CIO’ DI CUI L’OCCHIO NON POTRA’ MAI SAZIARSI
Eleonora Fiorani
Il libro d’artista, che accompagna la civiltà del libro, ha l’importanza che hanno avuto le riviste e i manifesti delle Avanguardie, a cui del resto è stato fortemente connesso e di cui è stato espressione, ma ne segna contemporaneamente la distanza, per il suo assumere connotati più intimi di compimento di una poetica, di sperimentazione di linguaggi, o anche di esplorazione di soglie dimenticate, piuttosto di quelli del manifesto. E può essere più importante di una mostra o sostituirla o ad essa può presiedere e farne parte integrante, mentre rimane opera compiuta ma sempre aperta a nuove interrogazioni o sviluppi. Condensa l’aspetto più profondo e concettuale della ricerca artistica, e può diventare il filo unitario che collega la sperimentazione e l’ibridazione delle tecniche, la plurivalenza di ricerche e opere apparentemente tra loro diverse o lontane, o essere il filo rosso, sempre aperto, rivisitato, problematico e messo in questione, per andare oltre. Ne è una premessa la valigia-museo della Boite-en-Valise di Duchamp, per la struttura non-lineare del racconto e la struttura aperta della valigia che elimina le barriere tra un lavoro e un altro (modellini tridimensionali dei suoi lavori più famosi così che se ne possa cogliere l’unità): una valigia da venditore poi replicata in venti esemplari firmati Rose Sélavy (1-2).
(1) Marcel Duchamp Valigia Museo, Boite-en-Valise, 1941 Valigia contenente 69 copie in miniatura ed una originale Marcel Duchamp Box in a valise, Boite-en-Valise, 1941 Suitcase with miniature Brown leather valise with handle containing sixty-nine miniature replicas and printed reproductions and one original
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Contemporaneamente, e soprattutto ora con l’avvento delle nuove tecnologie, del web, è domanda aperta sulla fine di un’epoca, quella della modernità di cui della “civiltà del libro” è la parte più profonda che contrassegna il modo d’essere dell’Occidente e ha un ruolo centrale nell’astrazione, nei nuovi stili dell’arte e nell’affermazione stessa dell’ “autore” e dell’autonomia dell’opera rispetto all’iconologia dei poteri. E, a ben guardare, ha nutrito nel suo seno gli attuali sviluppi delle tecnologie informatiche, i nuovi alfabeti per lo schermo e le nuove scritture, in cui ritornano in campo e modificano in profondo anche il modo d’essere del libro le forme arcaiche della comunicazione per immagini che accompagnano la storia dell’uomo già dal paleolitico con i suoi mitogrammi, cui è consegnato il sapere e la trasmissione della comunità, e i suoi riti. E del resto, quando nasce il moderno? Anche se si può giungere, come fa Latour, a dire che non siamo mai stati moderni! La storia è troppo complessa perché siano visibili cesure nette e diamantine continuità; in essa crisi, ristrutturazioni e ritorni sono facce di uno stesso evento. Così in essa valgono i molti tempi ed è fatta di tante storie. Sono aspetti questi che, insieme al recupero della manualità, caratterizzano e segnano la storia del libro d’artista nella riflessione che l’arte contemporanea conduce su se stessa e sulla sua crisi di identità, sulle sue scorie e sui suoi resti. La cosalità del libro, la sua valenza tattile, oltre che visiva, il suo parlare a tutti i sensi, a monte e indipendentemente dal suo essere contenitore di pensiero e idee, è ciò su cui sempre l’arte ha posto la sua attenzione. Lo stesso segno scritto, del resto, non si origina come traduzione della parola, ma in un modo autonomo dal visivo, è disegno che viene originariamente dall’incidere e dall’osservazione delle impronte: è riconoscimento della traccia e imposizione della propria impronta. Vale in sé come puro significante che non ha necessariamente bisogno per esistere del significato o del concetto per essere un’apparizione sciolta da ogni costrizione. Così che possiamo dire che l’uomo sapeva “scrivere” prima di saper parlare e “leggere” prima di saper scrivere. E natura corporalmente tattile hanno i diversi materiali che sono serviti come supporti della scrittura: dal corpo alla pietra, ai tessuti, ai materiali cartacei a seconda dello spessore, della patina, della porosità. E lo hanno le tecniche che li hanno accompagnati, in un continuo ritornare a interrogare e a far propria la natura “materiale” ed “estetica” dell’oggetto libro che più che da vedere o da leggere è da toccare e da ascoltare nel silenzio in cui può ancora risuonare l’incanto e la magia del segno e della stessa parola, in un oggetto che ci dice e ci somiglia anche nel suo carattere effimero e che, tuttavia, non cessa di sopravvivere e ritornare e trasformarsi, acquisendo nuovi sensi.
WHAT THE EYE WILL NEVER BE SATIFY Eleonora Fiorani
Artists’ books, that walk hand-in-hand with the book culture, are just as important as the magazines and manifestos of the Avant-garde movement. The former were, in fact, closely linked to the movement and one of its expressions. Nevertheless, they also differ from the latter because their features are more intimate than those of the manifesto, in as much as they fulfil the principles of poetry, experiment with languages or explore forgotten thresholds. They can be more important than an exhibition or even replace it. They can preside over an art show and become integral parts of it, while remaining finished artworks that are still open to new queries or developments. They are the essence of the deepest and most conceptual aspect of artistic research and can become the unitary thread that connects experimentation with hybridization of techniques, multivalence of researches with seemingly different or distant artworks. Then again, they can become the permanently open, reconsidered, problematic recurring theme that is questioned, and then superseded. Due to the non-linear structure of the story and the open structure of the suitcase, that eliminates any division between one work and the next (consisting in small 3D reproductions of his most famous works so that one can perceive its unity), Duchamp’s Boite-en-Valise “museum in a suitcase” gives us a taste of this. It is a salesman’s suitcase that was subsequently replicated in twenty 12
copies by Duchamp’s pseudonym, Rose Sélavy (1-2). At the same time, and especially now with the advent of new technologies including internet, an open question is posed concerning the end of an age, the age of modernity of which the “book culture” represents the deepest aspect that distinguishes the way of life of the western world and has a central role in abstraction, in new art styles and in the actual assertion of the “author” and of the independence of artworks from political iconographies. At a closer examination, the “book culture” has also fostered current developments in information technology, new screen alphabets and new symbols, in which ancient forms of communication such as the visual art that accompanied the history of Man as far back as the Palaeolithic age with its mythograms have made a comeback and have deeply modified the actual essence of books as such, with their role of recording the knowledge and the rituals of a community. Come to think of it, when did modern art begin? After all, one could even come to the same conclusion as Latour who said that we have never been modern! The history of art is too complex for rifts, disagreements or consistencies to become manifest; in its (2) unified course, crises, reorganisations and comebacks are all faces Boite-en-Valise, 1909 of the same coin. It is made up of many times and of many histoPagina pubblicitaria di un beauty case, ries. These aspects, together with the recovery of manual skills, fonte d’ispirazione per la Boite-en-Valise characterise and mark the history of the artist’s book in the course Boite-en-Valise, 1909 of the investigation that contemporary art is conducting on itself, Newspaper page of a Trousses de toilette, on its identity crises, on its refuse and on its remains. source of inspiration for the Boite-en-Valise The intrinsic qualities of books, their tactile, as well as visual, value, the fact that they interact with all our senses prior to and independently of their being receptacles of thoughts and ideas, are the aspects on which art has always focused. After all, originally a symbol was not created to translate a word but to represent what people saw. It was a drawing that originated from carvings and from observing footprints and tracks: it represented the recognition of such tracks and the imposition of one’s own footprint. It had a value of its own, it was a pure signifier that didn’t necessarily require a meaning or a concept to exist, to be an apparition without any compulsion. Consequently, we can say that Man knew how to “write” before learning how to speak, how to “read” before learning how to write. The many materials that have been used to write on have, in fact, a materially tactile nature: from the body to stone, from fabrics to paper materials of different thicknesses, with different coatings and porosities. The same applies to the techniques that have been used, that go back again and again to question and capture the “material” and “aesthetic” nature of books which, over and above being looked at and read, must be listened to in silence. A silence in which the enchantment and magic of the symbol and of the word can still resound in an object that talks to us and resembles us even because of its fleeting nature and which, nevertheless, continues to survive and come back transformed and with a new meaning.
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LA DISERZIONE DELLA SCRITTURA
Marcello De Blasio
Adesso è fatta ho fatto l’immagine (S. Beckett, L’immagine) Comprendere un’opera d’arte non è mai un atto immediato. Ogni produzione artistica, una volta realizzata, è avvolta da un senso di solitudine e di mistero. Essa è già distante dal suo creatore; non è mai compiuta nel suo significato, mai definitiva nel suo essere presente: è una specie di evento che eccede il mondo del suo autore, diventandone in qualche modo estranea. Se definire l’arte è, di fatto, un’impresa interminabile, possiamo almeno coglierne una caratteristica essenziale: la sua apertura. D’altro canto, bisogna considerare tutti i casi in cui un’opera d’arte non è veicolo di un messaggio, e non nasconde un senso precisamente voluto da chi l’ha realizzata. È importante liberarsi dall’idea che la realtà artistica sia abitata esclusivamente da creazioni significanti, ricche, cariche di contenuto. Talvolta un quadro, una scultura, un libro, sono il risultato di un gesto impersonale, spontaneo, privo di intenzioni definite. Non per questo l’esito è meno valido, al contrario, esso si impone ancora di più con il suo silenzio, lasciando allo spettatore il compito di farsi toccare da qualcosa che non è un senso definitivo. Questa premessa è d’obbligo quando si ha il compito di interpretare e descrivere un’opera d’arte. Lo spettatore, il critico, quando parla di arte, deve prima di tutto tener conto del carattere di apertura dell’arte stessa; qualsiasi pretesa di riduzione dell’opera a un significato totalizzante è in contraddizione con tale apertura essenziale. Nel tentativo di comprendere un determinato tipo di forma artistica (ma questo può valere per tante forme della cultura umana, come ad esempio il linguaggio), spesso si cerca di determinarne le origini storiche e le sue molteplici evoluzioni nel tempo. Identificare gli iniziatori di una certa corrente stilistica, così come seguire la progressione di una precisa forma d’arte, aiuta, se non a comprendere, quantomeno a farsi un’idea di ciò che ci troviamo a studiare. Twentysix Gasoline Stations (3) di Edwward Ruscha, viene quasi unanimemente considerato come uno dei primi libri d’artista del ‘900. Pubblicato nel 1963, esso consiste in una serie di 26 fotografie raffiguranti alcuni distributori di benzina che l’autore ha immortalato durante i suoi viaggi lungo la Route 66. Il fatto che un libro diventi di per sé una forma d’arte è qui evidente nel suo essere veicolo e contenitore di fotografie, e non di parole e messaggi scritti. Esso, in quanto libro, è una forma d’arte. Ruscha, infatti, dichiarò in un’intervista del 1965 di aver “eliminato ogni testo” dal libro. E prosegue: “Voglio un materiale assolutamente neutrale […], il mio libro assomiglia più a una collezione di ready mades”. Tuttavia, potremmo andare ancora più indietro nel tempo. Già i futuristi avevano dato vita ad alcuni libri d’artista, i più noti dei quali furono il cosiddetto Libro Bullonato di Fortunato Depero (concepito nel 1927 con il titolo Depero futurista) e il celeberrimo Zang Tumb Tumb (1914) di Marinetti, opera letteraria composta da differenti caratteri tipografici e da parole di varie grandezze, affinché la lettura fosse accompagnata dalla sensazione di movimento e dinamismo. (3) La rigidità della forma scritta tipica della cultura passata neEd Ruscha cessitava di una completa rivisitazione, di una totale alterazione, al fine di rendere la parola veloce, Twentysix gasoline stations, 1963 14
immediata e carica di vitalità. Ancora prima, alcuni critici pongono William Blake come primo autore di un libro d’arte. Egli pubblicò, verso la fine del 1700, una raccolta di poesie dal titolo Songs of Innocence and of Experience: Shewing the Two Contrary States of the Human Soul, e il libro conteneva illustrazioni, rilegature e incastri di immagini e parole realizzati dallo stesso Blake. Il testo, insomma, non era soltanto una raccolta di poesie, bensì un oggetto artistico a tutti gli effetti in quanto ricco di elementi estetici, oltre che letterari. Sempre in campo letterario, troviamo un’altra opera che non viene generalmente citata ma che rappresenta, tuttavia, un documento particolarissimo e significativo nel genere di libro d’arte. (4) La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo, Fortunato Depero Fortunato Depero scritto da Laurence Sterne tra il 1760 e il 1767, è un testo Libro Bullonato, 1927 Bolted Book, 1927 letterario che scardina un’intera tradizione romanzesca e che sembra anticipare lo stile e le caratteristiche del romanzo modernista. Assieme alla narrazione alquanto bizzarra e pittoresca, Sterne inserisce nel libro pagine nere, pagine bianche, pagine “marmoree” con marezzature stampate, nonché simboli e disegni che si inseriscono tra i vari capitoli e i vari paragrafi. Quello di Sterne, dunque, non è soltanto un romanzo unico dal punto di vista narrativo, con la sua mancanza di trama e di coerenza descrittiva, bensì una vera e propria opera d’arte, un libro che non solo si può leggere, ma anche guardare ed ammirare per le sue componenti estetiche. Comunque, seguendo tale impostazione storica, non dovremmo fermarci qui. Di fatto, il libro d’arte, almeno inteso come oggetto non unicamente veicolo di linguaggi verbali, affonda le sue radici molti secoli addietro.
