L'artugna 129 agosto 2013

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Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

Anno XLII · Agosto 2013 · Numero 129 Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia


il Magnificat inno di umiltà, di battaglia O gni giorno, durante la recita o il canto del Vespero, la Chiesa mette in bocca ai cristiani che pregano con la Liturgia delle Ore (nome attuale del Breviario), il Magnificat, il canto che Maria ha intonato quando è andata a far visita alla cugina Elisabetta, subito dopo aver ricevuto dall’Angelo Gabriele l’annuncio che sarebbe diventata la madre del Figlio di Dio (Lc. 1, 46-55). È un canto composto da Maria stessa che si è ispirata, lei che ben conosceva la Sacra Scrittura, essendo stata istruita dai sacerdoti del Tempio di Gerusalemme fin da piccola, al canto di Anna, madre del profeta Samuele (1 Sam. 2, 1-10) e a molti altri passi dell’Antico Testamento, dando però, al suo inno un tono unico e personale. Nel Magnificat notiamo come Maria si fa piccola, non attribuisce la sua grandezza alle sue doti personali né al suo atto premuroso di obbedienza alla volontà di Dio, ma alla misericordia, bontà e grandezza del Signore che l’ha scelta, benché umile e povera ragazza di Nazareth, per questo grande compito. Attribuisce, inoltre, a Dio una giustizia che non è di questo mondo perché solo il Signore può attuarla. Infatti come dichiara Maria: «Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote».

[...] Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta [...]

Situazioni incredibili nella storia dell’umanità dove prevalgono i prepotenti, dove i ricchi sono sempre più ricchi a scapito dei poveri che sono sempre più poveri, dove chi è umile normalmente viene schiacciato, mentre chi sa far valere le proprie ragioni, stravince. Una giustizia, quindi, capovolta e che solo Dio è in grado di attuare così come aveva operato durante la grande epopea della liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana o nel ritorno in patria degli esodati in 2

Babilonia: «Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia». Gli ebrei non avevano fatto una guerra di liberazione, ma Dio era intervenuto con prodigi in Egitto (le sette piaghe, la morte dei primogeniti, la strage della cavalleria egiziana annegata nel mar Rosso) e per l’inaspettata benevolenza di Ciro il grande Re persiano che concede agli ebrei di ritornare in patria da Babilonia dando loro anche mezzi e contributi per ricostruire il loro paese. «L’anima mia magnifica il Signore


la lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti

e di speranza MAGNIFICAT L’anima mia magnifica il Signore E il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato all’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre. (Lc. 1, 46-55)

e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata». Oggi, dopo oltre duemila anni da quell’evento, noi festeggiamo Maria Assunta in cielo e incoronata Regina del cielo e della terra, attendendo dal Signore i prodigi che ha operato in Egitto e in Babilonia. La nostra società che si era cullata in un benessere fatuo e costruito su sabbie mobili, infischiandosene di un’economia mondiale che

creava povertà abissali, spingendo popoli di disperati a rincorrere i nostri ideali di benessere e libertà assoluta, indipendentemente da valori religiosi, oggi ci chiama a pagare il conto. Ed è un conto salato. Da chi può venirci l’aiuto? Il Cardinale Salvatore Pappalardo arcivescovo di Palermo, ai funerali del generale Della Chiesa, aveva ricordato il grido dello storico Tito Livio mentre Annibale invadeva Sagunto che aveva chiesto aiuto a Roma: «Dum Romae consulitur Saguntum espugna3

tur» (Mentre a Roma, in Senato, si chiacchiera, Sagunto viene espugnata). Mentre la politica si trastulla con schermaglie su questioncelle o prese di posizione, magari anche significative, ma non tali da impedire di governare, mentre i partiti si dilaniano in lotte interne di potere o rese di conti, la nostra situazione crolla sempre più in basso, il lavoro manca, la gente è disoccupata, le tasse strangolano, diminuiscono produzione e potere di acquisto. Cosa fare? Tanti se lo chiedono angosciati e avviliti. Si sentono varie ricette per superare la crisi. Quanti si ritrovano nella fede cristiana hanno lo stimolo di questa bellissima preghiera uscita dalle labbra stesse della Madonna che ci prende per mano e ci invita a fidarci di Colui che «ha fatto in Lei grandi cose perché Santo è il suo Nome». Maria ci assicura: «Egli opera potenza col suo braccio: ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore ed esalta gli umili, ha soccorso Israele suo servo ricordandosi della sua misericordia». Un invito a rivolgersi a Lui mettendo come mediatrice la Beata Vergine Maria Assunta, Lei che, come dice una preghiera del poeta e scrittore Alessandro Manzoni in suo onore, per il suo popolo e per i suoi fedeli è: «Salve o degnata del secondo nome, o Rosa, o Stella ai periglianti scampo, inclita come il sol, terribil come oste (combattente n.d.r.) schierata in campo».


[ la ruota della vita ]

NASCITE Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di... Giulia di Francesco Agostini e Maddalena Bevilacqua – Santa Lucia Giacomo Negro di Giovanni e Laura Gerli – Santa Lucia Charlie Vignali di Simone e Brunella Ragusa – Santa Lucia Gabriele e Riccardo Del Puppo di Federico e Michela Blandino – Santa Lucia Francesco Cauz di Roberto e Gabriella Barbarito – Budoia Ilaria Biasutti di Daniele e Elena Zambon – Dardago Isabella Maria Feeley di Philip J. Jr. e Francesca Begotti – Santa Lucia Riccardo Gallas di Federico e Claudia Zambon – Dardago

MATRIMONI Felicitazioni a... Giovanni Negro e Laura Gerli – Santa Lucia Michele Berton e Elisa Ros – San Vendemiano (Tv) Claudio Zambon e Florence Casarin – Fourneaux (Savoia) Nozze d’oro Italo Callegari e Giulia Cargnello – Budoia Rita Pellegrini e Alfio Scarabellin – Dardago Silvana Bastianello Thisa e Aurelio Negro – Dardago

LAUREE, DIPLOMI Complimenti! Licenza Media Superiore Michele Bocus – Istituto Tecnico Industriale Manuel Del Maschio – Istituto Tecnico Industriale Cristina De Chiara – Tecnico Servizi Sociali Anna Fort – ISIS Marchesini Xhon Gjoka – Istituto Tecnico Industriale Gianluca Lucchetta – Tecnico Industrie Elettrotecniche Marina Rajkoska – Liceo Linguistico Federica Santi – ISIS Marchesini Ginevra Martina Venier – Liceo Scientifico Laurea Simone Cecchinel – Scienze dell’Architettura – Dardago Martina Stella Carlon – Scienze dell’Architettura – Dardago Francesca Romana Zambon Modola – Scienze e Tecnologie Multimediali – Dardago

IMPORTANTE Per ragioni legate alla normativa sulla privacy, non è più possibile avere dagli uffici comunali i dati relativi al movimento demografico del comune (nati, morti, matrimoni). Pertanto, i nominativi che appaiono su questa rubrica sono solo quelli che ci sono stati comunicati dagli interessati o da loro parenti, oppure di cui siamo venuti a conoscenza pubblicamente. Naturalmente l’elenco sarà incompleto. Ci scusiamo con i lettori. Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.

DEFUNTI Riposano nella pace di Cristo. Condoglianze ai famigliari di… Anna Lacchin di anni 74 – Santa Lucia Maria Caterina Mazzocco di anni 91 – Santa Lucia Rolando Zambon di anni 87 – Budoia Pietro Vettor Cariola di anni 73 – Milano Antonietta Sanson di anni 100 – Budoia Vittoria Ianna di anni 90 – Dardago Matteo Fort di anni 71 – Limone sul Garda Valentino Zambon di anni 63 – Dardago Albina Danesin di anni 97 – Santa Lucia Paolo Busetti di anni 66 – Dardago Marcello Busetti di anni 89 – Dardago Valter Zambon di anni 61 – Dardago

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In copertina. Sicuramente, Giovanni Battista Leo, notaio e giudice di Aviano, quando nel maggio 1548 apponeva il «signum» sulla pergamena, non immaginava che cinque secoli dopo, il suo stemma sarebbe stato riproposto come merletto a fuselli. A pagina 12 scopriamo le motivazioni e la modalità di realizzo di questo lavoro.

Periodico della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia

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La lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti

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La ruota della vita

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'el plevan in bicicleta' e il Gran Pionero suo discepolo di Fabrizio Fucile

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Alla ricerca delle proprie radici di Roberto Zambon

anno XLI

I

sommario gosto 2013 ·a

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Direzione, Redazione, Amministrazione tel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594

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Dalla pergamena... al merletto di Rita Marson

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Cronaca

Internet www.artugna.blogspot.com

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Inno alla vita

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Dhon dhapardhut di Anna Pinàl

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I ne à scrit...

e-mail direzione.artugna@gmail.com

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Renato Zambon Tarabìn, quando il legno rivive con l’arte di Vittorio Janna Tavàn

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Bilancio

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Programma Dardagosto

Direttore responsabile Roberto Zambon · tel. 0434.654616 Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna Contributi fotografici Archivio de l’Artugna, Archivio Centrale Salesiano di Roma, Vittorina Carlon, Vittorio Janna, Corrado Zambon, Francesca Romana Zambon

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L’educazione pre e perinatale di Maddalena Bevilacqua Agostini

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Un workshop internazionale sulla Cooperazione Montana di Roberto De Marchi

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Con Franco e Corrado il campeggio in montagna di Fabrizio Vago Verso la canonizzazione del Beato Marco di Walter Arzaretti

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Spedizione Francesca Fort Ed inoltre hanno collaborato Francesca Janna, Maria Antonietta Torchetti, Espedito Zambon, Francesca Romana Zambon Stampa Sincromia · Roveredo in Piano/Pn Autorizzazione del Tribunale di Pordenone n. 89 del 13 aprile 1973 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.

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’N te la vetrina

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L’angolo della poesia

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A Dardago la nuova sede del Gruppo Alpini di Budoia di Mario Povoledo

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Collis Chorus a «Venezia in coro» di Bruno Fort

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Recensioni

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Lasciano un grande vuoto...

ed inoltre... Albero genealogico de «I Carlon Carlonetto-Cech-Coch da Budoia a Venezia» Ventottesimo inserto a cura di Vittorina Carlon e Osvaldo Carlon


Nel cinquantesimo anniversario della morte di Monsignor Domenico Comin

'el plevan in bicicleta' e il Gran Pionero suo discepolo di Fabrizio Fucile

I l 17 agosto 1963 mancava ai vivi in terra lontana Monsignor Domenico Comin, nato 89 anni prima a Santa Lucia di Budoia, nelle case dei Dhomarion1. Iniziati gli studi nel seminario diocesano, passò poi a Torino fra i salesiani. Fu intrepido missionario in Ecuador per ben 56 anni. Nel 1920 fu consacrato vescovo titolare di Obba e nominato vicario apostolico di Mendez e Gualaquiza. Il suo motto fu: Con l’Amore farò la mia conquista. Grande apostolo tra gli Shuar2 cominciò dalla conversione dei piccoli per arrivare ai genitori. Fece sorgere numerose scuole e collegi per accogliere i giovani dei villaggi sparsi nella foresta, senza vie di comunicazione. In campo sociale fece sorgere piccole cooperative, circoli di operai. Ricevette molte onorificenze da ministri e autorità che lo vollero ringraziare per l’opera di alta civiltà cristiana realizzata fra gli Shuar, integrati alla nazione. Vogliamo qui ricordare i primi passi della sua vocazione, nata sullo sfondo delle nostre colline e accompagnata e incoraggiata dall’autorevole affetto di un giovanissimo don Romano Zambon, allora cappellano di Santa Lucia. Lo facciamo presentando in traduzione il secondo capitolo (che porta come titolo il nome del nostro paese) della biografia Un Gran Pionero pubblicata nel 1969 dallo storico salesiano Antonio Guerrero. Al di là

Mons. Domenico Comin ricevuto in udienza privata dal pontefice Pio XII.

della narrazione di maniera, del carattere celebrativo dello scritto e delle imprecisioni cronologiche, quello che suscita il nostro interesse e commozione è questa figura di giovane pastore che segue Domenico fino a portarlo dal Friuli alle Ande. Lo stesso amore per Dio che infiammò Romano a spendere la sua missione sacerdotale tra i compaesani, bruciò anche in Domenico e lo spinse ad abbandonare la terra natale per andare a cercare compaesani in Cristo assai più lontano di quanto avrebbe potuto condurlo la poi famosa bicicletta del pievano dardaghese. 6

Santa Lucia3 È una piccola e ridente frazione di Budoia, nel distretto di Sacile, in provincia di Udine e diocesi di Concordia; sorge ai piedi di dolci colline, primi contrafforti delle alpi Carniche. Davanti si apre una vasta pianura, costellata di paesini e città che si perdono di vista all’orizzonte, lontano, fino alla laguna veneta. Il focolare domestico In questo angolo di natura verdeggiante e gioiosa, c’era una famiglia dalle radici genuinamente cristiane, buona e distinta, quella di


Osvaldo Comin e Maria Fort, ai quali il cielo aveva regalato tre figli: Domenico, Giuseppe e Lucia. Domenico nacque il 9 settembre del 1874. Nessuno, se non Dio, sa che cosa racchiude una culla. Quella di Domenico racchiudeva longevità, grazia sacerdotale e grandi opere. La chiesa e la prima educazione La prima palestra della sua formazione, come Domenico ricorderà molte volte più avanti, fu in seno alla famiglia. I suoi genitori sapevano educare con la parola e con l’esempio, con il santo timore di Dio e un amore sapientemente severo. Desideravano che i loro figli imparassero a seguire le proprie naturali inclinazioni, ad essere se-

reni e ad occuparsi di piccole faccende domestiche. Quando aveva cinque anni il regalo più bello per Domenico, nei giorni di festa, era recarsi insieme alla famiglia a Budoia, per assistere alla santa messa nella chiesa parrocchiale. Sapeva che lì lo aspettavano l’affetto, i consigli e qualche caramella di un virtuosissimo sacerdote, il sacerdote don Romano Zambon4, la cui figura resterà per sempre nei suoi pensieri e nel suo cuore. A sei anni cominciò ad andare a scuola; il suo maestro fu A. Cavasin5, il quale aveva fama di essere severo con gli scolari, ma nello stesso tempo sapeva fare con grande coscienza il suo lavoro. Domenico dimostrava di avere un carattere aperto e generoso, qualche volta impulsivo e dominante; una intelligenza viva-

