L'Industria delle Carni e dei Salumi - 08/20

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Carni Salumi

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Poste Italiane - Spedizione in abbonamento postale DL 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1, comma 1, DCB Milano

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LE DIFFICOLTÀ DEL SETTORE E LE PROSPETTIVE PER LA RIPRESA NE PARLIAMO CON IL DIRETTORE DI ASSICA, DAVIDE CALDERONE AGOSTO-SE TTEMB R E 2 0 2 0 N ° 0 8


L’industria delle

Carni Salumi

Aforismi in cucina

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Cucina non è mangiare.

È molto, molto di più. Cucina è poesia.

(Heinz Beck)

AGOSTO-SETTEMBRE 2020 N°08

Direzione e amministrazione Milanofiori, Strada 4 Palazzo Q8

SOMMARIO

20089 Rozzano (MI) Tel. +39 02 8925901 (6 linee) assicaservice@assicaservice.it www.assica.it Direttore responsabile

primo piano A colloquio con il direttore di ASSICA, Davide Calderone............................................................ 3

comunicazione

Alfredo La Stella

Measure what matters: il primo programma verso la sostenibilità targato IVSI........................... 7

Redazione

IVSI torna al Salone della CSR e dell’innovazione sociale............................................................ 8

Andrea Aiolfi Giada Battaglia Loredana Biscione Silvia Bucci Davide Calderone Augusto Cosimi Laura Falasconi Tiziana Formisano Gianluigi Ligasacchi Monica Malavasi Sara Margiotta Fabio Onano Giovannibattista Pallavicini Stefano Parisi Viviana Romanazzi Andrea Rossi Francesca Senna Michele Spangaro Stefania Turco Registrato presso il Tribunale di Milano in data 24 gennaio 1951 con n. 2242 Impaginazione Studio ABC Zone Via Angelo Moro 45 20097 San Donato Mil. (MI) Tel. +39 02 57408447 info@abcz1.it

export Brexit: riprendono i negoziati nonostante le tensioni................................................................... 9

Reggiani Print srl Via Dante Alighieri, 50 21010 Brezzo di Bedero (VA) Tel. +39 0332 549533 Fax +39 0332 546426 Pubblicità ASSICA SERVICE Srl Milanofiori, Strada 4 Palazzo Q8 20089 Rozzano (MI) Tel. +39 02 8925901 (6 linee) lastella@assicaservice.it

Poveri toscani!............................................................................................................................. 9

attualità La ristorazione può superare la crisi?............................................................................................ 10 Salumi e pane.............................................................................................................................. 10 Gravi lutti nel mondo della salumeria italiana............................................................................. 12 Industria dello champagne in ginocchio: “Crisi peggio della Grande Depressione”..................... 12

17 settembre 2020

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Primo caso di Peste suina africana in Germania ......................................................................... 13

emozioni del gusto Renato Bosco - PIZZA CRUNCH® con il prosciutto crudo............................................................ 14

economia Pubblicato il Rapporto Agenzia ICE 2019-2020........................................................................... 17

La ristorazione può superare la crisi?

carni sostenibili L’importanza dei cibi di origine animale ...................................................................................... 19

Europa alimentazione 4.0 Grasso necessario e bello............................................................................................................. 25

prodotti tutelati

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Al via “buona per ogni momento” la campagna digital della Mortadella Bologna .................... 26 Salame Felino IGP: tra cibo e cultura, a settembre Felino celebra il suo prodotto simbolo........... 26

aziende informano Brenntag Food & Nutrition Italia ha messo a punto CARNIBRINE TOTAL PR................................ 20 A colloquio con Marco Weiss, AD di Techpartner Srl..................................................................... 25

Chiuso in tipografia il

Il primo programma verso la sostenibilità

libro del mese

Il Green Deal europeo ................................................................................................................. 22 Stampa

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Primo caso di PSA in Germania


primo piano di Alfredo La Stella

A colloquio con il direttore di ASSICA, Davide Calderone Una chiacchierata a 360 gradi sui temi caldi che stanno interessando il settore della salumeria italiana Facciamo il punto con il direttore di ASSICA, Davide Calderone, sulle problematiche che hanno interessato il nostro settore a partire dallo scorso anno e sulle prospettive future.

Direttore, stiamo vivendo un periodo parecchio complicato per il settore, a partire dalla crisi del 2019 per l’aumento del costo della materia prima a causa della Peste suina africana in Cina. Qual è la situazione oggi? Tutti ricordiamo come il 2019 sia stato un anno particolarmente complesso per i nostri salumifici, caratterizzato dal forte aumento dei prezzi della carne suina, dovuti alla diffusione della PSA in Cina e al conseguente aumento della domanda internazionale. La ricostituzione del patrimonio suinicolo cinese non può che avvenire con gradualità, e i mercati internazionali si stavano assestando su queste prospettive. Poi è arrivata la pandemia da COVID-19 e i prezzi della carne suina hanno mostrato a partire dal mese di febbraio un forte ridimensionamento fino al mese di giugno per poi tornare a crescere a partire da luglio. Una tendenza rilevata a livello mondiale, come si può ricavare anche dall’indice dei prezzi della carne della FAO, che mostra come i prezzi della carne suina siano aumentati in agosto dopo quattro mesi di ribassi consecutivi. Secondo la FAO, il recente aumento dei prezzi della carne suina sarebbe determinato da un’impennata delle importazioni cinesi (che hanno raggiunto le 548.000 tonnellate a luglio, un altro record). A fronte di questo incremento la disponibilità di carne suina si è, nel frattempo, ridotta a causa dei pesi di macellazione più leggeri, fenomeno tipicamente estivo, e in ragione delle chiusure prolungate degli impianti in alcuni Paesi produttori. La recentissima comparsa della PSA in Germania, con la conseguente chiusura delle esportazioni tedesche verso la Cina e altri Paesi asiatici non contribuisce certo a stabilizzare mercati e prezzi; sicuramente assisteremo nelle prossime settimane a un brusco calo dei prezzi delle carni suine europee, con ripercussioni sul mercato nazionale. Occorre infine ricordare che alcuni problemi emersi nel corso del 2019: Brexit (il disconoscimento dei salumi DOP/IGP da parte di Londra pare ormai scontato), dazi USA (nella nota disputa Airbus-Boeing a far le spese dei dazi americani sono stati anche i salumi), e diffusione della PSA anche in Europa sono ancora sul tavolo e richiedono di essere seguiti con la massima attenzione.

Si parla molto di dialogo all’interno della filiera del comparto. Quanto è importante questo aspetto e dove non si sono ancora raggiunti gli obiettivi sperati. Le parole filiera e interprofessione sono da tempo comuni tra gli attori del comparto suinicolo, anche se di fatto siamo ancora lontani da risultati concreti. I diversi anelli della filiera non sempre riescono a dialogare in maniera costruttiva: ASSICA sta lavorando su diversi fronti per favorire la collaborazione tra gli operatori, allo scopo di valorizzare al meglio le produzioni. È senz’altro un percorso complesso, che non può non tenere conto delle mutate esigenze dei consumatori in tematiche ambientali ed etiche, ma che è necessario percorrere insieme. Nei prossimi mesi, con l’approvazione dei nuovi disciplinari di produzione dei prosciutti di Parma e di San Daniele, sarà fondamentale uno stretto lavoro di filiera per superare le normali dinamiche commerciali e collaborare insieme alla valorizzazione delle due eccellenze made in Italy del

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nostro comparto, anche attraverso l’impegno costante a renderesempre più moderno ed efficiente il sistema di controllo delle produzioni tutelate.

Parliamo ora dell’attività di ASSICA durante l’emergenza COVID. Puoi riassumere le principali azioni svolte dall’Associazione a sostegno del settore in questo periodo? L’emergenza pandemica ha messo alla prova anche l’Associazione, ma sono convinto che nonostante le difficoltà inevitabili, ASSICA sia riuscita a garantire il servizio e il supporto alle proprie aziende ad ogni livello. Fin dall’inizio dei primi focolai il presidio di Assica sul territorio si è intensificato per garantire l’operatività in sicurezza a tutti gli associati. Le nostre aziende sono per natura e per tipologia di attività particolarmente attente ad adottare le più severe misure di sicurezza igienico sanitaria e non sono, dunque, state colte di sorpresa dall’emergenza. Tuttavia, si è reso necessario un supporto nell’interpretare e applicare le differenti norme regionali in coordinamento con quelle nazionali, lavoro che è stato puntualmente svolto dall’Associazione. ASSICA, inoltre, ha ritenuto di dover anticipare i tempi, rendendo pubblico, già prima delle istruzioni governative del 14 marzo, un protocollo di comportamento negli ambienti di lavoro volto a contenere il rischio del contagio. Particolarmente vivo è stato, poi, il contatto con le Istituzioni con le quali si è intensificato lo scambio di informazioni e puntuali dettagli sull’andamento delle attività al fine di delineare le misure di intervento più efficaci possibili a sostegno del comparto. Per sostenere le imprese, ASSICA si è attivata per chiedere interventi a 360 gradi finalizzate a garantire non solo la sopravvivenza delle aziende ma anche la loro ripartenza. Abbiamo, inoltre, chiesto misure di intervento in ogni anello della filiera, dalla vendita al consumatore fino all’allevamento. Abbiamo sollecitato e attivamente contribuito a interventi come il tavolo indigenti, che sono indispensabili e particolarmente efficaci a livello di sistema Paese perché consentono un sostegno alla popolazione bisognosa favorendo al contempo il mantenimento della capacità produttiva. Un lavoro che prosegue incessantemente per affrontare anche la fase di piena riapertura con condizioni e abitudini completamente nuove rispetto al passato: per questo stiamo lavorando con il Governo ad un piano specifico per sostenere la filiera suinicola in Italia e all’estero. Gli sforzi sul piano della comunicazione e della trasparente informazione a tutti i consumatori circa l’andamento delle nostre attività si sono moltiplicati esponenzialmente: abbiamo cercato con ogni forza di far capire soprattutto che nonostante le pesanti difficoltà effettive denunciate da tutti gli operatori (perdita del 25% del fatturato, carenza di personale, difficoltà operative per necessità di turnazione e distanziamento) il settore non avrebbe mai fatto mancare il prodotto dagli scaffali dei supermercati al fine di scongiurare comportamenti dettati dall’ansia che avrebbero solo aumentato il rischio di contagi. Direi che a parte casi sporadici, si sono evitati assalti indiscriminati ai banconi. Questa è già una piccola soddisfazione. Potrei continuare in un lungo (e noioso) elenco di attività che abbiamo svolto sempre con orgoglio, per il bene delle nostre aziende associate e dell’intero settore, ma preferisco rubare una riga per ringraziare tutti i collaboratori di ASSICA che hanno reso possibile che l’Associazione non si fermasse mai un minuto, a volte proprio letteralmente.

In che misura la pandemia da COVID-19 ha cambiato il settore e la nostra vita? La diffusione del Covid-19 è stato un vero e proprio shock che sta profondamente mutando lo stile di vita e le abitudini di ciascuno di noi, comportando dei mutamenti che ovviamente cambiano il mercato e con esso anche le logiche delle aziende. Nei mesi di gennaio e febbraio il settore registrava qualche piccolo miglioramento rispetto alla fine del 2019: si era compreso che l’aumento dei prezzi della carne suina non sarebbe stato un fenomeno passeggero e si stava correndo ai ripari. Anche l’export mostrava dei segnali positivi e si stava cercando di ridisegnare le opportune strategie per affrontare le mutate condizioni di mercato. Il lockdown e la chiusura del canale HO.RE.CA. hanno determinato una profonda caduta di produzione e vendite. Sul fronte delle vendite, si è registrato un calo repentino di oltre il 20% della domanda interna e un rallentamento degli scambi con i Paesi che hanno adottato provvedimenti simili a quelli italiani, ovvero tutti i principali mercati di destinazione delle esportazioni dei nostri salumi (Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti). Basti pensare che nel secondo trimestre 2020 le nostre esportazioni di salumi hanno registrato un -16,3% in quantità e un -4,3% in valore. Per quanto riguarda il mercato interno al problema della chiusura dell’HO.RE.CA. si è sommata la sofferenza del banco taglio nella GDO (le c.d. vendite a peso variabile). A causa delle mutate abitudini dei consumatori, infatti, gli acquisti sono stati indirizzati prevalentemente verso prodotti a più lunga scadenza (i c.d. preconfezionati a peso imposto), in grado di velocizzare le fasi di acquisto. Al riguardo è opportuno sottolineare che la crescita degli acquisti a peso imposto nella GDO, che sicuramente hanno rappresentato una risorsa importante, ha compensato la flessione del peso variabile, almeno fino alla Continua a pag. 5

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primo piano Segue da pag. 3 fine di giugno. Tale crescita, però, non ha compensato la perdita dovuta alla chiusura dell’HO.RE.CA. Sul fronte della produzione le misure di contenimento adottate all’interno degli stabilimenti, unitamente alle mutate esigenze di gestione del personale hanno determinato un rallentamento sulle linee di produzione. Nel nostro Paese il cammino per ritornare ai livelli preCOVID appare ancora lungo: molto dipenderà dalla capacità di contenere i contagi in autunno e da quella di intercettare i nuovi bisogni emersi con i mutati stili di vita, come ad esempio il ricorso allo smart working. La domanda di carne suina però rimane elevata a livello mondiale e quindi è lecito attendersi una tenuta dei prezzi al netto di ulteriori shock.