(5) William Blake Songs of Innocence and of Experience: Shewing the Two Contrary States of the Human Soul, 1789 Cover and pages 5 - 42
William Blake Songs of Innocence and of Experience: Shewing the Two Contrary States of the Human Soul, 1789 Copertina e illustrazione pag 5 e pag 42
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(6) Laurence Sterne La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo Pagine tratte dal libro, 1789
Laurence Sterne The life and opinions of Tristram Shandy, gentleman Some pages in the book, 1789
Già nei primi secoli dopo Cristo furono creati libri a carattere religioso incredibilmente abbelliti da immagini, miniature, decorazioni, illustrazioni, che li rendevano più simili a quadri che non a semplici testi scritti. Tutto questo dimostra che il libro d’artista ha effettivamente una lunghissima storia alle sue spalle, e che il tentativo di stabilirne l’origine è più arduo di quello che si pensa. Il fatto è che il libro non è mai stato soltanto semplice forma, delegando al suo contenuto scritto l’importanza assoluta. Esso ha sempre rappresentato anche un potenziale estetico. Lascerei però da parte gli anni così lontani della sua storia, per focalizzare l’attenzione sull’arco di tempo che va dagli ultimi anni del XIX secolo ai primi decenni del XX secolo. Proviamo a mettere da parte la dimensione puramente estetica del libro d’artista, al fine di esaminarne al meglio l’elemento scritto. Quello che vorrei proporre, per dare un contributo all’interpretazione del libro d’artista, è di passare al rapporto tra linguaggio e immagine. Nel 1897, sulla rivista Cosmopolis, appare una poesia a dir poco sconcertante, ma a lasciare attoniti i lettori non è il contenuto della poesia, non solo almeno, bensì la sua forma. Le parole si susseguono in modo dinamico e disarticolato come se piovessero sulle pagine, o come se andassero a formare una scala dai gradini dissestati, lasciando il lettore confuso. Il titolo, stampato a grandi caratteri, si estende lungo tutto il poema sovrastandone i versi a pagine alterne: Un colpo di dadi non abolirà mai il caso, composto da Mallarmé, è uno dei primi esempi di poema tipografico. Qui la forma è anche contenuto, la struttura viene completamente alterata, e la poesia inizia a diventare corpo. L’architettura classica della poesia si incrina, il foglio su cui essa viene costruita diventa un campo di possibilità infinite, nel quale la scrittura prende vita e modifica la sua impostazione antica. Mallarmé va letteralmente fuori dalle righe: abolisce le strofe, abolisce i versi, e le parole si sgretolano sul foglio come se fossero davvero emerse da un lancio di dadi. La poesia si conclude con la frase: “Ogni pensiero emette un colpo di dadi”. E, assieme al pensiero, il lancio dei dadi segna l’inizio di una rivoluzione all’interno della scrittura che la porterà ad oltrepassare incessantemente i suoi limiti in virtù dell’immagine. Tuttavia, bisogna aspettare il 1918 affinché un intero libro sia dedicato alla poesia tipografica. Siamo sempre in Francia, e Guillaume Apollinaire pubblica Calligrammi, una raccolta di componimenti poetici composti non da strofe, ma da immagini. Apollinaire unisce in maniera indissolubile la forma con il suo contenuto, cosicché quest’ultimo possa esprimersi non soltanto attraverso il significato, bensì anche con la struttura che lo manifesta. L’immagine composta dai versi indica ciò che essi contengono: l’estetica delle parole è, oltre che fonetica, anche visiva. Così, la poesia dal titolo Piove sarà composta da un insieme di versi che colano verticalmente sulla pagina, ad imitazione della caduta dell’acqua; oppure, un orologio e una cravatta rappresentati tramite le parole 16
(7) Stephane Mallarmè Poesia visiva Un Colpo di Dadi non Abolirà mai il Caso, 1897 Stephane Mallarmè Figurative poem A throw of dice will never abolish chance, 1897
andranno a completare la poesia La cravatta e l’orologio. Calligrammi è un’opera letteraria dove le poesie diventano forme d’arte in quanto sono architetture scritte. Secondo le parole di Apollinaire, “un calligramma è un insieme di segno, disegno e pensiero. Rappresenta la via più corta per esprimere un concetto e per obbligare l’occhio ad accettare una visione globale della parola scritta”. Ormai il linguaggio non si accontenta più di riempire le pagine di verso in verso, strofa dopo strofa. La scrittura ha senso solamente quando eccede i suoi limiti per trasformarsi nell’immagine di ciò che veicola. Il significato delle parole diventa visibile, sensibile, estetico. E questo processo sarà irreversibile, inarrestabile. La scrittura ha superato i suoi limiti. Il libro non è più contenitore di un linguaggio classico, bensì opera che racchiude una potenza estetica volta a rompere i confini del linguaggio stesso. Negli stessi anni in cui Apollinaire pubblicò Calligrammi, un altro scrittore stava componendo quello che sarebbe diventato il libro-opera, una creazione letteraria senza precedenti, dove la parola scritta si moltiplica indefinibilmente senza possibilità d’arresto. In Irlanda, a Dublino, James Joyce sta lavorando instancabilmente alla sua grande opera – l’Ulisse, ovviamente – non senza incontrare numerose difficoltà di
pubblicazione a causa di svariati problemi di censura. Nonostante la mole del libro (che supera le mille pagine), la vicenda si svolge nell’arco di tempo di una sola giornata, ma questa singola giornata contiene un mondo intero. Quando leggiamo l’Ulisse abbiamo l’impressione di leggere l’universo nel suo insieme. Si è soliti evidenziare l’utilizzo del flusso di coscienza come la tecnica privilegiata di Joyce, ma chi è arrivato fino in fondo al libro sa bene che tale forma linguistica occupa solamente alcuni capitoli. La grandezza dell’opera di Joyce risiede nel contemplare tutte le possibili forme e combinazioni della scrittura; non manca nessuno stile, il linguaggio deflagra in molteplici livelli, dallo stile classico allo stile epico, dalla sceneggiatura teatrale al già citato flusso di coscienza, per non parlare degli innumerevoli neologismi e del massiccio utilizzo dell’onomatopea. Insomma, qui la scrittura si srotola e si espande come una galassia, senza contemplare limiti né battute d’arresto. È difficile definire l’opera di Joyce un romanzo: essa è, a tutti gli effetti, un vero e proprio “libro infinito”. L’Ulisse ha chiaramente un inizio e una fine, ma questi sono dati solamente dalla necessità formale dell’oggetto, in quanto libro scritto in vista di una pubblicazione. Concretamente, (8) l’unico inizio e l’unica fine sono sanciti dalla copertina cartacea. È come se il libro compiuto e pronto per essere dato alle stampe non fosse il vero Ulisse. Questo è, piuttosto, un processo di proliferazione infinita della scrittura, dove la forma assume tutte le sue declinazioni possibili, e 17
Guillaume Apollinaire Il pleut tratta da Calligrammes, 1918 Guillaume Apollinaire Il pleut in Calligrammes, 1918
(9-10) Andrè Breton
Nadja, 1928
Copertina ed alcune pagine Andrè Breton Nadja, 1928 Cover and some pages
(9) dove ogni aspetto del mondo trova la sua rispettiva parola scritta. Joyce ha dato vita a un’opera letteraria nella quale l’estetica è importante tanto quanto il contenuto simbolico e concettuale. Sfogliando quell’opera mondo che è l’Ulisse, noi veniamo stravolti prima di tutto dalla disposizione delle parole, nonché dalla potenza fonetica delle stesse. Molte pagine assomigliano quasi a un dipinto. Come scrisse Beckett nella sua prefazione al Finnegans Wake, “qui la forma è il contenuto, il contenuto è forma. Mi si opporrà che questa roba non è scritta in inglese. Non è scritta affatto: non è fatta per essere letta – o meglio, non è fatta solo per essere letta. Bisogna guardarla, ascoltarla: la scrittura di Joyce non è un componimento su qualcosa: è quel qualcosa”. Moltissime pagine dell’Ulisse si leggono e si osservano contemporaneamente. La disposizione delle frasi, la forma delle parole, il modo in cui la scrittura va a strutturare il libro, pongono lo spettatore di fronte a una sorta di quadro scritto. L’opera letteraria non è più solamente narrazione, storia, descrizione: essa diventa arte, poiché la scrittura ha sempre più un valore estetico, e il linguaggio stesso si trasforma in immagine. Potremmo citare altri casi in cui, nel ‘900, opere letterarie sono state “contaminate” dall’inserimento di fotografie ed immagini, nel tentativo di rendere evidente il rapporto sempre più stretto tra parola scritta ed estetica
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visiva. Ad esempio, soltanto pochi anni dopo la pubblicazione dell’Ulisse, Breton scrive Nadja (1928), un libro che alterna pagine scritte a pagine dedicate alla rappresentazione di disegni e fotografie. Questo esperimento è stato ripreso nella seconda metà del ‘900 da W. G. Sebald, il quale concepisce il romanzo come unione indissolubile tra scrittura e fotografia (9-10). Ad ogni modo, al di là di tutti i possibili esempi che possiamo prendere, ciò che è importante notare è il fenomeno di decentramento del libro. Da Mallarmé a Joyce, assistiamo al progressivo fuoriuscire della scrittura dai suoi limiti; il libro non è più contenitore di un linguaggio formale, ma il luogo dove la parola scritta eccede i suoi confini. Oggi, nel tentativo di analizzare i libri d’artista, dovremmo considerare più attentamente questo fenomeno di sbriciolamento della scrittura. Si tratta di un evento, infatti, che segna il passaggio dal libro come veicolo di un linguaggio scritto al libro come opera d’arte. È come se la parola scritta sconfinasse con la potenza visiva dell’immagine: le immagini interiori che un libro ci trasmette, con tutte le sue sensazioni e tutti i suoi messaggi, diventano concrete e visibili; il mondo trasportato dalla scrittura oltrepassa il medium della parola per diventare oggetto estetico. Alcuni lavori di Eleonora Valsecchi (11), ad esempio, sono incentrati sul rapporto fra la trama del libro e la sua manifestazione estetica. In particolare, un libro d’artista da lei realizzato prendendo spunto dal romanzo Uomini e Topi di Steinbeck, consiste in un insieme di aeroplanini di carta che si abbattono contro il muro dopo essere usciti dalle pagine del libro. Sullo stesso piano lavora anche Su Blackwell (12). Ispirandosi a un capitolo o a una pagina di un libro, ne ricava una complicatissima scultura (realizzata tramite le pagine dello stesso) che completa a livello visivo il paesaggio mentale che ci formiamo leggendo il testo scritto. L’evoluzione del libro d’artista sembra, infine, mirare al raggiungimento del carattere estetico-concettuale puro a discapito della scrittura. Sculture, installazioni, ibridi composti da libri e oggetti eterogenei, fanno prevalere l’idea del libro come oggetto d’arte ormai sradicato dal contesto del linguaggio. Forse, il tentativo della scrittura di mescolarsi con l’immagine sancisce la dissoluzione della prima in virtù del carattere visivo. Una traccia di questa sparizione è data dal percorso artistico di Emilio Isgrò (13), secondo il quale il peso delle cancellature è più significativo della parola scritta. Il Libro cancellato esprime l’inquietante importanza della negazione della scrittura. E tutto questo non dovrebbe soltanto spingerci a comprendere sempre più a fondo il fenomeno del libro d’artista, bensì dovrebbe porre un quesito ancor più radicale, ovvero che cos’è il libro. Non tanto quel testo letterario determinato, o quel documento storico, e nemmeno il trattato filosofico o il componimento poetico: che cos’è il libro come evento nella storia dell’uomo, perché accade, quale significato nasconde il singolare gesto della scrittura. Nel frattempo, mentre questa domanda resta aperta, abbiamo almeno esaminato come il libro e la scrittura si modifichino in vista dell’immagine. Dal poema di Mallarmé al libro infinito di Joyce, l’accelerazione della scrittura non conosce più limiti, finché il rapporto tra parola e immagine diventa così stretto da rendere il libro sempre più estetico, sempre più artistico. D’altro canto, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, una frattura si estende lungo il processo artistico dell’uomo. Il pensiero e le sue forme d’espressione subiscono uno stravolgimento radicale, e i confini del mondo diventano talmente incerti da rendere incerti anche i confini stessi dell’arte. Il libro d’artista è un altro esempio di come una forma di espressione, in questo caso la scrittura, arrivi a un punto di diserzione, dove i limiti imposti dalla tradizione vengono infranti, e le strutture classiche completamente alterate. La parola scritta ha compiuto tale diserzione in virtù di una commistione con l’immagine. Il libro, dimora della scrittura, diventa opera d’arte, oggetto estetico. Non esiste arte se non nella costante frattura dei suoi confini.
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THE DESERTION OF TEXT Marcello De Blasio
Now it’s done I’ve done the image (S. Beckett, The Image) One can never understand a work of art at a first glance. Once completed, every artwork is shrouded with a sense of loneliness and mystery. It is already far away from its creator; its meaning is never complete, its presence never final: it’s a sort of happening that goes beyond its author’s world, becoming somewhat alien to it. Although defining art is a never-ending feat, we can at least grasp one of its essential features: its boundlessness. On the other hand, we must consider all the incidences in which an artwork neither conveys a message nor conceals a precise meaning established by the artist. It is important to abandon the idea that the art world consists exclusively of meaningful creations that are full of content. Sometimes a painting, a sculpture or a book results from an impersonal, spontaneous action that has no specific intention. This detracts nothing from its worth. On the contrary, its silence makes it stand out even more, while giving the spectator the task of letting himself be moved by something that differs from a definitive meaning. This introduction is essential for a person who has the task of interpreting and describing a work of art. When talking about art, a spectator or a critic must first of all keep in mind its boundless nature; any claim to give an artwork a totalising meaning contradicts its essential boundlessness. In attempting to understand a specific type of art form (but this is also true of many aspects of human culture, such as language for instance), one often tries to determine its historical origins and its many developments over time. By identifying the initiators of a certain stylistic trend or following the progression of a specific art form, one is at least helped, if not to understand, at least to get a general idea of the subject being studied. Twentysix Gasoline Stations (3) by Edward Ruscha is almost unanimously considered one of the first artists’ books of the 20th century. Published in 1963, it consists of 26 photographs portraying some gasoline stations that the author photographed during his journeys along Route 66. In this case, the fact that a book can become an art form in itself is clear because this book is both a medium
(11) Eleonora Valsecchi Uomini e topi, 2014
Eleonora Valsecchi Uomini e topi, 2014 20
and a container of photographs, not of words or written messages. It’s an art form because it is a book. In fact, Ruscha, in an interview in 1965, declared that he had “completely eliminated the text” from his book. He went on to say: “I want totally neutral material […], my book looks more like a collection of ready-mades”. Yet, we could go even further back into the past. Futurists had already created some artists’ books. The most famous were the so-called Libro bullonato (bolted book) by Fortunato Depero (4) (created in 1927 with the title Depero futurista) and the ultra famous Zang Tumb Tumb (1914) by Marinetti, a literary work composed using various typefaces and different-sized words to convey a feeling of movement and dynamism to the reader. The rigid form of writing typical of the former culture had to be completely (12) made over, totally changed in favour of quick, immediSu Blackwell Su Blackwell ate words that were full of life. Going back even further Alice: a mad tea party, 2007 Alice: a mad Tea party, 2007 in time, some critics consider William Blake (5) to be the first author of an artist’s book. Towards the end of the 18th century he published a collection of poems called Songs of Innocence and of Experience: Shewing the Two Contrary States of the Human Soul. The book contained illustrations, bindings as well as images and words merged by Blake himself. In other words, the text was not just a collection of poems; it was an artistic object in all respects because it was overflowing with aesthetic elements as well as literary ones. Without straying from the field of literature, there is another work that isn’t usually mentioned but is still a very original and significant document of the artists’ book genre. The Life and Opinions of Tristram Shandy, Gentleman, written by Laurence Sterne between 1760 and 1767 (6), is a literary text that demolishes the whole romance tradition and seems to anticipate the style and characteristics of the modern novel. Together with the rather bizarre and picturesque story, Sterne adds black pages, white pages and “marbled” pages with mottled prints as well as symbols and drawings that were inserted between the various chapters and paragraphs. Therefore, Sterne’s novel was not just unique from a narrative viewpoint because of its lack of a plot and of descriptive consistency; it was a real work of art, a book created not only to be read but also to be looked at and admired for its aesthetics. Continuing along our historical path we cannot stop here. The roots of the artist’s book, at least intended as an object that doesn’t just convey verbal languages, go back many centuries earlier. As far back as a the first centuries A.D. religious books were incredibly adorned by images, miniatures, decorations and illustrations that made them look more like paintings than mere written texts. All this goes to show that the artist’s book really does have a very long history and that attempting to establish its origins is more difficult that one may initially think. The fact is that books have never been conceived as mere forms attributing absolute importance to their written contents. They have always also had an aesthetic potential. Nevertheless, for the moment I prefer to move forwards from the remote history of books to focus on a period that goes from the late 19th century to the first decades of the 20th century. Let’s try to set aside the purely aesthetic aspect of the artist’s book to better analyse its text. To make my contribution to the interpretation of the artist’s book, I would like to examine the relationship between language and image. In 1897, a baffling poem appeared in the Cosmopolis review. What left readers dumbfounded wasn’t the content of the poem, at least not just its content, but its form. The words were arranged in a dynamic and muddled way as if they had been splashed all over the pages or had constructed a staircase made up of crumbled steps, leaving the reader bewildered. The title, printed in large charac21
ters, extended throughout the poem, rising above the verses on alternate pages: Un coup de dés n’abolira jamais le Hasard, (A throw of dice will never abolish chance) composed by Mallarmé (7), was one of the first examples of a typography poem. Form and content here are the same thing, the structure is completely altered and the poem starts to have a body of its own. The classic architecture of poetry is broken up, the paper on which it is written becomes a backdrop offering endless possibilities on which the text comes to life and changes its traditional layout. Mallarmé stepped literally out of line: he abolished stanzas and verses and the words came apart on the paper as if they really ensued from a throw of dice. The poem ends with this sentence: “Every idea casts a die”. And, together with ideas, the throw of dice marks the beginning of a devolution in writing that will result in it continuously exceeding its limits thanks to images. Nevertheless, it was necessary to wait until 1918 for a whole book to be dedicated to typography poetry. We are still in France and Guillaume Apollinaire (9) publishes Caligrammes, a collection of poetry composed of images instead of stanzas. Apollinaire inseparably pairs form with its content so that the latter is not limited to expressing itself through its meaning but can also do so by means of the structure that portrays it. The image created by the verses shows you what they contain: as well as being phonetic, the aesthetic of the words is now also visual. Therefore, the poem It’s raining will be made up of verses that run vertically down the page to simulate the way rain falls. A watch and a tie, on the other hand, are portrayed by words and complete the poem The tie and the watch. Calligrammes is a literary work containing poems that become art forms because they are written constructions. According to Apollinaire “a callig ilike@bolomagazine.com ram is a combination of marks, design and ideas. It’s the quickest way to express a concept and to make the eye accept an overall vision of the written word”. Language is no longer satisfied with filling pages, verse after verse, stanza after stanza. Writing becomes significant only when it exceeds its own limits and becomes the image of its message. The meaning of words becomes visible, sensitive, aesthetic. This process will become irreversible, unstoppable. Writing has exceeded its limits. Books are no longer receptacles for classic language; they are now works with an aesthetic power aimed at breaking the frontiers of language itself. While Apollinaire was publishing Calligrammes, another writer was composing an unprecedented literary work that was to become a landmark book-work in which the written word multiplied indefinably and unstoppably. In Dublin, Ireland, James Joyce was tirelessly working on his great work – Ulysses, of course – which was experiencing many publishing restrictions due to various censorship issues. Although the book is very long (more than one thousand pages), the whole story takes place on a single day, a day that somehow encompasses a whole world. When one reads Ulysses, one feels as if one is reading the universe as a whole. One usually refers to the stream of consciousness as Joyce’s favourite technique but those who have read the whole book know perfectly well that this language form is used in just some of the chapters. The greatness of Joyce’s work lies in the fact that
(13) Emilio Isgrò Un libro cancellato: Il nome di Arturo Schwarz, 1970
Emilio Isgrò An Erased Book: Il nome di Arturo Schwarz, 1970 22
it includes all possible writing forms and combinations; no style is missing, language explodes into many levels, from the classic to the epic style, from play script to the aforementioned stream of consciousness, not to mention the many neologisms and the massive use of onomatopoeia. In other words, the writing here unwinds and expands like a galaxy having neither limits nor halts. It’s difficult to call Joyce’s work a novel: it is, in all respects, an actual “infinite book”. Clearly, Ulysses has a beginning and an end but these depend solely on the formal necessity of the object as such, in as much as it is a book written to be published. Actually, the only beginning and end are sanctioned by the paper cover. It’s as if the finished book, ready to be printed, was not the real Ulysses. Rather, the latter is a process during which the writing is subjected to endless proliferation during which its form takes on all possible declensions and in which every aspect of the world has its respective written word. Joyce created a literary work in which aesthetics were as important as its symbolic and conceptual content. When skimming through the work, or world, called Ulysses we are at first astonished by the arrangement of the words as well as by their phonetic power. Many pages almost resemble a painting. As stated by Beckett in his preface to Finnegans Wake “here form is content, content is form. You complain that this stuff is not written in English. It is not written at all. It is not to be read - or rather it is not only to be read. It is to be looked at and listened to. His writing is not about something: it is that something itself ”. Many pages of Ulysses were written to be simultaneously read and observed. The way the sentences are arranged, the shape of the words, the way in which the writing creates the book’s structure put the spectator before a sort of written painting. The literary work is no longer just fiction, a story, description: it becomes art because the text itself takes on an increasingly aesthetic value and the language is transformed into an image. To make the increasingly closer relationship between text and visual aesthetics clear, we could mention other 20th century incidents in which literary works are “contaminated” by photographs and images. For example, just a few years after the publication of Ulysses, (9-10) Breton wrote Nadja (1928), a book that alternates written pages and others dedicated to drawings and photographs. This experiment was resumed in the second half of the 20th century by W. G. Sebald who considered the novel to be an inseparable blend of text and photography. In any case, aside from all the possible examples we can make, it is important to focus on the phenomenon of decentralisation of books. From Mallarmé to Joyce we can observe how the text progressively exceeded its boundaries. Books were no longer receptacles for formal language but places where the written word surpassed its boundaries. Nowadays, in our attempt to analyse artists’ books, we should take a closer look at this disintegration of text phenomenon. This event, in fact, marked the book’s transformation from a medium for written language to a work of art. It’s as if the written word strayed beyond its borders by virtue of the visual power of images; the images a book conjures up in our mind, including all their sensations and messages, became real and visible. The world conveyed through the written text surpassed the use of the word as a medium and became an aesthetic object. For instance, some of the works of Eleonora Valsecchi (11) are focused on the relationship between the book’s plot and how it reveals itself aesthetically. In particular, one of her artists’ books based on the novel Of Mice and Men by Steinbeck, consists of a construction of paper planes that crash against the wall after having emerged from the pages of the book. Su Blackwell (12) works along the same lines. She draws her inspiration from a chapter or page of a book and then creates a very complex sculpture, using the pages of the same book, that visually completes the mental image that the book conjures up when it is read. In conclusion, the artist’s book looks as if it is developing towards becoming a pure aesthetic-conceptual artwork to the disadvantage of the text.Sculptures, installations, hybrids composed of books combined with various objects create the prevailing idea of a book that is an artwork in itself, regardless of its language context. Perhaps the attempt to mix texts with images authorizes the dissolution of the prior in favour of latter. The artistic path followed by Emilio Isgrò (13), who believes that the importance of erasures is more significant than the actual text, gives us a general idea of how this vanishing may have come about. The Libro cancellato (Erased Book) expresses the disturbing importance of the denial of text. All this should not only help us to better understand the artist’s book phenomenon but it should also make us 23
ask a more probing question, i.e. What is a book? Not so much a definite literary text or a historical document, a philosophical treatise or a poem. What is a book, considered as an event in the history of mankind? Why is it written? What meaning is concealed behind the peculiar act of writing? In the meantime, while these questions remain unanswered, we have at least analysed how books and texts have changed with reference to images. From the poem by Mallarmé to Joyce’s infinite book, the acceleration of writing became limitless to the extent that the relationship between text and image was so close that the book became increasingly more aesthetic, more artistic. On the other hand, between the end of the 19th and the 20th century, a rupture appeared in mankind’s artistic process. The mind and its forms of expression underwent a radical transformation; the world’s frontiers became uncertain to the extend of destabilizing the actual boundaries of art. The artist’s book is another example of how a form of expression, writing in this case, reaches the point of desertion, where the limits set by tradition are violated and classic structures completely altered. Texts have accomplished this desertion by mingling with images. Books, the dwelling places of texts, become artworks, aesthetic objects. Art is such in as much as it constantly breaks its frontiers.
