Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.
Anno XLIV · Dicembre 2015 · Numero 136 Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia
in un Natale di un Anno
[
]
www.parrocchie-artugna.blogspot.it
L e notizie che quotidianamente ci vengono propinate dai mezzi di comunicazione sociale non ci invitano certo ad essere sereni, a vivere nella tranquillità ed a celebrare le feste del Santo Natale in pace. Guerre sanguinose, attentati terroristici, disoccupazione dilagante, incertezza sul futuro di una natura che sta mutando velocemente le sue leggi e ci prospetta un avvenire ecologico terrificante, instabilità nei rapporti di ogni genere, invecchiamento progressivo ed inarrestabile del nostro Occidente che non produce più vispi e promettenti virgulti ma arzilli vecchietti e se continuassi la litania non la finirei più. Per noi che crediamo poi la sofferenza di vedere le nostre chiese sempre più vuote, le tradizioni che vanno affievolendosi se non addirittura spegnendosi, gli scandali che, quasi quotidianamente, vengono messi alla luce, all’interno delle istituzioni ecclesiastiche ad ogni livello. Come salvarsi da questa situazione di degrado? Il Papa Francesco va in Africa e a Bangui, capitale del miserrimo stato della Repubblica Centrafricana, apre prima che a Roma, fatto inaudito in millenni di storia della Chiesa, la porta santa del Giubileo 2
Straordinario della Misericordia, in una cattedrale fatta di mattoni a vista e con porte che certo sono le mille miglia lontane da quelle della Basilica di San Pietro e addirittura afferma che Bangui «è oggi la capitale spirituale del mondo» e ne da una motivazione che ci fa riflettere. Dice parole molto forti e significative «Oggi Bangui diviene la capitale spirituale del mondo. L’Anno Santo della Misericordia viene in anticipo a questa terra. È una terra – ha aggiunto – che soffre da diversi anni per l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace». È la motivazione tanto cara al Papa argentino, venuto anche lui dalle estreme periferie del mondo, per dirci cosa aspetti l’uomo d’oggi. Un bagno di misericordia. L’incontro con un Dio che ci ama, che si preoccupa per noi che soffre vedendo un’umanità martoriata per la mancanza di pace. È questo il motivo dominante di tutta la Sacra Scrittura, dalla prima pagina all’ultima. Dio è Padre misericordioso e buono che ha fatto e fa di tutto per il bene dei suoi figli, donando loro, perfino, il Suo dilettissimo Figlio. Sembra di risentire le parole di San Bernardo il grande abate di Chiaravalle e dottore della Chiesa:
la lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti
paura Santo di Misericordia «Dio Padre ha inviato sulla terra un sacco, per così dire, pieno della sua misericordia; un sacco che fu strappato a pezzi durante la passione perché ne uscisse il prezzo che chiudeva in sé il nostro riscatto, un sacco certo piccolo, ma pieno se ci è stato dato un Piccolo in cui però abita tutta la pienezza della divinità» e ancora «Nulla mostra maggiormente la sua misericordia che l’aver egli assunto la nostra stessa miseria. Quale prova migliore della sua bontà poteva dare se non assumendo la mia carne, una carne di peccato pur essendo Lui senza peccato». Siamo invitati quindi dal Papa ad entrare in questo anno di misericordia, non solo per ottenere perdono delle nostre colpe, non solo per far pellegrinaggi e passare at-
traverso le Porte Sante, ma anche per diventare noi stessi strumenti della misericordia di Dio verso i nostri fratelli che hanno bisogno del nostro aiuto: i piccoli, i poveri, i sofferenti, gli emarginati, in pratica, le periferie dell’umanità. D’altronde Gesù stesso, nel Suo Vangelo, parlando della fine del mondo e del Giudizio Universale cui sarà sottoposta l’umanità afferma che saremo giudicati sulle opere di misericordia che dalle parole di Gesù e della sacra Scrittura, la Chiesa ha poi codificato in sette opere di misericordia corporale e in sette opere di misericordia spirituale. Sono le opere che il Papa invita a fare a tutti i cristiani in questo Anno Giubilare. Sarà un’occasione per entrare in una Porta di Conversione della nostra vita.
LE NOSTRE CHIESE GIUBILARI
Concattedrale di San Marco Pordenone la Porta Santa è stata aperta domenica 13 dicembre 2015
Santuario Madonna del Monte Marsure la Porta Santa verrà aperta venerdì 1° gennaio 2016 alle ore 16
Le Sette Opere di Misericordia OPERE DI MISERICORDIA CORPORALE
OPERE DI MISERICORDIA SPIRITUALE
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
Dar da mangiare agli affamati Dar da bere agli assetati Vestire gli ignudi Alloggiare i pellegrini Visitare gli ammalati Visitare i carcerati Seppellire i morti 3
Confortare gli afflitti Consigliare i dubbiosi Istruire gli ignoranti Ammonire i peccatori Sopportare pazientemente le persone moleste Perdonare le offese ricevute Pregare Dio per i vivi e per i morti
[ la ruota della vita ]
NASCITE Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di... Alice Fabbris di Riccardo e di Carlon Michela – Grasse (Francia) Davide Zambon Marin di Paolo e di Loredana Perin – Aviano Allison Klement di William e di Stefania Berton – Toronto (Canada) Mattia Bortolotto di Fabio e di Anna Di Marco – Dardago Tommaso Lanzillotti di Giorgio e di Jessica Lenardon – Dardago Lorenzo Gubana di Mirko e di Cinzia Fort – Santa Lucia
MATRIMONI Felicitazioni a... Barbara Ardemagni e Simone Sottana – Dardago Gabriele Zambon e Francesca Polonia – Budoia Chiara Ianna Tavàn e Alessandro Stefani – Dardago Nozze d’oro Antonio Zambon e Giuliana Rossi – Dardago Sergio Fort e Carla Parmesan – Santa Lucia Luigi Ragogna e Maria Rigo – Dardago 60° di matrimonio Bianca Zambon Marin e Osvaldo Signora – Budoia
LAUREE, DIPLOMI Complimenti! Media Superiore Federica Signora – Liceo Linguistico, Michele Lachin – Istituto Tecnico, Tommaso Quaia – Istituto Turistico, Alessandro Giannelli – Liceo Classico, Francesca Puiatti – Liceo Classico, Federico Zambon – Scuola Alberghiera, Eros Mella – Liceo Socio-Psico-Pedagogico, Matilde Signora – Liceo Economico-Sociale, Elena Lachin – Liceo Linguistico, Lucia Marcandella – Liceo Scientifico, Hong Wei Guan – Istituto Turistico Laurea Selena Spader – Lettere Moderne – Padova – Budoia Alice Braido – Tecniche di radiologia medica – Udine – Dardago Lorenzo Fadelli – Laurea in Comunicazione Interlinguistica Applicata – Trieste – San Giovanni di Polcenigo Chiara Baracchini – Laurea in chimica industriale – Padova – Budoia
DEFUNTI Riposano nella pace di Cristo. Condoglianze ai famigliari di…
IMPORTANTE Per ragioni legate alla normativa sulla privacy, non è più possibile avere dagli uffici comunali i dati relativi al movimento demografico del comune (nati, morti, matrimoni). Pertanto, i nominativi che appaiono su questa rubrica sono solo quelli che ci sono stati comunicati dagli interessati o da loro parenti, oppure di cui siamo venuti a conoscenza pubblicamente. Naturalmente l’elenco sarà incompleto. Ci scusiamo con i lettori. Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.
Suor Annalia Ghislotti di anni 100 – Pordenone Maria Teresa Angelin di anni 74 – Tolmezzo (Ud) Flora Pellegrini di anni 92 – Pavia Ugo Carlon di anni 90 – Budoia Fiorina Saccon di anni 94 – Santa Lucia Santa del Maschio di anni 94 – Budoia Brigida Da Re di anni 89 – Budoia Giovanni De Marchi di anni 77 – Budoia Caterina Signora di anni 85 – Budoia Giuliano Bravin di anni 63 – San Giovanni di Polcenigo Giovanni (Paolo) Riato – Venezia Eugenio Cardazzo di anni 92 – Budoia Claudio Parmesan di anni 80 – Dardago Giorgio Del Puppo di anni 54 – Budoia Luciano Puppin di anni 69 – Budoia Noemi Bravin di anni 81 – Budoia Renato Rigo di anni 74 – Dardago Norina Zambon di anni 88 – Dardago Giuseppe Lachin di anni 80 – Budoia Gigliola Zambon di anni 84 – Budoia Norma Bastianello di anni 88 – San Foca Vilma Rigo di anni 82 – Vigonovo Ferruccio Bocus – di anni 95 – Cortina d’Ampezzo (Bl) Dosolina Teresa Martini di anni 93 – Dardago Elsa Bocus di anni 94 – Dardago Renato Brusa di anni 91 – Venezia
4
sommario
In copertina. Il fiore dello zafferano. Nobile, elegante e prezioso tesoro autunnale. Nel linguaggio dei fiori è simbolo di ricchezza, sia spirituale che materiale, di benessere e felicità. I suoi colori – lilla, giallo e rosso – richiamano i raggi del sole e parlano di gioia di vivere, di giovinezza e di spensieratezza. Per Dardago una felice intuizione, un simbolo d’amore per la propria terra... forse una nuova opportunità di lavoro da condividere e diffondere.
2 La lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti
Dardago, fior di zafferano! [foto di Francesca Janna]
4 La ruota della vita 6 Dardago e il volontariato di Adelaide Bastianello
cembre 2 · di
015
anno XLIV
10 Tornerò presto di Martina Pellegrini
136
12 Cronache di un corso nell’ambiente di Annamaria Basaldella e Roberta Grassi
Direzione, Redazione, Amministrazione tel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594 Internet www.artugna.blogspot.com
13 Festa di San Martino di Pietro Ianna
e-mail direzione.artugna@gmail.com
14 Dardago, fior di zafferano a cura di Chei de ’l Ruial
Direttore responsabile Roberto Zambon · tel. 0434.654616
16 Bilancio molto positivo per la gestione dell’area di Cianpore e considerazioni di fine anno a cura di Chei de ’l Ruial e CFD
Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna
18 La stazione di Santa Lucia di Leontina Busetti
Contributi fotografici Archivio de l’Artugna, Daniela Fort, Vittorio Janna, Flavio Zambon, Francesca Romana Zambon, Valentino Zambon Ite
19 Julia di Alessandro Fontana
Spedizione Francesca Fort
22 Collis Chorus, «canto liquido» per 7 cori e 149 bottiglie di Bruno Fort
Ed inoltre hanno collaborato Francesca Janna, Federica Signora, Espedito Zambon
24 Pro Loco Budoia Trentennale impegno per la valorizzazione della vallata di San Tomè di Alessandro Baracchini
Stampa Sincromia · Roveredo in Piano/Pn Autorizzazione del Tribunale di Pordenone n. 89 del 13 aprile 1973 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.
26 Lasciano un grande vuoto... 28 ‘Genio muliner’, persona di grande cuore di Cinzia Naibo
Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.
29 Cronaca 36 Inno alla vita 5
38 Recensione 38 …dai conti correnti 38 Bilancio 39 Programma religioso natalizio
ed inoltre... Cent’anni dalla Grande Guerra Inserto n. 3 a cura di Vittorina Carlon, Vittorio Janna e Roberto Zambon
Dardago e il volontariato di Adelaide Bastianello
C ome ogni anno mi accingo a scrivere due righe per relazionarvi sul Dardagosto. Mentre sto cercando di fare il punto della situazione, ovvero mettere insieme tutto ciò che è stato programmato nella settimana della Festa dell’Assunta, ciò che più di ogni altra cosa mi balza alla mente è il grande numero di giovani e non più giovani che si davano un gran daffare tra la piazza, la canonica e le scuole. Ognuno con compiti ben precisi: i ragazzini in Pesca a distribuire i premi, gli adolescenti a portare ai tavoli le ordinazioni, in cucina gli adulti che trafficavano tra i fornelli…col caldo infernale di questa estate! Non sono in grado di quantificare un numero preciso, ma il Dardagosto credo che muova circa 70/80 persone. Tutti volontari che con gioia e divertimento si mettono gratuitamente a disposizione ogni anno per la Festa della nostra Comunità. E questo è solo l’inizio… Che dire di coloro che si preoccupano di tenere pulita ed in ordine la nostra Pieve? È un lavoro che impegna alcuni volontari (sempre
Momento conviviale durante il Dardagosto 2015.
troppo pochi purtroppo!) tutto l’anno, non solo il periodo di Ferragosto. Ci vuole veramente Amore e disponibilità, senza nulla chiedere in cambio, solo la personale soddisfazione di vedere la propria chiesa curata e splendente. Anche la cura dei fiori sugli altari, l’acquisto, la preparazione e la manutenzione richiede disponibilità e voglia di esserci: per nostra fortuna ci sono anime sante che da tanti anni si sono prese questo onere e auguriamoci che continuino senza perdere la voglia. 6
Per restare nell’area Chiesa, mi piace ricordare la nostra Corale con il grande Fabrizio. Quante «Madonna de la Sunta» quanti Natali e Pasque ha preparato in questa Pieve da quasi trent’anni ormai (dal 1986!), facendo prove per settimane prima delle Feste? Quante generazioni si sono succedute? Credo almeno tre. Se ora la Corale al completo è composta da 15 persone circa, si fa presto a fare la somma dei volontari che la compongono e che si sono sostituiti negli anni... Un cor-
1977. Il piccolo coro di voci bianche con il direttore don Giovanni Perin, allora pievano. Furono i precursori del Gruppo Folcloristico Artugna.
po ed un’anima sola. La Corale senza il suo maestro non esisterebbe, ma anche Fabrizio senza la sua Corale sarebbe… solo. Non voglio dimenticare la pulizia del sagrato, il taglio dell’erba e la cura del verde. È un lavoro anche faticoso, sotto il sole cocente di questa estate: nel caldo torrido, più volte ho visto due anime pie che attrezzate di tutto, silenziose e infaticabili, tagliavano ordinatamente l’erba, la raccoglievano e se la portavano via. Questo è voler bene al paese! Il fare in silenzio... senza megafoni e bandiere.
Sfilata dei Donatori per la Festa dell’AFDS di Dardago.
Ed il numero dei volontari continua a crescere… Ho piacere di ricordare e ringraziare inoltre una signora, molto riservata, con mani d’oro, che lavora silenziosamente nell’ombra e solo alla fine guardando il risultato della sua operosità e conoscenza della materia, della sua generosità, ti rendi conto di quante ore (e anche denaro!) ella può aver dedicato al restauro per restituire alla Comunità di Dardago le statue che si trovano nelle nicchie della Pieve.
Il sagrato addobbato per le grandi occasioni.
Un madho, testimone di una tradizione recuperata.
