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politicalcio di Fabio Appetiti
Con il direttore Triantafillos Loukarelis
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Abbiamo realizzato questa intervista nel giorno dei funerali di Willy, il ragazzo di Colleferro ucciso a calci e pugni in una notte di folle e insensata violenza. Una violenza che lascia increduli e che ci interroga. Per questo le parole pronunciate direttore di UNAR, Loukarelis, hanno ancora più significato. Non possiamo abituarci all’odio, alla violenza, al razzismo, alla xenofobia, alla negazione dei diritti in base al genere o all’orientamento sessuale. Lo sport ha il potere di cambiare il mondo, diceva Nelson Mandela. Sicuramente può contribuire a migliorarlo e come Aic faremo la nostra parte, al fianco di UNAR, pronti a giocare la difficile partita contro razzismo e discriminazioni.
Veniamo da giornate difficili e tutta di interazione con altri simili. Come l’Italia è scioccata dall'assassinio UNAR abbiamo cercato di capire se ci brutale del povero ragazzo di Collefosse l’ulteriore aggravante dei motivi ferro, Willy. Dedicherei a lui il primo razziali determinato dal colore della pensiero. pelle di Willy, ma ad oggi non abbiamo “Come tutti noi siamo rimasti sconvolelementi per definire questo anche se ti e siamo sotto shock per quanto è acnon possiamo ancora escluderlo”. caduto ed è difficile trovare le parole per esprimere i sentimenti che si proDirige uno tra i più importanti orgavano in momenti come questi. Posso nismi in Italia per combattere il razzisolo esprimere la mia vicinanza a quelsmo e le discriminazioni, l’UNAR. Sela famiglia che ha perso in modo orricondo lei l’Italia è un paese razzista? bile il proprio figlio. È un accadimento “Secondo me no, l’Italia non è un paeche ha avuto tantissime sfumature ed se più razzista di altri paesi. Io questo ha visto ragazzi che erano andati a vilo dico sempre, anche nei contesti invere una serata di svago di sabato sera ternazionali dove spesso mi reco come che si sono ritrovati dentro una notte la Commissione Europea o il Consiglio di inaudita violenza. Una piccola scad’Europa. La differenza con gli altri ramuccia si è trasformata in una trapaesi è che ha una governance più gedia e in un omicidio brutale dove si debole e spesso è più lenta nel reagire sono superati tutti i limiti che un esseagli episodi razzisti che si verificano. “Si racconta sempre la parte più L'idea di costituire un Ossersuperficiale di questo mondo e non vatorio contro il razzismo si è capaci di accettare la diversità” nello sport va nella direzione re umano dovrebbe avere. Una ferocia di dotare le istituzioni di strumenti in senza senso. Sono state tirate in ballo grado di intervenire velocemente e cole palestre e le arti marziali ma a mio stantemente contro il diffondersi della avviso c’entrano poco perché tutti noi piaga del razzismo, ma anche di altre conosciamo i principi di correttezza e forme di discriminazione altrettanto di sportività che sono alla base di quelsubdole e pericolose”. le arti e nulla hanno a che vedere con la violenza che ha ucciso il povero WilCi può fare un breve bilancio del suo ly. Qui ci sono stati essere umani che anno e mezzo circa di attività alla disi sono comportati come animali, ma rezione dell’UNAR? forse talvolta gli animali hanno anche “Senza voler criticare nessuno dei miei una maggiore sensibilità e capacità predecessori, che sono state tutte per
sone che hanno sempre dato il massimo dell’impegno, oggettivamente ho trovato un ufficio debole sotto molti punti di vista a cominciare da una scarsa presenza nei contesti internazionali e nel dibattito pubblico, non solo sul discorso del razzismo, ma anche sui temi dell’omofobia, dei diritti lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender), delle pari opportunità e delle minoranze in genere. C’era un Contact Center poco funzionale che è andato avanti per 15 anni senza mai cambiare ed era un po’ rigido e poco conosciuto presso le persone che si volevano rivolgere all’ufficio. Ho cercato quindi di rilanciare il ruolo e le attività dell’UNAR come contributo alla qualità della nostra democrazia e, per mia fortuna, ho trovato uno staff molto competente e motivato. Stiamo cercando davvero di essere sempre più presenti ed efficaci nella lotta contro tutte le discriminazioni e posso sicuramente ritenermi soddisfatto del lavoro fatto sin qui”.