Rimanendo in tema di emergenza sanitaria ed economica, come giudichi gli aiuti della Commissione europea a sostegno dell’economia italiana. L’UE ha messo a disposizione per l’Italia fino ad oggi: 15-20 miliardi dal fondo SURE (per il finanziamento della cassa integrazione); 35 miliardi dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI); 36 miliardi dall’attivazione Linee credito dal MES; 6-7 miliardi dai residui del bilancio UE 2014-2020 (senza cofinanziamento); 90 miliardi come prestiti dal fondo “Next Generation UE”; 80 miliardi come sovvenzioni a fondo perduto sempre dal “Next Generation UE”. Si tratta di una cifra enorme che rappresenta circa il 15% del nostro PIL. Se aggiungiamo che la BCE (Banca Centrale Europea) comprerà circa 110-120 miliardi di euro di debito italiano nel 2020, e altri successivamente, si vede come il sostegno UE all’Italia si avvicinerà ai 500 miliardi, quasi il 30% del PIL nel giro di un paio d’anni. Qualcosa di veramente colossale. Senza quest’aiuto, soprattutto della BCE nella prima fase della crisi, le cose sarebbero state ben peggiori. Tuttavia, tranne gli 80 miliardi di sovvenzioni, tutto il resto sono prestiti. Utili perché necessari per ripartire, e con un tasso quasi nullo, cosa che l’Italia non otterrebbe da sola sui mercati. A garanzia l’Europa ci chiede cose ragionevoli che costano (ambiente, digitalizzazione) e cose ragionevolissime che non costano niente come riforme strutturali per far crescere il nostro Paese, dalla riforma del sistema fiscale, a quella del mercato del lavoro, dalla maggiore efficienza della pubblica amministrazione (inclusa l’istruzione) alla riduzione dei tempi della giustizia. Si tratta di un’occasione che non possiamo permetterci di perdere.

apprezzamento per il “Patto per l’Export”, che raccoglie le istanze espresse dalle principali Associazioni di categoria nel percorso di ascolto coordinato dalla Farnesina e inaugura una strategia condivisa di sostegno pubblico all’internazionalizzazione delle imprese. I sei pilastri sui cui si fonda il Patto (Comunicazione; Promozione Integrata; Formazione/ Informazione; Sistema fieristico; Commercio digitale; Finanza agevolata) si stanno concretizzando in molteplici iniziative, azioni e programmi condivisi: dall’adozione delle misure del Piano Straordinario di promozione del made in Italy, alla pubblicazione dei bandi per Temporary/Digital Export Manager, alla più immediata organizzazione dei seguitissimi Webinar di approfondimento su Paesi/mercati target per le nostre produzioni. Le risorse a disposizione sono consistenti e, se ben investite, consentiranno davvero di rilanciare il nostro export nel mondo. Ma è bene che non si disperdano in troppi rivoli: per questo mi piacerebbe che le Associazioni di categoria potessero svolgere il ruolo di coordinatori per indirizzare le azioni a favore del settore e per aiutare a “scaricare a terra” con tempestività, la forza di impatto delle risorse disponibili..

Si sta lavorando alla nuova edizione di TUTTOFOOD. Un’edizione particolarmente importante in un momento delicato per il sistema fieristico. In che modo ASSICA può contribuire alla buona riuscita della manifestazione? ASSICA organizzerà anche in questa edizione alcuni incontri sui temi che più interessano le aziende in un’area dedicata: un ciclo di eventi formativi per gli operatori, tenuti dai funzionari dell’associazione che ogni giorno si interfacciano con le istituzioni nazionali e comunitarie. Per la prossima edizione stiamo pensando anche ad alcune novità, per mostrare le tante caratteristiche dei prodotti del settore, a cui stiamo lavorando con l’organizzazione. Poi saremo come sempre presenti con uno stand istituzionale in cui incontrare le aziende e spiegare come i nostri servizi siano di aiuto al loro business. TUTTOFOOD è una delle manifestazioni fieristiche che più possono aiutare il made in Italy alimentare a crescere nel mondo, grazie al suo forte carattere internazionale. La nostra collaborazione con TUTTOFOOD mira a far conoscere le opportunità di business che la fiera offre, soprattutto sui mercati esteri, consapevoli del fatto che è soprattutto nell’export che ci sono i margini di sviluppo maggiore per il nostro comparto.

della carne di suino. L’origine del prodotto deriva dal luogo in cui l’alimento ha subito l’ultima trasformazione sostanziale. La materia prima, di cui peraltro in Italia siamo carenti, viene trasformata dalle nostre aziende, che valorizzano il prodotto trasformato con procedimenti lunghi e che perpetuano le competenze specialistiche sviluppate con la tradizione salumiera italiana. Assica è da sempre favorevole alla trasparenza delle informazioni al consumatore, e ci sono moltissimi esempi di indicazioni di origine della materia prima su base volontaria. L’obbligo normativo, peraltro solo nazionale, comporterà un aggravio di costi per le aziende non secondario; è necessario in tal senso che vengano pubblicate quanto prima le indicazioni operative per adempiere alla norma.

Altra questione spinosa è il rinnovo del CCNL dell’Industria alimentare. Lo scorso il 31 luglio alcune associazioni di categoria hanno siglato l’accordo. Qual è la tua opinione in merito? Il rinnovo del CCNL sta attraversando una fase molto delicata. Come ricordato, il 31 luglio scorso Ancit, Assobirra e Unionfood hanno siglato un accordo con le organizzazioni sindacali FAI, FLAI e UILA. ASSICA e altre 10 associazioni industriali del settore alimentare non hanno sottoscritto tale accordo per mancata convergenza sulle richieste salariali, ma anche su alcuni importanti passaggi normativi. Si tratta evidentemente di una situazione inedita, che apre una fase di profonda riflessione all’interno di Federalimentare. Federalimentare e anche Confindustria hanno più volte ribadito con fermezza che si tratta solo di un accordo di settore, che in nessun modo può essere definito accordo di rinnovo CCNL Industria Alimentare. Nonostante la mediazione di Confindustria, le Organizzazioni sindacali hanno deciso di prorogare ulteriormente dal 14 settembre il blocco delle flessibilità, degli straordinari e delle prestazioni aggiuntive. Inoltre, sono state decretate 4 ore di sciopero, da svolgersi a inizio e/o fine turno, dal 9 ottobre con modalità da decidersi nei territori. Nonostante la difficile situazione, va rilevata la compattezza delle Associazioni settoriali e la forte condivisione e presidio di Confindustria, che intende ribadire in ogni sede il rispetto dei principi del Patto della Fabbrica. Sono previste ulteriori momenti di confronto in sede di Federalimentare e in Confindustria. ASSICA e le altre Associazioni, con il coordinamento di Federalimentare, sono disposte a riprendere il dialogo per giungere a sottoscrivere un’intesa per il rinnovo del CCNL, una volta risolte le questioni pregiudiziali e fondamentali.

Parliamo ora di etichettatura di origine dei salumi. Hai dichiarato che sono state scritte molte inesattezze su questo tema. Puoi spiegare meglio? Un’ultima domanda. Si parla molto delE attesa in questi giorni (alla data del 16-09-2020 NDR) la fusione di ASSICA con UnaItalia. la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministe- Quando è previsto e cosa prevede l’acCome prima cosa dobbiamo cominciare a raccogliere i riale sull’indicazione obbligatoria del luogo di prove- cordo? L’export è da sempre volano del nostro settore. Ultimamente ha però evidenziato un forte rallentamento. Cosa fare per far ripartire le esportazioni di salumi?

frutti del grande lavoro che le Autorità sanitarie italiane hanno realizzato al fine di arrivare ad ottenere l’eradicazione della Malattia vescicolare del suino dal Paese: questa malattia, che per molti anni ha limitato le nostre esportazioni, nel febbraio 2019 è finalmente stata debellata. Il nuovo status dell’Italia di Paese free da MVS consente ora al nostro Ministero della Salute di avviare nuove trattative con le Autorità dei Paesi terzi per ridefinire le condizioni per l’esportazione dei prodotti suini, con l’obiettivo di ottenere l’apertura alle carni fresche, ai prodotti a breve stagionatura di mercati importanti come la Corea del Sud, Singapore, l’Australia e molti altri. Ma l’apertura di nuovi mercati, così come il rafforzamento di quelli già conquistati, deve essere affiancata e supportata da iniziative di comunicazione e di promozione dei nostri prodotti. Abbiamo, per questo, espresso il nostro

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nienza nell’etichetta delle carni suine trasformate, che entrerà in vigore dopo sessanta giorni dalla data della sua pubblicazione e si applicherà in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2021. Come ho già detto in altre occasioni, sul tema sono state dette e scritte molte inesattezze, lasciando intendere che l’indicazione dell’origine della carne suina garantisse maggior sicurezza al prodotto e che fosse l’unico elemento importante per definire provenienza e qualità di un salume. È bene sottolineare come la normativa in materia di sicurezza ha origine comunitaria ed è applicata con molto rigore in Italia; i nostri prodotti sono sicuri a prescindere dalle indicazioni in etichetta, che riguardano una corretta informazione al consumatore. Quanto all’origine, innanzitutto bisogna chiarire la differenza tra origine del prodotto e origine della materia prima, nel nostro caso

Nel corso degli ultimi mesi, il percorso di creazione di un soggetto associativo unico tra ASSICA e UnaItalia ha purtroppo subito un rallentamento, causato dalla contingenza della pandemia da COVID-19. Tuttavia, anche in questo periodo si sono confermate le forti affinità tra le Associazioni su molte tematiche comuni e non è mancata la stretta collaborazione in diversi ambiti. In questa fase, io e la collega Lara Sanfrancesco stiamo lavorando con le rispettive strutture per valutare il migliore assetto organizzativo per valorizzare la massimo le risorse e per garantire la massima efficacia dell’azione di rappresentanza: nei prossimi mesi organizzeremo momenti di confronto tra gli Organi direttivi delle due Associazioni, al fine di condividere le soluzioni individuate e stabilire le tappe della fusione. Confido che già nel 2021 si potranno vedere i primi effetti pratici del progetto.

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comunicazione di Monica Malavasi

Measure what matters: il primo programma verso la sostenibilità targato IVSI Il 21 ottobre, a Milano, la presentazione del percorso di formazione indirizzato alle aziende del settore salumi tale da garantire il futuro delle nostre aziende, conclude Pizzagalli.

Dinamiche sempre più pressanti come i cambiamenti climatici, l’emergenza sanitaria, le difficoltà del welfare pubblico, l’emergere di nuovi mercati e la saturazione di quelli sviluppati, richiedono una trasformazione profonda dei sistemi economici e sociali. Questa trasformazione è ormai fondamentale per le aziende che vogliono raccogliere la crescente richiesta, da parte del consumatore, di elevati standard di sostenibilità e trasparenza da parte delle imprese. Sarà infatti indispensabile negli anni a venire, per la sopravvivenza delle aziende nel lungo periodo, che le attività economiche evolvano in modo tale da massimizzare gli impatti positivi sull’ambiente, le persone e la società e ridurre, fino a eliminarli, quelli negativi. Naturalmente senza andare a sacrificare il profitto, fondamentale per il benessere dell’azienda, dei suoi soci, dei dipendenti, dei fornitori e di tutti gli stakeholders. Per questo motivo l’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani (IVSI), attraverso Nativa, azienda che da anni è a fianco delle imprese nello sviluppo di modelli e progetti di sostenibilità, ha deciso di offrire alle aziende di IVSI e di Assica la possibilità di partecipare al programma Measure What Matters (Misura ciò che conta). Il programma si basa sugli strumenti di misurazione delle B Corp, aziende che rispettano i migliori standard di sostenibilità al mondo, sulla base delle metodologie svi-

Francesco Pizzagalli - Presidente IVSI

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luppate da B Lab, ente no profit di cui Nativa è country partner per l’Italia. Il programma Measure what matters - che si svilupperà in quattro incontri di due ore e mezza l’uno, programmati nell’arco di quattro mesi - oltre a presentare i migliori modelli a disposizione delle aziende per la sostenibilità sarà orientato a guidare i partecipanti nella misurazione dell’impatto della propria azienda su quattro aree (Governance, Persone, Comunità e Ambiente) attraverso il B Impact Assessment, lo standard internazionale più diffuso per la misurazione degli impatti sociali e ambientali. Al termine degli incontri le aziende in autovalutazione potranno ottenere il punteggio della propria azienda, elemento importante di consapevolezza e di comunicazione e punto di partenza per una strategia di miglioramento delle proprie performance di sostenibilità. Le aziende che avranno i requisiti per la certificazione B Corp, se vor-

ranno, potranno poi continuare in autonomia il percorso per ottenerla. Il consiglio direttivo dell’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani e le aziende che hanno sottoscritto il manifesto IVSI hanno fortemente voluto questo percorso di formazione verso la sostenibilità per arrivare a creare un modello di sviluppo del settore nuovo e sostenibile - afferma Francesco Pizzagalli, Presidente di IVSI. Oggi i consumatori e gli stakeholders non si accontentano più di prodotti buoni e sicuri ma chiedono alle aziende di avere anche un profilo sostenibile. Con questo programma di formazione ci poniamo l’ambizioso obiettivo di proporre un nuovo modello culturale che aiuti il nostro settore ad affrontare un futuro sempre più incerto e caratterizzato da nuovi paradigmi di consumo. Con la creazione del Manifesto IVSI – la carta dei nostri valori abbiamo arricchito la mission dell’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani; oltre alla comunicazione e promozione dei salumi italiani IVSI assume anche l’importante compito di promuovere un modello aziendale al passo con i tempi e

Paolo Di Cesare, co-founder di Nativa, prima B Corp in Europa, racconta: Il B Impact Assessment è un potente strumento di misurazione a disposizione di un’azienda che le permette, al superamento di un determinato punteggio, di diventare B Corp certificata. Nel mondo è usato da oltre 120.000 imprese e in questo momento migliaia di B Corp stanno emergendo come una soluzione concreta, positiva e scalabile che crea valore per l’intera società. L’Italia ha abbracciato con entusiasmo il concetto di B Corp, che riflette un’anima tipica di moltissime aziende del Paese. A luglio 2020 il movimento delle B Corp ha lanciato una grande campagna di comunicazione chiamata Unlock The Change, dedicata alla sensibilizzazione del consumatore e con lo scopo di fornire un’alternativa concreta e valida dopo il periodo senza precedenti che abbiamo vissuto. Proprio riguardo a questo momento, Di Cesare aggiunge: stiamo attraversando un’epoca di cambiamento. Ce lo dimostra l’impressionante aumento di richieste da parte di aziende con le quali svolgiamo progetti di miglioramento del profilo di sostenibilità. Solo chi riuscirà a integrare nella sua visione i paradigmi sociali e ambientali riuscirà a prosperare nelle decadi future.

