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Anno XLVII · Agosto 2018 · Numero 144 Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia
di Roberto Zambon
[ l’editoriale ]
Sacerdote da 40 anni Il 30 luglio 1978, quarant’anni fa, a Dardago ci fu grande festa perché, dopo molto tempo, un altro figlio della sua terra, Maurizio Busetti, veniva ordinato sacerdote. La chiesa era stata ben preparata, tirata a lucido. Perfino il magnifico lampadario in vetro di Murano, danneggiato dal terremoto di due anni prima, fu rimesso al suo posto per «dar luce» a questo avvenimento. Il vescovo Abramo Freschi, così aveva annunciato alla comunità parrocchiale: «Vengo tra voi per consacrarlo sacerdote in eterno in seno al popolo di Dio, perché sia guida e maestro dei fedeli con l’esempio e la parola, perché distribuisca la ricchezza della grazia del Signore attraverso i Sacramenti che comunicano la vita divina e perché possa celebrare l’Eucarestia, centro e cuore della comunità dei credenti, a lode di Dio ed a salvezza degli uomini». Grande, importante e irrinunciabile missione quella del sacerdote! *** Il 15 agosto, festa dell’Assunta e giorno del compleanno, don Maurizio celebrò la sua prima Messa solenne nella nostra grande chiesa, gremita come non mai. All’altare, il neo sacerdote era assistito da vari celebranti e compagni di seminario. Il coro, formato da un centinaio di elementi, tra adulti e piccoli cantori, contribuiva a rendere ancor più solenne la cerimonia. La giornata fu memorabile. Le cronache del tempo ci parlano anche di una «folla strabocchevole» che nella serata riempiva la grande piazza del paese in occasione del «4° Dardagosto-minifestival della canzone gioiosa».
Ovviamente, il paragone è un po’ tirato. Altri tempi, altre situazioni, altra popolazione. Ora i sacerdoti sono diminuiti, la grande maggioranza sono anziani, e non bastano a coprire tutte le parrocchie. Ormai i «cappellani» non esistono più. Solo nelle parrocchie molto grandi il parroco è aiutato da qualche altro sacerdote. Il calo continuo di sacerdoti è un fenomeno che sembra irreversibile. Come faremo? Come farà la Chiesa? Queste le domande, pur legittime, dei cristiani. Sembra che la barca vada alla deriva, siamo preoccupati per non dire sfiduciati. *** Ci viene incontro il Vangelo, come in molte altre occasioni: Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva»…. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (Mc 4,35-41). La bella ricorrenza per i 40 anni di sacerdozio di don Maurizio sia anche occasione per pregare il Padre Celeste perché – per intercessione della nostra Madre Assunta in cielo – mandi operai alla sua mèsse, bravi sacerdoti che siano guide e maestri del loro popolo.
*** Son passati 40 anni. Don Maurizio, dopo varie esperienze in altre parrocchie, dal 2010 è parroco di Dardago, Budoia e Santa Lucia «calcando le orme» del dardaghese don Romano Zambon, ultimo pievano dei tre paesi. 2
c’è sempre qualcosa da dire sui preti
la lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti
Se il prete una volta parla dieci minuti più a lungo: è un parolaio. Se durante una predica parla forte: allora urla. Se non predica forte: non si capisce niente. Se possiede un’auto personale: è capitalista, è mondano. Se non ha un’auto personale: non è capace di adattarsi ai tempi. Se visita i suoi fedeli fuori parrocchia: allora gironzola dappertutto. Se frequenta le famiglie: non è mai in casa. Se rimane in casa: non visita le famiglie. Se parla di offerte e chiede qualcosa: non pensa ad altro che a far soldi. Se non organizza feste, gite, incontri: nella parrocchia non c’è vita. Se in confessionale si concede tempo: è interminabile. Se fa in fretta: non è capace di ascoltare. Se comincia la Messa puntualmente: il suo orologio è avanti. Se ha un piccolo ritardo: fa perdere tempo a un sacco di gente. Se abbellisce la Chiesa: getta via i soldi inutilmente. Se non lo fa: lascia andare tutto alla malora. Se parla da solo con una donna: c’è sotto qualcosa. Se parla da solo con un uomo: eh! Se prega in Chiesa: non è un uomo d’azione. Se si vede poco in Chiesa: non è un uomo di Dio. Se si interessa agli altri: è un impiccione. Se non si interessa: è un egoista. Se parla di giustizia sociale: fa della politica. Se cerca di essere prudente: è di destra. Se ha un po’ di coraggio: è di sinistra. Se è giovane: non ha esperienza. Se è vecchio: non si adatta ai tempi. Se muore: non c’è nessuno che lo sostituisce!
R iflettevo su queste considerazioni, pubblicate qualche tempo fa su una rivista religiosa, soprattutto dopo la morte del parroco di Coltura don Silvio Cagnin. Gente di quella parrocchia o altri mi manifestavano la preoccupazione che non avrebbero più avuto un parroco tutto per loro, non sapevano se la chiesa sarebbe stata aperta, se avessero avuto la Santa Messa alla domenica… chi li avrebbe accompagnati alla sepoltura? In questi nostri tempi nei quali il parroco non è più una persona di primo piano, come lo poteva essere una volta, per la maggior parte delle persone ma solo per alcuni affezionati e pressoché di una certa età, la comunità cristiana continua però a sentire l’esigenza di uno al quale poter ricorrere per sentire una parola di conforto e di speranza, una persona che richiami ad una Trascendenza che dia un senso alle attese più profonde e più forti della vita. *** Ed è per questo che ringrazio il Signore per questi quarant’anni della mia vita dedicati a Lui e alla Sua Chiesa. Perché l’ho esperimentato di persona, ogni giorno, da quell’ormai lontano 30 luglio 1978.
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[ la ruota della vita ]
NASCITE Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di... Chiara Belfiore di Biagio e di Roberta Nicolò – Budoia Gloria Fasan di Davide e di Elisabetta De Franceschi – Budoia Leonardo Manieri di Enrico e di Marianna Milone – Budoia Mattia Cipolat Mis di Massimo e di Elena Gava – Budoia Giulio Ermanno Quaia di Lorenzo e di Marina Castelli – Dardago Sofia Zambon di Antonio e di Valentina Barani – Dardago Olivier Chloe di Bernaz e di Celine Gabriella Puppin – Dardago Martina Zambon di Piero e di Barbara Puppini – Dardago
MATRIMONI Felicitazioni a... Stefano Zambon Vialmin e Emanuela Dordoni – Milano Antonio Riccucci e Federica Zambon Ite – Monaco di Baviera Nozze d’oro Rosella Dedor e Alessandro Fontana – Castelnuovo del Garda (Vr) – Budoia
LAUREE, DIPLOMI Complimenti! Licenza Media Superiore Alessia Manenti – Liceo Economico Sociale – Santa Lucia Laurea Chiara Baracchini – Laurea Magistrale in Chimica Industriale – Budoia Martina Zanchetta – Laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutica – Santa Lucia Alice Busetti – Laurea Magistrale in Geoscienze – Trieste Francesca Pujatti – Laurea in Economia Aziendale – Budoia Andrea Zanus Perelda – Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale – Pordenone Francesco Turri – Laurea in Economia e Gestione d’Impresa – Verona Simone Zambon – Laurea Magistrale in Architettura – Dardago
DEFUNTI Riposano nella pace di Cristo. Condoglianze ai famigliari di…
IMPORTANTE Per ragioni legate alla normativa sulla privacy, non è più possibile avere dagli uffici comunali i dati relativi al movimento demografico del comune (nati, morti, matrimoni). Pertanto, i nominativi che appaiono su questa rubrica sono solo quelli che ci sono stati comunicati dagli interessati o da loro parenti, oppure di cui siamo venuti a conoscenza pubblicamente. Naturalmente l’elenco sarà incompleto. Ci scusiamo con i lettori. Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.
Antonio Rigo di anni 63 – Dardago Maria Loredana Favetta di anni 81 – Budoia Luciano Zambon di anni 71 – Budoia Bruno Zambon Pinàl di anni 84 – Dardago Elio Raffaele Silvestri di anni 85 – Dardago Marianna Carlon di anni 103 – Budoia Giovanna Bravin di anni 83 – Santa Lucia Renza Cauz di anni 79 – Santa Lucia Anita Zambon di anni 60 – Dardago Norma Angelin di anni 91 – Trieste Flavia Zambon Pinàl di anni 69 – Milano Maria Zambon Marin di anni 95 – Torino Luciano Ponte di anni 88 – Portogallo Jill P. Courtney Bocus di anni 78 – Canada
[foto di Francesca Romana Zambon]
DAL CARTONCINO RICORDO PER I 40 ANNI DI SACERDOZIO
[...] Quanti ricordi, quante persone, quante situazioni felici o dolorose: una vita col Signore e con i fratelli e di tutto questo grazie Signore, Tu hai fatto tutto [...]
2 Editoriale di Roberto Zambon
sommario
In copertina. Don Maurizio Busetti parroco di Dardago, Budoia e Santa Lucia saluta le sue tre Comunità.
3 La lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti 4 La ruota della vita
II ·
agosto 20
18
anno XL V
6 Dardago, 15 agosto 1978 di Mons. Orioldo Marson
144
8 La festa della friulanità a Budoia di Federico Vicario 11 I cognomi della Pieve di Roberto Zambon 14 I prati stabili, serbatoio di biodiversità di Fabio Bidese 17 Prepariamo insieme il futuro di Miriam Zambon 19 In cammino nel «Camino» di Vincenzo Zambon Glir 22 Giacomo Zanchet, la passione per la cultura e il teatro del primo Direttore Responsabile del nostro periodico di Vittorio Janna Tavàn 24 Assoluzione piena per il furto della Dominia ladra di Fabrizio Fucile 27 A Piancavallo, un grandioso mosaico di Ezio Burelli 28 L’Oasi Paradiso di Roberto Zambon 30 La botega de la Paola di Adelaide Bastianello Thisa e di Franca Danut 32 Alla fine del colonialismo italiano in Eritrea a cura della Redazione 34 ’n te la vetrina
Direzione, Redazione, Amministrazione tel. 348.8293208 · C.C.P. 11716594 IBAN IT54Y0533665090000030011728 dall’estero aggiungere il codice BIC/SWIFT: BPPNIT2P037 internet www.artugna.blogspot.com e-mail direzione.artugna@gmail.com Direttore responsabile Roberto Zambon · cell. 348.8293208 Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna Contributi fotografici Archivio de l’Artugna, Fabio Bidese, Paolo Burigana, Vittorina Carlon, Vittorio Janna, Rita Marson, Francesca Romana Zambon, Valentino e Vincenzo Zambon, Antonio Zanchet Spedizione Francesca Fort Ed inoltre hanno collaborato Francesca Janna, Mario Povoledo, Espedito Zambon, Gianni Zambon Rosìt Stampa Sincromia · Roveredo in Piano/Pn
Autorizzazione del Tribunale di Pordenone n. 89 del 13 aprile 1973 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.
35 Dal Canada un saluto ed un ricordo di Nadia Bocus Frith 36 Dedhunà fa bin! di Flavio Zambon Tarabìn Modola
Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.
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37 Don Antonio Gasperin di Fernando Del Maschio 38 Lasciano un grande vuoto... 41 L’angolo della poesia 41 Cronaca 44 Mondiali a Budoia! di Stefania Zambon 44 Inno alla vita 46 I ne à scrit... ...dai conti correnti Bilancio 47 Programma Dardagosto
ed inoltre... Cent’anni dalla Grande Guerra Inserto n. 11 a cura di Vittorina Carlon, Vittorio Janna e Roberto Zambon
40° DI SACERDOZIO
15 agosto 1978 DARDAGO
di don Orioldo Marson Vicario generale
P apa Benedetto XVI, il 15 agosto 2011, disse così: «È un mistero grande quello che oggi celebriamo, è soprattutto un mistero di speranza e di gioia per tutti noi: in Maria vediamo la meta verso cui camminano tutti coloro che sanno legare la propria vita a quella di Gesù, che lo sanno seguire come ha fatto Maria. Questa festa parla allora del nostro futuro, ci dice che anche noi saremo accanto a Gesù nella gioia di Dio e ci invita ad avere coraggio, a credere che la potenza della Risurrezione di Cristo può operare anche in noi e renderci uomini e donne che ogni giorno 6
cercano di vivere da risorti, portando nell’oscurità del male che c’è nel mondo, la luce del bene». Con questo spirito di gioia e speranza desideriamo vivere la solennità dell’Assunzione di Maria il 15 agosto 2018, con speciale attenzione rivolta al nostro caro don Maurizio. Don Maurizio – secondo nome Pietro – figlio di Severino e di Pia Aurora Zambon, è nato a Milano il 15 agosto 1950: questo giorno è la festa del suo compleanno. Non solo. Il giovane Maurizio è stato ordinato sacerdote il 30 luglio 1978: ricorre dunque il quarantesimo anniversario di quel momento fondamentale della sua vita, importante per l’intera comunità diocesana. Da lì è iniziato il suo ministero. È stato vicario cooperatore a Sant’Andrea di Portograuro dal 1978 al 1982 e quindi ad Azzano Decimo dal 1982 al 1987. Quindi parroco a San Martino di Campagna dal 1987 al 2010, e insieme di Sedrano dal 1997 al 2010. L’8 settembre 2010 è diventato parroco di Dardago, Budoia e Santa Lucia di Budoia. A sinistra. Prima Messa Solenne di don Maurizio, il 15 agosto 1978. A sinistra don Raffaello Martin e a destra Franco Biasuzzi. Momenti della ordinazione sacerdotale (30 luglio 1978).
Con lui e per lui ringraziamo il Signore, affidando lui e le nostre comunità alla Vergine Maria. Maria è la Madre della speranza, in primo luogo con la sua vita, una vita buona e bella nelle prove, tutta sostanza e niente apparenza. Che cosa ha fatto di speciale o straordinario? Tutto. Ha vissuto in maniera speciale e straordinaria le sue giornate, dentro all’avventura unica della vocazione a cui Dio l’ha chiamata. La vicinanza di Dio ci dona vera bellezza. Maria, così, è diventata un capolavoro. I santi sono persone libere, le persone più libere. Libere rispetto al peccato, a ciò che suscita: egoismo, odio, vendetta. La colletta della Messa così prega: «O Dio, che ci hai dato la
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gioia di venerare la Vergine Maria, madre della santa speranza, concedi a noi, con il suo aiuto, di elevare fino alle realtà celesti gli orizzonti della speranza, perché impegnandoci all’edificazione della città terrena, possiamo giungere alla gioia perfetta, meta del nostro pellegrinaggio della fede». A lei eleviamo la nostra preghiera: «Santa Maria, Madre della misericordia, aiutaci a non disperare mai dell’amore di Dio e della possibilità di ritornare alla vera bellezza, anche quando usciamo di strada. Santa Maria, aiutaci a sciogliere i nodi della nostra vita per renderla più semplice, più bella, più autentica, fidandoci del Figlio tuo e guardando a Te, sorella e madre».
DOMENICA 20 MAGGIO 2018 · FRAIE DE VIERTE
la festa della friulanità di Federico Vicario Presidente della Società Filologica Friulana
Dopo quasi mezzo secolo di collaborazione con la Società Filologica Friulana, iniziata dal maestro Umberto Sanson nel 1970, il 20 maggio 2018, il Comune di Budoia ha avuto l’onore di ospitare la Fraie de Vierte, uno dei due più importanti incontri annuali promossi dal Sodalizio, che chiudeva la quinta edizione della «Settimana della cultura friulana». Per aver scelto il nostro piccolo Comune pedemontano posto nella fascia di ‘confine linguistico’ friulano-veneto, ringraziamo il Presidente, professor Federico Vicario, il Vicepresidente, dott. Pier Carlo Begotti, insieme con il direttore, dott. Feliciano Medeot, e il team dell’intera presidenza, e tutti i dipendenti della Società, in particolare Daniela Piva sempre molto paziente e disponibile.
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A sinistra. Esibizione del Gruppo Folcloristico Artugna sul sagrato della Chiesa di Budoia.
