Poste Italiane SpA – Spedizione in Abbonamento Postale – 70% NE/VI - Anno 45 - N. 01 Gennaio-Febbraio 2017 - Mensile
2017
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Gennaio Gennao Febbraio i -Febbrao i
Organo mensile dell’Associazione Italiana Calciatori
Bonucci il più votato
Una squadra da sogno
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MAXI ALBUM e FIGURINE STREPITOSE Per una collezione ESAGERATA!
di Damiano Tommasi
editoriale
Coraggio! Sarà che da poco ho ricevuto in dono l’ultimo romanzo di Romagnoli, “Coraggio” appunto, ma è una parola che mi ritorna alla mente spesso in queste settimane.
Faremo il possibile di esserci anche nella prossima FIGC. Certamente l'argomento è meno drammatico e ha bisogno di un altro tipo di coraggio, quello della coerenza.
Il Gran Galà del Calcio ha premiato un undici straordinario targato Juve, come era prevedibile ma che nel più votato, il suo ideale capitano Leo Bonucci, di certo il coraggio non è mancato. Non manca nel suo modo di giocare, palla al piede soprattutto, ma anche nella sua vicenda familiare del piccolo Matteo. Non ha avuto il timore di rendere pubblica una storia come tante, purtroppo, che quando riguarda un personaggio pubblico rischia sempre di essere mal interpretata. Il coraggio di mostrarsi fragili è molto più raro dell’impavido coraggio di affrontare i pericoli.
Non è facile attraversare questo mondo fatto di promesse e compromessi, di responsabilità e decisioni di facciata dove il peso delle persone va continuamente ricalibrato non senza qualche amara sorpresa. Il momento, però, è per certi versi storico. Per la prima volta, infatti, il voto delle componenti tecniche sarà più che mai decisivo. Avremo, calciatori e tecnici, il peso della scelta del Presidente federale e non solo. Ci vorrà il coraggio della coerenza per non farsi irretire nella tipica ragnatela dell’immobilismo istituzionale. Potere che mantiene potere, privilegi e ruoli che si ripetono senza slanci di visioni e progetti che non siano quelli di… nonostante tutto rimanere al proprio posto.
La vicenda dell’hotel di Rigopiano; la neve, il terremoto, la slavina, una storia di coraggio che continua nelle zone del Centro Italia e che nel nostro piccolo cercheremo di aiutare. Più di 20.000 scosse in pochi mesi, coraggio ad oltranza! Aurora e la sua famiglia avevano bisogno di una casa e, anche grazie al nostro contributo, ora l'avranno ma quante famiglie sono ancora in attesa? Cercheremo di fare il possibile per esserci concretamente.
Il coraggio della coerenza ci impone, quindi, calciatori e tecnici di fare la nostra parte e dare, non più solo a parole, una spinta decisiva verso il cambiamento. Elezioni federali 2017 come banco di prova di questi primi 17 anni di presenza in Consiglio Federale… avremo imparato la lezione?
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Poste Italiane SpA – Spedizione
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2017
sommario
l’intervista di Vanni Zagnoli Fabio Pisacane
serie B di Claudio Sottile
Migliore e Maggiore, lo Spezia in una parola: aggettivo
speciale
regole del gioco di Pierpaolo Romani Perché si gioca al calcio?
lega pro di Pino Lazzaro Un tatuaggio, una storia
scatti di Maurizio Borsari
di Nicola Bosio
calcio e legge di Federico Trefiletti
0-3 a tavolino per calciatore in posizione irregolare
calcio e legge di Stefano Sartori Diritto all’indennità di trasferta e risarcimento del danno Organo mensile dell’Associazione Italiana Calciatori
foto redazione e amministrazione
tel fax http: e-mail: stampa e impaginazione REG.TRIB.VI
Questo periodico è iscritto all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana
Sergio Campana Gianni Grazioli Nicola Bosio Pino Lazzaro Stefano Sartori Stefano Fontana Tommaso Franco Giulio Segato Mario Dall’Angelo Claudio Sottile Fabio Appetiti Maurizio Borsari A.I.C. Service Contrà delle Grazie, 10 36100 Vicenza 0444 233233 0444 233250 www.assocalciatori.it info@assocalciatori.it Tipolitografia Campisi Srl Arcugnano (VI) N.289 del 15-11-1972
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direttore direttore responsabile condirettore redazione
Finito di stampare il 10-02-2017
primo piano di Nicola Bosio Consiglio Direttivo AIC
politicalcio di Fabio Appetiti Rosanna Scopelliti
segreteria di Ilaria Pasqui e Valerio Bernardi
Norme e procedure previste in materia di doping
come stai? di Pino Lazzaro Amedeo Mangone
secondo tempo di Claudio Sottile Francesco Quintavalla
femminile di Pino Lazzaro
La 13ª edizione di “Stella Stellina”
io e il calcio di Pino Lazzaro Emanuele Birarelli
in Abbonamento Postale
– 70% NE/VI - Anno 45 - N. 01 Gennaio-Febbraio
Organo mensile dell’Associaz
ione Italiana Calciatori
Bonucci il più votato
Gennaio Febbraio
editoriale di Damiano Tommasi
Inserto dedicato al Gran Galà del Calcio 2016, sesta edizione dei riconoscimenti AIC che premiano i calciatori che sono stati votati, ruolo per ruolo, nell’undici ideale della Serie A. Una grande serata, organizzata insieme all'agenzia di comunicazione ed eventi Dema4, che ha visto sul palco anche allenatore, arbitro, calciatrice e squadra che si sono maggiormente distinti nell’ultimo campionato.
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Una squadra da sogno
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2017 - Mensile
l’intervista
di Vanni Zagnoli
Il difensore del Cagliari premiato da The Guardian
Fabio Pisacane, esempio di Gli inglesi hanno istituito un premio apposta per Fabio Pisacane. La sua storia così ha fatto il giro del mondo e lo merita, dal momento che in Italia si pensa più alle diatribe fra tifosi, al rigore non dato o all’espulsione abbonata. The Guardian è sempre stato molto "attento" al calcio italiano, al punto che tre anni fa scrisse che Napoli era la roccaforte della mafia e allora fu Nicola Lombardo, capo della comunicazione del club di De Laurentiis, a rispondere con ironia. Stavolta il prestigioso quotidiano fondato a Manchester nel 1821 e stampato a Londra merita gli onori per avere capito la storia del difensore del Cagliari. Per il Guardian è il giocatore del 2016, viene ritratto con il premio ai bordi di una piscina e dalla club house indossa la felpa rossoblù. Ha dovuto fronteggiare ostacoli altissimi, in particolare la sindrome di Guillan-Barrè a 14 anni. L’articolo ripercorre tutte le tappe della favola, dalla nascita nei quartieri spagnoli a Napoli. La storia è paradigmatica, smuove le coscienze, ispira. Anche la redazione britannica, che istituisce il premio per “un giocatore che ha fatto qualcosa di davvero notevole, non solo nel superare le avversità, ma anche per aver aiutato gli altri diventando un esempio con il suo comportamento e la sua onestà”. Pisacane è quasi incredulo, di fronte al premio: “Onestamente non ho fatto niente per diventare un esempio. Non fa parte del mio modo d’essere, sono un ragazzo semplice. Penso di avere un po’ di umiltà e questa umiltà non mi fa pensare che gli altri possano considerarmi un esempio”. Bella la sua metafora per la vita. “Dico sempre che la malattia non era venuta per uccidermi. Se fosse stato così, non sarei qui a parlarne invece credo che alla fine sia arrivata per darmi qualcosa di positivo”. La sua parabola ha toccato molti per quel pianto dopo Cagliari-Atalanta. “Penso fosse normale piangere in quel momento, perché il giornalista aveva toccato qualcosa dentro di me che mi ha fatto esplodere. Non pensavo al fatto di essere davanti alle telecamere”. 6
Il Guardian sottolinea anche il suo grande coraggio per aver denunciato di essere stato contattato dai boss della Camorra ai tempi del Lumezzane. Rifiutò un’offerta da 50mila euro per truccare un match e fu nominato “ambasciatore del calcio” dall’allora presidente Fifa Sepp Blatter. Fu un momento complicato che però non fermò la carriera del difensore: dopo il passaggio alla Ternana e lo stop per l’infortunio al ginocchio, nacque un grande legame con Rastelli che prima lo volle ad Avellino e poi lo portò al Cagliari. E in effetti si perde il conto delle vite di Pisacane. Il grande pubblico lo scopre il 19 settembre, con la prima vittoria stagionale dei sardi, 3-0 all’Atalanta. Borriello a 34 anni dà spettacolo e il difensore debutta in A a 30. All’inizio del millennio al centrale napoletano viene diagnosticata la sindrome di Guillain-Barré: ha 14 anni, resta completamente paralizzato e per 10 giorni è in coma. “E molto probabilmente non potrà più giocare”, spiega il medico alla famiglia. Invece torna e si impone, dalle giovanili del Genoa al Ravenna. Gira molto: Lanciano, Lumezzane, Ancona. Nel 2011 è di nuovo nel Bresciano, in serie C1. Rifiuta i 50mila euro offerti da Giorgio Buffone, ds del Ravenna, per vendere una partita. Denuncia, eppure non diviene popolare quanto Simone Farina, il biondo esterno ex Gubbio, poi all’Aston Villa. “Non mi sento un eroe”, disse allora Pisacane, tuttavia nel 2012 a Terni lo premiarono e la Fifa lo nominò ambasciatore. Tutto proprio come Farina, incluso un raduno con l’Italia di Prandelli. La svolta calcistica 4 stagioni fa, con il passaggio a l l ’A v e l l i n o , promozione in B e semifinale playoff. L’allenatore Massimo Rastelli se lo porta in Sardegna, dove azzecca un altro salto di categoria.
In quella domenica di fine estate le telecamere si spengono almeno due volte, durante il suo pianto. Fabio ripensa alla sindrome di GuillainBarrè, malattia rara che si manifesta con una progressiva paralisi agli arti e che può causare la morte se interessa i muscoli dell’apparato respiratorio e del sistema nervoso. Pisacane lotta, come un vero
campione. Fino a vincere la battaglia più importante della sua vita, al punto da essere soprannominato “il guerriero”. “Una mattina” - spiega – “mi svegliai e non riuscivo più ad alzare le braccia. Ho avuto una malattia che attacca il sistema nervoso e per diversi mesi sono rimasto paralizzato e anche in coma. Con l’aiuto di Dio, però, sono riuscito a cavarmela e a realizzare il mio sogno”. È cresciuto nei quartieri Spagnoli, ha lottato fin da ragazzino, per emergere, da
l’intervista
comportamento e onestà
quando a 14 anni raggiunse le giovanili del Genoa, scoperto da Claudio Onofri, fra i commentatori di Sky più apprezzati. Durante la malattia, furono naturalmente i genitori a stargli più vicino, a partire dal papà Andrea, 58 anni, ambulante, che raccontava: “Abbiamo girato 5 o 6 specialisti, nessuno ci sapeva dire cosa aveva il bambino. Finché arrivò la terribile diagnosi e all’epoca il calcio era l’ultima cosa che ci interessava”. “Sono quattro mesi che pensavo notte e giorno all’esordio” - diceva dopo quel 3-0 all’Atalanta – “e ai problemi che ho passato per arrivarci. Non ho mai mollato un secondo”. Lo chiamano Faffolino, assonante con Pat-
tolino, ovvero Marco Sau, il bomber rivelatosi nella Juve Stabia e valorizzato due anni fa da Zeman, in Serie A. “Nell’ultima settimana” - aggiungeva – “cercavo di non pensare, ma durante la notte la testa mi portava indietro di 10-11 anni. Scene un po’ particolari. Un carico di emozioni che per fortuna sono riuscito a gestire. Era una partita che sognavo da tempo, ho mangiato tanta polvere, ma ce l’ho fatta. Adesso l’importante è mantenere i piedi per terra anche a trent’anni e continuare a lavorare come ho fatto fino a oggi”. Pisacane ringrazia tutti. “A partire dai miei genitori, fino a mia moglie Rosy Pesce che mi sopporta tutti i giorni e mio figlio che mi dà una gr andissima forza. E non mi scordo di Massimo Rastelli, un grande uomo, che mantiene le promesse”. Il salto di qualità nella carriera di Pisacane avvenne dopo avere rifiutato la combine,
nel 2011. L’approdo alla Ternana lo fece diventare un piccolo eroe e contribuì al ritorno delle fere in B, con 3 reti in 33 presenze, nonostante un grave infortunio. E poi la conoscenza di Rastelli, che lo impiega da titolare nel biennio irpino e anche in Sardegna. Il bello viene adesso, perché Pisacane vuole lasciare un segno anche in Serie A, non solo per la sua storia. Che a fine 2016 è stata valorizzata anche dalla stampa italiana. Questa è parte dell’articolo di Alessandro Pasini su Il Corriere della Sera. ”Superare le avversità con coraggio: fatto. Essere un esempio di onestà: fatto. Aiutare gli altri: fatto. È per questa tripletta esistenziale che Fabio Pisacane è diventato una storia mondiale… A 14 anni, il ragazzo si sveglia una mattina completamente paralizzato, viene intubato per una crisi respiratoria e trascorre tre mesi e mezzo in ospedale, inclusi venti giorni in coma, prima di avviare una lenta e faticosa rinascita. Nel 2011, quando è a Lumezzane viene avvicinato dal ds del Ravenna, Giorgio Buffone, che gli offre 50mila euro per truccare il match e far vincere il Ravenna. «Gli ho sbattuto il telefono in faccia e ho denunciato tutto». Il dirigente viene inibito per 5 anni, Fabio diventa famoso. «Non sempre fare la cosa giusta ti aiuta a vivere meglio. Quello che conta però è solo la tua coscienza…". Un altro passaggio del Corriere. “A 30 anni, dopo tutto questo remare e soffrire e inseguire, il minimo che possa fare è piangere di gioia davanti alle telecamere. E così ritorna famoso: «Ma non sono arrivato perché avevo più talento degli altri. Avevo solo più passione». Oggi lo chiamano il «Fighter» e molta di questa forza, spiega lui, ha radice nel suo luogo di nascita: Napoli, quartieri spagnoli, un posto «dove molti miei vecchi amici hanno preso la strada sbagliata e sono morti ammazzati». Cresciuto a fianco della Camorra, «una volta stavamo giocando e a 5 metri da noi hanno ucciso una persona. Ci siamo fermati un attimo, poi abbiamo ripreso. Da quelle parti, fatti così erano normali”. Per questo ha creato a Napoli un’associazione di volontariato, Pisadog, che aiuta i ragazzi più poveri a giocare a pallone”. 7
serie B
di Claudio Sottile
Intervista doppia ai due "aquilotti"
Migliore e Maggiore, lo Spezia È lo Spezia dei comparativi di maggioranza. Francesco Migliore e Giulio Maggiore, ruoli diversi ed un’uguale grammatica agli ordini del maestro Mimmo Di Carlo. I due aquilotti in questa classe sono protagonisti di un’interrogazione con aggettivo numerale moltiplicativo. Stavolta diciamo intervista doppia, che suona meglio e ci si sbriga prima per tornare al campo. Perché “la pratica val più della grammatica”. Francesco Migliore (difensore) Qual è il terzino migliore a livello mondiale? “Marcelo del Real Madrid”. Qual è il terzino migliore della Serie B? “A me piace Eros Pisano del Verona, è un bel terzino per gamba e corsa, poi è presente anche in zona goal”. Qual è il calciatore migliore della Serie B? “Giampaolo Pazzini, un altro gialloblù, sia per la carriera sia per quello che sta facendo quest’anno”. Il campionato ha cristallizzato i valori oppure è ancora tutto mutabile? “Il mercato ha fatto muovere parecchi giocatori ed ha spostato alcuni equilibri. Il girone di ritorno sarà un mini campionato. Molte squadre si sono rafforzate. Verona e Frosinone, invece, sono compagini consolidate, di un certo spessore. Sicuramente ci saranno nuove squadre che vorranno raggiungere i playoff”. Ti aspettavi il Trapani ultimo in graduatoria? “No, perché è una squadra che veniva dai tanti punti dell’anno scorso e bisogna ricordare che fece benissimo nel girone di ritorno, dunque può cambiare tutto anche a metà stagione, proprio loro lo insegnano! Hanno perso molti giocatori che facevano la differenza, però c’è tutto il tempo per recuperare. Mi ricordo quando giocavo a Crotone, magari perdevamo un paio di partite, poi facevamo il filotto ed uscivamo dalla zona rossa, nessuno è spacciato in questo torneo”. La vostra sosta invernale è durata meno degli altri club di cadetteria, perché avete affrontato il Napoli per gli Ottavi di Finale di Coppa Italia. “Questa riduzione ci ha danneggiati. Siamo tornati il sette gennaio ad allenarci, 8
tre giorni dopo abbiamo giocato al San Paolo. È difficile preparare una gara in un lasso così ridotto, figuriamoci contro una squadra del genere. Di solito quando torni dalla sosta carichi tanto a livello atletico per prepararti al girone di ritorno, noi non abbiamo potuto farlo perché dovevamo presentarci bene fisicamente. Non si poteva spostare ad altra data per gli impegni di Champions League degli azzurri, purtroppo contiamo come il due di briscola, ci sono delle dinamiche più grandi di noi. Sicuramente non sarà un alibi per il giro di boa, siamo pronti per il rush. È stata una bella vetrina, ci siamo goduti la serata, pensiamo al fatto che se eravamo lì era perché avevamo superato il turno precedente”. Com’è affrontare una squadra che si appresta a disputare gli ottavi della massima competizione continentale?
