Poste Italiane SpA – Spedizione in Abbonamento Postale – 70% NE/VI - Anno 44 - N. 03 Aprile 2016 - Mensile
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Aprile
Organo mensile dell’Associazione Italiana Calciatori
Francesco Magnanelli capitano del Sassuolo
È l’esempio che trascina
di Damiano Tommasi
editoriale
Votiamo “Libertà è partecipazione” cantava G. Gaber ed è un refrain che mi torna alla mente in queste settimane di avvicinamento all’Assemblea elettiva AIC. Al netto di concomitanza di impegni riusciremo a stimolare una sana, numerosa e sostanziosa partecipazione? Partecipare. È una parola coinvolgente e che evoca azione e responsabilità, presenza e impegno ma che, come Gaber, la collego sempre alla parola libertà. Lo scorso 17 aprile il Referendum ha portato alle urne quasi un terzo degli elettori italiani, tradotto, più dei due terzi del corpo elettorale ha preferito “non partecipare”. Mark Twain diceva che “se votare servisse a qualcosa, non ce lo lascerebbero fare” e forse non aveva tutti i torti, ma se, come nel caso sopra citato, a tifare per l’astensione sono gli uomini eletti non credo si faccia un buon servizio al senso civico da promuovere.
E qui veniamo alle nostre cose, all’assenza prolungata dal Consiglio Federale dei mesi scorsi. Mancanza di partecipazione? Mancanza di esercizio del diritto di voto tanto sudato nel passato? Consigli federali come il Referendum? Come possiamo auspicare partecipazione se i primi a non aver partecipato siamo noi? La differenza c’è e, seppur sottile, è fondamentale. Il mancato raggiungimento del quorum nel Referendum, infatti, rende nulla l’altrui partecipazione; l’assenza dei rappresentanti dei calciatori ai Consigli federali non ha reso nulla nessuna delibera federale. Personalmente non aver frequentato un ambiente tanto lontano dal mio modo di intendere il calcio e la passione per questo sport mi ha fatto sentire un po’ più libero e un po’ meno deluso. In questo caso, quindi, la mancata partecipazione ha rispettato in pieno il senso della libertà individuale che, come tutti sappiamo, deve terminare dove inizia l’altrui libertà.
SALVIAMO I BAMBINI COLPITI DAL TERREMOTO. È una corsa contro il tempo. In Nepal milioni di bambini hanno urgente bisogno di aiuto. Molti di loro sono feriti, senza casa, a rischio di malattie perché non hanno acqua potabile e servizi igienici. Altri sono orfani o separati dalle famiglie. L’UNICEF sta rispondendo all’emergenza con acqua, medicinali, attrezzature igienico-sanitarie e tende per ospedali da campo, centri di accoglienza e scuole temporanee. I bambini del Nepal hanno bisogno del tuo aiuto. DONA ORA ALL’UNICEF: • Con carta di credito sul sito www.unicef.it • Cc postale 745000 causale “Emergenza Nepal” • Bonifico bancario su Banca Popolare Etica IBAN: IT 51 R050 1803 2000 0000 0510 051
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EMERGENZA NEPAL
Poste Italiane SpA – Spedizione
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2016
sommario I fratelli Gatto
serie B di Claudio Sottile
Marino Defendi: calcio, pesca e rock and roll
scritto per noi di Alessandro Comi Ivan Pedrelli
scatti di Maurizio Borsari calcio e legge di Stefano Sartori
Clausola arbitrale e diritto alla retribuzione
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di Pino Lazzaro
calcio e legge di Federico Trefiletti politicalcio di Fabio Appetiti Paolo D’Alessio
Organo mensile dell’Associazione Italiana Calciatori
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Questo periodico è iscritto all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana
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Finito di stampare il 26-04-2016
Organo mensile dell’Associaz
ione Italiana Calciatori
Febbraio È l’esempio Marzo che trascina
serie B di Vanni Zagnoli
l’intervista
Aprile
– 70% NE/VI - Anno 44 - N. 03 Aprile
Francesco Magnanelli capitano del Sassuolo
editoriale di Damiano Tommasi
Francesco Magnanelli, capitano del Sassuolo. Prima di arrivare nell’olimpo della massima serie, una lunghissima gavetta, fatta di sacrifici, sofferenze e sudore. Un “lavoro” certosino, spesso “dietro le quinte” portato avanti sempre con quel motto, tutto personale, che lo ha accompagnato per l’intera carriera: “È l’esempio che trascina”.
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in Abbonamento Postale
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2016 - Mensile
l’intervista
di Pino Lazzaro
Francesco Magnanelli, capitano del Sassuolo
“È l’esempio che trascina” Un qualcosa che per me è partito tantissimi anni fa, con una voglia tale di giocare a calcio che alla fine i miei hanno dovuto portarmi un anno prima in quella scuola calcio lì di Città di Castello, non ce la facevo più ad aspettare. Sì, Città di Castello, è lì che sono cresciuto; sono nato a Umbertide, il paese di mia madre ma avevo un anno quando i miei si trasferirono a Città di Castello. Quella mia scuola calcio si chiamava Tiferno ’90, il campo era allora giusto di terra ed è una società che c’è ancora, certo. Insomma, da lì per me è cominciata: troppo giovane, ma vista la
voglia che avevo pure l’allenatore ha deciso di fare uno strappo alla regola, non potevo giocare ma intanto ero lì con loro. No, non era lontano da casa ma ci voleva comunque la macchina e i “tassisti” sono stati loro, i miei genitori, sempre al mio servizio e a quello di mio fratello, lui ha fatto nuoto: ci hanno sempre seguito e tuttora lo fanno”. “Sino ai 13-14 anni sono stato così alla Tiferno ’90, sempre lo stesso allenatore, Dante Selvi, per lui da giocatore anni in Serie D e qualcuno pure in C. Lui è sta-
I ragazzini che ci guardano
“Nel mio piccolo so che guardano anche me. Sarà per come sono fatto, per quella che è la mia natura, ma sono sempre più convinto che il comportarsi bene alla fine paga sempre, è così”. to molto di più che un allenatore, penso a un maestro di vita, ecco. Non sempre morbido, anzi, ma si faceva capire. Il vivere lo spogliatoio, il modo in cui farlo, quelle regole da rispettare e il farle rispettare. Ora pare che non sia più così, che lascino più andare, non so. Anni molto belli che hanno fatto sì che io sia tuttora molto legato a quell’ambiente, a quegli amici, tanto è vero che un paio di volte l’anno, d’estate e in inverno, ci si ritrova per disputare una partita, si va poi a cena e ci sono sempre dei miei ex compagni di allora che ancora vengono a vedere qualche partita, c’è un legame forte insomma”. “Sì, mi sono sempre divertito, non ricordo che mi sia pesato qualcosa, nulla e penso abbia contato pure il fatto che ero uno dei più bravini. Ci pensavo al fatto di diventare un calciatore, ci speravo ma non che mi vedessi da qualche parte, lontano. In Umbria, tranne Perugia, non è che ci siano delle realtà partico6
lari, ma al di là di questo, per quel che ricordo devo dire che di base mi sono trovato sempre a fare le cose per bene. Un po’ per merito di Selvi, un po’ per l’educazione che mi hanno dato a casa: cercare insomma di farle bene le cose. Che so, pure il fatto di pulire le scarpe il giorno prima, il farle asciugare, ero io che mi preparavo sempre la borsa e il tutto lo facevo con passione, nessun sacrificio, un qualcosa che mi ha sempre accompagnato, che ancora è con me”. “A quel tempo – i miei 13-14 anni – la società professionistica più vicina era il Gubbio, facevano la C2. Ricordo che ci presero in quattro dalla nostra scuola calcio (gli altri tre si sono fermati prima, sono tra i dilettanti) ed è da lì che iniziò un’altra
l’intervista
Il divertimento
“Mi diverto a preparare la partita, mi diverto quando mi preparo fisicamente e nei dettagli, mi diverto quando riesco a giocarmela alla pari contro le più forti davanti ad un pubblico numeroso e dentro uno stadio bellissimo”. avventura. Tre quarti d’ora di pulmino, mi venivano a prendere e la domenica erano invece i miei a portarmi per le partite: quattro allenamenti la settimana, più la partita. Ho fatto due anni gli allievi, il primo anno i regionali, il secondo i nazionali e alla fine del secondo anno, giusto l’ultima partita e giusto alcuni minuti, ho fatto l’esordio in prima squadra che avevo 16 anni e la stagione successiva, allenatore era Marco Alessandrini, sono stato fisso con la prima squadra, convocazioni, panchine e in
tutto 16 presenze. Io continuavo a comportarmi bene, le cose le facevo per bene e ricordo quanto venissi coccolato da tutto l’ambiente, anche lì dentro lo spogliatoio. Però continuavo giusto a vivere il presente, mai mi capitava di pensare che ce l’avevo fatta, che ero e avrei fatto il calciatore”. “Con la scuola? Beh, lì sì è stato parecchio complicato, anche perché di mio non ero certo un “luminare”, uno di quei brillanti che ci arrivano subito. Però sempre promosso, ci tenevo pure io a finire almeno le superiori e ce l’ho fatta anche se specie l’ultimo anno non è stato certo facile, ero in prima squadra, c’era sempre la rifinitura al sabato e dunque accumulavo assenze che dovevo poi recuperare, mica potevo non andarci in altri momenti, non potevo “bruciare”. Le due ore di pulmino al giorno, allenamenti e partite, sabato e domenica in ritiro e comunque sia sono riuscito ad arrivare al diploma, perito elettrotecnico (sono uscito con 72 all’esame di maturità) e ci ho pure provato con l’università, iscritto a Scienze Motorie, ma di esami ne ho dati giusto uno – Psicologia – poi ho dovuto lasciar stare, c’era la presenza obbligatoria, non potevo starci dietro”. “Avevo così 17 anni, fatto un buon campionato, squadra a ridosso dei playoff e sono cominciate un po’ di attenzioni nei miei confronti. Che mi hanno poi portato al Chievo Verona, a fare il ritiro con la prima squadra, c’era Del Neri allenatore. Poi sono 7
l’intervista
I miei sogni
“Ce ne sono e sono obiettivi che non sono poi lontanissimi, non è che penso che so al Pallone d’Oro. Sono comunque sogni difficilissimi da esaudire ma sogni che mi tengono vivo e che continuano a farmi sognare, perché no? Ecco, giocare una partita in Champions League e vestire almeno una volta la maglia della Nazionale”.
sceso in pianta stabile con la Primavera, con un eccezionale allenatore come Stefano Pioli. Un’annata per me così così sul campo, non abbiamo ottenuto risultati particolari, lì erano allora ancora in fase di costruzione del settore giovanile. Però per me significò la prima volta via da casa e devo essere sincero, non ho sofferto nessun trauma, mi sono ambientato bene, mi sono creato altre amicizie, anche fuori dal campo, bene. Ricordo che l’idea di andare col Chievo m’aveva
in effetti fatto pensare che sì, forse ce l’avrei fatta a fare il calciatore, ma l’annata andò come andò, non utilizzarono quel loro diritto di riscatto e l’anno dopo passai alla Fiorentina. La prima squadra era al secondo anno di B, società che si stava ricostituendo e io tutto l’anno rimasi con la Primavera. Ricordo che dopo il Viareggio, l’allenatore della prima squadra – Mondonico – mi volle con loro, loro che poi vinsero la B. In Primavera avevo fatto bene, poi aggregato alla prima squadra: c’erano insomma tutti i presupposti per rimanere lì, ma poi le cose cambiarono, movimenti vari in società, cambiò pure il direttore sportivo e così anche quella volta non mi riscattarono. Mi avevano detto che l’avrebbero fatto ma poi non fu così e ricordo che ci stetti proprio molto male, mi ritrovai a tornare a Gubbio, loro poi che mi volevano vendere a tutti i costi: giusto per fare cassa o perché non credevano in me?” “Da Gubbio andai così alla Sangiovannese, in C1, c’era Sarri allenatore. Ci andai con entusiasmo e ammetto che è stato
Mi ritorni in mente “La partita che non dimentico è sicuramente quella della promozione in A, SassuoloLivorno 1-0: il coronamento di un sogno dopo tanti sacrifici. Quella che invece vorrei rigiocare? In fondo nessuna, altrimenti le gioie successive che mi sono poi andato a riprendere non sarei riuscito a godermele così bene. Lo stadio che ancora e sempre mi dà emozioni è San Siro e quello in cui mi piacerebbe giocare almeno una volta è il Camp Nou, a Barcellona”. 8
quello l’unico anno in cui inizialmente un po’ presuntuoso lo sono stato. Pensavo insomma di giocare tranquillamente, mi pareva fosse insomma quella la situazione, ma così non è andata: nonostante mangiassi l’erba e tutto l’impegno che ci misi, tanta e tanta tribuna. Così un’altra batosta e ricordo che fu quello il tempo in cui certe mie certezze scricchiolarono, tanto è vero che me la ponevo quella domanda: potrò mai giocare a certi livelli o sono destinato a finire tra i dilettanti? Dunque un anno difficile, che mi insegnò diverse cose: che nessuno regala niente e che per ottenere qualcosa prima di tutto è a te stesso che devi credere. Tornai così a Gubbio, arrabbiato con tutto e tutti, chiarendo subito comunque che lì non volevo starci, che mi dessero via, ma senza pretendere troppo, dai. L’unica società, proprio l’unica, che si fece avanti fu così il Sassuolo, direttore sportivo era Nereo Bonato, mi presero per 5000 euro, proprio così. Chissà, io penso che prima o poi ci tornerò a Gubbio, certo che allora la sentii come una grande liberazione, come un rompere le catene e poter così rimettermi del tutto in gioco. Lì è ricominciata e dai e dai sono arrivato sin qui”. “Certo, sono sì un privilegiato, ma io dico un “privilegiato dovuto”, nel senso che io capisco e me ne rendo conto d’aver avuto in dono del talento, ma quel talento io poi l’ho saputo coltivare. Oltre al talento c’è infatti tantissimo altro, troppo facile giudicare e fermarsi a vedere Magnanelli che gioca adesso in Serie A eccetera. Bisogna infatti pensare a tutto quanto quell’altro che c’è, che ci ho messo sin da piccolo, gli ostacoli che ho saltato, le gioie che certo ci sono state ma pure le tristezze. Sì, fin da quand’ero proprio piccolino ed è ora che sto raccogliendo. Noi siamo etichettati al solito in un certo modo, siamo i “viziati”, punto e basta
l’intervista
ma quel che si fa è giusto puntare il dito verso una percentuale che è molto ma molto limitata della categoria. Avere dei “macchinoni” non vuol dire poter identificare così le persone; ce ne sono tantissimi di calciatori sereni, tranquilli, che non amano e non vogliono le luci della ribalta e sono invece una percentuale minuscola diciamo i donnaioli, gli sbruffoni, queste etichette qui insomma. E poi, aggiungo: se uno a vent’anni è talmente bravo e fortunato da potersi permettere un “macchinone”, dove sta il problema? In fondo, perché no?” “In effetti l’ho fatto spesso il capitano, già negli anni del settore giovanile. Non so dire il perché, come sempre bisognerebbe chiederlo a loro, agli allenatori. Forse c’entra il fatto di come sono fatto, di quel che magari gli altri vedono in me. In prima squadra il primo a darmi la fascia è stato Andrea Mandorlini, erano le ultime due partite del campionato, non ero nemmeno il vice, il capitano era infortunato, non so perché fece quella scelta. Poi ho continuato a fare il vice e la stagione in cui iniziai davvero a fare il capitano
All’estero?
“Assolutamente sì, mi piacerebbe tantissimo. Un po’ per mettermi in discussione e poi penso all’esperienza di vita che potrei fare assieme alla mia famiglia, la possibilità per i figli di imparare un’altra lingua, aprir loro un po’ gli occhi, ampliare il bagaglio”. è stata quella in cui arrivò qui Di Francesco, eravamo in B, quattro anni fa. Per me il capitano è innanzitutto una persona da poter seguire e io credo in un mio motto, proprio personale: è l’esempio che trascina. Più delle tante parole, dell’attaccare al muro, ste cose qui. Un qualcosa che deve essere giornaliero, sì, quotidiano. Ho sempre pensato che se uno da capitano fa determinate cose, in un certo modo, allora è facile che altri gli vadano dietro. Io sento di rappresentare società e squadra, perciò cerco di mettermi a disposizione di tutti e cerco sempre di far capire l’ambiente, come ci si comporta e credo poi che proprio dagli atteggiamenti poi si arriva ai risultati, sono figli di quel che si fa prima, di come lo si fa e io da capitano devo essere il primo, anche alzando la voce se è necessario, parlando alla squadra quando sento che serve, eccetera eccetera. Io negli anni ho avuto modo di apprendere/riconoscere determinate caratteristiche,
giuste per me. Di compagni importanti ne ho avuti tanti e qui mi fa piacere ricordarne uno, Paolo Bianco, lui ora è il vice-allenatore della Primavera, ha lasciato insomma il calcio giocato. Siamo stati assieme per cinque anni e per me lui è un esempio incredibile di moralità, quel suo modo di allenarsi, la passione che sempre ci ha messo, pure quell’ultimo anno in cui ha giocato meno. La mentalità, ecco, che ha sempre dimostrato: ne ho proprio tanta di stima verso di lui”. “Quand’ero in C, quando di televisioni ce n’erano magari al massimo giusto una, ne ho viste di cotte e di crude lì sul campo e dunque a mio modo di vedere è pure un bene che ce ne siano tante adesso di televisioni, a me pare insomma che con loro ci sia in generale anche maggiore sicurezza, sotto tutti i punti di vista. E tra noi, come categoria, mi pare ci sia tutto sommato rispetto e anche amicizia, tanto ci si conosce ormai. Con gli arbitri penso che il mio sia un buonissimo rapporto e sono consapevole che i primi a sbagliare siamo in genere noi calciatori, ci riusciamo 9
l’intervista
Volere è potere
“Consigli ai giovani? Io credo che volere sia potere. Se uno la vuole veramente una cosa, allora la coltiva, ci sta attento, penso che bene o male l’obiettivo lo riesce a raggiungere. Anche perché con la felicità di provarci, di dargli dentro, almeno non si hanno poi rimpianti”. proprio a essere dei rompiscatole. Chiaro che pure loro possono migliorare, a volte c’è quella loro voglia di essere dei protagonisti ma da come la vedo io, a me sembra soprattutto una corazza visto quanto siano attaccati un po’ da tutti Cercano insomma di difendersi e no, non ho mai provato ad arbitrare, ma so bene quanto possa essere difficile, nessun dubbio”. “Quel che non mi piace? Dai, la perfezione non c’è mai, non ci può essere, sai altrimenti che noia. Quel che non mi piace comunque è questo passare dalle stelle alle stalle in un attimo, i giudizi che vengono dati così facilmente, sempre poi – detto e non detto – con questa atmosfera un po’ “strana”, come dire che, dai, sotto c’è sempre qualcosa, il pensar male, che del resto è un po’ tipico di noi italiani e non mi piace. No, per fortuna non ho mai avuto bisogno dell’Associazione, ho sempre giocato in squadre “sane”, mai avuto insomma problemi per quel che riguarda ad esempio gli stipendi”. “Dicono che qui da noi il calcio sia in crisi. Magari io vado contro corrente, ma non la penso così. Io li vedo come cicli, un po’ come l’immagine della ruota panoramica di Marco Negri, l’ho visto quel servizio in cui presentava il suo libro, l’andavo sempre a vedere quand’era a Perugia. Come dire che abbiamo finito un giro, poi si ritorna su. Lo so, le solite cose che si dicono, che ci vorrebbe pazienza, investire sui giovani eccetera ma per me le nostre under non sono inferiori a nessuno e quel che mancano sono i risultati, con in più che in altri Paesi hanno maggiori possibilità economiche che qui da noi, anche questo conta. Ma non la vedo insomma così critica, penso a quando siamo andati l’altro giorno a Firenze a giocare, 30.000 persone, atmosfera bellissima… per me c’è insomma da essere fiduciosi, come allenatori abbiamo i più bravi di tutti, giovani forti ci sono, dai, è la ruota panoramica che continua a girare”. 10
“Le mie vigilie sono abbastanza tranquille, grandissime tensioni non le avverto mai, non ho ansie particolari prima delle partite. Un qualcosa insomma che mi pare di vivere bene e penso che la bravura stia per l’appunto nell’approcciarle nel modo giusto e credo che chi ha la capacità, ogni volta, di stare per bene sul pezzo sia in effetti un campione, uno che riesce ad essere al top come mentalità, quella vincente: per me il traguardo più complicato da raggiungere”. “Dai, come si fa a non portare a casa le cose del calcio? D’accordo, puoi cercare di non farle pesare troppo ma io non ci credo a un qualcosa che sta fuori della porta, punto e basta. Per fortuna dalla mia, con me, ho una moglie straordinaria che non cerca solo di ascoltarmi per davvero, ma che sa poi trovare le parole giuste, anche quelle che vanno al di là dello sport. Io una fortuna così ce l’ho dunque in casa e con lei riesco ad aprirmi, anche a sfogarmi e ci conosciamo da quando avevo 17 anni, anche lei di Città di Castello. Prima veniva anche a vedere le partite, adesso non più, fa la mamma, due figli a cui star dietro”. “Al dopo ogni tanto ci penso, una questione che insomma sento che mi interessa e la cosa più facile ora come ora sarebbe quella di pensare ad allenare, ma avverto pure che il tutto è ancora molto lontano da quel che sono adesso, vedo quanto sia complicato quel ruolo, con una mentalità che non è quella che ho adesso: deve essere diversa e ora non so, so solo che di certo non ce l’ho”.
La scheda Francesco Magnanelli è nato nel novembre del 1984 a Umbertide (Pg). Gli inizi con una scuola-calcio di Città di Castello (dove i suoi andarono ad abitare quando aveva un anno), col successivo approdo nel settore giovanile del Gubbio. L’esordio tra i professionisti lo fa a 16 anni col Gubbio in C2 e dopo le esperienze in Primavera col Chievo Verona e la Fiorentina, a vent’anni è con la Sangiovannese in C1 (Sarri allenatore). È a Sassuolo dalla stagione 05/06 (allora ancora in C2) ed è in assoluto il primo nella graduatoria delle presenze per quel che riguarda la società neroverde (esattamente 353 al 21 aprile 2016; n.d.r.). Una continuità che nel corso della presentazione estiva all’inizio di questa stagione, gli è valsa l’onore (idem per Alberto Pomini, pure lui al Sassuolo sin dai tempi della C2) della cittadinanza onoraria. “Sì, mi hanno dato le chiavi della città ed è stata un’emozione incredibile, bellissima”. Sposato con Annalisa, ha due figli: Sofia (quasi 4 anni) e Vittorio (6 mesi).
scatti
di Maurizio Borsari
… a riveder le stelle con Paul Pogba in Sassuolo – Juventus 1-1
Peso massimo
con Andrea Pirlo in Sassuolo – Juventus 1-1
Uscita bassa
su Alberto Nocerino in Sassuolo – Parma 4-1
Noi del Sassuolo promossi in A Stagione 2012-13
In ginocchio da te riscaldamento prima di Bologna – Sassuolo 0-1 11
serie B
di Vanni Zagnoli
Fratelli d’Italia: Massimiliano e Leonardo
Non dire… Gatto Prendiamo due fratelli quasi a caso, del sud, per raccontare come si diventa calciatori professionisti partendo in particolare da paesi non proprio ricchi. Raccontiamo dunque la storia dei Gatto, di Trebisacce, provincia di Cosenza. Massimiliano insegue la salvezza in B con la Pro Vercelli, l’abbiamo incontrato a Modena, per la partita Carpi-Verona. Con il fratello maggiore, Leonardo Davide, 24 anni, parliamo invece al telefono: era al Vicenza, è passato alla Salernitana, altre due squadre lanciate verso una salvezza complicata. Massimiliano era ritornato a salutare i vecchi compagni del Carpi, con cui aveva conquistato la Serie A, contribuendo con 11 presenze. Ha 20 anni ed è uno dei molti calabresi della B, capeggiati idealmente da Fabio Ceravolo, di Locri, attaccante della Ternana. “Fra i giovani” - riflette – “mi viene in mente Luca Garritano, cosentino del Cesena. È un grande orgoglio portare il nome della nostra regione in giro per l’Italia. Io sono al secondo anno da professionista, il primo è stato proprio al Carpi”. Dove ha iniziato? “A Corigliano Calabro, il paese di Gattuso, anche se non nella sua scuola calcio, e poi nel settore giovanile della Reggina, quindi tre anni alla Primavera del Chievo”. Quanta gente la avvicina, al campo, sperando in grandi guadagni, restando accanto a lei? “Tante persone orbitano attorno al calcio, anche a Vercelli, a me però non interessano perché mi fido del mio procuratore (Mario Giuffredi). Magari nel mondo del pallone ce ne sono tanti, vogliosi di far fortuna, frequentando i giocatori”. Come si arriva a questi livelli, così imberbe? “In effetti molti mi danno non più di 17 anni. I sacrifici sono fondamentali, io ho lasciato la famiglia a 14 anni, sono al 6° anno fuori casa”. 12
Foscarini è un signore del calcio. Le lascia fare quel che vuole, nel preparare le partite? “Verso le gare interne non siamo in ritiro, però occorre sempre buon senso. A me non piace fare la vita notturna, sono abbastanza serio”. Ha amici anche in Piemonte? “Sì, ma dalla Calabria vengono spesso a trovarmi”. Dal Chievo è in prestito, si salveranno tutte le sue squadre? “Me lo auguro. La Pro può farcela, in B, com’è riuscito ai gialloblù di Maran, in A. È più difficile ma la salvezza è alla portata anche del Carpi, a cui sono molto legato”. Di proprietà di una società del nord è anche Leonardo Davide Gatto, dell’Atalanta. “Senza sacrifici” - racconta il maggiore dei fratelli – “non si va da nessuna parte. Io sono andato via di casa a 13 anni”. Nel cosentino ha ancora papà Francesco, medico del paese, 63 anni, e mamma Rosa, 57enne casalinga. “Non è stato facile lasciare gli amici, tanti sono veri e mi vengono a trovare spesso. Avveniva quando ero in Veneto e adesso che mi sono avvicinato. Mi seguono, credono in me e questo dà forza”. Era indispensabile lasciare la sua terra d’origine? “Non avevo alternative, in un comune che non offre sbocchi calcistici e poco anche come lavoro. E un giorno spero di arrivare in Serie A, proprio per il mio paese e la famiglia, per gli amici e anche per me stesso”.