Sopra in senso orario. Intervento di Alessandro Fadelli su «Un paese di crode e di emigranti». Gottardo Mitri, relatore dei corsi pratici di lingua e cultura friulana. Intervento del Sindaco arch. Roberto De Marchi con accanto il presidente della S.F.F. prof. Federico Vicario. Un momento della premiazione degli studenti vincitori del Concorso «Lenghis» 2018. Il pubblico che affollava la sala consiliare del Comune.
a Budoia Domenica 20 maggio le comunità di Budoia, di Dardago e di Santa Lucia hanno ospitato la tradizionale Fraie de Vierte, la festa della primavera della Società Filologica Friulana, l’appuntamento più importante e rilevante, insieme al Congresso sociale, tra quelli promossi dal Sodalizio. Anche quest’anno abbiamo avuto la partecipazione di tanti soci e amici che, nella giornata della Fraie e nella settimana che l’ha preceduta, hanno voluto conosce meglio
questo splendido angolo del nostro Friuli, una terra, quella di Budoia, davvero ricca di tradizione, di arte, di cultura e di natura. La calorosa accoglienza del sindaco Roberto De Marchi, del parroco don Maurizio Busetti, che ha celebrato la Santa Messa, del gruppo folcloristico Artugna, che ha intrattenuto i convenuti con balli e musiche della tradizione friulana, è stato il preludio ad una bella giornata trascorsa in famiglia, che ci ha permesso di apprezzare la storia 9
e di ammirare le bellezze del territorio. Un doveroso omaggio a Budoia è stata l’edizione del numero monografico Budoia… oltre la balconela, un fascicolo speciale della rivista sociale Sot la Nape, che in 160 pagine, curate con competenza e attenzione da Pier Carlo Begotti, Vittorina Carlon e Roberto Zambon, racconta a tutta la comunità friulana – ma anche ai non friulani, evidentemente – episodi e personaggi di questi luoghi.
DOMENICA 20 MAGGIO 2018 · FRAIE DE VIERTE
Autorità e cori parrocchiali durante la Santa Messa.
Non solo ai curatori, ma anche a tutti i numerosi autori, va il nostro sentito ringraziamento, come d’altra parte al Comune, che ha garantito il sostegno finanziario per promuovere, attraverso questa pubblicazione, l’immagine di Budoia e delle sue eccellenze. La Fraie de Vierte, anche quest’anno a Budoia, ha assunto
Alcuni spettatori assistono all’esibizione del Gruppo Folcloristico Artugna.
un’ulteriore importante valenza, costituendo l’evento conclusivo della Settimana della cultura friulana, la rassegna regionale che si propone di valorizzare aspetti particolari, momenti storici e personaggi che hanno onorato la Piccola Patria e la sua storia. Il programma è stato come di consueto molto impegnativo e si è sviluppato in oltre 130 eventi distribuiti in tutto il Friuli – e nel vicino Veneto – dal 10 al 20 maggio, con la partecipazione di studiosi, ricercatori, istituzioni culturali regionali e locali, scuole e proloco, parrocchie e comuni, compagnie teatrali e corali. Valorizzare le differenze, nella pluralità delle sue manifestazioni, è il modo più giusto per ritrovare e apprezzare le radici dell’identità friulana, un’identità composita come tutte le identità storico-naturali, un’identità che si nutre della varietà delle espressioni territoriali e culturali che la compongono. Budoia e il suo territorio ci hanno dato un’ulteriore e vivace dimostrazione di questa varietà. La giornata del 20 maggio è stata anche l’occasione, però, per un particolare riconoscimento a Vittorina e Magda Carlon, esponenti del tessuto culturale locale, che da molti anni ormai 10
spendono la loro passione e le loro capacità per la crescita della loro comunità e della nostra Società Filologica Friulana. Hanno fatto questo con la partecipazione agli organismi sociali, con l’organizzazione di manifestazioni, con i rapporti costantemente tenuti con il mondo della scuola e della cultura regionale, con la preziosa opera di redattrici del diario scolastico bilingue Olmis, edito dal nostro Istituto ormai da venticinque anni e distribuito gratuitamente, in decine di migliaia di copie, a tutti i bambini delle scuole primarie delle tre provincie di Gorizia, Pordenone e Udine. Davvero grazie a entrambe per il loro lavoro, insomma, e con loro grazie a Budoia, a Dardago e a Santa Lucia per l’ospitalità che ci hanno offerto in questa Fraie del 2018. Anche qui, possiamo ben dirlo, la Società Filologica Friulana e tutti noi ci sentiamo a casa.
Angelin
Carlon
Bastianello Signora Janna
Del Maschio
Carlon
Ianna
Fort
Bastianello
Del Maschio
Busetti
Bocus Angelin Zambon
Busetti
Zambon Fort
ANALISI DEI COGNOMI DEI REGISTRI DEI BATTESIMI FINO AL 31 DICEMBRE 1899
i cognomi della Pieve di Roberto Zambon Curiosi, stravaganti, talvolta simpatici: i cognomi raccontano la storia degli individui e sono legati ai luoghi e alle circostanze che li hanno generati. Ognuno di noi ha il proprio cognome e le nostre famiglie se lo tramandano da secoli. Ma non è sempre stato così.
Fino al tardo Medioevo il cognome, come oggi inteso, non esisteva (specialmente per la gente comune). Nei documenti scritti, in caso di omonimia, per individuare le persone si utilizzava, di norma, la paternità. La più antica pergamena dell’archivio storico parrocchiale di Dardago1 è un atto notarile del 1299 in cui i contraenti erano indicati con il solo nome (Morando, Filippo, Belotto, Manfredo) o con l’aggiunta del nome del padre (Varnerio di Lisor, Varnerio di Adalpreto, Oldorico di Pacuino). Lo stesso notaio si firmava con il solo nome: Zambono.2 Con l’incremento della popolazione e degli atti amministrativi o notarili si incominciò a individuare 11
le persone accostando al nome dell’interessato quello del padre o della località di provenienza; in alcuni casi si indicava il mestiere oppure un soprannome derivante spesso dalle caratteristiche fisiche: iniziano, così, a formarsi gli attuali cognomi. Nella pergamena n. 7 del citato archivio, datata 27 maggio1380, i contraenti e i testimoni non sono più indicati con il solo nome. Tra gli altri, troviamo infatti: Francesco detto Cichilino, Giovanni del fu Milone, Giovanni detto Burolo, Domenico Pellegrino, Francesco detto Zoppo, Giovanni Barato… Per l’uso costante del cognome, bisogna attendere fino alla seconda metà del ’500, dopo l’obbligo, sancito dal Concilio di Trento
Bastianello
Del Maschio
Busetti
Bocus Angelin
Bastianello Signora Janna
Del Maschio
Carlon
Ianna
Fort
Carlon
Zambon
Busetti
Angelin
Zambon Fort
(1564), della tenuta dei registri dei battesimi con l’indicazione, tra l’altro, di nome e cognome al fine di evitare matrimoni tra consanguinei. Nei piccoli paesi, dove alcuni cognomi raggruppavano una gran parte degli abitanti, il solo cognome non risolveva i problemi dell’omonimia e, quindi, si faceva ricorso ad
e negli attuali documenti di identità. In altri comuni, invece, il soprannome assume una veste di ufficialità e concorre a completare il cognome. Nel vicino comune di Aviano, ad esempio, alcuni cognomi sono formati anche da un soprannome (Tassan Caser, Din, Got, Zanin ecc.4).
un’ulteriore indicazione per individuare precisi ceppi famigliari. Ad esempio, il cognome più ricorrente (Zambon) nel corso degli anni è stato suddiviso in una trentina di «casati» (Pinal, Marin, Tarabin, Carnizza, Pala, Luthol…). Lo stesso per gli altri cognomi numericamente più importati. L’uso del soprannome non è frequente fino all’inizio del ’700. I primi esempi si ritrovano nel 1656 (Bastianello Peregrin e Anzelin Perut), diventano sempre più frequenti nell’800. Nel ’900, periodo in cui sono riportati solo i battesimi di Dardago, sono rari i nomi senza l’indicazione del soprannome.3 Va detto che questa suddivisione si ritrova nei registri parrocchiali e nell’uso quotidiano. Non è presente, invece, nei registri comunali
Analizzando i registri dei battesimi dalla metà del ’600 fino al 31 dicembre 1899,5 abbiamo raggruppato i nati per cognome elencando i primi cinquanta in ordine di ricorrenza. Oltre a questi, ci sono più di cento altri cognomi che non vengono riportati per la loro esigua numerosità. Moltissimi tra quelli non elencati non sono più utilizzati da decenni. Anche alcuni cognomi tra quelli elencati sono in disuso. Tra questi,
I 50 COGNOMI PIÙ RICORRENTI NEI REGISTRI DELLA PIEVE
COGNOME
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27
NUMERO
Zambon Fort Carlon Del Maschio Janna o Ianna Lachin (De) Angelin Cardaz(zo) Soldà (Del) Burigana Bocus Gislon Tres(so) Busetti Puppin Stefinlongo Rigo (De) Panizzut Bastianello Signora Vettor Scussat Parmesan Dedor Santin Biscontin Besa
1.941 1.215 1.174 1.066 1.005 843 746 563 538 484 477 467 465 389 387 367 331 327 294 284 249 238 222 214 212 198 182
%
COGNOME
11,13 6,97 6,73 6,11 5,76 4,83 4,28 3,23 3,08 2,78 2,73 2,68 2,67 Attestati tra 1662 e 1857 2,23 2,22 2,10 1,90 1,87 1,69 1,63 1,43 1,36 1,27 1,23 1,22 1,14 1,04
12
28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50
NUMERO
Rizzo (Del) Cecchelin (Cichilin) Sanson Loser Comin Del Zot(to) Carnizza Pellegrin(i) (De) Franzos Just (De) Pasut(to) Quain Antonelli Varnier Dorigo Andrean Fullin Bravin Mezzarobba Basso Celant Pusiol Donadel
Totale parziale Altri cognomi Totale
176 145 133 132 127 118 110 107 94 82 82 75 64 59 53 52 48 45 40 39 37 33 30 16.759 835 17.594
%
1,01 0,83 0,76 0,76 0,73 0,68 0,63 0,61 0,54 Attestati tra 1659 e 1828 0,47 0,47 Attestati tra 1664 e 1792 0,43 Attestati tra 1662 e 1840 0,37 0,34 0,30 0,30 0,28 0,26 0,23 0,22 0,21 0,19 0,17
I dieci cognomi attualmente I DIECI COGNOMI piùATTUALMENTE diffusi PIÙ DIFFUSI Comune di DI Budoia nelNEL COMUNE BUDOIA 1
Zambon
2
Carlon
3
Fort
4
Bocus
5
Del Maschio
6
Busetti
7
Angelin
8
Bastianello
9 10
Signora Janna o Ianna
taluni in passato erano molto frequenti. Ad esempio il cognome Tres o Tresso tra il 1662 e il 1857 era stato utilizzato per ben 465 volte risultando uno dei più frequenti in assoluto. La palma del cognome più frequente nei registri tocca a Zambon che rappresenta più dell’11% dei cognomi della Pieve. I primi cinque cognomi (Zambon, Fort, Carlon, Del Maschio e Ianna) rappresentano quasi il 37% del totale. Ad esclusione del cognome Tresso, i cognomi presenti nella parte alta della classifica sono attualmente presenti nel nostro Comune. Riportiamo in un’altra tabella i dieci cognomi attualmente più diffusi. Come si può vedere, il cognome Zambon mantiene il primato mentre Carlon sale al secondo posto alle spese di Fort. Nell’elenco dei primi dieci entrano Bocus, Busetti, Bastianello e Signora mentre escono Lacchin, Cardazzo, Soldà e Burigana. Considerando le limitate dimensioni, i nostri paesi hanno una diffusa varietà di cognomi. Uno dei prossimi progetti è quello di approfondire l’origine ed il significato dei cognomi e del vari soprannomi.
Alcuni esempi, tra i più antichi, dell’utilizzo dei cognomi nei Registri dei Battesimi della Pieve Santa Maria Maggiore di Dardago.
NOTE 1. C. Zoldan, La pieve di Dardago tra XIII e XVI secolo, Le pergamene dell’Archivio, l’Artugna, 2008. 2. Zambon(o), in origine era un nome proprio, derivante da Zuane Bonus, Giovanni Buono. 3. Ciò a causa del predominio di pochi cognomi e anche perché il pievano era un dardaghese (don Romano Zambon Pinal Riveta) abituato fin da piccolo al loro utilizzo. 4. In materia di soprannomi che vengono associati ufficialmente ad un cognome, ha fatto «storia» un provvedimento legislativo del 2009 relativamente a due cognomi molto diffusi a Chioggia: «Considerato che
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per lunga tradizione storica gli appartenenti alle famiglie Boscolo e Tiozzo sono identificati da un ulteriore elemento, formatosi originariamente come soprannome e andato poi nei secoli ad individuare precisi ceppi familiari divenendo parte integrante del cognome, si decreta che gli elementi aggiunti ai cognomi Boscolo e Tiozzo, tramandati da padre in figlio, sono da considerarsi a tutti gli effetti parte integrante del cognome familiare». 5. Si è scelta questa data perché successivamente, nel registro dei battesimi di Dardago, non venivano più riportati i battesimi di Budoia e di Santa Lucia.
serbatoio di biodiversità
i prati stabili
Nel mese di febbraio 2018 sono iniziate le attività d’indagine relative alla località Ronzadel del Comune di Budoia, dove si ipotizza la presenza di una villa rustica di epoca romana. Inizialmente, in collaborazione con l’archeologo dott. Gianfranco Valle, ci siamo impegnati per reperire bibliografia edita e anche materiale ancora non pubblicato relativi al sito e a siti analoghi. Abbiamo anche iniziato la revisione del materiale archeologico (embrici e pesi da telaio) conservati nella sede del Comune di Budoia e consegnati al Gruppo Archeologico di Polcenigo. Nei mesi di marzo-aprile, precedentemente alla ripresa vegetativa dello strato erbaceo del prato stabile censito dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, era prevista nell’area oggetto di indagine l’apertura di alcune trincee di scavo per la verifica della sussistenza di strutture pertinenti
alla villa. In questi mesi però, in particolare nel mese di aprile, le cattive condizioni meteo non hanno permesso la realizzazione delle trincee in quanto l’utilizzo del mezzo meccanico, con il terreno fortemente imbibito d’acqua, avrebbe sicuramente danneggiato in maniera irreparabile il prato stabile tutelato dalla normativa regionale e probabilmente anche le strutture archeologiche sottostanti. Per questo motivo si è deciso un rinvio delle attività di scavo alla fine dell’estate o all’inizio dell’autunno, al termine del periodo vegetativo... sperando che le condizioni meteo questa volta ci aiutino! LUIGI VATTA segretario del Gruppo Archeologico GR.A.PO.
Nella pedemontana la coltivazione dei prati consente di mantenere un’alternanza tra ambiente aperto e il bosco.
di Fabio Bidese Specialista tecnico Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
I prati stabili sono delle formazioni erbacee, costituite da un numero elevato di specie vegetali spontanee, che non hanno mai subito il dissodamento e vengono mantenute solo con operazioni di sfalcio (e pascolo) ed eventuale concimazione. Si tratta di formazioni semi-naturali, in quanto sono costituite da diverse specie di erbe che non sono seminate dall’uomo, ma si sono selezionate storicamente in seguito allo sfalcio o al pascolo praticati in modo regolare e ripetuto. Nella nostra area climatica i pra14
ti del tutto naturali si trovano solo a quote elevate, al di sopra dei 1.800-2.000 metri, nella fascia alpina posta al di sopra della vegetazione legnosa. I prati stabili sono un elemento distintivo e di pregio del paesaggio pedemontano e dell’alta pianura, e non devono essere confusi con i prati avvicendati costituiti da erba medica o trifoglio o da graminacee seminate che si alternano nella rotazione dei terreni arativi con le monocolture a cereale (mais, frumento, orzo) o con la soia. Il territorio dell’alta pianura friu-
lana, contraddistinto da una forte piovosità annua ma con terreni ciottolosi molto drenanti, fino a qualche decennio fa era caratterizzato dalla tipica presenza dei prati magri, i cosi detti magredi evoluti, che venivano falciati una volta l’anno, ed eventualmente pascolati in autunno-inverno dalle greggi transumanti dai pascoli alpini. I prati stabili ancora presenti sono un prezioso serbatoio di biodiversità, oltre ad ospitare decine di specie di erbe e di fiori in stretta mescolanza, costituiscono l’habitat specifico di molti animali, in particolare insetti tra cui splendide farfalle, molti micromammiferi e uccelli. Con le loro fioriture scalari sono fondamentali per le vita delle api e dei pronubi selvatici, svolgono una importante funzione estetica e paesaggistica, garantiscono protezione e alimentazione (pabulum) ad una moltitudine di organismi terricoli e aerei, mantengono la fertilità e proteggono il suolo dall’erosione, rallentano i picchi di deflusso idrico e il dilavamento di nutrienti e di inquinanti agricoli. A differenza delle principali colture agricole, forniscono foraggio di qualità elevata, con aromi e profumi che migliorano e caratterizzano le produzioni zootecniche e casearie, senza il bisogno di concimi, diserbanti e antiparassitari.