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DALLA PAPER ENGINEERING ALLA DIGITAL ART Irene Moret
Alice cominciava a non poterne più di stare sulla panca accanto alla sorella, senza far niente; una volta o due aveva provato a sbirciare il libro che la sorella leggeva, ma non c’erano figure né dialoghi, “e a che serve un libro”, aveva pensato Alice, “senza figure e senza dialoghi?” (L. Carroll, Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie) Attraverso le pagine di questo catalogo e non meno visitando gli spazi della mostra ad esso legati, possiamo vivere, almeno in parte, un vastissimo Mondo del Libro che va oltre la Lettura. Questo enorme ambito racchiude in sè diversi settori, più o meno conosciuti e battezzati. La Paper Engineering, come ad esempio i libri PopUp ma anche i Carousel o i Diorami, il libro d’Artista, i libri che usano una grafica che comunica in totale libertà svincolandosi dal testo fine a se stesso, libri fotografici la cui struttura li trasforma in qualcosa che è molto oltre il susseguirsi di immagini da sfogliare, le sculture fatte con i libri ovvero la “BookArt” che è un settore non ancora del tutto codificato con un termine assoluto, fino ad arrivare al digitale che, legandosi a questo oggetto, va oltre ogni possibile previsione. Se il libro d’artista rimane circoscritto nel libro stesso come corpo, la “BookArt” come anche la Paper Engineering sono l’estrusione e l’esaltazione stessa di quel corpo da cui si esce. Nel primo l’artista smaterializza il libro stesso trasfigurandolo e decontestualizzandolo in forme e materiali che esaltino il contenuto del libro (come) oggetto d’arte dandogli un senso e una parvenza quasi inusuale ed esaltandone sempre il valore culturale, formativo, creativo che un libro può avere; nella “BookArt” l’artista esce completamente dalle righe, sia sotto l’aspetto formale che concettuale. Se il libro d’artista spesso è in piccole serie e raramente è un pezzo unico, fatto per essere sfogliato, nella “BookArt” parliamo quasi sempre di pezzi unici in quanto sculture a tutti gli effetti, “corpi” che vanno osservati nella loro tridimensionalità, nelle loro forme e nei loro movimenti. Il libro popup, invece, è un ibrido fra i due perché è prodotto in serie ma strutturalmente, esteticamente e concettualmente basato sull’ emozione e l’effetto sorpresa attraverso “un corpo” che esce dalle pagine mentre esse vengono mosse. Ascolto e dimentico. Vedo e ricordo. Faccio e comprendo. (Confucio) Il libro popup e i libri mobili/animati sono stati probabilmente l’input inconsapevole o un “mezzo emozionale” per il libro d’artista e la BookArt, in quanto sono in assoluto i più antichi (il primo è di Ramon Llull 1232-1315) (14). Essi sono nati come primo istinto dell’uomo di cercare di fuoriuscire dalla progettazione bidimensionale del libro stesso al fine di aggiungere movimento o profondità, per esempio senza l’uso di illustrazioni prospettiche o d’illusione ma avvalendosi dell’ingegneria della carta, usando parti rotanti, aggiungendo lembi o pezzi mobili per migliorarne il contenuto. I Volvelle sono delle costruzionidi carta fatte di parti rotanti come cerchi o poligoni. Un antico esempio è l’Astronomicum Caesareum, di Petrus Apianus, che fece un Volvelle con parti rotanti (15) per descrivere i movimenti (14) 25
Ramon Llull Ars magna, generalis et vitima, 1308
(15) Petrus Apianus, Volvelle,Cosmographia, 1564
della Luna o le ore del giorno. Nel corso dei secoli tali tecniche sono state applicate per contenuti accademici e mistici, per illustrare teorie filosofiche, ideologiche, per predire il futuro o descrivere lo spazio (16-17), solo dal XVIII secolo sono state applicate per l’intrattenimento e per i bambini. Grazie a queste tecniche strutturali l’attenzione del “lettore” non solo è catturata ma ne garantisce la partecipazione attiva interagendo con il contenuto e rendendo questa esperienza indubbiamente memorabile. Nell’ambito di questa “ingegneria” i libri Popup (18) veri e propri formano una struttura tridimensionale una volta che la pagina viene aperta, sono in assoluto molto costosi da produrre, praticamente sempre stampati in Oriente, Messico o Sud America, dove i costi sono più bassi anche perché essi richiedono nella loro realizzazione il lavoro di una grossa squadra che manualmente ne componga le parti: stiamo parlando di vere e proprie architetture. I Diorami di carta (19), definibili anche come teatrini con silhouette, sono composti da diversi layer uno davanti all’altro la cui struttura può aprirsi a soffietto, e ognuno di essi ha delle figure diverse che sovrapponendosi generano un’immagine unica.
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Qui sopra e pagine successive: Johannis Remmelin, libro di anatomia umana: Catoptrum microcosmicum, 1660
Libro animato del medioevo (Volvelle),con dispositivi per calcolare le fasi lunari e le posizioni successive in relazione al sole Two example of Volvelle, a medieval devices that allowed you to calculate the phases of the moon and the latter’s position in relation to the sun
Top and in the next pages: Johannis Remmelin, anatomy book Catoptrum microcosmicum, 1660
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I Carousel (20-24) sono libri che si aprono a 360° o 180°, si trasformano in una specie di giostra che si legano con un nastrino o da tenere aperti. Grazie anch’essi a dei layer multipli di immagini ritagliate, quando si aprono le figure vengono in rilievo su vari piani. Concentrandoci sugli autori presenti nella mostra il confronto e la differenza tra i progettisti Europei, Americani ed Orientali sono interessanti perché trattandosi di culture diverse parliamo anche di linguaggi diversi. Il Giapponese Katsumi Komagata si esprime con opere estremamente romantiche, minimali ma di forte impatto e con un linguaggio tacito tanto profondo e ricco quanto essenziale nelle forme e nella struttura. Katsumi è stato considerato l’erede e il continuatore didattico di Bruno Munari dedicandosi ai libri per bambini con estrema eleganza e delicatezza tipiche della cultura giapponese. Nel 1986 Komagata ha fondato One Stroke, uno studio dedicato a creare libri, giochi, eventi, workshop che permettano a bambini ed adulti di comunicare e divertirsi insieme. Arrivando in Europa troviamo l’italiano Dario Cestaro che con le sue opere passa dalla creazione di immaginari fiabeschi e atmosfere magiche usando Carousel o Diorami a descrivere le architetture di grandi città storiche (Venezia, Milano, Firenze) usando magnifici Popup. Grazie a questo troviamo i suoi libri in tutto il Mondo. La francese Marion Bataille (21), più minimale nei soggetti ma non meno scenografica, descrive l’alfabeto o i numeri con progetti geniali che, di pagina in pagina, catturano lo stupore del “lettore”; grazie non solo a tecniche ingegneristiche di pieghe o rotazioni ma spaziando tra effetti ottici come il riflesso o lo studio morfologico di un carattere che capovolto o sdoppiato diventa un’altra lettera o numero. Ancora più a Nord un genio indiscusso e forse il più noto degli europei contemporanei è David Pelham (18) con il libro Trail: Paper Poetry pagine che non necessitano di colori o immagini perché la monocromia del bianco e l’esplosione delle forme bastano per esprimere piccoli mondi vegetali o animali, scenografie a volte quasi indefinibili ma più che sufficienti per stupire l’occhio del “lettore”. Pelham ha più di 70 libri pop up alle spalle, art director della Penguin Books con la realizzazione di importanti copertine come ad esempio Arancia Meccanica di Anthony Burgess (22). Le sue opere di grafica e disegno sono state esposte al Moma di NY, al Victoria&Albert Museum di Londra e in molti altri grandi musei. Il suo stile e il suo linguaggio sono molto a cavallo tra Europa e Usa, per l’effetto scenico e l’ironia, per il linguaggio e la creatività. Arrivando dunque agli statunitensi troviamo, non a caso, tre grandi “registi degli effetti speciali”: Robert Sabu-
Umberto Chiodi, Carousel Cavità, 2010
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Alexandra Zani, Idiorama Alexandra Zani, Idioram
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Sopra: David Pelham, Libro pop-up, Trail: Paper Poetry
Sotto: Marion Bataille, Libro pop-up, ABC3D
Top: David Pelham Pop-up book , Trail: Paper Poetry
Bottom: Marion Bataille, Pop-up book, ABC3D
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da, Matthew Reinhart e Red Grooms. Attraverso i loro libri sviluppano Popup a volte molto complessi che esplodono a 360°, di fortissimo impatto scenico e fortemente descrittivi grazie alle loro geometrie tridimensionali e a magnifiche illustrazioni. Sfogliando le loro pagine, come ad esempio Enciclopedia preistorica o Alice nel paese delle meraviglie o Ruckus Rodeo si ha la sensazione di camminare tra gli scheletri dei dinosauri o di immergersi totalmente nella fiaba. A metà tra il Libro d’Artista e i Carousel troviamo le opere di Umberto Chiodi (20), professionista e figura eclettica che con la sua serie di libri oggetto “Cavità” crea abissi organici, drappi scenici o decorazioni vorticose che si aprono su un vuoto, là dove per tradizione si troverebbero i riferimenti al testo. Indiscussa la suggestione dei “libri teatro” per l’infanzia degli anni ‘40/’50. Le pagine, una volta dispiegate, sono sezioni disegnate o dipinte. Assistiamo in un certo senso all’evoluzione del Carousel: l’artista, dipingendone le parti, trasforma questa giostra anche in un quadro. Non c’è una narrazione vera e propria tra le pagine, lo spettatore è posto idealmente di fronte ad una “ferita” (il libro viene chiuso con un attrezzo chirurgico), ovvero a “qualcosa che si sottrae per lasciare una possibilità di ri-costruzione individuale” come afferma Umbero Chiodi. Nella sezione del Libro D’artista, Jonathan Monk, inglese, incentra le sue opere su domande tra identità e creazione artistica arrivando ad analizzare anche i sentimenti. Contestando il modo in cui sono usati i riferimenti nell’arte contemporanea, riflette sul rapporto tra storia e passato e sull’attribuzione dell’opera d’arte: diverrà famoso per essersi appropriato del lavoro di altri artisti o scrittori come ad esempio Ed Ruscha, Alighiero Boetti, Jeff Koons, Sol LeWitt, ecc., riutilizzandoli per il proprio scopo. Considerando la vera originalità come (22) qualcosa di impossibile, userà tali opere come base di partenza per dare vita David Pelham ai suoi “nuovi” progetti. Copertina Arancia meccanica Il suo lavoro diventa come un racconto. Non a caso Ken Johnson lo David Pelham definisce nel New York Times “dolce, ironico e poetico”. Cover of A Clockwork Orange Il libro esposto The Project Book Project ne è l’esempio lampante. Egli si serve della scultura, della fotografia, dell’installazione e di film; tutti i suoi lavori sono sempre fatti di richiami al passato che l’artista usa per creare nuovi significati. Alessio Larocchi, altra figura chiave della mostra, riesce a passare dal libro d’artista alla Bookart, forse anche superandola, avvicinandosi ad un estremo concettuale per certi versi vicino (sebben diverso nei contenuti) all’opera digitale di Marotta&Russo. Larocchi, con La biblioteca anafettiva di Norma Standard’s home, crea una serie di libri composta da finti libri in polistirolo più uno sfogliabile, giocando tra ambiguità e anonimato; a questo destino di prodotto culturale “frainteso” non si sottrae neppure il libro. I volumi in mostra sono come “integratori estetici”, il risultato di un anonimo design d’interni, ma proprio grazie al fatto che alcuni di essi non possono nemmeno essere sfogliati in quanto finti, disorientano e promuovono uno sguardo critico in chi li osserva. Il titolo stesso la dice lunga: “Norma” è sia un nome proprio ma sta anche per regola, cioè qualcosa di universale-impersonale, “Standard” non è solo un cognome ma sta anche per standardizzato cioè che spersonalizza qualcosa, quindi “Norma Standard” diventa un rafforzativo tra significati opposti che giocano tra personale e impersonale; ad intensificare tutto ciò la parola “home”, che sta per casa ed intimo, è dunque un rimando ai due opposti citati sopra. Un concetto vicino a questo principio lo troviamo anche nell’altra opera Disappunti, immagini anaffettive, trascrizioni sbagliate e travisate, ricordi che affiorano con diffidenza. Dunque sembrano
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quasi quaderni da completare, non libri da contemplare. Passando al mondo della BookArt troviamo sculture vere e proprie composte da libri o “libri alterati”, “libri oggetto”. La nascita di questa “nuova corrente”, sviluppatasi principalmente negli Stati Uniti, è stata datata intorno agli anni ’60. Un genere, questo, non ancora del tutto categorizzato con un termine assoluto se non definito come “Bookart” , “livre-object”, “Bookwork” o “Bibliobjet”, ecc.; spesso ironici se non addirittura comici, taglienti, oltraggiosi o romantici. Opere costituite da “libri contro loro stessi”, esse sacrificano il testo racchiuso nel corpo rettangolare che è la pagina, superando quel recinto e diventando un lavoro scultoreo oltraggiando il limite dell’uso, alterandone il corpo che, nobilitandolo, lo porta verso qualcosa di nuovo. In questa smaterializzazione il libro esce dalla sua anonimia di oggetto stampato in serie e diventa protagonista di se stesso. Esso non è più un mezzo passivo che dopo l’uso viene “parcheggiato” e/o spesso dimenticato, ripreso a momenti o addirittura portato al macero, bensì diventa un corpo o parte di un corpo che riprende vita per diventare non solo eterno ma anche per essere osservato e contemplato. Esso diventa una forma piuttosto che un contenuto. La BookArt sconfina lo spazio e il tempo di questo oggetto, esso non è più un ingombro in senso lato bensì diventa un attore principale unico e spesso irripetibile. Due mostri sacri e viventi del mondo della BookArt sono in assoluto Doug Beube e Guy Laramèe. Doug Beube, genio artistico statunitense, opera dalla fine degli anni ’80; molteplice nei linguaggi e nelle tecniche, rappresenta in assoluto tutto quello che si potrebbe pensare o vedere sulla BookArt, eclettico e sorprendente in ogni sua espressione. Con i libri ma anche con elementi bidimensionali come pagine o cartine geografiche, passa dai collage ai Bookwork (Bookart), fino ad arrivare a tecniche miste creando altre sculture, usando addirittura elementi organici come legni o erba crea una Smoking Gun fatta di fiammiferi o elementi di smaltimento che acquisiscono la parvenza di artefatti di antichi popoli indigeni o UFO. Dal taglio netto delle pagine di un libro interpretandolo come fosse un unico blocco che si storce, si contorce, si intreccia per creare sculture che sembrano quasi essere leggere e soffici essendo invece tutt’altro che aeree; opera sui libri come un chirurgo meticoloso conservandone addirittura i resti per crearne una seconda “scultura”che 33
Destra Guy Laramée Ars de la Chine, 2016 Right Guy Laramée Ars de la Chine, 2016
In questa pagina: Doug Beube Spanish Speakers, 2016 dizionario scolpito This page: Doug Beube Spanish Speakers, 2016 altered dictionary
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affianca quel corpo destrutturato, scarnificato, modificato da un blocco rigido a una sorta di gabbia tridimensionale fatta di strati. Fora grossi libri come vocabolari linguistici creando cavità che rappresentano le compenetrazioni culturali tra lingue diverse. Guy Laramèè, canadese, altro gigante che dagli anni ’80 ci grazia della sua creatività, è forse l’unico che riesce paradossalmente a non ricordare nemmeno lontanamente Beube nelle parvenze ma riuscendo, comunque e sempre, a stupire l’osservatore con opere incredibili. Spesso va oltre il libro sotto tutti i punti di vista, magari si esprime attraverso blocchi di libri come enciclopedie o usandone pochi ma sempre di grosso spessore e vecchi. Li scolpisce, “li mangia”, usando attrezzi da falegname o carpentiere come seghe, trapani, ecc.; “l’erosione della cultura nel suo complesso” è sicuramente uno dei temi più forti delle sue creazioni. Lavora sui libri come il vento, le stagioni e i secoli potrebbero scolpire le rocce: crea scenari naturalistici come montagne brumose, grotte, ghiacci erosi e corrosi negli anni e dal clima come le piogge; partorisce opere iper-realistiche che ingannerebbero chiunque facendoci ignorare che quei mondi lì vicino non siano veri; in queste “sculture naturalistiche” in cui crederesti spesso di udire qualcosa come un fruscio o un eco, erano e sono in realtà dei libri o resti di libri. Luciana Frigerio, artista statunitense, professionista incredibile che spazia dalla fotografia alla stop-motion fino ad arrivare alla BookArt, nei suoi libri si è ispirata all’arte giapponese della piegatura della carta e ai ritagli tridimensionali. La bellezza della carta l’ha portata a creare libri le cui pagine piegate o intagliate raffigurano oggetti, frasi, parole o caratteri di incredibile effetto. Le sue sculture si sviluppano in una parte del libro spesso ignorata, ovvero il taglio verticale delle pagine che è la parte diametralmente opposta al dorso; queste opere si sviluppano nell’apertura parziale del libro stesso tenendolo in uno stato in cui paradossalmente sarebbe illeggibile per la sua natura ma che, in questo caso, si trasforma in un messaggio, in un oggetto o personaggio. Luciana Frigerio ricorda molto una parte della filosofia della pop-art, ovvero il concetto dell’opera seriale. L’opera non è più opera in quanto oggetto assolutamente unico, bensì lo diventa anche nelle sue ripetizioni, nella sua molteplicità. Essa è tale per quel che rappresenta e suscita non per il suo corpo che non è più fine a se stesso, bensì diventa quasi un simbolo, un marchio dell’artista stesso. 35
