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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXI Agosto 2002 Numero 96
Di crollo in crollo
Sommario
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Di crollo in crollo di Roberto Zambon La lettera del Plevan di don Adel Nasr 1807: Budoia e Polcenigo verso un’unica municipalità di Osvaldo Puppin Il sacerdozio, dono e mistero di padre Venanzio Renier Cent’anni fa a Budoia la nascita di Aurelio Signora di don Adel Nasr di padre Venanzio Renier di don Gioacchino Cozzolino e don Franco Soprano Al servizio della Patria di Ferdinando Carlon È crollato un mito! di Mario Ponte Progetti per un mito di Antonio Zambon Il gusto della memoria, un museo da assaggiare di Elastico L’istruzione femminile nel secolo XIX di Claudio Sottile Dai ferri-battuti ai robot di Anna Pinal Comunità in festa... La Pro Loco ne fa quaranta di Marta Zambon Tignòn sù la glesia a cura del Consiglio per gli Affari Economici/Dardago Relazione tecnica di Ugo Perut Intorvìa la tóla a cura di Adelaide e Melita Bastianello ’N te la vetrina Cronaca I ne à scrit Palsa, Bilancio e Programma Avvenimenti
In copertina. Foto d’archivio di don Giovanni Perin dal titolo «E la vita ’l è bela, ’l è bela...» dei primi anni ’70. Obiettivo puntato su volti felici di bambini, attraverso il balcone del vecchio teatro. Per educare le nuove generazioni ai veri valori della vita, ognuno impari a vigilare, operare e mai a biasimare.
Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia (PN) Direzione, Redazione, Amministrazione Tel. 0434/654033 C.C.P. 11716594 Internet: http://www.naonis.com/artugna E-Mail: l.artugna@naonis.com Direttore responsabile Roberto Zambon Tel. 0434/654616 Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna
Ed inoltre hanno collaborato Giovanni Bufalo, Ennio Carlon, Francesca Janna, Mario Povoledo, Espedito Zambon, Marta Zambon, Sara Zambon. Autorizzazione del Tribunale di PN n. 89 del 13-4-73 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone. Stampa Arti Grafiche Risma Roveredo in Piano/Pn Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.
Il crollo del tetto del nostro teatro, avvenuto lo scorso 28 giugno, è uno di quegli avvenimenti che, quando accadono, vengono immediatamente a conoscenza di tutti. Un rapido tam-tam porta la notizia in tutte le case, facendola diventare fonte inesauribile di commenti e di discussioni. Ed è naturale che sia così: il teatro è stato una tappa importante per la comunità di Dardago; ne parliamo più diffusamente all’interno di questo numero. Il crollo del tetto ha dato la stura alle polemiche. Non vogliamo prender parte a questo gioco. Ci preme solamente sottolineare che troppe volte i tempi della burocrazia sono più lenti degli eventi. Resta il fatto, innegabile, che il progetto per la ristrutturazione era pronto e che entro breve potevano iniziare i lavori... Ora ci è stato assicurato che, dopo le necessarie modifiche al progetto, il teatro verrà ricostruito. Il fragoroso crollo del tetto ci fa riflettere su altri e più dannosi crolli che la nostra società rischia di incontrare sul suo cammino. Sembriamo avviati verso un futuro privo di quei valori che hanno contraddistinto la nostra storia nei secoli. La prima facile osservazione è relativa alla perdita (o alla dimenticanza?) della fede. L’uomo sta convincendosi di essere autosufficiente, di essere lui il padrone del mondo, il dio onnipotente che – con i ritrovati della scienza – può fare e disfare a proprio piacere. Si arriva anche a clonare gli esseri umani. Leggiamo, in questi giorni che in Giappone, una setta religiosa – quella dei Raeliani – ha commissionato la clonazione di alcuni loro adepti che ricercano l’immortalità e, qui da noi in Italia, il dott. Antinori, per non essere da meno, annuncia che fra qualche mese farà nascere un bambino frutto della clonazione. Povero uomo (inteso come povera umanità), cosa stai costruendo con la tua intelligenza!? L’uomo, se abbandona la via della fede (e della ragione), è capace delle più grandi bestialità. * * * Ognuno di noi deve vigilare e operare per difendere i veri valori della vita. I sassi possono essere recuperati per ricostruire il teatro. Recuperare i valori crollati e calpestati può essere ben più difficile. ROBERTO ZAMBON
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La lettera del Plevan
Non solo il tempo vola Carissimi fratelli e sorelle, siamo arrivati ad agosto del 2002 velocemente. Sembra che il tempo sia in gara con noi. Mi fa molto pensare che il tempo è sempre lo stesso, il corso della notte e quello del giorno, dall’inizio del mondo, sono sempre gli stessi. Ma che cosa è cambiato? Vedo persone soffocate dal tempo e sembra abbiano voglia di lottare contro i minuti e i giorni. Ma qualcuno rimpiange il passato e i suoi ritmi. Quindi, si può pensare al tempo non come nemico, perché il tempo di per sé è neutro. Il problema è che noi abbiamo riempito il tempo di tante cose che ci fanno vivere male la nostra vita. Quindi, il tempo è neutro e un dono di Dio va rispettato e come tutti i doni della natura hanno un percorso che bisogna rispettare. Non sta a noi impadronirci del tempo e riempirlo in modo da disturbarci. Mi viene in mente il libro del Qoèlet, al capitolo 3 dal versetto 1 al versetto 8: «Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. (...) un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via. Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. (...) un tempo per la guerra e un tempo per la pace». Aggiungerei che c’è il tempo per crescere e il tempo per diminuire. Non riesco a capire in che tipo di tempo stiamo vivendo! Penso il tempo attuale: è molto importante per decidere il nostro avvenire. Sembra che la vita cresca nell’età, ma diminuisca nel numero. Non vi pare? Penso che la priorità assoluta è curare i tempi della famiglia. Ora è il momento di una rivoluzione intelligente: difendere i valori che ridanno un’identità cristiana italiana e europea. Ricordati che senza una tua fisionomia personale sei perso in un mare di mondo più aperto e accessibile a tutti. Mi
“Il tempo è l’essenza della vita, fa’ tesoro di ogni istante” Motto su meridiana in località San Vito al Tagliamento (Pn) Casa Deotto Del Fre
formulo una domanda: perché ci si dà tanto da fare per le piste ciclabili e per le strutture che costano tanto e si usano molto poco e non ci si dà da fare per dei giovani che decidono di formarsi una famiglia? Certo che abbiamo delle leggi assurde che ci stanno soffocando. Il tempo è molto innocente. Ricordiamo che il tempo della vita è dato a noi da Dio, soprattutto per questo. Bisogna dire che, se non vogliamo anche noi volare e sparire come il tempo, dobbiamo assolutamente rispettare il tempo di ogni cosa. Saluto e benedico tutti e faccio gli auguri di ogni bene a tutti quelli che in questi anni hanno avuto il coraggio di iniziare l’impresa della famiglia. Un ricordo particolare ai ragazzi della prima comunione e della cresima. Una preghiera e un pensiero vivo vanno agli ammalati e agli anziani. La nostra benedizione raggiunga non solo i presenti sul nostro amato territorio, ma tutti quelli che hanno il cuore qui. DON ADEL NASR
1807: Budoia e Polcenigo verso un’unica municipalità
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da qualcolo era già ti ar t’ es u q per Il materiale to… et ss ca che anno nel i, tramite ilano i atti reperit d ie p co to di Stato di M fo io i v d i h ta rc at A tr l’ si to n, nel – Tagliamen berto Sanso , Busta 771 a l’amico Um n er d o m e e so; part rettificazion [Fondo Cen ne ricorsi sulla ei d ro d su indicazio a u Q agliamento] T (1807-8) – ioel az d al le n a g ri la sua se o territo rt za a n p se m ; o co zi el d avrei ngra atisana) non an, che qui ri L lt i A d e te p n ap co m el d cune iene a richiesto al o a quanto v an m ne (mi avev r te et m i modo d infatti avuto dal recente . to è poi venuto e» qui pubblica le er d u cl n a co gna n. 95 al Lo stimolo « so su l’Artu ar p ap o sm ario Co o articolo di M no al Ministr doia rivolgo u B pp. 13-14. e e ar o ig rm en fo Polc supplica per I Comuni di d’Italia una o n eg R de del regno el d el 1807, la se n dell’Interno o am si à; chiviazione nicipalit gione dell’ar ra la una sola mu è ta es u ostri paesi. ilano e q sueta per i n n era allora M co in tà li rmata una loca copertina» fi « a n degli atti in u i d a st con e stilata) Il documento direbbe anch si a fi ra ig ll dal testo (ma dalla ca edi figura], [v o ac d n si da Lachin, criviamo e che qui tras n io iz et p la del (A-D). enti allegati m cu o d 4 a ed
A Sua Eccelenza Il Sig.r Ministro dell' Interno Supplica delle due Municipalità di Polcenigo e di Budoia, le quali implorano di essere riunite a for= mare una sola Munici= palità così importando li biso= gni di d.ti due Comuni, li reciproci interessi, e la configurazione Sua fisica; ut intras con Alleg.o A Privilegio de Beni Comunali B. Terminazione dell' ex Veneto Governo l'unione della Co= munità C. approvazioni del pas= sato Governo Austria.co D. Dissegno F. di Polcenigo Sindaco Lachin Sindaco di Budoja
A S.E.il Sig. r Ministro dell'Interna La Comune di Polcenigo di antichissima origine comprende oltre il Castello di Polcenigo le Comuni di Coltura, S.Giovanni, S.Lucia, Mezzo-Monte, Dardago, e Budoia, Tutta questa popolazione ascendente a sei mille Anime non rappresentava, che un solo Corpo in tutti gli affari si attivi, che passivi come consta chiaram:te dall'Investituta de Beni Comunali sub A. promiscuam:te, e indivisibilm:te concessi. Per avvalorare maggiorm:te la retta e legale amministrazione di questa Communità fu dall'ex Governo Veneto approvato un Consiglio rappresentativo l'intiera Comunità come sub B., e questo medesimo Consiglio venne riconfermato dal cessato Governo Austriaco nell'esercizio delle Sue funzioni come sub C. Rissulta quindi ciaram:te non essere queste Ville tante distinte Comuni, ma una sola sebben divisa in due Parocchie. Fu solam:te nel felice ingresso delle armi di S.M.I. e R. l'Imperatore de Francesi, e Re d'Italia nostro graziosissimo Sovrano,
che nella formazione delle municipalità la Rappresentanza locale di Sacile divise per particolar suo interesse, e lacerò a fronte delle più forti rimostranze questa unione formandone sei distinte Communi, e sei Municipalità. Tante amministrazioni non potendo essere, che di maggior dispendio, e ostando al miglior Servizio del Sovrano specialm:te nell'importante disciplina della Coscrizione determinarono le Superiori Autorità alla riunione di Polcenigo, come capo luogo le Municipalità di S.Giovanni, Coltura, e Mezzo Monte; alla Municipalità di Budoja quelle di Dardago, e S. Lucia. La Municipalità di Polcenigo restò assogetata al Cantone di Sacile, e quella di Budoja al Cantone di Aviano. È indicibile quanto rovinosa, e fatale sia questa separazione ad una Popolazione, che aveva tutto promiscuo, che tutti li suoi interessi sono comuni, e che non ha nessuna marcata divisione specialm:te nei Comunali. Il Dissegno sub D, che unito si umilia farà conoscere a V.E. la località quasi centrale di Polcenigo, le distanze de membri di questo il corso del Torrente Artugna che comprende e
rinserra tutti li Luoghi componenti la sud.a Comunità di Polcenigo, onde rimediare ad un disordine, che tanto offende il Pubblico, ed il privato interesse A tale effetto iñalzano supplichevoli alla Superiorità dell'E.V. li più fervidi voti le due municipalità di Polcenigo, e di Budoja implorando la loro riunione in una sola Municipalità di Polcenigo per poter giovare al privato interesse non solo, ma molto più al miglior Servigio dell'Augu stis.mo Nostro Sovrano Imp.e, e Re. Grazie *** Copia
A. J6i2: ii Settembre Privileggio del Magistrato Illustrissimo de Be ni Comunali concesso alle Comuno di Polcenigo con sue susseguenti renovazioni i633, e i644. Noi Nicolò Capello, Nicolò Vendramin, e Zuañe Contarini Proveditori sopra Beni Comunali avendo vedute le perticazioni fate d'ordine degli Illustris.mi Sig.ri Bernardin Bellegno, e
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L’allegato A richiama l’investitura indivisibile dei beni delle Comuni [era già stata attuata la separazione tra Polcenigo, Coltura e Mezzomonte, San Giovanni, S. Lucia, Budoia, Dardago] citando un documento dell’11settembre del 1612 e rinnovato poi nel 1633 e nel 1644. L’allegato B [che a Milano è solo riassunto, è riportato per esteso a Venezia e trascritto in: I sei Comuni, di Zoccoletto Giorgio, ed. l’Artugna 1995, pag.62 all.7] ribadisce la natura consortile dei succitati Comuni, durante il governo veneto. L’allegato C riprende la attualità (al 1802) del consorzio anche dopo i passaggi all’Austria e al Regno d’Italia di matrice francese. L’allegato D è un disegno [fig.2] (notare in alto a sinistra il sigillo per il pagamento del bollo) «che comprende e rinserra tutti li luoghi…» Forse qualche distanza, confidando nella lontananza della sede amministrativa (Milano), è stata ritoccata a vantaggio della tesi della riunione… È comunque un documento significativo, (anche se non raggiunge il livello artistico di uno simile, conservato nel medesimo faldone, allegato ad una analoga petizione presentata dai comuni di Aviano). Vorrei ora passare a qualche riflessio-
Marc’Ant.o Marcello Proveditori sopra Beni Comunali in Terraferma di M.r Ercole Peretti Pertigador delle Ville di Polcenigo, Coltura, S. Giovañi, Dardago, Budoia, S. Lucia, aver(o)no trovato posseder esso Comun li sottos.ti Campi entro li sottos.ti Confini che sono terminati all'intorno con fossi, e termini di Pietra viva col S.Marco e millesimo sopra sinchè restano del tutto separati dal terreno dei particolari confinanti, quali consegnamo a Voi uomini del pred.o Comun, perchè li abbiate a godere unitam.te: in Comun Pascolo, e per uso di Pascolo facendo ubertoso il Pascolo, ed allevando delli animali, siccè tutti Voi abbiate a sentirvi con la Munificenza di Sua Serenità il beneficio insieme di d.i Comunali con l'infrascritte condicioni. omissis, Item Polcenigo con il visto delle sud.e Ville giace unitam.te una montagna d.m di Polcenigo qual Montagna confina da una il contado di Aviano, dall'altra la Giurisdizion di Caneva, dall'altra Cividal fino alla Pietra incisa, dall'altra la Tavella di Polcenigo. omissis
ne, personale, che questo documento suscita in me alla luce della realtà odierna. Globalizzazione e individualità delle proprie radici, quali le prospettive future? La nostra società è attraversata da un flusso continuo ed ininterrotto di informazioni... siamo in presenza di un mutamento antropologico che sta trasformando il nostro linguaggio e la nostra cultura: è il nostro cervello, la nostra memoria che abbiamo posto fuori di noi, nei calcolatori, nelle banche-dati... ...Nella moltiplicazione e nella ristrutturazione continua dei saperi la società contemporanea rischia di perdere la propria identità, ... noi stessi ci sentiamo minacciati nell'identità... Ma penso anche che, attenzione ed ascolto siano atteggiamenti indispensabili per poi sfociare nell'accoglienza dell’altro, del diverso, andando oltre a quei luoghi comuni, per lo più negativi, che i media ci sottopongono in modo sempre più ossessivo. Attenzione ed ascolto che ci rendono disponibili ad una lettura attenta dei fatti che coinvolgono l'umanità, vicina a (o lontana da) noi; disponibili ad ulteriori incontri che ci possano aiutare ad approfondire la conoscenza con l'altro, a cogliere le ricchezze che ogni uomo e donna hanno in sè...
