Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.
ANNO XLVIII / DICEMBRE 2019 / NUMERO 148 PERIODICO DELLA COMUNITÀ DI DARDAGO / BUDOIA / SANTA LUCIA
di Roberto Zambon
Grazie, don Vito! Per sostituire don Maurizio, assente per alcuni mesi, il Vescovo ha incaricato don Vito Pegolo di seguire i tre paesi di Dardago, Budoia e Santa Lucia. Un compito difficile, non tanto per il numero dei parrocchiani – che sommati sono come quelli di una parrocchia medio-piccola – quanto per garantire le celebrazioni ordinarie nelle tre chiese e le eventuali celebrazioni di battesimi, matrimoni e funerali nei tre paesi. Il periodo, poi, è quello più difficile poiché in questi mesi ricadono la solennità di Tutti i Santi, con le celebrazioni in ogni cimitero, la festa della Madonna Salute a Dardago, le feste dei patroni di Budoia e di Santa Lucia, e tutte le numerose celebrazioni per il periodo natalizio. Un «tour de force» impegnativo anche per un giovane sacerdote. Don Vito non è proprio giovane ma ha saputo assolvere molto bene l’impegno assegnatogli dal Vescovo. Da queste colonne le tre parrocchie lo ringraziano sinceramente.
Auguri don Maurizio! Don Maurizio è stato assente dalle Parrocchie per un periodo di riposo e di spiritualità per recuperare forze e serenità dopo questi ultimi anni di vita pastorale e di assistenza alla cara mamma. A don Maurizio porgiamo doppi auguri: a quelli tradizionali di buon Natale e di sereno anno nuovo, aggiungiamo l’augurio che il periodo trascorso a Collevalenza di Todi, nella bella Umbria, terra di grandi Santi, possa continuare a dargli la forza e la serenità per guidare le nostre tre comunità parrocchiali!
iniziare strade nuove
L’EDI TO RIALE
di don Vito Pegolo Il numero natalizio de l’Artugna, è una buona occasione per salutare le comunità parrocchiali di Dardago, Budoia e Santa Lucia con le quali, in questo periodo di fine anno, sto collaborando, portando il mio servizio, soprattutto nelle celebrazioni. Vedo che c’è un substrato di fede che tiene, anche se presenta nella pratica religiosa un notevole assenteismo. Non è il caso di incolpare nessuno, ma sarebbe necessario discutere, verificare, indicare, tentare... per rinnovare la presenza cristiana nelle comunità. Viviamo – non solo da noi – momenti di crisi di credibilità; i Vescovi ci indicano una partecipazione più viva con la vita della gente e in special modo con i più poveri ed esclusi.
11 novembre 2019. Don Vito durante la tradizionale Santa Messa nella chiesetta di San Martino (foto www.artugna.it).
Mi preoccupa l’assenza dei ragazzi dalla vita della comunità: sarebbe bene tentare di capirne i motivi per correggere e rivedere il nostro dialogo di «adulti» con loro. È prossima la Visita Pastorale del Vescovo Giuseppe: può essere un buon momento per iniziare strade nuove con il vostro parroco don Maurizio che rientra tra breve (dopo l’Epifania). Vi auguro un rinnovato impegno per una forte presenza cristiana nel nostro territorio, che mi incanta sempre più. Colgo l’occasione per augurarvi un felice anno nuovo, ma soprattutto che la pace e la gioia di Cristo siano nella vostra vita.
LA LETTERA DEL PLEVÀN
un sacco pieno di Misericordia di don Maurizio Busetti In questi mesi sono stato ospitato presso la Casa dei Figli dell’Amore Misericordioso a Collevalenza di Todi in provincia di Perugia. Una casa di sacerdoti con annessa casa delle Ancelle dell’Amore Misericordioso ed insieme un grandioso santuario. Tutta questa realtà è sorta per opera di una suora spagnola, la beata Speranza di Gesù. Con grande sacrificio suo e delle consorelle, con l’aiuto economico di gente che capiva l’importanza dell’opera e soprattutto con l’aiuto del Signore Gesù che spesso le appariva, la confortava e la mandava anche in bilocazione per le sue missioni. Nel Santuario migliaia di pellegrini ogni anno trovano in continuazione sacerdoti per le Confessioni, Sante Messe, per l’acqua che ha effetti in diversi casi miracolosi, sempre richiamanti alla conversione. La casa del Pellegrino con l’accoglienza prestata dalle suore ai pellegrini, la disponibilità dei Figli dell’Amore Misericordioso ad accogliere, secondo il loro carisma, sacerdoti che, come me, vanno per un periodo di riposo e di spiritualità, altri che hanno bisogno di terapie particolari, altri ancora, più anziani, accolti al settimo piano, per ricovero con un’assistenza puntuale e professionale. Qualcuno potrebbe domandare legittimamente cosa c’entra tutto questo con la festa del Natale che stiamo vivendo. Nell’ultimo secolo trascorso non solo la beata Speranza ma anche santa Faustina Kowalska e san Giovanni Paolo II hanno voluto, ispirati dal Padre e da Gesù Cristo, trasmettere alla Chiesa il volto misericordioso di Dio. San Bernardo, il grande abate di Chiaravalle, in una famosa omelia che si legge nel tempo natalizio afferma con un’immagine poetica molto espressiva: Dio Padre ha inviato sulla terra un sacco, per così dire, pieno della sua misericordia; un sacco che fu strappato a pezzi durante la passione perché ne uscisse il prezzo che chiudeva in sé il nostro riscatto; un sacco certo piccolo, ma pieno, se «ci è stato dato un Piccolo» in cui però «abita tutta la pienezza della divinità». E questo Piccolo, questo Bambino che fin dalla nascita inizia a far uscire da questo minuscolo sacco la misericordia di Dio verso i piccoli e i lontani: i pastori poveri e disprezzati e i Magi non giudei che vengono per incontrarsi con chi può donare la pace, la serenità, la salvezza. L’uomo, in cui Dio si è fatto carne, sente nella sua carne entrare questa misericordia, uscita da quel Piccolo sacchetto. Diventando grande Gesù mostra la miseri-
cordia del Padre guarendo i malati, sfamando gli affamati, risuscitando i morti, perdonando i peccatori, annunciando a tutti la buona novella del Regno di Dio. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Nel famoso discorso della Montagna il Signore ci dice: «Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati, perdonate e sarete perdonati, date e vi sarà dato, una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio». (Lc. 6,36-38). Penso che questo sia il più bel messaggio che il Signore che nasce possa inviarci per questo Natale. A tutti i migliori auguri di un Lieto e Santo Natale e di Felice 2020
A nome mio personale e delle nostre tre parrocchie ringrazio di cuore don Vito Pegolo per il servizio generoso ed impegnato che ha svolto in questi tre mesi di mia assenza. Gli saremo grati se vorrà continuare a darci una mano e ci auguriamo a lungo.
LA RUOTA DELLA VITA IMPORTANTE Per ragioni legate alla normativa sulla privacy, non è più possibile avere dagli uffici comunali i dati relativi al movimento demografico del comune (nati, morti, matrimoni). Pertanto, i nominativi che appaiono su questa rubrica sono solo quelli che ci sono stati comunicati dagli interessati o da loro parenti, oppure di cui siamo venuti a conoscenza pubblicamente. Naturalmente l’elenco sarà incompleto. Ci scusiamo con i lettori. Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.
NASCITE Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di... Philip Soldera Zambon di Marco e di Deborah Zambon – Dardago Mattias Vesco di Luca e di Adela Varga – Dardago Leonardo Felet di Alessandro e di Valentina Nadalin – Dardago Giulio Del Pup di Francesco e di Silvia Del Puppo – Dardago Emma Ceramicoli di Matteo e di Sonia Soldera – Budoia Jason Moro di Mirko e di Tiziana Cauz – Budoia Alisia Dorigo Polanco di Davide e di Elisabeth Polanco – Budoia Jacopo Bravin di Gianluca e di Silvia Pignat – Santa Lucia Andrea Zambon di Antonio e di Valentina Barani – Trieste – Dardago Bianca Bastianello di Edoardo e di Elena Fantin – Aviano – Dardago Francesco Carlon di Matteo e di Alessia Guadagnini – Budoia Giulia Gallas di Federico e di Claudia Zambon – Dardago
MATRIMONI Felicitazioni a... Edoardo Giove Petol e Francesca Ferranti – Parma
LAUREE, DIPLOMI Complimenti! Laurea Martina Pellegrini – Laurea magistrale in Giurisprudenza – Trieste Selena Spader – Laurea magistrale in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici – Venezia – Budoia Edoardo Busetti – Laurea in Economia Banca e Finanza – 110 e lode – Venezia Camilla Cimarosti – Laurea in Lingue, Civiltà e Scienze del Linguaggio – Venezia – Budoia Anna Naressi – Laurea in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo · DAMS – Gorizia – Budoia
DEFUNTI Riposano nella pace di Cristo. Condoglianze ai famigliari di…
DICEMBRE 2019 / 148
Silvano Zambon di anni 93 – Dardago Vincenza Lina Pusiol di anni 98 – Santa Lucia Mirella Dorigo di anni 75 – Budoia Sandrino Busetti di anni 71 – Budoia Derna Borro di anni 81 – Budoia Agnese Pes di anni 74 – Budoia Pierina Meschini di anni 84 – Santa Lucia Maria Parmesan di anni 92 – Dardago Iginio Dedor di anni 75 – Budoia Lorenzo Basso di anni 89 – Galliera Veneta Iolanda Rizzo di anni 87 – Santa Lucia Domenico Diana di anni 89 – Mestre – Budoia mons. Giovanni Perin di anni 85 – Sedrano Andrea Zambon di anni 46 – Milano
4
L’ARTUGNA PERIODICO DELLA COMUNITÀ DI DARDAGO BUDOIA / SANTA LUCIA BUDOIA
DARDAGO
SANTA LUCIA
IN QUESTO NU MERO
148 ⁄ ANNO XLVIII / DICEMBRE 2019
www
www.artugna.blogspot.com
@ direzione.artugna@gmail.com
2 Editoriale 2 Iniziare strade nuove di don Vito Pegolo 3 La lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti 4 La ruota della vita
facebook.com/ArtugnaPeriodico Direzione, Redazione, Amministrazione Via della Chiesa, 1 · 33070 Dardago [Pn] Conto Corrente Postale 11716594 IBAN IT54Y0533665090000030011728 dall’estero aggiungere il codice BIC/SWIFT BPPNIT2P037 Direttore responsabile Roberto Zambon · cell. 348.8293208 Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna Contributi fotografici Archivio de l’Artugna, Paolo Burigana, Vittorina Carlon, Alberto Del Maschio, Vittorio Janna, Francesca Romana Zambon Ed inoltre hanno collaborato Francesca Janna, Espedito Zambon, Gianni Zambon Rosìt Stampa Sincromia · Roveredo in Piano/Pn
IN COPERTINA Un uomo, un pievano, un amico. Don Giovanni Perin, come don Bosco, attorniato dai bambini e ragazzi felici e sorridenti tra le crode del Cunath.
6 Grazie, don Giovanni! di autori vari 22 Archivio a cielo aperto a cura di Vittorina Carlon 28 Tre eccellenze budoiesi a cura della Redazione 30 Persona & ambiente a cura di Roberto Zambon 31 Per la pace e la giustizia tra le nazioni di Roberto Zambon 32 La cianisela dell’ecumenismo di Fabrizio Fucile 34 Coltivare l’anima e il cuore di Silvano Scarpat 35 Che meraviglia! a cura di Vittorina Carlon 36 Scherthi de ’na volta di Fernando Del Maschio 37 ’n te la vetrina 38 Lasciano un grande vuoto... 40 Il loro ricordo non sfuma lettera alla mamma di Silvana Bocus Pisu
Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.
41 la Cronaca 45 l’Inno alla vita 46 I ne à scrit... ...dai conti correnti Il bilancio 47 Programma religioso
DICEMBRE 2019 / 148
Autorizzazione del Tribunale di Pordenone n. 89 del 13 aprile 1973 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.
5
La notizia si è diffusa rapidamente, è morto don Giovanni! È morto in agosto – il mese dell’Assunta – la Patrona di Dardago, parrocchia che lui ha molto amato e per la quale ha molto lavorato. l’Artugna, che egli ha voluto e condotta per molti anni, dedica a Lui questo numero, in segno di riconoscimento.
Grazie, don Giovanni! Grazie, don Giovanni, per tutto quello che ha fatto per noi, per i bambini dell’Asilo, per i giovani, per le famiglie, per i dardaghesi lontani dal loro paese, per gli anziani e per gli infermi. Grazie per averci insegnato a ringraziare fin dalla prima «predica» ai parrocchiani dardaghesi...
DICEMBRE 2019 / 148
“
6
Io non ho che una sola parola da dire: GRAZIE! Ringrazio il Signore per la vita, ringrazio il Signore per la fede, ringrazio il Signore che mi ha voluto sacerdote, ringrazio il Signore che mi ha voluto parroco di Dardago.
”
autobiografia di don Giovanni Perin
Mi chiamo Don Giovanni Perin e mi piace dire che la prima «casa» dove ho abitato è il grembo di mia madre. Sono nato per amore di Dio e dei miei genitori. Non sopporto il pensiero d’esser nato, così, per caso: preferirei essere di pietra. Le indelebili immagini dell’infanzia conservano il colore e la festa dei campi, del cortile, del focolare, della preghiera. All’età di dieci anni, con i miei cari (genitori, tre fratelli e tre sorelle) avevo già abitato in due case diverse. Una piccola, tra i campi e fatta di sassi e mattoni, alquanto fuori dal centro storico di Sedrano. L’altra, chiamata Vaticano, offriva, a dispetto del glorioso nome, uno spazio anche più angusto, raccolto in un nucleo circolare di cinque abitazioni accostate una sull’altra. Come pellegrini di questo «Vaticano», per papà e mamma non mancarono umiliazioni e sofferenze. L’alloggio ci venne affidato da una famiglia del paese. Dio ci ha aiutato. Il gesto non sarà dimenticato mai più. Avevo otto anni quando sentii la gioia dentro il cuore d’esser sacerdote. Lo studio, le fatiche la preghiera, le lacrime, le feste che vennero dopo...
Preghiera Ti ringraziamo, o Signore, per averci fatto dono dello zio don Giovanni che con la sua gioia e amorevolezza, con la sua passione e voglia di fare ha sempre avuto un sorriso, una parola di speranza per tutti, anche se sconfortato o in difficoltà, affinché rimanga come esempio della nostra vita. Preghiera della nipote Domitilla Perin anche a nome degli altri famigliari, invocata durante la Santa Messa esequiale.
