristo. Ha infine aggiunto la necessità, per la concretezza del momento presente, che i laici sostengano fattivamente la vita della parrocchia. Prima della conclusione della cerimonia il Consiglio Pastorale e la comunità di Santa Lucia hanno ringraziato il loro nuovo parroco per la disponibilità e la condivisione dei bisogni, che si è realmente concretizzata ancor prima della nomina ufficiale. Il Consiglio ha confermato il desiderio di continuare il cammino iniziato, con la viva coscienza che la situazione attuale richiede certamente un impegno di fede adulto e responsabile. Infine un ringraziamento particolare al Vescovo Ovidio, che ha subito fatto fronte al bisogno della comunità. Don Adel Nasr, a nome della comunità di Budoia-Dardago, ha salutato il nuovo parroco e ha donato un’icona greca. Per ultimo, il saluto del sindaco di Budoia, Antonio Zambon, ha auspicato l’augurio di un buon servizio pastorale e ha ricordato le circostanze passate in cui ha già avuto occasione di collaborare con don Aldo. Il servizio liturgico è stato accompagnato dalle esecuzioni del professor Bozzer che ha suonato il prestigioso organo di scuola francese – ultima «opera» di don Nillo Carniel – che oggi abbellisce la chiesa parrocchiale di Santa Lucia, di cui avremo modo di parlare diffusamente nel prossimo numero, in occasione del primo anniversario della scomparsa del parroco. STEFANIA GIOIA WILEY


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Un servizio d’amore

Le amate suore elisabettine lasciano le nostre comunità dopo oltre quaranta anni di vita tra noi. Con la loro presenza hanno contribuito alla nostra crescita e al prestigio del loro Ordine.

Gente non «fotocopiata» Le suore sono tutte fatte con lo stampo? No. Non è vero. Il monastero o la Comunità non le ha appiattite. Non sono «in fotocopia» se non per il vestito caso mai. Per fortuna hanno il loro talento, la loro sensibilità, la loro personale virtù: tutte cose originali e arricchenti. Così le ricordo le Suore di Dardago, una a una. Sr. Lucidalba. Bella di nome e (per me e non solo) anche di fatto. All’alba del mio primo ministero pastorale diretto mi ha fatto tanta luce. Nel silenzio, sorridendo al crocifisso, sopportò prove grandi, fisiche e morali, per la santificazione dei sacerdoti e dei giovani. Ne ho beneficiato tantissimo, immensamente. Sr. Ernesta. Sorella di Lucidalba. Era «testa in alto». Precisa, rassicurante, sincera nelle iniziative di traino o nelle fumose complicazioni post sessantottine. Ricordava bene i diktat liturgici del suo vecchio parroco: «Testa in alto, voce chiara, punteggiatura giusta... ». Leggeva molto bene e non solo. Un cuore d’oro. Sr. Aidana. La suora dei fiori. Ma io la ricordo soprattutto come «Sr. Brùsete». Brùsete in dialetto padovano vuol dire «bruciati». Ci confidava così i suggerimenti saggi e coloriti del suo maestro di spirito quando diceva nei dialoghi dell’anima: «bisogna brusare par el Sìgnor. No te digo mi? Brùsete, cara, brùsete. Ciò, bisogna brusarse». Così Sr. Aidana se non si è bruciata del tutto per il Signore era però (ed è) lì vicino. Ora Sr. Brùsete si trova a Pordenone. Sr. Natalina, la saggia. Ha guidato la comunità con saggezza ispirata alle virtù più alte e nobili della famiglia: quella «religiosa» e quella umana.

La Comunità di Dardago fino a un mese fa era un concentrato esemplare di «famiglia religiosa» cuore pulsante della Pieve. Merito? Della Beata Elisabetta Vendramini e di Santa Elisabetta regina d’Ungheria «la grande», ma anche un pochino della «saggia». Senza rumori, s’intende. Sr. «bona da gnente». Sr. Felice si presenta sempre così e non per falsa modestia. «Mi son bona da gnente. I me manda dove che i vol lori e mi son contenta. La superiora, ma anca tutti, i me vol ben. Me diga lu cosa go da far». Niente, cara Sr. Felice. Conservarsi così. Le poesie celebri di Sr. Felice, pronunciate con l’immancabile fiorellino in mano, avevano gli applausi più scroscianti. Conservarsi così, dunque. Di questo passo anche il Signore i ghe vol ben e un giorno l’accoglierà con paterno festoso applauso. Ricordo assai caramente Sr. Lia Venanzia. Portava sul capo una «corona di spine» invisibile ma come quella di Gesù. È mancata assai presto pur giovane. Sono certo che in paradiso la sua corona si è ornata con pietruzze di brillanti. Carissima pure la Sr. Annalia, carezza per

Davanti al portale della «loro» Pieve, le suore erano sempre disponibili ad aiutare pievani di turno e il caro Vidio.


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gli ammalati, e tutte le altre che hanno operato ultimamente nel paese dell’Artugna e che ricordo con viva gratitudine: Sr. Favilia, Sr. Bettina, Sr. Eonelia, Sr. Adolfina, Sr. Maria Carla, Sr. Caterina. C’è molto da pregare il Signore, perché ancora ragazzi sentano il fascino e la felicità di seguire Gesù, per comunicare la sua presenza e il suo amore agli uomini e alle donne dei nostri paesi. Così, non in fotocopia ma in originale e generoso servizio d’amore. DON GIOVANNI PERIN

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Tanta gioia evangelica Mi associo anch’io a rendere omaggio umilmente alle reverende suore della cara e grande famiglia francescana che dopo tanti anni di generoso e gioioso servizio, lasciano la comunità di Dardago. Ricordo volentieri la loro testimonianza di donne consacrate e generose nel servizio a Dio e alla comunità. Il Signore non mancherà di continuare a benedirle con i suoi favori celesti e non verrà a mancar loro l’affetto, la preghiera ed il ricordo dei dardaghesi e delle comunità vicine che hanno servito con fedeltà. Auguro alle reverende suore e alla loro comunità tanta gioia evangelica impegnandomi a ricordarle nella mia preghiera e chiedendo anche per il mio ministero sacerdotale il loro ricordo al Signore. Con piacere colgo l’occasione di indirizzare un saluto cordiale agli amici della redazione, ai reverendi Sacerdoti ed ai lettori del sempre caro e stimato periodico l’Artugna. DON ITALICO JOSÈ GEROMETTA (Malaga, 18 luglio 2001)

1960: primo anno d’asilo per i bambini delle nostre comunità. Con loro c’è Suor Placida. Vi riconoscete? Inviateci i vostri nomi. (Foto d’Archivio)

Grazie alla Comunità... Pordenone, 13 giugno 2001 Desidero ringraziare cordialmente il parroco don Adel, il consiglio pastorale, la comunità civile e ciascuna persona della parrocchia per la manifestazione calorosa di affetto e di premure resa a suor Natalina, a suor Felice, a suor Annalia nel lasciare Dardago. Se da una parte con voi vivo il rammarico per la chiusura di questa comunità, dall’altra benedico il Signore per la stima e la gratitudine da voi manifestata alle suore elisabettine in 40 anni di presenza; e anche per quella testimonianza che tutte hanno espresso con la loro vita di fede e con il loro stile di carità. Esplicito inoltre il grazie per il segno concreto di solidarietà nei confronti delle opere che l’Istituto sta sostenendo in missione d’Egitto. Ho già fatto pervenire la somma all’incaricata che, senz’altro entro breve, ve ne darà riscontro. Su tutti i parrocchiani siano la benedizione e la consolazione del Signore. SUOR ROSANELLA RANDO SUPERIORA PROVINCIALE SUORE ELISABETTINE


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Grembiulini bianchi e cestini colorati

Ricordo delle Suore «de l’Asilo»

Con un certo dispiacere apprendo da mia madre, che le Reverende Suore hanno lasciato Dardago, dopo 40 anni di lodevole servizio nella nostra Comunità. Quaranta anni fa circa (non ricordo bene la data) l’Asilo apriva le porte e noi bambini (allora) invadevamo le stanze con i nostri grembiulini bianchi e i nostri cestini colorati. Ogni mattina al nostro arrivo eravamo accolti da una Suora che ci apriva la porta e ci faceva un sorriso. Esser stato uno dei primi a frequentare l’Asilo di Dardago è sempre stato un motivo d’orgoglio, prima di tutto perché era vicino a casa e così non dovevo fare più il pendolare (infatti per parecchi mesi sono andato all’Asilo di San Giovanni di Polcenigo con la corriera, perché a quei tempi non c’erano i pulmini come oggi). In secondo luogo era il momento per stare insieme con gli altri bambini e, oltre a divertirsi con i giochi, ci si divertiva a fare i disegni, i lavori con il punzone, si cantava e si pregava. Dopo il pranzo si andava a far il riposo e al risveglio si tornava a giocare nella sala grande in attesa di ritornare a casa. Posso dire con tutta franchezza che i miei primi insegnanti sono state le Suore. Terminato l’Asilo, le Suore sono sempre state un punto di riferimento, non solo per me, ma anche per altri coetanei. Hanno continuato a far parte della nostra vita anche durante gli anni delle elementari, dandoci consigli e magari qualche tirata di orecchi, ci hanno insegnato il catechismo, ci hanno preparati alla prima Comunione e alla Cresima, insomma ci hanno insegnato i primi valori di vita. Colgo l’occasione, tramite l’Artugna, di inviare un caloroso saluto a Suor Annalia, Suor Felice, Suor Aidana e Suor Natalina e ringraziare loro e le consorelle che le hanno precedute per tutto quello che hanno fatto nella nostra comunità.

Quando ho saputo della partenza delle nostre Suore ho provato un senso di tristezza, di vuoto, come se mi fosse stato portato via una parte del mio passato. Certo le nostre Suore non mi si sono riapparse in mente come facenti parte della congregazione delle Elisabettine, dove nello spirito dell’istituto c’è il desiderio di «portare Cristo a chi è povero, più solo, più abbandonato» svolgendo le loro opere in asili, in attività parrocchiali e scuole, ospedali e case di ricovero. Piuttosto mi sono riapparsi in mente i loro volti, Suor Natalina, Suor Felice, Suor Aidana, Suor Annalia... Suore straordinarie che hanno dedicato la vita all’insegnamento, all’educazione sociale, alla religione nei confronti di diverse generazioni di bambini delle comunità di Budoia, Dardago e Santa Lucia fin dal momento in cui l’asilo, costruito con il concorso di tutta la popolazione, fu aperto. Seppure in questi anni non svolgessero più il loro lavoro all’interno della scuola materna, erano una presenza fissa e fondamentale per la nostra comunità; disponibili a portare la santa Comunione agli ammalati o semplicemente a recare una parola di conforto a chi ne avesse bisogno; anche negli ultimi tempi quando forse l’età rendesse un po’ difficile adoperarsi tanto. Noi genitori di tutti quei bambini che nel corso degli anni hanno frequentato la scuola materna non possiamo non avere un pensiero di gratitudine per il lavoro e il tempo dedicato ai nostri figli e, forse, anche un certo rammarico per non aver manifestato e riconosciuto l’importanza di quello che stavano facendo. Ognuna aveva un proprio modo di presentare il suo «servizio ai più piccoli» tanto che sono rimaste e rimarranno nella memoria di chi era stato bambino insieme a loro e che magari oggi è a sua volta padre o madre. Potremmo tracciare un profilo per ognuna di loro con le loro diversità. Una cosa, però, le accomunava e le univa: l’amore per i bambini, gli ammalati, e per tutte le persone che si trovavano o si facevano trovare nel loro cammino. Care Suore, vi ringraziamo e vi chiediamo ancora di essere presenti nei vostri ricordi e nelle vostre preghiere.

CARLO ZAMBON SARTOREL

Non dimenticheremo mai Suor Natalina, la superiora dell’ultima comunità francescana-elisabettina a Dardago, Suor Felice con l’immancabile fiore nelle mani e Suor Annalia ricordata da tutti, ammalati e non, per la sua spiccata comunicabilità. Lavorò come infermiera/interprete, conoscendo la lingua tedesca, presso l’ospedale di Latisana dove i turisti austriaci e tedeschi le attribuirono il soprannome di «Angel weiss - Angelo bianco».