Domenico Comin, ordinato sacerdote il 14 aprile 1900 a Milano dal card. Andrea Ferrari, partì per l’Ecuador il 27 settembre 1902 e nel 1908 fu nominato Ispettore e Provicario della Missione di Mendez e Gualaquiza. Il 5 maggio 1920 fu eletto Vicario Apostolico.

ce e una spontanea religiosità. Fisicamente sembrava più grande della sua età. A nove anni una brutta polmonite lo ridusse in fin di vita. Questo pericolo gli permise di accostarsi con gioia, in anticipo, alla prima comunione. Episodio premonitore Un episodio dell’infanzia di Domenico ci permette di intuire un aspetto della sua personalità in miniatura. Questo, come altri aneddoti, ce lo ha narrato suo nipote Osvaldo: «Quasi tutte le sere, do-

In terra di missione il cavallo, come mezzo di trasporto, diviene una necessità. Molti furono gli spostamenti di mons. Comin sia sulla Cordigliera Andina che nella Foresta Amazzonica per raggiungere le popolazioni Shuar o altre comunità a cui portare conforto e la luce del messaggio evangelico.


po aver giocato con gli amici a biglie, a bottoni e a nascondino, tornava a casa per pregare insieme con gli altri; allora con un panno sulle spalle, come una sorta di piviale, mettendosi in cima alle scale impartiva la benedizione con un bastoncino che immergeva in un bicchiere d’acqua…». Non ci sembra di vedere il piccolo Giovanni Bosco? Questo dono di richiamare ed attirare a sé gli altri rivela in anticipo il germe di quell’amore che sarà il fulcro del suo motto episcopale «Li farò prigionieri con le catene della carità»: l’amore sarà il segreto delle mie conquiste. Un bambino che non è vivace o è malato o è una rara eccezione, diceva l’eccelso educatore e taumaturgo del secolo XIX6. Le monellerie e le birichinate sono un diritto del bambino e riflettono la sua umanità. Anche Domenico fu birichino e questo lo spinse a portar via frutti dagli alberi altrui, ad andare a nidi o far prova dei pugni sulla schiena della sorella Lucia o di qualche compagno di giochi. Qualche volta le dava, qualche volta le prendeva. L’importante era che non rimaneva poi ricordo di quello che era successo. A scuola Domenico stava per compiere dodici anni ed il padre pensava di mandarlo in autunno a Udine a studiare perché lì avrebbe potuto frequentare la scuola secondaria, sperando che un giorno potesse avviarsi agli studi di medicina. La madre pregava perché Dio illuminasse la strada del figlio. Arrivò ottobre ed Osvaldo Comin intraprese la via per Udine. È da immaginare la sofferenza di Domenico nel separarsi per la prima volta da sua madre, dai fratelli e da don Romano7 e da tutto quel piccolo mondo della sua infanzia. Per fortuna sarebbe stato ospite di parenti, e non sarebbero mancate le visite dei genitori. Domenico ottenne ottimi risultati a scuola. Nel frattempo qualcosa maturava nell’animo del piccolo studente, qualcosa che

«Partire dai più piccoli per arrivare ai genitori». Così il nostro concittadino soleva affermare. Nelle foto eccolo quindi presenziare e posare attorniato da giovani allievi.

martellava la sua mente. Il futuro tanto sognato dal papà si allontanava per lasciar spazio a qualcosa di nuovo che gli stava nascendo dentro. Nient’altro allettava il cuore di Domenico: né la scuola, né la compagnia dei buoni amici, né la bellezza della città tante volte ammirata dal belvedere del celebre castello. La sua vocazione L’episodio di cui abbiamo parlato non era stato semplicemente un innocente gioco infantile, ma la rivelazione di una autentica vocazione. Vediamo cosa scrive al proposito il già ricordato nipote Osvaldo: «Nella sua vocazione fu affettuosamente indirizzato dal suo catechista don Romano Zambon. Con questo sacerdote rimase sempre in stretto rapporto epistolare fino alla morte dello stesso, avvenuta in età avanzata poco prima della fine dell’ultima guerra8 e nutriva per lui un grande rispetto ed una sincera venerazione. Mio nonno all’inizio si oppose, non perché fosse contrario, ma perché pensava non fosse una vocazione solida. Don Romano dopo aver osservato e ponde8

rato tutto si convinse che era una vocazione profonda e convinse il padre a favorirla. In questo modo potè incamminarsi verso il sacerdozio». A 15 anni il giovane Domenico si rende conto perfettamente di aver ricevuto dall’Alto un grande dono e desidera coltivarlo con grande responsabilità.


Il seminario Era arrivato per Domenico il bramato momento di entrare in seminario e il buon don Romano, il 20 ottobre 1889, provvisto di tutto il necessario lo accompagnò a Portogruaro, città della provincia di Venezia. Quanto dovette sentirsi felice Domenico nel varcare quella sacra soglia! Con i suoi modi garbati e il suo talento si conquistò subito la simpatia e l’apprezzamento dei superiori e dei compagni. Tra i seminaristi uno gli fu sempre particolarmente grato, Celso Costantini, più tardi illustre missionario e cardinale, con il quale serbò stretta amicizia fino alla morte. Nel seminario si parlava molto di don Bosco, morto a Torino il 31 gennaio dell’anno precedente. La sua fama di santità ed il prodigio delle sue opere erano da tutti conosciuti e ammirati. La lettura del Bollettino Salesiano9 servì molto ad accendere la scintilla dello spirito missionario; il suo interesse era specialmente per i paesi del Sud America: la spedizione per l’Ecuador era stata l’ultima preparata e

L’ingresso della casa natale di mons. Domenico Comin nella via, in seguito a lui dedicata, a Santa Lucia.

benedetta da don Bosco solo 53 giorni prima della sua morte. A Portogruaro, come a Udine, Comin ci rimase soli due anni, poi la sua vocazione fece rotta verso la meta finale: le crociate evangeliche. Ne parlò più volte a don Romano e altre persone con cui era in confidenza. Tutti trovarono la cosa molto buona e degna di essere incoraggiata, però vedevano difficile una soluzione immediata. Prima di partire per le missioni sicuramente bisognava terminare il cammino che sarebbe approdato all’ordinazione sacerdotale. Nonostante ciò, quando un giovane si sente infiammato da un ideale che non lascia scampo, mosso da una forza irresistibile, non si sottrae alle difficoltà. Le affronta e le supera. I suoi genitori erano contrariati davanti alla determinazione del figlio, ma grazie al saggio e opportuno

intervento di don Romano si rasserenarono. A volte le strade di Dio sono misteriose e prevedono un doloroso calvario prima di aprirsi ad orizzonti pieni di sole.

La redazione è grata al signor Mario Trevisan per la collaborazione. Il suo interessamento, presso l’Archivio Centrale Salesiano di Roma, ci ha permesso la pubblicazione di queste foto che ritraggono monsignor Comin.

NOTE 1. Soprannome dei Comin era Blason, ma la madre di Domenico, Maria figlia di Osvaldo Fort, era dei Dhomarion (Zammarion nei registri dardacensi); il padre probabilmente andò in cuc, per cui i Comin discendenti da quella generazione presero il soprannome materno. 2. Ramo della popolazione indigena del PerùEcuador chiamata Kivara, Jivara o Jibara. 3. Antonio Guerrero, Un Gran Pionero, Cuenca, 1969, cap. 2, pp. 14-18 (traduzione del redattore). È evidente che le notizie riguardanti l’infanzia saranno state suggerite dai ricordi di Mons. Comin stesso oltre che da quelle raccolte dal nipote Osvaldo (figlio del fratello Giuseppe). 4. L’autore evidentemente non è a conoscenza che il capoluogo comunale (Budoia) non corrispondeva alla parrocchia (Dardago). L’episodio è comunque romanzato; quando Domenico aveva 5 anni (1879) don Romano ne aveva solo 17 e non era ancora ordinato. Potrebbe averlo incontrato da chierico, ma la loro conoscenza è sicuramente da far risalire al periodo santaluciese del futuro pievano (vd. nota 7). 5. Non abbiamo trovato notizie utili su questo maestro nella documentazione dell’epoca a disposizione. Ringrazio Vittorina Carlon e

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Roberto Zambon per l’aiuto e la collaborazione nella raccolta di alcuni dati preziosi. 6. San Giovanni Bosco. 7. Siamo nel 1886. All’epoca don Romano (non conosciamo l’esatta data di ordinazione, ma sicuramente tra 1885/86) era cappellano a Santa Lucia. In l’Artugna n. 14, agosto 1975, G.B. Bastianello scrive: Iniziò subito [dopo l’ordinazione, n.d.r.] la sua missione sacerdotale nella Cappellania di Santa Lucia, ove rimase per qualche anno benvoluto e stimato da quella popolazione che non voleva lasciarlo partire quando fu destinato come coadiutore nella parrocchia di Dardago. 8. Secondo l’autore don Romano era presente insieme al padre ed ai fratelli (la madre era mancata qualche anno prima) alla ordinazione sacerdotale di Domenico avvenuta nel duomo di Milano il 14 aprile del 1900. È episodio da verificare sia per la distanza all’epoca proibitiva, sia per la data particolare (Sabato Santo) in cui la il pievano avrebbe lasciato la parrocchia. Don Romano morì nell’agosto del 1944. 9. Rivista fondata da San Giovanni Bosco nel 1887, ora anche online: http://biesseonline.sdb.org/. In parecchi numeri possiamo trovare notizia sull’opera del vescovo Comin.


[parte terza]

Alla ricerca

delle proprie radici di Roberto Zambon

«Unbelievable, amazing» erano le uniche parole che Kevin riusciva a proferire con una voce rotta dalla commozione. Per Kevin, 72 anni, leggere negli antichi registri della Pieve di Dardago, il nome del suo nonno Pietro, quello del bisnonno Costante, del trisnonno Angelo e quelli degli avi ancora più lontani era veramente «incredibile ed eccezionale». Kevin Ianna «Corazza» con la moglie Marguerite è venuto appositamente dall’Australia per verificare di persona quello che tramite

il periodico l’Artugna, già sapeva: che le radici di una numerosa dinastia del Sud Ovest dell’Australia sono budoiesi. «Grazie a l’Artugna: ho trovato più di quanto mi aspettassi», mi ha detto quando ci siamo salutati al momento di ripartire. Le tre giornate di Kevin e Marguerite sono trascorse velocemente, ma la coppia ha avuto la possibilità di visitare i nostri paesi e di fare una capatina a Polcenigo e a Pordenone. Tra i momenti più significativi vanno ricordati la visita alle vec-

chie case degli Ianna «Corazza», la consultazione degli antichi registri in canonica a Dardago, la partecipazione alla Messa domenicale nella Pieve. In via Anzolet, dove abitavano gli Ianna «Corazza», li attendeva Remigio. Cordialissimo il loro colloquio, facilitato anche dall’ottima conoscenza della lingua inglese del «cugino italiano». Kevin e Remigio sono cugini di terzo grado. I loro bisnonni Costante e Giacomo erano fratelli: il loro trisnonno Angelo, nel 1895, ormai settantacinquenne, accom-

L’atto di Battesimo di Giovanni Ianna Corazza (17 luglio 1790), uno degli avi di Kevin.

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Un grazie per la collaborazione per la buona riuscita di questo incontro a Rita Marson, Vittorina Carlon, Sante Ianna, Remigio Ianna, don Maurizio Busetti.

L’emozionante momento della consultazione dei registri parrocchiali... alla ricerca delle proprie radici.

Il commiato di Kevin e Marguerite dal «cugino» Remigio.

pagnò il figlio Costante nel lungo viaggio, senza ritorno, verso l’Australia. In canonica, erano stati predisposti i registri per poter leggere gli atti di battesimo (e di nascita) degli avi di Kevin. Senza dubbio il momento più commovente della visita. Kevin poteva leggere sui documenti quei nomi che tante volte, fin da piccolo, aveva ascoltato nei racconti dell’arrivo in Australia degli Ianna. Kevin e Marguerite hanno voluto partecipare alla Messa domenicale a Dardago, nella chiesa in cui il nonno e i precedenti avi sono stati battezzati. Ho visto Kevin soffermarsi a lungo accanto al battistero.

Ho ripensato spesso alla commozione provata in più occasioni da Kevin durante la sua visita ai nostri paesi. Non gli sembrava vero camminare sulle strade calpestate anche dai suoi avi; vedere le vecchie case, i portoni, le montagne, le chiese, i cimiteri tanto familiari al bisnonno Costante prima di intraprendere il lungo viaggio, senza ritorno, verso l’Australia. Una commozione, tanto intensa da imporgli una pausa mentre parlava, dettata dalla consapevolezza di essere riuscito a raggiungere un traguardo importante e desiderato: quello di vedere la terra d’origine dei suoi avi. Penso che provasse come una liberazio11

ne da un peso, quasi se avesse sciolto un voto. Molto meno fortunata di Kevin fu Caterina, sua bisnonna che affrontò l’avventura australiana con molto dolore. Kevin mi ha ripetuto molte volte questo racconto. Caterina pianse ininterrottamente per 10 settimane: il suo pensiero era sempre quello di ritornare a «casa». Un desiderio che restò in lei, forte, anche quando la vita in Australia diventò più facile e prodiga di soddisfazioni familiari ed economiche. Ad un certo punto, per la ormai anziana donna, sembrava che il sogno di poter ritornare in Italia potesse realizzarsi. Tutto era stato preparato ma lo scoppio delle Seconda Guerra mondiale negò definitivamente a Caterina la possibilità di rivedere il suo paese.

La storia degli Ianna «Corazza» in Australia è stata trattata più volte nel periodico, sempre arricchita da nuove informazioni e scoperte. Per saperne di più potete leggere gli articoli de l’Artugna sul numero 123 dell’agosto 2011 (pagg. 13-15) e sul numero 127 del dicembre 2012 (pagg. 6-8).