Le sue creazioni sono state esposte in diversissimi musei di fama internazionale. Nello scenario italiano troviamo artisti interessanti ed estremamente diversi tra di loro. Mentre Eleonora Valsecchi usa la sua opera prendendo spunto da un personaggio del romanzo del libro stesso che andrà ad usare, ovvero Uomini e topi di Steinbeck, Samantha Bonanno si esprime con altri mezzi. Bonanno, artista e studiosa decennale di Origami, modellista e designer (molto evidente l’influenza giapponese che è da sempre una sua forte passione), nella sua prima fase artistica si dedicherà ad un lavoro chirurgico con le pagine usando bisturi o forbici, molto vicina all’inglese Su Blakwell come tipologia espressiva. Le sue opere sono, infatti, incredibili estrusioni e mutazioni di pagine che, dopo essere state intagliate minuziosamente, raffigurano scenari fiabeschi o fantastici. Nella sua seconda fase, invece, l’artista renderà i suoi libri antropomorfi, creando corpi tridimensionali estremamente realistici, come busti o statue che fuoriescono da essi: non si tratta più di un insieme di superfici bensì di volumi veri e propri. Carlo Vidoni lavora attraverso straordinarie metamorfosi: soggetti come funghi che fuoriescono da un libro come se esso fosse un tronco, un libro che è sospeso da delle radici come fosse un albero o installazioni di libri sospesi nel vuoto dove la forza di gravità viene totalmente elusa grazie a invisibili fili che rendono i corpi fluttuanti. Di notevole interesse il suo studio, probabilmente critico, sull’identità degli oggetti non solo naturali, sulla loro morfologia, sul loro uso e/o colore. Ecco dunque che soggetti apparentemente diversi si fondono per diventare qualcosa di nuovo legando le proprie identità per diventare altro. Massimo Uberti si concentra moltissimo sulla luce sia per le sue opere con i libri ma non meno in moltissime altre in cui essa è la protagonista assoluta che disegna o crea spazi, architetture, tratti o scritte di notevole interesse e di forte effetto scenico. La luce a LED che Uberti usa è un acronimo che già di suo rappresenta una tecnologia da pochi anni alla portata di tutti ma che ancor più gli ha permesso di realizzare forme ed effetti assolutamente innovativi, aerei, fortemente teatrali che prima non si sarebbero potuti realizzare. Si pensi ad esempio alle linee di luce estremante sottili, quasi impalpabili, oppure alle geometrie illuminate con raggi di curvatura molto ridotti o effetti di luce tanto aerei quanto netti; quindi grazie ai LED queste “composizioni illuminanti” possono avere una sovrastruttura elettromeccanica quasi invisibile rispetto a quelle del passato dove questo sarebbe stato impossibile. Con questo linguaggio Uberti sembra sottolineare ancor più le forme o l’opacità degli oggetti stessi attraverso queste linee luminose descrittive anche sotto l’aspetto simbolico. Concludiamo questo ambito con Lorenzo Perrone, il quale incentra tutto il suo excursus artistico sulla monocromia per lasciare spazio a linguaggi forti ma con estrema eleganza delle forme e del colore bianco del gesso e della vernice acrilica. Si tratta di superfici, di volumi, dei pieni e dei vuoti, pieghe o accostamenti con oggetti come le piume o le matite, le spighe del grano; innesti che trasformano i libri in sculture, in corpi bianchi, quasi fantasmi che costringono alla riflessione. “Affrancato dal peso delle parole, il Libro Bianco si staglia nel suo immobile candore e grida in silenzio per essere letto altrimenti”, come afferma il British Institute. In parte diverso ma allo stesso tempo vicino a questo mondo è il libro di Marcella Basso e Michele Tajariol che studiano un libro tattile per ciechi e non solo, un libro che parla con le superfici e con i materiali che lo compongono; un oggetto che è una forma di conoscenza che non usa canali visivi, quanto piuttosto strumenti come le mani e l’intero corpo che coinvolge le percezioni nella relazione con l’esterno. Il ponte tra questo mondo fisico e il mondo astratto delle percezioni con l’opera di Tajariol e Basso si amplifica con Anna Pietrangeli per portarci e concludersi nel mondo del digitale. Con Un libro che non ti cambierà la vita Anna crea un susseguirsi di pagine che attraverso immagini, foto e rare parole descrivono sensazioni, momenti o attimi spesso quotidiani, piccole cose inutili. Proprio grazie a questa apparente inutilità vi è racchiuso il senso del libro stesso: la riscoperta dell’inutile come nuovamente utile. La parola “inutile” indica tutto ciò che non produce direttamente profitto e la parola “utile” è tutto ciò che ci aiuta a vivere meglio. Sensazioni che esistono per esistere, piaceri fine a se stessi che, proprio grazie alla loro natura disinteressata, possono essere fondamentali per l’uomo. Arrivando nel mondo digitale, sembrerebbe paradossale parlare di libri veri e propri se non forse pensando agli ebook. 36
Marotta&Russo riescono tramite un libro che, in realtà, non esiste o esiste sotto il punto di vista visivo e concettuale ma non tattile a creare un’opera fortemente legata agli “oggetti terreni” di cui si è parlato fino ad ora. L’opera è dunque l’immagine tridimensionale di un libro creato in uno spazio virtuale e, quindi, esso supera il suo limite fisico-cartaceo ma esiste e ri-nasce come entità, diventando a sua volta il mezzo ma anche il corpo, per descrivere un concetto fortemente contemporaneo: l’identità morale nell’era del network strettamente legata ad “un’economia dell’attenzione”. Nel mondo dei Social network, delle aste online, ecc., il giudizio morale su di noi è basato sull’efficienza funzionale o per esempio su quanto e come aggiorniamo la nostra pagina, tutto ciò mette in atto una trasformazione ambigua di “Beni in Bene”. Un gioco quasi perverso tra cose inutili che allo stesso tempo diventano necessarie per rapportarsi ad una realtà (quella del nostro presente) che ha questa stessa conflittualità tra utile ed inutile.
FROM PAPER ENGINEERING TO DIGITAL ART Irene Moret
“The first page of “Alice in Wonderland” always comes to mind. Alice is reading a book and suddenly follows White Rabbit through a rabbit hole into a magical underground world. This is the metaphor used by Lewis Carroll to ignite the ambition of any author, to enthral the reader to such an extent that he physically becomes part of the story.” Dario Cestaro Through the pages of this catalogue and, even more so, by visiting the exhibition described in it, we can to a certain extent experience the extremely vast World of Books that goes beyond Reading. This enormous category contains many sectors, some of which are better known than others and each of which has been given a different name. Paper Engineering includes, for instance, Pop-Up books but also Carousel books and Dioramas; Artists’ books, i.e. books that use graphic art to communicate in total freedom, in which the written text is no longer an end in itself; photographic books with a structure that transforms them into objects that go well beyond a set of photos to leaf through; book sculptures, i.e. book art, a sector that has not yet been fully defined using an absolute term. Last but not least, the digital world which, in connection with the book, goes beyond all possible expectations. While the artist’s book remains within the limits of the book’s body, book art and paper engineering represent the extrusion and the glorification of the body they ensue from. In artists’ books, the artist dematerializes the book, transforming it and decontextualising it into forms and materials that celebrate the content of the book as an artwork, giving it an almost unusual meaning and appearance while heightening the cultural, instructive and creative values a book may have to offer. In book art, artists step literally out of line, both from a formal and 37
(23) Dario Cestaro
a conceptual viewpoint. While artists’ books are often published in small editions and rarely as one-of-a kind objects, designed to be leafed through, in Book Art books are almost always one-of-a-kind objects in as much as they are actual sculptures, artworks that are designed to be observed as 3D objects, appreciated for their forms and movement. On the other hand, the pop-up book is a hybrid form of the latter two because, although it is mass produced, it is structurally, aesthetically and conceptually based on the excitement and the surprise caused by an “illustration” jumping out of the pages when they are turned. I hear and I forget. I see and I remember. I do and I understand. (Confucius) Pop-up books and movable books were probably the unconscious inspiration or the “emotional drive” behind the artist’s book and book art, as it is definitely the most ancient example of this form of art (the first dates back to Ramon Llull 1232-1315). Born as the first instinctive way for man to try to overcome the 2D design of books, to add movement and depth without using perspective illustrations or illusions but by just using paper engineering, volvelles and slats or moving parts to improve their content. Volvelles are paper constructions with rotating parts. An early example is the Cosmographia, by Petrus Apianus, 1564 (15). The book is full of nested circular pieces revolving on grommets. Throughout the centuries these techniques were used for academic or mystical purposes, to illustrate philosophical and ideological theories, to predict the future or to describe outer space (16-17). It was not until the late 18th century that (24) Dario Cestaro these techniques were applied to books designed for entertainment and for children. Not only do these structural techniques capture the attention of the “reader”, they also make sure he/she actively interacts with the content, turning it into an undoubtedly memorable experience. Within the sphere of paper engineering, pop-up books in the strict sense of the word make a 3D illustration appear when the page is opened. They are very expensive to produce and are almost always printed in the East, in Mexico or in South America where production costs are lower, also because they require a large team to manually put together all its parts. We are talking about actual architectural constructions here. Paper Dioramas (19-23), that can also be defined as small theatres with silhouettes, are made up of various layers of paper placed one before the other, in a structure that opens concertina style. Each layer bears a different image and all of them work together to create a single scene. Carousel books (20-24) have an opening angle of 360° or 180° and become a sort of roundabout that can be tied with a ribbon or simply left open. When the book is opened, the various illustrations pop out at different levels because they are arranged in multiple layers. 38
If we focus our attention on the authors exhibiting their artworks in our exhibition, it becomes interesting to compare the various European, American and Oriental artists because, coming from different cultures, they also use different artistic languages. Katsumi Komagata, from Japan, creates very romantic, minimalist artworks that are really impressive and use an implicit language that is as deep and dense as it is essential in its forms and structure. Katsumi has been considered to be the heir and continuator of the teachings of Bruno Munari, dedicating his art to children with the extreme elegance and delicacy typical of the Japanese culture. In 1986 Komagata founded the One Stroke studio dedicated to creating books, games, events and workshops to allow children and adults to communicate and have fun together. Back in Europe we find Dario Cestaro from Italy who uses his art to create fairytale scenes and magical atmospheres with carousel books or dioramas, and to describe the architectures of great historical cities like Venice, Milan and Florence using magnificent pop-up art. This is why his books have been distributed all over the world. The French Marion Bataille uses a more minimalist style for her themes yet is no less spectacular. She develops brilliant projects to describe the alphabet or numbers, capturing the astonishment of “readers” page after page, not only thanks to the folds and rotating parts adopted by her engineering techniques but also because she uses optical effects such as reflections or morphologically analyses a character which, when turned upside down or doubled, becomes a totally different letter or number. Travelling further up north we encounter an undisputed genius and perhaps the most famous Contemporary European book artist, David Pelham with his book “Trail: Paper Poetry”. His pages require neither colours nor illustrations because white used by itself and an explosion of forms are sufficient to depict small natural or animal scenes, settings that are sometimes almost impossible to define but more than sufficient to astonish “readers”. Pelham has created more than 70 pop-up books, is art director of Penguin Books and has designed important book covers such as Clockwork Orange by Anthony Burgess. His graphic and design artworks have been exhibited at the Moma Museum in New York, at the Victoria&Albert Museum in London and in many other great museums. Due to the spectacular effect, irony and creativity of his style and language, his artworks bridge the gap between Europe and the USA. Now that we are in the USA we can enjoy a – hardly by chance - encounter with two great “special effects” directors: Robert Sabuda and Matthew Reinhart. Their books contain very complex pop-up art that opens up at 360° and has a very strong spectacular impact that is extremely descriptive thanks to the 3D geometric shapes and to the magnificent illustrations. When you leaf through the pages of one of their books, the “Prehistoric Encyclopaedia” or “Alice in Wonderland” for instance, you feel as if you are really walking amidst the skeletons of 39
dinosaurs or totally immersed in the story. Umberto Chiodi’s artworks fall midway between the Artist’s Book and Carousel books. He is a professional artist and an eclectic figure who, with his series of object books called “Cavità” (cavities) creates organic abysses, theatrical drapes or whirling decorations that open up onto an empty space where one would normally find references to the text. The evocative charm of his “theatre books” for children, created in the 40s/50s, is beyond dispute. When spread out, the pages appear as drawn or painted sections. In a way, his artwork can be considered as the evolution of the Carousel book: by painting its parts, the artist transforms the roundabout into a picture. The book doesn’t tell an actual story; rather, the spectator is ideally placed before a “wound” (the book is shut by a surgical instrument) or “something that is removed to allow individual re-construction”. Umbero Chiodi. In the Artist’s Book section, Jonathan Monk, an Englishman, focuses his artwork on questions about the identity and the creation of an artwork to the extent of even analysing feelings. Contesting the way references to authorship have been used by contemporary art, he reflects on the relationship between history and the past and on the attribution of an artwork. He will become famous for his taking possession of works created by other artists or authors such as Ed Ruscha, Alighiero Boetti, Jeff Koons and Sol Lewitt and reusing them for his own ends. Since he considers authentic originality to be impossible, he uses these works as a basis to create his own “new” artwork. His work resembles a story. Not by chance, Ken Johnson, writing for the New York Times, defines him as being “gentle, ironic and poetical”. “The Project Book Project” exhibited here is a clear example of this. He employs sculptures, photography, installations and films. All his artwork is made up of hints to the past that the artist uses to create new meanings. Another key figure in our exhibition, Alessio Larocchi, is capable of going from the Artist’s Book to Book Art, perhaps even outdoing the latter, approaching a conceptual extreme that is, in some ways, akin to Marotta&Russo’s digital artwork, albeit with a different content. In his “La biblioteca anafettiva di “Norma Standard’s home” (The non affective library of Norma Standard’s home) Larocchi plays with ambiguity and anonymity by creating a set of fake books made of polystyrene, plus one with real pages. Not even the book can elude the fate of a “misunderstood” cultural product. The books on show are treated as “aesthetic fillers”, the result of anonymous interior design. The actual fact that some of them can’t even be opened because they are fake bewilders onlookers, promoting a critical attitude. The name of this artwork has a lot to say for itself. Norma is a proper noun but it also means “rule” in Italian, i.e. something universal-impersonal. Standard is not just a surname but stands for standardized, i.e. something that depersonalizes something. Therefore, Norma Standard becomes an intensifier of opposite meanings that play with the personal and the impersonal. The word “home”, that stands for one’s intimate abode, intensifies the title to an even greater extent and is thus a referral to the two former opposites. We can find another concept, akin to this principle, in another artwork called “Disappunti” (Disappointments): non affective images, mistaken and misunderstood transcriptions, memories that surface distrustfully. To be honest, they are more similar to exercise books to be completed than books to contemplate. On entering the world of Book Art we meet authentic sculptures composed of books, or “altered books” or “object books”. The birth of this new trend, which developed mainly in the USA, has been dated around the 60s. This genre has not yet been fully classified using an absolute term. In fact, it has been defined in an often ironic and sometimes comical, biting, outrageous or romantic way as “Book Art”, “livre-objet”, “bookwork” or” bibliobjet”. These are works consisting of “books versus themselves”. They sacrifice the text enclosed in the rectangular body of the page and surpass this boundary to become a sculptural work of art, violating the limits of its use and altering its body which, ennobled, is transformed into something new. In this process of dematerialization, the book escapes the anonymity of a mass printed object to become its own protagonist. It is no longer a passive medium that is put away and/or often forgotten once read, sometimes picked up again for a few minutes or just thrown away; rather, it becomes a body or part of a body that comes to life again, not just to become eternal but also be observed and contemplated. It survives for its form rather than 40
for its content. Book Art exceeds the space and time limits of this object which is no longer an encumbrance, in the broadest sense of the word, but becomes a unique and often unrepeatable leading actor. Two living gurus, in absolute terms, of Book Art are Doug Beube and Guy Laramèe. Doug Beube is a brilliant United States artist who has been creating since the 80s using a variety of languages and techniques. He represents absolutely everything one could imagine or see about Book Art; every one of his expressions is eclectic and astonishing. He uses books as well as 2D objects like pages or maps to create collages and Bookwork (Book Art) and even combines techniques to create other sculptures. He also chooses natural materials such as pieces of wood or grass to create a Smoking Gun made of matches or objects meant to be recycled that take on the appearance of artefacts of ancient native peoples or of aliens from another world. He takes the clean-cut pages of a book, interpreted as if it were a single block that twists, is distorted and intertwined, to create sculptures that look almost soft and light but are actually anything but airy. He operates on books like a meticulous surgeon, even preserving the remains to create another artwork that he places next to the dismantled body of his former creation, from which he has stripped the flesh and that he has transformed, from a stiff block, into a sort of 3D cage made up of various layers. He makes holes in heavy books like language dictionaries, creating cavities that represent the cultural interpenetration of different languages. Guy Laramèe, Canadian, another giant who has been bestowing his creativity on us since the 80s, is perhaps the only artist who, paradoxically, owns a style that produces incredible artwork but whose appearance isn’t at all reminiscent of Doug’s art but is still able to, always and in any case, have an amazing impact on onlookers. He often goes beyond books from all points of view; he sometimes uses sets of books like encyclopaedias or just a few, very thick old volumes. He sculpts them, “eats them away”, using carpenter’s or cabinet-maker’s tools such as saws and drills. The “erosion of culture as a whole” is certainly one of the strongest themes of his creations. He works on books in the same way as the wind, seasons and eras carve rocks. He creates naturalistic scenes like hazy mountains, caves and ice eroded and corroded by time and by weather conditions such as rain. He delivers hyper-realistic artwork that would fool any of us, making us ignore that these worlds so near to us are actually unreal. Nevertheless, these “naturalistic sculptures” from which you will often believe you hear something like a rustling sound or an echo ensue, were and are, in actual fact, books or remains of books. Luciana Frigerio is an amazing professional artist from the U.S.A. whose artwork ranges from photography to stop-motion and Book Art. For her books she draws inspiration from the Japanese art of paper folding and from 3D cuttings. The beauty of paper has inspired her to create books in which the folded or cut pages represent objects, sentences, words or characters that have an incredible impact on the onlooker. Her sculptures are developed in a part of the book that is often ignored, i.e. the vertical edges of pages, the side diametrically opposite to the spine. These artworks are created in the partially open pages of a book, a position in which, paradoxically, it would be impossible to read a book but where, in this case, the pages are transformed into a message, an object or a character. Luciana Frigerio strongly reminds us of part of the philosophy of pop art, i.e. the concept of mass produced artwork. What defines a work of art is no longer the fact that it is a one-of-a kind object; an artwork becomes such even in virtue of its repetitions, its multiplicity. It is such because of what it represents and arous41