“È incredibile la loro qualità tecnica, è l’idea di manovra che fa impressione, il top player è proprio Maurizio Sarri, ha dato un’impostazione tattica spettacolare alla squadra. Sono difficili da affrontare perché non riesci a prenderli, non riesci nemmeno a fare fallo perché giocano a uno-due tocchi. Ho avuto la medesima impressione giocando contro il suo Empoli qualche anno fa, lavora così e dà la sua impronta alla squadra. È un fuoriclasse, arrivare dopo
tanta gavetta in una piazza del genere e imporre le proprie idee è un avvenimento bello del calcio, ha dimostrato che anche chi lavora in categorie inferiori ha qualità e meriterebbe un palcoscenico degno di nota. Il Napoli è un’ottima squadra, è tra i top dieci europei”. E allora consiglia qualcosa a Karim Benzema, tuo ex compagno nelle giovanili del Lione. “Contro il Real Madrid la vedo dura per il Napoli, l’esperienza della Champions conta tanto. Ma sono sicuro che metteranno in grandissima difficoltà l’undici allenato da Zinedine Zidane”. Quello che oggi è il centravanti dei Blancos era già forte all’epoca? “Mi ricordo quando si allenava da poco con la prima squadra del Lione, che al tempo era in grado di battere proprio il Real Madrid. Una volta perdevamo una partita 2-0, lui dopo essersi allenato con i grandi è tornato da noi ed ha siglato tre gol. Era superiore, si vedeva. In quella giovanile c’erano anche Hatem Ben Arfa, ora al Paris Saint Germain, ed Anthony Mounier in forza al Bologna dal 2015”. Lì hai annusato la Serie A, che invece nel 2008/2009 hai giocato al Mons, in Belgio. Ti manca quella italiana… “È un obiettivo raggiungerla, non mi nascondo. Ho avuto l’occasione di giocare contro squadre di A in Coppa Italia, ho voglia di mettermi in mostra nella categoria regina. Sarebbe bellissimo, se non dovesse venire avrò comunque fatto il massimo per meritarmelo. Il livello generale di giocatori in A e in B si è un po’ abbassato, sicuramente mi manca ancora qualcosina per competere ma mi sento forte, so di essere arrivato ad un’età di maturità e vorrei dire la mia in A. Tuttavia sto bene
serie B
a in una parola: aggettivo a Spezia, gioco in una squadra che punta alla promozione, sarebbe bello riuscirci assieme”. Quantomeno non è questione di scaramanzia, visto che giochi con la numero 17. “Tutt’altro. Il 17 è il giorno di nascita mia e di mio fratello, è un numero che mi segue in tante situazioni della vita ed al quale sono molto affezionato”. Cosa vuoi dire al tuo compagno aggettivo, prima di passargli la… lavagna? “Continua come stai facendo, a livello di concentrazione ed abnegazione. Sei molto giovane, ma hai la testa di un vecchio in senso buono, intendo a livello di maturità. È bello vedere un giovane con tanta responsabilità e che ce la mette tutta. Non so dove potrai arrivare, ma sicuramente potrai fare il calciatore, sei già pronto dal punto di vista mentale. Ti auguro di fare come i miei ex compagni Alessandro Florenzi, il già citato Benzema e Nicola Sansone, i quali sono arrivati a giocare negli stadi più importanti d’Europa”.
Giulio Maggiore (centrocampista) Chi va per la maggiore a centrocampo a livello mondiale? “Luka Modric del Real Madrid”. Chi va per la maggiore a centrocampo in Serie B? “Marco Fossati del Verona”. Chi va per la maggiore in Serie B? “Mi viene in mente nuovamente l’Hellas e dico due nomi: Pazzini e Romulo”. Sei un talento cristallino, con ampissimi margini di miglioramento. Quale aspetto ritieni di dover curare? “Vorrei migliorare nei primissimi passi, devo essere più rapido sul corto. Devo anche migliorare la struttura della parte superiore del corpo. E poi da mediano basso devo imparare i movimenti, ho giocato più da mezzala, quindi la visione
di gioco ed il guardare globalmente tutto il campo è un punto sul quale lavorare”. A detta di molti addetti ai lavori, le tue movenze sono accumunabili a quelle di Steven Gerrard. È un accostamento che ti pesa? “Gerrard era un giocatore meraviglioso, l’ho sempre guardato ed ammirato perché sapeva fare bene entrambe le fasi, ed aveva grandissimi piedi. Anch’io riesco a fare entrambe le fasi, forse per quello mi paragonano a lui. Rimane un esempio da seguire, anche se non è onestamente facile. Però mi fa piacere. Lui e Claudio Marchisio sono sempre stati due miei idoli”. Il 12 gennaio 2017 sei stato convocato per la prima volta nell’Under 19. La tua ascesa sembra costante ed inarrestabile. “Fortunatamente giungono belle notizie molto spesso. Partire in ritiro la scorsa estate, poi esordire in B, inanellare già più di dieci presenze, la Nazionale, il torneo di Viareggio 2016, la firma sul contrat to dell’aprile passato, arrivano soddisfazioni ed emozioni positive. Spero che non si fermino qui. So che sarebbe normale se ci fossero frangenti meno felici in futuro, per ora mi godo il momento”. Il tuo stato WhatsApp è davvero emblematico: “Solo il calcio può darti certe emozioni!”. “Lo scrissi dopo il gol alla Juventus al torneo di Viareggio. A
me piace tutto, il prepartita, l’ansia, il sentire la gara, il dopo partita quando ripensi alla prestazione, era riferito a tutto quello che sta dentro al mondo del calcio”. Fai parte di una covata, quella del 1998, che potrebbe essere definita “d’oro”. “Il 1998 è un’annata positiva. Molti giocano in B, qualcuno in A come Manuel Locatelli e Claude Adajapong. Poi penso a quelli un po’ più grandi come Domenico Berardi e Federico Bernardeschi, credo che sia un momento positivo per tutto il movimento calcistico italiano, speriamo di far bene anche a livello di Nazionale, non solo giovanile”. Nel 2012, hai militato per alcuni mesi nel Milan, prima di lasciare Milano per tue esigenze personali. Guardando i Rossoneri di oggi che lanciano stabilmente i giovani, riprenderesti la stessa decisione? “Pensando ad esempio a Locatelli, col quale ho giocato assieme quando sono stato a Milano, rispondo che sono contento per lui e che non ho rimorsi, perché quando ero in rossonero non stavo bene, anche se non è facile lasciare un ambiente del genere so che feci la scelta giusta. Con lo Spezia mi sono sempre sentito benissimo, sono fortunato, penso di essermi meritato le soddisfazioni che ho ora in bianconero. Non ho tantissimi rimpianti”. Sei tifoso del Milan? “No, tifo per l’Inter”. Da aggettivo ad aggettivo: cosa vuoi dire a Francesco? “Hai un motorino nelle gambe, è stupefacente la quantità di corsa che metti in ogni partita ed in ogni allenamento, è una dote magnifica, vorrei migliorare in questo versante dove tu sei invece fortissimo. Hai una grandissima tecnica con entrambi i piedi, giochi sulla sinistra ma rientri bene anche col destro. Lui lo sa che per me dovrebbe giocare in Serie A, glielo dico sempre. Quando vedo le partite di A mi stupisco nel sapere che Francesco ancora non c’è arrivato. Ne hai la possibilità comunque. E sei un grandissimo ragazzo”. 9
serie B
di Tommaso Franco
Al via la quinta edizione
Facciamo la Formazione Sono passate già quattro stagioni dalla prima edizione di “Facciamo la Formazione”, il corso formativo ideato ed organizzato dall’Associazione Italiana Calciatori e Lega Nazionale Professionisti B, iniziato nel 2012/13 con il Novara Calcio. Numerose le squadre coinvolte nel progetto: la seconda edizione aveva visto in campo Bari, Pescara e Spezia, la terza Vicenza, Virtus Entella, Latina, Frosinone e Carpi, mentre la stagione scorsa sono stati tre “gli spogliatoi” a scendere “in aula”: il Cesena, la Pro Vercelli e il Brescia. Quest’anno hanno aderito Cittadella, Hellas Verona, Perugia e Spal. Nel corso degli anni, il corso ha visto crescere l’interesse ed il riscontro da parte dei calciatori. L’obiettivo è preparare professionalmente i giocatori in attività al post carriera, partendo proprio dalle competenze e dalle abilità acquisite durante gli anni di campo. Non sempre vi è infatti la consapevolezza delle importanti e numerose capacità extra-sportive che la carriera da professionista permette di acquisire, qualità ed attitudini che potranno poi essere messe a frutto in una
“seconda vita” professionale. Si investe quindi sul presente per preparare il proprio futuro. Grazie a questo progetto, l’AIC e la Lega B proseguono infatti nel loro obiettivo di contribuire alla formazione dei propri tesserati e dei propri club, per valorizzare le potenzialità personali dentro e fuori dal campo e migliorare le professionalità all’interno delle società. Il corso fornisce inoltre una preparazione specifica per ricoprire le “nuove figure del calcio”, partendo da un approccio di approfondimento generale propedeutico a qualsiasi professione manageriale, per arrivare ad analizzare le singole posizioni. Si pensi, ad esempio, al supporters liaison officer, al team manager, al security manager e allo stadium manager: tutte attività che possono essere svolte in modo più naturale e competente da chi il campo lo ha visto da protagonista. I giocatori cambiano veste e si ritrovano all’interno di un’aula per partecipare at-
tivamente ad incontri di comunicazione, per capire come gestire al meglio la propria immagine e comunicare se stessi attraverso interviste e social; ad incontri di economia finanziaria per imparare ad amministrare il proprio patrimonio; a lezioni di marketing e management, per approcciarsi al calcio anche considerandolo da altri punti di vista; a lezioni di organizzazione aziendale, per comprendere come si gestisce un’azienda, in primis “l’azienda calcio”. Molti altri i temi proposti, utili al calciatore per affrontare la vita calcistica e post calcistica dentro e fuori dal campo.
Medie voto e curiosità
I migliori 11 di Serie B Secondo le medie voto dei tre quotidiani sportivi (Gazzetta, Corriere dello Sport e Tuttosport), anche questo mese il calciatore con il miglior rendimento è Giampaolo Pazzini, attaccante dell’Hellas Verona, seguito da Amato Ciciretti, trequartista del Benevento e da Pasquale Schiattarella (nella foto), centrocampista della Spal. PAZZINI Hellas Verona 6,75
DI GAUDIO Carpi 6,42 SCHIATTARELLA Spal 6,50
LOPEZ Benevento 6,30
CICIRETTI Benevento 6,55
LISUZZO Pisa 6,34 MINELLI Brescia 6,49
ANTENUCCI Spal 6,44
LUCIONI Benevento 6,40
ROMULO Hellas Verona 6,40
TERZI Spezia 6,19
La miglior formazione di Serie B dall’inizio del torneo
10
Portieri MINELLI CRAGNO CHICHIZOLA PROVEDEL PINSOGLIO
Brescia Benevento Spezia Pro Vercelli Latina
6,49 6,43 6,43 6,32 6,31
Difensori LUCIONI LISUZZO LOPEZ TERZI MIGLIORE
Benevento Pisa Benevento Spezia Spezia
6,40 6,34 6,30 6,30 6,29
Centrocampisti CICIRETTI SCHIATTARELLA DI GAUDIO ROMULO BESSA
Benevento Spal Carpi Hellas Verona Hellas Verona
6,55 6,50 6,42 6,40 6,36
Attaccanti PAZZINI ANTENUCCI BRIENZA DIONISI LITTERI
Hellas Verona Spal Bari Frosinone Cittadella
6,75 6,44 6,40 6,40 6,33
regole del gioco
di Pierpaolo Romani
Da una ricerca condotta dalla Fifpro
Perché si gioca al calcio? Perché si gioca al calcio? Può sembrare una domanda banale in questo ventunesimo secolo. Tuttavia, io credo che non sia così. Se fino ad alcuni anni fa la risposta istintiva, o comunque prevalente, poteva essere che si rincorre la sfera rotonda su un prato verde o su un terreno brullo – dipende da dove si vive – per divertirsi, sfidarsi, stare in compagnia dei propri amici e per mantenere in salute il nostro corpo, oggi penso che le cose siano cambiate. Non dico che queste motivazioni siano scomparse, ma penso che si siano in parte ridotte. Guardandomi in giro, contrariamente a quello che succede in Danimarca, ad esempio, dove ai bambini viene insegnata l’empatia, vale a dire la capacità di imparare a relazionarsi con gli altri, utilizzando soprattutto il gioco libero che permette ai piccoli di mettere alla prova le loro attitudini e capacità nonché di misurarsi con i propri limiti, in alcune città italiane si pongono dei divieti al gioco del calcio in strada o nei parchi. Per tirare dei calci ad un pallone, tanti bambini vengono iscritti in una “scuola calcio”. Non che questa siano una cosa negativa, per carità. Tuttavia bisogna tenere conto del tipo di adulti che la gestiscono e di come le famiglie intendono la vita sportiva. Diversi allenatori e genitori, infatti, non si occupano prima di tutto della crescita umana ed educativa dei/delle bambini/e e dei/delle ragazzi/e. La loro principale preoccupazione è quella di individuare o costruire un piccolo campione, di spingere moltissimo sulla competizione a scapito della collaborazione – il gioco di squadra non parte da qui? – di dare un significato distorto ai concetti di vittoria e di sconfitta. Diverse famiglie e società sportive sperano di dare una svolta economica alle loro esistenze grazie ad un figlio e ad un giovane atleta prodigio. E qui sorge un’altra domanda: la vita dei calciatori è solo in discesa? È fatta esclusivamente di soldi, fama e agiatezza? Da tempo AIC, tramite le attività del suo Dipartimento Junior e il rapporto “Calciatori sotto tiro”, racconta una realtà diversa. Non che manchino giocatori ricchi e di successo. Il fatto è che questa è una con-
dizione che riguarda un numero ristretto di persone le quali, al pari di quelle che non hanno raggiunto i loro stessi livelli, hanno messo in gioco passione, sacrifici e impegno, conoscendo alti e bassi nella loro vita sportiva e personale. Momenti belli ed altri più difficili. A testimoniare questa condizione è una recente ricerca promossa FIFPro, la Federazione Internazionale dei Calciatori Professionisti, svolta in collaborazione con l’Università di Manchester, ed anche
di AIC, sulle condizioni lavorative dei calciatori in 54 paesi del mondo, situati tra Europa, America e Africa. Dai racconti dei 14.000 calciatori intervistati è emerso che meno del 2% incassa oltre 680.000 euro l’anno. Il 60% guadagna meno di 2.000 euro al mese, 4 calciatori su 10 hanno ricevuto soldi in ritardo negli ultimi due anni perché i club non rispettano i contratti. Il 41% ha dichiarato ritardi nei pagamenti. Questa percentuale sale al 79% a Malta, 75% in Turchia, 74% in Romania, 96% in Gabon, 95% in Bolivia e al 94% in Tunisia. Il 29% dei calciatori intervistati ha dichiarato di essere trasferito contro la propria volontà e oltre il 50% di aver subito minacce
o violenze dai tifosi o dal club. Il 15% dei calciatori sostengono di essere stati vittime di bullismo o molestie, il 7.5% lamenta discriminazione su basi etniche, religiose e sessuali. Il 51% è stato attaccato dai tifosi, il 25% da colleghi di campo, il 12% da allenatori o dirigenti del club. Il 10% dei calciatori ha subito violenza fisica fuori dal campo, per conto di tifosi, compagni o membri del club. I club si “vendicano” soprattutto quando i giocatori intendono andarsene. Il 6% dei calciatori ammette di esser stato costretto ad allenarsi lontano dalla squadra, evidenziando come isolamento sia una forma di pressione psicologica particolarmente forte. La violenza, come riportato anche nel citato rapporto AIC sui calciatori sotto tiro, si esercita dentro e fuori dal campo. La Repubblica Democratica del Congo è il paese peggiore nella categoria denominata “violenza e minacce il giorno della partita”, seguita a sorpresa dalla Scozia. Il Brasile è al quinto posto, l’Italia sesta. Il nostro Paese, tuttavia, è maglia nera per l’esercizio di atti violenti e intimidatori contro i calciatori nei giorni di non partita. Il 24% dei giocatori intervistati ammettono di essere minacciati dai tifosi. Un altro problema riscontrato è quello della precarietà, un fattore figlio della globalizzazione economico-finanziaria che si registra anche in altri settori lavorativi. La ricerca di FIFPro evidenzia che un contratto medio per un calciatore è di 22 mesi. L’8% dei giocatori rivela di non avere nemmeno un contratto, la percentuale sale al 15% in Africa. In Croazia e Repubblica Ceca, oltre il 90% dei calciatori sono lavoratori autonomi, senza le protezioni garantite ai normali dipendenti. La precarietà, secondo i dati presentati da Interpol in un recente convegno a Milano, è una delle cause dello sviluppo del matchfixing e della corruzione nel mondo del calcio. In poche parole, se le società non pagano, gli atleti cercano i soldi dalla criminalità organizzata, mettendo a repentaglio, in tal modo, la loro vita e quella dei loro famigliari. Nonché la credibilità del calcio e dello sport in generale. 11
Lega Pro
di Pino Lazzaro
Nonsolomoda
Un tatuaggio, una storia Sempre di più. Moda e non solo. Pure qualcosa da dichiarare, da dire, chi siamo e cosa siamo, chissà. Dunque un tatuaggio ha dietro una storia. Quel che si vive e come lo si vive. Tanto importante e significativo da imprimertelo non solo nella testa e nel cuore, ma pure sul tuo corpo, proprio sulla tua pelle, per vederlo e rivederlo, pensarci e ripensarci, ricordare e non dimenticare. Ce n’è di tutti i gusti: basta bussare un po’ e le storie/racconti si dipanano. Così qualcuna abbiamo deciso di farcela raccontare.