IL DECLINO DEI PRATI In pianura l’avvento della agricoltura intensiva, con fertilizzanti chimici, erbicidi e potenti macchine agricole, ha portato ad una profonda trasformazione del modo di coltivare che si era mantenuto per secoli. Negli ultimi decenni molti prati storici che coprivano il piano sono stati dissodati per far posto alle colture avvicendate sostenute anche dalla recente politica agricola comunitaria che favorisce i seminativi. Molti prati delle zone agricole collinari o pedemontane, dove la
Squadra di falciatori al lavoro. In alto. Trasferimento invernale del fieno dalla medha alla stalla con la sloitha.
fertilità è scarsa ed è più difficile operare con mezzi meccanici moderni, hanno perso la loro funzione produttiva e abbandonati sono andati incontro ad un veloce rimboschimento. Nelle aree più vocate dove la presenza di allevamenti zootecnici ha favorito il mantenimento dei prati, la concimazione chimica o di origine zootecnica, se da un lato consente di aumentare la resa in foraggio, come risultato immediato porta ad una forte riduzione della varietà di erbe, con poche specie (prati oligofiti) che si avvantaggiano dell’eccesso di azoto e quindi la scomparsa del ricco corredo floristico e faunistico dei prati magri. Con la rarefazione e semplificazione dei prati si è riscontrata una progressiva scomparsa di diverse specie di uccelli che un tempo caratterizzavano la campagna, l’allodola, la quaglia, l’averla piccola, il saltimpalo, tanto per citarne alcuni, sono praticamente scomparsi dal panorama faunistico rurale. 15
L’INVENTARIO DEI PRATI STABILI DI PIANURA La Regione Friuli Venezia Giulia, costatato il progressivo abbandono e dissodamenti o di superfici prative, ha emanato la L.R. 29 aprile 2005, n.9 (Norme regionali per la tutela dei prati stabili naturali). L’art. 6 della L.R. 9/2005 ha previsto l’istituzione dell’inventario dei prati stabili della pianura al fine di censire quelli ancora presenti; l’inventario è una banca dati georeferenziata e contiene i dati relativi a poco meno di 8.000 appezzamenti prativi per una totale di circa 9.000 ettari. L’inventario è uno strumento dinamico, in quanto viene aggiornato regolarmente in conformità alle disposizione di legge sia d’ufficio sia su domanda del proprietario o del conduttore, la versione aggiornata ed approvata con D.G.R. 124 del 29 gennaio 2016 è consultabile e scaricabile dal sito internet della Regione tramite le tavole cartogra-
fiche contenute nella pagina regionale dedicata: www.regione.fvg.it/rafvg/cms/RA FVG/ambiente-territorio/tutelaambiente-gestione-risorsenaturali/FOGLIA50/FOGLIA35/ Le tavole cartografiche che comprendono il territorio del comune di Budoia sono la numero 16 e 26. L’inventario raccoglie le superfici a prato tutelato e vincolato ai sensi della suddetta legge regionale, e può essere consultato anche tramite la piattaforma Eagle.fvg, da cui è possibile scaricare il database in vari formati vettoriali. Le superfici individuate nell’inventario dei prati stabili costituiscono aree prioritarie per la concessione di contributi erogati dalla Regione per la conservazione dei prati, anche in attuazione dei programmi agricoli comunitari. I contributi sono concessi su richiesta dei proprietari o dei conduttori.
DIVIETI E DEROGHE PER I PRATI TUTELATI (ARTT. 4 E 5, L.R. 9/2005) Sulle superfici a prato inserite nell’inventario dei prati stabili di pianura non sono ammesse: riduzioni di superficie tutelata, trasformazioni colturali, modificazioni del suolo, livellamenti del terreno, scavi, riporti o depositi di materiale, dissodamenti e alterazioni al cotico, semine di specie non appartenenti all’associazione vegetale interessata, impianti di specie arboree o arbustive, irrigazioni (ad eccezione dei prati associati alle tipologie B e C indicate nell’Allegato A della suddetta legge. Sui prati tutelati inseriti nell’inventario è invece ammesso: concimare purché con le modalità indicate nell’Allegato C alla legge, pascolare purché non si causi degrado o modifica della tipologia di prato stabile. La violazione delle norme di conservazione prevede sanzioni e l’obbligo del ripristino. Nel caso in cui sia necessario trasformare un prato tutelato in altra destinazione, la stessa legge regionale prevede delle deroghe ai suddetti divieti ed ammette la possibilità, previo accoglimento della domanda, di realizzare interventi compensativi secondo le modalità previste.
CONTRIBUTI PER LA CONSERVAZIONE DEI PRATI STABILI TUTELATI Prato stabile su terreno più fertile con densa fioritura primaverile.
Qualora le risorse lo consentano, l’Amministrazione regionale può concedere un contributo forfetario annuo anche per attività svolte dai proprietari o conduttori finalizzate alla conservazione dei prati stabili inseriti nella banca dati regionale. Il contributo forfetario annuo è fissato in 250 euro/ettaro o per frazioni inferiori all’ettaro sino al limite massimo per unità di superficie previsto dal regolamento UE n. 1305/2013 e non è cumulabile 16
con altre sovvenzioni. Detto limite non trova applicazione per prati stabili di superficie inferiore ai 5000 metri quadri. Il termine di presentazione delle domande è il 31 marzo di ogni anno. La domanda può anche essere consegnata a mano presso le seguenti sedi della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia – Servizio paesaggio e biodiversità: – via Sabbadini, 31 – Udine; – largo San Giorgio, 12 – Pordenone. Recentemente la Regione FVG, con la Misura 441 del Programma di Sviluppo Rurale, ha pubblicato un bando di sostegno per l’Operazione 6 «Ripristino prati e pascoli in stato di abbandono a tutela della biodiversità». L’aiuto, liquidato in modo forfetario, è di 0,50 euro/mq, ed è rivolto ai proprietari e ai conduttori pubblici o privati che si impegnano a recuperare e mantenere per i 5 anni successivi , prati o pascoli di pianura o di montagna abbandonati o rimboschiti. In considerazione dell’importanza che la Regione riconosce al recupero e mantenimento dei prati stabili, da alcuni anni è in atto il Progetto LIFE Magredi Grasslands – Ripristino di praterie aride in quattro Siti della Rete ecologica Natura 2000 della Regione FVG, www.magredinatura2000.it realizzato anche con il contributo dello strumento finanziario «LIFE + Nature & Biodiversity» dell’Unione Europea. Il Progetto, della durata di 7 anni, è finalizzato al recupero e mantenimento di oltre 430 ettari di praterie asciutte a partire da terreni agricoli o superfici cespugliate, e prevede il contenimento delle specie vegetali alloctone e la diffusione delle specie botaniche più rare e maggiormente minacciate.
prepariamo insieme
il futuro La vita del giovane è andare avanti, essere inquieto, la sana inquietudine, la capacità di non accontentarsi di una vita senza bellezza, senza colore. Se i giovani non saranno affamati di vita autentica, dove andrà l’umanità? Dove andrà l’umanità con giovani quieti e non inquieti? PAPA FRANCESCO
di Miriam Zambon È tempo di Sinodo. Il Sinodo dei Giovani! Voluto da Papa Francesco per dare voce alle speranze dei giovani. È un modo per la Chiesa di mettersi in ascolto dei ragazzi e trovare strade da percorrere insieme per dare forma al mondo di domani. È tempo d’estate! Nelle città, nei paesi, nelle comunità ecco che si avviano i centri estivi: il Grest in oratorio, i «Punti Verdi», i campus vari dove un buon numero di giovani si dedica volontariamente a gestire e ad animare le giornate dei più piccoli. È tempo di scelte! Quanti giovani terminate le scuole superiori
si trovano a dover scegliere cosa fare del loro futuro, se proseguire gli studi o entrare nel mondo del lavoro mettendo, comunque, in gioco le proprie doti, talenti, interessi, passioni e paure! Ecco allora che i giovani sono al centro dell’attenzione, anzi devono essere al centro dell’attenzione di noi adulti, perché a noi è dato il compito di educarli e stargli accanto. Spesso, però, quando si parla di giovani e adolescenti il pericolo In alto. Alcuni dei nostri ragazzi del «Punto Verde», che si è svolto a Santa Lucia, insieme al parroco.
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è quello di cadere negli stereotipi come: sono ragazzi indifferenti, superficiali, passivi, iper connessi a Internet, video dipendenti, annoiati... in parte sarà anche vero! Ma non è una generazione di «storti o sbagliati»! In realtà, come è stato per noi, per i nostri genitori, per i nostri nonni anche loro sono pieni di sogni, attese e domande. E sono sogni belli, domande profonde e attese di bene e di felicità! È solo che i tempi sono cambiati, sono più difficili e faticosi; subiscono più di un tempo la pressione sociale e mediatica di nuovi modelli comportamentali che non
Volti sorridenti esprimono tutta la gioia dello ‘stare insieme’ per condividere sogni e attese.
sempre propongono valori davvero validi e solidi e felicità duratura. Siamo noi, dunque, adulti, genitori, nonni ed educatori che dobbiamo cercare di intercettare il loro bisogno, seguirli nei loro sogni senza far loro perdere la percezione della realtà infondendogli la speranza di un futuro per cui valga la pena di faticare, gioire, soffrire... Dobbiamo testimoniare che la vita è un bene grande, magari da portare avanti con sacrificio e fatica. Hanno bisogno della testimonianza di gesti concreti e coerenti che valgono più di mille raccomandazioni; di vedere che viviamo una vita buona al servizio degli altri, per quello che si può e per come si è capaci perché ognuno di loro, pur sembrando immerso nel proprio mondo, ci osserva e tutto ciò che noi affermiamo essere un bene per loro deve essere provato dentro un’esperienza affinché sia credibile... Poi hanno bi-
sogno di sentirsi voluti bene e accolti per come sono e soprattutto farli sentire veramente un bene prezioso. Eh, sì! Perché loro sono un bene prezioso da preservare e a cui dedicare le nostre attenzioni. Ho avuto l’occasione e la fortuna di incontrare giovani studenti e lavoratori che dedicano il loro tempo libero ad aiutare chi è in difficoltà, chi è più debole, chi è solo... altri che offrono le loro braccia per zappare la terra, piantare frutteti e raccogliere quanto producono sapendo che il ricavato è destinato ad aiutare chi vive nel bisogno... E non fanno questo per sentirsi a posto con la coscienza, si rendono conto che non basta lavorare sodo in ufficio, in fabbrica, altrove o passare con successo un esame o possedere chissà quali cose per essere felici... perché quella è una felicità destinata a svanire... ma sentono che met-
L’animatrice coordina le attività dei più giovani.
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tendo la loro vita al servizio degli altri tutto acquista un significato più vero, una ricchezza che non si può misurare e una gioia del cuore che non svanisce. E come loro ce ne sono tanti, anche qui in questi bei paesi. Anche se trascorro poche settimane all’anno a Dardago, quando è estate è bello vederli insieme che servono ai tavoli del Dardagosto, impegnati alla pesca di beneficenza e altri ancora che pieni di entusiasmo scoprono che sono capaci di far giocare, cantare, organizzare coinvolgere i bambini più piccoli dei «Punti Verdi». Mettono in gioco i loro talenti, imparano ad occuparsi dei più piccoli con serietà e responsabilità, imparano a convivere e condividere la fatica, gli insuccessi e le difficoltà. Questi sono i nostri giovani a cui ognuno di noi deve riconoscere il loro valore e ai quali dobbiamo dimostrare la nostra stima, incoraggiandoli a camminare dentro la vita con sicurezza, coinvolgendoli in iniziative affascinanti perché nel momento in cui sentono di aver conquistato la fiducia dell’adulto, sono in grado di dare nuova vitalità alla comunità. Un mondo migliore si costruisce con la collaborazione di tutti: giovani, adulti e anziani perché da una parte c’è l’immenso potenziale di bene e di capacità creative dei giovani e dall’altra l’esperienza e la saggezza degli adulti e degli anziani!
I pellegrinaggi hanno un importante ruolo nel mondo cristiano:
in cammino nel...
sono espressioni di religiosità popolare e al tempo stesso testimonianze di Fede nei segni che attestano l’impronta divina sulla storia umana.
‘Camino’ di Vincenzo Zambon Glir
C ara l’Artugna, ti raccontiamo la piccola e recente avventura sul «Camino di Santiago» di due tuoi compaesani Valentino e il sottoscritto con Angelo, un nostro amico bergamasco, non più giovani di età e tra di loro intrecciati da antica amicizia. Non si vuol fare una cronistoria ma descrivere alcune situazioni che hanno caratterizzato il viaggio e fatto riemergere la capacità, quasi assopita, di provare emozioni nuove. Tutto inizia da una telefonata in un grigio pomeriggio domenicale con la proposta di fare quanto, a parole un giorno lontano si farà… tra dire e il fare c’è di mezzo il mare. Sarà possibile tenere il passo di due Sottotenenti degli Alpini? Bisogna provare per saperlo. Il 30 aprile ci incontriamo all’aeroporto di Bilbao e grande cena a San Sebastian ospiti di vecchi amici del compaesano poliglotta a cui viene subito affidato il compito di tour operator (gratis). Alla mattina successiva trasferimento in auto a Pamplona, città di San Firmino, corsa dei tori
e del romanzo «Fiesta». Parcheggiata l’auto, con zaino in spalla, iniziamo a camminare. Il percorso dal centro a fuori città è indicato da una serie di conchiglie sul terreno, in rilievo o dipinte a pochi metri di distanza l’una dall’altra. La conchiglia oltre ad essere il simbolo del ‘Camino’ è presente in tutti i punti di svio indicando la giusta strada da percorrere. Che bello e comodo sarebbe se anche nella nostra vita ci fosse una conchiglia a guidarci per non sbagliare strada! La Navarra si presenta ventosa con dolci colline. A sera troviamo come unica sistemazione
Lungo il percorso del «Camino» innumerevoli sono i simboli e i cartelli che indicano ai pellegrini la giusta direzione. Sulla parete di una casa, dove i nostri tre protagonisti hanno sostato e pernottato, un cartello ricorda: «È il percorso che cambia le nostre vite, non la meta».