E non è certo l’unico restauro che ha realizzato per Dardago! Grazie. Sempre nell’ambito «chiesa», non possiamo non menzionare il gruppo che ogni anno si occupa dell’allestimento del Presepio. Un lavoro impegnativo che richiede più giornate, ma eseguito sempre con gioia ed entusiasmo da tutti, così come pure la preparazione dei nostri madhi, tradizione nata proprio a Dardago, abbandonata negli anni 30, ripresa da circa tredici anni e mi auguro continui il più a lungo possibile. Ai madhi è associato 7
un risvolto economico che ogni anno raccoglie un bel «gruzzoletto» che viene di volta in volta devoluto in opere di beneficenza. Intanto il numero dei volontari è cresciuto di una ventina di persone... Fra due anni l’Associazione Donatori di Sangue di Dardago compirà mezzo secolo di attività! Quale volontario più «puro» possiamo trovare se non il donatore di sangue, che dà una parte di sé stesso per il bene di uno sconosciuto, non solo
una volta l’anno, ma possono essere due o anche tre volte? L’Associazione di Dardago è nata quasi cinquant’anni fa ed ha iscritto, nel tempo, più di cinquecento donatori! Gente che offre silenziosamente, senza manifesti e senza pretese di ringraziamento. Questo è il vero significato della parola VOLONTARIATO… e Dardago volontari che si offrono per ogni genere di attività ne ha molti. Ora è più difficile tenere il conto... Giusto per non fare torto a nessuno mi piace ricordarvi che nel lontano 1972 quattro giovani di Dardago, volonterosi e temerari, guidati e spronati dal loro Pievano, hanno dato origine al primo numero di questo periodico: l’Artugna. Via, via che passavano gli anni altri volontari si sono avvicendati per mantenere viva questa bella «opera» che è il nostro periodico e che con regolarità esce tre volte l’anno per informare gli amici «vicini e lontani» sulle nostre tradizioni, le nostre usanze, la nostra cultura e architettura, le nostre radici e la cronaca. Ora il periodico l’Artugna ha più di quarant’anni e invece di invecchiare… ringiovanisce, si è fatta graficamente più bella e con articoli sempre molto interessanti e informativi. Un grazie a quel piccolo trio di volontari che sacrificano ore di vita per la regolare uscita del numero… ma si sa che il volontario è animato da un sacro fuoco che si chiama Amore e quindi fatica e sacrificio si perdono nella soddisfazione del risultato. L’allora Pievano di Dardago, don Giovanni Perin, non solo ha guidato «i giovani uomini» nella fondazione del periodico l’Artugna, ma ha pensato anche ai bimbi, fondando il Gruppo Folcloristico Artugna formato appunto da bambini; ha insegnato loro il canto e li ha poi spronati anche ad imparare i nostri balli folcloristici. Il gruppo si
I volontari della cucina... sempre disponibili in ogni occasione.
è fatto apprezzare in molte manifestazioni nazionali ed estere. Poi col passare degli anni, come spesso accade, il gruppo è mutato e trasmigrato in altre sedi. Il 5 gennaio c’è la festa del «Panevin», il fuoco epifanico, conosciuto in tutto il nordest. Anche questa tradizione che si perpetua da anni, necessita di molte persone, capaci, disponibili per giornate intere per il recupero del legname da bruciare e anche di grosse attrezzature per la raccolta ed il posizionamento in loco. Questa festa è organizzata da ragazzi e uomini, più di una ventina, ognuno con le proprie mansioni, i quali, dopo aver raccolto e accatastato il legname per il falò, organizzano una grande festa con torte, specialità e vin brulè per tutti i visitatori e vi assicuro che sono veramente tanti!
L’immancabile panevin della vigilia dell’Epifania.
8
Vogliamo a questo punto aggiungere una quarantina di volontari...? Un’altra opera di volontariato che mi fa piacere ricordare è il restauro ed il ripristino della Chiesetta di San Martino. Essa è stata rimessa a nuovo lo scorso anno con l’aiuto di un bel gruppetto di persone che hanno lavorato, ristabilito, pulito e resa bella, in ordine e sicura la chiesetta; inoltre è stata abbellita con un nuovo dipinto ed una statua realizzati per l’occasione e donati. Come si farebbe ad organizzare un Ferragosto, una festa, una castagnata, una mangiata se non ci fosse il CFD, Comitato Festeggiamenti Dardago? Impossibile. Questo gruppo di volontari nato più di vent’anni fa (1993), si è molto modificato negli anni, ma ha sempre agito al meglio per rendere piacevoli, gioiose e golose le feste
Tutti all’opera nella recuperata area di Cianpore.
Da sinistra. Luciano Zambon Tarabìn, Enzo Zambon Biso e Pierino Basaldella. Un «team» affiatato, guidato da amore e passione per il nostro paesaggio.
a Dardago. Qui il numero di volontari è vario perché, il comitato si occupa dell’acquisto alimentare, dell’allestimento, della cucina e del servizio ai tavoli. Si può quindi immaginare quante persone siano impegnate durante le grandi feste, lo spirito che li anima però è sempre il medesimo: amore per il nostro paese e divertimento.
culturali e di svago per i bambini e giovani, il recupero dei Agaroi… Sono veramente incontenibili e lo fanno semplicemente «per stare insieme», «pa’ no di ’t le boteghe a beve», così mi hanno detto! Anche «El Comitato del Ruial» è presente nel web, infatti chiunque voglia avere notizie, vedere fotografie, può collegarsi al sito www.ruial.it o su cercare su Facebook il profilo Dardago, Budoia, Santa Lucia oppure Sei di Dardago se… e sarà informato sulle opere in lavorazione e sulle attività del territorio. Un Grazie a chi gestisce e aggiorna periodicamente tutta la comunicazione virtuale!
Ora ho davvero difficoltà a «tenere la conta» perché molti volontari si inseriscono non in un solo gruppo, ma in più attività… Ho lasciato per ultimo, non perché meno importante, ma solo perché è di recentissima costituzione Chei del Ruial, Associazione Volontariato «El Comitato del Ruial de San Tomè». Questo gruppo di volontari, unitisi in sordina giusto per mettere insieme un pezzetto di Ruial delle nostre montagne, sta facendo parlare di sé televisione e giornali. Hanno iniziato due anni fa circa, ma hanno fatto e stanno continuando a fare cose grandiose per il recupero dei nostri territori Sono certa che neppure loro, quando hanno cominciato, si sarebbero mai immaginati di riuscire a fare tutto ciò che hanno fatto in questi due anni. Costanza, caparbietà, volontà, passione, professionalità e soprattutto amore per Dardago, questi sono i sentimenti e le virtù che animano questo gruppo. Non solo si sono adoperati per il recupero del Ruial, ma è opera loro il recupero e la gestione della località Cianpore con incontri
…Ora i numeri li lasciamo perdere, sono molti, tanti, un mio semplice grazie a tutti… Sono sicura che qualcuno e qualcosa avrò certamente dimenticato e chiedo scusa, ma il Volontario è comunque una persona contenta e soddisfatta, perché dentro di sé egli sa di fare qualcosa di importante e di utile per il prossimo e questo gli da soddisfazione, lo ripaga dei sacrifici e non ha bisogno di elogi. Ovviamente… non sono tutte rose! Lavorando in gruppo si mescolano persone con caratteri diversi, con metodi di lavoro differenti, con modi divergenti di vedere la medesima cosa, a volte, possono nascere discordanze, malumori e disaccordi, ma credo che in questo ambito ci sia comunque spazio per tutti. Meglio sarebbe fare un 9
passo indietro ogni tanto e cercare di adattarsi alla situazione, accettare anche un altro punto di vista, è una crescita personale, un miglioramento del proprio essere persona, ma se proprio il tuo carattere non te lo permette…ci sono mille altri modi per rendersi utili, l’importante è non portare rancori! Il volontario lavora per un obiettivo comune: fare qualcosa di bello che dia soddisfazione e nel contempo aiuti il prossimo e la Comunità. Dardago ha da sempre avuto in animo il volontariato, l’associazione. Chi non ricorda l’offerta delle uova negli anni ’50 per l’edificazione dell’asilo, oppure l’iniziativa «un cop a paron» per il rifacimento del tetto della Pieve; in via Solvela è nato il suo primo teatro già intorno al 1910, e che dire della prima autopompa dei pompieri? C’è da tenere anche conto che mentre nel passato solo Dardago contava circa 1.500-2.000 abitanti ora i numeri sono molto inferiori, solo circa 800, una gran parte di loro però non ama partecipare alla vita del paese. Volontariato è una bella parola, essa dà subito una percezione positiva, fidata, buona. Un proposito, un traguardo comune, un esempio che tutti noi, giovani e non più giovani dovremmo includere nella nostra vita. C’è posto per tutti... basta la nostra volontà!
ESPERIENZA DI VOLONTARIATO
Tra i bambini dello Zambia
tornerò presto di Martina Pellegrini
Q uesta è la certezza che, anche questa volta, dopo essere rientrata in Italia, mi si fissa in mente. Era successo anche per le mie prime due volte in Africa ma ogni volta il mal d’Africa è sempre più grande, e il desiderio di tornare maggiore. Dopo due esperienze di volontariato in Tanzania presso una missione italiana, quest’anno ho deciso di cambiare Stato, per conoscere una nuova parte dell’Africa e di mettermi maggiormente in gioco partendo come volontaria di una grande associazione internazionale; così, insieme a Marianna, con la quale avevo condiviso anche l’esperienza in Tanzania, ho vissuto un mese a Livingstone, in Zambia, in un ostello gestito da
africani, con altri 50 volontari provenienti da tutto il mondo. Siamo partite per partecipare a un progetto di volontariato nelle scuole locali, e siamo state assegnate alla scuola elementare «Malota Community School», una poverissima scuola nella periferia di Livingstone. Ho avuto il piacere di conoscere i suoi alunni, ben 700 bambini, e due grandi persone, la direttrice Patricia Siazilo e il maestro Melvin, unici insegnanti a disposizione di così tanti bambini. Non solo pochissimi insegnanti ma anche poche aule, la scuola ne conta infatti solo 3. Dopo questo primo impatto, con la frase «insegnategli qualsiasi cosa», ci hanno affidato una classe. Una volta entrata in aula 10
mi sono trovata davanti un elevatissimo ma indeterminato numero di bambini, penso intorno ai 150, di età molto varie, dai 6 agli 11 anni, ma alcuni molto più piccoli di 3-4 anni, magari vicino alla sorella maggiore, e alcune bambine portavano legato sulla schiena anche il fratellino di pochi mesi. Un saluto in coro seguito da silenzio e sguardi curiosi e interessati ci hanno accolte, il più coraggioso alza la mano e in inglese chiede «Maestra, ci insegni matematica vero?» così, un po’ stupita dalla domanda, da quella voglia di imparare e soprattutto dall’estrema attenzione con cui senza il minimo bisbiglio, seguivano con gli occhi ogni mio più piccolo movimento, abbiamo iniziato a cono-
scerli, e da subito ci siamo rese conto di quanto fosse difficile trovare un’attività adeguata per tutti, viste le diverse età, e i diversissimi livelli di conoscenza di ognuno. Ma con tantissima pazienza e buona volontà, dopo i primi giorni di assestamento, siamo riuscite ad organizzarci, e tutto questo è stato possibile soprattutto grazie all’infinita serietà che hanno dimostrato tutti i bambini nei confronti delle lezioni che gli abbiamo propo-
migliari e amici, che hanno creduto nel nostro progetto, siamo riuscite a raccogliere una buona somma che ci ha permesso di comprare ogni tipo di materiale scolastico per tutti gli alunni della scuola. Le giornate trascorse a Livingstone non sono sicuramente state semplici, la quotidianità all’ostello dove eravamo ospitate ci ha messo molto alla prova. L’acqua era molto poca, e alcuni giorni non c’era, come l’elettricità, la cucina
sioni che ha suscitato in me e gli insegnamenti che ho potuto apprendere da un popolo e da uno stile di vita così lontano da noi. A fine agosto, con tanti occhioni che abbracciandomi mi dicevano «teacher don’t go» («Maestra, non andare!») ho dovuto salutare lo Zambia e rientrare a casa, lasciando lì anche sta volta un pezzo di cuore, ma portandomi a casa molto di loro.
Momenti indimenticabili di una esperienza importante.
sto, del loro interesse, della loro educazione e del rispetto che provavano per il ruolo che stavamo ricoprendo. Senza la loro collaborazione e voglia di imparare sarebbe stato impossibile anche solo farsi ascoltare, ricordo infatti vari episodi della mia vita da studente, quando anche se in classe si era solo in 20, bastava qualche alunno un po’ vivace a interrompere la lezione e a dare del lavoro all’insegnante. Un’altra grande difficoltà è stata cercare di insegnare senza avere i materiali per poterli far leggere, scrivere, sbagliare, correggere. Ma prima della nostra partenza avevamo organizzato una raccolta di donazioni, e grazie a tutti i fa-
locale e il cibo scarseggiava, la convivenza con tanti volontari provenienti da paesi diversi, con usi e lingue diverse, due ore di cammino la mattina presto per raggiungere la nostra scuola e altrettante per rientrare la sera; eppure la sensazione di essere al «posto giusto» mi ha accompagnata ogni minuto, la sensazione di essere davvero utile, cosa che qui non succede spesso di provare, è stata indescrivibile e impagabile. È stata un’esperienza vera, senza filtri, che mi ha permesso di capire e provare davvero cosa vuol dire vivere da africano in Zambia, e soprattutto cosa significa andare a scuola in uno Stato così povero. Tantissime sono state le rifles11
Ringrazio la mia famiglia per avermi appoggiata, come sempre, e per aver creduto in me dandomi la possibilità di vivere quest’esperienza così importante, che mi ha permesso di crescere, conoscere, imparare, e formarmi come persona. Ciao, Nonno! Quest’articolo è per te!
EDUCAZIONE AMBIENTALE
cronache di un corso nell’ambiente di Annamaria Basaldella e Roberta Grassi
Il 3 e il 4 settembre, in una splendida cornice quale il territorio di Dardago e Budoia, si è svolto un corso intensivo di educazione ambientale rivolto alle insegnanti di Scuola dell’Infanzia. A promuoverlo due insegnanti componenti la Commissione Ambiente dell’Istituto Comprensivo di Aviano, Annamaria Basaldella e Roberta Grassi. «Il nostro territorio... A portata di mani e piedi» la dice lunga rispetto al titolo scelto: si aveva la necessità di un corso dal taglio concreto, stimolante, laboratoriale e conoscitivo. Tutte queste aspettative sono state pienamente soddisfatte, complice tra l’altro un tempo atmosferico davvero favorevole. A parte qualche disagio sull’aspetto comunicativo nell’organizzazione dell’evento, tutto è «filato liscio» e le insegnanti hanno potuto ricevere significativi input per il loro insegnamento. A questo corso hanno partecipato docenti provenienti dai plessi di Fontanafredda, Aviano e Dardago. In teatro a Dardago ha aperto il corso il Signor Daniele Della Toffola, impiegato dell’ARPA di Udine e molto attento al territorio e alla sostenibilità. Alla fine del suo intervento ci ha mostrato un prototipo, presentato anche all’EXPO di Milano, che è in grado di bruciare persino la CO2 (anidride carbonica) e che viene già impiegato nelle sagre di alcuni paesi per le grigliate. Nel primo pomeriggio, ci aspettava Marina, esperta micologa di Sacile, che ci ha illustrato la bellissima mostra permanente dei funghi situata all’interno del bar Bianco (ex latteria) in Budoia. Alle 15 ci aspettavano al guado dell’Artugna di Dardago, Giorgio Bocus e Roberto Zambon, volontari del Comitato del Ruial, che con molta competenza ci hanno condotto lungo il percorso di questa antica canaletta, recentemente riqualificata, spiegandone la storia e gli utilizzi. Il giorno seguente, presso la Scuola Secondaria di 1° grado di Aviano, la professoressa Gianna Valentini ha tenuto con molta competenza un laboratorio scientifico sul tema dell’acqua. Nel pomeriggio, con le Guardie Forestali, nel bosco del Ligont abbiamo sperimentato giochi sensoriali. A tutti questi esperti va un sincero grazie, perché con grande competenza, amore e gratuità ci hanno insegnato le bellezze della Natura, l’ingegnosità dell’uomo nella storia, in assenza di tecnologia, e la possibilità di trasferire questo bagaglio alle generazioni future. Speriamo che questo possa essere solo l’inizio di altre stimolanti avventure. 12
festa
RESTAURI ED OPERE D’ARTE
di San Martino di Pietro Ianna
Nel pomeriggio di mercoledì 11 novembre, complice un’eccezionale estate di San Martino, molti dardaghesi e fedeli di altre comunità si sono date appuntamento alla chiesetta di San Martino oltre che per venerare il santo anche per inaugurare gli ulteriori lavori di abbellimento della chiesetta medesima. Nel corso dell’anno infatti si sono effettuati diversi lavori: nel
torta è stata benedetta una statua in legno di San Martino vescovo con mitra e pastorale sopra un piedistallo di vetro. L’opera è del nostro compaesano Renato Zambon Tarabìn che con inequivocabile maestria ha forgiato un’opera della quale dobbiamo sentirci fieri e orgogliosi di tramandare ai nostri posteri. La chiesetta, inoltre, è stata ar-
Incontro, in terra francese, delle Amministrazioni di Sallertaine e Budoia in occasione della consegna della vetrata raffigurante San Martino.
mese di luglio in piena canicola estiva (tempo attorno ai 37 gradi) alcuni volontari hanno provveduto alla tinteggiatura esterna della chiesetta resasi necessaria causa imbrattamento e scritte operate da artisti fuori corso e si è provveduto alla ripassatura del tetto prendendo per mano ogni singola tegola pulendola del muschio che si era depositato. Ai primi di novembre è stato fatto il pavimento intero in marmo di trani e verniciato il portone d’ingresso, anche questo grazie a esperti volontari del settore. Ma ciliegina sopra una già ricca
ricchita anche di banchi sì da renderla intima e accogliente. Altri interventi sono in programma per i prossimi mesi in attesa delle autorizzazioni necessarie uno riguarda la vetrata raffigurante San Martino che la municipalità di Sallertaine ha donato al comune di Budoia per la chiesa di San Martino. Il Comune di Budoia intrattiene con questo comune della Francia un rapporto decennale di amicizia. L’altro intervento riguarda un affresco che verrà eseguito dal nostro concittadino Umberto Coassin. È doveroso ringraziare tutti i volontari che in qualsiasi modo hanno 13
Il santo raffigurato nella statua lignea, opera di Renato Zambon.
contribuito con la loro opera ridare dignità a questa chiesetta carica di ricordi e tradizioni, un grazie a chi ha contribuito e contribuirà sia in denaro che in materiali e un grazie a chi ha dato e dà dei consigli su come operare e, perché no, grazie anche a chi, a viso aperto, avanza delle critiche costruttive. Durante le vacanze natalizie vedremo di tener aperta la chiesetta per chi la volesse visitare: tempi e modi saranno comunicati.