Qual è stata la sua prima tappa, extra Calabria? “A Pistoia, ero in una squadra regionale, a Montecatini Terme, nell’Anchione Ponte Buggianese, poi fallita. Abitavo da solo in un convitto, studiavamo e non uscivamo mai. Fu una stagione comunque importante, per cercare maggiore visibilità, al sud neanche arrivano gli osservatori”. Chi l’ha notata? “In Toscana mi ha visto l’Atalanta, sono stato a Bergamo per 3 anni e mezzo, con Mino Favini, mago delle giovanili e Giancarlo Centi, ex mediano anche del Como, in A. Ero a la ‘Casa del giovane’, il convitto nerazzurro, con tutti i giocatori della Primavera. Alle 7, con il freddo, si andava a piedi a scuola. A pranzo mangiavamo qualcosa di veloce, poi l’allenamento e alle 19,30 si tornava per studiare e ripassare, così arrivavamo stanchi morti”. Era spesso con Simone Zaza, altro ragazzo del sud, lucano. “Era stato fuori rosa per 4-5 mesi, poi è diventato quel che sappiamo. Avevo con me altri ragazzi più giovani, adesso in categorie minori. Tornavo a casa una volta sola, in stagione, a Natale e poi naturalmente in estate. I genitori mi sono stati vicini nei momenti bui, credevano in me, che potessi arrivare a fare qualcosa di importante. Con me c’erano Daniele Baselli, bresciano, e Davide Zappacosta, ciociaro, ora entrambi protagonisti al Torino”. Poi i due anni al Pisa, con la finale playoff persa un anno e mezzo fa, contro il Latina. “Lì vissi le emozioni più belle della carriera,
serie B
Noti e meno noti
Affari di famiglia
in una piazza fantastica, con 3mila persone arrivate alle 3 di notte da Perugia per salutare la nostra vittoria in semifinale. All’Arena Garibaldi ci furono anche 15mila spettatori, resta il piacere di avere riportato gente allo stadio in una piazza che aveva perso un po’ la bussola per vari fallimenti”. Realizzò 7 gol, compresa la doppietta nella semifinale contro il Perugia. “Per quello devo ringraziare mister Dino Pagliari. Ricordo quando subentrò e si presentò così: ‘Mettetevi in campo, non vi conosco, ditemi i nomi’. C’erano Mingazzini, Sabato e Ciccio Favasuli, centrocampista di Locri, ora alla Juve Stabia: è un atleta di Cristo, lo ringrazierò a vita, perché me l’ha cambiata, grazie ai valori che trasmette”. Due campionati fa l’approdo a Lanciano, in Abruzzo realizzò 4 gol in 22 gare, con Marco Baroni in panchina, poi 5 con Roberto D’Aversa. “Più 6-7 assist e 5 rigori procurati, D ’Aver s a aveva
Sono tanti i fratelli che troviamo nel mondo del calcio, molti anche nella storia del calcio italiano: dalla dinastia dei Sentimenti (ben cinque), dei Cevenini (anche loro in cinque), dei due Borel e dei due Sallustro, “figli” di un calcio antico, ai più “recenti” Mazzola (Sandro e Ferruccio), Savoldi (Gianluigi e Giuseppe) e Baresi (Franco e Giuseppe), passando dai Ferri (Riccardo e Giacomo), i Fontolan (Davide e Silvano), gli Inzaghi (Filippo e Simone), i Filippini (Antonio ed Emanuele), i Bonetti (Ivano e Dario), i Paganin (Antonio e Massimo), gli Zenoni (Cristian e Damiano), i Tedesco (Giovanni e Giacomo), i Lucarelli (Cristiano e Alessandro) e i Cannavaro (Fabio e Paolo). Noti e meno noti, come i Vieri (Christian e Massimiliano), i Baggio (Roberto e Eddy), i Pessotto (Gianluca e Vanni) e i Brighi (Matteo e Marco), per arrivare agli “attuali” Ciofani (Matteo e Daniel), Rigoni (Luca e Nicola), Insigne (Lorenzo e Roberto), Zampano (Francesco e Giuseppe), Lapadula (Gianluca e Davide), D’Ambrosio (Danilo e Dario), Giovinco (Sebastian e Giuseppe), Mancosu (Marcello, Matteo e Marco) e Donnarumma Antonio e Luigi. Senza dimenticare nel tempo (ma sicuramente qualcuno non riusciremo a ricordarlo) i tre Menti (Mario, Umberto e Romeo), i Piga (Marco e Mario), i Cadè (Giancarlo e Giuseppe), gli Speggiorin (Walter e Luciano) e i Briaschi (Massimo e Alberto). davvero molta fiducia in me. E il rapporto fra mister e atleta è davvero basilare”. Il suo cartellino resta di proprietà dell’Atalanta, che l’ha mandata in prestito a Vicenza e adesso alla Salernitana. “Vedremo a fine campionato dove sarò”. Com’è il rapporto con Massimiliano, il fratello minore? “Ottimo. Ci stimiamo a vicenda, ha molte qualità, è un bravissimo ragazzo. Lo rassicuro in tante cose, ha qualità per arrivare a livelli elevati e in A. È un trequartista, mentre io sono attaccante esterno”. Avete altri fratelli? “Una sorella,
Giada, 27 anni, studentessa, e Giuseppe, 30enne. Coltiva un terreno, a mandarini”. Chi le viene in mente, oggi, tra i fratelli del calcio italia-
no, dalla Serie B in su? “Ora non ce ne sono molti, certo i due del Frosinone, Daniel e Matteo Ciofani. In passato naturalmente i Baresi, ma erano difensori”. In generale qual è il segreto per emergere? “Sacrificio e umiltà, tanto più al sud, dove servono strutture, oltre a esperti di calcio. Noi poi siamo stati fortunati perché abbiamo anche uno sponsor tecnico, l’Adidas”. Sul campo quanto incidono ansia e scaramanzia? “Ogni calciatore ha le sue fissazioni. Inoltre c’è chi soffre la partita e chi meno, è soggettivo. All’inizio con meno esperienza avvertivo di più la tensione, acquistando sicurezza l’ansia diminuisce, conta essere consapevoli dei propri mezzi”.
Avete mental coach? “Il primo anno, a Lanciano, con Baroni, era venuto uno, 2-3 volte, a parlare con la squadra. Ma quella figura non è indispensabile”. 13
serie B
di Claudio Sottile
Marino Defendi, centrocampista del Bari
Calcio, pesca e rock and roll Si chiama Marino, è nato a Bergamo in una zona d’Italia che mare non ha, a Bari butta l’attacco con l’esca. Si chiama Defendi, nasce in una zona del campo che interdizione non ha, a Bari si butta all’attacco (anche) per fare da esca. Tutto gira, (anche) intorno a una parola: lustro. Che significa cinque anni, come quelli spesi nel capoluogo pugliese. E che significa merito, come la fascia che porta al braccio. Ma in Puglia aveva già giocato, con la maglia dei rivali del Lecce. Come si diventa capitano del Bari dopo aver militato con i giallorossi? “Non mi è mai pesato il trascorso. Essendo di Bergamo, ho sempre pensato più al Brescia come la squadra dove non giocarci mai. Non mi sono mai posto il problema. A Bari in pochi me l’hanno fatto pesare. Una volta, dopo due giorni che ero arrivato, una persona in centro mi disse ‘Però, quei colori lì…’. Gli risposi che gli unici da non mettere mai sono quelli delle Rondinelle, per il resto…”. Sei un grande amante della pesca, sport in cui servono pazienza, costanza, attenzione, calma e dove, anche se sei grande, sembri piccolo in uno spazio enorme. Possiamo compararlo al campionato di Serie B? “Sì. Nella pesca ti prepari sempre al meglio, il mare è grande, devi cercare il punto giusto ed è difficile pescare. Stesso discorso nei laghetti di pesca sportiva, non è vero che è più facile. Io mi sono avvicinato a questo mondo grazie al mio amico Loris Mistrini. Facendo un paragone col campionato cadetto, tante volte c’eravamo preparati al meglio, la partita sembrava nostra eppure è capitato, come nella pesca, che si sia rotto il filo e spaccato l’amo. Conta il risultato alla lunga, un pesce alla volta 14
il secchio lo riempi. La B è un campionato estenuante, la pazienza ci vuole. E tanta”. Dieci anni or sono, hai fatto parte della spedizione Under 21 per l’Europeo in Portogallo. Di quella rosa, praticamente tutti hanno costruito un percorso in Serie A. Ci pensi mai? “Fortunatamente ho sempre giocato, è quello l’importante. Rimpianti non ne ho. Tuttora mi sto esibendo in una piazza importante. Sono felice della carriera che ho fatto e di ciò che sto facendo. Certo, anche a 30 anni ho da migliorare. Ho vinto tre campionati di B, un obiettivo importantissimo nella carriera di un giocatore e di questo sono fiero. Anche stare cinque anni a Bari è un traguardo importante, in un contesto che vive di calcio. Spero che questa sia l’annata buona, lo merito io, lo meritano i ragazzi che sono stati qui nell’ul-
timo quinquennio e lo merita soprattutto la gente”. In quella Nazionale giocavi con Alessandro Rosina, tuo attuale compagno nel Bari. È il calciatore più forte della categoria? “Ale l’ho sempre visto come il più forte. Quando eravamo in maglia azzurra si vedeva che aveva quel qualcosa in più. È una fortuna averlo nella mia stessa squadra. È il giocatore che nel momento brutto ti risolve la partita. Ti dà qualità in campo e serenità per giocare tranquillo, l’ho sempre visto così. Infatti
ha militato in Champions League e nella Nazionale maggiore. Sì, è tra i più forti della cadetteria. E dello spogliatoio è sicuramente il miglior pescatore, per distacco”. Si dice che quando un forestiero viene al sud piange due volte, quando arriva e quando parte. Tu ti sei commosso anche nel mezzo. Se ti dico 30 maggio 2014? “La partita contro il Novara, che sanciva il nostro ingresso nei playoff. È stata un’emozione indescrivibile. Per com’era cominciata con le difficoltà economiche, per com’era proseguita con il fallimento, era stato come se avessi vinto il campionato, dopo una stagione veramente dura. Raggiungere gli spareggi era stato il coronamento del nostro lavoro. Era una cosa che volevamo tutti già dall’inizio, ce la sentivamo. La squadra c’era a livello di gruppo, di spogliatoio, c’eravamo sempre stati. Nei momenti più grigi, quando eravamo invischiati in piena zona playout, non smisi mai di credere, sapevo che potevamo arrivarci. Non lo credevo solo io, lo credevamo tutti. Quelle lacrime sono state un’esplosione di gioia. Mi rimane sempre il rammarico, perché sono stagio-
serie B
lità è di casa, rispetto al nord dove siamo più freddi e ci vuole più tempo. Qui si vive più tranquillamente, anche il lavoro si concepisce diversamente. Tante volte al nord vivono per lavorare. La società moderna ti porta a farlo ed è sbagliato. I ritmi al sud sono più blandi. Poi il fattore che cambia le persone è il clima, il sole, il mare. È la marcia in più quando ti svegli. Io forse sono un bergamasco atipico, che non beve manco il vino, nonostante la mia mamma abbia mandato avanti una trattoria per 37 anni”.
ni che si vivono una volta sola, il massimo sarebbe stato arrivare in Serie A. Sono sincero. In vacanza non riuscivo a capacitarmi di come mai la città avesse risposto in quella maniera. Dopo la sconfitta ci fecero la parata in piazza, sembrava che fossimo saliti. Non riuscivo a essere felice. Dopo tempo ho capito l’autentico senso di tutto. La vera vittoria è stata far dimenticare a Bari quei momenti negativi che aveva vissuto negli anni passati, riportare 60.000 persone allo stadio e far rivivere un sogno alla città è stata la vittoria più grande. A un certo punto non avevamo i palloni, i magazzinieri ci cucivano a mano le mutande, ci mancava tutto ma non ci mancava niente. Non ci preoccupavamo, ci divertivamo talmente tanto che i problemi societari passavano in secondo piano, anche se non arrivavano gli stipendi a noi non interessava perché c’era il sorriso”. Un bergamasco perché s’innamora di Bari? “Le persone sono più calde, più passionali. Dal primo giorno, indipendentemente dal fatto che giochi a calcio, quando vieni qua sei accolto a braccia aperte. L’ospita-
Hai lavorato anche tu dietro il bancone? “Preparavo i caffè, a mezzogiorno quando c’erano gli operai. Andavo a scuola e mi allenavo, ma appena potevo volavo a dare una mano. La cosa che mi divertiva di più era fare le scommesse nel locale. Mi dicevano ‘Ti dò 50 lire se butti giù le coppette del gelato’, io calciavo e sbam, tutto per terra. La sera arrivavano i ragazzi del paese, li mettevo in porta tra due sedie e il bar diventava il mio personale campo da calcio. Ero il più piccolo, i miei volevano un maschio e ci sono riusciti al quarto tentativo. Mia sorella Lucia, la più grande, mi ha trasmesso la passione per il calcio. Nel bar si parlava solo di pallone. Poi d’estate, quando andavo nei circoli ricreativi, non è che cantavo le canzoni tipo “Azzurro”. Si intonavano i cori dell’Atalanta, sono cresciuto con l’Atalanta nella testa”.
quattro anni, parla barese, gli piacciono i Black Sabbath e canta benissimo ‘Flight of Icarus’ degli Iron Maiden. A Pasqua ha fatto la maratona di Holly e Benji, ha iniziato a buttarmi giù qualche quadro in casa, quando la mamma se ne accorge ci incolpiamo a vicenda poi scoppiamo a ridere. Sono un bambino assieme a lui, mia moglie Eleonora è come se avesse anche me come figlio. In onore del giorno di luglio quando è nato scelgo il 25 come numero di maglia, prima optavo per il 34, che era di Kevin Schwantz nel motociclismo. Sì, mio figlio si chiama così per lui”. Quando una squadra può essere definita rock? “Nell’ultimo periodo siamo stati molto rock, senza controllo, non siamo riusciti a capire gli equilibri che abbiamo. In un’intervista rilasciata a Virgin Radio, Claudio Ranieri ha dichiarato che il suo Leicester è una squadra rock’n’roll. Ecco, loro lo sono sicuramente. Una compagine alla quale non avresti dato due lire e che sta agguantando risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Da loro si è formato quel fattore inconscio di alchimia, come accadde a noi nell’annata fallimentare, che permette di giocare contro chiunque, esprimendo tutto il potenziale possibile. Noi adesso più che rock siamo punk, un po’ alla Sex Pistols. Poi nel logo del Bari c’è una cresta, perciò…”.
La musica, altra tua grande passione. “La prima cassetta che ho avuto è stata ‘Ride the Lightning’ dei Metallica e ce l’ho ancora in auto, non si leggono più le scritte però è nel cruscotto. Seguo molto i live. L’anno scorso sono stato fregato dal ritiro. Avevo preso da mesi i biglietti per rivedere gli AC DC a Imola, sono stato una settimana a sfottere mister Davide Nicola, gli dicevo ‘Grazie per aver messo il raduno proprio quel giorno’. Negli anni ho visto Ozzy Osbourne, Bruce Springsteen, vari concerti reggae, gli AC DC con Leonardo Talamonti, difensore argentino ex Atalanta e Lazio. Quando ero a Lecce suonavo la batteria, mi ero insonorizzato il garage, adesso ho passato il testimone e le bacchette a Kevin, mio figlio. Ha quasi 15
serie B
La scheda Visto che siete punk, immagina la formazione della band. “Il tempo lo porta il batterista, tranne i primi Metallica quando lo faceva Cliff Burton, il bassista. Il batterista potrebbe essere Marco Romizi, bello cattivo. Le chitarre, di spinta e di folate, io e Francesco Valiani, altro rockettaro. Al basso vedo bene un Denis Tonucci a torso nudo, alla Red Hot Chili Peppers. Alla voce Alessandro Micai, uno di bella presenza, il leader che fa scena per le ragazzine. Nome del gruppo? Gli Sconvolts”.
Lo sguardo cambia prospettiva, quasi ad accarezzare qualcosa in fondo alle emozioni. “Sono stato al teatro Petruzzelli per “Le nozze di Figaro” di Mozart, quattro ore filate che mi sono piaciute tantissimo. Una bellissima esperienza, che rifarei. L’ho detto a mia mamma e mi ha svelato che mio papà Lino era un grandissimo appassionato di opera, portava spesso la famiglia all’Arena di Verona. Il dna non mente mai”.
In 6 righe… Ospite benedetto
di Damiano Tommasi
Nello stesso giorno in cui gli ultras d’Italia venivano ricevuti in sedi parlamentari, il figlio del boss Riina era ospite a Porta a Porta sul primo canale TV nazionale. Ricordo ancora l’accoglienza ricevuta in Kosovo 15 anni fa dove gli onori ricevuti erano figli di una convinzione locale che l’ospite lo manda Dio. In effetti, trattandosi forse di audience e voti da raccogliere, anche nei casi sopra citati si può parlare di ospiti benedetti.
16
Marino Defendi è nato a Bergamo il 19 agosto 1985. Cresciuto calcisticamente nel settore giovanile dell’Atalanta, nel quale disputa tutti i campionati, dalla categoria Esordienti a quella Primavera, esordisce in prima squadra nel febbraio del 2005 contro il Bologna. Veste la maglia nerazzurra per altri tre campionati (di cui uno di B vinto, e due di A), passa in prestito al Chievo, quindi al Lecce, torna all’Atalanta, va in prestito al Grosseto, e nel 2011 passa a titolo definitivo al Bari. Ha vestito la maglia della Nazionale Under 19, Under 20 e Under 21 (Gentile allenatore) con la quale ha disputato il campionato Europeo di categoria in Portogallo. Stagione
Squadra
Cat.
P.
G.
2015-16
Bari
Serie B
23
2
2014-15
Bari
Serie B
32
0
2013-14
Bari
Serie B
36
5
2012-13
Bari
Serie B
35
2
2011-12
Bari
Serie B
26
0
2010-11
Grosseto
Serie B
18
1
2010-11
Atalanta
Serie B
0
0
2009-10
Lecce
Serie B
26
3
2008-09
Atalanta
Serie A
19
0
2007-08
Chievo
Serie B
4
0
2007-08
Atalanta
Serie A
6
0
2006-07
Atalanta
Serie A
17
1
2005-06
Atalanta
Serie B
31
4
2004-05
Atalanta
Serie A
1
0
serie B
di Tommaso Franco
La pazza banda di Juric
La cavalcata da sogno del miracolo Crotone
Parlare del Crotone Perché non sempre chi diventa protadopo la cavalcata gonista è necessariamente annunciato a trionfale significhegran voce dello speaker. Non sempre chi rebbe ribadire l’ovvio. è atteso giunge per primo al traguardo. Ne parlano tutti, oggi, Capita, talvolta, che chi pensava di essere del Crotone. Di questo una comparsa, si ritrova attore protagonimiracolo che riporta la sta in un film nominato per gli oscar. massima serie in terra Il premio come miglior regista va certacalabra, dove il Catanmente ad Ivan Juric, alla sua “prima” in B. Ai zaro prima e la Reggisuoi ragazzi, con merito equamente suddina poi, hanno scritto viso, la statuetta per essere stati i “migliori pagine importanti. attori protagonisti” del campionato. Tocca a loro, adesso. Ed è proprio questo, il bello dei ragazzi del Alla fantastica, giovane, pazza banda di Crotone. Essere riusciti a stupire tutti, perfino Juric (nella foto), sì, proprio lui che la maloro stessi, probabilmente. È un campionato glia pitagorica l’ha anche vestita da calche doveva essere in linea con le ambizioni ciatore. E quest’ovvio, ammirato e applaudi una comoda posizione di metà classifidito da tutti, va ribadito con tutte le forze. ca diviene una cavalcata Va ribadito che, anche senza sforzi econoda sogno. Nel LAPADULA SENSI mici al di fuori della propria penulPescara 6,53 Cesena 6,38 portata, si può costruire un FALETTI BUDIMIR gruppo, si può Ternana 6,36 MARTELLA Crotone 6,46 vincere, so- Crotone 6,50 RICCI Crotone 6,64 gnare al di YAO Crotone 6,35 VIOLA là di CORDAZ Crotone 6,37
CLAITON Crotone 6,28
La miglior formazione di Serie B dall’inizio del torneo
ogni più rosea previsione. Un allenatore giovanissimo, una rosa altrettanto giovane, se parametrata alle altre della B. Un gioco spumeggiante, divertente. Un pubblico caloroso ed entusiasta. Si può, quindi, sognare. Così come sta accadendo oltre Manica al Leister di Claudio Ranieri, la banda Juric sembra non sentire il peso della strada fatta, sembra non accusare la fatica che chiunque, alla fine di un viaggio così lungo, porta nei muscoli e nella testa. Nascono così, i miracoli. Dalla voglia di stupire e di stupirsi ogni giorno. E così Ricci, Yao, Martella (nella foto), Ferrari, Cordaz, Budimir e tutti gli altri si sono presentati al grande pubblico passando dalla porta sul retro.
Novara 6,39
timo appuntamento della rubrica per questa stagione 7 calciatori del Crotone sono “titolari” nella nel “4-4-2” della Top 11 di categoria. Cordaz tra i pali, la linea difensiva al completo (Ferrari, Claiton, Yao e Martella), Ricci a centrocampo e Budi-
FERRARI Crotone 6,28
Portieri CORDAZ PIGLIACELLI LANNI MAZZONI IACOBUCCI
Crotone Pro Vercelli Ascoli Ternana Entella
6,37 6,31 6,31 6,30 6,28
Difensori MARTELLA YAO CLAITON FERRARI TROEST
Crotone Crotone Crotone Crotone Novara
6,50 6,35 6,28 6,28 6,24
Centrocampisti RICCI VIOLA SENSI FALETTI FARAGÒ
Crotone Novara Cesena Ternana Novara
6,64 6,39 6,38 6,36 6,38
Attaccanti LAPADULA BUDIMIR PICCOLO PALLADINO CERAVOLO
Pescara Crotone Spezia Crotone Ternana
6,53 6,46 6,39 6,37 6,37
mir in attacco. A centrocampo, insieme a Ricci, troviamo Viola (Novara), Faletti (Ternana) e Sensi (Cesena). Davanti è Lapadula (Pescara) a completare il reparto al fianco di Budimir. La punta del Pescara è il calciatore con la miglior media voto (6,53) ed è il miglior realizzatore della Serie B con 21 centri in 33 presenze.