una camera con solo due letti, uno singolo e uno matrimoniale. In due dormono nel matrimoniale senza imbarazzo, la situazione si ripeterà come pure i servizi in comune negli ostelli utilizzati perché unica possibilità di pernottamento. Nello zaino, riempito di sole cose essenziali, c’è anche un pezzo
di sapone da bucato che viene usato per la biancheria. Consigliabile l’utilizzo di magliette tecniche perché asciugano in poco tempo. Fuori dal locale che ci accoglie, vi sono due distributori automatici, uno per bibite e un altro che rifornisce cerotti, garze e disinfettanti. In effetti molta cura è riservata ai piedi e alle calzature perché camminare molte ore e per più giorni di seguito può creare qualche inconveniente. La cena è gradevole, il «menu del pellegrino» semplice ma buono. Al mattino un compagno burlone richiama in servizio da youtube un trombettiere che suona la sveglia come a naja. Dopo colazione si ricomincia a camminare con una media tranquilla di 20 km al giorno con dislivelli accettabili. La ricerca del posto per dormire (con alterne fortune), la cena del pellegrino, lo spuntino a mezzogiorno, la tromba del mattino si ripetono anche negli otto giorni successivi. Non si ripete il paesaggio che passa dal giallo intenso dei campi di colza al verde dei prati e del grano non maturo a cui seguono grandi distese di vigneti con viti che sembrano cespugli. 20
In quest’ultima zona ci si può dissetare ad una fontana da cui non esce acqua ma bensì… vino. Il camminare non è un semplice mettere un piede avanti all’altro. È molto di più. A tratti, tra di noi, si scherza, ci si prende in giro, ci si urta per posizioni politiche ed etiche, si vorrebbe smontare il mondo e ricostruirlo più giusto… si sta in silenzio. Incontriamo persone con cui condividiamo pochi metri o qualche chilometro (metafora della vita) parlando di cose semplici. Giovani e meno giovani, alcuni in bicicletta, soli, coppie o piccoli gruppi (in prevalenza signore di mezza età) e ci si saluta sempre, qualcuno (raramente) ha un rosario in mano. Ci si chiede cosa spinge, ad esempio, un canadese o un australiano a venire qui? Certo non la mancanza di strade e spazi attorno alla loro casa… I viottoli e stradine sono le stesse da circa otto secoli e pensare a chi li ha percorsi, senza scarponcinii e zaini impermeabili, ma solo con tanta Fede ci si sente piccoli. Colpisce una coppia di americani di mezza età che superandoli ci avevano salutato e solo rincontrandoli, in un sosta spuntino ci si accorge di lei
A sinistra. Sulla collina «Alto del Perdon», a circa 20 chilometri da Pamplona, Valentino Zambon Ite e Vincenzo Zambon Glir sostano per la foto di rito. Alle loro spalle alcune sagome del grande «Monumento del Pellegrino». A lato. «Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è molto utile et umile et pretiosa et casta». Per Vincenzo, Valentino e Angelo è fondamentale ‘fare il pieno’ del prezioso ed indispensabile elemento per poter proseguire. Sotto. Non solo acqua… a Estella, lungo il cammino, una fontana offre gratuitamente anche il vino. Ai viaggiatori una scritta raccomanda: «...t’invitiamo con grazia a bere senza abusarne...».
ipovedente e di lui completamente cieco. Quale grande motivazione, quanta forza d’animo e quanto amore reciproco in quelle due persone! Due curiosità da ostello. I telefonini in carica, nelle prese
dei locali comuni, sembrano abbandonati senza nessuno a fare «la guardia»... Nonostante la promiscuità i servizi sono decorosamente puliti (magari con l’acqua della doccia tiepida). La biancheria di ogni
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genere che ognuno si lava viene appesa su stendini comuni (portarsi le pinzette) formando un arcobaleno di oggetti e colori e al ritiro non manca niente. Una sera, in attesa di cenare dopo la doccia e bucato, un gruppo di ragazzi e ragazze di varie nazionalità si raduna davanti all’ostello. Capelli scarmigliati, ciabattine, magliette disegnate con tanti colori. Scherzano, ridono, fraternizzano e condividono dei dolci. Dopo cena bevono tisane e vanno a dormire presto. Li rivediamo al mattino prima della partenza perfettamente equipaggiati, quindi consapevoli che le mete non si raggiungono improvvisando. La speranza è che questi ragazzi diventati adulti si ricordino nell’esercizio nella loro professione, probabilmente di responsabilità, della bellezza della condivisione. Sono stati giorni spensierati, lontani dalla quotidianità, trascorsi in armonia tra di noi e attorno a noi. Esperienze simili ci obbligano a cercare di sorridere alla vita nonostante l’età che avanza e i guai che ci affliggono.
NEL 40° ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA
Qualche mese fa mi sono trovato a riordinare, quasi meccanicamente, i primi fascicoli de l’Artugna. Nel dare una nuova disposizione non ponevo molta attenzione alle foto stampate sulle copertine che, ‘silenziose’, mi passavano tra le mani. Immagini in bianco e nero di un mondo quasi dimenticato. Sembrava che avessero perso forza e vitalità, ma invece – ancora una volta e in modo subliminale – riuscivano a lanciare il loro messaggio. Riuscivano ancora a dialogare… a far pensare. Mi sono ritrovato così a ‘camminare’ nei ricordi degli anni Settanta, e precisamente nei primi mesi del 1972, quando l’allora pievano don Giovanni Perin durante un incontro propose al ‘gruppo dei giovani’ una delle sue tante idee. Quella di dar vita ad un giornale. Sosteneva che alla Comunità di Dardago mancasse un periodico, una rivista che avesse come fine quello di informare e soprattutto di mantenere il legame tra le persone in paese e quelle residenti in altre città o all’estero. Ricordo con nostalgia quegli anni, quel modo di lavorare, quello ‘stare insieme’ spontaneo. Non c’erano appuntamenti programmati o meeting organizzati, ma semplici e istintive ‘adunate’ perché così… era bello fare. Parlare, ridere e scherzare tra ragazzi e ragazze in oratorio. Dialogare e progettare con fiducia il futuro. Dopo il nostro ‘sì’, anche quella ‘riunione’ – come tante altre – terminò da Alfredo Simon allo Chalet Belvedere in Val de Croda.
Nessuno di noi quella sera si era reso conto che la ‘nave’, seppur ancora priva di nome, era stata varata e la rotta tracciata. C’era l’armatore, c’era l’equipaggio, mancava solo il capitano…
Giacomo Zanchet la passione per la cultura e il teatro del primo Direttore Responsabile del nostro periodico di Vittorio Janna Tavàn «Il maestro», come tutti lo chiamavano in paese, era nato a Mezzomonte nel Comune di Polcenigo nel 1905. Si trasferì in giovane età a Venezia, dove il padre, cav. Antonio Zanchet, svolgeva mansioni di capotecnico principale della Regia Marina presso l’Arsenale. Nella città lagunare frequentò prima gli studi classici e poi l’istituto magistrale. Negli anni ’30 Giacomo si spostò con la famiglia in Istria, poiché il padre fu trasferito all’Arsenale di Pola. In questo periodo consoliderà e acquisirà nuove esperienze che alimenteranno ancor più la sua passione per la cultura, le arti e il teatro. Ed è proprio in questi anni che lo troviamo a recitare presso il Teatro Sociale di Pisino (oggi in Croazia). 22
Rientrò a Venezia agli inizi della Seconda Guerra Mondiale, si arruolò nell’esercito e fu destinato al fronte in Terra d’Africa. Al termine del periodo bellico si riunì ai famigliari, dedicandosi all’insegnamento senza mai interrompere i legami affettivi con il paese di origine. Negli anni ’50, dopo aver vinto un posto di ruolo al concorso per insegnanti indetto dal Comune di Budoia, si stabilì con la famiglia definitivamente a Dardago come ‘maestro’ presso le scuole elementari. Dotato di forte personalità e dall’aspetto serio, incuteva nei ragazzi un certo timore, ma, dietro a quel carattere forse un po’ burbero, nascondeva la sua sorprendente vitalità, la sua esuberante gioia di vita capace di contagiare le persone che lo frequentavano.
Attivo nel mondo della scuola e dell’educazione giovanile, fu sempre presente nelle varie iniziative sociali del paese. Nel fare e nel promuovere fu autentico maestro di vita. Ancor oggi molti lo ricordano nel Teatro di Dardago, come animatore della Filodrammatica «Concordia e Progresso», quando pazientemente istruiva i suoi scolari ad esprimersi sulla scena, preparandoli così anche al futuro e più vasto palcoscenico… quello della vita. Nel 1962 fu eletto primo Presidente della Pro Loco di Budoia e nel 1967 primo Presidente della Sezione Donatori di Sangue di Dardago. L’anno successivo pubblicherà il notiziario «Comunità Nostra», un giornalino ciclostilato che diventerà presto il ‘filo diretto’ tra i residenti e gli emigranti con notizie della Sezione A.F.D.S., ma anche con fatti e cronache locali. Per Dardago, «Comunità Nostra» rappresenterà il ‘trait d’union’ tra il cessato bollettino «La Voce del Pastore» degli anni ’50 e l’attuale periodico l’Artugna, nato nella primavera del 1972. «Il maestro» ne divenne il Direttore Responsabile e lo condusse con impegno e perizia sino al 1977, anno della sua scomparsa.
Santa Pasqua 1972. Tre generazioni Zanchet: Antonio, figlio del maestro, il piccolo Marco e Jacun Barthan (Giacomo).
Luglio 1973. Il ‘maestro’ con il nipotino Marco.
Il rifugio l distrugge te nube il so ggi vaghi. Una pesan ll’ombra i ra e n o d n a i, c soffo a gli svagh ccellin fren u lo gge. u fu rr a e g Il guisce l grigior lan la gioia ne e e via rifugg o si muove llaghi. a o rn Ogni insett to in to che all’ in sp r o ghi m sa ti dal tuoni pre embo con n il . za e n g g va A rra su ce che la te e rade goc
o lma in pett pidar si ca tace a zz e Il molto tre h e la stanc e h ic rm fo a due o il tetto vando sott un asilo tro ce. l prato gia oto che ne vu io c c o ri tt n re d’u al pove co ci vuole Quanto po o la pace! im n a ll’ ar ne per far torn ZANCHET GIACOMO 72 19 e al Nat
Giacomo Zanchet, che si firmava Jacun Barthan per ricordare le origini di Mezzomonte, scrisse poesie e testi per la recitazione sia in italiano che in dardaghese. «L’emigrante», «Il grande atteso», «Il sogno di Natale» sono alcuni titoli della sua produzione teatrale, che purtroppo è quasi totalmente andata perduta. Si è salvato il testo de «L’avaro gabbato», scritto verso la fine del 1956 e rappresentato per la prima volta il 2 marzo 1957 nel teatro di Dardago. Recentemente il copione è stato pubblicato su Sot la Nape – speciale Budoia edito dalla Società Filologica Friulana. L’atto unico in due tempi ha destato l’interesse del dott. Majoni dell’Istituto Ladino delle Dolomiti, che ha effettuato la traduzione dello scritto dal dardaghese al ladino prima di inserirlo nella rivista «Ladin» dell’omonimo Istituto. Teatro di Dardago, 1957. Giovani attori posano a fine spettacolo con i loro maestri Giacomo Zanchet e Umberto Sanson.
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Assoluzione piena per il furto della Dominia ladra USI PROPRI E IMPROPRI DELLA FRICATIVA SONORA [DH]
di Fabrizio Fucile La letteratura in parlata budoiese è tanto povera quanto giovane. La sua prima testimonianza è rappresentata dai Racconti popolari friulani editi dalla Società Filologica Friulana nel 1971.1 Da quel momento in poi, per sollecitato e resuscitato interesse, la nostra favella ha trovato concreta possibilità di essere documentata nei numeri del periodico l’Artugna che dal 1972 continua a pubblicare gli interventi in prosa o poesia di appassionati locali. Segnalazione particolare meritano alcune edizioni dedicate: le radioscene di Renato Appi, il dizionario di Flavio Zambon e la raccolta di poesie di Vittorio Janna.2 Il presente intervento tenta di chiarire la natura della fricativa dentale sonora [dh] e di fare una rifles-
sione consapevole su quando il suo uso sia appropriato nella trascrizione di vocaboli e segmenti morfologici che contengono tale fono. Indubbiamente esso riveste ruolo di fonema3 come testimonia la contrapposizione dei termini riportati in tabella 1, e nella parlata budoiese veniva realizzato in maniera distintiva.4 Negli ultimi anni, nella nostra area, come nelle altre dove tale fono è presente, si è notata una distinzione sempre minormente avvertibile e nei parlanti è venuta meno la consapevolezza di quando corrisponda a [d] e quando a [dh]. La presenza dei suoni interdentali (il sordo [th] ancora ben radicato) è avvenuta su spinta del veneto rustico ed ha interessato sia il friulano del tratto liventino (per
TABELLA 1 BUDOIESE
ITALIANO
BUDOIESE
ITALIANO
dent (sostantivo)
dente
dhent (sostantivo)
gente
meda (sostantivo)
covone di fieno
medha (aggettivo)
mezza
dal (preposizione articolata)
dal
dhal (aggettivo)
giallo
dì (sostantivo)
dì (sostantivo)
dhi (verbo)
andare
dova (sostantivo)
doga (sostantivo)
dhova (verbo)
giova (ind pres 3a p.s.)
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influsso trevigiano) che quello della Valcellina (per influsso bellunese).5 Se nel 1975 Giovanni Frau,6 riprendendo una osservazione del Pellis7 di mezzo secolo prima, indica la presenza delle interdentali come uno dei segnali che stava avanzando su tutta la linea il veneto che finirà, fra non molto, di sommergere la friulanità fortemente indebolita, dopo soli dieci anni,8 evidenzia come la realizzazione del fono [dh] si sia già persa ad Aviano, sebbene ancora presente in dent e dhent a Mezzomonte (resistenza delle aree marginali). Nella citata raccolta di Appi-Sanson (1971) viene esplicitato l’utilizzo del grafema [ϑ] per indicare l’interdentale sorda [th], ma non si accenna minimamente a quella sonora.9 Per una corretta e attendibile analisi (che comunque censirebbe un momento storico particolare, attuale o di alcuni decenni anteriore) si dovrebbe partire da un certo numero di registrazioni di campioni rappresentativi (con informatori inconsapevoli in modo da ottenere una realizzazione fonetica non volonta-
˘
ria). Purtroppo sono pochi, e saranno sempre meno, i parlanti che ancora usano quotidianamente e correntemente il dialetto e – per le molteplici interferenze esterne – possano essere garanti di fedele riproduzione (il concetto di pronuncia già riporta ad una riflessione ed una articolazione controllata); l’analisi restituirebbe quindi un quadro interessante ed attuale, ma non autentico. Già nella prima metà del secolo scorso si era perduta – almeno in alcuni termini – la differenziazione fonematica, tanto che nella nostra tradizione, troviamo un evidente processo di semplificazione da cui questo contributo trae lo scherzoso titolo. Pensiamo all’interpretazione semantica dell’aggettivo associato alla quinta domenica di quaresima, che veniva popolarmente chiamata dominia ladra. Oramai in pochi oggi la indicano con questo nome, ma ancora negli anni sessanta le persone anziane la nominavano tale quando, in quel giorno, tutti gli altari venivano spogliati degli arredi e le immagini da essi contenute velate di viola. Si pensava – e qualcuno riporta ancora questa spiegazione – fosse chiamata ladra perché gli altari erano stati derubati di tutte le suppellettili. Quale più convincente spiegazione? In realtà la distinzione fonetica non più percepibile aveva portato ad un fraintendimento capa-
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Testimonianze e interventi per la giovane letteratura locale.