Posa del nuovo pavimento a San Martin.
24 e 25 ottobre 2015
prima manifestazione dedicata allo zafferano
a cura di Chei de ’l Ruial, CFD, Federazione Italiana Cuochi e le associazioni del www.ruial.it Quando se ne parla, si tende ad associarlo all’oro rosso. È lo zafferano, che deve questo abbinamento al più pregiato dei metalli, non per il suo colore, bensì per il valore. Per avere un chilo di zafferano secco occorrono circa 140.000, 160.000 fiori dai quali si prelevano gli stimmi (rigorosamente a mano) che più o meno corrispondono a 10 chili di prodotto secco. Da qui si spiega il prezzo elevato di questa spezia definita, appunto, più costosa dell’oro. Da qualche tempo anche nel nostro territorio si parla di zafferano. Il merito è di una serie di piccoli produttori agricoli che hanno iniziato la coltivazione di questo fiore che sta destando tanto interesse in tutta la regione, tanto che l’associazione Comitato del Ruial, assieme al Comitato Festeggiamenti Dardago, alla Federazione Italiana Cuochi e alle altre associazioni del www.ruial.it hanno deciso di organizzare a Dardago una festa interamente dedicata appunto allo zafferano. Ne parliamo con il gruppo dei volontari di «Chei del Ruial» che hanno gestito la manifestazione del 24 e 25 ottobre.
Alcuni momenti significativi dell’importante giornata.
Come è nata l’idea di coltivare lo zafferano nella nostra pedemontana? «L’idea l’ha avuta Diego Zambon Momoleti (el fiol de Gino) quattro anni fa. Faceva l’artigiano nell’ambito delle costruzioni, ma ha sempre avuto la passione per la terra alla quale si dedicava nel proprio tempo libero. Raccogliendo informazioni on line, ha capito che lo zafferano po14
teva essere un’opportunità interessante e idonea al terreno della pedemontana. Ne ha parlato con Egor Riet di Polcenigo che coltivava già prodotti di nicchia (mais antico, more apaches e cheyenne, ribes, uva spina e mirtilli, nocciole santostefano, fagioli mandoloni, asparagi argentel e altri prodotti molti curiosi). Egor con Diego e altri due giovani di San Giovanni e San Quiri-
no hanno così iniziato l’avventura. Un paio d’anni dopo la squadra si è divisa, mentre Diego ed Egor hanno continuato insieme coltivando campi a Dardago e Polcenigo con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo in tutto il territorio regionale, ed hanno dato vita al marchio «Zafferano di Dardago – il Friulano». Come mai il Comitato del Ruial ha deciso di organizzare questa festa così «curiosa» per il nostro territorio? Lo scorso anno, un paio di nostri amici e volontari del Comitato del Ruial hanno iniziato una piccola coltivazione di zafferano, e durante
i nostri frequenti incontri ci hanno parlato con grande entusiasmo di questa loro esperienza, incuriosendo parecchi di noi. Abbiamo così deciso di approfondire questo tema sia cercando dati e informazioni in internet, che parlandone con i nostri compaesani Diego Zambon e Egor Riet, che sono stati i pionieri di questa produzione nella nostra pedemontana.
Quali sono i punti di forza del progetto «zafferano in pedemontana»? Alcuni di noi si sono messi a preparare un grossolano conto economico, con costi, tempi e ricavi, convinti della bontà del progetto, e sono emersi alcuni elementi importanti. Anzitutto i terreni in pedemontana sono in arenaria montana (molto drenante) e ben soleggiati, caratteristica fondamentale per la coltivazione del «crocus sativus». Inoltre l’investimento economico iniziale è piuttosto modesto (l’acquisto dei bulbi, che costano circa 0,30-0,50 centesimi l’uno a seconda della loro dimensione), mentre è rilevante la componente di mano-
dopera necessaria soprattutto alla raccolta e mondatura dei fiori. Ancora, il prezzo di vendita al dettaglio è molto interessante, al punto di essere chiamato «oro rosso» e la domanda di un prodotto di qualità è crescente. C’è poi da aggiungere che siamo in una fase di lunga recessione economica, con disponibilità notevole di manodopera inattiva, purtroppo soprattutto giovanile e le prospettive di un ritorno 15
alla piena occupazione nell’industria sono alquanto remote, per cui è doveroso valutare ogni possibile alternativa che possa creare economia. Infine, ci sono vaste estensioni di terreni agricoli abbandonati da decenni (dagli anni ’50), terreni dove i nostri nonni hanno coltivato mais, granoturco e segale. Per tutte queste ragioni, crediamo che sia un progetto interessante, che merita di essere considerato opportunamente. Qual è la quantità di prodotto raccolto in zona? «La produzione attuale ci risulta essere attorno al chilogrammo, che non è una quota significativa della produzione nazionale ma sta gradualmente aumentando di anno in anno consolidandosi soprattutto su una qualità elevata». Quanti sono i produttori? «Attualmente sono una decina, tutti ancora con modeste produzioni, ma ci sono ogni anno nuove iniziative di persone che intendono impegnarsi seriamente. In alcuni di noi abbiamo creato una ‘cooperativa collettiva’, una sorta di incubatore aperto a tutti coloro che vogliono imparare come coltivare lo zafferano. Poi ognuno può scegliere se rimanere nel gruppo o avviare la propria impresa agricola. Ripetiamo che la nostra ‘cooperativa’ è aperta a tutti, sia a ‘soci passivi’ che vogliono solo contribuire con una certa quantità di bulbi senza partecipare alla coltivazione, che a ‘soci attivi’ che verranno a lavorare assieme agli altri. Per l’anno prossimo ci sono già molte richieste di adesione che nei prossimi mesi andremo a regolarizzare, e siamo a disposizione per dare le informazioni del caso (contattare il Comitato). Quali sono le caratteristiche dello «zafferano pordenonese» rispetto agli altri tipi di prodotto? «Da analisi fatte in laboratorio risulta che il contenuto di «crocina» si
colloca nella fascia alta degli zafferani di qualità. La crocina è un carotenoide che determina la colorazione caratteristica dello zafferano. Il giallo/arancione che caratterizza i risotti alla milanese, per esempio». Chi sono i maggiori acquirenti? «La produzione attuale non comporta grandi sforzi commerciali. Viene venduta nei vari mercati specializzati in provincia e ad alcuni ristoranti che lo hanno provato e inserito nel loro menù. Inoltre, la recente festa a Dardago ha assorbito una buona fetta della nuova produzione 2015». Dove potremmo acquistare dello zafferano? «È disponibile nel negozio Mara in piazza a Dardago e Dolce e Salato
a Budoia» e ovviamente anche direttamente dai produttori stessi. Quali altri obiettivi, dopo quello di far conoscere la vostra realtà di produttori? «Ci piace anche sognare e il nostro sogno è quello di poter costruire «il distretto dello zafferano» in pedemontana pordenonese, ossia nel territorio che va da Caneva a Tramonti e creare l’associazione «Dardago, fior di zafferano» quale promotore. Chissà!… Intanto ci proviamo, e sicuramente abbiamo già raggiunto l’obiettivo di divertirci socializzando. Un consiglio per l’uso e conservazione dello zafferano? «Gli amici della Federazione Italiana Cuochi di Pordenone, che fa parte delle associazioni che hanno
curato la festa a Dardago, mettono a disposizione la loro lunga esperienza nelle grandi cucine internazionali e grazie a loro abbiamo già pubblicato su Facebook le ricette dei piatti che sono stati preparati il giorno della festa. E ne pubblicheremo ancora molte altre. Suggeriamo a tutti, quindi, di seguirci sulla nostra pagina. Per la conservazione l’unico consiglio che diamo è di non esporlo all’aria e alla luce, ma tenerlo ben chiuso nel suo vasetto. Inoltre, lo zafferano di qualità viene venduto sigillato in stimmi (filamenti rossi) e non in polvere; non fidatevi delle bustine di zafferano in polvere
Bilancio molto positivo per la gestione dell’area di C
he l’area avesse qualche problema di manutenzione e gestione era sotto gli occhi di tutti, e la cosa ci dispiaceva in quanto era anche altrettanto evidente che il parco di Cianpore rappresenta una importante risorsa per l’intera vallata, per cui dovevamo fare qualcosa anche noi. Nel corso di una assemblea ad inizio dell’anno avevamo pertanto approvato con entusiasmo, ma anche con qualche perplessità, di proporci quali gestori per l’anno in corso, proposta che l’Amministrazione comunale ha subito accolto con grande favore assegnandoci l’incarico. Il giorno di Pasquetta, come di consuetudine, è stato il giorno di apertura con un afflusso incredibile di famiglie e giovani venuti per una scampagnata, con grigliate ai BBQ, pic-nic e bambini sui giochi all’aperto. Per noi volontari è stato il battesimo di questa nuova avventura, ma è andato tutto bene, anche se ci siamo subito resi conto delle molte criticità e carenze di tutta la struttura, ed in particolare della
condizione del chiosco che era ridotto a magazzino per attrezzi, dei molti BBQ rotti e dei legni che necessitavano di urgenti riparazioni ed impregnanti. Ci siamo rimboccati le maniche proponendo all’ufficio tecnico comunale una serie di migliorie a tutta la struttura, e con la collaborazione di tutti in poche settimane il chiosco è stato trasformato in un «baretto» carino, accogliente e pulito, come tutti oggi possono vedere. Abbiamo coinvolto anche una trentina di Americani che sono venuti entusiasti a darci una mano. È anche stata effettuata la manutenzione straordinaria dei «legni» esterni (panche, tavoli e giochi), canalette di scolo acqua, isolamento con carta catramata alla base della struttura di legno del chiosco e bagno, posizionamento di varie panche in castagno ed altri lavori, installata una tettoietta anteriore, e sistemato e ripulito l’interno del chiosco, dove sono stati portati anche tavoli, sedie e altri arredi, con frigo, macchina del caffè
16
ecc. trasformandolo insomma in un locale rustico ma accogliente. Nel corso delle domeniche estive ci sono state circa 600 macchine paganti, per un incasso di circa 3.000 euro di tickets versati al Comune, e un centinaio di auto di residenti; l’impegno dei volontari è stato di oltre 600 ore (comprendenti il servizio domenicale e i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria), e spesi 750 euro di fondi propri del Comitato per l’acquisto dei materiali utilizzati per la manutenzione (impregnanti, legnami ecc.). Come da convenzione stipulata fra il Comune e il Comitato, per questo servizio il Comitato ha ricevuto 3.000 euro preziosi per l’autofinanziamento dei nostri progetti futuri. Il parco e la sua struttura si sono dimostrati assolutamente adeguati e preparati per ospitare eventi estivi, quali ad esempio la serata a guardar le stelle con gli astronomi sacilesi, durante la quale si sono radunate a Cianpore oltre 500 persone, e serviti 200 frico e salsicce cucinati dal CFD e Comitato. I volontari del Comitato e CFD sono
che si trovano in commercio a basso prezzo perché quello non è un indice di qualità. Per finire, una curiosità, un racconto, un aneddoto su questa nuova esperienza? «3Z, sarebbe il marchio più «naturale» di questo progetto perché sono le iniziali dei cognomi dei tre iniziatori della coltivazione dello zafferano qui in Friuli: Zambon (Diego), Zamuner (Walter), Zanolin (Lucio). La storia però, sta proseguendo diversamente. Ma è bello pensare possa diventare un futuro racconto».
Dal 2015 l’ultima domenica di ottobre sarà dedicata alla manifestazione dello zafferano. Come mai la decisione di dedicarla a questa spezia? «Come detto, gli ingredienti interessanti del nostro progetto sono molti. Per questo abbiamo deciso di creare questo evento che ci risulta essere il primo e l’unico nel Nord Est. È così nata la festa «Dardago, fior di zafferano» che si è tenuta il 24 e 25 ottobre a Dardago e ci ha dato grande soddisfazione, portando oltre 4.000 persone in piazza a Dardago, cosa che non si registrava da molti decenni. L’obiettivo è quello di promuovere anche il nostro territorio e quindi l’arrivo di turisti e visitatori. La recente visita di una troupe della RAI/Geo & Geo al troi de Gor e sul Ruial è motivo di orgoglio per
tutto il nostro territorio. Siamo anche particolarmente fieri che a questa festa (ma anche al Dardagosto, alla festa del Ruial e alle altre feste a Dardago) abbiano collaborato a vario modo tutte le associazioni che fanno parte del www.ruial.it A dimostrazione di questo, abbiamo deciso di investire gli utili della festa in attrezzature per potenziare la cucina professionale del CFD; abbiamo acquistato una cucina a sei fuochi, un forno ventilato da grande cucina, e due piani di cottura per carni e verdure grigliate. Co un sass a paron se pol fa un masaron, come dice il nostro motto. Un ringraziamento particolare a tutti i volontari che hanno contribuito alla riuscita della manifestazione.
Cianpore e considerazioni di fine anno pronti a ripetere questa esperienza anche per il 2016, e in accordo con l’Amministrazione, vedere come migliorare il servizio, per esempio, con l’apertura stagionale di un servizio bar, l’organizzazione di alcuni eventi estivi all’aperto, il miglioramento della struttura e giochi per i bambini, la creazione di un’area campeggio per tende, un paio di docce per gli sportivi, servizio WIFI...