Venezia dall'ufficio de Beni Com. ii 7bre i6i2 Nicolò Vendramin Proveditor Zuañe Contarini Proveditor ***
B. Copia Terminazione degli Illustris:mi, ed eccel: mi Sig:ri Revisori, Regolatori dell.e Entrade Publiche par esecuzioni di Decreto del l'Eccelentis:o Senato 6 Decembre i793 *** Concorso essendo l'Eccelentis:mo Senato col Sovrano Decreto 6 xbre corrt. ad approvarsi l'accordo in otto Capitoli stabiliti tra li sei Comuni consorti della Giurisd.e di Polcenigo li 14 Ottobre 1792, comise altresì a questo Magistrato di dover confermare apposita terminazione, che abracci, e comprenda le modificazioni delli surifferiti otto Capitoli dell'appovato sud.to accordo. Dal Magistrato di R.R. dell'Entrade Pub, li i0 Decembre i793 Bortolomio Grandenigo P.°R.R. Girolamo Savorgnan R.R. Andrea de Leggi 4°. R.R. /Agostino Cappelli Secretario
C. Copia Copia di lettera scritta dalli due Deputazioni della Patria, e Città di Vdine alli conti Giurisdizionali di Polcenigo in relacione in relazione a Venezia Decretto del cessato Governo Generale Austriaco i9 Agosto i802. *** Significa L.I.R. Governo Generale di aver prese nel più serio esame le deduzioni del Consorzio de Co.ni di Polcenigo, non mismo che dei dodici Deputati di codesta Comunità ha trovato nel caso di prescrivere e dichiarare, come dichiara e prescrive Primo che l'accordo i4 Feb.° i792 stipulato fra li sei comuni della Giurisd.e di Polcenigo comportante la d.m Comunita debba rimanere in piena osservanza omissis Vdine 22 7bre i802 Giuseppe Golici Coc.co Deputato della Patria e Colli Gabriele Conc(t?)i Deputato della Città e Colli
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Accogliere, valorizzare, scambiare il patrimonio culturale che ognuno di noi ha in sè.. è uno degli aspetti della globalizzazione, una delle sfide del terzo millennio. Ma chi ci dice che lo scopo del dialogo sia quello di unificare? Forse ci si accorgerà che lo scopo del dialogo è quello di capire, rispettare e gioire delle differenze! Non è forse Dio il più grande «sincretista» che ha creato un mondo così differenziato, eppure così unificato? Questo discorso vale per i vicini (penso a Budoia e Dardago, a Coltura e Polcenigo) e oggi a maggior ragione, anche per i più lontani, i più diversi, …gli stranieri. Sono un diacono, sia pure incardinato nella diocesi ambrosiana. L’evolversi della situazione, anche ecclesiastica, non può lascirami indifferente, e qualcuno mi confidava che in diocesi di Concordia-Pordenone entro pochi anni non si potrà più garantire più di un prete ogni 6-7000 abitanti. Sono urgenze che richiedono un adeguamento di ruoli, di funzioni, di distribuzione di servizi all’interno delle singole comunità: gli impegni non necessariamente «legati al prete» devono esser ridistribuiti, valorizzando una realtà sociale
sempre più interconnessa. La mia curiosità di «storico dei Puppin» mi ha portato a contatto con un registro parrocchiale budoiese del 1895 «Inter cives butuenses et dardacenses fere integro speculo dissidia maximaque odia exarserunt… tra budoiesi e dardaghesi per quasi tutto il secolo (1800-1900) esplosero dissidi e odi gravissimi…» una brutta pagina della nostra storia... Vorrei però poter oggi considerare questi fatti come una parentesi, una crisi di crescita per rivendicazioni autonomistiche ormai storicamente risolte, il tutto in un contesto che vanta radici comuni ben antecedenti a quel 1612 citato nel documento milanese… Lo stimolo è quello di fissare il nostro sguardo al futuro: Dardago, Budoia e S. Lucia guardano al Livenza ove l’Artugna confluisce, e le comunità religiose di Dardago con Budoia e di S. Lucia con S. Giovanni stanno ormai aggregandosi; non si può non riflettere sul fatto che questa aggregazione – ricordando una ben più antica tradizione comune – veniva già richiesta dalle comunità civili, al Signor Ministro dell’Interno, due secoli fa, nel documento ritrovato a Milano. OSVALDO PUPPIN
Un suggestivo disegno della Pedemontana Occidentale da Caneva a Castel d’Aviano. Secolo XVIII (Archivio di Stato di Milano).
Il sacerdozio, dono e mistero
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Il 27 settembre 1992, don Adel – nostro pievano e parroco – riceve l’ordinazione sacerdotale. I Consigli pastorali di Dardago e Budoia, congiuntamente, stanno mettendo a punto i dettagli delle cerimonie e degli incontri organizzati per ricordare degnamente questa ricorrenza. Il programma definitivo sarà inviato ad ogni famiglia. Il nostro periodico fa giungere a don Adel, da queste colonne, l’augurio più sincero per un lungo e proficuo lavoro pastorale.
Caro don Adel, per la ricorrenza dei dieci anni del Tuo ministero sacerdotale, voglio dedicarti una massima di Padre Marco d’Aviano, scritta il 14 gennaio 1695 al marchese di Colloredo, nipote del famoso cardinale friulano Leandro, che abbandonò la brillante carriera politica alla corte imperiale di Vienna per diventare prete (e poi vescovo): «Il sacerdote con il santo sacrificio ha il campo di infiammarsi tutto di amore divino». Ma qual è il «campo» proprio del servizio di un prete? L’ALTARE. È la mensa o tavola dove celebriamo il grande mistero della Santa Messa. Mi ha colpito una frase letta nella sacrestia di San Stae a Venezia, settant’anni fa, da novello sacerdote: «La tua Messa sia come la prima, l’ultima e come l’unica». La prima l’hai concelebrata nell’ordinazione il 27 settembre 1992 nel Duomo di San Marco di Pordenone, dopo l’imposizione delle mani del Vescovo Sennen. Ti eri preparato con i più santi propositi, con anni di studio della teologia e di formazione spirituale.
Ma ogni messa deve essere come l’ultima, perché, adorando Cristo nascosto sotto le specie sacramentali, ci prepara alla visione del Cristo glorioso. Sia come l’unica: qui è nascosto il mistero della nostra dignità sacerdotale. La Messa è continuazione e memoriale che rende presente il Cristo; il prete ripete le sue stesse parole, con l’autorevolezza di rappresentante e ambasciatore, e con la stessa efficacia che ebbero nell’Ultima Cena: «Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue offerto (il corpo) in sacrificio per voi e sparso (il sangue) per la nuova ed eterna alleanza». Pronunciate sul pane e sul calice, queste parole significano in modo mistico il sacrificio della croce, reso glorioso e vivo dalla Risurrezione e Ascensione al cielo, in virtù della quale Gesù, entrato nel santuario celeste, continua il suo eterno sacerdozio e quello di capo della Chiesa, suo corpo mistico. Un artista rappresentò l’efficacia della Messa in questo modo. Al centro, un piccolo altare con il sacerdote; in alto, Cristo che offre al Padre e allo Spirito Santo la sua eterna redenzione, circondato dalla Chiesa trionfante, cioè dalla Vergine
Don Adel con il Santo Padre, in occasione della visita del Papa alla Diocesi di Concordia-Pordenone.
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Maria, dagli Angeli, dai Santi e da tutti i redenti; sotto, un gruppo di anime del Purgatorio che, piene di attesa e amore, aspettano che il Sangue di Cristo, portato dagli Angeli, le renda degne dell’abbraccio con la Trinità. Ai lati dell’altare, si stringe la Chiesa militante (composta in questo mondo da tutto il genere umano, senza eccezione alcuna), che adora con riconoscenza, chiede perdono e implora grazie per tutta l’umanità e in modo particolare la conversione dei peccatori. L’AMBONE (O PULPITO). È luogo dove il sacerdote, e in particolare il parroco, come i Profeti del vecchio testamento, come gli Apostoli e i Vescovi loro successori, spiega alla luce della parola di Dio le verità che portano a Lui, ai piccoli, ai giovani, agli adulti, agli anziani. Ma anche – come dice San Paolo – ammonisce, corregge e, se necessario, rimprovera con zelo, pazienza, sapienza e dottrina. IL BATTISTERO. È il luogo della rinascita spirituale, in cui il battezzato viene reso Figlio di Dio e partecipe della vita eterna. Chi amministra questo sacramento diventa vero padre spirituale e deve essere considerato tale. È il battesimo che dà valore a tutti gli altri sacramenti. Fra questi, ha importanza grandissima la Confessione, perché con essa il sacerdote ridona la grazia santificante perduta con il peccato mortale. Ricordiamo poi l’Unzione degli Infermi, che predispone le anime all’incontro definitivo con il Signore; il sacramento della Cresima (preparato dal sacerdote con la catechesi); il Matrimonio, di cui il prete è testimone qualificato, offrendo poi, come pastore, continua assistenza alle famiglie che da esso hanno origine. Quarto luogo è il cuore aperto del sacerdote alle necessità spirituali e materiali del popolo affidato alle sue cure, «perché non manchi mai ai fedeli la sollecitudine del pastore» (vedi Messale). In tale esercizio, Tu stai dando oggi una grande disponibilità nelle due parrocchie di Dardago e Budoia; prima ancora nella Comunità di Frattina; cappellano al Duomo-Concattedrale S. Marco in Pordenone, Amministratore Parrocchiale a Frisanco. Ti auguro di continuare nello slancio di offerta della tua vita, sostenuto dall’intercessione di sacerdoti santi quali Pio da Pietralcina, Marco d’Aviano, il Curato d’Ars, patrono e modello dei
parroci, e i preti esemplari che hanno segnato la tua scelta di vita. Essi siano garanti del tuo sacerdozio che, come ha scritto il santo padre Giovanni Paolo II, è «dono e mistero»: non è infatti uno dei mestieri, ma una missione spirituale di altissimo valore e responsabilità, che richiede, in chi ne è investito, continua preghiera, profonda vita spirituale, unione con Dio e impegno nel trasmetterlo, perché se «molti ti ammirano e vorrebbero seguirti», abbiano «il tuo coraggio», come scrive ancora Padre Marco a Fabio di Colloredo. Dieci anni da prete sono appena, o poco più, che un inizio. Più e più di tutto cuore Te ne auguro (tanti come i miei), in comunione di sentimenti e con il tradizionale: Ad multos annos! PADRE VENANZIO RENIER OFM CAP
In alto: don Adel con i suoi confratelli, nel giorno della sua Ordinazione sacerdotale. Sotto: una recente immagine di don Adel nella chiea di Dardago.
Cent’anni fa a Budoia la nascita di Aurelio Signora
Cent’anni di nascita di Monsignor Aurelio Signora saranno degnamente ricordati alla presenza dell’attuale suo successore alla guida spirituale di Pompei, l’Arcivescovo-Delegato Pontificio Domenico Sorrentino, nominato dal Papa Giovanni Paolo II e ordinato Vescovo dallo stesso Pontefice, il 19 marzo 2001, alla cui ordinazione in S. Pietro partecipò una delegazione della parrocchia di Budoia. Con l’occasione verrà benedetta la nuova Cappella feriale e della Riconciliazione (Confessioni). In ricordo del servizio pastorale reso da Monsignor Aurelio a Pompei, sovrasterà l’altare della celebrazione un quadro della beata Vergine del Santo Rosario.
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La celebrazione avrà luogo domenica 11 novembre 2002 alle ore 10.30. L’Arcivescovo Sorrentino giungerà da Pompei a Pordenone, ospite del Seminario Diocesano nello stesso appartamento ove soggiornò Giovanni Paolo II, durante la sua visita pastorale alla nostra Diocesi. Monsignor Arcivescovo, accompagnato da don Beppino Rendina, già Segretario Particolare di Monsignor Signora, sosterà in cimitero nella tomba del suo terzo Predecessore e poi celebrerà la S. Messa in Chiesa. Già sin d’ora, Lo ringraziamo del dono della Sua presenza. DON ADEL NASR
Un friulano trapiantato al Sud
Nella preghiera, con un caro ricordo, facciamo memoria dei cent’anni dalla nascita a Budoia del vescovo Aurelio Signora, avvenuta da Giuseppe e Panizzut Pierina, in una casa dell’attuale via Lunga, il 21 ottobre 1902. I titoli per questa breve «commemorazione» mi vengono dall’avere conosciuto Monsignor Signora ancora durante il quadriennio teologico che frequentai a Venezia, nel seminario cappuccino del Santissimo Redentore, fra il 1928 e il 1932. Don Aurelio era allora un giovane prete (fu ordinato nella città lagunare nel 1925) che attirava moltissima gente alle sue messe nella stupenda chiesa della Madonna dei Miracoli, di cui era rettore. Anch’io mi nutrii frequentando quella sua «scuola» di predicazione e cercai di carpire da lui il «segreto» di una parola umana che affascinava tante persone e faceva penetrare meglio nella loro anima la Parola divina, grazie alla vasta cultura espressa, alla signorilità del gesto, alla chiarezza dell’esposizione e soprattutto alla gioia che da don Aurelio traspariva nel trasmettere le certezze supreme della fede cristiana. Conservo un ricordo anche del periodo romano di monsignor Aurelio, impegnato in un in-
carico di grande fiducia e responsabilità come segretario generale dell’Opera di San Pietro Apostolo, alle dipendenze della congregazione, che oggi chiamiamo dell’Evangelizzazione dei Popoli, che anima e orienta la vita missionaria di tutta la Chiesa. In particolare, il nostro monsignor Signora va considerato come il «padre» del grande seminario per la formazione di preti indigeni (cioè oriundi di chiese ancora giovani di anni e di organizzazione) che era sorto sul colle del Gianicolo, proprio in vista del Vaticano. Qui mi presentai a lui, come suo ascoltatore veneziano di un tempo, nel periodo (anni trenta) dei miei studi alla Gregoriana. Ricordo la cordialità della sua accoglienza e la guida alla visita dei vasti e luminosi locali del collegio, che ospitava chierici e giovani preti inviati dai loro vescovi a Roma per acquisire
Monsignor Aurelio Signora in una delle sue visite a Budoia negli anni ’70.