ce di oscurare la reale origine del termine che è da cercare altrove. Si tratterebbe infatti della domenica lazzara, cioè domenica di Lazzaro, dominia ladhara e poi con la sincope della vocale postonica ladh’ra.10 Come ha già ben approfondito e sintetizzato Alessandro Fadelli in un suo puntuale contributo,11 è da considerare che nell’ultimo secolo con la maggiore scolarizzazione, la diffusione dei mass media, spostamenti più facili e veloci abbiamo avuto, oltre alla precedente venetizzazione, una spiccata, quanto repentina, italianizzazione della nostra parlata. In questo processo evolutivo il parlante si trova sempre più spesso ad aderire ad una pronuncia facilior, più vicina all’italiano, invece che a quella più genuinamente dialettale, e ad usare forme lessicali che per assonanza ed accordo sembrano appartenere al dialetto, ma in realtà sono modellamenti dall’italiano anche quando è sottesa una palese ricerca filologica.12 Ultima considerazione sono gli usi che si sviluppano all’interno del nucleo minimo di parlanti quale la famiglia. La presenza di un genitore foresto (o con l’udito non perfetto) può condizionare sia l’uso lessicale che quello fonetico.13 Contrapposto a questo fenomeno di estinzione abbiamo assistito – in letteratura – ad un uso sempre più ampio del digramma [dh] nei testi dialettali pubblicati su l’Artugna. Se da una parte va il plauso allo sforzo di riprodurre nella nostra parlata discorsi, descrizioni e poesie, è doveroso dall’altro che tale uso sia giustificato, perché sempre più spesso ritroviamo la fricativa dove non ha ragione di esserci e la pura dentale dove serve la fricativa. Se vogliamo operare un recupero corretto, non avendo a sostegno testimonianze letterarie antiche, dobbiamo fare una riflessione sui termini ancora in uso e verificarne la derivazione. Quando dunque possiamo e dobbiamo scrivere con [dh]? Quando il fono risulta essere un esito della semiconsonante [i ]1 e del nesso [di ], vedi tabella 2, e come fono innovativo per [ǧ] nei nessi gĕ - gĭ (dove nel veneto abbiamo → [z]) vedi tabella 3. 25
Anche qualche input dall’antico francese all’italiano come jalne [dal latino galbus] → giallo e legier [dal latino lĕvis] → leggero restituiscono nella nostra parlata dhal e ledhier. Oppure la [z] di Lazarus che aveva dato l’attributo alla importante domenica di fine quaresima. Un’ultima osservazione su un paio di termini di nostro interesse. Se l’albero epifanico portato in chiesa per la benedizione trae il suo nome dal latino madens (essere pieno di qualcosa, abbondante) dovremo scrivere mado; e se l’espressione ti-
TABELLA 2 LATINO
ITALIANO
BUDOIESE
iŭgum
giogo
dhof
iŭvenis
giovane
dhovin
iŭvo, iŭvare
giovare
dhovà
ieiunus
digiuno
dhedhun
Ianuarius
gennaio
dhener
iovius, iovia (dies)
giovedì
dhoiba, dhuoiba
iŏcare, iŏcari
giocare
dhuià
iocus
gioco
dhuio
iungĕre, iuncta
aggiunta
dhonta
iam
già
(bel)dhà
iusum (lat. tardo)
giuso, giù
dho
peius
peggio
pedho
ire
gire
dhì
media
mezza
medha / miedha
adiuvare
aiutare
idhà
diurnum – iornum
giorno, giornata
dhornada
prandium
pranzo
prendhia
medianus
mezzano
medhan, medhana
mandius (lat. volgare area alpina)
manzo
mandha
medio die
mezzodì
medhodì
remedium
rimedio
remedhio
tarde, tardius
tardi
tardhi
TABELLA 3 LATINO
ITALIANO
BUDOIESE
gens gĕntis
gente
dhent
gĕnu- (genuculum)
ginocchio
dhenole
germanus
germano
dharman
gĕner
genero
dhendre
gĕminus
gemello
dhemol
mulgĕre
mungere
moldhe
argĕntum
argento
ardhent
aggĕr (arger)
argine
ardhin
plangĕre
piangere
plandhe
angĕlus
angelo
Andhol
gingı̄va
gengiva
dhendhiva
pica per chi è sempre in giro deriva da torno dı̆u (giro a lungo)1 dovremo scrivere tordhio. Verbi come plandhe e liedhe si scriveranno con dh all’infinito perché derivano da plangĕre e legĕre, ma non al participio passato
plandut e liedut, perché esiti da planctum e lectum. Useremo dunque questa attenzione quando vogliamo trascrivere graficamente i foni che in passato si distinguevano chiaramente nell’uso quotidiano, non basando-
ci solamente sulle nostre consuetudini familiari, percezioni, convinzioni o rivendicazioni campanilistiche;17 dovremo fare riferimento al processo linguistico di evoluzione a cui anche la nostra parlata ha partecipato.
I madi (o madhi) adornano la chiesa di Dardago durante il periodo natalizio. […] questa tradizione sembra abbia le sue origini proprio a Dardago. In documenti del 1892 dell’Arcidiocesi di Udine se ne fa riferimento come abitudine in uso già da tempo (vedi l’Artugna n. 36, Umberto Sanson) […]
NOTE
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zione di Lazzaro, prima della riforma conciliare, si leggeva il venerdì precedente la I domenica di Passione, quella che da noi veniva chiamata ladh’ra. Un’origine antica, dunque, tutt’altro che popolare, ben attestata in tutta l’aera veneta, che si è conservata nel tempo anche quando la chiesa ufficialmente non ricordava più Lazzaro in quella domenica. Ringrazio don Maurizio Busetti per la consulenza in merito alla liturgia preconciliare. 11. A. Fadelli, La parlata e i nomi di luogo di Budoia, in Pier Carlo Begotti (a cura di), Budoia. Dhent, ciase, crode e storie, Budoia 2004, pp.135-143. 12. Un attualissimo esempio valga per tutti: nella manifestazione dell’agosto dardaghese Dardartisti sóte i portons, si preferisce questa alla più propria espressione sote le porte. 13. Da bambino frequentavo una famiglia dove mi sembrava che tutti i componenti chiamassero plaver il granaio tanto che a tratti mi era sorto il dubbio che sbagliassi io a chiamarlo blaver. Loro pronuncia scorretta? Mia percezione disturbata? L’uno o l’altro sono in ogni caso fenomeni di fonazione di importante influenza sui risultati acustici della comunicazione. 14. [i] primario e secondario; si veda al proposito anche il fenomeno di palatalizzazione di jod per esiti latini di ĕ ed ı̆ (in linguistica, il termine iod è adoperato per designare ogni tipo di i semiconsonante ‹ i ›). Tagliavini in Le origini delle lingue neolatine, cit. p. 246, fa notare come già nell’epoca del latino imperiale la pronuncia di [ i ] tendesse a confondersi con [di ] e [gi ]. 15. Medho è uso venetizzato più recente rispetto a mieth (da cui mesdì). 16. Dal latino tornare, lavorare al tornio, e quindi girare. 17. Me nono ’l diseva cussì; a Dardac se dis cussì.
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8. G. Frau, Friuli, in Manlio Cortellazzo (a cura di), Profilo dei dialetti italiani, Pisa 1984, p. 183. 9. Racconti popolari Friulani, cit., p. 11. Nell’edizione rivista e ampliata da Vittorina e Magda Carlon nel 1999 viene utilizzato il digramma [dh] (dove in quella del 1971 c’era il semplice grafema [d]). 10. Non ci è dato sapere come, quando e perché questa denominazione sia entrata nella nostra cultura. Certo è che Lazzaro, ben prima che il racconto evangelico della sua resurrezione venisse inserito con il Concilio vaticano II nella liturgia dell’anno A (il miracolo raccontato soltanto da Giovanni [Gv 11:1-44], narra l’episodio in cui Gesù riporta alla vita terrena Lazzaro di Betania) veniva comunque ricordato e celebrato nell’ultimo periodo quaresimale, tra la domenica di Passione e quella delle Palme. Don Gianandrea Di Donna dell’Ufficio Liturgico della Diocesi di Padova mi ha sapientemente illuminato sull’origine catechetico-liturgica del cammino e dell’ultima domenica quaresimali: per tradizione antica di origine patristica (III-IV secolo) i temi delle liturgie domenicali sono prefigurazione del destino del battezzando (la tentazione, o tema del combattimento spirituale; la trasfigurazione; la presentazione dei temi catechetici dell'iniziazione cristiana quali l’acqua della samaritana, la luce donata al cieco, la vita ridonata a Lazzaro. Il concilio vaticano II non ha dunque introdotto, ma riproposto gli antichi temi. Anche nel rito ambrosiano la quinta di quaresima è la domenica di Lazzaro; nel Trentino, a Lavis, ritroviamo la fiera della Lazzera in voga già dal 1500, che si celebra due domeniche prima di Pasqua. È rimasta viva nella chiesa ortodossa e nelle chiese di rito orientale che seguono il rito bizantino, dove troviamo il sabato di Lazzaro che è quello che precede la domenica delle Palme. Il vangelo della resurre-
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1. Elvia e Renato Appi – Umberto Sanson, Racconti popolari Friulani, VII, Udine 1971. Sarebbe anche interessante rintracciare i componimenti degli scolari della scuola elementare sperimentale che negli stessi anni (1970-75), su incoraggiamento del maestro Sanson si cimentavano nel riprodurre in dialetto racconti e storielle sentiti a casa o inventati. 2. R. Appi, Vere o no vere, radioscene sulle superstizioni del Friuli Occidentale, l’Artugna 2002; F. Zambon, Comót. Dizionario della parlata di Dardago, l’Artugna 2013; Vittorio Janna Tavàn, L’aga de ‘l rujàl. Emozioni e parole, Milano 2013. 3. Unità minima di un sistema linguistico dotata di capacità distintiva e oppositiva rispetto ad altre unità, al cui cambiamento corrisponde un cambiamento di significato. 4. Tra le diverse proposte di trascrizione Luciano Canepari, Lingua italiana nel Veneto, Padova 1984 suggerisce il segno [δ], e aggiunge: benché i parlanti stessi credano di usare pronunce diverse per parole come «dente, gente» in realtà non fanno nessuna differenza (p.127); nella «nostra» letteratura non abbiamo alcuna testimonianza scritta con l’utilizzo di questo grafema. 5. Si vedano a questo proposito C. Tagliavini, Le origini delle lingue neolatine, Bologna 1982, p. 401; G.B Pellegrini, Le interdentali nel Veneto in «Atti del Laboratorio di Fonetica dell’Università di Padova», I (1949), pp. 25-38; A. Zamboni, Veneto, in Manlio Cortellazzo (a cura di), Profilo dei dialetti italiani, Pisa 1984, p. 37 n. 44; P. Rizzolati, in R. Appi, Vere o no vere, cit., pp. 29-33. 6. G. Frau, Le parlate friulane del territorio di Aviano, in «Avian», Udine 1975, pp. 297-308. 7. U. Pellis, Atlante Linguistico Italiano, 19952008.
A PIANCAVALLO
un grandioso mosaico di Ezio Burelli
La parrocchia Santa Maria Ausiliatrice in Piancavallo è molto piccola potendo contare su poche decine di abitanti (anche se durante la stagione invernale ed estiva la località è «invasa» da migliaia di appassionati della neve e della montagna). È anche molto recente poiché è stata costituita solamente nel 1987. La chiesa era già funzionante dal 1975. Da allora e fino al 2016 le funzioni religiose furono officiate da don Odorico Raffin. Ora, in pensione e alla bella età di 92 anni, sta costruendo un chiesa a Belem, in Brasile. L’attuale parroco, padre Claudio Pighin, di Casarsa, è «stagionale» poiché è presente nei mesi di maggior afflusso turistico: per il resto dell’anno ritorna a Belem,
dove dal 1978 è missionario del «PIME» (Pontificio Istituto Missioni Estere) e ricopre incarichi educativi e pastorali di alta responsabilità. La moderna chiesa che si trova in Piazzale della Puppa, recentemente è stata arricchita da un grande mosaico di circa ottanta metri quadri formato da cinquecentomila tessere di marmo e vetro. È opera degli artisti della Friul Mosaic di San Martino al Tagliamento ed occupa l’ampia parete alle spalle dell’altare. Rappresenta il Cristo risorto. Gesù cammina sulle vette dei monti, alla Sua destra si ergono le cime innevate del massiccio del Cavallo e con la mano destra indica la statua della Madonna Ausiliatrice. In alto, la colomba, raffigurante lo
Spirito Santo, irradia ed illumina tutto il paesaggio. L’opera è stata inaugurata il 31 dicembre 2017 con una solenne cerimonia presieduta dal Vescovo Mons. Giuseppe Pellegrini. Il mosaico, per l’originalità e la maestosità, merita una visita sopratutto per le genti del nostro comune che potranno così ammirare parte delle montagne dove i nostri antenati spesero parte della loro vita, tra grandi sacrifici, per assicurare la sopravvivenza delle loro famiglie. Questa opera resterà nei secoli a memoria. La chiesa – posta in piazzale Della Puppa, 22 – si raggiunge girando a sinistra alla grande rotonda che si incontra salendo da Aviano.
Il Vescovo Mons. Giuseppe Pellegrini concelebra la Santa Messa, in occasione dell’inaugurazione del mosaico. Gli altri sacerdoti sono, da sinistra: padre Claudio Pighin parroco di Piancavallo, don Ivan e don Ruggero Mazzega, parroco di Roveredo.
Per raccogliere fondi per la copertura delle spese relative al grande mosaico, dal 28 luglio al 2 settembre p.v., nell’oratorio parrocchiale, al piano inferiore della chiesa, è visitabile la mostra della pittrice Laura Delle Vedove di Porcia che ha donato in beneficenza circa 70 dipinti. Le opere sono in vendita e l’intero ricavato verrà utilizzato a tale scopo.
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NEL NOSTRO TERRITORIO
l’Oasi Paradiso Nella campagna a sud di Dardago, in un appezzamento alberato, da qualche anno si possono ammirare animali di molte specie diverse allevate con amore da Antonio Bagattin all’Oasi Paradiso.
In alto. Antonio e il suo «preferito»: l’asino Marco.
A ntonio, nato 75 anni fa a Pordenone, ora abita a San Vendemiano. Dopo una vita di lavoro, prima alla Savio, poi a Conegliano in una ditta di trasporti, è riuscito a realizzare, proprio a Dardago, un suo sogno. Fin da giovane nutriva il desiderio di possedere un asino, forse memore di quando, bambino, a Pasiano – dove vivevano i nonni contadini – gli zii lo mettevano in groppa ad un asino per il tragitto dalla stalla all’abbeveratoio. Lì è nata la passione per gli animali che è cresciuta con il passare degli anni. Antonio amava anche correre. Impossibile contare le migliaia di chilometri percorsi in montagna, tra i boschi delle montagne e le campagne della pianura. Molto spesso correva nella nostra pedemontana e aveva fatto amicizia 28
di Roberto Zambon
con Nino Cosmo. Un giorno gli chiese se gli trovava un «pezzo» di terra. Alla domanda di Nino relativamente all’uso che voleva farne gli rispose: «Gò da méter un mus e do cavre». Fu così che Antonio poteva realizzare il suo desiderio. Mancavano un paio d’anni alla pensione quando incominciò a recintare e pulire la boscheta che Nino gli aveva trovato a Dardago tra Cial de mulin e le fornaci; poi comprò un asino e due capre. Pian piano, nel tempo la famiglia è aumentata. La passione cresceva, l’amore per gli animali pure, e così oggi l’Oasi Paradiso ospita 35 animali di molte specie: mufloni del Camerun, pecore olandesi, una mucca indiana, un torello nano, un’asina bianca
I due bellissimi bambi dell’Oasi Paradiso e, a destra, un piccolo pony.
dell’Asinara, una mula (nata dall’incrocio tra un asino e una pony), una coppia di pony, un vitellino di pochi giorni, due bambi, un asinello nano, qualche capra tibetana e dell’Isola di Malta, maialini neri, un lama, un alpaca. Tutti hanno il proprio nome (Ercolino, Romeo, Silvestro, Marco, Artù, Ugo, Penelope, Ulisse, Telemaco, Achille, Paride Ettore, Olivia, Mafalda, Isabella, Giulio, Giulietta...), ogni specie ha il suo recinto con i nomi dei vari ospiti scritto sulle targhette. C’è anche un grande prato dove, a turno, gli animali vengono lasciati liberi di correre e di brucare l’erba. In un luogo appartato dell’Oasi, c’è la tomba del cagnetto maltese che ha vissuto per quattordici anni con Antonio. Molti sono i visitatori, anche scolaresche dei paesi vicini. I bambini sono entusiasti di poter vedere tanti animali: questo perché le stalle sono sparite dai nostri paesi e, ormai, gli animali si possono guardare solo in televisione. L’Oasi Paradiso è una grande «famiglia» costosa da mantenere: in termini di denaro ma soprattutto per il tempo ed il lavoro che comporta. Gli animali vanno curati tutti i giorni, feriali e festivi: non ci sono ferie! Ma, per Antonio, questi animali sono una grande passione,
quasi una missione. Lo si comprende bene dalle varie targhe, in cui ci si imbatte spostandosi tra i recinti, sulle quali Antonio ha voluto esternare i propri sentimenti verso la terra e gli animali. Tra le altre troviamo un invito a non abbandonare la terra ed i suoi valori: «I popoli che abbandonano la terra sono condannati alla decaden-
za ed è inutile, quando la terra è stata abbandonata, dire che bisogna ritornarvi! La terra è una madre che respinge inesorabilmente i figli che l’hanno abbandonata». Un’altra, infine, spiega che – per lui – «la presenza in questo luogo realizza il sogno di un fanciullo ora adulto».