C
on l’inaugurazione dell’area dei Agaroi si concludono i «cantieri» per l’anno in corso. In questi due anni (dal settembre 2013 quando abbiamo cominciato) sono stati realizzati i lavori più importanti ed urgenti che avevamo programmato in vallata de San Tomè: è stato recuperato il Ruial, fatto il laghetto Pinal e relativo parchetto, costruita e montata la roda del molin de Bronte e sistemata la strada, fatta la manutenzione straordinaria del parco giochi Cianpore e relativa gestione durante la stagione estiva, sistemate le sorgenti de «i Agaroi» e molti altri lavori ancora. Per il futuro avremmo in mente la glesiuta de Sant’Agnol (con le Bellearti), l’area del
Ciastelat e di Longiarethe, la ciclabile della Venezia delle Nevi, ma per continuare servono permessi, progetti approvati e «fondi». Vedremo nei prossimi mesi come si prospetta il 2016. Vi terremo al corrente. Sicuramente potremo continuare con la programmazione delle feste a Dardago assieme al CFD e alle altre associazioni. Prossimi appuntamenti in calendario: la Festa del Ruial (prima domenica di maggio); Dardagosto a Ferragosto; Dardago, fior di zafferano (ultima domenica di ottobre) e la gestione di Cianpore (se il Comune ce lo affiderà anche in futuro) dove stiamo pensando a qualche evento estivo. Staròn a vede. Riprendendo quanto espresso nella prima riunione del Comitato nel 2013, rivolgiamo un caloroso ringraziamento a tutti quei volontari, Pro Loco, ANA e gente comune che hanno assicurato per anni la manutenzione il recupero e la valorizzazione dell’ambiente e la cui determinazione ha reso possibile questo progetto. A CURA DI CHEI DE ’L RUIAL E CFD
la stazione di Santa Lucia di Leontina Busetti
La stazione ferroviaria Budoia-Polcenigo, ma per noi orgogliosamente collocata a Santa Lucia, sta scomparendo; non l’edificio, ma le sue funzioni. Già da un paio d’anni il servizio è sostituito con poche corse da una corriera di dimensioni ridotte. Fu aperta all’esercizio negli anni 30 e adesso nella gente affiorano tanti ricordi. Negli anni 50-60 era condotta da un capostazione che, aiutato dalla sorella, aveva la passione del giardinaggio. L’ampio spazio che la circondava aveva numerose aiuole con fiori di molte varietà, sui pali della luce rose rampicanti, una vasca di pesci rossi: per questo era una stazione famosa e nota nel circondario. Non di rado, però, capitava che il treno arrivasse da Aviano e che la gente impaziente aspettasse che finisse di fare il giardiniere per fare il capostazione e stampasse i biglietti! C’è stato, poi, un altro capostazione: questi amava il gioco delle carte e il suo impegno nel gioco era così intenso da dimenticarsi di andare a fare i biglietti, ma quel che è peggio di abbassare le sbarre; per fortuna allora il traffico era così scarso che gli è andata sempre bene. Il primo treno partiva intorno alle 5 e quelli che salivano per andare a Milano vi arrivavano alle 10. C’era anche chi pendolava per andare a frequentare l’Università di Padova e arrivava regolarmente alle lezioni potendo contare sulla puntualità del servizio. Fortunati erano gli abitanti di Santa Lucia che l’avevano vicina, ma c’era chi veniva da Dardago, da Budoia, da Coltura, da Range; fra questi alcuni potevano permettersi di tenere la bicicletta in stazione. Più fortunata ancora era Regina Pagotto che abitava nel casello vicino e che, uscendo di casa spesso in ritardo per andare a scuola a Sacile, trovava il capotreno compiacente che fermava la Littorina e la faceva salire: non
era regolare, ma era una cortesia che non danneggiava nessuno. In anni successivi un puntualissimo servizio taxi, tenuto da Piero «meccanico», rendeva il servizio ferroviario ancora più agevole. Possiamo pensare che quando il treno arrivava da Sacile portasse momenti di felicità: era il ritorno, dopo periodi più o meno lunghi, dal lavoro lontano dalle famiglie. Ma c’è anche chi lo ricorda con tristezza: ad esempio Roberto Nart, quando la locomotiva nera e fumosa gli «portava via» il papà, che andava a Roma per lavorare. Il paese era molto partecipe e il treno lo rendeva vivace: una anziana, l’agna Nuta Peverona, che abitava sulla strada che allora si chiamava via Stazione, stava sul portone o, quando il tempo non lo permetteva, alla finestra: come un fedele portiere annotava il passaggio di tutti i viaggiatori, quelli in partenza e quelli in arrivo; la sua era una affettuosa curiosità, certo nessuna indiscreta invasione della privacy. Mi piace ricordare una scenetta: un’altra signora, anche lei abitante in via Stazione, appena il marito usciva per recarsi a lavorare a Venezia, prendeva un ampio e lindo fazzoletto bianco e quando il treno si allontanava prima di scomparire, lo sventolava, ricambiata puntualmente dallo sventolio del fazzoletto del marito. È naturale che tutto questo non avvenga più: altri tempi, altre esigenze; adesso ci sono le automobili, comode e veloci, al nostro servizio. Molti rimpiangono il treno; anche il solo vederlo mette allegria. Ma nessuno è disposto ad usarlo, anche se poi il parcheggio dell’automobile crea nervosismo.
NARRATIVA
TERZA ED ULTIMA PARTE
di Alessandro Fontana
Ora entra in internet e digita la domanda: ‘I figli di Cesare’. Clicca. Sul monitor ecco la risposta: appare in un paio di secondi. «Giulio Cesare aveva avuto tre figli. Due naturali e il terzo adottato. Il primo era Tolomeo quindicesimo cioè Cesarione, avuto da Cleopatra e ucciso in Egitto, ad Alessandria, per volontà di Ottaviano Augusto. Proprio questo futuro imperatore era figlio adottivo di Cesare e non gradiva di dividere il potere con il fratellastro. Il terzo figlio era una donna: Giulia, la cui madre era Cornelia Cinna. Giulia morì di parto a poco più di vent’anni, nel 54 avanti Cristo. Il padre, Cesare, l’aveva data in moglie a Gneo Pompeo Magno». Franco è allibito: sullo schermo, ingrandita fino alla dimensione di una mela, c’è perfino la sua effige. La mostra all’amico. Sulla moneta romana incisa probabilmente a seguito del matrimonio con Pompeo, c’e infatti il suo ritratto e al bordo si leggono incise le parole: «Giulia figlia di Cesare. Moglie di Pompeo». L’incisore l’ha raffigurata usandole una sorta di tenerezza nel preciso lavoro del bulino. Giulia sembra bellissima a Franco: i suoi capelli sono lunghi fino alle spalle e fortemente ondulati, sormontati da una coroncina dentellata che esalta la sicura maestà della persona. Gli occhi sono dolci e tristi, come se da un istante all’altro cominciasse a piangere. La fronte non è alta e il naso si profila alla maniera greca scendendo a punta su labbra carnose e mento volitivo. La mascel-
la è gentile. Tra i capelli spunta un orecchio piccolo dal lobo spesso. Indossa una veste che sembra arrotolata sulle spalle da cui si erge il collo: alto, non proprio esile. Non dimostra di essere una donna matura ma neanche un’adolescente. Pare proprio una ventenne e l’artista della moneta l’ha conosciuta di persona. Franco ne è sicuro. Lei gli stava davanti quando ne segnava, forse su una tavoletta incerata, questi straordinari lineamenti. «Dio santo! Quant’era bella!». Resta a guardare Giulia e non smette di incantarsi a ‘questi occhi melanconici forse presaghi della fine imminente’, dice ad Alberto che lo segue stupefatto. In quel momento sentono i passi del padre che sale. «Ehi! Ragazzi! Allora l’avete risolto il mistero?». «No!» rispondono entrambi quasi all’unisono. Poi solo Franco: «È una frase senza senso. Sembra un’accozzaglia di parole messe lì a caso, e hai ragione tu. Meglio non fare sapere a nessuno di questo sarcofago. Lo terremo lì, nella cantina come se fosse una vasca da bagno. Lo puoi camuffare subito? Ti fidi di Nani?». «Sì». Appena i passi del padre che ridiscende le scale si sono spenti, Alberto fa all’amico: «Franco, dobbiamo soltanto continuare il gioco delle ipotesi e immaginare come mai la figlia di Giulio Cesare fu portata a Dardago». E il gioco tra i due amici ha inizio. «Dobbiamo risalire al padre, a 19
Cesare, nato nel cento A.C. non si sa bene dove. Alcuni dicono nella suburra romana ma sarebbe un luogo assai poco nobile per «il divino». È certo che la famiglia fosse la «gens Julia» e quindi sono propenso a immaginare la sua nascita qui, in Friuli, nel ‘Forum Julii’ che lui stesso fonderà. Una sorta di rovesciamento storico, un’anticipazione. Che te ne pare?». «Bella, bella questa teoria» si entusiasma Franco, «e aggiungo che i genitori, appena nato, lo portarono di corsa e furtivamente a Roma, in quale quartiere non importa». «E anche qui ci prendiamo una grossa libertà anagrafica perché la «Gens Julia» era originaria di Alba Longa cioè di Castel Gandolfo e non del Friuli. Ma chi se ne frega! Si proceda con l’invenzione!». «Perfetto! Torniamo al pargoletto!» riprende Franco che non perde l’entusiasmo. «Era invece importante che il piccolo nascesse nella città già più potente e privilegiata della terra, da una famiglia nobile e antica. Quale miglior viatico per future inenarrabili fortune? E così fecero. Gaio Giulio Cesare per l’Anagrafe nasce quindi nella capitale del mondo. Ma quando raggiunge l’età giusta, la madre non può nascondere la verità a quel ragazzo forte, deciso, un predestinato cui nessuno può mentire e tantomeno sua madre». Il racconto si ferma per due minuti. Senza preavviso Franco si alza e scende in cucina: rapidamente risale con una bottiglia di Coca, una di vino piena per meno della metà di Prosecco e tre bicchieri. Bevono per
spegnere più l’emozione che la sete e Alberto continua: «Quel bravo giovane di Cesare torna molte volte a visitare il suo Friuli. Quando è qui in questa pianura tra il mare e le alte vette carniche sente un calore che gli scioglie le durezze della turbolenta vita di città. Dopo le storiche e faticose vittorie su tutti i popoli d’Europa, viene, spesso in incognito, a rinfrancarsi nell’aria e nella terra dei suoi avi. E come capita non solo agli uomini normali ma anche ai semidei, Cesare s’innamora di una prosperosa e bionda friulana dalla carnagione lattea, assolutamente irresistibile se paragonata alle matrone romane, abbondanti ma scure d’occhi e di pelle». «Uaoo!» esplode Franco. «Questa è la più verosimile ricostruzione di una poderosa balla storica! Eh già! Non mi potevo attendere niente di meno dal mio amico. Ma ora ti aggancio io! Mettiti più comodo e ascolta». Si tira su e si regge la nuca con entrambe le mani intrecciate, lo sguardo già perso nella fantasia. «La bionda creatura si abbandona languidamente nelle braccia dell’uomo più potente dell’universo e arriva la figlia, anch’essa bionda e paffuta: affascinante. Cesare ne è stregato e malgrado sia già sposato e padre di due figli grandicelli l’ama svisceratamente. Altro che quello smidollato di Tolomeo quindicesimo o quella tenera, evanescente, malaticcia Giulia! Questa è una bella, robusta creatura bionda e con gli occhi azzurri. Come segno della propria indiscutibile autorità e per gratificare l’amante, Cesare chiama la bambina Giulia come la figlia ufficiale, sua e di Cornelia Cinna. Non può fare di più per dare lustro e fama alla sua tenera discendenza». I due amici si fermano e sorpresi dalla propria feconda immaginazione, scoppiano in una sonora risata; che c’è di più bello che rifare la Storia e piegarla alle proprie necessità?
E quindi continuano entusiasmati. «Ehi, questa tua parte è troppo lunga!» protesta Alberto. «Ora tocca a me e non m’interrompere». «Vai». «Giulia cresce con la madre che l’accudisce come se fosse – e in effetti lo è – figlia di un dio. Il padre viene a trovarle ogni qualvolta gli si presenta l’occasione, fra una guerra e l’altra. Talvolta addirittura impone una deviazione alle sue legioni pur di passare un po’ di tempo qui a Codroipo o a Cividale («o preferisci Tergeste?» chiede all’amico che gli sorride) con l’amante e la figlia. Ha fatto costruire per loro e a sue spese una villa stupenda completa di piscina, schiavi e milites armati (oggi li chiamiamo ‘gorilla’). Era soltanto un po’ più piccola di quella che, dopo Cristo, si fece costruire Poppea a Oplonti. L’arreda anche con ninnoli, statue, are, vasche da bagno in porfido, fontane, mobili e piccoli obelischi: tutta roba saccheggiata legalmente ad Alessandria d’Egitto, a Roma e a Neapolis. La splendida Giulia cresce prepotentemente e nuota nuda, come Venere fra le calme onde del greco mare. Ma questo meravigliosa vita serena ha una fine. Giunta ai quattordici anni, Giulia è una creatura dall’aspetto semplicemente sconvolgente e giovani romani e friulani stravedono per lei. La madre la protegge con tutte le sue attenzioni ma non può prevedere ogni cosa. Infatti, inevitabilmente Giulia s’innamora, riamata, di Cornelius, uno schiavo dalmata, bello più di Adone, sopravvissuto vincitore a una serie interminabile di battaglie con i gladiatori nell’arena di Aquileia. Dal primo momento che lui la sbircia mentre esce dalla piscina non ha altro pensiero che di averla fra le braccia». «Ok! Ora continuo io» s’impone Franco e racconta. «Una notte d’estate mentre Cesare sta scorazzando per le Gallie, la madre sente dei rumori mai ascoltati provenire dalla stanza di Giulia e, temendo il peggio, si alza e a piedi nudi va dalla figlia. Al baluginare delle faci la vede avvinghiata strettamente a quello che poi saprà essere lo schiavo gladiatore Cornelius. Questo, passando dal tetto, si era calato 20
nell’impluvio e, guidato dall’amata complice, era entrato nella sua stanza, nel suo letto e fra le sue gambe. «Sacrilegio! Dei aiutatemi! Guardie! Guardie! Accorrete! Uccidete questo profanatore». Si crea un subbuglio incontrollabile. Tutta la grande casa echeggia di urla, ordini, bestemmie a Giove e Giunone, imprecazioni e tintinnio di gladii. Cornelius nudo com’è tenta di scappare ma Giulia incoscientemente cerca di trattenerlo. I milites credono che lei lo stia braccando e, mentre lui si difende da par suo, cominciano a mulinare le corte spade e l’ammazzano. Inopinatamente, nel buio un fendente coglie in fronte anche Giulia e qui la nostra storia termina nel sangue e nelle lacrime che la madre versa sulla figlia. Poco dopo la bionda friulana, non potendo resistere all’idea del dolore e della furia di Cesare che lei sa in arrivo di ritorno dalle Gallie attraverso la Carnia, si toglie la vita». I due amici sono coinvolti dalla loro stessa invenzione e, commossi, hanno gli occhi lucidi e: «Qua ci vuole qualcosa di forte». Franco lascia l’amico e scende in salotto. Poco dopo dal piano terra arrivano una bottiglia di grappa di Bassano e due bicchierini. Sorseggiando, Alberto avvia la sua parte di fantasticherie: «Il giorno dopo, Cesare a capo di otto legioni arriva nella villa e trova quello che non avrebbe mai immaginato: tutti gli abitanti della magione vestiti a lutto e le due donne della sua vita poste su un catafalco illuminato da quattro alti bracieri che bruciano incenso di Aleppo e mirra dell’Etiopia. Le due donne sono venerate con le copiose lacrime delle «praeficae», inginocchiate e velate, intente a riempire i vasetti lacrimatori. Accompagnano i loro pianti con alte grida di dolore tese a commuovere il grande Cesare del quale tutti temono incontrollabili reazioni. Incurante della messa in scena, il dittatore chiama a rapporto il ‘maior domi’ l’uomo di fiducia che avrebbe dovuto impedire l’orribile conclusione dei suoi amori. Il maggiordomo balbetta e Cesare gli stacca personalmente la testa. Poi si abbandona al pianto ai piedi del catafalco dopo
aver cacciato le ormai esaurite «praeficae». Cesare piange e pensa; a mezzogiorno decide. Ordina agli esperti egiziani, che si è portato con sé da Alessandria provvisti di tutto l’occorrente (non certo per quest’occasione che non si aspettava ma magari per se stesso: era un uomo previdente), di mummificare le due donne. È una pratica questa che gli ha fatto apprezzare proprio Cleopatra mostrandogli le mummie dei faraoni così consegnati alla Storia immortale». «Franco, tieniti le tue mummie; io mi fermo. Ho la gola secca e sono stanco. Continua tu». Franco gli versa un bel bicchiere di Coca e riprende con qualche iniziale titubanza. «È certo che ora bisogna finire… altrimenti papà viene a dire che la cena è pronta e dovremo fermarci. Tu riposati ed io procedo». Fuori è ormai buio: né suoni né luci vengono a distrarre i due amici. Quando di sera sta seduto alla sua scrivania, Franco talvolta spegne la lampadina e sui vetri della finestra
compare un quadro di cielo stellato disteso sul nero cuscino della montagna buia. Gli piacciono le stelle, vivide soprattutto nei freddi mesi d’inverno e sfocate dall’umidità delle notti estive. Lo accompagnano quando la sua mente viaggia attraverso quello spazio nero o quando la prima falce di luna delinea la grande V incuneata nel profilo ondulato dell’altopiano. Ora, invece i vetri riflettono all’interno la luce che abbaglia, come il sole di quel mezzogiorno che illuminò la tragedia del grande dittatore. Franco racconta. «Cesare fa preparare tre grossi carri da trasporto trainati ognuno da due coppie di poderosi stalloni belgi di cui apprezza la straordinaria capacità di tiro. Ne ha razziati così tanti che dodici cavalli in meno sono una ‘sine cura’ per le sue legioni. Sollecita gli imbalsamatori. Su due dei carri fa caricare grosse pietre squadrate in numero sufficiente a costruire un piccolo tempietto funerario oltre a travi e tegole per il tetto e grosse piastrelle di travertino per il pavimento: e non dimenticano funi e carrucole per la movimentazione dei materiali. Sceglie un capomastro del suo genio-pontieri e rapidamente decide l’estetica della cappella. Qualche giorno dopo, o appena possibile agli imbalsamatori, fa porre la mummia di Giulia nella vasca di porfido e dallo scalpellino fa scrivere sulla lastra di chiusura l’acrostico che sappiamo. Spedisce il tutto, non senza inarrestabili copiose lacrime, nella nostra Val di Croda che sa protetta da una fidata guarnigione di guardia al passo a forma di V che nessuno ardisce di violare. Nella sua mente, quando volesse o dovesse tornare in Friuli, il primo luogo da visitare sarebbe la cappella funeraria della figlia Giulia». «Ehi! Ehi!» scatta Alberto. «Qua c’è qualcosa che non va! Tu stesso ti eri convinto che Giulia fosse quella della moneta, la figlia legittima di Cesare, moglie di Gneo Pompeo Magno. E invece me l’hai fatta diventare un’illegittima, figlia di un’improbabile bellona celtico-friulana senza neanche un nome». «Se è solo per questo ti servo subito. La madre si chiama: Marcia o Domitia o Valeria: scegli tu». 21
«Ma così non vale: io mi ero affezionato all’idea della malinconica Giulia ritratta sulla moneta… anche se devo ammettere che la focosa e innamorata bionda ragazzona mi va altrettanto a genio. Ma non ti permettere di cambiarmi ancora le carte in tavola!». «Prometto, prometto». Franco gli sorride. «Ora vai avanti. Che succede al corpo della madre Valeria?». «Gli imbalsamatori hanno finito anche con lei e Cesare la fa inumare, protetta da una cupola di grosse pietre, in una profonda buca scavata al centro del giardino adiacente alla piscina». «Poi il terribile condottiero, non resistendo all’idea che lo splendore di quella villa possa sopravvivere alla fine delle sue donne e del suo amore, impartisce alla sua quinta legione un ordine tragico e odioso allo stesso tempo: cinquecento di quegli uomini devono distruggere, spianare la villa in modo che non ne resti in piedi neanche un muro o la più piccola colonna. Non ne deve restare neanche la traccia». «Ora fermati» gli fa Franco. «Continuo io». Assume un tono solenne e una posa teatrale ma convincente. «Qualche anno dopo Cesare viene trucidato e l’oblio si impossessa di Giulia e della sua cappella che resta in balia degli elementi, dei terremoti e delle frane. Tutto scivola lentamente verso valle e il tempo s’impegna a separare e nascondere i vari pezzi del tempietto. Ovviamente è la lastra che, per la sua forma liscia e piatta, dopo che il sarcofago è stato rovesciato dalla spinta delle frane, supera di qualche metro tutti gli altri componenti fino al punto dove l’abbiamo ritrovata. Crolla l’Impero romano a ovest, a est, passano le generazioni e la terra ricopre quella che fu una realtà breve e intensa. E alla fine arriviamo noi che standocene qui beati e tranquilli dopo aver ritrovato quei pezzi, ricostruiamo la Storia a nostro uso e consumo, anche se io sono sicuro che le cose siano avvenute proprio così».