Facciamo la Formazione Con il sesto ed ultimo incontro si è chiusa a Vercelli la quarta edizione di “Facciamo la Formazione”, il corso formativo per calciatori in attività organizzato dall’Associazione Italiana Calciatori in collaborazione con la Lega B. Docente della giornata il Direttore organizzativo AIC Fabio Poli, che ha relazionato i partecipanti in materia di “Marketing e management partendo dallo sport”. All’incontro, oltre alla squadra al completo, ha partecipato anche l’allenatore dei biancocrociati Claudio Foscarini. Interessante il dibattito sul “calcio oltre il calcio”, per capire insieme cosa si sviluppa intorno al “pallone” ed al di là del calcio giocato. I calciatori si sono confrontati, durante il percorso formativo, con tema-
tiche che vanno dalla psicologia al marketing, dall’organizzazione alla leadership fino alla comunicazione, con un occhio di riguardo all’utilizzo dei social network. Il corso ha così fornito una preparazione specifica per ricoprire alcune importanti “nuove” figure all’interno di un club, partendo da un approccio di approfondimento generale propedeutico a qualsiasi professione manageriale, per arrivare ad analizzare le singole posizioni. Al termine della giornata, presso la sala stampa della squadra piemontese, si è svolta anche la consegna degli attestati di partecipazione.
Lega Pro
di Tommaso Franco
Finale di stagione entusiasmante
Lega Pro: il momento dei verdetti Nei tre Gironi di Lega Pro mancano, nel momento in cui scriviamo, sei partite al termine del campionato. Sei battaglie ancora per raggiungere gli obiettivi di una stagione che, di sorprese, ne ha riservate parecchie. Il primo posto nei Gironi A e B, salvo clamorose debacle nel finale, sembrano assegnati. E così Cittadella e Spal sentono il profumo da lontano della serie cadetta. I primi, avvezzi alla categoria, hanno attraversato il palcoscenico della Lega Pro molto velocemente. I secondi mancano dalla B da troppe stagioni e a Ferrara sarà, presumibilmente, festa grande. Il Girone C sembra essere un poco più incerto, con il Benevento a guardare tutti dall’alto ma con un margine più esiguo. Le agguerrite inseguitrici, Lecce e Foggia, possono ancora provare l’aggancio alla prima posizione che vale la promozione diretta. Dal Gargano al Salento i tifosi sognano di passare da primi della classe. Tornano alla mente il Foggia di Signori e Baiano, con Zeman in panchina. E il Lecce di Ledesma, Chevanton e di un giovanissimo Graziano Pellè. Nel Foggia di oggi troviamo anche il calciatore capace di mettere a segno ben 20 centri in campionato, il capocannoniere del Girone C. Pietro Iemmello, at taccante classe 1992 (nella foto in
alto). Cresciuto nel vivaio della Fiorentina, ha vestito le maglie di Pro Vercelli Portieri e Novara prima di approdare in Puglia. PISSERI Monopoli 6,43 Dal 2013 lo Spezia ne ha acquisito le preRAVAGLIA Cremonese 6,42 FURLAN Lumezzane 6,41 stazioni sportive ma ha sempre lasciato GRANDI Catanzaro 6,35 che il ragazzo si “facesse le ossa” lontano NARDI Santarcangiolese 6,34 dalla terra ligure. E il talento di Catanzaro ha dimostrato di saperci fare ed è in Difensori corsa per conquistarsi la “B” sul campo LUCIONI Benevento 6,47 con i rossoneri del Foggia. È il beniamino DE ALMEIDA Foggia 6,33 della tifoseria ed un punto fermo per alFAISCA Maceratese 6,31 lenatore e compagni. La sua media voto LISUZZO Pisa 6,29 è di 6,43, terzo in graduatoria tra gli atCAPUANO Akragas 6,28 taccanti immediatamente alle spalle di Centrocampisti Neto Pereira del Padova (6,49) e Kouko DETTORI Carrarese 6,55 della Maceratese (6,44). GASBARRONI Giana Erminio 6,47 Nel Girone A, con 14 reti, troviamo ex-aeLAZZARI Spal 6,44 quo Andrea Brighenti della Cremonese PEDERZOLI Pordenone 6,44 (media 6,31) e Riccardo Bocalon dell’AMORA Spal 6,42 lessandria (media 6,25) uno dei protagonisti della splendida cavalcata in Coppa Attaccanti NETO PEREIRA Padova 6,49 Italia dei “grigi”. Entrambi non sono riuKOUKO Maceratese 6,44 sciti, tuttavia, a guadagnare un posto nel IEMMELLO Foggia 6,43 “Top Team” della categoria. PETRELLA Teramo 6,41 All’appello, per chiudere il cerchio sui miDE CENCO Pordenone 6,37 gliori realizzatori, ecco Stefano Scappini del Pontedera (media 6,20 e 22 reti in campionato). È lui il miglior realizzatore della categoria ed è lui l’unico ad aver pionato la stampa ha considerato negativa una sua prestazione valutandolo segnato cinque reti in una sola partita sempre con voti superiori al 6,00. Il picco (Lupa Frascati-Pontedera 2-5): media è stato raggiunto nel sedicesimo turno voto 9,00 in quel match. quando Dettori ha messo d’accordo tutti Passiamo ora al giocatore del mese, che ha quanto a voti ha sbaragliato la conguadagnando la media dell’otto corredata da una tripletta nel derby toscano correnza dei colleghi: si tratta del centrocontro il Prato. Nelle ultime quattro stacampista Francesco Dettori (nella foto gioni ha indossato, sempre il Lega Pro, a fianco) della Carrarese, media 6,55. A anche le maglie di Cremonese, Perugia Carrara aveva già giocato (stagione 20132014), l’anno successivo ad Arezzo prima ed Arezzo garantendo sempre una media superiore alla sufficienza. del ritorno. Per lui 28 presenze, 2516 minuti giocati e 6 reti realizzate in questa stagione in cui ha vantato una continuità NETO PEREIRA LAZZARI Padova 6,49 di rendimento davvero di Spal 6,44 alto livello. PEDERZOLI KOUKO Mai in tutto il Pordenone 6,44 CAPUANO Maceratese 6,44 Akragas 6,28 corso del camDETTORI Carrarese 6,55
FAISCA Maceratese 6,31 PISSERI Monopoli 6,43
LUCIONI Benevento 6,47
GASBARRONI Giana Erminio 6,47
DE ALMEIDA Foggia 6,33
La miglior formazione di Lega Pro dall’inizio del torneo
scritto per noi
di Alessandro Comi
La difficile situazione dell’A.C. Rimini 1912
Ivan Pedrelli: l’altra (triste) metà del calcio Una situazione difficile. Molto difficile. Purtroppo non è raro, negli ultimi anni, doversi confrontare, seppur in un calcio professionistico all’avanguardia come il nostro, con stipendi non pagati, con società in crisi, con situazioni lavorative al limite della sostenibilità. È il caso, stavolta, del Rimini e dei suoi tesserati, che sono arrivati (insieme all’AIC) ad annunciare anche uno sciopero (poi sospeso) per sbloccare una situazione davvero inaccettabile. Microfono ad Ivan Pedrelli, difensore diventato in poco tempo simbolo dei biancorossi: “La situazione non è delle più belle sicuramente” – spiega – “La società dopo aver pagato 2 mensilità è sparita lasciandoci svariati problemi, dalla mancanza di un dottore al continuo via vai di massaggiatori: fortunatamente ora ne abbiamo uno che viene gratis per l’amicizia creata con i giocatori e quindi è solo da ringraziare per il tempo che perde con noi. E poi residence, ristoranti non pagati, collette della solidarietà fatte dai tifosi per pagarci trasferte in pullman e ritiri…”. Il contatto (frequente) con l’AIC e la scelta di non giocare: “La decisione di indire uno sciopero ha smosso un po’ le acque e la Lega ha garantito di sbloccare le fideiussioni per garantire i pagamenti fino fine anno. Per questo, e grazie anche alla passione dei tifosi che ci sono stati vicini e ci hanno sovvenzionato la trasferta di Teramo, abbiamo deciso di sospendere l’azione di protesta e cercare di raggiungere una salvezza per noi giocatori in primis e poi anche per tutti coloro che ci hanno messo il cuore per non far decadere il Rimini Calcio in una categoria più bassa”. Situazione molto difficile, si diceva, di quelle che un calciatore non si aspetterebbe mai nella sua carriera…: “Sicuramente a livello societario è la situazione più triste che abbia mai trovato, ho toccato davvero il fondo ora, ma non demordo e spero nel futuro di trovare situazioni più felici”. C’è una salvezza da raggiungere, con tutta la passione e la professionalità che resta nonostante tutto, per arrivare a fine stagione senza alcun rammarico: “Ce la metteremo tutta. Personalmen-
te non voglio dovermi voltare indietro ed accorgermi di aver lasciato qualcosa per strada. In carriera di momenti brutti ne passano tutti: a me, per esempio, è rimasto lì il fatto di non essere più tornato a giocare in Serie B e il fatto di aver perso 4 playoff per salire di categoria di cui 2 a Benevento,1 a Foggia e 1 con l’Aquila”. Ma in carriera, per fortuna, ci sono anche tanti momenti positivi: “Diciamo subito che al primo posto metto la mia famiglia, mia moglie e mio figlio. Calcisticamente parlando invece la
miglior stagione è stata quella vissuta a Foggia: arrivavo da un anno fermo per infortunio per un’ernia al disco, ed ero senza squadra. Avevo 10 kg di sovrappeso ma grazie al D.S. Fusco, che ha creduto in me, ho fatto 2 mesi di prova per rimettermi in sesto e da lì ho giocato 6 mesi finali di stagione più belli della mia carriera”. Ivan Pedrelli è nato a Bologna l’8 aprile del 1986. La sua carriera calcistica ha inizio nel 2005 con il Bologna in Serie B, la stagione successiva al Verona, poi Venezia, Foggia, 4 stagioni al Benevento, Ischia e Aquila.
Lo sciopero “rientrato” Breve cronistoria di quanto è accaduto in questi mesi ai calciatori dell’A.C. Rimini 1912, vicenda che li ha portati a proclamare uno sciopero e alla successiva sospensione dell’azione di protesta. Dopo mesi di mancati pagamenti degli stipendi, il 17 marzo, appoggiati dall’AIC, i tesserati biancorossi fanno uscire un comunicato per “rendere noti i molteplici problemi con cui quotidianamente conviviamo e che dignitosamente da diversi mesi stiamo affrontando. Non si tratta di “capricci” di ragazzi privilegiati: in Lega Pro non ci sono stipendi faraonici, ma compensi normali, che ci consentono di far vivere dignitosamente le nostre famiglie”. Ma non si tratta solo di stipendi: niente staff medico, niente materiale sportivo, niente soldi per le trasferte, nemmeno l’acqua per gli allenamenti. Alloggi e ristoranti non pagati dalla società e la decisione dei calciatori di
rinunciare ad una parte dell’ingaggio richiedendo lo sblocco della fidejussione per garantire il pagamento degli stipendi arretrati. Il 30 marzo, constatato il mancato rispetto degli obblighi contrattuali e le mancate risposte da parte della Società riminese, AIC e prima squadra del Rimini comunicano che “in assenza dell’adempimento delle obbligazioni maturate entro venerdì 1 aprile p.v. e per tale denegata ipotesi, viene indetto fin d’ora uno sciopero dei calciatori tesserati per la società A.C. Rimini 1912 s.r.l. per la giornata del 2 aprile 2016”. Il 1° aprile la situazione si sblocca e l’AIC comunica la revoca dello sciopero. La decisione viene presa a seguito delle rassicurazioni da parte della Lega Pro riguardo il pagamento degli emolumenti ai tesserati. I calciatori scendono quindi regolarmente in campo per la partita del giorno successivo contro il Teramo. 19
scatti
Faccia a faccia
Roberto Soriano e Paolo Valeri in Genoa – Sampdoria 2-3
20
di Maurizio Borsari
scatti
In perfetta linea
Paolo Sousa e Nicola Rizzoli in Fiorentina – Lazio 1-3
Ferro del mestiere
Mazzoleni, Medel e Murillo in Fiorentina – Inter 2-1
21
calcio e legge
di Stefano Sartori
Caso De Lucia/Livorno
Clausola arbitrale e diritto alla retribuzione Una recente delibera del Collegio Arbitrale costituito presso la Lega Serie B consente la disamina di alcuni aspetti rilevanti che derivano dalla sottoscrizione del contratto economico di durata pluriennale e dalla relativa clausola arbitrale.
I fatti L’ex portiere dell’AS Livorno Alfonso De Lucia (foto in basso) si rivolgeva al Collegio Arbitrale per ottenere la condanna del club al pagamento degli importi relativi all’attività lavorativa prestata nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2014. Nel ricorso veniva precisato che, a seguito di ricorso introdotto dal club, il contratto era stato risolto con decorrenza 11 ottobre 2013 dal Collegio Arbitrale presso la Lega Serie A (CU del 24 marzo 2014) per grave inadempimento, consistito nell’aver querelato il Presidente del Livorno senza avere ottenuto l’autorizzazione da parte del Consiglio Federale. La mancata concessione della deroga aveva comportato, per De Lucia, una squalifica di 6 mesi (commentata nel “Calciatore” di gennaio/ febbraio 2014). La risoluzione del contratto chiesta ed ottenuta dal Livorno era stata confermata dal Tribunale di Roma che, con sentenza del 3 febbraio 2015, aveva respinto l’impugnazione condannando De Lucia al pagamento delle spese. Ciò premesso, il giocatore evidenziava che, nonostante la data di decorrenza della risoluzione (11 ottobre 2013), nei mesi da gennaio a marzo 2014 aveva regolarmente prestato la pro22
pria attività professionale senza che la società avesse obiettato alcunché. Pertanto, richiamando l’art. 2126 c.c. “La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa”, concludeva affermando il diritto di vedersi riconosciuta la retribuzione contrattuale relativa ai tre mesi sopra indicati.
La società si costituiva eccependo in primo luogo l’incompetenza del Collegio Arbitrale adito essendo in sua vece competente il Collegio Arbitrale presso la Lega Serie A o il Tribunale di Livorno e, nel merito, sostenendo l’infondatezza della domanda del calciatore in quanto, essendo il contratto stato risolto per fatto imputabile al calciatore, nulla doveva essere più corrisposto dalla data di decorrenza della risoluzione e cioè a partire dall’11 ottobre 2013. In via subordinata, anche volendo riconoscere un credito al calciatore per il trimestre gennaio/marzo 2014, il Livorno sosteneva che l’importo non poteva essere liquidato sulla base del contratto risolto ma semmai sulla base dei minimi salariali previsti per la Serie A nella stagione 2013/2014. Infine e coerentemente con quanto evidenziato, il club chiedeva in via riconvenzionale la restituzione degli emolumenti contrattuali corrisposti nel trimestre ottobre - dicembre 2013 in quanto anch’essi privi di titolo, essendo posteriori all’11 ottobre 2013.
La decisione del Collegio
Il Collegio ha dovuto quindi esaminare due questioni aventi ad oggetto la propria competenza e la fondatezza del diritto del calciatore a percepire per intero la retribuzione gennaio/ marzo 2014. 1) Competenza: per quanto riguarda l’eccezione preliminare sollevata dal Livorno, il Collegio l’ha ritenuta infondata e ciò a prescindere dal fatto, peraltro non secondario, che la società non abbia chiaramente esposto i motivi per cui sarebbe competente il CA presso la Serie A o il giudice dello stato. Appare sufficiente rilevare che: a) il Regolamento del Collegio Arbitrale per la Serie A (art. 1.4) esclude la propria competenza in quanto alla data della proposizione della domanda il club non militava più nella massima categoria b) l’art 1.2 comma 2 del Regolamento per la Serie B prevede testualmente che “il CA svolge funzione di conciliazione e di risoluzione di tutte le controversie, ivi incluse quelle aventi ad oggetto l’accertamento e la liquidazione del danno derivante da inadempimento contrattuale, concernenti i rapporti regolati dall’accordo collettivo tra le società sportive partecipanti al campionato di serie B e i calciatori professionisti per esse tesserati”. È quindi decisivo il fatto che, al momento dell’introduzione del ricorso, il Livorno militava nel campionato di Serie B e quindi la logica conseguenza è che la piena competenza sia attribuita al Collegio costituito presso la Serie B. Va inoltre aggiunto che già il precedente lodo arbitrale del 24 marzo 2014 affermava che “la pronuncia di risoluzione del contratto che lega il Livorno a De Lucia con effetti a decorrere dall’l ottobre 2013 deve essere resa compatibile … con quanto previsto dal codice civile in relazione ai contratti ad esecuzione continuata o
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Aprile
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Modifiche al Codice di Giustizia Sportiva FIGC
speciale Approvate con CU 255/27.01.16 e 339/12.04.16
Modifiche al Codice di Giustizi Pubblichiamo a seguire il testo raffrontato comprensivo delle recenti modifiche al Codice di Giustizia Sportiva adottate per adeguarlo al Codice di Giustizia Sportiva del CONI approvato dal Consiglio Nazionale il 9 novembre 2015.
Art. 16 POTERI DISCIPLINARI Vecchio testo
Nuovo Testo
TITOLO II SANZIONI
TITOLO II SANZIONI
1. Gli Organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva.
1. Gli Organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva.
2. Le sanzioni disciplinari possono essere applicate anche congiuntamente.
2. Le sanzioni disciplinari possono essere applicate anche congiuntamente.
2 bis. Gli organi della giustizia sportiva possono sospendere la esecuzione delle sanzioni disciplinari di cui all’art. 18, comma 1 lett. d), e), f), comminate alle società in applicazione dell’art. 11, comma 3. Con la sospensione della esecuzione della sanzione, gli organi di giustizia sportiva sottopongono la società ad un periodo di prova di 1 anno. Se durante il periodo di prova, si incorre nella stessa violazione, la sospensione è revocata e la sanzione si applica in aggiunta a quella comminata per la nuova violazione.
2 bis. Gli Organi della giustizia sportiva possono sospendere la esecuzione delle sanzioni disciplinari di cui all’art. 18, comma 1 lett. d), e), f), comminate alle società in applicazione dell’art. 11, comma 3. Con la sospensione della esecuzione della sanzione, gli organi di giustizia sportiva sottopongono la società ad un periodo di prova di 1 anno. Se durante il periodo di prova, si incorre nella stessa violazione, la sospensione è revocata e la sanzione si applica in aggiunta a quella comminata per la nuova violazione.
3. In aggiunta alle sanzioni disciplinari, gli Organi della giustizia sportiva possono imporre prescrizioni dirette a garantire l’esecuzione delle sanzioni stesse.
3. In aggiunta alle sanzioni disciplinari, gli Organi della giustizia sportiva possono imporre prescrizioni dirette a garantire l’esecuzione delle sanzioni stesse.
4. In aggiunta alle sanzioni disciplinari, gli Organi della giustizia sportiva possono adottare nei confronti dei responsabili di violazioni disciplinari prescrizioni dirette ad affermare il rispetto dei valori sportivi e a favorire i processi educativi e di reinserimento nell’ordinamento sportivo.
4. In aggiunta alle sanzioni disciplinari, gli Organi della giustizia sportiva possono adottare nei confronti dei responsabili di violazioni disciplinari prescrizioni dirette ad affermare il rispetto dei valori sportivi e a favorire i processi educativi e di reinserimento nell’ordinamento sportivo. 4 bis. Gli Organi di giustizia sportiva, operanti in ambito dilettantistico e di Settore Giovanile, nelle decisioni riguardanti condotte violente nei confronti degli ufficiali di gara, devono specificare che le sanzioni comminate vanno considerate ai fini della applicazione delle misure amministrative a carico delle società dilettantistiche e di settore giovanile, deliberate dal Consiglio Federale per prevenire e contrastare tali episodi.
5. Gli organi della giustizia sportiva possono condannare la parte soccombente che abbia proposto una lite temeraria al pagamento delle spese a favore dell’altra parte fino a una somma pari al triplo del contributo per l’accesso ai servizi di giustizia sportiva e comunque non inferiore a 500 euro.
5. Gli Organi della giustizia sportiva possono condannare la parte soccombente che abbia proposto una lite temeraria al pagamento delle spese a favore dell’altra parte fino a una somma pari a dieci volte il contributo per l’accesso ai servizi di giustizia sportiva e comunque non inferiore a 500 euro.
6. Se la condotta della parte soccombente assume rilievo anche sotto il profilo disciplinare, gli organi di giustizia sportiva segnalano il fatto al procuratore federale.
6. Se la condotta della parte soccombente assume rilievo anche sotto il profilo disciplinare, gli organi di giustizia sportiva segnalano il fatto al Procuratore federale.
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zia Sportiva Figc Art. 20 SOSPENSIONE CAUTELARE Vecchio testo
Nuovo Testo
1. Su richiesta del Procuratore federale, gli Organi della giustizia sportiva possono disporre, in via cautelare, la sospensione da ogni attività dei tesserati nei cui confronti è instaurato o è in corso un procedimento disciplinare.
1. Su richiesta del Procuratore federale, il Tribunale Federale, in presenza di gravi e concordanti indizi di colpevolezza, qualora sussista il concreto ed attuale pericolo che l’incolpando commetta illeciti della stessa specie di quello per cui si procede può, per fatti di particolare gravità, disporre in via cautelare, la sospensione da ogni attività dei tesserati nei cui confronti è instaurato o è in corso un procedimento disciplinare.
2. Su richiesta del Procuratore federale, gli Organi della giustizia sportiva possono disporre il divieto temporaneo di utilizzazione del campo delle società nei confronti delle quali è instaurato o è in corso un procedimento disciplinare.
2. Su richiesta del Procuratore federale, il Tribunale federale può disporre il divieto temporaneo di utilizzazione del campo delle società nei confronti delle quali è instaurato o è in corso un procedimento disciplinare per fatti gravi. 2 bis. Il Tribunale federale se, per ragioni di urgenza, non può convocare il soggetto interessato alla misura cautelare, decide con decreto motivato e convoca le parti per l’audizione da effettuarsi entro tre giorni dalla comunicazione del decreto che può essere confermato o revocato. 2 ter. Contro il provvedimento del Tribunale federale è ammesso reclamo entro sette giorni dalla comunicazione alla Corte federale di appello, la quale, concessi i termini a difesa e convocate le parti, decide nei successivi 20 giorni.
3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 sono reclamabili in unica istanza innanzi ad altro giudice appartenente allo stesso organo di giustizia e divengono inefficaci dopo trenta giorni dalla loro pronuncia, salvo motivata rinnovazione per un periodo non superiore a trenta giorni. La proposizione del reclamo non ha effetti sulla sospensione.
3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 divengono inefficaci dopo sessanta giorni dalla loro pronuncia, salvo motivata rinnovazione per una sola volta e per un periodo non superiore a sessanta giorni, da richiedersi prima della scadenza del periodo di sospensione inflitto ed a condizione che contestualmente sia stato proposto l’atto di deferimento. La proposizione del reclamo non ha effetti sulla sospensione.
4. La rinnovazione di cui al comma 3 non può essere disposta per più di una volta e va adottata prima della scadenza del periodo di sospensione inflitto. 5. I periodi di sospensione già scontati, devono essere computati nella sanzione eventualmente irrogata.
4. I periodi di sospensione già scontati, devono essere computati nella sanzione eventualmente irrogata.
6. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 devono essere motivati.
5. I provvedimenti di cui ai commi 1, 2, 2 bis e 2 ter devono essere motivati.
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ART. 23 APPLICAZIONE DI SANZIONI SU RICHIESTA DELLE PARTI Vecchio testo
Nuovo testo
I soggetti di cui all’art. 1 bis comma 1 possono accordarsi con la Procura federale, prima che termini la fase dibattimentale di primo grado, per chiedere all’organo giudicante l’applicazione di una sanzione ridotta, indicandone le specie e la misura.