Paolo Di Cesare - co-founder Nativa

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comunicazione

IVSI torna al Salone della CSR e dell’innovazione sociale L’Istituto per la terza volta al più grande evento italiano sulla sostenibilità L’intervento al Salone del Presidente IVSI, Francesco Pizzagalli, avverrà all’interno del panel dal titolo “Quando la filiera agroalimentare è sostenibile”, in programma mercoledì 30 settembre, dalle ore 9.00 alle 10.30: si parlerà di filiera agroalimentare sostenibile come ecosistema composto da tanti attori e molte professionalità diverse, che si distinguono per l’attenzione alle esigenze ambientali di salvaguardia delle risorse e di sviluppo equilibrato del territorio, fino alle esigenze sociali, la tutela della salute e dei diritti dei lavoratori. Insieme ad IVSI, ci saranno gli interventi di Andrea Fedrizzi - Responsabile Marketing e Comunicazione di Melinda, Luca Rigotti - Presidente del Gruppo Mezzacorona, Davide Tonon - Sustainability Consultant di Quantis International, Ivano Valmori - CEO & Founder di Image Line, Giovanni Battista Valsecchi - Direttore generale di Generale Conserve/ASdoMAR; coordinatrice del panel sarà invece Laura Ricci - Presidente di Trentino Green Network.

Dopo la partecipazione alle edizioni 2018 e 2019, l’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani torna per la terza volta al Salone della CSR e dell’innovazione sociale, il più grande evento italiano sulla sostenibilità che si tiene ogni anno a Milano presso l’Università Bocconi. L’appuntamento, giunto all’ottava edizione, quest’anno avrà il titolo “I volti della sostenibilità” e andrà in scena il 29 e il 30 settembre. L’edizione 2020 sarà interamente virtuale a causa della pandemia e gli incontri si potranno seguire in live streaming sulla piattaforma del Salone, selezionando gli eventi di proprio interesse fra quelli disponibili. IVSI parteciperà con un intervento del Presidente Pizzagalli sul Manifesto IVSI e su un percorso di formazione dedicato ai temi della sostenibilità, che l’Istituto ha programmato per le aziende del settore in queste settimane e avvierà da fine ottobre. L’obiettivo per questa edizione, dopo aver presentato il Manifesto alle aziende nel 2018 e aver raccontato le prime adesioni nel 2019, è quello di comunicare il cambiamento in atto e di stimolare le aziende ad intraprendere un percorso di miglioramento costante, nel solco dei sette valori della carta elaborata da IVSI e sottoscritta ad oggi da 17 aziende. Per questo l’Istituto sta lavorando a progetti di formazione dedicati agli operatori, che hanno come obiettivo

la promozione della cultura della sostenibilità. Oltre al ruolo di ambasciatore del Made in Italy alimentare, che IVSI svolge da più di 30 anni, si aggiunge quello di promotore della cultura della sostenibilità.

Per seguire l’evento, che prevede partecipazione gratuita è possibile registrarsi al link www.salonecsr2020. it/registration.

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export di Giada Battaglia

Brexit: riprendono i negoziati nonostante le tensioni A seguito della pubblicazione da parte del Governo del Regno Unito del c.d. Internal Market Bill, il 9 settembre 2020, il vicepresidente della Commissione europea, Maroš Šefčovič, ha chiesto una riunione straordinaria del Comitato misto UE-Regno Unito per chiedere a UK di chiarire le sue intenzioni e di rispondere alle serie preoccupazioni dell’UE. Il disegno di legge, presentato da Boris Johnson, infatti, rende sostanzialmente carta straccia l’accordo di recesso britannico e in particolare il protocollo sull’Irlanda/Irlanda del Nord concordato da Regno Unito e Unione europea meno di un anno fa. Il giorno successivo, a Londra, si è svolto un incontro tra Šefčovič e Michael Gove, cancelliere del Ducato di Lancaster. Il Vicepresidente ha dichiarato, senza mezzi termini, che la tempestiva e piena attuazione dell’accordo di recesso, compreso il protocollo sull’Irlanda / Irlanda del Nord, che il Primo ministro Boris Johnson e il suo Governo hanno concordato e che le Camere del Parlamento del Regno Unito hanno ratificato, è un obbligo legale. L’Unione europea si aspetta che i contenuti e lo spirito del presente dell’accordo siano pienamente rispettati. La violazione dei termini dell’accordo di recesso violerebbe il diritto internazionale, minerebbe la fiducia e metterebbe a rischio i futuri negoziati sulle relazioni in corso. L’accordo di recesso è entrato in vigore il 1° febbraio 2020 e ha effetti giuridici ai sensi del diritto internazionale. Da quel momento in poi, né l’UE né il Regno Unito

possono modificare, chiarire, modificare, interpretare, ignorare o disapplicare unilateralmente l’accordo. Il protocollo sull’Irlanda / Irlanda del Nord è una parte essenziale dell’accordo di recesso. Il suo scopo è proteggere la pace e la stabilità nell’isola d’Irlanda ed è il risultato di negoziati lunghi e difficili tra l’UE e il Regno Unito. Il vicepresidente Maroš Šefčovič ha affermato che se il disegno di legge fosse adottato, costituirebbe una violazione estremamente grave dell’accordo di recesso e del diritto internazionale. Ha invitato il Governo britannico a ritirare il progetto di legge nel più breve tempo possibile e in ogni caso entro la fine del mese, affermando che “presentando questo disegno di legge, il Regno Unito ha seriamente compromesso la fiducia dell’UE verso il Regno Unito. Spetta ora al Governo britannico ristabilire quella fiducia”. Il clima non è esattamente disteso. Boris Johnson, con qualche problema di politica interna a causa della gestione dell’emergenza Covid, oltre a presentare i contenuti dell’Internal Market Bill, ha anche formalizzato una sorta di ultimatum a Bruxelles, con la pretesa che entro il 15 ottobre si raggiunga un’intesa di libero scambio altrimenti sarà “no deal”. Secondo alcuni analisti, quella di Jonhson è solo una mossa finalizzata a gestire le ricadute politiche a livello interno: drammatizzare per accettare all’ultimo minuto un deal con il 95% delle richieste UE, come nell’ottobre del 2019.

Ma le minacce di Boris Jonhson hanno determinato una vera escalation di pressioni diplomatiche dal Continente agli Stati Uniti per ribadire che i patti internazionali si rispettano e che questo braccio di ferro avrà delle conseguenze: mentre la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in un twitt ha ricordato che Pacta sunt servanda e che il rispetto degli accordi è il fondamento per relazioni future prospere, la Speaker americana, Nancy Pelosi, ha dichiarato che qualora Londra non dovesse onorare il patto per la Brexit sul confine irlandese con l’UE, non sarà possibile far passare un accordo commerciale con il Regno Unito al Congresso degli Stati Uniti: “L’accordo del Venerdì Santo è il fondamento della pace nell’Irlanda del Nord e un’ispirazione per il mondo intero”.

libro del mese

Poveri toscani! L’arte (e il genio) di trasformare la scarsità in ricette straordinarie POCO DI TUTTO, MOLTO CON NIENTE “Qual è il più giorno lungo che sia?” domanda re Alboino al goffo villano di cui apprezza la fine saggezza. “Quello che si sta senza mangiare.” risponde sereno Bertoldo. Perché allora come ora (Giulio Cesare Croce scriveva ai primi del ’600) í veri poveri hanno ben poco da mangiare. Come lo sciuscià che, appollaiato a poca distanza dalle cucine di un ristorante, esponeva al fumo deliziosamente profumato che ne usciva il suo tozzo di pane bigio per mangiare “pane e odore”; o le famiglie di certi impervi luoghi montani, che per insaporirlo lo strusciavano all’unica aringa appesa al soffitto. In un passato segnato da ristrettezze e penuria alimentare, qualcuno ha saputo mostrare tanto estro da trasformare la scarsa materia prima a disposizione in veri e propri capolavori della tavola: così sono nati tanti celebri piatti toscani, oggi rinomati in ogni angolo del globo. Questo gustoso viaggio nella cucina povera prende le mosse dalla geografia, mostrandoci il territorio toscano col suo bagaglio di storia e tradizioni, per passare poi alle ricette: una selezione di manicaretti di cui l’autrice ci mostra origine ed etimologia, varianti storiche e declinazioni territoriali. Senza però dimenticare la preparazione, poiché anche la gola vuole la sua parte. Maria Concetta Salemi è nata a Palermo ma ha sempre vissuto a Firenze, dove si è laureata presso la Facoltà di Lettere e Filosofia. Si è occupata lungamente

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di cultura del cibo, svolgendo corsi sull’argomento. Ha tradotto per Sansoni, Mondadori, Laterza libri sul Medioevo e sul Rinascimento. Oltre a numerosi articoli su riviste specialistiche, tra le sue pubblicazioni ricordiamo Le spezie. La virtù e la magia negli intensi sapori del lontano Oriente (Nardini, Fiesole 1997), Gli agrumi. Simboli della giovinezza, profumati piaceri del gusto (Nardini, Fiesole 1999), Chianti. Leggenda, storia e qualità del principe della tavola, simbolo di un territorio (Nardini, Fiesole 1999), Il latte. Buono e naturale, l’alimento della crescita e della salute (Nardini, Fiesole 2000), Il Martini: da Hemingway a James Bond (Nardini, Fiesole 2000), La cucina medievale / La cucina rinascimentale (Libriliberi, Firenze 2002), La cucina liberty / La cucina futurista (Libriliberi, Firenze 2003), Firenze. Souvenir gastronomico tra arte, cultura e tradizione, (Nardini, Firenze 2004), Chianti classico. Leggenda, storia e qualità del principe della tavola, simbolo di un territorio (Nardini, Firenze 2005), Dove osano le api. 50 ricette con il miele (Vallecchi, Firenze 2008), Mandorle e pescespada a Ballarò. Raccontare Palermo (Nardini, Firenze 2011), Mangiare nel Medioevo (Sarnus, Firenze 2018), Poveri toscani! (Sarnus, Firenze 2020), molti dei quali editi anche in inglese.