FINE
ass oc
ia
zio
Coro presso Foro Giulio Cesare.
ni s
ioni iaz ass
oc
COLLIS CHORUS
s ass oc ioni i iaz
i ion az
«canto liquido» per 7 cori e 149 bottiglie ass oc
di Bruno Fort
A luglio di quest’anno il «Collis Chorus» ha partecipato all’importante manifestazione «Mittelfest» di Cividale del Friuli scelto come coro dall’U.S.C.I. F.V.G. in rappresentanza della Provincia di Pordenone. Già illo tempore quando ci era stata comunicata la notizia eravamo rimasti molto lusingati da tale scelta con la consapevolezza che sarebbe stata una tappa significativa del nostro percorso. E così è stato. Il lavoro più grosso come sempre è spettato al direttore che ha dovuto estrapolare dei brani attinenti al tema dello spettacolo ovvero «le acque di Cividale», ma anche i coristi che hanno aderito a tale progetto si sono adoperati non poco nell’apprendimento di tali brani in un’estate torrida. All’inizio eravamo un po’ perplessi ed il «libretto» che ci era stato consegnato con le indicazioni delle varie dinamiche di questo ambizioso progetto musicale – prima nazionale della durata di due
ore e mezza – ci sembrava piuttosto complesso. Poi via via il direttore è riuscito a sbrogliare questa intricata matassa e farci capire che questa esperienza ci avrebbe arricchito molto. Sono trascorsi così i mesi dedicati allo studio ed ai vari impegni fino alla data fatidica del 18 luglio.
La sera precedente si è svolta la prova generale nella chiesa di San Francesco con una temperatura già calda considerando che si trattava delle ore 21.00. Abbiamo provato con gli altri cori convenuti della Regione unitamente al coro guida «Vocalensemble» di Graz le parti d’assieme, seguendo il no-
Il coro sul palco. Chiesa di San Francesco con al centro Franz Herzog (direttore coro Graz) e Georg Nussbaumer (compositore).
22
stro «manuale» e soprattutto le indicazioni del direttore Franz Herzog e dell’eclettico compositore austriaco Georg Nussbaumer. Noi come coro eravamo collocati sul palco unitamente ad altri due, mentre gli altri erano disposti lungo i due lati della chiesa. Ricordo che il compositore, che osservava dal fondo della chiesa tutte le varie dinamiche, ad un certo momento si è avvicinato per segnalarci che avremmo dovuto soffiare nella bottiglia in maniera diversa per far in modo che ne uscisse un suono armonioso. Di qui abbiamo iniziato ad avvertire in chiesa dei suoni molto particolari come «organi in bottiglia». La bottiglia è sempre stata carica di significati metaforici: un contenitore di messaggi urgenti e misteriosi, un viaggio sull’acqua in terre remote, un affidarsi al caso nella speranza di una possibile accoglienza. Per noi è stata un’esperienza musicale nuova in un contesto molto prestigioso come Mittelfest che ha significato anche quest’anno oltre sessanta spettacoli in nove giorni dal 18 al 26 luglio: prosa, danza, teatro di figura e musica avente come tema principale «Il colore dell’acqua». Il giorno della performance siamo arrivati a destinazione alle ore 15.00 con partenza da Santa Lu-
cia alle ore 13.30 considerando che quel giorno Cividale era stata individuata come località più calda di tutta la Regione (40°). E vi lascio immaginare com’era la chiesa... Uno spiegamento di bottigliette e bottiglie... ai piedi, ed al collo... Lo spettacolo è consistito nel raggiungere differenti zone «acquatiche» di Cividale, mantenendo sempre la massima concentrazione con specifici ruoli e mansioni quali: Direttore di coro (Roberto D.L.): ha diretto le performances nelle zone «acquatiche» avvalendosi di un cronometro, ha accompagnato il coro durante le marce tra i luoghi acquatici, ha supportato il direttore «principale» in chiesa ed ha diretto personalmente le «Urjodler». La portatrice d’acqua (Michela): era equipaggiata con un secchio, un imbuto e ha raccolto da ogni sorgente dell’acqua con cui ha riempito le bottiglie dei singoli coristi che portavano al collo. Telefonista (Roberto C.): ha chiamato ad ogni canto nelle zone «acquatiche» un numero del coro di Graz ed ha riportato così il suono alla chiesa. Cantanti: Francesco, Giorgio, Oscar, Federico (bassi), Roberto, Bruno (tenori), Michela, Donatella, Giorgia (contralti), Marinella, Flora, Sonia, Mariagrazia (soprani), con l’accompagnamento di Stefano
Pase alla chitarra acustica, hanno eseguito i vari brani (Dona nobis pacem, Deep River, Down to the river to pray, Gonna study war no more, Let the rain of your presence fall on me, Wade in the water), soffiando nelle bottiglie rabboccate nei punti previsti. Sei cori della nostra Regione (due per Trieste ed Udine ed uno per Gorizia e Pordenone ciascuno) ovvero: Insieme Vocale H2VOX di Fontanafredda e Corale Giulio Zecchino di Trieste (in rappresentanza di Trieste), Coro Jacobus Gallus di Trieste, Gruppo Corale Ars Musica di Poggio Terza Armata (Ud), Coro Filarmonico Città di Udine, Coro Sine Tempore di Gonars (Go), Collis Chorus di Budoia (Pn), oltre alle loro voci, hanno dato fiato a degli inediti «organi in bottiglia» rabboccati ad ogni stazione. Il concerto, molto apprezzato da un folto pubblico, si è fatto sempre più impetuoso nella chiesa di San Francesco ove ad attenderci vi era il «Vocalensemble» di Graz cui ci siamo uniti per la maestosa cascata finale di suoni diretti da Franz Herzog. A questo punto devo dire che è stata un’esperienza forte, «calda», che senza dubbio ci ha impegnato molto anche fisicamente ma che sicuramente ha soddisfatto la nostra «sete» (tra una bottiglia e l’altra) di questo «canto liquido» per 7 cori e 149 bottiglie.
Sul viale di ingresso del Convitto Nazionale «Paolo Diacono».
23
ass oc
i ion az
s ass oc ioni i iaz
ioni iaz
oc
zio
ass oc
ass ia
Pro Loco Budoia Trentennale impegno per la valorizzazione della vallata di San Tomè ni s
di Alessandro Baracchini
ass
Il recente periodo di crisi economica, con la chiusura di fabbriche ed ogni specie di attività e con la conseguente perdita di posti di lavoro e di benessere, ha portato in primo piano la necessità di utilizzare quelle innumerevoli risorse storiche, paesaggistiche e naturali che l’Italia possiede ma che, per troppa abbondanza e basso investimento di risorse, non ha valorizzato, per creare, attraverso il turismo, nuove fonti di sviluppo e ricchezza. Non è questo il comportamento tenuto dalla Pro Loco di Budoia. A partire dagli anni Ottanta, senza risorse e con la determinazione e l’impegno dei propri volontari, ha sempre creduto che le risorse naturali e paesaggistiche del territorio in cui operava potessero essere fonte di un turismo sostenibile, legato a quei valori di giusta fruizione della natura di cui oggi tanto si parla. Ha sempre ritenuto che Il percorso che da Budoia porta a Polcenigo attraverso le zone umide di Fontana e Gòr e la vallata di San Tomè e Val de Croda rappresentassero ambienti di rara bellezza ed interesse turistico. Negli anni Sessanta, con la costruzione della strada che doveva raggiungere la «futuristica» stazione sciistica della «Venezia delle Nevi» e l’apertura, prima dello «Chalet Belvedere» (Alfredo Ianna – 1964) e poi della «Pizzeria Val de Croda» (Giorgio Fort ed Egidio Carlon – 1971), la Vallata di San Tomè cominciava ad essere conosciuta da un sempre maggiore numero di persone provenienti da altre località. La fine delle attività agricole montane prima e la nuova strada poi avevano determinato il totale abbandono della zona posta alla sinistra orografica
del Torrente Artugna e la conseguente selvaggia forestazione. All’inizio degli anni Ottanta, convinti che le nostre montagne non avessero nulla da invidiare a quelle di altre località più note, balenava nel consiglio della «Pro» l’idea di rendere nuovamente praticabili quei percorsi che un tempo venivano usati per raggiungere le malghe, senza utilizzare la strada. Partendo dalla «Rosta» sopra l’abitato di Dardago, vennero quindi eseguiti i lavori di pulizia da rovi e vegetazione che chiudevano la strada e il sentiero che da Thengle porta alla chiesetta di San Tomè. Nel 1984, la Pro Loco si univa alle istituzioni locali per opporsi alla prospettata riapertura della Cava di Thengle, con una consistente mobilitazione di persone e campagna di stampa. Contemporaneamente mobilitava un consistente numero di volontari che, muniti di attrezzi per il taglio e motoseghe, partendo dallo Chalet Belvedere (m. 450), liberava da spine, vegetazione selvaggia ed alberi di alto fusto, il percorso che attraverso la vecchia strada costruita dalla «Fanfani», passa per il «Troi dei Mui», «Longiarezze» (m. 799), «Ciavalir» (m. 1.019), «Val de Lama» (m. 1.104), «Casera Centolina» (m. 1.347), per raggiungere la «Casera Valle Friz» (m. 1.515). Subito dopo la stessa operazione venne fatta sull’altro lato della valle, dallo «Chalet Belvedere» per «Costa Pissol» alla «Casera Centolina» e sul sentiero che da San Tomè raggiunge «Brognasa». Nel 1985, con la preziosa collaborazione di Sergio Fradeloni e Ugo Zambon, veniva presentato, con vasta partecipazione di pubblico, il «Piano della 24
sentieristica» del territorio di Budoia. Il Club Alpino Italiano assegnava ai nostri sentieri la propria numerazione ufficiale: n. 990 (Mulin de Bronte – Brognasa – Castaldia – Sauc – Val Grande San Tomè), n. 984 (Chalet Belvedere – Val de Lama – Centolina – Casera Valle Friz – Monte Croseraz – Val Seraie – Canale in Cansiglio), n. 984a (Chalet Belvedere – Pissol – Casera Centolina). Il percorso più lungo della «Marcia dei Funghi» attraversava tutta la vallata di SanTomè. Nel settembre 1988 venne realizzata una mostra fotografica «Invito a conoscere le Montagne di Budoia», che venne presentata in occasione della Festa dei Funghi e a San Donà e Musile di Piave dalle rispettive sezioni del C.A.I. Vennero poi organizzate escursioni guidate in collaborazione con C.A.I. ed Azienda di Soggiorno e nel 1989 la «Pro» ebbe l’onore di ospitare la presentazione del libro guida di Sergio Fradeloni «Dolomiti di sinistra Piave e Prealpi Carniche» che descriveva dettagliatamente i percorsi dei nostri sentieri. Rimane ancora nel ricordo degli appassionati l’escursione «da Col Indes di Tambre d’Alpago e Val de Croda» (1989) ed il «Libero incontro di alpinisti e free climbing» con Alessandro Gogna e Mauro Corona, presso la palestra di roccia di San Tomè (1993). La conoscenza, l’interesse e la frequentazione, nel fine settimana, della vallata cresceva e con essi anche problemi legati ad episodi di incontrollato abbandono di rifiuti e degrado; intervennero così l’allora Comunità Pedemontana del Livenza ed il Comune di Budoia allestendo a Cianpore l’area pic-nic «Parco Val de Croda» con caminetti, tavoli, giochi e percorso vita,
creando un importante servizio turistico assieme ad una fruizione organizzata del territorio. Nel 1994, Pro Loco, Comune e Scuole organizzarono in quell’area la prima «Giornata Ecologica» e «Festa degli Alberi» con la piantumazione degli alberi che oggi l’adornano. La manifestazione, divenuta poi «Festa di Primavera», venne ripetuta annualmente fino al 2011, proponendo attività didattiche mirate alla protezione del territorio e dell’ambiente, assieme ad escursioni guidate per far conoscere ad alunni e genitori la vallata con le sue potenzialità naturalistiche e storiche. Nella primavera del 1999, da una collaborazione fra il Comune di Budoia, il Gruppo Regionale di Esplorazione Floristica e la Pro Loco, veniva realizzato il «Sentiero Naturalistico di San Tomè» che, con apposito depliant, portava a conoscere 42 piante autoctone lungo il tracciato che dalla Rosta raggiunge San Tomè e lo Chalet. Nel 2000 la Comunità montana faceva proprio il progetto, denominato «Percorsi Pedemontani» realizzato minuziosamente dalla Pro Loco di Budoia. Esso proponeva una serie di passeggiate ad anello a bassa quota che permettessero a tutti di percorrerle e godere le potenzialità della nostra zona. Vennero così installate bacheche con la mappa dei percorsi e apposita segnaletica in legno, successivamente integrate con una cartina. La Vallata di San Tomè era interessata dai circuiti denominati: «Sul Sentiero Naturalistico di San Tomè», «Attorno al Colle Sant’An-