Con Domenico Germinale Si racconta, con scrupolo e attenzione. Si parte dal tatuaggio, da quello che tra i quindici che ha (si mette lì a contarli, partendo mentalmente dalla testa e giù giù sino alle caviglie), in qualche modo lo ha fatto arrivare su questa pagina. Dice che l’idea gli è venuta dopo aver visto un film: “Treno di notte per Lisbona” (pellicola
Domenico Germinale è del giugno del 1987. Nato a Treviso, ha iniziato col Silea (Tv), passando poi al settore giovanile del Treviso e da qui all’Inter con cui ha pure esordito in serie A (stagione 2005/2006, ultima partita del campionato, 2 a 2 col Cagliari; Mancini allenatore, scudetto proprio all’Inter). Via via ha poi giocato con Pizzighettone (C1), Torres (C2), Cittadella (C1), Foggia (C1), Benevento (C1), Como (C1), Albinoleffe (B), ancora Benevento (C1), Catanzaro (C1), Spal (C), Alessandria (C), Bassano (C), Padova (C); è ora al Fano.
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del 2013 del regista danese Bille August, con protagonista Jeremy Irons; tratto dall’omonimo romanzo di Pascal Mercier, pseudonimo di Peter Bieri, scrittore e filosofo svizzero; n.d.r.), film dunque da cui Domenico Germinale, attaccante del Padova, ha tratto quella frase/concetto che si è convinto poi di farsi tatuare sulla schiena. Perché lì? “Ho cambiato tante e tante squadre, non è poi una cosa sempre semplice questa e quel fatto di lasciarci sempre qualcosa alle nostre spalle mi ha convinto di farlo lì, appunto dietro, è quello per me il posto giusto”. Dice – Domenico – di essere un calciatore di cuore, generoso ed è convinto che questo suo modo di essere, ancor più per il ruolo che ha, un po’ lo abbia penalizzato: “Non ho mai avuto il cosiddetto egoismo dell’attaccante, altrimenti avrei di sicuro qualche numero in più”. Già, poco da fare, quel che si guarda – intanto – è la scheda di ciascuno, squadre-presenze-goleccetera. E vedendo la sua di scheda, non si può non notare quella sorta di Giro d’Italia (inciso: è appassionatissimo di ciclismo) che ha messo assieme nella sua carriera, cambiando proprio spesso squadra. Allora, Domenico, che Italia hai conosciuto? “Un’Italia che cambia a seconda del momento che vive la società. Per dirti, a Catanzaro
un caffè lo prendi con 60 centesimi, a Como ti costa magari 3 euro. Un Paese insomma molto diverso a livello economico, col Sud che può arrivare in pratica a vivere solo di calcio e il Nord che ha tanto e a volte nemmeno arriva a badarci al calcio. Penso per esempio a una città come Foggia, dove hanno davvero poco ed è così il calcio, l’andamento del campionato a determinare lo stesso umore della gente ed in questo modo pure le responsabilità che abbiamo noi calciatori. Ogni città dunque ha le sue specificità e noi calciatori siamo secondo me un po’ delle spugne, le assorbiamo queste cose qui”. Torniamo allora alla scheda, a quell’elenco bello lungo di squadre, l’arrivare e rimanerci poco, poi ripartire. “Poco da fare, un certo disequilibrio ce l’hai, te lo porti dentro anche se è una cosa questa che credo noi calciatori dobbiamo cercare di nascondere, anche se c’è. Quando te ne vai da un posto, qualcosa lasci sempre e magari puoi andare a ricercarlo quando torni, un modo questo che ti dà pure una mano a razionalizzare questo continuo cambiare. E io ci sono tornato in quei miei posti in cui prima c’ero stato da calciatore, posti in cui sono stato più o meno bene e certo dipende anche da come andavano le cose sul campo. Ripenso al fatto che io da casa sono andato via che avevo 14 anni, non è una cosa da niente. Ho sofferto parecchio: lontano da casa, dagli amici ed è proprio grazie al carattere che adesso ho che sto giocando. Quel tempo che da ragazzino ho vissuto nel settore giovanile dell’Inter, mi rendo conto adesso che mi ha for tificato, c’ho ragionato parec-
Lega Pro
Il mio tatuaggio…
chio su questo, ci tengo molto. Un aspetto che, chissà, mi piacerebbe curare e ancor più approfondire in futuro, magari nel mio dopo-carriera, stando vicino proprio ai giovani calciatori”. E come li hai attraversati questi tuoi anni di calcio? È diventato nel tempo giusto un lavoro? “L’ho fatto sempre seriamente il calciatore, ci ho messo sempre le gambe e pure la faccia, non sempre è una cosa che ti aiuta questa. Un po’ mi rompe ammetterlo, ma è certo un lavoro, conta tanto l’aspetto economico. Per me è un mestiere il nostro in cui comunque la vera fatica non è quella fisica, è soprattutto mentale, è con la testa che lavori di più”. Ecco qua: un tatuaggio, una storia. Sì.
“È uno degli ultimi che mi sono fatto, per la maggior parte i miei tatuaggi sono scritte della mia vita. Me lo sono fatto fare da un tatuatore di Cittadella, ne ho fatti diversi con lui e quella volta non c’è voluto molto, un’oretta. Era l’estate del 2014, avevo appena lasciato Catanzaro e cominciavo con la Spal: un paio di mesi dopo aver visto il film”. Lasciamo sempre qualcosa di noi quando ce ne andiamo da un posto… Rimaniamo lì anche una volta andati via e ci sono cose di noi che possiamo ritrovare solo tornando in quei luoghi… Viaggiamo dentro noi stessi quando andiamo in posti che hanno fatto da cornice a periodi della nostra vita… Non importa quanto siano stati brevi…
Medie voto e curiosità
I migliori 11 di Lega Pro Secondo le medie voto dei tre quotidiani sportivi (Gazzetta, Corriere dello Sport e Tuttosport), anche questo mese il calciatore con il miglior rendimento è Pablo Gonzalez, attaccante dell’Alessandria, seguito da Andrea Cossu (nella foto) trequartista dell’Olbia e da Gaetano Iannini, centrocampista del Matera. GONZALEZ Alessandria 6,96
COSSU Olbia 6,63 ARMELLINO Matera 6,51
FAVALLI Padova 6,26
IANNINI Matera 6,62
GOZZI Alessandria 6,32 PISSERI Catania 6,39
NEGRO Matera 6,54
PICCOLO Alessandria 6,43 DI LORENZO Matera 6,35
CASOLI Matera 6,49
La miglior formazione di Lega Pro dall’inizio del torneo
Portieri PISSERI RAVAGLIA LAGOMARSINI VIOTTI VANNUCCHI
Catania Cremonese Carrarese Giana Erminio Alessandria
6,51 6,37 6,37 6,35 6,34
Difensori PICCOLO DI LORENZO GOZZI INGEGNERI MATTERA
Alessandria Matera Alessandria Pordenone Matera
6,43 6,35 6,32 6,32 6,30
Centrocampisti COSSU IANNINI FLORIANO ARMELLINO CASOLI
Olbia Matera Carrarese Matera Matera
6,63 6,62 6,54 6,51 6,49
Attaccanti GONZALEZ NEGRO BERRETTONI FERRETTI CATURANO
Alessandria Matera Pordenone Gubbio Lecce
6,96 6,54 6,53 6,51 6,50
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amarcord
La partita che non dimentico
Mi ritorni in mente…
Mattia Finotto (Spal) “È una partita proprio di quest’anno, metà novembre, giocavamo in casa, contro il Brescia. La ricordo prima delle altre soprattutto perché ho fatto il mio primo gol in Serie B, poi quel giorno ne ho pure fatto un altro, dunque doppietta, ma è al primo che penso di più. L’ho fatto di testa, che non è poi che io sia un gran colpitore, ma quella volta è andata: l’ho girata ed è entrata, lì, sul secondo palo. In effetti non ho nemmeno visto bene tutto, ho capito che avevo fatto gol giusto perché ho visto muoversi la rete. Non che fosse una ossessione, ma si sa che specie per un attaccante, segnare vuol dire stare meglio, poco da fare. Gol ne ho sempre fatti, so io quanto ci tenessi ad arrivare in B e ci siamo riusciti lo scorso anno vincendo il campionato, ci tenevo a continuare e mi sono insomma tolto un bel peso con quel gol. Poi ho fatto il secondo, lì che attaccavamo e attaccavamo, pareva impossibile e poi invece… è stato più facile, praticamente a porta vuota, ma ero proprio sotto la nostra curva e ho corso e corso, togliendomi la maglia: che soddisfazione, l’abbiamo vinta 3 a 2 alla fine. Sì, i primi giorni ero sempre lì che me li andavo a vedere e rivedere quei miei gol, poi sempre meno e adesso basta, devo e voglio guardare al futuro, è quello il mio obiettivo, mica vivere di ricordi”. Emanuele Catania (Siracusa) “Sono proprio indeciso, ne ho un paio che mi vengono subito in mente. Se devo però per forza dirne una, allora rivado a Foggia-Nocerina, quella stagione che conquistammo la Serie B, che bell’an14
a 0, gol di Pomante su una mia spizzata. È stato davvero come coronare un sogno, noi che s’era partiti per un campionato tranquillo e ci siamo poi ritrovati lì davanti. A Foggia saranno stati sui 2500 i nostri tifosi e ti lascio immaginare lo spettacolo quando abbiamo giocato
no fu quello, ne feci di gol… Ricordo che fu una settimana particolare quella prima di andare a Fog-
gia, già la domenica prima potevamo aver chiuso il campionato, in casa contro la Juve Stabia, ma avevamo perso e proprio la si sentiva in quei giorni la delusione, direi la tristezza della gente. Dunque a Foggia, era la terzultima di campionato, il Foggia di Zeman, c’erano Sau e Insigne. Ventimila persone, atmosfera incredibile e grande partita: ci sarebbe bastato anche il pari, ma vincemmo, 1
in casa la successiva: stadio stracolmo, c’era gente dappertutto. Quell’anno avevamo come allenatore Auteri, per me un grande mister, un numero uno, ma certo tanto ha voluto dire il gruppo che avevamo formato, ce n’erano di squadre più forti di noi: eravamo una famiglia, s’andava al campo e non volevamo mai andarcene via, quando capita, qualcosa di magico. L’altra? Beh, forse è più, come dire, divertente da raccontare. Taranto-Melfi, semifinale di ritorno playoff, dalla C2 alla C1. Da loro avevamo perso per 3 a 1, si doveva vincere per 2 a 0, pensa un po’ tu come poteva essere quel giorno lo stadio a Taranto, quanta passione! Sino al 70° ancora 0 a 0 ed è lì che l’allenatore Papagni decide di sostituirmi. C’era però da battere un corner e dico al mister di aspettare, che esco subito dopo. E così faccio, ma dopo che ho segnato, sì! Poi ne abbiamo fatto un altro, vinto 2 a 0: siamo andati in finale e poi siamo anche saliti in C1. Ecco, ti ho parlato di due promozioni e guarda che in totale ne ho fatte sette: una dall’Eccellenza, due dalla D alla C2, due dalla C2 alla C1 e due dalla C1 alla B. Mica male, no?”.
amarcord
L’incipit Crevalcore e dintorni (pag. 20) Tre figlie femmine: Anna, Milena e Luisa. E finalmente un maschio: quando sono nato, quarto e ultimo, erano le nove di sera del 22 gennaio 1939, pare che mio babbo fosse così contento che chiese al parroco di suonare le campane… Crevalcore sta a trenta chilometri da Bologna, poco meno da Modena, poco più da Ferrara. Mio padre si chiamava Leonardo; il nome della mamma, Iemes, è strano, d’origine africana, voluto dal nonno, che aveva preso parte alla “campagna di Libia”. Ho cominciato a giocare a otto o nove anni, partitelle così, con gli amici, senza particolari aspettative. L’idea di diventare calciatore viene verso i dodici anni. È allora che ho cominciato a giocare in una vera e propria squadra. Si chiamava Arsenal, era di Modena: è a Crevalcore che ho frequentato le scuole medie. Nell’Arsenal ho giocato un paio d’anni, finita la scuola riprendo a giocare vicino al mio paese: a Sant’Agata Bolognese, ho fatto il “torneo amatori” e l’anno dopo sono andato in Prima divisione, a Sant’Agostino di Ferrara. Era già una situazione abbastanza professionale, un vero e proprio campionato disputato da adulti, anche sui trent’anni. Io ne avevo quindici. In quel periodo ho conosciuto Mabelli che mi aveva già visto giocare con l’Arsenal, ed è lui che mi ha indirizzato nel mondo del calcio. Mabelli era un bel personaggio. Di Modena, lavorava per varie squadre, e un giorno mi viene a cercare e mi dice: “Se vuoi, ti porto a provare a Torino”. Il Torino era la mia squadra, sono sempre stato tifoso del Toro, gli ho detto di sì, mi andava benissimo, lui ha organizzato tutto e mi ha accompagnato al provino. È andata male, fin dal principio: lo stadio era quello davanti al Filadelfia, brutto, spelacchiato, tutto sconnesso. Dai dodici-tredici anni, ho sempre giocato ala o mezzala: più sull’esterno quand’ero molto giovane, più in mezzo al campo con l’avanzare degli anni. Mi trovavo meglio a destra, ma non mi dispiaceva partire da sinistra. Il destro è rimasto il piede migliore, anche se ho passato ore a cercare di calciare altrettanto bene con il sinistro. Da bambini, a Crevalcore, il posto preferito per giocare era davanti all’acquedotto: uno spiazzo di terra battuta e una palla di pezza. I primi palloni li ricordo fatti di stracci, legati con lo spago.