BENIAMINO ZAMBON (Ex Presidente della Scuola Materna)


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Una pagina di vita L’attività della Scuola Materna iniziò il 18 ottobre 1960 con la Madre Superiora Suor Ermenegilda e Suor Placida entrambe provenienti dalla Scuola Materna di San Giovanni di Polcenigo. Da allora la presenza delle Elisabettine tra noi si è concretizzata attraverso tante Suore. Scorrendone i nomi, molte ci tornano in mente, di altre il ricordo è più sfumato a causa dei tanti anni passati o del breve periodo da loro trascorso tra noi. Ognuna però ha contribuito alla nostra crescita e al prestigio del loro Ordine. Ecco i loro nomi: Suor Ermenegilda Suor Placida Suor Eliantonia Suor Rinalda Suor Primarosa Suor Gesualda Suor Angelisia Suor Giannina Suor Lucidalba Suor Rosanna Suor Caterina Suor Eunidia

Suor Aidana (1) Suor Natalina (2) Suor Ernesta (3) Suor Felice (4) Suor Liavenanzia Suor Flavilia Suor Faustina Suor Bettina Suor Eonelia Suor Adolfina Suor Annalia (5) Suor Maria Carla

24 Suore Francescane Elisabettine. Una bella pagina che si chiude, una bella pagina di vita e di cronaca che diventa storia. In alto. Anni ’70. Quanti canàis ’n te l’asilo! Non esistevano problemi demografici per le nostre comunità. Sopra e a sinistra. Momenti gioiosi sotto gli occhi vigili delle suore.

NOTE (1) Arrivata a Dardago il 4 gennaio 1972 e qui rimasta fino al 3 dicembre 1999, quando è stata ricoverata prima all’Ospedale di Pordenone e quindi all’infermeria della Casa Provinciale di Pordenone. (2) Arrivata il 4 marzo 1972 e rimasta tra noi tranne un periodo di cinque anni trascorso al Seminario di Trieste tra l’85 e il 90. (3) Arrivata il 13 agosto 1974, ha lasciato la scuola materna il 12 settembre 1989 per malattia. È deceduta 10 anni fa il 18 settembre 1991. (4) Tra noi dal primo ottobre 1975. (5) Arrivata il 29 agosto 1988 e rimasta tra noi, tranne un periodo di due anni – dal 91 al 93 – trascorso a Contarana/Ve.


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Polcenigo Due stemmi comunitari e un affresco inediti

Araldicamente ci siamo soffermati or sono diversi anni, sul Patrimonio araldico-aristocratico del feudo di Polcenigo. Ora porteremo all’attenzione del lettore tre motivi di originale interesse che hanno per analisi tre reperti non comuni, seppur di natura specialistica. Si tratta di due simboli che, come si può osservare, hanno un sapore di rappresentatività comunitaria; sapore esposto in maniera così efficace ed attraente da risultare incomprensibile non siano stati notati sin ad oggi. La singolarità di questi simboli sta nel fatto che gli stemmi che poniamo in evidenza raffigurano (almeno per uno) la comunità polcenighese, nella sua più diretta, essenza: quella della «chommunitas» e quella del blasone del feudo dominante, cioè la casata dei conti di Polcenigo e marchesi di Fanna. Prima di entrare nella descrizione di questi tre singolari lavori raffiguranti (almeno per due) Polcenigo, ci sembra giusto dire che in fatto di analisi di questa scienza araldica, che si accomuna a quella genealogica e della sfragistica, non è che la bibliografia ci evidenza molti esempi di studio, al di là di alcuni scritti sparsi che non rappresentano un efficace «exursus» sulla totalità di quella che chiameremo, più propriamente, «Araldica Civica», per distinguerla da quella familiare-nobiliare. Cioè vorremmo segnalare il testo – non molto noto – «l’Araldica civica in Friuli» (1). Attraverso il tempo i simboli comunali o comunitari avevano affastellato una congerie di simboli più o meno strani con interpretazione di termini e di storie, sulla cui attendibilità e stranezza, gli storici di araldica, da tempo, levavano alti lai. Palazzolo dello Stella che alza, per insegna, una stella, mentre si tratta del nome del fiume di casa che ha una radice, forse, slava. Cervignano che deriva da un toponimo di origine romana, cioè «Cirvinianus», mentre questo comune raffigura nei suoi documenti un cervo. Ma quello che spicca, scorrendo le sapienti ricerche degli autori dell’araldica citata, è che i comuni petenti l’approvazione di un simbolo comunale chiedevano di raffigurare, per lo più, i blasoni della antiche case feudatarie dei luoghi e non qualche cosa, di peculiarmente, della «chommunitas». V’erano anche dei comuni più onesti verso i loro amministrati e chiedevano di rappresentare dei paesaggi che raffigurassero fisicamente il proprio centro e non corressero dietro ad affascinanti,

Polcenigo, Via San Giovanni, 13; proprietà di Giuliano Boz, stemma lapideo comunitario segnalato da Giorgio De Zan (PN). (Disegno di Maurilio Basaldella, collezione privata MGB. Altàn di Aviano)

Polcenigo, probabile stemma nobiliare comunitario, Via Coltura, 28. «Scultura lapidea». (Disegno di Maurilio Basaldella di Aviano)

ma inespressivi, stemmi nobiliari. Stando agli autori dell’aradica rammentata, citiamo i comuni che hanno richiesto la raffigurazione fisica del loro centro. E fecero bene, per quanto non tutte le richieste vennero esaudite dai sacri padri dell’araldica, in questo senso. Chi richiese di avere tramandato il proprio paese o paesaggio dei loro luoghi furono i comuni di: Medea («podesteria di Medea»), Magnano in Riviera, Lusevera, Farra d’Isonzo, Duino, Enemonzo, Attimis (2). Aggiungiamo che le maggiori e giustificate e competenti richieste vennero promosse – in un radicale riordino della araldica civica italiana – in ispecie civica, negli anni venti e trenta, per quanto, in questa operatività continuasse a svelto ritmo (compatibilmente con la severità di que-


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ste originali discipline) anche dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Ma passiamo all’analisi dei due stemmi comunitari polcenighesi e della visione ideale di Polcenigo, forse attribuibile al XVII secolo. Stemma n. 1 Si colloca in Polcenigo, in via Coltura al nr. 28; proprietà Maurilio Nobilini Canevese. Sta al sommo di un arco (chiave di volta) ed un tempo doveva essere ornato, sopra il simbolo, da una testina di un angioletto, oggidì scomparso, ma del quale rimangono, in loco le due alucce. È diviso in due campi. Il superiore lavorato, quello inferiore non presenta, allo stato attuale, alcuna ornamentazione. I due campi son divisi da un bordo a separazione ad andamento ovale. Il campo superiore – che è quello che a noi interessa – può essere separato da tre tematiche: – sopra il tutto l’idealizzazione di un mastio-castello con quattro «bocche da fuoco» per cannoni, di fronte; due cannoni sporgono di lato. Il castello è sormontato di merli a difesa strutturato a coda di rondine, cioè ghibellini; sventola una bandiera, pure a forma ghibellina, posta in senso orizzontale: il potere feudale; – in basso, a sinistra di chi guarda, un campanile a più ripiani (tre), posto accanto alla chiesa (simbolica, non vi si ravvisa quella attuale): potere religioso; – in basso, a destra di chi guarda, un agglomerato di casette che simboleggia la «chommunitas»; cioè le prerogative della comunità. Si tratta di una – sua pur ideale – raffigurazione di Polcenigo. Opineremmo che in questa casa, per qualche tempo, comunque assai lungo, avesse sede la «cjasa dal cumun» e che questo sia il simbolo del comune polcenighese pedemontano. Il tutto in un felice accostamento e convivenza – che si sappia – fondamentalmente pacifica tra le tre entità sociali: il castello-feudo dei di Polcenigo; la chiesa ed il campanile a raffigurazione della comunità religiosa, l’agglomerato di casette esprimente la società civile, il comune. La scultura è molto accurata. Stemma n. 2 È situato in via San Giovanni; proprietà Boz Giuliano. La collocazione di questo simbolo lapideo è assai curiosa. Sta nella chiave di volta di un elegante portale; chiave di volta che tien scolpita una testa. Lo stemma, ed è stranissimo, è po-

sto sotto il mento, nella gola di questa scultura. L’esecuzione è molto accurata, come già si disse per la precedente, per quanto non si possa pensare alla stessa mano, ma anzi, si tratta di due epoche diverse. Anche qui è d’uopo tentare una spiegazione della simbologia rappresentata. Lo scudo è diviso in due campi. Uno sopra con i simboli ed uno sotto diviso in due campi con una linea verticale; due campi che occupano la metà inferiore dello stemma. Il campo superiore raffigura, alla metà di sinistra di chi guarda al centro una serie di casette, cioè la «chommunitas». Alla metà della destra di chi guarda sta un campanile che due robuste costruzioni, cioè la comunità religiosa (chiesa e canonica?). Il campo inferiore dovrebbe essere lo stemma (parziale) dei di Polcenigo; cioè, metà campo d’oro e metà di rosso, che è, e sono, lo stemma proprio della casa e del nesso feudale dei di Polcenigo.

Volto di pietra che funge da chiave di volta del portale dell’abitazione di Giuliano Boz.

Affresco n. 3 Considerato che nella stessa casa in cui si inalbera lo stemma, già menzionato come n. 1 (proElegante portale in via Coltura, 28.


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prietà Maurilio Nobilini Cenedese, Polcenigo, Via Coltura n. 8), esiste, nell’interno della stessa abitazione, un affresco rappresentante una visione ideale dell’agglomerato di Polcenigo, ci piace evidenziarlo anche perché una fotografia odierna del dott. Mario Cosmo, ripropone plausibilmente, una stessa angolazione iconografica che, l’ignoto afNOTE (1) del TORSO E, Del BASSO G.M., MOR C.G., Araldica Civica in Friuli, Udine,1978, pag- 47, 104, 104, 106, 143, 144, 154. FRAU G., Dizionario Toponomastico Friuli-Venezia Giulia, Udine, 1978. ALTAN MGB., Gli stemmi di Polcenigo, sta in, AA.VV. Polcenigo, Mille anni di storia, Udine, 1977, pagg. 95 e sgg. Vi si doveva essere una buona dose di decisa autonomia per gli abitanti dei ceti popolari di Polcenigo se, nel 1336, si rinviene lo «Statuto» che definisce gli obblighi sia dei feudatari polcenighesi, come quelli del popolo; statuti che vennero integralmente approvati dalla dominazione della Serenissima (1420) statuti che vennero confermati il 21 settembre 1465, dal Luogotenente del Friuli a Udine, Mocenigo. di MANZANO F., Annali, vol. V, pag. 147, Udine, 1865. Gli stemmi comunitari di Polcenigo vanno intesi come un’affermazione di principio degli obblighi del polcenighesi verso i feudatari, e viceversa. Aggiungeremo che raramente avremmo pensato di trovare uno stemma comunale-comunitario così efficace nei simboli e così suggestivo nell’esecuzione. Purtuttavia

freschista del XVIII ca., ha voluto proporci. È una visione ideale, ma che, comunque, in un’atmosfera ideale, appunto, ci dà uno scorcio di quel luogo impagabile, armonioso, «ante litteram», di Polcenigo. Luogo nel quale, ma non solo, son possibili queste curiose constatazioni. MGB. ALTÀN

lo stemma attuale usato ed approvato dal comune di Polcenigo, pur estremamente sintetico, dà egualmente una sintesi dei temi storico-araldici polcenighesi. Infatti lo scudo comunale polcenighese così recita: «d’argento alla torre e cinta castellana di rosso; in capo la scritta PULCELLA». La «Pulcella» fa parte della leggenda di una fanciulla francese andata sposa ad un conte di Polcenigo, ed appartenente alla nobilissima casata d’oltr’Alpe dei «Blois». I Blois avevano per simbolo il giglio d’oro su campo azzurro ed è raffigurato nel blasone dei conti polcenighesi, nello scudetto piccolo, posto al centro dello stemma di questi nostri signori (dicesi: «sul tutto»). AA.VV., I1 Friuli-Venezia Giulia, paese per paese, Firenze, 1986, pag. 97. (2) del TORSO - DEL BASSO G.M. - MOR C.G., Araldica Civica in Friuli, Udine, 1978. Le fotografie illustranti questo servizio sono state scattate dal prof. G.C. Rupolo di Caneva (PN). I disegni sono del pittore Maurilio Basaldella di Aviano.