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una formazione superiore nelle università pontificie e poi rientrare per irrobustire l’annuncio cristiano nelle loro nazioni. Mi fece allora impressione vedere raccolti e formati alla preghiera in comune e a una soda spiritualità (cui monsignor Signora contribuiva organizzando la vita del collegio) confratelli dall’Asia, con gli occhi a mandorla e la pelle gialla, altri bruni o nerissimi dell’Africa, altri dalla carnagione olivastra perché pronipoti degli antichi abitanti dell’America Latina. La Chiesa manifestava davvero il suo carattere cattolico, cioè «universale», fedele all’euntes» comandato da Cristo stesso prima di salire al Cielo. E, grazie ad istituzioni (e intuizioni) come quelle di monsignor Signora, conservava e dilatava il carattere della «romanità», cioè dell’unità, che è indispensabile a fare della Chiesa il popolo di Dio: diffuso nel mondo, ma compatto su Cristo, pietra angolare del divino edificio. Dopo Roma, monsignore continuò il suo itinerario di servizio alla Chiesa da vescovo, con la pienezza dell’ordine. Fu a capo del Santuario di Pompei, il più grande e famoso dell’Italia Meridionale, come delegato pontificio; e fu anche pastore del gregge di residenti e pellegrini come prelato. Anche qui il suo prodigarsi fu notevolissimo, tanto che le iniziative di un ventennio (dal 1957 al 1978) non si contano. «Esse hanno certamente segnato un’epoca del Santuario», ricorda il fedelissimo segretario monsignor Giuseppe Rendina. L’arcivescovo Signora abbellì il santuario e costruì la casa degli esercizi spirituali, il convento per le suore domenicane del Santo Rosario e la nuova penitenzieria, e dotò le opere pompeiane anche di una grande area verde, il piazzale Giovanni XXIII. Con la sua efficace ed efficiente presenza, con tante iniziative e un’intensa pietà, favorì e incrementò la devozione a Maria. Tutto culminò con il restauro e l’incoronazione dell’immagine della Madonna da parte del papa Paolo VI e con la beatificazione dell’avvocato Bartolo Longo, che della Vergine di Pompei era stato il grande araldo e del santuario il fondatore. Del beato Longo, Monsignor Signora fu certo un imitatore, proseguendo e sviluppando le meravigliose opere sociali e religiose che circondano e rendono benemerita la nuova Pompei e facendo anche udire la «voce del Rosario», come aveva fatto tra Otto e Novecento il beato Bartolo: con la parola, gli scritti, e anche un accalorato intervento ai vescovi riuniti in una sessione del Concilio Vaticano II, l’arcivescovo- prelato di Pompei sot-
L’Arcivescovo Mons. Domenico Sorrentino, successore di Mons. Signora alla guida spirituale di Pompei.
tolineò come il Rosario sia non solo la preghiera che onora e invoca la Madonna, ma anche una preziosa meditazione dei misteri di Cristo suo Figlio. Qualcuno definì Monsignor Aurelio Signora «un friulano trapiantato al Sud»: friulano per la tenacia del lavoro e il portare a compimento le imprese previste; trapiantato molto bene al Sud, per la sua grande comprensione di quelle generose popolazioni. Un friulano vissuto quasi tutta la vita fuori della piccola patria: a Venezia, Roma e Pompei. Ma un friulano sempre affezionato alla terra natale. Basti ricordare la testimonianza di don Alfredo Pasut, per cinquant’anni parroco di Budoia: «Ricordo il primo pontificale celebrato da lui (dopo l’ordinazione episcopale a Roma) nella nostra chiesa gremitissima di fedeli: il suo amore per Budoia, le sue preoccupazioni per la comunità in occasione di avvenimenti tristi. Fu sua la prima telefonata che ricevetti nella notte del 6 maggio 1976, quando il terremoto sconvolse il Friuli». E qui a Budoia, raggiunti i limiti di età e compromessa ormai la salute, scelse di tornare, come gli emigranti friulani di un tempo, che sentivano il bisogno di rientrare a casa, per passarvi gli ultimi anni. Qui lo ritrovai anch’io ed ebbi occasione di salutarlo e confortarlo nell’infermità, colpito dall’affetto, dall’amore cordialissimo del fratello professor Mario e dalle premure quasi materne delle suore venute con lui da Pompei: suor Maria Stefania (da poco passata anch’ella a miglior vita) e suor Maria Candida. Ma soprattutto destò meraviglia
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– penso in tutti – la lucidità della sua mente, la serenità della sua anima, la sua pietà sacerdotale nel celebrare quotidianamente l’Eucaristia in casa e la tenera devozione alla Madonna, espressa fino alle ultime ore con le Ave Maria recitate insieme al patriarca di Venezia, il carissimo Cardinale Marco Cè, prima di partirsene per il Cielo sul far del mese mariano di maggio. Budoia, con la lapide presso il fonte della chiesa al quale fu portato per il battesimo il 3 novembre di cent’anni fa, e più ancora con la sua «presenza» al centro del camposanto, può continuare a ricordare Monsignor Aurelio Signora come figlio affezionato, una gloria bella, una testimonianza di vita spesa a fare il bene e a farlo per le anime, cioè per il Signore. E per Budoia oggi, iniziato un altro secolo (e millennio), noi – carissimo amico, monsignore e vescovo Aurelio – chiediamo alla Madonna, che hai tanto amata e onorata, la grazia di camminare come hai fatto tu: con fedeltà e fervore sulla strada che la Divina Provvidenza ha tracciato per ciascuno di noi. Per questo, tu prega con noi, prega per noi. PADRE VENANZIO RENIER OFM CAP
In segno di gratitudine
Il centenario della nascita dell’Arcivescovo Signora rievoca la ricca e poliedrica personalità di questo presbitero e poi pastore della Chiesa. Un Vescovo che nel corso della sua esistenza ha lasciato solchi profondi. Ovunque egli abbia lavorato non sono mancati frutti di operosità a servizio del Vangelo: a Venezia, sua Chiesa d’origine, nell’esercizio diretto del ministero pastorale; a Roma, in Vaticano, nel campo dell’azione e promozione missionaria; a Pompei nella guida di questa particolarissima Chiesa, legata in modo speciale alla Santa Sede, che egli ha amato in modo straordinario profondendo energie d’ingegno, di parola, di testimonianza, operosità. Le iniziative da lui promosse testimonino la sua passione religiosa e civile per Pompei e il suo Santuario. Ricordiamo in modo particolare la co-
struzione del nuovo Seminario: il suo orgoglio. Da tutti ammirato per la modernità e funzionalità: da Lui visitato con frequenza, spesso, durante le pause dei lavori conciliari, conduceva Vescovi e Cardinali ad ammirare l’opera da Lui creata. E quanti giovani hanno ricevuto tra quelle mura formazione umana e cristiana! Gli scriventi sono alcuni di quelli che hanno beneficiato dell’azione e dell’attenzione di questo Vescovo per i candidati al sacerdozio. A Lui siamo grati non solo per aver ricevuto, dall’imposizione delle sue mani, l’ordinazione presbiteriale, ma per l’amorevolezza con la quale Mons. Aurelio Signora ha accompagnato il nostro cammino vocazionale. Come non ricordare i colloqui, le lettere, le visite ai seminari nel corso della formazione, l’interessamento per lo studio, gli interventi con quel tono autorevole che, a chi poco lo conosceva, poteva incutere timore, e, infine, il giorno in cui ci ha ordinati sacerdoti. Gli ultimi presbiteri ordinati al termine del suo servizio episcopale nella Chiesa pompeiana. Fu tutto straordinario quel 7 dicembre 1977. Dallo splendido cielo che rese bella la giornata, alla celebrazione, semplice nello svolgimento, quanto corale nella partecipazione della comunità ecclesiale. E su tutti Lui, Mons. Aurelio Signora: commosso da non immaginare. Con voce un po’ tremante procedette al sacro rito. L’omelia fu particolarmente breve: Lui, oratore fecondo, dalla parola traboccante. Era consapevole che quelle erano le sue ultime ordinazioni. Aveva da poco rassegnate le dimissioni per raggiunti limiti d’età, ma, probabilmente, esprimeva anche l’affetto di un Padre per i seminaristi, verso i quali aveva avuto sempre un particolare rapporto e una speciale predilezione. Ed infine ci piace concludere e riportare alla mente quel lato bonario e comprensivo di Mons. Signora che forse non a tutti era dato di constatare. Spesso al termine delle celebrazioni lo accompagnavano nei suoi appartamenti. In quel clima molto familiare ci permetteva di prendere quello che desideravamo, suscitando le proteste della buona suor Stefania, Monsignore la guardava e con un rassegnato cipiglio ed un paterno sorriso, le diceva: «Che vuoi farci, sono giovani!». DON GIOACCHINO COZZOLINO, DON FRANCO SOPRANO
Al servizio della Patria
Il nostro collaboratore Ferdinando Carlon conobbe, durante la seconda guerra mondiale, don Carlo Gnocchi, al tempo cappellano degli Alpini. In occasione dei cento anni della nascita del «padre dei piccoli mutilati» egli vuol ricordare la carismatica figura ai lettori de l’Artugna.
Don Carlo Gnocchi, nato a San Colombano al Lambro il 25 ottobre 1902 e morto a Milano il 28 febbraio 1956, fu Ten. Cappellano dell’8° Rgt. Alpini - Btg. Val Tagliamento - Div. Julia sul fronte greco-albanese (23 marzo 1941) e su quello jugoslavo dal 25 luglio 1941 all’aprile dei 1942; appartenne alla Divisione alpina Tridentina – fronte russo dall’agosto del 1942 al marzo del 1943. Lo si ricorda, inoltre, come precursore nella donazione di Organi. Nella scheda biografica, riportata dalla rivista «Missione Uomo», nel numero speciale di febbraio 2002, a pagina 5, si evidenzia: «...anno 1940 si arruola come cappellano volontario negli alpini e parte per il fronte greco-albanese». Non vengono citati né la data né il Reparto di appartenenza. Per la successione degli avvenimenti, e per chi in quei tempi ha vissuto nello stesso Reparto, è dovere, seguendo il cronologico, precisare che don Gnocchi raggiunse il Btg. Val Tagliamento – 8° Rgt. Alpini Divisione Julia, che era schierato sul Breschisthit (quota 1437 m), il 23 marzo 1941, data particolare perché il Battaglione era in fase di trasferimento per altro fronte. Furono giornate infauste e avverse per la neve in quota e la pioggia torrenziale a valle. In considerazione che il cappellano don Gnocchi viene citato solo alla Divisione Tridentina, è dovere completare il suo curriculum da parte di coloro che, con Lui, hanno condiviso – per oltre un anno – le quasi impossibili vicende del fronte greco-albanese e jugoslavo, ricordare e far ricordare il suo passaggio nell’8° Rgt. Alpini - Btg.Val Tagliamento.
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Il 25 aprile 1941 si concluse il conflitto sul confine greco, a Mulini Davie, e tre giorni dopo – il 28 aprile 1941– il Battaglione si trasferì per via ordinaria (termine della naja che equivale «a piedi») verso la vallata, in zona Boga-Theti (a tre giorni di marcia da Scutari), accampandosi in detta località a confine con il Montenegro - Sangiacato, stazionandovi fino al 25 luglio 1941, data di trasferimento sul fronte jugoslavo, a seguito dei noti eventi insurrezionali in quell’area. L’esperienza maturata da Don Gnocchi presso il Btg. Val Tagliamento (quanti furono i chilometri «calcante pedes» macinati sul fronte greco-albanese e dal luglio 1941 in quello jugoslavo, con la temperatura polare dell’inverno 1941/42!) Gli è stata senz’altro d’aiuto per superare anche la disastrosa ritirata del fronte russo con la Divisione alpina Tridentina. Chi ha avuto la fortuna di averLo al proprio fianco, mai potrà dimenticare la carismatica figura: lo comprova anche il contenuto della «Preghiera del Soldato», da lui sottoscritta per il periodo pasquale 1941, riuscendo, malgrado il di-
sagio latente degli eventi, a distribuirla ai componenti del Battaglione (vd. copia). Dopo tale dolorosa e sofferta esperienza incontrata nella sua missione di «cappellano militare» sui fronti di guerra greco-albanese e russo, divenne il precursore nella Donazione di Organi. Concluso, infatti, il conflitto mondiale, forte dell’esperienza vissuta, avvia la Fondazione «Pro Juventute», che si prefigge l’obiettivo di dare assistenza e ricovero ai piccoli mutilatini, vittime innocenti della guerra; istituzione che si espanderà poi in tutta l’Italia. La sua missione è sempre stata di «aiutare chi soffre, in particolare i bambini». All’amico oftalmico dr. Galeazzi di Milano lasciò testato che le sue cornee, nel momento in cui si sarebbero chiuse per sempre, fossero trapiantate a due ragazzi – Silvio di 12 anni e Amabile di 17 – provenienti da una delle sedi della sua Fondazione, che hanno così potuto rivedere le bellezze del Creato. FERDINANDO CARLON
Nella pagina accanto, al centro: Boga (Scutari), giugno 1941. Il «Val Tagliamento» assiste alla Santa Messa celebrata da don Gnocchi.
In basso: sempre a Boga, in Albania, davanti alla baracca, sede del comando di Battaglione, con parte dello «staff» addetto alla maggiorità. In piedi, da sinistra: Del Fiol, Ugo Bigliardi, Ferdinando Carlon, ten. Joppi (aiutante magg. del Btg.), Lino Pegolotti, Manfroi. Seduti: Gino Ferrari e don Carlo Gnocchi, cappellano.
È crollato un mito!
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Il teatro è una tradizione per Dardago, la cui popolazione, negli anni ’20, lo sognò, lo realizzò e – per alcuni decenni – lo alimentò. Lo soccorse pure con generosità nel 1975/76, quando esso manifestò i primi gravi acciacchi; fu recuperato, infatti, grazie all’interessamento e all’opera di don Giovanni Perin, che in quella struttura aveva individuato il luogo per la crescita educativa delle nuove generazioni. Nel cuore dei dardaghesi, oggi, c’è la speranza di un recupero in tempi brevi.
È crollato il tetto...! No, è crollato un mito...! È accaduto venerdì 28 giugno verso le ore undici. Se ripensiamo ai sacrifici fatti dai nostri vecchi, a quanto disinteressantemente hanno lavorato per dare a Dardago un luogo di ritrovo e di aggregazione, viene d’obbligo ricordarli e pensare quanta storia paesana è crollata e sepolta sotto quelle macerie. Non è mia intenzione entrare nei giochi e nei «tiramolla» della politica amministrativa, nel decidere sulle soluzioni da dare a quanto i predecessori hanno saputo fare, con mezzi limitati, finanziari e tecnici, superandoli tutti egregiamente. Avevo 6-7 anni quando calcai le tavole del palcoscenico reggendo la bandiera davanti agli attori che cantavano il «Va’ pensiero...» alla fine della recita de «I martiri di Belfiore» prima di avviarsi al patibolo. Questo dramma fu rappresentato anche a Colle Umberto, su invito dell’allora dottor Schenardi. Sempre in questi anni feci una recita scolastica assieme alla bravissima Nerina Zambon Colus, in costume del ’700. Direttore artistico e preparatore era mio padre Serafino Ponte, che dedicava le sue serate alla realizzazione di questi spettacoli. Bisogna rifarsi con il pensiero all’epoca; allora non esistevano altri divertimenti. La vita scorreva e si logorava nel lavoro duro dei campi o nell’emigrazione stagionale. Quanti bravissimi scalpellini e muratori rientravano al paesello per trascorrere l’inverno in fa-
Sopra: dall’alto del campanile il teatro in attesa del recupero. Accanto: Nerina Zambon di Arcangelo Colus in costume settecentesco, in una recita del 1929.
