Editoriale Il 12 marzo 2014 il Parlamento europeo ci ha sorpreso con quella risoluzione rivoluzionaia ispeto ai pa a et i a ituali della UE che ha riconosciuto il valore culturale e scienii o della Gast o o ia, evide zia do e il fo da e tale lega e o il te ito io e hiede do ai Paesi e i di i se i e lo studio elle s uole a tui i livelli. Da lì ato lo siolo a a dida e Pa a o e ità eaiva della Gast o o ia UNESCO. Il p ofesso A d ea Fa i, p eside te del o so di lau ea i S ie ze Gast o o i he e del Maste COMET, stato il p i o a oglie e l’o asio e e il Maste COMET stato u ato e i po ta te i tuto il p o esso pe h Pa a ote esse l’a ito i o os i e to. O a ’ l’o asio e pe u passo su essivo, pe afe a e l’i p es i di ile lega e t a Gast o o ia e Biodive sità: stata app ovata u a legge italia a pe la p otezio e della Biodive sità, i pa i ola e uella ag i ola, he p evede uoli i po ta i pe hi può p o uove e u a o eta o os e za, u a o os e za he, se difusa apilla e te, può ea e uel itadi o e o su ato e o sapevole i g ado di si ola e hi gove a, hi p odu e, hi dist i uis e a u a aggio e ate zio e alla Biodive sità, fo te di pia e e edo isi o a pu e di sop avvive za. A he i uesto aso il ost o Paese ha u uolo p ivilegiato pe do o di atu a e pe la sua sto ia. E a he i uesto aso Pa a u a apitale pe h esp i e u a Gast o o ia he as e da a ie i he pot e o dei i e, dal pu to di vista dell’i lue za sul p odoto ag oali e ta e, opposi. I giovai, i uesto aso gli stude i dell’U ive sità di Pa a, posso o e devo o esse e u o siolo osta te pe h la ità svolga il suo uolo i o os iuto dall’UNESCO sop atuto ell’afe azio e del ispeto della Biodive sità e della dive sità ultu ale he ha o fato g a de Pa a.
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On 12 March 2014, the European Parliament surprised us with the revolutionary resolution (compared to the EU standard parameters) which recognized the cultural and scientiic value of Gastronomy, highlighting the crucial link with the territory and asking member countries to enter the study in schools at all levels. Parma nomination as a UNESCO Creative City of Gastronomy showed how Professor Andrea Fabbri, President of the degree course in Gastronomic Sciences and Master of COMET, was the irst to seize the opportunity and why the Master COMET has been an important actor in the whole process Now there is an opportunity for a later step to afirm the solid link between Gastronomy and Biodiversity. The approved Italian law on the protection of biodiversity, particularly agricultural, which provides important roles for those who can promote proper knowledge, if widely distributed, can create citizens and consumers awareness. This is what can stimulate governors and producers towards a greater attention to biodiversity, not only a possible hedonistic pleasure but also a source of survival. Once again our country has a privileged role for the gift of its nature and history and Parma is a capital where the Food experience comes from environments that we might call opposites. Young people, in this case the students of the University of Parma, can and should be a constant stimulus for a city that is playing now a role recognized by UNESCO, showing worldwide the respect for biodiversity and different cultures that made Parma what it is now. Guido Stecchi 1
COMUNE DI SALA BAGANZA
Sala Baganza 13-14-15 Maggio 2016
XXI edizione della Cosèta d’Or VENERDÌ 13 MAGGIO Inaugurazione del Festival “A CENA CON MARIA LUIGIA D’AUSTRIA”, AL MUSEO DEL VINO
SABATO 14 MAGGIO MERCATO DEL GUSTO Cena con il bicchiere al collo MAGNAROCCA a seguire MUSICA DAL VIVO IN GIARDINO
DOMENICA 15 MAGGIO SFILATA MASCHERE ITALIANE COOKING SHOW MERCATO DEL GUSTO PRANZO E CENA IN GIARDINO DEGUSTAZIONI GUIDATE BRINDISI CON LA COSÈTA D’OR CONCERTO FINALE
IL 14 E 15 MAGGIO SPAZIO BIMBI E LABORATORI TRENINO ENOTOUR
Info e programma su:
www.festivaldellamalvasia.it www.facebook.com/festivaldellamalvasia
Direttore: Guido Diretore: GuidoStecchi Ste hi Responsabile di redazione: Respo sa ile di redazio e: Matteo MateoBuonanno Buo a Seves o Se es (Scienze S ie zeGastronomiche) Gastro o i he Revisione Re isio einterna i ter traduzioni: a traduzio i: Jacopo Ja opoFlorio Florio (Scienze S ie zeGastronomiche) Gastro o i he Re isio eesterna ester atraduzioni: traduzio i: Revisione A to ella Lasorella Antonella Lasorella Grai a:Marco Mar oBianchi, Bia hi Grafica: Riccardo Gritti, Lisa Zattarin Progeto Editoriale: Progetto Editoriale:
Associazione Asso iazio eGlocaldev, Glo alde glocaldevprogetti.wix.com/glocaldev glo alde progei. ix. o /glo alde Progetto Formativo Progeto For ai oe ePatrocinio: Patro i io: Accademia delleia5t.it 5T .a ade
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Editoriale SOMMARIO La nostra città - Our home town Golosità pedute? - Food Paradise lost? Editoriale di Marco MasterCittà COMET Parma si Furmenti candida-come della gastronomia UNESCO Benvenuta UNESCO Welcomegastronomic UNESCO city Parma candidates as -UNESCO cura di Costanza diA Carlotta Beghi Ferrarini - Master- Master COMETComet 2012; Carlotta Beghi - Master Comet 2015; Marta Bergamaschi In primo piano – Focus on - Master Comet 2013 Le città della reteni’ sono presentate dal Master COMET team 2016: Icche’ ti ci metto panino? Daniela Bonanni, Gianluca Campanella, Andrea Colajocomo, What shall I put in the “panino”? Valentina Della Pia, Francesca De Petra, Marco Furmenti, Serena Gualtieri, di Lorenzo Bendinelli - Scienze Gastronomiche Maria Fernanda Rodriguez, Michele Soffiato, Simona Tarra, Sara Vanucci, Parliamone... – Let’s talk about it... Zinno ulivi IlGiorgio serial Maria killer degli La nostra storia -killer Our history The Olive serial Reggiano:- forme antiche di antichi caseifici diParmigiano Simone Ruggiero Scienze gastronomiche Parmigiano Reggiano: ancient forms of ancient dairies Itinerari del gusto di Andrea Scienze Lu sole, luCrispino mare e- lu ientudell’Agricoltura The sun, the- sea wind Parliamone Let’sand talkthe about it... diCarni Cristina Scienze Gastronomiche rosse:Maglie inutile-allarmismo? Le nostre – Our experiences Red meat:esperienze worthless scaremongering? Tradizione e biodiversità si intrecciano tra le colline del Parmense di Matteo Buonanno Seves - Scienze Gastronomiche ed Emanuele Debiodiversity Falco - Scienzeare Gastronomiche Tradition and intertwined in the hills around Parma Itinerari del gusto - Taste Itineraries diA Arianna Oddo - Master COMET tavola con Monet - Dining with Monet Parliamone... – Let’s talk about it... di Marianna Ceci - Scienze dell’Architettura Upcycle Food- Design? In primoopiano At the forefront Upcycle or Food Design? Lardo di Colonnata... esigente come Michelangelo diLard Costanza Ferrarinidemanding - Master COMET of Colonnata... such as Michelangelo ediMarianna Ceci Scienze dell’architettura Luca Tonelli - Scienze e Tecnologie alimentari Da sapere Da sapere - To know Aperitivo, per far venir fame o per sfamarsi? Auguri e figlie femmine! - I wish you to have only daughters! Does a cocktail help you to get hungry or does it feed you? di Alice Rossi - Laurea magistrale in Scienze Gastronomiche di Emanuele De Falco - Scienze Gastronomiche Lorenzo Bandinelli - Scienze Gastronomiche Emanuele De Falco - Scienze Gastronomiche
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La nostra città
Our home town
GOLOSITÀ FOOD PARADISE PERDUTE? LOST? di Marco Furmenti - Master COMET
by Marco Furmenti - Master COMET Traduced by Licia Dentesano
con la collaborazione di Marianna Ceci Scienze dell’Architettura
Se Parma è diventata famosa in tutto il mondo per la sua gastronomia non è merito solo dei suoi prodotti, a volte persino indispensabili in ricette di mezzo mondo, come il Parmigiano Reggiano, ma anche per gli uomini e le donne che, semplici cuochi o artigiani, hanno saputo valorizzarne le prelibatezze. Uomini e donne semplici per umana vocazione ma in realtà veri artisti, autori di capolavori che vanno conservati e fatti conoscere, a volte recuperati, allo stesso modo di come siamo attenti a conservare e far conoscere le musiche di Verdi, gli scritti di Guareschi o gli afreschi del Parmigianino.
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in collaboration with Marianna Ceci Sciences of Archictecture
Parma’s pupularity all over the world is due both to its first quality raw produce and to the talented people from the region, common people, men and women, simple cooks and artisans who managed to get the best out of local food so as to make it a real must also for international dishes. With the special touch of the artist, skilled men and women produced their food masterpieces which deserve to be recorded and passed down to new generations just as much as Verdi music or Guareschi books and Parmigianino frescos.
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Mario “oldai il pri o a si istra , o a i i e Do Ca illo, o ero Fer
In che modo una città entra nella leggenda? Spesso è una questione di eroi, re e regine, opere architettoniche, episodi più o meno documentati e avvenimenti storici scolpiti in archivi e libri. Ma non è così scontato, spesso è una magia che nasce da una coltre nebbiosa o da un il di vento, da una nonna creativa o da un intellettuale contadino… Così la famosa Bengodi, contrada immaginata da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo nel suo Decameron, richiama ancora oggi la leggenda di un paese dell’abbondanza e della gola dove “…si legano le vigne con le salsicce […] ed eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevan che far maccheroni e raviuoli, e cuocergli in brodo di capponi, […] e ivi presso correva un iumicel di vernaccia, della migliore che mai si bevve, senza avervi entro gocciola d’acqua”. Nessun eroe, nessun monumento o evento storico a ricordo di questo paese delle meraviglie, ma solo l’abbondanza di cibo, della miglior qualità, accessibile a tutti senza prezzo. Bengodi è il paese di Cuccagna che ci rallegra i sogni nelle notti più tormentate, ma che sfortunatamente scompare non appena riapriamo gli occhi al primo sole del mattino. Beati coloro che ne hanno potuto attraversare le vie, scalare i monti di Parmigiano e navigare i iumi di Vernaccia. Ma siamo del tutto sicuri di aver perso Bengodi per sempre? Esiste in realtà una città dell’Italia settentrionale che nulla ha da invidiare alle meraviglie del paese boccaccesco.
How does it happens that a city becomes a legend ? It is often a matter of kings and queens, historic facts being recorded in books, gelously kept in libraries. But sometimes it is something magic, creeping out from the mist or blown with the breeze, the magic of a creative grandmother or an eclectic farmer …. his is how the imaginary contrada of Bengody by a del i pri o pia o Boccaccio, in the XIV century Decamerone, was described : a legendary place of wealth and good food where ‘ vines are tied with sausages and there are high monutains of grated parmesan cheese where people do nothing but make maccheroni and ravioli, prepare good capon stock ….. with rivers of vernaccia red wine and no water at all ‘. No single hero, monument or historic event is mentioned in memory of this wonderland , only plenty of good food, available to all, costing nothing at all. Bengodi is the place of Cuccagna, the place of our dreams in dark nights which rapidilly disappears in the twilight of the day. Lucky those who happened to walk along its roads , climb its mountains of parmesan cheese and navigate its rivers of Vernaccia wine Yet has Bengodi really gone for ever? here is a town in the North of Italy which is as good as Boccacio’s Bengodi.
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Così Guido Battelli, letterato ligure vissuto a cavallo fra il IX e XX secolo, ricorda con molta nostalgia la Parma da lui più gradita. Non la città dei grandi eroi, dello sfarzo dei suoi monumenti o delle gesta storiche, ma della cucina e della gastronomia.
Tornarè vlontèra a Parma Per magnar quattr’anolèn, Mo vrè po’anca la bomba Coi pisson e coi fonzèn; Un bel piat ad polenta fritta… A’ vrè j’ov con la tartula Ca ven zò da Langhiran, E’n bel tocc ad nombl’arost Da lecares in il man! Po’ do fetti’d culatell Acsi bon, acsi savorì; E col bon salama f Flen Ca magnava di mè di’; E la spalla anca ‘d San Sgond, Ch’an ghè gnint pu bon al mond … Vrè magnar du o tri tordlett… Quater pasti da sfojada E’n piaten ad cotognada… Du o tri rodlen ‘d luganga Co la so polenta fritta…
his is how Guido Battelli , a litterate gentleman from Liguria around the IX and XX century, described his beloved Parma with a deep sense of nostalgia. Not the city of great heros, grand monuments or historic events, but the city of good food and great gastronomic tradition.
Tornerei volentieri a Parma Per mangiare quattro anolini Ma c’è anche la bomba, Coi piccioni e coi funghetti; Un bel piatto di polenta fritta… Vorrei le uova con il tartufo Che viene giù da Langhirano, e un bel pezzo di nobile arrosto da leccarsi perino le mani! Poi due fette di culatello Così buono, così saporito; e con il buon salame di Felino che mangiavo a mezzogiorno; e anche la spalla di San Secondo, che non c’è niente di più buono al mondo… vorrei mangiare due o tre tortelli… Quattro pezzi di sfojada E un piattino di cotognata… Due o tre rotolini di salsiccia Con la sua polenta fritta…
Il Po i pie a a Polesi e Par e se o l’A i a Corte Palla i i a
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Stay again in Parma To eat four anolini But there is also the bomba, With pigeons and with mushrooms A dish of fried polenta ... I would like the eggs with trules hat is down from Langhirano, and a nice piece of roasted noble mouth- even hands! hen two slices of salted pork So good, so tasty; and good salami Felino I ate at noon; and also the shoulder of San Secondo, that there is no more good in the world ... I would eat two or three tortelli ... Four pieces of sfojada And a saucer of quince ... Two or three rolls of sausage With its fried polenta ...
Come il paese di Bengodi, anche la capitale gastronomica emiliana appare agli occhi dei lettori come la città del buon vivere e del buon mangiare, dove si possono trovare cibi di varia natura e di indubbia bontà. Parma è sopravvissuta agli eventi e alle leggende divenendo un simbolo della gastronomia italiana. Indiscussa capitale della buona cucina, si è costruita un nome nel corso dei secoli grazie a tre pilastri che continuano a sorreggerla ancora oggi: i prodotti tipici, i piatti della tradizione e i personaggi che sono entrati nella leggenda della cucina di queste terre, alcuni già annoverati tra i gran-
Just as Bengodi , Parma, the gastronomic capital city of Emilia, appears to be the place of well-being and well-eating, where food is of prime quality and extremely varied. Parma has outlived its historic events and legends and has become the icon of Italian cuisine. No doubt Parma is the gastonomic capital city of Italy and owes its popularity to its typical produce, its traditional dishes and its great characters, people who have turned into a legend both for thier culinary and their cultural contribution to this land.
di interpreti della nostra cultura. Sfortunatamente col passare del tempo anche la leggenda della gastronomia parmense ha risentito di quella normalissima perdita di informazioni che contraddistingue la storia dell’uomo. L’enorme universo fatto di personaggi, piatti e prodotti si è lentamente sgretolato o rischia di sgretolarsi e oggi solo alcune punte di diamante sono arrivate ino a noi come capisaldi della tradizione.
Unfortunately, in the long run, Parma heritage has been losing part of its rich culinary traditions . he huge amount of food products, recipes and talented cooks has been fading away and it is now at risk of desappearing, leaving behind only the strongholds of its gastronomic tradition.
Che ine ha fatto la spalla cruda? Quanto tempo occorre per dimenticare un nome? E un sapore? A volte servono secoli, a volte basta il passaggio di una moda o di una generazione. Ed eccoci qui nel 2016 a cercare in una biblioteca polverosa tutti quei sapori e quei nomi che hanno fatto grande Parma e la sua cultura gastronomica e che rischiano di essere del tutto dimenticati. Con l’aiuto di Mastro Presciutto (Don Ferruccio Botti) comincia questo lungo viaggio nella Gastronomia parmense alla ricerca dei sapori perduti legati ad altrettante personalità del territorio. Sfogliando cautamente le pagine ingiallite, si comprende quale sia stato il destino dei prodotti che lo hanno caratterizzato: da una parte esiste un paniere enorme che racchiude quelle produzioni e piatti che sono sopravvissuti al logorio del tempo e sono diventati gli emblemi di Parma e provincia. Dall’altra, un’altrettanto grande sporta contiene i sapori che chia-
What happened to spalla cruda, raw pork shoulder ham ? How long does it take to forget a name or a lavour ? Sometimes centuries, somtimes only a generation, new fashions or food trends. So here we are now , in a dusty library, trying to ind out about old, forgotten names and lavours that contributed to the great popularity of Parma’s gastronimic heritage, now at risk of being lost forever. With the help of Mastro Presciutto (Don Feruccio Botti) we are now starting a long journey through Parma gastronomic past , seeking out old lavours and great characters. Browsing through the old yellow pages of old cook books we can percieve the destiny of Parma food traditions: on one side there are lots of world famous dishes which have outlived the passing of time and have become the symbol of the region, on the other side there are past lavours we can now recall through the precise descripition of old people who actually tasted them or tried to record them as a family
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meremo “dimenticati”, ma che fortunatamente siamo riusciti a ricostruire nelle sensazioni che ci donano e nelle persone che le hanno costruite e valorizzate. Giocoforza partiamo dalla salumeria parmense che lega la città ai Galli Cisalpini, come nel caso del prosciutto crudo. Ma se la cultura del porco ha permesso che giungessero ino a noi anche tanti insaccati e salumi tuttora in auge come salami, strolghini, mariole, culatelli, iocchi di prosciutto, non altrettanto è avvenuto per la spalla. Se quella cotta, d’origine medievale, è tuttora cibo difuso e simbolo della Bassa, tanto che Giuseppe Verdi ne faceva dono, i palati più ricercati sognano ancora di portare alla bocca una sottilissima, profumata, ben stagionata fetta di Spalla cruda. È l’araba fenice della salumeria del territorio parmense, della quale tutti conoscono la fama, ma della cui bontà solo pochi eletti hanno potuto o possono godere.
tradition. Let’s start from Parma Charcuterie, which goes back to the land of the Cisalpine Gaul whose inhabitants were particularly skilled in the production of salted hams. Yet even though tha fame of some pork products have been and still are very popular, such as salami, strolghini, mariole, culatelli, iocchi di prosciutto, it has not been the same for raw pork shoulder. he cooked type, of Medioveval origins, is still quite common especially in the South part of the region, Verdi himself used to treat his friends with it. But the more expert native gourmets or more sophisticared palates are still longing to taste one of those well aged, scented, delicate and paper thin cut slices of the raw type. It’s a sort a fabled Phoenix everybody has heard about but only a few lucky ones really have had the opportunity to taste.
Mattarelli e braccia sapienti
Rolling pins and expert hands
Dalle umide cantine alle calde cucine casalinghe il percorso è breve ed è facile imbattersi nelle mani sapienti delle rezdore che, chine sulle tavole di legno, hanno saputo soddisfare intere generazioni di bocche afamate e imbandire le tavole più rainate. Se la cucina dell’Emilia Romagna è stata riconosciuta come una delle più buone al mondo da Forbes, il merito è da attribuire soprattutto a loro. In primis le paste fresche che non sono solo la base della cucina di questa provincia, ma dell’intera regione. Se per i più distratti possono apparire molto simili fra loro, occorre fare attenzione a non far di ogni erba un fascio: anolini, tortelli, tortellini, ravioli, agnolotti, cappellacci … hanno in comune solo il fatto di essere paste all’uovo ripiene.
The short distance from the cool and humid storerooms to the steaming hot home kitchens is a place where you can easily meet the rezdore, the lady of the house, bent on a wooden board in the attempt of preparing goodies for generations of greedy family members or satisfy more refined diners. The fact that Forbes has valued Emilia Romagna as one of the best cuisines in the world is primarily due to the art of the rezdore. First of all for their fresh pasta, which identifies both with the province and the entire region as well. As a matter of fact tortellini, tortelli , ….... could be more or less the same only for the non expert ones. In fact
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Due di questi piatti sono di antica tradizione più di altri, hanno resistito allo scorrere dei secoli e vengono tuttora presentati sulle tavole parmigiane (ovvero della città) e parmensi (ovvero anche della provincia), dalle più rustiche alle più rainate: gli anolini (anolèn) e i tortelli d’erbetta (tordlett). Rari sono i locali del territorio che non propongano almeno uno dei due nel loro menù. Anche se i tortelli d’erbetta sono legati alla tradizionale veglia di San Giovanni, oramai rientrano a pieno titolo nei piatti più tipici che vanno sottobraccio all’anolino. Sull’origine di quest’ultimo si cela una nube di mistero, ma c’è chi lo farebbe risalire ai tempi di San Francesco d’Assisi. Che anche i tortelli siano nati alla ine del 1200 è
they only share the name of ‘filled fresh pasta’. Two of these are of ancient origins and are still served in Parma and in its provice, both on humble tables and more elegant ones. They are anolini and tortelli with herbs.Very rarely might you come across restaurants not serving these dishes.Tortelli with herbs are more connected with the celebration of San Giovanni, yet they tend to be listed on menus together with anolini . As far as anolini are concerned, their origin is still rather misterious and might date back to San Francesco D’Assisi time. Tortellini surely date back to 1200. No matter wether they owe their origin to the Medioeval, humble and rustic cooking or to the refined kitchen traditions of the Renaissance Period, what really matters is that nowadays they can still be spooned out of a comforting , hot soup bowl. But good food needs talented people to be remembered. People who have worked to make it really special and have become a legend themselves. It’s thanks to them if tradition is still here to stay. Lots of them have created legendary dishes and become a local and international celebrity . We remember these people with a sense of nostalgia and feel envious of those who happened to meet them personally and taste their food. Most A oli i of them are not with us anymore, invece abbastanza certo. Ma che ci importa se la loro ori- yet their dishes gine è medioevale e popolare o rinascimentale e nobilia- are still here to re? L’importante è poterli ritrovare all’interno di una cal- stay and have da zuppiera anche ai nostri giorni. become a Purtroppo, però, non basta essere buoni per superare gastronomic le angherie del tempo: c’è anche bisogno di abilità capa- landmark of the ci di perpetuarsi. Occorre un’ininterrotta sequenza di territory. volti e nomi, ormai scolpiti nell’universo della gastronomia territoriale ed entrati nella storia. È solo grazie a loro se la tradizione si è protratta nel tempo. Molti di questi volti sono protagonisti della creazione di piatti leggendari che hanno dato fama ai loro nomi e ai loro locali in ambito regionale e internazionale. Sono personaggi che ricordiamo con nostalgia invidiando coloro che hanno avuto la possibilità di conoscerli e sperimentarli. Se gran parte di costoro oggi sono solo un lontano ricordo, i loro piatti sono diventati pietre miliari della gastronomia dei luoghi dove hanno espresso la loro creatività.
Filoma’s rice bomb
Parma is certainly number one in the preparation of irst courses, with a wide repertoire of fresh pasta and not only illed fresh pasta. Nevertheless some of them have been lost. One of these is listed La bomba della Filoma among minestre Parma è regina indiscussa nell’arte della preparazione dei asciutte, as reported primi piatti in tutte le migliaia di variazioni sul tema, non solo on old menus, as it is delle paste ripiene. Ma alcuni sono andati perduto. Uno di que- called la Bomba di Km vero - anno 2 - numero 3
Filo e a, da lei ie e il o e de La Filo a
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sti rientra nelle minestre asciutte, come compariva nei vecchi menù, ovvero la Bomba di riso, sconosciuta ai forestieri, ma impressa nei ricordi di pochi nostalgici di qui. La bomba di riso con piccioni è memoria storica della gastronomia di Parma, oggi diicile se non impossibile da trovare. Il ricordo di questa ricetta ci porta nel centro storico di Parma in un ristorante che porta ancora il nome del suo fondatore: la Filoma. Qui, dal 1915, Filomena realizzava la sua bomba di riso con carne di piccione famosa in tutta la città. Fino al 1935 questa donna imponente, sempre indafarata dietro ai fornelli, ha portato la gioia sulle tavole dei Parmigiani ino a quando non cedette l’attività. Oggi la Filoma esiste ancora ed è un pezzo di storia della gastronomia di Parma: non troveremo più Filomena dietro ai fornelli e diicilmente ci verrà proposta la bomba di riso, ma il calore della tipicità che si respira è ancora vivo nei piatti
riso (rice ball). It is absolutely unknown to not natives but deep in the memory of a few nostalgic food enthusiasts. La bomba di riso with pigeons is in the list of old traditional preparations but it is almost impossible to ind it on menus nowadays. It takes us right into the historic centre of Parma, to a restaurant called la Filoma, the same name of its founder. It was here , in 1915, that Filomena prepared her Bomba di riso with pigeon meat, renowned in the whole town. Up to 1935 this stout, active woman , always busy over pots and pans, used to make Parma diners happy, then she sold her business. he Filoma is still present today, as a historic Parma dish. Filomena is not active over her range cooker any more, no more Bomba di riso, but the character of her
proposti. È sempre diicile riproporre una ricetta della tradizione e deinirla come originale soprattutto quando viene realizzata raramente ai nostri giorni, ma noi abbiamo provato ugualmente a ricostruire quei sapori avendone ritrovato il segreto su un vecchio ricettario.
dish still lingers on Parma menus. It is diicult to remake traditional recipes and be creative at the same time. Yet we did try to reproduce its original lavours after reading about secret tips on an old recipe book.
Quel pasticcio di Miriam Nella nebbiosa Bassa parmense, dove risuonano ancora le note del Maestro Verdi, sorge da centocinquanta anni La Buca, storico locale di Zibello gestito da diverse generazioni dalla stessa famiglia che oggi vede ai fornelli le mani di Miriam Leonardi, figlia dello storico gestore della trattoria Elena Bonafè. Chi visita Zibello e non si lascia coccolare dall’esperienza culi10
Miriam’s pasticcio he historic restaurant La Buca is situated in Zibello on the foggy lat lands of Parma. It has been a family run restaurant for over 150 years. Today it is run by Miriam, the daughter of the very popular manager of the historic restaurant Elena Bonafè. She is both the chef and the manager of her restaurant. Visiting Zimbello people cannot miss a visit to her restaurant La Buca to fully appreciate the beauties of the place. Culatello, tortelli in
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Bomba di riso 600 g di riso Vialone Nano 2 piccioni novelli 2 uova 200 g di Parmigiano Reggiano 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro Pa g atato Vino bianco Burro Sedano, carota e cipolla Prezzemolo Brodo di carne Sale e pepe
600 g Vialone nano rice 2 young pigeons 2 eggs 200 g parmesano cheese t sp to ato paste breadcrumbs white wine ute celery, carrot and onion parsley meat stock, beef or chicken salt and pepper
Tagliamo a pezzi i piccioni e facciamoli rosolare a fuoco asso el u o assie e alle e du e t itate i e e te. Aggiusia o di sale e pepe e ag ia o o u i hie e di i o ia o se o. Aggiu gia o il po odo o e del odo di a e e po ta ia o a otu a e a do di ote e e u a salsa e ist eta. A pa te, po ia o a t e ua i di otu a il iso o del odo di a e. Co dia olo o il sugo di pi io i, le uo a i te e, dei io hi di u o e pa te del Pa igia o g atugiato. I se ia o il tuto i u o sta po i u ato e ospa so di pa g atato e a do di las ia e u o spazio e t ale do e e a o posi i pi io i. Cospa gia o o alt o Pa igia o e i fo ia o a °C pe i ui. A i e otu a, o es ia o deli ata e te i u piato e taglia o delle fete p i a di se i la.
Cut the eat i to pie es a d ge tl f it ith oil a d the i el hopped egeta les o e ediu heat. “easo ith salt a d peppe a d d izzle ith hite i e. “i i the to ato paste a d the sto k. “i e u il ooked a d ith a athe thi k sau e. “epa atel oil the i e i hot sto k u il th ee ua te s of the ooki g i e. D ai . Add the pigeo sau e, the hole eggs, so e ute a d pa t of the g ated pa esa heese. Mi a d ill a ell ute ed ould, dusted ith i e ead u s. With a spoo ake a spa e i the e t e to host the eat. “p i kle ith the est of the heese a d ake at °C fo a out – i utes. Whe ead , tu o to a se i g dish a d ut i to sli es.