Archivio Storico della Pieve di Dardago. Particolare di una pergamena.

La raccolta degli antichi documenti ed in particolare il disegno riprodotto sulla pergamena n. 53, datata 1° maggio 1548, sono stati motivo di studio e icona ispiratrice per realizzare una tesi d’esame presso la Scuola Merletti di Gorizia al temine dei corsi.

dalla pergamena... al merletto di Rita Marson

P uò sembrare strano che in copertina de l’Artugna venga pubblicato un lavoro a merletto. C’è, però, una spiegazione. Fin da ragazza, essendo abbonata a una rivista di ricamo ed altri lavori manuali, ero affascinata dal merletto eseguito con i fuselli. Non avevo mai visto nessuno cimentarsi in questa tecnica. Qualche anno fa, quasi cinquantenne, sono venuta a conoscenza che a Pordenone esisteva una sede staccata della Scuola Merletti di Gorizia: senza pensarci mi sono iscritta. La scuola prevede tre anni di pratica a Pordenone più altri tre a Gorizia dove si studia Storia dell’arte e del costume, Storia del merletto e Disegno tecnico. Dopo aver superato gli esami si ottiene il diploma regionale di Maestra merlettaia. Gli esami prevedono una

prova pratica per la realizzazione di una parte di merletto, una prova di disegno e una prova orale relativa a tutte le materie. È necessario presentare una tesina su un argomento a piacere da cui si possa ricavare un disegno adatto per il merletto. 12

La mia tesina riguardava le antiche Pergamene dell’archivio parrocchiale di Dardago, e mi è sembrato opportuno disegnare lo stemma riportato in una di queste pergamene. Dal disegno ho realizzato il merletto pubblicato in questo numero.


Ci sono due modalità per ottenere un merletto: a fuselli e ad ago. Il merletto a fuselli è realizzato girando e incrociando più fili arrotolati su fuselli, piccoli fusi in legno che mantengono in ordine i singoli fili durante la lavorazione, garantendone anche la tensione. Il disegno di partenza viene appuntato con gli spilli al tombolo, un cuscino cilindrico solitamente imbottito di segatura. Man mano che il lavoro procede, viene fissato, sempre con gli spilli sul disegno. I fuselli lavorano sempre in coppia di due, il numero di paia può variare da un minimo di due per una semplice catenella fino a decine, per non dire centinaia di paia, per lavori più complessi: per il merletto Valencienne, tipico delle Fiandre del XVII secolo che utilizzava fili di lino sottilissimi, venivano impiegati fino a ottocento fuselli per eseguire una bordura alta dieci centimetri. L’utilizzo del merletto risulta documentato iconograficamente nella pittura e nei documenti a partire dalla fine del XV secolo. L’origine geografica di questa tecnica è ancora materia di dibattito: mentre per il merletto ad ago è sicura l’origine veneziana, per quello a fuselli l’origine è incerta tra le Fiandre (probabilmente la regione di Anversa) e l’Italia settentrionale. Per tutto il ’500 i merletti venivano usati solo come rifiniture, per diventare nel secolo successivo parte dell’abbigliamento soprattutto maschile, finendo per essere considerati simbolo di ricchezza. La produzione fu cosi fiorente da espandersi in tutta Europa. Molti merletti vengono ancora oggi chiamati con il nome della città d’origine (Milanese, Genovese, Valencienne, Lille, ecc.) anche se prodotti in altri luoghi. Il merletto a fuselli fu introdotto a Gorizia dalle suore del monastero di Sant’Orsola costruito nel 1672.

Il disegno, speculare rispetto all’originale, è fissato sul tombolo. Si inizia a realizzare alcuni particolari.

Il lavoro sta progredendo: i fuselli aumentano.

Comincia ad emergere lo stemma. Il continuo movimento delle mani sta producendo i suoi frutti. Dopo alcune centinaia di ore lavoro, lo stemma è passato dalla pergamena al merletto.

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l’appello di Anna ai giovani andiamo dappertutto La nostra Anna Pinàl è una continua sorpresa. Lo è quando ci invia un suo scritto, sempre accompagnato dalla postilla «vedete voi se va bene»: lo leggiamo e, come al solito, scopriamo che è un pezzo di bravura. Può essere il ritratto di un personaggio paesano, il racconto di un fatterello o di un avvenimento di tanti anni fa oppure il commento della cronaca dei nostri giorni: il risultato è sempre un articolo di qualità, come solo lei sa fare. Una sorpresa è stato anche scoprire che Anna ha festeggiato i suoi 80 anni! Considerando la sua vitalità ed il suo modo sempre giovane di scrivere è difficile immaginare che Anna abbia già raggiunto quella bella età. È con gratitudine che la redazione le porge i più sentiti auguri, anche a nome dei lettori. Ma per non smentirsi, proprio in occasione del suo compleanno, Anna ci propone un’altra idea, giovane, a favore dei molti, troppi, giovani che non riescono a trovare un posto di lavoro. Un’idea che l’Artugna accoglie con favore. Riportiamo, di seguito, l’appello di Anna e invitiamo i giovani, interessati a questa iniziativa, ad inviare il loro curriculum a

dhon dhapardhut el mont ’l è grant l’Artugna periodico delle comunità di Dardago, Budoia, Santa Lucia si rivolge agli amici-lettori che risiedono in paesi europei, negli Stati Uniti, in Canada, in Australia per chiedere questa collaborazione:

presentare in ambienti di lavoro e uffici interessati il curriculum di giovani friulani che desiderano fare esperienza di lavoro all’estero. Sono giovani con capacità e preparazione di vari livelli intenzionati ad accettare le sfide che hanno reso i friulani apprezzati collaboratori, per svolgere mansioni che richiedono impegno, tenacia, precisione, creatività, utilizzo di strumenti telematici. Per eguagliare e superare la buona fama che i friulani hanno lasciato sempre quando sono andati all’estero. In ogni famiglia friulana si vantano ricordi di vita che hanno accresciuto e raffinato le capacità di vivere in realtà varie ed entusiasmanti, di grande successo. l’Artugna accoglierà e pubblicherà il curriculum di giovani interessati in cerca di impiego, al fine di agevolare un primo contatto con realtà internazionali.

direzione.artugna@gmail.com andiamo dappertutto


quando il legno rivive con l’arte di Vittorio Janna Tavàn «Renato, non hai fatto nulla». Così ripete ostinatamente a se stesso Renato Zambon Tarabìn di Dardago, ogniqualvolta una sua scultura è compiuta. Lo ripete con stupore nel vedere una statua che sembra prender forma e vita spontaneamente dal legno, un’energia che si sprigiona dalla materia. «La fatica e le emozioni sono come quelle di un parto, certamente tormentato ma altrettanto gioioso; io sono solo un mezzo, uno strumento – afferma – il mio compito e la frenesia della mia continua ricerca, sono quelli di cambiare il destino di un legno destinato a morire, per farlo rinascere in forme che non aspettano altro che qualcuno le aiuti ad uscire fuori». Ne è testimone il nostro vecchio balèr che ‘preso in cura’ da Renato si è trasformato – sarebbe più corretto dire ‘manifestato’ – nella figura di una famiglia di emigranti. «In quel legno, ho voluto traspor-

tare la ‘vita’ del nostro antico platano, tutte le emozioni che l’albero ha visto, vissuto e assorbito nella piazza del paese: la gente, la storia, la miseria, l’abbandono forzato. Fu mia moglie a spronarmi perché me ne procurassi un pezzo. Il giorno che lo abbatterono, pur restando chiuso in casa, lo ‘vedevo’ con occhi di autentica sofferenza. Se ne stava andando un simbolo di vita e di socialità del nostro paese. Non poteva finire così!». Renato conosce bene la tensione del distacco simboleggiato dalla scultura. La sua storia, comune a quella di molti dardaghesi, fu segnata fin da piccolo quando, intorno ai 14 anni, dovette iniziare un lungo cammino alla ricerca di opportunità formative e lavorative che dessero dignità e conforto alla sua vita. Determinato e sostenuto dalla consapevolezza che, anche allora come oggi, solo cultura e specializzazione divengono un valido ‘bi15

glietto da visita’ da presentare ai futuri datori di lavoro, intraprese un tour europeo di 11 anni nel mondo della ristorazione. Svizzera, Germania, Inghilterra, Francia divennero le tappe della sua escalation professionale che lo portarono a consolidare, sempre di più, la maturazione lavorativa fino a conseguire, a soli 25 anni, il diploma di maître d’hotel proprio in terra francese. Poi ci fu la famiglia ed il richiamo delle radici. A coronamento del successo professionale sposò Lena (Filomena), che aveva conosciuto in precedenza a Dardago e con la quale, poi, lasciando definitivamente il territorio francese si spostò a Venezia: il palcoscenico internazionale più vicino a casa. Trovò impiego al Ristorante All’Angelo dove capitalizzò tutta la sua esperienza ‘girovaga’ così diversa dai boschi dardaghesi e così lontana dal nonno Giuseppe Rigo

Renato ritratto all’opera, mentre sferra i primi colpi sul ciocco di legno per dar forma alle vesti della Vergine. La Vesperbild (Pietà) sta prendendo respiro. Sullo sfondo il modellino in creta della scultura.

Renato Zambon Tarabìn


Moreàl, scalpellino, che gli aveva impartito i primi rudimenti tecnici di quell’arte, e da Antonio Zambon Pala nella cui falegnameria s’erano affascinati i suoi occhi e dove aveva respirato l’aroma del legno. A Venezia il destino professionale incrociò però nuovamente quella sua pulsione giovanile verso l’arte: il ristorante All’Angelo, oltre ad essere frequentato da personalità di spicco del mondo della politica, dello spettacolo, dello sport e della società di allora, era amabile e consueto ritrovo di artisti. Da lì passarono presidenti della Repubblica come Sandro Pertini e Francesco Cossiga, Reali di Savoia, un giovane Pier Paolo Pasolini, Vittorio Gassman, Gianni Brera, Giovanni Trapattoni, Michel Platini e persino Papa Giovanni Paolo II. ‘Quelli di casa’ erano però i pittori e gli scultori, come il francese Leon Gischià, Emilio Vedova, Eugenio Busi, Armando Pizzinato, Giò Pomodoro. Ed ancora Santomaso, (vincitore della Biennale del 1954), Severini, Novelli, Braque, Arp, Rauschenberg, Matta. Qui addirittura Peggy Guggenheim intratteneva al suo tavolo pittori emergenti per poi esporne le opere nel suo museo veneziano. La Pietà ora è sempre più definita. L’anatomia dei corpi e l’espressività dei volti, seppur ancora abbozzate, comunicano già la drammaticità della composizione finale.

«Quando venivano loro – ricorda Renato – il ristorante si trasformava in laboratorio di pittura e scultura. Gli artisti discutevano ai tavoli con gli ospiti, si confrontavano sulle opere. Era il luogo ideale perché nelle sale campeggiavano quadri originali di maestri d’arte come Matisse, Picasso, Mirò, Birolli, Afro e Music. All’Angelo nacque persino il movimento pittorico Il fronte nuovo delle Arti che tanto influenzò il cambiamento della pittura italiana novecentesca. Io qui mi nutrivo di quelle discussioni – vere lezioni d’arte – ed ero entrato nelle grazie di molti di quegli artisti, tanto che pretendevano di essere serviti e consigliati soltanto da me». L’ascoltare e il partecipare – nel rispetto dei doveri del mio lavoro – a queste illuminanti conversazioni non facevano altro che alimentare quel piccolo fuoco che, tanti anni prima, il nonno aveva acceso dentro di me. Il tempo dedicato alle esercitazioni era poi ‘rubato’ al sonno e al mio riposo lavorativo. Provavo, riprovavo, mi giudicavo. Senza mai inorgoglirmi godevo nell’osservare il mio progredire; lentamente capivo e sentivo crescere quel travaglio che ti lega indissolubilmente a quel legno e alla figura che si stava formando». Ma nella vita di un uomo, necessariamente, prima c’è il dovere... la famiglia, il lavoro, la responsabilità negli impegni e poi, per lui, quella promessa fatta un giorno e suggellata dalle ‘antiche’ lacrime della madre che esercitavano sempre una continua ed inesorabile azione dissuasiva nei confronti di quella vocazione, di quella ardente e celata passione. Chissà, forse un giorno... Renato come tutti i dardaghesi impegnati a Venezia, periodicamente usufruendo delle giornate di riposo, rientrava a casa e fu proprio durante una passeggiata negli amati boschi, che ebbe un altro fatale e decisivo incontro: quello con una vecchia e contorta 16

radice d’albero. «Fu una folgorazione. Vidi in quel pezzo di legno abbandonato e morente, figure d’animali che si spingevano come per uscire. Era già tutto disegnato nella materia. Si trattava solo di liberarla, di farla partorire. Così, da quel giorno, decisi di ripensare in modo più razionale e totale a quella parte di me che forse avevo sacrificato». Terminata l’esperienza veneziana e temprato da quella vitalità culturale e formativa, nel 2005, ritornò stabilmente a Dardago. Renato si rammarica di non aver cominciato prima e soffre la mancanza di una formazione teorica ed accademica, ma è proprio nella spontaneità della foga scultorea che riesce a trasmettere alle sue opere tutta la sua sensibilità artistica. «È da lì che nasce tutto, dalle carducciane eterne risse che ardono dentro al mio petto, così combattute da rendere amabili e simpatiche persino le baruffe con mia moglie quando commenta il mio lavoro. È da questi conflitti che nascono le opere. L’animosità dello spirito domina la materia ed agisce sulla mano. L’emozione di fronte al legno governa l’impulso e mi ‘sfinisce’ ad opera terminata. Dal bozzetto in creta alla trasfigurazione nella statua in legno è quasi un’apnea. Quando ho realizzato Gesù in croce, ad esempio, ricavato da un unico pezzo di un noce di Giampietro Zambon Sclòfa (albero immolato alla causa della futura rotonda di via Brait), sono stato rapito da un ardore fortissimo che altrettanto mi ha attraversato quando il fabbro di Budoia, Giuseppe Del Maschio, ha forgiato e inserito nelle mani e nei piedi i chiodi della crocifissione. Un’estasi così stordente che al mio risveglio, il giorno dopo aver terminato l’opera, stentavo a riconoscere come mia la scultura». Se di ‘periodi’ si può parlare per gli artisti, nel caso di Renato Zambon, l’attuale va certamente inqua-