Non hanno aggiunto grandi novità alla bellezza di quel primo momento incantevole e per sempre. Il parroco Don Alessandro Nimis, pio e amabile sacerdote nativo di Bagnarola, mi accompagnò in Seminario. Il Seminario di Pordenone, dove giunsi un mattino di settembre 1945 su carretta trainata da asina, è stato per me (ed è ancora) il luogo più caro della vita. Tant’è vero che desidererei di morirvi là, anche seppur di passaggio. Uno degli assistenti, ancora vivo, mi chiamava col nome di «musso», ricordando il mezzo di locomozione animale per il mio ingresso nell’Istituto. Mi sentivo un po’ ferito. Solo più tardi infatti venivo a sapere che quello era l’animale più pregiato della storia universale e più regale d’ogni altro poiché Gesù l’ha ufficialmente scelto per la sua entrata trionfale a Gerusalemme. Mia madre scendeva a Pordenone ogni sabato in bicicletta, facendo trenta chilometri alla volta. Ricordo il suo volto imperlato... di sudore. Con volto raggiante mi baciava. Era quello il sigillo più sacro della sua gioia e del suo amore impresso su di me. Il Vescovo Mons. Vittorio De Zanche mi ordinò sacerdote la Domenica 30 giugno 1957. Dopo dodici giorni mi nominò cappellano nella parrocchia di San Nicolo di Portogruaro. Ero un po’ impaurito. Sulla corriera che mi portava a destinazione per caso c’era un giovane prete che conoscevo, talentato e di grandi qualità: mi fece (bontà sua) i complimenti e mi incoraggiò: era il portogruarese Don Luciano Padovese. Il parroco Mons. Luigi Martin mi attendeva sul sagrato con un gruppo di giovani. Mi accolse con grande affabilità. Non avrei potuto trovare una guida cosi preziosa e cara. Il gruppo giovani di Azione Cattolica formò i futuri padri e madri, professionisti, docenti e artisti... che hanno dato e danno una testimonianza umana e cristiana a dir poco commoventi. Furono dieci anni molto preziosi, al termine dei >>
DICEMBRE 2019 / 148
Confidenzialmente Pellegrino anch’io per grazia di Dio
7
DICEMBRE 2019 / 148
>> quali fui chiamato a pormi a servizio dell’Azione
8
Cattolica, come Assistente Diocesano. La nuova «casa» stava tra la «Madonna Pellegrina» e il vecchio Centro Diocesano. Avevo la mamma con me. Ero felice. Il Vescovo, Mons. Freschi, fu sempre amabile e generoso di bontà con noi. Con gli stessi incarichi mi nominò anche parroco, «Pievano», di Dardago. Colà, più vicino al paese natio, andai ad abitarvi con mamma e sorella Clelia. Vi restai per quindici anni, in quella straordinaria pedemontana piena di bellezza naturale e grandezza umana, culturale e spirituale. Di lì fui richiamato a Pordenone per essere, per alcuni anni, direttore Spirituale del Seminario e «postino» della Curia. Cose che feci con semplicità e grande gioia. E proprio al Centro Diocesano, il 23 aprile 1992, ebbi l’occasione di salutare il caro abate Mons. Pietro Furlanis: stentava a camminare, e mi parve assai sofferente nel corpo e affranto nello spirito. Commosso, lo accompagnai tenendolo sottobraccio per il corridoio e giù per le scale con viva stima e affetto. Quando ci penso che sei giorni dopo cessava di vivere, quell’episodio, dolce eppure casuale, non manca di commuovermi ancora. Passò qualche settimana e il Vescovo Corrà mi fece proposta di inviarmi parroco a Sesto. Dopo circa un mese accettai l’obbedienza. Tuttavia, a pochi giorni dall’ingresso fissato per sabato 6 settembre 1992, fui preso da una grande prova di angoscia e depressione. Una cosa più forte di me. Mi confidai con la mia guida spirituale: «Padre, sto male, non mi sento adatto; ho tanta paura di portarmi a Sesto». Il Padre non mi rispose. Stette a lungo in silenzio, ora guardando me, ora chiudendo gli occhi e alzando alquanto il capo quasi a invocare l’ispirazione dall’alto. Mise finalmente la mano sua sulla mia e mi disse: «No, don Giovanni. Già ti aspettano, non puoi più fare questo. Non avere paura, ti sono vicino. Vai a Sesto, ci starai per un anno e, solamente dopo, chiederai d’esservi rimosso». Cosi è avvenuto, con due varianti non di poco conto: quella che sono passati invece quindici anni da quel giorno; e l’altra, che mi ricorda ogni giorno come il cuore di un prete migrante deve essere abitato da tre povere semplici virtù: niente chiedere, niente rifiutare, lodare Dio. CANNA DI BAMBÙ *
*pseudonimo di don Giovanni Perin
Le tue dita Le tue dita m’hanno fatto come canna di bambù. Pastore divino della storia, cuore di Dio che soffia sinfonie dentro le galassie e nel silenzio profondo degli atomi. Rendimi sordo e cieco alle mie passioni, perché possa godere l’adagio dei fiori e l’incanto dei bimbi che hanno i tuoi occhi. Sono la tua canna, Pastore mio, adorabile. Tu solo puoi riempirmi di musica. CANNA DI BAMBÙ
Sorridete! Chi sorride ha presente tutto; tutto. Le vittorie, le sconfitte, le gioie più semplici e profonde, mischiate alle delusioni e alle amarezze più brucianti. Chi sorride è grande e impara ad esserlo sempre di più. E la grandezza non è sua ma è di Colui sul quale si appoggia e nel quale confida: il buon Dio. Anche per un sacerdote è così. Quante difficoltà pastorali, quante. […] Dobbiamo ritornare un po’ bambini per poter anche sorridere di più. Avanti, sorridiamo insieme! […] Ripeto l’invito come se fosse una medicina per l’anima: «Sorridete, sorridete sempre». Chi sorride confida nel Signore e pertanto andrà in Paradiso» CANNA DI BAMBÙ
A mio «Padre» Corelli A mio «Padre» Corelli (nel suo 70° di giubileo sacerdotale) Mai stanco sei, come un Padre vero, che sorride per un figlio che viene, a tutte le ore della vita. La tua mano è una carezza di Gesù. La tua parola è quella di uno staretz del deserto che racconta una storia incredibile, sempre nuova, sempre vera.
E mi trovo risorto. CANNA DI BAMBÙ 20 agosto 2007
DICEMBRE 2019 / 148
E cade dentro l’anima assetata come una goccia fresca di rugiada, trasparente di Dio.
9
nella bisaccia di don Giovanni Don Giovanni Perin ci ha lasciati. Aveva 85 anni, essendo nato a Sedrano il 26 agosto 1933. Don Giovanni fu parroco di Dardago dal 1971 al 1986: quindici anni di intenso lavoro, in cui ha molto seminato. A prima vista sembrava gracile, ma aveva una forza interiore che gli permetteva di lavorare sodo per raggiungere i molti obbiettivi che aveva in mente. Si potrebbe fare una lunga lista dei risultati delle sue fatiche, ma lui non sarebbe contento. Tuttavia il periodico l’Artugna, che è una delle sue prime creature (1972), deve almeno farne un accenno, attingendo dai commenti della gente quando ha saputo della sua morte. Dedicava molto tempo e molte forze per l’Asilo parrocchiale affidato alle Suore Elisabettine. Amava molto l’arte e specialmente la musica: amore che voleva trasmettere ai più giovani. Organizzava, aiutato da alcuni genitori, i campeggi estivi, ancora oggi ricordati dai ragazzini di allora. Ha creato il «Dardagosto-minifestival della bella canzone» (1975), il gruppo Artugna, canterini e danzatori... Era vicino agli anziani e agli ammalati, ai dardaghesi lontani. Molti ricordano gli incontri a Milano, Torino… E i restauri dopo il terremoto… e il 7° Centenario della Pieve… e…
DICEMBRE 2019 / 148
>>
10
Don Giovanni ha sempre amato la musica. La foto in alto lo ritrae mentre, appena arrivato a Dardago, accompagna con la pianola i piccoli della Scuola Materna. In basso. Santa Janna Fuser ritira il «Premio della Bontà» a Sacile insieme al Pievano e ad alcuni dardaghesi. Nel 1976 nascono i «Piccoli Cantori», il coro di ragazzini con il berretto alla marinara diretto da don Giovanni. In quegli anni nasce il «Dardagosto».
Scorrendo le pagine de l’Artugna, ho trovato l’articolo che don Giovanni scrisse, nel 1986, quando ha lasciato la nostra parrocchia. Come ogni buon cristiano, anche il sacerdote, è un pellegrino in questo mondo, un pellegrino in cerca del Signore e della sua Casa. Un pellegrino un po’ speciale, mai solo, che cammina con la sua gente, perché è stato chiamato a fare così. Lui si prepara la bisaccia. E la sua bisaccia è un po’ curiosa. Dentro ci sono quasi sempre tre cose: un libro, un sasso, un tozzo di pane. Il libro è quello del Signore: la Bibbia. Tra le sue pagine è come imbrigliata la forza e l’armonia della sua Parola, tutta piena di verità e di amore: «È meglio confidare nel Signore che confidare nell’uomo, è meglio confidare nel Signore che confidare nei potenti». La seconda cosa è il sasso: e il sasso sono i suoi limiti, i suoi difetti, la sua faccia che ha, con tutto il peso che ha... In fondo alla bisaccia c’è, infine, il tozzo di pane. E il tozzo di pane non è un tozzo di pane, ma è il volto di tanta gente che ha conosciuto e gli ha dato una forza grande per camminare quasi come il pane dell’Eucarestia; è il volto di Gesù Cristo fatto di bambini, uomini vecchi, donne ammalate, ragazzi meravigliosi e anche tristi alle soglie della vita, o creature che hanno già lasciato questo mondo... Certamente il sasso della bisaccia di don Giovanni, quando è giunto davanti al Signore, non era molto pesante. Molto più grande era il tozzo di pane, lievitato grazie al bene fatto ai tanti fratelli incontrati nel suo cammino. Davanti alla Casa di Dio uno non può arrivare con le sue forze che ha. Senza bisaccia non può arrivare, anche se è un pievano. E quando arriva non è mai solo: c’è la sua gente insieme a lui. «Tu es sacerdos in Aeternum»! Cioè, uno è «pievano» anche dopo.
un prete speciale Don Giovanni è stato un prete speciale... Da ragazza appena arrivavo a Dardago correvo in chiesa o in canonica a cercarlo per provare le nuove canzoni che avremmo cantato durante la messa! Impossibile dimenticare i campeggi... gli spettacoli teatrali... i Dardagosto passati insieme! Ne abbiamo combinate tante ma ci siamo divertiti tutti dardaghesi, milanesi, torinesi e veneziani! Grazie don per averci guidato per tanti anni durante il periodo estivo. PATRIZIA JANNA TAVÀN
DICEMBRE 2019 / 148
ROBERTO ZAMBON
11
ricordo di don Giovanni
DICEMBRE 2019 / 148
Il mio primo incontro con don Giovanni Perin risale a più di 40 anni fa, alla scuola elementare; era con lui infatti che svolgevamo l’ora di religione a scuola. Da lì la nostra frequentazione si è fatta più assidua, oltre che per gli aspetti strettamente religiosi, anche per aver seguito per molti anni il percorso del Gruppo Folkloristico Artugna, iscritto anche all’associazione nazionale Pueri Cantores. Don Giovanni infatti era il nostro insegnante di canto e direttore del coro. Di lui ricordo lo spessore morale, la profonda spiritualità e l’immensa cultura teologica, ma anche la simpatia, la passione per la musica e il perfezionismo che dimostrava e ci richiedeva quando ci insegnava sia canti religiosi che della cultura locale e friulana. Abbiamo attraversato insieme un pezzo di vita, molti anni. Anni fatti di tante ore di prove, parecchi viaggi in corriera in Italia e all’estero per congressi e manifesta-
12
zioni folkloristiche, relazioni con svariate persone in diversi Paesi, lavoro comune per progetti importanti, ed esperienze di collaborazione e condivisione che ci hanno fatto crescere e diventare gli uomini e le donne che siamo ora. Ricordo che appena salivamo in corriera, ogni giornata iniziava con un suo pensiero ed una preghiera per affidare a Dio le nostre azioni quotidiane. Non disdegnava di insegnarci anche canzoncine leggere e divertenti che cantavamo a squarciagola per ingannare il tempo durante i lunghi viaggi e che ho insegnato a mia volta ai miei figli. Ricordo la sua figura un po’ curva con il diapason all’orecchio per darci il ‘la’ e il suo timido sorriso quando riceveva gli applausi e le congratulazioni per le nostre esibizioni. Penso alla modestia, alla semplicità, alla sobrietà e a volte al rigore che hanno accompagnato la sua vita e il suo lavoro e che dovrebbero essere di esempio, soprattutto di questi tempi dove tutto è esibito. Questi anni mi hanno inevitabilmente segnata e lasciato dentro la passione per il canto, tant’è che anche mia figlia ora è iscritta ai Pueri Cantores di Fagagna (Udine) dove abitiamo, continuando la tradizione. Penso che don Giovanni abbia incarnato perfettamente lo spirito che sant’Agostino ha voluto indicarci con la frase: «Chi canta bene prega due volte» e penso che tutti noi che lo abbiamo conosciuto, ne abbiamo fatto tesoro. Grazie, don Giovanni. MONIA ZAMBON
nel mio cuore... Ho un ricordo di don Perin che custodisco nel cuore da molto tempo. È il ricordo di un momento molto importante della mia vita in cui la mia emozione si è unita alla sua. Grazie, don Giovanni! EURIDICE DEL MASCHIO
mi hai fatto promettere... Dardago... il periodico l’Artugna Sesto al Reghena... il periodico l’Abbazia
Finalmente arrivo. Sono deciso ad incontrarti, anche se un po’ ti temo. Prendo fiato. Sulla porta della canonica di Sesto il cartello in legno con scritte eseguite a pirografo mi avvisa che il parroco è: «Presente in ufficio, suonare». La tua calligrafia mi è familiare. Sono lettere dal ‘volto’ e dal ‘sapore’ medievale, quasi da amanuense benedettino. Suono alla porta, che si apre quasi subito. Sei tu, che mi accogli con il tuo sorriso. «Benvenuto, vieni avanti, accomodati. Giungi a proposito. Insieme a Barbara (la segretaria) sto preparando il ‘menabò’ del periodico l’Abbazia e avremmo necessità di un consiglio...». «Va bene, don Giovanni, ma io...». «Siediti qui, vediamo cosa possiamo fare». ... La sua accoglienza, come pure lo stile con il quale sapeva coinvolgere il prossimo in collaborazioni spontanee, era proverbiale. ... «Grazie, ora Barbara può proseguire. Dimmi pure, come mai da queste parti?».
«Sono venuto a restituirti la ‘pietra’. Quella scelta da te nel torrente Artugna e che un giorno mi hai regalato. Non mi serve più! Anche la dedica, che hai scritto sopra, ora non ha più senso. E il tempo l’ha quasi cancellata». Improvvisamente sei divenuto serio, stavi intuendo che qualcosa turbava il mio animo. Per alleggerire la tensione del momento mi hai messo una mano sulla spalla e hai detto: «Ora, mentre Barbara procede con il lavoro, vieni con me nell’altro ufficio». E, tenendo tra le mani la pietra, mi hai chiesto: «Cosa c’è, fratello, che non va? Cosa succede?». «Don Giovanni, mi succede che... per questo ho deciso di... non chiedermi altro». ... Non ricordo quanto tempo trascorse, ma ricordo bene il dialogo intenso, le pause, le tue parole... le lacrime. ... «Questa pietra è per te! Conservala e custodiscila per poterla affidare nelle mani di chi continuerà l’opera con passione. Anzi... lasciamela solo per qualche giorno, giusto il tempo di ridare ‘vita’ alle parole. Continua quello che tanti anni fa abbiamo iniziato insieme». «Va bene, don Giovanni, cercherò di fare il possibile...». Dopo una pausa di silenzio mi hai guardato negli occhi e hai concluso... «Promettimelo!». VITTORIO JANNA
P.S. In questo momento ho avuto voglia di darti del tu.
DICEMBRE 2019 / 148
...ora basta! Me ne vado. Smetto. Non ha più senso andare avanti. Ho fatto la mia scelta e preso la decisione. Con l’animo in subbuglio e stordito da molti pensieri salgo in macchina. La meta è Sesto al Reghena. In autostrada l’auto corre veloce. Ho fretta. Devo arrivare e dirglielo. Dopo una collaborazione di oltre trent’anni ho deciso di non interessarmi più del giornale. Lascio il ‘suo’ periodico, quello che lui ha ideato. Lo abbandono. ...
13
anche la bellezza nella sua bisaccia Dotato di una sensibilità non comune, don Giovanni coltivava la bellezza, sia estetica sia etica, e la cercava in ogni attimo della vita. La inseguiva in un’opera d’arte, nelle note di una musica, nella profondità della parola, nell’armonia di una poesia, nella stupefacente natura e nel volto della vita umana: nei dolci sorrisi dei bimbi dell’asilo, nel viso rugato di un anziano,... La trasmetteva alla comunità, coinvolgendo tutti quelli che gli stavano accanto, cosicché la bellezza si ri-
velava come unione, pace, accoglienza ed amore, ma soprattutto bellezza come speranza, legame invincibile tra le due. Siamo grati a don Giovanni che lungo i suoi quindici anni di permanenza a Dardago, non sempre facili, non ha mai cessato di additare ad ognuno la via della luminosa bellezza, iniziatrice di sentimenti e di relazioni.
DICEMBRE 2019 / 148
don Giovanni e l’avventura Cantori e danzerini dell’Artugna
14
Don Giovanni insegnava religione nelle scuole elementari di Budoia e con le maestre organizzava il saggio di fine anno. La collaborazione nacque subito, a don Giovanni piaceva insegnare canto, alle maestre danza, fu sufficiente aggiungere una fisarmonica e l’avventura ebbe inizio. Primo impegno pubblico la partecipazione a una rassegna di cori per adulti a Casarsa, come don Giovanni riuscì a inserirsi in questa competizione impari, facendo partecipare anche i bambini non si sa. Comunque andammo, i bambini fecero bella figura con il loro berretto alla marinara confezionato dalle suore all’ultimo momento, secondo il «modus operandi» di don Giovanni. >>
VITTORINA CARLON
Così ebbe inizio la prima delle molte avventure che avremmo affrontato negli anni a seguire. Uomo coinvolgente, solo apparentemente timido e fragile, in realtà fermo e deciso, lungimirante, una volta individuato un obiettivo nulla lo fermava e noi genitori dei ragazzi venivamo coinvolti anche se tali obiettivi ci sembravano irraggiungibili... I contrasti furono inevitabili ma alla fine anche ciò che sembrava impossibile diventava realtà con gioia e meraviglia di tutti e ancora oggi ne parliamo orgogliosi di essere stati guidati da lui. I nostri ragazzi furono i primi a beneficiare del frutto di tanto lavoro. La sua volontà, caparbietà, senza arrendersi mai, contribuì a forgiarli e ad arricchire anche noi. Ci insegnò l’unione, la collaborazione, a lavorare per il bene dei nostri figli ma anche della comunità. Si impegnò molto senza risparmiarsi. Soffriva quando non era da noi capito. Credeva in quello che faceva, ma soprattutto credeva nel raggiungimento dell’obiettivo prefissato perché era per il bene di tutti.