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miglia e per completare quei lavori ai quali provvedevano, in loro assenza, le mogli, le madri o i figli. Della bravura dei nostri artigiani ne ho avuta conferma in Romania, ma soprattutto a Istanbul (allora Costantinopoli). Il sultano che aveva commissionato la sala del trono a questi specialisti, aveva loro ritirato i passaporti e fatti rinchiudere nei locali da rifinire fino al compimento dell’opera, per accelerare l’esecuzione. Ma ora passiamo a citare i nomi che sono legati al teatro di Dardago. Qui li voglio doverosamente ricordare, scusandomi se, per gli scherzi della memoria, qualcuno non verrà citato: invito quanti lo possono fare a colmare le dimenticanze. Zambon Antonio Luthol, presidente della Filodrammatica (così si chiamava la Società del teatro), che occupava sempre la «Buca del suggeritore» all’estremità anteriore del palcoscenico e che, con la sua voce piena e chiara, dava l’imbeccata all’attore; Ponte Serafino, segretario e direttore artistico, Carlon Pietro Scopio, Rigo Carlo Moreal, Zambon Antonio Palathin, Vettor Antonio Cariola, Zambon Antonio Sartorel, Janna Beniamino Bernardo, Santin Basilio Tesser, Zambon Anzoletto Marin, Zambon Fortunato Pinal, Zambon Giovanni Luthol, Zambon Pietro della Cooperativa, Basso Paolo, Zambon Angelo Luthol, Ponte Lea, che ha presentato il monologo «Trieste Redenta». Per ricordare a quanti oggi fruiscono delle finzioni computerizzate, voglio richiamare alcuni
Dardago, 31 agosto 1924 DALLO STATUTO DELLA SOCIETÀ ANONIMA COOPERATIVA «CONCORDIA E PROGRESSO» (...) Art. 2 – Scopo della Società è di costituire ed esercire una sala teatrale, offrendo al pubblico spettacolo di filodrammatica ed affini, sempre nei limiti della moralità più assoluta e di devolvere gli utili da ricavarsi alla fondazione ad esercizio di una scuola di arti e mestieri, con riguardo speciale all’istruzione professionale degli operai emigranti. La scuola avrà sede nell’edificio stesso della sala.
In alto: documentazione di don Nicolò Del Toso indirizzata alla Società Filodrammatica, alla quale chiedeva che la sua azione passasse di diritto al suo successore. In basso: anni ’70. Gruppo di volontari impegnati nel recupero del tetto e nella pulizia dello spazio antistante il teatro ormai adibito a discarica. In quell’occasione vennero piantate le betulle.
Progetti per un mito
stratagemmi utilizzati a supporto delle rappresentazioni. Quando «I Martiri di Belfiore» si avviavano al patibolo (ricordo don Grazioli, magistralmente impersonato da Toni Palathin che aveva avuto a prestito la tonaca da don Romano) infuriava nella scena notturna un temporale: i lampi erano fatti da giochi di luce, i tuoni da una sfera di ferro di circa 20 chili, che due incaricati facevano correre sul pavimento in cemento del sottopalcoscenico rinviandosela l’un l’altro, la pioggia imitata da strisce di carta velina, agitato in continuazione tra le quinte. Ricordo anche che per una «comica» (che seguiva sempre il «dramma», una volta si è fatto entrare in palcoscenico un asino, «el mus de Raclio Thelot», facendolo passare dalla finestra laterale, che dall’esterno immetteva tra le quinte del palcoscenico. Per stare ai tempi, dal teatro si passò al cinema, per cui fu costruita una cabina di proiezione sopra la porta d’ingresso principale. Fu acquistata una macchina usata (film muti naturalmente, ancora non era arrivato il sonoro) e per commentare la proiezione è stato portato un pianoforte a coda di proprietà di mio zio Antonio Del Maschio Cussol, col quale si esibiva Biuti Franthesc, che eseguiva «i cambi» quando qualcuno gridava «voltela Biuti...». Spesso la proiezione usciva per metà dallo schermo ed allora si gridava «quadro...» e pronti alla correzione erano Pietro Scopio e l’aitante Pietro Sartorel. Durante gli intervalli, sia del teatro che del cinema, c’era qualcuno che girava con una cesta e vendeva arance, mandarini, stracaganasse e caramelle. Due stufe a legna, costruite artigianalmente, poste ai lati della sala, davano un po' di tepore agli intabarrati o incappotati spettatori nelle fredde serate invernali. All’esterno non esisteva parcheggio, perché allora non c’erano macchine da parcheggiare e oggi penso a quelle sfortunate maestre dell’adiacente asilo, che, per il crollo, hanno avuto le loro due auto distrutte. Il Comune, attuale proprietario, ha le sue «gatte da pelare» e ci si augura che questo possa servire a ripensare in tempo a rimedi e decisioni riparatrici per altre e future eventualità.
Nel 1995, fra gli impegni elettorali assunti con i cittadini di Budoia, c’è stato quello di acquisire gli stabili delle latterie sociali di Dardago, Santa Lucia, Budoia ed il cinema teatro di Dardago, appartenenti ai soci delle rispettive latterie sociali turnarie ed alla Società Anonima «Concordia e Progresso». Un’operazione non facile, ritenuta impossibile per le pastoie burocratiche, ma necessaria. La latteria di S. Lucia e quella di Dardago venivano acquisite il 31 dicembre 1996. Quest’ultima la si è dovuta però abbattere, perché di fatto il tetto era già crollato all’interno, minacciando la strada e la scuola materna. Si è deciso, quindi, con i soci e con la popolazione di Dardago di lasciare lo spazio dello stabile ad uso della scuola, purché l’obiettivo finale diventasse il recupero dell’ex teatro. Nel 1999, completate le pratiche notarili, si giungeva all’acquisizione anche del vecchio teatro. Dopo la pausa legata al rinnovo elettorale del 2000, si è proceduto ad un concorso di idee (gennaio-giugno 2001), per la sistemazione del contesto scuola-teatro e fruizione pubblica degli spazi. Una commissione ha valutato che il progetto meritevole di attenzione fosse quello di un’equipe di architetti ed ingegneri che ha avuto come capofila l’ing. Matteo Bordugo di Pordenone. A questo punto non rimaneva che cercare i finanziamenti, ma si capiva subito che non c’era molta disponibilità; o si trattava di un vero teatro o ci si doveva arrangiare. L’Amministrazione Comunale, sulla base dei bilanci di previsione, ha messo allora in programma la ristrutturazione dello stabile prevedendo un mutuo da assumere nel 2003, ma una disponibilità finanziaria immediata ci è arrivata anzitempo grazie alla donazione e successiva vendita della casa della nostra concittadina Marina Janna (Marzo 2002). Questo ci ha permesso allora di anticipare questi tempi di un anno. È stata assegnata così all’equipe dell’ing. Matteo Bordugo la progettazione definitiva ed esecutiva il 30 aprile 2002, ci sono stati consegnati i progetti da presentare alla popolazione nei tempi previsti, il 1° Luglio; purtroppo il lunedì successivo al crollo. Se ciò non fosse avvenuto avremmo dato il via ai lavori sicuramente nel corso dell’autunno di quest’anno, il costo dei lavori da appaltare sarebbe stato di 300 mila euro come detto disponibili. Ora il progetto andrà rivisto alla luce della situazione attuale, ma per la cronaca è già stato riconfermato l’incarico ai progettisti per integrare quanto mancante al recupero dello stabile, e della parte circostante con l’obiettivo di iniziare i lavori quanto prima. Il tutto verrà presentato alla Commissione Urbanistica ed esposto in visione alla popolazione sicuramente per ottobre. Per quanto riguarda invece lo stabile non ancora acquisito, cioè la latteria di Budoia, come appare in altro articolo di questa rivista, è già stato predisposto tutto. Si attende esclusivamente di capire se è più comodo e conveniente reperire i soldi per la ristrutturazione dello stabile da parte del nuovo Consiglio di Amministrazione della latteria di Budoia o se diventa più facile far avanzare questa richiesta direttamente dal Comune. Questa operazione, allo stato delle carte, dura il solo tempo di un’assemblea dei soci. Questo potrà, quindi, essere concluso, se si vuole, entro il 2002 sempre che lo si ritenga utile per il bene dello stabile e della sua storia che è poi la storia di questo paese. ANTONIO ZAMBON · SINDACO
MARIO PONTE
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Progetto definitivo di ristrutturazione, di consolidamento e di sistemazione esterna del «Concordia e Progresso» dell’equipe dell’ing. Matteo Bordugo, datato 30 aprile 2002.
Il gusto della memoria, un museo da assaggiare
Nel 1982, dopo mezzo secolo d’attività, la Latteria di Budoia è stata chiusa, la produzione è stata trasferita nell’impianto di Fontanafredda, più grande e più moderno, le stalle sono diminuite di numero e cresciute di dimensioni, alcuni soci sono morti, altri hanno cambiato attività. Ma l’edificio è ancora lì, pieno di fantasmi. È un cubo anomalo di 16 metri di lato, simile al deposito di Paperon de Paperoni, simbolo della ricchezza vitale del paese, della sua crescita e come succede per un lattante, con le attenzioni della famiglia, l’attività cresce e deve cambiare vestiti; i nostri paesi sono ricchi di questi indumenti ormai stretti e fuori moda, fasciatoi e seggioloni di presenze cresciute ed emigrate. In questi ultimi mesi, stimolati dal lavoro dell’associazione Alleanza nelle Alpi su «Mantenimento e valorizzazione del paesaggio per uno sviluppo sostenibile del turismo rurale» e dagli incontri con altre realtà in abito comunale per la stesura di un programma generale relativo al Piano di Sviluppo Rurale della regione Friuli Venezia Giulia, i soci della latteria hanno preso coscienza del patrimonio culturale ed immobiliare in loro possesso eleggendo un nuovo consiglio direttivo. Questa nuova famiglia ha deciso di adattare il vecchio vestito per un nuovo bambino, una vita alimentata dalle favole condivise dai numerosi ‘zii’. Questo bambino dovrebbe attrarre i passanti della Pedemontana per raccontare i mestieri e le storie dei suoi avi, offrire un’alternativa ‘viva’ al museo polveroso, nutrendo i visitatori di veri odori e sapori di latte, burro, sale, formaggio, miele, mele, noci, olio. Il ragionamento non si estende solamente al comune di Budoia ma ad una intera realtà culturale che bene si identifica con la Comunità Pedemontana. Questa struttura può avere funzione promozionale per l’intero territorio, un luogo ad utilizzo culturale, di un museo della civiltà contadina (ecomuseo) e sostegno alle associazioni presenti sul territorio. La Società Cooperativa di Budoia, che ha gestito la latteria ed è unica proprietaria dell’immobile, sta riordinando tutta la documentazione societaria compresa la revisione dello Statuto, inserendo finalità che possano comprendere anche queste nuove e garantire in ogni momento la massima libertà anche in previsione di cedere l’immobile al comune di Budoia.
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Il progetto architettonico è stato affidato ad uno studio di architettura reduce da esperienze parallele in lavori pubblici, mediatici e museali. Lo studio ha cercato di legare in modo ‘elastico’ le esigenze del committente a quelle del pubblico: il progetto infatti prevede la ristrutturazione dell’intero edificio, l’adeguamento dal punto strutturale e igienico-funzionale necessario al parziale cambiamento di destinazione d’uso: una simbiosi di commercio e cultura, cibo per il corpo e cibo per la mente. L’esperienza comincia infatti con qualcosa di gustoso: l’ingresso è anche esposizione e spaccio di prodotti tipici locali, quasi un ‘museumshop’ dove la piccola biblioteca tematica è affiancata dai formaggi e dai prodotti alimentari, posizionati sugli scaffali un tempo utilizzati per la stagionatura e divisi da un vetro. Tomi e tomi, forme e contenuti. Una sala di degustazione con terrazzo, posta al piano superiore, è resa accessibile da una nuova scala. Gli alimenti commercializzati dovranno essere quelli prodotti nella zona Pedemontana e si riferiscono a tutto ciò che è ancora legato all’agricoltura, mele, olio, ciliegie, alcuni tipi di verdura, e alimenti ottenuti dalla trasformazione del latte. In questa direzione si sta lavorando per rendere operativo un progetto con il Caseificio di Fontanafredda affinché il latte raccolto in questa zona sia lavorato separatamente per ottenere un prodotto (formaggio, burro, ricotta….) che si possa definire «Prodotto della Pedemontana». Il visitatore, accolto ed alimentato, potrà con-
Sopra: la vecchia latteria di via Bianco. Nella pagina accanto: le presse per la realizzazione delle forme di formaggio e un bozzetto dell’interno del futuro museo.