Nebbie settembrine ’99. È il titolo della fotografia vincitrice (1° premio; 2° della giuria popolare) del 5° Concorso fotografico della 327a «Sagra del Cesto» di Polcenigo, la cui autrice, Alida Lucà Cosmo, ha fissato in una suggestiva immagine il Gorgazzo che, con il suo latteo ed impalpabile vapore, umido fiato di un autunno imminente, avvolge in un mondo ovattato l’antico Borgo. Immaginatela a colori!


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Emozionare con la luce

Per conoscere la storia della fotografia, sosteneva qualche tempo fa lo storico e psicologo dell’arte Gombrich, basterebbe semplicemente cercare tra gli archivi della Kodak e vedere nei libri contabili il numero di pellicole vendute. Un parallelismo come un altro per esprimere un concetto basilare: la fotografia è un fenomeno sociale. Fenomeno sociale poiché, quotidianamente, milioni di persone cercano di fissare il «carpe diem», l’attimo che fugge, con una macchina fotografica. E nella frenesia di una ricerca che immortali la fugacità di un ricordo, sono in molti che tentano di «rubar l’anima» ad un’immagine cara per consegnarla al futuro. Pochi sono, però, quelli che in questo «scrivere con la luce» sanno regalar emozioni anche a chi, nel frangente fotografato, non c’era... Fra questi, vero e proprio astro nascente dell’arte fotografica è sicuramente da considerarsi il giovane budoiese Luca Coassin. È ormai una sorta di leggenda l’aneddoto clou con il quale i suoi compaesani ne esaltano gli esordi scolastici. Correvano i primi anni Settanta quando, l’allora bambino Luca improvvisava nel salone della propria casa un teatrino di marionette. Personaggi di carta da osservare e fotografare per ore nel caleidoscopio di luci e ombre che proiettavano sul piccolo palco. Luci e ombre inseguite e studiate, una volta cresciuto, inizialmente all’Istituto Europeo di Design di Milano, fino al fatidico giorno in cui riuscì a vincere una borsa di studio al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma (università del cinema), Centro che lo mise in contatto con Giuseppe Rotunno (docente-coordinatore del corso di diploma di Operatore di Ripresa – Direzione della fotografia) oltre che, naturalmente, ad aprirgli le porte dei laboratori di Cinecittà e Technicolor. E dalla capitale romana il passaggio è breve per «volare» come partecipante italiano al secondo Seminario europeo per studenti in direzione della fotografia a Budapest (corso condotto da Billy Williams e da Dean Cundey). Il resto viene da sé: Coassin dimostrando di possedere doti di poliedricità non comuni diventa docente di ripresa cinematografica presso lo Ial di Pordenone e firma come operatore steadicam circa 150 produzioni tra cortometraggi, videoclip, spot, dirette televisive, video d’arte e documentari.

La sua ultima recente fatica è la direzione della fotografia per il film di Eros Puglielli «Tutta la conoscenza del mondo» film-rivelazione che ha rappresentato l’Italia al prestigioso Festival di Berlino 2001 (sezione speciale forum). Le luci della ribalta, quindi, sembrano essersi accese decisamente per Luca Coassin, ma l’altra parte del cielo, le ombre dove le ha lasciate? Le ha tenute in serbo per una nuova importante esperienza cinematografica. Si stanno ultimando i preparativi per l’inizio delle riprese del film «Piovono mucche» del regista friulano Luca Vendruscolo. Questo film è un viaggio all’interno di una comunità di disabili dove arrivano alcuni obiettori di coscienza mandati dal Ministero della Difesa a svolgere il servizio civile. Un viaggio d’esplorazione attraverso un «intrigo di turni, beghe, cacche e sentimenti». Ragazzi sulla soglia della vita adulta che qui si rapportano e scontrano con un’esistenza sconosciuta scandita da ritmi, doveri e direttive che appaiono folli oppure inderogabili. Impegni e mille urgenze leit-motiv di un messaggio di solidarietà che va oltre gli stereotipi o meri fanatismi assistenziali. In ultima battuta non è un caso che tale film ha goduto di un finanziamento statale erogato dal Ministero dei Beni Culturali, quale opera di alto contenuto sociale e che «dulcis in fundo» a credere in questo film c’è anche un laureando del Dams di Bologna: la sua tesi, infatti, verterà sull’analisi di questa dimensione umana dalle mille sfaccettature. SONIA BIANCO

Luci ed ombre tra i riflettori, in un momento di ripresa cinematografica. *

Da un film all’altro Tra le esperienze professionali di direzione della fotografia figurano lungometraggi, tra i quali «Quore» (in lavorazione), «L’estate di mio fratello» e «Senza salutare», documentari realizzati in terra africana, ben 40 cortometraggi, tra i quali «Arturo perplesso davanti alla casa abbandonata sul mare» (1° premio al Festival d u F i l m d es Cultur es Mediterranéennes di Bastia/Francia), «Uno e un altro» (1° premio al Festival di Bolzano ‘98), «Promenade» (2° premio al Festival del Cinema di Torino ‘97 e 1° premio sezione Ambiente XXIII del Festival internazionale del film turistico di Milano 1998), «Pausa» (1° premio al Festival del film italiano di New York 1998). Ed, inoltre, firma spot pubblicitari televisivi, è operatore Steadicam di 150 produzioni cinematografiche.


I canàis a scóla

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Alunni viaggiatori nel tempo Nel corso dell’anno scolastico 2000/2001 la commissione di lavoro per la storia, dell’Istituto Comprensivo di Aviano, in un progetto di continuità tra scuola elementare e media ha prodotto un possibile curricolo avente per tema un Percorso di storia locale con riferimento alla sanità dell’ultimo secolo. Le classi della scuola elementare di Budoia coinvolte nel progetto sono state la quarta e la quinta. Obiettivo generale del progetto è stato quello di avvicinare gli alunni allo studio della storia per far loro acquisire le basi di un metodo di ricerca senza la presunzione di formare dei piccoli storici. Perciò storia che parte dal presente vissuto dal bambino e risale al tempo dei genitori e dei nonni, perché rientra nell’esperienza non solo affettiva ma è fonte diretta e concreta di informazioni. I genitori e i nonni sono testimoni di un tempo raggiungibile attraverso il concetto della relazione parentale (la generazione è un tempo storico un po’ più comprensibile per il bambino) e dell’età (anche il tempo che fa crescere e che modifica viene facilmente intuito). Si ricostruisce la storia attraverso i ricordi, le memorie, le testimonianze, i reperti, i documenti ufficiali. Le due classi, nel secondo quadrimestre, hanno svolto un lavoro di indagine sugli aspetti della sanità (malattie, cause morte, rimedi e cure) nel nostro territorio dai primi anni del ‘900 in poi. Dopo un’analisi della situazione sanitaria attuale vissuta dai bambini stessi, l’intervista sulle malattie più frequenti e sulle cure possibili è stata sottoposta ai genitori e ai nonni; le testimonianze di questi ultimi sono state avvalorate dalla consultazione di registri parrocchiali e di documenti ufficiali. Ecco in sintesi, le informazioni che gli alunni hanno raccolto e sulle quali hanno effettuato, attraverso riflessioni, un continuo confronto con la realtà attuale. 1. Frequenti erano le morti a causa di malattie oggi curabili o sconfitte: appendicite, polmonite, broncopolmonite, scarlattina, tubercolosi, emorragia, meningite, nefrite, paralisi, difterite, malattie cardiache, tifo, poliomielite, vaiolo, infezioni, parto, vermi, pertosse. 2. La mortalità infantile era molto elevata: è emerso che molti neonati morivano nelle culle mentre i genitori erano nei campi. (Dal registro parrocchiale…Volato tra gli angeli).

3. Frequentissimi i decessi a causa di «lunga e penosa» malattia e «breve» malattia. 4. Rilevate anche morti improvvise le cui cause non sono precisate. 5. Notevoli le morti a causa della guerra (la ricerca ha interessato il periodo del 1° conflitto bellico): molti deceduti al fronte, altri a causa di ferite infette. 6. Rari i decessi provocati dagli incidenti stradali, sul lavoro e in casa. Per quanto riguarda le cure si distinguono rimedi naturali e farmaci. Gli ospedali non erano attrezzati come oggi e avevano due soli reparti: medicina e chirurgia; nei paesi, in caso di bisogno, si ricorreva al medico, al farmacista oppure al parroco e dato che i soldi erano pochi si pagava «in natura» con pol-

Ricercatori storici nell’archivio parrocchiale di Budoia, tra registri e documenti per soddisfare le loro curiosità. (Foto di Bruna Fabbro Coassin)


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lame e ortaggi. Le medicine erano costose, si faceva quindi largo uso di rimedi naturali. Eccone alcuni: •

influenza: latte caldo con il miele;

malattie da raffreddamento: pappette con il lino;

mal di testa: acqua e pepe bolliti;

orecchioni: cotone imbevuto nell’olio di oliva messo nel guscio di una noce;

febbre alta: foglie di verza spalmate di burro poste sulla pancia;

vermi: collana di aglio oppure spicchi spremuti;

tosse: decotti di erbe di vario tipo: gramigna, rosmarino, salvia, semi di lino, tiglio;

infezioni da ferita: ragnatela che aveva proprietà cicatrizzanti, garze imbevute di resina;

infezioni intestinali: un cucchiaio di grappa al mattino;

infiammazioni varie: decotto di malva;

intestino pigro: olio di ricino;

scabbia: olio di fegato di merluzzo e pomata a base di zolfo;

pidocchi: petrolio per i lavaggi della testa;

pertosse: cambiamento d’aria;

ematomi: aceto;

distorsioni: albume d’uovo;

bronchite: una frittata d’uovo posta sul petto, panno caldissimo;

debolezza: ricostituente «late de vecia» (uova intere con guscio, limoni, vino o marsala e zucchero a volontà).

Alunni scopritori delle stagioni Il lavoro prodotto per il concorso della Coldiretti delle classi 1a e 2a della scuola elementare di Budoia si è svolto in due parti ben distinte: una prima fase di esperienze in classe, di incontri con esperti e di visite presso frutteti ed una seconda di attività pratico-espressive durante la quale i bambini hanno costruito manualmente elementi appresi in precedenza. Il tema conduttore è stato il ciclo biologico della produzione della frutta, del melo in particolare, svolto secondo il ritmo naturale delle stagioni: – dalle gemme ai fiori ed alle foglie, – la struttura del fiore, – l’impollinazione dei fiori tramite insetti, – le presenze di «insetti» utili: api per l’impollinazione e coccinelle perché distruttrici di afidi, – la presenza di «insetti» dannosi rappresentati dai bruchi divoratori del frutto maturo. A livello tecnico-operativo i bambini hanno costruito un albero su base di compensato che in un lato rappresenta il melo in primavera con foglie (di cartoncino di vario tipo), fiori ricreati nelle loro parti principali con carta pesta colorata e bianca, api e coccinelle in cartoncino bristol realizzati con tecnica tridimensionale. Nell’altro lato c’era il melo con la frutta matura (cartoncino bristol di più colori piegato con la tecnica dell’origami). a cura di MARIA LUISA PICCOLO, MARIA TERESA CURRÀ, ELISA MODOLO, ROSANNA TASSAN

In paese c’era sempre qualcuno che riteneva di sapere qualcosa di medicina, c’era chi metteva a posto ossa, chi preparava infusi e pomate che, di solito, avevano successo. Il medicinale più usato era l’aspirina. Gli alunni di 4° e 5°, con questo lavoro hanno avuto l’opportunità di accostarsi alla storia in modo diverso e più avvincente di quello normalmente proposto per lo studio di questa disciplina. Hanno sperimentato che «fare storia» non è solo studiare sui libri ma è anche ricostruire da sé un tempo storico. a cura di BRUNA FABBRO e IDA ANNA ANGELIN

Ricercatori-naturalisti soddisfatti d’essere riusciti a «produrre» mele.