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naria della Buca non può vantarsi di aver goduto interamente delle bellezze della città. Di questo storico locale non ricordiamo solo il sublime culatello, i tortelli gocciolanti di burro, la picaja (punta di vitello ripiena) fumante o gli anolini, ma soprattutto l’intramontabile Pasticcio di maccheroni di Maria Luigia per il quale la Buca rappresentava uno dei pochi difensori e realizzatori. Nel menù della signora Miriam, che fino a poco tempo fa era ancora scritto a mano, veniva spesso inserito questo meraviglioso pasticcio realizzato esclusivamente con la crosta dolce assieme a tutte le prelibatezze del territorio, tutto abbondantemente annaffiato da ottimo vino locale. Se con Miriam siamo arrivati alla quarta generazione di mastri cucinieri Laura e Miria , a che hanno apportato la propria saBu a di )i ello pienza in cucina, la tradizione del Parmense è sempre quella, che richiama avventori anche da fuori regione. “I cuochi di Romagna sono generalmente molto abili per questo piatto complicatissimo e costoso, ma eccellente se viene fatto a dovere, il che non è tanto facile”: così Pellegrino Artusi, nel suo libro La scienza
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hot melted butter, picaja (stufed veal) , anolini and above all the immortal Pasticcio di maccheroni di Maria Luisa, a real must at La Buca restaurant. People could often ind this wonderful dish on her handwritten menu. A delicacy made with excellent local ingredients in a sweet shortpasty case and of course usually washed down with excellent local wine. his is the fourth generation of mastri cucinieri, each one having contributed to bring their own skill and knowledge to the local cuisine, following Parma gastronomic traditions and attracting customers from other regions too. ‘ Cooks from Romagna are usually extremelly skilled in the geli i u i a della preparation of this quite complicated and rather expensive dish, which is really excellent if properly cooked … and this is not an easy task at all’ : this is what Pellegrino Artusi writes in his preface to the recipe of Pasticcio di maccheroni in his book ‘La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene’. It is described as a typical dish from Romagna, but it is immediately
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Pasticcio di maccheroni di Maria Luigia Per la pasta frolla: 500 g di farina 00 200 g di zucchero 150 g di burro 3 uova Per il ripieno: 500 g di carne macinata (manzo, suino) 450 g di penne 300 g di Parmigiano Reggiano 100 g di rigaglie di pollo 20 g di funghi porcini secchi Brodo di carne Burro Co e t ato di po odo o Sedano, carota, cipolla Sale e pepe
for the shortpastry: g lou 200 g sugar g ute 3 eggs fo the illi g: 500 g minced meat, beef or pork 450 g penne -short, dry pasta 300 g grated parmesan cheese 100 g chiken giblets 20 g dried cheps beef stock ute tomato paste celery, carrot and onion salt and pepper
Meia o a ag o i fu ghi se hi ual he o a p i a. I pasia o deli ata e te la f olla u e do tui gli i g edie i e las ia o iposa e i f igo. Meia o i fu ghi i un tegamino con un po’ di burro e sale, facciamoli insapo i e poi ag ia oli o la lo o a ua di ip esa ilt ata e uo ia oli i h o so o as iui. T iia o i e e te le e du e e le igaglie. Rosolia ole el u o assie e alla carne macinata, aggiungiamo il concentrato di pomodo o e u po’ di odo. Po ia o a otu a. Co il agù ote uto e i fu ghi oi o dia o la pasta ota al de te aggiu gia o il Pa igia o Reggia o ote e do osì u ipie o o poso e sodo. “te dia o i u a teglia i u ata 2/3 della pasta frolla, adagiamo il ripieno delicatamente e hiudia o il tuto o la pasta i asta. Cuo ia o i fo o a °C pe i a u ’o a. “e ia o aldo a fete dopo a e lo sfo ato.
“oak the ush oo s i hot ate . Mi all the i g edie ts fo the past u il s ooth a d lea e to est i the f idge. I a pa ge tl f the ush oo s ith ute a d salt, si a d st ai i pa t of thei ate . The ill e ead he all the li uid has e apo ated. I a othe pa f the hopped o io , a ot a d ele . Add the hike gi lets, i el ut. “i i the eat a d the to ato paste. Pou i the sto k a d si e u ill o pletel ooked. Cook the pasta al de te a d si i the agu a d the ush oo s. “p i kle ith the pa esa a d i ell. Roll out the past a d li e a ute ed i pa ith th ee ua te s of the past . “poo out the illi g a d o e ith the est of the past . Bake at °C fo a out o e hou . Re o e f o the pa a d se e hot, ut i to sli es.
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in cucina e l’arte di mangiar bene, introduce la ricetta del Pasticcio di maccheroni. In questo caso si fa riferimento a una preparazione realizzata in Romagna, ma nel momento in cui al nome del pasticcio si accompagna quello della regnante Maria Luigia, ecco che acquisisce un profilo del tutto parmigiano. Più di qualche ricettario ne riporta una propria ricetta, ma la peculiarità risiede nell’ingredientistica. La pasta che ricopre i maccheroni, infatti, deve essere dolce alla pari di una tipica frolla per crostate e biscotti, il che conferisce al piatto un sapore e un aroma unici nel suo genere. Di varianti ne abbiamo trovate veramente molte riprodotte nei ricettari del territorio, ma siamo certi che nessuna possa eguagliare quella della signora Miriam. Trenta se non quarant’anni sono passati da quando il Pasticcio di maccheroni di Maria Luigia veniva presentato su molti menù delle trattorie della provincia di Parma. Invece di scomodare il vecchio Artusi e andare a leggere la sua personale ricetta (n. 394) datata 1891, vi proponiamo la nostra altrettanto gustosa.
Lo scrigno di Marta Il cognome Ceci è piuttosto difuso nelle zone fra l’Emilia Romagna, la Liguria e la Toscana, ma se accanto a questo citiamo la città di Collecchio e la corona di Maria Luigia allora spuntano immediatamenMarta Ce te i nomi di Giancarlo Ceci e della moglie Marta Chiozzi, storici proprietari di Villa Maria Luigia ai piedi della collina in centro a Collecchio. Nella suggestiva villa che fu tra le residenza di caccia della Duchessa, la coppia ha gestito per quasi cinquant’anni un elegante ristorante con una tavola d’eccellenza nota in Italia e all’estero. Fra le prelibatezze sfornate dalla cucina, compaiono i gioielli della gastronomia parmigiana fra cui i tortelli d’erbetta, gli anolini, il risotto alla quaglia, la crema bruciata, ma uno su tutti è il piatto che ha colpito di più nel corso del tempo. Lo Scrigno, così veniva indicato nel menù, è un tesoro fatto di tagliolini freschi conditi con spinaci e erbette, spalla cotta, salsa d’arrosto e panna accuratamente adagiati dentro una cocotte e coperti con uno strato di pasta sfoglia. Ai più preparati, potrebbe ricordare molto la zuppa di tartui V.G.E. di Paul Bocuse (del resto i Ceci hanno spesso servito anche uno Scrigno di anolini e tartufo bianco), ma in realtà nasconde tutti i sapori della cultura parmigiana come la pasta fresca, le erbette, la spalla cotta e il Parmigiano Reggiano. In ristorante non troverete più i due fondatori, che ora fanno i nonni, e sfortunatamente neanche lo Scrigno leggendario, per questo vogliamo riproporvi quella ricetta di tanto tempo fa così come veniva presentata agli avventori del locale. 14
considered from Parma when it comes to mention queen Maria Luigia. here are quite a few version of the same recipe in diferent cook books, the diference afecting the ingredients rather than the procedure. he sweet shortpastry case for the maccheroni gives the inal preparation unique tastes and lavours. So far we have come accross diferent recipes and still consider Miriam’s version the best. herefore we will now try to describe Miriam’s interpretation, and not Mr. Artusi’s n.394 dated 1891. he Marta’s Casket Ceci is a very popular family name in Emilia Romagna, Liguria and Toscana. But as soon as we pair it with Collecchio and Queen Maria Luigia, we immediately connect it to Giancarlo Ceci and his wife Marta Chiozzi, owners of Villa Maria Luigia restaurant, at the foot of the hill, in the centre of Collecchio. Once the hunting lodge of the Duchesse, it has been a refined and world famous gourmet restaurant run by the same owners for over 50 years. Among the excellent dishes prepared in the restaurat, the best of Parma cuisine, such as tortelli d’erbetta, anolini, risotto with quails and crema bruciata, there is one which i, uo a di Villa Maria Luigia exceeds them all : Lo Scrigno or ‘treasure chest’ , as it was described on the restaurant menu. It consists of fresh tagliolini with spinach and herbs, ham, gravy and cream, all assembled in a baking dish and covered with puff pastry. This could remind the most refined palates of Poul Bocuse’s Truffle Soup. Yet Lo scrigno contains all the best of Parma food products such as fresh pasta, herbs, cooked pork shoulder, and Parmesan cheese. Nowadays you won’t meet the historic owners any more- now busy grandparents- nor taste Lo Scrigno. That’s why we want to present you with the original recipe.
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Lo Scrigno Per la salsa: g di e ete 200 g di spinaci g di spalla ota 80 g di burro 1 cucchiaio di sugo d’arrosto u hiai di pa a f es a li uida Sale
Sauce: 200 g wild herbs 200 g spinach 40 g cooked pork shoulder g ute 1 tbsp gravy 2 tbsp fresh cream salt
Per la pasta: 300 g di farina bianca 3 uova Sale
Pasta: g lou 3 eggs salt
Per completare: Dis hi di pasta sfoglia al u o
Finish: puf past
P epa ia o i taglioli i i pasta do fa i a, uo a e sale. Tiriamo la sfoglia e ricaviamo dei tagliolini e lasciamoli ad as iuga e sulla fa i a pe i ui. Lessia o, s olia o e st izzia o e ete e spi a i. T iia o il tuto assie e alla spalla ota, aggiu gia o il sugo d’a osto e i sapoia o sul fuo o. Pe uli a u ia o la pa a aggiusta do di sale. Cuo ia o i taglioli i i a ua salata e, u a olta s olai, salia oli ella padella o la salsa appe a oteuta. Adagia o la pasta de t o u a o ote e op ia o uesta o u dis o di pasta sfoglia he op a e e tuta l’ape tu a. Passia o il tuto i fo o a °C pe po hi i ui p i a di se i e.
Mi all the i g edie ts to get the pasta dough. Rol out a d ut i to thi taglioli i. “ ate o a lou ed su fa e a d let d fo i utes. Bla h the he s, d ai a d s ueeze out the ate . Chop ith the po k, t a sfe i to a pa a d si i the g a . Fi all pou i the ea a d seaso ith salt. Cook the pasta i oili g hot salted ate , d ai a d toss ith the sau e. T a sfe i to a aki g dish, o e ith puf past a d ake at °C efo e se i g.
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Non solo pastasciutte
Not only pasta
Concentriamoci per un momento sul succulento mondo dei secondi piatti cercando di analizzare il panorama dei tempi moderni. I nomi più gettonati nel “toto-secondi” dei menù della Parma da gustare sono la famosa Rosa di Parma e la Picaja. Sono piatti che hanno fatto la storia della cucina di queste terre e che fortunatamente possiamo ancora degustare evitando estenuanti ricerche all’ultima osteria. La prima consiste in un piatto a base di iletto di manzo accuratamente farcito con Prosciutto di Parma e Parmigiano Reggiano cotto con vino rosso e panna: ricetta corposa come vuole la tradizione, ma seducente. La seconda non ha bisogno di presentazioni. Si tratta della punta di vitello ripiena, fatta appunto con la pancia dell’animale. Non è particolarmente pregiato come taglio ma se accuratamente trattato può dare origine a preparazioni delicate come questa. Il ripieno ricorda invece il tipico Buse a alla par igia a composto dei passatelli, a base di uova, pangrattato, Parmigiano Reggiano, noce moscata, aglio e prezzemolo. Così farcita, la punta è pronta per una lenta cottura al forno che la renderà morbidissima e succosa. Ben altro piatto è legato alla igura di Gino Picelli. Parma lo ricorderà per sempre nel suo lavoro instancabile nella preparazione della Busecca migliore della città a sentire gli intenditori che frequentavano assiduamente il suo locale, l’Ostaria Ducale Parma Vecchia. “Al segret, l’é fär bojjor la roba” (il segreto è far bollire la roba), afermava Picelli, svelando il segreto per una buona busecca. Per vent’anni l’osteria ha portato in tavola questa meraviglia che ha deliziato anche i palati più esigenti. La dose? Minimo trenta chili alla settimana che richiedevano tre giorni di duro lavoro prima nella preparazione e nel lavaggio e poi ai fornelli per poterla servire il giovedì nel consueto “giovedì trippa”. Questo piatto rientra in quel grande universo di cibi che può mandare letteralmente in estasi i nostri sensi oppure disgustarci al solo pensiero ed è sicuramente complesso e legato a un tempo che forse non ci appar-
Let’s now concentrate on second courses trying to focus on what is still present on modern menus. Parma Rose and Picaja are very popular dishes. They are among the historic preparations which have made this region famous and which can still be enjoyed without really searching for special, old-fashioned osterias. The former is beef with a stuffing of Parma ham and Parmigiano Reggiano, cooked in red wine and cream. A traditional, rather rich and tempting recipe The latter needs no presentations at all. It is stuffed veal, made with veal breast, which is not a prime cut but when properly cooked can be turned into a very refined and delicate dish. The stuffing is very similar to Passatelli, that is breadcrumbs, eggs, parmesan cheese, nutmeg, garlic and parsley. It is then cooked very slowly in the oven until it becomes incredibly tender and juicy. A completely different dish is Busecca made by Gino Picelli, the best among Parma Osteria owners. He used to run l’Osteria Ducale Parma Vecchia and was a skilled chef especially in the preparation of Busecca. ‘ The secret is to let the meat simmer for a very long time’, Picelli used to say working at L’Osteria Ducale Parma Vecchia where people could get the best Busecca in town, to please also the most demanding customers. How much ? At least 30 kilos per week, three days of hard work , first for the preparation and the washing and then for the cooking and finally serving on Thursdays ( ‘Trippa on Thursdays ‘, (they say in Italy !). This is a dish you either love or hate. It is quite complicated and it belongs to the past rather than the present. That’s why it is difficult to find it properly cooked at the restaurant today. Nevertheless in the past it was very popular, even as a mid-morning snack in most Osterias, a sort of modern Street Food, good to start a working day off. So now , unless you can relay on an expert granny, you must wait to find
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tiene più: per questo per gli amanti sta diventando sempre più diicile trovarlo pronto a regola d’arte. Eppure è una preparazione che ino a qualche tempo fa veniva presentata nelle osterie anche come piatto per lo spuntino di metà mattina alla stregua di quello che deiniamo uno street food adatto ad afrontare la giornata di lavoro. Oggi invece, se non abbiamo la fortuna di una “nonna” esperta nell’arte della preparazione della trippa, siamo costretti ad afrontare anche lunghi viaggi nella Bassa parmense alla ricerca di quello speciico locale che la propone in quel lasso stagionale che sembra non arrivare mai. Nessun mistero dietro questa gustosa ricetta contadina, solo un segreto: il tempo! Proprio come voleva Gino Picelli la sua Busecca alla parmigiana:”Far bollire la busecca in acqua per 3 ore assieme a carote, sedano, cipolla, prezzemolo, aglio, aceto e del limone. Levare dall’acqua, stroinare da tutti i lati con della cipolla e poi con del limone. Risciacquare con acqua fredda e tagliare a striscioline. Condire con sale e pepe e lasciare riposare ino al giorno dopo. Preparare un trito inissimo di sedano, carota e cipolla e sofriggerlo in abbondante burro. Aggiungere la busecca e rosolare per bene. Aggiungere del brodo di carne e qualche cucchiaio di salsa di pomodoro. Lasciar cuocere per circa un’ora e mezza a fuoco basso aggiungendo eventuale brodo se dovesse seccare troppo. Servire con una pioggia di Parmigiano Reggiano al di sopra”.
a retaurant – usually on the lowlands of Parma countryside - where they still cook it properly, and not all year round. Thereis no real secret for this recipe but time. As Gino Picelli said : ‘ to prepare a good Busecca you must boil the tripe for 3 hours with carrot, onion, celery, garlic, vinegar and lemon. Drain and rub with onion and lemon. Rinse in cold water and shread. Season with salt and pepper and leave to rest overnight. Chop carrot, celery and onion and gently fry in plenty of butter. Stir in the busecca and gently fry. Pour in meat stock and two tablespoons of tomato sauce. Simmer for abou 1 hour and a half, adding some stock, if necessary. Serve with lots of grated parmesan cheese on top.’ Mario Soldati’s indings
‘What’s the chef ’s special here at your trattoria?’ That’s how Mario Soldati used to greet the young , yet expert chef Mirella Cantarelli. And her reply was :’ Tortelli, cappelletti e faraona alla creta’. Immediately Mario Soldati stared at her with a sense of admiration. In the late ‘50s Peppino and Mirella Cantarelli started a small osteria, which in fact was a sort o boutique/delicatessen with all the best of Italian and International gourmet food. Soon after La scoperta di Mario Soldati L’Osteria Cantarelli became a beacon for the “Signora Cantarelli, qual è la specialità più famosa che gastronomic business in Parma lowlands, preparate in questa trattoria?”, chiedeva Mario Soldati a attracting customers from all over Italy, all una giovane, ma esperta Mirella Cantarelli: “Tortelli, cap- longing to get spoilt by Mirella great dishes. pelletti e la faraona alla creta!”. A quel nome gli occhi di Mario Soldati si spalancarono in un gesto di sorpresa e ammirazione. Alla ine degli anni 1950, in una piccola frazione di Bussetto denominata Samboseto, nasce quella che deiniremo una boutique gastronomica dove i coniugi Peppino e Mirella Cantarelli addobbarono gli scafali e i banconi con prelibatezze gourmet italiane e straniere. L’Osteria Cantarelli, questo il nome del locale, divenne presto un faro per tutta la gastronomia e la cucina della bassa parmense che richiamava visitatori da tutta Italia in trepidante attesa di farsi viziare dalle prelibatezze servite da Mirella. Non solo avventori e ghiottoni, ma anche Mario “oldai i ter ista Giuseppe Ca tarelli dura te la tras issio e Viaggio cuochi che avrebbero in futuro costruito ella Valle del Po del . un proprio nome hanno seguito attentamente il lavoro dei coniugi, carpendone segreti, ricette e tecniche che gli avrebGourmands and professional chefs would go to bero permesso di crescere. I Cantarelli sono ricordati in tut- their restaurant both to enjoy their food and try ta la provincia per il loro lavoro costante, la ricerca delle to get all the secrets and techniques to improve Km vero - anno 2 - numero 3
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materie prime e la inezza della loro fornitissima cantina che vantava nomi importantissimi della viticoltura italiana e soprattutto francese. Un luogo magico e ricco di saperi, quello dei Cantarelli, che in questo momento manca nello scenario gastronomico da quando la coppia e i igli hanno deciso di chiudere i battenti in quel lontano 1982. Fortunatamente il ricordo è ancora vivido nelle menti di coloro che si sono seduti a quei tavoli. Prima dei piatti, il prodotto è uno slogan ideato dai postumi, ma che rende l’idea della ilosoia dei Cantarelli. Un documento dell’epoca, ancora disponibile, sono le parole di Mirella che espone la sua personale ricetta della Faraona alla creta elaborata assieme alla suocera che a Parma e provincia rimarrà legata alla fama dei coniugi di Samboseto:“Io adopero rosmarino, salvia, ginepro e un pizzico di spezie e sale per dare la concia. Poi metto burro, sale e olio e l’avvolgo nella carta oleata e in una carta bagnata, poi pane e pasta comune. Lego con un ilo e l’avvolgo nella creta. Lo lascio in forno dalle quattro alle cinque ore a seconda della faraona se è grossa o piccola e a seconda dell’età della faraona. È una cosa che è buona fatta e mangiata come tante altre cose” (da“Alla ricerca dei cibi italiani” di Mario Soldati). Alla fama dei Cantarelli crediamo sia giusto dedicare an-
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their own job too. The Cantarellis have become famous for being totally dedecated to their job, for the prime quality of the raw produce they used and for the wide selection of their wine list, with excellent Italian and Frech wines. A real wonderland of gastronomic knowledge Parma has been missing since they closed down their activity in 1982. As a matter of fact there are still lots of people who can remember the good old days when they used to go to their restaurant . ‘ Before the dishes is the raw produce’ is a slogan which can very well describe their attitude towards work. Mirella’s recipe of the celebrated Faraona alla creta she elaborated with her mother-in-law has been passed down as the Sambosetos’ recipe. ‘ I use rosemary, sage, juniper, spices and salt for the seasoning. Then I put butter, oil, salt … I wrap it up in baking paper, then bread and pasta. I tie it up with cotton string and cover with clay. Finally I bake it for 4 or 5 hours according to the size of the Guinea fowl or to its age. It’s one of those good
i e Mirella Ca tarelli
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cora qualche riga ricordando dei piatti storici legati alla igura della signora Mirella. I primi tempi della trattoria sono arricchiti dalla saporita cucina della madre di Peppino ai fornelli che delizia le tavole con la più tipica cucina della Bassa parmense. Quando la cucina cominciò a passare sotto le mani di Mirella fu la rivoluzione. Tortelli, cappelletti, ma anche preparazioni nate dal suo ingegno e delle quali sarà diicile ritrovarne un seguito in altri locali. Uno dei primi grandi successi lo devono al Vitello prelibato che sarebbe diventato il Vitello alla Cantarelli. C’è chi addirittura lo deinisce un piatto leggendario nel quale un fresco taglio di sottospalla di vitello viene cotto delicatamente in umido assieme a cipolline al forno, farina, burro e arricchito con i profumatissimi porcini di Borgotaro. Non solo fuori regione, ma a livello mondiale i Cantarelli divennero un’icona grazie anche alle personalità dello spettacolo che varcarono la soglia del locale. Fra questi ricordiamo Robert de Niro, Burt Lancaster, Gérard Depardieu, Donald Sutherland che apprezzò il fegato passato al burro di Mirella, al di sopra del iletto! Altri capolavori nati dalle mani di questa cuoca sopraina sono ad esempio il Soulè di lingua, la Zuppa di cipolle gratinata e il Savarin di riso con lingua e sugo di carne. Sui Cantarelli è stato scritto molto, non solo in Italia, e la cucina di Mirella è stata esportata ino in Francia, ma oggi dove sono quei sapori? Molto gelosa dei suoi piatti, la signora Cantarelli ha costruito un bagaglio culinario e gastronomico enorme in tanti anni di lavoro, ma che non ha
dishes to cook and eat straight away.’ (from ‘Alla ricerca die cibi italiani’ by Mario Soldati) We think the Cantarellis deserve extra space in our survey and we want to describe some more dishes from Mirella’s repertoire. The early days at the Osteria, Peppino’s mother was helping in the kitchen and she produced some of the most delicious dishes typical of Parma lowlands. But Mirella brought revolution into the kitchen with tortelli, cappelletti and her own innovations which people woudn’t find anywhere else. One of her first hits was Vitello prelibato, later known as Vitello alla Cantarelli. For some people it was a real masterpiece made with veal shoulder, braised with spring onions, flour, butter and some fragrant ceps from Borgotaro. The Cantarelli became internationally famous and film celebrities used to visit their restaurant, such as Robert De Niro, Burt Lancaster, Gérard Depardieu and Donald Sotherland who enjoyed Mirella’s calf liver, soutéed in butter, better than beef fillet ! Other masterpieces of Mirella’s production were Beef Tongue Soufflè, Onion Soup, Rice Savarin with Tongue and Beef Ragout. Lots of books have been written on the Cantarellis and not only in Italy. Mirella’s recipes have become famous also in France. But where
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Savarin di riso e lingua di Mirella Cantarelli 30 g di funghi porcini secchi 1 carota 1 gambo di sedano 1 cipolla Prezzemolo 300 g di macinato magro 100 g di salsiccia Pa e g atugiato li gua sal ist ata ota 1 uovo 400 g di riso Olio e t a e gi e d’oli a Brodo di carne Parmigiano Reggiano Sale
30 g dried ceps 1 carrot 1 celery stalk 1 onion parsley 300 g lean beef, minced 100 g sausage breadcrumbs 1 boiled beef tounge,marinated in herbs and spices 1 egg 400 g rice e t a- i gi oli e oil beef stock parmesan cheese salt
P epa ia o u atuto ol seda o, ipolla e a ota. Meiamo nel burro e facciamolo rosolare, aggiungendo poi i funghi essi p e ede te e te a ollo ell’a ua iepida o la lo o a ua ilt ata: aggiu gia o ezzo u hiaio di salsa di po odo o diluita i u i hie e d’a ua iepida e fa ia o olli e tuto le ta e te. A pa te p epa ia o l’i pasto della carne tritata con la salsiccia, formaggio, uovo, prezzemolo t itato e pa e g atugiato; fa ia o o l’i pasto ta te pi ole polpei e, f iggia ole e sgo iolia ole: eiaole poi de to il sugheto dei fu ghi e las ia ole uo e e le ta e te. P e dia o u o sta po da sa a i o u o e t ale, i u ia olo e i op ia olo poi o fete soili di li gua sal ist ata. P epa ia o il isoto fa e do tosta e il iso o olio e po hissi a ipolla; i ia o o odo di a e e ua do p o to i o po ia o a o da te Pa igia o. “te dia o u o st ato di isoto ello sta po, eia o i sop a u a pa te delle polpei e al sugo. Cop ia o o il esto del isoto. Las ia o iposa e pe i ue i ui e poi apo olgia o il sa a i su u piato to do; i i e ie pia o il u o e t ale o il esto delle polpei e o il lo o sugo.
Chop o io , a ot a d ele . Ge tl f ith ute a d si in the ceps with the water they have previously been soaked i . Add o e ta lespoo of to ato paste dissol ed i a glass of ate a d let si e ge tl . I a sepa ate o l i the minced meat with the sausage, cheese, egg, parsley and ead u s. “hape i to s all eat alls a d f . D ai o to kit he pape to a so e ess fat a d the add to the eat a d eps agout. Co e a d let si e ge tl . Li e a ute ed sa a i ould ith thi sli es of eef to gue. I a sepa ate asse ole lightl f so e hopped o io i oil a d si i the i e. Let the i e a so the la ou a d get toasted fo a fe i es. The add a laddleful of sto k at a i e a d ook the isoto u il al de te. Fi ish ith a ge e ous addiio of g ated Pa esa heese. “poo a la e of i e into the mould, then add some meatballs with their sauce a d o e ith o e isoto. Lea e to est fo a fe i utes . Tu o to a se i g dish a d put so e o e eat alls a d sau e i the e t e of the sa a i .