L. Carmignani – L. Tronchetti – R.Ghedini
SIMONI SI NASCE
Prefazione di Alberto Cerruti Note di Claudio Baglioni Goalbook Edizioni
Luigi “Gigi” Simoni è nato a Crevalcore (Bo) nel gennaio del 1939. Centrocampista, dopo gli inizi nelle giovanili della Fiorentina, ha giocato con Mantova, Napoli, Torino, Juventus, Brescia e Genoa, vincendo la Coppa Italia col Napoli nella stagione 61/62 e ottenendo quattro promozioni dalla B alla A: Mantova (60/61), Napoli (61/62), Brescia (68/69) e Genoa (72/73). Stop col calcio giocato al termine del campionato 73/74 (col Genoa) ed è proprio col Genoa che inizia la sua lunghissima carriera da allenatore che lo ha visto poi sulle panche di Brescia, Pisa, Lazio, Empoli, Cosenza, Carrarese, Cremonese, Napoli, Inter, Piacenza, Torino, CSKA Sofia, Ancona, Siena, Lucchese, Gubbio e infine ancora Cremonese. Dalla sua la Coppa Uefa vinta con l’Inter nel 97/98 e la Coppa Anglo-Italiana con la Cremonese nel 92/93, oltre a ben 7 promozioni dalla B alla A: Genoa 75/76 e 80/81; Brescia 79/80; Pisa 84/85 e 86/87; Cremonese 92/93 e Ancona 2002/2003. Sino allo scorso giugno (nel ruolo è ora subentrato Michelangelo Rampulla) ha rivestito la carica di presidente della Cremonese.
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scatti
di Maurizio Borsari
Strani numeri… (2)
Emiliano Viviano in Sampdoria – Sassuolo 1-1
Strani numeri… (12) Alex Sandro Lobo Silva in Torino – Juventus 1-3
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scatti
Strani numeri… (1)
Jonathan Alexander de Guzman in Chievo – Genoa 0-0
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calcio e legge
di Federico Trefiletti
Un caso in Coppa Italia Serie D
0-3 a tavolino per calciatore in posizione i Prendiamo spunto dal comunicato pubblicato il 16 novembre u.s. per approfondire in questa sede gli aspetti normativi emersi in seno alla controversia, decisa in secondo grado dalla Corte Sportiva d’Appello, la cui materia del contendere riguardava la irregolarità della gara ACD Nardò/ AS Bisceglie 1913 disputata in data 28.9.2016, valevole per i trentaduesimi di finale della Coppa Italia di Serie D, terminata con il risultato di 1-0, per la presunta posizione irregolare del calciatore della società ospitante ACD Nardò Alessandro Camisa, entrato in campo al decimo minuto del secondo tempo della gara in oggetto. Ma veniamo alla esposizione dei fatti. Il calciatore, della cui posizione irregolare si discute, era gravato da un residuo di squalifica per una giornata, allo stesso inflitto in occasione della gara di Coppa Italia di Lega Pro 2015/2016 Lecce/Akragas del 16.12.2015, quando l’atleta era tesserato per la US Lecce. Il calciatore si vedeva impossibilitato a scontare la squalifica irrogatagli nel corso della medesima stagione essendo la partita Lecce/Akragas l’ultima gara di Coppa Italia Lega Pro disputata dalla squadra salentina. Lo stesso, allora, non prendeva parte alla gara di Coppa Italia 2016/17 Lecce/Alto Vicentino del 30.7.2016 e non disputava altresì altri due incontri anch’essi valevoli per la Coppa Italia 2016/2017: Ascoli/Lecce dell'8.8.2016 e Genoa/Lecce del 12.8.2016, gare peraltro non facenti parte della Coppa Italia di Lega Pro bensì della Coppa Italia. Si precisa inoltre che la società leccese era iscritta e partecipava anche alla Coppa Italia di Lega Pro 2016/2017, nel quale il primo match - Virtus Francavilla/Lecce – veniva disputato, come da calendario, in data 19.10.2016 ma al quale Camisa non prendeva parte in quanto, nel frattempo, e precisamente in data 21.9.2016, aveva già rescisso il contratto con la US Lecce ed era passato alla ACD Nardò, mili18
tante nel Campionato Nazionale Dilettanti di Serie D 2016/2017. Inizialmente, il Giudice Sportivo aveva rigettato il ricorso proposto dalla società Bisceglie ritenendo che il calciatore, al momento della gara, “aveva integralmente scontato la squalifica non avendo egli preso parte alla gara di TIM CUP 2016/17 Lecce c. Alto Vicentino del 30.7.2016 ed aveva, pertanto, pieno titolo a prendervi parte”. Avverso tale decisione, la società ricorrente proponeva ricorso alla Corte Sportiva d’Appello, domandando l’annullamento e la conseguente riforma della appellata decisione del Giudice Sportivo, con irrogazione al club ospitante della punizione sportiva della perdita della gara con il punteggio di 0-3, in forza dell'art. 17 comma 5 lettera a) C.G.S. Argomentava la società ricorrente adducendo l’insussistenza in capo al calciatore del titolo a “prendere parte all'incontro in parola, in quanto gravato da un residuo di squalifica per 1 giornata, allo stesso inflitto” e l’irrilevanza inoltre “della mancata disputa, all'inizio della corrente stagione agonistica, nelle file della U.S. Lecce S.p.A., con la quale egli era ancora vincolato, prima del passaggio alla odierna controparte, di, tre gare della Coppa Italia TIM 2016/2017”. Avverso l’esposto reclamo, proponeva controricorso la società ACD Nardò, domandandone il rigetto, con conferma della impugnata delibera del Giudice Sportivo presso L.N.D. Dipartimento Interregionale e convalida del risultato della gara conclusasi con il punteggio di 1-0. La società sosteneva che la squalifica per una gara inflitta al calciatore non poteva essere scontata nella competizione di Coppa Italia Lega Pro 2015/2016, essendo quella l’ultima gara disputata dal Lecce nella suddetta stagione sportiva trovando quindi applicazione l’art. 22, comma 6 C.G.S., ai sensi del quale “Le squalifiche che non possono essere sconta-
te, in tutto o in parte, nella stagione sportiva in cui sono state irrogate devono essere scontate, anche per il solo residuo, nella stagione o nelle stagioni successive”. Continuava la società asserendo che il calciatore, ad inizio della stagione 2016/17, aveva scontavo la squalifica di cui si discute, non avendo egli preso parte alle tre gare di Coppa Italia 2016/2017. La società concludeva affermando poi che, ove si volesse ritenere che la squalifica vada scontata nella competizione di Coppa Italia cui partecipa la nuova società di appartenenza, è bene evidenziare che la partita ACD Nardò e AS Bisceglie 1913 riguardava una competizione di Coppa Italia organizzata dalla Lega Nazionale Dilettanti di Serie D e non una competizione dì Coppa Italia di Lega Pro in cui era stata inflitta la squalifica. Senonché, la Corte Sportiva d’Appello, investita della controversia, ha riformato la decisione del Giudice Sportivo accogliendo il reclamo e ha comminato la punizione sportiva della perdita della gara con il punteggio di 0-3. Infatti, l'art. 19 comma 11.1 C.G.S. recita che “Le sanzioni […] inflitte dagli Organi della giustizia sportiva in relazione a gare di Coppa Italia e delle Coppe Regioni organizzate dai Comitati regionali, si scontano nelle rispettive competizioni. A tal fine le
calcio e legge
irregolare competizioni di Coppa Italia si considerano tra loro distinte in ragione delle diverse Leghe organizzatrici delle singole manifestazioni”. La disposizione sancisce quindi un principio di “distinzione” tra gare di Coppa Italia (TIM CUP, Lega pro e Serie D) nonché di Coppe Regioni organizzate dai Comitati regionali. Tale principio costituisce, del resto, una “logica declinazione dei fondamentali canoni di effettività e proporzionalità della sanzione, che ne impongono la commisurazione alla reale rilevanza della gara nella quale è stato commesso l’illecito sportivo, onde assicurare che la sanzione sportiva della squalifica venga nel concreto scontata con riferimento a gara di rilevanza analoga a quella in cui è stato commesso l’illecito sportivo in relazione al quale la sanzione è comminata”. Detto questo, rileva però anche l’ultima parte dell’art. 22 comma 6 in base al quale - dopo aver affermato il principio secondo cui la squalifica irrogata al calciatore che abbia cambiato società deve essere scontata, in deroga al comma 3, per le residue giornate disputate dalla nuova società - la distinzione di cui all'art. 19, comma 11.1 “non sussiste nel caso che nella successiva stagione sportiva non sia possibile scontare le sanzioni nella medesima Coppa Italia in relazione alla quale sono state inflitte”. Pertanto, malgrado la sola applicazione dell’art. 19, comma 11.1, possa far concludere per la legittimità della presenza del calciatore alla partita oggetto di giudizio, , la Corte giudicante ha ritenuto invece irregolare la posizione del calciatore che avrebbe dovuto “scontare la giornata di squalifica comminatagli nella prima giornata utile della Coppa Italia - Campionato Nazionale Dilettanti di Serie D 2016/2017 al quale partecipava la sua nuova squadra di appartenenza (per l’appunto la ACD Nardò), cosicché egli avrebbe dovuto certamente astenersi dal prendere parte al match Nardò/Bisceglie del 28.9.2016”.
Prosegue nella sede AIC a Vicenza
Corso intermediari sportivi Proseguono gli incontri, nella sede dell’Associazione Calciatori, del “Corso di specializzazione per Intermediari Sportivi”, ideato e promosso da AIC in collaborazione con A.I.G.A. (Associazione Italiana Giovani Avvocati) e MasterSport. Docente del secondo incontro il direttore dell'Area Marketing della Lega Calcio Fabio Santoro che parlato de “Il modello della Lega Serie A” e de “I trasferimenti internazionali”. Il percorso formativo (che durerà fino ad aprile) è stato pensato per fornire, alla figura dell’intermediario, strumenti e conoscenze tecniche di settore in grado di “fare la differenza”, al fine di operare adeguatamente e di tutelare efficacemente i calciatori. La “rivoluzione” deliberata dalla FIFA, in occasione del 64° Congresso che ha determinato la deregulation della figura, rende necessaria una qualificazione approfondita e costante per far sì che questa professio-
ne si riveli un’opportunità per i calciatori e per i giovani avvocati che intendono operare in questo campo. In tale ottica è stato sviluppato il programma del corso, per far fronte alle esigenze di giovani avvocati, ex atleti di alto livello ed intermediari già attivi nel settore e oggi in cerca di aggiornamenti sull’attività.
Accordo economico e sottoscrizione abusiva lista di trasferimento Il CU FIGC n° 109/AA del 5 gennaio 2017 ha evidenziato, come tutti i comunicati che recano la sigla AA, l’avvenuto patteggiamento ex art. 32 sexies del Codice di Giustizia Sportiva in base al quale due dirigenti della società SSD Imolese Calcio sono stati condannati all’applicazione della sanzione di 4 mesi di inibizione e € 1.050,00 di ammenda ciascuno (2.100 € invece a carico del club). A parte la sanzione, ridotta in quanto frutto di una richiesta di applicazione formulata dai due dirigenti deferiti alla quale sono seguiti il consenso da parte della Procura Federale e la mancanza di osservazioni da parte del Presidente Federale, è interessante notare la l’origine del deferimento. Si tratta, infatti, di un’ipotesi non certo rara nel mondo dei dilettanti il quale, oltre che ad essere marchiato dalla persistenza del vincolo fino a 25 anni di età, prevede anche situazioni come quella esaminata: la società SSD Imolese Calcio, in violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità ex art. 1 bis, comma 1, del CGS, nonché degli articoli
94 ter e 106 delle NOIF, citiamo testualmente “siglava un accordo economico con il calciatore… nel quale veniva omessa l’indicazione delle somme che il calciatore avrebbe percepito a titolo di rimborso chilometrico ed il canone di locazione dell’abitazione e per avere sottoscritto la lista di trasferimento del calciatore medesimo, subordinandola alla restituzione di indennità versate allo stesso calciatore per prestazioni già effettuate”. Riassumendo, non solo l’accordo economico era stipulato ad arte con l’omissione delle somme a titolo di rimborso chilometrico e per il canone di locazione, ma in aggiunta era stata estorta la preventiva sottoscrizione della lista di trasferimento vincolandone l’operatività alla restituzione di indennità già percepite dall’invero ingenuo calciatore… Della serie, botte piena e moglie ubriaca a tutto vantaggio della società, e alla fine per ricevere sanzioni non certo esemplari e per le quali il concetto di patteggiamento suona un po’ beffardo. (S. S.) 19
calcio e legge
di Stefano Sartori
Questo mese parliamo di…
Diritto all’indennità di trasferta e risarcimento del danno Un’altra interessante delibera del Collegio Arbitrale presso la Lega Pro (CU 22/04.04.16) ha attirato la nostra attenzione sul tema, spesso controverso, dell’indennità di trasferta; inoltre, nella stessa vertenza è stata esaminata un’interessante ipotesi di risarcimento del danno.
I fatti Un calciatore si è rivolto al Collegio Arbitrale chiedendo il riconoscimento di un importo a titolo di indennità di trasferta netta, voce presente nel contratto economico in quanto aggiunta a penna; chiedeva inoltre un’ulteriore somma lorda a titolo di equo indennizzo ex art. 3.4 Accordo Collettivo o, in subordine, a titolo di risarcimento del danno ex art. 1218 c.c., ovvero in ulteriore subordine ex art. 2043 c.c.. La società SEF Torres, retrocessa in Serie D per illecito sportivo con CU n° 17 C.F.A. del 29 agosto 2015, si costituiva chiedendo il rigetto del ricorso in quanto l’accordo collettivo prevede la corresponsione di un compenso lordo omnicomprensivo, e pertanto anche il rimborso spese deve essere corrisposto al lordo ed aggiungendo infine che, in ogni caso, nella fattispecie non erano state effettuate trasferte rimborsabili. L’indennità di trasferta Il Collegio ha osservato innanzitutto che nel contratto l’indennità è stata prevista in quanto, dopo il compenso fisso, le parti hanno indicato a penna la frase “+ € ……… ind. trasferta netta”: pertanto, società e calciatore hanno chiaramente espresso la volontà di prevedere un compenso “netto” svincolato dalla dimostrazione di effettuazione di eventuali spese (a piè di lista), ed altresì svincolato anche dall’esistenza o meno di effettivi 20
spostamenti per allenamenti o partite o al trasferimento della residenza del calciatore da Mugnano di Napoli, ove abitava al momento della trasferta, a Sassari, sede del club. La specificazione che l’indennità di trasferta deve essere “netta” non va intesa come casuale ma indica che le parti hanno preventivamente concordato che l’importo dovesse essere fisso e quindi non comprensivo, pur nel rispetto delle normative fiscali, delle imposte e ritenute. Inoltre, va aggiunto che il contratto è stato regolarmente approvato senza obiezioni dalla Lega Pro e quindi non c’è alcun dubbio sul fatto che l’importo netto richiesto vada riconosciuto e posto a carico della società.