In una bella iniziativa organizzata dalla rete Fare lo scorso anno, lei lanciò l’idea dell’Osservatorio Nazionale contro il razzismo nello Sport. Un’idea divenuta realtà a fine luglio. Ce ne può parlare? “Diciamo che è una idea non nuova ed è una idea geniale che ha avuto il nostro indimenticato ex collega Mauro Valeri, qualche settimana prima della sua scomparsa. Mauro mi ha convinto
a partire con questo progetto e volevamo lanciarlo nella giornata contro il razzismo a marzo ma sappiamo quello che poi è accaduto con la pandemia e il lockdown ed abbiamo dovuto rinviare di qualche mese. Non abbiamo però voluto aspettare altri mesi e per noi era più importante far partire questo Osservatorio che, in attesa del vaccino del Covid, può essere a sua volta un importante vaccino contro una delle piaghe del nostro secolo, quale è il razzismo. Siamo voluti partire dallo sport perché lo sport ha un valore sociale enorme ed è una delle grandi agenzie educative, insieme alla scuola e alla famiglia, per i nostri ragazzi. Stiamo cercando di costruire dei percorsi molto articolati con le federazioni, le leghe, le palestre, con le associazioni in periferia, per realizzare una rete a disposizione dei nostri giovani per una società più aperta e rispettosa tra le persone”.
Tra i partners dell’Osservatorio ci sarà la Lega di Serie A. Riusciremo a sconfiggere definitivamente il razzismo e i gruppi xenofobi e razzisti che infiltrano le tifoserie? “Non è un segreto che gli stadi di Serie A hanno un impatto fortissimo fino all’ultimo campetto di periferia e i comportamenti delle società professionistiche e dei grandi campioni sono esempi per tutti gli sportivi. Non è stato un accordo facile, né scontato perché alle società di Serie A chiediamo un vero e proprio cambio culturale
di mentalità: le campagne di comunicazione sono utili ma se poi vengono contraddette da altri gesti o omissioni possono diventare foglie di fico che non aiutano a raggiungere l’obiettivo. Noi siamo molti entusiasti di questa adesione della Lega di Serie A e lanceremo una campagna molto forte contro il razzismo, ma chiediamo alle società di essere sempre pronte a intervenire contro tutte le discriminazioni senza indugi e tolleranze, anche verso quei pezzi di tifoserie che inneggiano alla estrema destra, al razzismo al nazifascismo e all’antisemitismo. Se non affrontiamo con nettezza questi fenomeni, in un patto tra società e istituzioni e non chiamiamo questi “pseudo tifosi” con il loro nome le cose non si risolveranno mai. Da tempo sento parlar di riconoscimento facciale dentro gli stadi per le tifoserie violente, ma io credo che difficilmente il garante della privacy accetterà l’uso di questo strumento e non vorrei perdessimo mesi o anni di dibattito intorno a strumenti che poi non sono utilizzabili. Meglio forse guardare in altre direzioni per mettere subito a disposizione della lotta alla violenza negli stadi strumenti efficaci”.
L’AIC è da sempre impegnata nel contrasto al razzismo e i calciatori e le calciatrici sono in prima fila per combattere questa piaga. Vuole lanciare loro un messaggio? “Io penso semplicemente che debbono essere orgogliosi di essere modelli
ed esempi per tanti ragazzi e ragazze. Loro sono un esempio di lavoro positivo perché gli atleti raggiungono il loro successo e i loro risultati dietro tanti sacrifici e tante rinunce e questo è sicuramente un messaggio importante che deve arrivare alle nuove generazioni. Non si ottiene nulla senza sacrifici. Questo non significa che si debbano sempre sentire super responsabilizzati e sotto una lente di ingrandimento per tutti i loro comportamenti, ma debbono essere però molto consapevoli di quello che rappresentano e di quello che fanno. Certamente li ringrazio per il loro impegno e noi continueremo a coinvolgerli e a coinvolgere l'AIC nel nostro lavoro”.
A livello di Unione Europea quali iniziative comuni si stanno portando avanti? Ci sono modelli che possono essere di esempio per il nostro paese? “Intanto l’Europa è molto attenta al mondo dello sport e questa è una cosa che mi ha molto colpito. In questi mesi ho potuto parlare con molti miei colleghi internazionali e in effetti ho notato che verso l’Italia c'è un po’ di diffidenza per alcuni nodi irrisolti nella lotta contro le discriminazioni ed io mi sto impegnando per far capire che il nostro non è un Paese razzista, né discriminatorio. Sto studiando tante buone pratiche che ci sono in Europa e di cui si fanno promotrici società, federazioni, leghe che investono risorse importanti nella lotta alle discriminazioni. Debbo dire onestamente però che negli ultimi anni è aumentata anche la sensibilità di molte società italiane e dello sport italiano in generale nel farsi carico di quella "responsabilità socia
le" che aiuta a veicolare valori positivi nella nostra società. Ci sono molte iniziative e progetti di solidarietà che vengono dal calcio e nonostante credo ci sia ancora molto da fare, siamo sulla buona strada”.