Don Giovanni in uno dei suoi incontri con i parrocchiani «milanesi».
UMBERTO COASSIN
DICEMBRE 2019 / 148
Una delle prime esibizioni dei «Piccoli Cantori» e del Gruppo Danzerini dell’Artugna.
15
un nome, un marchio... una voce
DICEMBRE 2019 / 148
Avevo 28 anni e l’apertura di una filiale della Banca (BNL) dove lavoravo fu il motivo del mio trasferimento da Milano a Pordenone. Venivo a vivere da solo a Dardago, il «piccolo mondo antico» frequentato da sempre. Ero giovane, mi sentivo l’argento vivo addosso; sognavo ad occhi aperti e per creare una base logistica per i miei progetti, nel sottotetto di casa, nel blaverùt, ricavai uno studio! Ricordo che da bambino, quando vivevo a Milano, qualche volta arrivava il bollettino parrocchiale «La Voce del Pastore» e come mio padre lo sfogliasse con attenzione per risentire in quelle quattro paginette il profumo di «casa». L’arrivo in paese del nuovo Pievano don Giovanni Perin fu l’inizio di nuove e numerose avventure. Fu proprio lui che durante una riunione con i ‘giovani’ rilanciò l’idea del bollettino parrocchiale per informare e
16
per mantenere il legame tra le persone in paese e quelle residenti in altre città o all’estero. Rimaneva da risolvere l’incognita del nome da dare alla nuova testata. Un giorno durante una sosta in un bar di Maniago mi capitò sotto gli occhi la rivista «l’Eco della Val Colvera» e per analogia mi scattò l’idea di proporre «l’Artugna». Già da quel titolo mi pareva di fare una cosa nuova, di «incalmare» sul vecchio bollettino una nuova pianta. Don Giovanni inizialmente era reticente, il nome gli sembrava una proposta troppo innovativa, come volersi staccare troppo dal precedente. Ero giovane, e me ne rendo conto a posteriori, l’irruenza dell’età mi portava a prediligere un nome che ricordas-
se Dardago nella sua interezza geografica tralasciando nel titolo la valenza religiosa. Ci furono alcune settimane di «trattative», poi don Giovanni saggiamente mutò parere, come pure il maestro Giacomo Zanchet, che divenne il primo direttore responsabile. Anche il mio primo articolo dal titolo «Non deve essere un giornale di pochi» fu avallato dal pievano e dal quel giorno sancì e decretò l’inizio di un’avventura che continua ancor oggi da 47 anni. Quel nome è divenuto un marchio… una ‘voce’ che piace. Grazie, don Giovanni! SANTE UGO JANNA
Anni settanta, «Campeggio Ragazze». Tutto pronto per trascorrere insieme momenti indimenticabili.
ci ha aiutato a crescere
Uno dei tanti momenti felici trascorsi in campeggio tra le Dolomiti.
genitori, per la prima volta mi sono gestito da solo a casa dei Salmacciccia, una famiglia pescarese che come molte altre ospitarono noi giovani ancor più valorosi perché anche sopravvissuti, si fa per dire, al terremoto. Giornate intense di attività con giovani provenienti un po’ da tutte le parti d’Italia, una bella accoglienza con molti regali ricevuti e lasciati a testimonianza del nostro passaggio. Mi ricordo in particolare di un dono ideato da don Giovanni, un sasso del nostro torrente vagamente a forma di cuore con la scritta «il Friuli dice Grazie», consegnato in pompa magna agli organizzatori. A pensarci mi viene il nodo in gola. Ricordo la determinazione in ogni estate di arrivare con gli altri coetanei fino a Dardago a piedi o in bicicletta per preparare il Dardagosto, quello degli inizi con i canti in chiesa prima e anche con i balli in piazza poi. In un clima
DICEMBRE 2019 / 148
È domenica sera, salgo in macchina e mi dirigo verso Sedrano. Guido piano, sono in anticipo e voglio pensare ad una parte importante della vita che ho trascorso. Mi sembra ieri quando fanciullo ho intrapreso il mio percorso evolutivo per diventare uomo, frequentavo la quarta elementare e per la prima volta si è affacciato nella mia vita don Giovanni Perin. All’inizio era solo il prete di religione tra l’altro di un paese che non era il mio, Dardago (sich!), e che lentamente si è trasformato in energia contagiosa per tutti coloro che avessero voluto essere partecipi della sua idea di socializzazione. Questo indistintamente fossero stati di Budoia, Dardago, Santa Lucia e anche di Roveredo in Piano. Da quel momento in poi e per almeno dieci anni è stato una presenza non proprio secondaria nella mia crescita. Molte sono le situazioni che ritornano in mente alle quali cerco di dare un ordine cronologico. I primi approcci avvennero nello spettacolo di fine anno scolastico organizzato dalle maestre; rigorosamente sul palchetto in legno nel cortile davanti a tutti i genitori. Qualche coreografia in musica delle classi, alcune recite dei più spregiudicati e l’esibizione di una variegata orchestrina. In questo ultimo caso la conoscenza e la passione per la musica di don Giovanni era messa a disposizione, anche il più semplice strumento diventava determinante. In più di una occasione io ho suonato i legnetti, qualcun’altro il triangolino, il tamburello o la sonagliera, i più capaci lo xilofono. Forse è qui che Fabrizio ha scoperto di avere una forte propensione per la musica. L’anno dopo è stato quello della partecipazione al congresso dei Pueri Cantores a Pescara. Un gruppo numeroso di ragazzini di età compresa tra 9 e 11 anni in un un viaggio alla scoperta dei primi scampoli di indipendenza. Eravamo accompagnati da alcuni educatori e da pochi
17
dove per me ancora preadolescente era tutto importante, grande ma soprattutto divertente. Sono stati gli anni in cui si organizzava il cinema ragazzi con una attenta preparazione per la scelta delle pellicole e la proiezione della domenica pomeriggio nel vecchio teatro riordinato per l’occasione. Chissà se Luca ha capito di avere una forte passione per il cinema in questa circostanza. Faticosa ma proficua era l’organizzazione della raccolta carta e ferro vecchio, eravamo inconsapevoli precorritori della differenziata che all’epoca anteponeva, ma non contrapponeva, il finanziamento delle opere parrocchiali alla salvaguardia dell’ambiente.
interiore. A questi ultimi pochi di noi avrebbero partecipato spontaneamente ma era in queste circostanze che usciva il carattere di don Giovanni. Sicuramente non sanguigno o dai facili entusiasmi ma un martellatore, una persona determinata e costante, capace di andare contro corrente convinto della bontà dei risultati. La classica goccia che fora la pietra. E così anni più tardi ho capito che le difficoltà della vita ordinaria sono poco al cospetto di qualche cosa di immensamente superiore.
DICEMBRE 2019 / 148
Campeggio in Val Cimoliana, festa con i genitori. È l’anno in cui sono stati portati anche due tacchini vivi dal paese quale antidoto contro le vipere.
18
Mi vengono in mente le gite in giornata al mare dove è capitato di vivere così intensamente la spiaggia da rimanere ustionati, don Giovanni compreso con i suoi castigati pantaloncini non proprio corti. I campeggi in montagna, sempre almeno a cavallo di un fine settimana per la festa con i genitori. In queste prove di «sopravvivenza» uno dei giochi che ricordo e proposto da lui era il cambio del nome; per tutti quello di battesimo veniva sostituito con lo stesso letto al contrario. Diventavamo così una specie di «mirror speakers» ante litteram con pegno da pagare per colui che sarebbe rimasto con il cubetto in mano all’ora del fuoco di campo. Sono stati gli anni delle prime feste di capodanno organizzate nelle ex scuole elementari approvate dai genitori perché la visita di don Giovanni era garantita. Visita che ci siamo sempre impegnati fosse realmente un breve passaggio. E fino all’emancipazione delle attività sempre più frequenti e che potevano finalmente contare su un mezzo di trasporto dedicato, quel Kombi Bulli WV caro alla generazione degli Hyppies e che nel nostro caso era di colore bianco perla. Quanti di noi lo hanno guidato, almeno una volta! Impegno comune nella preparazione delle messe intese come momento di animazione delle comunità, nella partecipazione ai ritiri spirituali difficili da elaborare per l’età che avevamo, ma primi veri momenti di percorso
Una acrobazia intellettuale alla quale poi mi sono aggrappato più volte. Dopo questi anni passati assieme e nei nostri paesi, lo svolgersi della vita ad ognuno ha consegnato nuovi ruoli, altre destinazioni ed il legame come è giusto che sia si è allentato fino a spegnersi quasi completamente. Adesso sono arrivato, questa sera c’è il rosario in suffragio di don Giovanni. Un atto di carità, un beneficio in suo favore sperando possa essergli d’aiuto. La chiesa non è gremita però sono convinto che tutti coloro che lo hanno conosciuto almeno uno sguardo verso il cielo lo hanno dato. OTREBLA
lettera a don Giovanni
Campeggio in Val Settimana. Prove di fuoco sotto gli occhi di don Giovanni e Franco Bastianello.
Per mio padre, per la mia famiglia, per Dardago, per la comunità non eri un don... eri una luce, e un amico di tutti, che metteva il cuore in ogni cosa che facevi. Ed è per questo che quando davi incarichi alle persone guardandole dritto negli occhi, non avevano mai il coraggio di dire di no. Infatti eri talmente carismatico, che ti hanno portato via da Dardago per incarichi superiori; Dardago era un paese troppo piccolo per una persona così grande. Ho la sensazione, che ora che sei più libero, tornerai ad occuparti del paese da lassù. FABIO BASTIANELLO
DICEMBRE 2019 / 148
Caro don Giovanni, sono sicuro che hai già ritrovato mio papà da quelle parti ed insieme state guardando Dardago dall’alto ricordando i bei tempi che furono. Ti ricordi, vi siete salutati quando mio papà è salito in cielo. Sono sicuro, che in questo momento state rammentando quando con il pulmino Volkswagen bianco, andavate con Corrado a fare i sopraluoghi per il campeggio per i giovani del paese. E ridete del fatto che spesso mio papà Franco veniva scambiato per un tuo collega dalle persone del posto, e lui stava al gioco divertendosi molto. E ti ricordi che con lo stesso pulmino e lo stesso sorriso ci accompagnavi a fare le prove di canto o agli incontri con altri giovani della provincia? Che bei tempi… Quando, come padre spirituale de l’Artugna, hai istituito nello stesso gruppo la parte Pueri Cantores, insegnandoci e portandoci a cantare per le più importanti città europee. Ricordo con gioia la tua forza ed il tuo sorriso racchiusi in uomo tanto esile tanto energico, per noi giovani eri un punto di ritrovo e di aggregazione, tanto è vero che sei riuscito a costituire persino l’ACR in un paese così piccolo come Dardago. Mi ricordo di come sei riuscito a fondere la festa pagana del Ferragosto con la festa solenne dedicata alla Madonna, semplicemente con la tua presenza ed il supporto organizzativo. Insomma vi vedo tutti e due ancora su quel pulmino e state ancora ridendo a suon di pacche sulle spalle e mi sembra di udire la tua voce: – Sei forte, Franco.
19
Nella vita del campeggio anche l’altare da campo viene allestito dai ragazzi, coordinati da don Giovanni, per la Messa domenicale.
ricordo il tuo sorriso
DICEMBRE 2019 / 148
Avevo 12 anni quando don Giovanni è andato via da Dardago, quindi i miei ricordi non sono del tutto nitidi. Di sicuro ricordo la facilità con cui riusciva ad aggregare i giovani della parrocchia e a farli partecipare alle sue iniziative. Io ho fatto il Sacramento della Comunione con don Giovanni e ancora ho impressa la sua devozione e dedizione ad insegnarci il catechismo e percorrere un cammino di fede. Io poi all’epoca, seguendo le orme di mia sorella, sono entrata a far parte di due realtà volute fortemente da don Giovanni: il gruppo Artugna e l’ACR, quest’ultima, però dopo che don Giovanni è andato via, purtroppo non è più proseguita. Gli anni dell’Artugna sono stati per me molto formativi perché come gruppo folkloristico ho imparato a conoscere la cultura friulana con i suoi costumi, i balli e i canti. Come gruppo Pueri Cantores ho avuto l’occasione di viaggiare e partecipa-
20
re a vari congressi nazionali ed internazionali e confrontarmi con giovani di varie età provenienti da tutta Italia e da tutto il mondo. Tutto questo è stato possibile grazie a don Giovanni che era sempre presente in queste occasioni. Ricordo i viaggi in pullman, le canzoni divertenti che ci insegnava durante il tragitto, la serietà e la passione che metteva quando ci dirigeva durante i concerti. Infine ricordo il sorriso con cui affrontava la vita anche nei momenti in cui la sofferenza fisica aveva cominciato a tormentarlo. Fortunatamente dopo don Giovanni ci sono state persone che hanno continuato la sua opera, infatti oggi l’Artugna esiste ancora e anche noi, i bambini e i ragazzi di allora, abbiamo fatto tesoro dei suoi insegnamenti e siamo diventati gli adulti di oggi. Quindi caro don Giovanni, grazie di tutto. ALESSIA ZAMBON
Il «muretto» del Sagrato è punto di incontro, di riferimento, di socializzazione per molte generazioni di giovani dardaghesi... Per un «pastore» sensibile, anche un «muretto», può essere un luogo dove insegnare e indirizzare verso il bene. Quel bene che resiste nel tempo...
...gli ‘adulti’ del muretto Sabato sera ci siamo nutriti di quel bene, abbiamo parlato tanto... riso… ricordato (anche non ricordato perché qui i deficit della memoria iniziano a dare i primi segnali)... e sorriso anche pensando a don Giovanni, sempre presente nelle nostre giornate. Lui che controllava il nostro essere esuberanti, come solo in pochi sanno fare... Ora noi, adulti, guardiamo a quei giorni lontani, ma sappiamo di esserci gli uni per gli altri. E continueremo a farlo... Grazie don che ci hai permesso di conoscerci bene, crescendo insieme nella condivisone di tanti momenti, vivendo la chiesa (sia dentro che sul muretto) e la canonica... Grazie di cuore da tutti noi. ...Noi che continueremo a camminare sulle strade della vita... fermandoci ogni tanto per abbracciarci per un po’. SIMONA JANNA
Da sinistra a destra. Orietta Ceriani Pinàl, Simona Zambon Pala, Mario Bocus Frith, Gian Andrea Bocus Frith, Angelo Bocus Frith, Simona Janna Tavàn, Miriam Zambon Momoleti, Ilaria Zambon Palathin, Eliana Zambon Palathin... e virtualmente Marco Scarso Pala e Francesco Zambon Rosit.
DICEMBRE 2019 / 148
Sabato 16 novembre, dopo qualche scambio di messaggi in chat e dopo anni di promesse di incontro milanese, siamo riusciti a cenare insieme e a chiacchierare di noi. Erano anni che, incontrandoci di sfuggita sul sagrato della Chiesa di Dardago, ma abitando tutti (o quasi) nel milanese, ci si prometteva una pizza o un caffè insieme. C’è voluto un po’ di tempo ma finalmente ce l’abbiamo fatta... Così Gian Andrea, Miriam, Simona, Orietta, Ilaria, Eliana, Angelo, Mario e la sottoscritta hanno passato una magnifica serata mangiando buon cibo friulano… e anche bevendo un po’ (il giusto direi). Abbiamo anche «disturbato» Marco, che non vive a Milano e probabilmente già dormiva, per condividere anche con lui la gioia di quella cena, e virtualmente c’era anche Francesco, un po’ fuori mano per raggiungerci... ma con noi con il cuore. Noi, amici del muretto della Chiesa, capaci di passare serate intere tra le panchine della piazza e il muretto (e ritorno), avevamo appuntamenti non scritti da rispettare. Le vacanze di Natale, di Pasqua e i tre mesi di chiusura estiva delle scuole erano per noi, generazione senza cellulare, tappa fissa a Dardago. Non avevamo una chat per avvisarci, bastava controllare se «gli scuri» di casa fossero aperti: quello era l’unico segnale di presenza di ognuno di noi. E da lì i giorni sarebbero passati scanditi da ritmi regolari: l’asilo estivo dalle suore (che alcuni di noi hanno frequentato), le prove per il Dardagosto, il campeggio,i pomeriggi in canonica a giocare o i giri in bicicletta (con fuga dal paese senza autorizzazione per andare ad Aviano a mangiare una nafta), qualche festa e il ritrovo serale in piazza. E il circolo virtuoso ricominciava… Abbiamo mantenuto queste abitudini finché la vita non ci ha portato su strade diverse... ma il ricordo di quei giorni e la gioia di rivedersi è sempre immensa. Così appena ci si incontra a Dardago (fuori dalla Chiesa solitamente) cerchiamo di raccontarci quel pezzo di vita che abbiamo fatto. Il bene che ci lega è profondo e anche se non ci siamo più frequentati come da piccoli, è un bene solido che ha resistito al tempo.