Il risarcimento del danno Rammentato nuovamente che la retrocessione della società in Serie D è stata determinata da un illecito sportivo, l’ulteriore domanda del calciatore si riferiva all’applicabilità di un equo indennizzo o risarcimento del danno derivanti dalla perdita dello status da professionista derivante dalla retrocessione per illecito. Ebbene, il Collegio ha ritenuto di accogliere la domanda risarcitoria proposta in via subordinata dal calciatore per-
In
ché, al contrario di quanto sostenuto dalla difesa della società, il provvedimento disciplinare della retrocessione all’ultimo posto della classifica per l’illecito sportivo perpetrato ha prodotto un duplice effetto: la retrocessione della società al campionato dilettanti e, soprattutto, la risoluzione di tutti i contratti con i calciatori professionisti. Pertanto, ogni calciatore ha perso il proprio status di professionista e si è visto privato, esclusivamente per colpa del club, degli emolumenti contrattuali successivi alla data della risoluzione del contratto. Il danno patito va inoltre valutato attraverso un’analisi che comprende l’importo del contratto risolto e, se esistente, quanto previsto da un eventuale nuovo contratto nel frattempo sottoscritto, avendo anche cura di esaminare le nuove situazioni ambientali vissute dal calciatore (nella fattispecie, la prosecuzione dell’attività con una società del girone sud e ubicata nella stessa regione di residenza del calciatore). Pertanto, la società è stata obbligata a corrispondere al calciatore sia la somma netta a titolo di indennità di trasferta indicata nel contratto che la somma individuata a titolo di risarcimento del danno al netto delle ritenute previdenziali e fiscali.
5 Larighe… volta buona di Damiano Tommasi
La vita è una ruota. Prima o poi il treno giusto passa. Oggi a te domani a me. Si chiude una porta e si apre un portone... diciamo che mi piace citare il sindaco di Amatrice, mr Pirozzi, “O vinco o imparo”. In ottica elezioni federali, quindi, speriamo di aver imparato e speriamo che sia la volta buona.
primo piano
di Nicola Bosio
A Milano il 16 gennaio scorso
Consiglio Direttivo AIC Candidature Assemblea Federale La prossima Assemblea Federale, che eleggerà il Presidente della FIGC per il quadriennio 2017/2020, si svolgerà il prossimo 6 marzo e AIC ha già provveduto, attraverso un pubblico proclama uscito sui tre principali quotidiani sportivi (Gazzetta, Corriere dello Sport e Tuttosport) e tramite i canali “interni” di comunicazione (sito internet, social, circolari, mail, sms), a spiegare le procedure per candidarsi a delegato. Il Direttivo, come da regolamento, ha proposto a sua volta una lista di nominativi per le varie categorie, e di questi dovranno esserne eletti 16 per Serie A e B (+ 6 supplenti), 16 per Lega Pro (+ 6 supplenti), 16 per il settore Dilettanti (+ 6 supplenti) e 4 per il Calcio Femminile (+3 supplenti). Per quanto riguarda i 4 posti disponibili (che saranno votati dai delegati) per ricoprire la carica di Consigliere Federale di nomina AIC, Tommasi ha confermato la volontà di ricandidarsi insieme a Calcagno e Perrotta, e “sostituire” Morgan De Sanctis, impegnato con contratto all’estero, con la calciatrice del Brescia e della Nazionale Sara Gama, segnale importante, al di là di un fin troppo “sfruttato” concetto di quote rosa, per dare maggior impulso alla crescita del Calcio Femminile. Per quanto riguarda la presidenza FIGC, al momento il candidato che ufficialmente sta portando avanti la propria riconferma sembra essere il solo Tavecchio, sul cui operato il Direttivo ha espresso grosse perplessità: a conti fatti, l’attuale Federazione non si può certo dire che abbia avuto particolari attenzioni nei confronti dei calciatori e soprattutto nei confronti delle richieste delle componenti tecniche e, per questo, un’eventuale candidatura alternativa meriterebbe di essere presa in considerazione. Certo è che l’AIC sarà pronta a formulare una precisa serie di richieste a chi volesse candidarsi, dalla gestione “verticale” del-
le politiche sui vivai nazionali e del Calcio Femminile, alla revisione del vincolo per i dilettanti, fino ad arrivare ad un futuro riassetto del calcio professionistico basato non sui numeri (riduzione delle società) ma sulla sostenibilità del sistema accompagnato da un progetto di natura tecnica.
Calendario prossima stagione sportiva Per quanto riguarda la stesura dei calendari per la prossima stagione sportiva, è notizia di qualche settimana fa che la Lega di Serie A avrebbe in progetto di istituire, anche per il nostro campionato, il cosiddetto “Boxing day”, vale a dire organizzare turni di campionato durante le festività natalizie.
Il calendario delle gare viene deciso dal Consiglio di Lega e deve essere ratificato in Consiglio Federale. Fermo restando che per AIC rimane di fondamentale importanza la conferma della sosta invernale di almeno 7 giorni continuativi, si raccoglieranno i pareri della base sull’ipotesi di giocare a Natale e fermarsi in gennaio.
Situazione Lega Pro Dopo il problema legato al fallimento della Gable, la compagnia assicuratrice garante per le fideiussioni di una trentina di club, la situazione sembrerebbe in via di risoluzione; le società coinvolte che eventualmente non ripristinino la garanzia entro il 31 gennaio p.v., rischiano 2 punti di penalizzazione
in classifica, con possibili ricorsi nel merito basati sulla regolarità della documentazione presentata ad inizio campionato. Indipendentemente da ciò, potremmo trovarci a fine stagione con società inadempienti, non iscritte al prossimo campionato, senza la copertura fideiussoria prevista dalle Licenze Nazionali. Il Presidente Gravina ha assicurato il proprio intervento sui club per regolarizzarne la situazione ed è anche allo studio un piano di ricalcolo per rimodulare le garanzie integrative e facilitarne la sostituzione. A breve è inoltre previsto un incontro tra i vertici AIC e l’Antistrust per cercare di concordare un rating “adeguato” sulle compagnie assicurative che rilasciano le fideiussioni nel calcio: così facendo si eviterebbero compagnie assicurative di dubbia solvibilità. Se ciò non fosse possibile, AIC ha già fatto presente che, per scongiurare situazioni “alla Gable”, sarà eventualmente necessario trovare un sistema alternativo di garanzie per le iscrizioni al prossimo campionato.
Fondo di Solidarietà In chiusura di riunione è stato presentato il bilancio aggiornato relativo ai pagamenti (secondo i massimali stabiliti dallo Statuto) dei tesserati aventi diritto delle società coinvolte nelle mancate iscrizioni e fallimenti a partire dalla stagione 2009/10 fino alla stagione 2013/14. Grazie al versamento straordinario effettuato dall’Associazione Italiana Calciatori e dai calciatori della Nazionale, il Fondo ha pagato l’8% del credito residuo agli ex tesserati delle società fallite e non iscritte nelle stagioni sportive 2009/2010, 2010/2011 e 2011/2012; si tratta di circa 1500 calciatori i cui crediti rimasero insoluti e nei confronti dei quali non era intervenuto neanche il Fondo di Garanzia. Un ulteriore 8%, derivante dalle somme versate in sede di ripescaggi e recuperi fallimentari, dovrebbe essere pagato nei prossimi mesi. 21
politicalcio
di Fabio Appetiti
Rosanna Scopelliti, membro della Commissione Antimafia
“Grazie allo sport vinceremo la partita contro la mafia” Quando a giugno dello scorso anno AIC aderì alla prima marcia degli “Amministratori sotto tiro” a Polistena, molti erano sorpresi della nostra presenza e la domanda più ricorrente era “ma che ci fanno i calciatori qui?”. Poi hanno capito e i ringraziamenti, dopo quella bella esperienza, sono stati tantissimi. Calciatori “cittadini con una coscienza civile”, come gli altri non sono ufo. Il tema della legalità poi è argomento che riguarda da vicino il nostro mondo, attenzionato da mafie e criminalità ed è molto positivo che la Commissione Antimafia avvii un monitoraggio dell’intero sistema per difendere l’integrità del nostro sport. E fondamentale può essere il ruolo del calcio per tenere i ragazzi lontano da modelli sbagliati. Per questo a Polistena, come a Reggio Calabria o a San Luca, è giusto ed importante esserci. Rosanna Scopelliti, non possiamo non dedicare il primo pensiero di questa intervista alla memoria di tuo padre, il giudice Antonino Scopelliti un grande italiano, un magistrato che ha dato la sua vita per la lotta alla ‘ndrangheta… “L’impegno nella fondazione e nella società civile è frutto proprio dell’impegno a cui mio padre ha dedicato la vita. Dal momento della sua uccisione la mia vita è totalmente cambiata. Per me era solo mio papà non sapevo bene quale fosse la sua attività. Poi ho capito. Per un periodo dopo la sua uccisione ho temuto che la figura di mio padre fosse dimenticata e che il suo sacrificio fosse stato vano, così come quello di magistrati come Chinnici e Levatino. Ma in seguito all’ennesimo assassinio, quello di Fortugno, vicepresidente della regione Calabria, ci fu una grande mobilitazione e un gruppo di giovani fondarono il gruppo “Ammazzateci tutti” a cui io diedi tutto il mio sostegno. In quel momento ho capito che il mio posto era con loro in Calabria ed ho capito anche che c’era un’altra Calabria che ricordava l’impegno di 22
mio padre e che voleva lottare contro il dominio della ‘ndrangheta nella nostra terra”. Quali sono gli obiettivi principali della Fondazione e come si svolge la sua attività? “La cosa fondamentale è dare tutto il nostro supporto sia legale, sia morale alle vittime di mafia, ai loro parenti ed ai collaboratori e testimoni di giustizia. Spiegare le norme a cui fare riferimento per supportare coloro che vogliono ribellarsi alla ‘ndrangheta è molto importante. C’è ancora purtroppo una cultura che isola coloro che vogliono collaborare con la giustizia ed a loro bisogna dare tutto l’aiuto possibile. Poi c’è tutta l’attività di divulgazione della memoria delle vittime di mafia e un lavoro educativo fatto di progetti con i giovani e di come praticamente ci si confronta con la lotta alla mafia. Per esempio come gestire un bene confiscato, come far approvare un regolamento contro il gioco d’azzardo, eccetera. Progetti concreti che coinvolgono centinaia di studenti in tutta Italia di cui siamo molto orgogliosi”. Sconfiggere la ‘ndrangheta è utopia? “No, io sono dell’idea Falconiana che è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani è destinato a scomparire. Il problema è come bisogna andare a contrastare questo fenomeno. Innanzitutto dando strumenti a magistrati e forze dell’ordine, ma poi il vero problema è culturale. Lo ab-
Rosanna Scopelliti è nata a Roma il 12 novembre 1983. Figlia del magistrato Antonio Scopelliti, assassinato dall’ndranghera, è deputato per NCD Centristi per l’Italia e membro della Commissione Antimafia.
biamo visto durante la partita del 20 come sia difficile mobilitare le persone intorno a battaglie che sostengono persone (Tiberio Bentivoglio) che si ribellano. Spesso si ha bisogno di eroi a cui stringere la mano per poi tornare a casa e pensare di aver fatto il proprio dovere. Ma in verità i veri eroi sono le persone di tutti i giorni che si battono contro la cultura mafiosa. Ancora oggi il capobastone di turno entro in un bar ed ha il caffè pagato....bisogna sminare il territorio dalla mafia”. Parliamo proprio della partita del 20 gennaio a Reggio, una bella pagina di sport organizzata insieme all’Associazione Italiana Calciatori… “Un grande ringraziamento va a tutta l’AIC e a Massimo Paganin e Simone Perrotta: trovare una realtà lontana dalla Calabria che si mette a disposizione, è stato un segnale importante che sono certa sia arrivato all’intera città anche se non c’è stata, come dicevo, la partecipazione attesa. C’è sicuramente una stanchezza di una certa antimafia e di un certo racconto della Calabria, ma soprattutto c’è molta disillusione tra i cittadini. Ma io dico che bisogna insistere e fare in modo che tutti i cittadini diventino soggetti attivi dell’antimafia”. Quanto può essere importante lo sport per educare i giovani ad una cultura della legalità in questi territori così difficili?
politicalcio
“Lo sport ha una forza incredibile perché si rivolge a tutte le generazioni ed ha in sé un grande messaggio educativo. Bisogna diffondere pratica e cultura sportiva perché tramite lo sport si possono creare quei modelli alternativi positivi che possono strappare ragazzi ai modelli mafiosi. Fammi esprimere in questo senso tutta la mia ammirazione al progetto dell’AIC per San Luca: va proprio nella direzione di cui sto parlando”. Nelle prossime settimane la Commissione Antimafia avvierà una serie di audizioni mirate sul mondo del calcio: ci puoi anticipare qualcosa? “È storia di questi giorni il tema delle infiltrazioni criminali presso la tifoseria della più grande squadra italiana e questo dimostra il livello di pericolosità di questo fenomeno. Il calcio è un grande palcoscenico per i mafiosi. Infiltrazioni nelle tifoserie, nelle società, rapporti con calciatori con rischi di match fixing, questi sono pericoli reali e qui al sud in modo particolare. Penso quindi sia molto importante che la Commissione metta la lente di ingrandimento sullo sport più amato dagli italiani e nelle prossime settimane cominceranno le audizioni con tutti i soggetti interessati”. Rosanna Scopelliti e il calcio: qual è il tuo rapporto con questo mondo? “La Reggina ce l’ho nel cuore, come si dice, ma in verità sono cresciuta qui a Roma e sono tifosa della Roma.Quando posso vado allo stadio,il calcio mi piace molto. C’è un aspetto dei calciatori di cui si parla poco ed è il loro impegno sociale, per questo vanno ringraziati. Non c’è magistrato, parlamentare, professore che arriva ai ragazzi come arrivano gli sportivi e i calciatori in particolare. Una cosa che non mi piace invece è una certa esasperazione rispetto alle loro scelte professionali, spesso vengono insultati e denigrati perché cambiano una squadra e questo è inaccettabile. Quest’estate ho solidarizzato con Higuain”.
AIC continuerà il suo impegno in Calabria, a giugno saremo a San Luca ad insegnare calcio e legalità ai bambini, quindi ti aspettiamo… “Come ho detto prima questa è una bellissima idea e ringrazio AIC per
questa presenza. Pensate che valore può avere per un bambino di San Luca una esperienza del genere. Ci sarò sicuramente e sono certa che anche grazie allo sport prima poi la partita contro la mafia la vinceremo”.
