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Il packaging rappresenta, spesso, un aspetto insidioso nella filiera commerciale dei prodotti alimentari: certificazioni, etichettatura, attestazioni di conformità sono talora necessarie affinché il packaging delle carni e dei salumi sia conforme alla normativa applicata in ogni specifico mercato extra unionale. Quando il packaging (e le attestazioni collegate) dovessero risultare non conformi alla legislazione applicata nel Paese di destinazione, potrebbe essere necessario ritirare il prodotto o provvedere, in loco, a un suo riconfezionamento, operazione non sempre possibile. E ciò, indipendentemente dalla resa utilizzata: anche per chi vende EXW (franco fabbrica) sussiste l’obbligo di informare il cliente sulla necessità di procedere a eventuali specifici adempimenti in forza della normativa applicata nel Paese di destinazione (salvo il fatto che tali attività potrebbero essere svolte con costi a carico del cliente).

La custodia temporanea e la RKC

La normativa doganale, a livello mondiale conta di strutture normative utilizzate in tutti i Paesi che hanno adottato la Revised Kyoto Convention (RKC) sull’armonizzazione delle procedure doganali, prevede la possibilità di vincolare le merci al cosiddetto Temporary Storage (custodia temporanea) grazie al quale le merci possono sostare per periodi variabili (in alcuni Paesi 24 ore, in altri anche diversi giorni, fino ai 90 giorni previsti dalla normativa UE), senza che il proprietario abbia ancora preso decisioni precise in merito al loro destino: in tal modo, potrà essere verificata non solo la conformità del packaging ma anche, se del caso, la condizione esterna dei colli. La custodia temporanea viene definita dal Codice Doganale dell’Unione (Reg. UE 2013/952) all’articolo 5 punto 17 come la: situazione in cui si trovano le merci non unionali custodite temporaneamente sotto vigilanza doganale nel periodo intercorrente tra la loro presentazione in dogana e il loro vincolo a un regime doganale o la loro riesportazione.

Le merci in custodia temporanea, d’altra parte, non possono subire manipolazioni se non quelle volte al mantenimento del loro stato originario.

Gli operatori che avessero necessità di modificare il packaging o la merce stessa perché non conforme alla normativa del Paese di destino, hanno a disposizione una straordinaria soluzione introdotta dalla normativa doganale. La RKC, entrata in vigore nel 2006 con lo scopo di facilitare il commercio tra le 133 parti contraenti, consente infatti, a determinate condizioni, di sospendere il pagamento di dazi e oneri doganali tramite il vincolo al regime del deposito doganale.

Tale regime, descritto dettagliatamente nell’Allegato D della Convenzione stessa, è funzionale proprio alla modifica del packaging dei prodotti, purché essa si svolga all’interno di specifici locali nel paese di destino (locali autorizzati dalle competenti autorità doganali) al fine di renderlo conforme alla normativa quivi in vigore: il regime doganale del deposito consente, infatti, di provvedere a tutte le attività connesse all’imballaggio e alla manipolazione del prodotto in termini di corretto confezionamento. Le operazioni possibili, assai più frequenti nella pratica di quanto si ritenga, sono però limitate alle “manipolazioni usuali”, definite, per quanto riguarda i prodotti destinati al mercato unionale, dall’articolo 220 del Codice Doganale dell’Unione:

Le merci vincolate al regime di deposito doganale o a un regime di perfezionamento o collocate in una zona franca possono essere oggetto di manipolazioni usuali intese a garantirne la conservazione, a migliorarne la presentazione o la qualità commerciale o a prepararle per la distribuzione o la rivendita.

Si tratta, ad esempio, di cambiamenti di imballaggio, confezionamento, separazioni in partite, purché tali operazioni non vadano a incidere sulla tipologia di prodotto destinato alla successiva immissione in libera pratica, sono, infatti, escluse dal regime del deposito le manipolazioni profonde del prodotto medesimo: la frammentazione del prodotto, il trattamento dei prodotti con sostanze non presenti originariamente, così come altre trasformazioni capaci di incidere significativamente sulla natura dei prodotti esportati non potranno essere svolte utilizzando il regime del deposito doganale.

Il perfezionamento attivo

Nel caso in cui, invece, sia necessario procedere con interventi più incisivi sul prodotto per renderlo conforme alla normativa adottata in uno specifico Paese, ci soccorre il regime del perfezionamento attivo (PA), diffuso e utilizzato in tutti i 133 Paesi firmatari della Revised Kyoto Convention e disciplinato dall’Allegato F della Convenzione medesima: il regime del PA consente di apportare quasi qualsiasi modifica a packaging e prodotto direttamente nel Paese di destinazione, senza la necessità di ritirare il prodotto medesimo sopportando i costi di rispedizione oltre che quelli di trasformazione.

L’articolo 256 del Codice Doganale dell’Unione (che segue rigorosamente il dettato della RKC) specifica, per i prodotti immessi nel territorio doganale dell’Unione, proprio l’ambito di applicazione per il perfezionamento attivo, che può essere utilizzato anche per le merci destinate a essere oggetto di operazioni atte a garantire la loro conformità a requisiti tecnici per la loro immissione in libera pratica

Naturalmente, di tali manipolazioni e modifiche dovrà essere mantenuta traccia e dovranno essere svolte a seguito di una specifica autorizzazione da parte dell’autorità doganale del Paese ove vengono eseguite.

In via più generale, sempre allo scopo di evitare, comunque, complesse e talora costose operazioni di adeguamenti di prodotti e packaging in loco, è decisivo avvalersi di piattaforme web che possono essere di grande aiuto per l’operatore unionale: è il caso di Access2Markets, piattaforma messa a disposizione dalla Commissione europea. Il portale consente di controllare tutte le caratteristiche tecniche e le formalità richieste dall’autorità competente nel Paese di destino della merce.

Se, ad esempio, l’operatore volesse esportare verso il Regno Unito un prosciutto, classificato al codice di Sistema Armonizzato (HS 2022) come 0203.12, troverà sotto la voce “procedure e formalità” tutti i certificati e le formalità necessari per importare i prodotti relativi a tale codice HS in Regno Unito, tra cui i riferimenti ufficiali alle apposite guide pubblicate dal governo britannico (guide ufficiali, che segnalano non solo certificati e formalità, ma anche i contatti diretti cui fare riferimento per chiarimenti in merito alle specifiche regole).

Nel caso in cui il prosciutto (ma la regola vale anche per quasi tutti i prodotti agroalimentari!) fosse confezionato in un packaging in plastica, l’operatore dovrà valutare l’impatto della Plastic Packaging Tax, imposta entrata in vigore a step a partire dal 1° aprile 2022, che prevede una tassa sugli imballaggi in plastica prodotti o importati nel Regno Unito. Qualora la plastica utilizzata per la loro produzione contenga meno del 30% di plastica riciclata l’imposta dovrà essere assolta; nel caso, invece, il 30% o più del packaging sia in plastica riciclata non sarà dovuta alcuna imposta, ma l’imballaggio in plastica dovrà comunque essere contabilizzato.

di Loredana Biscione

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