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avuto un degno seguito. Fortunatamente grazie al lavoro di alcuni ricercatori, siamo in grado di leggere e magari riproporre quelle storiche preparazioni, ma non siamo sicuri che sia possibile ricreare perfettamente quei sapori di oltre cinquant’anni fa.
can we find these flavours nowadays ? Mrs. Cantarelli has always been keeping her huge gastronomic and culinary knowledge jealously secret and unfortunalely she hasn’t handed it on to anybody else. We have been lucky and found some food researchers so we can now try to E non dimentichiamo la Torta fritta reproduce those dishes , yet we cannot be sure Cosa possono avere in comune la famiglia Oppici di we are conveying exactly the same flavours as Madonna dei Prati con la famiglia Scarica di Alberi di Vi- they were 50 years ago. gatto? Una preparazione magica come la Torta fritta. Parlare della cucina e della gastronomia della Provincia di Parma e non citare la divina Torta fritta è un crimine contro il suo nome. Questa interpretazione che viaggia parallela alla tradizione dei pani di casa, è difusa in gran parte della provincia e anche della regione dove può prendere nomi diferenti (gnocco fritto, crescentina...) e può richiedere delle varianti nella preparazione. La Torta fritta a Parma spesso va a sostituire il pane nei sontuosi antipasti e si sposa perfettamente con la gran parte delle tipologie di salumi di produzione locale, dalla spalla al culatello, alla coppa, alle pancette. Paniici, bar, osterie, pizzerie, ristoranti hanno tutti la loro proposta issa nel menù che prevedere l’accoppiata “Torta fritta e salume”, ma vorremmo per un momento ricordare alcuni personaggi che hanno reso grande questa preparazione. Se chiediamo informazioni sulla famiglia Oppici a Madonna dei Prati, molti vi ricorderanno la igura del signor Oristodemo e del iglio Ugo della famosa Trattoria Campanini. La storia di questo locale vuole che il sigor Oristodemo sia stato l’introduttore della torta fritta sui menù dei ristoranti, dato che prima era solo una preparazione relegata alle cuciGio a i “ ari a ne casalinghe. Sarà poi grazie all’aiuto del nipote Romano Campanini che questo piatto diventerà un grande classico della Bassa parmense. Tornando invece nelle zone più limitrofe a Parma è fondamentale
Don’t forget Torta fritta Famiglia Oppici from Madonna dei Prati and famiglia Scarica from Alberi di Vigatto : what do they have in common. They both share the magic of Torta fritta. We can’t finish our report on Parma gastronomy without mentioning Torta fritta. This preparation is as popular as homemade bread, it has different names in the area (gnocco fritto, crescentina ..) and can be made in slighly different ways. It is a popular alternative to bread when served with antipasti and represents a perfect match with the selection of cured meat from the region, such as culatello, coppa and pancetta. Wherever you go, from bakeries to bars, osterie, pizzerie or restaurants, you will be offered Torta fritta and cured meats. But who contributed to make all this possible ? Asking for information about famiglia Oppici in Madonna dei Prati we’ve come across signor Aristodemo and his son Ugo from the famous Trattoria Campanini. Apparently it was signor Aristodemo who first put torta fritta on his menu, turning a home preparation into a menu item. Then, with the help of his nephew Romano Campanini, it became a real classic in Parma lowlands. Getting closer to Parma we can’t forget Trattoria Scarica and of couse Giovanni Scarica, Gianni for his friends. He was a real icon at Alberi, thanks to his hard work and his studies on old recipes. He was famous as il Re della Torta Fritta and his guests were always facinated
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ricordare la Trattoria Scarica e uno dei suoi più grandi protagonisti: Giovanni Scarica detto Gianni è stato un’icona di Alberi grazie a un grande lavoro e alla riscoperta di ricette antiche. Nel suo paese era famoso come il Re della Torta fritta capace di incantare i suoi ospiti grazie al suo modo di fare da vecchio bottegaio di paese. Nei menù della sua trattoria non sono mai mancati i prodotti della terra che gli ha dato i natali, sempre nel rispetto della nobiltà della sua cucina povera, come amava deinirla. Il vecchio Scarica ci ha lasciati pochi anni fa lasciando un vuoto incolmabile nel cuore di Alberi, ma non per questo se n’è andato il suo spirito e la sua tradizione. Eleggiamo queste pietre miliari del irmamento culinario come protagonisti indiscussi della storia della Torta fritta nella ristorazione. Anche se questa ricetta non è scomparsa come le precedenti, la sida per trovare la ricetta perfetta è ancora aperta.
by the way we worked, giving the impression of being a simple small village shop-keeper rather than a restaurateur. Local products were always present on his menus, claiming the importance of promoting local food and peasant dishes on gourmet restaurants as well. Mr. Scarica passed away some years ago leaving a great sense of lack at his Alberi, yet his spirit still lingers in his restaurant and on the menus. Torta Fritta is undoubtedly one of the icons of Emilia Romagna gastronomic heritage. The recipe here below has not been lost, nevertheless local peolple are still competing to get the best one! Verdi’s contribution
We have been describing only a few characters of Parma’s gastronomy but Maestro Verdi deserves special attention for his deep love and Ma c’entra pure Verdi unique contribution to making local food world Questi sono solo alcuni dei personaggi che con il loro famous. lavoro hanno permesso il perpetuarsi di una tradizione Parma and Verdi cannot be separated, not only come quella della gastronomia di Parma. Ad uno poi è as far as art is concerned. This short survey of doveroso dedicare qualche parola. A lui dobbiamo la dif- the classics of Parma cooking tradition and of fusione e la maniacale attenzione ai prodotti del proprio the people contributing to its success couldn’t be territorio: il Maestro Giuseppe Verdi. complete without The Swan from Busseto, who Parma e Verdi sono un binomio indissolubile, ma non did so much for his home town, Busseto , and solo nel mondo dell’opera. Questo breve viaggio che ri- Parma itself. percorre i classici della cucina del territorio parmigiano e He has passed down to history his reputation i personaggi che l’hanno resa celebre, non poteva non as the genious of Opera music in XIXth century, citare anche il Cigno di but he has also Busseto che ha dato imgiven a great portanza alla sua città nahelp to local tale, Busseto, e a Parma gastronomy as stessa. Il Maestro non è a gourmet, stato solo un genio intrying to contrastato del panorapromote and ma operistico dell’Ottomantain his cento, ma ha lasciato la food sua impronta nella gatraditions. stronomia di questo terriRisotto alla torio come gourmet, diVerdi has fensore e difusore di become a questa cultura. Il Risotto popular dish Giuseppe Verdi a ta ola: il ig o di Busseto era u ate to gour et. alla Verdi che compare su on most local gran parte dei menù delmenus and it le trattorie non è altro che un omaggio al suo genio di represents Henry-Paul Pellaprat’s tribute to his Henry-Paul Pellaprat, ma alla memoria del Maestro sono talent. The same applies to other local dishes legate ben altre preparazioni. Nel suo ininito carteggio bearing his name. di lettere ad amici e conoscenti, compaiono i consigli del Reading Verdi’s letters to his numerous friends Peppino su come gustare la Spalla cotta di San Secondo we have come across Peppino’s advice about how o la sua passione per la viticoltura e per il culatello realiz- to prepare Spalla cotta di San Secondo, about zato a Polesine Parmense. Non solo note nella testa del his passion for viticulture or for Culatello from Verdi, ma anche tanto cibo della tradizione e soprattutto Polesine Parmense . ...Not only music in his tanta cultura! mind , but also love for good local food and 22
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Senza ombra di dubbio ci troviamo di fronte a personaggi che hanno fatto la storia di un territorio, della sua gastronomia e della sua cucina, ma come spiegarci la loro immortalità al contrario di prodotti e ricette che si sono persi nel tempo? Mentre le persone sono impresse nella memoria, i loro piatti non hanno superato tutte le side della modernità. Chi si può permettere di deinire un piatto come “fuori moda”, antico o in disuso? Qual è la linea di demarcazione fra tradizionale e innovazione? Perché la nostra cultura continua a perdere lembi di storia? Comprendere la perdita di valore di una produzione è lecito e indiscutibile, ma tentare di darle nuova immagine è d’obbligo. Non possiamo credere che i cardini della
great learning too! No doubt his life has contributed to the history of his land and of its gastronomic heritage. But while his name is here to stay, not the same for the excellent food preparations which have been fading away with the passing of time. We remember people but we tend to forget about their work which has been outdone by modernity. Who can tell whether a dish is ‘out’, ‘in’ or just old ? Which is the limit between tradition and innovation ? Why are we losing pieces of our historic culture ? We can accept the fact that some products may
Torta fritta della trattoria Campanini 1 kg di farina 0 rinforzata 38-42 g di lievito di birra “t uto f es o pe f igge e u hiai i di sale i o A ua i e ale atu ale
kg st o g lou 38-42 g natural yeast fresh lard, rendered 4 tsp salt i e al sill ate
I pasia o gli i g edie i assie e al lie ito s iolto i a ua i e ale atu ale. La lie itazio e de e te e e o to del a ia e to delle stagio i, il aldo esi o l’a ele a, il f eddo i e o la alle ta. O o o o i edia o e. Tiriamo la pasta allo spessore di 2-3 mm, tagliamo rombi di pe . Buia oli ello st uto olle te e ii iaoli o appe a sa a o do ai, eia oli sop a della a ta asso e te pe toglie e l’e esso di u to.
Mi the i g edie ts a d k ead ell. Lea e the dough to ise fo app o i atel hou s. Risi g i e ill a according to seasons, it will be shorter in Summer and slo e i Wi te . Roll out the dough, thi k, a d ut i to e ta gula shapes. F i hot fat u il golde o . D ai o kit he pape to a so the fat i e ess.
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nostra cultura, come la cucina e la gastronomia in questo caso, vengano gradualmente abbandonati al posto di nuove realtà di dubbia valenza. La nostra lotta quotidiana deve essere rivolta alla ricerca di tutte queste realtà territoriali in diicoltà, all’analisi delle problematiche e alla realizzazione di soluzioni concrete per fare in modo che si preservino nel tempo. Questo vale sia per i prodotti legati ai costumi e alla tradizione di queste terre come potrebbe essere la Spalla cruda sopracitata, ma anche per gli stessi piatti come il Pasticcio di Maria Luigia. Se non siamo in grado di salvarli nella loro integrità, cerchiamo di innovarli rimediando agli errori commessi in passato, miglioriamo le caratteristiche meno attraenti per il nuovo mercato, ma non permettiamo assolutamente che vengano trattati come pezzi da museo. L’innovazione e la modernità dovrebbero spendersi maggiormente alla ricerca di nuovi metodi per salvaguardare e migliorare ciò che è stato fatto e non facilitarne la realizzazione ricorrendo a metodologie invasive che portano a un deterioramento di cultura, valori e signiicato. La Parma che vogliamo ricordare oggi è quella del buon cibo, della gastronomia e del saper mangiare, tutte cose che derivano essenzialmente dalla testa e dalle mani della gente, che spende la propria vita ainché tutti ne possano usufruire nel migliore dei modi. Esistono scienze e strumentazioni in grado di riprodurre la manualità dell’uomo, ma il sapere racchiuso nell’esperienza dell’individuo non potrà mai essere codiicato in un algoritmo matematico. Sta a noi a questo punto decidere da che parte stare: la Parma golosa ha bisogno di ampie mani e menti aperte per poter sopravvivere nel tempo che l’attende.
suffer a market drop, but we cannot just stand back and wait, we must do something to give them a new chance. We cannot leave our gastronomic icons being gradually left behind in favour of some new and sometimes low-quality food business. We must support all local food business, now in difficulty, analyze problems and find solutions to overcome the current crisis. This applies to food products, such as Spalla cruda, as well as food recipes like Maria Luigia’s Pasticcio. We must do our best trying to mantain original rcipes, yet experiment new solutions in order to make them more appealing for new generations, if necessary. Innovation and modernity should be used to introduce change but at the same time safeguard what has already been done. Never support performances through fast and overwhelming methods which would only result in a loss of culture, values and meanings. Today we want to celebrate Parma as the city of good food and gastronomy. All this comes from the knowledge and the skills of people spending their life in the pursuit of giving everyboby a chance for success. Science and new technologies will never replace human skill and knowledge. So it’s up to us now to decide who and what to support : gourmand Parma needs hands and brains to go on and face future challenges.
Versio e di Massi o “pigaroli della farao a alla reta di Mirella Ca tarelli
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CON IL PATROCINIO DEL
BENVENUTA UNESCO Parma nella rete delle città creative della Gastronomia VI PRESENTIAMO L’UNESCO CREATIVE CITIES NETWORK A cura di Costanza Ferrarini - Master Comet 2012; Carlotta Beghi - Master Comet 2015; Marta Bergamaschi - Master Comet 2013 Le città della rete sono presentate dal Master COMET team 2016: Daniela Bonanni, Gianluca Campanella, Andrea Colajocomo, Valentina Della Pia, Francesca De Petra, Marco Furmenti, Serena Gualtieri, Maria Fernanda Rodriguez, Michele Soiato, Simona Tarra, Sara Vanucci, Giorgio Maria Zinno
Cosa si intende con “creatività”? La creatività è il fattore chiave per la crescita futura e il pieno sviluppo del potenziale di innovazione. Stando alla deinizione del isico Poincarè: “creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili”. La creatività pertanto ofre “la possibilità di inventare e realizzare nuovi modi di operare” (Sustainable cities and creativity, Brussels, 2004); per cui siamo di fronte a un processo creativo, quando vengono generati nuovi risultati o nuove modalità di organizzazione attraverso la riconigurazione degli schemi da tempo consolidati.
Cos’è la rete UNESCO delle città creative? Il Creative Cities Network (rete UNESCO delle città creative) è un progetto promosso da Unesco, creato nel 2004 per promuovere la cooperazione con e tra le città che hanno individuato la creatività come fattore strategico per lo sviluppo urbano sostenibile. L’obiettivo comune è fare della creatività e delle industrie culturali la base di piani di sviluppo locale e globale, attraverso collaborazioni attive a livello internazionale.
La designazione di Parma come Città Creativa della Gastronomia per il Network Creative Cities di UNESCO Irina Bokova, direttore generale UNESCO, agenzia specializzata delle Nazioni Unite con sede a Parigi, ha comunicato la notizia circa la designazione uiciale di Parma come Città Creativa della Gastronomia l’11 dicembre 2015 al sindaco di Parma, Federico Pizzarotti. La nomina di dicembre rappresenta un importante traguardo e aiuterà non soltanto Parma ma tutto l’agroalimentare italiano a emergere ancora di più nel mondo, con i propri prodotti tipici di alta qualità, come ha ricordato il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina.
Il progetto per Parma: il Gastronomy Hub L’obiettivo di realizzare un modello di sviluppo a base culturale che sappia coniugare il principio di creatività indicato da UNESCO alla vocazione agroalimentare del territorio, ha portato a ragionare sulla città letta come una piattaforma interdisciplinare o Gastronomy Hub: una piazza della condivisione e della partecipazione attraverso cui sia possibile mettere a disposizione competenze, risorse, buone pratiche ed esperienze connesse alla gastronomia.
Le 18 città della Gastronomia sono: Belém (Brazil), Bergen (Norway), Burgos (Spain), Chengdu (China), Dénia (Spain), Ensenada (Mexico), Florianopolis (Brazil), Gaziantep (Turkey), Jeonju (Korea), Parma (Italy), Phuket (Thailand), Popayan (Colombia), Ostersund (Sweden), Rasht (Iran), Shunde (China), Tucson (USA), Tsuruoka (Japan), Zahlé (Lebanon).
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WELCOME UNESCO
Parma on the network of the creative cities of Gastronomy WE PRESENT YOU UNESCO CREATIVE CITIES NETWORK In charge of Costanza Ferrarini - Master Comet 2012; Carlotta Beghi - Master Comet 2015; Marta Bergamaschi Master Comet 2013. The network cities are presented by Master COMET team 2016: Daniela Bonanni, Gianluca Campanella, Andrea Colajocomo, Valentina Della Pia, Francesca De Petra, Marco Furmenti, Serena Gualtieri, Maria Fernanda Rodriguez, Michele Soiato, Simona Tarra, Sara Vanucci, Giorgio Maria Zinno.
What is the meaning of “creativity”? Creativity is the key factor for the future growth and the full development of the innovative potential. Citing the deinition of the physicist Poincaŕ: “creativity means to unify the elements already existing with new connections, those ones should be useful”. As a matter of the fact creativity gives “the chance to invent and to realize new ways of operating” (Sustainable cities and creativity, Brussel, 2004); therefore we assist to a creative process, when new results are generated or new modalities of organization through the reconiguration of the main points applied and consolidated for long time.
Which is Unesco Creative Cities Network? Creative Cities Network is a project promoted by Unesco, created in 2004 to promote the cooperation with and among the cities that have identiied in the creativity the strategy factor for the urban sustainable development. The common purpose is to use creativity and the cultural industries as some basis for local and global development, through some active partnerships on an International level.
The designation of Parma as Creative City of Gastronomy for UNESCO Network Creative Cities Irina Bokova, general director of UNESCO, a specialized agency of the United Nations located in Paris, has communicated the news about the oicial designation of Parma as Creative City of Gastronomy on 11th December 2015 to the Mayor of Parma, Federico Pizzarotti. The December appointment represents an important goal and it will help not only Parma but all the Italian food and agriculture to emerge even more around the world, thanks to its typical products of high quality, as the Minister of the Agricultural Policies Maurizio Martina has remembered.
The project for Parma: the Gastronomy Hub The purpose is to realize a development model on cultural basis which can gather the principle of creativity indicated by Unesco with the food and agricultural vocation of its territory, it has headed us to think of reading the city as an interdisciplinar platform or Gastronomy Hub: a place where you can share and participate through which it is possible to let your skills, resources, good practices and experiences related to gastronomy be available.
Le 18 città della Gastronomia sono: Belém (Brazil), Bergen (Norway), Burgos (Spain), Chengdu (China), Dénia (Spain), Ensenada (Mexico), Florianopolis (Brazil), Gaziantep (Turkey), Jeonju (Korea), Parma (Italy), Phuket (Thailand), Popayan (Colombia), Ostersund (Sweden), Rasht (Iran), Shunde (China), Tucson (USA), Tsuruoka (Japan), Zahlé (Lebanon).
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Belém, l’Amazzonia nel Piatto Situata in uno dei due estuari del Rio delle Amazzoni, Belém rappresenta la congiunzione tra l’immenso e magniico ecosistema amazzonico e la cultura europea. Per questo motivo la città è diventata la capitale dello stato amazzonico di Parà. Formata per due terzi da isole, la sua cultura enogastronomica fonde gli elementi della terraferma, in particolare della lora e della fauna amazzonica, con la tradizione marinara delle isole. Açaí, Tacacá, Tucupi, Maniçoba, Pirarucu rappresentano le basi della cucina locale che costantemente attrae chef da tutto il mondo per la possibilità di ricercare quel gusto unico che solo la più grande e misteriosa foresta del mondo può ofrire.
Belém
Belém, the Amazon in the plate
Belém
Located on one of the two estuary of the Amazon River, Beĺm is the conjunction between the immense and magniicent Amazonian ecosystem and European culture. That is why the city has become the capital of the Amazon state of Para. Formed by two thirds by islands, its food and wine culture blends the elements of land, particularly of the lora and fauna of the Amazon, with the maritime traditions of the islands. Açaí, tacacá, tucupi, maniçoba, pirarucu represent the basis of local cuisine which constantly attracts chefs from all around the world for the chance of inding that unique taste that only the largest and most mysterious forest in the world can ofer.
Bergen: capitale dei fiordi, della cultura e della gastronomia Bergen è la Norvegia che tutti sognano. Caratterizzata dall’antico porto di Bryggen, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, la città è l’emblema della cultura di questo paese. Il suo clima mite non frena l’atmosfera nordica costellata da tipiche casette in legno, spesso pendenti, dai iordi, dalle verdi colline e dagli stretti vicoli che le collegano alla città. Per chi volesse appagare il gusto, Bergen può ofrire anche il meglio della gastronomia norvegese. Il pesce freschissimo e afumicato, la sublime carne di montone e pecora selvatica, i formaggi locali e le mele sono solo alcuni dei prodotti tipici che hanno motivato l’inserimento della città nella Rete UNESCO. Un consiglio? Visitare la città in occasione del Bergen Matfest di settembre, il festival enogastronomico più importante in cui sono presentate le eccellenze territoriali. 28
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Bergen
Bergen: Capital of fjords, culture and gastronomy
Bergen
Bergen is Norway that everyone dreams. Characterized by the ancient port of Bryggen, a UNESCO World Heritage Site, the city is the symbol of the culture of this country. Its mild climate does not restrain the Nordic atmosphere, dotted with typical wooden houses, often leaning, jords, green hills and narrow alleys that connect them to the city. For those wishing to satisfy the taste, Bergen can also ofer the best of Norwegian gastronomy. Fresh smoked ish, the sublime mutton or wild sheep meats, local cheeses and apples, are just some of the typical products that have motivated the inclusion of the city in the UNESCO Network. An advice? Please visit the city on the occasion of the Bergen Matfest in September, the most important wine and food festival in which the territorial excellences are presented.
Burgos, nuovi carburanti per il “Motore Umano” Lungo il Camino de Santiago, dopo aver attraversato la Sierra de Atapuerca, si giunge a Burgos, una località riferimento per gli studi di evoluzione umana grazie agli insediamenti neolitici e dell’Età del Ferro. Oggi la città si concentra sull’alimentazione come chiave per comprendere il passato, presente e futuro della specie umana attraverso un viaggio evolutivo che trasforma una necessità biologica, il nutrirsi, in un’arte: la gastronomia. Con questo progetto di associazione cucina-scienza evolutiva, Burgos punta a diventare il Laboratorio Mondiale dell’Evoluzione Gastronomica. L’obiettivo è trovare soluzioni per migliorare la salute attraverso l’alimentazione, comprendendo quale sia l’apporto energetico raccomandabile; saranno poi gli chef, con l’aiuto dell’università, a disegnare i piatti che meglio si adattano al motore umano.
Burgos
Burgos
Burgos, new fuels for the “Human Engine” Along the Road to Santiago, after crossing the Sierra of Atapuerca, you reach Burgos, one reference place to study human being’s evolution thanks to some Neolithic settlements and to the Iron Age. Today the town pays attention on feeding as a key to understand the past, the present and the future of human species through an evolutive journey which transforms a biological need, to feed on, into an art: gastronomy. With this project gathering food and evolutive science, Burgos has the purpose of becoming the Global Laboratory of Gastronomic Evolution. The purpose is to ind the best solutions to improve health through the diet, understanding which is the right energy input; it will be up to the chefs, helped by Universities, to create the courses that they adapt the best to human engine.
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I mille sapori del Sichuan rappresentati da Chengdu Chengdu, uno dei più importanti centri economici della Cina, è la capitale del Sichuan. La sua cucina, saporita e speziata, fa largo uso di carne e pesce accompagnati da peperoncino e pepe del Sichuan. I piatti sono prevalentemente piccanti ma, con oltre seimila specialità, quella di Chengdu è considerata una delle cucine più ricche di sapori e più varie del mondo. Tra le numerose pietanze locali si ricordano il Tōfu Mapo, l’Hot-Pot e i Dan Dan Noodles. Chengdu, grazie al suo impegno nell’educazione e nell’innovazione alimentare, è stata nominata dall’UNESCO Città della Gastronomia. Dal 2004 vi si svolge l’International Food & Tourism festival, favorendo uno scambio internazionale per lo sviluppo comune in ambito gastronomico.
Chengdu
The thousand flavors of Sichuan represented by Chengdu
Chengdu
Chengdu, one of the most important economic centers of China, is the capital of Sichuan. Its cuisine, tasty and spicy, makes extensive use of meat and ish with Sichuan chili and pepper. The dishes are mostly spicy, but with more than six thousand specialties, Chengdu’s cuisine is considered one of the world richest cuisines in lavors and variety. Among the many local dishes, remember the Mapo Tofu, the Hot-Pot and the Dan Dan Noodles. Chengdu, thanks to its commitment to education and food innovation, has been named a UNESCO City of Gastronomy. Since 2004 it has been holding the International Food & Tourism Festival, promoting international exchanges for common development in the gastronomic ield.
Dénia: sostenibilità, innovazione e partecipazione D́nia è una città spagnola capitale della comarca valenziana Marina Alta. Le caratteristiche morfologiche di questo territorio l’hanno resa una meta preferenziale per Fenici, Romani e Musulmani, creando un bacino di cultura gastronomica inestimabile. Tecniche e tradizioni diverse si sono fuse insieme e si sono mantenute ino ad oggi favorendo un modello di alimentazione locale sostenibile basato sul rispetto della storia, del paesaggio e dei prodotti autoctoni del mare e della terra. Un modello in cui tradizione e innovazione si danno la mano. A D́nia la gastronomia è un elemento essenziale della festa, che ha come scenario principale la strada. Infatti, quello che rende speciale questa città, oltre ai Gambas, le Cocas o l’Arroz, è la partecipazione della cittadinanza all’organizzazione di eventi dedicati alla gastronomia. 30
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Dénia
Dénia sustainability, innovation and participation
Dénia
D́nia is the Spanish capital city of the Valencian region of Marina Alta. The morphological characteristics of this territory have turned it into an ideal destination for the Phoenicians, Romans and Muslims, creating an invaluable gastronomic culture basin. Techniques and diferent traditions have merged together and have remained until today fostering a sustainable local supply model based on the respect for history, landscape and indigenous products of the sea and of the earth. A model in which tradition and innovation go hand in hand. In D́nia, gastronomy is an essential element of the celebration, whose main scenario is the road. In fact, what is special about this city, as well as las gambas, cocas or arroz, is the participation of citizens to the organization of events dedicated to gastronomy.
Ensenada: bienvenido en Mexico! Ensenada è un esempio di varietà e creatività, caratterizzata dall’alta oferta culinaria che spazia dallo street food ai ristoranti soisticati. La sua cucina è frutto della fusione tra la cucina messicana e quelle mediterranea e orientale, e i prodotti freschi, in particolare il pescato dalle acque dell’oceano Paciico della Baia Californiana. Presso l’Università Autonoma della Baja di California (UABC) ha sede la scuola di enologia e gastronomia che ha permesso di coniugare il lato scientiico e di ricerca con le abilità degli chef. La città ofre una vasta gamma di attrazioni e servizi sia per la coppia che per tutta la famiglia: ad esempio è possibile prendere parte a tour e degustazioni di vini bianchi e rossi presso piccoli e grandi produttori nella Valle di Guadalupe, territorio da cui giunge il 90% dei vini del Messico.
Ensenada
Ensenada: bienvenido en Mexico!
Ensenada
Ensenada is an example of variety and creativity, characterized by the high culinary ofer ranging from street food to fancy restaurants. Its cuisine is the result of a fusion among the Mexican, Mediterranean and Oriental cuisines and the use of fresh products, in particular ish from the waters of the Paciic Ocean in the California Bay. The Autonomous University of Baja California (UABC) houses the school of oenology and gastronomy that has allowed combining the scientiic and researching side to the skills of the chefs. The city ofers a wide range of attractions and facilities for both couples and the whole family: for example, you can take part in tours and tastings of white and red wines from small and large producers of the Valley of Guadalupe, that produce the 90% of the whole wine production of Mexico.
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Florianopolis, capitale brasiliana della qualità della vita L’unione tra l’isola di Santa Catarina e la terraferma crea lo scenario perfetto per lo sviluppo della città di Florianopolis. La fusione di molteplici culture giunte sull’isola e il forte legame con il territorio insulare creano un unicum. La gastronomia locale reinterpreta le tradizioni culinarie dei vari paesi migranti con la tradizione delle civiltà pre-esistenti e l’impiego di prodotti autoctoni. Florianopolis sì distingue in particolare per la qualità delle sue ostriche, tanto da essere deinita “Brazil’s Oyster Capital”. Il cospicuo numero di spiagge e insenature, la bellezza del paesaggio e l’originalità della sua gastronomia, fanno di Florianopolis la capitale brasiliana con il più alto tasso di qualità della vita: per questo motivo si sta puntando molto sul settore turistico, elaborando strategie di accoglienza in chiave sostenibile.
Florianopolis
Gaziantep non è solo storia, è una vibrante gastronomia Gaziantep, ombelico di tradizioni millenarie: un luogo in cui la gastronomia abbraccia l’eredità delle civiltà passate e i costumi di quelle presenti. La città sorge lungo la Via della Seta, nel sud est dell’Anatolia, ed è sempre stata un importante crocevia per i popoli qui succedutisi nei secoli; per questo oggi la città è un vero e proprio museo a cielo aperto, in cui convivono monumenti, bazar, moschee, ma soprattutto una vivace tradizione gastronomica: il Museo culinario Emine Göğüş e diversi festival culinari (come quello del pistacchio e della melagrana), sono occasione di celebrazione e divulgazione delle tradizioni produttive, conviviali e folkloristiche di questa regione. Il Pistacchio di Antep (IGP), dall’aroma intenso, è l’ingrediente principe della cucina della città e, in particolare, del Baklava, un dolce a base di sottilissimi strati di pasta illo addolcito con sciroppo. Persino a colazione si possono gustare le molteplici versioni del Kebab, inteso come ogni possibile piatto a base di carne grigliata, arrostita o fatto di polpette. Inine, da non perdere, la Lahmacum, la così detta pizza turca, con aglio, carne macinata, prezzemolo e spezie. 32
Florianopolis
Florianopolis, “Brazil’s Quality of Life Capital” The union between the island of Santa Catarina and the mainland makes a perfect area for the development of the city of Florianopolis. The fusion of many cultures arrived in the island and the strong link with the insular territory create a “unicum”. The local cuisine reinterprets culinary traditions of the various migrant countries mixed with the tradition of pre-existing civilization and the use of indigenous products. Florianopolis stands out in particular for the quality of its oysters, so to be called “Brazil’s Oyster Capital”. The large number of beaches and coves, the beauty of the landscape and the originality of its gastronomy, they make Florianopolis the Brazilian capital with the highest quality of life rate, which is why they are focusing on the tourism sector, developing reception strategies based on sustainably.
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Gaziantep
Gaziantep is not just history; it’s a vibrant gastronomy
Gaziantep
Jeonju, una fantastica scena gastronomia Capitale della provincia meridionale del Jeolla, Jeonju è famosa sia per essere il luogo di nascita dell’importante dinastia Jeoson sia per la delizia culinaria sudcoreana più conosciuta, il Bibimbap. Jeonju, tra le città più antiche della Corea del Sud, largamente riconosciuta come la città dell’arte, dello stile e soprattutto del buon cibo, possiede un vivo distretto storico e una fantastica scena gastronomica. Il villaggio, una delle più grandi concentrazioni di abitazioni tipiche del paese, rappresenta il punto caldo dello street food, perfettamente adattato all’atmosfera tradizionale e moderna, in grado di farti sentire catapultato in una Corea alternativa, in cui cultura e natura si fondono perfettamente. La città, conosciuta nel paese per il suo eccellente cibo, ha molto altro da ofrire, dal gusto tradizionale ai piatti tipicamente consumati alla corte della dinastia Joseon.