Don Roberto Meduri
Koa Bosco: il sogno continua Una squadra d’eccezione ha partecipato alla partita della legalità il 20 gennaio a Reggio Calabria: ne parliamo con Don Roberto Meduri presidente, fondatore tutto fare della Koa Bosco squadra di rifugiati politici che milita in seconda categoria calabrese. “Questa avventura è cominciata nel lontano 2009 e solo nel 2013 siamo riusciti a partecipare ad un campionato iscrivendo tutti i nostri ragazzi al campionato grazie anche all’intervento delle istituzioni che ne hanno favorito il tesseramento. L’idea della squadra di calcio è nata per rendere più umane le condizioni di vita di questi ragazzi, molti partiti da paesi in guerra, e che in Italia vivono in condizioni di grande disagio nella tendopoli allestita nella piana di Goia Tauro. Proprio dopo la rivolta del 2010 come parrocchia di Rosarno insieme a Don Pino di “Libera Terra” ci siamo impegnati per rendere la vita di questi ragazzi migliore attraverso lo sport e il calcio. Direi che nonostante tutte le difficoltà ci siamo riusciti ed oggi la squadra è un elemento di integrazione e di svago per tutti i ragazzi africani richiedenti asilo che vengono nel nostro paese”. Da chi è composta la squadra? “Ci sono i ragazzi rifugiati che fuggono dai loro paese in guerra e cercano in Italia la possibilità di lavoro e di rifarsi una vita. In squadra giocano ragazzi del Burkina Faso, Gabon, Sierra Leone, Togo, Ghana, Costa d’Avorio, Mali, Senegal: diciamo che è una Coppa d’Africa in miniatura perché ci sono ragazzi di tanti paesi. Talvolta è difficile anche la loro convivenza nella squadra ma poi il calcio aiuta molto ad integrarsi. L’allenatore attuale è Michele Cavallaro che nella vita fa il cantante. Non è facile portare avanti il tutto e se va bene riusciamo a fare gli allenamenti due volte alla settimana, ma spesso non riusciamo perché i ragazzi lavorano ed hanno altre cose da fare. Ci alleniamo a
San Ferdinando e ora in campionato stiamo andando molto bene e siamo quarti. Al nostro interno ci sono ragazzi molto forti che nei loro paesi giocavano in Serie A e alcuni di loro una volta completate le pratiche del permesso di soggiorno, vengono richiesti da altre squadre più importanti di Serie D e Eccellenza e noi siamo felici di questo”. Un sogno per la Koa Bosco… “Noi in fondo siamo la squadra della tendopoli di Rosarno e in qualche modo vogliamo tramite la squadra richiamare l’attenzione verso le condizioni di vita di questi ragazzi. Il calcio ci ha aiutato a far conoscere questi ragazzi nel territorio e a ridurre le paure verso questi immigrati, che come i nostri giovani, sono in cerca di un lavoro e di una realizzazione. Non c’è un sogno per la Koa Bosco ma ci piace pensare che attraverso la nostra accoglienza possiamo accompagnare questi ragazzi nei loro sogni. Certo ci fosse uno sponsor di una azienda grande che volesse sposare questa realtà e dare un segnale per far capire il beneficio dell’integrazione, allora noi potremmo divenire una società di calcio più grande e strutturata con maggiori possibilità di svolgere una funzione sociale sul territorio. Per concludere vorrei infine inviare un saluto e un ringraziamento al Presidente AIC Tommasi che ho conosciuto due anni fa e che ci ha dimostrato sempre amicizia. Spero presto ci venga a far visita a Rosarno e a fare una partita con i nostri ragazzi”.
segreteria
di Ilaria Pasqui e Valerio Bernardi
Tutto quello che c’è da sapere
Norme e procedure previste in Definizione di doping Per doping si intende la violazione di una o più norme contenute nel Codice Sportivo Antidoping e in particolare: 1. La presenza di una sostanza vietata o dei suoi metaboliti o marker nel campione biologico dell’atleta. a) Ciascun atleta deve accertarsi personalmente di non assumere alcuna sostanza vietata poiché sarà ritenuto responsabile per il solo rinvenimento di campioni biologici di qualsiasi sostanza vietata, metabolita o marker. Ai fini dell’accertamento della violazione delle Norme Sportive Antidoping non è necessario dimostrare il dolo, la colpa, la negligenza o l’uso consapevole da parte dell’atleta. b) La mera presenza di un qualsiasi quantitativo di una sostanza vietata, dei suoi metaboliti o marker nel campione biologico dell’atleta costituisce di per sé una violazione delle Norme Sportive Antidoping, fatta eccezione per le sostanze per le quali la Lista delle sostanze e dei metodi proibiti indica specificamente un valore di soglia. 2. L’uso tentato di una sostanza vietata o di un metodo proibito da parte di un Atleta. a) Spetta ad ogni atleta accertarsi personalmente di non assumere alcuna sostanza vietata o di non utilizzare alcun metodo proibito. Ai fini dell’accertamento della violazione delle Norme Sportive Antidoping non è necessario dimostrare il dolo, la colpa, la negligenza o l’uso consapevole da parte dell’atleta. b) Il successo o il fallimento dell’uso o del tentato uso di una sostanza vietata o di un metodo proibito non rileva al fine di determinare se vi sia stata o meno violazione delle Norme Sportive Antidoping. È sufficiente, infatti, che la sostanza 24
vietata o il metodo proibito siano stati usati o si sia tentato di usarli per integrare una violazione delle Norme Sportive Antidoping. 3. Eludere, rifiutarsi od omettere di sottoporsi al prelievo di campioni biologici. 4. La mancata reperibilità (whereabouts). Violazione delle condizioni previste per gli atleti che devono sottoporsi ai controlli fuori competizione, incluse la mancata presentazione di informazioni utili sulla reperibilità e la mancata esecuzione di test. Ogni combinazione di tre mancati controlli e/o omesse comunicazioni entro un periodo di dodici mesi, accertata dalle Organizzazioni antidoping aventi giurisdizione sull’atleta, costituisce violazione delle Norme Sportive Antidoping. 5. La manomissione o tentata manomissione in relazione a qualsiasi fase dei controlli antidoping. Qualsiasi condotta volta a minare la procedura di controllo antidoping. Es. intralciare l’operato di un addetto al controllo antidoping, fornire informazioni fraudolente, intimidire o tentare di intimidire un potenziale testimone. 6. Il possesso di sostanze vietate e il ricorso a metodi proibiti. a) Possesso da parte dell’atleta, in competizione o fuori competizione di sostanze o metodi vietati in o fuori competizione, salvo che l’atleta possa dimostrare l’uso terapeutico nelle forme e nei modi previsti dalle Norme Sportive Antidoping o altro giustificato motivo. b) Possesso da parte del personale di supporto dell’atleta in competizione o fuori competizione di sostanze o metodi vietati in o fuori competizione, salvo che il personale possa dimostrare l’uso terapeutico nelle forme e nei modi previsti dalle Norme Sportive Antidoping o altro giustificato motivo.
7. Il traffico illegale o tentato traffico illegale di sostanze vietate o metodi proibiti. 8. Somministrazione o tentata somministrazione ad un atleta durante le competizioni, di una qualsiasi sostanza vietata o metodo proibito, oppure somministrazione o tentata somministrazione ad un Atleta fuori competizione, di una sostanza o di un metodo che siano proibiti fuori competizione. 9. Fornire assistenza, incoraggiamento e aiuto, istigare, dissimulare o assicurare ogni tipo di complicità intenzionale in riferimento a una qualsiasi violazione o tentata violazione delle Norme Sportive Antidoping. 10. Avvalersi di personale di supporto che stia scontando un periodo di squalifica. 11. Omettere di denunciare fatti rilevanti ai fini dell’accertamento antidoping. 12. Fungere da copertura per un soggetto squalificato.
Sostanze e metodi proibiti La lista delle sostanze e dei metodi proibiti viene aggiornata ogni anno e pubblicata dalla WADA (Agenzia Mondiale Antidoping) sul proprio sito istituzionale www.wada-ama.org. La Lista comprende le sostanze ed i metodi sempre proibiti (In competizione e Fuori competizione) e quelli proibiti solo In competizione o in particolari sport. Sono considerate “sostanze specificate” ai fini dell’applicazione delle sanzioni, tutte le sostanze vietate tranne quelle incluse nelle classi espressamente individuate dalla Lista. I metodi proibiti non sono considerati “sostanze specificate”. Alcune sostanze (es. steroidi anabolizzanti) sono sempre vietate in quanto hanno effetti a lungo termine sul miglioramento delle prestazioni se usate come parte di un allenamento o di un programma di recupero. Altre sostanze, come gli agen-
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materia di doping ti mascheranti, sono sempre vietate in quanto possono essere utilizzate per nascondere prove del doping. L’uso, al di fuori di una competizione, di una sostanza che è invece vietata solamente durante una competizione, non rappresenta una violazione delle regole antidoping. Tuttavia, molte sostanze possono permanere nell’organismo per molto tempo e, se dopo un controllo antidoping durante una competizione, si risulta positivi al test per tale sostanza, si incorrerà in una violazione delle regole antidoping. Tutte le sostanze e metodi riportati nella Lista delle Sostanze Vietate sono vietati durante una competizione. Le sostanze vietate possono essere presenti nei farmaci comuni (molti farmaci comuni, tra cui analgesici, farmaci per il trattamento del raffreddore e antipiretici, contengono sostanze che figurano nella Lista delle Sostanze Vietate). Perciò si deve porre particolare attenzione ai farmaci che si trovano comunemente in casa. Inoltre, se si viaggia all’estero, si deve ricordare che i farmaci che hanno lo stesso nome commerciale, possono variare nella composizione a seconda del paese in cui sono acquistati. In un dato paese, un prodotto potrebbe non contenere sostanze proibite, mentre in un altro paese, un prodotto con lo stesso nome e confezione potrebbe contenerne. Non si devono assumere farmaci senza prima verificarli con il proprio medico sociale e, se è necessario assumere un certo medicinale regolarmente, si raccomanda di portarlo con se durante i viaggi. I risultati degli studi recentemente condotti su integratori alimentari utilizzati da atleti hanno dimostrato che molti di questi prodotti sono contaminati da sostanze vietate, compresi steroidi anabolizzanti e stimolanti. Gli elenchi degli ingredienti della maggior parte degli integratori alimentati raramente indicano che essi contengono sostanze vietate, pertanto, è opportuno utilizzare solo integratori pre-
ventivamente controllati, ferma restando la responsabilità personale dell’atleta.
comminare sanzioni economiche, nonché, il rimborso delle spese del giudizio.
Sanzioni Le sanzioni sono diversamente graduate a seconda:
Esenzione ai fini terapeutici (TUE) La presenza di una sostanza vietata o i relativi metaboliti o marker e/o l’utilizzo o il tentato utilizzo, il possesso o la somministrazione o la tentata somministrazione di una sostanza vietata o di un metodo proibiti non costituisce violazione delle norme antidoping se coerente alla concessione di una Esenzione ai fini terapeutici (TUE) secondo quanto previsto dal Disciplinare Esenzioni ai Fini Terapeutici (D-EFT). Ne consegue che: qualora l’atleta si trovi in condizione di salute tali che richiedano l’uso di particolari farmaci o trattamenti, compresi nella Lista, dovrà attivare la procedura per l’ottenimento della TUE. A tal fine deve essere presentata domanda di TUE al CEFT (Comitato per l’esenzione a fini terapeutici) secondo le modalità contenute nel D-EFT (Disciplinare per l’esenzione ai fini terapeutici).
1. del tipo di violazione tra quelle in precedenza elencate; a titolo esemplificativo ma non esaustivo: a) Per presenza, uso o tentato uso, oppure possesso di sostanze vietate e metodi proibiti il minimo edittale è di 4 anni in caso di intenzionalità della violazione; b) Se la violazione riguarda il traffico o tentato traffico, ovvero la somministrazione o tentata somministrazione di sostanze vietate o metodi proibiti la sanzione va da 4 anni alla squalifica a vita a seconda della gravità. (Es. Se la violazione coinvolge un minore è considerata particolarmente grave e comporta la squalifica a vita); c) Per la manomissione o tentata manomissione del controllo antidoping la sanzione prevista è di 4 anni di squalifica; d) Per la mancata presentazione (non intenzionale) al prelievo antidoping, la sanzione sarà di anni 2; e) Per la mancata reperibilità la squalifica sarà di anni 2 salvo attenuanti. 2. del grado di intenzionalità (dolo, colpa, negligenza). (Es. per presenza, uso o tentato uso, oppure possesso di sostanze vietate e metodi proibiti in caso di dimostrazione di non intenzionalità il minimo edittale scende ad anni 2); 3. uso di sostanze specificate o non specificate o metodi proibiti; 4. delle circostanze attenuanti e aggravanti (es. collaborazione dell’atleta, età ecc.). N.B. In aggiunta alle sanzioni che comportano periodi di squalifica, il TNA può
Disciplina per l’esenzione a fini terapeutici Una domanda di TUE prevede la trasmissione al CEFT, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, anticipata via fax, ovvero a mezzo posta elettronica all’indirizzo ceft.antidoping@nadoitalia.it, della documentazione scaricabile dal sito www.coni.it: 1) Modulo F49 (domanda di esenzione che deve essere compilata dal medico sportivo e sottoscritta dall’atleta); 2) Modulo F51 (compilato e sottoscritto dallo specialista che ha diagnosticato la patologia e prescritto il farmaco per il quale si chiede l’esenzione). Alla domanda devono essere allegati: a) Certificazione di idoneità all’attività agonistica; b) Anamnesi, storia clinica medica e documentazione comprovante la diagnosi, comprensiva di accertamenti 25
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e di esami diagnostici per immagini nonché di una dichiarazione dello specialista in ordine alla idoneità alla pratica sportiva anche in presenza dell’accertata patologia e una dichiarazione dello specialista in ordine all’impossibilità di utilizzare altro farmaco in luogo di quello prescritto contenente la sostanza vietata.
Termini e durata della TUE La richiesta di TUE deve essere presentata e ricevere riscontro positivo prima dell’assunzione del farmaco in questione. È necessario, al fine di ricevere in tempo utile la risposta del CEFT, presentare la domanda almeno 30 gg prima della competizione alla quale si deve partecipare. La TUE ha una durata precisa al termine della quale cessa di avere efficacia automaticamente. Nel caso in cui l’atleta necessiti di proseguire l’utilizzo della sostanza proibita, deve procedere alla richiesta di una nuova TUE prima della scadenza della precedente. Procedura di emergenza TUE retroattiva L’atleta ha facoltà di presentare una domanda di TUE con effetto retroattivo nei seguenti casi: a) Necessità di un trattamento di emergenza o di un trattamento di una patologia medica acuta; b) Circostanze eccezionali per le quali non vi siano stati per l’atleta tempo o possibilità di presentazione di una domanda di TUE prima del controllo antidoping o per la sua valutazione da parte del CEFT. N.B. L’Atleta può cominciare il trattamento soltanto dopo aver ricevuto la notifica di concessione della TUE e, quindi, di autorizzazione all’uso della sostanza/metodo proibiti. In caso di terapia procrastinabile, la data di inizio della terapia dovrà coincidere con la data di decisione da parte del CEFT. Se la domanda di TUE è relativa ad una procedura di emergenza e, pertanto, l’Atleta ha utilizzato la sostanza/metodo 26 40
proibiti precedentemente alla valutazione della documentazione da parte del CEFT, tale condizione non costituisce garanzia di concessione della TUE.
Esecuzione dei controlli antidoping La fase di notifica del controllo ha inizio nel momento in cui l’atleta viene informato dal personale incaricato (il DCO o lo Chaperone) di essere stato selezionato per il prelievo. L’identificazione dell’atleta avviene attraverso un documento di identità, la conoscenza diretta da parte del DCO o la tessera federale. Una volta stabilito il contatto, il DCO informa l’atleta in merito a: a) L’obbligo di sottoporsi al prelievo; b) L’autorità sotto la quale il controllo viene effettuato (Es. CONI, Ministero Salute, Federazione Internazionale ecc.); c) Tipo e modalità del prelievo ed eventuali condizioni da rispettare; d) Diritti dell’atleta (avvalersi di un rappresentante e/o ove necessario di un interprete, richiedere ulteriori informazioni circa la procedura, chiedere di ritardare il raggiungimento della sala controlli per validi motivi); e) Responsabilità dell’atleta (rimanere nel campo visivo del DCO dal momento della notifica fino al completamento della procedura di raccolta campione, comprovare la propria identità, rispettare le procedure di prelievo del campione, presentarsi immediatamente per essere sottoposto al test, salvo ritardo per giustificato motivo); f) Ubicazione della sala controlli. A seguito del contatto con l’atleta il DCO è tenuto a: 1) Vigilare costantemente sull’atleta; 2) Comunicare la propria identità all’atleta; 3) Confermare l’identità dell’atleta. La sessione per la raccolta del campione si compone delle seguenti attività: a) predisposizione del prelievo del campione;
b) effettuazione del prelievo del campione; c) verbalizzazione del prelievo (il verbale di prelievo antidoping, debitamente compilato e sottoscritto deve essere redatto in tre esemplari da trasmettere a NADO ITALIA, Atleta e Laboratorio accreditato WADA).