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tinuare la visita attraverso le stanze un tempo dedicate alla vera lavorazione: scoprirà tre caldaie in rame a pavimento, il piano con le presse manuali per la formatura della pasta, la zangola per la produzione del burro e numerosi utensili che vanno dai mestoli ai sistemi più o meno motorizzati di mescolamento in cottura, alle bacinelle per lo spostamento del latte, agli stampi dei formaggi e marchi, alle tele utilizzate per l’accumulo della pasta nelle caldaie. Il progetto ruota attorno a queste piccole scoperte archeologiche che non si limitano al mondo della latteria, l’ingresso potrà fornire informazioni relative ad ulteriori attività per il turismo culturale Pedemontano mentre l’ex salatoio potrà diventare il cuore simbolico del l’edificio. In questo spazio si pensa di eliminare il solaio interpiano, di inserire la nuova scala e di aprire un lucernaio sul tetto; un sistema di specchi simulerà un grande periscopio che permetterà di vedere le Prealpi, collegando tutti i locali della latteria al paesaggio circostante. Guardando in alto o salendo la scala si potranno scoprire, appesi nel vuoto o alle pareti, gli antichi oggetti della nostra civiltà contadina e di vita paesana, sovrapposti per magia al panorama Prealpino. Il piano superiore, oltre alla sala di degustazione e al terrazzo, prevede due locali attrezzabili per incontri, convegni ed attività formativa. La superficie interessata dall’intervento comprende i 560 m2 esistenti e 25 m2 in ampliamento per le funzioni tecniche, ma la superficie è irrilevante rispetto alla dimensione storica ed emotiva che la latteria può coprire. Oggi, entrando nei locali, la prima impressione che si ha è quella di una attività sospesa ieri, se non fosse per la polvere, la ruggine, qualche piastrella caduta dai muri o sollevata dal pavimento. Il grembiule del casaro ancora appeso al chiodo sta ad indicare che probabilmente la decisione è stata presa senza troppa convinzione e che prima o poi si sarebbe ricominciato a lavorare. All’ingresso una curiosità: appeso al muro c’è un ritratto del principale artefice di questa costruzione, uomo che la storia vuole morto per dar seguito alla volontà dei Budoiesi di costruire la latteria in un periodo politicamente molto contrastato per l’Italia intera. Altre storie come queste vivono negli oggetti, dai libri contabili agli strumenti di lavorazio-
ne, aspettano solo una lucidatura per liberarsi, come il genio della lampada. La riconversione di questa struttura comporta degli impegni economici notevoli e l’azione congiunta dei soci, dei produttori alimentari locali, delle autorità comunali e di grado superiore, dei tecnici incaricati, sta cercando la strada per reperire i finanziamenti necessari. Che desiderio possiamo chiedere al genio? I soci ne hanno formulato uno per l’intera comunità. Mentre ci apprestiamo a realizzarlo ricordiamo che ogni vita, dalla notte dei tempi, comincia con il latte. (ELASTICO)
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L’istruzione femminile nel secolo XIX
Il presente articolo, già pubblicato lo scorso maggio nel volume «Polcenigo Studi e Documenti in Memoria di Luigi Bazzi», edito dalla Fondazione «Ing. Luigi Bazzi e madre Ida» di Polcenigo, per dare una maggiore diffusione ai fatti narrati e accaduti nel secolo scorso a Budoia, ci sembrava doveroso riportarlo in questo numero de l’Artugna. L’istruzione femminile, data oggi per scontata e fuori discussione, in quel periodo era ancora al centro di molte dispute e infuocate discussioni per noi lettori di oggi assurde e incomprensibili, ma che avevano radici millenarie. La donna infatti fin dalle sue origini ha sempre occupato, eccetto che in casi particolari e circoscritti, un ruolo subalterno a quello maschile. In una società dove predominava la forza e la sopraffazione a causa della sua conformazione fisica è sempre stata relegata obbligatoriamente in stato di inferiorità. L’uomo più che considerarla una sua parte essenziale e un suo completamento come viene narrato nella «Genesi», l’ha quasi sempre considerata solo uno strumento di lavoro, di procreazione e di godimento. Nelle classi meno abbienti, dove era una gran disgrazia nascere povere e belle, l’istruzione alle ragazze fu quasi sempre negata fino quasi al ventesimo secolo, essendo ritenuta superflua e pericolosa. Le classi più agiate e i nobili riservavano alle giovani donne un’istruzione quasi sempre limitata alla lettura, al ricamo e cucito, alla conversazione e alla musica, insomma solo l’indispensabile per diventare mogli gradevoli e madri amorose. Il documento qui sotto riportato, ci dà un’idea abbastanza precisa della mentalità dell’epoca, residuo di secoli di pregiudizi e di false credenze, narrando alcuni fatti veramente accaduti, in questo periodo di grandi cambiamenti sociali. L’articolo, il cui autore ci è sconosciuto, è tratto dal settimanale «IL TAGLIAMENTO» e ci parla del clima che si era venuto e creato nel vicino comune di Budoia al momento dell’istituzione della prima scuola elementare femminile. Leggendo l’articolo possiamo notare lo zelo nel promuovere l’istruzione da parte del pievano di Dardago, don Andrea Cardazzo e del curato di Budoia, don Giobatta Foraboschi, tanto da destare l’ammirazione dello scrittore, di chiara tendenza anticlericale. Leggendo l’articolo si apprende dell’impegno delle madri nello stimolare le ragazze a frequentare la scuola e le manifestazioni di piaz-
za contro questa nuova istituzione, ritenuta da molti immorale e corruttrice dei costumi. Una particolare lode viene fatta al sindaco e al comune di Polcenigo, per lo zelo dimostrato già da tempo nel promuovere e sostenere l’istruzione maschile e femminile, anche se molte volte ostacolata dai borghesi e dai proprietari terrieri locali che la consideravano un pericolo e un futuro intralcio per i propri affari. DAL SETTIMANALE «IL TAGLIAMENTO» DEL 2 DICEMBRE 1871
«Se la bisogna volgeva siffattamente nel Comune di Budoja, per le Scuole Maschili, condannato veniva, dai patres coscripti, all’ostracismo l’istruzione femminile trovandola immorale e corrutrice dè costumi, e se pur scevra di tali pecche la preconizzavano inutile dispendio perché niuno del Comune s’avrebbe mai sognato di mandare a scuola le proprie figlie. Ma sebbene i reggitori del Comune la più solenne delle smentite imperciochè la R. Prefettura, con laudabile energia volle ad ogni costo fosse attuata la scuola femminile fino dal primo giorno, concorsero le giovanette del paese all’iscrizione, guidate dalle loro genitrici, e ben più di 100 ve ne furono d’iscritte la prima mattina, mostrandosi restie le sole figlie dei Consiglieri, che aderirono in seguito per vergogna. Le madri compresero quanto sarebbe stato utile che finalmente anche per le loro figlie, venisse diradata questa tenebra grande dell’ignoranza. E qui giustizia vuole che un encomio s’abbiano il parroco ed il curato locali quali con vero sentimento umanitario, con calde parole, dimostrarono l’utilità dell’istruzione femminile, esortando le madri di famiglia a mandare a scuola le loro figlie. Qualche maligno potrebbe osservare ch’essi si mostravano liberali a buon mercato, perché già non avrebbero potuto fare anche la scuola femminile, ma a me non frullano pel capo sinistri pensieri, per me ciò che apparisce è-oh se il Clero fuggisse dalla politica, se non fosse mistificato dal sudiciume di certi giornali, se intendesse solamente al proprio ministero, e non rifuggisse di tornar qualche volta uomo e cittadino, o allora si che si sarebbe ristabilita in terra la beata età dell’oro, e le pagine dell’Evangelo più che temi di noiosi sermoni, più che vane parole dovrebbero esempi fruttuosi e santi. Sbugiardati coloro che predicando deserta la scuola femminile, non seppero in allora che inveire con epiteti da trivio contro le numerose madri che ingiungeano alle loro figlie di frequentare la scuola, e ve ne furono di quelli che scesero perfino ad impedire l’accesso con minacce, vigliacheria brutale, non riscontrabile neppure fra i selvaggi. Ebbene non solo frequentavano in allora la scuola
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le volenterose ragazze del Comune, ma ora che ci fu rapita la brava e zelante Maestra, dell’anno scorso dal limitrofo Comune di Polcenigo, e che non avvi scuola in Budoja, parecchie ragazze perspicaci e abborenti all’ozio, si recano alla scuola di quel Comune, facendo in tal guisa doppiamente vedere che mentivano per la gola, gli zotici che preconizzavano restar dovesse deserta la scuola di Budoja. Giacchè m’accorse di nominar per incidente il Comune di Polcenigo, lasciate che pria di ogni altro vi parli di questo comune per le sue scuole modello, e ciò non per deferenza o per parziali simpatie, ma perché topograficamente posto in continuazione con quello di Budoja. Polcenigo, se non fu proprio il primo, a sistemare le scuole maschili col nuovo ordinamento, togliendole con sapiente tatto dalle malaugurate mani del clero, fu certamente uno dei pochi Comuni rurali, e il primo che istituì la ginnastica e attuò la scuola femminile. Il Sindaco di questo Comune mostrò, con esempio piuttosto unico che raro di intraprendenza, attività, buon volere e sagacia di saper bene scegliere il momento atto ad incarnare la bella idea che da lungo tempo doveagli aver balenato nella mente, perché è certo che le più belle idee abortiscono il più delle volte per l’occasione. Sempre non vale che “quod difertur non aufertur”. Perduto il vero il solo momento le scuole di Polcenigo,
non sarebbero, come lo furono, e come lo sono, abbietto di tanta ammirazione. Non crediate che io esageri magnificando, no credetelo, bisogna vedere i locali che furono eletti, l’ordine e la disciplina con cui si conducono tali scuole, con che amore vi parlano gli alunni stessi, che profitto se ne ritrae e delle scuole diurne e serali, quanto le sorveglia personalmente il sindaco, non perdonando a fatiche e a noje, con che proprietà e decoro tutto è regolato, tutto è sistemato, con che accorta solennità è fatta la distribuzione dei premi, come il popolo è spettatore spesso fiato ai progressi del proprio figlio, e che si alletta nel vederlo agire nel santo e profittevole esercizio della ginnastica, che …oh! Ma io non la finirei più! Si trova tale una gioia nel dir bene, essendo tanto raro il caso di dirne, che io mi sentirei capace per fino di continuare fino alla noia, se non fosse difficile l’arte dell’annojare. Ma mi dirà taluno, quel Sindaco, sarà coadjuvato dalla Giunta, dal consiglio?…Adagio Biaggio!!… C’è anche a Polcenigo il suo marcio, c’è anche la più che il volgo dei cittadini, il volgo (peggiore) de Signori – di quei signori che veggono di mal occhio l’istruzione, che vorrebbero il popolo ignorante, per poterlo meglio avviluppare, aggirare, che …mi arriva in questo punto il discorso del Re all’appertura del Parlamento a Roma !!…addio acrimonia ad un altro momento.» CLAUDIO SOTTILE
Anno scolastico 1921/1922 Prima fila in alto, da sinistra a destra: Ubaldo Dedor Soela, Pietro Burigana Pustin, Giobatta Angelin, Mario Signora, ? Gerarduzzi, Vincenzo Cardazzo, Umberto Mezzarobba, Giuseppe Carlon, Pietro Cardazzo Roco, ? Gerarduzzi, Vittorio Stefinlongo, Luigi Carlon Brolio, ?. Seconda fila, da sinistra a destra: ?, ?, ?, Ferruccio Carlon Masoneta, Tommaso Carlon, Giuseppe Carlon Oca, ?, Pietro Angelin Perussola, Mario Burigana Bastianela, ?, Silvio Caprani, ?, ?, Agata Carlon, Erminia Zanon Ciasal. Terza fila, da sinistra a destra: ?, ? Angelin Svelto, Lucia Angelin, Emma Angelin, Luigia Angelin, Agostina Carlon Frustol, Amalia Panizzut, Carmela Del Zotto, ? Del Zotto Coth, Teresa Angelin, ?. Al centro: la maestra Ione. Sedute: Angelina Scussat Cuca, Alba Angelin, ?, Ester Carlon Fassiner, ? Ianna Coratha, ? Zambon Sbia, ? Ianna Moro. (Foto e ricerca di Daniela Burigana Bastianela su informazioni di Luigi e Giovannina Carlon Brolo).
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Dai ferri-battuti ai robot
Quando un friulano getta la spugna e smette di lavorare, i compagni di lavoro, non-friulani, tirano il fiato. Il suo modo di lavorare, mirato alla qualità, alla rapidità, al buon risultato, piace a chi è in alto e dirige il lavoro, ma non altrettanto a chi sta al suo fianco e deve stare al suo ritmo. Alfredo Curadela ha smesso, ha detto basta a una lunga storia di fatiche, in cui fin da giovane si è dovuto barcamenare tra la fiducia incondizionata dei suoi capi e la frequente insofferenza dei suoi pari grado e assistenti, che criticavano le mille durezze del friulano. Rompendo la sua abituale silenziosità, si è lasciato tormentare dalle nostre domande per ritornare sui suoi passi, lungo le tappe del suo vagabondare giovanile per l’Italia, con in mano la valigia e un lucroso mestiere... di ferro. Quando la laboriosità e il genio della perfezione si combinano, una ricca busta paga ne è il risultato. La laboriosità non è un pensiero astratto: sono colpi misurati e secchi, occhio attento, gesti coordinati, energia che non divaga, strumenti che sono il proseguimento della mano. È la felicità di un uomo nel fare le cose come devono essere fatte. Di portare a compimento, per la sua parte, come costruttore di carpenteria meccanica e saldatore tubista, realizzazioni imponenti in vari stabilimenti, raffinerie e cementerie. Per 7 anni, dopo il servizio militare, è stato uno dei tecnici di fiducia della Ditta Fochi di Bologna che gli ha affidato incarichi spedendolo a lavorare da nord a sud, da ovest a est: a Vignola, Vibo Valentia, Ravenna, Brindisi, Porto Empedocle (Agrigento), Torino (Mirafiori, Lingotto, Stura), Chivasso (Torino), Settimello (Firenze), Guidonia (Roma), Milazzo (Messina), Calderada di Reno (Bologna), Virle Treponti (Brescia)... Non è facile immaginare cosa significhi tornare dal cantiere e non trovare mai nulla di pronto ma dover provvedere da sé, si fa sentire il vuoto degli spazi per gli affetti, le nostalgie dei volti familiari sono forti. A un giovanotto lontano dalla sua terra, i compagni di cantiere offrono occasioni di ospitalità nella loro famiglia: al sud, le ragazze occhieggiano lo spilungone biondo che viene dal nord; in casa si intrattengono a scambiare qualche parola, con discrezione, civettano un po’, ma secondo lo stile locale, con sorpresa di quel giovanotto, fingono di non vederlo se lo incontrano per strada. Negli anni in cui tutti i giovani si danno alla pazza gioia, Alfredo è assorbito da un lavoro che
Due opere di Alfredo sono state da lui donate alla chiesa di Dardago. Sopra: la copertura in rame sbalzato del fonte battesimale. A lato: il leggio per l’altare maggiore utilizzato dal sacerdote durante le sacre funzioni.
Comunità in festa per una nostra attiva collaboratrice
finisce e un altro che comincia. Ha avuto incarichi anche dal Presidente Segni, che lo ha apprezzato ricompensandolo generosamente. È stato mandato persino a metter mano sui congegni di centrali nucleari, per opere di manutenzione. Arriva anche il giorno che mette da parte la valigia e torna dalle sue parti: il 1.7.1964. Due importanti alberghi di Lignano, il Columbus con una cinquantina di camere, e il Consuelo con un’ottantina di camere, vedono Alfredo all’opera, con gli allestimenti di tutte le strutture idrauliche, di riscaldamento, il montaggio di accessori per la moderna attività alberghiera. È il padrone di se stesso, direttore e operaio insieme. La sua impronta è presente anche nella chiesa di Dardago: il Battistero ha la cupola di rame con la statua di S. Giovanni restaurata; il leggio che regge i libri sacri e la croce sull’ultimo obelisco sul sagrato, sono opera sua. E in giro per Dardago vi sono i cancelli, inferiate e portoni in ferro, con snodi e chiusure brevettati: presso i Pinal, presso i Basso... e altri...; a San Giovanni, Filippo Basso ha un cancello ingegnoso che si dispiega azionato da una varietà di congegni ideati e realizzati da Alfredo. Tra gli automatismi che ha prodotto e messo in opera vi sono anche quelli per robot, che combinano e coordinano i movimenti di circa 50 pezzi singoli, incastrati uno nell’altro. Prodigi della meccanica più avveniristica. Non manca il tocco artistico. I ferri-battuti per candelabri destinati a ristoranti tedeschi, realizzati su disegno di Alfredo: i committenti venivano da lontano a ritirarli mano mano che un certo numero di prezzi erano pronti. Anche gli ammirati pellicani, simbolo dei donatori di sangue, oltre 50 sculture pensate e prodotte con disegni e stampi di lui, sono in giro a testimoniare il livello del suo lavoro. Dalle monumentali strutture per edifici industriali, ai capricci dell’idraulica moderna come le vasche idromassaggio, alla fantasiosa modellistica con le minuscole e finte mosche in ferro e le varie miniature da collezionismo, tonnellate di ferro hanno ceduto al volere dell’occhio e delle martellate precise di Alfredo, che le ha trasformate in cose eccellenti, nate per durare. Ora lui si dichiara stanco, ha incrociato le braccia e ha lasciato tutti gli attrezzi al figlio: auguri a Mirko, che non sia da meno, e grazie al suo papà per tanti regali che ha fatto a noi. ANNA PINAL
Marta e Stefano, due giovani cresciuti all’ombra della parrocchia, de ’l Cunath (periodico giovanile) e de l’Artugna (periodico e gruppo danzerini) si sono uniti in matrimonio il giorno dei Santi Pietro e Paolo, nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Dardago. Le Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia li hanno accolti festosamente sul sagrato. A loro congratulazioni ed auguri affettuosi dalla Redazione. Gli sposi all’uscita della chiesa di Dardago.