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Per Dardago e Budoia nuove idee

L’iniziativa di proporre un concorso di idee per la progettazione e la ristrutturazione di siti ed edifici di interesse comunale ha avuto un esito positivo. I luoghi interessati da proporre per un recupero sono stati due: il primo è il piazzale antistante i magazzini comunali nel centro di Budoia, il secondo l’edificio ex cinema-teatro a Dardago. Per il primo si indicava di ridare un’identità ad un luogo centrale del paese, dove poter far convivere più esigenze: quelle operative del Comune, quelle ricreative e culturali promosse sia dal Comune che dalla scuola, e dalle Associazioni fra le quali la Pro Loco. Nel secondo, era indicato invece di conciliare la ristrutturazione di uno stabile storico per la vita sociale a Dardago, con i bisogni della scuola Materna e con quelli pubblici. Tutto all’inizio poteva sembrare ovvio, quasi inutile proporre un concorso di idee su cose che in fondo noi tutti immaginiamo come realizzarle, chiunque potrebbe redigere un progetto. Invece il concorso ha dimostrato che la concorrenza sugli obiettivi è diventata preziosa per la proposta di relizzazione di un intervento vocato all’interesse pubblico. Diverse sono state le soluzioni e i punti di vista espressi. L’impegno dei concorrenti è stato degno di apprezzamento da parte della commissione. Si è data la possibilità al Comune, di conoscere professionisti nuovi ed innovativi, di capire le varie interpretazioni che possono essere date all’obiettivo del concorso che possono diventare preziose in fase esecutiva. È stato fatto da parte di tutti un lavoro di grande attenzione a cui va dato merito. Credo che l’esperienza abbia insegnato che vale la pena anche per il futuro proporre concorsi per la progettazione di opere di particolare interesse pubblico. Un ringraziamento va fatto anche alla commissione d’esame che ha lavorato con competenza ed obiettività. Troppe volte si ritiene che gli incarichi professionali abbiano legami con uno scambio di favori fra progettisti amici. I concorsi di idee possono finalmente sbaragliare queste ipotesi in quanto il progetto andrà a chi, dimostrando conoscenza e idealità, è in grado di presentare proposte con finalità pubbliche concrete e possibili.

Gli elaborati presentati saranno oggetto di una pubblica esposizione, un modo giusto per onorare chi ha potuto e voluto partecipare dedicando del tempo alla ricerca di soluzioni preziose. L’Amministrazione Comunale intende ora passare all’esecuzione dei progetti proposti. ANTONIO ZAMBON

Ecco i vincitori Dopo un lungo e accurato lavoro di analisi dei vari progetti presentati, la commissione è giunta a queste conclusioni.

Area dei magazzini comunali Il primo premio è stato assegnato all’unanimità a un gruppo per metà budoiese. Infatti l’idea che è piaciuta di più è risultata essere, dopo l’apertura delle buste, quella di Alberto Del Maschio, Stefano Puiatti e dei loro colleghi Marco Bruno e Simone Carena. Il progetto formula una lettura corretta e precisa dello stato dei luoghi e risolve in modo semplice e ordinato le attuali contraddizioni fra le diverse funzioni svolte all’interno dell’area, assegnando ad ogni funzione uno spazio adeguato e coerente con la fruizione ottimale degli spazi pubblici. I progettisti hanno avuto un occhio di riguardo verso l’ambiente e la tradizione locale con la ricostruzione di un masaron quasi come nucleo centrale del progetto stesso. Viene valorizzato il piazzale rendendolo multifunzionale e separandolo dal magazzino comunale e dalla piazzola ecologica che avranno accessi separati. Ai vincitori vanno i 6 milioni in palio.

Teatro di Dardago Il concorso di idee per la riqualificazione del fabbricato e dell’area adiacente il teatro di Dardago ha visto la partecipazione di sette progetti presentati. La commissione ha assegnato tutti e tre i premi previsti. L’idea migliore, secondo la commissione, è quella proposta dal gruppo di professionisti pordenonesi guidato da Matteo Bordugo. Il loro progetto prevede l’inserimento della struttura del teatro in un’organizzazione degli spazi pubblici attenta alla morfologia dei luoghi e alle connessioni con le attrezzature e i servizi esistenti. Le soluzioni della struttura rispettano gli aspetti tipologici esistenti e l’organizzazione interna dell’edificio risulta semplice e funzionale. Come richiesto dal bando, la proposta ha considerato il teatro e lo spazio esterno come elementi di contiguità della scuola materna. Il progetto del gruppo rappresentato da Francesco Mattini ha vinto il secondo premio di 3 milioni e il terzo premio di un milione è stato assegnato al gruppo coordinato da Giuliana Raffin.


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Don Rolando Santin, sacerdote ed educatore

Non sono tanti coloro che ricordano lo spirito nobile e la longilinea e distinta figura di don Rolando Santin, poiché sporadiche furono – da parte sua – le visite nella terra della sua infanzia, soprattutto dopo la scomparsa della madre Valeria Daldos, di origine rumena, avvenuta negli anni ’60. Oramai non vi rimaneva più alcun affetto familiare, poiché il fratello minore, Luigi, era emigrato a Milano e il padre, Giuseppe, era deceduto, quando egli era ancora ragazzino. Un interessante profilo ci giunge da un suo confratello del Collegio Don Bosco di Pordenone, don Gustavo Resi, oltre ad una biografia, letta dai confratelli veneziani, durante il rito funebre nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo, e consegnata alla cugina Luisa Stefinlongo.

Educatore sereno, sollecito, preveggente, per nulla debole, voleva e otteneva dagli allievi una saggia disciplina, che li educava all’ordine, alla sana moralità, al rispetto, alle personali responsabilità. Gli allievi n’ebbero sempre una grande e affettuosa stima: a scuola, prima; nella vita, poi; e corrisposero con libera docilità ai suoi precetti e ai suoi esempi. Tra quello che faceva e quello che esigeva e quello che era, nessuna rottura e nessuna contraddizione. Sembrava, a volte, piuttosto duro - severo, anzi; non lo fu mai. Al di là della...scorza, era affabilissimo. Nel settore artistico, ebbe doni e gusti di notevole valore. Sentì il magistero dell’arte, sapeva trasmetterlo a chi gli parlava, o d’arte s’interessava. E dell’arte, seppe far emergere messaggi e auspici squisiti. Nulla di vano e di meno robusto. La sua arte, a dir in breve e bene, pur non essendo altissima, piaceva e «diceva». Sacerdote, convinto della sua missione e degli obblighi d’umanità e di scienza e di santità ch’essa richiede, coltivò studi e aggiornamenti adeguati ed equilibrati.

Dispostissimo al ministero pastorale dovunque lo si richiedesse, fu molto – e da molti – apprezzato per la sua saggia direzione spirituale. Anche se piuttosto esigente con sé, fu sempre largamente comprensivo con tutti. Era ascoltato volentieri anche nella sua predicazione piuttosto senza fronzoli, asciutta, ma decisamente efficace. Seguiva con gusto le liturgie fatte a modo e con la dovuta armonia d’arte spirituale. Nella sua sofferenza, che fu molteplice e lunga, accettò la sua croce senza subirla, ma con grande franchezza di spirito e con una forza interiore esemplare. DON GUSTAVO RESI (Collegio Don Bosco di Pordenone)

A sinistra. Don Rolando (1° a destra) con don Tarcisio Burigana (al centro) e don Alfredo, nel cortile della vecchia canonica di Budoia, l’8 luglio 1947. (Archivio privato) Sotto. Don Santin (1° a destra) presente ad un importante avvenimento della comunità budoiese: è il 3 febbraio 1963 e si festeggia il 60° anniversario di sacerdozio di mons. Giuseppe Lozer. (Foto di proprietà di Teresina Signora)


Un sindaco di 50 anni fa

La sua vita... La famiglia era originaria di Budoia, ma essendo sfollata a Roma per la grande guerra, don Rolando Santin nasce nella capitale il 10 agosto 1918 e viene battezzato nella basilica di San Pietro il 4 settembre dello stesso anno. Ritornato ben presto a Budoia, vi percorre esemplarmente le tappe fondamentali della sua vita cristiana e del suo curicolo scolastico. Il 14 settembre 1931, entra dai Salesiani a Trento, su consiglio del Parroco e dei Salesiani del Collegio Don Bosco di Pordenone, chiedendo nel 1936, dopo il ginnasio, di essere ammesso al noviziato. Al termine, e sempre con valutazioni molto positive dei suoi formatori, emette la prima professione religiosa, il 21 agosto del ‘37, e diviene Salesiano. La professione perpetua è del 28 giugno del ‘43, dopo gli studi superiori, coronati con l’abilitazione magistrale nel ‘40, dopo il tirocinio pratico nelle case salesiane di Belluno, Legnago e Udine, e agli inizi degli studi di teologia che compie per due anni al Pontificio Ateneo Salesiano di Torino e conclude con un altro biennio a Monteortone (Pd), dove riceve il diaconato e poi l’ordinazione sacerdotale il 29 giugno 1946, per le mani del Vescovo di Padova, Mons. Carlo Agostini. Inizia la sua vita sacerdotale salesiana, che possiamo dividere in tre periodi: – quello di sacerdote educatore nella scuola (si era nel frattempo abilitato all’insegnamento dell’Educazione artistica e del l’Educazione fisica), dal 1946 al 1971. In questo periodo s’impegna anche nelle attività dell’Oratorio, soprattutto a Mogliano e a Pordenone; – il secondo periodo, dal 1971 al 1991, è più direttamente pastorale e lo vede cappellano e viceparroco a Venezia-Castello, nelle parrocchie affidate ai Salesiani; – nel terzo periodo, 1991-2001, assume, su richiesta della diocesi, la cura d’anime presso la Casa di Riposo annessa all’Ospedale di Ss. Giovanni e Paolo. E proprio qui termina, nel rimpianto di tutti, la sua lunga fatica sacerdotale. Riposa ora nella tomba di famiglia nel cimitero di Budoia. a cura del CENTRO SALESIANO DI VENEZIA

Liberale Carlon ci ha lasciati, la vita è questa e la dobbiamo cogliere con serenità. Nell’inviare, a nome dell’Amministrazione Comunale, le condoglianze ai famigliari è mio compito, con questa presenza, testimoniare alcuni tratti della vita amministrativa del sindaco Liberale Carlon e ringraziarlo, a nome di tutti, per il suo impegno all’interno della vita politica e sociale nel paese. È stato sindaco dal giugno del 1949 al giugno del 1951 ed ha dovuto affrontare i problemi di un paese povero, uscito dalla guerra e con in mano le valigie dell’emigrazione. È stato preceduto dal sindaco Vincenzo Carlon gli succederà poi, il sindaco Armando Del Maschio. Io nascevo proprio in quegli anni, ho vissuto in tempi gradualmente diversi, anche grazie al suo lavoro. Gli obiettivi di crescita si raggiungono con l’impegno costante, tanto che nel tempo, il lavoro di ognuno diventa importante per lo sviluppo di un paese. Nello sfogliare i registri comunali, molte sono state le deliberazioni, segno di un lavoro costante mirante a far riprendere al paese il passo della normalità. Poche ovviamente le risorse disponibili, era necessario contare bene prima di agire e non si agiva se non lo si riteneva necessario. Un esempio questo, da rivedere ancora oggi, dove, nonostante le incomparabili disponibilità finanziarie ed a causa di sistemi complessi, è più importante far partire i progetti, mentre per i loro costi più o meno si potrà contare. In giunta arrivavano le richieste di allacciamento all’acque-

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Liberale con la moglie Antonietta Sanson. Hanno vissuto insieme per oltre 63 anni.