RTP (Registered Testing Pool) e Whereabouts Ciascuna organizzazione antidoping di livello nazionale o internazionale stabilisce i criteri per l’inserimento degli atleti nel proprio Registered Testing Pool, ovvero nel Gruppo Registrato ai fini dei controlli, in modo da identificare gli atleti di élite della propria organizzazione sportiva. In quanto riconosciuti quali “atleti di élite”, essi sono destinatari di un programma antidoping specifico che comporta l’osservazione di procedure più rigorose per ottenere le Esenzioni per fini terapeutici. Inoltre essi sono soggetti ad un programma costante di monitoraggio attraverso l’esecuzione di test antidoping “fuori competizione”. Per consentire alle organizzazioni antidoping responsabili l’effettuazione dei test fuori competizione, è necessario che essi forniscano informazioni sulla loro reperibilità. L’RTP Nazionale (pubblicato sul sito istituzionale è il registro che contiene i nominativi degli atleti nazionali di alto livello individuati in base agli specifici criteri definiti dal Comitato Controlli Antidoping (CCA) di Nado Italia. In questo gruppo, vengono di norma inseriti gli atleti che gareggiano ai massimi livelli dell’attività agonistica nazionale ed internazionale della disciplina sportiva interessata. L’inserimento nel RTP Nazionale impone specifici adempimenti la cui inosservanza costituisce violazione della normativa antidoping. L’atleta ha infatti l’obbligo di fornire le informazioni sulla propria reperibilità quotidiana (c.d. Whereabouts). Detto obbligo decorre dalla data indicata nella comunicazione di inserimento nel
segreteria
RTP Nazionale e cessa solo a seguito della formale comunicazione da parte di NADO Italia di cancellazione dal RTP stesso oppure a seguito del ricevimento di una dichiarazione dell’atleta tramite raccomandata a/r o posta elettronica certificata di suo ritiro dalle competizioni. Se l’Atleta è inserito sia nel RTP Nazionale sia nel RTP della Federazione Internazionale di competenza tutti gli adempimenti relativi devono essere eseguiti solamente nei confronti della Federazione Internazionale di competenza secondo le indicazioni e modalità da questa previsti. Fermi restando i controlli in competizione, a cui ogni atleta può essere sempre sottoposto, gli atleti inseriti nel RTP Nazionale devono, altresì, rendersi reperibili e pienamente disponibili ai fini dell’effettuazione di controlli fuori competizione senza preavviso. Un atleta inserito nel RTP Nazionale è tenuto a comunicare trimestralmente i propri Whereabouts completi ed accurati, comprese eventuali variazioni, in modo tale da poter essere sempre localizzato ai fini dei controlli nel corso del periodo stesso. Le informazioni dovranno avere ad oggetto i seguenti dati per ogni giorno del trimestre di riferimento: a) dati anagrafici; b) luogo di residenza/domicilio completi a cui inviare l’eventuale corrispondenza destinata all’Atleta. Qualsiasi notifica o altro documento spedito all’indirizzo sopra citato sarà considerato ricevuto dall’atleta trascorsi 5 giorni dalla sua spedizione; c) nome e indirizzo di ciascun luogo dove l’atleta pernotterà (es. abitazione, alloggio temporaneo, hotel); d) nome ed indirizzo di ciascun luogo dove l’Atleta si allenerà, lavorerà o svolgerà qualsiasi altra attività regolare (per esempio la scuola) così come l’orario di svolgimento di tali attività regolari; e) programma delle manifestazioni sportive, ivi compreso il nome e l’indirizzo di ciascuna sede di gara cui l’Atleta ha programmato di partecipare; f) consenso dell’atleta per la condivisio-
ne delle proprie informazioni con altre organizzazioni antidoping che hanno l’autorità di effettuare test nei suoi confronti; g) eventuali luoghi di permanenza temporanea; h) dettagli di una eventuale disabilità dell’atleta che può incidere nella procedura da seguire per condurre una Sessione di prelievo del Campione. Oltre i dati che precedono, l’Atleta è tenuto altresì ad indicare uno specifico arco di tempo di 60 minuti, tra le ore 05.00 e le ore 23.00 per ogni giorno del trimestre nel quale si renderà disponibile e raggiungibile in un luogo indicato per essere sottoposto ai controlli. Tale luogo dovrà essere facilmente accessibile da parte del personale incaricato del prelievo (ad esempio dovrà essere presente un numero civico o altro identificativo del luogo, il nome dell’atleta dovrà essere sul citofono e/o comunicato a eventuali desk/portinerie di accesso allo stabile/ hotel, ecc.). L’indicazione dei 60 minuti non limita in alcun modo l’obbligo dell’Atleta a rendersi disponibile per i controlli sempre e ovunque. Le informazioni dovranno essere comunicate in anticipo da parte dell’Atleta rispetto alla scadenza del trimestre, ed in particolare: • I trimestre (gennaio-febbraio-marzo): i Whereabouts devono essere trasmessi entro il giorno 20 dicembre ; • II trimestre (aprile-maggio-giugno): i Whereabouts devono essere trasmessi entro il giorno 20 marzo; • III trimestre (luglio-agosto-settembre): i Whereabouts devono essere trasmessi entro il giorno 20 giugno; • IV trimestre (ottobre-novembre-dicembre): i Whereabouts devono essere trasmessi entro il giorno 20 settembre. Qualsivoglia circostanza e/o cambiamento che incida sulle informazioni fornite comporterà l’obbligo dell’atleta di procedere al tempestivo aggiornamento delle stesse non oltre l’inizio della fascia oraria indicata per quel giorno.
Ove l’atleta venga inserito nel RTP nel corso di un trimestre già iniziato (ad esempio gli sia comunicato il suo inserimento il giorno 15 luglio) lo stesso sarà tenuto a comunicare le informazioni personali di cui sopra in modo da completare il trimestre di riferimento (ovvero le informazioni a partire dal 16 luglio sino al 30 settembre) e procedere alla compilazione di quelli successivi secondo la tempistica e le predette modalità. I Whereabouts possono essere comunicati esclusivamente attraverso la piattaforma informatica ADAMS, collegandosi al sito https://adams.wada-ama.org/adams/. Le credenziali d’accesso, o le istruzioni per recuperarle, sono fornite all’atleta da NADO Italia insieme una guida pratica in lingua italiana, per la creazione del proprio profilo e la compilazione dei calendari trimestrali. La mancata o ritardata comunicazione dei Whereabouts ovvero la loro inadeguatezza o incompletezza, senza giustificato motivo, possono costituire violazione della normativa antidoping per “mancata /non corretta comunicazione” (Filing Failure). Se l’atleta, invece, non si rende reperibile nel luogo indicato durante l’intervallo di tempo giornaliero dei 60 minuti, tale inadempienza potrà costituire un “mancato controllo” (Missing Test). La combinazione di tre mancate/non corrette comunicazioni e/o mancati controlli in un arco temporale di 12 mesi a decorrere dalla data della prima inadempienza, indipendentemente dalla/e Organizzazione/i Antidoping che le ha/ hanno accertate, costituisce una violazione della normativa antidoping ai sensi dell’art. 2.4 del CSA (fino a 2 anni di squalifica). È possibile delegare ad altri la comunicazione dei Whereabouts ma l’atleta rimane sempre e comunque l’unico responsabile della correttezza e/o aggiornamento degli stessi. Pertanto, qualsiasi errore od omissione da parte del terzo delegato, non costituiscono una giustificazione per l’atleta a cui verranno direttamente imputati detti inadempimenti. 27 41
Come stai?
l’incontro
di Pino Lazzaro
L’impegno “civile” di Amedeo Mangone
A guardare la sua scheda di calciatore – è un classe 1968, di luglio – ci si accorge (giusto numeri, ma qualcosa comunque dicono) che lì sul campo è stato uno di quelli che le sue belle presenze a fine stagione le metteva sempre assieme, annata dopo annata. Dunque questa sua scheda racconta che Amedeo Mangone dopo il settore giovanile al Milan e nessuna presenza con i rossoneri in prima squadra, ha collezionato quasi 500 presenze in campionati professionistici, con le 179 in C2 con Pergocrema e Solbiatese, le 82 in B con Bari, Piacenza e Catanzaro (dove tra l’altro decise lo stop al calcio giocato, a quasi 37 anni) e le 221 in A con Bari, Bologna, Roma (con lo scudetto nel 2000/2001), Parma, Brescia e Piacenza. Anche se non subito, visto la parentesi di alcuni anni, pure Mangone come tanti altri ha deciso poi di intraprendere la strada dell’allenatore, partendo dalla Berretti del Pavia, sedendosi poi da primo allenatore su quella panchina e allenando in seguito Reggiana e Albinoleffe. Ultima esperienza, a cavallo tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, in Brasile, nel Gama (quarta serie di laggiù), grazie ad alcuni imprenditori italiani che avevano deciso di investire su questo club. Nonostante un cammino positivo e promettente (7 partite: 4 vittorie, 2 pareggi e una sconfitta), Mangone si è visto costretto alle dimissioni per il passo indietro di chi aveva deciso di finanziare il suo arrivo ed è dunque ora “sulla piazza”, in attesa di una chiamata. Fin qui insomma le “solite” righe calcistiche, quelle che magari subito ci si aspetta sulle pagine de il Calciatore, ma è ora di passare a tutt’altra materia, a quell’impegno “civile” che con tutta la sua famiglia lo vede molto ma molto impegnato. Sì, parliamo di affido familiare: a lui dunque la parola. “Tutto è cominciato per un nostro vicino di casa, lui questo percorso dell’affido l’ha fatto prima di noi e così, assieme a mia moglie – lei ancora più entusiasta di me – abbiamo partecipato a degli incontri organizzati da una delle associazioni, la Comin, che qui sul territorio si occupa della materia, associazione che ha come punto di riferimento il Tribunale di Milano.
Da lì un corso di sei mesi, con incontri settimanali o quindicinali sino a entrare in una banca dati di famiglie disposte così ad accogliere bambini, o abbandonati o che vengono tolti alle famiglie per i più svariati motivi. Un affido – a cui è accompagnato pure un rimborso mensile – che dura massimo 12 mesi, periodo in cui è compito del Tribunale capire quale sia la 28
bisogno, tante le famiglie problematiche”.
Dopo una bambina, ora Francesco “Siamo ora alla seconda esperienza. La prima è stata con una bambina che è arrivata che aveva 10 giorni ed è rimasta con noi 8 mesi, finché non è stata adottata da una famiglia con cui continuiamo a sentirci e pure a vederci. Ora abbiamo cominciato un’altra esperienza con un bambino, Francesco, che è arrivato che
soluzione migliore per il bambino: o il rientro in famiglia o un affidamento di più lunga durata. Per me la parte più difficile è quella in cui ci si appresta ad affrontare una situazione certo nuova. Lì a chiedermi se sarò davvero in grado di dare affetto a questa nuova presenza, un bambino/a che ti arriva in casa. Cose che si pensano giustamente prima, poi per fortuna è un qualcosa che scopri ti viene naturale, questa la mia esperienza. No, non siamo delle mosche bianche, ce ne sono altre di famiglie, anche se sono poche per il tanto bisogno che c’è in giro: sono tanti i bambini e le bambine che hanno
L'affido familiare è un'istituzione dell'ordinamento civile italiano che si basa su un provvedimento temporaneo che si rivolge a bambini e a ragazzi fino ai diciotto anni di nazionalità italiana o straniera, che si trovano in situazioni di instabilità familiare. Grazie all'affido, il minore viene accolto presso una famiglia che ne fa richiesta o ove ciò non sia possibile è consentito l'inserimento del minore in una comunità di assistenza pubblico o privato. L'affidamento è dunque un servizio di aiuto e sostegno creato nell'ottica della tutela dei diritti dell'infanzia, garantendo al minore il diritto a crescere in un ambiente che possa soddisfare le sue esigenze educative e affettive, in grado di rispettare i suoi bisogni, in riferimento alle caratteristiche personali e familiari e alla sua specifica situazione di difficoltà. (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera)
l’incontro
aveva un mese e mezzo, ora ha tre mesi ed è ormai come… fosse nostro. Noi di figli ne abbiamo due, di 21 e 18 anni, entrambi maschi. Anche per loro si tratta di una bella e importante esperienza, tanto è vero che la prima volta hanno sofferto la loro parte nel momento del distacco. Un periodo particolare quello, una mano ce l’ha data anche una psicologa appunto per questa esperienza del distacco e tanto ha voluto dire poi per noi incontrare la nuova famiglia, vedere come era stata accolta la bambina, cosa significava per questi nuovi genitori e il tutto ci ha fatto star bene. Sì, sì, anche loro, i nostri due figli, sono stati d’accordo nel continuare, capita così che si mettono lì a far pure loro i baby-sitter. Ora, con l’arrivo di Francesco direi che in fondo sono cambiati giusto gli
orari. Di camere noi in casa ne abbiamo tre, due sono per i nostri figli e così nella terza, la nostra, c’è lui con noi: biberon ogni 4 ore e avanti. Giusto così, non deve essere una cosa che stravolge le nostre vite, anche lui deve cominciare a star dietro ai nostri ritmi”.
Un po’ di calcio “Che calciatore ero? Direi normale, ma sono riuscito lo stesso a fare una buonis-
sima carriera. È vero, si dice che si può sempre fare di più ed è così probabilmente, ma io penso di essere riuscito a fare il massimo, non ho rimpianti. Dai, sono stato uno dei tanti e l’ho fatto molto seriamente. Come mai allenatore? Beh, dopo che ho smesso sono rimasto fuori del calcio, poi m’è stato chiesto di
star dietro qui a Carugate, dove abitiamo, a una squadra di ragazzini: m’è piaciuto ed è capitata poi un’occasione a Pavia, con la Berretti. Sono poi subentrato in prima squadra, così è andata. Ora sto aspettando una chiamata e intanto vado a vedere partite e allenamenti, oltre che in tv. Visto la mia passata esperienza, vado a vedere o partite di Lega Pro, o la Primavera del Milan che gioca qui vicino o anche l’Interregionale. Comunque sia, il tempo scorre via veloce, ne dedico proprio tanto di tempo a Francesco. Beh, devo dire che quando c’era da aiutare il prossimo non mi sono mai tirato indietro, anche prima e anche con Damiano Tommasi, quando eravamo compagni alla Roma, ho avuto modo di partecipare a diverse iniziative e allora dico che sono contento di finire adesso sulle pagine del Calciatore anche perché magari qualche altra famiglia potrebbe decidere di iniziare questo nostro percorso, ne vale la pena”.