es, not because of its physical structure which no longer exists for its own sake but almost becomes a symbol, the artist’s hallmark. Her creations have been exhibited in a wide variety of internationally-renowned museums. On the Italian scenario there are interesting artists who differ greatly from each other. While Eleonora Valsecchi develops her artwork by choosing one of the characters of the novel itself, i.e. Of Mice and Men by Steinbeck, as her starting point, Samantha Bonanno expresses herself in different ways. In the first phase of her artistic carrier, Samantha, who studied Origami for a decade and is a pattern maker and designer (the influence of Japan, that has always been one of her greatest passions, can be clearly seen in her work) dedicated herself to a very painstaking and accurate technique, using surgical scalpels or scissors on pages, similar to the way in which Su Blakwell from England expresses herself. In fact, her artworks are incredible extrusions and modifications of pages which, after having been meticulously cut, portray fairytale or fantasy scenes. On the other hand, in her second phase, this artist gave her books an anthropomorphic form by creating very realistic 3D bodies such as busts or statues that grow out of them. No longer a succession of surfaces, we are talking about actual volumes here. Carlo Vidoni expresses himself through astonishing metamorphoses: objects like mushrooms grow out of a book as if it were a tree trunk; a book is hung from roots as if it were a tree, installations of books are suspended in mid air, totally eluding the force of gravity thanks to invisible wires that make them look as if they are floating. His probably critical study on the identity of objects - not only natural ones - on their morphology, use and/or colour
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is remarkably interesting. Objects that are apparently different blend to become something new, they bind their identities to become something different. Massimo Uberti concentrates greatly on light for his artwork with books but also for many others in which light is the absolute protagonist that outlines or creates spaces, architectures, strokes or words of great interest and with a very spectacular effect. The light used by Uberti is called LED, an acronym that, in itself, represents a technology that has only been widely available in recent years and which, moreover, has given him an even greater opportunity to create absolutely innovative forms and effects that are airy, very theatrical and that would have been impossible at an earlier date. Think, for instance, of rows of extremely slim, almost intangible lights or of illuminated geometric shapes with very small radiuses of curvature, or of light effects as airy as they are sharp. In other words, thanks to Led lights, these “illuminating arrangements” can have an almost invisible electromechanical superstructure that would have been impossible in the past. By using this language, Uberti seams to place even greater emphasis on the forms or opacity of the objects themselves by means of luminous lines that are descriptive even from a symbolic viewpoint. We would like to complete this section by talking about Lorenzo Perrone who focuses his entire artistic excursus on monochrome to make way for strong languages, albeit with extremely elegant forms and using the white colour of gypsum and of acrylic paint. His artwork is all about surfaces, volumes, solids and voids, folds, or pairings with objects such as feathers and pencils or ears of wheat. Grafts that transform books into sculpture; white bodies that are almost ghost-like, obliging you to think. “Relieved of the weight of words, the White Book stands out in its motionless candour and silently screams its desire to be read differently”.The British Institute. The book created by Marcella Basso and Michele Tajariol is partially different but still close to this world. Its authors have studied a tactile book for the blind that is not restricted solely to them. It is a book that communicates through its surfaces and by means of the materials it is made of. An object, a form of knowledge that doesn’t use visual channels but instruments like the hands and the whole body and that calls on perceptions to interact with the world. The work of Tajariol and Basso bridges the gap between this physical world and the abstract one of perceptions and is amplified by Anna Pietrangeli, who leads us into the Digital world where our journey will end. With her “Un libro che non ti cambierà la vita” (A book that won’t change your life) Anna creates a succession of pages which, using images, photos and the odd word here and there, describe sensations, moments and instances that are often taken from everyday life. Small useless things. The actual meaning of the book is enclosed in this apparent uselessness: the discovery that something useless can become useful again. The word “useless” describes anything that does not directly produce a profit. The word “useful” describes everything that improves our lives. Sensations that are there just because they exist and pleasures that are an end in themselves can be essential for man, just because of their disinterested nature. When entering the digital world, unless you refer to e-books, talking about actual books could seem a contradiction . Marotta&Russo have managed, through a book which doesn’t really exist, or exists only from a visual and conceptual viewpoint and not from a tactile one, to create an artwork that is strictly linked to the “earthly objects” we have talked about up to now. This artwork is a 3D image of a book, created in a virtual space, that exceeds the limits of its physical existence in paper but nevertheless exists and is born again as an entity, becoming in turn a medium but also a body, to describe an extremely contemporary concept: moral identity in the age of the internet, closely linked to “attention economy”.In the world of social networks, where, for instance, auctions are conducted online, the way we are judged from a moral viewpoint is based on our functional efficiency, or, for example, on how often and how we update our page. All this implements the ambiguous transformation of “Goods into Good”. An almost perverted game played between useless things that nevertheless become necessary to relate to a reality (the present) that experiences the same inherent conflict between usefulness and uselessness.
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Grafica Graphic Design Libro d’Artista Artists’Book
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Alighiero Boetti Italy
Alighiero Boetti (Torino, 16 dicembre 1940 – Roma, 24 aprile 1994) è stato uno dei più importanti artisti del Panorama culturale tra gli anni ’60 e gli anni ’90. Fa parte del gruppo Arte Povera, insieme a Giovanni Anselmo, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini e Gilberto Zorio. Allo stesso tempo, è stato anche uno dei primi a distaccarsene. Boetti propone a se stesso dei sistemi nei quali agire, spesso programmando il coinvolgimento di altre persone. La geografia, la matematica, la geometria, i servizi postali, forniscono la piattaforma delle proprie scelte. Il suo lavoro mette in discussione il ruolo tradizionale dell’artista, interrogando i concetti di serialità, ripetitività e paternità dell’opera d’arte. Alighiero Boetti (Turin, December 16, 1940 - Rome, April 24, 1994) was one of the most important artists of the cultural landscape between the ‘60s and the’ 90s. He is part of the Arte Povera group with Giovanni Anselmo, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini and Gilberto Zorio. At the same time, he was also one of the first to detach. Boetti proposes to himself the systems in which to act, often planning the involvement of other persons. Geography, mathematics, geometry, postal services provide a platform for their own choices. His work challenges the traditional role, questioning the concepts of seriality, repetition and the work of art fatherhood. 46
Alighiero Boetti Da uno a dieci, 1980 Collezione privata Private collection
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BOLOPaper Italy
BOLO Paper è una casa editrice indipendente con sede a Milano, Italia. Lavora con designer e artisti emergenti o affermati con lo scopo di produrre oggetti di qualità, libri d’artista, magazine, fanzine e stampe in edizione limitata, il tutto senza sottostare alle logiche di mercato. Principale ambito di indagine è il vasto mondo dell’ “immagine” spesso con un retrogusto vintage e dall’alto valore iconico. Il trick visivo spesso riproposto l’utilizzo di immagini ricercate avulse dal loro contesto originale con lo scopo di creare un piccolo corto circuito negli occhi di chi guarda. Altre tematiche importanti sono quelle della casualità e dell’errore viste come alleati per una buona pubblicazione e non come limiti alla creatività. BOLO magazine è la pubblicazione principale di BOLO Paper ma ad esso se ne sono succedute molte altre; ad oggi hanno pubblicato più di 70 titoli distribuiti a livello internazionale: a Milano, ma anche a Berlino, Londra, NY, Parigi, Tokyo, Rotterdam, Singapore e in molte altre città. BOLO Paper is an independent publishing house based in Milan, Italy. Working with designers and emerging artists and established with the aim to produce quality objects, artist’s books, magazines, fanzines and limited edition prints, all without being subjected to the logic of the market. Main area of investigation is the vast world of ‘’ image ‘often with a vintage taste and top iconic value. The visual trick often repeated use of sophisticated images taken out of their original context in order to create a breakdown in the eyes of the beholder. Other important issues are those of randomness and error seen as allies for a good publication and not as limits to creativity. BOLO magazine is the flagship publication of BOLO Paper, but to it they have succeeded many others; To date they have published more than 70 titles distributed internationally: in Milan, but also in Berlin, London, New York, Paris, Tokyo, Rotterdam, Singapore and many other cities. 48
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Fortunato Depero Italy
Quando nel 1915 Fortunato Depero firma con Balla il Manifesto della Ricostruzione futurista dell'universo, il movimento futurista si avvia verso una seconda fase nella quale l’esigenza di un’arte totale aspira ad influenzare molti aspetti dell’esistenza attraverso una radicale trasformazione dell'ambiente: dall'arredo alla moda, dal cinema al teatro, dalla musica alla danza, dal manifesto pubblicitario alla progettazione dell'oggetto d'uso. Gli intendimenti erano chiari: «Noi futuristi, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l'universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all'invisibile, all'impalpabile, all'imponderabile, all'impercettibile». Fortunato Depero, nasce a Fondo nel 1892. Dopo un esordio come simbolista,si trasferisce a Roma nel 1913 dove entra in contatto con Balla, Cangiullo e Marinetti, partecipa all'Esposizione Libera Futurista Internazionale. Parte per New York nel1928, dove vi tornerà dopo la seconda guerra mondiale. Depero trova però New York cambiata, ostile al futurismo considerata arte fascista. Torna a Rovereto nel 1956,dove muore il 29 novembre 1960, un anno dopo aver inaugurato il primo museo futurista in Italia. When in 1915 Fortunato Depero signed with Balla the Manifesto of the Futurist reconstruction, the futurist movement is moving towards a second phase in which the need for a total art aspires to influence many aspects of existence through a radical transformation of uman environment: from furniture to fashion, from cinema to theater, music, dance, poster advertising , design of daily objects. The intentions were clear: "We Futurists, want to realize this total fusion to reconstruct the universe making it more joyful, with complete re-creation. We will give skeleton and flesh to the invisible, impalpable, imponderable, imperceptible." Fortunato Depero born in Fondo in 1892. After a debut as a Symbolist, he moved to Rome in 1913 where he get in touch with Balla, Cangiullo and Marinetti, he participates to the International Free Futurist exposition. Leaves for New York in1928 where he will return after the Second World War. Depero will find New York changed, hostile to Futurism considered Fascist art.He will be back in Rovereto in 1956, where he died Nov. 29, 1960, a year after the inauguration of the first Futurist Museum in Italy. 50
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F. T. Marinetti Italy
La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. (Marinetti, Il manifesto del futurismo) Filippo Tommaso Marinetti, nato ad Alessandria d’Egitto nel 1876, costituisce una sorta di figura simbolo nel clima d’avanguardia novecentesco. Strettamente a contatto con la cultura parigina del periodo, orienta la propria attività letteraria verso un’edificazione della cultura rinnovata. Sceglie un prestigioso giornale di Parigi, Le Figaro, per lanciare, nel 1909, il Manifesto del Futurismo, che sancisce in modo ufficiale la nascita del movimento stesso. Propone un rifiuto radicale del passato, servendosi delle tecniche più evolute come la réclame, la diffusione editoriale, non senza fare appello, in alcuni casi, a provocazioni e scandali. Attivo politicamente, è difensore di un’ideologia individualistica e antidemocratica, della quale vede una possibile realizzazione nella politica fascista. Nel Manifesto tecnico della Letteratura Futurista del 1912, le critiche sono rivolte ai valori tradizionali, alla poetica corrente, giudicata sentimentale e nostalgica. Per lui i nuovi capisaldi sono la tecnologia ed il progresso, la città, la velocità. Si spegne a Bellagio (Como), nel 1944. Sono notevoli le influenze del poeta sugli autori novecenteschi, da Palazzeschi a Pirandello, fino ai giorni nostri The exalted literature up to now thoughtful immobility, ecstasy and sleep. We intend to exalt aggressive action, a feverish insomnia, the running pace, the mortal leap, the punch and the slap. (Marinetti’s Manifesto of Futurism) Filippo Tommaso Marinetti, born in Alexandria, Egypt in 1876, is a kind of symbolic figure in twentieth-century avant-garde atmosphere. Closely in contact with the Parisian culture of the period, he directs his activities towards literary edification of renewed culture. Choose a prestigious Paris newspaper, Le Figaro, to launch, in 1909, the Futurist Manifesto, which marks the birth of the movement itself officially. It proposes a radical rejection of the past, using the most advanced techniques such as réclame, editorial spread, not without appealing, in some cases, to provocations and scandals. Active politically, it is the defender of individualistic and anti-democratic ideology, in which he sees a possible embodiment in the Fascist politics. In the Technical “Manifesto” of Futurist Literature in 1912, the criticisms are directed to traditional values, the current poetic judged sentimental and nostalgic. For him the new tenets are technology and progress, the city, the speed. He died in Bellagio (Como), in 1944. Are remarkable the poet’s influence on twentieth-century authors, from Palazzeschi to Pirandello, until today. 52
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Bruno Munari
Italy
Bruno Munari. Artista, intellettuale raffinato, designer e pedagogo con l’amore per la leggerezza. Intelligenza tagliente, eleganza congenita, creatività incontenibile, vocazione per la sperimentazione ed un eclettismo autentico, mosso dalla curiosità per le cose, per il mondo, per le persone. Bruno Munari è una figura unica nel panorama culturale italiano, fuori da ogni schema o cliché possibile. Genialità vestita di semplicità, nell’animo e nel metodo: “complicare è facile”, diceva, aggiungendo che “la semplificazione è il segno dell’intelligenza”. La regola? Fare arte col sorriso, essendo insieme maghi, scienziati e bambini, con tutto lo stupore che viene dall’incantesimo delle forme, dei colori, delle più ardimentose avventure percettive: il senso stava tutto in quel bisogno di comprendere i meccanismi dell’esistenza, generando nuovi spazi dell’abitare e infiniti mondi dell’immaginazione, collezioni di oggetti non convenzionali, territori del gioco e del disorientamento, racconti utopici e poetici, affinando, come la più scaltra delle chiavi, lo spirito ancestrale della creatività. Bruno Munari. Artist, refined intellectual, designer and educator with love for the lightness. Sharp intelligence, congenital elegance, irrepressible creativity, vocation for experimentation and an authentic eclecticism, driven by curiosity for things, for the world, for the people. Bruno Munari is a unique figure in the Italian cultural scene, out of any scheme or possible cliché. Genius dressed in simplicity, in the soul and in the method: “Complicating is easy,” he said, “simplification is the intelligence sign.” The rule? Making art with a smile, being together magicians, scientists and children, with all the wonder that comes from the spell of the shapes, the colors, the most daring adventures of perception: the sense was all in the need to understand the mechanisms of existence, generating new living spaces and endless imagination worlds, collections of unconventional objects, play areas and disorientation, utopian and poetic tales, honing, as the most cunning of the keys, the ancestral spirit of creativity. 54
Bruno Munari Libro illeggibile, 1949 Collezione privata Private collection
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Paolo Gasparini
Venezuela
Paolo Gasparini (Gorizia, 1934), dopo aver esordito nei fotoclub italiani nei primi anni Cinquanta, si trasferisce nel 1955 in Venezuela, dove ancor oggi vive e lavora; Incomincia a fotografare nel settore dell’ architettura e poi nel reportage sociale. Artista di statura internazionale, ha partecipato alla 46. Biennale di Venezia e al 5° Colloquio di fotografia di Città del Messico, esponendo in numerose personali e collettive. Sue opere sono presenti nelle principali collezioni, fra cui il Museo d’Arte Moderna di New York, la George Eastman House di Rochester, la Casa de Las Américas de L’Avana, la Fundación Museo de Bellas Artes di Caracas, la Fundación Televisa di Città del Messico; l’Archivo Paul Strand dell’Università dell’Arizona, Tucson; la Bibliothèque Nationale di Parigi, il CRAF, Centro di Ricerca ed Archiviazione della Fotografia di Spilimbergo. Il fotografo risiede a Caracas, dove continua il suo studio sulle culture urbane del continente sudamericano. E’ stato “Catalogato” tra i più grandi fotografi al mondo. Paolo Gasparini (Gorizia, 1934), after his debut in the Italian camera club in the early fifties, he moved in 1955 in Venezuela, where he still lives and works, first working in the field of architectural photography and then in social reportage. Artist of international stature, attended the 46th Venice Biennale and on 5th Colloquium of Photography in Mexico City, exhibiting in numerous solo and group. His works are in major collections, including the Museum of Modern Art in New York, the George Eastman House in Rochester, the Casa de Las Américas in Havana, the Fundación Museo de Bellas Artes in Caracas, Fundación Televisa’s Mexico City; Archivo Paul Strand of the University of Arizona, Tucson; the Bibliotheque Nationale in Paris, the CRAF, Centre for Research and Archiving of Photography Spilimbergo. The photographer lives in Caracas, where he continued his study of urban cultures of the South American continent. It ‘been “Listed” among the greatest photographers in the world.