Jeonju
Gaziantep, midpoint of ancient traditions: a place where gastronomy embraces the legacy of past civilizations and the costumes of the present ones. The city lies along the Silk Road, in southeast Anatolia, and it has always been an important crossroads for people during the centuries; this is why today the city is a veritable open-air museum, where monuments, bazaars, mosques live together with a lively gastronomic tradition: culinary Museum Emine Göğüş and several culinary festivals (such as pistachio and pomegranate ones) are an occasion for celebration and dissemination of productive, convivial and folkloristic traditions of this region. The Pistachio of Antep (PGI), with its intense aroma, is the main ingredient of the cuisine of the city and, in particular, of the Baklava, a dessert made of thin layers of phyllo dough sweetened with syrup. Even at breakfast you can enjoy the many versions of kebab, which is every possible dish of grilled or roasted meat or meatballs. Finally, do not miss the Lahmacum, the so-called Turkish pizza, with garlic, ground beef, parsley and spices.
Jeonju
Jeonju, a fantastic gastronomic scene Capital of the southern province of Jeolla, Jeonju is famous both for being the birthplace of the important Jeoson Dynasty and for South Korea’s best-known culinary treat, the bibimbap. Jeonju, one of the oldest cities of South Korea, widely recognized as a city of art, style and above all good food, has a lively historic district and a fantastic gastronomic scene. The village, one of the largest concentrations of typical houses in the country, is the hot spot of street food, perfectly adapted to the traditional and modern atmosphere; it can make you feel thrown into an alternate Korea, where culture and nature perfectly blend. The city, known throughout the country for its excellent food, has much more to ofer, from the traditional taste to the dishes typically eaten at the court of the Joseon Dynasty.
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Östersund: naturalmente Svezia Un tufo nella natura più incontaminata del pianeta: sulle rive del lago Storsjön sorge dal 1786 Östersund, la città dell’inverno. Fra sci, pesca nel ghiaccio e itinerari su slitte, il centro ofre tutto ciò che si potrebbe richiedere a questo paese. Se non gradiamo le temperature rigide, possiamo sempre concederci una fetta di gastronomia dello Jämtland a base di salmone, carne d’alce, polpette famose, aringhe marinate accompagnate dallo Knäckebröd, il pane croccante tradizionale da condire a piacere. Se siamo fortunati, potremmo anche imbatterci nella cucina Sami dei lapponi che rispecchia lo stretto legame fra l’uomo e la sua terra. Se lo Storsjöodjuret, il mostro del lago, ci fa titubare, ricordiamoci che per molti è solo una leggenda per attrarre i turisti!
Östersund
Östersund: naturally Sweden A dip in the purest nature of the planet: on the shores of Lake Storsjön, Östersund, the City of Winter, rises from 1786. Within skiing, ice ishing and tours on sleds, the city center ofers everything you could ask for in this country. If you do not like the cold weather, you can always treat yourself to the gastronomy of Jämtland with salmon, moose meat, the famous meatballs, pickled herring or knäckebröd, the traditional crusty bread to dress to your choosing. If you’re lucky, you might even stumble into the Sami Cuisine from Lapland, which relects the close link between man and his land. If the Storsjöodjuret, the monster of the lake, makes you hesitate, remember that for many it is just a legend to attract tourists!
Östersund
Phuket, funamboli in cucina Senza dubbio a Phuket si possono trovare alcune delle più belle spiagge della Thailandia; ma è visitando la città che saremo sorpresi nello scoprire la ricchezza culinaria di questa terra. Le pietanze della zona vantano le radici nel piacevole incontro tra la gastronomia cinese e quella malese e pure nella combinazione tra piatti della gente comune e delle famiglie reali. Ne risulta uno stile unico e inconfondibile spesso deinito “non troppo salato, non troppo speziato e non troppo dolce”. Grazie a questo carattere equilibrato della sua cucina, che si diferenzia così dalle note fortemente piccanti tipiche del sud del Paese, Phuket ha raggiunto l’importante riconoscimento di Città della Gastronomia Unesco. 34
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Phuket
Phuket, tightrope walkers in the kitchen No doubt that in Phuket you can ind some of the nicest beaches of Thailand; but visiting the city you would remain quite surprised to discover the culinary richness of this land. Local dishes have their roots in the pleasant meeting of Chinese and Malay cuisine, in combining common and royal cuisine, which creates a unique and distinctive style often referred to as not too salty, not too spicy and not too sweet. Thanks to this balanced character of its cuisine, Phuket has achieved the important recognition of the City of Gastronomy by UNESCO, thus difering from typical spicy notes of the cuisine of the south of the country.
Phuket
Popayán, la Città Bianca combinazione di saperi e sapori Popayán è la città colombiana capitale del dipartimento di Cauca conosciuta come “Città Bianca” grazie alla particolarità architettonica del suo centro storico. La sua cucina è un insieme di sapori, profumi e colori, frutto dell’interazione culturale tra Spagnoli e indigeni. La tradizione orale ha permesso di tramandare di padre in iglio i metodi di preparazione classici della cucina identitaria payanesa. È nelle tecniche e nel suo sapore inconfondibile che si riconosce la gastronomia di Popayán, il che la colloca tra le Città Creative UNESCO. Un’opportunità per preservare la tradizione evocando le emozioni del “fogón de las abuelas”, con cui qui si identiica questo insieme di sensazioni e abilità, ovvero il “focolare delle nonne”, un’esperienza di gusto certamente indimenticabile.
Popayán
Popayán
Popayán, the White City combination of knowledge and tastes Popayán is the Colombian capital of the Cauca department known as the “White City” thanks to the unique architecture of its inner city. Its cuisine is a combination of lavors, fragrances and colors as the result of the Spanish and Indigenous cultural interaction. Oral tradition has allowed passing on, from father to son, the classic methods of preparation of Payanesa cuisine. It is in its technique and in its unique taste that we recognize the gastronomy of Popayan, which places it among the UNESCO Creative Cities. It means the opportunity to preserve the tradition evoking the emotions of the “fogón de las abuelas”, certainly an experience of unforgettable taste.
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Rasht, il food hub turistico Persiano Un viaggio enogastronomico alla scoperta dei prodotti tipici della provincia di Gilan: le noci di Mazandaran, le fresche carni di Ardebil, l’abbondante pesce e caviale del Mar Caspio e le rigogliose foreste e verdure delle montagne di Alborz. Rasht, capitale della provincia di Gilan, dove tradizione e cultura si mescolano al life style dinamico della popolazione e alla ricchezza dei prodotti del territorio, si presenta come il fulcro del turismo enogastronomico del Paese. Il clima temperato e fertile di Rasht dà origine agli ingredienti usati nella sua cucina variegata, arricchita dai prodotti delle provincie circostanti. La varietà di piatti proposta attira palati di ogni tipo: sono oltre 170 le ricette tipiche, di cui molte dall’appeal vegetariano, come il Mirza Ghassemi. Cucina, diversità e territorio: il leitmotiv del turismo enogastronomico persiano.
Rasht
Rasht
Rasht, the Persian turistic food hub A gastronomic journey to discover the typical products of the province of Gilan: the Mazandaran nuts, the fresh meat of Ardebil, the abundant ish and caviar of the Caspian Sea and the luxuriant green forests and greens of the mountains of Alborz. Rasht, capital of the Gilan province, where tradition and culture mix with the dynamic lifestyle of the population and the wealth of local products, presents itself as the focus of food tourism in the country. The temperate and fertile climate in Rasht gives rise to the ingredients used in its varied cuisine, enriched by the products of the surrounding provinces. The variety of dishes proposal attracts gourmets of all kinds: there are more than 170 recipes, many of which have a vegetarian appeal, like Mirza Ghassemi. Kitchen, diversity and territory: the leitmotif of Persian food and wine tourism.
Shunde, un fiume di energia creativa La città di Shunde si nasconde nell’insenatura costiera tra Hong Kong e Macau, nella provincia cinese del Guangdong. Sviluppatasi sul delta del Pearl River, Shunde si è caratterizzata, sin da tempo remoto, per una forte impronta rurale, alla quale si è accompagnato un consistente sviluppo industriale. La ricchezza del suolo di origine luviale e la disponibilità di bacini idrici abbondanti hanno fatto sì che iorissero, negli anni, intense attività di acquacoltura, agricoltura e arboricoltura. Le eccellenti materie prime prodotte, esaltate dalle sapienti mani dei cuochi provenienti dal quartiere di Daliang, hanno dato stimolo allo sviluppo di una cultura gastronomica eccellente, di stili di vita altamente salutari e di un gusto ine e attento agli equilibri, emblema della cucina tradizionale cantonese. 36
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Shunde
Shunde, a river of creative energy
Shunde
The city of Shunde hides in the coastline inlet between Hong Kong and Macau, in the Chinese province of Guangdong. Developed on the Pearl River Delta, Shunde has been characterized, since long ago, by a strong rural imprint accompanied by a signiicant industrial development. The richness of the soil of luvial origin and the availability of abundant hydro basins meant that lourish, over the years, of intensive aquaculture, agriculture and forestry activities. The excellent raw materials produced, enhanced by the skillful hands of the chefs from the Daliang neighborhood, have given incentive to the development of an excellent gastronomic culture, of highly healthy lifestyles and of a ine taste attentive to balance, symbol of the traditional Cantonese cuisine.
Il distretto agroalimentare di Tsuruoka Le autorità cittadine promuovono attivamente una vita alimentare sicura e generosa, dando un contributo alla rivitalizzazione delle industrie legate al cibo prodotto con le numerose risorse locali. La città di Tsuruoka, sita nel Giappone nordorientale, possiede peculiarità uniche in campo alimentare: le caratteristiche geograiche variabili, la presenza di quattro stagioni distinte e una natura generosa, il clima spirituale ereditato dai predecessori, la vibrante produzione di riso, la sapienza agricola e l’ingegnosità si traducono in più di 50 tipi di colture indigene tramandate ino ad oggi. Grazie a tali caratteristiche, durante l’anno è possibile gustare vari tipi di cucina, sfruttando tutti gli ingredienti stagionali. La città ha inoltre intrapreso attività inalizzate alla creazione di una nuova cultura del cibo sia con la promozione di industrie gastronomiche di gran pregio sia, attraverso numerose iniziative civiche e creative, con l’educazione alla cultura alimentare.
Tsuruoka
Tsuruoka
Tsuruoka food district The city authorities actively promote a safe and generous food life, contributing to the revitalization of industrial activities related to food which produced using the numerous local resources. The city of Tsuruoka, located in northeastern Japan, has unique characteristics in the food industry: the variables geographical features, the presence of four distinct seasons and of a generous nature, the spiritual atmosphere inherited from predecessors, the vibrant production of rice, the agricultural wisdom and ingenuity, result in more than 50 types of indigenous crops handed down until today. Thanks to these characteristics, during the year you can enjoy various types of cuisine, using all seasonal ingredients. The city has also undertaken activities aimed at creating a new food culture both through the promotion of gastronomic industries that have high values, and through numerous civic and creative initiatives, such as the education to food culture.
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Tucson: the Old Pueblo Bahidaj, così è chiamato il frutto dal cuore magenta che ricopre i saguaro cactus, simbolo indiscusso delle distese del Sonora che circondano la città di Tucson e segnano il conine con il Messico. E il suo raro sciroppo è simbolo di questa cucina di conine che racchiude in ś la mescolanza di cibi e tradizioni culinarie di Tucson, Arizona. E rappresenta la continuità di una tradizione agricola tramandata da più di 4000 anni con nel contempo il dialogo tra tradizione e scienza: sidare il clima desertico e sviluppare un sistema alimentare basato su biodiversità, innovazione e cibo locale sostenibile. Qui nascono varie tipologie di semi adattati al deserto, alcuni di questi sconosciuti al resto del mondo. Nel raggio di 100 miglia da Tucson crescono Cholla, Mesquite e Fichi d’india, alcune delle più tradizionali piante native del deserto, presenti nel “Ark of Taste” Slow Food International.
Tucson
Tucson: the Old Pueblo
Tucson
Bahdaj, this is how the magenta heart fruit covering the saguaro cactus, undisputed symbol of the Sonora expanses that surround the city of Tucson and mark the border with Mexico, is called. Border cuisine, this is the term which contains the mixture of food and culinary traditions of Tucson, Arizona. An agricultural tradition handed down for more than 4000 years. The dialogue between tradition and science: to challenge the desert climate and develop a food system based on biodiversity, innovation and sustainable local food. This gives rise to various types of seeds adapted to the desert, some of them unknown to the rest of the world. Within 100 miles from Tucson cholla, mesquite, prickly pear grow: they are some of the traditional native desert plants, included in Slow Food International “Ark of Taste”.
Zahlé, la città del vino e della poesia Nel cuore del Libano, alle pendici del monte Sannin, sorge Zahĺ, “la Sposa di Beqaa”, terra fertile circondata da vigneti; da questi, già i Romani ricavavano l’Arak, distillato ottenuto con succo d’uva e grani d’anice. Sulle sponde del iume Berdouni, che si snoda attraverso la città, ristoranti tipici ofrono il Mezze, aperitivo composto di piccole siziosità tra cui un’insalata a base di grano speziato, prezzemolo, cipollotti e menta, e involtini di foglie di vite. Presso i carretti ambulanti si possono gustare, invece, curiose gallette di sesamo rigonie e riempite di spezie. Zahĺ, “la città del vino e della poesia”, ospita ogni settembre il “Festival del vino” in cui si celebrano i pensatori e gli scrittori che nel corso dei secoli hanno arricchito il patrimonio intellettuale della città. 38
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Zahlé
Zahlé, the city of wine and poetry
Zahlé
In the heart of the Lebanon, on the slopes of Mount Sannin, there is Zahle, “the Beqaa Bride”, a fertile land surrounded by vineyards; from these, the Romans used to extract the Arak, a distillate made of grape juice and grains of anise. On the banks of the river Berdouni, which meanders through the city, the typical restaurants ofer the Mezze, an aperitif made up of small delicacies including spicy salad made of wheat, parsley, spring onions and mint, and stufed vine leaves. At street carts you can taste curious pufed sesame crackers stufed with spices. Zahle, “the city of wine and poetry”, held every September the “Wine Festival” which celebrates thinkers and writers who, over the centuries, have enriched the intellectual heritage of the city.
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Our history
La nostra storia
PARMIGIANO PARMIGIANO REGGIANO: REGGIANO: FORME ANTICHE DI ANCIENT FORMS OF ANTICHI CASEIFICI ANCIENT DAIRIES L’arte millenaria della produzione dell’indiscusso re dei formaggi modella semplici e rainate architetture che esaltano il sapere umano: andando a cercare i caselli delle diverse epoche scopriamo che la continuità non si esprime solo nella ricetta, nei profumi, nel gusto ma pure negli ambienti Di Andrea Crispino – Scienze dell’Architettura
he ancient art of the production of the undisputed king of cheese model simple and reined architecture that enhance human knowledge: going after the tollgates of diferent eras we discover that continuity is expressed not only in the recipe, in perfumes, in taste but also in environments By Andrea Crispino – Science of Architecture
Casello di S.Michele della Fossa Nel 1351Giovanni Boccaccio nel suo Decamerone, raccontando le delizie del paese immaginario di Bengodi, dove chi più dorme più guadagna, descrive una “montagna di formaggio Parmigiano grattugiato”, dalla quale rotolano giù “maccheroni e raviuoli” cotti in brodo di cappone, dando così un’indicazione dell’uso che già da allora se ne poteva fare in cucina. E ai tempi del Boccaccio il Parmigiano Reggiano aveva già più di due secoli di storia alle spalle, anche di più se 40
In 1351 Giovanni Boccaccio in the Decameron, describing the delights of the imaginary land of Bengodi, where you sleep more gains, describes a “mountain of grated Parmesan cheese”, from which roll down “Maccheroni and Ravioli” cooked in capon broth, thus giving an indication of the use that already since one could do in the kitchen. And at the time of Boccaccio Parmigiano Reggiano had already more than two centuries of history behind
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pensiamo che la ricetta doveva essere già analoga a quella di altri due antichi formaggi a pasta dura, il Piacentino e il Granone Lodigiano che pare nato già intorno all’anno 1000 (pur se la prima documentazione storica certa risale al 1134), epoca in cui i monaci iniziarono a difondere i prati stabili irrigui, noti come marcite, nei territori ricchi di risorgive. Il Parmigiano Reggiano si produce oggi essenzialmente come nove secoli fa: stessi ingredienti, stessa tecnica di produzione, stessa cura artigianale. È un formaggio del tutto naturale, a pasta dura, prodotto con latte crudo parzialmente scremato per afioramento. È prodotto esclusivamente nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e parte delle province di Mantova e Bologna, in uno scenario immerso tra pianure, colline e montagne racchiuse tra i iumi Po e Reno. Questo territorio racchiude circa quattromila allevamenti in cui le bovine vengono nutrite con foraggi prodotti localmente. L’allevamento di bestiame di grossa taglia richiedeva l’utilizzo di grandi prati con buone produzioni di foraggio, perciò era di fondamentale importanza avere terreni fertili e ricchi di acqua e non è un caso che le maggiori praterie si formarono là dove c’era abbondanza di acqua sorgiva: a Parma nell’area a nord della città e in quella di Fontanellato-Fontevivo; mentre a Reggio il territorio più ricco d’acqua era tra Montecchio Emilia e Campegine. Nel Parmense poi, grazie alle saline presenti a Salsomaggiore, era presente il sale necessario per la trasformazione casearia.
it, even more if we think that the recipe had to be already comparable to that of other two old hard cheeses, Piacentino and Granone Lodigiano that seems born already around the year 1000 (although the irst reliable historical documentation dates from 1134), when the monks began to spread the meadows irrigation, known as rot, in territories rich in springs. Parmigiano Reggiano is produced today essentially as nine centuries ago: same ingredients, same production technique, the same craftsmanship. Is a completely natural cheese, hard cheese, raw milk partially skimmed for surfacing. Is produced exclusively in the provinces of Parma, Reggio Emilia, Modena and parts of the provinces of Mantova and Bologna, in a setting surrounded by plains, hills and mountains between the rivers Po and Reno. his territory encompasses about four thousand farms where the cows are fed with forage products locally. Cattle breeding large animals required the use of large lawns with good crop production, so it was essential to have fertile soil and rich in water and it is no coincidence that the greatest Prairies are formed where there was plenty of spring water: in Parma in the north area of the city and Fontanellato-Fontevivo; while in Reggio the territory richest in water was between Montecchio Emilia and Campegine. In Parma, thanks to the salt pans found in Salsomaggiore, was present the salt needed for cheese processing.
Casello S.Rocco di Guastalla Km vero - anno 2 - numero 2
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Casello di Villa Aiola I primi caselli accanto ai Monasteri
he irst cheese factories next to monasteries
Storicamente la culla del Parmigiano Reggiano fu accanto ai grandi monasteri e ai possenti castelli in cui comparvero i primi caselli: piccoli ediici a pianta quadrata o poligonale dove avveniva la lavorazione del latte. I principali monasteri presenti tra Parma e Reggio erano quattro: due benedettini (San Giovanni a Parma e San Prospero a Reggio) e due cistercensi (San Martino di Valserena e Fontevivo, entrambi nel Parmense). L’antico caseiicio a legna, comunemente detto “casello”, è un’eccezione nel campo dell’architettura industriale: non si trova, infatti, nelle periferie cittadine ma nella campagna coltivata o ai margini dei centri abitati, spesso inglobato dalle nuove costruzioni nelle aree d’espansione urbana. I caselli caseari sono piccoli caseiici in laterizio sparsi tra la bassa pianura e la fascia pedecollinare delle valli dell’Enza e del Secchia. Tra le architetture paleoindustriali, meritano uno spazio proprio in quanto deiniscono un tipo originato da un processo produttivo millenario che prende forma in piccole costruzioni rurali tra il XVIII e l’inizio del XX secolo. Si tratta solitamente di un’architettura senza architetti, che nasce dall’interno, da processi dove il casaro compie da sempre le stesse operazioni, nelle stesse sequenze. I caselli sono soluzioni dotate allo stesso tempo di semplicità e rainatezza, rigorosamente deiniti da aspetti funzionali. Agli occhi distratti possono apparire come curiose architetture contadine ma sono in realtà anticipazioni dei più moderni caseiici di ultima generazione e forse an-
Historically the cradle of Parmigiano Reggiano was alongside the great monasteries and mighty castles in which appeared the irst cheese factories: square or polygonal small buildings where the processing of milk. he main monasteries between Parma and Reggio were four: two benedectines (San Giovanni in Parma and San Prospero in Reggio) and two Cistercians (San Martino di Valserena and Fontevivo, both near Parma). he former dairy farm in wood, commonly referred to as “casello”, is an exception in the ield of industrial architecture is not, in fact, in suburban towns but in the
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Interno del Casello di Villa Aiola
che più ricche di funzioni. Il laterizio, come materiale da costruzione, è una costante, fatta eccezione per i pochi caselli costruiti in collina, dove si utilizzava anche la pietra.
Nel casello il formaggio si fa, non si stagiona Chi ha familiarità con gli attuali caseiici, con la loro luminosa spazialità, la limpidezza delle superici, i rilessi delle attrezzature d’acciaio e il soisticato sistema di produzione del calore, trova sicuramente qualche diicoltà a riconoscere nel casello l’ediicio dove ino a cinquant’anni fa si produceva il Parmigiano Reggiano; eppure gli elementi essenziali sono i medesimi oggi come ieri. L’architettura del casello è strettamente legata alla funzione, sia nelle forme più evolute sia in quelle più essen-
middle or on the edge of villages, often subsumed by new buildings in the areas of urban sprawl. he cheese factories are small dairy farms scattered between the clay lowlands and foothills of the valleys of the Secchia and Enza. Between “paleoindustriali(?)” architectures, deserve their own space because they deine a type originating from a millennial production process that takes shape in small rural buildings from the 18th and early 20th centuries. his is usually an architecture without architects that comes from within, from processes in which the dairyman turns from the same activities in the same sequences. he cheese factories are solutions with simplicity and elegance at the same time, strictly deined by functional aspects. Eyes distracted may look like curious peasant architectures but are actually advances the most modern dairies, and perhaps even more feature-rich. he brick as a building material is a constant, except for the few cheese factories built on top of a hill, where there was also the stone. In dairy cheese is made, never dries hose familiar with existing dairies, with their bright spatiality, the clarity of the surfaces, the relections of steel equipment and sophisticated production of heat, is certainly some diiculty recognizing in dairy the building where up to ifty years ago they produced the Parmigiano Reggiano; yet the essential elements are the same today as yesterday. he architecture of the dairy is closely linked to the function, both in more evolved cases both essential ones: it must meet the two essential moments of the process, i.e. the collection and the rest of the milk, then
Le griglie del Casello di Villa Aiola ziali: essa deve rispondere ai due momenti essenziali della lavorazione, ovvero la raccolta e il riposo del latte, poi il suo riscaldamento per la produzione del formaggio. Il luogo della conservazione e della stagionatura del formaggio, oltre a quello del recupero e del trattamento dei prodotti secondari, potevano dipendere da fattori diversi, come il tipo di organizzazione dell’attività casearia, e avere quindi una collocazione esterna al casello in altri ediici adiacenti o distaccati del complesso aziendale. L’assetto distributivo del casello doveva pianiicarsi in due reparti, uno disposto perimetralmente e dotato di piani su cui erano poste le “piatte” (ciotole contenenti il latte), mentre l’altro, alla base di un pilastro, accoglieva il Km vero - anno 2 - numero 3
Cottura in caldaia di rame 43
Casello Sesso
focolare sul quale pendeva la caldaia appesa a una mensola a squadro, incardinata al pilastro stesso. Nella tipologia più semplice il casello era un ambiente a pianta rettangolare costruito in adiacenza a un altro ediicio. L’impianto dell’unica caldaia era addossato a uno dei pilastri perimetrali che s’innalzano sulla muratura di base e sorreggono le travature lignee del tetto a due falde ricoperto dai coppi. I ripiani per le piatte non hanno lasciato traccia del loro impianto perché consistevano in semplici tavoli accostati alle griglie. Una variante di questa tipologia era a pianta quadrata, con tetto a tre spioventi. Queste tipologie di caselli, tra i più antichi e ancora esistenti nell’area reggiana, hanno una supericie di 30-40 mq e le griglie sono realizzate con semplici assi di legno.
