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IVECO EFFEUNO

l’Effeuno del nostro servizio è un Urbano da 10,6 metri (U-Effeuno 471.10.20) acquistato dall’azienda dei F.lli Di Fonzo di Lanciano (CH) nel luglio del 1984 e, oggi, fa parte della sua scuderia di modelli storici. Il design squadrato e spigoloso di Giugiaro è funzionale all’utilizzo anche se non mancano alcuni elementi ricercati come le fasce nere che ne alleggeriscono il volume delle fiancate e i grandi vetri anteriori.

IL FUTURO, IERI

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PER LA PRIMA VOLTA UN DESIGNER DI FAMA INTERNAZIONALE FIRMA LO STILE DI UN AUTOBUS DA TRASPORTO PUBBLICO URBANO: L’IVECO EFFEUNO RIVOLUZIONERÀ IL MODO DI TRASPORTARE PERSONE NELLE CITTÀ E MODIFICHERÀ ANCHE L’APPROCCIO DELL’AZIENDA VERSO L’UTENTE. L’URBANO DELLA COLLEZIONE DI FONZO È CONSERVATO COME SE AVESSE APPENA SMESSO IL SUO SERVIZIO REGOLARE.

di Luca Marconetti

Se chiedeste a un bambino di disegnare l’autobus che vede e sul quale magari viaggia, nella sua città, lo farebbe così: squadrato, con vetri grandi e tante porte. E anche se oggi le linee si sono un po’ ammorbidite e hanno perso qualche spigolo vivo, questo è genericamente l’identikit dell’autobus moderno che, impossibile negarlo, fonda le sue radici nel progetto “Effeuno” di Iveco, il mezzo di trasporto pubblico più diffuso nelle città italiane e non solo, a partire dalla seconda metà degli anni ’80, che avrebbe accompagnato gli spostamenti di milioni e milioni di persone. Con la fondazione nel 1975 di Iveco, marchio della galassia Fiat che riassume in sé l’esperienza di Fiat Veicoli Industriali, Lancia Veicoli Speciali, OM, Unic e Marigus-Deutz, l’approccio del nuovo gruppo sia ai mezzi da trasporto merci che quelli per la movimentazione delle persone, cambia radicalmente: si mette ordine nella selva di modelli troppo diversi tra loro e quindi dispendiosi da mantenere in listino, offrendo una ristretta ma efficace gamma di piattaforme e motori modulari, sulle quali possono essere istallate le carrozzerie e gli accessori utili agli utilizzi più diversi, per accontentare la vasta clientela. Per quanto riguarda il trasporto collettivo, l’obiettivo è quello di rispondere quanto più possibile ai capitolati richiesti delle amministrazioni ma anche di offrire un prodotto moderno, sicuro e all’avanguardia. Il primo “baluardo” di questo corso è l’autobus Fiat 470 del 1979, che introduce le caratteristiche che saranno poi quelle degli urbani che tutt’oggi possiamo prendere in città: motore posteriore (ancora collocato sotto il pavimento e non trasversale), soglie di accesso abbassate, predilezione per i posti in piedi. Ma nello stesso periodo Iveco subisce la concorrenza interna del consorzio Inbus, nato dall’unione di imprese che, fino al decennio precedente, carrozzavano per Fiat, che produce il Siccar 176/U210, così

Sia davanti che dietro l’Effeuno è caratterizzato da due fasce inferiori paraurti verniciate di materiale sintetico nero. Sotto lo sportello nervato trova posto il motore lato distribuzione. Tutti gli Urbani si riconoscono per la portiera posteriore, assente sui suburbani.

come la Menarini di Bologna che lavora sul progetto Monocar 201. A risolvere la situazione a favore di Iveco, ci penserà il nuovo Capitolato Federtrasporti presentato nell’ottobre 1979 e applicato nel maggio del 1981, un documento contenente 237 requisiti base (generali di fornitura, meccanica, carrozzeria, impianto elettrico) richiesti al produttore, così come già fanno le singole aziende municipali e locali ma questa volta unificato e sottoscritto dalle varie amministrazioni. Se di fronte a questo i concorrenti saranno costretti ad adeguare le proprie proposte, Iveco, a partire dal 1982, si metterà al lavoro su un progetto totalmente inedito: Effeuno, sigla che non richiama il succitato capitolato “Federtrasporti 1”.