drato come ‘religioso’ data la predominanza del tema nelle sue opere che negli anni si sono distinte per l’eterogeneità dei soggetti. Oltre a quelle citate, infatti, va ricordata Il presepe, una scultura presente nella Chiesa di Dardago, ricavata da una radice di cipresso e rappresentante, in un unico blocco, la Sacra Famiglia, il bue, l’asino e due pecore. «Grazie a Severino Bastianello e Rita Parmesan, ristoratori dardaghesi, titolari del veneziano Al Giardinetto in Ruga Giuffa, qualche anno fa conobbi anche il pittore Zara. Era loro amico ed esponeva, alternandosi ad altri artisti, nella galleria di Severino ricavata in un ambiente di fronte al ristorante. Fui invitato anch’io a presentare le mie opere e ricevetti un premio speciale dagli artisti locali che avevano dato vita all’associazione culturale Amici Ruga Giuffa». Renato non è nuovo ai riconoscimenti. Già il Corpo Forestale del Friuli Venezia Giulia gli assegnò, nel 2008, un premio per la scultura lignea nell’ambito del concorso L’uomo e la foresta. Oggi invece fa parte del Gruppo arti visive Vittorio Veneto («Mi indirizzò il presidente della Pro Sacile – chiosa Renato – che apprezzò le mie opere durante i mercatini natalizi in piazza») e ha da poco rappresentato la Pro Loco di Budoia nell’ambito della manifestazione 100 paesi in festa di fine giugno a Cordovado la prestigiosa vetrina turistica della Destra Tagliamento. Renato s’imbarazza a parlare di premi; è un uomo umile e di centellinate parole. Sorride nel suo laboratorio ricavato nella rimessa di casa sua. Sorride anche Lapo, il fedele cane nero. Sorridono le due oche del Campidoglio e il coniglio bianco mentre guardano i ciocchi di legno, dentro i quali ‘antiche figure’ attendono impazienti di essere liberate sotto i colpi di taglienti sgorbie. Sorridono a quella natura che rinascerà e continuerà ad avere vita.

Gesù in croce. L’opera, ottenuta da un unico pezzo di legno di noce, è presente da alcuni mesi nella Chiesa di Dardago. Il corpo e il volto sembrano tendere la materia per sprigionare l’angoscioso e straziante sfinimento.

Renato Zambon Lo scultore Renato Zambon è nato a Dardago (Pordenone) nel 1944. Dal 2005 vive e opera nel paese natale. Coltiva fin da giovanissimo la passione per l’arte e l’amore per la natura. Il ‘girovagare’ in Europa per la sua formazione professionale, l’osservazione diretta della realtà, la conoscenza e la frequentazione di artisti di fama internazionale gli permettono di avvicinarsi alla psicologia umana che egli esprime con schiettezza tecnica ed interpretativa. Negli anni Novanta si dedica alla pittura che ben presto abbandona per dedicarsi totalmente alla scultura. Espone inizialmente a Venezia e poi in altre gallerie e manifestazioni del Veneto e del Friuli Venezia Giulia ricevendo premi e riconoscimenti. Sue opere sono presenti a Treviso (La Venere), Bologna (Il guado), Pordenone (Nel segno del leone), Venezia (Papillon, Maternità), Conegliano (Maternità), Portobuffolé (Il leone, L’attesa), Tarzo (L’antilope), Casale sul Sile (Maternità), Gaiarine (San Rocco), Aviano (Sacra Famiglia, L’abbraccio) e negli Stati Uniti. Nel Comune ove risiede: a Budoia (La famiglia dei funghi) e nella parrocchiale (Il presepe); a Dardago (L’acqua alta) e presso la parrocchia di Santa Maria Maggiore (Cristo crocifisso, Il presepe, La famiglia degli emigranti).

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Ci fa piacere ospitare tra le pagine del nostro periodico un argomento insolito quale l’educazione prenatale e genitorialità, trattato dall’educatrice perinatale dottoressa Maddalena Bevilacqua Agostini di Santa Lucia.

l’educazione pre e perinatale di Maddalena Bevilacqua Agostini

D ai fatti di cronaca si sente sempre più spesso notizie come: «Insegnante arrestata, picchiava i bambini», «Madre getta i figli dal balcone», o ancora «Giovane donna ricoverata in gravi condizioni, veniva picchiata dal compagno, ma qual è la causa alla base di questi eventi? È comune? Dove si può inserire un intervento di prevenzione di questi eventi e più in generale di promozione di salute, vista a 360 gradi? La cronaca nazionale pone sempre più in primo piano tali avvenimenti come a voler lanciare un segnale d’allarme, sottolineando quanto sia dilagante la crisi e la svalutazione del concetto di famiglia e di educazione. Sembra che la famiglia stia man mano perdendo il suo valore intrinseco di prima e fondamentale agenzia di socializzazione (insieme di processi di trasmissione culturale che avvengono attraverso le relazioni sociali) e di educazione (processo di for-

mazione della personalità individuale, che avviene in un contesto sociale di relazioni ed interazioni, che coinvolgono la trasmissione di norme, valori, atteggiamenti e comportamenti condivisi nel gruppo sociale di appartenenza). La svalutazione e la crisi della famiglia e, di conseguenza, dell’educazione può essere letta come una delle conseguenze dei cambiamenti che hanno investito la famiglia stessa. Essa, infatti, oggi non ha più una definizione precisa, poichè è caratterizzata da una varietà ed eterogeneità di situazioni riguardanti la sua struttura. Questo fenomeno sociale tende ormai ad identificarsi nella famiglia nucleare, che si caratterizza per l’intenso vincolo di solidarietà che lega reciprocamente i suoi componenti, sempre più spesso identificati nella coppia con al massimo un figlio. Vengono, però, a mancare i riferimenti ed il supporto della famiglia paren18

tale allargata, in cui il confronto e l’aiuto reciproco costituivano la base di questa prima ed importantissima agenzia di socializzazione per l’individuo. Come conseguenza di questi cambiamenti si ha l’inevitabile svalutazione dell’educazione: tale compito oggi viene demandato sempre più spesso dalla famiglia alla scuola, e da questa ad altre agenzie educative, come il gruppo sportivo, il gruppo dei pari, l’oratorio. Ciò fa sì che la coppia genitoriale si senta sempre più inadeguata e sola ad affrontare il suo ruolo educativo, ma ancor prima si assiste ad una crisi della generatività. Come risposta a questa «emergenza educativa» sono nati negli ultimi decenni studi incentrati sull’educazione pre e perinatale. Con tale termine si sta ad indicare quel filone di studi in campo educativo che si occupa dell’essere umano fin dal suo concepimento,


riconoscendo e sottolineando l’importanza dei nove mesi di gestazione e della nascita per la formazione della personalità dell’uomo. L’educazione pre e perinatale fornisce ai genitori gli strumenti e il sostegno per comunicare con il bambino fin dalla gravidanza e rispettare e riconoscere fin dall’inizio i suoi bisogni fisici e affettivi. È un’educazione all’ascolto, alla comprensione e all’amore di se stessi e della vita del nascituro. Gli studi in questo ambito sottolineano l’importanza di insegnare il fondamentale compito di genitore per la formazione della personalità delle nuove generazioni dal pre-concepimento al post-partum. Oggi diversi enti e associazioni guidate da equipe composte da diversi professionisti dell’area materno-infantile (ginecologi, ostetriche, educatori, psicologi) sostengono la ricerca in quest’ambito sottolineando i vantaggi che i percorsi ed i corsi di educazione pre e perinatale portano all’intera triade (madre-padre-bambino). Dalle ricerche è risultato che gli esami di diagnosi prenatale sono uno strumento importantissimo, ma non sono in grado di sostituire il ruolo fondamentale del genitore nel «forgiare» una nuova vita e nell’attendere alla cura e all’educazione del figlio. I genitori che prendono parte a percorsi di educazione pre e perinatale prendono coscienza del fatto che ciascuno fin dal periodo prenatale possiede un progetto di vita, ed è compito di un padre e una madre sostenere il figlio e agevolarlo nella sua realizzazione. Le attività incentrate sull’educazione pre e perinatale propongono incontri tematici, corsi e percorsi di gruppo volti a far vivere la coppia in attesa un periodo gestazionale denso di stimoli e riflessioni sul ruolo genitoriale che rivestono. Tali attività portano evidenti benefici al bambino, in quanto migliorano le sue condizioni di be-

nessere fin dalla gestazione. Oltre a ciò, è possibile prevenire gli eventuali disagi e favorire lo sviluppo di un sano temperamento. Inoltre, l’educazione pre e perinatale ha l’obiettivo di ridurre le complicazioni del parto, i disturbi psicosomatici del neonato e i disturbi neuropsichiatrici minimi (es. iper-attività). I genitori ne beneficiano, rafforzando il loro potenziale genitoriale, sviluppando le capacità cognitive e relazionali del bambino e prevenendo futuri disturbi della comunicazione, della relazione, del linguaggio, dell’apprendimento e della personalità. Com’è possibile osservare non si parla mai di madre, ma sempre di coppia genitoriale. Uno dei punti cardine dell’educazione pre e perinatale è, infatti, la rivalutazione della figura del padre, affinché anch’egli possa vivere e partecipare alla cura ed educazione del figlio fin dal concepimento. Riabilitando il concetto di educazione, etimologicamente inteso

(«trarre fuori»), e superando la tendenza a soffermarsi solo sull’istruzione, oggi si sta cercando di riformare quelle agenzie educative che ruotano attorno alla famiglia, ponendosi in un’ottica di ascolto verso l’individuo in formazione. Ciò sottolinea, ancora una volta, la centralità della relazione nel percorso educativo e di conseguenza l’importanza della comunicazione come strumento educativo. Quest’ultimo deve divenire un mezzo per una crescita globale dell’individuo, coinvolto in tutto il suo ciclo di vita, fin dal concepimento. L’azione educativa dell’adulto deve, perciò, coinvolgere il bambino, fin dall’inizio del suo sviluppo, e quindi fin dal concepimento. Alla nascita, infatti, il bambino ha già un patrimonio di esperienze di nove mesi, in cui ha già definito la sua individualità, influenzata, grazie alle sue abilità e competenze sensoriali precoci, dall’ambiente con il quale è in interazione.

BIBLIOGRAFIA AAVV Gerarchia dei bisogni di Maslow, in BIANCHI Adele, DI GIOVANNI Parisio, Psicologia in Azione, Paravia, Torino, 2000, Temi di psicologia dell’educazione, La motivazione allo studio AAVV Storia e diagnosi della depressione post-partum, in RIZZI Giuseppe, MARCHESINI Vanessa, CASETTA Laura, L’intervento funzionale in gravidanza, Padova, La depressione pre e post-partum AAVV La depressione pre e post-partum, in RIZZI Giuseppe, MARCHESINI Vanessa, CASETTA Laura, L’intervento funzionale in gravidanza, Padova BALASKAS Janet e GORDON Yehudi, Avremo un bambino, Red edizioni, Milano 2010 BEVILACQUA Maddalena, L’educazione prenatale come base dell’ attaccamento post-natale e di un’efficace pratica di allattamento al seno, 2009, John Bowlby e la Teoria dell’Attaccamento BEVILACQUA Maddalena, La comunicazione psicotattile all’interno della triade: il corso «Premassaggio d’amore in gravidanza: comunicazione psicotattile», 2013

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MIELI Giuliana, Il bambino non è un elettrodomestico, Gli affetti che contano per crescere, curare, educare, URRA, Milano, 2009 MILGROM Jannette, MARTIN Paul R., NEGRI Lisa M., Depressione postatale. Ricerca, prevenzione e strategie di intervento, Centro Studi Erickson, 2003 SOLDERA Gino, Premassaggio d’amore in gravidanza, Introduzione alla comunicazione psicotattile madre-padre-bambino con esercizi pratici, Editeam s.a.s. GRUPPO EDITORIALE, Cento (FE), 2005 SOLDERA Gino, La scienza dell’educazione prenatale, in Il Giornale Italiano di Psicologia e di Educazione Prenatale, n. 1, 2001 TAJANI Ernesto, La comparsa delle competenze fetali. Studio ecografico della motricità e della maturazione neurosensoriale del feto, in O.d.g. Bambino, Sergio Nordio, Cappelli Ed., Bologna, 1992 ZAMPIERI Maria Cinzia, EDUCARE… un cammino dal concepimento al dopo nascita… da Il Giornale Italiano di Psicologia e di Educazione Prenatale, Anno 10, n. 18, 2010


Foto di Diana Crestan.

a Budoia un workshop internazionale sulla Cooperazione Montana di Roberto De Marchi · Sindaco

Il 6 e 7 giugno 2013 il Ministero dell’Ambiente, in qualità di Presidenza italiana della Convenzione delle Alpi 2013-2014, ha organizzato un workshop internazionale sul tema della cooperazione montana. Si è parlato di Alpi, Carpazi, Alpi Dinariche, Caucaso e Asia Centrale. Il Comune di Budoia è stato uno dei primi comuni italiani ad unirsi alla rete dell’Associazione internazionale «Alleanza nelle Alpi» nel 1997. La Convenzione delle Alpi è un trattato internazionale per lo sviluppo sostenibile delle Alpi, firma-

to nel novembre 1991 da otto Stati alpini: Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Principato di Monaco, Slovenia e Svizzera, e dalla Comunità Europea. L’obiettivo primario della Convenzione è promuovere la cooperazione al fine di garantire uno sviluppo equilibrato e sostenibile del territorio alpino tutelando allo stesso tempo gli interessi della popolazione di quest’area e considerando la regione alpina come un unico territorio. Accanto alla Convenzione Quadro, che stabilisce principi ed obiettivi di carattere generale, sono

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stati approvati otto Protocolli tematici relativi a... pianificazione territoriale, conservazione della natura e tutela del paesaggio, trasporti, turismo, energia, agricoltura, foreste e protezione del suolo. La Convenzione delle Alpi è inoltre attiva in altri ambiti di rilievo quali popolazione e cultura, acqua e cambiamenti climatici. L’evento, organizzato con la collaborazione del Segretariato Permanente della Convenzione delle Alpi, della Regione Friuli Venezia Giulia, del Comune di Budoia e del Segretariato ad Interim della Convenzione dei Carpazi


Congratulazioni dal Ministero

e a Bergamo nel settembre 2014. La mattina del 6 giugno si è svolta, nella Sala Consiliare del Comune di Budoia, la riunione del Tavolo di Coordinamento della Presidenza italiana della Convenzione delle Alpi. Il biennio di Presidenza Italiana è, infatti, caratterizzato dal coinvolgimento diretto di istituzioni ed enti territoriali dell’arco alpino italiano in un’ottica di sussidiarietà sulla base dell’accordo, siglato lo scorso 15 novembre 2012 a Roma, fra la Presidenza e venti istituzioni ed enti territoriali dell’arco alpino italiano (fra i quali anche la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia). A latere degli interventi tematici è stata anche organizzata una cena di lavoro presso la Scuola Alberghiera IAL di Aviano (Pn), durante la quale gli ospiti hanno avuto il piacere di apprezzare i prodotti della cucina locale nonché di ammirare un vasto panorama da un’area di belvedere.