Editore: Sarnus Autore: Maria Concetta Salemi Pagine: 144 Prezzo 12,00 €

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attualità di Gianluca De Cristofaro - Responsabile tecnico scientifico Ambasciatori del Gusto

La ristorazione può superare la crisi? La visione e le azioni dell’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto Se c’è una cosa che noi italiani sappiamo fare è reinventarci. Le conseguenze del virus hanno colpito con durezza il nostro Paese naturalmente vocato all’accoglienza. Lo shock per il settore della ristorazione è stato forte, la reazione altrettanto. In questi giorni di settembre le città si scoprono diverse, cene all’aperto lungo i marciapiedi o in aree pedonali create ad hoc. Capita anche che qualcuno dello staff avvisi che il locale è pieno e non c’è posto. Il tutto rispettando le regole e rassicurando i clienti. Sono stati reinventati gli spazi realizzando nuove geometrie urbane, effetto di un’organizzazione partita dal basso. La ripartenza, nelle forme attuali, dà i primi risultati con una lenta ma graduale e costante ripresa. Non dobbiamo dimenticare o “rimuovere” il fatto che il comparto è stato uno dei più colpiti dagli effetti della pandemia. Un frangente drammatico in cui si è avvertito il bisogno di lucidità e professionalità. La visione concreta e la capacità di interloquire in maniera tecnica ha permesso all’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto di avere un dialogo diretto e efficace con le Istituzioni. A febbraio il nostro primo intervento con i Sindaci e i Presidenti delle Regioni Veneto e Lombardia e, quando il problema ha investito l’intero Paese, la nostra azione si è estesa a tutto il Governo. Di fondamentale importanza è stato affrontare il tema economico per superare la crisi, ma non solo. Fin dall’inizio ci siamo preoccupati anche delle condizioni psicologiche dei ristoratori e dei loro dipendenti considerando le evidenti tensioni che il forzato blocco stava provocando. Per farlo abbiamo messo a punto, insieme all’Ordine degli Psicologi del Lazio, un progetto nuovo in grado di offrire agli associati un panel di strumenti e informazioni utili per affrontare la situazione, arginando il più possibile le conseguenze dettate dallo stress e dagli innumerevoli adempimenti. Allo stesso modo abbiamo continuato a pensare a chi

poteva avere bisogno di noi. La solidarietà è del resto un elemento caratterizzante il nostro DNA, da sempre. Consapevoli che le nuove generazioni, in primis gli studenti, rappresentano una delle categorie più a rischio, abbiamo deciso di sostenerli realizzando, presso diversi Istituti Alberghieri, cicli di lezioni tematiche “on line”. L’entusiasmo registrato dalle classi partecipanti nel corso delle sessioni ha confermato la bontà dell’iniziativa e il grande lavoro che ancora c’è da fare con le nuove leve del comparto. Soffermandosi proprio sul comparto, è innegabile che il COVID-19 abbia costretto tutti gli attori a un’importante riflessione dimostrando l’efficacia nonché l’urgenza di uno dei grandi asset degli Ambasciatori del Gusto, ovvero che l’atavica frammentazione del settore rappresenta un grande ostacolo al raggiungimento di ogni risultato utile. Abbiamo quindi promosso e costruito il progetto #FareRete, un laboratorio aperto a tutte le Associazioni del settore: uno strumento che, superando la logica del singolo, fa emergere le idee migliori dotando l’intero comparto, troppo spesso non ascoltato, di una voce forte, coesa e strutturata. È stata la prima volta in Italia. Con #FareRete abbiamo dialogato con le parti istituzionali e politiche proponendo un piano strategico e operativo unitario, redatto pensando al breve, al medio e al lungo periodo. La cassa integrazione, la sospensione di leasing e mutui, il sostegno per gli affitti, i prestiti garantiti dallo stato, l’asporto, la detassazione, l’occupazione di suolo pubblico, rappresentano alcuni dei traguardi raggiunti. Tra le misure fondamentali promosse c’è quella relativa alla creazione del “fondo ristorazione”: si tratta della prima azione di Governo in favore del comparto, un contributo di 600 milioni di euro che coinvolge tutto il comparto. La nostra proposta è nata analizzando i dati della filiera che hanno rivelato come, con i ristoranti chiusi, la vendita della produzione agroalimentare italiana ha subito un

crollo verticale. Ciò significa che la ristorazione è il fulcro della filiera e come tale va supportata, concretamente, perché in grado di generare valore e ripartenza. La realizzazione del fondo è un primo fondamentale segnale per il comparto a cui viene riconosciuto un ruolo primario nell’economia del Paese. Nonostante ciò la pandemia ha messo tutti a dura prova e gli apparati dello Stato hanno dimostrato la loro fragilità nel tentare di gestire l’emergenza economica. Non abbiamo bisogno di un paese che elargisca solo sussidi e bonus ma che sia capace di una visione. Ecco perché auspichiamo un cambio di prospettiva nel considerare imprenditori dell’agroalimentare quelli che fino ad oggi erroneamente venivano considerati artigiani. Una rivoluzione gentile e concreta che può innescarsi riconoscendo al settore indipendenza e dignità, annoverandolo tra le politiche integrate di settore. Un’innovazione di processo che avrebbe il merito di restituire al settore il suo giusto ruolo, quello stesso ruolo che rappresenta per l’Italia uno dei motivi di vanto nel mondo e che gli Ambasciatori ben conoscono essendo da sempre promotori del patrimonio enogastronomico italiano a livello globale. Qualche idea concreta? Pensiamo al #Green Deal. Per la strategia Farm – to Fork (dal campo alla tavola) la ristorazione potrebbe essere lo strumento con cui arrivare al consumatore, per orientarlo e educarlo nelle scelte alimentari a sostegno della filiera agroalimentare. Un bel contributo alla valorizzazione di prodotti a basso impatto ambientale (come per l’ammodernamento delle strutture) e per l’agroalimentare un progetto per incrementare gli approvvigionamenti di prodotti biologici, sostenibili, a filiera corta. Uno strumento utile anche nella lotta allo spreco alimentare. Questa come molte altre che proponiamo sono tutte misure concrete e realizzabili, pensate per sopravvivere all’oggi costruendo il domani. Un nuovo, nostro orizzonte, che dobbiamo guardare insieme.

SALUMI & PANE: AD OGNUNO IL SUO! LA PAROLA ALL’ESPERTO, ALEX REVELLI SORINI non è quello “giusto”. Gli ingredienti, salumi in testa, fanno la loro parte, ma è innegabile che il pane sia fondamentale. L’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani (IVSI) ha chiesto ad un esperto - Alex Revelli Sorini, Gastrosofo Professore presso Università San Raffaele Roma - quello che occorre sapere sul pane, per esaltare al massimo le caratteristiche di ogni salume. Pane e salame, l’abbinamento per eccellenza che si presta a qualsiasi occasione: da un aperitivo con amici, ad una merenda veloce, il pane con i salumi in genere - non solo salame - è sempre e da sempre un’ottima soluzione. In più con il caldo dell’estate una preparazione di questo tipo è la combinazione più comoda per pasti veloci e dove non occorre cucinare. Ma qual è il segreto per un panino con i salumi perfetto? Semplice, basta saper scegliere il tipo di pane adatto. Difficile creare un buon panino se il pane

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“Se vi trovate nelle fantastiche spiagge del sud Italia, magari in Puglia, il pane tipo Altamura, ad esempio, è perfetto da abbinare a salumi del territorio come la soppressata o il capocollo” consiglia Revelli Sorini. “Se invece siete nella meravigliosa cornice delle montagne, un ottimo pane integrale o di segale lo potrete accompagnare allo speck, che con l’aggiunta di una verdura come ad esempio i cetrioli freschi, troverà la giusta consistenza negli equilibri dei sapori” prosegue Revelli.

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attualità

Gravi lutti nel mondo della salumeria italiana Il settore dei salumi ha perso in questi giorni figure di spicco che hanno contrassegnato la salumeria italiana. Si è infatti spento Ivo Galletti, imprenditore molto apprezzato e attivo nella vita dell’Associazione. Originario di Piumazzo in provincia di Modena, il Cavaliere del Lavoro e “papà” della mortadella Alcisa, aveva compiuto cento anni a marzo. Industriale del settore agroalimentare, aveva iniziato l’attività nel settore della macellazione e del commercio delle carni, fondando nel 1946 l’Alcisa (poi venduta nel 2011), colosso dei salumi e in particolare della mortadella, che nell’89 ottenne il riconoscimento europeo IGP.

Altra scomparsa che ha funestato il periodo, è quella di Mario Dukcevich, titolare del prosciuttificio Principe. È mancato lo scorso agosto all’età di 84 anni. L’imprenditore ha legato il suo nome al prosciuttificio Principe, specializzato nella produzione di San Daniele. Dukcevich era nato in una cittadina vicino a Zagabria, e nel 1945 si era trasferito con la famiglia a Trieste, dove il padre Stefano avviò l’azienda. Mario divenne presidente negli anni ’70, diventando poi anche presidente del Consorzio del prosciutto di San Daniele dal 1988 al 2000. Segnaliamo infine, con profondo rammarico, la recente scomparsa di un altro esponente del mondo della

salumeria italiana: Enrico Delfini. L’imprenditore si è spento all’età di 72 anni. Delfini, una vita spesa nel settore dei salumi, assume nel 1991 la carica di amministratore delegato di Brendolan Prosciutti e di A&B Prosciutti. Ha ricoperto inoltre i ruoli di vice-presidente del Consorzio del Prosciutto San Daniele e di presidente dell’Istituto Nord Est Qualità. Dal 2016 ha collaborato con il Prosciuttificio San Marco, azienda nata l’anno precedente dalle ceneri della Brendolan Prosciutti.

Industria dello champagne in ginocchio: “Crisi peggio della Grande Depressione” La situazione ha, ovviamente, portato a una certa tensione nel settore. Un produttore ha detto a Euronews che la prospettiva dell’uva famosa utilizzata per produrre disinPartigiani d’Italia, 6 fettante per le mani era “un insulto alla natura”. E c’è ancheVia una spaccatura segnalata Via Partigiani d’Italia, 6 43029 TRAVERSETOLO (PR) ITALY 43029 TRAVERSETOLO (PR) ITALY su quanto champagne dovrebbe essere imbottigliato quest’anno, con i produttori che Tel. 342184 Tel.+39 +39 0521 0521 342184 +39 0521 342185 chiedono una forte riduzione a causa del calo delle vendite.Fax I coltivatori, Fax +39 0521 342185 d’altra parte, e-mail: e-mail:gr.system@tiscali.it gr.system@tiscali.it affermano che ciò comporterebbe un grosso colpo alle loro entrate“. www.grsystem.it www.grsystem.it

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In Francia le vendite sono crollate del 70% a causa della pandemia. Un comitato di crisi deciderà se distruggere le uve in eccesso o usarle per produrre disinfettante per le mani Di certo il 2020 non è stato un anno in cui c’è stato molto da festeggiare. Con il lockdown seguito alla pandemia di coronavirus non si contano i matrimoni e le celebrazioni annullate e con loro tutte le feste nei locali e ristoranti. E a sentirne le conseguenze è stata anche una delle bevande simbolo delle celebrazioni, soprattutto in Francia: lo champagne. I produttori della regione orientale del Paese, in cui ha origine il celebre vino, dichiarano di aver perso 1,7 miliardi di euro di vendite quest’anno a causa della pandemia e a maggio le vendite sono crollate del 70%. “Stiamo attraversando una crisi che riteniamo addirittura peggiore della Grande Depressione”, ha dichiarato un leader del settore alla Associated Press. Come racconta la Bbc ora con decine di milioni di bottiglie che potrebbero andare sprecate ed enormi quantità di uva pronte per essere raccolte. Il Comitato dello Champagne, che rappresenta oltre 16mila viticoltori, deciderà se distruggere l’uva in eccesso o inviarla alle distillerie per produrre disinfettante per le mani.

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attualità di Giada Battaglia

Primo caso di Peste suina africana in Germania: positiva la carcassa di un cinghiale al confine polacco Aumentano i casi in tutta l’europa orientale Il 10 settembre scorso il Ministero dell’Agricoltura tedesco ha annunciato la prima positività per Peste suina africana (PSA) in un cinghiale. Il giorno precedente era stata ritrovata nel Brandeburgo, a circa 6 km dal confine tedesco-polacco, la carcassa di una femmina di cinghiale, sottoposta a campionamento per testare la presenza del virus della PSA, poi confermata ufficialmente il 10 settembre. Sebbene ci sia una recinzione lungo questo confine, si ritiene probabile che l’animale fosse in migrazione dalla Polonia (considerato che la distanza tra il luogo di ritrovamento della carcassa e il più vicino caso confermato di PSA in Polonia è di 30 km), oppure che sia venuto a contatto, direttamente o indirettamente, attraverso la recinzione, con un animale infetto. L’origine, al momento, non è però chiara e le Autorità tedesche non escludono nemmeno che, diverse settimane fa (considerato lo stato di decomposizione della carcassa), il virus sia stato introdotto nel Paese attraverso alimenti contaminati. Negli ultimi mesi, la Germania aveva rafforzato la sorveglianza della fauna selvatica – tanto che ogni carcassa trovata, anche con l’ausilio di droni, viene sottoposta a test per la PSA – e aveva intensificato la caccia al cinghiale. Lo scorso mese di giugno aveva completato l’installazione di 120 km di recinzione elettrificata lungo tutto il confine tra Brandeburgo e Polonia, lungo i fiumi Oder e Neisse. Tuttavia, considerato il numero di casi positivi nei cinghiali e, più di recente, dei focolai nei suini domestici in territorio polacco, questa prima segnalazione di positività fatte dalle Autorità tedesche non può sorprendere. La Germania è uno dei Paesi leader nell’allevamento di suini e nella produzione di carne suina, sia a livello europeo che mondiale. Con un volume di produzione di 5 milioni di tonnellate è al terzo posto dopo Cina e Stati Uniti e con un volume di esportazioni di 2,9 milioni di tonnellate, è il primo Paese esportatore di carni suine. Qualsiasi focolaio nella popolazione suina domestica avrebbe drammatiche conseguenze per l’industria tedesca del settore. Alla luce della conferma della positività e della conseguente istituzione dell’area infetta da parte delle Autorità tedesche, la Commissione europea, al fine di prevenire inutili perturbazioni degli scambi all’interno dell’Unione e di evitare ostacoli in-