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dotto comunale, si esaminava se accendere o meno una lampadina in una via, si dovevano ripristinare malghe e pascoli. La malga Cjamp, distrutta dagli eventi bellici, ma anche la malga Valle ed il Pra del Biser. Si è dovuto deliberare il recupero di poveri resti umani fra la Casera Pra del Biser e Costa Longa con gli incarichi a Luigi Bortolini e figli per il trasporto di uomini e materiali, a Giuseppe Rosa per il confezionamento delle bare, a Giuseppe Lacchin la fornitura del vitto ed a Vincenzo Gislon è toccato il recupero, il trasporto, il seppellimento e l’assistenza. Si è fatta la piantumazione di alberi lungo la via della stazione per dare un’immagine accogliente al paese. Si è deliberato l’acquisto del vestiario per il vigile urbano compartecipando alla spesa di abiti e scarpe definendo che questo si rendeva necessario perché dopo cinque anni di uso quotidiano questi erano sufficientemente consumati. Liberale è stato rappresentante dei Coltivatori Diretti, impegno proseguito per molti anni successivi ed ha partecipato ad incontri e riunioni importanti a Udine ed a Roma nel 1951, all’incontro nazionale degli amministratori pubblici. Lo ricordo come una persona discreta ed interessata. Nelle occasioni in cui ho avuto modo di scambiare delle opinioni, ho notato in lui grande curiosità e nei suoi occhi franchezza, comprensione e vivacità. Caro Liberale, il Comune di Budoia ti ringrazia, il tuo impegno e la dedizione a favore del tuo paese e della tua gente non sono dimenticati. ANTONIO ZAMBON

Nato il 24 agosto 1909 da famiglia numerosa, Liberale era penultimo di otto fratelli. Visse i due conflitti mondiali: il primo, con il cuore addolorato di bambino per la perdita in guerra di un fratello maggiore; il secondo, con rassegnata tristezza tra le file dei granatieri in territori slavi. Per due periodi,

Ricordi del cuore Nonostante siano trascorsi ormai cinque mesi da quando il nonno ci ha lasciati, sempre vivo e gioioso è il ricordo tra i nostri pensieri. Inesauribili sarebbero le parole per descrivere la sua nobile gentilezza e finezza, la sua infinita generosità e magnanimità, il suo invidiabile senso dell’equilibrio e della moderazione. Come negli impegni per la collettività ha sempre ricercato la giustizia e non l’interesse e i privilegi dei pochi, così anche nelle vesti di pater familias si è particolarmente distinto: continua è stata la collaborazione nell’ambito famigliare e singolare la dedizione nell’educare i figli. Questa ricchezza di sentimenti e valori non è venuta a meno con il sopraggiungere della vecchiaia; ricordo che, anche negli ultimi anni di vita, ogni volta in cui gli facevo visita, si dimostrava premuroso e con insistenza mi chiedeva se volessi fermarmi per cena, mangiare o bere qualcosa. Quasi d’obbligo era accettare e, in questo modo, dal suo sorriso traspariva un’immensa felicità. D’animo spiritoso, era motivo di allegria: piacevole risultava la conversazione, animata da simpatiche battute che inevitabilmente portavano ad una risata. Purtroppo tutto ciò ora è solo nei ricordi, ma i suoi insegnamenti sono sempre vivi nella nostra vita di ogni giorno e certamente grande è il ringraziamento che a lui rivolgiamo per tutto ciò che ci ha dato e che noi stessi ci auguriamo di dare alle generazioni future. RAFFAELLA DEL MASCHIO

dall’immediato dopoguerra fino al 1960, e dal 1964 al 1970, ricoprì la carica di primo cittadino, di assessore e di consigliere del Comune di Budoia. Contribuì alla crescita sociale ed economica del paese anche con gli incarichi di presidente della sezione della Federazione Nazionale dei Coltivatori Diretti e di sindacalista. Nel 1971 si trasferì con la famiglia a Roma e vi rimase per tredici anni.


Buon compleanno, campanile!

Cinquant’anni fa il campanile di Dardago, da alto che era, divenne ancora più alto di statura. Don Nicolò, parroco di allora, lo voleva imponente, a sua immagine e somiglianza. Così incaricò Tino Frith dei lavori, il quale puntualmente consegnò al paese, per la festa dell’Assunta del 1951, la nuova torre a punta aguzza. All’ultimo momento mancava solo un pezzo, il più importante: la croce da portare e cementare al culmine della vertiginosa punta. Tino Frith lanciò la sfida ai rumorosi e gagliardi fantath sulla platha: servivano due coraggiosi. Perplessità generale. Bepi Cucola, che nell’affrontare pericoli era sempre il numero uno, si offrì. Ecco il primo. Ed ecco il secondo, disse subito Mario Basso. Roba da brividi. Sono saliti lungo una delle facce della punta, su dei minuscoli pecui di ferro sporgenti, che esistono ancora, e lassù hanno lavorato almeno due ore per conficcare saldamente cementata quella croce a 4 bracci, decorata con sfere colorate, che vediamo sempre. A quell’altezza domina da 50 anni a prova di fulmini, piogge e bufere. Bepi e Mario l’hanno piantata con tutte le loro forze, facendo sbiancare di affanno le loro madri quando hanno saputo dell’impresa. La notte del 15 agosto 1951 il campanile, tutto illuminato e incandescente, ha brillato in alto da toccare il cielo. Dove non è arrivato più nessuno, c’è stato il grande cuore di quei due indimenticabili fantath. (INFORMAZIONI DI INES LUTHOLA)

Buon compleanno, campanile! Dalla tua cella campanaria si domina la pianura... sino al mare. Chissà dalla punta..! (Foto di Cornelio Zambon). Sotto a sinistra. 15 agosto 1951, la foto, ormai storica, lo ritrae illuminato a festa. Sotto. Giuseppe Pellegrini (Bepi Cucola), Mario Basso e Tino Bocus Frith.


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Ricordo del padre

Mio padre, Giuseppe Rigo Moreal, nacque il 17 gennaio 1885. All’età di appena 9 anni partì per la Romania e l’Ungheria al seguito dei genitori per imparare ad intagliare la pietra. Il 26 novembre 1905 fu chiamato sotto le armi per due anni nel primo reggimento Artiglieria Fortezza di Torino in via Cernaia: fu caporale maggiore scelto puntatore, fino a quando ottenne un congedo limitato per buona condotta. Il 15 gennaio 1913, sposò mia madre Aurelia Rigo, ma solo due anni dopo fu richiamato in guerra dalla mobilitazione generale. Fu premiato per la buona condotta con 250 lire dal comune di Budoia e partecipò alle grandi battaglie di Bordighera e Monte Fior sull’altopiano di Asiago. Quest’ultima fu una strage in cui più di 3000 soldati persero la vita sotto i colpi dell’artiglieria tedesca. Durante la battaglia mio padre e altri due artiglieri di Bergamo riuscirono a resistere al nemico per più di quattro ore con un solo cannone, gesto che fece loro guadagnare una medaglia d’argento al valore (mai ricevuta, perché il loro comandante rimase ucciso, prima di poter consegnare la medaglia). Monte Fior fu completamente circondato dai tedeschi: anche mio pa-

Accanto. Un brindisi tra Aurelia e Giuseppe Rigo per i loro 50 anni di matrimonio. Sotto. Giuseppe Rigo (seduto) tra due suoi amici di Bergamo, nel 1905, durante il servizio militare.

dre e i due compagni vennero fatti prigionieri e portati in un campo di prigionia della Boemia. Quando ormai rischiavano di morire per la fame e la sete, riuscirono a scappare, e si unì a loro nella fuga anche Angelo Di Chiara, di Castello di Aviano. Camminarono per monti e valli per più di due mesi fino a quando, la notte del 2 giugno 1918, giunsero a Dardago scendendo dal Monte Cavallo. Mio padre ebbe però la brutta sorpresa di trovare anche la nostra casa occupata dai tedeschi e decise così di rifugiarsi, assieme ai compagni, in una grotta che lui conosceva nei boschi del Ligont. Vi rimasero sei lunghi mesi, durante i quali molte donne del paese portavano loro da mangiare; in cambio essi in quel mese di giugno raccolsero molti funghi porcini: mia madre, insieme ad altre donne, andavano con la carretta e l’asino fino a Roveredo e Porcia, dove li barattavano ai contadini con farina, fagioli, ecc. Io nacqui il 6 giugno 1918; avevo solo sei giorni quando mia madre mi portò nel bosco a trovare mio padre. Dopo l’armistizio del novembre 1918 mio padre venne mandato a Bologna per istruire le nuove leve. Fu congedato solo nel 1919: «Finalmente in abiti civili» tornò al suo lavoro in Francia, poi in Svizzera, al Sacrario di Redipuglia e al cimitero del Monte Grappa. Nel 1941, il 6 gennaio, cadde a terra, rimanendo paralizzato alle gambe e alle braccia. La mia povera madre dovette assisterlo, come un bambino, per trenta lunghi anni, senza pensione, senza assegni: ho dovuto pensarci io rinunciando alla mia stessa vita. MARIA RIGO MOREAL


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Intorvìa la tóla

di A cura ello Bastian ta li e M e e Adelaid

I Sclós Le lumache sono molluschi che hanno bisogno di una lunga preparazione ed una lunga cottura.

Preparazione di base Le lumache vanno lasciate a purgare nella farina da polenta per 3 giorni in un recipiente coperto. Passati i 3 giorni si estraggono dai loro gusci e si puliscono dal loro budello nero.Vanno ora lavate con acqua calda, ma non bollente, molto, molto bene e a lungo poiché continuano sempre a rilasciare la loro bava. Ora sono pronte per la cottura di base.

Sclós co’ la boia (Sclós in tecia)

Cottura di base Far scaldare in un tegame dell’olio, aggiungere il rosmarino, la salvia, l’alloro e quindi mettervi le lumache. Salare e pepare. Versarvi il vino bianco con l’aggiunta di un po’ di acqua fino a coprire completamente le lumache; farle ora cuocere lentamente per un paio di ore fino a quando si sentirà che sono abbastanza morbide. A questo punto sono pronte per essere usate per qualsiasi ricetta.

Preparazione Prima di iniziare a preparare le lumache va preparata la boia. Mettere dell’acqua a scaldare per la preparazione della polenta (v. l’Artugna n. 87). Stemperata la farina nell’acqua, far cuocere per una quindicina di minuti. A questo punto la boia dovrebbe essere pronta. Far quindi scaldare l’olio in un tegame, aggiungere le lumache (precedentemente preparate con la cottura di base sopraindicata) con un po’ del loro fondo di cottura e farle rosolare 5 minuti. Versare circa un mestolo di boia a persona nel tegame delle lumache e cuocerle per altri 15 minuti con la boia della polenta. A parte continuare anche la cottura della polenta che andrà servita assieme ai sclós co’ la boia.

Ingredienti 12 lumache a testa Olio Farina da polenta

Variante per gli «Sclós in tecia» Far rosolare in un tegame un cucchiaio di olio e due spicchi d’aglio. Unire un cucchiaio di conserva di pomodoro a persona, aggiustare di sale e pepe e far cuocere qualche minuto. Unirvi le lumache e continuare la cottura per 15 minuti. Terminare con una manciata di prezzemolo tritato e servire.

RINGRAZIAMENTI

Grazie a Silvestro Zambon Tarabin per la continua disponibilità e collaborazione data anche in questo numero.


’N te la vetrina

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Giusto 80 anni fa. Sul finire del mese di ottobre del 1921, una domenica pomeriggio (vedi l’Artugna n. 64), un nutrito gruppo di dardaghesi (per i cronisti del tempo fu l’intera popolazione), dopo aver partecipato alla cerimonia di scoprimento del monumento ai caduti, si diede appuntamento nel cortile della canonica per il rituale brindisi d’occasione.

Un gruppo di budoiesi in via Stefani, nei pressi de le Crositole accanto alla casa de Nadalin Signor, il 2 gennaio 1960. Da sinistra: Domenico Signora, Osvaldo Signora, Mario Andreazza, Giuseppe Signora, Umberto Andreazza, Luigi Signora, Natale Signora e Giovanni Battista Signora. Tracce di neve caduta di recente imbiancano il vigneto e il legname. (Foto di proprietà di Edia Signora)

Un folto gruppo di pellegrini a Pompei, il 18 settembre 1968, con don Alfredo e il Vescovo mons. Aurelio Signora. (Foto di proprietà di Ines Zambon Puppin)


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Splendida bimba di 5/6 mesi dagli occhi vispi e curiosi: è Angela Gislon Sibale, nata a Santa Lucia nel 1914, madre di Ferdinando ed Orfeo Fort Palanca. La foto è di Poletti di Sacile. (Foto di proprietà di Orfeo Fort)

La famiglia Carlon Fassiner, nel 1930: Adolfo con la moglie Bona e i figli Oscar, Ugo, Ester, Lucio e Pietro, nel cortile della sua abitazione. (Foto di proprietà di Gabriella Carlon Fassiner)

Bel ritratto della giovanissima Pasqua Bosser nei primi anni del ’900, sposa di Giovanni Davide Bocus. (Foto di proprietà di Luigi Bocus)

Evviva gli sposi! È il 9 ottobre 1929: si uniscono in matrimonio Pietro Lacchin di Budoia ed Ines Del Tedesco nella chiesa di Vigonovo. Elegantissimi sposi ed invitati. (Foto di proprietà della famiglia Lacchin – Quaia)


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L’angolo della poesia

Ama

Che cosa sei?