Egregio Sindaco Roberto De Marchi, trovo solo ora il tempo per ringraziarla dell’encomiabile lavoro svolto e della buona riuscita di tutti gli eventi organizzati a Budoia nel quadro delle attività della Convenzione delle Alpi. Sono particolarmente lieto di comunicarle che le attività portate avanti, nell’ambito del workshop internazionale sulla cooperazione montana, hanno riscosso un ampio successo tra gli esperti coinvolti. Tutti noi siamo rimasti soddisfatti della professionalità e dell’ospitalità del Comune di Budoia. Proprio al fine di sottolineare quanto fatto, il Ministero dell Ambiente ha predisposto una nota informativa post-evento che stiamo per inserire nel sito web ufficiale della Convenzione delle Alpi e che vorrei potesse diffondere presso i suoi media territoriali. Sono certo che il buon lavoro svolto insieme non mancherà di dare i suoi frutti anche nel prossimo futuro. Distinti saluti PAOLO ANGELINI Presidente del Comitato Permanente della Convenzione delle Alpi Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

Foto di Daniele Marson.

(Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite – UNEP Vienna), si è svolto nei locali della ex latteria di Budoia (ora adibita a sala conferenze, sala mostre, bar e rivendita di prodotti caseari) e ha portato nel nostro paese rappresentanti e appassionati provenienti da svariate e diverse regioni montane e da ogni paese membro della Convenzione delle Alpi. Queste due giornate hanno dato inizio ai lavori della Task Force sulla Cooperazione Montana della Presidenza italiana della Convenzione delle Alpi. Tra gli obiettivi anche l’elaborazione di un documento finale, nel 2014, che possa contribuire alla stesura di una proposta per un action plan sull’implementazione delle decisioni prese alla conferenza dell’ONU «Rio+20» sullo sviluppo sostenibile nelle aree di montagna. Dopo l’evento di Budoia, i prossimi incontri della Task Force sono previsti a Lecco nell’ottobre 2013

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con

Franco e Corrado il campeggio in montagna di Fabrizio Vago

Fortunatamente sin da piccolo ho nutrito vari interessi: ricordo con piacere l’interesse per i funghi quando, senza grande sforzo, imparai a memoria tanti loro nomi, oppure più tardi, in 5ª elementare, quando in poco più di un mese riuscii a riempire il giardino e il garage della casa dei miei genitori di gabbie di canarini. Interessi importanti che hanno riempito spensierate giornate della mia gioventù, ma tutto iniziava e finiva nel giro di una manciata di mesi. La vera passione probabilmente l’avevo già dentro ma aspettava l’occasione per manifestarsi concretamente. È successo quando, a dodici anni, partecipai ad un campo estivo in montagna a Tramonti di Sopra organizzato da due coraggiosi padri di famiglia del mio Comune che ogni anno «sacrificavano» le loro ferie per gestire un gruppetto di ragazzini scalmanati. La vita di campo a me piaceva; sin da subito dormire in tenda con altri ragazzi non mi procurava nessun problema anzi, nonostante la giovane età, percepivo la lontananza dei miei genitori come un’opportunità per fare tutto quello che mi saltava in mente, senza poter essere controllato troppo da vicino… Poi c’erano

i fuochi serali, i bagni nelle pozze d’acqua del fiume, i giochi all’aperto, l’aria pulita, il sole e le montagne. Le montagne circondavano il campo e spesso, anche durante una partita a pallone o al mattino appena uscito dalla mia tendina, catturavano il mio sguardo e così mi ritrovavo ad immaginare quali altre montagne nascondessero quelle che chiudevano quasi a ferro di cavallo il mio orizzonte. A uno dei due promotori volontari, piaceva organizzare qualche escursione nelle zone limitrofe al campeggio, ed è inutile dire che il più entusiasta partecipante del gruppo ero proprio io; altri ragazzi preferivano rimanere al campo a giocare o a oziare, io invece non vedevo l’ora di salire una piccola cima, 22

una forcella o di percorrere un sentiero nel bosco. Durante queste uscite, a stretto contatto con la natura, sentivo un’inspiegabile attrazione verso questo nuovo mondo. Ricordo con piacere la sensazione di libertà e la sana stanchezza che mi pervadeva di fronte al grande fuoco che ogni sera accendevamo. Bastava tutto ciò a farmi sopportare senza nessuno sforzo fatiche, caldo, sete, vesciche ai piedi e altri piccoli disagi dovuti a quel tipo di vita non proprio comoda. Ero piccolo eppure sentivo, dentro di me, che quel modo di vivere mi si confaceva tanto che al termine di ogni campeggio attendevo con ansia il successivo e a scuola, nei lunghi mesi invernali, a volte mi estraniavo da qualche lezione


troppo noiosa sognando ad occhi aperti sentieri, forcelle e montagne… Da quella volta ho salito molte cime, percorso ripide pareti, sciato su ogni tipo di neve ma ogni tanto la mia mente ritorna con nostalgia ai giorni di quel primo campeggio quando ogni mattina appena sveglio aprendo la zip della mia tendina ero felice di vedere le montagne e soprattutto di sapere che le avrei potute vedere per tutto il giorno ogniqualvolta lo avessi voluto.

M i sembra doveroso ricordare le

Erano gli anni Ottanta... e molti ragazzi e ragazze, dopo aver terminato l’anno scolastico, aspettavano il mese di luglio per ‘misurarsi’ vivendo l’avventura del campeggio. Piantare la tenda, sistemare le proprie cose, consumare i pasti insieme, accudire la cucina da campo, giocare con gli amici, lavarsi al torrente, camminare lungo i sentieri o sulla neve e alla sera, prima di ritirarsi nelle proprie tende... attorno al grande fuoco... comunicare il proprio «io» agli altri in un libero e sincero confronto di idee.

gazzi della mia generazione. Dai primi anni ’80 fino agli inizi degli anni ’90, ogni estate organizzavano, nel mese di luglio, un campeggio in montagna dedicato ai giovanissimi dai 7 ai 18 anni. Questa iniziativa ha avuto fin da subito un notevole successo, fino a diventare una vera e propria istituzione. A più di vent’anni di distanza ho desiderato ‘ripercorrere’ quei sentieri per rivivere, con una breve intervista, quei momenti per me indimenticabili.

degli approvvigionamenti alimentari. Io pensavo a ‘stancare’ i ragazzi portandoli quasi tutti i giorni a fare delle lunghe escursioni in montagna, quelle che a te piacevano tanto. Tra me e Franco c’era un perfetto feeling e una grande stima reciproca. Inoltre gli stessi ragazzi, organizzati in squadre di corvè, guidate da un loro capogruppo, si occupavano a turno di svolgere alcuni servizi di cucina e di pulizia a beneficio dell’intera comunità.

*** Corrado Zambon per chi non lo conoscesse, è la persona che oggi desidero presentare. È un omone grande e buono, di poche parole e tanti fatti.

Mi racconti qualche aneddoto entrato nella storia del campeggio? I pidocchi! Un anno nel giro di un paio di giorni tutti i bambini hanno cominciato a grattarsi la testa. Ri-

Nelle foto. Momenti di vita nei vari campeggi e, nella prima foto a sinistra, Corrado, l’infaticabile «guida» alpina.

due persone che sicuramente hanno contribuito alla scoperta della mia passione per la montagna: Franco Bastianello e Corrado Zambon. Franco, purtroppo, ci ha prematuramente lasciati e il suo ricordo si fa ancor più struggente quando ripenso alle avventure di quei giorni e alle serate attorno al fuoco. Ora che sono divenuto adulto, che vivo e sento le responsabilità di una famiglia, provo ancor più simpatia e stima per la ‘coppia’ Franco-Corrado, per il loro lavoro e per il loro impegno profuso verso noi giovani di allora. Sono stati i promotori per anni di un’iniziativa molto amata dai ra-

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Come è nata l’idea del campeggio? Don Giovanni Perin, allora parroco di Dardago, un bel giorno parlò a me e a Franco di questa idea. Ed è così che quell’estate, con molto entusiasmo, fu organizzato il primo campeggio a Paluzza. Non sapevamo ancora che quello del 1982, sarebbe stato il primo di ben 10 campeggi, svolti in varie località montane della nostra regione. Come vi dividevate i compiti tu e Franco per gestire al meglio trenta o più ragazzini scalmanati per due settimane? Franco organizzava la vita del campo, si occupava della cucina e


cordo che ogni mattina scaldavamo un grande pentolone di acqua calda, che serviva per il risciacquo di tutte le teste dei piccoli campeggiatori. Tutta la trafila del lavaggio occupava circa un paio d’ore. Quanta paura invece quella volta in Val d’Arzino, quando un ragazzino ha rischiato di annegare in una pozza d’acqua, in prossimità di una cascata! Un’altra volta, proprio a te è successo che, mentre stavi posizionando delle pietre attorno al fuoco, una di queste ti è scivolata dalle mani andando a schiacciare un dito di un malcapitato compagno che in quel momento ti era vicino. Ho dovuto correre veloce a portarlo all’ospedale per i punti di sutura… C’era poco da stare tranquilli insomma. No poco, direi niente! Fai conto che ogni anno in quei 15 giorni perdevo dai 7 agli 8 chili di peso! Ti ricordi quell’anno del campeggio a Collina, quanta pioggia? Pioggia da paura quella volta! Era piovuto ininterrottamente da domenica a mercoledì. La sera di

mercoledì, pioggia ancora più forte con tuoni e fulmini, tanto che Franco ed io cominciavamo a pensare di dare ‘forfait’ per il giorno dopo. Fortunatamente avevamo posizionato tutte le tende nei punti più sicuri, perché quella notte un vero e proprio torrente d’acqua piovana attraversò il campeggio per lungo. Poi quasi per miracolo il giorno dopo tutti uscirono dalle tende, senza essersi accorti di niente, baciati da uno splendido sole. Ricordo che ci volle l’intera giornata per far asciugare i vestiti, i materassini, i sacchi a pelo ecc… Belle avventure! Hai mai avuto problemi con qualche genitore magari più protettivo di altri, visto che i loro figli venivano lasciati sotto la vostra responsabilità, in un ambiente privo di servizi e comodità? Sinceramente, escluso qualche caso isolato, non abbiamo avuto grandi problemi di questo tipo, gli stessi genitori dimostravano ogni anno sempre più entusiasmo, riconoscenza e fiducia nei nostri confronti per questa bella iniziativa. Poi purtroppo anche per noi,

Tra le tende, la famiglia dei campeggiatori al completo. Gli adolescenti di quei giorni ora sono divenuti uomini e donne delle nostre comunità. Il ricordo di quel vivere insieme rinnova sentimenti di cooperazione e collaborazione. Nella foto. In ultima fila, quarto da destra, Franco, anima dell’organizzazione della vita del campo, circondato dai ragazzi.

soprattutto negli ultimi anni, la gestione e l’organizzazione del campeggio era diventata sempre più complessa, sia a livello di responsabilità che a livello burocratico. È così che Franco ed io abbiamo deciso, di comune accordo, di chiudere con questa esperienza. Per i ragazzi che hanno partecipato nel corso degli anni a questi campeggi il vivere certe esperienze a stretto contatto con la natura aveva un valore formativo? Decisamente. I ragazzi in quei giorni vivevano allo stato brado, senza TV, senza tante comodità e mangiando solo quello che passava il convento. Solo la domenica a cavallo tra le due settimane, in occasione della visita dei genitori, era consentito consumare dolci, merendine e bibite gassate. In quel giorno veniva organizzata una grande festa con giochi per grandi e piccini. Ricordi qualcosa di me in particolare? Per molti le escursioni che organizzavo erano sempre troppo lunghe o faticose, ma non per te. Ricordo che durante queste escursioni, a volte ti piaceva isolarti un po’ a contemplare e osservare in silenzio la natura e le montagne che ti stavano intorno. Forse è proprio in quei giorni che è nata la tua passione… *** Corrado ha risposto alle mie domande con la spontaneità che lo caratterizza da sempre, descrivendo fatti e accadimenti con l’impeto di un grande fiume in piena. Alla fine mi ha salutato con una bella pacca sulla spalla! Grazie, Corrado… grazie, Franco!