1. I soggetti di cui all’art. 1 bis comma 1 possono accordarsi con la Procura federale, prima dello svolgimento della prima udienza innanzi al Tribunale federale, per chiedere all’organo giudicante l’applicazione di una sanzione ridotta, indicandone le specie e la misura.
2. L’accordo è trasmesso, a cura della Procura federale, al Procuratore generale dello sport presso il CONI, che, entro i dieci giorni successivi, può formulare osservazioni con riguardo alla correttezza della qualificazione dei fatti operata dalle parti e alla congruità della sanzione indicata. Decorso tale termine, in assenza di osservazioni, l’accordo è trasmesso, a cura della Procura federale, all’organo giudicante che, se reputa corretta la qualificazione dei fatti operata dalle parti e congrua la sanzione indicata, ne dichiara la efficacia con apposita decisione. L’efficacia dell’accordo comporta, ad ogni effetto, la definizione del procedimento e di tutti i relativi gradi nei confronti del richiedente, salvo che non sia data completa esecuzione, nel termine perentorio di 30 giorni successivi alla pubblicazione della decisione, alle sanzioni pecuniarie contenute nel medesimo accordo. In tal caso, su comunicazione del competente ufficio, l’organo di giustizia sportiva revoca la propria decisione ed, esclusa la possibilità di concludere altro accordo ai sensi del comma 1, fissa l’udienza per il dibattimento, dandone comunicazione alle parti, alla Procura Federale ed al Procuratore generale dello sport presso il CONI. La pronuncia dovrà essere emanata entro i 60 giorni successivi dalla revoca della prima decisione.
2. L’accordo è sottoposto, a cura della Procura federale, all’organo giudicante che, se reputa corretta la qualificazione dei fatti operata dalle parti e congrui la sanzione o gli impegni indicati, ne dichiara anche fuori udienza la efficacia con apposita decisione.
3. Il comma 1 non trova applicazione per i casi di recidiva e per i fatti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica qualificati come illecito sportivo dall’ordinamento federale.
3. Il comma 1 non trova applicazione per i casi di recidiva e per i fatti commessi con violenza che abbiano comportato lesioni gravi della persona, nonché per i fatti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica qualificati come illecito sportivo dall’ordinamento federale.
L’efficacia dell’accordo comporta, ad ogni effetto, la definizione del procedimento e di tutti i relativi gradi nei confronti del richiedente, salvo che non sia data completa esecuzione, nel termine perentorio di 30 giorni successivi alla pubblicazione della decisione, alle sanzioni pecuniarie contenute nel medesimo accordo. In tal caso, su comunicazione del competente ufficio, l’organo di giustizia sportiva revoca la propria decisione ed, esclusa la possibilità di concludere altro accordo ai sensi del comma 1, fissa l’udienza per il dibattimento, dandone comunicazione alle parti, alla Procura federale ed al Procuratore generale dello sport presso il CONI. La pronuncia dovrà essere emanata entro i 60 giorni successivi dalla revoca della prima decisione.
ART. 29 GIUDICI SPORTIVI NAZIONALI E TERRITORIALI Vecchio testo
Nuovo Testo
1. I Giudici Sportivi sono articolati a livello nazionale e a livello territoriale. I Giudici sportivi nazionali sono giudici di primo grado competenti per i campionati e le competizioni nazionali, nonché per le attività agonistiche direttamente organizzate dalla LND. I Giudici sportivi territoriali sono giudici di primo grado competenti per i campionati e le competizioni territoriali.
1. I Giudici sportivi sono articolati a livello nazionale e a livello territoriale. I Giudici sportivi nazionali sono giudici di primo grado competenti per i campionati e le competizioni nazionali, nonché per le attività agonistiche direttamente organizzate dalla LND. I Giudici sportivi territoriali sono giudici di primo grado competenti per i campionati e le competizioni territoriali.
2. I Giudici sportivi giudicano in prima istanza in ordine ai fatti, da chiunque commessi, avvenuti nel corso di tutti i campionati e
2. I Giudici sportivi giudicano in prima istanza in ordine ai fatti, da chiunque commessi, avvenuti nel corso di tutti i campionati e
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le competizioni organizzate dalle Leghe e dal Settore per l’attività giovanile e scolastica, sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali e dei mezzi di prova di cui all’art. 35.
le competizioni organizzate dalle Leghe e dal Settore per l’attività giovanile e scolastica, sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali e dei mezzi di prova di cui all’art. 35. Il giudice sportivo può effettuare audizioni ai fini della decisione.
3. I Giudici sportivi giudicano, altresì, in prima istanza sulla regolarità dello svolgimento delle gare, con esclusione dei fatti che investono decisioni di natura tecnica o disciplinare adottate in campo dall’arbitro, o che siano devoluti alla esclusiva discrezionalità tecnica di questi ai sensi della regola 5 del Regolamento di Giuoco.
3. I Giudici sportivi giudicano, altresì, in prima istanza sulla regolarità dello svolgimento delle gare, con esclusione dei fatti che investono decisioni di natura tecnica o disciplinare adottate in campo dall’arbitro, o che siano devoluti alla esclusiva discrezionalità tecnica di questi ai sensi della regola 5 del Regolamento di Giuoco.
4. Il procedimento di cui ai commi 2 e 3 è instaurato: a) d’ufficio e si svolge sulla base dei documenti ufficiali; b) su reclamo, che deve essere preannunciato entro le ore 24 del giorno successivo a quello della gara alla quale si riferisce. Le motivazioni del reclamo e la relativa tassa devono essere trasmesse nel termine di tre giorni, esclusi i festivi, da quello in cui si è svolta la gara.
4. Il procedimento di cui ai commi 2 e 3 è instaurato: a) d’ufficio e si svolge sulla base dei documenti ufficiali; b) su reclamo, che deve essere preannunciato entro le ore 24 del giorno successivo a quello della gara alla quale si riferisce. Le motivazioni del reclamo e la relativa tassa devono essere trasmesse nel termine di tre giorni, esclusi i festivi, da quello in cui si è svolta la gara.
5. I Giudici sportivi giudicano in prima istanza sulla regolarità del campo di giuoco (porte, misure del terreno di giuoco, ecc.).
5. I Giudici sportivi giudicano in prima istanza sulla regolarità del campo di giuoco (porte, misure del terreno di giuoco, ecc.).
6. Il procedimento di cui al comma 5 è instaurato: a) d’ufficio e si svolge sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali; b) su reclamo, che deve essere preceduto da specifica riserva scritta presentata all’arbitro dalla società prima dell’inizio della gara, ovvero da specifica riserva verbale, nel caso in cui la irregolarità sia intervenuta durante la gara o per altre cause eccezionali, formulate dal capitano della squadra interessata, che l’arbitro deve ricevere alla presenza del capitano dell’altra squadra, facendone immediata annotazione sul cartoncino di gara. Il reclamo deve essere preannunciato entro le ore 24.00 del giorno feriale successivo a quello della gara alla quale si riferisce. Le motivazioni del reclamo e la relativa tassa devono essere trasmesse nel termine di tre giorni, esclusi i festivi, da quello in cui si è svolta la gara.
6. Il procedimento di cui al comma 5 è instaurato: a) d’ufficio e si svolge sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali; b) su reclamo, che deve essere preceduto da specifica riserva scritta presentata all’arbitro dalla società prima dell’inizio della gara, ovvero da specifica riserva verbale, nel caso in cui la irregolarità sia intervenuta durante la gara o per altre cause eccezionali, formulate dal capitano della squadra interessata, che l’arbitro deve ricevere alla presenza del capitano dell’altra squadra, facendone immediata annotazione sul cartoncino di gara. Il reclamo deve essere preannunciato entro le ore 24.00 del giorno feriale successivo a quello della gara alla quale si riferisce. Le motivazioni del reclamo e la relativa tassa devono essere trasmesse nel termine di tre giorni, esclusi i festivi, da quello in cui si è svolta la gara.
7. I Giudici sportivi giudicano in prima istanza sulla posizione irregolare dei calciatori, dei tecnici e/o degli assistenti di parte impiegati in gare, ai sensi dell’art. 17, comma 5.
7. I Giudici sportivi giudicano in prima istanza sulla posizione irregolare dei calciatori, dei tecnici e/o degli assistenti di parte impiegati in gare, ai sensi dell’art. 17, comma 5.
8. Il procedimento di cui al comma 7 è instaurato: a) d’ufficio, sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali di gara; b) su reclamo, che deve essere preannunciato entro le ore 24.00 del giorno feriale successivo a quello della gara alla quale si riferisce. Le motivazioni del reclamo e la relativa tassa devono essere trasmesse nel termine di tre giorni, esclusi i festivi, da quello in cui si è svolta la gara stessa. Nelle gare di play-off e play-out il reclamo con la tassa e le relative motivazioni deve essere presentato entro le ore 24.00 del giorno feriale successivo alla gara.
8. Il procedimento di cui al comma 7 è instaurato: a) d’ufficio, sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali di gara; b) su reclamo, che deve essere preannunciato entro le ore 24.00 del giorno feriale successivo a quello della gara alla quale si riferisce. Le motivazioni del reclamo e la relativa tassa devono essere trasmesse nel termine di tre giorni, esclusi i festivi, da quello in cui si è svolta la gara stessa. Nelle gare di play-off e play-out il reclamo con la tassa e le relative motivazioni deve essere presentato entro le ore 24.00 del giorno feriale successivo alla gara.
8 bis. Per tutti i procedimenti innanzi ai giudici sportivi instaurati su reclamo di parte, l’istante e gli altri soggetti interessati individuati dal giudice possono far pervenire memorie e documenti fino
8 bis. Per tutti i procedimenti innanzi ai giudici sportivi instaurati su reclamo di parte, l’istante e gli altri soggetti interessati individuati dal Giudice possono far pervenire memorie e documenti fino
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a due giorni prima della decisione, la cui data deve essere comunicata alle parti a cura della segreteria.
a due giorni prima della decisione, la cui data deve essere comunicata alle parti a cura della segreteria.
9. I giudici sportivi giudicano su questioni in materia tecnico-agonistica, anche avvalendosi, ove necessario; della consulenza tecnica di un rappresentante dell’AIA. In caso di assenza o impedimento, i giudici sportivi sono sostituiti da Giudici sportivi sostituti, ai quali è possibile delegare la competenza su particolari campionati, nell’ambito della rispettiva Lega, Comitato o Divisione.
9. I Giudici sportivi giudicano su questioni in materia tecnico-agonistica, anche avvalendosi, ove necessario; della consulenza tecnica di un rappresentante dell’AIA. In caso di assenza o impedimento, i giudici sportivi sono sostituiti da Giudici sportivi sostituti, ai quali è possibile delegare la competenza su particolari campionati, nell’ambito della rispettiva Lega, Comitato o Divisione.
ART. 31 CORTE FEDERALE DI APPELLO Vecchio testo
Nuovo Testo
1. La Corte federale di appello è giudice di secondo grado sui ricorsi presentati avverso: a) le decisioni del Tribunale federale a livello nazionale; b) le decisioni dei Tribunali federali a livello territoriale.
Inoltre, la Corte federale di appello: a) giudica nei procedimenti per revisione e revocazione; b) su ricorso del Presidente federale, giudica sulle decisioni adottate dai Giudici sportivi territoriali e nazionali, dal Tribunale federale a livello territoriale, dalla Corte sportiva di appello a livello territoriale e dal Tribunale federale a livello nazionale; c) su richiesta del Procuratore federale, giudica in ordine alla sussistenza dei requisiti di eleggibilità dei candidati alle cariche federali e alle incompatibilità dei dirigenti federali; d) su richiesta del Presidente federale, interpreta le norme statutarie e le altre norme federali, sempreché non si tratti di questioni all’esame degli Organi della giustizia sportiva; e) esercita le altre competenze previste dalle norme federali.
1. La Corte federale di appello è giudice di secondo grado sui ricorsi presentati avverso: a) le decisioni del Tribunale federale a livello nazionale; b) le decisioni dei Tribunali federali a livello territoriale. La Corte federale di appello decide sulle istanze di ricusazione dei componenti del Tribunale federale a livello nazionale e del Tribunale federale a livello territoriale. Inoltre, la Corte federale di appello: a) giudica nei procedimenti per revisione e revocazione; b) su ricorso del Presidente federale, giudica sulle decisioni adottate dai Giudici sportivi territoriali e nazionali, dal Tribunale federale a livello territoriale, dalla Corte sportiva di appello a livello territoriale e dal Tribunale federale a livello nazionale; c) su richiesta del Procuratore federale, giudica in ordine alla sussistenza dei requisiti di eleggibilità dei candidati alle cariche federali e alle incompatibilità dei dirigenti federali; d) su richiesta del Presidente federale, interpreta le norme statutarie e le altre norme federali, sempreché non si tratti di questioni all’esame degli Organi della giustizia sportiva; e) esercita le altre competenze previste dalle norme federali.
2. La Corte federale di appello è composta da almeno cinquanta componenti, compresi il Presidente e i Presidenti di sezione. Essa si articola in almeno quattro sezioni con funzioni giudicanti e in una sezione con funzioni consultive, presieduta dal Presidente della Corte federale di appello. Il Presidente della Corte federale di appello è preposto alla prima sezione ed, in caso di impedimento, le relative funzioni sono svolte nell’ordine dai Presidenti delle sezioni successive, con funzioni giudicanti.
2. La Corte federale di appello è composta da almeno cinquanta componenti, compresi il Presidente e i Presidenti di sezione. Essa si articola in almeno quattro sezioni con funzioni giudicanti e in una sezione con funzioni consultive, presieduta dal Presidente della Corte federale di appello. Il Presidente della Corte federale di appello è preposto alla prima sezione ed, in caso di impedimento, le relative funzioni sono svolte nell’ordine dai Presidenti delle sezioni successive, con funzioni giudicanti.
3. La Corte federale di appello si riunisce nella sede federale. Per particolari esigenze, il Presidente può indicare una sede diversa.
3. La Corte federale di appello si riunisce nella sede federale. Per particolari esigenze, il Presidente può indicare una sede diversa.
4. Le sezioni con funzioni giudicanti, giudicano con la partecipazione di cinque componenti; in caso di procedimenti riuniti o di particolare complessità, la Corte federale di appello può giudicare con la partecipazione di cinque componenti, compreso il Presidente di sezione.
4. Le sezioni con funzioni giudicanti, giudicano con la partecipazione di cinque componenti; in caso di procedimenti riuniti o di particolare complessità, la Corte federale di appello può giudicare con la partecipazione di cinque componenti, compreso il Presidente di sezione.
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5. Alle riunioni della sezione con funzioni consultive partecipano cinque componenti, compreso il Presidente.
5. Alle riunioni della sezione con funzioni consultive partecipano cinque componenti, compreso il Presidente.
6. Il Presidente della Corte federale di appello può disporre che le sezioni con funzioni giudicanti si pronuncino a sezioni unite sugli appelli che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle diverse sezioni ovvero su quelli che riguardino questioni di diritto particolarmente rilevanti. In tal caso, la Corte giudica con la partecipazione di cinque componenti, tra i quali il Presidente della Corte di giustizia federale e i Presidenti di sezione. 7. All’inizio di ogni stagione agonistica, il Presidente assegna i componenti alle sezioni con funzioni giudicanti e alla sezione con funzioni consultive sulla base di criteri di rotazione.
6. Il Presidente della Corte federale di appello può disporre che le sezioni con funzioni giudicanti si pronuncino a sezioni unite sugli appelli che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle diverse sezioni ovvero su quelli che riguardino questioni di diritto particolarmente rilevanti. In tal caso, la Corte giudica con la partecipazione di cinque componenti, tra i quali il Presidente della Corte di giustizia federale e i Presidenti di sezione. 7. All’inizio di ogni stagione agonistica, il Presidente assegna i componenti alle sezioni con funzioni giudicanti e alla sezione con funzioni consultive sulla base di criteri di rotazione.
8. Ciascun Presidente di sezione definisce preventivamente la composizione dei singoli collegi giudicanti, con l’indicazione dei componenti relatori, e l’ordine del giorno. Ciascun Presidente di sezione dispone altresì i casi in cui alla riunione del collegio debbano partecipare in soprannumero i due componenti aggiunti con competenze specifiche in materia gestionale.
8. Ciascun Presidente di sezione definisce preventivamente la composizione dei singoli collegi giudicanti, con l’indicazione dei componenti relatori, e l’ordine del giorno. Ciascun Presidente di sezione dispone altresì i casi in cui alla riunione del collegio debbano partecipare in soprannumero i due componenti aggiunti con competenze specifiche in materia gestionale.
9. La Corte federale di appello giudica su questioni in materia tecnico-agonistica, anche avvalendosi della consulenza tecnica di un rappresentante dell’AIA.
9. La Corte federale di appello giudica su questioni in materia tecnico-agonistica, anche avvalendosi della consulenza tecnica di un rappresentante dell’AIA.
ART. 32 TER AZIONE DEL PROCURATORE FEDERALE Vecchio testo
Nuovo Testo
1. Il Procuratore federale esercita in via esclusiva l’azione disciplinare nei confronti di tesserati, affiliati e degli altri soggetti legittimati quando non sussistono i presupposti per l’archiviazione.
1. Il Procuratore federale esercita in via esclusiva l’azione disciplinare nei confronti di tesserati, affiliati e degli altri soggetti legittimati quando non sussistono i presupposti per l’archiviazione.
2. L’archiviazione è disposta dal Procuratore federale se la notizia di illecito è infondata; può altresì essere disposta quando, entro il termine per il compimento delle indagini preliminari, gli elementi acquisiti non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio ovvero l’illecito è estinto o il fatto non costituisce illecito disciplinare ovvero ne è rimasto ignoto l’autore.
2. L’archiviazione è disposta dal Procuratore federale se la notizia di illecito è infondata; può altresì essere disposta quando, entro il termine per il compimento delle indagini preliminari, gli elementi acquisiti non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio ovvero l’illecito è estinto o il fatto non costituisce illecito disciplinare ovvero ne è rimasto ignoto l’autore.
3. Il Procuratore federale prende notizia degli illeciti di propria iniziativa e riceve le notizie presentate o comunque pervenute. L’azione disciplinare è esercitata di ufficio; il suo esercizio non può essere sospeso né interrotto, salvo che sia diversamente stabilito.
3. Il Procuratore federale prende notizia degli illeciti di propria iniziativa e riceve le notizie presentate o comunque pervenute, purché non in forma anonima. L’azione disciplinare è esercitata di ufficio; il suo esercizio non può essere sospeso né interrotto, salvo che sia diversamente stabilito.
4. Quando non deve disporre l’archiviazione, il Procuratore federale, informa l’interessato della intenzione di procedere al deferimento e gli elementi che la giustificano, assegnandogli un termine per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria.
4. Quando non deve disporre l’archiviazione, il Procuratore federale, entro venti giorni dalla conclusione delle indagini, informa l’interessato della intenzione di procedere al deferimento e gli elementi che la giustificano, assegnandogli un termine per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria.
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In caso di impedimento dell’incolpando che abbia richiesto di essere sentito, o dei suoi difensori, il Procuratore federale assegna un termine di due giorni per presentare una memoria sostitutiva. Qualora il Procuratore federale ritenga di dover confermare la propria intenzione esercita l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio comunicato all’incolpato e all’organo di giustizia competente, al Presidente Federale, nonché in caso di deferimento di società, alla Lega, al Comitato, alla Divisione e al Settore di appartenenza. Nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, enunciate le norme che si assumono violate e indicate le fonti di prova acquisite, ed è formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare.
In caso di impedimento dell’incolpando che abbia richiesto di essere sentito, o dei suoi difensori, il Procuratore federale assegna un termine di due giorni per presentare una memoria sostitutiva. Qualora il Procuratore federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio comunicato all’incolpato e all’organo di giustizia competente, al Presidente Federale, nonché in caso di deferimento di società, alla Lega, al Comitato, alla Divisione e al Settore di appartenenza. Nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, enunciate le norme che si assumono violate e indicate le fonti di prova acquisite, ed è formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare.
5. Dopo il provvedimento di archiviazione la riapertura delle indagini può essere disposta d’ufficio nel caso in cui emergano nuovi fatti o circostanze rilevanti dei quali il Procuratore federale non era a conoscenza. Se tali fatti o circostanze si desumono da un provvedimento che dispone il giudizio penale, il diritto di sanzionare si prescrive comunque entro il termine della ottava stagione sportiva successiva a quella in cui è stato commesso l’ultimo atto diretto a realizzare la violazione.
5. Dopo il provvedimento di archiviazione la riapertura delle indagini può essere disposta d’ufficio nel caso in cui emergano nuovi fatti o circostanze rilevanti dei quali il Procuratore federale non era a conoscenza. Se tali fatti o circostanze si desumono da un provvedimento che dispone il giudizio penale, il diritto di sanzionare si prescrive comunque entro il termine della ottava stagione sportiva successiva a quella in cui è stato commesso l’ultimo atto diretto a realizzare la violazione.
6. È competente a giudicare sulle violazioni oggetto di deferimento da parte della Procura federale il Tribunale federale di appartenenza dell’incolpato al momento della violazione.
6. È competente a giudicare sulle violazioni oggetto di deferimento da parte della Procura federale il Tribunale federale di appartenenza dell’incolpato al momento della violazione.
7. Nel caso di più incolpati appartenenti a Leghe diverse, si applica la norma di cui all’art. 41, comma 1, del presente Codice. Nel caso di più incolpati appartenenti a comitati diversi, sono competenti i Tribunali Federali del luogo ove la violazione risulta commessa.
7. Nel caso di più incolpati appartenenti a Leghe diverse, si applica la norma di cui all’art. 41, comma 1, del presente Codice. Nel caso di più incolpati appartenenti a comitati diversi, sono competenti i Tribunali federali del luogo ove la violazione risulta commessa.
8. Il provvedimento di deferimento o di archiviazione, relativo alle fattispecie di cui all’art. 5, deve intervenire entro 30 giorni dall’avvenuta conoscenza delle dichiarazioni da parte della Procura federale.
8. Il provvedimento di deferimento o di archiviazione, relativo alle fattispecie di cui all’art. 5, deve intervenire entro 30 giorni dall’avvenuta conoscenza delle dichiarazioni da parte della Procura federale.
ART. 32 QUINQUIES SVOLGIMENTO DELLE INDAGINI Vecchio testo
Nuovo Testo
1. Il Procuratore federale deve svolgere tutte le indagini necessarie all’accertamento di violazioni statutarie e regolamentari di cui ha notizia.
1. Il Procuratore federale deve svolgere tutte le indagini necessarie all’accertamento di violazioni statutarie e regolamentari di cui ha notizia.
2. A tal fine, iscrive nell’apposito registro le notizie di fatti o atti rilevanti.
2. A tal fine, iscrive nell’apposito registro le notizie di fatti o atti rilevanti, secondo le modalità prescritte dall’articolo 53 del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, in quanto compatibili. Il registro deve essere tenuto in conformità alla disciplina del trattamento dei dati personali da parte di soggetti pubblici per lo svol-
Il registro deve essere tenuto in conformità alla disciplina del trattamento dei dati personali da parte di soggetti pubblici per lo svol-
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speciale
gimento delle funzioni istituzionali, in quanto compatibile.
gimento delle funzioni istituzionali, in quanto compatibile.
3. La durata delle indagini non può superare quaranta giorni dall’iscrizione nel registro del fatto o dell’atto rilevante. Su istanza congruamente motivata del Procuratore Federale, la Procura generale dello sport autorizza la proroga di tale termine per la medesima durata, fino ad un massimo di due volte, eventualmente prescrivendo gli atti indispensabili da compiere. Gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati. Possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato.
3. La durata delle indagini non può superare sessanta giorni dall’iscrizione nel registro del fatto o dell’atto rilevante. Su istanza congruamente motivata del Procuratore federale, la Procura generale dello sport autorizza la proroga di tale termine per quaranta giorni. In casi eccezionali, la Procura generale dello sport può autorizzare una ulteriore proroga per una durata non superiore a venti giorni. Il termine prorogato decorre dalla comunicazione della autorizzazione. Gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati. Possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato.
4. Il Procuratore federale, concluse le indagini, se ritiene di non provvedere al deferimento, comunica entro cinque giorni il proprio intendimento di procedere all’archiviazione alla Procura Generale dello Sport. Ferme le attribuzioni di questa, dispone quindi l’archiviazione con determinazione succintamente motivata.