Sul sagrato accolti dalle Comunità.
Stefano traina Marta sulla sloitha attorno alla piazza.
Prima di uscire dal sagrato e portarsi via Marta, Stefano provenendo da altra parrocchia, è sottoposto – secondo la tradizione – al rito del pagamento. Un brindisi, il taglio della corda e... via con la sposa.
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La Pro Loco ne fa quaranta
1962... 2002! Ebbene sì, sono già 40 anni che esiste la Pro Loco di Budoia, chissà se lo avrebbero immaginato quei primi arditi consiglieri che si ritrovarono in comune in quel lontano giugno 1962! Ma forse qualcuno è troppo giovane, qualcuno è arrivato da poco, qualcuno non è tanto attento... Quindi vale la pena di approfittare di questa ricorrenza per spendere qualche parola sull’attività della Pro Loco. Rivolgiamo così qualche domanda al presidente in carica, Davide Fregona. Dove ha sede la Pro Loco? La sede storica di questa associazione è in via Panizzut 7 a Budoia, ma entro la fine dell’anno sarà trasferita nel nuovo edificio comunale. Come si può far parte di questa associazione? Chiunque può aderire come socio, mediante la sottoscrizione della tessera, che permette di partecipare a varie iniziative e, grazie agli accordi con alcuni commercianti del paese, fornisce altri vantaggi. Ogni due anni i soci eleggono il consiglio direttivo, formato da 15 persone, tra le quali viene poi nominato il presidente. I soci sono resi partecipi di tutte le attività grazie ad una continua corrispondenza. Di cosa si occupa la Pro Loco? Da sempre la nostra associazione è impegnata in numerosi e diversi campi, spaziando tra iniziative culturali, naturalistiche, sportive, ricreative e sociali. Per averne un'idea, basta scorrere il programma, costituito da proposte per quasi tutti i mesi: la festa di Carnevale, la Festa di Primavera, le escursioni in montagna, le gite ricreative e culturali, la proiezione di diapositive naturalistiche, la festa di S.Andrea, e naturalmente la Festa dei Funghi e dell'Ambiente, sono alcune delle principali iniziative. Non bisogna dimenticare momenti di socializzazione molto importanti, come la cena sociale, la cena dei collaboratori della Festa dei Funghi, e la Festa degli Anziani. Si tratta insomma di iniziative molto diverse, ma accomunate dalla volontà di restare fedeli alla natura, all’arte, alla cultura e alle tradizioni della nostra terra. Di tante proposte vorrei sottolineare soprattutto la qualità, dovuta all'impegno di soci e collaboratori. Quali sono i motivi che spingono le persone a far parte della Pro Loco? Senz’altro la volontà di sentirsi parte viva del proprio territorio, la volontà di valorizzare le pro-
prie radici culturali e il desiderio di rendersi utili alla comunità, esponendosi ciascuno con le proprie doti e capacità. Proprio questo sentirsi inseriti nel territorio rende l’attività più piacevole, perché si opera assieme alla propria gente. Per ottimizzare la figura dei volontari sia dal punto di vista «tecnico» che umano stiamo valutando la possibilità di organizzare un corso di formazione per il volontario in collaborazione con il Centro Servizi Provinciale per il Volontariato. Quali sono i rapporti con gli enti esterni al paese? La Pro Loco collabora, oltre che con il comune e le altre associazioni del territorio, anche con enti di livello superiore, come AIAT Piancavallo Cellina Livenza, Comunità Pedemontana del Livenza, Provincia e Regione. Inoltre non siamo
In alto: grande torta per il compleanno della «Pro». Sopra: partecipazione di paesani alla gita ai Laghi di Plitvice, in Croazia. (Foto di Antonietta Torchietti) A pagina seguente, in basso: i bambini durante lo spettacolo di Carnevale, in piazza, a Budoia.
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STORIA DELL’ASSOCIAZIONE
2 GIUGNO 1962 primo statuto e fondazione dell’Associazione Pro Loco di Budoia. 18 AGOSTO 1967 iscrizione all’«Albo Nazionale delle Pro Loco». 18 GENNAIO 1980 aumento dei componenti del Consiglio Direttivo da 11 a 15 e prolungamento della carica di Consigliere da uno a due anni. 26 FEBBRAIO 1982 nuovo statuto in adeguamento alla L.R. n.34/80.
soli: siamo infatti iscritti all’Albo della provincia di Pordenone, quello della Regione FVG, l’Albo Nazionale, e all’Albo regionale del Centro Servizi Volontariato. Evidentemente quella delle Pro Loco è un «formula vincente» e gioca un ruolo in forte ascesa nel variegato mondo del volontariato. Riportiamo alcuni numeri che fanno riflettere: nel 2000 le Pro Loco in regione erano 124, con 14.525 soci; si calcola che quest’anno si arriverà a ben 170 associazioni e quindi a circa 20.000 soci. Ogni anno l’attività dei volontari avrebbe un valore pari a circa 21.000.000 di euro (40 miliardi delle vecchie lire)...!! Vorrei citare un passaggio dell'intervista a Domenico Lenarduzzi (Direttore Generale della Commissione Europea Istruzione e Cultura) pubblicata in Dimensione Pro Loco riguardo alle anticipazioni delle prospettive di una «Rete» di collegamento fra le Pro Loco italiane e le realtà omologhe dell'UE: Le Pro loco rappresentano un’ ideale cassa di risonanza della voce dei cittadini, proprio perché sono manifestazioni dello specifico culturale, turistico, ambientale di ogni realtà. Sono, cioè, la forma di rappresentanza che esprime la massima contiguità ai cittadini, e offre alla società civile ampia garanzia di compartecipazione. Nell'ottica, appunto, di un Europa in cui i cittadini sono attori, oltre che soggetti delle scelte comuni. Cosa è cambiato nella Pro Loco in questi 40 anni? Dal ’62 ad oggi attraverso i vari comitati di presidenza si può notare una certa continuità in quanto l’associazione si è mantenuta fedele allo
27 GIUGNO 1983 iscrizione all’«Albo Regionale delle pro Loco». 8 OTTOBRE 1983 compartecipazione alla costituzione dell’«Associazione Regionale tra le Pro Loco del Friuli-Venezia Giulia». 1992 conferimento in base alla L.R. 18 marzo 91 n° 10 art. 22 del contributo annuale per manifestazioni culturali o folkloristiche con rilevanza turistica per il Friuli-Venezia Giulia; 1999 socio fondatore per la costituzione del Centro Servizi del Volontariato Friuli-Venezia Giulia e iscrizione all’Albo provinciale delle Associazioni di Volontariato.
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In questa pagina e nella successiva: partecipazione alle iniziative culturali, sportive e ricreative organizzate dalla Pro Loco.
spirito iniziale, nello sforzo di valorizzare le tradizioni del territorio; al contempo però ha via via arricchito il programma con iniziative sempre nuove e raggiunto risultati sempre più qualificanti. Ovviamente i mutamenti sociali hanno comportato alcuni cambiamenti. Alcuni decenni fa le attività tradizionali erano più diffuse: un’iniziativa dei primi anni era la rassegna dei vini e dei formaggi, prodotti locali che venivano premiati per la qualità. Oggi i produttori sono molo meno numerosi, nonostante aumenti sempre più la richiesta di prodotti tipici. Un obiettivo della Pro Loco oggi è la promozione dei prodotti (soprattutto gastronomici) caratteristici delle nostre zone, preziosi per la loro tipicità, ma che spesso si collocano con difficoltà su un mercato sempre più globale e competitivo. In questi ultimi anni attraverso la Festa dei Funghi e dell’Ambiente stiamo perseguendo l'obiettivo di favorire un certo tipo di turismo e di studiare misure che possano dare una ricaduta economica: si pongono in quest’ottica le mostre itineranti per ravvivare il paese e il depliant turistico della festa, basato sulla valorizzazione delle bellezze naturali del territorio o su temi di rilevanza per il visitatore In che senso si può parlare di sviluppo turistico a Budoia? Oggi sta prendendo sempre più piede un turismo volto alla riscoperta della natura e delle proprie radici. Proprio di questo tiene conto la nuova legge regionale sul turismo, che riconosce in quest’ambito il ruolo fondamentale delle Pro Loco, finanziando non più le singole iniziative, ma il
programma annuale. Entro fine anno saranno istituiti dei consorzi fra Pro Loco, ognuno dei quali sarà dotato di un ufficio turistico. Il nostro consorzio comprenderà anche Aviano, Polcenigo, Caneva, Sacile, Fontanafredda e Roveredo. Che cosa sarebbe utile all’attività delle associazioni di Volontariato? Sarebbe ideale la presenza di un servizio che aiutasse le associazioni ad assolvere gli adempimenti burocratici. Inoltre, la Pro Loco viene continuamente contattata per avere in prestito le proprie attrezzature al fine di permettere il regolare svolgimento delle varie attività. Si sente quindi la necessità di provvedere all’acquisto di strutture e attrezzature a servizio di tutti. Nelle relazioni con l’Amministrazione co-
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In questi 40 anni quattordici cittadini hanno occupato la carica Presidente e oltre 200 volontari hanno ricoperto la carica di Consigliere.
I PRESIDENTI CHE SI SONO SUCCEDUTI GIACOMO ZANCHET 1962-1963 UMBERTO SANSON 1964-1967 GIAMPIETRO ZAMBON 1968 1969 MARIA TERESA DELLA FIORENTINA 1970 GIAMPIETRO ZAMBON 1971 CORRADO PANIZZUT 1972 ANGELO TASSAN 1° semestre 1973 GIANCARLO BASTIANELLO 2° semestre 1973-1976 ALESSANDRO BARACCHINI 1977 FABIO SCUSSAT 1978 ALESSANDRO BARACCHINI 1979-1991 ROBERTO CAUZ 1992-1993 OMAR CARLON 1994-1995 MARCO SCARSO 1996-1997 ALESSANDRO BARACCHINI 1998 GIAN PIETRO FORT 1999-2000 DAVIDE FREGONA in carica
munale di Budoia, quali sono le vostre proposte per una collaborazione ottimale? Le proposte che vorremmo fare al Comune sono tre. Innanzitutto sono necessari un’interazione e un coordinamento delle attività delle varie associazioni del territorio. Inoltre sarebbe opportuno inserire una norma anche nello statuto comunale che riconosca l'importanza del ruolo della Pro loco e della Festa dei Funghi e dell'Ambiente per il territorio. Infine, per semplificare le pratiche e creare condizioni di lavoro migliori, i contributi dovrebbero essere definiti entro il 31 dicembre di ogni anno ed elargiti in un unico blocco ad inizio anno. Quali sono le iniziative programmate in occasione dei 40 anni? In giugno è stata realizzata una cena tra ex consiglieri e membri in carica del consiglio, proprio per sottolineare l’unione e la continuità nello spirito della Pro Loco. Dopo la Festa dei Funghi si vuole arrivare ad una sorta di convegno sullo stato di salute delle varie associazioni, sui loro problemi e aspettative nei confronti di enti e istituzioni, nella consapevolezza che per raggiungere risultati più elevati e valorizzare tutte le potenziali risorse sono necessarie la volontà e la capacità di lavorare insieme. Fin dagli albori una delle finalità della Pro Loco è stimolare l'associazionismo, facendo conoscere le diverse realtà che operano nel nostro comune. Abbiamo ottenuto il riconoscimento della provincia e il Presidente del Consiglio regionale ci onorerà nella cerimonia pubblica donandoci la bandiera della regione FVG. Cosa vede nel futuro della Pro Loco? Nel futuro della «pro» vedo un ruolo sempre più importante nella valorizzazione del territorio a tutto campo e un fondamentale punto di riferimento per la crescita sociale e di dialogo con la società civile. MARTA ZAMBON
Per informazioni Pro Loco Budoia Via Panizzut, 7 · 33070 Budoia · PN Tel. 0434-653244 e-mail: prolocobudoia@tin.it www.prolocobudoia.it
Tignòn sù la glesia
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La nostra bella chiesa sente il peso degli anni e si rendono necessari radicali lavori di restauro. I costi di tali interventi ammontano a 570 milioni di lire per i due lotti e a 170 milioni per il restauro di due cappelle. A fronte di queste spese sono state inoltrate le richieste di contributo. In ogni caso la parrocchia dovrà farsi carico di una spesa oscillante tra i 85 e i 150 milioni di vecchie lire. Il consiglio fa appello alla consolidata generosità dei Dardaghesi che, come sempre, sapranno dimostrare il loro amore per la loro secolare e splendida chiesa. IL CONSIGLIO PER GLI AFFARI ECONOMICI
Riportiamo di seguito la relazione tecnica dell’architetto Ugo Perut, responsabile dei lavori. La Chiesa parrocchiale di «Santa Maria Maggiore» di Dardago (Fg. 11 mapp. C) è stata costruita tra il 1786 ed il 1823 e consacrata dal Vescovo Carlo Ciani il 12 ottobre 1823. Si presenta come uno spazio piuttosto vasto e caratterizzato dallo stile neoclassico, a navata centrale e adorno di ricchi altari marmorei. Da notizie desunte dall'«Annuario della Diocesi di Concordia Pordenone 1977», l'altare maggiore, proveniente dalla chiesa demolita di S. Maria Nova di Venezia e portato a Dardago nel 1801, è in stile barocco. Il soffitto è stato affrescato dal veneziano Carlo Bevilacqua (1775-1849) che vi ha rappresentato la Vergine assunta in cielo, ispirata all'opera del Tiziano in S. Maria Gloriosa dei Frari a Venezia. La Chiesa ha subito i danni del sisma del 1976 e non è stata oggetto di radicali interventi di consolidamento statico né di restauro. Strutturalmente presenta delle fessurazioni in corrispondenza del cornicione della copertura che possono essere ricondotte alla spinta della struttura del tetto data dalle azioni sismiche. La copertura è a due falde ed è costituita strutturalmente da capriate alla palladiana, terzere, listelli, tavelle e coppi. All'interno il soffitto è costituito da una volta intonacata con decorazioni in gesso, è sorretto da una struttura in tavolato inchiodato alla sovrastante orditura portante realizzata con tavole sagomate ad arco. Sia la volta centrale sia le vele laterali che il catino sovrastante il coro sono stati realizzati con le modalità, sopra indicate, ed in uso nelle chiese realizzate fino agli anni '50.