giustificati al commercio da parte di Paesi terzi, ha adottato la Decisione di esecuzione 2020/1270, nelle more di ulteriori valutazioni che verranno effettuate dallo Standing Committee on Plants, Animals, Food and Feed del 23 settembre in base allo sviluppo della situazione. Nessuna restrizione viene posta agli scambi dal resto della Germania e nessun Paese membro della UE, quindi, potrà imporre limitazioni alla circolazione di carni e prodotti a base di carne ottenuti dalla macellazione di suini provenienti da zone della Germania diverse da quella individuata dalla Commissione. Diversa è la posizione dei Paesi terzi. Alcuni hanno già adottato provvedimenti restrittivi alle importazioni di prodotti suini dalla Germania: il MAFF giapponese (Ministry of Agriculture, Forestry and Fisheries) ha aggiornato la lista dei Paesi riconosciuti liberi da Peste suina africana, delistando la Germania a far data dall’11 settembre, analoga decisione è stata assunta da Corea del Sud e Cina. Con particolare riferimento alle restrizioni adottate dalla Cina, queste giungono alla vigilia di importanti negoziati con la UE su commercio e su investimenti, che la Cina spera di poter concludere entro la fine dell’anno e in cui la Germania svolge un ruolo chiave. Il Ministero cinese dell’Agricoltura e GACC hanno dichiarato che tale decisione ha lo scopo di “proteggere l’industria zootecnica e prevenire la diffusione della malattia” ma molti osservatori ritengono che il divieto possa avere più a che fare con considerazioni politiche che con preoccupazioni per il comparto suinicolo cinese. Il Ministero dell’Agricoltura tedesco ha annunciato di aver avviato contatti con il Governo cinese, al fine di ottenere una limi-

tazione del divieto di importazione esclusivamente alla carne di maiale prodotta nell’area effettivamente colpita dalla malattia, sulla base del principio di regionalizzazione. Questo, ovviamente, ridurrebbe il comunque duro contraccolpo per l’industria suinicola tedesca. La Cina, infatti, rappresenta circa la metà del consumo mondiale di carne suina e la Germania è il suo terzo fornitore dopo Stati Uniti e Spagna; le importazioni cinesi di carne suina tedesca sono più che raddoppiate nei primi quattro mesi di quest’anno rispetto all’anno precedente: l’export di carne suina verso la Cina è stato pari a 835 milioni di euro nella prima metà del 2020, rispetto a 1,2 miliardi di euro dell’intero scorso anno. Casi di PSA nei cinghiali sono ancora stati segnalati, nei mesi di agosto e settembre, in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Russia, Slovacchia, Ungheria, Polonia e Romania, con i livelli più alti in questi ultimi tre Paesi. Anche i focolai nei suini domestici nell’Europa orientale sono, purtroppo, in aumento: i principali Paesi colpiti sono Polonia, Romania e Russia. Dalla mappatura dei focolai è evidente che la malattia nei cinghiali si stia lentamente diffondendo verso Ovest, verso l’Austria.

TIMIDI SEGNALI DI DISTENSIONE NELLE RELAZIONI COMMERCIALI UE-USA Nelle scorse settimane le relazioni commerciali fra USA e UE hanno registrato segnali di distensione su due importanti dossier: la nota controversia Boeing-Airbus in tema di aiuti di stato al settore aeronautico e i negoziati per un accordo commerciale sui prodotti industriali avviati nel 2019. Il 13 agosto è stata pubblicata dallo USTR (United States Trade Representative) una nota relativa alla decisione sulla seconda revisione delle misure compensative sull’import dall’Unione Europea, in vigore dal 18 ottobre 2019 a seguito della pronuncia WTO sul caso Airbus La nuova lista dei prodotti europei soggetti a dazi, in vigore dal 1° settembre 2020, prevede la rimozione di alcune categorie di prodotti di Grecia e Gran Bretagna e l’aggiunta, in ammontare equivalente, di prodotti importati da Francia e Germania con dazi invariati del 15% sugli aeromobili e del 25% sui prodotti industriali e agricoli. Dal confronto tra i codici doganali riportati da USTR nell’attuale lista e in quelle precedentemente approvate non risultano modifiche alla lista dei prodotti italiani sui quali era stato allora imposto un dazio nella misura del 25%, oggi confermato. Lo USTR potrà ulteriormente rivedere e modificare i dazi relativi alla sentenza fra 180 giorni (metà febbraio 2021).

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Il nostro Paese è coinvolto in 9 delle 17 “Parti” in cui sono suddivisi i beni oggetto dei dazi compensativi, risultando il 5° Paese UE più penalizzato. In base alle ultime statistiche disponibili, l’import negli USA di tali prodotti nei primi sei mesi successivi all’entrata in vigore delle misure (novembre 2019-aprile 2020) ha subito una flessione del -32% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando da 240 milioni di USD a 163, a fronte di una media generale del -3,9%. Si tratta di una revisione che lo US Trade Representative ha definito ‘‘modesta’’ e che evidenzia un lieve segnale di apertura verso i negoziati con l’UE. Negoziati che, nell’ottica dell’Amministrazione statunitense, non potranno tuttavia prescindere dall’andamento della campagna elettorale e dalla sentenza Boeing attesa in autunno. Per questa gli analisti prevedono una sanzione a favore dell’UE di importo inferiore rispetto a quella stabilita nel caso Airbus (7,49 mld di USD). Dal valore della controsanzione che il WTO comminerà agli USA dipendono gran parte delle possibilità di negoziazione della controversia. Sempre sul fronte dei dazi, lo scorso 21 agosto, il Commissario europeo al Commercio, Phil Hogan, e il Rappresentante per il Commercio USA, Robert Lighthizer, hanno ufficializzato il raggiungimento di un accordo bilaterale per una

reciproca riduzione tariffaria. L’intesa avrà una durata iniziale di 5 anni ed entrerà in vigore retroattivamente a partire dal 1° agosto 2020, una volta ratificata dalle istituzioni competenti delle due parti. I codici doganali proposti per l’abbattimento delle tariffe da parte UE riguardano aragoste e astici vivi e surgelati; gli USA procederanno invece alla riduzione del 50% dei dazi attualmente in vigore su alcune preparazioni e conserve di pesce, stucchi, polvere da sparo, oggetti per la cucina, accendini e loro parti. L’Italia è coinvolta pressoché esclusivamente nella parte riguardante l’abbattimento dei dazi all’import dagli USA di aragoste e astici, essendo lo Stato membro che lo scorso anno ha assorbito oltre il 50% dell’import UE, per un valore di oltre 22 milioni di euro. Nel caso invece della riduzione delle tariffe US, il nostro export delle voci doganali coinvolte esprime appena lo 0,7% del totale europeo, corrispondente a meno di un milione di USD. Nonostante i flussi commerciali interessati dall’accordo risultino modesti, ciò che merita di essere sottolineato è il valore politico dell’intesa. Si tratta infatti del primo accordo di riduzione tariffaria siglato da USA e UE in oltre vent’anni, raggiunto per di più in un contesto bilaterale dominato da numerosi irritants.

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emozioni del gusto

Renato Bosco - PIZZA CRUNCH® con il prosciutto crudo Biografia Veronese classe 1967, Renato Bosco si è affacciato a soli 15 anni, e quasi per caso, al mondo della ristorazione. Entrato in una pizzeria di salernitani come cameriere, nel 1985 per la prima volta imbraccia la pala: una folgorazione! Nel 2006 apre una piccola pizzeria d’asporto con Samantha, la sua compagna e, tre anni più tardi, il locale con il quale è entrato di diritto nell’Olimpo della nuova pizza italiana.

Il mio pensiero “Avevo solo 17 anni quando ho preso la pala per la prima volta, da allora la pizza è la mia insaziabile energia, il pane è la semplicità dei ricordi, la passione è la mia parte migliore”.

per qualche minuto quindi riponiamolo in frigo a 4°C circa, per almeno 12 ore. • Trascorso il tempo di lievitazione recuperiamo l’impasto e lo stendiamo utilizzando le dita in una teglia da forno precedentemente unta, condiamo con un filo d’olio e inseriamo in forno preriscaldato a 220°C dove cuocerà per 20 minuti circa. • Nel frattempo frulliamo insieme il caprino, i pinoli e la rucola fino ad ottenere una salsa che abbia la consistenza di una crema. • Ora prendiamo le bucce della cipolla rossa di Tropea e mettiamole in forno a 60°C per 2 ore circa, poi quando saranno completamente disidratate, polverizziamole con un frullatore. • Tagliamo la pizza a quadretti, su ognuno di questi adagiamo una noce di crema, una fetta di prosciutto crudo, qualche germoglio a scelta e una spolverata di polvere di cipolla.

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Questo impasto è nato dopo un’attenta ricerca sulla tradizionale pizza in teglia alla romana, una ricetta dalla quale sono partito a sperimentare arrivando alla mia idea di pizza in teglia: una consistenza estre-

• Setacciamo la farina all’interno di una ciotola e impastiamo con acqua. e lievito sbriciolato, quindi aggiungiamo sale e olio extravergine d’oliva. • Quando tutti gli ingredienti sono ben amalgamati trasferiamo l’impasto su un piano e lo lavoriamo a mano

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PRESENTAZIONE DELLO CHEF

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mamente croccante e un impasto molto idratato e digeribile. Ho battezzato questo impasto con l’onomatopeico “Crunch”. Un nome che ho voluto far diventare marchio registrato e che oggi viene visto come un riferimento nella pizzeria italiana.

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TUTTOFOOD E MEAT-TECH INSIEME PER LA RIAPERTURA FIERISTICA DELL’AGROALIMENTARE LUGLIO 2020 N°07

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Nel numero di OTTOBRE

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economia

Pubblicato il Rapporto Agenzia ICE 2019-2020 L’export italiano: una macchina fermata in corsa Il Rapporto dell’Agenzia ICE 2019-2020 presentato lo scorso 28 luglio, fotografa l’export italiano come una macchina fermata in corsa dalla crisi COVID-19; export che probabilmente potrà tornare ai livelli del 2019 solo nel 2022. Diversi i focus, per citarne alcuni: le azioni dell’ICE di supporto alle Imprese in attuazione del Patto per l’export voluto dal MAECI; le indicazioni di natura economico-statistica sul peso dei maggiori Paesi di sbocco dei nostri prodotti; le performance dei singoli settori con un lusinghiero +6,6% dell’alimentare e bevande nel confronto 2019/2018; le azioni specifiche per il Mezzogiorno; le iniziative ICE in materia di e-commerce per il crescente peso dei canali di vendita online. Il Rapporto giunge in un momento straordinariamente complesso per l’Italia, colpita da una crisi sanitaria globale che ha cambiato radicalmente il nostro modo di vivere e di fare impresa. Delinea le sfide di questo rilancio e indica gli ambiti prioritari attraverso cui esso potrà avvenire: innovazione, e-commerce, finanza al servizio dell’economia reale, sostegno all’internazionalizzazione. La trentaquattresima edizione del Rapporto sul commercio estero dell’ICE cade nell’anno più difficile per l’export, per l’economia e per la società italiani. La crisi che stiamo vivendo oggi a livello mondiale è la più severa dal dopoguerra. Il rallentamento degli scambi internazionali, i bottleneck nelle filiere globali e la caduta dei consumi interni impattano, in diversa misura, su tutte le imprese italiane e il loro export. Il tema è centrale per la nostra economia. Non solo perché l’export rappresenta un terzo del nostro PIL, e il turismo un altro 13%, ma perché export e turismo sono stati i due soli significativi driver della ripresa, peraltro non completa, dell’economia italiana dall’ultima crisi, quella del 2008. La parola crisi, nella sua etimologia classica, significa momento di passaggio, bivio, quindi pone scelte di indirizzo a fronte di nuove opportunità. È così oggi per l’economia del nostro Paese e per la politica di sostegno all’export come driver della ripresa economica, a seguito della crisi derivata dall’emergenza COVID-19. Il Rapporto infatti non trascura, anche con il compendio statistico dell’Annuario Istat-ICE, l’usuale attenzione all’andamento dei mercati mondiali e dell’export italiano nel 2019, ma vuole anche anticipare l’analisi della crisi COVID-19 e la prospettiva di ripresa nell’export. Nell’analizzare la situazione dei mercati sono state focalizzate tre tematiche, che rappresentano – da una parte – fattori di criticità strutturale dell’export italiano e che costituiscono – dall’altra – opportunità sulle quali far leva nel riposizionamento strategico delle imprese sui mercati esteri.