gelo» e «Attorno alla Val de le Salere». Nella primavera del 2002, in aggiunta alle periodiche pulizie del percorso Mulin de Bronte – San Tomè, in occasione delle «Feste di Primavera» e per il passaggio della Marcia dei Funghi, la «Pro» decide, dopo decenni di abbandono, di far riemergere da rovi e fitta vegetazione il tratto di «Rujal» che va dalla presa dell’acqua fino al punto di arrivo del tubo in ghisa che attraversa il Torrente Artugna. Il lavoro durò alcuni week-end e vide impegnati altri volontari e la locale Associazione Cacciatori. La canaletta venne ripulita, l’acqua scorreva veloce, ed il visitatore poteva percorrerla su entrambi i lati. L’anno successivo venne ripulito il tratto a valle che però presentava il sotterramento del tratto interessato all’ingresso della ex cava e l’assenza di alcune componenti in pietra. La mancanza di risorse economiche ci impedì di riportare alle origini l’antico manufatto, vennero apposte alcune parti in pietra recuperate altrove e posizionato un tubo di collegamento che permise all’’acqua di scorrere fino al mulino. Nel 2004 i volontari della Pro Loco riaprirono al passaggio il tratto di strada e di sentiero che dalla località Rui de Col raggiunge la Strada del Ciastelat. Si è così intravista la possibilità di realizzare un passeggiata che partisse dalla piazza di Dardago, raggiungesse l’area pic nic (Campo Delta) di Aviano, per poi risalire verso il Ligont, proseguire verso la Rosta, Thengle, San Tomè e ridiscendere verso il Parco Val de
Croda, il Ciastelat per raggiungere il punto di partenza. Dopo i lavori di ripristino del vecchio tratto di strada che dalla scalinata sotto lo Chalet raggiunge l’impianto di filtraggio dell’acquedotto, nasceva il «Percorso Attorno al Torrente Artugna» di 12 km. Venne richiesta la sua omologazione alla FIASP (Federazioe Nazionale Sport per tutti) ed apposta una segnalazione provvisoria, cosi che il 1° gennaio 2006 venne inaugurato l’omonimo Percorso Circolare. Dal 2004 al 2006, nell’ambito della realizzazione da parte del Comune di Budoia dei progetti europei «River Basin Agenda» e «Dynalp», viene apposta la segnalazione definitiva sia del Sentiero Naturalistico che del Percorso Circolare e viene realizzata apposita cartina. La Pro Loco partecipa con la fornitura a proprie spese dei segnali in metallo e la loro installazione. Il 14.7.2007 viene organizzata la prima «Marcia Attorno al Torrente Artugna», che ogni anno, in occasione del Dardagosto porta a Dardago e nella Vallata di San Tomè alcune centinaia di persone. Da ricordare che nel prosieguo degli anni, questo percorso è stato oggetto di pulizie e migliorie, in particolare le scalinate in legno sul ghiaione sottostante la palestra di roccia e sulla discesa sottostante allo Chalet, con l’apertura del sentiero che da lì porta alla sorgente degli Agaroi. L’impegno della «Pro» continua con l’imminente pubblicazione di una carta sentieri e passeggiate che comprenderà i territori di Budoia, Aviano e Polcenigo su cartografia «Tabacco» e con la fruttuosa e preziosa collaborazione dei volontari del sito internet www.artugna.it per la realizzazione della presentazione digitale delle chiese presenti sul territorio lambito dal Torrente Artugna. Era doveroso da parte della Pro Loco, in un momento in cui affermazioni non sempre riscontrabili sui social network e giornalismo su commissione fanno opinione, mettere il sigillo sull’impegno trentennale dei suoi volontari, paesani e non, che con grande entusiasmo hanno regalato tempo e fatica per la salvaguardia e la valorizzazione del nostro bel territorio. Gente, che come ben si sa, non ama le lodi, ma desidera solo venga riconosciuto e rispettato il proprio lavoro.
Lasciano un grande vuoto... l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari
Suor Annalia Ghislotti Suor Annalia Ghislotti ha lasciato questa vita terrena a 100 anni. Suor Annalia, al secolo Angelina Ghislotti, dell’ordine delle suore terziarie francescane elisabettine, ha operato per molti anni nella Scuola materna parrocchiale di Dardago lasciando un ottimo ricordo. Precedentemente, fin al
1961 svolse la sua missione presso l’ospedale di Latisana. Raccontava sempre che, per la sua conoscenza della lingua tedesca, d’estate aveva un gran lavoro al pronto soccorso per assistere i turisti tedeschi ed austriaci di Lignano. La ricordiamo con simpatia.
Anna Zambelli Cara Anna, cara mamma, non sei più con noi dallo scorso 18 giugno, ma qui tutto ci parla di te: i tuoi amati fiori e la casa in cui eravamo sempre sicuri di trovarti, con la tua lunga malattia ma anche con la tua grandissima forza d’animo. Ora ci manchi tanto e si sente forte il vuoto che hai lasciato. Ci resta il dolce ricordo della tua dedizione e del tuo affetto per tutti noi. La tua simpatica ironia,i tuoi tormentoni («te vegne-
rà vecio...!»), detti nel tuo dialetto comeliano, ci facevano sorridere ed il ricordarli ora ci aiuta nei momenti più difficili. Possa la tua anima guardare a noi ed al tuo paese, Candide, che hai sempre portato nel cuore e che ci hai insegnato ad amare. Con affetto. TUO MARITO MARCELLO, I TUOI FIGLI LORIS E NADIA, TUA NUORA ISABELLA
Pierina Zambon Pinàl Non sono gli anni della tua vita che contano, ma la vita dei tuoi anni. Sono stati tanti gli anni della tua vita che tu hai vissuto in maniera piena, sempre a disposizione di qualcuno, con generosità. Ti ricorderemo sempre.
Fabrizio dedica alla zia un pensiero per un ricordo particolare: In montagna andavo e le solite braghe rotte ti portavo Due o tre toppe tu mettevi e felice mi facevi Le stagioni son passate ma quelle braghe da te toppate son rimaste le più amate
TUO NIPOTE BRUNO E FAMIGLIA
Grazie zia. FABRIZIO
26
Caterina Signora Nel nostro cuore sarà sempre vivo il tuo ricordo.
Giorgio Del Puppo La scomparsa, di chi è stato in gioventù tuo compagno di squadra, rattrista non poco e fa meditare sulle fragilità e prove della vita. Ci piace pensare Giorgio, a diciotto anni, magro e dinoccolato, quando si disimpegnava egregiamente in area di rigore, nonostante la marcatura stretta dei difensori avversari. Segnava dei bei goal, sia di piede che di testa, la sua specialità. Era bello rivivere, quando ci si incontrava, episodi ed azioni di gioco. Ti ricordiamo, ciao e arrivederci, Giorgio «Spillo» calciatore.
I FAMIGLIARI
UGO PALA
Augusta Rosina Zambon Cara nonna, a marzo sei volata via e tutti noi avremmo voluto passare ancora molto tempo con te, perché avresti saputo regalarci ancora tanto affetto se avessi potuto… Non dimenticheremo mai l’amore e la dolcezza con cui ci hai accompagnato. Nonna, il ricordo del tuo sorriso rimarrà per sempre nel nostro cuore. Ti vogliamo bene. LE TUE NIPOTI ALESSANDRA E SELENA
Santa Del Maschio Dopo un periodo di lunga sofferenza, il Signore ti ha accolto tra le tue braccia. Ti ricorderemo sempre per la tua bontà d’animo, per il tuo modo di essere sempre dignitosa davanti ad ogni circostanza brutta o bella che fosse, per i tuoi modi gentili, per la tua voglia di vivere e per l’allegria che trasmettevi a tutta la famiglia. Sei stata una brava mamma, una brava suocera e una meravigliosa nonna. Ora che sei nel regno della pace continua a vegliare su di noi. Tu resterai sempre nei nostri cuori. Grazie, grazie, Santa! I TUOI CARI PER SEMPRE
27
Genio al lavoro nel «suo» mulino. L’Artugna gli dedicò la copertina del n. 41, agosto 1983, a corredo di un articolo sulla sua attività.
‘Genio muliner’ persona di grande cuore
Ci ha lasciato il 15 settembre lo zio Eugenio Cardazzo. Per le sue caratteristiche di grande umanità e di disponibilità verso gli altri ha lasciato un vuoto indimenticabile nei famigliari e nella comunità. Si è sempre prodigato ad aiutare le varie associazioni locali: per molti anni è stato membro della Pro Loco, della A.S. Calcio Budoia e dei Donatori di Sangue. Eugenio è ricordato da tutti anche come il muliner per aver svolto per decenni l’attività nel vecchio mulino dei Bof, in piazza.
È difficile non ricordarlo pure dietro il banco del bar «da Renè», sempre pronto a dare il suo aiuto senza mai mettersi al centro dell’attenzione. Era un uomo di poche parole ma di grande cuore. Aveva un pacato vigore che trasmetteva la serenità di chi non aveva mai conosciuto la stanchezza. Il suo sguardo, i suoi occhi ci trasmettevano serenità, semplicità e un’onestà verso il prossimo, senza calcolo. Ricordo il suo ultimo periodo di malattia con un po’ di malinconia, 28
ma allo stesso tempo di felicità. Il suo rientro a casa, dopo il breve ricovero in ospedale, è stato vissuto da me con un’emozione indimenticabile: mi ha stretto il cuore quando gli ho visto una lacrima sul viso a dimostrare quanto era felice di ritornare alla sua famiglia. Sono stata contenta di esaudire il suo grande desiderio di passare gli ultimi giorni con il fratello Ferruccio e i nipoti, soprattutto Marco al quale lui era molto affezionato. I giorni passano, ma la sua presenza manca molto, giorno dopo giorno. Lo ricorderemo sempre per la sua grande umiltà. Ciao, zio Genio, il tuo ricordo resterà sempre vivo nei nostri cuori! LA NIPOTE CINZIA NAIBO
Sopra. Eugenio con la sua famiglia, il fratello Ferruccio, il nipote Mario e il pronipote Marco, durante una gita a Miramare. Genio nel giardino e nel campo di bocce dell’albergo «da Renè», negli anni ’60-’70 del secolo scorso.
CRONACA
Cronaca ’Na dhornadha a Mantova co’ i coscriti de ’l 1950 Giornata fortunata per noi coscritti del 1950 del comune di Budoia che si era annunciata perturbata e che invece si è rivelata molto soleggiata. La visita di Mantova, città dello storico quadrilatero, e Valeggio sul Mincio ci ha fatto conoscere alcune delle tante bellissime realtà del nostro paese. Tra l’altro, Mantova è stata eletta «capitale della cultura per il 2016». A Valeggio, nel pomeriggio, abbiamo percorso con un simpatico trenino il Parco di Sigurtà, parco premiato nel 2013 come parco più bello d’Italia e nel 2015 come secondo parco più bello d’Europa. Sulla via del ritorno ci siamo fermati in una cantina di produzione di vini tra cui anche un rinomato vino della zona del Valpolicella. Non sono mancati momenti conviviali con l’assaggio della famosa «sbrisolona» mantovana ed il pranzo con prodotti tipici del territorio. La bella giornata si è conclusa con la Santa Messa celebrata dal coscritto Don Maurizio.
4 de novenbre co’ i canais de la scole
Un momento della festa dei coscritti del 1950 a Mantova (qui sopra al Parco di Sigurtà).
presenza dei 150 allievi con il corpo insegnanti e la Preside dott.ssa Carla Fabbro. Per l’occasione è stata consegnata al reduce di Cefalonia Lucio Carlon Fassiner la medaglia del Ministero della Difesa alla presenza del Prefetto di Pordenone dott.ssa Maria Rosaria Laganà, del nuovo Comandante la Stazione Carabinieri di Polcenigo Masups Gennaro Corso accompagnato da un Carabiniere donna, in servizio presso il Comando Stazione, del Parroco don Maurizio Busetti, dei Rappresentanti del Corpo Forestale Regionale, della Presidente Regionale dell’Ass. Famiglie Caduti e Dispersi in Guerra Julia Marchi Cavicchi, del Presidente provinciale dell’Ass. Combattenti e reduci Cav. Mario Zanetti, dei Vessilli dei Donatori di Sangue di Dardago e Budoia-Santa Lucia e da una nutrita presenza di Alpini del Gruppo di Budoia. Presenti anche gli altri Presidenti delle Associazioni di Volontariato del Comune. Una discreta pre-
senza di popolazione ha seguito l’evento. Gli scolari sono stati i protagonisti della giornata accompagnando la cerimonia con i canti dell’Inno Nazionale e Il Piave, mentre il Tricolore saliva sul pennone e le autorità scortavano la corona al Monumento. Il Sindaco De Marchi ha ricordato l’avvenimento ringraziando i convenuti e additando agli scolari il reduce Carlon, sottolineando che gli uomini che hanno combattuto per la Patria devono essere ricordati. Non si devono enfatizzare le guerre ma non dimenticare gli uomini che hanno obbedito alla Patria per il bene comune. Il Prefetto Laganà nel consegnare la medaglia a Lucio Carlon, si è complimentata per la presenza degli scolari e delle persone che giustamente ricordano una giornata importante e festeggiano le Forze Armate che la Costituzione addita come baluardo e difesa dei valori della democrazia. Lucio Carlon vivamente commos-
A sinistra. Il Prefetto di Pordenone, dott.ssa Maria Rosaria Laganà, consegna la Medaglia della Resistenza a Lucio Carlon, alla presenza del Sindaco. A destra. Gli alunni della scuola primaria presenti alla cerimonia.
L’occasione della celebrazione dell’Unità d’Italia e della Giornata delle Forze Armate veniva posticipata la domenica successiva la data prevista, con esiguo concorso di pubblico. Il Sindaco Roberto De Marchi ha invece pensato di commemorare la celebrazione il giorno 4 invitando gli alunni della Scuola Elementare Guglielmo Marconi di Budoia, ed è stata una felice iniziativa vista la 29
so ha ricordato le traversie vissute dopo la guerra e come, da uomo libero e da cittadino, non possa mai dimenticare uno spaccato della sua vita. Mentre agli alunni è stato servito in mensa una merendina, i presenti hanno poi consumato un rinfresco offerto dall’Amministrazione Comunale, preparato e servito dagli Alpini di Budoia. MARIO POVOLEDO
Un nuof parchegio
L’Amministrazione Comunale ha realizzato un nuovo parcheggio di una dozzina di posti in via Roma, nelle aree già di proprietà delle tre famiglie adiacenti all’oratorio. La realizzazione dell’opera favorisce soprattutto la comunità che converge nei locali della parrocchia e in chiesa.
