Seminario Prosopon-intervento di grazia affatigato

Page 1

SEMINARIO PROSOPON-LA MASCHERA SI FA STORIA

26-29 MAGGIO 2016

INTERVENTO DI GRAZIA AFFATIGATO VILLA FILANGERI, 26 MAGGIO 2016

LA MASCHERA E LA NASCITA DELLA DRAMMATURGIA La Maschera, già dalla Preistoria, ha per l’uomo lo stesso valore di sempre: il potere “magico” di mutare chi la indossa in un altro essere. In particolare, la maschera animale o vegetale (o tutto il travestimento), in momenti importanti nella vita del gruppo, facilitava la comunicazione dell’uomo preistorico con le forze della Natura, poiché tramite la Maschera egli annullava sé stesso per diventare un elemento della Natura al fine di armonizzare pienamente con essa e conoscerne i segreti. In questo modo, chi indossava la Maschera, trasformandosi in stambecco, toro o uccello, entrava in contatto con l’ambiente naturale per modificarlo e assicurare così protezione e approvvigionamento al gruppo cui apparteneva. Egli, rinunciando a sé stesso e diventando “altro”, riusciva a comunicare con gli spiriti dell’Universo, ma anche con quelli che assistevano al rituale, i quali, di riflesso, così come nelle rappresentazioni teatrali, partecipavano alla sua esperienza trascendente. Ad indossare la Maschera è sempre una persona con precise caratteristiche, che per il suo ruolo di tramite con le forze dell’Universo diventa per la comunità una figura “sacra”. Si tratta dello “sciamano” (il termine deriva dalla lingua tungusa della Siberia) o del “sacerdote”, figura che viene rispettata e temuta, poiché testimone di un mondo spirituale, oscuro e incomprensibile all’uomo comune. La Maschera può essere costruita dallo stesso sciamano, ma può anche essere realizzata da altri (per es. un artista), sotto, però, lo stretto controllo dello sciamano che conosce i segreti dell’Universo e il grande potere della Maschera che ne è l’espressione. Gli iniziati che conoscono i segreti delle maschere sono spesso riuniti in potenti società occulte. Le maschere a volte sono indossate anche da danzatori che partecipano alle cerimonie rituali, perché la musica e la danza fanno parte dell’attività “sciamanistica” poiché, per il loro valore “magico”, permettono anch’esse il “transito” verso un altro stato di


coscienza. Cerimonie cultuali in cui la presenza di maschere si associa a musica e danza possono essere considerate delle vere e proprie rappresentazioni sceniche. Queste cerimonie mascherate avranno sempre nella storia dell’uomo lo stesso intento “magico” di propiziarsi forze della Natura prima, divinità poi, al fine di assicurare il bene della comunità in occasione di momenti speciali, particolarmente importanti nella vita di essa, quali l’avvicendarsi delle stagioni o solstizi nelle comunità agricole – in quanto legati alla morte e alla rinascita della natura –, o guerre ed epidemie in periodo storico. Cerimonie orgiastiche con maschere che si svolgevano in inverno o in primavera, secondo la sequenza stagionale della vegetazione, stanno infatti all’origine di feste particolarmente sentite nell’antica Grecia come le Antesterie, le Lenee e le Dionisie, direttamente legate all’origine del teatro antico. Dioniso, sin dalle origini, era nel mondo greco la divinità ctonia più importante perché rappresentava la linfa vitale che scorre nel mondo vegetale, quindi il potere rigenerante della Natura. Egli perciò riassumeva in sé tutta la vita vegetale della Natura nelle sue molteplici manifestazioni, tanto che simbolo del dio era il “fallo”, di cui assimilò l’energia vitale. Dioniso era anche il dio-maschera perché attraverso l’ambiguità di essa si manifestava la “Potenza sacra”, che era l’esplosione della vita nel suo duplice aspetto positivo (entusiasmo, beatitudine) e negativo (violenza, delirio). La maschera era considerata la teofania del dio stesso e la sua frontalità indica che Dioniso era un dio con il quale l’uomo entrava in contatto esclusivamente attraverso il suo suggestivo e magnetico sguardo. Indossavano maschere teriomorfe (capra, pecora, vacca…) anche i partecipandi (sacerdoti, sacerdotesse, danzatori…) alle cerimonie rituali in onore di Demetra con testa di cavallo, il cui culto (Misteri Eleusini) era molto diffuso, non solo in Grecia, ma anche in Sicilia (Selinunte, Katane, Enna, Siracusa…). Demetra, la Dea Madre dei Greci, era l’ancestrale elemento vitale femminile, che assunse in seguito un carattere essenzialmente agreste. L’aspetto di dea-cavallo è molto antico e preesistente all’ammissione di Demetra nel pantheon olimpico. Raffigurazioni dell’elemento vitale femminile sotto forma di giumenta gravida sono conosciute fin dal Paleolitico. Nonostante l’uso delle maschere sia quasi sempre riservato agli uomini, anche quando oggetto della rappresentazione è la donna, esistono tuttavia significative eccezioni: nelle comunità Sande (associazioni delle donne del popolo Mende della