Le gelosie per ventilare La ventilazione era doppiamente necessaria: per aerare il latte in riposo, per stimolare la iamma del focolare e smaltire il fumo di combustione. Per questo motivo la muratura perimetrale presentava ampie superici traforate, le cosiddette griglie o “gelosie”, elementi divisori verticali con annessa funzione estetica che controllano eicacemente la luce, la temperatura interna ed i lussi d’aria. Queste riempivano gli spazi fra i pilastri perimetrali che s’innalzavano su di un basso muro di recinzione formando l’ossatura portante. Il controllo della temperatura interna è una condizione fondamentale nella produzione del Parmigiano Reggiano, visto che la qualità del formaggio è determinata da un’assoluta precisione della temperatura; le griglie per44
its heating for the production of cheese. he place of storage and maturing of cheese, as well as the recovery and processing of secondary products, they could be caused by factors as varied as the type of organization of dairy farming, and thus have a bin outside the toll in other adjacent buildings or seconded the compound. he distribution structure of the dairy had to be planned well in two departments, one placed on the perimeter and has plans on which were placed the “lat” (bowls containing the milk), while the other, at the base of a pillar, upheld the hearth on which hung the kettle hanging from a shelf in the square, hinged to the abutment. he dairy’s simplest type was a rectangular environment built adjacent to another building. he only boiler was leaning against one of the perimeter pillars which rise on basic masonry and hold up the wooden beams of the gabled roof covered by tiles. he shelves for colors that are not have left traces of their installation because it consisted of simple tables pushed together to grids. A variant of this type was a square plan, with three pitched roof. hese types of dairies, one of the oldest and still exist in the area, have an area of 30-40 square metres and grids are made with simple wooden planks. Louvered openings to ventilate he ventilation was doubly necessary to aerate milk into rest, to stimulate the lame of the hearth and dispose of the combustion smoke. For this reason the outer walls included extensive
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mettono così la costante iltrazione dell’aria evitando gli eccessi di calore nelle stagioni estive e favorendo una naturale acidiicazione del latte. È possibile ancora oggi trovare due tipologie di casello: accorpato e isolato. La soluzione accorpata si integra a una costruzione agricola (non ha dunque la ventilazione su tutti i lati), è generalmente a pianta quadrata ed eccezionalmente poligonale. Il casello isolato nasce per due principali motivi: permette un ideale lusso di correnti d’aria e per salvaguardarsi dal pericolo di difusione di incendi. La conformazione planimetrica di questo tipo è quadrata o poligonale. La forma quadrata, di minore estensione, è propria dei caselli più antichi ed è molto difusa nel territorio reggiano. L’impianto strutturale del casello quadrangolare isolato è costituito da pilastri portanti che s’innalzano su di un basamento perimetrale di muratura e da un pilastro centrale quadrato od ottagonale che sostiene la mensola forgiata della caldaia. Alla base dello stesso, come nella tipologia poligonale, si trova la “fornacella”, una fossa semicircolare per la combustione delimitata su due lati da un muretto a contenimento delle iamme in modo da proteggere il casaro durante la lavorazione, scavata ino ad un metro di profondità. I pilastri portanti perimetrali sono tamponati con griglie. Inizialmente composte da assi di legno, pian piano sono state sostituite con elementi in laterizio: materiale più duraturo, prodotto nell’area e ampiamente difuso.
surfaces, gratings or perforated “gelosie”, vertical dividing elements with aesthetic function that control efectively the light, the inside temperature and airlow. hese illed the spaces between the pillars edge servers that menacing on a low wall forming the backbone. Indoor temperature control is essential in the production of Parmigiano Reggiano cheese, because the quality is determined by an absolute precision of temperature; grids allow so the constant iltration of air, avoiding excess heat in summer seasons and facilitating a natural acidiication of the milk. You can still ind two types of dairy: merged and isolated. he solution integrates an agricultural buildings merged (did not therefore ventilation on all sides), is generally a square layout and exceptionally traverse. he dairy was isolated for two main reasons: it allows an ideal low of air currents and to guard against the danger of spreading ire. he planimetric shape is polygonal or square. he square shape, to lesser extent, belongs to the oldest dairies and is widespread in the province of Reggio Emilia. he structural framework of the quadrangular dairy consists of pillars which rise over a perimeter of masonry and stand by a square or octagonal central pillar supporting the shelf forged the boiler. At the base of the same, as in polygonal type, you will ind the “irebox”, a circular ditch for combustion bounded on two sides by a wall to contain the lames to protect the dairyman during processing, dug up to a meter
Interno di Casello Sesso Km vero - anno 2 - numero 3
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Casello Fontanelle di Cadelbosco di Sopra Poligonali per muoversi meglio In questi caselli lo spazio di libero movimento per gli addetti doveva essere quello compreso fra il perimetro circolare della fornacella e quello quadrangolare delle piatte, di conseguenza le azioni all’interno si svolgevano secondo un movimento rotatorio. La volontà di migliorare tale spazio, rendendolo più scorrevole e adeguato ai movimenti, fu uno dei motivi della nascita della tipologia poligonale. Un altro motivo può essere ricercato nei miglioramenti relativi all’areazione, essendo ogni facciata esposta ad almeno uno dei venti prevalenti. La forma poligonale è presente nell’alta pianura e nella zona pedecollinare del Reggiano e del Parmense. I caselli a pianta poligonale sono frequentemente ottagonali e isolati; nascono, appunto, come evoluzione architettonica di quelli quadrati a metà del XVIII secolo. Nei caselli poligonali le griglie ofrivano un’ampia varietà di forme. Le composizioni graiche che ne derivano sono molto decorative, rendendo singolare ogni ediicio. Anche la culminazione della copertura, che presenta solitamente tegole poggianti su una struttura in legno di rovere è soggetta a un’evoluzione nel tempo: ino al 1870 in alcuni caselli si potevano trovare dei comignoli per facilitare l’uscita dei gas. In caselli posteriori, si osserva anche una torretta nelle strutture quadrangolari e 46
deep. he perimeter pillars are bufered with grids. Initially composed of wooden planks, slowly were replaced with brick elements: longer lasting material, produced in the area and widely disseminated. Polygonal to move better In these dairies the space of free movement for workers had to be between the circular perimeter of the Firebox and the quadrangular washers, therefore actions within took place according to a rotating movement. he desire to improve this area, making it more smoothly and adjusted to the movement, was one of the reasons for the birth of polygonal type. Another reason may be sought in ventilation improvements, being each façade exposed to at least one of the prevailing winds. he polygon shape is present in the high plains and foothills of Reggio and Parma. Polygonal dairies are frequently octagonal and isolated; they are born as architectural evolution of those squares in the middle of the 18th century. In polygonal dairies grids were ofering a wide variety of shapes. he graphic compositions arising therefrom are very decorative, making unique every building. Also the culmination of the roof, usually presenting tiles rest on a structure of oak wood is subject to an evolution in time: until 1870 in some dairies could be
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una lanterna in quelle poligonali, dotate di griglia formata con lo stesso motivo di quella in facciata. Nei tipi di casello in qui analizzati non si riconoscono spazi ben distinti dedicati alla salatura del formaggio o alla burriicazione, perch́ queste operazioni non richiedevano strutture isse.
foundof chimneys for facilitating the exit of gases. In newer dairies is also observed a quadrangular tower structures and a lantern in those polygonal, with grid formed with the same reason as the one in front. In the dairy so far analysed do not recognize distinct spaces dedicated to cheese salting or churning, Una tecnica quasi immutata because these operations did not require ixed La procedura di lavorazione del formaggio dell’epoca è structures. la stessa utilizzata tuttora. Cambiano solo le marchiature per garantirne l’origine. Il latte della mungitura serale, versato in appositi contenitori larghi e bassi chiamati aioratori, viene lasciato riposare tutta la notte durante la quale la panna aiora naturalmente in supericie. La panna, la parte grassa del latte, viene poi utilizzata per la produzione di burro. Alla mattina viene versato nelle tipiche caldaie di rame a forma di campana rovesciata facendo molta attenzione a non far scendere anche la panna: a questo punto viene aggiunto il latte intero della mungitura della mattina. Le proporzioni di latte scremato e intero dipendono dal casaro: le scelte vengono prese in funzione del clima e del latte. Già in questa prima fase si determina la bontà del Parmigiano Reggiano. Durante questa fase viene aggiunto il caglio di vitello e il siero innesto, ricco di fermenti lattici naturali ottenuti dal siero della lavorazione del giorno precedente. Questo processo porta alla coagulazione del latte in una decina di minuti. Ora che il latte è cagliato si controlla la densità del coagulo per poterlo frammentare, cioè ridurlo in tanti piccoli granuli con un apposito strumento antico chiamato “spino”. È a questo punto che entra in scena la cottura, in grado di raggiungere i 55 gradi centigradi, al termine della quale i granuli precipitano sul fondo della caldaia formando un’unica massa.
A technique almost unchanged he procedure of the cheese of the time is the same as that used today. Only change the labels to ensure their origin. he evening milking, milk poured into large bins and downs called “aioratori”, is left to stand overnight where the cream comes naturally to the surface. he cream, milk,fat portion is then used to produce butter. he morning is poured in typical inverted bell-shaped copper kettles, taking care not to bring down even the cream: whole milk is then added the morning milking. he proportions of skimmed milk and whole depend dairyman: the choices are made depending on the climate and the milk. Already at this early stage you determine the goodness of Parmigiano Reggiano. During this phase is added calf rennet and natural whey starter, rich in natural milk enzymes obtained from serum of the previous day’s processing. his process leads to the coagulation of milk in about ten minutes. Now that the milk is curdled you control the density of blood clot in order to fragment, i.e. reduce it into many small granules with a special ancient instrument called “spino”. It is at this point that enters the scene cooking, capable of reaching 55 degrees centigrade, after which the
Casello di Reggio Emilia Km vero - anno 2 - numero 3
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Casello di S.Michele della Fossa
Dopo circa un’ora, la massa caseosa viene estratta dal casaro con l’aiuto di una pala di legno. Tagliato in due parti e avvolto nella tipica tela di lino, il formaggio viene immesso in una fascera che gli darà la sua forma deinitiva. Le forme di giornata vengono girate due volte cambiando la tela per farne perdere l’umidità. Le forme vengono contrassegnate con l’applicazione di una placca di caseina che le identiica attraverso un numero unico e progressivo. Dopo poche ore, la forma viene incisa con una speciale fascia marchiante che rilascia il mese e l’anno di produzione, il numero di matricola che contraddistingue il casello e l’inconfondibile scritta a puntini su tutta la circonferenza; a distanza di pochi giorni le forme vengono immerse in grandi vasche contenenti una soluzione satura di acqua e sale per circa 20 giorni. Con questo processo di salatura per assorbimento si conclude il ciclo di produzione e si apre quello della stagionatura. All’interno dei magazzini le forme messe a stagionare vengono disposte in lunghe ile e lasciate riposare su tavole di legno, permettendo così alla parte esterna del formaggio di asciugarsi formando spontaneamente una crosta. La stagionatura minima è infatti di dodici mesi ma può protrarsi oltre i trenta, dando al prodotto un sapore deciso e aromi complessi: ogni forma è così un capolavoro assolutamente unico che nasce dalla natura e dalla sapienza, dalla biodiversità e dalla diversità culturale. 48
granules precipitate on the bottom of the boiler to form a single mass. After about an hour, the cheese mass is extracted from the cheesemaker with a wooden paddle. Cut into two parts and wrapped in linen canvas, the cheese is placed in a mould that will give it its inal shape. he forms of the day are turned twice changing the canvasto make it lose moisture. he forms are marked by the application of a casein plaque that identiies through a unique number and progressive. After a few hours, the shape is engraved with a special headband mack issuing the month and year of manufacture, the serial number that distinguishes the dairy and the unmistakable written in dots around the circumference; every few days the cheeses are immersed in large tanks containing a saturated solution of salt and water for about 20 days. With this process of salting for absorption ends the production cycle and opens the seasoning. Within the warehouses shapes made seasoned are arranged in long rows and let siton wooden tables, allowing the cheese to dry outside spontaneously forming a crust. he minimum aging is 12 months but can last over thirty, giving the product a strong lavor and complex aromas: every form is thus a unique masterpiece that arises from the nature and wisdom, from biodiversity and cultural diversity.
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Let’s take the stock
Facciamo il punto
CARNI ROSSE: INUTILE ALLARMISMO? di Matteo Buonanno Seves - Scienze Gastronomiche
RED MEAT: WORTHLESS
SCAREMONGERING? by Matteo Buonanno Seves - Gastronomic Sciences
ed Emanuele De Falco - Scienze Gastronomiche and Emanuele De Falco - Culinary Science
Nossignori: utile avvertimento da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il dannoso allarmismo è quello alimentato dai media italiani sempre pronti a “urlare”, mai a informare. Ma non tutte le carni sono allevate nello stesso modo e, soprattutto, non tutte sono lavorate nello stesso modo. Il 26 di ottobre 2015 lo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) di Lione ha pubblicato i risultati di un progetto che racchiude in sé 800 studi da diversi paesi del mondo sull’incidenza che il consumo di carne rossa e carne rossa lavorata ha sull’insorgenza di tumori. Il problema è diventato rilevante, pur sottolineando una correlazione in un certo senso già nota, nel momento in cui la stampa ne ha ingigantito la portata, scatenando da una parte le reazioni di chi già non consumava carne, dall’altra costringendo i produttori a una difesa senza quartiere.
Traduzione di Iacopo Florio e Giulia Siffu
No sir: useful warning from the World Health Organization. This injurious psychological terrorism is fuelled by Italian media which are always ready to scream and not to report. But not all meat is raised in the same way and, above all, not all meat is processed in the same way. The 26th of October 2015 the IARC (International Agency for Research on Cancer) of Lyon has published the results of a project that contains 800 studies from different countries of the world about the effect of the consumption of red meat and reformed red meat on the onset of tumours. The problem has become significant, whilst stressing a connection in one sense already
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Carcinogenicity of consumption of red and processed meat (vol. 16 n. 16 december 2015 The Lancet Oncology; on line 26 oct. 2015: http://dx.doi. org/10.1016/S1470-2045(15)00444-1) In October, 2015, 22 scientists from ten countries met at the International Agency for Research on Cancer (IARC) in Lyon, France, to evaluate the carcinogenicity of the consumption of red meat and processed meat. These assessments will be published in volume 114 of the IARC Monographs. Red meat refers to unprocessed mammalian muscle meat—for example, beef, veal, pork, lamb, mutton, horse, or goat meat—including minced or frozen meat; it is usually consumed cooked. Processed meat refers to meat that has been transformed through salting, curing, fermentation, smoking, or other processes to enhance flavour or improve preservation. Most processed meats contain pork or beef, but might also contain other red meats, poultry, offal (eg, liver), or meat byproducts such as blood. Red meat contains high biological-value proteins and important micronutrients such as B vitamins, iron (both free iron and haem iron), and zinc. The fat content of red meat varies depending on animal species, age, sex, breed, and feed, and the cut of the meat. Meat processing, such as curing and smoking, can result in formation of carcinogenic chemicals, including N-nitroso-compounds (NOC) and polycyclic aromatic hydrocarbons (PAH). Cooking improves the digestibility and palatability of meat, but can also produce known or suspected carcinogens, including heterocyclic aromatic amines (HAA) and PAH. High-temperature cooking by pan-frying, grilling, or barbecuing generally produces the highest amounts of these chemicals. Depending on the country, the proportion of the population that consumes red meat varies worldwide from less than 5% to up to 100%, and from less than 2% to 65% for processed meat. The mean intake of red meat by those who consume it is about 50–100 g per person per day, with high consumption equalling more than 200 g per person per day. Less information is available on the consumption of processed meat. The Working Group assessed more than 800 epidemiological studies that investigated the association of cancer with consumption of red meat or processed meat in many countries, from several continents, with diverse ethnicities and diets. For the evaluation, the greatest weight was given to prospective cohort studies done in the general population. High quality population-based case-control studies provided additional evidence. For both designs, the studies judged to be most informative were those that considered red meat and processed meat separately, had quantitative dietary data obtained from validated questionnaires, a large sample size, and controlled for the major potential confounders for the cancer sites 50
Cancerogenicità del consumo di carni rosse e lavorate Nell’ottobre del 2015 ventidue scienziati provenienti da dieci paesi si sono incontrati all’Agenzia Internazionale per la ricerca sul Cancro (IARC) a Lione, in Francia, per valutare la carcinogenicità del consumo di carne rossa e carne lavorata. Queste stime verranno pubblicate nel 114esimo volume delle Monografie della IARC. Con carne rossa si intende la carne di muscolo di mammifero non lavorata (per esempio manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo o capra) includendo la carne tritata o congelata; è solitamente consumata cotta. Con carne lavorata si intende quella carne che è stata trasformata attraverso la salatura, l’insaccatura, la fermentazione, l’affumicatura o altri processi per esaltare il sapore o aumentare la conservazione. La maggior parte della carne lavorata contiene maiale o manzo, ma potrebbe anche contenere altre carni rosse, pollame, frattaglie (per esempio il fegato) o sottoprodotti della carne, come il sangue. La carne rossa contiene proteine ad alto valore biologico e importanti micronutrienti come le vitamine del gruppo B, ferro (sia il ferro eme sia il ferro non eme) e zinco. Il contenuto di grassi della carne rossa varia a seconda della specie animale, dell’età, del sesso, dell’allevamento, dell’alimentazione e del taglio della carne. La lavorazione della carne, come l’insaccatura e l’affumicatura, possono risultare causa della formazione di sostanze chimiche cancerogene, tra cui composti N-nitroso (NOC) e idrocarburi policiclici aromatici (PAH). La cottura aumenta la digeribilità e la gradevolezza della carne, ma può anche produrre agenti cancerogeni conosciuti o sospettati, tra cui ammine eterocicliche aromatiche (HAA) e PAH. La cottura ad alta temperatura saltando in padella o grigliando generalmente produce la maggior quantità di queste sostanze chimiche. A seconda del paese, la proporzione di popolazione che consuma carne rossa varia a livello mondiale da meno del 5% fino al 100%, e da meno del 2% fino al 65% per la carne lavorata. La media del consumo di carne rossa da parte di coloro che la mangiano è circa 50-100 grammi al giorno a persona, mentre il massimo del consumo è uguale a 200 grammi al giorno a persona. Meno informazioni sono disponibili sul consumo di carne lavorata. Il Gruppo di Lavoro ha stimato più di 800 studi epidemiologici che trattano la relazione tra il cancro e il consumo di carne rossa o lavorata in molti paesi, da numerosi continenti, con diverse etnie e diete. Per la valutazione, il peso maggiore è stato dato a studi di coorte effettuali tra la popolazione generale. Studi di alta qualità basati sulla popolazione hanno fornito ulteriori prove. In entrambi i casi gli studi che sono stati reputati come più esplicativi sono quelli che hanno preso in considerazione la carne rossa e quella lavora-
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Lo studio È stato l’OMS, attraverso il “braccio armato” dello IARC, a condurre questo meta-studio (ovvero l’analisi di diversi studi sul medesimo tema), il cui contenuto però non è stato ancora divulgato nella sua totalità: l’articolo più approfondito attualmente disponibile è quello qui riportato che è apparso su The Lancet Oncology. Come prima cosa l’articolo spiega cosa si intende per carni rosse: le carni derivate dall’apparato muscolare di mammiferi come i bovini, i suini, gli ovini, i caprini e gli equini. Per carni lavorate invece si intendono tutte le carni che abbiano subito una lavorazione, e quindi rientrano in questa categoria prodotti come salsicce, wurstel, insaccati, prosciutti e salumi vari. Queste due tipologie di prodotto sono state inserite, grazie ai dati forniti dagli studi in merito, in due distinti gruppi presenti nella Monografia che lo IARC redige per classificare le sostanze cancerogene. Secondo quale criterio vengono decisi i gruppi in cui inserire le diverse sostanze? Il fulcro del problema è la probabilità che una determinata sostanza induca o contribuisca a indurre il cancro, presupponendo che siano disponibili i risultati di studi di laboratorio e, possibilmente, anche studi epidemiologici sull’uomo. Le carni rosse sono state inserite nel gruppo 2A, mentre le carni lavorate nel gruppo 1. Quest’ultimo è composto da quei prodotti che sono definibili come “Cancerogeni per l’uomo”: questa categoria viene utilizzata quando c’è sufficiente evidenza di cancerogenicità nell’uomo. Eccezionalmente, un agente può essere classificato in questo gruppo quando l’evidenza nell’uomo è meno che sufficiente ma c’è sufficiente evidenza negli animali da laboratorio. L’altro gruppo invece, per riportare le parole dello IARC, è composto da quelle sostanze che sono “Probabilmente cancerogeno per l’uomo”: questa categoria viene utilizzata quando c’è limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo e sufficiente evidenza nell’animale da esperimento. In alcuni casi, un agente può essere classificato in questa categoria quando c’è inadeguata evidenza nell’uomo, sufficiente evidenza nell’animale da esperimento e forte evidenza che il meccanismo di cancerogenesi osservato negli animali
known, when the press has exaggerated the load, instigating in one hand the reaction of those who already did not consume meat, and on the other forcing manufacturers to a strongly defend themselves. The study The WHO, through the armed branch of the IARC, conducted this meta study (i.e. the analysis of several studies on the same subject), but whose content has not been disclosed in its entirety: the more complete article currently available is the one reported here which appeared on The Lancet Oncology. First of all, the article explains what is meant for red meat: meat derived from the muscular system of mammals such as cattle, pigs, sheep, goats and horses. Reformed meat, instead, is meat that have been processed, so in this category there are products such as sausages, hotdogs, hams and salamis. These two kind of products have been included, thanks to data provided by researches,
in two separate groups available in the Monography which the IARC prepares to classify cancer-causing substances. According to what criteria the groups in which to place the various substances are decided? The core of the problem is the probability that an established substance induces or contributes to induce cancer, assuming that the results of laboratory studies are available and, possibly, even human epidemiological studies. Red meat is included in group 2A, while reformed meat is in group 1. The latter is composed of those products that are definable as carcinogenic to humans: this category is used when there is sufficient evidence of carcinogenicity to humans. Exceptionally, an agent may be classified in this group when the
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concerned. The largest body of epidemiological data concerned colorectal cancer. Data on the association of red meat consumption with colorectal cancer were available from 14 cohort studies. Positive associations were seen with high versus low consumption of red meat in half of those studies, including a cohort from ten European countries spanning a wide range of meat consumption and other large cohorts in Sweden and Australia. Of the 15 informative case-control studies considered, seven reported positive associations of colorectal cancer with high versus low consumption of red meat. Positive associations of colorectal cancer with consumption of processed meat were reported in 12 of the 18 cohort studies that provided relevant data, including studies in Europe, Japan, and the USA. Supporting evidence came from six of nine informative case-control studies. A meta-analysis of colorectal cancer in ten cohort studies reported a statistically significant dose–response relationship, with a 17% increased risk (95% CI 1·05–1·31) per 100 g per day of red meat and an 18% increase (95% CI 1·10–1·28) per 50 g per day of processed meat. Data were also available for more than 15 other types of cancer. Positive associations were seen in cohort studies and population-based case-control studies between consumption of red meat and cancers of the pancreas and the prostate (mainly advanced prostate cancer), and between consumption of processed meat and cancer of the stomach. On the basis of the large amount of data and the consistent associations of colorectal cancer with consumption of processed meat across studies in different populations, which make chance, bias, and confounding unlikely as explanations, a majority of the Working Group concluded that there is sufficient evidence in human beings for the carcinogenicity of the consumption of processed meat. Chance, bias, and confounding could not be ruled out with the same degree of confidence for the data on red meat consumption, since no clear association was seen in several of the high quality studies and residual confounding from other diet and lifestyle risk is difficult to exclude. The Working Group concluded that there is limited evidence in human beings for the carcinogenicity of the consumption of red meat. There is inadequate evidence in experimental animals for the carcinogenicity of consumption of red meat and of processed meat. In rats treated with colon cancer initiators and promoted with low calcium diets containing either red meat or processed meat, an increase in the occurrence of colonic preneoplastic lesions was reported in three and four studies, respectively. The mechanistic evidence for carcinogenicity was assessed as strong for red meat and moderate for processed meat. Mechanistic evidence is mainly available for the digestive tract. A meta-analysis published in 2013 reported a modest but statistically significant association between consumption of red or processed meat and adenomas (preneoplastic lesions) of the colorectum that was consistent across studies.16 For genotoxicity and oxidative stress, evidence was moderate for the consumption of red or processed 52
ta separatamente e che hanno ottenuto dati quantitativi sulle diete tramite questionari convalidati. Inoltre avevano un ampio campione di indagine e hanno controllato i maggiori potenziali fattori di confusione. Il più grande corpo di dati epidemiologici ha riguardato il tumore del colon-retto. Dati sulla relazione del consumo di carne rossa con tale tumore sono risultati disponibili da 14 studi di coorte. Si sono viste relazioni con l’alto consumo di carne rossa in metà di questi studi, comprendendo un gruppo di studio con membri provenienti da 10 paesi europei che abbracciano un ampio raggio di consumo di carne, oltre ad altri grandi gruppi di studio in Svezia e Australia. Su 15 casi di studio considerati, sette hanno riportato relazioni positive tra tumore del colon-retto e alto consumo di carne rossa. Relazioni positive tra consumo di carne lavorata e tale tumore sono state riportate in 12 degli studi che hanno fornito dati rilevanti, includendo studi in Europa, Giappone e Stati Uniti. Le prove di ciò sono arrivate da sei dei nove studi informativi. Una meta-analisi del tumore del colon-retto in dieci studi di coorte ha riportato una relazione statisticamente significativa a livello di quantità di carne assunta, con il 17% di aumento di rischio con 100 grammi di carne rossa al giorno e con il 18% di aumento per 50 gr al giorno di carne lavorata. Sono stati resi disponibili anche dati riguardanti altri 15 tipi di cancro. Relazioni positive sono state viste in studi di coorte e studi basati sulla popolazione tra il consumo di carne rossa e i tumori al pancreas e alla prostata (soprattutto tumore alla prostata in stadio avanzato), e tra il consumo di carne lavorata e il cancro allo stomaco. Sulla base della grande quantità di dati e le consistenti associazioni del tumore del colon-retto con il consumo di carne lavorata tramite studi riguardanti differenti popolazioni (sulle quali è poco probabile che abbiano influito fattori come errori di statistica), la maggioranza del Gruppo di Lavoro ha concluso che ci sono sufficienti prove che il consumo di carne lavorata sia cancerogeno per gli esseri umani. Non si è potuto eliminare probabilità ed errori di statistica con lo stesso livello di sicurezza, invece, per quanto riguarda i dati sul consumo di carne rossa e il cancro: non è stata riscontrata una chiara associazione tra i due fattori in numerosi degli studi ad alta qualità ed errori di statistica che scaturiscono dalla presenza di altri tipi di dieta e stili di vita portano a un rischio di errore difficile da eliminare. Il Gruppo di Lavoro è quindi giunto alla conclusione che ci sono prove solo limitate della cancerogenicità del consumo della carne rossa negli esseri umani. Per le cavie animali ci sono prove inadeguate che attestino la cancerogenicità del consumo di carne rossa e carne lavorata. Nei ratti trattati con iniziatori del cancro al colon e sottoposti a dieta a basso livello di calcio contenente sia carne rossa sia carne lavorata, è stato riportato un aumento della presenza di lesioni preneoplastiche al colon in tre e quattro casi rispettivamente. Le prove concrete della cancerogenicità sono state stimate come forti per la carne rossa e moderate per quella lavorata. Tali prove concrete sono soprattutto disponibili per quanto riguarda i tratto digestivo. Una
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vale anche per l’uomo. Spesso conta soprattutto il “quanto” Prima di preoccuparsi, però, è importante sapere non solo in che lista si trova un certo alimento, ma anche quali sono i dosaggi e le durate d’esposizione oltre le quali il rischio diventa reale e non solo teorico. E questo ce lo dice l’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) che in un comunicato ufficiale ribadisce che “l’inserimento di una sostanza in una delle classificazioni di cancerogenicità vuol dire che quella sostanza può avere un ruolo più o meno rilevante nel rischio che un tumore si possa manifestare.” Ne deduciamo che, anche se una sostanza viene inserita nel
evidence in humans is less than sufficient but there is sufficient evidence in experimental animals. The other group, instead, to bring the words of the IARC, consists of those substances that are probably carcinogenic to humans: this category is used when there is limited evidence of carcinogenicity in humans and sufficient evidence in animals by experiment. In some cases, an agent may be classified in this category when there is inadequate evidence in humans, sufficient evidence in experimental animals and strong evidence that the mechanism of carcinogenicity observed in animals also can be applied to humans.
gruppo 1, ciò non implica che il suo consumo possa portare sicuramente all’insorgenza di una patologia tumorale dovuta a quell’agente. Gli studi hanno delineato una correlazione nel rischio di tumore al colon-retto del 17% se si consumano in media 100 g di carne rossa al giorno, mentre il rischio sale al 18% se si consumano 50 g di carne lavorata al giorno. Bisogna sottolineare che qui si parla di RISCHIO e che 50 g di prosciutto crudo non causano direttamente il tumore, d’altra parte mangiarne ogni giorno può aumentare la probabilità che questo si verifichi. È chiaro che una dieta sana ed equilibrata in cui la carne ricopra una parte limitata delle fonti alimentari sarà sicuramente salutare. Tra allarmismo dovuto a informazioni riportate in maniera catastrofista e interpretazioni fuorvianti, l’opinione pubblica ha reagito modificando le proprie abitudini alimentari, sicuramente a discapito della solita bistecca comprata in macelleria. Infatti, secondo i dati elaborati da IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) per Assica (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi), questa ha stimato un calo medio delle vendite nella grande distribuzione del 8,7% nella settimana dell’annuncio (26/10-01/11). I singoli prodotti
How much is what really counts Before worrying, though, it is important to know not only where a category of food is listed, but also what are the dosages and the duration of exposure beyond which the risk becomes real and not only theoretical. And this tells the AIRC (Italian Association for Cancer Research) in an official statement reiterates that «the inclusion of a substance in one of the classifications of carcinogenicity means that the substance may have a more or less important role in the risk that a tumour can arise». We conclude that, even if a substance is included in group 1, this does not imply that its consumption can surely lead to the onset of a tumour disease due to that agent. Studies have outlined a correlation of the risk of colorectal cancer by 17% if you consume on average 100 grams of red meat per day, while the risk increase to 18% if you consume 50 grams of reformed meat a day. We must emphasize that we are talking about RISK and of 50 g ham do not directly cause cancer, after all the consume of ham on a daily basis can increase this possibility. It is clear that a healthy and balanced diet in which meat covers a limited part of the food sources will definitely be healthy. In the scaremongering caused by information contained in a catastrophic and misleading interpretations, the public reacted by changing their eating habits, certainly at the expense of the usual steak bought in the butcher shop. In fact, according to data from IRI (Institute for Industrial Reconstruction) for Assica (Industrial Association meat and Salumi), this has estimated an average drop in sales in supermarkets by 8.7% in the week of the announcement (26 / 10-01 / 11). The individual products see the sausage decline of -17%, canned
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meat. In human beings, observational data showed slight but statistically significant associations with APC gene mutation or promoter methylation that were identified in 75 (43%) and 41 (23%) of 185 archival colorectal cancer samples, respectively. Consuming well done cooked red meat increases the bacterial mutagenicity of human urine. In three intervention studies in human beings, changes in oxidative stress markers (either in urine, faeces, or blood) were associated with consumption of red meat or processed meat. Red and processed meat intake increased lipid oxidation products in rodent faeces. Substantial supporting mechanistic evidence was available for multiple meat components (NOC, haem iron, and HAA). Consumption of red meat and processed meat by man induces NOC formation in the colon. High red meat consumption (300 or 420 g/ day) increased levels of DNA adducts putatively derived from NOC in exfoliated colonocytes or rectal biopsies in two intervention studies. Few human data, especially from intervention studies, were available for processed meat. Haem iron mediates formation of NOC, and of lipid oxidation products in the digestive tract of human beings and rodents. Haem iron effects can be experimentally suppressed by calcium, supporting its contribution to carcinogenic mechanisms. Meat heated at a high temperature contains HAA. HAA are genotoxic, and the extent of conversion of HAA to genotoxic metabolites is greater in man than in rodents. Meat smoked or cooked over a heated surface or open flame contains PAH. These chemicals cause DNA damage, but little direct evidence exists that this occurs following meat consumption. Overall, the Working Group classified consumption of processed meat as “carcinogenic to humans” (Group 1) on the basis of sufficient evidence for colorectal cancer. Additionally, a positive association with the consumption of processed meat was found for stomach cancer. The Working Group classified consumption of red meat as “probably carcinogenic to humans” (Group 2A). In making this evaluation, the Working Group took into consideration all the relevant data, including the substantial epidemiological data showing a positive association between consumption of red meat and colorectal cancer and the strong mechanistic evidence. Consumption of red meat was also positively associated with pancreatic and with prostate cancer.