21
Progetto di valorizzazione del patrimonio archivistico per conoscerci e farci conoscere
archivio a cielo aperto a cura di Vittorina Carlon
AM 1 – AT 6
La via principale di Budoia
AM 2 – AT 7
Case Carnizza a Budoia
AM 3 – AT 3
Case Antonelli di Dardago
N 1 – AT 2
A Santa Lucia protagonista l’acqua
AM Percorso Arti e mestieri N Percorsi Naturalistico AT Antroponimico–toponomastico
Quest’anno, con l’installazione di altri quattro pannelli – due a Budoia, in via Cardazzo, uno a Santa Lucia ai piedi del Colle della chiesa, e uno a Dardago, in piazza – prosegue il Progetto «Archivio a cielo aperto», concretato dall’Amministrazione Comunale su ideazione e realizzazione della Redazione del periodico (cfr. n.i 133, 139, 142), con il patrocinio della Società Filologica Friulana che quest’anno ci onora con il logo del suo centenario. Ogniqualvolta rinveniamo documenti e rispolveriamo l’archivio della memoria, viviamo intense emozioni che intendiamo condividere con altri: con gli oriundi per l’arricchimento delle proprie radici e la tutela dei propri paesi; con i nuovi residenti per la conoscenza dei luoghi in cui hanno scelto di vivere e di appartenere a una comunità; con gli ospiti per conoscere e apprezzare le piccole – grandi cose dei nostri piccoli – grandi paesi.
AM 1 – AT 6
La via principale di Budoia
DICEMBRE 2019 / 148
a cura di Vittorina Carlon Consulenza di Fernando Del Maschio, per la parlata budoiese Sintesi in inglese di Mario Bolzan
22
Fin dal XVI–XVII secolo la via, denominata Carnizza dal cognome di un’importante famiglia, fu centro della vita economica del paese con le sue botteghe artigianali ed attività commerciali. Da fine Ottocento ai primi decenni del secolo successivo, gli artigiani (capimastri, muratori, scalpellini, tessitori e sarti) lasciarono gradualmente spazio – ad eccezione delle due falegnamerie di Rosa e di Bernardis – al settore del commercio. Si affacciavano alla pubblica strada la rivendita di sali e tabacchi, la macelleria, la botega de la Coca, un modesto locale in cui la proprietaria vendeva frutta, dolciumi e le mele cotte per i bambini che usci-
vano dalla chiesa dopo la funzione domenicale, oltre a merci essenziali per lavori femminili. Salendo la contrada, ammiccava con discrezione la botteguccia de Thegola (Carlon) per la vendita di alimentari sfusi, e si susseguivano la botega de Pessuti, che spartiva lo spazio con l’osteria, e quella de Raniero. Dagli anni Quaranta del Novecento si aggiunsero le botteghe artigianali di barbiere e di calzolaio; contemporaneamente si aprì una seconda macelleria e s’ingrandì la bottega de la Coca che fu trasformata in un grande emporio, inserendovi pure la gelateria. Dal XVI secolo all’inizio del XX, tra i
la vendeva un po’ de dhut e ancia pons cuoth ai canais che i vigneva fora de messa. P’jn su ’l era la pithola botega de Thegola (Carlon), chela de Pessuti e chela de Raniero. Dopo la guera ’l é vignut el barbier, un altro becher, el scarper e la gelateria. Dal 1500 al 1900 in via Carnitha steva i Burgana, i Pustins e i Ciampaners, che i sonava le ciampane a corda e i feva i nonthui. P’in su, in tel 1800 steva i Carnitha, i Cardath Martin, i Andelins, i Besa e i Del Maschio. La via principale come si presentava a fine Ottocento-inizio Novecento (Collezione V. e M. Carlon).
Sulle colonne dell’arco d’ingresso delle case dei Burigana Ciampaner vive l’attestazione del simbolo cristiano.
fici appartengono a tale nome di famiglia. Proseguendo la strada, ad inizio Ottocento oltre a loro vi risiedevano i Carnizza, i Cardazzo Martin e singoli gruppi familiari degli Angelini, dei Besa e Del Maschio. *** Strada dei Carnitha Sta strada ’l à ciapat el nom da una famea, i Carnitha e beldà dal 1500 ’l era plena de boteghe (taiapiera, marangons, sartors) e osterie ’na che i vendeva ancia un po’ de dhut. Dopo 300 ains l’era restat sol che i marangons Rosa e Bernardis, el tabachin,el becher, la botega de la Coca, ’na che la parona
Fonti Archivio Storico della Pieve di Santa Maria Maggiore di Dardago. Archivio di Stato di Pordenone. Fondo notarile antico. Archivio della memoria.
DICEMBRE 2019 / 148
nuclei abitativi più numerosi che si affacciavano alla via principale, da ambo i lati, si constata la presenza dei Burigana, le cui famiglie assunsero il soprannome di Burgana, ad eccezione del clan dei Pustin (a sinistra, verso la piazza) e del ramo dei Ciampaners che vivevano all’ombra del campanile già nel XVII secolo (ser Gio Maria quondam Gio Batta Burigana campanaro, citato come teste di matrimonio nel 1657), sempre puntuali a scandire al suono delle campane i momenti quotidiani della vita della comunità. Il cognome è ancora esistente in paese, ma nell’antico nucleo insediativo della via solamente due edi-
*** As early as the 16th-17th century, the village’s main street, which was named «via Carnizza” after an important family, was the heart of economic life with its craft shops and commercial activities. From the late eighteenth century to the first decades of the following century, crafts gradually gave way to commerce with a fruit shop, a confectionery, a haberdasher’s shop, a grocery shop and a tavern. Since 1600 the most common surname is Burigana with its nicknames (Ciampaner, Burgana, Pustin). In 1660, a tragic event occurred in the courtyard of one of these houses: a 15-month-old boy drowned in a large pool used for rainwater harvesting. The surname «Burigana» exists to this day but only two houses on this street still belong to their family. The street was also home to other families whose surnames were Carnizza, Cardazzo Martin, Angelini, Besa and Del Maschio.
23
nizza nella prima metà dell’Ottocento, il fabbricato divenne abitazione degli Stefinlongo Gasperin e dalla prima metà del Novecento appartiene a Carlon Brolo. *** Ciase dei Carnitha
Mappa tratta dal Catastico generale della Veneranda Chiesa di Santa Maria Maggiore di Dardago, 1757.
AM 2 – AT 7
Case Carnizza a Budoia
a cura di Vittorina Carlon Consulenza di Fernando Del Maschio, per la parlata budoiese Sintesi in inglese di Mario Bolzan
All’interno del portone n. … di via Cardazzo si apre un ampio cortile con edifici di cui uno seicentesco, antica dimora di uno dei nuclei insediativi dei Carnizza, influente famiglia carnica di probabili artigiani del settore tessile che con il loro cognome aveva titolato la via, come attestato nella mappa preparatoria alla formazione del Catasto austriaco, prodotta negli anni ’30 dell’Ottocento. La loro esistenza in paese è documentata con certezza almeno fin dal secolo XV (1452, Daniele Carniza). Un documento del 1507 attesta «… Gasparino quondam AntoGià casa Carnizza, ora Carlon Brolo.
nii Carnize de ipsa villa, iurato ecclesie Sancte Marie plebis Dardaci […]» (Gasparino del fu Antonio Carniza, giurato della chiesa di Santa Maria della pieve di Dardago). Nel 1757, data della mappa riprodotta nella foto, si attesta la convivenza di quattro nuclei parentali dei Carnizza: Anzolo di Zandonato, Zambatta di Domenego, Domenego di Piero e Maria vedova di Bortolo. (Il prato alla sinistra degli edifici apparteneva alla «Chiesa Parrocchiale di Dardago», mentre il campo alle spalle era di proprietà della famiglia dei Tressi). Con l’estinzione del cognome Car-
Dentro de le porte ’l é un gran cortif co le vecie ciase dei Carnitha (una del 1600), ’na famea de ciarniei che i feva la tela e i à dat el nom a la strada. Un Danel Carnitha se lo ciata scrit in tel 1452. In tel 1757 ’l era là anciamò 4 famee (Anzolo, Zambatta,Domenego e Maria). El prat dongia le ciase ’l era de la Pleif de Dardac e el ciamp dadrio ’l era dei Tress. In tel 1800 feniss i Carnitha e le ciase le vin compradhe dai Stafinlongo Gasperin e dal 1900 dai Carlon Broli. *** Inside the doorway there is a large courtyard with some buildings, one of which dates back to the seventeenth century and was the ancient residence of one of the Carnizza settlements. The «Carnizzas» were an influential Carnic family of textile artisans that the street was named after. This can be attested by a map for the formation of the Austrian land register, drawn in the 1830s. Their presence in the village has been documented with certainty since the fifteenth century (1452, Daniele Carniza). With the extinction of the «Carnizza» surname in the first half of the nineteenth century, the building became home to the «Stefinlongo Gasperin» family and in the mid-twentieth century, to the «Carlon Brolo» family, to whom it still belongs.
DICEMBRE 2019 / 148
Fonti
24
Archivio Storico della Pieve di Santa Maria Maggiore di Dardago. Archivio di Stato di Pordenone. Fondo notarile antico. Archivio della memoria.
AM 3 – AT 3
Case Antonelli di Dardago
a cura di Vittorina Carlon, Vittorio Janna Tavan, Roberto Zambon Consulenza di Flavio Zambon Tarabin Modola, per la parlata dardaghese Sintesi in inglese di Mario Bolzan
Fino alla prima metà dell’Ottocento lo spazio abitativo e operativo, affacciato sulla piazza medievale, apparteneva ancora ad uno dei rami degli Antonelli, nota famiglia di lapicidi conosciuta nei primi decenni del Seicento con il cognome di Bonello/i (dimoranti in Dardago già nel 1444). Il tagliapietra «magistro Bedìn Bonello» fu documentato nei registri anagrafici anche con il soprannome patronimico di «Antonello» che assunse poi funzione di cognome:
stra Tagliamento fu il figlio di Bernardino, Giambatta (1639–1725), che lasciò la sua firma sull’altare maggiore della chiesa di San Giovanni Battista di Rauscedo (1677), sull’imponente Cappella della Visitazione, nel duomo di Maniago (1691), su alcuni interventi agli altari della parrocchiale di San Lorenzo in Marsure (1710– 1711), oltre che su importanti opere presenti nella parrocchiale di Dardago (1705) e in altre ancora. L’artista fu spesso coadiuvato dai
La rosa comacina, simbolo dei lapicidi, incastonata nel muro esterno destro della Chiesa di Santa Maria Maggiore.
dell’Artugna, visibile accanto all’arco di uno dei portoni d’ingresso Un’altra simile, rubata alcune decine d’anni fa, si differenziava per la seduta, su cui era inciso il filetto o tria multipla.
Chiave di volta dell’arco d’ingresso di uno degli edifici degli Antonelli.
«Bernardino Antonello dicto Bonello». I Bonello/i o Antonello/i appartenevano a quell’ampia schiera di lapicidi, muratori ed artisti di origini comacine che, raggruppati nella cosiddetta ‘Scuola di Meduno’, operarono dal XV secolo nella fascia pedemontana del Friuli Occidentale. La rosa, simbolo dei maestri comacini, è riconoscibile in una parete esterna della chiesa, oltre che sulle basi delle piramidi di recinzione del sagrato. ‘Altarista’ ben conosciuto nella piazza artistica friulana della De-
figli Antonio, Francesco, Angelo e Domenico, ognuno dei quali si distinse per le proprie particolari doti artistiche nelle chiese parrocchiali dei tre paesi, in quelle della pedemontana, e nei palazzi della provincia pordenonese. Tra i vari rami genealogici, quello di Angelo proseguì attivamente la professione degli avi nel luogo natio; altri preferirono emigrare a Venezia. La tradizione orale accosta alla figura di Bernardino la popolare senta de Bedin, la sedia grezza ricavata da un masso di pietra
La famea de i Antoneli, che i vigneva clamath ancia Boneli, l’era, fin dai prins ains de l’Otothento, parona de le ciase che l’è ‘nte la banda alta de la platha, clamadhe anciamò uncuoi «de Bedin», par via del vecio Bernardin vivut ai primi del siethento. I era cognosuth come brai mistri ’ntel laorà la piera, i era de origin «comacina» (da le bande de Como) e fin da la seconda metà del cuatrothento i à laorat ’nte la nostra ona. El sinbol de sti mistri, l’era la rosa, difati se pol vedelo su n’erta de ‘na porta de la glesia e su i thocui de i pinacui de piera de la recinsion del sagrat. Tita (1639-1725) ’l era stat un costrutor de altars tant cognossut de ca del Taiament. Se pol amirà i so laori a: Rauseit, Maniago, Marsure e Dardac... Sto mistro i lo à giudat i so fioi Toni, Checo, Andol e Meno. Andol ’l à continuat al so mestier, ‘na che l’era nassut; chi altres i era emigrath a Venethia. *** Until the first half of the nineteenth century, the buildings located in the upper part of the square be-
DICEMBRE 2019 / 148
*** Le Ciase dei Antoneli
25
longed to the Antonellis, also called Bonellis, known stonemasons originating from the Como area who had been active in our piedmont since the fifteenth century. The Como stonemasons’ mark (a rose) can be seen on one of the church’s external walls and on the churchyard’s stone fence. Giambatta (1639–1725) was a wellknown builder of church altars in the area west of the Tagliamento river. His works can be admired in Rauscedo, Maniago, Marsure, Dardago… The artist was helped by his sons Antonio, Francesco, Angelo and Domenico. Angelo continued working as a stonemason in his hometown while others emigrated to Venice.
La senta de Bedin.
N 1 – AT 2
Fonti Archivio Storico della Pieve di Santa Maria Maggiore di Dardago. Archivio Storico Diocesano di Pordenone. Archivio di Stato di Pordenone. Fondo notarile antico.
Bibliografia V. Carlon, Da Bonelli a Antonelli, lapicidi e altaristi. Approfondimento sulla loro presenza in Dardago in Sot la Nape. Budoia… oltre la balconela, a cura di P.C. Begotti, V. Carlon, R. Zambon, Udine, 2018; Ead., Gli Antonelli, artisti lapicidi in A. Fadelli, Storia di Budoia, Pordenone, 2009, pp. 148-150; Ead., Gli Antonelli, lapicidi dardaghesi, in l’Artugna periodico della Comunità di Dardago, Budoia, Santa Lucia», XXXII, 99 (2003), pp. 9-13.
A Santa Lucia protagonista l’acqua
DICEMBRE 2019 / 148
Testo in lingua italiana e trascrizione in parlata di Fabrizio Fucile Sintesi in inglese di Mario Bolzan
26
Un luogo votivo sulla collina e condizioni geografiche ottimali – tra cui la presenza dell’acqua – favorirono l’insediamento e lo sviluppo urbano di Santa Lucia. Uno dei primi nuclei abitativi (Gislon) sorse proprio accanto al rugo delle Gardonelle (atti preparatori del catasto Austriaco). La zona delle rive era ed è ricca di sorgenti che ancora alimentano la Fontana, la Salera ed il lavatoio ad essa adiacente, in uso fino ai primi anni Settanta. Sempre tra le rive, Fontanathe, era stazione balneare dei maschietti santaluciesi che vi si recavano d’estate per goliardici bagni. In centro al paese il pozzo dei Lachin, a cui si accedeva attraverso un sentiero (Catastico del 1766), ha servito la comunità fino a quando non furono edificate le vasche che raccoglievano l’acqua del Cunath per gli usi domestici ed il bestiame: una in prossimità dell’altarol del Crist; una sulla cro-
sera (l’attuale piazza); una sulla platha de Tomè ed una all’uscita di vicolo dei Soldà (sul mur de Giust di fronte le vece porte de Palanca). All’altezza della Passion de Besa le acque che scendevano da Bu-
Mappa ottocentesca di Santa Lucia. Atti preparatori del catasto Austriaco.
chel de Dardac, coreva un rui che l’à dat nome ancia a la strada. Conpain, i cianps de la Lama i se clama cussì par na gran busa de aga che l’era da chele bande. I veci i contava che l’aga de la ploia del Bus de le Anguane la vigneva fora in te ‘l poth del cortif dei Moro.