Ama... ama... Se non sai amare, impara. Ama... ama... Cerca di amare tutto, tutto quello che tocca la tua mano, tutto quello che vedono i tuoi occhi, tutto quello che riesci ad immaginare, a pensare.

Puoi evitare che sorga il sole? Puoi evitare che tramonti il sole? Allora cosa credi di essere? Che cosa sei? Quando ti senti così, così superiore agli altri, sia di giorno che notte, alza la testa e guarda la volta celeste. Capirai quanto sei piccolo.

Ama... ama... Ogni voce che senti, cerca di imparare ad amare. Tutto quello che c’è in questa natura è bello. Anche un insetto è bello. Prendi un filo d’erba in mano, non vedi quanto è bello? I fiori, i sassi ed anche le nuvole, sono tutti in una armonia di colore. Ama... ama... Impara ad amare, Cerca di amare. Il mondo è creato per il tuo amore. Impara prima l’amore. Guarda un bambino, guarda quant’è bello E quelli che l’hanno creato? Perché il mondo è creato per l’amore. Ama gli altri. Anche loro sono stati creati perché tu non stessi da solo. Tutto il mondo, l’universo è legato a sé con una catena d’amore. Cerca di dare il tuo amore, così capirai che nel tuo cuore c’è posto per tutto. Non dimenticare che della persona senza amore il mondo ha terrore. Questa o diventa nemico o scappa. Cerca di amare anche la morte, così capirai che c’è una vita senza la morte.

(testi conservati da Giovanni Battista Signora, rinvenuti alla sua morte dalla moglie Natalina)

La pace dei bambini La pace è come un fiore, va coltivato prima che esso muore, ha bisogno di affetto e amore, proprio come un bambino che vive nel dolore. La guerra è distruttiva, i bambini coi fucili lo sanno bene, devono patire mille pene, per neanche un piccolo bene. I bambini hanno il diritto di essere uccellini, di vivere volando nei cieli turchini, in un mondo dove la guerra non esiste e nessuno sarà mai triste. La Pace esiste E nella sua lotta persiste per un futuro migliore a dei bambini che non vivono nell’amore vittime della guerra che li costringe a lasciar tutto anche la natìa terra. ALBERTO


Pro Loco: per chi non si vuole annoiare mai

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Da Pasqua a Ferragosto veramente numerose sono le iniziative della Pro Loco, che hanno spaziato in tutti i campi, dalla cultura, al divertimento, alla natura. Bisogna sottolineare che in tutti gli appuntamenti è riscontrata una folta adesione, a testimonianza che la gente vuole incontrarsi e aderisce con entusiasmo ad iniziative vecchie e nuove. Questo è uno stimolo per l’Associazione a continuare su questa strada e, allo stesso tempo, dà lo spunto per rinnovare l’invito alla collaborazione da parte di tutti, sempre fondamentale nelle attività di volontariato. Ricordiamo alcune iniziative. Bassano del Grappa Sono presenti più di 50 persone alla gita culturale a Bassano del Grappa domenica 6 maggio 2001 per visitare la mostra «Cinquecento Veneto» con i capolavori del Giorgione, Tiziano, Veronese, Giotto, Cima da Conegliano, Tintoretto, Jacopo da Bassano, ecc., per la maggior parte provenienti dal museo Hermitage di San Pietroburgo e mai esposti in Italia. Successivamente viene visitata una fabbrica di ceramiche a Nove e, nel pomeriggio tutti a Vicenza per ammirare alcuni magnifici esemplari di architettura palladiana. Festa di Primavera Quest’anno la Festa si svolge domenica 20 maggio, con una novità: il ritrovo è in piazza a Dardago, per salire insieme al parco percorrendo a piedi uno splendido e semi sconosciuto sentiero. Si tratta di un collegamento che dalla località Rui de Col arriva in prossimità del castello in miniatura in Val de le Salere. Questo tratto, che collega due Percorsi Pedemontani progettati da Pro Loco e Comunità Pedemontana del Livenza, era da anni inagibile a causa della fitta vegetazione. Gita alle isole della laguna di Venezia La bella gita nella laguna ha come tappe San Francesco del Deserto e la sua comunità di Frati, Torcello e Burano, ospiti di un gruppo di pescatori che preparano un ottimo pranzo. Al rientro, i partecipanti assistono, al Cavallino, alle regate e alle premiazioni delle imbarcazioni. Diapositive naturalistiche Venerdì 15 giugno l’AFNI (Associazione Fotografi Naturalisti Italiani) propone immagini di rara suggestione. Protagonisti della prima parte sono i «Folletti...», cioè i piccoli animali che appartengono allo straordinario mondo dei micro-mammiferi. Le diapositive della seconda parte, intitolata «Kamchacta: vulcani, ghiacci e... fiori», costituiscono una sorta di appunti di viaggio ai confini del

Foto in alto. Suggestivo scorcio dal ponte di Bassano. Foto a lato. Festa di Primavera: Hot-dog Ciampore in preparazione. Foto in basso. Festa di Primavera: danze e giochi dei bambini delle elementari.


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mondo, in un incredibile dimensione caratterizzata da immaginabili contrasti. Le Quattro colonne ai Colori della Speranza Il 23 giugno 2001, si tiene l’incontro con i canti Spiritual e Gospel organizzato dal Collis Chorus. Ospite il quartetto «Quattro colonne» di Rovigno (Croazia): i componenti (1° tenore, 2° tenore, baritono e basso) simpaticamente spiegato come essi fossero effettivamente le colonne portanti di un coro e come poi ne siano effettivamente rimasti gli unici componenti. Accompagnati al pianoforte dal prof. Massimo Brajkovic’, si esibiscono in personali interpretazioni dei classici brani del repertorio Spiritual e Gospel. Teatro e natura Nell’ultimo sabato di giugno e nei primi due di luglio a Budoia va di scena il teatro. I tre spettacoli spaziano dalla comicità immediata del dialetto veneto alla commedia brillante in lingua, e sono presentati da compagnie di sicura esperienza e tradizione. Il programma prevede: «Le Baruffe chiozzotte» di Carlo Goldoni, «Ma chi te son..?!» di Osvaldo Mariutto e «Toccata e fuga» di Derek Benfield. Con l’iniziativa «Teatro e Natura» Pro Loco e Comune vogliono conseguire un duplice obiettivo: da un lato favorire l’avvicinamento del pubblico a questa forma d’arte, dall’altro far sì che il centro del paese diventi punto di incontro e scambio culturale, complici le belle serate estive. Andar per monti Domenica 1° luglio all’interno dell’iniziativa Andar per monti si tiene un’escursione attraverso suggestivi sentieri delle nostre montagne. Il percorso parte dalla Casera Busa Bernart (m 1284) e, passando per il Masonil Vecio, la Casera Ceresera, e la Casa forestale della Candaglia, arriva a Cima Paradise (m 1370). Il panorama spazia sul piano del Cansiglio, e sul maestoso sfondo delle Dolomiti. Passando per il Rifugio Maset e la casera Costa Cervera si ritorna alla Casera Busa Bernart. Grease Domenica 8 luglio quasi cinquanta soci partecipano alla trasferta a Trieste per assistere alla mitico musical «Grease». Questa commedia musicale, resa particolarmente famosa dal brillante film con John Travolta e recentemente tornata alla ribalta anche nelle sale teatrali, entusiasma tutti gli spettatori, da quelli più giovani a quelli abituati a spettacoli più tradizionali. MARTA ZAMBON

Foto a lato. Pubblico attento alla proiezione delle diapositive naturalistiche. Foto sotto. Il gruppo dei partecipanti alla gita nelle isole della laguna veneta. Foto in basso. Il 1° aprile di quest’anno numerosi sono stati i partecipanti alla gita a Padova per ammirare gli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni. Il gruppo è ritratto in una delle tappe della giornata: la visita al Museo Naturalistico di Cinto Euganeo/Pd sui colli Euganei.


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Cronaca

CHE FÓ´NO DE LA LATERIA DE BUDUOIA?

Vissuto per diversi decenni nell’abbandono delle sue funzioni, l’edificio della latteria turnaria di Budoia pare rinascere a vita nuova. Si riuniscono, per discutere sulla nuova funzione dello stabile, il sindaco Antonio Zambon e i soci, il cui presidente uscente, Osvaldo Carlon, evidenzia lo stato di precarietà dell’edificio e sottolinea la necessità di intervenire al recupero dello stesso. La proposta di salvaguardia avanzata dal l’amministrazione comunale, nel quadro del programma d’intervento comunitario INTEREG III, consiste nella realizzazione di un museo etnografico, utile alla conservazione e all’esposizione del materiale documentario già in parte raccolto dalla Pro Loco, e nell’attuazione di una sede di presentazione dei prodotti tipici del luogo da realizzare in collaborazione con il caseificio sociale di Fontanafredda. Per iniziare il nuovo cammino di trasformazione della società,viene rinnovato il consiglio di amministrazione, nelle persone di Maura Angelin, Ugo Andreazza, Giuseppe Carlon, Maurizio Carlon, Pietro Dei Maschio, Gian Pietro Fort, Stefania Mezzarobba, Pietro Zambon e Franco Del Maschio che ricopre la funzione di presidente del consiglio, ovviamente con il supporto dell’amministrazione comunale.

NUÓ´F ALTAR IN THIMITERIO

In ricordo dell’appena trascorso Anno Giubilare del 2000, la Parrocchia di Budoia, oltre al restauro della chiesa, con lapide ben visibile presso l’ingresso della sacrestia, ha voluto lasciare un segno esterno, con l’erezione di un nuovo altare per le celebrazioni in cimitero. Di pietra bianca, con nel mezzo una croce bocciardata al cui centro spicca la data 2000 all’estremità verticali Alfa e Omega; all’estremità orizzontali le lettere AD (Anno Domini). Quindi sull’altare si rinnova il sacrificio di Cristo, principio e fine di ogni cosa e Signore della storia. Queste, in sintesi, le parole pronunciate dal Vescovo emerito di ConcordiaPordenone, mons. Sennen Corrà, intervenuto a nome di Monsignor Poletto, assente per indisposizione, durante la cerimonia di benedizione, e successiva Santa Messa, alla presenza di autorità ci-

vili e militari, del pievano don Adel, di Padre Venanzio Renier con i parroci dei paesi vicini. Si prega per monsignor Aurelio Signora, ad 11 anni dalla morte e per tutti i defunti che riposano nel camposanto in attesa della risurrezione. La celebrazione è sostenuta dal nostro coro.

L’altare al centro dell’ossario. Un momento della celebrazione. (Foto di Giorgio Sanson)

MARIO POVOLEDO

LA CRÓ´S NÓ´VA

La comunità esprime un vivo ringraziamento ai volontari che, accogliendo anche l’appello pubblicato sullo scorso numero de l’Artugna, hanno voluto ripristinare la Croce della Pace. Per espres-

Con la speranza che l’uomo abbia rispetto del segno sacro rimesso a nuovo.


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sa volontà non pubblichiamo i nomi ma a loro vada il nostro plauso per aver saputo porre rimedio a una situazione di degrado che si prolungava da tanto tempo. La croce è stata benedetta dal Vescovo in occasione dell’inaugurazione del nuovo altare nel cimitero di Budoia e, nei primi giorni di maggio, ai suoi piedi, si è recitato il Santo Rosario.

I À CIANTAT ANCIA HÄNDEL

È sempre un’emozione ascoltare le note solenni dell’Halleluja, intramontabile capolavoro di Georg Friedrich Händel. Per un dardaghese, poi, è ancora più forte e significativa l’emozione nel sentire queste note risuonare nella Pieve di Santa Maria Maggiore, per di più eseguite dalla nostra cantoria, alla fine della Messa del giorno di Pasqua. Spontanei e sinceri sono scrosciati gli applausi: tutti si sono alzati in piedi e alla fine hanno richiesto il bis; sembra che più di qualcuno si sia commosso, qualcuno si è chiesto: Ma eli propio lors che i cianta?! Grande la soddisfazione dei cantori, che qualche mese prima non ci avrebbero scommesso; doverosi i complimenti all’infaticabile Fabrizio e al sempre disponibile maestro Alessandro Bozzer. Quale sarà la prossima sorpresa?