tratto dal blog di Fabrizio Vago www.ilmountainrider.com 24


Verso la canonizzazione del Beato Marco di Walter Arzaretti

In contemporanea con la solennità dell’Assunta, cara a Dardago come a molti paesi, si celebra la festa del «nostro» Beato Marco (13 agosto). E ciò da dieci anni esatti, tanti sono passati dalla beatificazione del 2003. La ricorrenza segna anche un rilancio del culto al cappuccino, che è necessario estendere il più possibile, sia a motivo del riconoscimento ecclesiale avvenuto di lui come beato sia perché la «vocazione» di Padre Marco è proprio quella di abbracciare le Chiese e i popoli di diverse nazioni d’Europa: santo della comunione oltreché della conversione (apostolo dell’atto di dolore perfetto!), come è esplicitato bene dalla stessa preghiera-colletta, propria della sua festa. A questo valore imprescindibile guarda in particolare il Comitato per la causa di canonizzazione che si è costituito di recente e che, nella sua stessa composizione, esprime la volontà dell’impegno «senza confini» che deve caratterizzare la promozione di una causa europea, affidata alla responsabilità canonica dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini che la iniziò nelle diocesi di Vienna e di Venezia. Il comitato raccoglie persone motivate a «dilatare», provenienti da una decina di zone (o diocesi) del Nord-Est d’Italia che più vide presente il beato nei conventi di Cappuccini e nella predicazione itinerante. È presieduto da Gianni Strasiotto, ben noto studioso e divulgatore di figure sacerdotali, e ha per presidente onorario il cappuccino vescovo padre Flavio Roberto Carraro il quale, allievo di padre Venanzio, incaricò quest’ultimo di se25

guire la causa ancora nel lontano 1977. Padre Flavio, infatti, prima di essere vescovo di Arezzo e poi di Verona, è stato ministro provinciale e quindi padre generale dell’Ordine sparso nel mondo intero. Ma soprattutto padre Carraro è il cappuccino che più di altri va dicendo da anni che, per uno come Padre Marco, «beato non basta!». Di conseguenza raccomandava di dilatare la devozione e promuovere la preghiera d’intercessione e stimola ora iniziative di diffusione della conoscenza di una figura difficilmente confinabile in ambiti ristretti. Una risposta a tale esortazione è il programma predisposto dal comitato nella settimana di metà agosto di quest’anno, al centro della quale cade la giornata del 13 agosto: programma esteso in più giornate e coinvolgente più luoghi, ben oltre la nostra terra. Il nuovo comitato (ne è segretario Mario Povoledo di Budoia) è pertanto una risposta alle istanze che provengono dallo spirito del Beato Marco e anche a quelle che mossero dal Friuli per decenni le volontà del celebre e infaticabile padre Venanzio, alle cui aperture di cuore e di azione il comitato si ispira, guardando sempre lontano e con speranza: la canonizzazione del Beato Marco… d’Europa!

Nella foto. Un momento del recente pellegrinaggio del comitato a Vienna, onorato dalla presenza del cardinale arcivescovo della capitale austriaca Christoph Schönborn.


’N te la vetrina

Venezia 1920. Presso lo studio fotografico «Jankovich succ. Salvalagno» Antonio Vettor Cariòla e Caterina Bocus Frith posano per quella che sarà la foto ricordo ‘ufficiale’ del loro avvenuto matrimonio. Per l’occasione Toni Cariòla, allora capo cameriere al Caffè Quadri di Venezia, ha voluto ricreare un gesto, quotidianamente vissuto e amato, a lui familiare. Si rivolge alla sua Catina con tono professionale e con atteggiamento cortese e affettuoso. Non c’è che dire. Un modo particolare, una dichiarazione singolare per sottolineare la loro unione.

UN ACCORATO APPELLO AI LETTORI Se desiderate far pubblicare foto a voi care ed interessanti per le nostre comunità e per i lettori, la redazione de l’Artugna chiede la vostra collaborazione. Accompagnate le foto con una didascalia corredata di nomi, cognomi e soprannomi delle persone ritratte. Se poi conoscete anche l’anno, il luogo e l’occasione tanto meglio. Così facendo aiuterete a svolgere nella maniera più corretta il servizio sociale che il giornale desidera perseguire. In mancanza di tali informazioni la redazione non riterrà possibile la pubblicazione delle foto.

(Proprietà di Rosina Vettor Cariòla).

Una gita d’altri tempi. 17 gennaio 1942 nella festa di sant’Antonio abate. Nella foto un gruppo di giovani dardaghesi al loro arrivo a Mezzomonte nel giorno della sagra. In piedi da sinistra. Silvestro Zambon Tarabìn, Ruggero Parmesan Thelot, Giuseppe Bocus Mugnèc, Francesco Basso, Agostino Vettor Cariòla. Sedute da sinistra le coscritte Maria Parmesan Thelot, Rosina Vettor Cariòla, Vittoria Santin Tessèr, Maria Janna Ciampanèr e Guerrino Bocus Frith.

Giovanni Besa Coda, uno dei fondatori della Latteria Sociale di Santa Lucia, durante una gita con i nipoti, all’inizio degli anni Sessanta. (Proprietà di Giuseppina Besa).

(Proprietà di Adelaide Bastianello Thisa).

Anni ’50 del Novecento, incrocio via Anzolet-via Cardazzo. Gli sposi Maria Carlon Favre e Angelo Costantini con gli invitati al loro matrimonio. I vicini di casa dell’intera contrada seguono curiosi il corteo. (Proprietà di Oscar Carlon Favre).

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Negli anni Sessanta del secolo scorso, la terrazza di Cosmo era il ritrovo della gioventù locale; le canzoni del suo mitico juke box allietavano le lunghe serate in compagnia. (Proprietà di Tina Cosmo).


L’angolo della poesia

follie

Quante follie si annidano nella nostra mente: le portiamo con noi dalla più giovane età. Nascondiamo timori incertezze ansie rancore che sfociano in tragici errori. Dentro di noi dovremmo far crescere quel bambino privandolo dall’aggressività e dall’odio. Non succede, l’egoismo non lo permette. E questo comportamento è l’inesorabile destino dell’umanità. PIERA ROSSI CELANT

Dardago Vecchie case e tanti ricordi si celano sotto bianche pietre madide di sudore antico Luna e stelle le sorvegliano in questa notte d’estate che presto finirà

l ’umiltà

L’umiltà sostiene l’umanità quadri, film, canzoni e poesie sono a noi presenti nel passato e nel futuro, rallegrano ogni cuor la mente desiderio dei ricordi passati rispettarsi l’uno dell’altro chi vi ha dono vien dovere d’arte far suo mestiere qualcun ride ma il peggio avrà suo merito chi male fa, al suo destin ritorna credo a Dio molte volte fui miracolato superstizioni nò sè chi guarir dal vero lavorai diversi anni da muratore su palazzi e case visi bronzei dal sole e mani screpolate dal freddo si lacrimava le case servono riparo a tutti la guerra maledetta sempre sarai cader bombe su popoli innocenti come spilli nei cuori che mai si cancella non carri armati e cannoni fare irrigazioni mare è terra che dai tuoi frutti abbondi e le mense a noi ricolmi troppi ratti nei granai mangian grani produrre di più che si resta senza pane era un Re molto buono una fanciulla porta a lui un girasole ma sua corolla i petali giallo rosa lacrimar di rugiada il Re disse sue ultime parole grazie fanciulla a tua vita avrai fortuna il tuo umile cuor l’umiltà sarà sempre umanità non si disperderà mai ANGELO JANNA TAVÀN

PIER LUIGI DELLA VECCHIA

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La vita – sosteneva lo scrittore scozzese James Matthew Barrie – è una lunga lezione di umiltà. Lo sa bene Angelo che in questa nuova composizione la sintetizza a motto salvifico già in esordio di poesia (L’umiltà sostiene l’umanità). Non è una premessa, ma la conclusione di un’analisi che si dispiega lungo tutto il testo e lungo tutta una vita. La sua innanzitutto, costellata di eventi provanti, come il duro lavoro da muratore che infieriva su schiene, volti e mani (si lacrimava per le mani screpolate dal freddo) o le malattie che sarebbero potute essere fatali (Credo in Dio e molte volte fui miracolato / non son superstizioni ma guarii davvero). La vita poi di un paese sfigurato dalla barbarie della guerra, tema ricorrente nelle composizioni di Angelo (guerra, maledetta sempre sarai), dalla miseria, dallo sfruttamento e dall’egoismo dei ‘padroni’ e dei ‘potenti’ (qui espresso nella feroce satira del verso Troppi ratti nei granai che mangian grani / «Produrre di più ché si resta senza pane!»). L’umiltà nasce dunque dalla sofferenza e diventa riflesso di altri valori decantati nelle arti (in quadri, film, canzoni, poesie), eterna custode di civiltà (È presente nel passato e nel futuro, / a rallegrare ogni cuor e la mente, / nel desiderio dei ricordi passati, / per rispettarsi l’uno con l’altro), imperativo morale (Chi l’ha in dono ne farà dovere) e monito, se non addirittura castigo, per chi la vitupera (qualcun ride ma il peggio avrà il suo merito / chi male fa, al suo destin ritornerà). In un mondo che sembra sordo a questa etica Angelo si affida ad una speranza espressa in forma di allegoria, la favola di un re morente, mentre riceve un fiore da una fanciulla del popolo. Il sovrano coglie nell’umanità di quel gesto tutta la forza ‘eversiva’ dell’umiltà; nella sua commozione s’accorge del vero potere che egli non ha mai potuto o saputo perseguire nella vita; un potere intangibile che ha disperso rincorrendo la ricchezza materiale. Nelle ultime parole del re («grazie fanciulla, in tua vita avrai fortuna / per il tuo umile cuor»), riecheggia questa nuova consapevolezza, che rinnova e rafforza l’esordio della poesia (L’umiltà sarà sempre umanità / e non si disperderà mai).


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a Dardago la nuova sede del Gruppo Alpini di Budoia di Mario Povoledo

Grande festa domenica 28 aprile per gli Alpini di Budoia. Finalmente, dopo tante attese, grazie alla proposta dell’Amministrazione Comunale, è stata individuata in un’aula scolastica nella vecchia scuola di Dardago, la sede idonea per le attività del Gruppo. La concessione è a titolo gratuito. Gli Alpini, con finanze proprie, hanno provveduto ad alcuni lavori interni, il cui risultato è stato apprezzato già alla prima vista.

Nonostante la minaccia di maltempo, tutto si è svolto in un clima di grande festa, presso il Cippo «Val de Croda» con la deposizione di un cesto floreale da parte del nostro Socio e Militare in servizio Davide Fabbro. La cerimonia è poi proseguita in piazza a Dardago ove si erano radunati i moltissimi convenuti. Il Capogruppo Mario Andreazza, con gli Alpini di Budoia, accoglievano popolazione e autorità: il Sindaco Roberto De Marchi con la Giunta e diversi Consiglieri Comunali, il Presidente della sezione Alpini di Pordenone Giovanni Gasparet, di scorta al Vessillo Sezionale, accompagnato da diversi Consiglieri, il Vice Presidente della Provincia Eligio Grizzo, con fascia azzurra, il Vice Comandante la Stazione Carabinieri di Polcenigo Mar. Dino Rampazzo, anche in rappresentanza del Cap. Pierluigi Grosseto della Compagnia Carabinieri di Sacile. Fra i presenti il col. 28

dott. Mario Ponte, reduce di Russia, il dott. Massimo Olivotto, capo della squadra mobile della Questura di Pordenone e le Rappresentanze delle nostre Associazioni di volontariato. Durante l’Alzabandiera, i presenti hanno cantato l’Inno di Mameli e poi in un composto silenzio si è svolta la deposizione della corona d’alloro accompagnata dalle note struggenti del trombettiere Tiziano Redolfi di Aviano. È seguita la celebrazione della Santa Messa, accompagnata dal Coro ANA Aviano, fra i cui componenti anche due nostri concittadini: Giacomino Del Zotto e Espedito Zambon. Durante l’omelia, don Maurizio ha additato ad esempio gli Alpini, custodi di tradizioni, di valori e di principi, pronti a donarsi per il prossimo, come buoni samaritani augurando che la nuova sede possa essere nella comunità fonte di aggregazione e di sana amicizia. Dopo la formazione del corteo


verso il cortile della scuola sono seguiti i discorsi ufficiali, da parte delle autorità, tutti incentrati a dare un risalto di gioia per l’apertura della nuova sede. Accennato anche il grande lavoro che la nostra Sezione di Pordenone avrà già da subito, per l’organizzazione dell’Adunata Nazionale, fissata a Pordenone il prossimo 2014. Fra i Gagliardetti presenti (28) quelli della Zona Pedemontana e di altri Gruppi della provincia, di MI-Crescenzago e di Col San Martino (Sezione di Valdobbiadene) gemellati con il nostro Gruppo intitolato alla memoria di «Bepi Rosa». Dopo la visita della sede, è stato servito un signorile rinfresco, preparato interamente dal Socio Beppino Carlon e dalla moglie Anna Maria. Degna di nota la mostra di divise storiche, curata da Gianni Fabbro di Budoia ed alcuni omaggi da parte del pittore e amico Umberto Coassin (quadro a tema con le nostre montagne), Valentino Carlon e la moglie Liliana (cartoline storiche appartenute al padre Ferruccio), quadri delle varie divise del Corpo degli Alpini donate da Gianni Fabbro. Altri doni ricevuti da parte di Renè e Rosa Pia Del Zotto e di Mario Bolzan (tavoli, sedie e affettatrice). Per il rinfresco si ringraziano le famiglie degli Alpini e volontari, il CFD, i Donatori di Sangue di Dardago, il Gruppo Folcloristico Artugna e la Parrocchia. Altro importante momento di aggregazione è stato vissuto con l’Associazione «Il Giglio» di Porcia, ove gli Alpini hanno commissionato i piattini ricordo in ceramica lavorati interamente a mano dai volontari che seguono i giovani diversamente abili, presenti con una rappresentanza. È stato anche un momento di festa per il nostro Socio Vittorio Saccon di Santa Lucia che ha desiderato ricordare il suo 90° compleanno con noi Alpini; il Capogruppo gli ha donato una targa

Il capogruppo Mario Andreazza consegna una targa all’alpino Vittorio Saccon di Santa Lucia (classe 1923) a ricordo dei suoi 90 anni. Sullo sfondo, a destra, il figlio Carlo e, a sinistra, il nipote Mario Bolzan. Nella pagina accanto. Il momento del taglio del nastro.