Archivio storico della Parrocchia di Santa Lucia. Catastico della Chiesa di Santa Lucia, 1766.
l’Archivio di S. Lucia) indicava quella zona. Secondo una vecchia tradizione le piogge che si raccoglievano dentro al Bus de le Anguane correvano sotterranee fino al pozzo nel cortile dei Gislon Moro (falegnami). *** L’aga a Santa Luthia Se parlon de aga podon dise che a Santa Luthia i n’è sempre stat tanta. Chela de le rive che la inpleniva la Fontana e la Salera; chela de Fontanathe unlà che i fioi i deva a fa ‘l bagno. Prima che i fes le quatro vasche che le butava l’aga del Cunath, par beve i deva a tola al poth drio le ciase dei Lachin. Dho par Rujal, un bel toc prima de
Fonti Archivio di Stato di Pordenone. Atti preparatori del catasto Austriaco. Archivio Storico della Parrocchia dei Santi Lucia e Giuseppe. Catastico del 1766. Archivio della memoria.
Bibliografia C. Zoldan, La pieve di Dardago tra XIII e XVI secolo. Le pergamene dell’archivio, Dardago 2008.
DICEMBRE 2019 / 148
doia prendevano un doppio corso: uno – sull’asse de Cial de Vila, poi Strada dell’Impero (oggi Viale Stazione) – raggiungeva la Ruoja a San Giovanni passando per Rosset e Beorcia, l’altro – il Rojal – lambendo l’abitato e l’insula dei Busetti Dinos faceva sua la stessa destinazione, attraversando Cial de Vadalt. Il toponimo (già presente nella pergamena della pieve N. 34 del 1465) ci illumina sul fatto che l’acqua più tardi proveniente dal rujal di Dardago era stata convogliata lungo una condotta già esistente ed in uso, indicata con lo stesso nome. Una pozza d’acqua stagnante (Lama) in mezzo alla campagna, di fronte la ciasata ormai demolita, almeno fin dal 1436 (Rodolo del-
*** Optimal geographical conditions – including the presence of fresh water – favoured the settlement and urban development of Santa Lucia. The hills were and still are abundant with springs that continue to feed the fountain of Salera and the adjacent wash house, in use until the 1970s. Fontanathe (GOR path), which is also found in the hills, was a place where the young boys bathed in the old times. In the center of the village there was the Lachin well, which was accessed through a path. This served the community until water tanks were built, which collected the Cunath water for domestic use and livestock. In Santa Lucia a stream called Rojal gave its name to the street Via Rojal. In later years, the water from the Ruial of Dardago was conveyed along this existing stream.
27
NEL NOSTRO TERRITORIO
a cura della Redazione
tre eccellenze budoiesi
DICEMBRE 2019 / 148
Nell’arco di pochi mesi Budoia è stata al centro dell’attenzione locale. Il merito va a tre persone che si sono distinte per le loro capacità in ambiti diversi. Si tratta di Taira Del Zotto, Fiorina Moras Bernardis e Paolo Burigana.
28
TAIRA Taira, da tutti conosciuta per le sue elevate doti canore nel Collis Chorus, nel Gruppo Elastico e nel coro parrocchiale di San Odorico, è risultata vincitrice al concorso europeo «Una Voce dal Livenza» giunto alla ventunesima edizione, ideato e promosso dal direttore artistico m° Mario Zanette, svoltosi a fine agosto nella gremita Piazza del Popolo di Sacile. Una straordinaria edizione, considerato l’elevato numero di concorrenti provenienti da tutta Europa: ben centosessantotto, di cui la giuria alcuni mesi prima aveva operato una severa selezione, riducendo numericamente i partecipanti a trentaquattro con un livello qualitativo elevato, che si sono sfidati per la conquista dei
sedici posti della finalissima, divisi in quattro categorie. Taira ha conquistato meritevolmente la vetta della categoria ‘over 40’, scelta e premiata da una competente giuria composta da Andrea Amati, autore e compositore la cui carriera è costellata da collaborazioni importanti, Eliza G., cantante internazionale, Michael Baker, batterista, musicista e produttore che ha operato con importanti artisti quali Sting e Michael Jackson. Tania ha saputo trasmettere l’amore per la musica anche al figlio Diego, che frequenta il liceo musicale di Conegliano e suona la tromba fin dall’età di otto anni; seppure sia ancora adolescente, è particolarmente attivo in vari concerti.
Il miele, prodotto dalle api di Fiorina, è molto buono e su questo non ci sono dubbi, ma quest’anno ha raggiunto l’eccellenza. Si tratta del miele di tarassaco che ha guadagnato la vetta con la valutazione ‘eccellente’, conquistando L’Ape d’oro del ‘Concorso mieli’ e del trofeo ‘Città di Sacile’, nell’ambito della Sagra dei osei. Le laboriose api hanno succhiato il nettare dai fiori della redicia mata non nei prati di Budoia, bensì in quelli di San Giovanni di Casarsa; in trasferta hanno migliorato evidentemente la qualità. Come se non bastasse, l’apicoltrice budoiese, che è abituata a ricevere premi ogni anno, in questa edizione ha raggiunto anche il secondo posto con il miele di casta-
gno e tiglio, un efficace rimedio ai malanni della stagione autunnale. Fiorina vuol trasmettere la sua passione alle future generazioni di famiglia, così da brava nonna sta insegnando l’affascinante attività al nipote maggiore.
PAOLO Paolo, appassionato di fotografia in particolare quella paesaggistica, è risultato vincitore del concorso fotografico «Acque, rogge e risorgive del Pordenonese» promosso nel mese di ottobre dal circolo Legambiente Fvg, sezione di
Pordenone, con una foto immortalata a Polcenigo dal titolo «Fiume Livenza». «Mi piace fotografare, mi piace parlare di fotografia. Per me è un hobby, che mi permette di trascorrere dei momenti piacevoli, di vivere la natura in lunghe camminate ed escursioni alla ricerca di soggetti e panorami che mi stanno intorno». Così risponde a chi gli chiede com’è nata tale passione. Paolo ci ha generosamente fornito i suoi originali scatti, carichi di emozioni, per corredare copertine ed articoli su l’Artugna e in altre pubblicazioni edite in questi ultimi anni. Congratulazioni ai tre premiati!
DICEMBRE 2019 / 148
FIORINA
29
Abbiamo incontrato il Sindaco di Budoia, Ivo Angelin, a circa 6 mesi dalle elezioni, per sentire da lui un primo bilancio di questa nuova esperienza. Gli abbiamo chiesto quali sono gli argomenti al centro dell’attenzione sua e della Giunta.
Un momento dell’inaugurazione della pista ciclabile «Venezia delle Nevi».
persona & ambiente «Credo che ormai tutti noi dobbiamo mettere al centro dell’attenzione la persona e l’ambiente. Infatti, non esiste società che possa prescindere da un territorio sano, rigenerato, mantenuto per il bene delle persone che ci vivono e che lo visitano. L’ambiente è una risorsa: può e deve diventare un modello di sviluppo, un nuovo modello di
crescita diverso dal famoso PIL. Allo stesso tempo l’ambiente è in pericolo. Per salvarci dal degrado a cui stiamo andando incontro – e che già constatiamo in modo tangibile – dobbiamo guardare lontano. Non possiamo permetterci di pensare solo al breve o brevissimo periodo riversando le problematiche sulle generazioni future. La sfida ecologica è un tema che tocca la qualità della vita di tutti noi e dobbiamo lavorare per prevenire, non per subire passivamente. Ritengo che il problema stia facendo breccia ormai in modo palese. Ci sono multinazionali che hanno deciso di non puntare solo al profitto ma di operare favorendo tutta una serie di aspetti ecosostenibili che riguardano ambiente e persona».
DICEMBRE 2019 / 148
Come si pone il Comune di Budoia, come intende agire – nel suo piccolo – per affrontare questa sfida?
30
Il fotografo Alberto Conte della ditta ItinerAria al lavoro per le immagini delle nostre chiese da inserire nella documentazione del «Cammino di San Cristoforo».
«Anche il Comune di Budoia vuol operare rispettando quanto sopra esposto. Recentemente si è tenuto un gruppo di lavoro a cui hanno partecipato i tecnici dei Comuni
a cura di Roberto Zambon
del pordenonese sul tema dell’ambiente e delle azioni da mettere in atto per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, con interventi dell’Associazione per l’Energia del FVG, dell’Università di Camerino, della Fondazione Lombarda per l’Energia e dell’Alleanza delle Alpi. Si è tenuto anche un convegno per la valorizzazione dello «turismo lento» della Dorsale pedemontana del Pordenonese a cui hanno partecipato i comuni di Caneva, Polcenigo, Aviano. È importante lavorare insieme superando i confini intercomunali perché solo così si cresce. In questi ultimi mesi il Comune ha sponsorizzato manifestazioni legate all’Ambiente. In settembre, al termine della Festa dei Funghi e dell’Ambiente, si è tenuto il BiophotoFestival, incontro internazionale al quale partecipano fotografi di vari paesi sul tema della natura e dell’ambiente. Nel mese successivo si è data continuazione alla festa «Sapori di autunno, zafferano a Dardago» per cercare di far conoscere sempre di più gli aspetti enogastronomici del nostro territorio».
Per il futuro abbiamo progetti già finanziati da rendere esecutivi. Ad esempio il «Cammino di San Cristoforo», il collegamento pedonale delle tre piazze, il completamento della ciclabile che collegherà Pordenone al Piancavallo – ricordo che il tratto dallo «Chalet» fino alla dorsale è stato inaugurato
lo scorso 14 settembre – il progetto Ciampore, sempre legato allo «turismo lento», il recupero e la valorizzazione della Stazione di Santa Lucia. Altri progetti sono da finanziare, penso all’ulteriore miglioramento del centro sportivo, trasformandolo in un centro multifunzionale di cal-
cio, calcetto, circolo tennis, pallacanestro, pallavolo e zona bambini. Sono tutti puzzle di un disegno globale che, se ben incastrati, alla fine valorizzeranno la qualità dell’esperienza turistica nella cultura locale del territorio rispettando tradizioni, ambiente e ecosistema».
IV NOVEMBRE
per la pace e la giustizia tra le nazioni Da alcuni anni, il 4 novembre, la giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate viene celebrata, in piazza a Budoia, con una cerimonia organizzata dal Comune, a cui partecipano le scolaresche, le associazioni e la popolazione. Dopo l’alzabandiera, la deposizione di una corona al monumento e la benedizione impartita da don Vito Pegolo, i bambini della scuola primaria e il Coro ANA di Aviano, diretto da Salvatore Cigana, hanno eseguito alcuni canti legati alla Grande Guerra. Quindi, il sindaco, Ivo Angelin, ha tenuto il discorso ufficiale, non riuscendo, talvolta, a nascondere alcuni momenti di commozione. «Ricordiamo e rendiamo omaggio al sacrificio di tanti giovani, uomini e donne che hanno perduto la loro vita nelle guerre e nella lotta per la liberazione; e lo hanno fatto per la Patria, per la libertà e per costruire un futuro di pace» – ha detto, tra l’altro, il primo cittadino «e rendiamo omaggio alle Forze Armate che hanno il compito di difendere la Patria, la pace, la libertà e i nostri valori. Un impegno che svolgono con professionalità e dedizione in Italia e nelle numerose missioni all’estero, nelle quali dimostrano non comuni capacità di dialogo con le popolazioni locali». Ha poi ricordato il lavoro svolto dalle Forze Armate in occasione delle calamità che hanno colpito il Paese, come il terremoto nel nostro Friuli. Il sindaco ha citato l’articolo 11 della Costituzionale: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e… si impegna a lavorare
con gli altri popoli per assicurare la pace e la giustizia fra le nazioni». Angelin ha ricordato che l’Unione Europea ha ricevuto nel 2012 il Nobel per la pace, a motivo del contributo che essa ha dato, per oltre 60 anni, alla promozione della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani. «Qualcuno questa Europa non la vuole e ne mina le fondamenta, anziché lavorare per farla crescere e per completarla; questi personaggi vanno combattuti con tutte le nostre forze perché, come ha scritto il Cardinale Carlo Maria Martini , «la pace va costruita e sostenuta con iniziative, giorno dopo giorno; basta un soffio di vento per distruggerla» Sul difficile momento che sta vivendo l’Italia, il Sindaco così si è espresso: «Non era mai successo nella storia che i giovani avessero, come oggi, meno speranza dei vecchi. Questa tendenza va invertita. Noi dobbiamo coinvolgerli nella definizione di politiche locali, ingaggiarli nelle scelte di un’economia orientata alla circolarità, alla valorizzazione del territorio integrando scuola, famiglia e società per la piena realizzazione della persona. Lo spirito per la rinascita di questo paese deve venire dalle giovani generazioni». Il primo cittadino ha voluto concludere rivolgendosi agli scolari con le parole di Papa Francesco: «Non facciamoci e, soprattutto voi bambini, non fatevi rubare la speranza». Successivamente il Sindaco ha posto una corona d’alloro al Monumento ai Caduti di Dardago e di Santa Lucia.
DICEMBRE 2019 / 148
di Roberto Zambon
31
la cianisela dell’ecumenismo di Fabrizio Fucile
Prefetti a Roma dove continua a studiare e dove mi riceve per questa conversazione. Cosa le evoca Budoia nei suoi ricordi?
di Fabrizio Fucile
DICEMBRE 2019 / 148
Comincia con questo numero de l’Artugna il primo racconto di tre vocazioni maturate, per vie diverse, nella nostra terra, a casa della famiglia Da Ros. Sono affettuosamente riconoscente a Padre Luigino che ha desiderato incontrassi gli altri protagonisti di questa storia di fede per narrarla ai lettori del periodico e renderli così partecipi di momenti in cui il Signore ha manifestato la sua grazia, in un attimo del tempo, in un paese come il nostro.
32
Nella foto. Emozionante incontro di Padre Luigino Da Ros con Papa Francesco, al Vaticano. Padre Luigino era accompagnato da due suoi cugini, Padre Santino Bisignano e Don Giampietro Zago. Era il 14 aprile 2018.