A febbraio il Parlamento Europeo ha organizzato un importante convegno sull’Omofobia nello sport e nel calcio. Qual è il suo pensiero su questo tema? “L’omofobia esiste in tutti gli sport e in alcuni casi ci arrivano segnalazioni di episodi e in altri invece non sapremo mai cosa accade perché c'è una evidente paura ad esprimere i propri orientamenti sessuali. Purtroppo ci si sente ancora in difficoltà ad esprimere i propri sentimenti verso persone dello stesso sesso e si preferisce nascondersi. Il mio impegno è finalizzato, d’accordo anche con la Lega di Serie A ma anche con tutte le leghe che vorranno aderire, a costruire percorsi che aiutino chi lo voglia ad esprimere la propria omosessualità, senza la paura di non essere accettati/accettate dal contesto circostante e dalle tifoserie. Bisogna però creare le condizioni perché ciò avvenga anche per contrastare una certa cultura e determinati stereotipi di cui il mondo del calcio è pieno. Si raccontano e si accettano, soprattutto sui social, determinati modelli stereotipati sul "calciatore ricco con la modella bella", mentre si fa fatica ad accettare o raccontare un calciatore omosessuale o anche semplicemente eterosessuale ma fidanzato con la stessa ragazza da tanti anni. Si racconta sempre la parte più superficiale di questo mondo e non si è capaci di accettare la diversità. Oltre l’omofobia ci sono anche altre forme di discriminazioni: quelle a cui sono esposti spesso i giocatori provenienti dai paesi balcanici etichettati come "zingari" in termini dispregiativi, senza conoscere nulla della storia delle popolazioni sinti e rom, oppure quelle a cui sono sottoposte ancora le atlete e le calciatrici che solo qualche anno fa venivano etichettate con parole sessiste da alti dirigenti del calcio italiano ("le 4 lesbiche" ndr ). Ci vuole impegno per vincere le tante resistenze culturali ma ce la faremo, se il mondo del calcio ci aiuterà”.
Il razzismo purtroppo è un fenomeno globale ma anche il movimento Antirazzista lo è. Se le dico Black lives Matter cosa mi risponde? “Sì, per fortuna dagli Stati Uniti è partita una reazione fortissima alla deriva razzista che purtroppo esiste ancora in alcune fasce della popolazione americana e verso alcuni atteggiamenti inaccettabili della polizia che hanno portato all’uccisione di alcuni uomini solo per il colore della loro pelle. Una reazione che ha coinvolto anche il mondo dello sport, a cominciare da quello apicale della NBA, che è arrivata addirittura a fermarsi grazie alla presa di posizione di tutti gli atleti. Il razzismo negli USA è un razzismo che non è solo espressione del colore della pelle ma che si alimenta anche di grandi disuguaglianze e discriminazioni sociali a danno della popolazione afroamericana. A questo stato di cose si è ribellata però non solo la popolazione afroamericana ma anche gli americani bianchi. Tutti sono scesi in piazza e tutti vogliono una America più giusta e non razzista. Questo è Black lives matter. Sul tema del razzismo si giocherà anche la battaglia delle elezioni americane ed il superamento di certe disuguaglianze e discriminazioni dipenderà anche molto dal risultato che uscirà da queste elezioni”.
A Mauro Valeri questa intervista sarebbe piaciuta… “A Mauro è intitolato l’Osservatorio contro le discriminazioni dello sport e sono certo che anche la sua famiglia riconoscerà l'impegno di UNAR per onorare la sua memoria. Quando ci arrivò la notizia della sua scomparsa avevamo un seminario internazionale e mi ricordo che sospesi tutto e per un'ora restammo con tutti i miei collaboratori chiusi dentro il nostro ufficio a ricordarlo. Fu un momento di grande commozione. La forza di una persona sta nell’impatto e nell’impronta che lascia presso le persone con cui hai lavorato e nella società: Mauro ha lasciato un impronta fortissima e la sua esistenza è stata davvero significativa e noi tutti siamo impegnati a portare avanti le sue idee e la sua eredità morale, di cui si parlerà per molti anni ancora”.