L’affetto di Antonio per i propri amici animali. Qui è con la capretta Isabella.
NEL NOSTRO TERRITORIO
la botega de la Paola un servizio per la Comunità Cara Paola, grazie di esserci! Non è una frase fatta, lo penso veramente e come me molti dardaghesi. Poco più di un anno fa ti sei buttata in questa nuova avventura, con coraggio e tanta speranza. Eri felice di questa tua decisione a lungo ponderata, anche se forse un poco spaventata per questo pesante carico che avevi preso sulle tue spalle. Senz’altro hai avuto un anno faticoso, con molti dubbi e timori, ma noi abbiamo sempre ricevuto da te sorrisi e gentilezza. Ti sei subito data da fare per dare la tua impronta al negozio: hai privilegiato nuovi alimenti più utili alla comunità a quelli che forse ti potevano dare profitti maggiori. Hai ascoltato le esigenze, i suggerimenti della gente e poi hai cercato di accontentare tutti… talvolta, forse, anche rimettendoci! Noi sappiamo che da te troviamo sempre quello di cui abbiamo bisogno, perché se non ce l’hai sei così 30
gentile che ce lo procuri. Tu hai perfettamente capito il significato di un «servizio per la Comunità»: questo è «la Bottega di Paola». Non ti meravigliare se talvolta ci sentirai ancora dire «…vadhe da Gerardo!», le vecchie abitudini, come anche la storia, non si cancellano mai. Quella bottega, come ben sai, è sempre stata un punto di riferimento importante per Dardago: allora non c’erano le auto, ma c’erano più botteghe, oggi abbiamo auto e ipermercati a volontà, ma anche più persone anziane, sole e impossibilitate ad andare lontano a procurarsi i beni di prima necessità… ma non c’è bisogno… ci sei tu! Quindi ancora una volta grazie, Paola! La tua disponibilità, il tuo sorriso e la buona volontà – sono certa – ti aiuteranno a perseguire con successo tutti i tuoi progetti e i tuoi sogni. Noi tutti te lo auguriamo di cuore. Grazie, Paola! ADELAIDE BASTIANELLO THISA
...da Arturo a Gerardo, da Nives a Mara... la storia continua. Ora dietro al banco di vendita c’è Paola, sempre disponibile ad assecondare le richieste dei clienti. Nella sua bottega si trova un po’ di tutto... dal pane ai salumi, dalla pasta ai vini, dai giornali ai libri e, per la gioia dei bambini, c’è anche il gelato con più gusti!
non solo pane... Persona minuta, capelli castani, occhiali neri che lasciano intravvedere occhi neri e vispi. Si presenta così dietro il banco dell’unico punto vendita della piazza di Dardago. È entrata con determinazione apportando innovazioni e personalizzando il negozio. Il suo biglietto da visita? Gentile e sempre attenta alle difficoltà che qualche persona anziana presenta e lo dimostra la sedia preparata per chi deve attendere il suo turno alleggerendo l’attesa. Gentile verso i bambini che oramai sanno che arriverà una caramella in omaggio. Disponibile ad accontentare le esigenze dei clienti con il sorriso sempre presente anche se le difficoltà non mancano. Grazie, Paola, per la tua presenza e in bocca al lupo per il futuro. FRANCA DANÙT
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UNA RASSEGNA FUGACE D’IMMAGINI SULL’ERITREA, NEGLI ANNI 1937-1938-1939, VISTA CON GLI OCCHI DEL PROTAGONISTA DELLE FOTO, ANTONIO CARLON, IMMAGINI MESSE A DISPOSIZIONE DAL FIGLIO CARLO PER RICORDARE LA FIGURA DEL PADRE.
Alla fine del colonialismo italiano in Eritrea a cura della Redazione
MASSAUA, 24 APRILE 1937
Antonio, da tutti conosciuto come Toni Masoneta, figlio di Agostino Carlon e di Teresa Signora, nacque il 5 marzo 1916, in Venezia, dove i genitori vivevano nel Sestriere di San Marco, e nella stessa città lagunare svolse la professione d’impiegato. Nell’obbligo di leva, fu arruolato nel Genio della Compagnia R. T. (radio-telegrafisti) con destinazione la colonia italiana dell’Eritrea.
Appena giunto a Massaua, ‘la porta dell’impero’ sul Mar Rosso, Antonio è ritratto davanti al Monumento ai Caduti di Dogali al C. Marina (come annotato sul retro della foto). Si tratta del monumento a ricordo dei soldati deceduti nella battaglia di Dogali, combattuta il 26 gennaio 1887, tra le truppe del regno d’Italia e le forze dell’Impero Etiope, durante la prima fase di espansione italiana in Eritrea.
*** Il 25 maggio 1939, specificando l’accoglimento della domanda presentata dal geniere Antonio Carlon della dipendente Compagnia R. T., il Comando Truppe del Regio governo dell’Eritrea comunicò al Comando Genio Militare di collocare l’interessato «in congedo in colonia» per aver ultimato gli obblighi di leva. (Firmato: il Generale di Divisione, comandante delle truppe dell’Eritrea, il colonnello A. Rizzo).
ASSAB, 7 GENNAIO 1938 Antonio, in un boschetto di palme da datteri nella baia di Assab. La vicenda storica della colonia italiana dell’Eritrea ebbe inizio proprio con l’acquisizione ufficiale della baia nel 1882 e si concluse ufficialmente col Trattato di Pace del 1947, quando l’Italia dovette rinunciare a tutte le colonie.
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ASSAB, 24 OTTOBRE 1938 Toni Masoneta con il gruppo della Sezione Radio. La foto-cartolina era indirizzata alla famiglia.
Antonio, reduce, fu rimpatriato dal Kenia solamente il 27 dicembre 1946 come «prigioniero di guerra».
ASMARA, 17 APRILE 1939
ASMARA, 17 APRILE 1939
Antonio con un commilitone nella capitale dell’Eritrea.
Sullo sfondo la principale moschea di Asmara, jama al khulafa’a al rashidin (moschea dei califfi giusti), appena costruita nel 1938, su progetto dell’architetto Guido Ferrazza, e nel 2017 inclusa dall’UNESCO nel sito patrimonio dell’umanità.
ASMARA
ASMARA, 18 GIUGNO 1939
Il 9 maggio 1936, tutte le colonie italiane del corno d’Africa furono unificate nella cosiddetta Africa Orientale Italiana (A.O.I.) e l’Eritrea ne entrò a far parte, sotto un governatore con sede ad Asmara. Tra gli edifici più notevoli del periodo coloniale fascista, costruiti in quegli anni nella capitale, erano il cinema impero, considerato uno degli esempi più emblematici in stile Art Déco (1937), e la stazione di servizio Fiat Tagliero, un imponente edificio in stile futurista costruito nel 1938 a forma di aeroplano, dotato di due incredibili ‘ali’ autoportanti che destano viva impressione ancora oggi.
La cartolina, che riporta i «Salutissimi a tutti», è indirizzata al padre Agostino.
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’n te la vetrina
Quando il calcio non conosceva il «VAR»...
UN ACCORATO APPELLO AI LETTORI
Quest’anno c’è stato il campionato mondiale di calcio, pensiamo sia cosa gradita, nel nostro piccolo, rendere omaggio a chi, nei nostri paesi, ha giocato o pur semplicemente amato ed apprezzato questo gioco.
Se desiderate far pubblicare foto a voi care ed interessanti per le nostre comunità e per i lettori, la redazione de l’Artugna chiede la vostra collaborazione. Accompagnate le foto con una didascalia corredata di nomi, cognomi e soprannomi delle persone ritratte. Se poi conoscete anche l’anno, il luogo e l’occasione tanto meglio. Così facendo aiuterete a svolgere nella maniera più corretta il servizio sociale che il giornale desidera perseguire. In mancanza di tali informazioni la redazione non riterrà possibile la pubblicazione delle foto.
(testi e foto di Flavio Zambon Tarabìn Modola)
San Giovanni di Polcenigo, novembre 1976, squadra di calcio dei ‘Pinguini’ (lavoratori del ramo della ristorazione) dei Comuni di Budoia e Polcenigo, rinforzati da qualche elemento esterno, prima di una gara contro i rappresentanti del Comune di Polcenigo.
Fine anni ’70, squadra di calcio rappresentante Dardago, prima di una partita amatoriale. Da sinistra a destra: Renzo Zambon Bonaparte, Giorgio Bocùs Dolfìn Ciuti, Flavio Zambon Tarabin Modola, Gianni Zambon Rosìt, Graziano Bocùs Frith e Luigi (Gigetto) Zambon Marin; accosciati: Giampietro Zambon Sclofa, Giancarlo Bastianello Thisa, Alfredo Lachin Stort, Lorenzo Bocùs Frith, Rosalino Bocùs Dolfin Ciuti e Marco (Renzo) Zambon Tunio.
Agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, grazie all’interessamento dei compaesani Aristide Puppin Freal in Francia ed a Giancarlo Bastianello Thisa in Italia, ci fu un gemellaggio calcistico tra le squadre di Gaillard, Alta Savoia, e Budoia. Si svolgevano partite di calcio tra le prime squadre e le squadre amatoriali, un anno a Gaillard ed un anno a Budoia. Qui ritratta è la delegazione del nostro Comune in occasione di una di tali visite in Francia. Da ricordare che la società calcistica Gaillard raggiunse la massima serie francese, partecipando a diversi campionati, con la denominazione di Evian-Thonon-Gaillard.
I NOSTRI EMIGRANTI
di Nadia Bocus Frith
dal Canada
A Toronto per la festa della Società Femminile Friulana. Nadia alle spalle di due «compaesani»: la dardaghese Donatella Zambon Rosit con il marito Giampietro Scandolo di San Giovanni di Polcenigo.
un saluto ed un ricordo Cari amici, sono Giacinta Nadia Bocus Frith, dardaghese da molti anni in Canada. Vi invio questa fotografia scattata in occasione della festa per celebrare l’80° anniversario della Società Femminile Friulana di Toronto, della quale sono socia e membro del Comitato da molti anni. La Società è stata fondata nel 1938 da cinque donne friulane allo scopo di aiutare i nuovi emigranti che arrivavano dal Friuli ad inserirsi a Toronto. La società oggi conta duecento socie e continua la propria attività di volontariato, come le visite alle ammalate, l’aiuto
Dardago, presso il Monumento ai Caduti (anno 1961 o 1962). I due uomini in piedi sono: Armando Zambon Biso e Giuseppe Zambon Marin. Le donne in piedi sono: Luigina Zambon Tunio, Franca Ianna Theco, Dina Ianna Bocus, Santina Zambon Pinal Riveta, Giacinta Nadia Bocus Frith, Maddalena Vettor Muci, Graziella Zambon Pinal Nonthol, Silvana Zambon Pala. Accosciati: Fernanda Zambon Rosit, Lidia Basso, Espedito Zambon Tarabin Ciarnel, Mario Raoul Tizianel, Savino Zambon Tarabin.
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al Gruppo dei donatori di sangue ecc. Ogni mese, le socie si ritrovano alla Famee Furlane di Toronto per passare qualche ora insieme giocando alla tombola e ad altri giochi di società… Non vengono dimenticate le nostre tradizioni, come la Befana, Babbo Natale, il Carnevalut ecc. Nella foto con me c’è anche un’altra dardaghese, Donatella Zambon Rosit con il marito Giampietro Scandolo. Vi invio anche una vecchia foto con alcuni amici dardaghesi. Tanti cari saluti a tutti.
Una serie di racconti e aneddoti in parlata locale, accaduti nei nostri paesi.
[racconto]
Storie, pacassàde, schèrthi, de Dardaĉ de ’na volta...
’N altra storia co de Cino ‘Ep’
dedhunà fa bin! di Flavio Zambon Tarabìn Modola Aveit da savè che ’na volta là de Scatirot ’l era diverse famee dute co ’l stes cognome e soranom, de sigùr ’l era vignude fora da ’l stes thoĉ, ma co ’l temp le aveva perdut la parentela. ’L era un grun de dhent in te chel cortìf. ’L era canàis, dhovins, veci, e co ’l passà del tenp bin o mal, pa na roba o ’l altra deva a finì che vigneva fora cualche barufa e alora i se toleva la parola un co ’l altre. ’L era sucedùt cussì ancia tra al nostre Cino e la Elena, che sarave stat me agna parchè ’l era suor de me nona Cristina, pa ’na monada i veva ciatàt da dì e ’l era tains ani che non i se saludava e no i se deva parola. Chel che pì avanti ve disarai ’l è sucedùt cuàn che oramai ’l cortif al se era spopolàt e de de duta chela dhent che ’l era, i ’n era restat che se podeva contai su i deith de ’na man. Reàne ’ntel an milenovethentothincuantasie, dopo ’na bela istàt e un autuno mancomàl. L’invèr ’l à portàt tanta nèif, neveàva spes e feva ancia tant frèit. Dopo una de ste neveàde ’l era vignut ’na ondada de gran freit tant che la nèif nència ’nte le ore pì cialde, de la dhornàda, la se desdefava, la dhent, in te i cortifs la scoava via la nèif pa podè passà a piès e cussi ’l era la pa le strade de Dardaĉ. Ancia là de Scatiròt me
agna Elena ’l aveva scoàt ’ntel so toĉ de cortìf ma Cino che ’l stava in font, verso Theco, no ’l veva fat nient, almanco al prin dì dopo la neveada. Intant i dis i passava e dopo che i ’n era passath thincue me agna Elena ’l è duta a vede se Cino ’l dava senĉ de vita, ’l è duda dho pa ’l cortif ’l à vardàt in giro e no la vedeva thapiàde in te la nèif, nencia su pa le s’ciale de piera che le portava ’n tel piol e dopo in te le ciambere. Alora ’l à se à preocupat, no la saveva che fa, se mètesse a clamà Cino o se fa chelcossa altre. Fra de liena ’l à pensàt «No lo clame parchè son rabiadi e se ’l vin fora al pol ància thiàme drio, ma dopo tains dis al pol esse ància malàt o mort», alora ’l à decidùt de dhi in therca de cualchedùn che i la giudas. La va fora de le porte e, nència a falo aposta, la incontra al maestro Armando Cùssol che ’l deva a fa scola, ’l era verso le oto e meda de matina, tra ’l altre Armando ’l era sindaco del comun; i lo ferma e i conta come che ’l è la situathiòn, i lo porta drento a vede e ància lui nol se fida a fa calcossa, anthi al pensa: «Ca ’l è da clamà o i carbinieri o ’l dotor Bigai». Al ciapa su al va in coperativa e ’l fa ’na telefonada al dotor Bigai, che ’l stava a Budoia, contandui al fato come che ’l è, al dotor ’l à ciapàt la 36
machina, una bela e forte milethento, e pian pianìn, sebìn che ’l era la nèif e ’l glath, ’l è vignut sù a Dardaĉ. Alora sindaco, dotor, me agna Elena e cualche curioso i ciapa sù e i va ’ntel cortìf de Scatiròt e i taca a clamà Cino; clama e torna a clamà nol responth, alora sindaco e dotor i va su pa le s’ciale de piera che le porta a la ciambrera e i bat sula porta, dopo un poĉ i sent remenà, e sote vos e i dis tra de lor: «Tasi al dovarave esse vif!», dopo se verth la porta e vin fora Cino, dut insionìt, co ’na cuerta su le spale, co la barba longia e al se met a parlà a vos alta: «Che elo? Chi seo? Che voleo? Ah... elo lu sior dotor, ma vede ància el sindaco!» Alora al dotor i dis: «Cino son preocupadi parchè ’l è thinque dis che nessùn ve veith in giro, penseàne che el stes mal e che l’aves bisoign de chelcossa. Ma come alo fat a sta duth stì dis thentha magnà?» Cino al pensa un poĉ e co ’na aria un fià secada, ma al temp stes solène, i risponth: «Caro dotor, intant ve die che stae bin e par secondo ve dise che cuan che ere in trincea durante la guera del cuindese disdoto soi stat ancia ’na stemana thentha magnà e no me soi ne malàt e tant manco no soi mort! Cossa volèo che sea, par mì, stà thincue dis a dedhùn! E ades lassè-
Però i veva tiràt un sospiro de solièvo parchè Cino el stava bin e dut ’l era finìt pulido, ma ’na lethion i ’l aveva ciapada, Cino i aveva praticamente ricordàt i sacrifithi che i aveva fat i militars durante la prima guera mondial pa fa l’union de l’Ita-
lia. Cino dopo poĉ al se à tiràt sù e dopo tant ’l à fat ’na bela marenda co pan e formai. Ma co me agna Elena, sebìn che la se ’veva preocupat par lui, ’l continuat a no parlai, e chisto ’l è durat par duta la so vita.