Padre Sante Bisignano è nato a Budoia il 19 agosto 1932. Dopo aver trascorso l’infanzia a Ferrania (Sv) si è trasferito con la famiglia in Sicilia dove ha frequentato il liceo. Ancora laico, diciottenne, si è occupato su incarico del suo vescovo dei giovani di azione cattolica, gli Juniores. Entra in Noviziato (Missionari Oblati di Maria Immacolata, OMI) nel 1951 e viene ordinato sacerdote nel 1958. Negli stessi anni studia filosofia, teologia, psicologia e scienze educative tra Torino e Roma. Dal 1969 è superiore della comunità dei novizi OMI di Marino (RM) e nel ’73 diventa Superiore dello studentato di teologia. Insegna pedagogia e formazione alla vita religiosa in diversi atenei romani: al Teresianum, al Claretianum, all’Urbaniana, al Salesianum. Negli ultimi trent’anni ricopre l’incarico di responsabile dell’ufficio «Bureau della formazione» per gli oblati in Europa; responsabile della Comunità di Catechisti provenienti dalle missioni per la Commissione dell’Evangelizzazione; direttore spirituale del Collegio Urbano Seminario Internazionale di Propaganda Fide; collaboratore presso l’ufficio corrispondenza di papa Francesco, è stato anche presidente della Conferenza dei Superiori Maggiori dei religiosi in Italia. Dal 7 ottobre 2018, a 86 anni, gode finalmente di un meritato riposo e vive nella casa degli Oblati di via dei
Sono nato a Budoia, ma i miei genitori si sono trasferiti qualche tempo dopo a Ferrania (Savona) in Liguria, dove mio papà aveva ricevuto un incarico come maresciallo della locale stazione dei carabinieri. Quando avevo circa 10 anni siamo andati a conoscere i nonni, nonna Caterina e nonno Giovanni che vivevano insieme a tutta la famiglia nel grande cortile dei Patrizio1. Budoia l’ho frequentata dopo l’ordinazione. Mi ricordo soprattutto del nonno, ed un particolare a lui legato. Ero nell’agordino con i novizi per un periodo di ritiro spirituale quando mi chiamano e mi dicono che il nonno è morente e mi vuole vedere, non vuole lasciare questa vita senza aver visto un’ultima volta il più vecchio dei nipoti. Sono arrivato, l’ho chiamato e dopo un quarto d’ora non c’era più. Il nonno aveva avuto dieci figli, cinque maschi e cinque femmine. Il primogenito, Pietro2, voleva entrare in seminario, ma il nonno gli aveva detto: figlio mio non è possibile, tu mi devi aiutare nel lavoro dei campi, ma io chiedo al Signore di morire quando avrò cinquanta nipoti e pronipoti di cui tre preti. Quando abbiamo fatto il funerale eravamo due sacerdoti, p. Luigino ed io, ed il terzo, Giampiero, era diacono. Abbiamo poi preso un pezzo di carta ed abbiamo cominciato a scrivere i nomi di tutti i nipoti e tutti i pronipoti: non erano quarantanove, non erano cinquantuno, erano cinquanta perfetti. La grande fede di questi uomini! La fede come una roccia! Nella foto con papa Francesco sto raccontando proprio questo aneddoto… il più bel ricordo di Budoia è questo momento. Ma anche a Santa Lucia c’è un bell’episodio da ricordare. Premetto che mia mamma non voleva che mi
Vivere in paese o vivere in città. Cosa tolgono e cosa regalano l’una e l’altra esperienza? Gli ambienti facilitano, ma tutto dipende da ciò che viviamo dentro di noi. Il paese regala una bella socialità, ci si conosce tutti, ci si sostiene. Ma ci sono anche persone che non vedono. Quando domina l’io tutto si concentra lì e crescono gli egoismi. Non vedi i bisogni degli altri, quello che c’è attorno. La città è più caotica, ci stordisce con i suoi ritmi. La vita in appartamen-
to può essere più difficile. Ma in entrambi i casi, se lasciamo spazio all’egoismo nulla ci aiuta. Signore dammi gli occhi del cuore che sanno vedere amando. Anche quello che fai tu, insegnando la lingua italiana è una missione: far scoprire la verità attraverso la conoscenza di una lingua straniera perché avranno delle responsabilità da sostenere in un ambiente per loro nuovo, perché il loro lavoro non sia una funzione, ma un servizio consapevole. Quello che ho sempre cercato di comunicare ai miei studenti e ai miei giovani confratelli. Concorri a costruire il regno di Dio attraverso il tuo servizio e non vivendo il tuo essere prete come una semplice funzione. Altrimenti quando arrivi a 84 anni ti guardi indietro e dici: che vita ho fatto? La mia vita è stata inutile. Importante è scoprire i valori della condivisione e questo avviene nella fede. Nella tua luce vedrò la tua luce. Cristo è la luce del mondo che permette di vedere anche a chi non crede. Arrivati alla maturità, si scivola facilmente nella considerazione: Una volta era meglio! Erano bei tempi! Non è più come una volta. Stavamo meglio quando avevamo meno. Lei pensa davvero che i tempi passati fossero migliori per la fede, per i valori, per il buono della vita? I tempi non erano migliori, non erano peggiori, erano tempi diversi. La società era diversa. La realtà si capiva meglio, era più comprensibile, quindi più gestibile. Oggi non si capisce più niente. Tutto è disarticolato, caotico, frammentato. Chiediamoci: la virtualità di oggi, i tempi di internet come incidono nella mente, nella fantasia, nei sentimenti della persona? Ci sentiamo spesso smarriti perché tutto ci sfugge di mano. Non possiamo prevedere cosa succederà domani. Le decisioni di uno o l’altro governo possono cambiare da un momento all’altro gli equilibri mondiali. Dobbiamo allora seminare valori che possano far fronte al cambiamento dei tempi; siamo di fronte ad un cambiamento tale che quasi non serve più quello che sapevamo, quel-
lo che fino ad ora poteva essere una certezza matematica. Nel passato la chiesa cattolica ha sempre saputo reagire con entusiasmo e speranza: ai tempi di S. Benedetto con la nuova cultura dei centri urbani, le scuole, le biblioteche, l’agricoltura. E ancora ai tempi di Francesco e di Ignazio con la loro spiritualità innovativa. È stata pronta a recepire gli stimoli che la storia le poneva di fronte. Oggi cosa avviene? È nata una nuova forma di colonialismo, come dominio sulle culture, la globalizzazione come livellamento. Basti vedere la poca cultura nel mondo politico italiano. I problemi si affrontano per una risposta nell’immediato, non si hanno visioni di più largo respiro. Se pensiamo a quanto è stato fatto dopo la guerra, con il contributo di quei pensatori che hanno reso l’Italia una potenza economica e culturale, ci rendiamo conto di quanta ignoranza attualmente dilaghi. Il compito di oggi, sempre più pressante, è formare! Formare le persone una ad una, come quei pescatori che non pescano con la rete, a caso, ma con la lenza, uno per uno, insegnando poi a ciascuna di queste persone come fare lo stesso con gli altri. In questo modo potremo contare su un popolo consapevole della realtà che lo circonda. Così creeremo i pilastri per il futuro, nella chiesa e nel mondo, perché il popolo non sia una massa, ma lievito vitale, dove ognuno è capace di esprimere il proprio carisma per la sua crescita e per quella altrui. *** Grazie padre Santino! Auguriamo che il Signore le regali ancora molti anni di salute del corpo e dello spirito, perché con il suo esempio e la sua saggezza Lei possa continuare ad accompagnare sulla strada del Regno quanti hanno la fortuna di starle vicino. NOTE 1. Attuale proprietà della famiglia Andreazza. 2. Padre di don Luigino Da Ros. 3. Cecilia Janna Tavàn. 4. Mirella Soldà Polat, moglie di Giovanni Da Ros, primogenito di Piero.
DICEMBRE 2019 / 148
facessi prete. Avevo comunicato in famiglia: Voglio fare il missionario. Lei si era messa a piangere, mio padre, che non mi aveva mai toccato, quella volta mi diede un ceffone rimproverandomi di far soffrire mia madre. Cresci! mi disse. Mi consigliò di finire gli studi e poi ne avremmo riparlato. E così feci, non ne parlai più ed ultimai il liceo. Vicino alla scuola c’erano i Missionari Oblati… non fu difficile soddisfare il mio desiderio espresso anni prima. E così, quando un giorno mia mamma incontrò la mamma di Luigino3 che le confidava che il suo figlio più giovane voleva andare in seminario le disse che doveva assolutamente andare dove c’era Santino… se anche lui è un oblato è grazie a queste confidenze tra mamme avvenute nella cucina di Santa Lucia. Ecco, rivedo questi luoghi di serenità, di fede, dove anche la terra è impastata di fede e la fede è fatta di amore. Ancora una volta, quando ho fatto visita ai cugini Da Ros nella loro casa sotto la collina, la cugina Mirella4 mi ha detto: vedi? qui si vive l’ecumenismo! In quella cianisela che porta alla loro casa ci sono una famiglia di evangelici e una di musulmani, si aiutano a vicenda, con generosità. Dobbiamo guardare senza paura a chi è differente da noi, sono persone come noi. Questo atteggiamento non nasce per caso, nasce dalla fede, la fede che si fa vita e accoglie gli altri. Quando penso a Budoia penso al conversare, all’aiuto reciproco, al legame tra familiari. La preghiera insegnata dai nostri genitori recitava: che il Signore ci dia il necessario e che i figli siano uniti tra loro.
33
CRESIMA A BUDOIA
coltivare l’anima e il cuore di Silvano Scarpat
DICEMBRE 2019 / 148
Sopra la tavola della mia cucina la foto ricordo, bellissima, di una lezione di catechismo di due anni fa, all’aperto mentre nevicava mi fa compagnia. Sullo sfondo, la chiesa di Budoia e, più in là, le montagne innevate. Il fuoco acceso nella stufa non scioglie la neve. Da allora i ragazzi sono cresciuti, tanto: è bello averli potuti accompagnare, spassionatamente.
34
Foto in alto. Nicole Andreazza, Federico Bastianello, Giacomo Buosi, Alessandro Cauz, Alessandro Cigana, Tommaso Dessì, Benedetta Giacomel, Riccardo Lucchetta, Anita Paganin, Cristian Petretti, Gioele Piazzon, Riccardo Quaia, Davide Taurian.
S crive don Milani in Esperienze pastorali: «La Messa e i Sacramenti sono doni di Dio: non giova perciò alla loro comprensione il presentarli come obblighi» (p. 63). È la prima volta che riesco a portare una classe ad una meta dopo aver smesso di insegnare, cinque anni fa: mi sembra di poter ricominciare. Del gruppo fanno parte tre ragazze: Anita, Nicole e Benedetta: la loro presenza è come il sole. E poi Tommaso, Riccardo L., Riccardo Q., Cristian, Davide, Federico, Gioele, Giacomo, Alessandro Cauz, Alessandro Cigana: irriducibili, presenti anche quando non c’ero. La cresima è stata celebrata domenica 13 ottobre. I ragazzi erano vestiti con sobria eleganza, emozionati, i padrini scelti con attenzione. I canti, antichi e nuovi, del ‘Collis Chorus’ e la lettura del messaggio del parroco, don Maurizio, che non poté essere presente, hanno impreziosito la celebrazione. «Ai
ragazzi è dovuto il massimo rispetto», «amore è: cura dei particolari». L’abate di Sesto al Reghena, mons. Giancarlo Stival, ha contribuito a mettere i ragazzi a loro agio, coinvolgendoli in un breve dialogo individuale, al momento della crismazione, il segno sulla fronte con il balsamo profumato e la stretta di mano, dopo una predica intessuta di citazioni dei Padri della Chiesa: la nostra famiglia viene da lontano. La novità e il segreto per la riuscita della Cresima è stata la vicinanza dei genitori: brillavano i loro occhi a metà chiesa durante la cerimonia. Laura, madre di Tommaso ha organizzato e guidato l’intero percorso, trascinandosi dietro all’occorrenza Filippo e poi anche Edoardo, gli altri figli. La visita, in treno e bicicletta, a Marsure, a casa di Valentina – ragazza poeta e piccola cristiana, appassionata di S. Paolo e di teologia, che non può muoversi né parlare – assieme all’incontro con le monache di Poffabro, la messa celebrata con loro e
Foto tratta dal sito della Soprintendenza Archeologica regionale.
Dall’ultimo scavo archeologico, nuovi e interessanti reperti a cura di Vittorina Carlon Sono proseguiti a settembre, nella località di Ronthadel, gli scavi archeologici, finanziati dal Comune di Budoia, su segnalazione del Gruppo Archeologico di Polcenigo, presieduto da Angelo Pusiol (cfr. l’Artugna n. 147). I risultati delle scoperte sono stati presentati dalla viva voce degli archeologi – dott. Roberto Micheli, funzionario della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, e dott. Gianfranco Valle della ditta Semper S.a.S di Padova – il 22 novembre, nella sala consiliare del comune, davanti ad un pubblico numeroso e molto interessato. Rispetto a ciò che era stato rinvenuto nel primo scavo, gli operatori, decisi ad allargare l’indagine in due punti identificati di particolare interesse, hanno portato alla luce altre strutture murarie a livello di fondazione di un certo pregio, pertinenti a due ambienti che risultano indipendenti uno dall’altro; inoltre, hanno rinvenuto reperti di varie tipologie, tessere di mosaico e addirittura parte di una statua di piccole dimensioni consistente in una testa femminile di buon stile, probabilmente appartenente ad una divinità. I resti sono databili tra il I e IV secolo. Non si tratta più, quindi, della presenza di una singola villa rustica romana, come ipotizzato dopo il primo scavo, bensì di più strati di insediamenti edilizi di una certa pregevolezza, tanto da intitolare la conferenza «Da villa romana a villaggio tardoantico?». Per delimitare e difendere l’insediamento, l’intera area è delimitata da un dosso realizzato con pietrame. La scoperta si fa davvero molto interessante. E gli scavi riprenderanno in primavera, prevedendo il completamento della prospezione geofisica del sito.
DICEMBRE 2019 / 148
che meraviglia!
l’ascolto della testimonianza di Anna, la monaca più giovane, e la loro calda accoglienza, sono stati forse i momenti più significativi. Ora i ragazzi li incontro in treno, in corriera, per strada. Alcuni li devo ancora andare a trovare a casa, per finire il giro: case di sasso, restaurate con gusto e passione, sparse e raccolte nei tre paesi, che sto scoprendo a poco a poco, adagiati sui depositi alluvionali dell’Artugna. I ragazzi sono la sicura speranza di questi paesi, se ci impegniamo a coltivarne l’anima e il cuore: «Di ciò che il ragazzo ha imparato resterà traccia e frutto per tutta la vita», scrive sempre don Milani. Oltre alle intuizioni del priore di Barbiana, il testo che ci ha accompagnato è stato l’Enciclica di papa Francesco Laudato si’, sulla cura del creato, che pone la Chiesa cattolica trecento anni avanti e ci fa guardare al futuro con fiducia. Abbiamo ancora alcune cose da fare, lasciate in sospeso: una visita alla bottega del Commercio equo e solidale; la salita a Mezzomonte, dove Gioele e Giacomo, doppiamente cugini, hanno le loro radici; un ritorno a Poffabro – con il ‘trenino delle meraviglie’ che ha ripreso a percorrere la Pedemontana – quando verrà la neve. Ci ritroveremo di tanto in tanto alla messa vespertina, a Dardago o dove capita, perché è grande il desiderio di rivederci. E poi vorrei trasmettervi, cari ragazzi, a chi vuole, i segreti di questo mestiere, il più bello del mondo: ognuno può fare la sua parte, con la musica, il canto, la fotografia, il cinema, il disegno, la lettura, la recitazione, la pazienza, la convivialità (i festoni che avevamo costruito e appeso all’entrata per il nostro primo carnevale sono ancora li), «intuire negli occhi dei ragazzi le cose che essi vedranno chiare domani» – ho ripreso intanto a far catechismo ai ragazzi delle medie, il venerdì e il sabato – e contribuire a darvi forma, concretamente.
35
ADHÉS VE CONTE SERIE DI RACCONTI E ANEDDOTI IN PARLATA LOCALE, ACCADUTI NEI NOSTRI PAESI
Continua la pubblicazione dei racconti in parlata budoiese
scherthi de ’na volta di Fernando Del Maschio
DICEMBRE 2019 / 148
’N a volta, cuan che doi moros i se
36
lassava o che ’na fiola la refudhava un filador, i soliti matarans (magare amighi del filador) i feva la fava. De dhuta nuot i cargava ’na careta de tera e i la meteva a gruns pa la strada da la ciasa de lui a chela de liena; cussì dhuta Buduoia vigneva a savé el fato. Mi i n’ai vedhut pi de una de fave. Ma l’ultima l’ é stadha la pi bela, ancia parché mi soi stat ’na nica indithiapecadhi. Dongia ciasa mea steva doe vecie vedrane, una muta e chel’altra, che la se clamava Ema,’l era tant amiga de me pora mare. La vigneva par ciasa ancia doe o tre volte al dì e me feva un fià de fastidhe parché la veva el vithiat de to su ’na presa de pevre da la tola pareciadha, come tabac da nas. Un dì la capita ridhent dhuta spasemadha e i conta a me mare: «Ben, Maria, voto ridhe, uncuoi un moros el me à fat la dimanda! Passava via Carlo Loss e mi par creantha i ai preferit un scudhelin de cafè. Intant ch’el beveva el cafè el me dis che s’el avess savut da restà vedovo cussì tant e m’avarave dimandat de poiasse co mi. E mi i ai respondut che se lui non me à volut da dhovena mi no lo voi da vecio!» Mi feve fenta de studià, ma le rece le tigneve verte e ai sentut dhut. Quan che la Ema Tuchete ’l é dudha via, subito soi dhut a contalia ai Mos’cions. Mai pì pensave che i fess la fava! La matina dopo ’l era dhuti i
muciuth de tera dal portel de la Ema a le porte de Loss. La pora vecia ’l é vignudha plandhent da me mare «Comot ali fat a savelo?» E me mare, che la veva capit dhut, par salvame: «Te parle sempre forte e lor i é sempre su le bocole che i scolta! Ma dhate coraio che almanco da vecia te à un pretendente!».
E adhess le ultime de la cubia Mario Bastianela e Se...verino Pu...telate. I me l’à contadhe Piero Fantin. I doi i se ciata da Riseta e là ’l é ancia de la dhent da Ciastel (varda caso!) che i dimanda a Andrea: «Cognosséo chela famea de la ciasa de fronte sempre seradha? Noi son un fià parenth». «Mi sai che i dudhi via in Frantha che i canais i era anciamò pithui e adhess i varà pì de vinti ains e no i é pì tornath. Ma diseme chi che seit e se par caso i riva li verte«. Ai matarans i à volut poc a pensala e dopo qualche dì i se presenta a Ciastel come i fioi dei parenth de la Frantha. Feste e festone, par fala curta i à invidhath a magnà a mesdì de la duminia dopo. Cussì i doi i à magnat e beut e con de pì i à invidhat i ciastelans par tornai la marenda dopo quindese dì. I pora grami dopo doe stemane co la careta e la mussa i é vignudhi dho da Ciastel e i à ciatat la ciasa seradha come sempre.