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meta-analisi pubblicata nel 2013 ha riportato una modesta ma statisticamente significativa associazione tra il consumo di carne rossa o lavorata e adenomi (lesioni preneoplastiche) del colon-retto che era consistente in vari studi. Per la genotossicità e lo stress ossidativo le prove erano di quantità moderata per il consumo di carne rossa o lavorata. Negli esseri umani, dati di osservazione hanno mostrato leggere ma statisticamente significative associazioni tra la mutazione del gene APC o la metilazione del DNA che sono state identificate rispettivamente col 43% (75 casi) e col 23% (41 casi) di 185 campioni di archivio di cancro al colon-retto. Consumare carne ben cotta aumenta la mutabilità batterica dell’urina umana. In tre studi di intervento negli esseri umani, cambiamenti nei segni rivelatori dello stress ossidativo (sia nell’urina, nelle feci e nel sangue) sono state associate con il consumo di carne rossa o carne lavorata. Questi due tipi di carne quando consumate dai roditori hanno aumentato i prodotti di ossidazione dei lipidi nelle feci. Prove concrete sostanziali erano disponibili per molteplici componenti della carne (NOC, ferro eme e HAA). Il consumo di carne rossa e lavorata da parte dell’uomo stimola la formazione di NOC nel colon. In due studi di intervento l’alto consumo di carne rossa (300 o 420 grammi al giorno) ha aumentato i livelli di addotti al DNA che si suppone derivino dai NOC nelle cellule epiteliali esfoliate del colon o in biopsie rettali. Meno dati riguardanti l’uomo, soprattutto derivanti da studi di intervento, erano disponibili per la carne lavorata. Il ferro eme fa da mediatori per la formazione di NOC e prodotti di ossidazione dei lipidi nel tratto digestivo di uomini e roditori. Gli effetti del ferro eme possono essere sperimentalmente soppressi dal calcio e ciò supporta l’opinione che tale ferro contribuisca a meccanismi cancerogeni. La carne scaldata ad alta temperatura contiene HAA. HAA sono genotossici e l’estensione della conversione di HAA in metaboliti genotossici è più elevata negli uomini che nei roditori. La carne affumicata, cotta su una superfice scaldata o cotta a fiamma viva contiene PAH. Queste sostanze chimiche causano danni al DNA, ma esistono poche prove dirette che questo succeda dopo il consumo di carne. Complessivamente, il Gruppo di Lavoro ha classificato il consumo di carne lavorata come “cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 1) sulla base di sufficienti prove riguardanti il tumore del colon-retto. Inoltre, è stata trovata una relazione positiva tra il consumo di carne lavorata e il cancro allo stomaco. Il Gruppo di Lavoro ha classificato il consumo di carne rossa come “probabilmente cancerogeno per l’uomo” (Gruppo2A). Facendo questa valutazione, il Gruppo di Lavoro ha preso in considerazione tutti i dati rilevanti, includendo i dati epidemiologici sostanziali che mostrano una relazione positiva tra il consumo di carne rossa e il tumore del colon-retto, oltre a forti prove concrete. Il consumo di carne rossa è stato anche associato con il cancro al pancreas e alla prostata.
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vedono i wurstel calare del -17%, la carne in scatola del -14,7%, i salumi del -9,8% e la carne fresca -6,8%. Quali sono le sostanze cancerogene? L’articolo riassuntivo del meta-studio ribadisce che le lavorazioni delle carni come l’insaccatura, l’affumicatura, la stagionatura e in particolar modo la cottura, possono causare la formazione di sostanze chimiche cancerogene come i composti nitrosati o N-nitroso (NOC), gli idrocarburi policiclici aromatici (PHA) e le ammine eterocicliche aromatiche (HAA). La cottura specialmente, se avviene ad alte temperature come può essere la cottura alla griglia (per quanto riguarda la parte superficiale della carne) o in padella, può produrre la maggior parte di queste sostanze. I composti aromatici derivano dalla combustione della sostanza organica, nel caso specifico della carne: i composti azotati come la creatina e gli amminoacidi in associazione con gli zuccheri reagiscono ad alta temperatura durante la reazione di Maillard. Questa reazione nelle sue tre fasi porta alla formazione del colore bruno e del caratteristico odore di cibo cotto (pane, odore di tostato, bistecca alla griglia) ma, se avviene un eccessivo imbrunimento (esempio può essere la bruciatura della griglia sulla carne), avviene la produzione di NOC, dimostrati cancerogeni per l’uomo. I composti N.nitroso o nitrosammine sono composti organici risultati dalla reazione che porta i nitriti a legarsi a un’ammina secondaria (composto che contiene azoto legato a due gruppi R e idrogeno). L’organismo umano può formare questi composti durante la digestione delle proteine e dei nitriti. Vengono considerati dunque endogeni. Altri composti nitrosati possono essere introdotti con la dieta, con i farmaci o attraverso il fumo. Vengono considerati quindi esogeni. I nitriti e i nitrati sono dunque alla base di reazioni che portano alla formazione di composti cancerogeni. Sono però presenti naturalmente in tutti gli alimenti, di origine sia vegetale sia animale, e anche nell’acqua. Il problema può sorgere quando c’è uno smodato consumo di alimenti che contengano nitriti e nitrati come additivi, portando quindi ad aumentare la dose di questi composti che l’organismo umano riesce a sopportare provocando problemi anche seri. Salumi e insaccati sia cotti sia crudi possono contenere: nitrato di sodio o di potassio, in etichetta indicati con la sigla E251 ed E252; nitriti di
meat of -14.7%, the cold cuts of -9.8% and -6.8% fresh meat. Which are the carcinogenic substances? The recapitulatory meta-study article reaffirms that processing methods such as smoking, curing, aging and especially cooking could cause the development of chemical carcinogenic substances such as nitrous or N-nitroso (NOC) compounds, polycyclic aromatic hydrocarbons (PHAs) and heterocyclic aromatic amines (HCAs). Above all, cooking at high temperatures, i.e. grilling or panfrying, could produce the majority of those substances. The aromatic compounds derive from combustion of organic matter, and in particular from the nitrogenous compounds (creatine and amino acids), associated with sugars that react at high temperatures during the Maillard reaction. This reaction, which has three phases, concludes by giving the product the typical brown colour and the odour of cooked food (i.e. bread, grilled steak), but if there is an excessive browning (i.e. the brown lines of a grilled steak) NOCs are produced. The N-nitroso compounds, or nitrosamines, are organic compounds produced from the reaction which leads the nitrites to bond
to a secondary amine (a compound formed by one nitrogen molecule bonded to two R groups and one hydrogen). Humans can produce these compounds in the stomach during proteins and nitrites digestion, and are considered endogenous. Other nitroso compounds can be introduced by diet, medicine and tobacco, so they are considered exogenous. Therefore, nitrites and nitrates are the bases that lead to the production of carcinogenic compounds. However, they are present in all foods, both plants and animals, and in water too. The problem might arise when products added with nitrites and nitrates are excessively consumed, and the quantity of these compounds exceeds the
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sodio o di potassio, indicati con la sigla E250 ed E249. Essi svolgono alcune funzioni di carattere tecnologico. La prima funzione è quella di mantenere stabile il colore dei prodotti di salumeria formando nitrosomioglobina che dona il colore rosso vivo dei salumi stagionati; invece il colore rosa nei salumi cotti avviene per denaturazione termica, dovuta dalla cottura, della nitrosomioglobina che si trasforma in nitrosomiocromogeno. Queste sostanze durante la digestione vengono trasformate in nitrosammine e possono a lungo andare causare metaemoglobinemia, quindi l’ossidazione della emoglobina del sangue e l’arresto del trasporto di ossigeno; e possono aumentare il rischio di tumori a stomaco e colon-retto. Le altre funzioni riguardano il favorire lo sviluppo di aroma, soprattutto nei salumi stagionati e svolgere funzione antimicrobica e antisettica specialmente dei confronti del Clostridium botulinum. Possiamo però ricordare che ci sono alcuni prodotti che non utilizzano questi additivi come il Prosciutto di Parma e il San Daniele Dop, così come alcuni salami naturali il cui consumo potrebbe non apportare un aumento delle dosi consigliate di nitriti e nitrati nella dieta e quindi ridurre, probabilmente, i problemi a esso legati. Ma, se riflettiamo... Dopo i titoli allarmisti che paragonavano la carne alle sigarette e all’amianto il braccio operativo dell’OMS ha dichiarato che i risultati dello studio pubblicati da Lancet Oncology sono parziali e che quindi i dati in loro possesso non affermano la reale incidenza tra consumo di carne e cancro al colon-retto. I risultati completi saranno pubblicati a metà del 2016. È solo un intervento politico? Siamo convinti di no, anche perché la pubblicazione di questo studio ha colpito nel mucchio facendo di ogni erba un fascio: siamo certi che gli stessi dati riguardino carni allevate in modo intensivo e carni allevate in modo estensivo? E con qualsiasi alimentazione? E siamo certi che riguardino indifferentemente carni lavorate in modo naturale e carni imbottite di additivi? O stagionate e non stagionate? Noi non conosciamo ancora dove sono stati svolti gli studi, su che prodotti esattamente, su che campioni. È però ragionevole pensare che in massima parte abbiano riguardato prodotti di largo consumo e che gli studi nei paesi mediterranei, in Italia in particolare, siano una nettissima minoranza. Se ne trae la conclusione, riflettendo, che per le carni rosse il problema si sposta di 56
threshold tolerated by the human body, causing serious health risks. Both cured and processed meats might contain: sodium nitrate and potassium nitrate, indicated on the product label as, respectively, E251 and E252; sodium and potassium nitrates, E250 and E249. These compounds have some technological functions. The most important one is to maintain stable the colour of cured and processed meats by forming nitrosomyoglobin, which creates a rich red
colour, typical of aged meats. Instead, in cooked processed meats, thermic denaturation of nitrosomyoglobin causes the formation of nitrosomyochromogen which gives the meat a pink colour. This substances, during digestion, get transformed in nitrosamines and, if frequently and excessively consumed, might cause methaemoglobinaemia, therefore the oxidation of haemoglobin and the subsequent interruption of oxygen transportation, and might increase the risk of colorectal cancer too. The other functions concern the development of aromas in cured meats, the antimicrobial and antiseptic functions, the last one particularly useful against Clostridium botulinum. But we have to remember that some products, such as Prosciutto di Parma DOP, Prosciutto San Daniele DOP and several natural cured meat products, do not use these additives, so their consumption might not generate an increase of the recommended doses of nitrites and nitrates intake by the diet, and might reduce the risks linked by these compounds. But, if we think... After the dramatic headlines that compared meat to cigarettes and asbestos, the WHO’s operational arm claimed that the study results published by The Lancet Oncology were partial, and thus their data did not affirm the true incidence between meat consumption and cancer of the colon and rectum. The full results will be
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UN GIOCHETTO ILLUMINANTE Dario Brassanini in un suo articolo propone un interessante esperimento per dimostrare quanto l’informazione influisca sulla percezione del rischio. Il professore immagina di accostare cinque alimenti tra i nostri preferiti e analizzarne la cancerogenicità espressa in modi differenti. Quale reazione avremo davanti a questi dati? Saremo capaci di leggerli con le dovute cautele? Quale alimento decideremo di abbandonare? Cibo A: mangiando una porzione giornaliera di 50 grammi per tutta la vita la probabilità di ammalarsi nel corso della vita stessa si incrementa dell’1,08%. Cibo B: se non lo mangiamo mai la probabilità che ci venga il cancro è del 6%. Se ne mangiamo 50 g tutti i giorni della nostra vita la probabilità passa al 7%. Cibo C: se ne mangiamo ogni giorno 50 grammi aumenta il rischio relativo di cancro del 18%. Cibo D: causa un cancro abbastanza raro prima dei 40 anni. Dai 50 comincia a manifestarsi e raggiunge il suo picco a 70 anni. Circa un italiano su 14 ne viene colpito entro gli 84 anni di età. Cibo E: è responsabile di 37.000 morti l’anno. È il tumore più frequente in Italia, con il 14%, seguito da quello alla mammella e quello alla prostata. Quarto è il tumore al polmone. Le prime valutazioni si traggono molto velocemente: il cibo A aumenta solo di un 1% le probabilità che insorga un cancro nell’arco di tutta la vita, quindi sembrerebbe abbastanza innocuo; il B cambia la percentuale di incidenza di un uno percento, spostandola da sei a sette, quindi si rischia comunque non mangiandolo, tutto sommato il rischio lo si può correre. Il 18% del cibo C invece è più preoccupante, in fin dei conti non è un numero piccolo, mentre sul D si possono fare valutazioni diverse in base alla nostra età. Infine, l’alimento E, addirittura responsabile di decine di migliaia di morti l’anno, è sicuramente quello che saremmo più disposti ad abbandonare. Ma c’è un tranello: tutti questi dati si riferiscono a una sola categoria: salumi e insaccati. È solo il modo di esporre il medesimo dato a cambiare. “La cosa sorprendente è che stiamo parlando sempre dello stesso rischio – ammalarsi di tumore al colon-retto mangiando salumi e insaccati – ma dal punto di vista comunicativo l’effetto della percezione del rischio sul pubblico è diverso. Ed è normale che sia così: ognuno di noi decide nella vita quali rischi accettare, quali ridurre, quali eliminare (per quanto possibile) in base alle informazioni incomplete che riceviamo” conclude il professore.
AN ENLIGHTENING LITTLE GAME Dario Bressanini, an Italian chemist, popular scientist and writer, proposes an interesting experiment to demonstrate how media makes an influence in consumers’ risk perception. He imagines to compare five of our favourite products and to analyse their carcinogenicity, all expressed in different forms. Which reaction will we have in front of this data? Will we be able to read them with the adequate caution? Which food will we choose to abandon, at the end? Product A: eating a daily 50 grams serving for all our life, the chances to get sick during life itself increase by 1.08%. Product B: if we never eat it, the chances to get cancer is 6%. If we eat 50 grams per day for all our life, the chances change to 7&. Product C: if we eat 50 grams daily every day, cancer relative risk increases by 18%. Product D: causes a rather rare cancer before the 40 years of age. Form 50 starts to show and reaches its peak at 70. About one Italian out of 14 presents cancer within 84 years of age. Product E: it is responsible for 37.000 deaths per year. It is the most frequent tumour in Italy (14%), followed by breast and prostate cancer. Fourth is lung cancer. The first evaluations are fast to deduce: product A increases by only 1% the chances to have cancer during all life, so it might seem harmless; B changes its value of one percent, from six to seven, so the risk is present even if we do not eat it, so we might risk a little bit. C (18%) is more alarming, but it is still a low number, whilst different decisions might be taken, according to our age, for product D. At last, E, responsible for thousands of deaths every year, would surely be the product that we drop at the end of the experiment. But there’s a snare! All these data concern just one food category: cured and processed meats. it is simply the same result in different forms. “The surprising fact is that we are talking of the same risk – to get colorectal cancer by eating cured and processed meats – but on the communicative side, the effect of risk perception on consumers is widely different. And it is normal like this: everyone of us decides, during all life, which risks have to be accepted, reduced or deleted (if possible) according to which incomplete information we get in contact with” concludes the scientist.
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poco: l’allevamento estensivo, tendenzialmente più sano, è forse addirittura maggioritario a livello globale, pertanto il rischio tumorale dipende molto parzialmente dal modo con cui gli animali sono allevati. Piuttosto è assai dubbio che le carni bianche, per le quali incide molto di più l’intervento umano (razze industriali, tecniche di allevamento che richiedono molta chimica...), siano meno pericolose dal punto di vista del possibile insorgere di tumori. Quindi possiamo pensare che sia da limitare il consumo di qualsiasi carne. In ogni caso una carne di qualità allevata in modo sostenibile sarà sempre meno rischiosa di una carne allevata in modo intensivo perché al rischio-carne non si aggiunge il rischio dovuto a medicinali e stress dell’animale. Ma i nostri salumi... Gli studi su prodotti di largo consumo globale potrebbero fare assolvere - pur sempre purché non si ecceda in quantità - i salumi tipici italiani, in particolare quelli crudi? Abbiamo già visto l’importanza degli additivi nella cancerogenicità delle carni lavorate ed è indubbio che in Italia se ne utilizzino assai meno, spesso nessuno come in prosciutti Dop, culatelli, coppe, pancette... Poi
molti produttori, sempre di più, non utilizzano nitriti ma solo nitrati, assai meno pericolosi dei primi. Inoltre, alla superiore qualità della carne suina italiana si aggiunge una grande tradizione nella stagionatura che, se ottenuta con il lavoro spontaneo dei microrganismi autoctoni, consente forti trasformazioni nella composizione chimica delle carni magre e dei grassi che diventano assai più digeribili e addirittura dietetici. Sarà interessante verificare se carni lavorate naturali e correttamente stagionate, oltre che essere più sane da altri punti di vista, lo siano anche per una ridotta cancerogenicità. 58
published in mid-2016. It is just a political speech? We believe not, because the publication of this study hit the pile making lump everything together: we are certain that the same data relate to meat raised so intensively and extensively raised meat? And with any nutrition? And are we certain that this is related to either naturally processed meats and stuffed meat additives? Or cured and not cured? We don’t know yet where the studies were carried out, exactly on which products, on which sample. However, it is reasonable to think that for the most part they have focused on consumer products and that studies in the Mediterranean countries, in Italy in particular, have a very clear minority. In conclusion, reflecting, for red meat the problem shifts slightly: extensive farming tends to be healthier, perhaps is even the majority globally, so the cancer risk is very dependent in part on the manner in which animals are raised. Rather, it is highly doubtful that white meat, for which affects much more human intervention (industrial breeds, breeding techniques that require a lot of chemistry...), are less dangerous from the point of view of the possible onset of tumours. So we can think that the consuming quantity of any meat must be limited and reduced. In any case a good quality meat, sustainably raised, will always be less risky than a meat raised intensively, because the meat-risk would not be added to the one correlated to medicines and animal stress. But our cold cuts... Studies on large global consumer products might fulfill - always provided that you do not exceed in quantity - the Italian cured meats, especially raw ones? We have already seen the importance of the additives in the carcinogenicity of reformed meat and is no doubt that in Italy they use much less used, often not even used like in DOP prosciutto, culatello, coppa, pancetta... Then, more and more manufacturers, are not using nitrites but only nitrates, far less dangerous than the first. In addition, to the superior quality of Italian pork, is added a great tradition in the seasoning which, if obtained with the spontaneous work of native microorganisms, allows marked changes in the chemical composition of lean meats and fats that become far more digestible and even dietetic. It will be interesting to see whether natural processed meat and properly cured meat, beyond being healthier from other points of view, present a reduced carcinogenicity.
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Itinerari del gusto
A tavola con Monet Dining with Monet By Marianna Ceci – Sciences of Architecture Traduced by Iacopo Florio
di Marianna Ceci - Scienze dell’Architettura
“Per i suoi numerosi invitati – Clemenceau, Renoir, Pissarro, Durand-Ruel – e naturalmente per i suoi familiari, tagliava lui stesso a tavola la selvaggina, gli arrosti e il pollame. L’unico foie gras che apprezzava era quello alsaziano, e quanto ai tartui preferiva quelli del Périgord. Adorava il pesce, soprattutto i lucci delle sue peschiere. Possedeva un orto molto curato e aveva una vera passione per le erbe e le piante aromatiche, gli ortaggi del Midi della Francia, e i funghi prataioli che faceva raccogliere, con delicatezza, all’alba. […]... una cucina semplice, borghese e saporita.” (Joel Robuchon, chef, 1989). 1874, Parigi, Boulevard des Capucines n°35, alcuni giovani artisti (Monet, Degas, Ćzanne, Pissarro, Renoir, Sisley...) le cui opere erano state ripetutamente riiutate dalle principali e prestigiose esposizioni uiciali (i Salons), decisero di organizzare una mostra alternativa dei loro lavori. L’unica sede espositiva adatta alle loro tasche fu quella messa a disposizione dal fotografo Félix Nadar. La mostra si risolse in un vero e proprio fallimento. L’unica nota di rilievo fu che, grazie a tale esposizione, fu deciso il nome con il quale il gruppo di artisti sarebbe
“Per i suoi numerosi invitati – Clemenceau, Renoir, Pissarro, Durand-Ruel – e naturalmente per i suoi familiari, tagliava lui stesso a tavola la selvaggina, gli arrosti e il pollame. L’unico foie gras che apprezzava era quello alsaziano, e quanto ai tartui preferiva quelli del Périgord. Adorava il pesce, soprattutto i lucci delle sue peschiere. Possedeva un orto molto curato e aveva una vera passione per le erbe e le piante aromatiche, gli ortaggi del Midi della Francia, e i funghi prataioli che faceva raccogliere, con delicatezza, all’alba. […]... una cucina semplice, borghese e saporita.” (Joel Robuchon, chef, 1989). 1874, Paris. In Boulevard des Capucines n°35, some young artists (Monet, Degas, Cézanne, Pissarro, Renoir, Sisley…) whose paintings had been constantly left out from the main and most prestigious expositions (the Salons), decided to organize an alternative exhibit of their own works of art. he most afordable exhibition centre available was Félix Nadar’s, and the show turned out to be a failure, but in that place they decided their name, with which they made history. In fact, by looking at Monet’s painting Impression,
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poi passato alla storia. Infatti in quell’occasione il critico Louis Leroy, osservando il dipinto di Monet Impressione, sole nascente lo stroncò scrivendo che “una carta da parati al suo stato iniziale è più riinita di questa marina” e concluse la sua recensione chiamando gli artisti con l’appellativo derisorio di “impressionisti”. Claude Monet, uomo simbolo di questo movimento artistico, nasce a Parigi il 14 Novembre 1840 e muore il 16 Dicembre 1926 a Giverny, un piccolo e tranquillo villaggio agricolo a ovest della capitale francese, nella valle della Senna. Questa sua ultima dimora possedeva numerose
Sunrise, the art critic Louis Leroy wrote that “wallpaper in its embryonic state is more inished that that seascape” and inished the review calling those artists “impressionists”. Claude Monet, symbol of this artistic group, was born in 1840 on the 14th of November in Paris, and died in 1926 on the 16th of December in Giverny, a small and quiet farmers’ village placed in the valley of the Seine, just a little north-west from Paris. His house there was composed on numerous dépendances: cellars for wine and food supplies, warehouses and depots. But the artist had two sacred places, the kitchen and
dépendances: cantine per le provviste e il vino, capannoni e rimesse. Ma i due “luoghi sacri”, a cui Monet diede tutte le attenzioni, furono la cucina e l’atelier. La romantica casa rosa ricoperta di edera nasconde all’interno colori chiari, tendenzialmente pastello, per le pareti ad eccezione della sala da pranzo che, dipinta in giallo cromo chiaro e poco più scuro, si afaccia su una stanza blu. Le stanze sono un gioco di sfumature ben studiato da Monet, è una sapiente progressione di colori che parte dal blu cobalto, dal rosso vivo e dal bianco. La cucina splende di un bel blu chiaro laccato che copre i muri e il soitto, in armonia con le piastrelle blu di
the atelier, where he gave his all attentions. hat romantic pink house, covered with ivy, presents on the inside walls pastel, pale colours except for the dining room, coloured in chrome yellow, which brings to a blue room. All the colours and their shades in the rooms, studied by the artist, are a progression of colours which starts from cobalt blue to go to bright red and white. he kitchen sparkles with resin-washed bright blue which covers the walls and the ceiling. his kind of colour matches with the commonly used blue tiles of Rouen in the majority of the kitchens of the valley of
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Rouen comuni a tutte le cucine della regione, così come è comune di questa zona piastrellare anche i camini. Ebbene sì, il più grande artista dell’epoca amava la buona tavola quasi quanto la pittura e del mangiar bene ne faceva l’abitudine di una vita se non una preoccupazione costante, anche se non metteva mai mano a una casseruola o piede in cucina. La sveglia suonava presto, prima ancora che sorgesse il sole, e la tavola lo accoglieva con uova alla pancetta, salsiccette alla griglia, formaggio olandese o Stilton, fette di pane tostato con la marmellata d’arance o il tè; una robusta colazione per una lunga giornata. Solo dopo aver udito due colpi di gong, la numerosa famiglia e gli ospiti presenti quel giorno sarebbero arri-
the Seine, traditionally used to tile the chimneys as well. So one of the best artists of that period loved good food as much he loved painting, he took the good eating seriously as part of a habit of life and sometimes as a constant concern, even if he had never touched a pan nor went into the kitchen. His days were spent painting and having good healthy meals. He used to wake up before sunrise and used to ind on the table eggs with bacon, grilled sausages, Stilton or Dutch cheese and melba toast with orange marmalade or tea; a rich breakfast suitable for a hard, long day. At 11:30AM, after the two gongs hit, the copious
vati nella luminosa sala decorata dalle amate stampe giapponesi per il pranzo delle 11.30, momento di distensione molto apprezzato a cui tutti tengono in modo particolare. Monet era abbastanza inlessibile sull’orario e impaziente di mettersi a tavola, doveva approittare della luce migliore per lavorare alle sue tele pomeridiane! Il suo lavoro verrà interrotto solamente alle ore 19.00 da altri due gong che annunciano la cena, inconcepibile senza minestra. Seguita poi da uova o formaggio, quindi la portata principale, il “piatto forte”: pollame, un piatto al gratin o carne fredda, un’insalata, del formaggio. Per la sera non veniva mai preparato un nuovo dessert: o si terminava quello del pranzo o sulla tavola venivano servite
family and guests gathered in the bright room decorated with his beloved Japanese paintings, a place that everyone loved to be in while relaxing. Monet was very strict about the timing of the meal and was impatient to eat, he had to take advantage of the right light for his afternoon paintings! After, his work was interrupted by other two gongs, at 7:00pm, which announced dinner, unthinkable without a soup as appetizer. It was followed by eggs or cheese, and afterwards the main course was presented: poultry, cold meat or a gratin preparation, followed by a salad and some cheese. he dessert had never been prepared for dinner, the choice was the one to inish
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ciliegie, prugne o pesche al naturale accompagnate da un biscuit o da un po’ di pane di Genova che in cucina non mancava mai.
the dessert left from lunch, or were served cherries, peaches or plums accompanied by a biscuit or by a Genova bread, which was never missing in the kitchen.
Il giardino e l’orto
he yard and the vegetable garden
Pur essendo la natura incantevole, Monet e Alice (Madame Hosched́) trovarono il giardino di Giverny in una situazione di abbandono. La loro cura e il loro rigore lo trasformarono in una vera e propria oasi di pace. La loro casa viene avvolta così in un mantello di colori quasi quanto lo è un quadro dell’artista: rose, cappuccine, tulipani, ninfee si rilettono nello specchio d’acqua attraversabile grazie al famoso ponticello giapponese. Monet aveva una sorta di culto per le erbe aromatiche e le materie prime, che dovevano essere fresche e di stagione. Curava l’orto in un angolo dell’adorato giardino con l’aiuto di Florimond. Infatti il suo personale aveva compiti ben precisi: Marguerite regnava sulla cucina, Félix sul giardino, Sylvain sulla cantina, l’atelier e soprattutto le automobili, Paul sulle molte missioni di iducia relative alla casa e al giardino e Florimond sull’orto. Esso si estende per un ettaro circondato da mura dalla parte opposta del giardino iorito, gode della stessa esposizione molto soleggiata ed è strutturato a “terrazze” come si usa nel Midi della Francia. La spontaneità che si può trovare nel giardino dei iori qui è vivamente sconsigliata: un ordine rigidamente geometrico, passaggi rettilinei per permettere un lavoro razionale, rapido, da eseguire con la minor fatica possibile.