4. Il Procuratore federale, concluse le indagini, se ritiene di non provvedere al deferimento, comunica entro dieci giorni il proprio intendimento di procedere all’archiviazione alla Procura generale dello sport. Ferme le attribuzioni di questa, dispone quindi l’archiviazione con determinazione succintamente motivata.
5. Il Procuratore federale, in ogni caso, è tenuto a comunicare la determinazione conclusiva delle indagini ai soggetti alle stesse sottoposti e di cui risulti compiutamente accertata l’identità.
5. Il Procuratore federale, in ogni caso, è tenuto a comunicare la determinazione conclusiva delle indagini ai soggetti alle stesse sottoposti e di cui risulti compiutamente accertata l’identità, nonché ai soggetti che abbiano presentato denuncia. Norma Transitoria. Le modifiche al comma 3 dell’art. 32 quinquies si applicano ai procedimenti iscritti nel relativo registro, dalla data della loro entrata in vigore.
ART. 32 SEXIES APPLICAZIONE DI SANZIONI SU RICHIESTA E SENZA INCOLPAZIONE Vecchio testo
Nuovo Testo
1. I soggetti sottoposti a indagini possono convenire con il Procuratore federale l’applicazione di una sanzione, indicandone il tipo e la misura.
1. I soggetti sottoposti a indagini possono convenire con il Procuratore federale l’applicazione di una sanzione, indicandone il tipo e la misura oppure, ove previsto dall’ordinamento federale, l’adozione di impegni volti a porre rimedio agli effetti degli illeciti ipotizzati. Il Procuratore federale, prima di addivenire all’accordo, informa il Procuratore generale dello sport, il quale entro dieci giorni può formulare rilievi.
Il Procuratore federale, prima di addivenire all’accordo, informa il Procuratore generale dello Sport. 2. L’accordo è trasmesso, a cura del Procuratore federale, al Presidente della Federazione, il quale, entro i quindici giorni successivi, ove ritenga opportuno formulare osservazioni con riguardo alla correttezza della qualificazione dei fatti operata dalle parti e alla congruità della sanzione indicata, sente a tal fine il Consiglio Federale. Decorso tale termine, in assenza di osservazioni, l’accordo acqui-
2. L’accordo è trasmesso, a cura del Procuratore federale, al Presidente della Federazione, il quale, entro i quindici giorni successivi, anche sulla base degli eventuali rilievi del Procuratore generale dello sport, ove ritenga opportuno formulare osservazioni con riguardo alla correttezza della qualificazione dei fatti operata dalle parti e alla congruità della sanzione o degli impegni indicati, sente a tal fine il Consiglio Federale. Decorso tale termine, in assenza di osservazioni, l’accordo acqui-
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sta efficacia e comporta, in relazione ai fatti relativamente ai quali è stato convenuto, l’improponibilità assoluta della corrispondente azione disciplinare, salvo che non sia data completa esecuzione, nel termine perentorio di 30 giorni successivi alla pubblicazione dell’accordo, alle sanzioni pecuniarie in esso contenute. In tal caso, su comunicazione del competente ufficio, la Federazione da atto della intervenuta risoluzione dell’accordo con Comunicato Ufficiale ed, esclusa la possibilità di concluderne altro ai sensi del comma 1, la Procura Federale procede per quanto di sua competenza.
sta efficacia e comporta, in relazione ai fatti relativamente ai quali è stato convenuto, l’improponibilità assoluta della corrispondente azione disciplinare, salvo che non sia data completa esecuzione, nel termine perentorio di 30 giorni successivi alla pubblicazione dell’accordo, alle sanzioni pecuniarie in esso contenute. In tal caso, su comunicazione del competente ufficio, la Federazione da atto della intervenuta risoluzione dell’accordo con Comunicato Ufficiale ed, esclusa la possibilità di concluderne altro ai sensi del comma 1, la Procura federale procede per quanto di sua competenza.
3. Il comma 1 non trova applicazione per i casi di recidiva e per i fatti qualificati come illecito sportivo o frode sportiva dall’ordinamento federale.
3. Il comma 1 non trova applicazione per i casi di recidiva, per i fatti commessi con violenza che abbiano comportato lesioni gravi della persona, per i fatti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, qualificati come illecito sportivo dall’ordinamento federale.
ART. 32 SEPTIES RAPPORTI CON L’AUTORITÀ GIUDIZIARIA Vecchio testo
Nuovo Testo
1. Il Procuratore federale, se durante le indagini prende notizia di fatti rilevanti anche per l’Ufficio del Pubblico Ministero, trasmette senza indugio copia degli atti al Presidente federale affinché questi informi l’Autorità giudiziaria competente ovvero vi provvede direttamente.
1. Il Procuratore federale, se durante le indagini prende notizia di fatti rilevanti anche per l’Ufficio del Pubblico Ministero, trasmette senza indugio copia degli atti al Presidente federale affinché questi informi l’Autorità giudiziaria competente ovvero vi provvede direttamente.
2. Qualora la Procura della Repubblica trasmetta risultanze del procedimento penale al Procuratore federale, gli atti e documenti trasmessi sono da lui tenuti nel debito riserbo consentito da ciascuna fase del procedimento.
2. Qualora la Procura della Repubblica trasmetta risultanze del procedimento penale al Procuratore federale, gli atti e documenti trasmessi sono da lui tenuti nel debito riserbo consentito da ciascuna fase del procedimento.
3. Qualora il Procuratore federale ritenga che presso l’Ufficio del Pubblico ministero ovvero altre autorità giudiziarie dello Stato siano stati formati atti o raccolti documenti rilevanti per lo svolgimento delle proprie attribuzioni, ne richiede l’acquisizione direttamente o per il tramite della Procura Generale dello Sport.
3. Qualora il Procuratore federale ritenga che presso l’Ufficio del Pubblico ministero ovvero altre autorità giudiziarie dello Stato siano stati formati atti o raccolti documenti rilevanti per lo svolgimento delle proprie attribuzioni, ne richiede l’acquisizione direttamente o per il tramite della Procura Generale dello Sport. 4. La Procura generale dello sport può comunque richiedere l’acquisizione di detti atti o documenti per l’esercizio delle specifiche attribuzioni del Codice di Giustizia Sportiva del CONI. In caso di accoglimento della richiesta, il Procuratore generale dello sport trasmette copia degli atti e dei documenti ricevuti al Procuratore federale.
ART. 43 BIS PROCEDIMENTO PER L’IMPUGNAZIONE DELLE DELIBERE FEDERALI Vecchio testo
Nuovo Testo
I ricorsi per l’annullamento delle delibere della Federazione, nei
1. I ricorsi per l’annullamento delle delibere della Federazione, nei
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casi e con le modalità previste dall’art. 31 del Codice della giustizia sportiva emanato dal CONI, sono proposti innanzi al Tribunale federale a livello nazionale - sezione disciplinare.
casi e con le modalità previste dall’art. 31 del Codice della Giustizia Sportiva emanato dal CONI, sono proposti innanzi al Tribunale federale a livello nazionale - sezione disciplinare.
2. Il ricorso deve essere presentato entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’atto o, in caso di mancata pubblicazione, dall’avvenuta conoscenza dello stesso.
2. Il ricorso deve essere presentato entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’atto o, in caso di mancata pubblicazione, dall’avvenuta conoscenza dello stesso.
3. Pervenuto il ricorso al Tribunale, il Presidente, accertata l’avvenuta notificazione alle parti interessate da eseguire con le modalità previste dall’art. 38, dispone la notificazione dell’avviso di convocazione per la trattazione del giudizio, con l’avvertimento che gli atti rimangono depositati fino a tre giorni prima della data fissata per il dibattimento e che, entro tale termine, le parti possono prenderne visione, richiederne copia, presentare memorie, istanze e quanto altro ritengano utile ai fini della difesa.
3. Pervenuto il ricorso al Tribunale, il Presidente, accertata l’avvenuta notificazione alle parti interessate da eseguire con le modalità previste dall’art. 38, dispone la notificazione dell’avviso di convocazione per la trattazione del giudizio, con l’avvertimento che gli atti rimangono depositati fino a tre giorni prima della data fissata per il dibattimento e che, entro tale termine, le parti possono prenderne visione, richiederne copia, presentare memorie, istanze e quanto altro ritengano utile ai fini della difesa.
4. Il termine per comparire innanzi al Tribunale non può essere inferiore a venti giorni liberi, decorrenti dalla data di ricezione dell’avviso di convocazione, fatta salva la facoltà del Presidente di abbreviare il termine sino alla metà, per giusti motivi.
4. Il termine per comparire innanzi al Tribunale non può essere inferiore a venti giorni liberi, decorrenti dalla data di ricezione dell’avviso di convocazione, fatta salva la facoltà del Presidente di abbreviare il termine sino alla metà, per giusti motivi. 4 bis. La parte ricorrente che ha fondato motivo di temere che, durante il tempo occorrente per la decisione, i propri interessi siano minacciati da un pregiudizio imminente ed irreparabile, può chiedere al Tribunale l’emanazione delle misure cautelari che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito. La domanda è proposta con il ricorso, ovvero con atto successivo da comunicarsi agli interessati. In tal caso, questi ultimi possono presentare memorie e documenti nel termine fissato dal Tribunale.
5. Il presente procedimento si applica anche alle delibere adottate dalle componenti federali, ove previsto dai rispettivi statuti e regolamenti.
5. Il presente procedimento si applica anche alle delibere adottate dalle componenti federali, ove previsto dai rispettivi statuti e regolamenti.
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calcio e legge
periodica con riferimento alle prestazioni già eseguite”. E a tal proposito, più che l’art. 2126 c.c. invocato da De Lucia, per il Collegio va tenuto in considerazione l’art. 1458 c.c. che prevede che “La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite”. L’eccezione di incompetenza va quindi respinta dal momento che le pretese del calciatore si basano su un contratto ratificato e quindi valido. Peraltro, in proposito spiace rilevare che in un caso analogo (Litteri/Ternana Calcio del 6 novembre 2011 – foto in alto) lo stesso Collegio presso la Lega B, seppure composto da tre diversi arbitri (e, nella fattispecie, va sottolineata la designazione di un arbitro non proveniente dalla lista di nominativi proposti dall’AIC …), ha deliberato in senso opposto. Infatti, dovendo deliberare circa la legittimità o meno di un credito derivante dalla sottoscrizione di un contratto pluriennale e stante la successiva promozione del club, rilevando l’assenza di specifica clausola compromissoria presente nel contratto individuale il Collegio, in quanto costituito presso Lega (di Serie B) diversa da quella alla quale era associata la società al momento della stipulazione del contratto (Lega Serie A), si è dichiarato incompetente. Un’interpretazione assolutamente rigida che, se applicata in serie, comporterà la necessità di ovviare agli effetti di eventuali promozioni o retrocessioni inserendo obbligatoriamente nei contratti una specifica clausola compromissoria che dovrà specificare la devoluzione al Collegio Arbitrale indipendentemente dalla serie di appartenenza della società.
frattempo, si allena ed è quindi potenzialmente in grado di scendere in campo in partite ufficiali, e ciò in esecuzione di un contratto valido e legittimo e di una altrettanto valida clausola compromissoria. Inoltre, poiché l’attività professionale deriva dal contratto e dalla sua puntuale esecuzione, per il Collegio la retribuzione non può che essere pari a quella prevista dal contratto stesso, senza che possa essere disposta alcuna diminuzione o riduzione ai minimi di categoria. Di conseguenza, va respinta anche la domanda riconvenzionale del Livorno volta alla restituzione degli emolumenti contrattuali corrisposti nel trimestre ottobre/dicembre 2013
in quanto, analogamente che per il periodo 1 gennaio/28 marzo 2014, De Lucia ha puntualmente fornito le proprie prestazioni anche nel trimestre antecedente e quindi, trattandosi di attività professionale fornita in costanza di rapporto, la retribuzione già corrisposta non è ripetibile e non va quindi restituita. In definitiva, affermata la propria competenza, il Collegio ha accolto la richiesta del calciatore ed ha condannato la società a corrispondere l’importo previsto dal contratto per il periodo 1 gennaio/28 marzo 2014, data in cui è avvenuta la comunicazione del lodo.
Dal 2 maggio la seconda edizione
Corso per Segretario Amministrativo Organizzato da AIC Onlus in collaborazione con il Fondo di Fine Carriera ed Associazione Italiana Allenatori Dopo il successo della scorsa stagione, conoscenza dei regolamenti, delle procelunedì 2 maggio il Fondo di Fine Carriera dure e della prassi da parte di un segreospiterà la lezione inaugurale della secon- tario rappresenta un concreto vantaggio da edizione del corso dedicato a forma- per la società; questa figura professionale re la figura professionale del “Segretario è inoltre di centrale importanza nei rapAmministrativo” di una Società di Lega. porti tra club, staff e calciatori tesserati. Rivolto ad ex calciatori ed ex allenatori, il Questo ruolo può essere preferenzialprogetto è nato grazie alla collaborazione mente ricoperto da chi abbia avuto modo tra AIC Onlus, il Fondo di Accantonamen- di vivere il campo in prima persona. to delle indennità di fine carriera per i gio- Il Corso, che si articolerà in cinque sessiocatori e gli allenatori di calcio e l’Associa- ni, vedrà alternarsi docenti ed esperti in zione Italiana Allenatori Calcio. tema di diritto sportivo, marketing, comuIl ruolo di Segretario Amministrativo rap- nicazione, diritto tributario e molte altre presenta una delle funzioni di maggiore materie legate alla formazione della figura interesse ed utilità per un club di Lega. La del Segretario Amministrativo.
2) Diritto alla retribuzione: l’argomento in base al quale viene respinta l’eccezione di incompetenza del CA è stato decisivo anche per l’accoglimento, nel merito, delle pretese del calciatore. Nei fatti De Lucia ha continuato a fornire le proprie prestazioni professionali fino al 28 marzo 2014 e, nel 23
calcio e legge
di Federico Trefiletti
Articolo 22 bis N.O.I.F
Relazione sul parere consultivo della Corte Federale La Corte Federale d’Appello è l’organo di giustizia federale di secondo grado le cui funzioni sono disciplinate all’art. 31 C.G.S.. Tale organo presenta altresì una sezione con funzioni consultive, composta di cinque giudici, la quale è chiamata a pronunciarsi, ai sensi dell’art. 31 lett. b, in ordine alla corretta interpretazione delle norme statutarie e delle altre norme federali, su istanza del Presidente Federale. Con lettera datata 12 febbraio 2016 (prot. 10351) il Presidente Federale ha richiesto il parere di detta Sezione consultiva in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 22 bis N.O.I.F., in relazione agli articoli 444, 445 comma 1 bis e 653 del codice di procedura penale. Pare pertanto il caso di sottoporre ad attenta considerazione l’impianto normativo oggetto di rinvio allo scopo di individuarne la corretta interpretazione e il conseguente ambito di applicazione nel diritto sportivo. L’art. 22 bis NOIF, rubricato “Disposizioni per la onorabilità”, sancisce che “non possono assumere la carica di dirigente di società o di associa-
zione (art. 21, 1° comma, N.O.I.F.), e l’incarico di collaboratore nella gestione sportiva delle stesse (art. 22, 1° comma, N.O.I.F.), e se già in carica decadono, coloro che si trovano nelle condizioni di cui all’art. 2382 c.c. (interdetti, inabilitati, falliti e condannati a pena che comporta l’interdizione dai pubblici uffici, anche temporanea, o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi) nonché coloro che siano stati o vengano condannati con sentenza passata in giudicato” per una serie di delitti previsti espressamente dalla norma stessa. La ratio della norma è quella di garantire l’onorabilità dei soggetti che ricoprono cariche presso società sportive impedendone l’assunzione o determinandone la decadenza al verificarsi delle condizioni ivi indicate. È di tutta evidenza dunque che l’onorabilità costituisce un requisito indefettibile che non solo deve sussistere in capo ai soggetti al momento della assunzione della carica ma deve altresì permanere per tutto il periodo di tempo in cui il soggetto mantiene lo status di soggetto di diritto sportivo. Tra le varie ipotesi di preclusione,
come si evince dalla lettura dell’art. 22 bis N.O.I.F., vi è la condanna penale con sentenza passata in giudicato. Si tratta fondamentalmente di una sanzione accessoria che consegue di diritto alla condanna penale definitiva e che può essere paragonata alla sanzione accessoria di diritto penale della interdizione ai pubblici uffici. Ciò appare necessario sia allo scopo di impedire il perpetrarsi di reati per mezzo della società sportiva sia all’ulteriore fine di conferire maggiore serietà e credibilità allo stesso sodalizio societario altrimenti messi in dubbio dalla presenza in seno agli stessi di detti soggetti, con inevitabili ripercussioni nello svolgimento delle attività federali. Il quesito posto è volto in particolare a chiarire se l’art. 22 bis N.O.I.F. debba trovare applicazione anche quando la condanna sia pronunziata in seguito all’accordo delle parti, ovvero nel caso in cui siano l’imputato e il pubblico ministero a chiedere al giudice penale l’applicazione della pena: tale istituto è disciplinato ai sensi dell’art. 444 e seguenti del codice di procedura penale ed è definito “patteggiamento”. Il dubbio interpretativo circa l’applicazione dell’art. 22 bis delle N.O.I.F. che ha indotto il Presidente federale a richiedere il parere della sezione consultiva della Corte, sembra nascere dalla circostanza che l’art. 445 c.p.p., nel regolare gli effetti del patteggiamento, al comma 1 bis stabilisce che, salvo quanto previsto dall’articolo 653 c.p.p., tale sentenza “non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi” salvo poi proseguire chiosando che “salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna”. Pertanto, come si evince dalla disposizione del codice di procedura penale sopra enunciata, all’applicazione della pena su richiesta delle parti (ovvero al
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calcio e legge
d’Appello patteggiamento) si ricollegano alcune limitazioni negli effetti quali, ad esempio, l’inefficacia nei giudizi civili o amministrativi. Sono fatti salvi invece gli effetti di cui all’artt. 653 c.p.p., richiamato espressamente dall’art. 445, il quale sancisce l’efficacia di giudicato della sentenza penale di condanna, quanto “all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso.” Dopo aver su esposto il quadro normativo di riferimento, vediamo ora il ragionamento logico/giuridico seguito dalla Corte e la decisione in ordine alla corretta interpretazione della disciplina in esame cui quest’ultima è pervenuta con il comunicato n.87. Innanzitutto la Corte rileva che trattandosi di un requisito speciale, quello della onorabilità, si rende necessario un approccio interpretativo che non può essere quello “stringentemente letterale”. Detto in altri termini, poiché si discute dei requisiti morali di cui devono essere in possesso tutti coloro che dirigono o collaborano alla gestione di società e associazioni, non sarebbe corretto, a ben vedere, interpretare in modo restrittivo l’art. 22 bis N.O.I.F. riducendone pertanto la portata alla sola sentenza penale di condanna poiché ciò significherebbe, a fronte di medesime violazioni comportamentali aventi rilevanza penale, applicare un diverso trattamento sanzionatorio. In punto di diritto, poi, la Corte rileva che in virtù del chiaro ed assorbente disposto dell’art. 445 comma 1 bis c.p.p., il patteggiamento è equiparato ad una “pronuncia di condanna”. Ne consegue che non sorgono problemi in ordine all’applicazione dell’art. 22 bis delle N.O.I.F. alle ipotesi di condanna derivante da patteggiamento. Si consideri del resto che la norma pare non porre alcuna differenza in merito alle modalità – sentenza di condanna
o patteggiamento - con cui viene comminata la condanna a pena detentiva per determinati delitti, purché passata in giudicato. La Corte conclude chiosando che la decisione cui la stessa è pervenuta appare in linea con i principi autorevolmente affermati dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, e ripresi dal Giudice del-
le leggi, per i quali si può ritenere che, anche in seguito alle mutazioni apportate all’istituto del patteggiamento, non si può “rifuggire dall’applicazione di tutte le conseguenze penali della sentenza di condanna (ordinaria) che non siano categoricamente escluse” (Corte Cost. 18 dicembre 2009, n. 336).
Divieto scommesse, illecito, doping
Sanzioni irrogabili
Ricordiamo ai tesserati le sanzioni irrogabili per le violazioni in materia di scommesse, illecito e doping
DIVIETO DI SCOMMESSE (Art. 6 CGS) Violazione divieto scommesse 3 anni + € 25.000
Omessa denuncia 6 mesi + € 15.000
ILLECITO (Art. 7 CGS) Commissione illecito 4 anni + € 50.000
Omessa denuncia 1 anno + € 30.000
DOPING (Normativa Antidoping CONI 2015) Presenza, uso, tentato uso, possesso sostanza vietata o metodi proibiti • 4 anni se la violazione riguarda una sostanza vietata assunta intenzionalmente • 2 anni nei casi in cui non sia dimostrata l’intenzionalità Eludere, rifiutarsi od omettere di sottoporsi al prelievo di campioni biologici / Manomissione o tentata manomissione del controllo • 4 anni • 2 anni nel caso di mancata presentazione al prelievo non intenzionale Traffico o tentato traffico / Somministrazione o tentata somministrazione sostanze o metodi proibiti • 4 anni • A vita se coinvolge un minore Mancata presentazione di informazioni utili sulla reperibilità e/o mancata esecuzione di controlli • Da 1 a 2 anni Assistenza, istigazione • Da 2 a 4 anni 25
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di Fabio Appetiti
Commissario Straordinario dell’Istituto per il Credito Sportivo
Paolo D’Alessio: “Riconvertiamo gli sportivi in attivi Una grande opportunità. La convenzione da poco firmata dall’AIC con il Credito Sportivo può davvero essere una grande opportunità per tanti ragazzi che decidono di trasformare la loro esperienza ventennale sul campo in una esperienza imprenditoriale. Il patrimonio dei calciatori è un patrimonio inestimabile di esperienze e competenze, che non sempre a fine carriera viene ben utilizzato. Valorizzare questo patrimonio può essere fonte di crescita per sé stessi e per gli altri, perché un calciatore può insegnare molto. Il post carriera sarà una delle principali sfide che attende l’Assocalciatori nei prossimi anni. Questa convenzione è un’occasione, altre sono state già avviate, altre ancora andranno sviluppate. Essere ex non deve essere più sinonimo di passato, ma l’inizio del futuro. Cominciamo questa intervista da dove ci siamo conosciuti… in poche parole spieghi a tutti i nostri associati la convenzione stipulata tra l’Assocalciatori e il Credito Sportivo e le sue finalità. “L’obiettivo principale della convenzione è quello di creare una solida partnership tra due entità che hanno finalità e interessi convergenti: l’AIC ha l’obiettivo di assistere e tutelare i suoi associati anche nel post carrierae l’ICS, unica banca pubblica italiana, ha, come missione, quella di sviluppare il sistema sportivo. Da questa convergenza di interessi è nata una intesa che vuole dare una opportunità a tutti i calciatori per avviare la propria attività post-agonistica, sempre nel mondo dello sport, nel mondo dove hanno investito per tutta la vita, dove hanno acquisito specifiche competenze tecn iche,dove hanno appreso i valori dello sport che possono divulgare alle nuove generazioni di calciatori. Per realizzare questo
obiettivo AIC e ICS devono accompagnare gli associati a fine carriera, o a carriera già terminata, a realizzare un percorso professionale di riconversione: da “sportivi in attività” a “imprenditori dello sport”. Quali sono i punti di forza della convenzione? “Il principale punto di forza è quello di poter formare i calciatori che intendono investire nell’impiantistica sportiva. Il momento formativo del calciatore che vuole diventare imprenditore, piccolo o grande che sia, è di fondamentale importanza. Pertanto, ritengo che i corsi di formazione dovranno essere strutturati per trasmettere le competenze sia per realizzare/ ristrutturare impianti sportivi e sia per la gestione degli stessi. Trasformarsi in imprenditori non è facile per nessuno, a maggior ragione per i calciatori che molto spesso sono oggetto di attenzioni da parte di personaggi scaltri e senza scrupoli. Il programma formativo deve essere quindi il vero valore aggiunto della convenzione e l’impegno comune “AIC – ICS” è quello di farlo partire quanto prima. Altro punto di forza della convenzione è l’opportunità per gli aderenti all’Associazione Italiana Calciatori di accedere al credito a condizioni di particolare favore, grazie ai tassi ordinari ICS, già più bassi di quelli
Nato a Napoli nel 1953, Paolo D’Alessio ha lavorato presso il Banco di Napoli, con Intesa Sanpaolo ed è stato Commissario Straordinario della Banca di Credito Cooperativo di Cagliari. Da gennaio del 2012 è Commissario Straordinario dell’Istituto per il Credito Sportivo. Da maggio del 2013 è anche vice Presidente della Fondazione Giulio Onesti.