La nuova frontiera del calcio italiano
Esports: perché è un fenomeno che interessa i calciatori
Esports e Calcio non sono mai andati così d’accordo. Tra tornei, eEuropei, affermazione di professionisti e addirittura il raggiungimento del vertice del ranking mondiale di FIFA, i gamer italiani si fanno notare anche sui palcoscenici internazionali grazie a società sportive e talent scout che hanno saputo valorizzare riconoscerne le qualità. Partiamo dal principio: gli eSports sono tornei elettroniche in cui un player dedica tempo ed energie all’allenamento, all’analisi strategica e alle competizioni con un determinato videogame. Come un atleta vero e proprio. I videogame che simulano ili gioco del calcio, sono due: Pro Evolution Soccer (o PES) sviluppato da Konami, e FIFA sviluppato da Electronic Arts. L’Italia è un mercato floridissimo per questi titoli al punto che le due case produttrici vendono milioni di copie ogni anno e investono in grandi eventi e pubblicità. Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 poi sono nate la eSerie A (il campionato elettronico delle squadre di Serie A di calcio) ed è iniziato lo scouting per le eNazionali di FIFA e PES gestite dalla FIGC. Il campionato eSportivo italiano si sarebbe dovuto disputare di pari passo al campionato di calcio, come fanno già la ePremier Ligue, la eLiga, la Virtuelle Bundesliga, la eLigue1 e la eEredivisie, ma la pandemia ha fermato il progetto italiano e rimandato la competizione alla prossima stagione. Se le partite si fossero giocate, ci sarebbero stati due campionati paralleli: uno giocato su FIFA con 17 squadre e uno su PES con 18 squadre. Ogni squadra avrebbe avuto 4 giocatori (due per ogni videogioco) e di questi quattro, due avrebbero potuto essere player professionisti con una carriera già avviata. Per quanto riguarda le eNazionali, dopo diverse fasi di scouting, sono stati selezionati i 4 giocatori di PES che hanno partecipato ai primi eEuropei. La nostra eNazionale sponsorizzata da TIIMVISION ha superato in finale la Serbia, in una best of five che è finita 3 a 1 per gli azzurri. Una vittoria schiacciante che per i quattro — Rosario Accurso, Carmine Liuzzi, Alfonso Mereu e Nicola Lillo — è valsa un premio di 40mila euro e un riconoscimento importante: la prima vittoria di una Federazione sportiva italiana in un campionato elettronico ufficiale. L’obiettivo di queste manifestazioni, in Italia come all’estero, è conquistare gli occhi di un pubblico giovane, che parte dai 13 anni, che è lontano dai media e dagli sport tradizionali. Ovviamente anche i calciatori professionisti non sono rimasti a guardare e si sono tuffati in questo mondo trovando nuovi pubblici e nuovi tifosi. La lista è lunghissima, da Totti a De Rossi, da Gullit a Piqué, in tanti hanno fondato dei team che competono non solo nei simulatori calcistici ma anche negli eSports ormai classici come League of Legends o Counter Strike. L’ultimo della lista è Antoine Griezmann attaccante del Barcellona che ha inaugurato i Grizi Esport che competeranno in Fortnite, League of Legends e FIFA. La scelta arriva dopo che anche lui ha intrapreso la carriera dello streamer (durante il periodo di quarantena) raggiungendo più di 25mila spettatori contemporanei. Di un altro livello è l’iniziativa voluta e fondata da Gerard Piqué: grazie a lui è nato eFootball Pro, il campionato di Pro Evolution Soccer in cui partecipano alcune delle migliori squadre europee tra cui la Juventus. Marco Amelia, campione del mondo con la nazionale di calcio nel 2006, vuole invece rivoluzionare il modo stesso di giocare a FIFA e PES: undici videogiocatori contemporanei, con ogni player che controlla i movimenti del proprio giocatore sullo schermo, uno a testa, come se fosse una vera partita di calcio. Come agli albori di tutti i grandi sport professionistici, i campioni del passato guidano il percorso dei campioni del futuro. In Italia esiste l'Osservatorio Italiano Esports, che è l'ente che contribuisce alla conoscenza del mercato degli eSports e delle sue opportunità di business. Attraverso la sua opera, aziende e investitori entrano nella scena italiana e ricevono le informazioni necessarie a capirne la portata. Anche i calciatori che hanno l’ambizione di sviluppare un business in questo mercato possono farne parte. Il futuro del calcio e dei calciatori è appena iniziato: chi ne sarà protagonista?
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