PA’ RAFFAELE CARLESSO

Nel pomeriggio di sabato 5 maggio 2001 a Dardago presso la Chisetta di San Tomè, numerosi alpinisti di ben quattro generazioni e molti appassionati della montagna hanno voluto rendere omaggio alla memoria di Raffaele Carlesso, deceduto un anno fa alla soglia dei 92 anni. Ha fatto gli onori di casa il Sindaco di Budoia, che nel suo breve ma significativo discorso di benvenuto, ha messo in rilievo le grandi doti di Carlesso prima come uomo, poi come alpinista e che proprio da questi luoghi ha mosso i primi passi verso quei monti che in seguito lo hanno visto protagonista delle sue leggendarie imprese. Ha ricordato che nel lontano 1928 insieme all’amico Renzo Granzotto, dopo una laboriosa perlustrazione e giorni di lavoro, rese accessibile la zona della Chiesetta di San Tomè e portatosi sotto il grande paretone che precipita dalla Brognasa, allestì, an-

che se in modo rudimentale visti i tempi, quella che in seguito è divenuta la palestra di roccia attuale e che egli continuò a frequentare anche ultra ottantenne. Dopo la Santa Messa officiata alla presenza della figlia e dei familiari dello scomparso, i convenuti si sono portati fin sotto le rocce della palestra dove, in un luogo di particolare suggestione, è stata scoperta e benedetta una targa in bronzo. Il Presidente della Sezione CAI di Pordenone ha tracciato un breve profilo di Carlesso che con le sue gesta e ancor più con il grande spirito di lealtà che ha avuto con la montagna, continuerà ad essere un grande esempio per le future generazioni. Durante la cerimonia il Coro ANA Montecavallo ha eseguito alcuni brani del suo repertorio, graditi da tutti i presenti. ROBERTO BIANCHINI

Festeggiamenti a Jolanda Burigana per i suoi 90 anni, attorniata dalla figlia, dai nipoti e dai pronipoti (24 aprile 2001).

La mitica parete di San Tomè, sede della palestra di roccia, testimone delle scalate di Raffaele Carlesso. (Foto di Marco Burigana)


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ATENTI A LE VIPERE!

Per il caldo improvviso di aprile, colli e monti si sono popolati in breve di rettili anche velenosi. L’Ammodytes con il corno è la specie di vipera che ha morso una dardaghese, intenta alla raccolta di sparesi de ruste. La donna, presa dal panico, urlava, poiché il rettile, con la sua dentatura ricurva, non si staccava dalla mano. Soccorsa dai medici del 118, fu trasportata all’ospedale e sottoposta a cure specifiche.

’NA MEDAIA AI CANAIUTH

Con una significativa cerimonia, svoltasi nella Sala del Consiglio Comunale, il sindaco Antonio Zambon ha accolto i bambini, nati negli ultimi due anni del secondo millennio, con i loro genitori, facendo dono a ciascuno di essi di una medaglia di benvenuto nella nostra Comunità, poiché una nuova vita «rappresenta il futuro per il quale la Comunità si deve impegnare per garantire un mondo di pace, di solidarietà e di dignità». I nuovi cittadini sono: Chiara Brusadin, Alessia Zambon, Federico Pauletti, Arianna Besa, Giorgio Signora, Alex Michielin, Mathias Zambon, Alessia Manenti, Roberto Merlo, Daniel Zanatta, Francesca Bastianello, Joshua Favero, Vanessa Pellegrini, Jessica Diane Bates, Elisa Volpatti, Ema Sadzak Lorenzo Truccolo, Kevin Berra, David De Re, Cristiano Pramore, Michel Jay Chandler, Irene Rinciari, Vanessa Del Zotto, Riccardo Ianna, Fabio Piazzon, Diego Fort, Ashley Cari, Ivan Kahol, Maraja Bottecchia.

LE CRESEME

Nella solenne festa della Natività di San Giovanni Battista, il Vescovo Monsignor Ovidio Poletto è salito a Budoia per la prima volta, dopo il suo ingresso in diocesi, per impartire il sacramento della Confermazione a 34 cresimandi delle nostre Parrocchie Sant’Andrea Apostolo, Santa Maria Maggiore, Ss. Giuseppe e Lucia ed uno proveniente da Fontanafredda.

Nella restaurata parrocchiale, gremita all’inverosimile, illuminata a giorno, con eleganti composizioni floreali donate dagli sposi Stefano e Cristiana, unitisi in matrimonio il giorno precedente, Monsignor Vescovo è stato accolto alla porta dal Parroco don Adel. Al suo ingresso, accompagnato da un sottofondo d’organo, è stato rivolto al presule il primo e spontaneo applauso. Nella sua omelia, incentrata sulla figura di San Giovanni Battista, con appropriate spiegazioni collegate alle due letture ed al Vangelo, Monsignor Poletto ha esortato i neo cresimati ad una vita intensa e genuina, da costruire insieme a Cristo, che si fa vicino a tutti nel viaggio terreno. Ha lanciato un appello a favore delle vocazioni al sacerdozio indicando come la via sia sempre aperta: «A me piacciono le parentesi aperte e non le parentesi chiuse»; ha rivolto inoltre un grazie a tutte le comunità dell’Unità Pastorale, ai laici impegnati negli organismi ed a quanti collaborano con il Parroco per una vita ecclesiale alla luce del sole. Terminata la celebrazione, resa ancor più solenne dalla corale di Dardago diretta da Fabrizio Zambon con all’organo Alessandro Bozzer, Monsignor Poletto, dopo le foto di rito con i cresimandi ed essersi intrattenuto con i fedeli presenti, ha visitato, compiaciuto, i lavori di restauro ed ha ringraziato don Adel del momento di fede vissuto con le nostre Comunità unite per un giorno davvero importante! I cresimandi hanno offerto per i bambini orfani d’Africa di Suor Albertina £ 1.220.000 e per il restauro della chiesa £ 675.000. MARIO POVOLEDO

E furono tutti pieni di Spirito Santo! Juri Bocus, Milena Bocus, Cristian Busetti, Michela Busetti, Chiara Capone, Elena Carlon, Marina Carlon, Matteo Carlon, Michela Carlon, Roberto Carlon, Francesca Carnio, Pier Luigi Ceccato, Vanessa De Biasi, Ramon Dedor, Silvia Del Maschio, Danilo Deodato, Pasquale Deodato, Ramona Deodato, Debora Fort, Mirco Fort, Alessia Guadagnini, Chiara Janna, Laura Janna, Samantha-Jo Ofstedal, Sara Pastorelli, Alessia Quaia, Andrea Rui, Ivory Wiley,Denis Zambon, Gabriele Zambon, Riccardo Zambon, Sara Zambon, Valeria Zambon, Federica Zanolin.


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PELEGRINS PA’ LE MARCHE E L’UMBRIA

Le meravigliose Marche e la verde Umbria sono state le mète del pellegrinaggio voluto dal 17 al 20 maggio dal comitato P. Marco d’Aviano per ricordare, fraternamente uniti, i 70 anni di sacerdozio di padre Venanzio Renier. Il percorso, che è stato seguito dall’ottima guida del nostro Fernando Del Maschio, ha toccato le cittadine di Camerino, Assisi e Loreto, andando così alle fonti del nome Venanzio e della stessa vocazione francescana del venerando e caro padre cappuccino. Tutti i quaranta pellegrini e collaboratori nell’opera in favore dei santi (tra i quali alcuni budoiesi) ne hanno goduto con profonda soddisfazione. All’amato e caro padre, che ha compiuto in maggio anche 92 anni e 77 di vita religiosa, i nostri auguri, con simpatia, in comunione di propositi, perché si compia l’opera sul nostro padre Marco per la quale egli si spende ancora pienamente. W.A.

GRATHIE, ALFREDO!

La cassetta delle offerte alla Madonna nella chiesa di Dardago ha ricevuto le attenzioni di ladruncoli che l’hanno maltrattata e vuotata con attrezzi da scasso. Alfredo Zambon (l’idraulico) ha provveduto a rimetterla in sesto, lavorando generosamente, al punto che se vogliono ripetere il tentativo, i malintenzionati devono armeggiare con attrezzi pesanti come un sapon (piccone). Adés i à vóia lor..! Le offerte sono ora ben custodite.

FESTA GRANDA PA’ DON ALBERTO

Congratulazioni ed auguri a don Semeja, già pievano di Dardago per tanti anni, per i suoi 55 anni di vita, dedicata alla cura delle anime, festeggiati nella «sua» chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, in Roveredo.

Gruppo all’esterno della rinata Basilica di Assisi. (Foto Fortunato Rui)

SCÓ´LA DE MUSICA

Anche quest’anno l’Istituto di Musica della Pedemontana ha raccolto i risultati di un anno proficuo, dedicato alla diffusione della musica tra i bambini e ragazzi dei comuni di Budoia, Aviano e Polcenigo. Ciò è stato dimostrato al pubblico nel saggio finale che si è tenuto il 14 luglio 2001 nella sala consigliare del Comune: numerosi sono stati gli applausi per gli allievi che si sono esibiti al pianoforte, alla chitarra, al flauto, al violino, alla fisarmonica, al sax, e nei canti della classe di solfeggio. Anche il Sindaco si è complimentato con i ragazzi, sottolineando come la loro attività sia un esempio positivo di realtà giovanile in tempi in cui i mass media danno risalto solo agli aspetti negativi. Gratificazioni sono state ottenute dagli allievi anche al conservatorio Tartini di Trieste, dove due di loro, Sara Zambon e Massimo Marin, hanno superato l’esame di Teoria e Solfeggio. Un riconoscimento all’attività dell’Istituto di Musica della Pedemontana giunge anche dal conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, con il quale si stanno concludendo le pratiche per la stipulazione di una convenzione: una recente legge prevede appunto il collegamento tra i conservatori e le istituzioni scolastiche per realizzare percorsi integrati di istruzione e di formazione musicale. DAVIDE FREGONA


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Inno alla vita...

Stephen Zambon, coccolato dagli sguardi teneri ed amorevoli di papĂ Paolo e di mamma Claudia, il giorno del suo battesimo, con i padrini, in una chiesa di North Hollywood, in California.

Massimiliano Gelmetti, gioia di papĂ Carlo e di Manuela Del Zotto, ha visto la luce a Lazise.

50° di matrimonio di Alessandro Fort e Nerina Saccon di Santa Lucia.


I ne à scrit

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Pirdop. (Bulgaria), 10 gennaio 2001

Cochabamba, 10 marzo 2001

Gentili Signori, ricevere il periodico di Dardago, Budoia e Santa Lucia è sempre un momento di piacere perché ci fa condividere per un po’ la vita della comunità lontana da dove ci troviamo. Due settimane fa ero di passaggio a Bordeaux (Francia) per salutare una zia materna (Da Ros Eugenia). Abbiamo parlato de l’Artugna, nella quale era ricordata con la sua classe. Quanto piacere le ha fatto rivedersi in fotografia dopo più di sessant’anni, ma quanta commozione ha provato ricordando gli amici, in particolare tutti quelli che sono ritornati alla casa del Padre. La zia mi chiede se vi sarà possibile inserirla nell’elenco per spedirle i futuri numeri della rivista. Vi ringrazio in anticipo, augurandoVi buon proseguimento. Distinti saluti ELIO F. PUPPIN

Siamo felici che l’Artugna Vi porti un po’ di aria di casa e vi faccia condividere la vita della nostra comunità. Lo scopo della rivista è anche questo: mantener vivo il legame di affetti che lega chi è rimasto nei nostri paesi e chi, per tanti motivi, ha dovuto lasciarli. Ci segua sempre. Inseriremo con piacere sua zia Eugenia tra i nostri abbonati, così avrà modo di immergersi nella vita delle nostre comunità. Grazie e auguri!

6 luglio 2001

Saluti a tutta la Redazione de l’Artugna e in particolare al fotografo Cornelio Zambon. MARCO E ANTONELLA GIGANTE

Contraccambiamo i saluti. Grazie da parte di Cornelio.