I canais de la Prima Comunion e de la Cresima Nello scorso numero abbiamo riportato la notizia della grande festa delle nostre parrocchie per la celebrazione nella stessa giornata (10 maggio) della Santa Messa di Prima Comunione e della Cresima. Mancavano, però, le fotografie. Ora, grazie alla gentilezza di Elena Modolo, possiamo rimediare. I dieci bambini della Prima Comunione sono Federico Bastianello, Giacomo Buosi, Alessandro Cauz, Tommaso Dessi, Riccardo Lucchetta, Pietro Olivotto, Cristian Petretti, Andrea Laura Piccoli, Gioele Piazzon e Riccardo Quaia. I ragazzi che hanno ricevuto la Cresima dal Vescovo emerito Mons. Ovidio Poletto sono David Andreazza, Laura Baracchini, Francesca Bastianello, Gabriele Cavallari, Marco Cesaro, Noemi Chiandotto, Vanessa Del Zotto, Francesca Lachin, Gianluca Lucchetta, Paolo Olivotto, Alessia e
Vanessa Pellegrini, Francesco Petretti, Fabio Piazzon, Claudio Poletto, Sara Pujatti, Alessandro Quaia, Elisa Volpatti, Alessandro Zaccaria e Angelica Zuliani.
El capitel de Carli
Scendendo da Budoia, alla curva di Carli, ci si imbatte in un capitello addossato alla casa di fronte. Ma mentre una volta, pur non sfuggendo, appariva un po’ trascurato, da quest’estate è rinato: è dipinto all’esterno di un color rosa antico con la tecnica dello spatolato, il pavimento rinnovato, rinfrescato all’interno in cui è messo in risalto lo splendido crocifisso. Di questo nuovo e felice incontro dobbiamo ringraziare Genio Besa che, avvalendosi dello studio e della preparazione di persone esperte, ha avuto l’idea di riportarlo in luce sostenendone completamente le spese. È stato un atto d’amore verso il paese e di rispetto verso la nostra
religione, facendo tutto con discrezione ed eleganza. Genio vuole anche che siano ricordate le persone che si sono impegnate in questo lavoro: Alessio Gislon Moro che, oltre alla parte lignea ha restaurato meravigliosamente il bel Crocifisso; Flavio Mariotel nella tinteggiatura; Raffaele Farinola (il francese) nella decorazione del soffitto; Antonio Ceccato si è dedicato al cancello; Antonio Zambon ha fatto il pavimento. Il giorno 10 di agosto, don Maurizio l’ha benedetto, ricordando spiritosamente il film di don Camillo nell’episodio in cui un capitello, che gli esponenti del partito volevano fosse abbattuto per costruire la casa del popolo, viene poi lasciato conciliando così il sacro con l’edilizia voluta dal partito. Dopo la benedizione Genio ha accolto tutti i presenti, che erano numerosi, nel suo giardino per un ricco e sfizioso rinfresco cui ha contribuito anche il vicinato: è stato un pomeriggio di cordialità in cui è emerso il legame che c’è tra la gente del paese. I capitelli, frequenti nei nostri paesi, sono testi-
monianze di una fede profonda e sincera, simbolo di una religiosità antica e radicata; sono collocati per lo più agli incroci: lì non avvenivano celebrazioni o riti, ma erano un segno rispettoso in epoche in cui la religione aveva un ruolo importante nella vita quotidiana. Chi passava davanti faceva il segno di croce, confermando costantemente il proprio credo con spontaneità. LEONTINA BUSETTI
Alice ’n te la Buduoia de le marevée La stagione estiva 2015 ha visto tutta la comunità di Budoia impegnata nella realizzazione del Punto Verde di Comunità «Estate Insieme 2015», che è stato un grande successo. A testimoniarlo sono il numero di iscritti e la grande partecipazione dei bambini durante tutte le sei settimane. Il Punto Verde, che si è svolto nei locali dell’Oratorio di Sant’Andrea, basato su una stretta collaborazione tra la Parrocchia e il Comune di Budoia, è stato organizzato e gestito dall’Associazione Gim – Giovani in Movimento. Il grande successo del Punto Verde è da attribuirsi anche al gruppo dei giovani animatori del territorio (circa 20 di età dai 15 ai 28 anni) che si sono impegnati a fondo sia nella fase di formazione, tra aprile e maggio, sia per tutte le sei settimane, facendo divertire i piccoli partecipanti con giochi e attività. Molto ricco il programma, che prevedeva ogni settimana gite, la giornata in piscina, uscite e passeggiate gran parte delle quali nel nostro territorio
e nei suoi bellissimi dintorni, grandi giochi e attività di laboratorio, tutte legate al tema di fondo, scelto dagli animatori durante il Corso di formazione organizzato per loro dalla Gim: Alice nel paese delle Meraviglie. Sempre nell’ottica di far conoscere ai bambini il loro territorio e quello che offre, si è organizzata un’intera settimana, in collaborazione con il CFD e il Comitato del Rujal, presso l’area verde di Cianpore, dove i bambini hanno potuto anche conoscere il famoso e misterioso Orco del Rujal. Un’altra importantissima collaborazione si è realizzata con la Fattoria didattica e sociale Ortogoloso di Budoia, dove i bimbi immersi nella natura, hanno realizzato dolci con il succo di mela, biscotti alla lavanda e un pesto degno della migliore tradizione. Apprezzatissima anche la collaborazione di alcuni genitori e nonni che hanno realizzato le attività in oratorio, uscite sul territorio, ospitato i bimbi nella loro campagna e offerto gelato e biscotti rallegrando gola e palato! Fondamentale e calorosa è stata la presenza e il sostegno di Budoia Solidale per il trasporto e dei volontari del CFD per la settimana a Cianpore. Ma il ringraziamento più grande va ai tre bravissimi cuochi volontari Gianni, Lucio e Alfonso, che hanno offerto le loro eccezionali qualità per la preparazione di squisiti pasti per bambini e animatori, permettendo di contenere la spesa a carico delle famiglie. Un grazie di cuore a tutti e... arrivederci al prossimo anno! DALIAH FREZZI E BARBARA TAGLIABUE
Bravi atórs e sonadórs
Da alcuni anni nella provincia di Pordenone, durante il periodo estivo, nell’ambito del progetto «Musae», vengono presentate alle famiglie residenti e agli ospiti delle manifestazioni per offrire degli spettacoli che possano valorizzare i nostri luoghi e la cultura in generale. In un momento di crisi economica e sociale questi eventi possono essere motivi di rilancio e di riscatto, di presa di coscienza e di fiducia per i giovani, e forse anche di concrete opportunità. In questo percorso il 28 agosto e il 27 settembre ci sono stati due spettacoli di grande qualità. Il primo nella suggestiva chiesetta al colle: un quartetto d’archi, due violini, una viola e un violoncello, ha suonato musiche scritte, dedicate ed eseguite da donne. I componenti il quartetto sono insegnanti della scuola di musica di Porcia, attivo da circa tre anni: alterna concerti tradizionali a lezioniconcerto dedicate alle scuole; per questo il loro repertorio è estremamente eterogeneo e spazia da musiche barocche a composizioni contemporanee. Infatti nel concerto in chiesetta abbiamo ascoltato brani di due compositrici donne, Emilie Mayer e Germaine Tailleferre che, con le loro storie personali e la loro produzione, ben rappresentano le difficoltà e la durezza che ogni donna incontra nell’attività artistica. Nella seconda parte, da carattere più leggero, il Quartetto ha suonato
arie indimenticabili da opere di Puccini e Verdi. A conclusione due brani noti, uno di Gershein e l’altro dei Beatles, a dimostrazione di come il mondo femminile sia mutato negli anni, così come il ruolo e la considerazione della donna nella società. Il «violino» Carlo Zorzini, giovane di Codroipo, ha spiegato con chiarezza e semplicità il percorso storico musicale. Peccato che questo «ben di Dio» sia stato ascoltato da pochi: bel posto e bella serata, peccato proprio la scarsità di pubblico. Giusto un mese dopo, questa volta nella sala teatro di Dardago, la Compagnia Piccolo Teatro di Sacile ha presentato uno spettacolo alternando parti recitate a spezzoni di film sulla base delle «Memorie» di Goldoni. Si è quindi assistito ad una lettura da parte di uno degli attori, in cui si è spiegata l’innovazione del teatro goldoniano non più classico, ma scene riprese dalla vita quotidiana tra calli, caffè, ritrovi e botteghe veneziane. Gli attori, una decina, hanno recitato in fedeli costumi settecenteschi, senza suggeritori, brani dalla commedia «La famiglia dell’antiquario»: recitazione risultata appassionante, avvincente e professionale. Per fortuna lo spettacolo questa volta è stato onorato da un pubblico numeroso e molto partecipe. LEONTINA BUSETTI
La cros de le Masiere stavolta la resiste È stata innalzata nuovamente nella sua antica sede, al bivio tra via Castello e via Rivetta, la cros de le Masiere, che da alcuni anni mancava perché abbattuta (v. l’Artugna 134). Già nel 1983-84, Anno Santo della Redenzione (targa collocata sul basamento ora non più presente), subì un intervento di rifacimento della parte superiore, quella stessa parte che ora è stata supportata da ferri per dare stabilità all’intera struttura. Il lavoro di restau-
ro è stato realizzato volontariamente da Bepin Mos’cion (Giuseppe Del Maschio) e dal figlio Manuel, che ringraziamo di cuore, nell’Anno Santo della Misericordia.
Comun de Buduoia «bilancio digitale» Le nuove tecnologie, se ben utilizzate, possono migliorare il rapporto tra gli Enti Pubblici e i cittadini. Ora che il computer o gli smartphone sono alla portata di tutti, è naturale e doveroso che le Amministrazioni pubbliche li utilizzino al meglio. Il bilancio digitale, ad esempio, permette ad un Comune di rendere pubblici i propri dati contabili, in un modo da renderli comprensibili ai cittadini mettendone in evidenza i dati principali. Il Comune di Budoia è stato il primo in Italia ad avvalersi di questa possibilità. Durante la presentazione del bilancio, l’assessore regio-
nale alle Autonomie locali, Paolo Panontin, ha dichiarato che questa è «un’esperienza da diffondere a livello regionale e da esportare a livello nazionale, un importante traguardo per il Friuli Venezia Giulia che può annoverare, fra le amministrazioni comunali, il primo Comune d’Italia che si incammina verso la piena trasparenza dei dati di bilancio e verso la digitalizzazione dello stesso e che, dunque, rappresenta un segno distintivo e significativo per il nostro territorio». Il bilancio digitale è raggiungibile dal sito del Comune (www.comune.budoia.pn.it) oppure direttamente al seguente indirizzo: www.bilanciodigitale.com/12437/
Festa de i noni de i fioi de l’asilo Ormai è una tradizione. Una mattina di Novembre l’asilo si riempie di... nonni. È la loro festa, voluta e preparata dagli insegnanti con la collaborazione dei genitori per ringraziarli. I nonni sono sempre stati importanti, ma nella società odierna forse il loro ruolo è ancora più essenziale. Spesso papà e mamma sono lontani da casa e i nonni si prendono cura dei nipoti, con tanta esperienza e tanto affetto. Grazie ai nonni, quindi, dai bambini e dai genitori. Quest’anno, oltre alla solita festicciola, è stata organizzata anche un apprezzato spettacolo di burattini nel teatro per la gioia dei numerosi bambini.
I dhòvins de ’l cuarantathincue Le «primavere» ci sono e si notano. Sabato 14 novembre senza tanto «vociare» i coscritti del 1945 del Comune di Budoia si danno appuntamento in piazza a Dardago per ricordare i loro 70 anni. Qualcuno manca; pazienza, ci sarà la prossima volta. Celebra la Messa di Ringraziamento don Maurizio e al termine posa insieme alle sue «pecorelle». «La cena del Coscritto» presso il Ristorante Eden di Coltura pone fine alla simpatica riunione, durante la quale sono raccolte offerte per l’incisione della pietra de «i Agaròi». Grazie, Ugo e Omero, per aver organizzato l’incontro! Arrivederci al prossimo anno.
Una famosa massima riporta: «Le persone viaggiano per stupirsi delle montagne, dei mari, dei fiumi, delle stelle; e passano accanto a se stessi senza meravigliarsi». I coscritti del 1945 – prendendo spunto da questa frase – hanno preferito festeggiare i loro 70 anni vicino a casa, intimamente, piuttosto che «volersi stupire con effetti speciali».
colo dell’albero della vita illuminato e con bellissimi giochi di luce e di musica. Pernottato in un favoloso albergo a Settala, il giorno dopo replica per vedere altri padiglioni. Felici di aver potuto gustare qualcosa che sarà quasi impossibile poter rifare in futuro. DON MAURIZIO BUSETTI
L’altaròl de i Agaròi Fin a Milàn pa’ l’EXPO
Martedì 1° settembre, 16 coraggiosi si mettono in cammino per la visita all’EXPO di Milano. Arriviamo dopo circa 5 ore di viaggio. Restiamo colpiti dalla grandiosità della struttura. Inizia la scoperta degli innumerevoli stand accomunati dal medesimo programma: spiegare come sulla terra ci sia alimentazione per tutti. È l’egoismo e l’incuria dell’uomo nei confronti della terra a creare povertà, miseria, fame e guerra. Alla sera abbiamo visto lo spetta-
Domenica 22 novembre in Val de Croda, don Maurizio le autorità civili e popolazione inaugurano i lavori di ripristino della sorgente de «i Agaròi». Suggellano la manifestazione la benedizione della nuova statua, la recita di una corale preghiera alla Vergine e un sentito ringraziamento ai volontari che hanno impreziosito questo luogo con il proprio lavoro. Scendendo verso casa... tutti sostano a Cianpore per un ricco buffet preparato e offerto dal Comitato Chei de ’l Ruial e CFD. I coscritti del 1949 a Caorle.
Da sinistra Valentino Zambon, don Maurizio Busetti e Pietro Ianna.
...e pa’ finì i coscriti del ’49 Anch’essi si sono ritrovati per festeggiare il loro 66° compleanno tra le brume di Caorle, in un cason, tipico ambiente lagunare sulla foce della Livenza. Un abbondante pranzo a base di pesce predisposto dalla coscritta Lorenza, originaria del luogo, ha permesso di vivere la convivialità semplice e genuina dei pescatori caorlotti.
Manlio e Marina i à lassat San Tomè È con amara sorpresa che apprendiamo la chiusura dello storico e noto ristorante «Il Rifugio» di Manlio e Marina Signora, reso famoso anche per aver ospitato il presidente degli USA, Clinton, il 29 luglio 1999. Allora l’Artugna dedicò un ampio spazio all’evento. Ci auguriamo che Manlio e Marina continuino a operare nel territorio seguitando a farlo conoscere, come hanno lavorato finora, anche oltre i confini regionali.
Geo & Geo da nealtre
della falce per il taglio del foraggio a mano, mestieri interpretati da Mauro Zambon Thuciat, boscaiolo che ha fondato «l’Accademia della falce». È seguita la visita alla fattoria sociale e didattica Ortogoloso di Roberto Andreazza. Al termine della giornata il Comitato del Ruial e il CFD hanno donato alla troupe un cesto con prodotti offerti da aziende locali. Ci auguriamo di vedere al più presto i nostri luoghi alla trasmissione di Sveva.
In glesia metùdhe a nóf le statue Le statue ritornano nelle loro nicchie. Sì, proprio le 4 statue del Sacro Cuore e dei santi Giuseppe, Luigi e Antonio, che da tempo mancavano dalla chiesa, dopo un minuzioso restauro sono riapparse più luminose... più vive. Un grazie particolare alla signora Assunta Gambarini per il suo lavoro e il suo costante impegno a favore della parrocchia.