Foto ricordo della cerimonia per la firma del protocollo d’intesa fra il geom. comunale Vanni Quaia e il Capogruppo Alpini Mario Andreazza.

ricordo, molto apprezzata dal festeggiato. Un sentito ringraziamento all’Amministrazione Comunale per il patrocinio e a quanti che, in qualsiasi modo e forma, hanno aiutato il Gruppo a predisporre la giornata e la manifestazione, in particolare i giovani Federico e Alberto Rigo, Francesco del Maschio, Alessio e Riccardo Zambon che hanno servito i vini e bibite aiutando così la famiglia degli Alpini a fare bella figura. La sede viene aperta tutti i lunedì dalle 16.30 alle 19.30 come 29

luogo di ritrovo non solo per i Soci e Aggregati ma anche per i nostri concittadini che desiderano trascorrere con gli Alpini un sano momento in allegria e serenità.


Collis Chorus in campo Santa Margherita a Venezia nell’esecuzione di un brano.

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Collis Chorus a «Venezia in coro»

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col concerto dei duemila in piazza San Marco di Bruno Fort

Il «Collis Chorus» domenica 19 maggio ha partecipato alla manifestazione «Venezia in coro» giunta alla sua 37° edizione organizzata dall’ASAC Veneto, che quest’anno ha visto il collegamento con una nuova proposta dell’ASAC, il Festival Internazionale «Veneto canta» alla sua prima edizione. La città lagunare è stata percorsa da canti di numerosi cori impegnati nelle chiese, nelle residenze per anziani ed ospedali e nei campi della città. Il «Collis Chorus» che aveva scelto illo tempore il «percorso itinerante» si è esibito in campo Santa Margherita in un vasto repertorio a voci scoperte spaziando dal genere gospel-spiritual, popolare, classico fino al musical. Il pubblico presente costituito perlopiù da turisti da tutto il mondo si è speso in applausi ed apprezzamenti con un dispiegamento di foto e riprese molto gratificanti. Dopo la pausa pranzo nel pomeriggio presso il campo San Barnaba, caratterizzato da un’acustica veramente notevole, il coro ha continuato a proporre il proprio repertorio riuscendo a catturare l’attenzione dei numerosi convenuti a tale manifestazione. L’evento si è concluso in Piazza San Marco alle ore 18.00 con il concerto dei duemila cantori appartenenti a 72 cori italiani ed europei. L’esecuzione di brani, sotto la direzione del M° Giorgio Mazzuccato con l’accompagnamento dell’orchestra degli ottoni, quali «Il canticorum Jubilo» di G. F. Handel, «Inno a Venezia in coro», «Inno alla Gioia» di L. van Beethoven, «L’Inno di 30

Mameli» ed infine «Va’ pensiero» di G. Verdi, è stata un’esperienza irripetibile. Il fascino di questa meravigliosa città e tutte queste voci che risuonavano in una delle più belle piazze del mondo hanno reso ancora più intensa questa manifestazione soprattutto per i nuovi coristi che non avevano vissuto l’esperienza precedente di «Venezia in coro». Uno dei momenti più toccanti della giornata è stato quando il piccolo gruppo rimasto per la cena presso il Ristorante «Aciugheta» in campo Santi Filippo e Giacomo, ha continuato a cantare all’interno del locale richiamando l’attenzione di una signora americana che passando di là si è fermata ad ascoltare alcuni brani tra cui «Total Praise». Ringraziandoci commossa per quello che le avevamo trasmesso ci ha fatto capire l’importanza di quello che stavamo cantando e ci ha augurato ogni bene nella vita e nel coro. Questi sono davvero momenti incredibili perché spesso dimentichiamo che la vera essenza di questi canti sono un’intima preghiera a Dio nel più totale affidamento alla Sua volontà. Terminata la cena sulla via del ritorno i «sopravvissuti», non paghi della giornata, hanno voluto spaziare anche nella musica leggera in un crescendo di Battisti, Cocciante ed altri fino alla stazione ferroviaria con i passanti che ci guardavano divertiti. Questa è anche la magia di «Venezia in coro» e di chi ha sempre nel cuore una canzone da cantare.


La lama d’acqua · Alessandro Fontana · MEF L’Autore Libri Firenze Edizioni www.facebook.com/lalamadacqua

Un romanzo storico che, grazie all’intrigante trama e allo stile semplice ed efficace dell’Autore, si fa leggere con piacere. Un romanzo ricco di storie misteriose, fatti e misfatti di una Siracusa a cavallo tra Medio Evo e l’Età Moderna, generati dall’intolleranza, in una città da sempre crogiolo di etnie e culture diverse che si sono avvicendate e amalgamate senza grossi traumi. Vecchie pergamene e la scoperta del grande miqweh ebraico, interrato quando gli ebrei furono cacciati dalla

città, permettono di far luce su oscuri avvenimenti. L’affascinante Siracusa, l’Ortigia, la fonte Aretusa sono gli scenari in cui si svolge il romanzo. Se il lettore non è mai stato a Siracusa, sarà invogliato a visitarla; se ha già apprezzato le sue molte bellezze, sentirà la necessità di tornarci anche per il piacere di conoscere la sua Storia che è poi la nostra Storia.

Cielo di ottobre Cielo di ottobre · Pier Luigi Della Vecchia · Seneca Edizioni

Antologia di pensieri, sensazioni, elegie in cui l’autore, con semplicità e spontaneità, spinto dalla voglia di comprendere la sostanza del suo Io, ha creato scritti che conducono il lettore in un percorso di crescita, cronologicamente descritto, in cui è invitato ad immergersi rimanendone coinvolto e incantato. Di tipo intimista e volutamente indirizzata verso la riflessione personale, la raccolta comprende la storia autobiografica dell’autore, in base a fatti accaduti, esperienze di vita vissute in

prima persona e che hanno avuto un significato particolare. Tra tali importanti esperienze rientrano anche i frequenti soggiorni estivi a Dardago presso i nonni materni Augusta Janna Cep e Luigi Zambon Marin. Le poesie della raccolta segnano un percorso di vita iniziato con la frequentazione e con l’amicizia del poeta Aldo Sgarbossa.

La foresta scritta Confinazioni della Serenissima in Cansiglio (1550-1795) La foresta scritta Quaderni del Centro di documentazione su Venezia ed il Cansiglio Editore Regione Veneto

È un’ottima ricerca sulle confinazioni dell’area del «Gran Bosco da reme di San Marco», che nasce da un lavoro di gruppo protrattosi per quasi due lustri, a cura principalmente di Piero Fain, Mario Cosmo, Franco Dal Cin, Franco Bastianon. Oltre ai succitati curatori hanno firmato i contributi: Moreno Baccichet, Pier Franco Uliana e Toio de Savorgnani con la con-

sulenza fotografica di Antonio Pegolo e Giuseppe Bravin. L’obiettivo dell’interessante ricerca è di far conoscere i cippi, massi naturali ben radicati nel terreno di cui la foresta abbonda, come beni archeologici per promuoverne la loro tutela dal degrado e dall’oblio, e acquisirli pienamente nel contesto naturale, ambientale e storico del Cansiglio.

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[ recensioni ]

La lama d’acqua


l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari

Lasciano un grande vuoto...

Antonietta Sanson [1913-2013 ] Scendono lacrime dolci, ripensando alla tua lunga vita. Sentiamo che ancora ci guardi, ci ascolti e, come allora, ci sorridi. I TUOI AMATI FAMIGLIARI

Pietro Vettor Cariòla Il giorno 10 aprile di quest’anno, se n’è andato il nostro caro papà. Si è congedato velocemente, senza disturbare, com’era nel suo stile. Ci lascia un grande vuoto, però prenderemo il suo esempio di vita come un testimone di un cammino da portare avanti. ANTONIA, MONICA E TIZIANA

il loro ricordo non sfuma Eva Bocus Frith ed Emilio Sacchi Nel primo anniversario della morte dei coniugi Eva Bocus Frith ed Emilio Sacchi, i famigliari li ricordano con immenso affetto.


Cronaca Cronaca

Olmis a Buduoia

Quest’anno, tra le varie scuole del Friuli è stata scelta anche la Scuola Primaria di Budoia per la presentazione di Olmis 2013-14, diario viaggiante bilingue friulanoitaliano, curato dai membri della Commissione Scuola della Società Filologica Friulana e illustrato da Silvia Pignat. Da diciannove anni, Olmis è offerto gratuitamente agli alunni delle scuole primaria e secondaria di 1° grado delle tre province friulanofone. Lo sponsor è la Fondazione CRUP di Udine, che ne ha soste-

ca al lupo» in vista degli imminenti Campionati mondiali Assoluti di Mosca e…dei lontani giochi olimpici del Brasile). L’affabile atleta ha trattenuto i bambini dimostrando elevata sensibilità per il mondo dell’infanzia e della preadolescenza, e ha risposto alle loro numerose domande. Assieme a lei, l’illustratrice di casa nostra, Silvia Pignat, ha tenuto alta l’attenzione con i suoi accattivanti disegni. Entrambe hanno personalizzato il diario con disegno e dedica a ogni bambino. Oltre agli alunni con le loro insegnanti erano presenti le autorità comunali, sindaco e assessore alla cultura e all’istruzione.

Dardago è riconoscente per il dono della statua lignea di Cristo crocifisso e per lo speciale basamento in ferro, di oltre 150 chilogrammi, forgiato a mo’ di croce latina. Don Maurizio a nome di tutta la Comunità ringrazia sentitamente Renato, Giuseppe e collaboratori. Nella foto, in piedi da sinistra Renato Zambon Tarabin, Carlo Del Maschio Mos’cion (aiutante), Fabio Del Maschio Mos’cion (aiutante), il fabbro Giuseppe Del Maschio Mos’cion. Inginocchiati: don Maurizio Busetti, Manuel Del Maschio Mos’cion (figlio di Giuseppe).

nuto il progetto fin dalla sua nascita e che continua a credere nella validità dell’opera. Tra i molteplici temi trattati in questi diciannove anni di vita figura lo sport, argomento dell’ultimo biennio. Alla presentazione non poteva certo mancare un’atleta pordenonese dalla brillante carriera: la grande protagonista di salto in alto Alessia Trost, portacolori delle Fiamme Gialle, campionessa mondiale prima nell’Under 18 poi nella categoria Juniores, e, in questi giorni, anche terzo oro internazionale conquistato agli Europei Under 23 di Tampere in Finlandia. (Ad Alessia auguriamo di cuore un «in boc-

Don ’na man

Le tre parrocchie di Budoia, Santa Lucia e Dardago hanno risposto con generosità all’iniziativa, lanciata dalla forania di Aviano in una recente riunione delle parrocchie, che sollecita la raccolta di generi alimentari, a turno mensile, nelle chiese, per fronteggiare le numerose e continue richieste d’aiuto di famiglie o di singole persone. È un modo per venire incontro alla crisi attuale. A noi erano riservati i mesi di maggio e giugno. La Caritas di Aviano, 33

centro di raccolta, è incaricata alla distribuzione ai richiedenti.

Passion pa’ i boi

Alla quarta rassegna «Filatelia e Numismatica», tenuta nella fiera di Pordenone il 25 e 26 maggio, tra i vari collezionisti appartenenti al Centro Filatelico Numismatico Pordenonese ha partecipato il nostro Fortunato Rui con un’interessante esposizione dal titolo «Karol, pellegrino nel mondo», che ha riscosso successo. Complimenti all’ideatore!


Avón votat

Continuon a preà la Madona

ELEZIONI REGIONALI 2013 Lista

BUDOIA

DARDAGO

SANTA LUCIA

TOTALE

Partito Democratico Sinistra Ecologia a Libertà Italia dei Valori Cittadini Slovenska Sk. Voti solo a candidato

118 15 5 11 2 48

58 6 4 7 1 26

66 7 3 5 0 23

242 28 12 23 3 97

Coalizione Debora Serracchiani

199

102

104

405

Il Popolo della Libertà Lega Nord Partito Pensionati La Destra UDC Autonomia Responsabile Voti solo a candidato

64 35 4 3 13 48 37

52 37 2 5 6 33 25

23 9 0 0 7 10 9

139 81 6 8 26 91 71

Coalizione Renzo Tondo

204

160

58

422

Movimento 5 Stelle Voti solo a candidato

48 37

38 29

23 19

109 85

Coalizione Saverio Galluccio

85

67

42

194

2 5

1 2

0 2

3 9

Un’altra Regione Voti solo a candidato Coalizione Franco Bandelli Voti Bianche Nulle

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L’altaròl ’n te la Canonica de Dardàc Per diverso tempo una piccola statua della Madonna Immacolata, che un tempo era esposta nell’asilo parrocchiale, era rimasta in un angolo, quasi dimenticata. Grazie alla paziente opera di Maria Assunta Gamberini è stata restaurata.

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La religiosità popolare continua a vivere, particolarmente nel mese di maggio con la recita del Santo Rosario presso le edicole sacre.

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Un grande e pesante masso a forma di grotta è stato donato da Sergio Carlon e grazie alla collaborazione di alcune persone (Mirco Andreazza, Lucio Fantin, Raffaele Zambon…) è stato possibile collocare e sistemare «la grotta» nel cortile della canonica. L’inaugurazione è avvenuta la sera del primo Maggio con la recita del Rosario.

Doi de dhúin dhornadha de festa La festa della Repubblica è celebrata a Budoia. Il sindaco Roberto De Marchi e il deputato Giorgio Zanin hanno deposto una corona al monumento ai Caduti. Presenti numerose autorità civili e militari. Nella stessa giornata, gli Amici del Girasole, per il terzo anno consecutivo, ci regalano la Festa di Primavera, una giornata in piazza per i bambini, i giovani e le famiglie, arricchita da un nutrito programma. Molto apprezzata la degustazione

Concerto Vocale Elastico

L’Insieme Vocale Elastico nel concerto a Santa Maria del Popolo a Roma, durante la sua trasferta romana.


Cresime

enogastronomica offerta dai ristoranti della zona il cui incasso è devoluto all’ospedale Burlo Garofalo di Trieste.