’N ’altra volta vestith da festa i se presenta in platha a Ciastel dopo Messa Granda, Mario come mercantin de Treviso e Se...verino so aiutante. «Noi semo mercanti all’ingrosso de formaio e volemo un pochi de quintai de formaio furlan, lo paghemo ben, trenta par sento in più de quel che i ve lo paga qua. Noteve dal me aiutante se ve interessa«. Pi de ’na trentena i se à notat, chi doe pethe, chi tre e parfin thinque. «Alora se vedemo domenega che vien: me racomando porté el formaio qua in piassa a sta ora che rivemo col camionsin». La duminia dopo ’na bela tassa de pethe de formai ’l à spetat chj che mai ’l é rivat.
NOTA DELL’AUTORE. Alcuni amici, budoiesi d’adozione, ma provenienti da fuori nord-est, mi hanno detto che leggerebbero volentieri i miei racconti ma non capiscono molto il nostro dialetto. Intanto li ringrazio per il loro interesse e poi li consiglio di consultare il corposo dizionario del dialetto dardaghese (quasi uguale al budoiese) o, e forse basta, il glossario in appendice ai Racconti Popolari Friulani – Zona di Budoia (Si trova in biblioteca e penso si possano avere fotocopie di poche pagine oppure si può direttamente acquistare presso la Società Filologica Friulana nelle sedi di Udine o di Pordenone).
In primo piano, si riconoscono i tre chierichetti: Tiziano Basso, Bruno Pellegrini e Mario Tizianel (?). Il pievano, alla destra del Vescovo con la cotta bianca, era don Nicolò Del Toso. L’altro sacerdote era il parroco di Santa Lucia don Gelindo Ragogna.
Nella seconda fotografia, oltre ai chierichetti Bruno e Tiziano, si riconoscono Cunegonda – mamma di Lidia – Rosa, Maria e Augusta Zambon. Sulla destra, Paolo Zambon (Paolin Nontholo) e Raffaele Zambon.
In questa foto sono ritratti a Venezia due zii di Lidia: Longino (1914) ed Anna (1903) Zambon Nontholo. La bimba è Edda, figlia di Anna (1929). Siamo nei primi anni ’30. Qualche anno dopo Longino partì per la guerra. Dalla Russia (Nikolajeska) non fece più ritorno!
DICEMBRE 2019 / 148
’N TE LA VETRINA
La nostra affezionata lettrice Lidia Basso Smeraldi ci ha inviato tre belle fotografie. Le prime due si riferiscono alla visita del Vescovo a Dardago per la Cresima. Era domenica 10 novembre 1946, ed il vescovo D’Alessi impartì il Sacramento ad una trentina di ragazzi della parrocchia, nati prevalentemente dal 1937 al 1939. Le fotografie sono interessanti perché testimoniano la mancanza dell’attuale via della Chiesa, costruita negli anni ’50. Si nota, infatti, che il muro del sagrato che dà verso il campanile si congiunge con il muro del cortile della canonica: entrambi i muri erano più alti degli attuali. La prima fotografia ci ricorda che all’entrata del sagrato c’erano tre piramidi. Negli ultimi anni del ’900 la piramide centrale è stata spostata al confine con via della Chiesa. All’entrata del sagrato, alla base delle colonne si intravvedono le freadhe, cioè le inferriate, installate per impedire l’accesso agli animali. In entrambe le foto, si intravvedono, ai piedi del campanile le semplici bancarelle dove si poteva comperare la «sagra» composta principalmente da «spumiglie» e da qualche semplice «pasta».
37
Sandrino Busetti
DICEMBRE 2019 / 148
«Almeno Lassù ha trovato consolazione»
38
A Sandrino Busetti, persona d’animo buono e generoso, la vita riservò un destino crudele. A soli vent’anni, al ritorno dal servizio militare, alla sua giovane vita si pose di traverso il primo ostacolo: un gravissimo incidente stradale lo segnò profondamente nel fisico, a pochi mesi dal matrimonio con Mariolina Burigana, il grande amore che gli rimarrà sempre accanto. Dopo lunghi giorni di coma e mesi di riabilitazione, Sandrino riprese a vivere e non portò mai rancore verso chi l’investì; formò famiglia con il suo amore giovanile e dalla loro unione nacquero Federico e Cristian. Trovò lavoro nel gioioso mondo dei bambini come collaboratore nella scuola elementare di Budoia in cui fu stimato e benvoluto da tutti. Gli anni avanzarono e l’età della pensione stava per diventare realtà. Lo zampino della cattiva sorte, però, gli sbarrò nuovamente il proseguimento della sua vita: undici anni fa, le prime avvisaglie
di qualcosa che non andava. Per un anno si trovò ricoverato in una struttura sanitaria e Mariolina con i figli gli fu sempre accanto a consolarlo, a sostenerlo nell’animo, a trasmettergli speranza. Poi, negli ultimi sette anni la vita divenne ininterrotta sofferenza per sé e per i suoi cari. La famiglia rifiutò il ricovero in una struttura sanitaria e scelse di farlo vivere serenamente tra le mura domestiche, in cui aleggiava l’Amore: una carezza, un bacio, un dolce sguardo, una parola d’incoraggiamento… fino all’ultimo respiro. «Almeno Lassù ha trovato consolazione» – mormora tra i singhiozzi Mariolina, con lo sguardo rivolto al simulacro dell’Immacolata. Un pensiero va anche a lei che ha dedicato la sua vita ad accudire il marito e prima ancora la madre. Tutto in silenzio, con Amore. L.C.
Ciao Sandrino, hai combattuto con forza la tua battaglia contro il male senza mai lamentarti, aiutato dai tuoi amati figli e famigliari. Sei stato, per noi tutti, un esempio di vita. I tuoi insegnamenti e il tuo ricordo resteranno vivi nei nostri cuori, ora e sempre. MARIOLINA
Il 23 ottobre nostro papà è mancato... noi siamo riusciti a stare al suo fianco fino alla fine ed è stato un regalo poterlo accompagnare nel suo ultimo viaggio. Papà è stato un uomo buono che ha saputo, insieme alla mamma Agnese, riempire di amore la nostra vita, facendoci crescere come meglio non si potesse fare. Ha saputo insegnarci e trasmetterci l’importanza dell’armonia e del rispetto che in una famiglia dovrebbero sempre essere presenti e oggi noi siamo quello che lui e mamma sono stati insieme, perché i loro valori sono dentro di noi. Tutte le persone che ci hanno sostenuto in quei giorni lo hanno ricordato sottolineando sempre la sua allegria e la sua infinita disponibilità e pazienza, perché lui era proprio così... allegro, dalla battutina arguta e tagliente, amante della compagnia, sempre pronto ad imbracciare la sua immancabile fisarmonica per far cantare e ballare tutti. Tra le tante cose che ha saputo
L’ARTUGNA PORGE LE PIÙ SENTITE CONDOGLIANZE AI FAMIGLIARI
LASCIANO UN GRANDE VUOTO
I FIGLI DI DOMENICO DIANA SCUNSOR, PAOLA, ALBERTO, ALESSANDRO, LUCA
La redazione ricorda con stima la nobile figura di Domenico Diana, appassionato collaboratore e assiduo lettore del nostro periodico, e porge le più sentite condoglianze alla moglie, signora Agnese, e ai figli.
DICEMBRE 2019 / 148
Domenico Diana
trasmetterci, non può mancare l’amore per la sua Budoia, la casa delle sue radici... la casa che ha visto solo dopo essere tornato dalla nativa Francia dove il nonno Angelo aveva portato la moglie Pierina e le figlie Lidia e Marisa per cercare per loro un futuro migliore... la casa che ha vissuto da adolescente tra le difficoltà della Seconda Guerra Mondiale e gli anni post bellici, quando per studiare doveva andare a Pordenone in bicicletta ogni giorno con qualsiasi condizione climatica... la casa che ha lasciato negli anni della ripresa economica perché la famiglia si era trasferita a Venezia sempre alla ricerca di condizioni di vita migliori... la casa che ha accompagnato sempre la sua vita matrimoniale e familiare perché ogni occasione era buona per venire a Budoia, perché ogni estate ci si trascorrevano le ferie, perché per oltre 60 anni si è festeggiato il compleanno di mamma il 15 agosto, perché c’era sempre qualcosa da sistemare e qualche lavoretto da fare... la casa, e tutto quello che rappresenta, che noi figli cercheremo di trasferire alle prossime generazioni... Siamo contenti di poter condividere su questa rivista, alla quale papà teneva molto, un piccolo ricordo del suo e del nostro orgoglio per le nostre radici... grazie papà anche per questo...
39
IL LORO RICORDO NON SFUMA Gentilissima Redazione, ogni volta che vi scrivo mi dico: «Questa è l’ultima volta»! Ma si sta avvicinando un anniversario importante: la mia mamma Ida Zambon in Bocus nacque il 13 novembre 1900, ma la sua «nascita al cielo» avvenne il 20 dicembre 1969: cinquant’anni fa. Per tale circostanza le ho scritto una lettera che desidero condividere, su l’Artugna con coloro che la ricordano con affetto. Vi ringrazio di cuore e vi saluto con tanta cordialità.
Teresina Puppin Cara nonna, non è facile sai, descrivere a parole quello che sei stata per noi. Sono passati già diversi mesi da quando a febbraio ci hai lasciato, ma basta chiudere gli occhi, anche solo per un istante, per far riaffiorare i tanti ricordi di te. Ricordi di una piccola ma grande donna, una persona umile, ospitale e genuina. Ti rivediamo lì, nella cucina di casa, intenta a prepararci qualche buon piatto, in cui mettevi dentro tutto l’amore che provavi per noi. Quello era il tuo modo per dirci che ci amavi tanto. Ci sembra ancora sai, di sentire la tua voce, raccontarci quelli che negli anni sarebbero diventati i tuoi cavalli di battaglia. Con tutti infatti condividevi l’importanza di avere sempre pagato i contributi, con tanti sacrifici, ma che poi ti avevano permesso di avere una pensioncina per te. La vita non ti è stata amica, ti ha regalato immensi dolori, ma se c’è una cosa che abbiamo imparato da te è l’amore incondizionato e la dedizione assoluta verso la famiglia, la forza di superare le avversità rimboccandosi le maniche, senza piangersi addosso. Ci manchi e ci mancherai sempre durante il nostro cammino, e puoi star tranquilla, che noi, tuoi famigliari, continueremo a ricordarti finché avremo memoria. Ciao, Teresina! DICEMBRE 2019 / 148
VALERIA, ELEONORA, CARLO
40
SILVANA BOCUS PISU
Ida Zambon lettera alla mamma Mia dolce cara mamma, sono passati ormai cinquant’anni da che ci hai lasciati: è stato grande il dolore per papà Piero, perché grandi erano l’intesa e la tenerezza che vi univano. Grande il vuoto che lasciavi alle tue figliole che vedevano in te un punto di riferimento e per i nipoti che ospitavi più volte e che coccolavi! Ricordo, e certo ricordi anche tu, l’ultima volta che ti ho vista… Nell’inverno 1969 l’epidemia di influenza aveva colpito anche te, sofferente di cuore da parecchi anni, e ti aveva indebolita a tal punto da richiedere il ricovero all’ospedale di Trieste. Io, giovane sposa con due bimbi piccoli, abitavo a Susegana, ma dovevo venirti a trovare! Presi il treno e dopo qualche ora, mi trovai nell’atrio dell’ospedale, all’ora delle visite. C’era una gran folla, addirittura i carabinieri: poteva passare solo chi aveva il permesso scritto. L’epidemia aveva obbligato i sanitari a drastiche restrizioni. Provai a chiedere agli uscieri se potevano fare un’eccezione: aprii il portafoglio per mostrare il biglietto del treno: avevo fatto un viaggio per vedere mia mamma… mi bastavano pochi minuti… Niente, non si poteva!
Aspettai. Uscii nel giardino, vidi la statua della Madonna, chiesi aiuto a Lei, Madre di tutti! Attesi la fine dell’orario di visita e rientrai nell’atrio: speravo… Mi si avvicinò uno dei carabinieri e mi chiese se ero la moglie di Pisu. Mi conosceva? Aveva visto la foto, quando avevo aperto il portafoglio? Non so. Disse due parole all’usciere e con un cenno d’intesa mi fece passare. Mio Dio, avevo le ali ai piedi! Ti trovai: c’erano talmente tanti malati che eri ricoverata in corridoio. Non dimenticherò mai il tuo sorriso sorpreso, felice e sofferente: volevi sapere dei nipotini, non pensavi a te stessa, come sempre! Dopo un po’ mi mandarono via: scendendo le scale speravo di ritrovare il carabiniere per ringraziarlo, ma non c’era più… mi è rimasta l’impressione che fosse un angelo in divisa. Mia carissima mamma, il tuo abbraccio non mi ha più lasciata. Ti prego, vienimi incontro, quando sarà il momento, insieme a papà Piero, a Laura e Serafino e al mio Angelo. LA TUA SILVANA
LA CRONACA
L’altarol dei Carlons
In occasione del raggiungimento dei suoi 98 anni, portati in modo eccellente, Luigia Basaldella Carlon (la Gigia) ha fatto tinteggiare il ‘suo’ capitello sempre curato e adorno di fiori, addossato all’abitazione, in piazzetta Angelin-Carlon. Ha trovato la disponibilità di Giorgio Varnier Menao che ha donato la sua professionalità per abbellire un segno sacro che dura da secoli, sempre punto di riferimento di pietà popolare per gli abitanti di via Lunga e via Costa. Un grazie alla Gigia e a Giorgio da parte della comunità.
Coscriti de ’l 49
Quest’anno un incontro ‘speciale’ per festeggiare i settant’anni dei coscritti del ’49: una bellissima giornata trascorsa in compagnia, cullati dalle tranquille acque della laguna maranese e attratti dal paesaggio con i suoi caratteristici casoni, oltre che affascinati da Aquileia romana, raggiunta lungo il canale Natissa. Il tutto seguito da un’ottima ed abbondante libagione ovviamente a base di pesce servita nel battello «Santa Maria». Un sentito ringraziamento va a Basilio, ideatore ed organizzatore della gita, coadiuvato da Gianni Rosit.
Dardàc in festa
I tradizionali festeggiamenti agostani richiedono un forte impegno per molti collaboratori. Le prime riunioni cominciano già nel mese di giugno! Molte infatti sono iniziative da organizzare. Quest’anno i festeggiamenti del Dardagosto sono iniziati il 3 agosto con l’apertura della Pesca di Beneficenza e sono proseguiti fino alla serata del giorno dell’Assunta, 15 agosto. L’impegno profuso dai volontari ha fatto sì che la
festa sia stata un successo sotto tutti i punti di vista. Tanta gente: il Dardartisti ha colorato e riempito la nostra piazza e le nostre vie, il meteo è stato clemente, «rubando» una sola serata (quella delle stelle), il chiosco ha lavorato bene, le serate sono sempre state al top! La 6a Edizione di Dardartisti sote i portons – grazie ad artigiani, artisti, ai laboratori, saltimbanchi e decoratori – ha reso bellissima questa giornata ricca di fantasia e creatività. L’UTE di Sacile e l’allegra compagnia di artisti capitanata da Sara Toffoli hanno allestito nel teatro la mostra di pittura Dopo Attila 2019. La Pro Loco Budoia, come ogni anno, ha organizzato la marcia sul Percorso circolare del torrente Artugna, che quest’anno ha registrato 500 presenze. Ma il risultato più importante, quello che lascia il ricordo più bello, è l’aver visto tante persone lavorare per la comunità divertendosi, in un clima di armonia. Il Dardagosto è la festa del paese, la festa di chi a Dardago ci vive, di chi ci torna durante le ferie, di chi arriva dai dintorni per visitare un posto magico, dove tutti grandi e piccini, giovani e anziani trovano la loro dimensione! La Parrocchia di Dardago, che organizza il Dardagosto, ringrazia sentitamente tutti coloro che con il loro sostegno hanno collaborato
DICEMBRE 2019 / 148
DELLA COMUNITÀ DI DARDAGO / BUDOIA / SANTA LUCIA
41
DICEMBRE 2019 / 148
Una fresca serata durante il Dardagosto.