della concorrenza, e in virtù, anche, di un’ulteriore agevolazione negli interessi prevista dall’accordo. Infine, come ulteriore punto di forza, segnalo l’agevolazione nella garanzia attraverso l’intervento del Fondo di Garanzia”. In cosa consiste l’intervento del Fondo di Garanzia in riferimento all’erogazione dei mutui? “La mancanza o l’insufficienza di garanzia è stata spesso un ostacolo insormontabile per l’accesso al credito nel settore dello sport. Partendo da questo presupposto lo Stato ha fatto partire nel 2015 un Organismo di garanzia per l’impiantistica sportiva, amministrato sempre da ICS ma in gestione separata. Il Fondo di Garanzia in presenza di un progetto valido e sostenibile, ma debole sul piano della garanzia, può oggi rilasciare garanzia fino al 60% dell’operazione. Inoltre, il Credito Sportivo ha recentemente proposto una modifica alla legge che disciplina il Fondo di Garanzia per
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mo ità in imprenditori dello sport” rendere più flessibile il rilascio della garanzia e quindi più facile l’accesso al credito. Ritengo, in definitiva, che tale strumento possa fornire un sostegno indispensabile per coloro che vogliono investire nello sport”. Facciamo un passo indietro: ci dica qualcosa su questa lunga e positiva esperienza commissariale all’ICS… “L’ICS, grazie alla riforma Statutaria del 2014, ha rafforzato la sua identità pubblica che precedentemente non aveva del tutto. Prima era una banca pubblica, con una mission pubblica; con tale riforma lo Stato, attraverso il MEF, è diventato anche il principale partecipante al capitale dell’Istituto con una quota superiore all’80%. Da questo rafforzamento di identità, in controtendenza anche alle dinamiche economiche più generali, l’ICS ha accresciuto il suo ruolo di strumento delle politiche nazionali dello sport. Per tale motivo è stato avviato, come già detto, il Fondo di Garanzia con risorse dello Stato e, soprattutto, sono state realizzate delle iniziative per incentivare, attraverso la previsione del tasso zero, investimenti negli impianti sportivi con maggiore valore sociale”. Ci dia qualche numero e ci parli di qualche progetto concreto… “Il principale progetto, avviato con l’ex Ministro delegato allo Sport, dott. Graziano Delrio, è quello denominato “Mille cantieri per lo sport” ed è stato suddiviso in due iniziative “500 Spazi sportivi scolastici” e “500 Impianti sportivi di base”. La prima iniziativa è stata appunto dedicata alle ristrutturazioni o la realizzazione di palestre delle scuole; il bando di gara è stato indirizzato ai Comuni e alle Province proprietari degli edifici scolastici; sono stati offerti finanziamenti a tasso zero fino a 150mila euro e a tassi molto agevolati per gli importi eccedenti. Le adesioni al bando sono state ben 729. La seconda iniziativa è stata dedicata agli impianti sportivi di base e hanno partecipato al relativo bando
soggetti pubblici e privati, fra questi ultimi anche diverse associazioni sportive dilettantistiche della LND. Per questa iniziativa le istanze di accesso alle agevolazioni sono state 1181! In totale quindi quasi duemila adesioni, che si stanno trasformando con gradualità in “cantieri per lo sport”. Ad oggi sono stati finanziati oltre 300 progetti e il processo sta proseguendo nel corrente anno. In definitiva il Credito Sportivo, con “Mille cantieri per lo sport”, ha dato un impulso concreto e significativo allo sviluppo dell’impiantistica scolastica e di quella di base. Un altro progetto che abbiamo lanciato recentemente è quello con la FIGC per l’ammodernamento degli stadi, sempre con finanziamenti a tasso zero o molto agevolati”. Ci parli di questo progetto della FIGC e, anche più in generale, della grave crisi strutturale che avvolge il calcio italiano con pochi esempi virtuosi e tanti problemi. “Riguardo alla FIGC abbiamo avviato questo progetto chiamato “Upgrade stadi” che prevede finanziamenti a tasso zero, o a condizioni molto agevolate, a fronte di investimenti finalizzati a elevare la classificazione UEFA degli stadi del Paese, per poter così ospitare competizioni internazionali di Club e delle Nazionali italiane. Con questi fondi messi a disposizione dall’ICS, 80 milioni di risorse agevolate, si potranno avviare, ad esempio, lavori per aumentare il numero di seggiolini, per migliorare i servizi igienici, per aumentare la sicurezza degli impianti, per le sale stampa. Per quanto riguarda gli stadi italiani, a parte i più conosciuti esempi virtuosi che l’ICS ha contribuito a realizzare, come lo Juventus Stadium e lo stadio Friuli di Udine, ci sono, è vero, ancora molte difficoltà nel modernizzare i vari impianti a disposizione o costruirne totalmente di nuovi. Spesso questa circostanza dipende dalla bassa sintonia che c’è tra gli Enti locali proprietari degli im-
pianti e i Club calcistici gestori degli stessi. Quello che ho notato in questi anni è che, laddove si crea una unità di intenti tra i Sindaci e i Presidenti dei club professionistici, si creano esempi virtuosi, laddove invece tale sintonia manca si aprono difficoltà spesso insormontabili, nonostante oggi ci sia a disposizione una buona legge che favorisce la ristrutturazione o la costruzione di impianti sportivi. La legge 147 del 27 dicembre del 2013 è infatti una legge che garantisce un iter amministrativo dai tempi certi e contenuti. Possono bastare anche 18 mesi, ma se poi i vari soggetti interessati non riescono a stabilire un dialogo proficuo, anche la legge rimane “lettera morta”. Altro recente esempio virtuoso in cui l’ICS è intervenuto è la ristrutturazione dello stadio di Bergamo per la parte delle tribune; inoltre numerose opportunità potranno scaturire dal progetto “B Futura” di Andrea Abodi, che vede diversi stadi ai “nastri di partenza”, in primis il Sant’Elia di Cagliari”. Milano e Roma invece? “Dobbiamo tener presente che non sempre è necessario costruire nuovi impianti, in molti casi è preferibile modernizzare quelli che già esistono. Nel caso di Milano credo che San Siro sia un ottimo stadio che, con adeguati ulteriori miglioramenti, può mantenere una sua piena funzionalità anche per il futuro. Lo stadio della Roma è un discorso che stiamo seguendo, ma è un
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discorso più complesso, perché non c’è solo la costruzione di uno stadio e di un centro sportivo, ma anche la realizzazione di immobili ad uso commerciale e uffici, nonché le necessarie opere infrastrutturali per la viabilità e i trasporti. Quindi i maggiori tempi di approfondimento sono giustificati dalla complessità del progetto”. ICS ha un ruolo importante nel nostro calcio: che cosa si ti senti di chiedere alla classe dirigente del calcio italiano? “Il calcio Italiano si deve modernizzare e tutti gli investimenti debbono essere fatti nel rispetto dell’equilibrio finanziario ed economico delle società. I club debbono essere gestiti come delle vere e proprie imprese. Gli stadi debbono poi divenire sempre più centri di ricavo per le società italiane, troppo legate ancora alla voce dei diritti TV. L’erogazione del credito, che è il motore dell’economia, deve avvenire solo a fronte di progetti sostenibili nel breve e nel lungo termine. Casi come quello del Parma Calcio non possono più accadere. Ha provocato un danno economico e d’immagine a tutto il sistema calcistico, alla Serie A, ai tifosi e anche all’ICS. Un caso negativo che ha avuto comunque un risvolto positivo: la riforma della disciplina sulle licenze nazionali con l’introduzione di parametri finanziari ed economici da rispettare da parte dei Club calcistici”. La politica e lo sport un rapporto difficile: vedi qualche segnale di inver28
sione di tendenza da parte dell’attuale Governo? “Assolutamente sì. Lo sport sta ricevendo sempre maggiore attenzione da parte delle istituzioni politiche, visto il grande valore sociale ed economico di questo settore. Posso menzionare l’istituzione del Fondo di Garanzia per favorire lo sviluppo dell’impiantistica con un fondo di dotazione oggi di 60 milioni, i provvedimenti a favore dello sport nell’ambito scolastico, l’iniziativa sulle palestre scolastiche e il recentissimo progetto sugli impianti di periferia, che ha ottenuto uno stanziamento di 100 milioni di euro. Segnalo anche la grande opportunità della candidatura di Roma 2024, che è una occasione non solo per il sistema sportivo ma anche per la rinascita della città di Roma e per l’intero Paese. Infine desidero ricordare anche un altro evento di grande rilevanza internazionale che è stato recentemente assegnato al nostro Paese: la Ryder Cup di golf 2022. Tale competizione è stata assegnata a Roma,grazie anche al sostegno del Governo e rappresenterà un importante volano di sviluppo economico per il Paese”. Parliamo di calcio e lei è un grande appassionato e tifoso del Napoli: qualche pronostico sul campionato e
sui prossimi europei di calcio? “Il Napoli quest’anno ha davvero fatto una grande stagione,ha sviluppato un bel gioco e per tale motivo vanno fatti i complimenti a Sarri per il lavoro svolto. Credo che ormai i punti di distanza dalla Juve, che si è confermata a grandissimi livelli, siano tanti, ma restano l’eccellente campionato e la qualificazione alla Champions League ormai acquisita. Per la rappresentativa italiana di calcio, Mister Conte ha fatto un buon lavoro e sono certo che faremo la nostra parte all’Europeo. Per quanto riguarda la Nazionale il discorso va allargato a tutto il sistema calcio e, con l’occasione, rivolgo un appello alle società per investire sempre di più nei settori giovanili. Dobbiamo impegnarci a formare talenti, solo in questo modo il calcio italiano può scalare il ranking europeo e mondiale. Come Commissario di ICS registro con piacere che negli ultimi anni si è avviato un processo virtuoso da parte delle società a investire sui centri sportivi di allenamento e sulle infrastrutture dove i ragazzi crescono, si allenano e studiano.Creare dei centri sportivi di livello dove i nostri giovani possano crescere, accanto ai campioni delle prime squadre, consentirà agli stessi di sviluppare le proprie potenzialità tecniche, personali e valoriali”.
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di Claudio Sottile
La scomparsa di Johan Cruijff
Il calciatore illuminista Certe storie fanno la storia. Correva il tempo a.C., avanti Cruijff. La narrazione racconta che la mamma lo adagiò supino sull’acqua di uno degli infiniti canali della capitale, tenendolo sotto il palmo della mano. Incipit diverso da Achille, che era stato immerso dalla caviglia: il tallone diventò il suo punto di forza, il tacco mai smacco, la finta così vera. Quel battesimo da neonato lo trasformò apparentemente in un Dio, ed era pronto per combattere per l’Ajax con Aiace Telamonio nel destino. Hendrik Johannes Cruijff, il condottiero di Amsterdam, città gemellata con Atene, perché il mito fosse totale. Al pari del football, inventato da un’Arancia tanto Meccanica quanto succosa, ricca di vitamina C di un
color arancione Olanda, elegante, reazionaria, colta, arrembante e impressionista. Un’allucinazione, ma la sua provenienza dalla patria della tolleranza non c’entra. Il calciatore illuminista, la ragione con le scarpe. Il pensiero che non finisce mai in fuorigioco. Il gioco spiegato a tutti, l’ovvio dei popoli. Da lì in poi sarà sempre e per sempre d. C.: dopo Cruijff. A “Giovannino” dobbiamo il prototipo della moviola in campo, applicata solo ai suoi avversari, che andavano a 2 in confronto a lui che schizzava a 14, grazie a una sorta di Cruijff control, il sistema elettronico che permette la regolazione au-
Hanno detto
Sandro Mazzola “Se ne va un campione che ha segnato un’epoca, un fuoriclasse che ha cambiato il modo di giocare e forse di intendere questo sport. Perché c’è un calcio prima di Cruyff, del suo Ajax e della sua Olanda, e un altro calcio dopo. Solo i grandissimi hanno questa facoltà. Sapeva usare la testa e credo che verrà ricordato come uno dei calciatori più intelligenti della storia”. Gianni Rivera “Tanti giocatori vengono ingabbiati in un episodio, in una singola vittoria, in un momento. Nello scatto di una foto. Con Cruyff non è possibile. Perché lui sapeva fare tutto, il suo calcio era enciclopedico. Per mezza serata, al torneo chiamato Mundialito de11981, indossò la maglia del Milan. Quasi non ci si crede a raccontarlo, ma non segnò”.
tomatica della velocità. La legenda (la g risparmiata è stata riutilizzata 290 volte per la parola gol), campione da didascalia, da marchio di fabbrica, una © per le cose buone. Il cerchio chiuso sulla sua C è nell’acqua, sempre presente nella sua vita: dalla nascita di Amsterdam all’anti franchismo di Barcellona, da Los Angeles a Washington, da Valencia a Rotterdam. Ricordiamo anche i navigli milanesi, navigati nel 1981 con le strisce rossonere nel corso di un Mundialito che faceva tanto rima con finito. Si scoprì che non era un Dio. Il petto, celato dalla mano durante l’immersione, era rimasto scoperto. Prima il cuore, poi i polmoni. Se ci fate caso, all’improvviso nei fiumi e nel mare le stelle sembrano più luccicanti di quelle dipinte dal connazionale Vincent Van Gogh, perché brillano di luce riflessa. Di lui si diceva che fosse il Pelé bianco. E allora diciamo pure che Pelé è il Cruijff nero. Il tulipano, nato in quel campo verde in cui praticare l’amore libero per il calcio, adesso fiorisce dove l’orizzonte ricomincia, con linee di fondocampo e porte sempre nuove. Johan è nell’Universo, il posto giusto per uno abituato a lanciarsi nello spazio. 1ohan 4ever.
Il numero 14 Negli anni settanta la numerazione era rigorosamente dall’1 all’11 e mai nessuno si sarebbe sognato di personalizzare la propria maglia. Nessuno tranne lui, il “profeta del gol”. Il motivo è quasi una leggenda: il compagno di squadra dell’Ajax Arnold Mhuren racconta che prima di una gara, non trovando la sua numero 8, ricevette la 9 da Cruijff che pescò tra le maglie delle riserve la 14. L’Ajax vinse, Cruijff fu
il protagonista e si tenne quel numero per il resto della carriera. Cruijff stesso sostiene invece che in quella stagione era l’unica maglia disponibile quando rientrò da un lungo infortunio e divenne il suo portafortuna. Quando andò al Barcellona, la federazione spagnola pretendeva la numerazione classica 1-11: riprese il 9, ma sotto portava un’altra maglia, naturalmente numero 14. 29
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di Vanni Zagnoli
La scomparsa di Cesare Maldini
Grande calciatore, grande allena Non si poteva non voler bene a Cesare Maldini, al suo calcio pane e salame, non ci viene in termine migliore. Facciamo pane e coppa, via, inteso come coppe conquistate con il Milan, da giocatore, e trofei con l’Under 21. Dava spettacolo con giudizio, da allenatore, mentre da difensore centrale era noto per la pulizia di gioco ma pure per gli errori, le famose “maldinate”. Da allenatore ha allenato club, conquistando anche una promozione del Parma in Serie B, e pure la Nazionale, partendo da vice di Enzo Bearzot, con gli azzurri campioni del mondo e spettacolari già in Argentina, nel 1978. Calciatore. È stato una storica bandiera del Milan, come poi il figlio Paolo. Nato a Trieste nel 1932, esordì a 21 anni nella Triestina, passò al Milan e ci restò sino al ’66. Nel ’63 sollevò la Coppa dei Campioni, con Nereo Rocco (altro giuliano) in panchina. Vinse 4 scudetti. Chiuse la carriera con la maglia del Torino. Era il 1966-1967, disputò 39 partite (3 di Coppa Italia e 3 in Europa), conquistando un settimo posto in Serie A agli ordini di Nereo Rocco. Allenatore. Dal 1986 al ’96 ha allenato l’Under 21, con cui si aggiudicò tre Campionati Europei, di cui uno ai rigori. Vent’anni fa passò sulla panchina della Nazionale maggiore, al posto di Arrigo Sacchi, che tornò al Milan, e raggiunse i quarti nel Mondiale di Francia, uscendo ai rigori per l’errore di Gigi
Di Biagio. Aveva utilizzato Baggio in staffetta con Del Piero, uscì “per tanto così”, ovvero per quel gol sfiorato da Roberto Baggio nei tempi supplementari e allora vigeva il golden goal. Aveva gli occhi lucidi, 18 anni fa, restano una delle immagini forti di quella sfida, come pure la sua signorilità nell’accettare la sconfitta e un esonero immeritato. Con il Paraguay passò il primo turno ai Mondiali di Corea del Sud e Giappone, nel 2002, si arrese alla Germania, poi finalista. Da allenatore è diventato popolare nel mondo perché le sue qualità umane erano superiori alle tecniche, pur ragguardevoli. Ha insegnato calcio, da italianista convinto, e all’epoca non si convertiva al gioco a zona prediletto da Arrigo Sacchi e da tanti altri. Verso la qualificazione al Mondiale del ’98, esultò per un pareggio con il Kazakhistan, ma aveva sbagliato i calcoli perché ci rimandò allo spareggio contro l’Inghilterra, poi vinto grazie a Casiraghi e a Zola, e all’epoca certa stampa era stata impietosa. Distribuì battute e raccolse simpatia, come in quei duetti a bordo campo, a caldo, con Enrico Varriale, l’inviato della Rai. “Bassottino”, replicò una volta con ironia. Ma in fondo il giornalista napoletano aveva contrariato anche Zoff e altri. A 70 anni lo volevano come ct anche negli Emirati Arabi, ma lui preferì fare il commentatore televisivo, ingaggiato da Al Jazeera, assieme al suo ex giocatore in azzurro, Spillo Altobelli. Non amava infierire. Con il Milan, da allenatore, vinse un derby per 6-0 contro l’Inter dell’amico Marco Tardelli, suo ex vice all’Under 21 e poi erede, con titolo europeo conquistato nel 2000. Quella sera ricordò un momento analogo umiliante, vissuto con la Under 21 in Norvegia, pure 6-0, nel 1991. “Ma il calcio è fatto di vittorie e sconfitte, un piatto semplice”.
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Il “grande Cesarone” è stato capostipite di una dinastia che ha visto il secondogenito Pier Cesare militare nelle giovanili rossonere e il primogenito Paolo (allenato dal padre ai Mondiali di Francia nel ‘98 e nella parte finale della stagione 2000-2001) diventare una bandiera del Milan, mentre oggi i suoi figli Christian e Daniel giocano nella Primavera e nei Giovanissimi nazionali. Le testimonianze. Qui raccogliamo la galleria di ricordi messi in rete dall’agenzia Ansa, con la regia di Piercarlo Presutti, responsabile della redazione sportiva. Carlo Tavecchio: “Ci ha lasciati un grande uomo e un protagonista assoluto del nostro calcio. Da giocatore prima e da allenatore poi ha legato in maniera indissolubile il suo nome alla storia del calcio italiano. Dopo aver alzato al cielo la Coppa dei Campioni, primo italiano a farlo, ha contribuito in panchina, con stile e professionalità esemplari, a crescere numerosi talenti azzurri, incarnando alla perfezione lo spirito e il ruolo del tecnico federale”. Giovanni Malagò: “Il mondo dello sport gli è grato per i valori che lascia a tutti noi, è stato un modello, deve essere uno stimolo. L’Italia sportiva, il Paese intero piange un uomo che non solo per la carriera sportiva, da allenatore, è stato un grande
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natore, esempio di signorilità italiano: per lo stile, il comportamento, e quei valori che ha saputo trasferire in una famiglia modello. Tutto il mondo dello sport non può che essergli grato”. Adriano Galliani: “È stato un uomo di sport esemplare e un’autentica bandiera del nostro calcio. Tutti coloro che lo hanno conosciuto profondamente ne elogiano l’umanità, la semplicità e la franchezza”. Franco Baresi: “Ci lascia una persona perbene, prima di tutto. È una leggenda e un grande capitano. È un allenatore che ha fatto molto, ho avuto la fortuna di conoscerlo molto bene, condividemmo l’esperienza del Mondiale del 1982. Da lui ho imparato molto, i valori che tante volte dimentichiamo: li ha trasmessi in maniera importante e seria”. Gianni Rivera: “Cesare era tra i veterani che al Milan decisero di dividere i premi partita anche con i giocatori che andavano in tribuna, questo è indicativo della sua cultura di calciatore. Era un grande calciatore e un ottimo allenatore. Era uno degli anziani che indirizzava i giovani. I giornalisti all’epoca si lamentavano perché non succedeva mai nulla di sfizioso: il merito era di Maldini e degli altri veterani che facevano crescere i giovani nel modo giusto e li facevano rigare dritto. Era un triestino di razza, viveva con i piedi piantati per terra e con Nereo Rocco si parlava anche senza parole. Cesare aiutava Rocco nelle situazioni delicate e credo che ogni tanto gli parlasse anche della formazione, suggerendo qualche giovane da inserire. È stato il mio capitano, mi ha accolto, 17enne, nello spogliatoio del Milan”.
Antonio Conte: “È stata una delle più grandi figure del calcio italiano. Ho avuto modo di conoscere Cesare Maldini all’inizio della mia carriera, avevo 20 anni, ero nel Lecce e mi convocò per due amichevoli con l’Under 21. Ne ho sempre apprezzato la profonda umanità nei rapporti personali e la grande professionalità in campo. È stata una delle più grandi figure del calcio italiano, sia da calciatore che da allenatore”. Luigi Di Biagio: “Maldini era una grande persona non solo dal punto di vista calcistico ma anche umano, ha dato molto al calcio italiano. Ogni volta che ci vedevano mi scusavo perché non gli avevo
Insieme con l’Under 21
Il ricordo di Damiano Tommasi
“Se con meno di vent’anni ti trovi a vestire una maglia azzurra che inizia a pesare, con compagni di squadra già protagonisti dell’Album Panini, con una strada che sembra in discesa e sogni di gloria che offuscano la mente, la cosa più bella che ti può capitare è avere come allenatore Cesare Maldini. Piedi per terra, linguaggio diretto, pochi fronzoli, passione paterna, semplicità e, forse, calcio che non tornerà più. Era il 1994, 22 anni fa quando lo incontrai la prima volta con l’Under 21, l’emozione e il ricordo… sembra ieri, sicuramente sarà per sempre!”
dato la possibilità di diventare campione del Mondo, con quel rigore sulla traversa. Ma lui mi abbracciava sempre con un sorriso. Dovevo sposarmi durante i Mondiali e lui mi fa: che problema c’è? Giochi ti sposi e torni”. Nevio Scala: “Mi voleva un bene dell’anima, abbiamo giocato tante volte contro. Lo ricordo come una persona elegante nell’anima. Era una persona straordinaria, altre parole sarebbero superflue”. Daniele Massaro: “Ero molto giovane quando l’ho conosciuto ai mondiali dell’82. Da quel momento più che un allenatore è stato un secondo padre”. Le parole più belle. Le ha forse dette Monsignor Erminio De Scalzi il giorno del funerale nella basilica di Sant’Ambrogio, a Milano, parlando della famiglia Maldini: “Una grande, bella squadra, vincente e orgogliosa del suo capitano, che ha accompagnato ricambiando la sua tenerezza anche negli ultimi tratti della lunga malattia. Dietro il personaggio pubblico, lo sportivo, il volto noto della tv, c’era un uomo con la sua profondità di affetti, l’attaccamento alla famiglia e le sue fragilità. C’era soprattutto un uomo, nel senso più bello. Un marito, un papà, un nonno. Un volto che tutti collegano ad autentiche e sincere gioie dello sport. Era un esempio di signorilità”. 31
Come stai?
l’incontro
di Claudio Sottile
Sebastiano Rossi e il record… battuto
Le lancette sono come due braccia. Le lancette si muovono nell’aria. E contano il tempo. Le braccia si muovono nell’aria e nell’area, di porta e di rigore. E contano il tempo, fin quando arriva un pallone che lo ferma. Ma il tempo e il pallone non ingannano e non possono essere ingannati. Perché quando credi di esserci riuscito, li stai soltanto perdendo. Questa invece è la storia di Sebastiano Rossi, un uomo che non ha mai perso tempo e pallone, e che col tempo (929 minuti, per 22 anni primato d’imbattibilità della Serie A a girone unico) e nel tempo (12 anni di Milan costellati da altrettanti trofei) ha vinto nel pallone.
lessi i giornali per un po’ per evitare nervosismo in quella giornata. Stavo nel mio mondo e l’ho vissuto molto bene quel periodo. Il giorno che lo feci non me ne ero neanche accorto, mi avvertirono dalla panchina”.