When Monet and Alice (Madame Hoschedé) went to the house in Giverny for the irst time, they found garden abandoned. heir care, attention and strictness totally transformed it in an oasis of delights. herefore, their house got covered by a rich layer of colours as much as his paintings: roses, nasturtiums, tulips and water lilies relect themselves on the pond, made crossable thanks to the famous Japanese bridge. Furthermore, Monet had a cult about aromatic herbs and raw materials, that had to be fresh and seasonal. He took care of the vegetable garden, which was placed in a corner of the yard, with the help of Florimond. In fact, all his staf had very speciic jobs: Marguerite was the keeper of the kitchen, Félix cared about the garden, Sylvain about the cellars, the atelier and the automobiles, Paul was the one taking care of the house businesses and Florimond, as said before, helped in the vegetable garden. he vegetable garden has an area of one acre, it is divided by walls from the lower garden, it is oriented in order to have a lot of sunlight during the day and it is structured in terraces, a usual practice in the middle of France. he spontaneity on which is based the lower garden
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Lungo i muri più esposti troviamo alberi di pere decane e meli per “raccogliere le renette” necessarie alla preparazione della tarte Tatin. In un orto gli alberi devono essere pochi, quindi troviamo ciliegi di Montmorency a picciolo lungo e corto, qualche albero di dorate prugne Regina Claudia e Mirabelle Petite per la frutta dell’acquavite e le “composte” di Marguerite. I frutti e gli ortaggi sono di ogni genere, dato che ovunque andasse Monet acquistava semi e piante per arricchire il suo orto. La parte più protetta, organizzata a terrazze, è riservata alle colture dei frutti delle zone del sud. Vi scopriamo pomodori di tutti i tipi (rossi, gialli e a ciliegia) il carciofo Vert de Provence da mangiare crudo e giovane, la melanzana, i peperoni, la paprica dolce, le zucchine di Nizza.
had not been replied in the vegetable one: geometric designs, straight lines and passages were needed to optimise and rationalise all the work that had to be done to maintain the garden. Alongside the most exposed walls there were Decana pear trees and apple trees which are needed to prepare the traditional Tarte Tatin. Other trees were present: Montomorency cherries both with short and long stalk, Regina Claudia and Mirabelle Petite golden plums to produce brandy and for Marguerite to make her compotes. Monet was so passionate about fruits and vegetables that he used to buy seeds and plants to enrich his heterogeneous garden. he most windshielded zone of the garden hosted the typical
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Monet esige che si raggruppino insieme, come vuole una consuetudine antichissima, gli ortaggi da radice, da foglia, da bulbo e da chicco. Insomma, un ordine ineccepibile regna ovunque per merito di una precisione e di un rigore degni di una pianta topograica.
Tra manie e ritualità Come chiunque, Monet aveva delle abitudini, delle preferenze e qualche mania curiosa: a tavola tagliava lui stesso la selvaggina, il pollame e gli arrosti di qualsiasi genere. Per le anatre, aveva elaborato un proprio cerimoniale: dopo aver tagliato le ali, le cospargeva di noce moscata, pepe macinato e sale grosso prima di farle passare sulla griglia rovente. Per quanto riguarda le insalate, che si tratti di cicoria servita con aglio e crostini, di denti di leone con il lardo o di portulaca, Paul (suo domestico personale) gli presentava il cucchiaio da portata che Monet riempiva di pepe macinato e sale grosso, immergendo il tutto in olio da olive e poco aceto di vino. Monet amava il vino robusto, un Borgogna indicato da Pissarro, un Bordeaux scoperto da Durand-Ruel, ma non disdegnava i vini meno altisonanti della Loira o il vino un po’ ruvido di Chanturgue. Dopo pranzo il cafè veniva servito nel salone-atelier seguito dal rituale dell’acquavite di prugna preparata in casa e oferta nei bicchierini tondi provenienti dalla Norvegia. Monet non cacciava, ma adorava la selvaggina e soprattutto le pernici, per quanto non disdegnasse la beccaccia, il che comunque non gli impediva, alla vista di certi pâté in crosta, di certe terrine di coniglio selvatico o di anatra di intonare spesso: “A tavola, a tavola, a tavola, mangiamoci questo piccioncino che è buono solo quando è caldo...” 64
vegetables of the southern part of Europe: several kinds of tomatoes (cherry, red, yellow), the Vert de Provence artichoke, to eat young and raw, eggplants, peppers and Nizza courgettes. Monet, following an old tradition, demanded to divide the plants in root, leaf, bulb and grain vegetables. Between manias and rituality Monet, as any of us, had habits, preferences and some curious manias: once at the table he used to carve the meat, usually game, and in particular poultry and roasts of any kind. He even had a real etiquette about ducks: after he removed the wings, he used to season them with ground nutmeg, pepper and coarse salt and then grilled them. As regards salads, his personal butler Paul used to give him his spoon, in which he put ground pepper and salt and then toss it into some olive oil and vinegar. he artist enjoyed strong red wine, in particular a Burgundy suggested by Pissarro, a Bordeaux discovered by Durand-Ruel, but didn’t disdain some less famous vines produced in the Loira region or some rougher ones from Chanturgue. After lunch Monet usually got served with cofee in the atelier, followed by some brandy served in some round glasses coming from Norway. He didn’t use to hunt, but he loved game and particularly partridges. At the sight of some pâtés, bowls of wild rabbit or ducks, he always exclaimed: “Meal is ready, meal is ready, meal is ready, let’s eat this squab until it is still hot…”
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Giorni di festa
Holidays
Solamente i menù appena più curati e attenti ai gusti degli ospiti diferenziavano i giorni di festa da quelli normali; la mise en place era sempre rainata e deliziosamente semplice come ogni giorno. Per il giorno del compleanno, il 14 Novembre, gli uomini della casa si erano disputati l’onore di uccidere per Monet la beccaccia che, diversamente dagli altri animali selvatici, non si guasta e chi se ne intende la preferisce frollata, ma forse non frollata al punto che apprezza l’artista: in casa sua veniva lasciata appesa in cantina per quattordici giorni, dopodiché veniva spiumata e arrostita in forno. Paul, il cameriere, la presentava a tavola accompagnata da un grande canapè. Monet la vuotava, spalmava le interiora sul canapè e si deliziava. Per questo pranzo la beccaccia doveva essere della casa, e infatti tradizione voleva che per l’occasione non si ordinasse mai selvaggina nei negozi. Altri due erano i piatti di rito: un grosso pesce (un luccio o un rombo) e un dolce tanto bello da vedersi quanto buono da mangiarsi, il Vert-Vert, una torta al pistacchio rivestita di glassa al fondente verde. Il pranzo più bello era quello di Natale, eccezionale perché alle ore 12.00. La casa era in festa, i servizi più belli, i cristalli, l’argenteria erano tutti ben sistemati sulla tovaglia delle grandi occasioni. I iori regnavano al centro e i “cartoncini” ai posti dei bambini. Il menù dapprima prevedeva uova strapazzate ai tartui o rana pescatrice all’americana e, come voleva la tradizione, il foie gras tartufato in crosta arrivato da Strasburgo, seguito dai capponi tartufati e farciti su un letto di marroni e di tartui del Périgord, serviti con una purea anch’essa di marroni. Un’allegra insalata di valeriana novella rompeva la solennità di questi piatti, seguita da gorgonzola o Roquefort. Il dolce tanto atteso era il Christmas Pudding circondato da rum e con altrettanto rum innaiato e iammeggiato fra le grida di ammirazione di tutti. A concludere il banchetto arrivava il gelato alla banana che sembrava zucchero ilato. Invece il cafè con il successivo rito dell’acquavite, della grappa e dei liquori delle isole, veniva servito come sempre nel salone-atelier.
During the holidays the menus were slightly more cured and aware of the guests’ preferences; the mise en place was always elegant and simple as every day. On the 14th of November, his birthday, the males of the house take the honour to kill the woodcock for the artist. Diferently from other game, the woodcock doesn’t get ruined very fast, and the gourmands prefer it hung until high, but not everyone as much as Monet: he used the leave it to hung for fourteen days, then it got plucked and roasted in the oven. Paul presented the bird accompanied by a big canapé (a slice of white soft bread without crust). Monet emptied the woodcock, spread the entrails on the canapé and started to enjoy it. For this special occasion the woodcock had to come from the house, and so they never ordered one from the shops. here were two other dishes always prepared for this day: a big ish (pike or rumble ish) and a dessert which was as beautiful as it was tasty, the Vert-Vert, a pistachio based cake covered with a green chocolate frosting. he most astonishing lunch was at Christmas, and it always started at 12:00pm. he whole house was cheering, the most precious sets were used, and the silverware was disposed on the table, covered with a wonderful tablecloth. he colourful lowers were put in the centre of the table. he menu was composed of scrambled eggs with trules or monkish cooked with tomato sauce, garlic and chili pepper, and as the tradition says, a crusted truled foie gras from Strasburg, followed by trule stufed capons laid on a placemat made of chestnuts and Pèrigord trules, accompanied by a chestnut cream. After this savoury dishes a spring bennet salad was served, followed by Gorgonzola or Roquefort. he dessert served was the Christmas Pudding, surrounded by and sprinkled with rhum which was then put on lame among the surprised shouts of all the guests. To close the meal, some banana icecream that seemed cotton candy was served. hen the usual cofee and brandy was consumed in the atelier.
Fo daio Claude Mo et è aperto tui i gior i dal arzo al o e re i luso dalle . alle : ; : uli o i gresso
Claude Mo et Fou daio is ope e eryday fro the th of Mar h to the st of No e er i luded fro : AM to : PM; last ad issio : PM.
.fo daio - o et. o
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Le ricette di casa Monet Monet’s House Recipes Beccaccia in casseruola
Woodcock casserole
I g edie i pe pe so e 2 beccacce ben frollate, non svuotate e spiumate 50 g di burro 2 scalogni 1 dl di vino bianco 1 limone
Ingredients for 4 persons 2 woodcocks well hung, plu ked ot e pied g ute 2 shallots 1dl white wine 1 lemon
Dividiamo in due le beccacce tenendo da parte le i te io a. Meia ole in casseruola con burro già caldo e cuociamole a fuoco molto vivo per un quarto d’ora. Aggiungiamo gli s alog i t itai, ezzo i hie e di i o ia o, il su o di u li o e e le i te io a a pezzei. Cuo ia ole a o a pe u a de i a di i ui.
Cut in half the bird keeping the entrails. Put them in the casserole alo g ith hot ute a d ook the at high la e for 15 minutes. Add the shallots, wine, lemon juice and the e t ails ut i litle pie es. Co i ue ooki g fo more minutes and serve.
Rana pescatrice all’americana
American Style Monkish
I g edie i pe pe so e Una coda di rospo di almeno 800 g Olio extra vergine d’oliva 1 dl di vino bianco secco 1 bicchierino di Madera azzeto di odo i os a i o, sal ia, p ezze olo o anche dragoncello e maggiorana) 2 scalogni 1 dl di passata di pomodoro 1 cucchiaino di paprica dolce in polvere 1 cucchiaino raso di paprica piccante in polvere farina sale e pepe
Ingredients for 4 persons g o kish extra virgin olive oil 1dl white wine dash Madeira sprig of herbs (rosemary, sage, parsley or tarragon and majoranam) 2 shallots 1dl tomato sauce 1 teaspoon sweet paprika 1 teaspoon hot paprika lou salt and pepper
Di idia o il pes e i uat o t a i e i fa i ia oli. Meia oli i u a asse uola o olio già aldo e fa iaoli olo i e da e t a i i lai; aggiu gia o gli s alog i t itai, il azzeto gua ito, le pap i he e il i o ia o. Saliamo e pepiamo. Lasciamo cuocere a fuoco basso per qualche minuto. Aggiungiamo la passata di pomodori insie e al Made a. P oseguia o la otu a i h il pes e, s hia iato o u u hiaio, o e ete più li uido a a o a elasi o. “e ia o i t a i di pes e i o dai di iso pilaf u po’ speziato, il tuto ospa so di salsa.
Cut the ish i fou sli es a d lou the . Put the i a casserole with hot oil and brown them on both sides; then add the diced shallots, the sprig of herbs, paprika and white wine. Add salt and pepper. Let cook at low la e fo a ouple of i utes. Add the to ato paste a d the Madei a. Co i ue ooki g u il the ish, he p essed ith a spoo , does ’t elease jui e a d is elasi . Serve the slices accompanied by spiced pilaf rice with the sauce on top.
Genoa Bread (Pain de Genés) Pane di Genova I g edie i pe / pe so e: g di zu he o a elo 250 g di mandorle 5 uova 66
Ingredients for 6/8 persons g u salted ute , sote ed , g o fe io e ’s suga 5 eggs 225gr ground almonds Km vero - anno 2 - numero 3
100 g di farina 125 g di burro la s o za g atugiata di u li o e 1 bicchiere da liquore di kirsch
30ml kirsch , g up lou , g sited o fe io e ’s suga opio al g sli e ed al o ds opio al
Fa ia o fo de e il u o a e a, eia olo i u a te i a, aggiu gia o lo zu he o. La o ia o il tuto pe e de lo e oso. “e za s ete e di es ola e, i o poriamo le uova intere una dopo l’altra. Riduciamo le a do le i pol e e i e, aggiu gia ole alla pasta o il ki s h e la s o za di li o e. U ia o la fa i a pe uli a. I u ia o u a to ie a alta, e sia o i la pasta e uoia o i fo o a °C pe i a i ui.
Grease a shallow 8-inch cake pan. Preheat the oven to °. C ea the ute i a o l a d eat i the suga , eai g u il the i tu e is ea . Co i ue eai g ell ate ea h addiio . Beat i the g ou d al o ds ith the ki s h. Fi all , add the lou a d eat ell. Pou i to the p epa ed pa a d ake fo i utes o u il golde . If desi ed, sp i kle ith the sited o fe io e ’s sugar and top with slivered almonds.
Tarte Tatin
Tarte Tatin
I g edie i pe u a to ta da / pe so e: 250 g di farina 00 400 g di burro 1 tuorlo pizzi o di sale ele e ete g di zu he o se olato g di zu he o a elo
Ingredients for 6/8 servings g lou g ute 1 egg yolk 1 pinch salt Re ete apples 120gr caster sugar g o fe io e ’s suga
Taglia o il u o a pi oli pezzi. Disponiamo 250 g di farina a fontana, eia o al e t o g di zu heo, il sale, il tuo lo e ezzo i hie e d’a ua iepida, i pasia o il tuto, poi 250 g di burro. Stendiamo con il ata ello a di spesso e e las ia o iposa e u ’o a, poi passia o a o a al ata ello i o a ote e e u a pasta dello spesso e di ezzo dito. Peliamo le mele, eliminiamo il torsolo e tagliamole a o delle, eia ole i u o sta po a asta za alto o il esta te u o tagliato a pezzei e lo zu he o a elo. Copriamo con la pasta. Facciamo cuocere in forno preis aldato a ° C pe i ui o i o a do atu a della pasta. Rovesciamo lo stampo prima di servire.
Cut the ute i s all pie es. La the lou shaped as a ol a o, put 100gr of caster sugar, salt, the yolk and half a glass of warm water; knead the i a d add g of ute . Use the olli g pi to late the dough at 3-4cm of thickness and let sit fo hou , the late the dough agai u il it ea hes , of thi k ess. Halve and core apples. Set in a high pan mixed with the e ai i g ute a d the o fe io e ’s suga . Cover with the dough; place it in preheated oven at °C fo i utes o u il the dough o s. Flip the pan before serving.
Vert-vert
Vert-vert
I g edie i pe u a to ta da / pe so e:
Ingredients for 6/8 servings
Pe la to ta ase: 4 uova g di zu he o 125 g di farina 60 g di burro ½ limone g di pista hi sgus iai 4 cucchiai da minestra di kirsch
Fo the ake: 4 eggs 150gr caster sugar g lou g ute ½ lemon 50 gr pistachios 4 tablespoons kirsch
Pe il e de di spi a i: 3 manciate di spinaci freschi
Fo the spi a h g ee : 3 handfuls fresh spinaches Km vero - anno 2 - numero 3
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Pe la e a ai pista hi: g di pista hi sgus iai 2 cucchiai di minestra di kirsch 50 g di burro u hiai i da af di e de di spinaci g di zu he o 2 uova 2 tuorli u hiai i da af di fa i a i hie e di late
Fo the pista hio ea : 100gr pistachios 2 tablespoons kirsch g ute 2 teaspoons spinach green 100gr caster sugar 2 eggs 2 egg yolks teaspoo s lou 1 glass milk
Pe la glassa: g di zu he o 2 cucchiai da minestra di glucosio u hiai i da af di e de di spinaci 1 limone
Fo the f osi g: 600gr caster sugar 2 tablespoons glucose 2 teaspoons spinach green 1 lemon
Pe il e de di spi a i: s ia hia o gli spi a i pe u i uto i a ua olle te; passia oli al seta io pe otee e u a pu ea e de pe olo a e sia la p epa azio e ai pistacchi sia la glassa. Pe p epa a e la glassa eia o a fo de e i u a asse uola a fuo o a asta za i o lo zu he o s iolto i i hie i d’a ua. Du a te l’e ollizio e e ii hia o a i te alli il pu to di otu a: lo s i oppo de e uo e e i o allo stadio del ilo g osso , io ste de si i u ilo spesso. Qua do lo zu he o uasi oto, aggiu gia o il glucosio e il verde di spinaci. Su un piano di marmo legge e te u to e sia o uesto fo de te , appiaiamolo con una spatola di legno e versiamoci sopra il succo di limone. Teniamo al fresco coperto con un telo umido i atesa di uilizza lo. P epa ia o u i pasto o i pista hi pestai el o taio, il kirsch e il burro ammorbidito, coloriamo con il verde di spi a i. I u a te i a, la o ia o lo zu he o o uo a i te e e tuo li, poi, se za s ete e di es ola e, aggiu gia o la fa i a e il late. Ris aldia o la is ela quindi incorporiamo la pasta di pistacchi. Teniamo la crema in fresco. “ aia o le uo a pe la to ta o lo zu he o i u a asse uola posta a ag o a ia o ta do i o a he il composto non raddoppia di volume; quindi aggiungiamo la fa i a seta iata, i pista hi s i uzzai, il ki s h, il u oa o idito e la s o za di ezzo li o e g atugiata i o po a do gli i g edie i le ta e te o u a spatola di leg o. Meia o a uo e e i fo o a / ° C pe i ui. Ve ii hia o la otu a e toglia o dal fo o, o es ia o il dol e e las ia olo af edda e. Tagliamo il dolce ricavandone tre dischi. Spalmiamoli con la e a. Ri osituia o il dol e, eia olo i f es o, poi i esia olo o la glassa lis ia do la supe i ie o la spatola. n 68
Instructions Fo the spi a h g ee : Bla h spi a hes fo o e i ute i hot ate , the sift it i o de to ake a g ee pu e to olou the pistachio cream and the frosting. Fo the f osti g: Melt the sugar in 2 glasses of water at medium-high flame in a casserole. While boiling verify the sugar s up at egula ti es: it has to ook u til the so alled filo g osso stage. Whe the s up is al ost cooked, add glucose and spinach green. On a slightly greased marble table pour the blend, flatten it with a wooden spatula; pour lemon juice on top. Put it aside in a fresh place covered with a humid cloth. Prepare a dough made of smashed pistachios, kirsch and melted butter, colour with spinach green. In a bowl, mix the sugar with 2 eggs and 2 yolks; then add milk and flour continuing stirring. Heat the blend, then add the pistachio paste. Keep the cream in the fridge. Beat the eggs fo the ake ith the suga i a o l put at bain-marie mixing until it doubles its volume; then add the sifted flour, the smashed pistachios, kirsch, butter. Add then lemon peel and gently mix with a wooden spatula. Put in oven at 130/140°C for 30 minutes. Check the appropriateness of the cooking, remove from the oven, flip the cake and let cool. Cut the cake in order to have 3 disks. Spread them with the cream. Rebuilt the cake, put it in the fridge, then cover it with the frosting smoothing the surface with a spatula.
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At the forefront
In primo piano
Lardo di Colonnata… esigente come Michelangelo
Lard of Colonnata… demanding such as Michelangelo by Luca Tonelli Faculty of Food Sciences and Technologies
di Luca Tonelli Scienze e Tecnologie Alimentari
Da un piccolo borgo della Garfagnana la storia di un salume antico, nato più per necessità che per piacere e oggi parte dell’orgoglio culinario italiano nel mondo: ma la sua bontà dipende dallo stesso marmo pregiato che il grande artista veniva a scegliersi personalmente sulle Apuane. E dev’essere ancora più puro e ancora più bianco.
From a Garfagnana small village the history of a cured pork, known more for necessity rather than for pleasure and today one part of the Italian culinary pride around the world: but its quality depends on the same valuable marble which the great artist came personally to choose in the Apuan Alps. And it must be even more pure and more white.
Arriviamo a Carrara, città di mare che ne esempliica alla perfezione tutte le caratteristiche: l’immediato odore di salsedine, i turisti in movimento, i commercianti a ogni angolo e, in generale, quel clima di gioia e spensieratezza che da sempre accompagna i luoghi di villeggiatura. La voglia di una giornata in costume tra sabbia e acqua salata per un istante c’è, ma oggi la meta non è il mare: orientandoci fra le caotiche strade del centro, se-
We arrive to Carrara, a seaside town which perfectly explains all its features: the immediate smell of saltiness, tourists moving, the shopkeepers in every corner and, generally, that athmosphere of joy and happiness which you can always ind in holiday resorts. For a while we wanted to wear our swinsuits on the sand and in the salt water, but today our destination is not the sea: we go through the chaotic streets of the centre of the city, we
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guiamo i cartelli che ci portano nell’entroterra, verso montagne imponenti quali sono le Alpi Apuane, verdi e ricche di natura viva come non ci immaginiamo quando, dall’autostrada, ne scorgiamo perlopiù le grige rocce con le ferite delle cave. La nostra meta è Colonnata, alla scoperta del suo famoso lardo. La distanza è breve, ma la strada è di quelle tipiche di montagna: stretta e impervia, tutte curve. In un primo momento ci accolgono rigogliosi e imprevisti boschi di querce e castagni, poi ecco che compaiono, in quasi a sostitire del tutto l’ombroso verde dei boschi, la cave di marmo, il vero oro di queste montagne. Cave, cave una di seguito all’altra, rigorosamente numerate (siamo arri-
follow the signals heading us to the mainland, towards the imposing mountains such as the Apuan Alps are, green and rich of a lively nature such as we imagine it from the highway, we mostly see the grey cut rocks of the quarries. Our destination is Colonnata, to discover its famous lard. he distance is short, but the road is that one typical of mountains: narrow and rough, all bends. In a irst moment we see some unexpected and luxuriant oak trees and chestnut trees, then here they are, so strongly that they take the place of the shady green of the wood, the marble quarries, the true gold of these mountains. Quarries, one quarry followed by the other one,
vati oltre la 200), bianchi e immensi disegni geometrici scolpiti nella montagna; di fronte a un simile spettacolo non ci accorgiamo nemmeno dei quindici minuti necessari per arrivare alla meta. Il paese è piccolo, arroccato su uno sperone di roccia, facendo due passi tra i viottoli capiamo immediatamente come il fulcro dell’economia locale sia costituito dal lardo: quasi ad ogni casa notiamo infatti una larderia con annesso un negozio per la vendita diretta. Ne visitiamo una per scoprire questo magico mondo antico… Il lardo di Colonnata, tutelato dalla IGP, deriva dai tagli adiposi della schiena del maiale che vanno dalla ragione occipitale ino alle natiche e lateralmente alla pancetta. Ciò che lo caratterizza non è certo l’origine dei suini da cui deriva (che possono arrivare da allevamenti di ogni
rigorously numbered (we are already at number 200), white and huge geometrical signs sculpted on the mountains; in front of such a wonder we do not care about the fact that we have spent already ifteen minutes to reach our destination. he village is small, sheltered on a spur of rock, we walk few minutes in the narrow streets and we immediately understand that the centre of the local economy is constituted by the lard: almost in every house we observe a lard centre with a shop to buy it directly. We visit one of them to discover this magic ancient world… he lard of Colonnata, granted by IGP, comes from the cuts done on the lard of the pork back which goes from the occipital bone to its buttocks and on the sides
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regione del nord e centro Italia escluse Liguria e Val d’Aosta) ma la zona e il metodo di produzione: può essere prodotto infatti soltanto nel paese di Colonnata e con un metodo preciso e inalterabile.
of belly. he main feature is not at all the origin of the porks from where it comes from (they can arrive from every breeding of every region in the North and Centre of Italy excepted Liguria and Val d’Aosta) but the area and the method of production: it can be produced Sale e ataviche conoscenze therefore only in the village of Colonnata and with a Dalle carcasse dei maiali si ricavano dei tagli rettango- precise and unchangeable method. lari, dalle dimensioni variabili ma con spessore mai inferiore ai tre centimetri che devono essere lavorati entro le 72 ore dalla macellazione. Vengono innanzitutto massaggiati manualmente con una miscela di sale, pepe nero macinato, rosmarino, salvia, aglio a pezzetti, successivamente vengono deposti nelle caratteristiche vasche di marmo qui deinite conche. Ogni conca deve prima essere stroinata con aglio e spezie, viene poi ben disteso uno strato del preparato usato per massaggiare il lardo, quindi uno strato ben accomodato del lardo stesso, quindi si procede alternando la concia e i pezzi di lardo ino al completo riempimento della conca. Questa viene poi chiusa con un coperchio anch’esso in marmo. A questo punto inizia la stagionatura che deve protrarsi per almeno di sei mesi ma può giungere anche a un anno in un ambiente poco areato e senza condizionamenti forzati. Durante questo periodo di tempo il lardo rilascia, a causa del prolungato contatto col sale, un liquido che va a costituire la salamora (denominazione locale 71
Salt and ancient knowledges From the carcasses of the porks you take some rectangular cuts, from the dimensions that vary but with a thickness never inferior to three centimetres that they must be prepared in 72 hours time from the butchering. First of all they are manually massaged with a mix of salt, ground black pepper, rosemary, sage, garlic cut into small pieces, later on they are put in some marble tanks, here they call them conche. Every conca has to be polished with garlic and spices, then a layer of what has been prepared to massage the lard is put at the bottom of it, therefore a well-prepared layer of the same lard, later you go on alternating the tanning with the pieces of lard until the conca is full. his one is later on closed with a marble lid also. From this moment on the seasoning starts and it has to long at least during six months but it can also goes on during one year in an area with no much air and with
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per la comune salamoia); compito del produttore è veriicare il corretto livello del liquido e integrarlo con una soluzione di acqua e sale qualora non sia suiciente. È proprio il salke, infatti, l’ingrediente essenziale per dare al lardo le sue peculiari caratteristiche aromatiche e gustative. Tale è il legame con la tradizione locale che anche i tempi per la lavorazione sono obbligatoriamente issati tra maggio e settembre al ine di sfruttare il periodo dell’anno più favorevole sia per le temperature sia per l’umidità dell’ambiente.
forced conditionings. During this period of time the lard releases it, because of the long contact with salt, a liquid which will constitute the salamora (local denomination for the common brine); the task of the producer is the verify the right level of the liquid and to integrate it with a solution of salt and water whenever it is not enough. he salt itself, therefore, is the essential ingredient to give the lard its peculiar aroma and smell features. Such is the connection with the local tradition in a way the also for the working times it is obliged to ix them between May and September in order to proit Ma non basta seguire le regole the part of the year the most favourable as well for the Per un grande l’arte seguire il disciplinare non basta: temperature than for ambient air humidity. nel tempo si è ainato un mestiere che richiede una particolare sensibilità che fa parte del DNA dei lardari di Colonnata: se da una parte sono speciicate le sostanze che devono comporre il preparato per la stagionatura, nulla è indicato a proposito del loro rapporto percentuale, rapporto che viene lasciato alla libera scelta dei singoli produttori i quali lo custodiscono gelosamente. E ognuno di loro mantiene pure il segreto sull’eventuale di altre spezie quali coriandolo, cannella, chiodi di garofano e via dicendo. Ma soprattutto è fondamentale la capacità del produttore di mantenere un livello ideale di salamoia ricostituiendola quanto e quanto necessario. Tutte queste variabili fanno sì che ogni larderia produca un lardo leggermente diverso dalle altre con proprie peculiari caratteristiche organolettiche.
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But to follow the rules is not enough In order to create some quality art works it is not enough to be disciplined: over time it has been improving a job which demands to be very sensitive which is part of the lard producers of Colonnata: if from one side the substances used to compose the preparation for the breeding are speciied, nothing is told concerning their percentage average, average which is on the free choice of every single producer who keeps jealously it. And every one of them keeps also the secret about an eventual addition of other spices like the coriander, cinnamon, clove oils and so on. But especially it is essential the skill of the producer to keep an ideal level of brine reconstituting it when it how and when it is necessary. All these varables let that every lard producers produces a larg a little bit diferent than the other ones with its own peculiar organoleptic features.
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Perché Colonnata?
Why Colonnata?
Questa è la domanda che sorge spontanea ammirando le tipiche case in pietra e i viottoli in selciato: come può un paesino così piccolo e un tantino isolato aver dato vita e mantenuto nel tempo uno dei salumi più caratteristici del panorama italiano? Fondamentale è il collocamento geograico, sia per l’altitudine di circa 540 m.s.m. sia per il posizionamento: Colonnata è incassata tra i monti al termine di un canalone rivolto verso il mare. Questi due fattori fanno sì che le correnti d’aria marina condensino immediatamente causando precipitazioni abbastanza frequenti e intense; l’efetto diretto nel lungo periodo è un’elevata umidità atmosferica. A ciò si aggiungono inoltre brezze giornaliere durante tutto l’anno (brezze marine d’estate e montane d’inverno), il che permette di avere temperature estive non eccessive e, soprattutto, un ridotto sbalzo termico sia tra il giorno e la notte sia tra le diverse stagioni. Sono queste le condizioni ambientali fondamentali per una corretta maturazione del lardo.
his question seems to be a spontaneous one admiring the typical wooden houses and the narrow cobbled surface streets: how can a so small village and a little bit isolated one having creating and keeping over time one of the cured porks the most characteristical of the Italian panorama? It is fundemental the geographical location, as well thanks to the altitude of almost 540 m.s. m. than for the location: Colonnata is in the middle of the mounts at the end of a big channel faced to the sea. hese two factors let that the sea current airs immediately get condensed causing some enough frequent and intense precipitations; over a long period the direct efect is an high air humidity. You have to add to that also the daily breezes all over the year ( marine sea breezes on summer and mountains breezes on winter) , which allows to have not too much hot summer temperatures and, especially, a small change of temperature as well during day time than in night time and in all seasons. hese are the environmental fundemental conditions to keep correctly the lard.