Festa de le famée a San Tomè Anche quest’anno, nella prima domenica di luglio, un buon numero di fedeli dei tre paesi si ritrovano presso la chiesetta di San Tomè per la festa delle famiglie. Anche il vescovo emerito Mons. Ovidio Poletto è ancora con noi per rendere più solenne la celebrazione. Per l’occasione, i signori Vittorio Piva e Cesarina Nadalin, di Roraipiccolo, hanno festeggiato il cinquantesimo anniversario del loro matrimonio. Al termine della Santa Messa viene benedetto il nuovo capitello (crocefisso) che è stato realizzato per sostituire quello collocato quasi 40 anni fa, all’inizio dell’ultimo tratto del sentiero che porta alla chiesetta, che non era possibile restaurare. Prossimamente inizieranno i lavori per la sistemazione del tetto dell’antica chiesetta. Si fa appello alla generosità di tutti per contribuire ai lavori da eseguire. Un doveroso ringraziamento ai volontari che si sono impegnati per la buona riuscita della festa.

Sabato 18 maggio, a Dardago, hanno ricevuto il Sacramento della Cresima per le mani del vescovo Mons. Ovidio Poletto: Francesca Arcicasa, Riccardo Bastianello, Denise Benedini, Chiara Brusadin, Elisabetta Castellet, Alessia Elia, Aurora Gilli, Federico Pauletti, Tommaso Pepe, Francesca Poles, Alessio Zambon e Mathias Zambon.

Messa di Prima Comunione

Domenica 26 maggio, alle ore 11, a Dardago hanno partecipato alla Santa Messa di Prima Comunione: Melissa Borlenghi, Antonio Callegari, Angelica Campagna, Luca Cesaro, Giulia Chiodi, Alex Damuzzo, Andrea Domi, Mauro Fort, Lara Mezzarobba, Mattia Missinato, Erika Occhielli, Alessia Sarri, Lorenzo Zambon e Martina Zoni.

Grazie, Sergio! Il signor Sergio Zambon Momoleti, deceduto in Francia l’anno scorso, ha lasciato al periodico l’Artugna la somma di 45.600 euro. La Redazione ha ritenuto opportuno utilizzare questo generoso lascito per il restauro e la salvaguardia dell’archivio storico dell’antica pieve di Santa Maria Maggiore, prezioso bene culturale che custodisce la storia e la vita dei nostri tre paesi, Dardago, Budoia e Santa Lucia, dal XIII al XIX secolo. L’idea è stata discussa anche nel recente Consiglio parrocchiale per gli affari economici che l’ha accolta favorevolmente. Prossimamente verranno decisi gli interventi da attuare e i lettori ne saranno puntualmente informati.


Auguri dalla Redazione!

inno alla vita

Ciao, sono Monica Biasutti e vi presento la mia sorellina Ilaria, che è nata il 1° luglio 2013 per la felicità mia, di mio papà Daniele e di mia mamma Elena Zambon.

Tanti, tanti auguri al piccolo Gabriele che il 26 aprile 2013 ha spento la sua prima candelina con il fratellino Andrea, papà Sandro, mamma Leonia, gli amici Rachele, Valerio e Ilaria ed i cugini Elena e Giacomo.

Anna Fort è lieta di presentare la sua amatissima nipotina Diana Checcacci di Giuliano e di Lisa Bortoluzzi, che qui è ritratta nel giorno del suo battesimo, il 7 aprile 2013, a San Giovanni del Tempio, con mamma Lisa e zio Marco.

Domenico Del Maschio Besut ha festeggiato il suo novantesimo compleanno, il 27 maggio 2013, attorniato dall’amore delle sue figlie, Elda e Annamaria, del nipote Marco e dall’affetto dei parenti.

Il 3 giugno 2013 il nostro carissimo papà e nonno Vittorio Zambon Petenela ha festeggiato, insieme alla sua grande e amata famiglia, 97 anni. Tantissimi auguri di buon compleanno dai tuoi sette figli, generi, nuore e nipoti!

Dardago, 15 aprile 2013. Silvana Bastianello Thisa e Aurelio Negro attorniati dai due figli e dai nipoti hanno festeggiato il loro 50° anniversario di matrimonio. Nella foto, da sinistra, Luca con la figlia Aurora, i coniugi Aurelio e Silvana, Stefano con i figli Jakopo e Demetra. Auguri e felicitazioni!


l’Artugna · Via della Chiesa, 1 33070 Dardago (Pn)

I ne à scrit...

Jersey, 14 maggio 2013

Ciao a tutti della Redazione, e grazie mille per l’Artugna che ci arriva sempre. Con premura io e Valerie apriamo subito la busta per leggere cose dei nostri paesi. Grazie di nuovo salutoni dall’isola dei famosi. LUIGI E VALERIE FORT PROVEDON

Siamo contenti che l’Artugna sia di vostro gradimento. Continuate a seguirci.

Vedelago, 29 maggio 2013

Alla Redazione, spero fare cosa gradita inviandovi copia della raccolta di poesie intitolata: «Cielo di ottobre», Seneca Edizioni, recentemente pubblicata. Mi chiamo Pier Luigi Della Vecchia, sono nato ad Aviano nel 1967; mia madre è Dorina Zambon, originaria di Dardago, figlia di Augusta Janna e Luigi Zambon Marin. Da sempre ho vissuto a Galliera Veneta (Padova), dove i miei genitori si trasferirono per lavoro; tre anni fa, dopo il matrimonio, mi trasferii definitivamente a Vedelago (Treviso). Alcune poesie sono dedicate a Dardago, luogo che ha molto significato nella mia gioventù, ricordo che sempre torna alle estati ricche di affetti per persone rimaste nella mia memoria e che hanno contribuito a rafforzare un legame che anche a distanza di tempo mantiene intatti

direzione.artugna@gmail.com

quei valori di appartenenza. Ho sempre apprezzato il vostro impegno per la diffusione del periodico l’Artugna, sia per le informazioni e gli avvenimenti che riportate puntualmente, che per l’attenzione che dedicate alle tradizioni e alla cultura, favorendo l’espressione di autori locali. Ormai torno di rado a Dardago ma gradirei potervi conoscere di persona. Cordiali saluti. PIER LUIGI DELLA VECCHIA

La ringraziamo per l’invio di «Cielo di ottobre» che ci ha dato modo di apprezzare le sue belle poesie. In queste pagine abbiamo preparato una piccola recensione e nell’apposita rubrica pubblichiamo le due belle e significative strofe che compongono «Dardago». Molte altre belle poesie risentono del ricordo del nostro paese. Veramente una bella raccolta. Congratulazioni vivissime e restiamo a disposizione per la pubblicazione sulla nostra rivista di qualche altro suo lavoro.

Susegana, 30 maggio 2013

Cari amici, vi spero tutti in perfetta forma, pronti alla stesura de l’Artugna dell’estate. Anche quella di primavera vi è riuscita molto bene: bella, bella la copertina con l’opera ispirata di Umberto Coassin «il Risorto» che mi piace moltissimo. Ho portato a far vedere l’Artugna al 37

Ritratto giovanile di Padre Marco, di Maria Bot, custodito nella sacrestia di Dardago.

maestro del corso di disegno e pittura dell’università del tempo libero (io la chiamo «la scola dei vecieti»). E sapete chi è questo maestro? È il pittore Elio Poloni, lo stesso che ha dipinto il beato Padre Marco della chiesa di Budoia (pag. 13 de l’Artugna di marzo). Mi ha raccontato che per i nostri paesi aveva fatto anche un altro quadro che rappresentava Padre Marco e l’assedio di Vienna, opera più complessa e corale. Comunque anche Dardago ha il suo (e nostro) Beato Marco: l’ho fotografato un paio di anni fa in sagrestia, messo un po’ in disparte… Alla stessa rassegna, indetta dal Comitato per la beatificazione, aveva preso parte in tutta umiltà anche mio marito Angelo ed ora la sua piccola scultura si trova nel Museo Diocesano di Vittorio Veneto. Anche qui, nella nostra zona è diffusa la venerazione di Padre Marco perché egli è stato nel convento di


Conegliano e di Oderzo: è una devozione un po’… rustica. Un amico dice che lo prega per avere il bel tempo, quando serve, e lo esaudisce sempre! Un altro, addirittura, porta all’esterno l’immagine del Beato quando vede avanzare le nubi della tempesta, come una difesa insuperabile. Ora sembra inizierà la causa per la canonizzazione con un nuovo comitato e un nuovo postulatore. Termino augurando ogni bene a voi, alle vostre famiglie, ai nostri indimenticabili paesi. Con affetto.

Nella ricorrenza del 50° anniversario della morte di Mons. Domenico Comin

Santa Lucia Chiesa Parrocchiale dei ss. Giuseppe e Lucia

• sabato 17 agosto 2013 · ore 21.00 CONCERTO

Fiat mihi secundum Verbum tuum Insieme Vocale Elastico

SILVANA BOCUS PISU

BRANI DI

Grazie per i complimenti, come sempre generosi. Grazie anche per le informazioni su Padre Marco, i quadri, la devozione popolare verso questo grande frate cappuccino. In seguito a questa lettera, abbiamo ricercato il quadro che stava in sacrestia e… l’abbiamo trovato.

Banchieri, Arcadelt, Bach, Durante, Mendelssohn, Mascagni, Koszewski e Piazzolla SOPRANI · Elena Lachin, Fiorella Zanchetta MEZZI · Sandra Pasut, Daniela Zecchin ALTI · Cinzia Pessot, Sara Zambon ORGANO · Stefano Maso · DIRETTORE · Fabrizio Fucile

[...dai conti correnti ]

• domenica 18 agosto 2013 · ore 10.00 Solenne Concelebrazione presieduta da S.E. Mons. Giuseppe Pellegrini

Auguri vivissimi per tutta la comunità de l’Artugna.

Vescovo della Diocesi di Concordia-Pordenone

FAMIGLIA BRUSSATO – SARONNO (VA)

Mostra della vita e delle opere di Mons. Domenico Comin

Perché non si perda la memoria, grazie.

a cura di Luca Carlon, Daniela Fort e Rosa Oliva

CRISTINA ZAMBON – SAN GODENZO (FI)

Grazie. Saluti e buon lavoro! SILVANA BOCUS PISU – SUSEGANA (TV)

Un saluto da Verona. GIUSEPPE E ANNA MARIA ZAMBON – VERONA

In memoria di Pasqualino Zambon Canta nel 5° anniversario della morte; la moglie e i figli afflitti. PASQUITA MAIORANA – SARONNO (VA)

bilancio Situazione economica del periodico l’Artugna Periodico n. 128

entrate

Costo per la realizzazione

3.893,00

Spedizioni e varie

301,00

Entrate dal 10.03.2013 al 17.07.2013

3.517,00

Totale

3.517,00

38

uscite

4.194.00


Dardago Pieve Santa Maria Maggiore

Comune di Budoia · Comitato Festeggiamenti Dardago Periodico l’Artugna · Pro Loco Budoia · Associazione ANA «Bepi Rosa»

sabato 10 19.00 presso ex scuole Apertura chiosco enogastronomico

21.00 presso ex scuole Serata musicale con «Dorian e Marika Music group»

martedì 13 19.00 presso ex scuole Serata a tema «Sardellata in compagnia»

giovedì 15 11.00 in chiesa Santa Messa solenne in onore dell’Assunta

domenica 11

mercoledì 14

12.00

17.00

in teatro

presso ex scuole

16.30

Inaugurazione Mostra «Arte come pensiero errante»

Partenza della 7a marcia sul percorso circolare del torrente Artugna

presso ex scuole

Icone, disegni, acquarelli, pittura ad olio di Luigina Zambon

19.00 presso ex scuole Apertura chiosco enogastronomico

21.00

Apertura chiosco enogastronomico

21.00 presso ex scuole Serata danzante con l’orchestra «Alto gradimento»

Giochi popolari per i ragazzi Apertura chiosco enogastronomico

17.00 in chiesa Santa Messa

21.00

in chiesa

presso ex scuole

Concerto per l’Assunta

Musica dal vivo con «Sylvia»

Mezzosoprano Charlene Chi Kim Violoncello Matteo Malagoli Organo Stefano Maso in collaborazione con Insieme vocale Elastico

da domenica 11 a giovedì 15 in teatro

21.30 presso ex scuole Serata Karaoke con «Bruno»

Mostra «Arte come pensiero errante» Icone, disegni, acquarelli, pittura ad olio di Luigina Zambon

da sabato 3 a giovedì 15 in canonica Pesca di beneficenza

Pieve Santa Maria Maggiore Dardago

2013


Santa Lucia, il ridente e silente paesino del nostro Comune, in questi ultimi tempi è stato, purtroppo, ancora più silente per il grave danno inferto alla campana grande con la sua rottura e al battacchio della piccola con lo stesso problema. Solo la mezzana, notoriamente quella funebre, poteva suonare e così gli abitanti hanno ‘goduto’ di un’atmosfera particolare, quasi extraterrestre.

La campana grande di Santa Lucia di don Maurizio Busetti

*** Sabato 22 giugno, a tempo record, le campane di Santa Lucia hanno ripreso a suonare. La grande, ricostruita dopo la fusione, ha rifatto il suo suono forte in mezzo alle altre due e da sola. La campana è stata fusa e ricostruita dalla Ditta De Poli di Revine (Treviso) che opera in questo campo dal lontano 1453 e che nel 1945 aveva già rifuso la stessa campana. Essa pesa 375 kg, due meno della precedente, porta sull’esterno due serie di figure, la serie superiore riporta le figure dei santi Pietro e Paolo apostoli, la Madonna con Bambino, San Marco col tipico leone, San Giorgio che sconfigge il drago e Santa Lucia. La parte inferiore è decorata con sei angeli. Ci sono poi le scritte: «A peste, fame et bello, libera nos Domine» l’antica litania delle rogazioni (liberaci Signore dalle malattie, dalla fame e dalla guerra). Ci sono la scritta «Santa Lucia vergine e martire», l’anno della fusione 2013, il marchio della Ditta fonditrice e, perchè no, il nome dell’attuale parroco Don Maurizio Busetti. Speriamo che a lungo le nostre campane possano accompagnare la preghiera e la vita religiosa del nostro paese.


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