L’export italiano: una macchina fermata in corsa I dati consuntivi attestano che nel 2019 l’export italiano godeva di un ottimo stato di salute. Aveva terminato l’anno con una crescita del 2,3% attestandosi a 476 miliardi di euro e mantenuto la quota di mercato sul commercio mondiale stabile al 2,84%. Un risultato importante perché ottenuto in un periodo turbolento sui mercati mondiali, particolarmente per i Paesi europei, stretti nella disputa commerciale USA-Cina, pressati dai dazi americani su molti beni esportati dall’Europa e confusi nell’incertezza su tempi e termini della Brexit. La crescita ha riguardato, in particolare, il settore farmaceutico (+25,6%), le bevande (+6,8%), i prodotti

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del sistema moda (+6,2%), la metallurgia (+5,3%). Le vendite all’estero di macchine e apparecchi meccanici non sono cresciute (-0,5%) L’Italia nell’economia internazionale ma il settore continua a contribuire con oltre 50 miliardi alla formazione dell’avanzo commerciale e “paga” la bolletta energetica italiana (-42 miliardi di euro). Inoltre, la crescita ha riguardato, per mercato, principalmente il Giappone (+19,7%), anche grazie all’accodo di libero scambio con l’Unione europea in vigore da febbraio 2019 e la Svizzera (+16,6%), hub di smistamento internazionale. Anche verso gli Stati Uniti l’export italiano è cresciuto (+7,5%), nonostante i dazi imposti a fine 2019 su alcune categorie di merci, per le quali ICE ha reso immediatamente disponibile un piano zione della domanda del canale Ho.Re.Ca – e elettronica straordinario di supporto. Tra le Regioni, la crescita più sostenuta si è avuta per ed elettrotecnica (-10% circa). Toscana e Lazio (15,6% e 15,3% rispettivamente); subi- Tuttavia, per orientare l’azione combinando reazione e to dopo il Molise (+11,7%) la Puglia (+9,1%) e la Cam- visione, più che ragionare sui numeri è importante capire i nuovi mega trend dei mercati. pania (+8,1%).

RAPPORTO ICE 2019-2020

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Germania (12,2% sull’export totale italiano), Francia (10,5%) e Stati Uniti (9,6%) sono rimasti i primi tre mercati di sbocco. Macchinari (17,2%), moda (11,9%) e la filiera agro-alimentare (9,1%) i tre settori che contribuiscono maggiormente. E Lombardia (27%), EmiliaRomagna (14,1%) e Veneto (13,7%) le tre regioni che esportano di più. Anche i primi due mesi del 2020 sono stati positivi per l’export: +4,7% tendenziale, nonostante che febbraio già risentisse del rallentamento dei flussi con la Cina. Istat ha recentemente pubblicato i dati del periodo gennaio– maggio 2020 e indica per l’export una caduta tendenziale del 16%, chiaro sintomo della pandemia globale, da una parte. Dall’altra l’andamento congiunturale segna una crescita del 35% da aprile a maggio: primo segno di ripresa delle attività. Secondo la ricerca ICE-Prometeia, la ripresa degli scambi mondiali nel 2021 sarà guidata dall’aggregato degli Emergenti Asia (+10,3% e +8,2% per l’import di manufatti rispettivamente nel 2021 e 2022), Cina in testa. Il maggiore utilizzo dell’e-commerce, in questi Paesi, potrebbe diventare strutturale, agendo da volano per gli scambi, soprattutto nell’ambito dei beni di consumo. Dal punto di vista delle categorie merceologiche, i ribassi più significativi nel 2020 sono previsti nei mezzi di trasporto, con l’import mondiale di autoveicoli e moto in contrazione del 16% a prezzi costanti e una domanda globale di cantieristica in forte flessione (-12%). Il ridimensionamento potrà essere più contenuto nei settori meno ciclici e favoriti nel paniere di spesa associato all’emergenza, quali la chimica farmaceutica (-9,6%), l’alimentare e bevande (-10,6%) - con una forte contra-

Cinque considerazioni sui mercati mondiali post ripresa. Stanno evolvendo, infatti: la geografia economica delle aree di domanda, dove i tempi dell’emergenza sanitaria sembrano avvantaggiare i Paesi colpiti prima (Cina), o meno intensamente (area Asean) o che hanno reagito più in fretta (Corea del Sud e Giappone). È un ulteriore fattore di spostamento verso oriente dell’orizzonte del commercio internazionale; le relazioni fra i blocchi geoeconomici, con un auspicabile recupero del ruolo e della compattezza dell’Europa che dovrà tornare protagonista nella geolocalizzazione delle filiere globali, rispetto alle grandi sfide poste dalla nuova “guerra fredda” tra Stati Uniti e Cina; i rapporti bilaterali fra i Paesi, con l’auspicio che l’Italia capitalizzi il suo standing di gente e cultura amati da tutti nel mondo e la simpatia per il sacrificio sofferto nell’impegno fore-front contro l’epidemia; le tendenze dei consumatori e i loro più ridotti budget di spesa, dove innovazione, valore, salute e sostenibilità acquisiranno ancor più importanza; e last but not least, i canali di marketing e di comunicazione che stanno accelerando la transizione verso le tecnologie digitali. Poiché le sfide di oggi si giocano in un contesto globale diverso dal passato, saranno vincenti le imprese preparate a muoversi in un nuovo contesto, dove digitale e sostenibilità sono le parole chiave per rivolgersi alle nuove generazioni di consumatori globali. Per rispondere all’urgenza del momento e rafforzare il posizionamento strategico del Made in Italy sui mercati di domani è vieppiù importante l’azione di supporto del Sistema Paese. Particolarmente per le PMI, che rappresentano oltre il 90% delle imprese italiane e generano il 51,2% dell’export, ma sono anche, per taglia, le più vulnerabili e, per assetto organizzativo, le meno preparate all’innovazione digitale dei processi.

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L’importanza dei cibi di origine animale Qual Una nuova ricerca lo riconferma: “I cibi di origine animale, se adeguatamente prodotti, sono fondamentali per il nostro benessere; escluderli sarebbe disastroso” Qual è il futuro della zootecnia? A cercare una risposta, tra linee di pensiero astratte e il nostro desiderio storico e biosociale di carne, è un’equipe di ricercatori coordinati dal professor Frédéric Leroy dell’Università di Bruxelles. Esiste attualmente uno scontro tra coloro che desiderano abolire il bestiame e quelli che lo difendono come elemento chiave di società sane e sostenibili Gli alimenti di origine animale hanno sempre avuto una posizione chiave nella dieta dell’uomo, ma le nuove idee sul cibo che si stanno diffondendo oggi stanno creando una profonda trasformazione sociale. Il professor Frédéric Leroy della Facoltà di Scienze e BioIngegneria dell’Università di Bruxelles, analizza insieme ad Adele H. Hite e Pablo Gregorini in uno studio molto interessante e approfondito (“Livestock in Evolving Foodscapes and Thoughtscapes“) come verrà risolto lo scontro attuale tra un desiderio di carne biosociale e le linee di pensiero moderne che ritraggono invece l’allevamento del bestiame come dannoso per l’uomo, per il benessere degli animali stessi e per il pianeta. Vengono date finalmente risposte concrete ad alcune domande attuali, prospettando diversi scenari futuri: è giusto uccidere ancora gli animali per cibarsi di carne? È vero che per il bene nostro e del pianeta dovremmo diventare tutti vegani? Qual è il futuro della zootecnia? Secondo gli studiosi non ci sono dubbi: da quando è nato l’uomo sulla Terra la carne è sempre stata necessaria per la sua sopravvivenza ed evoluzione. Senza carne ci saremmo sicuramente estinti. Il rapporto col bestiame ha subito però una profonda trasformazione nel corso del tempo. A cominciare da quando l’uomo era organizzato in comunità di cacciatori-raccoglitori, la carne è stata la forma prevalente di sostentamento umano, con l’uccisione come punto focale, a cui poi è seguita una transizione verso l’agricoltura, la domesticazione e l’allevamento degli animali.

Secondo gli studiosi non ci sono dubbi: da quando è nato l’uomo sulla Terra la #carne è sempre stata necessaria per la sua #sopravvivenza ed #evoluzione. Il XIX secolo, caratterizzato dall’urbanizzazione e dall’industrializzazione, specialmente delle società occidentali e anglosassoni, ha portato allo sviluppo di un sistema agroalimentare moderno che ha determinato un progressivo aumento dell’approvvigionamento di carne. Questo ha migliorato il benessere e sconfitto la denutrizione delle classi meno agiate, che avevano scarso accesso ai cibi di origine animale e alla carne, considerato un prodotto di gran valore riservato all’élite. Oggi però si vede l’emergere di varie minacce globali, come la crisi della salute pubblica, il cambiamento climatico, le pandemie e i dubbi sull’impatto che la produzione animale ha sull’ambiente, sulla salute dell’uomo e sul benessere animale. Si assiste ad una presa di posizione che si riflette sul modo di alimentarsi, sempre più orientato verso un ritorno al cibo “naturale”, biologico e libero di additivi. Molto di questo deriva dall’an-

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sia delle classi medie di mostrarsi o sentirsi “virtuose”. Leroy parla anche della nascita di una nuova “sensibilità” nelle giovani generazioni non abituate per cultura all’uccisione degli animali, che anzi oggi vengono eccessivamente antropomorfizzati, con la fantasia che prende il posto della realtà: da qui nasce il forte disagio odierno, che fa provare addirittura disgusto verso la carne, vista come “pezzi di cadavere”.

Gli attuali livelli di #veganismo sono ancora bassi (1-4%), ma per raggiungere una massa più vasta di persone avverse alla #carne si è reso essenziale il coinvolgimento e l’influenza dei #ResponsabiliPolitici. Il problema è diventato più acuto nell’ultimo decennio a causa di campagne di stampo animalista sui diritti degli animali, sia sui social media, sia con documentari o film su Netflix che, spesso, ospitano note celebrità come testimonial di supporto. Questi movimenti mirano alla totale eliminazione della caccia e della zootecnia, che porterebbe al veganismo “istituzionalizzato” e alla fine dello “specismo”, puntando alle giovani generazioni per una svolta sociale. Gli attuali livelli di veganismo sono ancora bassi (1-4%), ma per raggiungere una massa più vasta di persone avverse alla carne si è reso essenziale il coinvolgimento e l’influenza dei responsabili politici: basti pensare alla dieta planetaria semi-vegetariana e progettata dalla Commissione EAT-Lancet e fortemente criticata dai nutrizionisti per il rischio di carenze, oppure all’ingiusta (ed insensata) tassa sulla carne o all’abolizione della carne dai menu e dalle mense scolastiche. Nello studio sono stati descritti a proposito due scenari estremi: il primo è appunto un modello sociale vegano che auspica la totale abolizione dell’allevamento del bestiame, con il bisogno di riconnettersi alla natura

e sentirsi parte di essa. Il secondo scenario comporta invece un profondo ripensamento del modo di allevare gli animali, con un approccio più “olistico” che coinvolge sistemi agro-ecologici e rapporti più armonici tra uomo, animali e ambiente. Se si realizzasse lo scenario vegano, secondo gli autori, si avrebbero vaste e disastrose implicazioni sull’organizzazione sociale: piuttosto che condurre ad uno stile di vita sano, si rischia infatti che venga monopolizzato da interessi di multinazionali, come succede in realtà già attualmente con società anti-carne come Beyond Meat e Impossible Foods, che porterebbe verso un’alimentazione artificiale, fortemente industrializzata e fatta di prodotti “fake” iper-processati.

Se si realizzasse lo scenario #vegano si avrebbero disastrose implicazioni sociali: più che uno stile di vita sano, si rischia il suo monopolio da parte degli #interessi di alcune #multinazionali. L’ambiziosa “veganizzazione” della società condurrà quindi a uno scenario alimentare dominato dal nutrizionismo industrializzato ad alta tecnologia, mentre approcci vegani più indipendenti e salutari avranno scarse probabilità di successo in mancanza di supporto finanziario, politico e logistico, con serie difficoltà a nutrire tutta la popolazione mondiale e non saranno probabilmente nemmeno sostenuti dal pubblico. Una grande trasformazione alimentare con interventi restrittivi porterà non solo a effetti dannosi sulla salute umana, ma anche a una repressione della libertà alimentare e dell’espressione culturale. La rimozione radicale del bestiame dai sistemi alimentari comprometterà e indebolirà i mezzi di sussistenza e lo sviluppo sociale, senza ridurre la sofferenza degli animali, né Continua a pag. 20

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offrire sicurezza alimentare, né benefici ambientali significativi. Le sfide nutrizionali future riguardano la fornitura di proteine ​​di alta qualità (valore biologico) e un elenco di micronutrienti e altri composti (ad es. DHA, colina e taurina) che sono presenti solo nella carne e nei prodotti di origine animale o comunque vengono ottenuti più facilmente da essi perché presenti in livelli più alti o con migliore biodisponibilità. La dieta vegana è dunque in questo senso meno robusta e con necessità di fortificazioni, integrazioni e di supervisione medica, fortemente improntata su prodotti malsani ultra-trasformati, fatti di materie prime di bassa qualità, come amidi, olio e isolati proteici di soia.

Il potenziale di miglioramento con gli animali in allevamento secondo gli autori è altissimo, con strategie attive come l’agricoltura rigenerativa, il pascolo ben gestito, il recupero degli scarti di cibo, un miglior riciclaggio e integrazione dei rifiuti nella bioeconomia circolare, miglioramento dell’assistenza veterinaria e della salute degli animali. È irragionevole pensare che la zootecnia non sia in grado di offrire una vita dignitosa agli animali e che l’allevamento sia innaturale o vada contro il loro benessere: basta confrontare la vita degli animali ben protetti negli allevamenti con le feroci condizioni in cui si ritrovano vivendo liberi in natura. In allevamento gli animali ricevono cure veterinarie, cibo durante l’inverno e una morte rapida e indolore.