Non marmo qualsiasi, ma Bianco Carrara
Not a simple marble, but Bianco Carrara one
Un ruolo almeno altrettanto importante lo giocano le conche che possono essere a taglio unico o in più pezzi ma sempre e solo in marmo, e non uno qualsiasi, ma in marmo bianco dei Canaloni, un complesso di cave leggermente a ovest di Colonnata, da cui si estrae una tipologia di marmo molto particolare che è il Bianco Carrara. La caratteristica unica di questo marmo è l’elevato grado di purezza del carbonato di calcio che lo compone, è infatti privo di ogni traccia di altri sali di carbonio, nonché di silicati, cloruri, solfati ecc. Tale uniformità compositiva è causa, a livello molecolare, di un reticolo cristallino or-
A very important role is played by the basins that can be one block way or into more pieces but always and only in marble, and not whatever, but the white marble of the Canaloni, a complex of quarries a little bit to the West of Colonnata, from which we take a typology of marble very particular which is the Bianco Carrara. he unique feature of this marble is the high level grade of pureness of calcium carbonate which is composed of, it is therefore with no trace at all of other salts of carbonate, nor or silicate, chloride, sulfates etc. Such composing uniformity is the cause, on a molecolar level, of a crystaline and compact
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dinato e compatto, il che si traduce a sua volta, a livello macroscopico, in un marmo microporoso, con bassa sensibilità alle escursioni termiche, con basso coeiciente di assorbimento verso i liquidi e con un favorevole coeiciente di scambio coi gas da e verso l’atmosfera: tali elementi inluenzano in modo determinante le caratteristiche del lardo una volta stagionato.
mixt, which translates itself into in its turn, on a macroscopic level, into a microporous marble, with low sensitiveness to the changes of temperature, with low coeicient of absorbing the liquids and with a favourable coeicient of exchange with the gases from and towards the athmosphere: such elements inluence in an efective way the features of the lard once it has been breeded.
Un prodotto nato tra fatica e povertà
A product created in poorness and hard work
Si potrebbe ora pensare che siano suicienti le ragioni che rendono unica Colonnata e il suo lardo, in realtà ci si rende conto, parlando con gli abitanti del posto, che stiamo trascurando un aspetto apparentemente secondario ma che è risultato decisivo anche per l’assegnazione dell’IGP nel 2003: il contesto storico-culturale. Non è ben chiara infatti l’epoca in cui è nato il lardo di Colonnata (gli storici dibattono ancora oggi se si debba iscrivere al periodo romano o a quello medioevale), di certo invece ci sono le ragioni di fondo che hanno portato alla sua nascita: la povertà del paese in periodi passati e le condizioni di estrema durezza cui erano sottoposti i cavatori, e non parliamo solo dei secoli lontani perché certe situzioni sono migliorate solo poche decine d’anni fa. La miseria, insieme all’isolamento del luogo, facevano sì che in paese venisse consegnata carne di maiale periodicamente e solo su richiesta dalle città vicine (Aulla, Sarzana, Carrara), il problema era che dalla lavorazione delle carni rimanevano come scarto un’elevata quantità di grasso e cotenna. Si capisce quindi come ben presto si pensò a una soluzione che consentisse di utilizzare e conservare per lungo tempo queste parti. Il lardo stagionato nacque così, sfruttando l’abilità dei macellai del paese e le risorse che metteva a disposizione il territorio. Il suo impiego nel tempo poi non andò mai perso “grazie” all’attività dei cavatori, che avevano necessità, dato il grande sforzo isico a cui erano sottoposti, di un cibo altamente energetico me che sempre disponibile e che non richiedesse tempo per essere preparato: la pagnotta con lardo a fettine e, a volte, pomodoro e cipolla svolgeva appieno il suo compito, dando loro sostentamento per tutta la lunga giornata.
We could think that the reasons making Colonnata and its lard unique are suicient, actually we realize that, talking with the inhabitants of that place, we are neglecting a secondary aspect at a irst look but which is the decisive result also for the appointment of IGP in 2003: the historical-cultural context. As a matter of the fact it is not clear the time when the lard of Colonnata has been creating (the historics talk yet today about if it has to be assigned to the Roman time or the Middle Age one), for sure there are real reasons that have let it be created: the poorness of the village in the past and the very hard conditions to what the quarry workers had to face, and we are not talking about only some centuries ago because some situations have been improving only since almost ten years ago. he misery, together with the isolated place, let that the village was furnished only few times with pork meat and only demanding it to the near other towns ( Aulla, Sarzana, Carrara), the problem was that when they worked on the meat some pieces composed of a high quality of fat and rind remained. We understand therefore that very soon they thought of a solution which allowed to use and to keep for longtime these parts. he breeded lard was created so, proiting of the skill of the butchers of the village and to the resources that the territory made available. Its use over time then it was never lost “thanks” to the activities of the quarry workers, who needed it, because of the big eforts they did, to a highy energetic food but always available and which demanded not too much time to prepare it: the small bread with cut lard and, some times, tomate and onions was the ideal solution, giving them strength during all day.
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Ma va gustato qui
But it has to be tasted here
Poi, come accade sempre più spesso, un cibo di sussistenza è diventato un prezioso prodotto di nicchia, complici... le regole sanitarie comunitarie spesso più burocratiche che funzionali alla sicurezza alimentare. L’uniformazione delle regole all’interno dell’Europa, se ha portato più chimica anche in Italia, dove le norme erano più restrittive, ha portato anche una standardizzazione degli ambienti, sempre più uniformati a quelli necessari in un’industria ma che rischiavano di impedire la produzione di molte tipicità territoriali legate a materiali e ambienti, spesso per consentire il rapporto indispensabile con una flora microbica attiva responsabile delle caratteristiche organolettiche del prodotti. Ebbene, le regole comunitarie non consentivano il marmo come contenitore. O perlomeno questa era l’interpretazione di autorità sanitartie più realiste del re e il timore dei gourmet. Ne nacque una vivace diatriba che giunse pure ai media nazionali e si provvide, come per tanti altri prodotti, a inserire il lardo di Colonnata tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali, strumento che inizialmente nacque proprio per ottenere le deroghe sanitarie. L’ottenimento successivo dell’Indicazione Geografica Protetta ha poi risolto tutto dal punto di vista della ricetta pur se molti avrebbero voluto anche una più restrittiva origine dei maiali. Ora il lardo di Colonnata gira il mondo: è sempre un
hen, as it always happens, a livehood food has become a precious niche product… complices the health communitaries rules often more admistrative rather than functional related to food security. he uniformity of the rules within Europe, if it has brought more chemistry to Italy, where the norms were more restrictive, it has also brought a standard level of each ield, always more uniforming the necessary ones in an industry but they forbade the production of many territorial typicalness related to some materials and ields, often to allow the essential link with the microbial active lora responsible of the organoleptic features of each product. Well then, communities rules did not allow marble to be a container. Or at least this was the interpretation of the very pragmatic health authorities and the fear of the gourmets. A diatribe was created which came also to national medias and the result was that, like for many other products, to insert the lard of Colonnata into the Traditional Food and Agriculture Products, a tool which was exactly created in order to obtain the special health dispensations. he achieved goal later on was the Protected Geographical Indication which has solved then everything from the point of view of the recipe even if many people would have wanted also a more restrictive origin of the porks. Nowadays the lard of Colonnata goes around the world: it is always an
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eccellente prodotto, intendiamoci, ma quello sottovuto sui banchi di vendita non è neanche lontanamente simile a quello affettato e gustato appena tolto dalla conca. Molti ristoratori, infatti, si sono pure muniti di piccole conche. È un passo avanti, ma solo assaggiandolo qui, a Colonnata, ci possiamo rendere conto di quanto questo lardo sia davvero qualcosa di eccezionale.
excellent product, let’s understand each others, but vacuum-pack one in the shops is not at all similar to the sliced one and tasted as soon as it has been caught from the basin. Many restaurateurs, for this reason, have bought some small basins. It is a progress, but only tasting it here, in Colonnata, we can realize how this lard is something very exceptional.
Quando la scienza avalla la tradizione
When Science guarantees Tradition
Co e il Bia o Ca a a può i lue za e a tal pu to il la do da fa sì he essu ’alt a ipologia di a o possa esse e usata pe ost ui e le o he? Nu e osi studi s ie ii i el te po ha o spiegato il fe o e o. L’isola ilità te i a o u e a tui i a i, a a i ata alla i opo osità del Bia o Ca a a ha u efeto i ale te u i o: i fai o solo o t i uis e i odo esse ziale al a te i e to del p odoto a u a te pe atu a osta te, a i aso di legge i au e i di te pe atu a dell’a ie te o u ue se p e p ese i elle stagio i esi e e elle o e e t ali del gio o le o he si o po ta o o e u e o e p op io o po f eddo, fa o e do il o de sa e to dell’u idità at osfe i a sulla supe i ie este a e fa ilita do di o segue za la t asfo azio e del sale i sala oia al lo o i te o. L’alt o fato e fo da e tale lo s a io di gas o l’at osfe a: le o he a he u a olta hiuse o a te go o u a o pleta a ae o iosi, a s a ia o ossige o e CO o l’a ie te ea do al lo o i te o u a o dizio e di i oa eo iosi assa o e t azio e di ossige o esse ziale pe la stagio atu a.
Ho a the Bia o Ca a a i flue e so deepl the la d letti g it e that o othe t polog of a le a e used to o st u t the asi s? Nu e ous s ie es esea hes o e ti e ha e e plai ed this happe i g. The te i isolatio is o o to all a les, ut li ked ith the i opo osit of Bia o Ca a a has a u i ue dou le effe t: as a atte of the fa t it does ot o t i ute o l i a esse tial a to keep the p odu t o the sa e te pe atu e, ut i ase of s all i eases of ai te pe atu e a ho al a s p ese t du i g su e seaso s a d i the e t al hou s of the da the asi s a t like a eal old od , letti g the at osphe e hu idit to e o de sed o the e te al su fa e a d helpi g the t a sfo atio i to i e ithi as a o se ue e. The othe fu da e tal fa to is the e ha ge of gas ith ath osphe e: the asi s e e o e losed do ot keep a o plete a ae o isis ut the e ha ge o ge ith Co ith the field eati g ithi a o ditio of i oae o isis lo o e t atio of o ge esse tial fo the eedi g.
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L’ossige o a ia i fai u a sig ii ai a lipolisi a a i o degli a idi g assi del la do he o o du e pe ò, o e do e e atu al e te a e i e, alla lo o o pleta ossidazio e; uesto pe h l’efeto dell’O ila iato i di eta e te dall’a id ide a o i a, la uale ausa u a pa ziale solu ilizzazio e del a o ato di al io CaCo del a o sale he sa e e di pe s i solu ile i a ua he passa do i sala oia dete i a u a i oal ali izzazio e dell’a ie te i te o alla o a e u a esto della eazio e ossidai a. “i e go o ui di ad a e e a idi g assi a ate a più o ta sta ili hi i a e te e ole ole di atu a aldeidi a, he so o le p i ipali espo sa ili delle a ate isi he ote a o ai he e gustai e; tuto iò se za a i a e all’i a idi e to ossidai o delle ate e di a idi g assi. U ulte io e efeto dello io e a o ato CO ella sala oia uello di id olizza e pa te degli a idi g assi e ausa e u a eazio e di sapo ii azio e he o fe is e al p odoto i ale u a o siste za più plasi a e u gusto più o ido. I i e il asso oei ie te di asso i e to e so i li uidi del Bia o Ca a a fa sì he le o he si a te ga o el te po i o ete o dizio i igie i he e o a e ga o s a i di ate ia soto fo a di pol e i o p e ipitai di a o di alt e sosta ze i deside ate t a a o e la do. Appa e e ide te, ui di, l’i po ta za di u pa i ola e ipo di a o pe la ost uzio e delle o he o h l’i possi ilità di usa e alt i ate iali i ua to a iaio e plasi a, se e e più fa ili da igie izza e i aso di e essità ese pio dopo u ’e ata stagio atu a , so o o duto i di alo e. La se o da, poi, se o t atata o pig e i pe e de la s u a, a he t aspa e te alla lu e pote te p o-ossida te . I olt e p ese ta a he l’i o e ie te della essio e di sosta ze el te po. Lo stesso p o le a ha o il et o e il leg o. Quest’uli o, poi, a he di dii ile dete sio e e pa i ola e te esposto al dete io ae to el te po pe l’ele ato oei ie te di asso i e to dei li uidi.n 77
The o ge sta ts the efo e a effe ti e liposis to a ds the a id fats of the la d hi h does ot lead to as it atu all should happe , to thei o plete o datio ; this e ause the effe t of O is i di e tl ala ed ith the a o d o ide, hi h p o okes a pa tial solu ilit of the al iu a o ate CaCo of the a le salt i solu le itself i the ate hi h ei g i the i e dete i es a i oalkali e p o ess of the field ithi the asi a d a stop of the o idati e ea tio . We ha e the efo e so e a id fats i a s alle hai sta le o a he ist le el a d so e ole ules of aldeh de atu e, that a e the ai espo si le of the a o a a d taste featu es otes; o dati e d i g up of the hai s of a id fats. A othe effe t of the a o ate io i the i e is that of h d ol se a pa t of the a id fats a d to ause a ea tio of soap hi h gi es a o e plasti taste a d a s eete taste to the fi al p odu t. Lastl the lo oeffi ie t of a so i g the li uids of Bia o Ca a a lets the asi s e kept o e ti e i good h gie i o ditio s a d o e ha ges of ateial happe o dust o pa t of a les eithe othe i desi a le su sta es et ee a le a d la d. It is e ide t, the efo e, the i po ta e of a pa ti ula t pe of a le to o st u t the asi s a d o eo e also the i possi ilit to use othe ate ials e ause steel a d plasti , e e if easie to lea i ase of eed fo e a ple afte a o g eedi g , the a e o du to s of heat. The se o d o e, the , if it is ot t eated ith so e pig e ts to let it e da k, it is also t a spa e t to the light p o-o idati g po e . Mo eo e it has the i o e ie t of e iti g so e su sta es o e ti e. The sa e p o le fo glass a d ood. This last o e, the , it is diffi ult to lea up a d pa ti ula l e posed to e dete io ated o e ti e fo the high oeffi e t of a so i g li uids. n
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Da sapere
To know
AUGURI E FIGLIE FEMMINE!
I WISH OU TO HAVE ONLY DAUGHTERS!
di Alice Rossi - Laurea magistrale in Scienze Gastronomiche
by Alice Rossi – Degree in Gastronomy Sciences
di Lorenzo Bandinelli - Scienze Gastronomiche
Oggi sappiamo che gli ftalati, usati per rendere lessibile la plastica sono molto pericolosi: cancerogeni, epatotossici, dannosi per gli occhi..., persino capaci di intervenire sulla virilità. Eppure per anni chi ha comprato olio in bottiglie di plastica se li è mangiati perché sono solubili nell’olio. Quante sorprese ci riserverà in futuro l’abuso, o addirittura l’uso, di questo materiale inesistente in natura? Come spesso succede in ambito salutistico, è difficile capire cosa può realmente arrecarci un danno: siamo abituati a vederci prima venduto con entusiasmo un prodotto e, solo dopo, essere allertati della sua tossicità. Qualcuno ha mai sentito parlare di ftalati? Sono plastificanti, ovvero composti chimici capaci di mantenere morbide alcune plastiche (PVC). Li ritroviamo in molti prodotti cosmetici, in alcune stampe, nei giochi per bambini e di frequente nei settori edilizio e medico. Ma ciò su cui vorrei focalizzare l’attenzione è la loro presenza nelle pellicole per alimenti e nei sacchetti, a diretto contatto con il cibo che poi consumiamo. In uno studio effettuato nell’università di Rochester e pubblicato nel 2009 su International Journal of Andrology, si prendevano in esame donne alla 28a settimana di gravidanza, alle quali venivano esaminate le concentrazioni di ftalati 78
by Lorenzo Bandinelli – Faculty of Gastronomy Sciences
Nowadays we know that phtalates, used to let plastic be more flexible are very dangerous: carcinogenic, harmful for the livers, harmful for the eyes…, either able to intervene on virility. Nevertheless for years who has been buying oil in plastic bottles has eaten them because they can be solved into oil. How many surprises will reserve the abuse, or even the use, of this material which does not exist in nature in the future? As it often happens in health field, it is difficult to understand what can be really dangerous for us: we get used to see people let us sell a product with enthousiasm and, only later on, be warned about its toxicity. Has someone never heard about phtalates? They are plastifying , which means that they are chemistry composed able to keep soft some plastics (PVC). We found them in many cosmetic products, in some printings, in
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nelle urine. L’anno successivo tali soggetti venivano chiamati a compilare questionari volti a individuare il grado di mascolinità dei figli, basando le domande sulla scelta dei giochi di questi ultimi. Risultato? E’ stata riscontrata una correlazione positiva tra alte concentrazioni di ftalati nelle urine delle madri e preferenze per giochi più femminili dei rispettivi figli maschi. Pare che tali composti influenzino la produzione di testosterone. Un altro studio americano pubblicato su Environmental Health Perspectives nel 2005, mostra come bambini di età compresa tra i 12 e 36 mesi, le cui madri presentavano durante la gestazione alte concentrazioni di ftalati nelle urine, mostrassero una diminuzione della normale distanza ano-genitale, un’incompleta discesa dei testicoli e uno sviluppo inferiore delle dimensioni del pene! Risulta ormai evidente un legame tra la presenza di ftalati nell’organismo e disfunzioni dell’apparato riproduttivo maschile. L’Autorità come ha risolto la questione dopo ben 50 anni dominati dall’uso di tali composti? Nel 2005 è stata recepita la Direttiva 2005/84/ CE che prevede il divieto della distribuzione di giocattoli o prodotti per l’infanzia con una concentrazione di ftalati superiore allo 0,1%. Ulteriori provvedimenti vietano la presenza di ftalati in pellicole per alimenti a contatto con prodotti a base di grassi e ne limitano la concentrazione a un massimo del 5% nelle altre. E, infine, alcune industrie hanno elaborato e lanciato nel mercato pellicole PVC-Free. Alcuni sostengono che tali sostanze siano altamente degradabili nell’ambiente, altri invece ne accusano il ritrovamento a distanza di tempo; c’è chi ne assicura l’incapacità di accumularsi nell’organismo e chi sostiene l’esatto contrario; altri ancora rassicurano che le concentrazioni nelle plastiche per alimenti sono troppo basse per nuocere. E il consumatore cosa deve dedurre da tutte queste informazioni contrastanti? Speriamo solo che le limitazioni previste per legge si dimostrino realmente sufficienti a evitare rischi alla salute. Ma la risposta, noi comuni mortali, potremo averla probabilmente solo tra altri 50 anni. Nel frattempo, tanti auguri e figlie femmine!
children toys and frequently in the building and health fields. But I would like to pay attention on their presence in some food film packaging and in some plastic bags, directly in contact with the food we later eat. In a study done at the University of Rochester and published in 2009 on the International Journal of Andrology, some women in their 28th week of pregnancy were examined, the concentration of phtalates was examined in their urines. The next year these subjects were called to fulfill some questionnaires aimed to identify the level of masculinity of their sons, basing the questions on the choices of games of these last ones. Result? It has been found a positive link between the high concentration of phtalates in mothers’ urines and the preferences for more female games of the respective male sons. It seems that these composers influence the presence of testosterone. Another American study published on Environmental Health Perspectives in 2005, it shows like children aged between 12 and 36 months, whose mothers present during pregnancy high concentrations of phtalates in their urines, they presented of the normal anus-genital distance, an incomplete testicular descent and an inferior development of the dimensions of the penis! It seems really evident a link between the presence of phtalates in the organism with the wrong functions of the reproductive male system. How the Authority has been solving this problem after not less than 50 years dominated by the use of such composers? In 2005 it has been received the Rule 2005/84/ CE which prevents to forbide to sell some toys and children products with a concentration of phtalates superior to 0,1%. Other actions forbide the presence of phtalates in some food films directly in contact with fats products and they limit the concentration to a maximum of 5% in the other ones. And, at least, some industries have created and lauched some PVC-Free fims to be sold. Some people support that such substances are highly degradable in the environment, on the other hand some others accuse to find them again long time later; there is someone who is sure that they cannot be cumulated in the environment and who supports the exact contrary; some others yet
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Meno plastica, più salute... nostra e dell’ambiente
Less plastic, more health… ours and environment one
“Conto su di te per salvare una trota sofocata da una plastica idiota...”, così recita una delle più belle canzoni di Adriano Celentano, datata 1982. Quanta immondizia non degradabile si è accumulata da allora? Quante mucche sono morte sofocate da sacchetti verdi come l’erba? Ma non prendiamocela con manovratori globali, multinazionali o governi vari: noi possiamo scegliere cosa e, soprattutto, “in cosa” comprare. Oltretutto è iglia del petrolio.
“ I count on you to save a sufocated trout by an idiot plastic…” , this way one of the most beautiful Adriano Celentano’s song plays, aged 1982. How much undegradable rubbish has been cumulating since then? How many cows have been dying sufocating by some plastic bags green as the grass? But do not be angry with global operators, multinationals or various governments: we can choose what and, especially, “in what” we buy. Moreover it is oil’s daughter.
I paesi del Medio e Vicino Oriente sono stati vittime e carneici dei più grandi e inluenti conlitti odierni. Eccidi e guerriglie sono all’ordine del giorno in altri paesi produttori di petrolio. Numerose sono le variabili che hanno determinato il veriicarsi di tali eventi nefasti, i cui output si ripercuotono a livello globale: vi sono conlitti religiosi, contese territoriali, guerre motivate da interessi economici e commerciali. Ma tutti questi fattori di rischio sarebbero esplosi in modo così drammatico se il potere derivato dal petrolio non li avesse alimentati? Certo, la bandiera nera del petrolio è spesso agitata come capro espiatorio di tutti i mali del mondo ma davvero a torto? Senza adottare una visione assolutamente deterministica, è nota l’ampiezza del suo coinvolgimento in tali dinamiche . Oltre alle contese belliche a esso connesse, è necessario considerare i suoi impatti ambientali, anch’essi il risultato di una guerra, i cui contendenti sono l’avidità e la presunzione dell’uomo contro la natura: esplorazioni sismiche, perforazioni, danneggiamento di ambiente e fondo marino, distruzione e variazione di ecosistemi, efetto serra e riscaldamento globale generato dalla combustione dell’oro nero. Le esternalità negative di questo mix letale di acqua e idrocarburi sono molteplici, e ciò è particolarmente evidente per la plastica, prodotto della sua rainazione. Colline di plastica sono emerse nelle distese di Ulan-Bator, distese di bottiglie, buste e contenitori galleggiano per miglia e miglia nell’Oceano Paciico, mentre i deserti arabi osservati da una prospettiva aerea sono per lunghi tratti un mosaico desolante di sacchetti colorati. Di fronte a queste drammatiche realtà, la prima reazione sarebbe quella di puntare il dito scandalizzati contro un unico colpevole, o contro coloro che governano il mondo. Invece, benché in diversa misura, siamo tutti colpevoli. Gli slogan non sono più suicienti, è necessario avviare una rivoluzione individuale e personale. Chiunque può contribuire al miglioramento della situazione cambiando le proprie abitudini di consumatore, boicottando qualora possibile la plastica a favore di acciaio, vetro, terracotta, ceramica, recandosi a far la spesa con contenitori propri e privilegiando prodotti freschi e sfusi piuttosto che quelli confezionati. L. B.
he countries of the Middle and Near East have been victims and executioners of the biggest and most inluent today wars. Massacres and guerrilla warfares are a very common thing in other countries producing oil. Numerous are the variables that have determined these bad events to happen, whose outputs overwhelm on a global level: there are some religious wars, territory battles, wars justiied by economic and business interests. But all these risky factors would have been explosed in a so dramatic way if the power come from oil had not supplied them? Of course, the black lag of oil is often used as a scapegoat for all bad in the world but is it really wrong? Without adopting an absolutely deterministic vision, it is known the huge place it takes being involved in such dynamics. Besides the war battles linked with it, it is necessary to consider its environmental impacts, themselves also the result of a war, whose contenders are greed and presumptuosness of human being against nature: seismic earthquakes, perforations, damages of sea bed environments, destruction and variation of ecosystems, greenhouse efect and global warming generated by black gold combustion. he negative externalities of this fatal mix of water and hydrocarbons are multiple, and this is particular evident for plastic, product of its oil reining. Hills of plastic have emerged from the Ulan-Bator expanses, expanses of bottles, bags and containers loat over miles and miles in Paciic Ocean, while the Arab deserts observed from a plane perspective are for long parts a distressing mosaic of coloured bags. In front of these dramatic realities, the irst reaction would be that one of to point our inger at an unique culprit being shocked, or against those who rule the world. On the contrary, even if in a smaller level, we are all guilty. Slogans are no more suicient, it is necessary to start an individual and personal revolution. Everyone can help to improve the situation changing his/ her habits as a consumer, boycotting whenever possible plastic in favour of steel, glass, terracotta, ceramic going to market with his/her own containers and favouring some fresh and unpacked products rather than the packaged ones. L.B.
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XI° Campionato Italiano del Salame© EDIZIONE 2016 CAMPIONATO ITALIANO DEL SALAME
Siamo in attesa della conferma del Patrocinio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali già concesso nelle precedenti edizioni.
L’AccAdemiA delle 5T organizza l’undicesimo concorso nazionale per premiare i migliori salami d’Italia, non solo più buoni e genuini, ma anche più coerenti con la tradizione del loro territorio.
OBieTTiVi del cONcORSO: monitoraggio dei prodotti autentici e genuini sul mercato, incentivo a non utilizzare additivi, corretta informazione al pubblico, formazione degli addetti ai lavori, sviluppo di azioni didattiche presso Istituti Universitari, Alberghieri e scolastici in genere. I VINCITORI DEL 2015 saLamE PROPRIamENTE DETTO: - 1° Sopressa veronese all’Amarone di Macelleria Tommaso Caprini di Negrar (VR) - 2° ex aequo mortadella al lardo della Macelleria Bacci di Montignoso (MS) - 2° ex aequo Salame di Varzi di Angelo Dedomenici di Casanova di Varzi (PV) saLamE sPECIaLE TERRITORIaLE: - 1° Salsiccia piccante di Parco delle bontà di Forenza (PZ) - 2° U Sprusciat di Az. Agrit. Aia Verde di Pizzoferrato (CH) - 3° ex aequo Salcizzone di Rinascimento a tavola di Urbino (PU) - 3° ex aequo Ventricina del Vastese di Fattorie del Tratturo di Scerni (CH) PREmIO sPECIaLE “BIBaNEsI” mIGLIOR sOPREssa VENETa - Sopressa veronese all’Amarone di Macelleria Tommaso Caprini di Negrar (VR) saLamE DOLCE E maGRO DEL NORD - Salame di Varzi di Angelo Dedomenici di Casanova di Varzi (PV) PREmIO sPECIaLE “aCCaDEmIa ITaLIaNa DEL PEPERONCINO” mIGLIOR saLamE PICCaNTE - Salsiccia piccante di Parco delle bontà di Forenza (PZ) saLamE DI QuINTO QuaRTO - Salsiccia Pezzente di Masseria Trianelli di Ruviano (CE) sOPPREssaTa DEL suD - U Sprusciat di Az. Agrit. Aia Verde di Pizzoferrato (CH) saLamE affumICaTO - mortandela della Val di Non di Dal Massimo Goloso di Coredo (TN) saLamE NON DI PuRO suINO - Salcizzone di Rinascimento a tavola di Urbino (PU) ‘NDuja CaLaBREsE (non in gara per il podio) - ‘Nduia di Az. Agr. Romano di Ferruccio e Nicola Romano di Acri (CS) PREmIO sPECIaLE “sTuDENTI aLma” - ‘Nduia di Az. Agr. Romano di Ferruccio e Nicola Romano di Acri (CS) OsCaR aLLa CaRRIERa - macelleria Salumeria Zivieri di Monzuno (BO)
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