Liberia, Sierra Leone e Guinea) le maschere sono ad uso esclusivamente femminile e vengono usate nei rituali di iniziazione delle ragazze all’età adulta. Di contro il ruolo del maschio è relegato a quello di “buffone”. Anche se l’uso della maschera è generalmente una prerogativa maschile, la donna è tuttavia, in quasi tutti i miti, colei cui lo Spirito la concede per la prima volta: di solito le viene rivelato in sogno il luogo dove può trovare la “Maschera”, generalmente nella foresta. L’uomo poi se ne appropria acquistandola o rubandola, non con la forza quindi, ma con la scaltrezza. Sembrerebbe dunque che la donna sia vista più vicina al “divino”, ma meno adatta dell’uomo alla gestione dei poteri nella quotidianità, nel relativo. Ancora oggi le donne-sciamano, presenti presso gruppi sedentari, nelle società agricole e contadine (Uzbeki, Tagiki, ma anche Estremo Oriente e Sudest asiatico o Araucani del Cile), hanno un ruolo più marginale rispetto a quello dell’uomosciamano, perché secondo la tradizione sciamanistica il “viaggio” della donna non potrebbe avere un raggio d’azione vasto come quello dell’uomo o essere altrettanto potente, a causa degli “impegni familiari” (raccolta, coltivazione, educazione dei figli…). Alcune sciamane si specializzano, infatti, nell’uso dell’erboristeria o sono artiste. Nelle società segrete Geledè degli Yoruba (Nigeria e in parte Benin e Togo), una donna (iyalase) e un uomo (balalase) insieme sono i responsabili della conservazione delle maschere in luoghi segreti, anche se poi la indossano solo gli uomini durante le feste che celebrano la fine della stagione secca (tra Marzo e Maggio) e l’arrivo delle piogge, o in caso di epidemie. Il termine “Maschera” è comunque femminile così come lo stesso sciamanesimo ha ancestrali connotazioni femminili. In Grecia, infatti, il culto di Artemide Brauronia (da Brauron, demo della costa orientale dell’Attica dove sorgeva un famoso santuario) era legato ad un rito iniziatico femminile denominato ἀρκτεία: per espiare l’uccisione di un’orsa sacra che era penetrata all’interno del recinto di Artemide, fanciulle vergini (“orsette” tra i 5 e i 10 anni?1) con una veste particolare (κροκωτώς, color zafferano) e maschere dovevano danzando ἀρκτεύσαι, ovvero “imitare l’orsa”, secondo modalità simboliche – identificazione, sostituzione, morte – tipiche dei rituali di passaggio. La danza mascherata doveva indicare il passaggio delle fanciulle dallo stato di ferinità-verginità, presieduto da Artemide, a quello dell’amore-matrimonio, presieduto da Afrodite. Il mancato raggiungimento dello stato di donna, cioè un gravidanza mancata, si esprimeva nel culto di Ifigenia (sacrificio della vergine) attestato anch’esso a


Brauron2. Ifigenia infatti tiene le chiavi del santuario e riceve il culto delle partorienti che vanno incontro a morte prematura. L’orsa o la sua maschera come primeva datrice di vita, donna gravida, madre, è attestata sin dalla Preistoria. Nel mondo greco vi è un’altra figura in cui la “Potenza” opera attraverso la “Maschera”, fondendosi con essa: la Gorgone. Le Gorgoni erano mostri della mitologia greca, figlie di Forco e di Ceto, primordiali divinità che simboleggiavano gli elementi naturali marini con i pericoli nascosti nella profondità. Erano tre sorelle: Steno, Euriale e Medusa, quest’ultima la Gorgone per antonomasia. Erano rappresentate come maschere ghignanti con zanne di cinghiale, lingua pendula, bulbi oculari fissi verso l’osservatore per mutarlo in pietra, serpenti e lucertole che sbucavano dalla testa e che si attorcigliavano intorno al volto. Il corpo – se c’è – ha ali d’ape. Maschere femminili dall’aspetto spaventoso in cui zanne di cinghiale, lingua pendula o volto di civetta – tutti considerati simboli di morte – sono associati a serpenti, lucertole, api, uova o alberi – simboli di potenziale rigenerazione – sono conosciute sin dalla Preistoria: rappresentano la “Dea”, principio vitale, nel suo doppio aspetto di Morti e di “magica” Dea della Rigenerazione. La rigida frontalità della Maschera indica che la Gorgone è una “Potenza” con cui l’uomo può comunicare solo esclusivamente attraverso lo sguardo, cadendone però vittima. Questo rapporto ha connotazione negativa, poiché lo sguardo della Gorgone è pietrificante e fa sprofondare l’uomo nel terrore e nel caos, esprimendo la sua vulnerabilità nei confronti del soprannaturale. Gli elementi-simbolo di rigenerazione conferirono comunque alla Maschera di Gorgone un carattere apotropaico, per cui venne raffigurata su scudi, mura urbane, costruzioni, frontoni di templi ecc… Questo ci mostra ulteriormente qual è il carattere misteriosamente ambiguo della “Maschera”: attraverso essa si realizza la “morte” dell’individuo, cioè il suo annullamento, e la sua “rinascita” sotto altre sembianze, in uno stato di “alterità”. Questo processo di “mascheramento”, che ci accompagna sin dalla nascita (i bambini nei loro giochi fingono di essere “altro”) trova la sua massima espressione nel “teatro”. 1 2

Aristofane, Lisistrata 641-647. Euripide, Ifigenia in Tauride 1445-1470.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.