La dieta #vegan necessita di fortificazioni, #integrazioni e di supervisione medica, fortemente improntata su #prodotti malsani #UltraTrasformati.

Un #allevamento più #intensivo se ben gestito ha un ruolo importante I problemi dell’ambiente, del suolo, della dieta, della da svolgere, laddove è in grado di salute e del bestiame devono essere affrontati posimigliorare le #rese. tivamente con l’intenzione di valorizzare, espandersi

Anche riguardo all’impatto ambientale dell’allevamento, gli studiosi spiegano che seppur reale e problematico in alcuni casi può essere ancora ampiamente mitigato, riconoscendo il ruolo fondamentale del pascolo ben gestito nei servizi ecosistemici, nello sviluppo rurale e nella salute, aiutando a preservare habitat di alto valore e la biodiversità, a migliorare il suolo, la crescita della vegetazione e la ritenzione dell’acqua, il riciclo dei nutrienti, il sequestro del carbonio e il benessere animale. D’altro canto, un allevamento più intensivo se ben gestito ha un ruolo importante da svolgere, laddove è in grado di migliorare le rese.

e innovare. Tale approccio dovrebbe essere aperto e creativo, in cui gli esseri umani e gli animali devono collaborare tutti insieme per la natura piuttosto che contro di essa. “Incolpare il bestiame è una cosa facile e alla moda da fare, quando si ha una visione del mondo utopica e non si pensa alla realtà delle cose”, sottolinea il professor Leroy: “Tali visioni sulla catena alimentare sono generalmente sintomatiche dello Zeitgeist e del modo in cui la società sta attualmente cercando nuove strade per andare avanti. Ma attenzione a non commettere errori: l’abolizione anziché l’ottimizzazione dell’allevamento di animali ci porterebbe ad una situazione decisamente peggiore”.

Non è chiaro in quale direzione si evolverà l’attuale produzione zootecnica, ma gli autori dello studio sono risoluti: è improbabile che una di queste due scenari opposti accada. Il futuro più probabile vede un mosaico di pratiche più comuni, che spaziano tra opzioni “vegetali” e l’allevamento degli animali come parte della soluzione e non al centro del problema, basato su forti principi agro-ecologici. Piuttosto che parlare di totale abolizione dell’allevamento o di drastiche riduzioni della carne dalla nostra dieta, la via più saggia da seguire è quella di fare sempre “più del nostro meglio”. Anziché abbandonare definitivamente la zootecnia,

un’interazione più rispettosa e armonica con gli animali potrebbe far fare molti passi avanti, essere più efficace per soddisfare i vari bisogni di un’umanità globalizzata. La via più promettente per progredire, concludono dunque gli autori, consiste in una combinazione di tutto il meglio ottenuto finora, dalle forme di allevamento più moderne e dai sistemi di pascolo ben gestito, con una maggior attenzione alla prassi bio-circolare, e un approccio molto più attento alle interazioni uomo-animale-terra.

Anziché abbandonare la #zootecnia, un’interazione più rispettosa e armonica con gli #animali sarebbe più efficace per i bisogni di un’umanità globalizzata.

Aziende no informa

Brenntag Food &Nutrition Italia presenta la nuova soluzione per prosciutti cotti senza fosfati, naturali e clean label

Il Centro di Applicazione Sviluppo Food di Brenntag Food & Nutrition Italia ha messo a punto CARNIBRINE TOTAL PR, innovativa soluzione ingredientistica per la produzione di prosciutti cotti naturali, clean label e senza fosfati aggiunti Il Centro Applicazione e Sviluppo di Brenntag Food &Nutrition di Padova ha sviluppato Carnibrine Total Pr, innovativa soluzione ingredientistica ideata per prosciutti cotti con diversi range di siringatura, dal 15% al 40% (a seconda del dosaggio di impiego). È una formulazione naturale per produrre prosciutti cotti, o altri prodotti siringati e/o zangolati, senza l’utilizzo di polifosfati o fosfati in genere - che pertanto si possono completamente eliminare dal magazzino ingredienti. Carnibrine Total PR ha un impatto neutro sul prodotto finito e può essere inserito in qualsiasi salina. È senza retrogusti ed adattabile ad ogni tipo di aromatizzazione e conferisce un buon profilo aromatico. “Abbiamo superato numerose sfide tecniche per concretizzare le richieste dei consumatori e dell’industria alimentare per prosciutti cotti naturali e senza compromessi sul gusto. Con la nostra soluzione abbiamo eliminato i fosfati senza compromettere texture, resa e piacevolezza generale del prodotto finito. Carnibrine Total PR è la risposta Brenntag alla richiesta di prodotti carnei con etichette pulite e ingredienti più naturali”, afferma Marco Negrini Business Magager Savoury di Brenntag Food & Nutrition Italia.

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Il Green Deal europeo L’Unione europea si è impegnata ad azzerare le proprie emissioni inquinanti nette entro il 2050 Per diversi mesi, prima dello scoppio dell’emergenza COVID-19, la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen aveva messo in chiaro che nei primi anni di mandato la sua priorità sarebbe stata una sola: promuovere il Green Deal europeo, cioè una serie di misure per rendere più sostenibili e meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia e lo stile di vita dei cittadini europei. Nelle intenzioni della Commissione europea, il Green Deal «trasformerà l’Unione europea in una società giusta e prospera, con un’economia di mercato moderna e dove le emissioni di gas serra saranno azzerate, e la crescita sarà sganciata dall’utilizzo delle risorse naturali». È un progetto molto ambizioso, che interesserà direttamente decine di milioni di persone, a cui lavoreranno per anni tutte le principali istituzioni europee, e che ha l’ulteriore ambizione di dare il buon esempio nella lotta per contrastare il cambiamento climatico. Concretamente, il Green Deal europeo sarà una «strategia», cioè una serie di misure di diversa natura – fra cui soprattutto nuove leggi e investimenti – che saranno realizzate nei prossimi trent’anni. Al momento la Commissione ha pianificato i primi due anni, i più importanti per mettere a punto una struttura che sia in grado di reggere un progetto così ambizioso. Al Green Deal lavoreranno sia la Commissione – l’organo esecutivo dell’Unione – sia il Parlamento e il Consiglio, che invece detengono il potere legislativo. L’obiettivo principale è quello di fare la propria parte per limitare l’aumento del riscaldamento globale. L’Unione europea si è impegnata ad azzerare le proprie emissioni inquinanti nette entro il 2050, e a rispettare obiettivi intermedi per il 2030 e il 2040. Da questo obiettivo principale, a cascata, ne derivano altri più specifici. Il primo e più importante sarà quello di rendere più pulita la produzione di energia elettrica, che al momento è responsabile del 75 per cento dell’emissione dei gas serra all’intero dell’Unione Europea (il più famoso dei quali è l’anidride carbonica, la cosiddetta CO2). Significa soprattut-

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to potenziare la diffusione delle energie rinnovabili e al contempo smettere di incentivare l’uso di combustibili fossili: sarà un problema soprattutto per i paesi dell’Est Europa, dove la diffusione delle energie rinnovabili è ancora limitata. Un altro obiettivo importante sarà rendere più sostenibili tutta una serie di attività umane che al momento consumano una grande quantità di energia, o che producono una quota eccessiva di inquinamento: significa introdurre nuove regole per costruire o ristrutturare case e industrie in giro per l’Europa, rendere meno inquinanti i processi produttivi, potenziare i trasporti pubblici e su rotaia, promuovere la biodiversità – cioè materialmente proteggere boschi e specie animali dall’estinzione – rendere ancora più diffusa l’economia circolare, e riservare una quota stabilita dei fondi europei per iniziative sostenibili. Per ogni obiettivo del Green Deal, la Commissione diffonderà prima un «piano strategico» e poi una «azione concreta», per cercare di raggiungerlo. Le misure di cui si sta discutendo di più, sostanzialmente perché sono le più importanti già presentate sono due: la cosiddetta “Legge sul Clima”, la base legislativa per tutti i provvedimenti che seguiranno nei prossimi anni, e il “Fondo per una transizione giusta”, cioè il salvadanaio che servirà a finanziare iniziative sostenibili nelle regioni europee più arretrate e vulnerabili.

Tuttavia la pandemia COVID-19 e lo shock economico correlato non possono non avere ripercussioni sulle politiche europee. La Commissione sta rivedendo il suo programma di lavoro per il 2020 e si prepara a mettere in standby alcuni dossier della strategia più importante, il Green Deal. La Commissione starebbe valutando l’ipotesi di mettere in pausa alcune delle iniziative previste dal Green Deal considerate “meno essenziali per la realizzazione delle priorità chiave assolute”. ASSICA ha chiesto l’inclusione delle lezioni apprese dalla pandemia visto che siamo nella condizione di poter sostenere che tutti gli elementi emersi sono positivi per l’industria alimentare. L’emergenza COVID-19 ci ha insegnato, tra le varie lezioni, che i nostri prodotti sono sicuri (non in teoria, ma la sicurezza di basa su controlli in laboratorio), il COVID non si trasmette con gli alimenti; l’industria è stata resiliente, ha risposto alla crisi fornendo prodotti alimentari in tutti i supermercati, garantendo l’accesso agli alimenti a tutti i cittadini; le polemiche sulle nostre importazioni dall’estero sono strumentali, visto che adattiamo la trasformazione alle oscillazioni di volumi e prezzi della materia prima; non siamo noi ad inquinare visto che i livelli di inquinamento sono crollati anche se noi siamo stati quasi l’unico settore a produrre.

Inoltre ASSICA ha chiesto a gran voce, anche in collaborazione con il CLITRAVI, che non ci può essere un “Green Deal” senza un “internal market deal”: Il mercato unico è uno strumento essenziale al servizio dell’Unione europea. La solidità del mercato unico è un fattore essenziale per la salute generale dell’UE, proprio perché fondamento stesso del progetto di integrazione. In alcuni settori (energia, capitali, digitale) il mercato unico è ancora in uno stato embrionale. In altri, nonostante abbia raggiunto la fase della maturità, ha bisogno di un’ulteriore spinta risoluta verso un’ulteriore armonizzazione per far fronte, tra le altre cose, alle minacce di nazionalismo economico che difficilmente scompariranno ed alle distorsioni della concorrenza indotte dai governi. Questo è il caso del mercato unico degli alimenti a proposito del quale l’Europa si trova ad un bivio: andare avanti, con risoluzione e determinazione, o ricadere nella mediocrità. Armonizzazione che questa Commissione non sembra disposta a fare. Troppo spesso negli ultimi tempi, l’esecutivo comunitario sceglie di non scegliere, arrecando danni enormi alla competitività delle imprese alimentari italiane ed europee. Questo è per esempio il caso, solo per citarne alcuni, dei decreti nazionali sull’origine e degli schemi di etichettatura nutrizionale FOP (Fronte Pacco).

Agosto-Settembre 2020



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alimentazione 4.0 Prof. Em. Giovanni Ballarini - Università degli Studi di Parma

Grasso necessario e bello Secondo le odierne conoscenze, i rischi sanitari maggiori non derivano dai grassi, ma dagli zuccheri semplici Che il grasso faccia male è una recente opinione molto diffusa, contrariamente al passato quando grasso era bello, come dimostrano moltissime pitture e statue dei tempi andati, iniziando dalle veneri preistoriche. Da qui la ricerca, in cucina, di carni sempre più magre e la messa al bando di grassi quali il lardo e il burro. Tutto questo, senza tenere conto quanto il grasso sia gradito al palato e buono da mangiare. Secondo la legge del pendolo, per la quale si passa da un eccesso all’altro, oggi si sta tornando all’equo giudizio che un poco di grasso non solo non fa male, ma è anche necessario. Fin dal 1970 la quantità di calorie derivanti dai grassi alimentari, anche sulla scorta di una crescente paura per alti livelli di colesterolo nel sangue che avrebbero ostruito le arterie, era stata arbitrariamente limitata al 30%, ma senza precise e inconfutabili indagini. In seguito e come oggi sappiamo, si è visto che un’alimentazione ricca di cibi grassi (burro, panna, carni grasse, uova ecc.) non innalzano la quota di colesterolo nel sangue e prodotto dal fegato, e in sostanza il colesterolo alimentare non rappresenta più di un terzo di quello del sangue. Inoltre si è visto che i grassi alimentari, secondo la loro diversa provenienza, portano importanti elementi quali vitamine liposolubili e soprattutto evitano un eccesso di carboidrati (in particolare zuccheri) che oggi sono imputati di favorire il diabete e stati prediabetici,

ma anche causare la sempre più grave epidemia del sovrappeso corporeo e dell’obesità che oggi interessa quasi due miliardi di persone dei paesi industrializzati, contro il dato di meno di un miliardo di persone sottonutrite nel mondo. Un poco di grasso é quindi necessario, ma soprattutto di qualità, preferendo quello insaturo, anche se alcuni grassi saturi, come l’acido stearico, dall’organismo umano sono trasformati in acido oleico, un acido grasso insaturo. I grassi alimentari sono necessari anche perché sono il “carburante” privilegiato dei muscoli dell’uomo, un corridore relativamente lento e prolungato, che solo a tratti ha scatti di velocità. La quantità di grassi nella dieta va quindi messa in relazione all’attività fisica e la drastica diminuzione di questa che provoca i danni imputati a una dieta con troppi grassi, troppi non di per sé, ma per una vita troppo sedentaria! Se l’attività fisica ha bisogno di grassi, ha anche necessità di proteine e di questo se ne erano accorti anche i gladiatori romani che avevano una dieta ricchissima di leguminose e come si alimentavano gli uomini del paleolitico prima dell’invenzione dell’agricoltura. Oggi si stima che una buona alimentazione, in un corretto stile di vita nel quale è necessaria un’attività fisica giornaliera di almeno cinque chilometri a passo svelto (contro i quindici, venti dei nostri antenati, o similare attività fisica lavorativa), per ogni chilogrammo di peso

corporeo vi sia un apporto di un grammo e mezzo, meglio due grammi di proteina alimentare digeribile, con un apporto energetico (variabile anche secondo la temperatura ambientale) di almeno un terzo, se non più, portato dai grassi evitando invece gli zuccheri semplici! Nella tanto criticata dieta americana dell’hamburger, il rischio non è quindi nella carne (oltre tutto in parte sgrassata dalla cottura alla griglia), quanto dalla bevanda zuccherata che è solitamente associata! Viva la carne, dunque, ricca di proteine soprattutto quando ha grassi buoni e insaturi, come avviene nei maiali diventati vegetariani e alimentati con mais e soia, ricchi di acidi grassi insaturi. Grasso è di nuovo bello, anche se con attenzione e soprattutto in un corretto stile di vita fisicamente attiva “bruciagrassi”.