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Edward Ruscha
USA
Nato nel 1937 a Omaha, Nebraska, da una famiglia cattolica, Edward Ruscha si trasferisce a Oklahoma City nel 1941 e poi a Los Angeles nel 1956 per frequentare l’Istituto d’Arte Chouinard. Agli inizi del 1960 egli era già noto per i suoi dipinti, collage e fotografie, e per la sua adesione al gruppo della Ferus Gallery, che comprendeva anche gli artisti come: John Altoon, John McCracken, Robert Irwin, Larry Bell, Ken Price ed Edward Kienholz. Dal 1965 al 1969 ha lavorato come impaginatore per la rivista “Artforum” sotto lo pseudonimo di “Eddie Russia”. Nel suo lavoro, Ruscha ha costantemente intrecciato la fotografia, il disegno, la pittura e la produzione di libri che restano ancora oggi un punto di riferimento imprescindibile nel campo dell’artbook. Come in uno specchio nelle sue opere si riflettono impietose le immagini della quotidianità della vita urbana californiana talmente anaffettive da divenire quasi meta-fisiche . Ruscha was born into a Roman Catholic family in Omaha, Nebraska in1937, he moved in Oklahoma City in 1941 and to Los Angeles in 1956 where he studied at the Chouinard ArtInstitute By the early 1960s he was well known for his paintings, collages, and photographs, and for his association with the Ferus Gallery group, which also included artists Robert Irwin, John Altoon, John McCracken, Larry Bell, Ken Price, andEdward Kienholz. He worked as layout designer for Artforum magazine under the pseudonym “Eddie Russia” from 1965 to 1969 . In his work, Ruscha has consistently woven photography, drawing, painting and book production that still remain a point of reference in the field of art-book. As in a mirror ,in his works reflected pitiless images of everyday urban life in California so neglectful as to become almost meta-physical.
In the 1960s, Ed Ruscha more or less reinvented the artist’s book. By turning away from the craftsmanship and luxury status that typified the livre d’artiste in favor of the artistic idea or concept, expressed simply through photographs and text, Ruscha opened the genre to the possibilities of mass-production and distribution.
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Edward Ruscha Twentysix Gasoline Station 1963 Collezione privata Private collection
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Edward Ruscha Nine Swimmig Pools, 1968 Collezione privata Private collection
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Edward Ruscha Every building on The Sunset Streep, 1966 Collezione privata Private collection
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Dayanita Singh India
Nata nel 1961 in India. L’arte di Dayanita Singh è tesa a far riflettere sul modo in cui ci relazioniamo alle immagini fotografiche. Il suo recente lavoro, tratto dalla sua vasta opera fotografica, è composto da una serie di musei mobili che consentono alle sue immagini di essere modificate in sequenza, archiviate e visualizzate all’infinito. L e sue fotografie sono presentate come corpi che stabilcono interconnessioni e possibilità sia poetiche che narrative. L’editoria è una parte significativa della pratica dell’artista: nei suoi libri, spesso realizzati in collaborazione con Gerhard Steidl, vengono sperimentate forme alternative di produzione e di visualizzazione di immagini. Il “libro-oggetto” è contemporaneamente un libro, un oggetto d’arte, una mostra e un catalogo. L’opera sviluppa, inoltre, l’interesse dell’artista nelle possibilità poetiche e narrative della sequenza e risequenza, permette alla Singh sia di creare delle sequenza fotografiche ma anche, contemporaneamente, di interromperle. Il suo lavoro è stato esposto al Museo Bhavan, alla Hayward Gallery, Londra (2013), al Museum für Moderne Kunst, Francoforte (2014), l’Art Institute di Chicago, Chicago (2014) e al Museo Kiran Nadar of Art di New Delhi (2016). Singh è autrice di undici libri. Dayanita Singh’s (1961) art uses photography to reflect and expand on the ways in which we relate to photographic images. Her recent work, drawn from her extensive photographic oeuvre, is a series of mobile museums that allow her images to be endlessly edited, sequenced, archived and displayed. Stemming from Singh’s interest in the archive, the museums present her photographs as interconnected bodies of work that are replete with both poetic and narrative possibilities. Publishing is also a significant part of the artist’s practice: in her books, often made in collaboration with Gerhard Steidl, she experiments with alternate forms of producing and viewing photographs. Here, Singh’s latest is the “book-object,” a work that is concurrently a book, an art object, an exhibition and a catalogue. This work, also developing from the artist’s interest in the poetic and narrative possibility of sequence and re-sequence, allows Singh to both create photographic sequence and also simultaneously disrupt it. Museum Bhavan has been shown at the Hayward Gallery, London (2013), the Museum für Moderne Kunst, Frankfurt (2014), the Art Institute of Chicago, Chicago (2014) and the Kiran Nadar Museum of Art, New Delhi (2016). Singh has also authored eleven books. 66
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Monica Bonvicini Italy
Monica Bonvicini (Venezia 1965) emerge come visual artist e inizia ad esporre a livello internazionale a metà degli anni 1990. Il suo multiforme lavoro che indaga il rapporto tra architettura, potere, sesso, spazio, la sorveglianza e il controllo si traduce in opere che mettono in discussione il significato del fare arte, l’ambiguità del linguaggio, ed i limiti e le possibilità legate all’idea di libertà. Monica Bonvicini (Venice 1965) emerged as visual artist and started exhibiting internationally in the mid-1990s. Her multifaceted practice which investigates the relationship between architecture, power, gender, space, surveillance and control is translated into works that question the meaning of making art, the ambiguity of language, and the limits and possibilities attached to the ideal of freedom.
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Monica Bonvicini Cut, 2006 Collezione privata Private collection 69
Jonathan Monk UK
Jonathan Monk è nato a Leicester nel 1979. Attualmente vive e lavora a Berlino. Il suo lavoro è pervaso da domande incentrate sull’identità e sulla creazione artistica. Attraverso fotografia, scultura, film, installazioni e performance, Monk ricontestualizza i lavori e le strategie dell’arte minimalista e concettuale degli anni 60 e 70. Ken Johnson sul New york Times lo ha definite artista “ dolce, ironic,poetico. Monk afferma riguardo all’arte: “…E ‘o non è ; può o non può essere? Questo è ciò che è stato affrontato all’interno del mondo dell’arte per un certo tempo e credo che la domanda sia ancora senza risposta...?” Jonathan Monk was born in Leicester in 1979. Lives and work in Berlin. The focus of his work is based on the questions of the art identity and the art practice. With photographs, sculpture, film, installation and performance, Monk recontextualize works, and strategies from Conceptualist and Minimalist artists of the ‘60s and ‘70 . Ken Johnson in The New York Times called “sweet, wryand poetic”. Monk says: “Is it or is it not or can it or can it not be? This is something that has been dealt with within the art world for some time and I guess the unanswerable question keeps us all going...”
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Jonathan Monk Project of a book project, 2003 Collezione privata Private collection
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Paul McCArthy USA
Paul McCarthy è nato nel 1945 a Salt Lake City. Le sue opere - performance - installazioni multimediali bombardano lo spettatore di un sovraccarico sensoriale, con immagini spesso fortemente sessuali e violente. Con spirito irriverente, McCarthy prende di mira i miti e le icone care agli americani aggiungendo una vena di malizia a soggetti che sono stati tradizionalmente venerati per la loro innocenza e purezza. Assente o presente, la figura umana è un elemento costante nel suo lavoro, sia in forma di corpi in azione o caricature satiriche . Il lavoro di McCarthy confonde codici, mescola cultura alta e bassa, e provoca la messa in discussione delle credenze fondamentali della civiltà americana e di quella occidentale più in generale. Paul McCarthy was born in 1945 in Salt Lake City. His works-performances - multimedia installations bombard the viewer of a sensory overload, with images often highly sexual and violent. With irreverent wit, McCarthy takes aim at the myths and icons dear to Americans by adding a streak of malice to subjects that have traditionally been revered for their innocence and purity. Absent or present, the human figure is a constant element in his work, both in the form of bodies in action or satirical caricatures. The work of McCarthy confuses codes, mixes high and low culture, and ask the questions of the fundamental beliefs of American and Western civilization. 72
Paul McCarthy Yaho-ho, 1998 Collezione privata Private collection 73
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Alessio Larocchi
Italy
Alessio Larocchi nasce a Milano, dove frequenta la facoltà di Lettere Moderne con indirizzo artistico presso l’Università Statale e si diploma all’Accademia di Belle Arti di Brera. Vive e lavora a Monza. Artista multimediale, si esprime per contaminazioni di codici e forme, realizza progetti interdisciplinari, collabora a riviste e pubblicazioni d’arte, espone in spazi pubblici e privati in Italia e all’estero. Sue opere, oltre che in collezioni private, sono conservate in importanti musei nazionali e fondazioni per l’arte contemporanea (Festung Hohensalzburg, Salzburg, Österreich; MART, Rovereto; MAC, Lissone MI; Museo della Carale, Ivrea; Archivio del Libro d’Artista, Cassino FR; Archivio Uroburo, Parma; Archivio di Nuova Scrittura Paolo Della Grazia, Monza MB; Fondazione Mudima, Milano; Fondazione Casa Delfino, Cuneo; Museo Ideale, Vinci FI; Museo della Merda, Gragnano Trebbiese PC; Haus der Kulturen der Welt, Berlin, Deutschland; Sala Lalla Romano, Biblioteca Nazionale Braidense, Milano; Casale della Cinematografia, Marzi CS; Musinf, Senigallia AN). Tra le pubblicazioni che documentano la sua ricerca: Alessio Larocchi, Vuoto, tecnica del, Cierre Grafica, Caselle di Sommacampagna VR, 1998; Alessio Larocchi, Prestami il tuo cuore all’Hôpital Bellevue, Lupetti editore, Milano, 2004; Eleonora Fiorani, Erranze e trasalimenti. Sguardi sull’arte del secondo Novecento, Lupetti editore, Milano, 2009; Alessio Larocchi, A_meno amanuense, Shin Production, Brescia, 2011; Alessio Larocchi. Norma Standard’s home, Nomos editore, Busto Arsizio VA, 2014. Alessio Larocchi was born in Milan, where he attended Modern Humanities with a specialization in Fine Art at the State University of Milan and also obtained a diploma at the Brera Art Academy. He lives and works in Monza.A multi-medial artist, he works with the contamination of codes and forms, realizes interdisciplinary projects, collaborates with journals and art publications and exhibits in public and private spaces both in Italy and abroad. His works are to be found in private collections as well as important national museums and foundations for Contemporary Art (Festung Hohensalzburg, Salzburg, Österreich; MART, Rovereto; MAC, Lissone MI; Museo della Carale, Ivrea; Archivio del Libro d’Artista, Cassino FR; Archivio Uroburo, Parma; Archivio di Nuova Scrittura Paolo Della Grazia, Monza MB; Fondazione Mudima, Milano; Fondazione Casa Delfino, Cuneo; Museo Ideale, Vinci FI; Museo della Merda, Gragnano Trebbiese PC; Haus der Kulturen der Welt, Berlin, Deutschland; Sala Lalla Romano, Biblioteca Nazionale Braidense, Milano; Casale della Cinematografia, Marzi CS; Musinf, Senigallia AN). Among the publications documenting his research are: Alessio Larocchi, Vuoto, tecnica del / Emptyness, techniques of, Cierre Grafica, Caselle di Sommacampagna VR, 1998; Alessio Larocchi, Prestami il tuo cuore all’Hôpital Bellevue / Lend me your heart at the Hôpital Bellevue, Lupetti editore, Milano, 2004; Eleonora Fiorani, Erranze e trasalimenti. Sguardi sull’arte del secondo Novecento / Uncertainties and Unimagined Emotions. Looking at the art of the later twentieth century, Lupetti editore, Milano, 2009; Alessio Larocchi, A_meno amanuense / Almost a happy scribe, Shin Production, Brescia, 2011; Alessio Larocchi. Norma Standard’s home, Nomos editore, Busto Arsizio VA, 2014.
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Destra | Right Alessio Larocchi (in alto - top) La biblioteca di Norma Standard’s home (in basso - bottom) Disappunti
Nella pagina | In the page Alessio Larocchi, 1980-2000 Disappunti 76
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Doug Beube
USA
Doug Beube guarda il libro come un blocco interconnesso con il legno. “Codex” che, in latino, significa letteralmente blocco di legno, è inflessibile nella sua forma essenziale e innegabilmente limitato nella sua capacità di memorizzare e generare informazioni. Teoricamente e fisicamente, scava il libro, come se il blocco di testo in sé fosse un sito archeologico. Halsey Institute of Contemporary Art. Nato come regista cinematografico e fotografo, Doug Beube giunge ad interessarsi del libro alla fine degli anni settanta, concentrandosi soprattutto su testi come atlanti, monografie d’arte,racconti. Ma il suo approccio al testo è lo stesso di un approccio ad un corpo umano o ad un sito archeologico: “Come un medico od un archeologo, io esamino, disseziono, taglio per aprire e scavare dentro.” In questo processo di decostruzione i testi perdono la loro originale identità per diventare “altro”: sculture, oggetti. Innumerevoli mostre personali e collettive, anche nelle vesti di curatore, pubblicato in diversissimi libri, mostro sacro della BookArt ma anche grande artista di tecniche miste, collage, disegni e fotografia. Troviamo le sue collezioni in Musei e importantissime Gallerie come per esempio: il Brooklyn Museum of Art, Brooklyn, NY; Museum of Modern Art, NY; New York Public Library, Byrd Collection; Walker Art Center, Minneapolis, Minnesota; Biblioteca Nazionale del Canada, collezioni speciali, Ottawa, Ontario; e il Museo Kiraly Black Eagle Apothecary Museum-Istvan, Budapest, Ungheria. Nato in Canada, vive e lavora a Brooklyn, NY Doug Beube looks at the book like an inter-connecting block of wood. The codex, which, in Latin, literally means wooden block, is undeviating in its essential form and undeniably limited in its capacity to store and generate information. Theoretically and physically, he excavates the book, as if the text block itself is an archaeological site. (Halsey Institute of Contemporary Art) Trained as a Filmaker and photographer, Doug Beube turned to another ”narrative form” in the late1970s Books Focusing on Atlases, art mononographs,novels, He approachcheseach test as if it were a body ar an archaeological site.As he explines:” Like a physician or an archaeologist, I am driven to to examine it, to dissect it, to cut it to open, to dig into it”.Through these deconstruction processes the books left his original identity turning into “ some other”: sculptures/objects. Borned in Canada, lives and work in Brooklyn, NYCountless one person and group exhibitions, including in the role of editor, published in many books, an artist of extraordinary accomplishment not only in BookArt but also in collage, mixed media, photography and sketchbooks. He exhibits both nationally and internationally, and his bookworks and photographs are in numerous private and public collections, including the Brooklyn Museum of Art, Brooklyn, New York; Museum of Modern Art, New York; New York Public Library, Byrd Collection; Walker Art Center, Minneapolis, Minnesota; National Library of Canada, Special Collections, Ottawa, Ontario; and the Black Eagle Apothecary Museum–Istvan Kiraly Museum, Budapest, Hungary. 79
Doug Beube Spanish Speakers, 2011 JHB Gallery, NY
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Doug Beube Shifting Borders e dettagli, 2014 JHB Gallery, NY Non in esposizione Not in exposition 81
Destra - Right Doug Beube Masked information, 2015 JHB Gallery, NY Non in esposizione Not in exposition
Doug Beube Masked Information JHB Gallery, NY Non in esposizione Not in exposition 82
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Doug Beube Speechless: Can You Hear Me Now?, 2015 JHB Gallery, NY Non in esposizione Not in exposition
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Samantha Bonanno Italy
Formatasi a Milano presso il Liceo artistico di Brera e l’Accademia della Moda Marangoni, l’artista lavora per anni come pattern maker; in un periodo di profondi cambiamenti nella vita personale e nel lavoro, decide di dedicarsi a varie tecniche di lavorazione della carta, da sempre un’altra sua grande passione. Book sculpture, Cutout, Origami, installazioni, tante le tipologie di creazione che l’artista conosce alla perfezione e i cui echi si sovrappongono all’interno di tutta la sua produzione. Se fino a quel giorno la sua occupazione le aveva permesso di rendere tridimensionali le idee degli stilisti, da quel momento in poi a prendere forma attraverso la sua manualità è la sua affascinante interiorità. Il nuovo inizio dell’esperienza artistica la porta a realizzare molteplici creazioni, diverse fra loro per tecnica compositiva, natura e destinazione delle opere. La giovane artista/designer si dedica ancora a collaborazioni nel campo della moda, produce pezzi su commissione se lasciata libera di dare spazio alla propria creatività, realizza incredibili accessori, ma, soprattutto, crea opere artistiche intrise di valore e significati. Ogni lavoro nasce da un’ispirazione di diversa matrice: una canzone, un incontro, un viaggio, spesso proprio quei libri che, dopo ore di lavoro tra bisturi, colle e cutter di precisione, prendono le forme fragili ed eleganti che rispecchiano in modo così sincero la sua personalità ; ogni opera ha un valore unico, una vita propria, un segno tangibile o un elemento nascosto tra le pieghe dei fogli. L’ artista espone periodicamente in collettive ed eventi d’arte e design: -”Arte in movimento “ presso il Castello di Belgioioso, aprile 2016. -”Collettiva di artisti contemporanei al femminile” presso il Collegio Valla di Pavia, marzo 2016 -”Arte in Vigevano”,presso la Cavallerizza del Castello, novembre 2015. -Collettiva di artisti contemporanei, presso il Museo d’Arte Contemporanea Palazzo Broletto Pavia,settembre 2015. Graduated at fine art high school and Marangoni Fashion School, the artist worked many years as pattern maker; during a deep change of her life, she decided to dedicate herself to another great passion and learn the different paper processing method. Book sculpture, cut-out and origami are some of the technique she perfectly knows and that overlap to create the whole production. If in her past she used to transform in three-dimensional model someone else’ ideas, now, her own fascinating personality takes form through her high degree of manual skills. The beginning of the artistic experience leads her to realize many creations, different one to the other for producing technique, nature and purpose. The young artist/designer still works on pattern, makes commissioned work if she’s free to give space to her creativity, she realizes as well many accessories but overall she makes up piece of art full of value and meanings. Every work comes from different inspiration: a song, a meeting, a journey and those books that, after many hours of developing, modelling and precision cutting, become fragile and elegant architecture which reveal her traits; every single piece has a unique value, its own life, a clear sign or an element hidden among the pages’ fold. The artist frequently shows her art at collective expositions, art and design events: -”Arte in movimento “ at Castello di Belgioioso, April 2016. -”Collettiva di artisti contemporanei al femminile” at Collegio Valla di Pavia , Marche 2016 -”Arte in Vigevano”,at Cavallerizza del Castello, November 2015. -”Collettiva di artisti contemporanei” at Museo d’Arte Contemporanea Palazzo Broletto a Pavia, September 2015.