42
alla riuscita della festa e ringrazia l’Amministrazione comunale che patrocina la manifestazione e dà il supporto logistico al funzionamento della stessa. Quest’anno sono stati ultimati i lavori di realizzazione della cucina comunitaria di proprietà comunale – di cui la Parrocchia è gestore – che è stata inaugurata e resa funzionante nel migliore dei modi per questa edizione del Dardagosto. Si auspica che possa facilitare eventi di incontro e collaborazione per la comunità. Grande la soddisfazione degli organizzatori: «Grazie a tutti i collaboratori delle serate. Abbiamo rivisto qualche volto nuovo e quasi tutti i volti dello scorso anno e questo è un bellissimo segnale! Grazie a tutti i ragazzi che hanno lavorato al chiosco: una schiera di giovani che mai è stata così folta! Un grazie speciale va al gruppo instancabile della cucina! Grazie a colore che hanno lavorato alla pesca di beneficenza, che ogni sera dal 3 al 15 agosto erano presenti in canonica pronti a consegnare premi con sorrisi e cordialità! Grazie a coloro che hanno curato l’organizzazione dei giochi popolari, che hanno fatto divertire bambini e genitori come ogni anno! Grazie a tutti i collaboratori parrocchiali e tutti coloro che non figurano nelle associazioni ma lavorano da anni solo per il
successo della manifestazione e lo fanno per il senso di comunità e dell’amicizia: davvero a voi un grazie di cuore».
La ciarta de Buduoia
Per facilitare l’impegno promosso dalla «Carta di Budoia» –
la dichiarazione volontaria d’impegno all’attuazione di misure di adattamento locale ai cambiamenti climatici nei territori alpini e prealpini – si è avviato un progetto di applicazione nei territori alpini italiani, con il coordinamento scientifico della Fondazione Lombardia per l’Ambiente e il sostegno della Delegazione Italiana e del Segretariato Permanente della Convenzione delle Alpi. Il progetto si sta espandendo: lo scorso mese hanno aderito anche alcuni comuni della Val d’Aosta, compreso il capoluogo. «Queste adesioni sono un importante passo per la costituzione di una rete di Comuni in quella regione che hanno intenzione di avviare un percorso di azioni e di proposte, partendo da quanto è stato fatto con il nostro progetto pilota» sostiene l’ex sindaco Roberto De Marchi. Il progetto fu presentato nel nostro Comune nel 2017, in occasione della Conferenza internazionale di ‘Alleanza nelle Alpi’.
15 bambini incontro al Signore Domenica 26 maggio 2019 nella chiesa di Dardago hanno ricevuto la Prima Comunione 15 bambini: Marika Arizzi, Giulia Bianchi, Anaïs Bocus, Sebastiano Cauz, Lea Fabris, Elisa Gallas, Sofia Giust, Davide Minatel, Mattia Micheluz, Samuele Micheluz, Jury Pilutti, Nicola Pujatti, Gloria Tocchet, Matteo Valdevit, Massimo Zambon. I bambini sono stati accompagnati durante la preparazione da Annarita, coadiuvata da Francesca. La cerimonia, che segnava anche la chiusura dell’anno catechistico, è stata allietata con i canti da bambini, genitori e dal coro parrocchiale. (foto FB5).
Sapori d’autunno: zafferano a Dardago Domenica 20 ottobre a Dardago si è svolta la manifestazione «Sapori d’autunno: zafferano a Dardago». È stata una bella giornata di sole. Il tempo piovoso che aveva caratterizzato i giorni precedenti è cambiato durante la notte, favorendo la buona riuscita della festa.
l’agroalimentare tipico della zona con la proposta di alcuni loro prodotti rielaborati con lo zafferano. Quest’anno una parte del mercato è stato riservato all’antiquariato di qualità e all’artigianato creativo. All’ora di pranzo, la cucina ha sfornato pietanze prelibate allo Zafferano e altri prodotti tipici autunnali. I numerosi volontari erano affiancati da due chef e dagli allievi/e dell’Istituto Alberghiero IAL di Aviano che con i loro docenti si sono oc-
La piazza di Dardago vestita a festa per «Sapori d’autunno».
L’evento è stato organizzato dalla Parrocchia di Dardago, con la collaborazione di alcune Associazioni locali e il patrocinio e sostegno dell’Amministrazione comunale, per non lasciar cadere la Festa dello Zafferano organizzata nei tre anni precedenti. Il teatro di Dardago ha ospitato un interessante convegno, dal titolo «Zafferano, non solo risotto: dal campo alla tavola alla farmacia» con l’intervento del prof. Stefano Bona, dell’Università di Padova. La mattinata prevedeva un’escursione guidata alla scoperta della bellezza del territorio dardaghese, visitando il Ruial di San Tomè e la zona del Ciastelat. Nel contempo le navette portavano gli interessati a visitare gli zafferaneti con la possibilità di assistere a momenti di sfioritura. La piazza è stata occupata tutto il giorno da molti espositori del-
cupati anche del servizio ai tavoli. La giornata è stata animata dalla presenza di figuranti vestite con abiti della Belle Epoque e nel pomeriggio da uno spettacolo di danze di balfolk con l’associazione Echi di Terre. Un sentito ringraziamento ai numerosi volontari, giovani e meno giovani, che hanno reso possibile la realizzazione di questa bella festa.
Tanta ploia
Il maltempo che ha caratterizzato il mese di novembre – ricordiamo l’eccezionale acqua alta a Venezia ed i numerosi nubifragi che hanno provocato morti e danni ingenti in varie regioni – per fortuna non hanno interessato i nostri paesi. Solamente tanta, tantissima
pioggia che ha causato qualche disagio. Il tempo molto incerto della mattinata di domenica 24 novembre non ha permesso di effettuare la tradizionale processione con la Madonna della Salute lungo le vie di Dardago.
Colletta Alimentare
La Giornata Nazionale della Colletta Alimentare è diventata un importante momento che coinvolge e sensibilizza la società civile al problema della povertà attraverso l’invito a un gesto concreto di gratuità e di condivisione: fare la spesa per chi è povero. Da circa 20 anni, nell’ultimo sabato di novembre, all’ingresso dei supermercati aderenti all’iniziativa, vengono distribuiti, ai clienti che entrano per fare la spesa, appositi sacchetti con l’invito a riempirli con prodotti adatti allo scopo della raccolta benefica (prodotti per l’infanzia, pasta, tonno, olio, carne in scatola, zucchero...). In tal modo, ciascuno può donare parte della propria spesa: l’esperienza del dono eccede ogni Alcuni dei volontari che hanno permesso l’organizzazione della Colletta Alimentare a Budoia.
aspettativa generando una forte solidarietà. Da anni anche i nostri paesi contribuiscono a questo risultato. Sabato 30 novembre, presso il supermercato Visotto di Budoia, i volontari, coordinati dal gruppo Alpini di Budoia, hanno raccolto ben 16,2 quintali di derrate alimentari. Grazie a tutti i donatori e al personale addetto.
Coscriti de ’l 1948 I à drethàt ’na colona su la platha In agosto, Stefano Zambon e Matteo Zambon Rosit, restauratore di professione, ripristinano una colonnina del Monumento ai Caduti che precedentemente era stata danneggiata. La colonnina è stata incollata, pulita e ritoccata ove necessario. Un grazie a questi e a tutti i volontari che mettono gratuitamente a disposizione della comunità, il loro tempo e le loro capacità.
DICEMBRE 2019 / 148
BioPhotoFestival 2019
44
Anche quest’anno, alla fine del mese di settembre, l’Associazione BioArt visual ha organizzato a Bu-
Puntuale come sempre il coscritto Andrea Biscontin organizza per il 6 dicembre il tradizionale appuntamento pre-natalizio. Quest’anno la location è il ristorante «Come ’na volta» a Budoia. Ricche portate a base di pesce hanno allietato il festoso incontro dei coscritti convenuti. La serata si conclude tra scambi di auguri e le ‘raccomandazioni’ ad Andrea di non perdere l’entusiasmo organizzativo!
doia, in collaborazione con il Comune, la Regione FVG e altri Enti locali il BioPhotoFestival, giunto alla sesta edizione. L’evento è patrocinato dal Ministero dell’Ambiente. Il festival permette di incontrare grandi fotografi del settore, arrivati da molti Paesi e ammirare le «multivisioni» create con le loro foto. Inoltre il Festival organizza molte attività per sperimentare l’arte della fotografia e perfezionare la propria tecnica attraverso workshop, escursioni naturalistiche in zona e visite alle più importanti e belle città delle province vicine. Nell’ambito del Festival, si è svolto anche il 6° BioPhotoContest, un concorso fotografico internazionale avente come oggetto «I biomi, la grande bellezza del pianeta» che, come si legge nella presentazione «si propone di far conoscere e salvaguardare la grande bellezza dei Biomi attraverso alcuni capitoli che descrivono paesaggi, animali, piante, insetti, colori e forme visti e raccontati con un occhio e sensibilità particolari». I concorrenti erano di molte nazionalità: dei sei vincitori (uno per ogni categoria), tre sono italiani, un francese, un ungherese ed un norvegese.
Verta la stradha «Venezia delle Nevi» La vecchia strada ideata negli anni ’60 e inaugurata nel 1967 per raggiungere la località turistica «Venezia delle Nevi» – che per molti motivi non venne realizzata – era rimasta chiusa per anni a causa di frane e smottamenti che ne avevano pesantemente interessato il versante superiore. Grazie all’impegno del Comune di Budoia e di PromoturismoFvg, ora è stata messa in sicurezza e resa percorribile, riservandola alle escursioni a piedi e in bicicletta. L’inaugurazione è stata effettuata sabato 14 settembre dal Sindaco di Budoia, Ivo Angelin e dall’assessore regionale al Turismo, Sergio Emidio Bini, presenti i primi cittadini di Aviano, Ilario De Marco e di Polcenigo, Mario Della Toffola. La pista Venezia delle Nevi si sviluppa per circa 11 chilometri a monte di Dardago – zona San Tomè, nelle vicinanze dello Chalet (circa 500 metri s.l.m) – per raggiungere la dorsale del complesso del monte Cavallo a oltre 1200 metri.
A Parigi, Sandra, mia nipote ha effettuato il giuramento come avvocato. Siamo felici di condividere questa gioia con i parenti e gli amici di Dardago. Grazie per l’Artugna perché è una grande emozione quando lo ricevo. PIETRO ZAMBON, ANNEMASSE, FRANCIA
EMANUELE MORAS
Lidia Bastianello, al compimento del suo 95° compleanno, è orgogliosa di presentare l’ultimo bis-nipote: Giacomo Quadrelli, per la gioia di Beatrice e Roberto e dei nonni Ida e Antonio Vettor (Dardago-Milano).
Con piacere annuncio ai parenti ed agli amici di Dardago il matrimonio di Edoardo Giove Petol con Francesca Ferranti. La bella cerimonia si è tenuta a Parma, sabato 7 settembre 2019. DANIELA ZAMBON PETOL
Bruna Zambon Carlon lo scorso 8 novembre ha festeggiato i suoi splendidi 95 anni. È nata nel 1924 a Dardago de Colus. La sua famiglia si è riunita per festeggiare questo importante traguardo. Mamma Bruna con le figlie Maria e Gabriella, i generi Sandro Bosser e Sergio Carugo, i nipoti Laura, Marco, Stefano, Marina e Francesca, i pronipoti Francesco, Riccardo, Valerio, Elisa e l’amica Virginia. Ancora tanti auguri cara mamma!
DICEMBRE 2019 / 148
L’ INNO ALLA VITA
AUGURI DALLA REDAZIONE!
Vi presento la mia cara sorellina Elisabetta, figlia di Andrea Moras e Ivana Del Piero. È nata il 4 giugno 2019 e ha ricevuto il battesimo il 28 settembre nella chiesetta di Sant’Antonio a Roveredo in Piano. Insieme formiamo una bellissima famiglia e siamo tutti felici, compresi i nonni materni e quelli paterni, Antonietta Zambon e Giorgio Moras.
45
I NE À SCRIT...
Toronto (Canada), 24 agosto 2019
Vi alleghiamo il nostro contributo per l’Artugna che riceviamo sempre con molto piacere. Tanti saluti. ANTENORE E GIACINTA NADIA BOCUS FRITH
Grazie a voi Antenore e Nadia per la vostra generosa offerta. Ci auguriamo che l’Artugna porti anche in Ontario un po’ di aria della nostra Val de Croda.
Costantino Tardivello, il ragazzo del ’99 che suonò il cessate il fuoco definitivo, nei pressi di Castions di Strada, all’ora precisa dell’entrata in vigore dell’armistizio di Villa Giusti fra l’Italia e l’Impero austroungarico. Ci sembrava corretto inserire questo episodio nell’ultimo dei 14 inserti dedicati alla Grande Guerra. Cogliamo l’occasione per ringraziarla per la pluriennale collaborazione.
Pordenone, 25 novembre 2019
NORA QUAGGIOTTO responsabile Gruppo Missionario «Sacro Cuore» Pordenone
Siamo noi a ringraziarla per le sue gentili espressioni di stima che ci incoraggiano a continuare. Cordiali saluti ed auguri di Buon Natale.
DAI CONTI CORRENTI VERENA BIONDI ZAMBON – TORINO
Offerta per la pubblicazione della foto del matrimonio di Edoardo Giove.
SERGIO GENTILINI – ROVEREDO
Era molto tempo che avevamo in redazione la sua informazione su
Grazie per la pubblicazione della foto dei Biscontin! Un cordiale saluto. GUIDO BISCONTIN
Leggo sempre con piacere l’Artugna. Grazie e cordiali saluti. ROSELLA DEDOR FONTANA CASTELNUOVO DEL GARDA
Rinnovo l’abbonamento al periodico. MARIA CARLON – MILANO
Mi piace leggere l’Artugna e vi ricordo sempre. Rinnovo l’abbonamento. Ciao. CARLA DEL MASCHIO – SVIZZERA
IL BILANCIO NUMERO 147 Situazione economica del periodico l’Artugna entrate
DICEMBRE 2019 / 148
Costo per la realizzazione
46
Buon Natale e felice 2020
DANIELA ZAMBON – PARMA
Roveredo in Piano, 15 novembre 2019
Un sentito grazie per la cortese pubblicazione del mio intervento su «Tardivello» nell’inserto del numero di Natale. Ringrazio ancora augurandovi buon lavoro e complimenti per il vostro bel periodico, ricco sempre di notizie e ottimamente ben curato!
Auguri
Con infiniti ringraziamenti.
uscite 4.254,60
Preconfezionamento e spedizioni
421,00
Entrate dal 19.07.2019 al 30.11.2019
4.175,00
Totale
4.175,00
4.675,60
Foto di Paolo Burigana
Ho apprezzato molto il vostro periodico, ricco di umanità e graficamente accattivante. Vi ringrazio di cuore.
PROGRAMMA RELIGIOSO
go da r Da
ia uc L a nt Sa
ia do u B
MARTEDÌ 24 DICEMBRE 2019 • Santa Messa in nocte
24.00
22.30
21.00
MERCOLEDÌ 25 DICEMBRE 2019 SANTO NATALE • Santa Messa solenne
11.00
10.00
9.00
GIOVEDÌ 26 DICEMBRE 2019 SANTO STEFANO • Santa Messa • Concerto del Collis Chorus
– 17.00
11.00
10.00
MARTEDÌ 31 DICEMBRE 2019 • Santa Messa e canto del Te Deum
18.00
19.00
17.00
18.00
11.00
10.00
18.00
11.00
9.00
MERCOLEDÌ 1° GENNAIO 2020 SANTA MADRE DI DIO GIORNATA MONDIALE DELLA PACE • Santa Messa solenne e canto del Veni Creator DOMENICA 5 GENNAIO 2020 VIGILIA DELL’EPIFANIA • Benedizione acqua, sale e frutta
Nelle rispettive comunità la tradizionale accensione del panevin. LUNEDÌ 6 GENNAIO 2020 EPIFANIA DEL SIGNORE • Santa Messa solenne
**
10.00
9.00
11.00
Benedizione dei bambini e consegna calze con dolci a Santa Lucia
go da r Da
ia do u B
** ia uc L a nt Sa
CONFESSIONI sabato 21 dicembre domenica 22 dicembre lunedì 23 dicembre
16.00-18.00 – –
*
– 16.00-18.00 –
*
– – 16.00-17.00
*
* seguirà la Santa Messa
La montana de l’Artugna ❖ Uncói ne mancia el sól el tenp al s’à invernàt e calìgo ’n te la Val.
Vàrdhe l’aga che la cór che ròba i me pensiérs pa’ portàli drénto ’n gór.
Dhardhàc ’l a ’n altro umór el fréit al va ’n téi oss e la pel el so trimór.
[...]
[...]
Artugna, amìga mea la grava in dhó la spéta e co’ ti s’inbeveréa.
Da lontàn ’na vós sentón l’Artugna dessédhadha da che liét de masarón.
Artugna, amìga mea lontàn beldà el ciantà de ’l cuc de la Pendéa.
Fra cròdhe e tan bacàn cór dho ’na gran montàna da la mónt in ver al plan.
[...]
❖ foto di Francesca Romana Zambon