Attualmente il soffitto presenta fessurazioni più evidenti in corrispondenza degli spigoli (linee di intersezione tra la volta e le vele) oltre che in corrispondenza della mezzeria della navata centrale. Ad un attento esame della struttura della volta è possibile riscontrare un lieve cedimento della stessa con conseguente fessurazione dell'intonaco. Alla luce di casi analoghi, sia il cedimento della struttura che le fessurazioni dell'intonaco sono da attribuire a due fattori: – il riscaldamento della chiesa che ha alterato le condizioni naturali di temperatura ed umidità del soffitto consolidate nel tempo (il riscaldamento invernale convoglia aria calda nelle zone alte della chiesa); – le vibrazioni della struttura dovute al traffico, agli aerei a bassa quota, etc. PROGETTO GENERALE · 1° LOTTO. Per gli interventi relativi al primo lotto del progetto generale, riguardanti il restauro, il risanamento conservativo e l’adeguamento impianti è stato richiesto un contributo di lire 570.000.000 circa pari ad Euro 294.380,43, in base alla L.R. 53/85 e successive modifiche e integrazioni, ancora nel 1999. La Regione, con Decreto n. SS.TT./341/EV/361 del 16 novembre 2001 ha finanziato il 1° stralcio con un contributo pluriennale costante ventennale di lire 23.056.343 sulla somma prevista del 1° lotto di lire 313.808.580, pari ad Euro 162.068,61. Questa prima fase dei lavori prevedeva il consolidamento statico delle strutture e la revisione delle coperture:
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Tabella riassuntiv a delle spese e dei contributi per il re parrocchiale di Da stauro della rdago Preventivo 1° e 2° lotto Contributo Regiona le concesso Differenza
– revisione e consolidamento della copertura attraverso la rimozione del manto in coppi; sistemazione dell’ondulina bituminosa; sostituzione di terzere e puntoni in abete trattato con antimuffa e antitarlo; ancoraggio metallico delle capriate ancorate alla muratura, mediante staffatura delle stesse; ricollocamento in opera del manto di copertura; – consolidamento della muratura eseguito mediante perforazioni della stessa, all’interno delle quali sono stati posti cavi in acciaio inox, fissati attraverso ancoraggi con piastre metalliche ed iniettati in corrispondenza della tirantatura con miscele a base di calce idraulica; – consolidamento delle strutture portanti del soffitto attraverso tirantatura delle centine delle volte, eseguite con cavi d’acciaio passanti sulle centine stesse e ancorati alle capriate del tetto. PROGETTO GENERALE · 2° LOTTO Nell'anno 2001, sempre sulla base della L.R. 53/85, è stato richiesto un secondo Contributo Regionale per le opere del 2° lotto. La Regione, pur ritenendo le nostra richiesta prioritaria, non è stata in grado di finanziare l'opera con il bilancio 2001. È stata quindi rinnovata la richiesta nel 2002, confidando nell'accoglimento della stessa. Con il 2° lotto, che dovrebbe essere finanziato nel corrente anno, si protrà restaurare e consolidare la volta, dipingere internamente ed esternamente la chiesa e mettere a norma gli impianti di riscaldamento ed elettrico. Gli interventi previsti consisterano quindi in: – consolidamento delle volte della navata e dell’abside attraverso iniezioni di resine epossidiche con incollaggio degli intonaci delle volte (aderenza intonaco – struttura lignea); – rimozione e sostituzione di pluviali, grondaie e converse; – ripresa di intonaci su cornici, timpani, decorazioni (facciata sud e nord, cornicioni interni), in malta bastarda, previa raschiatura di intonaci fatiscenti; trattamento delle parti lignee delle centine del soffitto, delle capriate e del tavolato vecchio, con impregnante antitarlo e consolidamento del legno; – pittura esterna ed interna; – revisione serramenti attraverso smontaggio, raschiatura di vernici, sostituzione di listelli e verniciatura; – lavori di adeguamento alle barriere architettoniche (L. n° 13/1989): realizzazione della rampa d’ac-
LIRE
Preventivo Restaur
o Cappelle
Contributi richiesti Totale contributi ric
hiesti
Contributi massimi ottenibili Contributi (50% su preventivo restauro Cappelle; in caso di accettazione) Totale contributi ott enibili A carico della parro cchia (in caso di concessio ne contributi nella misura massi ma)
EURO
570.000.000 313.808.580 256.191.420
294.380 162.069 132.312
170.000.000
87.798
256.191.420 170.000.000 426.191.420
132.312 87.798 220.109
256.191.420 85.000.000
132.312 43.899
341.191.420
176.211
85.000.000
43.899
cesso disabili e posa in opera di pavimentazione antisdrucciolo; – messa a norma degli impianti elettrici a partire dalla formazione dei nuovi montanti indipendenti di alimentazione dei quadri elettrici di distribuzione; sostituzione delle condutture elettriche, dei frutti (interruttori, prese, etc.), dei corpi illuminanti; – messa a norma dell’impianto di riscaldamento per il controllo e la regolazione della batteria di scambio termico mediante un sistema di controllo della temperatura dell’aria; posa di due ventilconvettori per il riscaldamento della cappella feriale. In base al Decreto Regionale i lavori dovrebbero iniziare entro il 16 novembre 2002 ed essere ultimati nel termine previsto del 16 novembre 2003. Sarebbe auspicabile che i lavori del 1° e del 2° lotto siano realizzati contestualmente, sia per modalità e comodità d’esecuzione che per convenienza economica. Il consolidamento della struttura alla muratura, attraveraso tirantature, deve inoltre precedere i lavori di restauro delle decorazioni pittoriche e degli stucchi della volta, della Cappella della Madonna e della Cappella del Cristo. È stato richiesto un contributro in conto capitale su di un preventivo di lire 170.000.000 pari ad Euro 87.797,67 comprensivo di I.V.A. in base alla legge 60/1976 art. 49. La Regione potrà intevenire con un contributo del 50% e la differenza dovrà essere sostenuta dai parrocchiani: è auspicabile che anche questo finanziamento giunga tempestivamente in modo da poter realizzare i lavori di entrambi i lotti nello stesso periodo e con gli stessi ponteggi in modo da economizzare l’intero intervento. UGO PERUT
Intorvìa la tóla
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di A cura ello Bastian ta li e M e e id Adela
Patate roste
Patate co’ i vof
Ingredienti per 4 persone 8/9 etti di patate vecchie una piccola cipolla rossa 4 cucchiai di olio sale, pepe, q.b. salvia
Ingredienti per 4 persone 8/9 etti di patate vecchie 3 cucchiai di olio sale, pepe, q.b. 3 uova
Preparazione Per la cottura di questo piatto è preferibile utilizzare una padella di alluminio. Pelare le patate, non lavarle ma asciugarle bene con uno strofinaccio, tagliarle a fette rotonde abbastanza sottili, ma non troppo. Ora mettete a soffriggere nell’olio la cipolla tagliata fine, a fuoco moderato per non bruciarla. Quando la cipolla ha preso un colore rosato aggiungere le patate affettate. Girarle in modo che prendano bene il condimento, aggiungere il pepe, la salvia e lasciare che si rosolino bene, bene per qualche minuto prima di girarle di nuovo (devono quasi attaccare alla padella). Ripetere questa operazione fino a che le patate saranno cotte (circa 20 minuti). Mettete il sale 5 minuti prima di terminare la cottura. Variante A fine cottura aggiungere, a copertura delle patate, 1,5 etto di formaggio fresco di latteria tagliato a fette sottili. Il tutto va tenuto, coperto, sul fuoco, per qualche minuto. Si otterà un tortino di patate molto saporito, meglio ancora se prima di stendere le fette di formaggio verrà data sulle patate una bella spolverata di formaggio stravecchio grattugiato.
Preparazione Lessare le patate, pelarle e schiacciarle in un piatto con la forchetta. Nel frattempo sbattere bene in un piatto 3 uova intere e aggiungervi sale e pepe. Scaldare 3 cucchiai d’olio in una padella, inserire la purea di patate schiacciate, dare la forma di un tortino e far rosolare bene da ambo le parti fino a che si formerà una leggera crosticina. Cospargere quindi il tortino con 3 cucchiai di formaggio stravecchio grattugiato e versarvi sopra le uova sbattute. Far rapprendere lentamente, girare il tortino aiutandosi con un coperchio e far cuocere un paio di minuti. Spegnere il fuoco, tagliare a fette e servire.
* * * Patate cote ’n te la thenìsa Un’abitudine oramai scomparsa a causa delle «moderne» attrezzature in cucina è il cuocere la patata sotto la cenere. Questo tipo di cottura veniva fatto nel fogher durante la preparazione del pranzo. Le patate venivano messe intere con la loro buccia sotto la cenere calda e si lasciavano lì fino a che le bore erano calde. Tempo di cottura: un’ora.
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’N te la vetrina
I sei amici inseparabili. Purtroppo quattro di loro non sono più tra noi. Da sinistra in piedi: Mario Zambon Sclofa (1923), Ferruccio Zambon Tarabin (1922), Onorio Zambon Tarabin (1924). Seduti: Angelo Busetto Bronte (1924). Alpidio Bocus Dolfin (1924) e Marcello Busetti Caporal (1923). Gli ultimi due sono tuttora viventi. La fotografia fu scattata nell’anno 1942 in località Solvela. Da notare il grammofono di Alpidio, ricevuto in dono da una parente di Trieste. (Foto di proprietà di Alpidio Bocus Dolfin)
Dardago, novembre 1956. Da sinistra a destra: Genoveffa Busetti con Leone Busetti, Gianni Rigo, in groppa al mus de Tunio, con la madre Maria. (Foto di proprietà di Maria Rigo Moreal)
Storica immagine di un angolo della piazza di Budoia – negli anni ’50 – con la vecchia struttura, già cooperativa di consumo e per diversi decenni osteria-bar di proprietà di Pietro Lacchin Bof, nella cui immagine egli posa insieme con la famiglia. Da sinistra a destra: un bambino, ?, ?, Pietro Lacchin Bof con la moglie Ines e la figlia Nadia, un gruppo di bambini, desiderosi di farsi fotografare, probabilmente all’uscita da scuola. (Foto di proprietà di Nadia Lacchin)
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Cronaca
Accanto e al centro: Irene e Stefania, il giorno della loro laurea. Sotto: Ennio Carlon da 25 anni allenatore di calcio.
L’ EREDITÀ DE ANGELO ANTENORE CARLON
Per doverosa informazione, dopo l'assemblea congiunta Comune e Parrocchia di Budoia, il 4 febbraio 2001, a seguito di altre ricerche esperite per conto dei due Enti beneficiari del lascito testamentario dall’Avvocato Sterpi di Torino, come si era preannunciato, l’Amministrazione Comunale e la Parrocchia di Budoia, hanno presentato congiuntamente contro ignoti una denuncia-querela alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Pordenone, chiedendo che siano iniziate le indagini preliminari per identificare gli autori del fatto a tutti noto e l’applicazione di una giusta pena. A seguito di tale atto dovuto e per rispetto verso la Magistratura inquirente, dopo questa comunicazione, attraverso il periodico l’Artugna, si adotterà il silenzio stampa. MARIO POVOLEDO
BRAVE!
Il Consiglio Pastorale unito al Consiglio Affari Economici di Budoia, con il parroco don Adel, si complimenta con le colleghe Carlon Irene (laurea in lettere a Ca’ Foscari Venezia il 4.3.2002 con 110) e Zambon Stefania (laurea in lingue a Udine il 28.2.2002 con 110), e mentre si uniscono ai goliardici cori, formulano vivissimi auguri per il loro futuro. M.P.
VENTITHINQUE AINS CO’ I DHOVINS
In tempi di campionati mondiali di calcio e di accuse più o meno meritate ad allenatori, ci fa piacere parlare di una notizia legata a quel mondo calcistico più sano, quello della categoria dei dilettanti e di un allenatore che ama stare con i giovani, capirli, aiutarli a formare squadra e a farli crescere. È la motivazione che stimola Ennio Carlon a continuare in questo suo hobby, lungo ben un quarto di secolo. Tesserato FIGC dal 1978, ha svolto egregiamente il suo ruolo con i ragazzi delle squadre del Maddalena di Villotta, dell’Orsago; ha formato, in casa, il Budoia e il Polcenigo, ha allenato
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l’Aurora Pordenone per ritornare, quindi, in Pedemontana con l’Aviano, il Caneva e il San Quirino. Dallo scorso anno le acque dell’Artugna l’ha trasportato lungo la Livenza, fino a Sacile in casa della «Liventina», che sicuramente continuerà ad allenare il prossimo anno, in Prima Categoria. Motivo di soddisfazione per chi crede nello sport, quello vero.
DAL COMUN
In questi ultimi tempi si sono verificati diversi avvicendamenti tra il personale dell’amministrazione Comunale. Il vigile Cristina Centis è diventata mamma di una bella bambina di nome Chiara. Temporaneamente la neo mamma è sostituita dal vigile Claudio Giacomuzzi. Due nostri compaesani, Claudio Puppin e Pietro Zambon sono entrati in quiescenza e vengono sostituiti da Roberto Ortolan di Sacile e Antonio Capovilla di Aviano.
Al centro: i coscritti del 1937 festeggiano i loro 65 anni in un ristorante di Pordenone. E quelli del 1922 (sotto) s’incontrano allo Chalet da Carlo e Giovanni per i loro 80 anni. A sinistra: il vigile Claudio Giacomuzzi. Sotto a sinistra: soci e simpatizzanti della Pro Loco al castello di Spilimbergo, il 12 aprile. (Foto Antonietta Torchietti).
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Complimenti alla neo mamma, grazie ai neo pensionati ed auguri ai neo assunti.
PAR SUOR FELICE E SUOR NATALINA
Il 12 maggio la corale di Dardago fa visita alle nostre suore che si trovano a Taggì, vicino Padova. Molte persone si uniscono al coro per portare il saluto di Dardago a suor Felice e a suor Natalina. Con il nostro canto rendiamo più solenne la Messa nella cappella della casa delle suore Elisabettine. Le nostre suore non sono certo sole, infatti con loro vivono più di un centinaio di consorelle! Suor Natalina e suor Felice hanno molto apprezzato la visita e hanno inviato una lettera di ringraziamento a Don Adel scrivendogli che anche le altre madri hanno gioito insieme a loro. Siamo contenti che le nostre suore abbiano gradito e speriamo di cantare al più presto un’altra Santa Messa insieme.
COL CORNIÈR, LA MONT DEI CANAIS
Nell’Anno Internazionale delle Montagne, l’Amministrazione Comunale ha dedicato una delle cime delle nostre montagne ai ragazzi del mondo: il Cornièr è diventato simbolo di gioia, pace e fratellanza. L’iniziativa ha come obiettivo il coinvolgimento di adulti e di giovani generazioni al fine di considerare le montagne un’importante scuola di vita.
UN NÚOF ALBERGO
Un nuovo punto di alloggio e di ristorazione è stato aperto a Budoia, a ridosso dei verdi colli di Santa Lucia. È Ca’ del Bosco, restaurata e completata struttura alberghiera ideata in occasione del tanto sognato sviluppo del polo turistico della «Venezia delle Nevi» – rimasta per quasi quattro decenni in stato di abbandono – che ora offre una nuova immagine all’ingresso ovest del paese. Auguriamo buon lavoro a chi crede nel futuro turistico dei nostri paesi.
EL PULPITO DE LENC
Dopo un anno di trasferta nella città della Madonnina, presso il laboratorio di Luciano Bocus, torna nella nostra pieve il bel pulpito in legno, del-
In alto: il 14 aprile, gli alpini si ritrovano come ogni anno al cippo di Val de Croda. Sopra: l’ambone prima e dopo il restauro nel laboratorio artigianale di Luciano Bocus.
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la fine ’800, utilizzato dai pievani fino ad una cinquantina di anni fa. Per decenni era rimasto dimenticato nella «sacrestia» di sinistra fino a quando il sapiente lavoro di restauro di Luciano non l’ha reso, ancor più bello, alla comunità di Dardago. Da queste colonne ringraziamo Luciano per questo e per tutti i lavori a beneficio della nostra pieve.