La troupe televisiva Raitre di «Geo & Geo», trasmissione condotta da Sveva Sagramola, ha visitato le bellezze storico-naturalistiche e scoperto gli antichi mestieri del Comune di Budoia, con intervista al sindaco Roberto De Marchi. L’attenzione è stata rivolta all’antico Ruial de San Tomè con il mulin de Bronte, al percorso naturalistico di Gor tra le colline di Santa Lucia, e agli antichi mestieri, quello del boscaiolo e del contadino con l’uso
Prins a l’EXPO pa’ la polenta La polenta di Budoia, prodotta dall’Ortogoloso di Roberto e Cristina Andreazza è arrivata finalista nazionale e ha vinto l’Oscar green 2015 per il Friuli Venezia Giulia. Nelle due giornate dedicate alla nostra regione, con i ragazzi del progetto «facciAMO la polenta», l’azienda ha distribuito oltre 1000 porzioni di polenta alla spina con il formaggio Montasio, presso lo stand della Coldiretti. Nel prossimo numero sarà pubblicato un articolo della titolare dell’azienda, Cristina Barbariol, sull’esperienza vissuta a Milano e sul progetto educativo della fattoria didattica e sociale.
Pa’ salvà i nostre libres de la Pleif Diversi volumi e registri del nostro archivio sono partiti da Dardago verso il Centro Studi e Restauro di Gorizia per essere sottoposti ad interventi di conservazione. Le cure non si limiteranno solo alle legature dei volumi ma alla pulizia delle carte, alla sistemazione delle pergamene delle copertine, alla
34
sutura degli strappi e dei fori da tarlo che nel tempo hanno degradato questo nostro patrimonio storico. Tutti i registri saranno poi collocati in appositi contenitori fatti su misura. Speriamo, dal prossimo numero, di poter illustrare le operazioni di restauro con delle foto e con note più approfondite.
so la seconda edizione del concerto dedicato a Santa Maria Assunta, patrona della Pieve, con brani d’autore del periodo barocco ed improvvisazioni moderne strumentali. All’organo Stefano Maso, al violino Lucia Clonfero, direttore Fabrizio Fucile.
Al è tornàt a ciatàne Bona pension, Piero!
Una presenza locale in meno negli uffici comunali: anche per Pietro Zambon è giunto il momento della meritata quiescenza. Si accorgeranno della sua assenza soprattutto i bambini e i ragazzi delle scuole dell’obbligo che lo incontravano quotidianamente alla guida dello scuolabus. Pietro avrà maggior tempo da dedicare alla famiglia e alle nipotine, ma anche al volontariato, in particolare all’AFDS Budoia-Santa Lucia. Ci congratuliamo con il neo pensionato e gli auguriamo una serena ed attiva vita post lavorativa.
Padre Giovanni Del Ponte mancava dal paese da circa vent’anni. Giovedì 26 novembre è tornato. Perché come lui dice: «Dardago non si può scordare. Qui ci sono le radici». Nato a Milano 58 anni fa, figlio di Luciano ed Elisa Zurla (deceduta l’anno scorso) ora vive nel sud del Portogallo a Quinta Sao Joao dove ha fondato una nuova Comunità Religiosa di frati e suore (tra esse c’è anche la sorella Lucia). La comunità è denominata Piccoli Figli della Madre di Dio (Pequeños Filhos da Mãe de Deus) ispirata all’esperienza spirituale dei Pastorelli di Fatima. In gioventù, da Milano ogni estate, tornava tra noi per le vacanze. Qui ha lasciato parenti e tanti amici tra cui il nostro pievano. Un’amicizia sbocciata «negli anni verdi» che poi è sempre continuata. Accompagnato dal confratello padre Roberto, superiore della comunità italiana, ha potuto concelebrare la santa Messa con don Maurizio e salutare – in santa letizia – fedeli, parenti ed amici. A presto, padre Gianni!
Comunità. Ancor oggi mantiene una particolare vicinanza ed amicizia con noi aiutando don Maurizio in qualità di collaboratore festivo. Un grande «Grazie» a don Matteo e gli auguri più belli affinché la sua cooperazione possa ininterrottamente continuare.
Concerti per il nuovo anno Insieme Vocale Elastico Parrocchia di Santa Lucia · Budoia Parrocchia di San Nicolò vescovo · Sacile Parrocchia San Giorgio Martire · Porcia presentano
Secondo Luca
Missus est · G.B. Cossetti Magnificat · A. Vivaldi Los pastores e Los reyes magos · A. Ramirez Diego Cal · tromba Fabrizio Zambon · Fisarmonica Stefano Maso · Organo Fabrizio Fucile · Direttore
• SANTA LUCIA
Chiesa dei SS. Giuseppe e Lucia
mercoledì 6 gennaio 2016 · ore 17.00
• SACILE
Duomo di San Nicolò
venerdì 8 gennaio 2016 · ore 21.00
• PORCIA
Duomo di San Giorgio
sabato 9 gennaio 2016 · ore 21.00
Thincuanta ains de Messa pa’ don Mateo ERRATA CORRIGE
I à sonàt e ciantàt in glesia Nel corso dei festeggiamenti agostani l’Insieme Vocale Elastico, in collaborazione con la Parrocchia di Dardago, presenta con succes-
Don Matteo Pasut, ordinato sacerdote il 26 giugno 1965, quest’anno ricorda i suoi 50 anni di sacerdozio. Sin da giovane chierico collabora con lo zio Alfredo Pasut – parroco di Budoia – nel settore religioso, sportivo e ricreativo delle nostre tre 35
Nell’articolo «Una Chiesa più piccola del più piccolo dei semi», pubblicata a pagina 16 del n. 135, è errato il nome dell’autrice: anziché Mariangela si legga Mariagrazia. Ci scusiamo con l’autrice per l’errore commesso.
alla vita
inno
Auguri dalla Redazione!
Ciao a tutti, sono Emma e vi voglio presentare il mio fratellino Lorenzo, nato lo scorso 2 agosto. Vogliamo salutare il nostro papà Stefano Carbonera, la mamma Cristiana Vuerich e i nostri nonni.
Barbara Ardemagni e Simone Sottana hanno celebrato il loro matrimonio l’11 luglio 2015.
Felicitazioni ed auguri agli sposi Chiara Ianna Tavàn e Alessandro Stefani, che hanno celebrato il loro matrimonio il 5 settembre 2015 nell’antica Pieve di Santa Maria Maggiore in Dardago.
Quattro generazioni Calderan: il bisnonno Giovanni Nani Milanes, il nonno Pierino, il papà Edoardo e il nino Andrea.
Luigi Ragogna e Maria Rigo festeggiano i 50 anni di matrimonio (14 agosto 1965). Con loro il nipote Federico.
36
Ciao, sono Chiara e sono nata il 16 agosto. Eccomi in trasferta da Milano con la mia mamma per farmi coccolare anche dalla bisnonna Augusta, nonna Loredana e zia Tina.
Per il Battesimo di Giorgia
Bianca Zambon Marin e Osvaldo Signora, circondati dall’affetto dei figli e delle loro famiglie, hanno festeggiato i 60 anni di matrimonio nella chiesa parrocchiale di Sant’Andrea di Budoia.
Era il 19 giugno del 1965 quando, a Dardago, si unirono in matrimonio Carla Parmesan e Sergio Fort. Ora, felici, hanno festeggiato con i famigliari le nozze d’oro e hanno voluto condividere la loro gioia con i lettori de l’Artugna. Congratulazioni vivissime dalla redazione.
37
Domenica 15 novembre 2015 Giorgia Poletti ha ricevuto il Battesimo. In questo giorno importante è bello ricordare il suo papà Marco mancato circa due anni fa. Il suo papà che sicuramente è stato accanto a lei con gioia, pieno di orgoglio e ammirazione. Certamente si è commosso vedendola nel suo vestito per la festa e contemplando il suo viso con le sue espressioni di gioia e serenità vicino alla sua mamma Giovanna. Per Giorgia questo è stato il primo avvicinamento a Dio. Un momento che Marco ha tanto desiderato e che immaginava spesso, contento di viverlo e festeggiarlo insieme ai nonni e tutti i suoi famigliari. Un evento di cui Marco parlava spesso sin dalla nascita di Giorgia: occasione per poter presentare a tutti gli zii e cugini di Milano e di Crema la sua piccola e bellissima bambina ed esprimere a tutti la sua grandissima gioia di essere il suo papà, dandole il benvenuto tutti insieme. È stato bello ammirare la piccola Giorgia e trovare in lei le somiglianze ed i tratti del suo papà Marco. E certamente Marco era tra i partecipanti alla festa e il suo sguardo è protezione, accompagnava Giorgia
nella sua nuova vita per sempre. Ai nonni Maria Assunta e Mario, profondamente emozionati, si è stretto il cuore a vedere la loro nipotina e sentire la mancanza fisica del papà Marco, ma nel contempo sentire la presenza spirituale di Marco ha alleviato il loro dolore in questo giorno di gioia. E insieme alla mamma Giovanna e ai nonni materni le vorranno sempre bene e veglieranno su di lei, come Marco avrebbe voluto. I NONNI MARIA ASSUNTA E MARIO
Lamont. Rivista di studi su Mezzomonte di Polcenigo. È un’occasione per permettere all’escursionista di scoprire i luoghi dove la piattaforma marina lasciò segni tangibili del suo plurimilionario passaggio, offrendoci ricchezze naturali di insolito fascino. «Potenziare la valorizzazione e favorire la fruizione dei luoghi di maggior interesse naturalistico e storico, in senso lato, – riporta l’Amministrazione Comunale di Budoia, nella prefazione dell’opuscolo – è un compito importante e imprescindibile che le amministrazioni locali devono affrontare per la salvaguardia del paesaggio e del territorio che parte dalla responsabilità nei confronti dei luoghi stessi e delle popolazioni che vi abitano». Ci congratuliamo con il gruppo culturale, in particolare con Giovanni Mezzarobba, ed auguriamo alla redazione un lungo e proficuo percorso.
[...dai conti correnti ]
L’Associazione culturale «Chiei da Lamont» ha presentato la sua prima iniziativa editoriale di studi Lamont che si pone in continuità con il passato ossia con la serie di volumi La Mont, editi negli anni Novanta del secolo scorso come supplemento del periodico l’Artugna con il patrocinio della Società Filologica Friulana. La pubblicazione è stata resa possibile anche grazie al sostegno delle Amministrazioni comunali di Polcenigo e Budoia. Ad inaugurare questo nuovo corso è lo studio scientifico di Barbara Buttignol, che approfondisce in modo dettagliato sia gli aspetti naturalistici che geomorfologici e paleontologici della zona mezzomontina con la valorizzazione di un percorso didattico che da Mezzomonte conduce a Pra’ del Biser, riguardando i comuni di Budoia e
un nuovo rito nella notte di Natale a Dardago! Prima della Santa Messa di mezzanotte, i fedeli potranno vivere il rito – suggestivo e ricco di significato – della discesa di Gesù Bambino dalla cella campanaria verso il Sagrato. Grazie all’amico e compaesano Luca Polesel del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Pordenone, che – insieme ad un collega – ha proposto e organizzato questo 'momento'.
[recensione ]
Buon Ferragosto, amici! Sarà come sempre un bel motivo per ritrovarci! Saluti cari a tutti. SILVANA BOCUS PISU – SUSEGANA
Ecco la nostra offerta per continuare a ricevere l’Artugna che ci permette di essere sempre aggiornati sulle novità di Dardago. FAMIGLIA PIETRO ZAMBON VIALMIN – VETRAZ (FRANCIA)
La mia offerta per l’Artugna che leggo sempre molto volentieri. ANTONIO BASTIANELLO – MILANO
Mi ha fatto piacere ricevere i numeri arretrati de l’Artugna. Grazie! ENEA FORT – VARESE
Per l’abbonamento a l’Artugna che riceviamo con piacere. Cordiali saluti. AGNESE E DOMENICO DIANA – MESTRE
bilancio Situazione economica del periodico l’Artugna Periodico n. 135
entrate
Costo per la realizzazione
4.200,00
Spedizioni e varie
280,00
Entrate dal 19.07.2015 al 03.12.2015
4.225,00
Totale
4.225,00
38
uscite
4.490,00
Lu ci a Sa nt a
Bu do ia
Da rd ag o
programma religioso natalizio
GIOVEDÌ 24 DICEMBRE 2015 VIGILIA DEL SANTO NATALE • Santa Messa in nocte
24.00
22.00
22.00
VENERDÌ 25 DICEMBRE 2015 SANTO NATALE • Santa Messa solenne • Santa Messa vespertina
11.00 –
10.00 18.00
11.00 –
SABATO 26 DICEMBRE 2015 SANTO STEFANO • Santa Messa • Concerto Collis Chorus
18.00 –
10.00 –
10.00 17.00
DOMENICA 27 DICEMBRE 2015 SANTA FAMIGLIA • Santa Messa • Santa Messa vespertina
11.00 –
10.00 18.00
10.00 –
GIOVEDÌ 31 DICEMBRE 2015 • Santa Messa e canto del Te Deum • Canto del Te Deum
18.00 –
– 17.00
– 17.00
18.00
11.00
10.00
11.00 –
10.00 18.00
10.00 –
18.00
17.00
17.00
VENERDÌ 1° GENNAIO 2016 SANTA MADRE DI DIO GIORNATA MONDIALE DELLA PACE • Santa Messa solenne e canto del Veni Creator DOMENICA 3 GENNAIO 2016 • Santa Messa • Santa Messa vespertina MARTEDÌ 5 GENNAIO 2016 VIGILIA DELL’EPIFANIA • Santa Messa e benedizione acqua, sale e frutta
Nelle rispettive comunità la tradizionale accensione del panevin MERCOLEDÌ 6 GENNAIO 2016 EPIFANIA DEL SIGNORE • Santa Messa solenne • Benedizione dei bambini, rappresentazione presepe vivente sul sagrato • Santa Messa vespertina • Concerto Insieme Vocale Elastico
11.00 15.00
10.00 –
10.00 –
– –
18.00 –
– 17.00
CONFESSIONI
Dardago Budoia Santa Lucia
giovedì 24 giovedì 24 giovedì 24
dalle 15.00 alle 17.00 dalle 15.00 alle 17.00 dalle 18.00 alle 19.00
Auguri B Ó N
N A D H À L
«Magi voi siete i santi più nostri, i pellegrini del cielo, gli eletti, l’anima eterna dell’uomo che cerca cui solo Dio è luce e mistero» DAVID MARIA TUROLDO
Giotto di Bondone (1267-1337), Adorazione dei Magi, Cappella degli Scrovegni, Padova.
LA MADONNINA DELLA SORGENTE DE «I AGARÓI»
La Madhoneta de i Agarói Sta’ tento che no sea agarói intorvia l’aga! «Stai attento che non ci siano bisce vicino all’acqua!» Era la ferrea raccomandazione di un tempo, quella fatta dagli adulti ai ragazzi durante la fienagione quando, dai prati, si recavano alle fonti per l’approvvigionamento dell’acqua. Eppure non c’era da temere alcunché. Perché l’agaról, o «biscia dal collare», è una innocua serpe di colore verde o marrone con una «fascia» gialla che le cinge la testa. Grande nuotatrice, predilige le aree vicine agli specchi d’acqua dolce, proprio come quelli che si trovano in una delle nostre località montane: «ai Agarói» appunto, il «posto delle bisce d’acqua» oppure il «rigagnolo d’acqua», stante ad un’altra interpretazione del termine che identifica il toponimo. Il luogo è situato tra l’alta Val de Croda e San Tomè e si caratterizza per una sorgente d’acqua cristallina
che sgorga dalla roccia e che mantiene la medesima temperatura sia d’estate che d’inverno. A memoria d’uomo ha sempre zampillato, seppur con diminuzioni di portata, senza mai esaurirsi. Si racconta che, nei periodi di prolungata siccità, anche le genti di Mezzomonte venissero ad attingere quell’acqua leggera dal ridotto contenuto di carbonato di calcio e magnesio. È sempre stato un luogo speciale per il nostro paese, oggi rinnovato con il restauro della fonte e con la collocazionedi una statua della Vergine nel landre roccioso. Un luogo protetto, di preghiera e meditazione, di ristoro fisico e spirituale, dove potersi dissetare con acqua fresca, contemplando la bellezza della natura. DON MAURIZIO BUSETTI