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Il valore di una stretta di mano di un bacio, di un abbraccio

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La Cronaca

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Pandemia, paura di contagio, isolamento, timore del prossimo.

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Tutto ciò come ha condizionato, condiziona e condizionerà il nostro modo di vivere? Cosa abbiamo perso?

È arrivato il COVID 19. Nessuno immaginava la sua pericolosità, la sua velocità di propagazione. Ricordiamo tutti il termine lockdown. Bloccati in casa. Città deserte, immerse in silenzi irreali; chiusura delle scuole, delle aziende e degli uffici. Per paura dell’altro abbiamo eliminato anche i saluti ravvicinati. Le strette di mano e gli abbracci sono stati surrogati da ‘gomitate’ e da sguardi... ‘mascherati’ . Abbiamo cercato di rispettare le regole d’igienizzazione e stabilito limiti di sicurezza per un ‘distanziamento sociale’ sicuro. Allontanandoci dal prossimo, senza saperlo e senza volerlo, piano piano ci siamo ritrovati in un’altra crisi, definita dagli studiosi «touch crisis», privazione cioè del contatto fisico. Ci siamo allontanati... dagli altri. Contagio e paura continuano anche in questa torrida estate 2022 e pare che con questo virus si debba ancora convivere a lungo. Non voglio parlare di Covid, ma di ciò che ci è venuto e continua a mancare.

il valore

di una stretta di mano,

di Vittorio Janna Tavàn

di un bacio,

...e alòra, comót ela? Sóto rivàt?...

Che bello, salutarsi a tu per tu e stringersi la mano quando ci s’incontra! Se il saluto poi è accompagnato da un sorriso garbato e uno sguardo sereno, quell’occasione ci regala un momento di vita positivo. E se quel saluto fosse anche solo ‘formale’ rimane comunque un segno di dialogo, di apertura.

Il saluto, unito alla stretta di mano, non costa nulla, ma è ricco di valori. È vivere uno straordinario momento di unione sociale sia quando si porge come quando si riceve. Stabilisce un ‘ponte’ di attenzione, che ci aiuta a convivere meglio.

Non è solo una doverosa e buona abitudine, ma è una necessità di vita. Non esistiamo per noi stessi, ma solo in relazione con gli altri.

Si rimane male, quando una persona non ricambia il saluto o, ancor peggio, quando quella persona decide volutamente di evitarci.

Ricordo che da bambino mio nonno Sante m’insegnava che era doveroso salutare ma ancor più salutare, per primo, se incontravo una persona più anziana. Risento ancora con simpatia le sue parole rivolte verso qualche scontroso: «Chel, no ’l saludha mai, al è inrabiàt co ’l mondo intiero» . E quante volte, attraversando il bosco in Sant’Agnol, il nonno m’invitava, in segno di rispetto, a salutare ed abbracciare una grande e maestosa quercia. Diceva che mi avrebbe trasmesso la sua forza. Quella forza che da sempre generosamente la Natura sprigiona.

Salutare quindi tutti e tutto. Salutare indistintamente uomini, animali, piante e fiori perché con lo spirito con cui salutiamo riceviamo e riempiamo di bellezza la nostra giornata.

Oltre allo sguardo, alle parole e al tono di voce, nel saluto è importante stabilire il ‘contatto’ e l’esempio eloquente è la stretta di mano.

Anche se solo per pochi secondi la stretta ‘parla’ e ‘dice’ molto. Può essere forte, autorevole, schietta, sincera; oppure sfuggente, melliflua o di circostanza. Sono segnali importanti. Attraverso la mano stabiliamo adesione, superiamo la soglia della prossimità, valichiamo il confine oltre al quale esiste la persona... con tutta la sua individualità.

Se la stretta di mano è anche accompagnata da un bacio, il saluto diviene ancor più espressivo e assume significati diversi secondo i momenti o le situazioni.

Il bacio sulla guancia è una potente forma di comunicazione

di un abbraccio

non verbale, con cui esprimiamo sentimenti di affetto, tenerezza, amicizia.

Quello dato da una mamma o da un papà ai propri figli è un messaggio sincero di affetto: «ti voglio bene»; mentre quello che ci si scambia tra parenti indica appartenenza, simpatia e rispetto.

Il bacio sulla fronte dona invece una sensazione di amore pieno, in-

1 5 6 / 2 0 2 2 O T S O G A 10 condizionato e di grande rispetto.

Sia la ‘stretta di mano’ che il ‘bacio’ impiegano il senso del tatto, quello che abbiamo appreso come prima forma di linguaggio e con il quale abbiamo incominciato a conoscere il mondo. È qualcosa di profondo e radicato, indispensabile al nostro equilibrio mentale.

Il tatto (come pure olfatto e gusto) sollecita l’intelligenza emotiva che stimola il cervello e aiuta a distinguere la realtà dal sogno, la verità dalla finzione, molto prima di elaborare un vero e proprio ragionamento. Percepisce e trasmette stimoli, sui quali istintivamente facciamo affidamento. Ci fa sentire vivi, a volte ci avverte di un pericolo o ci tranquillizza, a volte ci fa sorridere.

La più intensa e la più completa forma di saluto è e rimane, senza dubbio, l’abbraccio.

Non quello di chi vuol ‘simulare’ affetto e nemmeno quello di circostanza praticato in certe cerimonie, ma quello con il quale coinvolgiamo tutto noi stessi... anima e corpo. Con quell’abbraccio vogliamo dire: «Finalmente ci siamo ritrovati» , «Ora sono qui con te» , «Non sei una minaccia per me» , «Ci sono... con tutta la mia amicizia e solidarietà» .

Tutti noi, anche in questi ultimi tempi, portiamo nel cuore le numerose scene trasmesse dai telegiornali. Persone che si ritrovano e si abbracciano dopo un naufra-

«Un abbraccio è staccare un pezzettino di sé per donarlo all’altro affinché possa continuare il proprio cammino meno solo».

PABLO NERUDA

gio. Profughi in fuga da drammatiche esperienze di guerra, che dopo lunghi giorni si ricongiungono. Persone scampate a disastri naturali come frane, alluvioni o terremoti.

Quegli abbracci, spesso accompagnati da lacrime, sorrisi, baci e promesse, si pongono come atti di grande reciprocità.

Il contatto non è più solo fisico, è scambio di energie positive, è trasmissione di sentimenti in libertà, di forza spirituale.

Le persone si abbracciano così intensamente per sentirsi ancora vivi... o come diceva la poetessa Alda Merini: «Ci si abbraccia per ritrovarsi interi!» .

Questa pandemia ci ha tolto tutte le occasioni di saluto che richiedevano il contatto. Ci ha distanziato, ci ha tolto il piacere primordiale di poter comunicare con il corpo.

Ci è venuta in aiuto la tecnologia con internet, whatsApp, facebook o altri social.

Siamo stati ‘costretti’ a dover gestire in modo ‘artificiale’ la comunicazione. Abbiamo trasmesso immagini e documenti, lavorato, commerciato, studiato e sostenuto prove d’esame, senza la presenza fisica del docente.

Abbiamo costruito un ‘ponte elettronico’ verso l’altro, senza però poter beneficiare del suo sguardo, del suo tocco, del suo abbraccio...

Il modo comportamentale è mutato definitivamente?

Si perderà la relazione verbale e quella sensoriale?

Nell’attesa di trovare l’equilibrio armonico tra tecnologia e corporeità, ripensiamo alle parole del poeta Pablo Neruda: «Un abbraccio è staccare un pezzettino di sé per donarlo all’altro affinché possa continuare il proprio cammino meno solo» .

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