COMUNIÒNS E CRÉSEME
Con una partecipazione attiva della famiglia e delle intere comunità di Dardago e Budoia si sono svolti, l’ultima domenica di maggio e la prima di giugno, i solenni riti della Prima Comunione e della Santa Cresima, quest’ultima nella Pieve di Dardago. Offrendo il pane, il calice, la candela battesimale e i fiori, si sono accostati per la prima volta alla Mensa del Signore i bambini di Dardago: Michele Bocus, Gianluca Bortolini, Alice Braido, Sara Capone, Federico Cecchinel, Riccardo Cozzi, Pablo Dorigo, Francesca Foti, Giulio Giannelli, Alberto Rigo, Francesca Zambon, Simone Zambon. E i bambini di Budoia: Valerio Adore, Chiara Baracchini, Jacopo Basaldella, Luca Bocus, Alessandra Carlon, Francesco Carlon, Nicola Carlon, Gloria Del Zotto, Matteo Fucci, Andrea Marson, Erika Pastorelli. Si ringraziano il parroco don Adel Nasr e le catechiste Emanuela Lot e Elena Zambon. A sinistra: i Cresimandi insieme con don Adel e mons. Otello Quaia, a Dardago. Nella foto: Alberto Bocus, Matteo Bocus, Enrico Chiaradia, Simone Cecchinel, Amos Conzato, Elena Del Maschio, Francesco Del Maschio, Stefano Lachin, Matteo Morson, Daniele Piazza, Marco Poletti, Andrea Rigo, Andrea Usardi, Chiara Zambon, Jessica Zambon, Monica Zambon.
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Inno alla vita... Noemi Chiandotto di Nicola e Monia Piasentier. Benvenuta nella nostra comunitĂ .
Osvalda Signora ha festeggiato l’ambito traguardo di 92 anni, attorniata dai famigliari; sulle ginocchia della pronipote Debora Varnier, la pronipotina Lara che ha soffiato sulla sua prima candelina. Vivissimi auguri.
Alessio Morson, nato a Pordenone il 21 marzo 2002, figlio di Luigino e Daniela Ariet, ha ricevuto il Santo Battesimo a Budoia il 26 maggio subito dopo le Celebrazione della Prima Comunione del fratellino Andrea.
A tutti gli auguri della Redazione
I ne à scrit
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Cordialissimi saluti, Mariano Burigana. P.S. Il mio nome di battesimo è Mariano e non Mario. Vicenza, 18 aprile 2002
Ill. Signor Direttore de l’Artugna Via Chiesa, 1 – Dardago (PN) Nel numero di aprile della Vostra bella rivista, a pagina 25, ho la sorpresa di imbattermi in una mia immagine e di leggere, evidenziate, le lusinghiere parole dedicate al personaggio e al... «poeta». Grazie! Avendo avuto tempo fa l’occasione di parlare con qalcuni amici vicentini della Vostra rivista e della sua bella e limpida realizzazione editoriale, questi, di soppiatto, hanno certamente fatto l’anonimo invio temendo nel mio ritroso rifiuto. Ora non posso che ringraziarli e ringraziarVi! Preciso, con l’occasione, la mia identità! Sono figlio di secondo letto di Leone Burigana, padre Giuseppe e madre Regina Janna, nato a Dardago nel 1879, valido scultore attivo a Venezia e poi a Vicenza. In primo letto mio padre aveva sposato Irene Zambon, di cui rimase vedovo nel 1917, avendone due figli – miei fratelli – tutt’ora viventi. 1) Irma Burigana Zardo, novantasettenne, già insegnante, che ha sempre passato a suo tempo le vacanze a Dardago per lunghi mesi e quindi assai conosciuta «in loco»; 2) Comm. Giuseppe Burigana, valoroso personaggio, direttore di grandi alberghi, rimasto molto legato a Dardago (porta con orgoglio il soprannome degli Janna, cioè Ciampaner): fu lui ad abbonarmi a l’Artugna. Io sono nato e cresciuto a Vicenza, totalmente integrato nelle tradizioni vicentine della famiglia di mia madre. Negli anni «sessanta» ho soggiornato, ospite di mia sorella a Dardago e vi sono poi tornato talvolta giacché mio padre ha voluto esservi sepolto. Sono sempre rimasto stupito e attratto dal mondo dardaghese e dai ricordi che mi arrivavano di seconda, se non di terza mano e sono grato a mio fratello Giuseppe, a cui mi lega una ricuperata intensa affezione, di avermi fatto conoscere l’Artugna e le sue rievocazioni fascinose. E grato sono a Lei per la pazienza di avermi seguito qui e per avermi inquadrato nella Sua rivista.
MARIANO BURIGANA
È un grande piacere ricordare i nostri compaesani che si mettono in luce in Italia o all’estero. Perciò non è necessario che ci ringrazi. Ci scusi per l’involontario errore del nome.
Sesto San Giovanni, 12 maggio 2002
Spett. Redazione de l’Artugna, Ricevo sempre con piacere il periodico. Tramite c/c postale ho provveduto ad inviarvi un piccolo contributo. Con l’occasione vi pregherei di inserire nella prossima edizione la nascita di Alessandro di Janna Mauro e di Mazzocchi Marina, il 15 aprile 2002, a Sesto San Giovanni (MI). Ringraziandovi, invio a tutti voi cordialità. FRANCO JANNA
Eccola accontentata! Alessandro è entrato, così, a far parte della Comunità de l’Artugna. Congratulazioni a lei e... naturalmente a Mauro e Marina.
DAI CONTI CORRENTI È sempre piacevole ricevere l’Artugna. NADIA MARAVIGNA – MONZA
* Saluti a tutti. DORINA DELLA VECCHIA – GALLIERA VENETA
* Un saluto. PIETRO COVRE – TRIESTE
* In ricordo della mia mamma. A tutti compli menti ed auguri cari. AURORA CERRONI AURELI – ROMA
Palsa
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Bilancio e Programma
AMÔR DI GJAT E AMÔR DI VIN «Mame – al berlà Tunin – sâstu la gnovitât: il pài conche al ven su de cantine al gnaule come il gjat in amôr!». E la mari i rispuindè: «Magari che to pari al fos come un gjat in amôr invessit di jessi simpri plen di amôr di vin!». TARCIS MUK
FEMINIS Cuant che mê madone ’e à fat l’incident cul motorin: sfracassât il motorin, jê rote lis cuestis e plene di pachis... ’o soi lade a cjatâle ta l’ospedâl. ’E jere ancjemò sot osservazion tal repart di terapie intensive. E mi à spiegât ce che j jere tocjât cussì: – Ho rotto le calze. –
Bilancio in Euro Situazione economica del periodico l’Artugna Periodico n. 95
entrateuscite
Costo per la realizzazione e sito web Spedizioni e varie Entrate dal 18/03/2002 al 13/07/2002 Contributo annuo Comune di Budoia
2.800,40 233,21
2.776,41 415,00
Totale
3.191,413.033,61
EMANUELA MIOTTO
IN-FORMATICA Berto Spongja in vita sô al a simpri lavorât cul cjâf bas. A si è simpri impaçât o nuia da li robis di ogni dì, vuardant cun suspiet li nuvitâts, soredut chês burides fôr dal casselot TV, ca lui al ten sì ta la saluta ma pì come soremobil e altarin pa li devossions a Sant’Antoni, a la madonute di Lourdes e ai siei vecjus. Dut al pì a lu impia par sintî la previsions dal timp e l’estrassion dal lot. Pal rest Berto al vîf fôr dal mont e al à pocja pratica dai tananais modernos, tant mancul di scuelis, universitâts, facoltâts, riformis e via discurint. Ancje se, a proposit da la riforme Berlinguer, lui al dîs nome ben, crodint ca chistu Berlinguer al sei simpri chel da la sesola e dal marcjel. I prins di otubar, ch’al era come il siò solit a cioli il pan in butega, i an dit: «Berto, âstu savût?, iêr a si è laureât in informatica Bepino Bacùt». E lui: «Orpo, da cuant in cà cumò covente che un casaro sei laureât par fâ formai». GIANNI COLLEDANI
IN TRATTORIE Un zercandul al va in tratorie dulà ch’al mangje ben a al bêf miôr. Dopo vê bevût il cafè e la sgnape i dîs al paron: – E cumò che no ài bêz par pajâ ce mi faseiso? – . – Ti din cuatri sclops pe muse, cinc pidadis tal cûl e ti parin fûr! –. – Eh, ce cjârs ch’o sês! In chelaltre tratorie mi àn dât dome doi rips tal cûl! –. SERGIO VISENTIN
Tratto da: «Il Strolic pal 2000», edito da Società Filologica Friulana, Udine.
Programma Solennità dell’Assunta LUNEDÌ 12 MARTEDÌ 13
ore 20.00
Confessioni
MERCOLEDÌ 14
ore 20.30
Santo Rosario in preparazione della Festa dell’Assunta seguito dalla Santa Messa.
GIOVEDÌ 15
ore 11.00
Santa Messa Solenne presieduta da don Corrado Carolo – vice rettore del Seminario di Pordenone. Santa Messa vespertina celebrata da don Maurizio Busetti.
ore 17.00
Programma della ricorrenza 10° anniversario di ordinazione sacerdotale di don Adel Nasr SABATO 28 SETTEMBRE
ore 21.00
Pieve S. Maria Maggiore di Dardago, Concerto Corale e d’organo
DOMENICA 29 SETTEMBRE
ore 18.00
Chiesa Parrocchiale S. Andrea Apostolo di Budoia S. Messa di Ringraziamento Seguirà rinfresco
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Avvenimenti
Nascite
Matrimoni
Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di:
Hanno unito il loro amore: felicitazioni a…
Alessandro Janna di Mauro e Marina Mazzocchi – Sesto San Giovanni/Mi Matilde Zambon di Paolo e Monique Zambon – Venezia Pietro Zambon di Francesco e Marina Andriollo – Mestre Alan Foscarini di Manrico e di Giordana Piovesan – Budoia Alessio Morson di Luigino e di Daniela Ariet – Budoia Michael Ormsby Osei di Michael Kwabena e di Christiana Agyemang – Dardago Leonardo Tizianel di Andrea e di Daniela Moras – Budoia Gaia Giacomini di Alessandro e di Monica Giacobbe – Budoia Francesco Dell’Angela Rigo di Orfeo e di Monica Buso – Budoia Dumitru Cozmin Otava di Constantin e di Elena Otava – Santa Lucia Martina Ferrarelli di Andrea e di Stefania Perut – Budoia Laura Agostino di Antonio e di Manuela Zambon – Assago/Mi
Luigi Puppin con Eliana Gobbato – Dardago Roberto Cauz con Gabriella Barbarito – Budoia Lucio Mazzega-Zanin con Antonella Martin – Budoia Fabio Rover con Taira Del Zotto – Budoia Alejandro Mauricio Jaime con Maria Rosaria Di Santo – Budoia Stefano Zambon con Marta Zambon – Dardago Ali Fakin con Annalisa Quaia – Santa Lucia
Lauree e diplomi
Defunti
Complimenti...
Riposano nella pace di Cristo: condoglianze ai famigliari di…
Lauree Francesca Sogne – Psicologia – Vimodrone/Mi Teresa Zambon – Economia e Commercio – Budoia Licenza Elementare Eugenio Belgrado, Michele Bocus, Leonardo Bortolini, Rosanna Bravin, Davide Carrasi, Sara Cherubini, Francesca Del Fabbro, Maicol Doretto, Christian Fort, Denis Fort, Irene Panizzut, Matteo Poles, Alex Quaia, Emanuele Quaia, Loris Fortunato Salgarella, Matteo Signora, Silvia Signora. Licenza Media Inferiore Matteo Bocus, Roberto Carlon, Francesco Del Maschio, Davide Fort, Stefano Lachin, Samantha Oftedal, Daniele Piazza, Alessia Quaia, Denis Zambon, Francesca Zambon, Leonardo Zambon, Monica Zambon, Riccardo Zambon. Licenza Media Superiore Marco Andreazza – Istituto magistrale (linguistico) Silvia Carlon – Liceo scientifico Raffaella Del Maschio – Liceo scientifico Cinzia Fort – Istituto professionale Deborah Fort – Istituto magistrale (scientifico) Francesca Iuorio – Istituto d’arte Malina Janna – Ragioneria Claudio Zambon – Istituto professionale Valentina Zambon – Liceo classico
I nominativi pubblicati sono pervenuti in Redazione entro il 26 luglio 2002. Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.
Nozze d’argento Noemi Lacchin e Carlo Vallotto – Dardago Lucia Zambon e Paolo Zanussi – Pordenone 40 anni di matrimonio Fernanda Zambon e Raffaele Zambon – Dardago
Rosa (Rosina) Angelin di anni 67 – Milano Luigia Zambon di anni 79 – Budoia Ester Zambon ved. Bocus di anni 87 – Dardago Carolina Rosa Milio di anni 90 – Dardago Santa (Ofelia) Ianna ved. Bocus di anni 73 – Dardago Anna Celant Tommasi di anni 79 – Budoia Ezio Comper di anni 78 – Santa Lucia Dionisio Cauz di anni 70 – Santa Lucia Leonida Zambon di anni 91 – Dardago Giovanni Loser di anni 65 – Budoia Paolo Zambon di anni 62 – Dardago Agostino Rinciari di anni 69 – Santa Lucia Antonio Da Ros di anni 88 – Dardago Clemente Fort di anni 87 – Santa Lucia Fabia Del Maschio ved. Manfè di anni 87 – Budoia – Sacile Giuseppe Pilot di anni 92 – Budoia Elio Toffolo di anni 71 – Villotta di Aviano Sandra Zambon Cardo di anni 76 – Muzzano/Biella Livio Leoni di anni 66 – Trieste Mullina Dal Re ved. Cecchelin di anni 78 – Dardago Miriam Comin Santucci di anni 66 – San Sepolcro Santina Polese di anni 80 – Santa Lucia Luigia Gioconda Berton di anni 88 – Dardago – Roma Clorinda Muziangeli Ianna di anni 76 – Dardago – Roma Angela Rizzo di anni 89 – Santa Lucia Rodolfo Spina di anni 53 – Ginevra/Svizzera
IMPORTANTE Giungono talvolta lamentele per omissioni di nominativi nella rubrica Avvenimenti. Ricordiamo che la nostra fonte di informazioni sono i registri dell’Anagrafe comunale. Pertanto, chi è interessato a pubblicare nominativi relativi ad avvenimenti fuori Comune o relativi a particolari ricorrenze (nascite, nozze d’argento, d’oro, risultati scolastici, ecc.) è pregato di comunicarli alla Redazione.
Santa Lucia, chiesetta al colle. Particolare dell’affresco del Martirio di Santa Lucia di Gian Francesco da Tolmezzo. L’opera si collocherebbe tra la fine del ’400 e l’inizio del ’500. *** «... La Santa con le mani piamente congiunte a indicare la ferma determinazione, è trascinata, mediante corde che la legano, da alcuni tristi figuri, e sospinta da altri, i quali non riescono a non ammirare, mentre svolgono il crudele atto, la ferma resistenza di lei. È trascinata verso il luogo di malaffare, dove invano si cercherà di recarle violenza. Solo la spada metterà fine, col martirio pieno, la sua vita offerta in sacrificio allo Sposo divino, Gesù...». (PIETRO NONIS)