Aziende no informa

A colloquio con Marco Weiss, AD di Techpartner Srl le richieste o a intervenire con un solo contatto anziché disperdere energie e tempo chiamando ogni fornitore, con il rischio di non avere un quadro completo della situazione. Le sinergie, segnatamente nel comparto dell’ insacco tra clippatrice, legatrice e budelli, sono un setting perfetto per ottenere velocemente e qualitativamente quanto richiesto.

Di recente ci sono stati grandi cambiamenti ci può parlare della nuova Techpartner? Techpartner, importante realtà del settore nel mercato italiano, da alcuni anni sta ampliando la sua offerta con l’acquisizione di nuovi marchi. Quanto è importante avere un portafoglio prodotti ampio come il vostro? La nostra strategia che si è rivelata vincente è proprio quella cercare di essere un provider a 360 gradi. Avere un portafoglio ampio significa avere maggiore credibilità nei confronti del cliente e la possibilità di un rapporto continuativo di fiducia. Per noi la partnership è tutto. Il binomio consumabili e tecnologie per il processing è fondamentale per essere lo specialista di supporto. Spesso capita di riuscire a soddisfare

Abbiamo deciso, in seguito alla fusione per incorporazione della L.Richeldi, di utilizzare lo stabilimento della stessa sito a Portile (Modena) come unica sede centrale. La posizione geografica estremamente strategica nel cuore della food valley, così come la vicinanza alle autostrade ci permetterà di avere una capillarità nel raggiungere tutti i nostri clienti in tempi migliori. Le caratteristiche della nuova sede attiva dal 7.09.2020, con oltre 8000 m2, dotata di certificazioni ambientali e ISO 9001 per la qualità della lavorazione e commercializzazione dei budelli, saranno il punto di svolta della nostra crescita perché ci permetterà di avere maggiori possibilità di acquisire e sviluppare nuovi prodotti.

Una nuova moderna officina attrezzata ci permetterà inoltre di lavorare su più piattaforme in contemporanea ed aumentare l’efficienza rispetto al passato. Abbiamo appena concluso un riassetto importante del reparto commerciale e tecnico attingendo a personale motivato e altamente preparato con una scolarità, profilo e specializzazione decisamente elevati per alzare gli standard rispetto ai competitors.

Com’è strutturata Techpartner e quali considera siano i suoi punti di forza Essere tutti in un’unica sede rafforzerà maggiormente le sinergie di cui parlavo prima tra i macchinari, il materiale di consumo e il casing. Sapere di poter soddisfare pressochè tutte le richieste per i budelli, sia che siano naturali, collagenici, plastici o fibrosi/cellulosici e contemporaneamente poter disporre delle migliori marche nel machinery e in assoluto essere il benchmark in termini di qualità nel mondo della clippatura con il prodotto core della Poly-clip System, ci pone come un player di assoluto primo piano nel settore di riferimento. Logistica integrata verticalmente per tutti i prodotti, un dirigenza commer-

ciale che si coordina direttamente con le business unit, casing e processing e il reparto tecnico, aumenta l’efficacia per il cliente finale.

Il 2020 è stato un anno molto difficile per tutto il settore. Quali prospettive e che programmi per il prossimo anno? È sicuramente un anno di transizione. Abbiamo saputo prontamente reagire al lock down ed eravamo già preparati precedentemente a soluzioni di smartworking, pertanto l’azienda non si è mai fermata e ha “switchato” in tempo reale ed indolore al nuovo mondo che si stava prospettando. Nel 2021 potrebbero esserci importanti novità sotto quel fronte, sicuramente non stiamo fermi a guardare, così come non lo abbiamo fatto negli ultimi 15 anni grazie anche alla nostra casa madre, una multinazionale sempre in forte crescita in tutto il mondo. L’investimento in termini di presenza a Meat Tech in concomitanza con Tuttofood sarà il climax della nuova Techpartner e di tutto il suo potenziale.

Techpartner Srl • Via per Castelnuovo Rangone 200 • 41126 Portile (MO) • Tel. +39 059 460012 contact@techpartnersrl.it • www.techpartnersrl.com

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Al via “buona per ogni momento” la prima campagna digital del Consorzio Mortadella Bologna “Durante il periodo di lockdown ci siamo resi conto che per superare ogni fase della nostra vita, piccola o grande, le cose semplici sono sempre la soluzione migliore – afferma il Presidente del Consorzio Mortadella Bologna, Corradino Marconi, che prosegue – Qualunque sia il momento che stiamo vivendo, ieri come oggi, abbiamo bisogno di colmare le nostre giornate con semplici ingredienti: qualità, semplicità e gusto. Gli unici che da sempre fanno parte di Mortadella Bologna IGP, controllata e certificata dal Consorzio”. Ed è da questa premessa che è nata “Buona per ogni momento” la prima campagna di comunicazione digital del Consorzio Mortadella Bologna, ideata per promuovere la Mortadella Bologna come alimento che dà più gusto ad ogni momento della nostra vita. Ampio e articolato è il media mix del piano di comunicazione che comprende, una campagna digital, la creazione di contenuti originali per i canali Facebook

le ricette create e studiate appositamente dai food blogger per il Consorzio Mortadella Bologna, rendono protagonista il prodotto abbinandolo a ingredienti di stagione. Per tutto il mese di ottobre c’è il concorso “October Fet” dove il consumatore, a fronte dell’acquisto di Mortadella Bologna IGP potrà vincere premi giornalieri, settimanali e un super premio finale. La campagna, che durerà fino a dicembre, è articolata su tre soggetti con l’obiettivo di comunicare la sicurezza, la qualità e la versatilità della Mortadella Bologna. La sicurezza di essere prodotta in Italia da sole aziende italiane, garantita e protetta dal Consorzio di tutela. La qualità poiché è fatta solo con tagli nobili e selezionati di carne suina nel rispetto dell’antica ricetta tradizionale che l’ha resa unica e inimitabile. La versatilità perché trasforma ogni piatto in una ricetta deliziosa, trasmettendo allegria e piacere di stare insieme.

e Instagram di Mortadella Bologna, una pianificazione Google Ads, uno spot radio 30” on air su Spotify e una campagna stampa su testate Ho.Re.Ca. e trade. Il main concept “Buona per ogni momento”, firmato dall’agenzia True Company, vive anche nella campagna di digital pr che fino alla fine dell’anno vedrà coinvolti più di trenta influencer, tra i quali la food blogger Sonia Peronaci, lo chef Simone Rugiati, cinque chef stellati dell’associazione Chef to Chef, personaggi del mondo dello sport quali Massimiliano Rosolino ed Andrew Howe e dello spettacolo, tra i quali Anna Falchi e Alessia Ventura. Gli influencer racconteranno insieme al Consorzio Mortadella Bologna i valori e le caratteristiche che rendono la Mortadella Bologna un salume inconfondibile (per gusto, qualità e certificazione) con un’attitudine innata alla convivialità e alla condivisione, mettendo in luce come ogni momento possa essere più gustoso se vissuto insieme a Mortadella Bologna. Tutte

SALAME FELINO IGP: TRA CIBO E CULTURA, A SETTEMBRE FELINO CELEBRA IL SUO PRODOTTO SIMBOLO Prosegue fino al 4 ottobre “Settembre Gastronomico Felinese” Fino al 4 ottobre a Felino è tempo di “Settembre Gastronomico Felinese”: la manifestazione, promossa dalla Pro Loco di Felino e patrocinata dal Comune di Felino, vuole celebrare il Salame Felino IGP la cui secolare storia è inestricabilmente connessa con quella del paese sulle prime colline parmensi. A sostenere “Settembre Gastronomico Felinese” è il Consorzio di Tutela del Salame Felino IGP. Come spiega il Presidente Umberto Boschi, “Il legame tra il Salame Felino IGP e la sua zona di origine è imprescindibile. Promuovere la cultura del Salame Felino IGP può avere un effetto benefico sul territorio. Secondo il ‘Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2020’, il 50% dei turisti concepisce il viaggio come un insieme di esperienze multisensoriali ed emozionali, tra cui il food gioca un ruolo di rilievo: basti pensare che il 53% dei viaggiatori si riconosce nella definizione di turista enogastronomico. In questo senso, il Salame Felino IGP può diventare una porta di accesso per scoprire il territorio di Felino e, più in generale, della Food Valley parmense”.

culturale. A fare da ambasciatori del Salame Felino IGP saranno innanzitutto i ristoratori del territorio: 12 tra ristoranti, osterie, trattorie e agriturismi proporranno fino al 4 ottobre menu ad hoc, con fil rouge rappresentato proprio dal Salame Felino IGP. L’idea è quella di promuoverne l’utilizzo in cucina, suggerendo abbinamenti e proponendo creazioni originali. Al contempo, nei disegni della Pro Loco di Felino, “Settembre Gastronomico Felinese” vuole essere un invito rivolto a foodie e turisti a tornare al ristorante dopo i mesi di lockdown, dando così un concreto sostegno a una delle categorie professionali più duramente colpite dall’emergenza sanitaria COVID-19.

Cuore culturale del “Settembre Gastronomico Felinese” è invece il Museo del Salame Felino, ospitato nelle cantine settecentesche del Castello di Felino, nato nell’890 e appartenuto nei secoli alle famiglie Pallavicino, Sforza e Farnese: chi pranza o cena nei locali aderenti alla kermesse può infatti visitare gratuitamente il Museo, che appartiene al circuito dei Musei del Cibo della Provincia di Parai prodotti tipici della Food Valley parmense. “Settembre Gastronomico Felinese” avrà duplice identità: gastronomica e ma, dedicato Sostanziale tenuta dei consumi conuna ridimensionamento della marginalità economica

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CAMERA DI COMMERCIO DI PARMA Sede delle Commissioni “tagli di carne suina” e “grasso e strutto” La Borsa Merci di Parma è stata istituita dalla Camera di Commercio nel 1967. Prima di spostarsi nell’attuale sede presso Fiere di Parma, dove sono ospitate anche le CUN, ha operato all’interno della stessa Camera di Commercio. è aperta il venerdì, dalle 9 alle 15.30. Nel corso delle contrattazioni sono rilevati i prezzi di undici tipologie di prodotti agroalimentari: salumi, carni fresche suine, suini, carni grassine, derivati del pomodoro, foraggi, granaglie farine e sottoprodotti, zangolato, siero di latte, formaggio e uve. Numero e qualità dei prodotti rilevati ben rappresentano l’importanza della piazza di Parma legata alla straordinaria vocazione agroalimentare del suo territorio. I listini settimanali dei prezzi rilevati sono pubblicati sul sito Internet www.borsamerci.pr.it. Presidente delle Commissioni Prezzi della Borsa Merci è il Segretario Generale della Camera di Commercio o un suo delegato. L’Ufficio Borsa Merci si trova nella sede della Camera di Commercio di Via Verdi, nel centro storico di Parma.

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Le Commissioni Uniche Nazionali La “Commissione Unica Nazionale dei tagli di carne suina” e la “Commissione Unica Nazionale grasso e strutto” si riuniscono settimanalmente a Parma. Le Commissioni Uniche Nazionali (CUN) nascono in attuazione del Protocollo d’intesa sottoscritto il 5 dicembre 2007 dal tavolo tecnico della filiera suinicola. Le due CUN operano il venerdì mattina parallelamente alle attività della Borsa Merci; il loro compito è di prendere atto di una panoramica del mercato dei tagli di carne suina e di grasso e strutto, fissandone i relativi prezzi per la settimana successiva. L’attività di segreteria è svolta da Borsa Merci Telematica Italiana, su incarico del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.


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