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Luciana Frigerio USA
Luciana Frigerio ha studiato alla School of Visual Arts di New York City, dove è diventata una fotografa d’arte che ha esposto sia a livello nazionale che internazionale. Ha lavorato in animazione stop motion e nel 2012 ha contribuito alla creazione e produzione della serie Disney Jr. Quiet is. Frigerio ha iniziato a lavorare intensamente con la carta nel 2010, ispirata dall’arte dell’origami e incuriosita dalle possibilità di interrelazione tra oggetto e artigianato nella realizzazione di pieghe e ritaglio tridimensionali. La bellezza della carta l’ha portata a creare libri incentrati sulla “piega”. I suoi tesori sono stati esposti in tutto il mondo. Di recente ha collaborato con lo Studio Luciana Digest per creare una serie di libri fold-your-own (piegalo da te). Luciana è nativa di Bronxville, New York, e ha vissuto nel Vermont la maggior parte della sua vita da adulta. Ha due figli, una taglierina per carta industriale pregiata e un magazzino pieno di libri in attesa di essere trasformati in parole, monogrammi e forme, alla costante ricerca di affinare e migliorare la sua arte. Luciana Frigerio studied at the School of Visual Arts in New York City, where she became a fine art photographer and exhibits her works both nationally and internationally expositions. She has also worked in stop motion animation and in 2012 helped conceive and produce the Disney Jr. acclaimed series called Quiet Is. Luciana began working seriously in paper in 2010, inspired by the art of Japanese folded paper and intrigued by the intersection of object and craft in the making of three-dimensional folded and cutout worlds. The beauty of paper led her to creating folded books. Her custom-made treasures have been exhibited all over the world. More recently, Luciana has collaborated with Reader’s Digest/Studio fun to create a series of fold-your-own books. Luciana is a native of Bronxville, New York and has lived in Vermont most of her adult life. She has two children, a prized industrial paper cutter and a warehouse sized room full of books waiting to be turned into words, monograms, and shapes, constantly refining and improving her artform.
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Luciana Frigerio Pordenonelegge, 2016 93
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Luciana Frigerio Friuli 1976, 2016 Dedica al Friuli per il terremoto del 1976 Luciana Frigerio Friuli 1976, 2016 Dedicated to Friuli Venezia Giulia and the earthquake in the 1976
Sinistra - Left Luciana Frigerio Read, 2014 95
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Guy Laramée
Canada
Nel corso di trent’anni di attività Guy Laramee , artista Canadese, ha esplorato varie discipline artistiche: testi per teatro, composizioni di musica contemporanea, design di strumenti musicali, scenografia,pittura,scultura,insallazioni,letteratura. Nel 1987 fonda TUYO un’ensamble di performance musicali neo-primitive microtonali e gestuali eseguite con strumenti inventati, che lascerà nel 1991. Con il film “CrystalKey Bee” del 1997 nel quale la metafora dell’ape che, nauseata dal miele della parola vola in cerca dei fiori del pensiero Laramée si stacca definitivamente dal mondo musicale quale suo principale linguaggio espressivo. Parallelamente, negli anni ottanta,si interessa di antropologia e musica etnica indagando la musica dei rituali feticistici del Togo o dell’Amazzonia. Per Guy Laramee il il principio di novità è un meccanismo che agisce come un guardiano sui territori delle diverse discipline; e trasferisce “il nuovo” in esperienza. Se coscienza può essere definito come un “out-standing” della mente (Sartre), il mio approccio cerca di viaggiare nella direzione opposta.
In the course of his 30 years of practice, interdisciplinary artist Guy Laramée , Canadian artist, has created in such varied and numerous disciplines as theater writing, contemporary music composition, musical instrument design, video, scenography, sculpture, installation, painting, and literature. In 1987 he found TUYO, an ensamble performing microtonal and gestural music on invented instruments. He directed this ensamble until 1991. The withdrawal, which led him to abandone the role of composer and music as his principal medium, is documented in the 1997 film “CrystalKey Bee”, using the metaphor of a bee who becomes disgusted with the honey of words and tries to flee the flowers of thought. Parallel to his artistic practice, he has pursued investigation in the field of anthropology. His fieldwork includes ethno-musicography of the Fetish ritual in Togo ,oracular imagination among healers in the Peruvian Amazon. Laramèe suggest that the principal of innovation is one such mechanism which acts as a guardian over the territories of different disciplines; and he transfer “the new” into experience. If consciousness can be defined as an “out-standing” of the mind (Sartre), my approach seeks to travel in the opposite direction, from the outstanding to the innate.
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Guy LaramĂŠe Desert of Unkowing Atlas Project, Silence, 2016 in the next page A- B, details JHB Gallery, NY Non in esposizione Not in exposition
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Guy LaramĂŠe Holy Bible, 2015 (C detail ) JHB Gallery, NY Non in esposizione - Not in exposition
Guy Laramée L’Art et l’homme, 2016 JHB Gallery, NY Non in esposizione Not in exposition
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Destra - Right Guy LaramĂŠe Ars the la Chine, 2016 JHB Gallery, NY Non in esposizione Not in exposition
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Lorenzo Perrone Italy
Lorenzo Perrone nasce a Milano dove frequenta la “Scuola del Libro” dell’Umanitaria e quella di Pittura del Castello Sforzesco; trasferitosi a New York, segue i corsi di grafica e cinema alla “New School” e alla“School of Visual Arts”. La sua vita professionale si sviluppa nel campo della creatività, della grafica e della comunicazione tra Milano, Londra e New York. La sua personalità poliedrica lo spinge a dipingere, a scrivere storie per il cinema, girare video, fare fotografie seriali, progettare libri. Dal 2000 Perrone crea “ossessivamente” i LibriBianchi. Le sue candide sculture sono esposte in importanti gallerie in Italia e all’estero e le sue installazioni Site-specific, trovano collocazione in eventi cultural i legati al mondo dell’Editoria, di biblioteche, librerie e musei. Dal 2015, affiancato dall’inseparabile Simona moglie e collaboratrice, Perrone amplia la sua produzione includendo anche opere in bronzo e Installazioni di altri materiali. Lorenzo Perrone was born in Milan, and attended the “Scuola delLibro” at the Umanitaria Institute and the Castello Sforzesco School of Painting. After gaining major experience in the graphic field in Milan andLondon he moved to New York where he attended “The New School”and the “School of Visual Arts” and worked in advertising for over 10years. Lorenzo’s been making his “LibriBianchi” (WhiteBooks) since 2000. Using plaster, acrylic paint, and the application of apparently foreignobjects, a book is transformed and acquires an accentuated symbolism, in which tactile and sensory suggestions are heightened, as are the associations between signs and different visions of thework. The language becomes that of surfaces, folds, volumes, emptinesses, fullnesses, positive and negative spaces, and the splicings and hybridizations that transform a book into sculpture. White demands attention, forces one to reflect, stretches time,softens sounds and colors, files away the excesses of the senses. Wehave a need for this. In the end, freed from the weight of words, the pages become asymbol, and the “LibroBianco”, in its stationary candor, gains in eloquence and silently calls for a different reading. From 2015, with the collaboration of his wife Simona, Lorenzo has widen his production including sculptures in bronze and installations. His work has been showed in major galleries in Italy and around the world.
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Massimo Uberti Italy
Massimo Uberti (Brescia 1966), vive e lavora a Milano. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera, agli inizi degli anni Novanta partecipa alle attività dello Spazio autogestito dagli artisti di Via Lazzaro Palazzi a Milano. Ha ottenuto ampi riconoscimenti in Italia e all’estero tra cui nel 2007 il premio Piazza dei Mercanti, V edizione, per la Camera di Commercio di Milano. Nel 2008 presenta l’opera Tendente Infinito, nella mostra Dreams of the possible city, presso la Fondazione Stelline di Milano. Nel 2012 è vincitore della II edizione del concorso internazionale Artist’s book NOPX di Torino. Nel 2013 è invitato dalla Commissione europea a prendere parte al New narrative for Europe, tenutosi a Milano e a Berlino. Tra i suoi progetti speciali: Today I love You, Amsterdam Light Festival 2015; Light, Miami-Basel Design 2014 per Bentley Elements; Altro spazio, opera site specific 2011, per il Museo Pecci Milano. Dal 2008 al 2014 è docente di Pittura e Arti Visive all’Accademia di Belle Arti Santagiulia, a Brescia. Nel 2009 illustra il testo Poemi per domare il destino, del poeta Ioan Dumitru Denciu. Nel 2013 è docente al corso di formazione Macroscuola presso il MACRO - Museo d’Arte Contemporanea, Roma. Attualmente è direttore artistico del Festival della Luce di Portofino e S. Margherita. Massimo Uberti (Brescia 1966). Lives and works in Milan. He graduated at the Accademia di Belle Arti di Brera. In the early ‘90s he was member of the Lazzaro Palazzi artist’s group in Milan. He got a lot of appreciations in Italy and abroad including, Piazza dei Mercanti in 2007, 5th edition Camera of Commerce prize, Milan, in 2008, Tendente Infinito in the exhibition Dreams of the possible city, Fondazione Stelline, Milan. In 2012 he won the international prize Artist’Book NOPX in Turin. In 2013 he was selected by an european commission for the work- shop New narrative for Europe, in Milan and in Berlin. Special recent projects: Today I love You, Amsterdam Light Festival 2015; Light, Miami-Basel Design 2014, Bentley Elements; Altro spazio, a site specific work for the seat of Museo Pecci Milano, 2011. From 2008 to 2014 he was teachin’ Painting and Visual Art at the Accademia di Belle Arti Santagiulia, in Brescia. In 2013 he managed the training course Macroscuola in MACRO - Contemporary Art Museum, in Roma. He is currently art director of Portofino e S. Margherita Light Festival, in Italy.
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Eleonora Valsecchi Italy
Nata a Milano nel 1989, ha studiato Pittura e Arti Visive alla NABA, Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Eclettica per quanto riguarda i metodi espressivi e di comunicazione ha conseguito il master in illustrazione editoriale al MiMaster di Milano e la Laurea specialistica in Design della Comunicazione alla NABA. Attualmente ha intrapreso la professione di grafica nel mondo degli eventi e delle mostre. Uomini e Topi Le pagine del libro Uomini e topi, di John Steinbeck, sono state utilizzate come materia prima. L’opera prende spunto da uno dei due protagonisti: Lenny, gigante buono ma mentalmente ritardato. Riflettendo sull’immaginario infantile e su cosa un bambino potrebbe fare con un foglio di carta, la scultura è stata realizzata con una serie di aeroplanini che volano fuori dal libro e s’infrangono contro un muro. Born in Milan in 1989, he studied Painting and Visual Arts at NABA, New Academy of Fine Arts in Milan. Eclectic regarding methods of expression and communication, she has a masters degree in editorial illustration to MiMaster Milan and Masters Degree in Communication Design at NABA. Currently, she undertook the graphic profession in the world of events and exhibitions. Of Mice and Men The pages of the book Of Mice and Men, by John Steinbeck, have been used as raw material. The work is inspired by one of the two protagonists: Lenny, gentle giant but mentally retarded. Reflecting on the imaginary child, and what a child might do with a piece of paper, the sculpture was made with a lot of paper airplanes that fly out of the book and crashing into a wall. 112
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Carlo Vidoni Italy
Carlo Vidoni nasce a Udine il 7 dicembre 1968. frequenta l’Istituto Statale d’Arte Giovanni Sello di Udine e, nel 1987, si diploma in Arte della Grafica e fotografia. Giovanissimo, realizza le sue prime esposizioni a Tarcento, cittadina collinare a nord di Udine, dove ancora oggi vive a lavora. Nelle sue creazioni, gli oggetti perdono la propria funzione originaria per divenire contenitori, nidi o supporti, avulsi e decontestualizzati, inconsapevoli simboli della vita e dei drammi dell’uomo contemporaneo. Attento osservatore del contesto sociale e culturale del proprio tempo, Vidoni percepisce e denuncia la costante e reciproca interazione uomo-natura. “Eppure Vidoni non è duro, non massacra, non ferisce la fruizione. Al contrario, è amabile come una ninna nanna, è catartico e spirituale e ascende il pensiero contemporaneo senza traumi, in un viaggio che è profondo mutamento senza essere rivoluzione. Il raffinato lavoro, composto da semplici fondamentali elementi, diventa così purezza e immediatezza, è riconoscibile, attuale ed esteticamente armonico. Per goderne occorre essere pazienti, vivere nella sospensione, riconoscersi il tempo dell’osservazione e del silenzio, imparare nuovamente a rispettare la propria storia. È necessario immergersi nella delicata cosmologia organizzata dall’artista, nella quale ogni elemento ha un posizione definita. E, nel contempo, risulta inutile il tentativo di trovare la serena sicurezza data dall’indiscussa verità: l’ordine di Vidoni è apparente, il silenzio fa rumore e disturba l’estasi.” Susanna Sara Mandice Carlo Vidoni was born in Udine on December 7th 1968. He attended the Art Institute Giovanni Sello of Udine and, in 1987, he graduated in Art of graphics and photography. Very young, made his first exhibition in Tarcento, hill town at the north of Udine, where he still lives and works. In his creations, objects lose their original function to become containers, nests or media, divorced from context, unwitting symbols of life and contemporary man drama. Keen observer of the social and cultural context of his time, Vidoni perceives and denounces the constant and mutual interaction between man and nature. “Yet Vidoni is not hard, do not massacres,do not injures fruition. Conversely it is lovable like a lullaby, is cathartic and spiritual and ascends the contemporary thoughts without trauma in a journey that has deep changes , without revolution. The fine work, composed by simple basic elements, becomes pure, immediate, recognizable, contemporary and aesthetically harmonious. To enjoy it you must be patient, living in the suspension, recognize the time of observation and silence, once again learn to respect their own history. You need to immerse themselves in the delicate cosmology organized by the artist, in which each element has a defined position. And, at the same time, it is useless to attempt to find the serene certainty given by undisputed truth: the order of Vidoni is apparent, the silence makes noise and disturbs the ecstasy. “Susanna Sara Mandice
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Marcella Basso - Michele Tajariol Italy
Marcella Basso, Pordenone 1988. Laureata in decorazione all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Si occupa di libri tattili e di progettazione e realizzazione di laboratori didattici nelle scuole materne, elementari e nei licei. Al momento sono in pubblicazione per la Federazione Nazionale delle Istituzioni prociechi e per la casa editrice francese Les Doigts Qui Revent, due suoi libri tattili, vincitori anche delle edizioni 2013 e 2015 dei concorsi “Tocca a te!” e “Typhlo e Tactus”. Michele Tajariol, Pordenone 1985. Frequenta la sezione di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Carrara (MS), proseguendo successivamente la sua formazione in Giappone alla Tokyo Zokey University. La sua ricerca si allarga negli ambiti dell’arte contemporanea, in cui avvia diversi workshop, esposizioni e progetti didattici in Istituti Scolastici, Musei ed associazioni. Marcella Basso, Pordenone 1988. She graduated in decoration at the Academy of Fine Arts in Venice. Deals with tactile books and design and realization of workshops in kindergartens, elementary and high schools. At the moment, are being published for the National Federation of Prociechi Institutions and the French publishing house Les Doigts Here Revent, two of his tactile books, also winners of the 2013 and 2015 editions of the contests “Your turn!” and “Typhlo and Tactus”. Michele Tajariol, Pordenone 1985. He attended the sculpture section at the Academy of Fine Arts in Carrara (MS), later continuing his training in Japan at the Tokyo University Zokey. His research is expanding in the fields of contemporary art, in which initiates different workshops, exhibitions and educational projects in school Institutions, museums and associations. 118
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Umberto Chiodi
Italy
Umberto Chiodi è nato a Bentivoglio (Bo) nel 1981, si è diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Bologna nella Sezione di Pittura nel 2005. Nel 2006 cominciano i rapporti con la storica galleria milanese Studio d’Arte Cannaviello, dove Chiodi esordisce con una mostra di disegni e piccoli assemblaggi . Espone a Palazzo Reale nella mostra “Arte Italiana, 1963-2007” curata da Vittorio Sgarbi. A Berlino la Galleria Michael Schultz lo presenta al pubblico tedesco, e nel 2008 segue una grande mostra monografica alla National Gallery of Fine Arts di Sophia. Chiodi è finalista al Premio Cairo nel 2011 (Museo della Permanente, Milano), fra i vincitori al Premio Michetti nel 2012 (Museo Michetti, Francavilla al Mare). Espone i suoi recenti collage a Milano, Roma, Berlino e al Museo d’arte contemporanea di Lissone (MB). Nel 2016 è inserito nella mostra “Dark Ages”, alla Aeroplastic Contemporary di Bruxelles. Le sue opere si trovano in importanti collezioni private e pubbliche in Italia e all’estero ( Collezione Bertolini, Museo del ‘900 - Milano, JP Morgan Chase Art Collection -New York). Vive e lavora a Milano dal 2008. Nelle opere di Umberto Chiodi ricorre una forte attenzione al fare manuale, che viene espressa con la pratica del disegno, del collage e dell’assemblaggio. Sin dagli esordi, la sua ricerca estetica si è sempre imposta come trasmutante e interpretante, incline all’ibridazione, alla decostruzione e alla disseminazione. Chiodi riarticola elementi adottati dalla cultura del passato e di quella recente; la sua è una visione plurale e insieme un’ operazione di filtraggio, frutto di una nuova coscienza del tempo e del presente. Umberto Chiodi was born in Bentivoglio (BO) in 1981. In 2005 he graduated from the Academy of Fine Arts in Bologna in the Section of Painting. In 2006 he begins the relationship with the historic gallery Art Studio Cannaviello in Milan, where he made his debut with an exhibition of drawings and small assemblies. He exhibited at the Royal Palace in the “Italian Art, 1963-2007” curated by Vittorio Sgarbi. In Berlin the Michael Schultz Gallery presents Umberto Chiodi to the German public, and in 2008 follows a great exhibition at the National Gallery of Fine Arts in Sophia. Chiodi is been a finalist at the Premio Cairo in 2011 (Museo della Permanente, Milan), among the winners at the Michetti Prize in 2012 (Museo Michetti, Francavilla al Mare). He exhibits his recent collage in Milan, Rome, Berlin and at the Contemporary Art Museum of Lissone (MB). In 2016 he has been included in the exhibition “Dark Ages”, the Aeroplastic Contemporary gallery , Brussels. His works are in important private and public collections in Italy and abroad (Bertolini Collection, Museo del ‘900 - Milano, JP Morgan Chase Art Collection -New York). He lives and works in Milan since 2008. In his work Umberto Chiodi uses a strong focus on making manual, which is expressed in the practice of drawing, collage and assemblage. From the beginning, his aesthetic research has always set as transmuting and interpreting, prone to hybridization, the deconstruction and dissemination. Chiodi re-articulates elements taken from the past and the recent culture; his vision is plural and at the same time is a ‘filtering operation, the result of a new consciousness of time and of the present. 121
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Paper Engineering
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Popup antichi
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Marion Bataille
France
Marion Bataille, graphic designer, è nata a Parigi nel 1963. È attualmente una tra gli autori ed illustratori di libri per bambini più di successo. Se analizziamo uno dei suoi lavori, 10, saremo sicuramente colpiti dalla polverizzazione dei valori visivamente simbolici dei numeri che si compie ad ogni giro di pagina, per poi ricomporsi in una figura riconoscibile alla disgregazione del numero successivo. I libri sono certamente creati con intenti didattici per un pubblico di bambini, ma a noi interessa la valenza “architettonica” che Marion Bataille riesce a trasferire ai suoi simboli. Marion Bataille, graphic designer, was born in Paris in 1963. She is currently one of the most successful authors and illustrators of books for children. If we analyze one of his works 10 we will be fascinated by the pulverization of visually symbolic values of the numbers which is fulfilled at every turn of the page, and then recompose into recognizable figure in the break-up of the next number. The books are certainly created with didactic intent for an audience of children, but we are interested in the “architectural” way that Marion Bataille can transfer to her symbols.