Continua la pubblicazione dei racconti in parlata budoiese
Una figura caratteristica
don Antonio ‘Gasperin’
[racconto]
me in pase che voi tornà ’ntel liet e cuan che avrai voia me levarai su!». E sbatent la porta al se à ritirat in ciambra. Chei che i era là i se à vardàt in muso e althando le spale scuasi duth asieme i à dita «Content lui, contenth duti».
di Fernando Del Maschio I veci come mi i se pensa de segur de un vecio prete, pithol e brutarel, ch’el diseva messa su l’altar del Crist par fa manco s’cialins. El se clamava don Antonio Steffinlongo, Gasperin de soranome, e el steva in Contrada Longia co ’na dhormana o netha, no me pense. Nol veva fat tanta cariera e l’era tant puaret che intan de guera spess i manciava parfin el nethessario. Tante sere so netha i dimandava: «Cossa femo da magnar stassera, don Antonio?». «Quello che volete voi», «Faria mi quel che voio, ma qua in casa no ghe se gnente!». Par fortuna che me barba Tino Macio, par scontà le besteme ch’el diseva via pal dì, i lo invidhava a thena pi de cualche volta. Don Antonio l’era sempre stat «predileto dal Signor» (sfortunat) fin da dhovin. Quan che l'era in seminario i lo toleva in giro dhuth e i feva scherthi. D’inver el veva sempre freit, parchè le camerate nà che i dormeva le era glathe squasi come fora. Dhe nuot, quan che i s’ciampava, nol se moveva dal liet, ma el la feva in te un bucalut sote le cuerte. Cossa fali i so compagni? I sbusa el bucal e, parchè nol s’inacordhe, i stropa el buss co la thera. La nuot dopo ve lasse imaginà chel che l’è sucedhut quan che la thera col cialt la se
à desfat. I me contava che el pora seminarista l’a parfin tirat quatro porchi, ris’ciando de esse cathat via. Altri scherthi i li feva ancia quan che l’era a Budhuoia da vecio. Par dhi a ciasa dopo messa el passava denant a l’ostaria de Pessuti e se ciatava spess cualchedun che i lo clamava a beve un got par dopo ridhe. Infati el pora on, dedhun par dise messa, con un per de ombre el tornava a ciasa da ’na riva a chel altra. Finidha la messa par vignì dho da l’altar el se tigneva dhuro al stendardo che l’è in banda. La matina dopo no sai quala portession el stendardo l’era ganciat mal e quan che don Antonio i l’à pena tociat el se à rebaltat e l’è tomat propio sulla Gigia Gandina (nona de Marieto) che l’era sempre in glesia a dhute le funthions. Da chela volta la Gigia no se l’à pi vedhudha. Tanta dhent de Budhuoia però i pensava che le benedithions del prete Gasperin le foss bone par tante robe. El pora Tino del Brolio el me à contat che ’na volta el blaver de ciasa soa l’era plen de pantiane. So nono (Tino come lui) l’à mandat a clamà don Antonio par dà ’na benedithion. «Però mi le pantegane go da mandarle in qualche posto. Vala ben la cort?» E le pantiane l’è dhu37
dhe in te la cort (o forse le era beldhà!). Quan che ere pithol veve spess mal a un dhenuole. I me à portat da no sai cuanth drethaoss (Gigi de Clara, Tunio, la Geia Cotha…). A la fin me agna Nene l’à pensat de fame benedhì da don Antonio. Un dopo medhodhì baton a la porta de ciasa del prete che l’era sul liet co ’na scufia blancia sul ciaf. «Cossa voleu?» «Don Antonio, el putel el ga sempre mal al senocio. El ghe daghi ’na benedission». «Va ben, mi ghe la dago, ma prima onselo co quela roba che l’è in te la scatoleta sul tavolin». Me agna la manedhat la sciatoluta come se foss stat l’oio dei santi, invethe me pense come uncuoi che el veva un odor de canfora (bona par i reumatismi). El prete l’era pì vedhuto de me agna e de me mare!
Nella foto. Don Antonio Steffinlongo (Budoia, n. 21.01.1869, m. 12.10.1949).
P.S. La foto di don Antonio Steffinlongo è ricavata dalla tomba (in terra!) appena a destra dell’entrata del Cimitero. A tal proposito mi permetto di osservare che sarebbe opportuno un restauro della sepoltura. Penso che don Antonio lo meriti perché ha svolto la sua missione con umiltà e dedizione ed è vissuto nella vera povertà evangelica.
l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari
Lasciano un grande vuoto...
Renza Ciao Renza, quell’ultimo colloquio che abbiamo avuto in ospedale è stato un vero massaggio dell’anima. Abbiamo parlato di tante cose, dei bei momenti trascorsi insieme e come non ricordare le cene nella vostra taverna che sicuramente hanno segnato la nostra giovinezza ove si assaporavano non solo piatti preparati con amore da mani sapienti ma soprattutto quello che significa fraterna amicizia, condivisione e complicità. Infatti quello che ci ha sempre colpito quando si entrava a casa vostra era l’armonia, la serenità e la disponibilità che non avete tenuto per voi ma avete elargito a piene mani verso tante persone. Perché se uno pensa ad una vita ricca di doni quella è stata la tua, Renza, fatta non solo del matrimonio con Angelo che dura da più di mezzo secolo, da due figli meravigliosi Boris e Daniela con Luca che ti sono sempre stati accanto, ma anche dalle tue sorelle, i nipoti, i parenti e tanti amici ai quali hai sempre riservato l’ascolto, una buona parola ed un sorriso. E quando quel giorno ci siamo salutati mi hai detto che avresti pregato per noi e che continuassimo a volerci bene ed essere uniti, ed ora che voli in alto libera come una farfalla, ti voglio dire che non dimenticherò le tue parole, tu continua a pregare per tutti noi, uniti come tu ci volevi a sostenerci nelle lotte della vita. Grazie, Renza!
Renza Cauz in Fort
Ciao Renza, mi dispiace non poter essere a Santa Lucia a salutarti in presenza, ma ti accompagno col mio pensiero e la preghiera da lontano. Ti ho conosciuto come la mamma di Daniela e Boris e quando venivo a casa vostra ti davo del lei. Negli anni abbiamo imparato a conoscerci di più e a condividere delle occasioni nostre. Tra tutte ne ricordo con affetto una esclusiva quando, in prossimità delle feste,
ci programmavamo un’ora insieme e andavamo a scegliere i fiori per la nostra chiesa. L’ultima volta la scorsa Pasqua. Avevi sempre una parola di incoraggiamento. Di fronte alle difficoltà cercavi di intravedere lo spiraglio positivo. Di te tutti avranno notato il grande amore per la famiglia e l’accoglienza gioiosa per tutti coloro che per diversi motivi in essa sono arrivati. Da te c’era sempre un caffè; un dolce da assaggiare o qualcosa che avevi cucinato; una parola buona nei momenti difficili. Mai critiche; mai chiacchiere. Sempre gentile, sempre pronta a perdonare. Ci mancherai tanto: a casa, in piazza e in chiesa. Ma ci impegneremo a far nostre la tua generosità, la tua disponibilità e la tua discrezione. È così che continuerai a stare insieme a noi. FABRIZIO FUCILE
Antonio
BRUNO FORT
Antonio Rigo
38
Ciao Toni, ci hai lasciato a soli 63 anni. Nessuno di noi lo avrebbe immaginato. Troppo presto, troppo velocemente. Di te serberemo gelosamente il ricordo del tuo carattere cordiale, il tuo sorriso che ci faceva star bene, l’amore e l’impegno nei lavori di volontariato per migliorare l’ambiente e la natura. Ora riposi ai piedi delle montagne che hai tanto amato e rispettato. In segno di gratitudine il vento ti porterà il profumo dei fiori della Val de Croda, il canto degli uccelli e il suono della campana che sempre ci unisce per formulare la più alta lode al Creatore.
Elio Caro Elio, siamo alla volta dei saluti agli amici de l’Artugna. È passato qualche anno che accompagnammo l’opera del San Martino nella chiesetta pedemontana, oggi invece ti accompagno io con qualche parola. Ciò che lasci va ben oltre a quello che abbiamo appeso alle pareti. Chi ti ha conosciuto riconoscerà tratti di te nel rimirare quelle pennellate forti e capaci, ciò che ci servirà nei giorni grigi e un po’ storti. Storti sono anche quei quadri che mai riuscirò a raddrizzare sebbene il gancio l’hai messo perfettamente centrale, Elio, (un mistero), ma il disegno è talmente bello che si lascia perdonare il fatto che in parete la tela non sia «a bolla». Che dire Elio? Incoraggiavi anche l’ultimo sconosciuto solo per il piacere di averlo incontrato e se ne percepivi l’animo abbattuto. Con l’umorismo stemperavi burrasche esistenziali. Diluivi giudizi inutili e toglievi chiunque dall’imbarazzo o dal disagio perché sapevi bene quanto a volte la giornata non perdoni. Attento osservatore, metabolizzavi e trasformavi qualunque dettaglio la vita ti ponesse.
Elio Raffaele Silvestri
Eri scuola, eri sintesi. Eri leale, eri amico, senza distinzione. Vivevi nel mondo, eri uomo di mondo. Partivi per due mesi col tuo «bagaglio a mano» in tempi non sospetti, quando tutti arrancavamo con valige fantozziane e abnormi (dimensione famiglia-italiana in-vacanza) perché la samsonite ancora dovevano inventarla. Amavi l’essenziale, ne eri testimonial e portatore, in tutti i sensi. Non mancava mai un libro dove sedevi tu, anche come ferma porta, quasi a sfottò di «un» sapere che onoravi prima di ogni qualsivoglia questione. Sceglievi con cura i tuoi testi, li conservavi con attenzione per sfilarli
al momento opportuno e porgerli all’amico di turno affinché potesse trovare qualche risposta alle proprie inquietudini. Nella tua libreria non mancava nulla, nulla, affinché il tuo viaggio su questa terra non fosse vano. Amavi le cose semplici, te ne riuscivano tante, imprese impossibili a volte, per molti di noi. Non è elegante idealizzare chi non c’è più ma tant’è. Ciò che traccio ora è ciò che i tuoi amici, e chi ti conosce profondamente, potrebbero sottoscrivere. È che me l’hanno chiesto, caro maestro, e ci sto provando. Ai tuoi giorni bui ci penserà qualcun altro ora. Eri avanti, Elio. Ora lo sei ancora di più. Ciao, papà. NICOLETTA SILVESTRI
Marianna Non dimenticheremo mai il suo amore e la sua costante ed affettuosa presenza, specie nei momenti più impegnativi della nostra vita. È stata mamma e nonna affettuosa e premurosa. Con lei, con Nilde e i loro cari, la famiglia Bernardis aveva instaurato un rapporto di profonda amicizia consolidato nel tempo, iniziato quasi un secolo fa, durante l’infanzia di Marianna e Nilde con Antonio e Felice. Marianna, con il suo amorevole sorriso, ci mancherà molto. LA FAMIGLIA BERNARDIS
Marianna Carlon
Norma Per Norma, con tanto affetto e rimpianto, ricordando il lungo tempo trascorso assieme. TUA SORELLA MARIA
Norma Angelin in Antoni
Lasciano un grande vuoto...
Bruno Grazie, nonno! Grazie per esserci sempre stato per me in un modo speciale. Per tutte le cose che mi hai insegnato. Per la dolcezza con cui mi capivi sempre. Per il tuo essere così buono con tutti.
Porto con me tutti i tuoi modi di essere, ogni tua parola, ogni tuo consiglio, ogni tuo sguardo. Ti voglio bene. MARTINA
Bruno Zambon Pinàl
Anita Anita Zambon Biso ci ha lasciati a 60 anni. Non ce lo aspettavamo. Il suo sorriso, la sua cordialità, l’accoglienza delle persone non davano adito a pensare ad una fine così repentina, nonostante le sue condizioni di salute non fossero delle migliori. All’ultimo saluto nella nostra Chiesa è stato commovente sentire la testimonianza delle sue ex colleghe dell’Ospedale di Sacile dove
Anita Zambon Biso
per diversi anni ha svolto il suo compito di telefonista. Sempre pronta, presente, educata con tutti e pronta a dare, con tanta pazienza, le indicazioni richiestele soprattutto dai portatori di handicap che indirizzava alla destinazione
il loro ricordo non sfuma
Antonietta
Antonietta Bocus in Zambon
Un anno è già trascorso da quando ci hai lasciato, ma il tuo ricordo è sempre vivo nei nostri cuori. Non ci sono parole per esprimere quanto ci manchi; ti ricordiamo per i tanti momenti felici trascorsi assieme. La tua generosità, la bontà d’animo e il rispetto altrui sono stati esempi di vita per tutti noi. I TUOI CARI
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desiderata. Era vicina all’anziana mamma Jole interessandosi in prima persona per farle avere tutto l’aiuto necessario. Ha combattuto con forza, decisione e speranza la sua battaglia con il male tremendo che l’assediava, sostenuta da una fede forte e adamantina. Lascia di sé un buon ricordo a chi l’ha stimata ed amata. Al marito Angelo, alla mamma Jole e a tutti parenti ed amici la vicinanza più cordiale e la solidarietà per questa grave perdita. Un grazie alla cugina Mirella che le è stata tanto vicina e che ha supplito con i suoi occhi alla mancanza di quelli di Anita.
Un sorriso
L’angolo della poesia
Un sorriso non costa niente e dona tanto, arricchisce chi lo riceve, non appartiene a quelli che lo offrono. Dura solo un attimo, ma il suo ricordo, a volte, rimane per sempre. Nessuno è tanto ricco da poterci rinunciare, nessuno è tanto povero da non meritarlo. Crea la felicità in casa, è il segno visibile dell’amicizia. Un sorriso reca ristoro a chi è stanco, rende il coraggio a chi è disperato. Non lo si può comprare, né prestare, né rubare perché è qualcosa che acquista valore solo nell’attimo in cui viene donato. E se a volte incontri una persona che non è più in grado di fare un sorriso, sii generoso e offrile il tuo. Perché nessuno ne ha più bisogno di colui che non sa più donarlo agli altri.
Questa poesia attribuita a Padre Frederik William Faber (1814-1863), fondatore dell’Oratorio di Londra, è largamente diffusa e stampata su cartoline ed immagini. È un inno al saper sorridere, un semplice gesto, alla portata di tutti, che porta beneficio a chi lo offre e a chi lo riceve.
La versione che pubblichiamo ci è stata fornita da una nostra cara e «sorridente» lettrice, la Teresuta Ciampanera (1921).
CRONACA
Cronaca Scuola a nuof In un periodo in cui i tempi di realizzazione dei lavori pubblici sono notoriamente lunghissimi, l’inaugurazione della scuola di Budoia, dopo appena due anni dall’ordinanza di chiusura per motivi di sicurezza da parte del Sindaco, rappresenta un esempio virtuoso. Ciò grazie all’Amministrazione comunale che ha immediatamente predisposto il progetto esecutivo, al contributo regionale di 1,1 milioni e all’impresa costruttrice che ha rispettato il termine di consegna lavori. Questo l’argomento sviluppato dagli interventi del Sindaco Roberto De Marchi e del Vice Presi-
I bambini, sorridenti e curiosi, assistono al taglio del nastro tricolore.