Seba, il tuo record lungo oltre due decenni il 20 marzo scorso è stato superato dai 974 minuti di Gianluigi Buffon. Cosa provi? “Sinceramente sono contento che se lo sia aggiudicato Gigi, che è un grande portiere ed è un italiano. Non ho provato una sensazione particolare, non potevo far qualcosa o metterci del mio per impedirlo. Fossi stato in campo avrei lottato per difenderlo, ma da fuori non potevo adoperarmi. I record nascono per essere battuti, ripeto quello che mi disse Dino Zoff quando all’epoca gli strappai il primato”.
È un record del singolo, figlio di un lavoro collettivo. Domandona, per gli amanti dei paragoni: più forte la difesa del Milan 1993/1994 oppure la retroguardia della Juventus 2015/2016? “Bisogna sottolineare che sono momenti diversi. Negli anni ‘90 c’erano squadre con grandi giocatori. Senza nulla togliere a quelli di adesso, il campionato italiano era il più ambito. Avevo una difesa incredibile, nonostante ciò in quelle dieci partite, riguardandole adesso, me lo meritai realmente il record. Feci degli interventi veramente importanti. Una difesa diventa grande quando c’è un grande centrocampo, quando gli attaccanti ritornano… È un record attribuito ai portieri, ma è della squadra. Non è mai un singolo che fa la squadra. In uno spogliatoio valido il singolo si evidenzia, se non c’è un gruppo forte, dove tutti remano nella stessa parte, diventa difficile per i singoli emergere. Facevo stare tranquilli i miei compagni di squadra,
Come ti avvicinasti al pomeriggio del 27 febbraio 1994, in cui durante MilanFoggia battesti lui e i suoi 903 minuti di clean sheet? “Non
Nelle dieci partite di porta inviolata, ci si sente davvero imbattibili? “No, assolutamente. Devi stare con gli occhi aperti, come sempre. Non cambia niente. Deve essere così, perché è l’approccio migliore. Essere sempre se stessi, non è che scendi in campo per battere il record. Scendi in campo per vincere, poi dopo se non incassi gol è meglio”.
li caricavo e cercavo di dar loro sicurezza. A mio avviso era più forte la mia difesa, senza dubbio. La Juve non è che abbia subito grossi tiri, però è un quinquennio che è in testa, quindi qualcosa d’importante ce l’ha anche lei”. E nel momento della rete di Igor Kolyvanov, che spezzò la striscia, quale emozione ti balenò? “Ero incazzatissimo, ma perché avevo preso gol, solo per quello, non per il record interrotto”. Il destino ha voluto che tu fossi dirimpettaio di Buffon nella sua prima in massima serie: 19 novembre 1995, Parma-Milan terminata con il risultato a occhiali. “Nell’ambiente già si diceva che era molto bravo, l’ho visto esordire e fece interventi buoni per l’età che aveva”. E per l’età che ha come si districa Gianluigi Donnarumma, etichettato dalla critica come il “nuovo Buffon”? “È un ragazzo di carattere, di temperamento, talenti fondamentali soprattutto per giocare nel Milan. Un discorso è militare nella Juve e un altro nel Milan. Non ho mai vestito il bianconero, però invece so che il Milan è sempre soggetto a critiche, distruttive più che costruttive. È ancora presto per poterlo dire, ma ha qualità anche tra i pali. Adesso bisogna vedere se riuscirà a imporsi, andando avanti. Solo il tempo potrà deciderlo. In molti sono bravi all’inizio e vengono paragonati a Buf-
l’incontro
fon, penso a Simone Scuffet, che non ha mantenuto per ora le premesse”. Tu sei alto 1,98 m, tanto da meritarti l’appellativo di “ascensore umano” mentre lui 1,96 m. Può assomigliarti? “Sì, e anche in certe parate. Nonostante la mole è molto bravo nell’andare a terra. Deve migliorare tecnicamente, a 17 anni non puoi essere un portiere completo”. Quanto è mutata l’interpretazione del ruolo negli ultimi 20 anni? “Molto. Per quelli di adesso non sostanzialmente, mentre la mia generazione ha vissuto un cambio di regolamento. Potevi prendere la palla con le mani sul retropassaggio, i piedi servivano di meno. Poi abbiamo dovuto imparare a saperli usare, da lì in poi gli estremi difensori sono stati più calciatori di prima. È un mondo che va avanti. In passato trovavi di tanto in tanto chi calciava forte verso la porta, ora con questi nuovi palloni sembra che tutti sappiano calciare. Vent’anni fa si adottava anche il fuorigioco, adesso non si applica quasi più, è un rischio in meno che corre il portiere, prima giocavi praticamente da libero”. Ti diverte ancora questo sport? “Ho sempre giocato a calcio, perché in primis era un divertimento. Comunque sicuramente sì”. Subisci il richiamo dei sedici metri? “Capita, quando vedo certe partite, mi verrebbe voglia di essere dentro uno stadio, con i miei tifosi e quelli avversari. A 50 anni la maglia la togli, tuttavia dentro rimane quell’indole da uomo di campo”.
Il 21 marzo scorso
AIC Senior League a Cesena All’Orogel Stadium Dino Manuzzi di Cesena i calciatori Senior dell’AIC residenti nelle province di Forlì Cesena, Bologna, Ravenna e Rimini sono scesi in campo il 21 marzo scorso per la terza tappa dell’AIC Senior League. Più di 60 i presenti da Massimo Agostini a Ruggiero Rizzitelli, Alessandro Bianchi, Christian Lantignotti, Paolo Bravo, Claudio Rivalta, Adriano Piraccini, Renato Villa, Ivano Bonetti, Massimo Gadda, Lamberto Zauli, Sergio Dòmini, il Vicepresidente AIC Umberto Calcagno e tanti altri.
Arbitro delle due sfide Fiorenzo Treossi, team-manager del Cesena Calcio, tornato per l’occasione a vestire i panni del direttore di gara, emblema dell’ospitalità della società romagnola. Proprio grazie al Cesena Calcio l’AIC ha potuto organizzare questo incontro tra calciatori all’interno di una struttura di così alto livello. La prossima tappa, sempre in Romagna, rivedrà in campo i calciatori che hanno accolto con grande piacere l’invito della loro Associazione.
Strano destino, quello dei numeri uno. Date le spalle all’oggetto per voi più prezioso. “Siamo l’ultimo baluardo. Siamo solitari, non possiamo parlare con il palo e la traversa, dobbiamo sapere dove siamo senza che ci venga detto. Il senso della posizione è una virtù. La porta è alle spalle ma devi essere padrone della situazione”. 33
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di Pino Lazzaro
Le sezioni femminili di Milan, Roma e Sampdoria
L’anno zero delle… piccole donne Come viene ricordato nell’apposito riquadro, a partire da questa stagione 2015/2016, la Federazione ha “costretto” le società professionistiche (facendo leva in pratica sulla concessione delle cosiddette licenze nazionali, con la previsione di multe per coloro che non si attengano a quanto indicato; vedi ancora il riquadro) ad aprire proprie sezioni femminili a partire dalle under 12. Certo un bel cambio di passo che mostra finalmente un percorso da seguire, un progetto, un’idea. Al di là di quanto indicato dalle norme (peccato pare possa esserci ora una sostanziale frenata su quanto a suo tempo stabilito), abbiamo pensato di andare così a sentire come sta andando intanto “la novità” in tre diverse realtà professionistiche di serie A: Milan, Roma e Sampdoria.
Roberta Antignozzi (allenatrice e coordinatrice del settore femminile al Milan)
“Facciamole crescere con calma”
Ha giocato da centrocampista, vestendo le maglie via via di Lazio, Roma, Inter, Milan, Alessandria e Res Roma e dice che ha iniziato ad allenare circa otto anni fa, con l’Inter: giusto intanto un dare una mano, delusa com’era di quel che vedeva e sperimentava come calciatrice. “Da allora non ho più smesso e qui al Milan sono arrivata tramite un colloquio, credo siano venuti a vedere come allenavo e m’hanno poi affidato il coordinamento del settore femminile. Essendoci in prima persona il Milan è stato semplice partire con un buon numero di ragazzine e credo abbia pure un po’ aiutato la credibilità che mi sono costruita in questi anni,
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a me piace far bene le cose, sì, come pure il fatto di aver avuto una società mia, sapendo così come muovermi: ce ne sono tante di ragazzine non tesserate a cui piace il calcio. Rispetto a quanto hanno fatto tanti club, che si sono limitati semplicemente ad assorbire le ragazze di altre società, qui al Milan è stata seguita una strada diversa,
partendo proprio da zero. Inutile insomma assorbire delle squadre che sul piano dell’intensità e della forza fisica non ci sono, vanno sempre a 2 all’ora, è difficile cambiare abitudini e attitudini se non cominci presto, per tempo ed è quello che abbiamo fatto. Oltre a coordinare il settore femminile, io alleno il gruppo delle 2004-2005, all’altro – 2005/2006 – ci pensa un’altra ragazza. In tutto una trentina di ragazzine, con l’abbigliamento, borse eccetera tutto uguale uguale ai ragazzi. Due allenamenti la settimana (17.30-19.30) più la partita e la mia decisione, presa d’accordo con la società, è stata quella di non partecipare per questo primo anno ad alcun campionato, solo amichevoli, meglio intanto farle crescere con calma. Ci si trova al Centro Sportivo Vismara e possiamo contare su una struttura eccezionale in cui sono presenti dottore, psicologo e fisioterapista. L’obiettivo è dunque farle migliorare e crescere e con alcune di esse ho proprio visto quanto indietro siamo proprio solo sul piano della coordinazione. Di bambine che da piccole giocano con i maschi ce ne sono tante, non è una novità, certo però che la novità è adesso il poter condividere con le compagne uno spogliatoio, non fare come prima in cui si spogliavano da parte, da sole. Venivo da esperienze nel settore dilettanti,
femminile
La Norma Programmatica 2015 sulla promozione del Calcio femminile lì ci si deve adattare, non ci sono soldi e ti ritrovi magari a fianco persone che davvero non c’entrano nulla col calcio, chiaro che sto respirando ora un’aria nuova. L’anno prossimo, anche se dovessimo raddoppiare il numero delle tesserate, nessuna preoccupazione, siamo in grado di fronteggiare una cosa così. E penso che non sia una previsione troppo arrischiata, per me capiterà”.
Dalla stagione sportiva 2015/16 le società professionistiche, per il conseguimento delle licenze nazionali senza subire sanzioni pecuniarie, devono attivarsi, concretamente, per la promozione “dell’attività e favorire lo sviluppo del Calcio Femminile”. In sostanza, la norma inserita nei comunicati ufficiali FIGC (n° 188/26.03.15 per la Serie A, 238/27.04.15 per la Serie B e 239/27.04.15 per la Lega Pro) prevede l’attuazione del seguente programma:
Serie A e B a) L’impegno a tesserare per la stagione sportiva 2015/16 almeno 20 calciatrici under 12; b) tesseramento di almeno ulteriori 20 calciatrici Under 12, rispetto la stagione precedente, e quindi di un totale di 40 calciatrici per la stagione sportiva 2016/17; c) la partecipazione al Campionato Giovanissimi con almeno una squadra di Calcio Femminile per la stagione sportiva 2017/18 (fermo restando il tesseramento di almeno 40 calciatrici Under 12); d) partecipazione al Campionato Allievi con almeno una squadra di Calcio Femminile per la stagione sportiva
2018/19 (fermo restando il tesseramento di almeno 40 calciatrici Under 12 e la partecipazione al Campionato Giovanissimi con almeno una squadra di Calcio Femminile). In caso di inosservanza dell’impegno previsto al punto a) è prevista un’ammenda non inferiore ad € 40.000,00.
Lega Pro a) tesseramento di almeno 20 calciatrici under 12 per la stagione sportiva 2016/17; b) tesseramento di almeno ulteriori 20 calciatrici Under 12, rispetto la stagione precedente, e quindi di un totale di 40 calciatrici per la stagione sportiva 2017/18; c) la partecipazione al Campionato Giovanissimi con almeno una squadra di Calcio Femminile per la stagione sportiva 2018/19 (fermo restando il tesseramento di almeno 40 calciatrici Under 12); d) partecipazione al Campionato Allievi con almeno una squadra di Calcio Femminile per la stagione sportiva 2019/20 (fermo restando il tesseramento di almeno 40 calciatrici Under 12 e la partecipazione al Campionato Giovanissimi con almeno una squadra di Calcio Femminile).
La nuova ipotesi di Norma Programmatica 2016 Spiace rilevare che, ad un solo anno dalla condivisione ed implementazione della norma programmatica, in sede di trattative per il rinnovo delle licenze nazionali 2016/17, il nuovo testo proposto da FIGC e Leghe appare decisamente meno rispettoso delle motivazioni che avevano originato il piano operativo sopra esposto. In particolare, “l’impegno a tesserare almeno ulteriori 20 calciatrici Under 12 rispetto alla stagione precedente” si ritiene rispettato anche se la società di Serie A, B o Lega Pro, avente sede in comune con un numero di abitanti inferiore a 100.000, si avvarrà delle seguenti alternative:
a) acquisizione del titolo sportivo o partecipazioni di controllo di una società di calcio femminile affiliata alla FIGC con sede nello stesso comune o, anche in comune confinante; b) conclusione di accordi di licenza, per l’utilizzo della denominazione, del marchio e dei segni distintivi, con squadre giovanili appartenenti a società di calcio femminile affiliate alla FIGC, con sede nello stesso comune o, anche in comune confinante. In tal caso, saranno fatti salvi anche accordi di collaborazione Gruppi Sportivi Scolastici affiliati alla FIGC; c) conclusione di accordi di collaborazione con squadre giovanili appartenenti a società di calcio femminile affiliate alla FIGC, con sede nello stesso comune o, anche in comune confinante. Un chiaro passo indietro rispetto a quanto concordato nel 2015. 35
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Maria Iole Volpi (allenatrice alla Roma)
“Questa è la nostra sfida” Come calciatrice dalla sua, tra l’altro, pure uno scudetto e una Coppa Italia (con la Lazio) e una Supercoppa italiana col Bardolino. Allena da qualche anno, a suo tempo già responsabile di una scuola-calcio a Roma con quasi 100 iscritte, impegno che certo ha contribuito ad attirare su di lei l’attenzione della società giallorossa. Gruppo di 25 “bambine”, così le chiama, classi 2003-2004 che lei allena assieme a Gabriele Pallone, contando sul coordinamento di Corrado Corradini (ex allenatore delle giovanili azzurre femminili) e di due dirigenti (Maria Paola e Valeria), sempre assieme a fisioterapista e psicologo. Allenamenti al Centro “Onesti”, all’Acquacetosa, su sintetico, tre volte la settimana, sono i genitori a portarle.
“Un po’ il passaparola, un po’ l’informazione partita dalla società. Molte che già giocavano con i maschietti, un livello direi già buono e si vede subito chi è abituata a giocare con i maschi. C’è stata in generale comunque in questi mesi una crescita esponenziale, con una società che non si è mossa giusto per non pagare l’eventuale sanzione prevista per chi non avesse aperto alle ragazzine, ma che da subito ha mostrato di credere parecchio al progetto. Fa ben sperare anche il fatto che abbiano voluto una ragazza come allenatrice: avendo a che fare con un ambiente completamente maschile pensavo tutto potesse essere più difficile, ma proprio vedendo la serietà con cui in società vengono fatte le cose, come posso non sentirmi fiduciosa? Con le bambine ho subito sottolineato che questa è la nostra sfida, sì, prime donne a far parte della Roma. Non dobbiamo dunque essere brave come i maschietti, ma di più perché siamo speciali. Io con loro sto vivendo una fortuna che a suo tempo io non ho avuto, assieme possiamo cambiare questo nostro futuro. C’è molta partecipazione e applicazione e ho notato grandi miglioramenti, sia individuali che di squadra. E l’obiettivo, anche some società, è quello di crescere, di allargare la base, è quello a cui punta la società. Da qui vorrei, che so, giusto ringraziare quelle società professionistiche che per questo cambiamento si sono affidate a delle donne che hanno avuto modo di vivere il movimento del calcio femminile. Non era una cosa scontata ma era importante che ci fossero le nostre figure, diciamo che è un giusto matrimonio: avere a che fare con ragazze e ragazzine è un qualcosa di particolare, bisogna sapere, come del resto pure noi abbiamo tanto da imparare dal mondo professionistico, come struttura e organizzazione. Sì, spero sia una strada che venga seguita il più possibile”.
Silvia De Blasio (stagista alla Sampdoria)
“Un buonissimo inizio” Venti ragazzine Under 12, due allenamenti la settimana (ogni due settimane ne fanno pure un terzo), al campo Emiliani di Nervi, sintetico. Dice che la passione per allenare è iniziata qualche anno fa, dapprima con una scuola-calcio che faceva riferimento alla palestra in cui lavorava, poi approdando a una società di calcio. “Qui è tutto è cominciato con l’annuncio della società, che se ci fossero state delle ragazzine che avessero avuto piacere di provare col calcio, la strada era quella di chiamare in società ed è stata una ricerca in effetti abbastanza lenta. Su Genova ce ne sono otto di squadre iscritte al campionato under 12, lo si è disputato in due fasi, invernale e primaverile, ora poi si è passati a tornei vari. Per quella che è stata la mia diretta esperienza, naturalmente le ragazzine non possono sapere la fortuna che hanno, proprio perché non hanno vissuto il “prima”. Intanto c’è di mezzo una maglia, quella della Samp, che qui da queste parti attira e dà senso di appartenenza, con in più uno staff completo a disposizione: un allenatore, un dirigente tecnico, 2 accompagnatori, 1 psicologo, 1 fisioterapista, 1 preparatore dei portieri e poi ci sono io, stagista, in attesa di arrivare a prendere pure il patentino. Per me la vedo proprio una cosa fantastica, anche per l’immagine che si dà. Staff sempre al completo, riunioni e programmazione, sono seguite per bene e con tanta professionalità, quella che così spesso tanto manca nel calcio delle grandi. Un buonissimo inizio, con tante che all’inizio nemmeno sapevano calciare un pallone e quanto sono cresciute! Sperimentando poi un’attività di gruppo, spesso sono abituate ad altri tipi di sport, individuali: possono così fare dei confronti e ho visto al torneo a cui abbiamo partecipato a Pasqua, il “Caravella”, la voglia che avevano assieme, un bel gruppo”.
regole del gioco
di Pierpaolo Romani
Dall’Isis alla camorra
Quando violenza e paura restringono gli spazi di libertà Parigi, Napoli, Al Asriya. Francia, Italia, Iraq. Europa e Medio oriente. Uno stadio, un centro sportivo, tre campi di calcio. Tre momenti di gioia, passione e divertimento trasformati in tre arene di violenza, due delle quali anche di morte. Calciatori professionisti, dilettanti, giovani e bambini. Da una parte la voglia di competere, di vincere, di passare 90 minuti in allegria. Dall’altra, i terroristi dell’Isis e i clan della camorra, con l’obiettivo di seminare paura e terrore e di riprendere il controllo del territorio. Parliamo dei 3 kamikaze che si sono fatti esplodere allo stadio parigino la sera del 13 novembre 2015 durante la partita amichevole tra le nazionali di Francia e di Germania, del kamikaze che si è fatto saltare in aria in un villaggio a 30 chilometri da Bagdad il 25 marzo, dell’ordigno rudimentale che un mese fa è stato scoperto e, per fortuna, non è scoppiato, al centro sportivo Villa Nestore del quartiere Marianella-Piscinola di Napoli dove quindici bambini stavano per iniziare una partita di calcio. I tre kamikaze che si sono fatti esplodere all’esterno dello stadio della capitale francese e quello che ha colpito in Iraq hanno causato quasi 50 morti: 6 in Francia e 41 in Iraq. In quest’ultimo caso, sono deceduti diversi ragazzi e il sindaco della città che ospitava il torneo di calcio giovanile a cui molti di loro avevano partecipato. Il centro sportivo di Villa Nestore (nella foto), a Napoli, invece, sorge su un territorio comunale. È stato sequestrato qualche anno fa perché alcuni soggetti vicini alla criminalità organizzata lo occupavano abusivamente e lo utilizzavano per compiere attività illecite. Non è la prima volta che viene colpito questo luogo, uno spazio che nel corso degli anni è diventato strumento di inclusione sociale, di aggregazione e di formazione per tanti bambini del territorio. I terroristi dell’Isis, così come i camorristi a Napoli, tenuto conto delle oggettive differenze, sia di azione che di contesto, mirano tuttavia ad un obiettivo comune: utilizzare la violenza e la paura per restringere i nostri spazi di libertà, per condizionare le nostre vite, i nostri movimenti, per spingerci a rinchiuderci sempre di più nelle nostre case, sia
come singoli sia come collettività, al fine di lasciare loro quanto più spazio possibile per dominare e dettare unilateralmente le regole. Se accettassimo questa condizione, sarebbe la nostra più grande sconfitta che precluderebbe in modo inesorabile il nostro futuro e quello delle giovani generazioni. Bene ha fatto l’Uefa a smentire l’idea, che era circolata dopo gli attentati di Bruxelles, di far giocare i prossimi campionati europei a porte chiuse. “I grandi eventi sportivi, culturali e popolari sono indispensabili per dimostrare che siamo un popolo libero, che siamo in piedi, che non abbiamo paura” ha detto il primo ministro francese Manuel Valls. Il calcio, storicamente, ha contributo a costruire ponti e ad abbattere dei muri, ha favorito l’incontro tra i popoli piuttosto che lo scontro. La palla rotonda che rotola su un rettangolo verde, su una spiaggia, lungo una strada, non ha mai fatto distinzione di lingua, religione, cultura e credo politico. “Tutto quello che so sulla moralità e i doveri dell’uomo lo devo al calcio” ha scritto Albert Camus, premio Nobel
per la letteratura, e primo difensore Racing Universitaire d’Alger fino all’età di diciassette anni. È questo lo spirito e la passione per il calcio a cui dobbiamo tornare, anche se oggi questa affermazione può apparire ardua oltre che utopistica. Ma, come ha scritto un grande uomo di cultura amante del calcio, Eduardo Galeano “l’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare”. E, aggiungiamo noi, a continuare a correre non solo per fare goal, ma per difendere e diffondere la libertà, la giustizia e la democrazia.
