FIAT 130 COUPÉ
ALTA BORGHESIA RINNEGATA
ERA BELLA, RAFFINATA E BEN MOTORIZZATA, PROPRIO COME VOLEVA IL CETO IMPRENDITORIALE. MA LA CRISI ENERGETICA NE DISSOLSE I SOGNI DI GLORIA. di Luca Marconetti
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lungomare della Versilia, via Veneto a Roma, un “Camparino in Galleria” a Milano, Capri, Rimini. Bastava un abito sartoriale, una signora ingioiellata e una vettura coupé o convertibile, ed era subito Dolce Vita . Erano gli anni a cavallo tra la fine dei ’50 e la metà dei ’60 All’epoca sì, l’automobile era status symbol: Dimmi che auto guidi e ti dirò chi sei , lo sosteneva perfino Arthur Miller. E la Fiat, in quel periodo, accanto alle 600 e alle 500 che motorizzavano l’Italia, esaudendo un altro sogno, quello della libertà e della possibilità di muoversi autonomamente e senza vincoli, spendendo pochissimo, faceva la sua parte con vetture raffinate, eleganti e adatte a una borghesia benestante e stimata, magari meno “sbruffona” di quella che incarnavano gli annoiati e boriosi personaggi della leggendaria pellicola del Maestro Fellini: la 1900 Gran Luce, poi la 2300 Coupé, infine le veloci Dino Coupé (Bertone) e Spider (Pininfarina), amate anche dai più giovani.
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Ma agli albori degli anni ’70, il panorama è cambiato: di quella spensieratezza, di quella frivolezza e di quelle (troppe ) libertà, la vita avrebbe cominciato a chiederne un conto salatissimo con le prime bombe, i rapimenti, le gambizzazioni. Eppure in Fiat, qualcuno, a quel segmento di vetture costose, dotate di motori raffinati ed elastici, ci teneva ancora ma i grandi numeri di produzione (e quindi affermazione commerciale, guadagno e profitto), non si fanno con la nostalgia
PAOLO MARTIN PER PININFARINA Nel 1969, nonostante il disappunto di molti tecnici, in primis Dante Giacosa, la Fiat presenta quella che sarà la sua ultima berlina di lusso, la 130. una vettura dalla linea massiccia ma elegante e ben rifinita, comoda, silenziosa e dotata di un motore V6 elastico e con una buona riserva di potenza adatta a velocità di crociera sostenute.