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Dario Cestaro
Italy
Dario Cestaro nasce a Venezia nel 1971. Frequenta il liceo Artistico poi l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Tra gli anni 90 e il 2000, pur mantenendo la dedizione verso il disegno, si dedica a molteplici esperienze nel mondo dello spettacolo lavorando come animatore nei villaggi turistici e mimo presso enti lirici. Dal 2000 inizia a elaborare progetti editoriali per poi proporli in occasione della fiera del libro di Bologna. Nel 2002 un editore si dimostra interessato ad un progetto ma ne chiede una versione pop-up. Ne esce la prima pubblicazione in 3D a cui faranno seguito circa una settantina tra libri e giocattoli. Dal 2007 collabora con i Musei Civici Veneziani come operatore didattico tenendo laboratori e workshop di cartotecnica e scultura. Nel 2012 dedica a Venezia il libro pop-up “I Tesori di Venezia” edito dalla casa editrice Marsilio. Il fortunato libro aprirà la collana dedicata alle città d’arte, a cui faranno seguito “Le meraviglie di Firenze”, “Magnifica Milano” e “Roma”. Dal 2016 è docente presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia dove tiene il corso Tecnologia della Carta. Dario Cestaro was born in 1971 in Venice, where he attended the Art college (Liceo Artistico) and the Academy of Fine Arts (Accademia delle Belle Arti di Venezia) . During the 90s and 00s, while keeping his passion for drawing alive, he’s involved in several experiences in the show business acting as entertainer in tourist villages and as mime at lyrics theaters. In 2000 he starts different editorials projects, presenting them at the Bologna Children’s Book Fair. During the 2002 edition he meet an Italian Editor who push him to prepare a 3D version of one of his project. It was his first pop-up book. Nowadays he has published around seventy pop-up books and pop-up toys. In 2012 he prepared a pop-up book inspired to Venice called “the venice’s treasures” and published with Marsilio edition. The lucky book was the first of a collection dedicated to the Italian artistic town, followed by “marvelous things in Florence” the wonderful Milan” and “Rome”. In 2007 he started to cooperate with the Venetian Civic Museums as a teacher, holding workshops in papermaking and sculpture. Since 2016 he’s Professor at the Academy of Fine Arts in Venice where he teaches Paper Technology.
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Red Grooms USA
Red Grooms è nato a Nashville, Tennessee nel 1937 nel mezzo della grande depressione . Appartiene ad una generazione di artisti che, come dice Swenson, “ha preso il mondo troppo sul serio per non essere divertito da esso.” Come osserva Judith Stein, “ l’umorismo di Grooms ha una vena di assurdo, pieno di energia impetuosa e di “parole che giocano “contro le convenzioni della vita quotidiana. Red Grooms was born in Nashville, Tennessee in 1937during the middle of theGreat Depression Red Grooms belongs to a generation of artists who, in Swenson’s words, “took the world too seriously not to be amused by it.” As Judith Stein notes, “At times Grooms’s humor has an absurdist streak, full of the impetuous energy and preposterous puns that plays off against the mundane conventions of daily life.
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Katsumi Komagata Japan
Katsumi Komagata è nato nella provincia di Shizuoka, in Giappone, nel 1953. Fonda l’agenzia One Stroke, che pubblicherà i suoi libri composti da carte che si complicano nelle forme e nel gioco dei colori, contribuendo ad affinare intelligenza e sensibilità. Komagata ha inoltre curato allestimenti e cataloghi di alcune mostre, tra cui quella organizzata in occasione del centenario di Bruno Munari all’Itabashi Museum di Tokyo nel 2007, e diretto i lavori di miglioramento di spazi pubblici, come la sezione pediatrica dell’ospedale universitario di Kyusho in Giappone. Nelle sue opere appaiono silohuettes colorate di personaggi, animali, piante e oggetti che prendono vita tra le pagine di un libro. Non un semplice libro per bambini, ma un accurato lavoro di design. I libri di Katsumi Komagata emozionano grandi e piccoli con storie semplici e personaggi che emergono da un fantastico mondo di carta, dai colori vividi ma delicati e dalle linee pulite ed essenziali, tipiche della cultura giapponese. Servendosi di un materiale semplice e sensibile come la carta, l’autore costruisce forme che conducono alla scoperta di universi inattesi e mondi fantastici, fatti di pieghe e fori, tagli e ritagli, ruvidezze e setosità, forme e colori. L’artista viene considerato erede e continuatore del progetto artistico e didattico di Bruno Munari: progetto che porta avanti non solo con libri del tutto originali, ma anche attraverso giochi visivi e tattili, collage e creazioni grafiche che stimolano la fantasia e la creatività dei bambini. Katsumi Komagata was born in the province of Shizuoka (Japan) in 1953. He founds the agency One Stroke, which will publish his books consist of cards that are complicated in form and color game, helping to sharpen intelligence and sensitivity. Komagata has also curated exhibitions and catalogs of several exhibitions, including one organized on the occasion of the centenary of Bruno Munari at the Itabashi Museum in Tokyo in 2007, and directed the improvement of public spaces works, such as the University Hospital pediatric section kyusho in Japan. In his works appear Silohuettes colorful characters, animals, plants and objects that come to life between the pages of a book. Not just a children’s book, but an accurate design work. The books of Katsumi Komagata excite children and adults with simple stories and characters emerging from a fantastic world of paper with vivid but delicate colors ,with clean and essential lines, typical of Japanese culture. Using a simple and sensitive material such as paper, the author builds forms which lead to the discovery of unexpected and fantastic worlds universes, made of folds and holes, cuts and scraps, roughness and smoothness, shapes and colors. The artist is considered the heir and successor of the artistic and educational project of Bruno Munari: a project that he carries on not only with his totally original books, but also through visual and tactile games, collage and graphic creations that stimulate the imagination and children’s creativity. 140
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David Pelham UK
David Pelham è nato nel 1938 in Inghilterra, dove vive e lavora. Negli Anni Settanta è stato art director della Penguin Books, realizzando celebri copertine come quelle di A Clockwork Orange di Anthony Burgess del 1972. Nella sua lunga carriera ha prodotto più di 70 libri pop-up per bambini. Le sue opere di grafica e disegno sono state esposte al MoMa di New York, allo Stedelijk Museum di Amsterdam e al Victoria & Albert Museum di Londra. Amico dell’artista italo-inglese Edoardo Paolozzi, David Pelham ha dipinto un considerevole numero di quadri. “A mio avviso il senso di eterno silenzio che ho cercato di realizzare in questi quadri dovrebbe essere rotto solo dal rumore della TV. Se fosse possibile, questo dipinto dovrebbe avere un sottofondo audio con la musica di Micky Mouse e la sua voce stridula che si sovrappone alla radio gracchiante: una cacofonia frastagliata che porta una particolare storia d’amore per me.” David Pelham was born in 1938 in England, where he lives and works. In the seventies he has been art director of Penguin Books, creating famous covers such as A Clockwork Orange by Anthony Burgess in 1972. In his long career he has produced more than 70 pop-up books for children. His works of graphics and design have been exhibited at the MoMa Museum in New York, the Stedelijk Museum in Amsterdam and at the Victoria & Albert Museum in London. Friend of the Italo-English artist Edoardo Paolozzi, David Pelham has painted a considerable number of works. “To my mind the sense of eternal silence I tried to accomplish in these pictures should be broken only by the TV sound. If it were possible, this painting should have a sound background with the music of Micky Mouse and his shrill voice that is superimposed on the radio set: a jagged cacophony that takes a particular love story for me.”
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Matthew Reinhart USA
Matthew Christian Reinhart (nato nel 1971) è uno scrittore e grafico americano di libri pop-up per bambini e di libri illustrati. A New York, incontra l’autore di libri per bambini Robert Sabuda, con il quale inizia a collaborare. L’anno successivo, Reinhart frequenta il Pratt Institute di Brooklyn nella sezione di disegno industriale, concentrandosi nella progettazione di giocattoli, anche se i suoi veri interessi si sono rivolti all’ingegneria della carta. Dopo aver lavorato con Sabuda sui libri come Il Mago di Oz, A B C Disney e Mother Goose, Reinhart fece il proprio autonomo ingresso nel campo del libro pop-up con Libro delle fobie. Premiato varie volte per i suoi libri pop-up, tra cui: Cenerentola, Star Wars: The Pop-Up Guida alla galassia e Mamma? (Maurice Sendak e Arthur Yorinks). E’ il creatore, con Robert Sabuda, di tre volumi pop-up: Encyclopedia Prehistorica, editi dal New York Time. L’ultima serie di pop-up del gruppo è Encyclopedia Mythologica assieme a Fate e Creature Magiche. Reinhart continua a lavorare e vivere a New York. Matthew Christian Reinhart (born in 1971) is an American writer and illustrator of children’s pop-up books and picture books. In New York, he met children’s book author Robert Sabuda, with whom Reinhart started a working partnership. The following year, Reinhart attended to the Pratt Institute in Brooklyn as an industrial design major, concentrating in toy design, though his interests eventually evolved to paper engineering. After working with Sabuda on books such as The Wonderful Wizard of Oz, A B C Disney and Movable Mother Goose, Reinhart made his first entry into the pop-up book field with The Pop Up Book Of Phobias. Reinhart has created many award-winning pop-up books, including Cinderella, Star Wars: The Pop-Up Guide to the Galaxy and Mommy? (by Maurice Sendak and Arthur Yorinks). He is the co-creator with Robert Sabuda of the New York Timesbest-selling three-volume pop-up series Encyclopedia Prehistorica. The team’s latest pop-up series is Encyclopedia Mythologica which leads off with Fairies and Magical Creatures. Reinhart continues to work and live in New York City. 144
Robert Sabuda USA
Robert Sabuda e’ nato a Wyandotte, Michigan nel 1965 e cresciuto a Pinckney, Michigan. Le sue abilità artistiche sono emerse fin da giovane. Ha frequentato il Pratt Institute di New York City. Il suo interesse specifico nella paper-engineering 3-D è nata con un regalo: un libro illustrato da Vojtěch Kubašta .Il riconoscimento internazionale è arrivato nel 1994 . Sabuda fa fare alla carta cose strane. Un tornado gira sul suo asse e invade tutta la prateria (“The Wonderful Wizard of Oz”). Una grossa mongolfiera si libra sopra la pagina, sospesa da due stringhe attaccate a bastoncini di legno. Cento piccole carte da gioco esplodono fuori dal suo pop-up (Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie), e volano in un tutte le direzioni. Robert Sabuda e ‘nato a Wyandotte, Michigan nel 1965 e cresciuto a Pinckney, Michigan. Le sue abilità artistiche sono emerse fin da giovane. Ha frequentato il Pratt Institute di New York City. Il suo interesse specifico nella paper-emgineering 3-D è stata nata dal regalo di un libro illustrato da Vojtěch Kubašta. Il riconoscimento internazionale è arrivato nel 1994 .E’ considerato uno dei pù grandi “creatori” di libri pop-up per bambini ( e non solo). Robert Sabuda and was born in Wyandotte, Michigan in 1965 and raised in Pinckney, Michigan. His artistic abilities emerged since his youth. He attended the Pratt Institute in New York City. His specific interest in paper-engineering 3-D was born from the gift of a picture book by Vojtěch Kubašta. Great international recognition came in 1994. Robert Sabuda makes the paper do strange things: a tornado spins around its axis and invades the prairie ( The Wonderful Wizard of Oz). A large balloon hovering over the page, suspended by two strings attached to wooden sticks. One hundred small playing cards exploding out of his pop-up Alice’s Adventures in Wonderland, and flying in a all directions. The Sabuda pop-ups do not just emerge from the book: float, capsize, revolve. His books are works of engineering structures, drawing and storytelling. Always start with the construction of a three-dimensional prototype of white card without preliminary drawings or computer simulations. As an illusionist ,he test, change, listen to the noise of the paper: a creaking noise means that a piece is still blocked. He is considered one of the most important ” builder” of pop-up children books ..(but not only) 145
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Arte Digitale Digital Art
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Marotta&Russo
Italy
Marotta & Russo sono un duo di artisti. La loro ricerca disegna i confini espressivi e concettuali di un personale neoumanesimo digitale votato alla sperimentazione dei linguaggi e delle logiche post-digitali contemporanee. Stefano Marotta è nato a La Chaux de Fonds (CH) nel 1971, vive a Udine (I). È docente alla scuola di “Nuove Tecnologie per le Arti” dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Roberto Russo è nato a Udine (I) nel 1969, dove vive attualmente. È docente alla scuola di “Nuove Tecnologie per le Arti” dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Marotta & Russo is a duo of artists. Their research draws the expressive and conceptual boundaries of a digital neo-humanism staff voted to experimentation of languages and post-contemporary digital logic. Stefano Marotta was born in La Chaux de Fonds (CH) in 1971, he lives in Udine (I). He teaches in the school of “New Technologies for the Arts”, Accademia di Belle Arti in Venice. Roberto Russo was born in Udine (I), where he lives, in 1969. He is a lecturer in the school of “New Technologies for the Arts’ Academy of Fine Arts in Venis.
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Solo per la tua Felicità Quando siamo giù, andiamo su eBay a rileggere i feedback che abbiamo ricevuto, per tempo e nel tempo. E così siamo & siamo tutti/tutto 100% positivi. E così buoni. E così bravi. Proprio bene/i. M&R 152
Only for Your Happiness When we are down we go on eBay to read again the feedbacks we have received, in time and during time. So we are & we are all 100% positive. And so good. And so kind. Really good(s). M&R 153
Young
Lavori eseguiti da alcuni studenti dell’Accademia di Venezia Works of some students of the Venice Accademy of Art
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