Sperling & Kupfer
Splendori e miserie del gioco del calcio di Eduardo Galeano – 304 pagine - €16,50
Come la maggior parte dei sudamericani, anche Eduardo Galeano sognava, da bambino, di diventare un grande calciatore e la fama conquistata come scrittore non l’ha guarito dal rimpianto di essere stato “il peggior scarpone” mai comparso sui campetti del suo Paese. La passione, però, è rimasta intatta: non potendola esprimere con i piedi, si è rassegnato a farlo con la penna. Questi racconti, ricordi e appunti, aggiornati fino agli ultimi anni, sono la celebrazione del mondo che gira intorno al pallone, dei suoi protagonisti di ieri e di oggi: i tifosi in eterno pellegrinaggio verso lo stadio; Pelé esultante per il
suo millesimo gol al Maracaná; il portiere che, con un solo errore, perde il campionato; Maradona che, con due gol inflitti all’Inghilterra, di cui uno di mano, vendica l’orgoglio argentino ferito a morte alle Malvine. Galeano non nasconde gli aspetti meno luminosi di uno sport che è anche un lucroso affare. Tuttavia, come accade agli innamorati, le irrimediabili miserie non diminuiscono, al suo sguardo, lo splendore di questo gioco, che è festa per gli occhi dello spettatore e allegria delle gambe che sfidano la palla. Fenomeno sorprendente, che ha il potere di avvicinare le sensibilità più diverse, soffocare la ragione e riunire sotto la stessa bandiera uomini in lotta fra loro. Come quando gioca la nazionale e, come per magia, “si ferma il respiro del Paese, tacciono i politici, i cantori e i ciarlatani da fiera, gli amanti frenano i loro amori e le mosche interrompono il volo”. 37
internet
di Mario Dall’Angelo
I link utili
L’etica della responsabilità nel nome di Johan Cruyff La scomparsa di Johan Cruyff lo scorso 24 marzo ha lasciato un vuoto in ogni appassionato del calcio. Il Pelè bianco, il leader di una grande scuola calcistica che nacque con lui e che ancora adesso esporta talenti, è stato uno dei pochissimi calciatori ad avere inciso profondamente sul suo sport al di là dei risultati e delle imprese compiute sul campo. Le conseguenze delle novità introdotte dall’Ajax e dall’Olanda di Cruyff negli anni ‘70 sono presenti ancora oggi nel gioco. Le celebrazioni sono state quindi giuste e doverose però hanno trascurato un aspetto meno conosciuto ma non meno importante dell’uomo Johan: l’etica della responsabilità. Il sito della Fondazione Cruyff (www.cruyff-foundation.org) ci permette di conoscere l’impegno del campione per gli altri. Nella sezione about us scopriamo che quando Johan, andando verso il termine della carriera, giocava negli Stati Uniti conobbe un ragazzino con la sindrome di Down, suo vicino di casa. Il ragazzo non giocava in strada perché non riusciva a inserirsi con gli altri e così l’attaccante, già all’epoca una leggenda dello sport, si assunse il compito di giocare con lui, palleggiando e affrontandosi nell’uno contro uno. Entrato in confidenza, il ragazzino si tuffò nella piscina di Cruyff, a rischio di annegare perché non sapeva nuotare. E così il suo nuovo amico gli insegnò anche il nuoto. Un giorno, al ritorno da una partita, Johan vide il ragazzino giocare in strada insieme agli altri e capì così le potenzialità dello sport: non solo divertimento, fatica e lavoro ma anche strumento formidabile per il superamento dei problemi, l’inserimento delle persone nei gruppi sociali, lo sviluppo sano dei giovani. Quel giorno vennero messe le basi per la Fondazione Cruyff, che sarebbe stata istituita diversi anni dopo ma risultando comunque tra le prime ad essere promosse da un campione del calcio. Una preoccupazione di Johan era la diminuzione dell’attività sportiva giovanile in Olanda e in altri paesi, con conseguenze 38
evidenti sulla salute ma anche sulla vita sociale. Così, fino dalla sua costituzione nel 1997, la Fondazione persegue l’obiettivo di far esercitare ed allenare i giovani tutti i giorni attraverso il sostegno a pro-
giocare insieme. La prima di queste strutture in Italia è stata inaugurata il 10 novembre 2014 a Como e la ricordiamo con particolare affetto dal momento che si chiama Cruyff Court Stefano Borgonovo. La fondazione (fondazionestefanoborgonovo.it) intitolata all’indimenticato attaccante lombardo è attiva principalmente nel sostegno alla ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica, la malattia che se lo è portato via tre anni fa, ma sostiene anche la pratica dello sport a livello giovanile. E così le due associazioni, con l’appoggio dell’Uefa, si sono incontrate con naturalezza nell’impegno a realizzare insieme un campo sintetico su un terreno che il comune di Como ha concesso con un impegno decennale. Tra le altre attività programmate nella struttura comasca, il torneo di calcio “Cruyff Court 6 vs 6 football tournament” e il Cruyff Foundation Community Program (en.community-program.org), progetto che provvede alla formazione di un allenatore nel Johan Cruyff Institute for Sport Studies di Amsterdam. È notizia recente, quasi concomitante con la scomparsa del grande olandese, che il secondo Cruyff Court in Italia sorgerà a Firenze, ancora in collaborazione con la Fondazione Borgonovo grazie all’opera della signora Chantal. La città non dimentica che Stefano vestì la maglia viola e gli rende omaggio, intitolandogli anche una via davanti allo stadio Gino Bozzi, nel quale gioca la Primavera della Fiorentina.
getti che sono di stimolo per la pratica sportiva e i giochi. Questi mezzi, seguendo il motto di Johan secondo cui “Non si può far niente da soli, bisogna fare insieme”, sono perseguiti attraverso la collaborazione con scuole, associazioni, federazioni sportive, autorità governative e aziende. Nella molte pagine del sito troviamo le numerose iniziative sviluppate. Schoolyard14 offre ai bambini più strutture sportive nelle scuole e li incoraggia a fare più pratica durante e dopo l’orario scolastico. Disabled Children dà supporto a progetti per bambini con disabilità, ad esempio sostenendo il tennis in carrozzina nei paesi in via di sviluppo. Ma l’attività in cui forse la Fondazione si è maggiormente adoperata sono i Cruyff Courts, una moderna interpretazione dei tradizionali campi da gioco, come ce n’erano una volta nei Gianluigi Buffon @gianluigibuffon quartieri ma che sono Avevo 12 anni quando ti ho voltato le spalle. Rinnegai il mio passato per garantirti un futuro sicuro. stati nel tempo saUna scelta di cuore. Una scelta d’istinto. Proprio nel crificati agli interessi giorno in cui ho smesso di guardarti in faccia però, di urbanizzazione. ho cominciato ad amarti. A tutelarti. A essere il tuo primo e ultimo strumento di difesa. Un ritorno quindi al campo da gioco fuori dalla porta di casa, per consentire a bambini e ragazzi di praticare lo sport preferito senza lunghi tempi di trasferimento e nel contempo avere un luogo di incontro in cui siano apprezzati e praticati valori come il rispetto reciproco, la salute, l’integrazione, la crescita e il
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internet
di Stefano Fontana
Calciatori in rete
Lauria e Ramaglia: dilettanti (non certo) allo sbaraglio www.fabiolauria.it Collegandosi al sito ufficiale di Fabio Lauria in questi giorni, il navigatore riceve un’accoglienza davvero speciale: parte in automatico il video con tanto di commento di una spettacolare rete messa a segno da questo talentuoso attaccante classe 1986. Nel detta-
glio si tratta di una magistrale rovesciata realizzata durante l’incontro Romagna Centro – Parma del 13 marzo 2016, valsa alla compagine gialloblù la vittoria. Nato a Napoli, Fabio si dedica anima e cuore al calcio sin dalla tenera età. A 13 anni debutta nel Modena, per poi proseguire la sua avventura con Ternana, Reggiana,
ttando
Arezzo e Martina. Seguono poi esperienze con Lanciano, Lumezzane, Venezia, Matera, Cuneo e Delta Rovigo. Nella stagione 2015/2016 approda al Parma. Ricchissimo di contenuti, il suo sito internet ufficiale ha l’aspetto di un portale di informazione sportiva. L’homepage contiene numerose informazioni di sicuro interesse come il resoconto dell’ultimo incontro sostenuto dal Parma, la classifica aggiornata della Serie D, collegamenti a video di gioco, interviste e molto altro ancora. A portata di click ci sono inoltre i collegamenti con la scheda del giocatore ed una pagina denominata “I Diari”, dove è possibile seguire da vicino Fabio durante qualsiasi evento saliente legato alla militanza nel Parma con tanto di pensieri, contributi di terzi e varie foto. A proposito di immagini: il sito è munito di una ricca photo gallery. Non manca infine uno spazio dedicato alle news ed alla rassegna stampa.
www.marioramaglia.it Grafica fresca e originale per il sito ufficiale di Mario Ramaglia, punta centrale in forze all’Anversa Normanna. Il colore dominante è il verde del campo da gioco. Nella fascia alta troviamo i collegamenti con le varie sezioni. Molto curato l’aspetto multimediale, grazie all’ampio spazio dedicato ai video raccolti nell’omonima sezione.
Gianluigi Buffon @gianluigibuffon Ho promesso a me stesso che avrei fatto di tutto per non incrociare più il tuo sguardo. O per farlo il meno possibile. Ma ogni occasione è stata una sofferenza, dovermi voltare per rendermi conto di averti deluso. Ancora. Ancora una volta. Siamo sempre stati opposti e complementari, come Luna e Sole. Costretti a vivere uno accanto all’altro senza mai potersi sfiorare. Compagni di vita a cui viene negato il contatto. Oltre 25 anni fa ho fatto il mio voto: ho giurato di proteggerti e custodirti. Mi sono fatto scudo contro i tuoi nemici. Ho sempre pensato al tuo bene, anteponendolo al mio. E tutte le volte che mi sono voltato a guardarti ho cercato di sostenere la tua espressione delusa a testa alta, ma sentendomi consapevolmente in colpa. Avevo 12 anni quando ho voltato le spalle alla porta. E continuerò a farlo. Finché gambe, testa e cuore reggeranno.
La pagina denominata “Teams” raccoglie tutte le squadre dove Mario ha giocato, con tanto di indicazione della relativa stagione. Alla voce “Caratteristiche” troviamo un completo elenco di statistiche riguardanti Mario come minuti giocati e gol segnati. Particolarmente dettagliato l’elenco delle caratteristiche tecniche: c’è anche la possibilità di scaricare il curriculum completo del giocatore. Lo stile chiaro e lineare del sito rende una piacevole esperienza la navigazione nella “press room”, dove troviamo una completa rassegna stampa degli articoli dedicati a questo attaccante dalle notevoli doti fisiche (è alto ben 188 cm, scattante ed ambidestro nel tiro, potente e preciso). Un altro punto di forza di questo sito,
davvero tecnicamente valido, è la struttura senza soluzione di continuità. Per visitare tutto il sito è possibile cliccare sui link nella fascia superiore dell’homepage come indicato in precedenza oppure sfogliarle una dopo l’altra, semplicemente scorrendo verso il basso con la rotellina del mouse, oppure con l’ausilio del touchpad integrato in ogni computer portatile. Questa organizzazione dei contenuti è inoltre particolarmente fruibile con tablet e smartphone. 39
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di Nicola Bosio
frasi, mezze frasi, motti, credi proclamati come parabole, spesso vere e proprie “poesie”
Alle volte il calcio parlato diverte di più del In Italia quando arriva un ragazzo della Primavera non è preparato fisicamente. Qui è diverso: sono abituati a giocare a grande ritmo perché fanno campionati veri, non con i pari età. Tutto diventa più normale. Sei bravo? Giochi. E ai ragazzi questa fiducia fa benissimo – Daniele Bonera (Villareal) Si dice che in Italia i ragazzi non giocano ma guardate Donnarumma: chi è più bravo, ha spazio – Andrea Pirlo (New York City) Sono convinto che stia
Luca Rossettini difensore del Bologna “Il calcio è…” Io nel calcio ci sto benissimo, sono stupito. Devo ammettere che pensavo fosse un mondo con pochi valori e la cosa, soprattutto all’inizio, mi spaventava. Invece ho potuto incontrare persone con valori importanti, che condividono una parte della mia stessa esperienza. Non sono tutte persone frivole, che pensano solo a organizzare la serata giusta con le persone giuste, a comprar macchine o andare a ballare. Questo aspetto c’è, non serve negarlo, è sotto gli occhi di tutti. Ma gente così io l’ho trovata anche in università. Insomma, c’è dappertutto, il calcio è un mondo come gli altri. Sicuramente più esasperato in termini di risonanza mediatici, infatti ciò che si conosce è quello che si legge e si vede in tv. 40
crescendo una generazione di giovani calciatori che potrebbero consentire alla nostra Nazionale di aprire un ciclo come fu quello tra il 1978 e il 1982. Sono convinto che si potrebbe allestire una squadra che sappia fare risultati e bel gioco, programmando e selezionando, per i prossimi mondiali, il meglio della nuova generazione del calcio italiano – Giampiero Ventura (Torino) Io vorrei guidare una squadra in Champions League, questo è il mio obiettivo. Come si dice, bisogna mirare alle stelle per colpire la luna. E vero, in Serie A non è andata benissimo, ma è altrettanto vero che la mia esperienza è durata complessivamente un mese o poco più. In Italia va così, due partite sbagliate e sei fuori. E se poi la stampa spinge contro, è solo questione di tempo, l’esonero è dietro l’angolo – Angelo Gregucci (Alessandria) In Premier un tecnico gode di maggiore considerazione, non esiste la stortura tipica del sistema italiano, secondo cui una figura importante come quella dell’allenatore viene scelta attraverso criteri tutt’altro che infallibili. E non parliamo della pazienza: qui, dopo due-tre settimane sei già in discussione, per questo dico che fare l’allenatore in Italia è il mestiere più pazzo del mondo… – Gianni De Biasi (C.T. Albania) Lo stress è la mia forza e la mia debolezza. Lo stress ti dà e ti toglie. Quando stai sul pezzo 24 ore su 24, i risultati prima o poi arrivano ed è il segreto della mia carriera. Però, allo stesso modo, il logorio ti prosciuga – Francesco Guidolin (Swansea) Il calcio è soprattutto un gioco, un modo per divertirsi e per divertire. La partite non si vincono mai grazie al modulo, ma all’impegno di tutti a remare nella stessa direzione – Angelo Gregucci (Alessandria) Una volta avevamo voglia solo di giocare a calcio. Adesso ci sono i videogiochi, la PlayStation, la televisione. La tecnologia ha rovinato tutto – Andrea Pirlo (New York City) Voglio uomini veri, prima che calciatori. Per esperienza, posso dire che le grandi squadre non si costruiscono soltanto comprando calcia-
tori ricchi di talento. Servono giocatori che sappiano assumersi le responsabilità, che vanno affrontate e superate con maturità e intelligenza. Ne sono certo:
Guglielmo Stendardo difensore dell’Atalanta “Privilegiati” Molti calciatori non conoscono neppure il regolamento, non sanno che quello che fanno è sbagliato ed eticamente scorretto. Viviamo in un mondo da favola, non facciamo le file, abbiamo sempre posto ai ristoranti e pensiamo che tutto ci sia dovuto. Poi però il calcio finisce e la maggior parte non sa cosa fare. Sa che solo il 10% dei giocatori riesce a restare nel mondo del calcio con qualche ruolo? E normale che poi tanti scoprano la depressione. oggi gli stupidi non possono fare carriera – Angelo Gregucci (Alessandria) Nella vita basta volere le cose. Fare il calciatore significa, in primo luogo, voler essere un calciatore. Un giocatore non si riconosce dal cappellino nuovo e dall’attrice alla moda come fidanzata. I sacrifici contano e ripagano. Il calcio è fatto di volontà – Giampiero Ventura (Torino) La scuola
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calcio giocato tecnica italiana non ha eguali, il nostro unico problema è che siamo “mammoni” e convinti che il meglio sia soltanto in Italia. E lo dice una persona che è andata all’estero nel 2007, al Levante, ma che se potesse tornare indietro rifarebbe quella scelta con dieci anni di anticipo – Gianni De Biasi (C.T. Albania) I genitori spesso sono la cosa più brutta dei settori giovanili. A volte vai a vedere le partite e trovi genitori che urlano contro gli altri bambini o contro gli arbitri. È la rovina. Sicuramente a casa faranno la ramanzina al figlio, dicendogli quello che ha fatto o non ha fatto in campo. Così ti passa la voglia di giocare – Andrea Pirlo (New York City) Il calcio, quando si è bambini è soprattutto
Andrea Pirlo centrocampista New York City “Selfie…” Una volta, in prima squadra, avevi paura a parlare e stavi in un angolo. Era una dittatura degli anziani. Ti presentavi con l’orecchino, te lo toglievano. Ti facevi crescere i capelli, te li tagliavano. Adesso un ragazzo viene a fare un allenamento con la prima squadra e pensa di essere arrivato. La cosa più importante è mettersi lì a fare le foto.
un gioco. Io denuncerei alle autorità quegli allenatori degli esordienti o dei pulcini che li istruiscono ossessivamente al fuorigioco – Giampiero Ventura (Torino) Più attenzione tattica non significa noia: il pubblico inglese applaude anche chi retrocede, se vede che dà il massimo in campo. La verità è che le minori pressioni ambientali aiutano le squadre britanniche a giocare con più intensità nei 90’. Serenità e intensità sono fattori correlati – Gianni De Biasi (C.T. Albania) In Spagna al centro di tutto c’è il calcio, lo sport, il gioco. In Italia queste cose sono passate in secondo piano. Si parla per giorni delle designazioni arbitrali e il risultato è vissuto come un dramma, cosa che condiziona pesantemente la maniera di giocare, e persino quella di prepararsi – Daniele Bonera (Villareal) I soldi sono importanti, come sa chi non li ha o chi non li ha avuti, ma allenare l’Italia sarebbe un tale onore che davvero non sarebbe paragonabile con il più redditizio dei contratti – Giampiero Ventura (Torino) Perché gli allenatori italiani sanno tirar fuori quell’ 1% in più dai giocatori che spesso fa la differenza tra una vittoria e una sconfitta – Gianni De Biasi (C.T. Albania) La B di oggi vale una C di una volta. Infatti i giovani, dopo la Primavera, andavano in C, mentre ora provano in B. I club piccoli però pensano sempre al budget e non investono nelle giovanili. Dovrebbe essere il contrario, dovrebbero puntare sui ragazzi – Andrea Pirlo (New York City) Premettendo che, com’è noto, ognuno è sempre il meridionale di qualcun altro, al Nord ho scoperto una cultura del lavoro fantastica, che però non mi piace mettere in contrapposizione col resto d’Italia. Nella vita occorre sempre buon senso – Guglielmo Stendardo (Atalanta) Io penso che l’allenatore, per ragioni anagrafiche e di competenza ed esperienza, debba aiutare un ragazzo a capire cose significa essere un calciatore. La mia frase preferita, quella che ripeto sempre ai miei giocatori, è “Se vuoi, puoi”. Ma bisogna anche insegnare a volere. Capire se un ragazzo vuole essere e se vuole imparare cosa fare per diventare. È inutile che io spedisca un ragazzo in palestra
Giampiero Ventura allenatore del Torino “Talenti e campioni” Come trasformare un talento in un campione? Bisogna cercare la sua chiave di accesso, quella che consente ad un allenatore di entrare in relazione con la testa e con il cuore di un ragazzo. Ogni giocatore, come ogni persona, ne ha una. Il lavoro dell’allenatore, o almeno una parte di esso, è proprio cercare quella porta e dialogare con il talento e il carattere di un ragazzo. per fare la forza muscolare, come fosse una tortura o un addestramento militare. Io devo creare le condizioni per cui sia lui a chiedermi di farlo. Un calciatore non deve obbedire, deve sentire che lavorare e sacrificarsi è utile – Giampiero Ventura (Torino) Non sono uno snob, parlo da appassionato: certe gare della Serie A sono difficili da digerire ed è un peccato per chi le gioca e per chi le vede. E dopo le partite, gli allenatori costretti a fare una marea d’interviste spesso rispondendo a domande sugli arbitri. Qui la tv paga uguale ma il tecnico fa solo la conferenza stampa. C’è un senso di leggerezza attorno al calcio che in Italia si è perduto – Daniele Bonera (Villareal) 41
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L’onomastica nel pallone
di Enzo Caffarelli – 150 pagine - € 9,50
I cognomi dei calciatori sono quelli più ascoltati, pronunciati, scritti e letti, i più popolari. Mentre per le figure della politica, dello spettacolo, della cronaca nera e rosa, e degli altri sport i nomi davvero conosciuti da tutti sono a ben contare pochi, nel calcio sono migliaia. Bambini, giovani, adulti, anziani, uomini e donne, da generazioni ripetono quei cognomi… Televisione, radio, giornali, discussioni in famiglia, con amici e colleghi, e non soltanto al sabato, alla domenica e al lunedì. I cognomi dei calciatori sono talmente popolari che se vi chiamate allo stesso modo di un campione, ma anche di un giocatore di secondo piano, tutti vi associano a quel personaggio. Sono talmente popolari da far credere che i loro cognomi siano più diffusi degli altri. Anche se si tratta di cognomi curiosi, con significati particolari, qualche volta sgradevoli e che in altri contesti potrebbero suscitare imbarazzo. Da Martiradonna a Dell’Omodarme, da Cuccureddu a Pirlo… E anche se si tratta di significati “imprendibili”, come certi tiri in porta. Tra una spiegazione e l’altra, anche di nomi di battesimo e di soprannomi, questo libro si occupa di pronunce corrette. Certo, difficili da imporre, ma bisognerebbe dire Debaua e non Dybàla, Zùgniga e non Zunìga, Hraff e non Croyff o Cruyff e perfino Bàresi e non Barési… Senza dimenticare precisazioni sui nomi entrati nel vocabolario: come “la zona Cesarini” o “clamoroso al Cibali”. Baldini & Castoldi
Ex
di Matteo Cruccu – 144 pagine - € 15,00
Cosa succede quando il calcio finisce, quando i riflettori si spengono? Quando la recita del pallone arriva all’ultimo atto? È il momento più difficile nella vita di quei giocatori (ma non solo, anche allenatori) che non hanno ancora deciso cosa sarà il dopo. Ovvero lasciare il centro del palcoscenico dell’eccezionalità sportiva per ritrovarsi nel foyer del quotidiano, dove diventi uno dei tanti e non sei più abituato. E allora alcuni decidono di non decidere, e continuano a giocare all’infinito, come Marco Ballotta, portiere di ghiaccio, ancora in campo a 50 anni insieme a compagni di squadra che potrebbero essere i suoi figli. Altri mollano tutto, prendono una tavola da surf e uno zaino e si confondono tra giovani fricchettoni della loro età come Gianni Comandini, eroe solo per un derby. Sono i protagonisti di Ex – Storie di uomini dopo il calcio, storie dal finale aperto dove si scopre che vivere non è così facile come giocare. Ma è anche un affresco a dieci voci dentro e oltre gli anni d’oro, Ottanta e Novanta, del pallone nostrano, quelli dei trionfi nelle coppe europee, dell’epopee del Milan e della Juve, ma anche del Parma e della Lazio che fanno da sfondo alle avventure dei nostri protagonisti. Quelli in cui il campionato italiano era “il più bello del mondo”. Garage Group Srl
Il più colto uomo di sport
di Gianfranco Colasante – 500 pagine - € 20,00
Il volume dedicato alla vicenda terrena, umana e sportiva, di Bruno Zauli è un corposo lavoro che riscrive in toto la storia dello sport italiano fino alla “Grande Bellezza” di Roma ’60. Sullo sfondo, e neppure tanto in penombra, il “romanzo” dimenticato e denso di fascino del Comitato Olimpico Nazionale Italiano e dei tanti uomini che ne hanno costruito le fortune. E, in sottordine, le vicende della Federazione di Atletica che a Zauli deve tutto (fu proprio lui a “rifondarla” 70 anni fa, nel marzo 1946). Quindi storia e storie di avvenimenti, ma soprattutto delle idee e degli uomini che le hanno rese possibili, malgrado le difficoltà e gli sconquassi del “secolo breve”. Storie rievocate per il periodo del maggior sviluppo del Movimento Olimpico italiano, coincidente con l’arco di tempo che va dai primi anni Venti ai Giochi di Roma, ineguagliato apice dei nostri successi sportivi. 42
Elisa
On
Il grande ritorno in “inglese” di Elisa segna una tappa davvero importante per la cantautrice di Monfalcone: non è solo l’idioma, ma è tutto l’album ad assumere un aspetto “internazionale”, 11 (+ 2 in italiano) tracce che potrebbero tranquillamente uscire da un album delle più importanti pop star del mondo. E quelle uniche due canzoni strutturate nella nostra lingua (una incisa con gli amici Giuliano Sangiorgi ed Emma) sono lì, in fondo, a farci capire quanto è cresciuta questa ragazza, quanto di prezioso abbiamo “in casa” senza andare a cercare altrove. Nono album in studio, “On” ha trovato la sua realizzazione tra la Slovenia, Povegliano Veronese, Los Angeles, Gorizia e New York. Tutte le canzoni sono state scritte dalla stessa Elisa che ha curato molto i testi (come al solito) e si è affidata molto di più all’elettronica dando spazio a tastiere, sintetizzatori e drum machine. Un disco pop, soul, molto “ballabile” che ci fa scoprire una nuova faccia di Elisa: forse non sarà una vera e propria svolta artistica, sicuramente si può definire un punto per partenza per una nuova fase della sua carriera.
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