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dente della Regione Sergio Bolzonello durante la cerimonia svoltasi lo scorso 21 aprile. I lavori effettuati erano stati illustrati dal progettista e direttore dei lavori ing. Loris Borean. Dopo la benedizione dell’edificio da parte del parroco don Maurizio Busetti, decine di bambini hanno attorniato il Sindaco e il Vice Presidente per il taglio del nastro tricolore. Sono seguiti la visita dei presenti ai locali ristrutturati ed un rinfresco nel cortile delle scuole. I volontari dell’Auser di Budoia.
Avon votat
I volontari dell’Auser
Domenica 29 aprile 2018 si sono svolte le elezioni politiche regionali per il rinnovo delle cariche. Riportiamo i voti ottenuti dai partiti e dalle coalizioni nelle singole sezioni e il totale del Comune.
LISTA
L’Auser è una associazione di volontari che, convenzionata con l’Amministrazione Comunale, garantisce il trasporto degli anziani nei supermercati e al mercato settimanale, in palestra e nelle sedi
BUDOIA
DARDAGO
8
7
5
Patto per l’Autonomia Voti solo a candidato Totale Coalizione Sergio Ceccotti Slovenska Sk.
SANTA LUCIA TOTALE
5
3
0
8
10
5
28
0
0
0
0
Partito Democratico
72
4
3
79
Open Sinistra FVG
13
7
5
25
Voti solo a candidato
93
74
93
260
178
85
101
364
Totale Coalizione Sergio Bolzonello Forza Italia
44
34
10
88
Lega Nord
136
120
49
305 15
Autonomia Responsabile
7
4
4
Fratelli d’Italia
21
6
11
38
Voti solo a candidato
51
50
9
110
259
214
83
556
Movimento 5 Stelle
24
16
13
53
Voti solo a candidato
25
28
13
66
Totale Coalizione Alessandro Fraleoni
49
44
26
119
499
353
215
1067
Bianche
2
3
1
6
Nulle
6
3
1
10
507
359
217
1083
Totale Coalizione Massimo Fedriga
Totale voti validi
Totale Votanti
42
%
Festa de la Fameia a San Tomè
20
13
sportive, cui si aggiungono servizi individuali per motivi sanitari. L’Associazione assicura anche l’accompagnamento e la sorveglianza negli autobus per scolari e alunni che frequentano le scuole dell’infanzia e primaria. Al termine dell’anno scolastico i volontari si sono ritrovati per una pizza in compagnia.
2,62
34,11
52,11
11,15
Ormai sta diventando una bella tradizione. Da qualche tempo un nutrito gruppo di fedeli, la prima domenica di luglio, si ritrova alla chiesetta di San Tomè per la festa della Famiglia. Quest’anno, la Messa è stata celebrata da Don Maurizio e animata dal coro parrocchiale. L’antica chiesetta posta sotto il maestoso «crep» non era abbastanza capiente per contenere i molti fedeli arrivati fin quassù in macchina o anche a piedi lungo i sentieri del «ruial» e dei «agaroi». Dopo la cerimonia religiosa il gruppo ha partecipato al pranzo comunitario preparato, come sempre, dall’encomiabile gruppo di volontari. Anche il tempo è stato clemente ed ha contribuito all’ottima riuscita della festa.
Lavori in asilo
Anche la scuola dell’Infanzia di Dardago è interessata da lavori di ristrutturazione per adeguamento antisismico. L’appalto è stato affidato all’Impresa Di Stefano srl di Dignano (Udine). I lavori dovranno essere eseguiti improrogabilmente durante l’assenza degli alunni per le vacanze estive, cioè dal 20 giugno al 10 settembre per poter garantire il regolare svolgimento dell’anno scolastico 2018-2019. I lavori hanno un costo complessivo di circa 200.000 euro.
Metòn in mostra le robe de la glesia Nasce a Dardago nei locali della Canonica una Mostra Permanente di Arte Sacra. Un sentito ‘grazie’ al Consiglio degli Affari Economici della Parrocchia e al Comitato del Ruial che all’unanimità hanno accolto favorevolmente il progetto auspicato da tempo dal pievano. Il Comitato del Ruial, nato con lo scopo non solo di restaurare l’antica canaletta del 1669 ma di aiutare e favorire lo sviluppo del territorio, ha deciso di devolvere per il progetto della Mostra il ricavato della prossima edizione di «Dardago fior di zafferano» che si terrà in ottobre. Obiettivo della Mostra è raccogliere diversi oggetti religiosi: vasi, paramenti, quadri, reliquiari, exvoto, tabelle cartagloria e candelabri oggi non più utilizzati per il culto; libri, registri, pergamene e messali recentemente restaurati per far conoscere alla popolazione ciò che i padri, nel tempo, hanno acquistato e donato in segno di devozione. Non è intesa solo come un luogo di esposizione, ma come una por-
ta di ingresso nel territorio. Un ingresso privilegiato, non comune, attraverso il quale si potranno conoscere e comprendere le radici della Comunità. Per concretizzare il progetto si confida nell’aiuto dell’Amministrazione pubblica, dei Volontari del già citato Comitato del Ruial, di persone attive, sensibili, desiderose di collaborare e di quanti vorranno essere ‘partner’ al fine di contribuire alla valorizzazione del ‘piccolo mondo’ dardaghese. DON MAURIZIO BUSETTI
Prime Comunioni
Quest’anno nelle nostre comunità il sacramento della Prima Comunione è stato celebrato domenica 3 giugno, Solennità del Corpus Domini nella chiesa di Sant’Andrea Apostolo a Budoia. Hanno ricevuto per la prima volta il Corpo e il Sangue di Gesù 14 bambini: Annamaria Andreazza, Giulia Bufalo, Rossella Buosi, Andrea Campagna, Leonardo Cauz, Pietro Del Maschio, Pietro Fucile, Rachele Magris, Zoe Marson, Samuele Modolo, Agata Moretton, Edoardo Paganini, Giorgia Piccoli, Andrea Zaccaria.
Durante la celebrazione il parrocco don Maurizio ha consegnato pubblicamente al giovane Alessandro Zaccaria, fratello di uno dei comunicandi, il tesserino del Vescovo per poter esercitare il ministero straordinario della distribuzione dell’Eucarestia. La cerimonia è stata molto sentita e partecipata, grazie all’impegno del gruppo catechisti, delle famiglie dei comunicandi e di coloro che con voci e strumenti hanno animato la messa con i canti assieme ai bambini e ai loro genitori.
Al era ora!
Finalmente sono iniziati i lavori per la costruzione della rotatoria sul famigerato incrocio tra le strade che collegano Budoia con Roveredo e Castello con Vigonovo. Si tratta di un incrocio in piena campagna tra due lunghi rettilinei che più volte al mese è teatro di incidenti anche mortali. Per chi percorre giornalmente quelle strade, l’incrocio è un incubo. Speriamo ancora per poco. Attendiamo il termine dei lavori per verificarne gli effetti confidando anche nella prudenza dei guidatori.
I 14 bambini con il parroco don Maurizio e la catechista Marta Zambon al termine della Santa Messa.
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Mondiali a Budoia! ioni iaz
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di Stefania Zambon «Ragazzi, vi immaginate i Mondiali di Mountain Bike a Budoia?», ricordo perfettamente la domanda di Jacopo durante una delle nostre cene estive con le famiglie. Un gruppo di amici che scherza e lo definisce pazzo e sognatore, qualcuno, però, lo incoraggia. Alcuni mesi dopo la domanda di Jacopo trova risposta. C’è la possibilità di candidarsi e, in bilico tra la speranza ed il timore di «fare il passo più lungo della gamba», l’avventura ha inizio.
Due splendidi e vispi gemellini, Cecilia e Gabriele, allietano la vita di Maria Vittorina Cevolin e del marito e divertono il simpaticissimo cagnolino di famiglia. Ne sono orgogliosi nonna Cecilia e gli zii Enzo e Guglielmo.
Il coraggio di Jacopo e Francesco, unito all’impegno di tutta la squadra, viene premiato quando l’Ente ACSI sceglie Budoia trasformando il sogno estivo in realtà. Oggi, dopo un anno e mezzo, mi trovo a scrivere l’articolo che annuncia il programma ufficiale del Mondiale Amatori di Mountain Bike. Alla società di Mountain Bike ASD Sgancio Rapido, presieduta da Jacopo Campana, spetterà l’organizzazione di questo evento di portata internazionale. «L’Artugna Challenge», questo il nome della gara, è prevista per domenica 9 settembre 2018. Le gare inizieranno alle 9.30 con tre partenze (9.30 – 12.00 – 14.30) e si snoderanno sull’incantevole territorio di Dardago. Il programma completo con ampie descrizioni è consultabile sul sito della società www.sganciorapido.it Il campus con la direzione gara e la zona espositiva saranno già attivi da sabato 8 settembre, tale giornata servirà agli atleti per fare la ricognizione del territorio e per ritirare il pacco gara. Nella serata di sabato, alla presenza delle autorità e degli sponsor, verrà presentata la gara e ci sarà un momento di festa e aggregazione per atleti, famiglie e per tutti i paesani. La Sgancio Rapido è orgogliosa di poter organizzare questo evento importante a livello sportivo ed è certa che tale manifestazione si rivelerà una splendida occasione per far conoscere a chi verrà da lontano, il nostro meraviglioso territorio. La nostra speranza è che non ci siano intoppi e che le condizioni meteo contribuiscano a creare un’atmosfera «mondiale»! 44
Stefano Zambon Vialmin e Emanuela Dordoni si sono uniti in matrimonio il 16 giugno 2018 nella Basilica di Sant’Ambrogio di Milano alla presenza dei parenti ed amici.
Domenica 8 aprile 2018 Sofia Santarossa ha ricevuto il sacramento della Prima Comunione nella parrocchia di Sant’Antonio di Porcia. Mamma Claudia Pez e papà Stefano, insieme ai nonni, parenti e amici le augurano di conservare sempre nel cuore la benedizione di Dio e il ricordo di questo giorno speciale.
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Sabato 19 maggio a Capalbio (Grosseto) è stato celebrato il matrimonio di Federica Zambon Ite e Antonio Riccucci. Il giorno seguente, sempre nel borgo medioevale, si è tenuto il Battesimo del loro bambino Francesco, nato il 2 giugno 2017 a Monaco di Baviera, dove la famiglia risiede.
Domenica 13 maggio Simone Terruzzi, accompagnato dal padrino Marco, riceve il sacramento della Santa Cresima nella chiesa di San Giuseppe della Pace a Milano. La virtù e la forza dello Spirito Santo, disceso su di te, restino sempre nel tuo cuore e siano luce nel cammino della vita. I TUOI GENITORI VALENTINA E PAOLO
Auguri dalla Redazione!
inno alla vita Francesca Pujatti si è laureata il giorno 27 aprile 2018 in Piazza San Marco a Venezia. Ha conseguito il titolo di Laurea in Economia Aziendale presso Ca’ Foscari con voto 110, un semestre in anticipo rispetto alla durata normale del corso. A fine giugno è partita per l’Australia per conseguire un Master in International Business della durata di due anni, presso The University of Melbourne, Melbourne Business School.
I ne à scrit... l’Artugna · via della Chiesa, 1 · 33070 Dardago (Pn) direzione.artugna@gmail.com
Un nostro lettore ci ha inviato questa nota che pubblichiamo con piacere. Nello scorso numero de l’Artugna, a pag. 21, è stata pubblicata una bella foto degli anni ’50: davanti al Caffè Bar Montecavallo, ad un tavolo, sono sedute alcune persone. Con gioia e sorpresa ho potuto riconoscerle. Le due donne sono mia nonna Angela Zambon Pinal (1867), ve-
stita di nero, e mia mamma Wilgeforte Bastianello (1908). Io sono seduto a destra, mio fratello Giampaolo a sinistra e mia sorella Daniela è in braccio alla mamma. Grazie. GIAMBATTISTA BALLIANA
[... dai conti correnti ] In memoria di mia sorella Norma. MARIA ANGELIN – TRIESTE
Per l’Artugna che riceviamo con piacere negli USA. Ci tiene in contatto con Budoia, Dardago, Santa Lucia. PAOLO E CONCETTA FIORITO – USA
Sempre con affettuosa stima vi saluto e vi ringrazio.
Per l’Artugna che ci arriva sempre gradita. Tanti saluti.
SILVANA BOCUS PISU – SUSEGANA (TV)
ANTENORE E GIACINTA NADIA BOCUS FRITH – CANADA
Per l’Artugna. Mandi. LUCA GIOVANNI FORT
Per l’Artugna. N.N. – BUDOIA
GARBAGNATE MILANESE
Grazie per l’Artugna. DONATELLA ZAMBON ROSIT – CANADA
appello ai lettori e bilancio Ormai da molti numeri, le offerte dei lettori non sono sufficienti a coprire le spese per la stampa del nostro periodico.Fino a qualche anno fa, erano di grande aiuto i contributi degli Enti Locali (Regione, Provincia, Comune). Ora la Provincia non c’è più e la Regione non elargisce contributi in questo campo. Rimane il contributo del Comune ma certamente non basta per farci raggiungere il pareggio tra le entrate e le spese. Facciamo, pertanto, appello alla sensibilità e alla generosità dei lettori.
Situazione economica del periodico l’Artugna Periodico n. 143
entrate
Costo per la realizzazione
3.966,00
Spedizioni e varie
210,00
Entrate dal 16.03.2018 al 16.07.2018
3.832,00
Totale
3.832,00
Se la situazione rimane quella attuale, sarà necessario riflettere attentamente in merito al futuro de l’Artugna.
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uscite
4.176,00
Comune di Budoia
2018
da oltre 40 anni Venerdì 3/8 aprirà la Pesca di Beneficenza
Venerdì 10/8 Ore 21.00 in chiesa
Spettacolo musicale
Una madre, una storia 30 anni dopo con Collis Chorus, Insieme vocale Elastico e Coro parrocchiale con bar aperto
Lunedì 13/8 Dalle ore 20.00 a Ciampore con bar aperto
Insieme a contare le stelle cadenti con ASA Associazione Sacilese di Astronomia
Martedì 14/8 Ore 17.00 12^
marcia sul Percorso del Torrente Artugna
Ore 21.30 Serata rock
Sabato 11/8 Ore 21.00 Serata danzante
con Lucio e i Robusti CHIOSCO APERTO
con Alto Gradimento
Domenica 12/8 Dalle ore 10.00 alle 22.00 per le vie del paese:
DardArtisti Sóte i Portóns Artigianato in piazza, artisti nei portoni, saltimbanchi, giochi per bambini, sfilata di cappellini d’epoca, spettacoli laboratori artistici per adulti e bambini
Mercoledì 15/8 Ore 10.30 in chiesa
Santa Messa dell’Assunta 40° di sacerdozio di Don Maurizio Ore 16.30 Giochi popolari Ore 20.00 Spiedo paesano su prenotazione: in pesca di beneficenza o alimentari in piazza
Ore 21.00 Serata latino americana
per prenotazione scrivere a lab@dardagosto.it
con Federico DJ
CHIOSCO APERTO TUTTO IL GIORNO
CHIOSCO APERTO
www.diversa-mente.com
CHIOSCO APERTO
Con la gentile e apprezzata collaborazione di: GRUPPO ANA BUDOIA
A SSOCIAZIONE S ACILESE di A STRONOMIA
www.dardagosto.it - info@dardagosto.it - www.facebook.com/dardagosto
Budoia... oltre la balconela «Budoia in prima linea con la sua storia, il suo territorio, le sue tradizioni, la sua gente, ideale, capitale quest’anno della cultura friulana». Con questo pensiero il professor Federico Vicario, Presidente della Società Filologica Friulana, introduce il numero speciale di Sot la Nape «Budoia... oltre la balconela». In questo volume, che vede l’esperta e generosa collaborazione di tanti amici de l’Artugna, si è tentato di raccogliere e raccontare, seppur parzialmente, la complessa trama dell’identità di Budoia, Dardago e Santa Lucia che viene ad aggiungersi e ad approfondire quanto già pubblicato in passato.