Continua il rapporto di amicizia tra suor Generosa e il Gruppo Adozioni di Budoia.


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Recensione DAI CONTI CORRENTI A tutta la Redazione i miei migliori auguri. MARIO FORT – VAREDO

* Per il periodico, sempre più bello e interes sante. Complimenti e saluti a tutti. MARIA LILIANA PATRON DEL MASCHIO – TREVISO

* Per l’Artugna sempre molto gradita. Saluti ed auguri a tutti. MARIA ZAMBON BOCUS – MILANO

* Ringrazio per l’invio de l’Artugna. VITTORIO ZAMBON – MILANO

* Abbonamento per l’Artugna che ricevo e leggo sempre con piacere. JOLANDA RIGO – SACILE

* Un caro saluto a tutti. NATALINA ZAMBON – MILANO

Con i caratteri delle Edizioni Messaggero di Padova è uscito un volume su «Santi e martiri nel Friuli e nella Venezia Giulia» ovvero sui profili dei cristiani santi della terra compresa oggi nella nostra regione e nei territori confinanti del Veneto orientale e dell’Istria, affini per radici storico-ecclesiali e culturali. Dai protomartiri e patroni della regione, Ermacora e Fortunato, ai testimoni della fede del XX secolo, passando attraverso 2000 anni di vicende, la rassegna presenta i valori e le virtù di un popolo cristiano. L’opera, edita dal Comitato interdiocesano per il Giubileo 2000, presieduto dall’Arcivescovo emerito di Gorizia, Antonio Vitale Bommarco, e dal suo segretario Walter Arzaretti che ha curato con passione e in modo eccellente un testo così complesso, contiene contributi di 51 studiosi, che hanno censito 173 santi friulani e giuliani, scanditi in 109 schede corredate di foto ed articolate entro 5 sezioni storiche, in successione ragionata. Il volume comprende anche l’originale ricerca dei santi ospiti nel territorio regionale ed è completo di indici per facilitarne la consultazione.

* A tutta la Redazione con simpatia i miei più cordiali saluti ed auguri. DANIELA ANGELIN – GENOVA PEGLI

* Un caro saluto a tutta la Redazione. Buon lavoro! NADIA DIANESE – VENEZIA

* È sempre un piacere ricevere l’Artugna. Grazie. MARCELLINA ZAMBON – TORINO

* Un ricordo in memoria di Girolamo Zambon. ALESSIO, FABIO, BETTA ZAMBON – BELLEGRA

Buon lavoro!

* MARCELLO CALLEGARI – BUDOIA

* Carissimi, un piccolo contributo per la nostra Artugna, sempre benvenuta. Buon lavoro da tutti noi. Un saluto speciale. ANGELO E SILVANA PISU – SUSEGANA

* Gentilissima Redazione, è sempre un piacere leggere i vostri articoli. Grazie cara l’Artugna. Cordialmente. AURORA CERRONI AURELI – ROMA

Ricordi di una gita tra parenti e amici. Da sinistra: Luigi Coltri, Italia Zamboni, Maria Zamboni, Elide Zamboni, Bruno Bremeli, Antonietta Bocus, Fortunato Zambon.


Palsa

Bilancio e Programma

La cartucje

Bilancio

Come scuelare no pues di di jessi stade bravone, mai atente aes materiis che mi isegnavin, distrate, zugatolone, dispetose. La nestre scuele, in doi tumos, e jere logade te sale di bal dal «Dopolavoro», prime, seconde e tiarce di matine, cuarte e cuinte dopodimisdì, o fasevin cuatri oris di lezion. I mestris a jerin in vuere e nò o vevin la furtune di ve mestrutis zovinis e bielis, che fra l’altri une e je ancje deventade me agne cuistade, par ve sposàt un barbe dal gno om. Il predi nus faseve dutrine dòs voltis par setemane, di martars e di vinars, e o pensi che ajerin lis dòs oris plui dissiplinadis di dute la setemane. Lui al jere alt doi metros, cun dòs manonis grandis di preà Diu di no cjapà un pataf. Al meteve sudizion parceche cuant che o sbaliavin al faseve une ridade cussi fuarte ch’o jeri cui cjàf a odulis, come gno solit, «Silvia – mi domande – cui ise la patrone di Palme?». In chel moment jo no savevi nancje cui ch’al jere il patron di San Vit; sicheduncje o resti cidine e cui cjàf bas. Lui alore j ripet la domande a une mè compagne: «Annamaria, dij a chè musse cui ch’e je la patrone di Palme». La frute, cu la vòs chej treme: «S. Justine». Il predi mi cjale serio e mi dis par talian: «Vai alla lavagna e scrivi bene in italiano il nome della patrona di Palmanova». Malapaiade o voi ae lavagne tal cidinòr gjeneràl, cui pinsir di no falà e di yoltà in maniere juste. «Se – o pensi – patrone e je par furlan, par talian e sarà cartuccia». E cussì, dute sigure, o scrîf: «La cartuccia di Palmanova è S. Giustina». Chei ch’a san la storie ch’e fo contade cetantis voltis dal plevan, mi cognossin come «chê de cartucje».

Situazione economica del periodico l’Artugna Periodico n. 92

entrateuscite

Costo per la realizzazione + sito Web Spedizioni e varie Entrate dal 19/03/2001 al 20/07/2001 Contributo Comune di Budoia Contributo Provincia

5.622.000 800.000 1.000.000

Totali

7.422.0008.482.000

Differenza

1.060.000

Solennità dell’Assunta

Valvasone - Duomo: Vergine, particolare da icona bizantina, sec. XIV.

LUNEDÌ 13 MARTEDÌ 14

ore 17.30

ore 18.00

* * *

MERCOLEDÌ 15

«O ai un merlo indian ch’al è un spetacul. Al sa imitâ miò barbe ch’al sune il trombon!». «Poben? Dulà saressie la braure?». «Tal tignî il trombon cu lis çatis!». GIGJ MESTRON

(tratto da «Il Strolic pal 2000» S.F.F.)

7.812.000 670.000

Programma

SILVIE PIAN

Butinle in ridi

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ore 10.30

ore 17.30

Santo Rosario in preparazione della Festa dell’Assunta. Durante la recita del Rosario è possibile confessarsi. Santa Messa Santa Messa Solenne presieduta dal Vescovo S.E. Mons. Ovidio Poletto. Canterà la Corale della nostra Pieve. Santa Messa vespertina celebrata da don Maurizio Busetti.

Da sabato 11 agosto sarà in funzione la Pesca di beneficenza con ricchi premi. Nel piazzale delle scuole sarà in funzione il chiosco gastronomico del Comitato Festeggiamenti Dardago.


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Avvenimenti

Nascite

Matrimoni

Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di:

Hanno unito il loro amore: felicitazioni a…

Bianca Zimmer Carlon di Carlo e Valerie Zimmer – Budoia Riccardo Zambon di Alessandro e Nadia Carlon – Budoia Greta Zanolin di Michele e Stefania Zucchet – Dardago Alessia Pauletti di Fabrizio e Raffaella Angelica – Dardago Alessandro Angelin di Ivo e Cristina Fort – Budoia Stephen Zambon di Paolo e Claudia Diaz – North Hollywood, California (U.S.A.) Massimiliano Gelmetti di Carlo e Manuela Del Zotto – Lazise (Verona) Andrea Camerin di Adriano e di Ivana Busetti – Sacile

Michael Christopher Thode con Claudia Lachin – S. Lucia Angelo Burigana con Innocencia Perez Tejeda – Budoia Stefano Carbonera con Cristiana Vuerich – Budoia Diego Pavan con Laura Zambon – Dardago Luca Guerrin con Paola Barraco – Budoia Giovanni Del Maschio con Marta Saksida – Budoia Italo Zambon con Paraskevi Scounos – Dardago Fabrizio Fucile con Elena Lachin – Santa Lucia Nozze d’oro Alessandro Fort e Nerina Saccon – Santa Lucia

Lauree e diplomi

Defunti

Complimenti...

Riposano nella pace di Cristo: condoglianze ai famigliari di…

Lauree Antonella Bolzan – Laurea in German and International Relations – Reading (Inghilterra) Maurizio Vettor – Disegno industriale – Milano Elisabetta Del Zotto – Medicina e Chirurgia – Lazise (Vr)

Rosa Angelin di anni 86 – Budoia Romano Angelin di anni 84 – Budoia Paolo Biscontin di anni 75 – Budoia Antonio Zambon di anni 81 – Dardago Irma Santin di anni 85 – Dardago Ermido Zambon di anni 68 – Dardago Antonio Angelin di anni 94 – Budoia Gian Andrea Zambon di anni 68 – Dardago Marina Janna di anni 89 – Dardago Alfredo Klinger di anni 58 – U.S.A. don Rolando Santin di anni 82 – Venezia/Budoia Luigi Santin di anni 88 – Budoia Giuseppina Rizzo Romito di anni 92 – S. Lucia Alfredo Rigo di anni 65 – Cavolano Angela Italia Bastianello Mezzarobba di anni 96 – Dardago Vincenza Dedor di anni 84 – Budoia Bruno Bonicelli di anni 91 – Dardago Pasqualino Zambon di anni 79 – Dardago Luigi Del Zotto di anni 77 – Budoia Aurelio Carlon di anni 70 – Belluno Alda Biscontin di anni 72 – Budoia Lea Grazia Marcandella di anni 62 – S. Lucia Domenico Zambon di anni 88 – Dardago Attilio Carlon di anni 91 – Budoia Maria Pellegrini di anni 75 – Sarmede Vittorio Zambon di anni 58 – Trieste Luigia Angelin Pellegrini di anni 92 – Dardago Giovanni Rigamondi di anni 84 – Budoia Silvio Carlon di anni 69 – Budoia

Licenza elementare Mario Bocus, Fabio Carlon, Martina Stella Carlon, Stefania Carrasi, Luisa Del Puppo, Elisa Lachin, Cristina Lauritano, Francesca Lucia, Renata Lujic’, Sara Roskovitz, Maria Assunta Sommario, Kristof Springolo, Nicholas Strohbach, Eleonora Usardi, Francesca Romana Zambon Licenza media inferiore Dario Alberto Adore, Giulia Bravin, Cristian Busetti, Andrea Carlon, Federico Del Maschio, Silvia Del Maschio, Sabrina Fort, Matteo Morson, Marta Panizzut, Sara Pastorelli, Ilaria Pitton, Marco Poletti, Chiara Zambon Licenza media superiore Lisa Bortoluzzi – Istituto d’Arte Edoardo Calderan – Liceo Scientifico Daniele Carlon – Ragioneria Daniele Del Maschio – Liceo Scientifico Fabio Fucile – Liceo Scientifico Tania Martinuzzi – Istituto Magistrale Alessandro McGiovery – Ragioneria Paola Poles – Ragioneria Lorenzo Quaia – Liceo Scientifico Alberto Zambon – Liceo Scientifico Claudia Zambon – Istituto Tecnico Agrario Paolo Zambon – Istituto Tecnico Industriale Simone Zambon – I.P.S.I.A.

I nominativi pubblicati sono pervenuti in Redazione entro il 26 luglio 2001. Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.

IMPORTANTE Giungono talvolta lamentele per omissioni di nominativi nella rubrica Avvenimenti. Ricordiamo che la nostra fonte di informazioni sono i registri dell’Anagrafe comunale. Pertanto, chi è interessato a pubblicare nominativi relativi ad avvenimenti fuori Comune o relativi a particolari ricorrenze (nascite, nozze d’argento, d’oro, risultati scolastici, ecc.) è pregato di comunicarli alla Redazione.


Anacamptis pyramidalis Foto di Daniele Marson - Budoia /Pn Pentax LX ob. f2.8 Fuji velvia L’Anacamptis pyramidalis è una delle più frequenti orchidee che, da aprile a giugno, possiamo trovare nei prati di pianura, ai margini delle boscaglie e nei nostri pascoli fino 1400 metri. È una pianta che può raggiungere gli 80 cm ed è composta, a differenza delle più conosciute orchidee esotiche, da molti fiorellini rossi che talvolta assumono colorazioni che vanno dal rosa al porpora.

O Associazione Fotografi Naturalisti Italiani Sezione Friuli-Venezia Giulia Via della Liberazione, 6 · 33070 Budoia / Pn Tel. e fax 0434/654322


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