GIUGIARO

Il progetto avrebbe portato alla creazione di una grande famiglia di autobus, la prima nata rispettando il protocollo F1, composta infatti, come richiesto, da un modello urbano (471 U-Effeuno), suburbano (571 S-Effeuno), entrambi giallo arancio, colore già noto nel trasporto locale italiano a partire dagli anziani 418, e interurbano (671 I-Effeuno), in azzurro; saranno tutti disponibili, secondo gli allestimenti (come vedremo tra poco) nelle lunghezze di 10,6 metri (nuova misura da capitolato F1 che uniforma le precedenti 10 e 11 metri), 12 metri (già del 421) e autosnodato da 18 metri, con diverse configurazioni di portiere/finestrini e un numero variabile di posti a sedere; ma, per rendere subito ben identificabile i nuovi autobus, Iveco - per lo meno gli esemplari carrozzati “in casa” - decide di caratterizzarli con un design incisivo, moderno e, piuttosto d’impatto, che viene affidato a Giorgetto Giugiaro (in collaborazione col Centro Stile Iveco di Ulm). È la prima volta che lo stilista piemontese si confronta con un autobus di grande serie ma le carte a suo favore, sono quelle già giocate per vetture appena progettate, soprattutto per Fiat e destinate a grande successo (Lancia Delta, Fiat Panda): linea funzionale alla compattezza e alla leggerezza all’esterno, allo spazio e al confort di occupanti e bagagli all’interno. Ne scaturirà un design spigoloso e molto squadrato, con tetto, fiancate e coda perfettamente dritte e frontale dotato di un enorme parabrezza leggermente spiovente (caratteristica presente anche nei precedenti 418, 421 e 470 seppur in maniera molto più accentuata), con la tipica incassatura inferiore che ospita i proiettori, la grande scritta maiuscola della Casa e funge anche da paraurti, essendo rivestita da un materiale plastico nero grezzo. Completano l’opera i lunghi e stretti finestrini che rivestono i cantonali anteriori dando luminosità all’abitacolo e rendendo più dinamico il profilo frontale. Gli interni seguono lo spirito funzionalistico ed essenziale dell’esterno, anche se il posto conducente offre un confort nettamente superiore ai modelli del passato, migliorando la qualità e l’attenzione nella guida.

COME DA CAPITOLATO

Meccanicamente le varie carrozzerie poggiano su un classico telaio derivato da quello del 470, a longheroni e traverse, due assi (posteriore con ruote gemellate) con ruote 305/70-R22.5, motore posteriore longitudinale sotto il pavimento e gli impianti sospensivi e di frenatura pnueumoidraulico e pneumatico. I propulsori disponibili sul mezzo saranno due 6 cilindri in linea di derivazione Unic/Fiat della serie 8220, il “tipo 12” aspirato di 9572 cm³ da 203 CV a 2600 giri/min per Urbano e Suburbano, abbinato a cambi automatici Voith Diwa 851.2 a 3 rapporti o ZF 4HP 500 a 4 rapporti, oppure il “tipo 32” sovralimentato da 240 CV, abbinato al cambio automatico Voith Diwa 854 G4N (con rapporti più lunghi per raggiungere velocità più elevate, utili nei tratti a scorrimento veloce fuori dalle città), per Interurbano e per le versioni autosnodate da 18 metri di tutti e tre gli allestimenti.

Il frontale dominato dal grande parabrezza che dona luminosità a tutto l’abitacolo. Lo stemma Iveco, nei primi anni di produzione, è affiancato da quello Fiat. Urbano e Suburbano si distinguono per il numero di portiere (sempre “a libro” da 4 elementi per coppia, collocate a destra), 3 per il primo (a richiesta 4 con 2 centrali per 12 metri), 2 per il secondo (a richiesta 3 con 2 centrali per 12 metri ma mai disponibile quella posteriore) e per la disposizione - e, di conseguenza - il numero di sedili, 20 seduti e 85 in piedi per la versione urbana da 10,6 metri (471.10.20 ossia il modello, la lunghezza in metri e la potenza in CV senza l’ultimo zero) o 22/23 seduti (20/21 con 4 porte) 93/92 in piedi (95/94 con 4 porte) per quella urbana da 12 metri (471.12.20), 36 seduti e 54 in piedi per la versione suburbana da 10,6 metri (571.10.20) o 41 seduti (40 con 3 porte) 61 in piedi (60 con 3 porte) per versione da 12 metri (571.12.20). l’Interurbano si riconosce, oltre che per la livrea azzurra, per le due portiere a espulsione a battente largo singolo e interni a 4 file di sedili imbottiti e con braccioli, per un totale di 55 posti seduti e 29 in piedi. Il Suburbano Iveco sarà disponibile solo con carrozzeria da 12 metri (671.12.24), mentre SEAC ne produrrà qualche esemplare da 10,6 metri. La maggior parte della produzione (ben 2563 esemplari costruiti nel nuovo stabilimento campano di Valle Ufita tra la fine del 1983 e il 1990) sarà assorbita dal modello Urbano (2075 esemplari), come quello del nostro servizio, che fa parte della flotta storica della ditta dei Fratelli Di Fonzo di Lanciano (CH) (della quale abbiamo parlato nel numero di ottobre 2020 de La Manovella): dopo due decenni di onorata carriera, è ora conservato come se avesse finito ieri il suo servizio ordinario, affianco al predecessore 470.

