La Manovella Web n. 5/21 - Maggio

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DUCATI SCRAMBLER

L’ARRAMPICATRICE DI BORGO PANIGALE

CON LA “SCRAMBLER” LA DUCATI ENTRA IN UN MERCATO DIVERSO DALL’ABITUALE, INTRODUCENDO UN CONCETTO DI MOTOCICLETTA INNOVATIVO CHE INIZIAVA A FARE CAPOLINO OLTREOCEANO. LINEA ESILE, MOTORE POTENTE E DUE RUOTE ADATTE PER TUTTI I TERRENI di Matteo Comoglio - foto di Gianfranco Cesario

Il

progetto Ducati “Scrambler”, nome che in inglese significa arrampicatore , muove i suoi primi passi nel 1966, in un momento storico non facile per le case produttrici di motociclette italiane. Infatti, proprio nella seconda metà degli anni Sessanta la moto stava lentamente perdendo la sua funzione di veicolo utilitario acquistato per necessità. Il diffuso benessere conquistato dagli italiani, permette di poter passare dalle due alle quattro ruote, e questo comporta una sensibile diminuzione delle vendite nel mercato motociclistico. Segno che anche in Italia i tempi sono maturi per motociclette meno tradizionali, più “libere” nello spirito e nell’utilizzo. Questo fenomeno, è avvertito anche dalla Casa di Borgo Panigale che, seppur dotata di grande dinamismo e forte della sua immagine sportiva, sente l’esigenza di creare qualcosa di nuovo, per poter ampliare la gamma e insinuarsi in nuove nicchie di mercato che potevano dare

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ottimi risultati. In più, le pressioni esercitate dai fratelli Berliner, grandi importatori statunitensi di Ducati e Moto Guzzi, si fanno sempre più insistenti, in quanto si intravede nel concetto di moto fuoristrada addomesticata” una grande opportunità. Già dalla prima metà degli anni Sessanta si importano delle tutto terreno , che però conservano ancora un’immagine troppo rude e spartana. Tutto questo convince la Ducati e dopo poco tempo viene avviato il progetto. Si pensa di partire dal motore, un monocilindrico monoalbero in testa a coppie coniche nato alla fine degli anni Cinquanta, che ora a distanza di quasi 10 anni ha bisogno di alcune modifiche che gli permettano di ospitare cilindrate vicine ai 500 cm3. Nasce però un problema legato al dimensionamento dei motori a carter stretti, poiché oltre i 350 centimetri cubi difficilmente potevano essere portati. Si chiede quindi l’intervento dell’ingegner Fabio Taglioni, uomo di grande esperienza e già in Ducati dal ’54.


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