Il posto guida in una foto diffusa dall’ufficio stampa Iveco al lancio. La batteria di strumenti collocata sopra il posto di guida. Da sinistra temperatura liquido refrigerante, indicatore livello carburante, i barometri degli impianti pneumatici sospensivo e frenante e gli indicatori della temperatura e della pressione olio motore. L’abitacolo dell’Urbano 10,6 metri ha 20 posti a sedere e 85 in piedi. Dettaglio del pannello spie avarie e avvisi relative ai sistemi pneumatici e idraulici e ad altri organi del veicolo. La pulsantiera per aprire e chiudere le portiere durante le fermate.

Il 471 Effeuno (a sinistra), fotografato insieme al suo predecessore, il 470.

Da sinistra, le versioni interurbane I-Effeuno (671.12.24) si riconosco per la livrea azzurra e le due portiere singole. All’interno spiccano sedili imbottiti mentre il motore è quello sovralimentato da 240 CV. Nell’immagine un esemplare costruito dalla SEAC/Viberti e gestito dalla Satti di Torino (foto Alessandro Frola). Il S-Effeuno ex SAAMO di Ovada (AL) di Claudio Bellini, totalmente restaurato (foto C. Bellini). Un Urbano autosnodato da 18 metri (471.18.24) della ATM di Milano prodotto dalla Mauri di Desio. Un Suburbano Portesi ex ATC-VVB di Bolzano (foto C. Bellini).

UNA DIFFUSIONE CAPILLARE

Oltre alla produzione interna di Valle Ufita, a carrozzare gli Effeuno saranno la SEAC/Viberti, la Macchi, la Portesi, la Mauri, la CAM Autodromo e la Minerva, alle quali va aggiunta la Socimi (Società Costruzioni Industriali Milano) che realizzerà dei modelli filobus con accumulatori Magneti Marelli. A differenze che in passato però, le interpretazioni su tale telaio sono molto simili esteticamente al progetto Iveco: per esempio, tutti manterranno il parabrezza spiovente e i vetri lunghi ai cantonali, mentre gli elementi che varieranno maggiormente sono la forma del tetto e la zona per le tabelle numeriche di percorso. L’azienda che maggiormente baserà il suo servizio urbano e suburbano sui nuovi Effeuno sarà la romana ATAC (quasi tutti Fiat tranne un’unità Portesi e due Minerva) seguita dalla ATM di Milano (Fiat, Macchi e Mauri) mentre, per “coerenza territoriale” (i mezzi sono costruiti negli stabilimenti di Nichelino), la ATM di Torino sceglierà per la maggior parte SEAC/ Viberti (pressoché identici ai Fiat, se non nella curvatura del tetto e al posteriore per una grigliatura diversa e una leggermente differente disposizione della fanaleria), nei soli allestimenti Urbano e Interurbano (questi ultimi sarebbero poi passati a Satti); molti esemplari della carrozzeria piemontese saranno scelti anche dalla genovese AMT. L’Effeuno avrebbe radicalmente cambiato il panorama italiano dei trasporti pubblici locali, tanto che dal suo progetto sarebbero nati i successivi TurboCity e TurboCity R, praticamente identici nel design ma con motore trasversale e, concettualmente, i più moderni CityClass, alcuni ancora attivi regolarmente.

Si ringrazia Claudio Bellini, autore di una monografia sul modello, disponibile sullo store youcanprint.it

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