Iniziativa AIC/AIAC/AIA per il Centro Italia
Oggi scendiamo in campo per…
Calciatori, allenatori e arbitri, nel fine settimana del 21 e 22 gennaio scorso, hanno scelto di scendere in campo per le popolazioni colpite dall’emergenza neve e dalle continue scosse di terremoto che hanno coinvolto da mesi le zone del Centro Italia. Il simbolico messaggio è stato quello di sentirci tutti uniti, in un momento così complicato, a quelle persone che si stanno adoperando per ridare speranza e aiuto a tutte le famiglie colpite da questi eventi tragici. Il gesto non vuole essere però solo simbolico. È aperto un c/c dedicato (le donazioni possono essere effettuate tramite l’Iban IT53 D062 2511 8201 0000 0015 549) per dare la possibilità di devolvere un’offerta per un progetto concreto di pronto intervento. L’Associazione Calciatori, l’Associazione Allenatori e l’Associazione Italiana Arbitri, nel promuovere questa iniziativa, ringraziano fin d’ora quanti aderiranno e cercheranno di dare concretezza nel più breve tempo possibile a questo gesto di solidarietà. Tutti in campo per voi! 29
secondo tempo
di Claudio Sottile
La nuova vita di Francesco Quintavalla
Dall’area di rigore al metro Ritrovarsi a giocare sempre in casa, ma degli altri, dove sono tutte mura amiche. Da difensore della porta con la rete ad attaccante della porta con il pomello, da tackle e fascia di capitano a calma e… gessato. Francis Bacon ha scritto che “Le case sono fatte per viverci, non per essere guardate”. O meglio, va bene guardarle se qualcuno le vende e qualcun altro le acquista. “Ho aperto in prima persona questa agenzia immobiliare a Riccione, in franchising. È tedesca, si chiama Engel & Völkers e si occupa principalmente dell’intermediazione di immobili di pregio, perciò di fasce medio alte”. Un rampante Francesco Quintavalla è il primo ospite della nostra nuova rubrica “Secondo Tempo”, che racconterà le storie di chi ha visto spegnersi le luci dello stadio ed ha deciso di accendere la luce della propria scrivania. La mattina non hai più un borsone da preparare, perciò ti svegli e… “Questa agenzia, rispetto a quelle classiche, prevede una struttura un po’ più imprenditoriale, ogni figura all’interno dell’agenzia ha determinati compiti. Il mio è quello di licence partner, sono colui che ha comprato la licenza, sono il manager imprenditore che imposta il lavoro degli agenti e della team assistant. La mia giornata tipo è quella di venire in ufficio ed organizzare il lavoro dei collaboratori e di coloro che lavorano all’interno dell’agenzia”. Ti ha aiutato il “primo tempo” nel mondo dello sport? “La scelta di impegnarsi in questa strada è stata dettata dall’esperienza vissuta a livello sportivo. Il mio lavoro, ad oggi, si può paragonare a quello di un allena-
tore: formare la squadra ed il team, dare dei compiti, delle direttive, degli schemi che vanno applicati come fosse una partita”. Differenze ed analogie tra il pallone e l’intermediazione immobiliare? “Col calcio c’ho passato quasi 20 anni della mia vita, mentre con il nuovo lavoro sono al primo anno, ho bisogno ancora di un po’ d’esercizio per poter fare paragoni. Diciamo che avere esperienza gestionale di dinamiche all’interno dello spogliatoio mi dà una mano nel nuovo lavoro, formato da tanti sottogruppi”. Che tipo di curriculum scolastico hai costruito? “È un tasto dolente. Quando ho finito le Superiori presso l’ITIS, l’Istituto Tecnico Industriale Statale, avevo cominciato a frequentare Scienze Motorie a Verona, nell’anno in cui ero al Chievo. La facoltà prevedeva sedute di attività fisica la mattina, e poi dopo avevo allenamento con i Clivensi. Ad un certo punto ho fatto la scelta di proseguire col calcio, lasciando indietro gli studi. Se ci fossero state le università online quando avevo 20 anni probabilmente ce l’avrei fatta. Questo è un altro consiglio che sento di dare ai ragazzi di oggi, avere l’opportunità di stare a casa, gestirsi il tempo ed avere una programmazione universitaria è qualcosa in più da poter sfruttare un domani”. Hai veri amici nel calcio? “Sì. Lasciando la casa paterna da piccoli è difficile mantenere amicizie nella città natale, invece è più facile con i ragazzi che hanno giocato con te. Gli amici che ritengo veri sono tutti del mondo del calcio e sono pochi. Si contano sulle dita di una mano, con loro condivido vacanze, cene e ritrovi, parlo di Davide Sinigaglia, Simone Dallamano, Nello Russo, Roberto Cortellini e Denis Maccan. Abbiamo militato tutti assieme nella stessa stagione a Lumezzane ed abbiamo instaurato questo rapporto che ci lega ancora adesso”. Se ti dico 17 giugno 2001? “Una data bella da ricordare, è il sogno di tutti ed io l’ho realizzato. Ho la mia
Francesco Quintavalla è nato a Carpi il 26 giugno 1982. Nella sua carriera ha vestito le maglie di Carpi, Bologna, Chievo, Poggese, Lumezzane, Spal, Virtus Entella, Ravenna, Savona, Real Vicenza, Santarcangelo e Folgore (San Marino).
cassetta VHS registrata da Telepiù e la mia maglia numero 17. È un ricordo che mi porterò per tutta la vita. Rispetto al blasone dell’esordio in Serie A, tuttavia, ci sono momenti belli della mia carriera che ricorderò forse anche con un sorriso in più rispetto a quella giornata, che comunque rimarrà nei miei ricordi e che potrò sempre dire di averla vissuta, potrò dire di aver provato quell’emozione. Non sono mai stato fortunato nelle partite decisive della mia carriera. Anche se non è stato un momento sportivamente appagante, mi piace citare la finale playoff di Prima Divisione persa contro il Cesena, ma più per l’annata in generale che per il match in sé. Aggiungo pure la vittoria del campionato di Seconda Divisione col Savona, fu una parentesi felice”.
secondo tempo
quadro In quella rosa c’era anche Niccolò Galli. “Fu un anno bello e ricco di soddisfazioni da un lato, ma anche molto infelice. Oltre alla sua scomparsa, ci furono altre disgrazie relative ad altri ragazzi che giocavano lì, furono mesi incredibili, ne succedeva una dopo l’altra, sotto quel punto di vista fu un anno brutto, molto triste”. Prima di esclamare “basta”, ti sei tolto anche la soddisfazione di posare l’ultimo mattone esordendo in Europa League, seppur a livello preliminare. “Ho speso gli ultimi sei mesi di carriera a San Marino, nel campionato interno, con la maglia della Folgore. Risulto tuttora in rosa perché sono inserito nella lista del giugno scorso che fu consegnata per i preliminari europei. Dopo quelle due partite in realtà ho smesso definitivamente, non ho proseguito. Scelsi San Marino per concludere gradualmente, giocando lì avevo dei ritmi di allenamento più blandi. Ho finito con l’Europa League opposto al Larnaca, è stata un’esperienza stimolante. Abbiamo perso 3-0 all’andata a Cipro e 1-3 al ritorno”.
Che Bologna era quello che ti permise di calcare il prato del San Nicola di Bari nel finale di gara contro l’Inter, costretta al campo neutro? “In quegli anni a Bologna giocavo in Primavera e poi fui aggregato alla prima squadra negli ultimi tre-quattro mesi della stagione. C’era come allenatore degli Allievi Nazionali Stefano Pioli, il mio mister della Primavera era Walter Mazzarri, in prima squadra c’era Francesco Guidolin. Come settore giovanile e come organizzazione strutturale il Bologna era molto avanti, vedendo poi le carriere di questi tecnici. Era uno spogliatoio di uomini veri, dai quali cercai di imparare tanto, così come feci con gli allenatori avuti”.
Quale consiglio senti di poter inviare ad un ragazzo che, per un qualsiasi motivo, sta valutando di lasciare il calcio, magari anzitempo? “Dico di prepararsi, per non avere troppo tempo dalla fine dell’attività calcistica al nuovo lavoro. Ho predisposto le cose in modo tale da non avere tempi morti. Dal giorno che ho smesso, anzi dal giorno prima, avevo orientato tutto il cammino che sarei andato ad intraprendere dopo. Chi ha in mente di finire la propria carriera deve avere già un obiettivo preciso in testa, non deve stare a casa a pensarci dopo aver attaccato le scarpe al chiodo. Già è difficile smettere, se non si ha qualcosa di pronto comincia ad essere pesante. Molto dipende soprattutto dalla tipologia di carriera che uno fa. Più la carriera è bassa più ci si deve preparare, perché si riduce il tempo per guardarsi attorno. Se hai fatto 15 anni di A puoi prendertela comoda, se come me hai fatto principalmente Serie C devi pensarci molto prima, per non arrivare coi giorni contati e tirati”.
A Reggio Calabria
La partita della legalità
Si è svolta venerdì 20 gennaio scorso allo Stadio Granillo di Reggio Calabria la “Partita della legalità” contro tutte le mafie e a sostegno dell’imprenditore antiracket Tiberio Bentivoglio. La manifestazione organizzata dall’Onorevole Rosanna Scopelliti, Presidente dell’omonima Fondazione, patrocinata dal Comune di Reggio Calabria e dall’Associazione Italiana Calciatori, ha visto scendere in campo la squadra AicGlorie Reggine, guidata da Massimo Paganin e Sergio Campolo, contro la Nazionale dei parlamentari allenata da Mister “Picchio” De Sisti. Alla partita hanno partecipato anche i ragazzi della Koa Bosco di Rosarno, squadra di rifugiati politici che partecipa al campionato di Seconda Categoria, il cui fondatore Don Roberto si batte da anni contro ogni forma di discriminazione e razzismo. Un ringraziamento particolare per l’ottima riuscita della giornata va a tutta la società della Reggina Calcio, al suo Presidente Mimmo Praticò e ai tanti ex che per un pomeriggio sono tornati a vestire con entusiasmo la gloriosa maglia “amaranto”.
Racconta la verità: hai già fatto comprare casa a qualche calciatore? “Non ancora, siamo in trattativa con un bomber dal notevole passato, trasferitosi in cadetteria durante la finestra invernale di mercato. Sono molto riservato ed ho preferito mantenere io l’anonimato, nonostante in passato avessimo giocato contro. Non mi ha riconosciuto perché ci scontrammo all’inizio delle carriere, poi lui ha avuto un percorso molto più importante del mio. È più facile che io mi ricordi di lui che lui di me”. 31
femminile
di Pino Lazzaro
Manifestazione promozionale di Calcio Femminile Giovanile
La 13ª edizione di “Stella S Dire che sia stata proprio una sorpresa magari è esagerato, certo che la risposta ricevuta alla manifestazione promozionale di calcio femminile giovanile “Stella, Stellina”, giunta alla tredicesima edizione e che tradizionalmente si svolge il giorno dell’Epifania, è di quelle che proprio fa ben sperare ed è per questo che ci pare valga la pena ritornarci su. O rganiz z at a dalla Divisione Regionale Femminile veneta, in collaborazione con l’Ufficio di Coordinatore Federale del Settore Giovanile Scolastico Veneto e la piena disponibilità della Sezione AIA di Bassano del Grappa, l’ultima edizione ha dunque avuto dei numeri record che hanno tra l’altro costretto gli organizzatori a
Le formazioni presenti "Esordienti": Calcio Padova Femminile (squadra A), Futsal Giorgione, Futsal Giorgione, Keralpen Belluno, Udinese Calcio, Vicenza Calcio, Women Venezia FC, Calcio Padova Femminile (squadra B), Condor S.A. Treviso, Graphistudio Pordenone, Hellas Verona (squadra A), Marcon, Real Meda CF, Calcio Rubano, Gordige Calcio Ragazze, Hellas Verona (squadra B), Permac Vittorio Veneto, Real Spinea, Spal 2013. "Pulcine": Chievo Verona, Futsal Giorgione, Hellas Verona (squadra B), Real Spinea, Vicenza Calcio, Condor S.A. Treviso, Hellas (squadra A), Permac Vittorio Veneto, Real Meda CF, S.Pio X Rovigo. 32
suddividere l’attività tra due diversi impianti della provincia di Padova, ovvero la “Città dello Sport” di Cittadella e il Centro Sportivo “Al Sole” di Fontaniva. Tra “esordienti” e “pulcine”, sono state ben oltre 300 le giovani atlete dagli 8 ai 12 anni che “sono scese in campo”, con un contorno di “pubblico” (dirigenti e soprattutto genitori) che ha attivamente partecipato
“Stella, Stellina”
«Stella stellina,/ la notte s’avvicina,/ la fiamma traballa,/ la mucca è nella stalla,/ la mucca e il vitello;/ la pecora e l’agnello,/ la chioccia e ’l pulcino,/ ognuna ha il suo bambino,/ ognuno ha la sua mamma,/ e tutti fan la nanna».
Qui sopra, alcuni momenti del torneo che si è svolto a Cittadella e Fontaniva e che ha coinvolto oltre 300 giovani atlete (tra "esordienti" e "pulcine") tra gli 8 e i 12 anni
allo svolgersi dell’intera manifestazione. In mattinata le prime fasi (partite 5 contro 5 per le pulcine e sette contro sette per le esordienti), poi al pomeriggio la parte conclusiva, con una festosa premiazione generale - presente pure il presidente del comitato regionale veneto, Giuseppe Ruzza, col Coordinatore Regionale per il Settore Giovanile e Scolastico, Valter Bedin e con la Responsabile Regionale del Settore Giovanile e Scolastico per l’Attività di Calcio Femminile, Giorgia Rossato – che ha salutato una manifestazione che come minimo un certo qual entusiasmo/ottimismo lo ha generato.
La parola a Paolo Tosetto, responsabile del Veneto per l’attività calcio femminile: “Da più parti, dalla Federazione ma certamente non solo, è sempre più pressante l’esigenza di sviluppare il settore femminile e mi pare ci sia ormai un’oggettiva condivisione di quanto sia cruciale partire dal basso, dunque dal settore scolastico, sì, dalle scuole e dai settori giovanili. Noi sapevamo e sappiamo che questo movimento fi-
femminile
Stellina” nalmente “si muove” e ci aspettavamo in effetti una buona partecipazione, anche perché oltre le classiche società che curano il femminile potevamo contare ora sulla presenza di formazioni femminili di settori giovanili del professionismo maschile. Ma certo siamo andati per fortuna ben oltre. Lanciando la tredicesima edizione di “Stella, Stellina”, in effetti a mo’ di slogan avevamo chiesto alle società di… sorprenderci e davvero il segnale che è arrivato è molto promettente. Tanto più che oltre dal Veneto, sono arrivate adesioni pure da altre regioni: Friuli, Emilia e Lombardia. Assieme al settore giovanile scolastico abbiamo cercato poi di coinvolgere pure aree territoriali qui del Veneto in cui siamo ancora un po’ indietro per quel che riguarda il femminile (le province di Rovigo, Belluno e in parte pure la parte settentrionale di quella di Treviso): mettendo assieme una formazione che abbiamo denominata “Arcobaleno”, abbiamo potuto così avere presenti delle ragazzine che altrimenti non avrebbero potuto esserci, visto che le relative società non hanno ancora un numero sufficiente di calciatrici per fare per l’appunto formazioni interamente al femminile. Con i genitori? Se erano anche lì “attaccati alla rete”? No, no, il lavoro che da parecchio tempo stiamo portando avanti mi pare stia servendo. Una parte di agonismo chiaramente non può non esserci ma assicuro che il clima era di assoluta armonia e tutto è andato benissimo, anche nei confronti degli arbitri e ci siamo capiti. È stata davvero una festa, proprio quel che si dice una… promozione. Ora stiamo mettendo assieme un’altra manifestazione, per il mese di maggio, la chiameremo per l’appunto “Rosa di Maggio” e interesserà tutte le ragazzine, dalle pulcine alle allieve: in un paio dunque di domeniche di maggio e in tutte le
province del Veneto. A “Rosa di Maggio” seguirà poi a giugno, l’11, dopo la chiusura delle scuole, una vera e propria Festa Finale a Vittorio Veneto, con la collettiva partecipazione di tutte le squadre. In quella occasione, l’idea poi è quella di associare al dato sportivo qualcosa di “culturale”, cercando insomma di mettere in risalto in qualche modo il tema delle pari opportunità e della cosiddetta violenza di genere, riflettendo su un rapporto uomo-donna che come si può purtroppo ancora vedere, presenta parecchie ombre”.
Anche la Gabbiadini
Alla manifestazione padovana ha pure partecipato la capitana della Nazionale Azzurra, Melania Gabbiadini, tra l’altro entrata di recente (complimenti) nella “Hall of Fame” del Museo del Calcio di Coverciano (terza donna dopo la Morace e la Panico). “Il Veneto è sempre stata una regione attiva con questo tipo di iniziative e i numeri di questa manifestazione confermano quanto siano importanti e utili. Speriamo che per la crescita del movimento, anche altre regioni riescano a fare lo stesso”.
Assegnati a Zurigo
FIFA FIFPro World 11 Assegnati ieri sera a Zurigo il 9 gennaio scorso i premi del “FIFA FIFPro World 11” relativi al 2016, manifestazione organizzata dalla FIFPro (sindacato mondiale dei calciatori) in collaborazione con la FIFA. La FIFPro ha raccolto, attraverso i suoi sindacati membri, un totale di 26.516 voti di calciatori di 69 paesi, selezionando un team composto
Luis Suarez (Uruguay, Barcelona); Cristiano Ronaldo (Portugal, Real Madrid). Luis Suarez è l'unico volto nuovo nella squadra: l'attaccante di Barcellona è il primo giocatore uruguaiano a ricevere questo premio. Due giocatori fanno il loro “ritorno” nel top 11: Gerard Pique e Toni Kroos. Thiago Silva, Paul Pogba e Neymar Jr. non sono stati inclusi quest’anno. Il portiere Manuel Neuer è l'unico giocatore che non ha fatto parte di un club spagnolo nel 2016. Lionel Messi e Cristiano Ronaldo sono primatisti con 10 premi: entrambi hanno fatto parte della squadra top 11 durante gli ultimi 10 anni. Tra gli italiani, il più votato è risultato Gigi Buffon (Juventus), secondo tra i portieri.
da undici giocatori (1 portiere, 4 difensori, 3 centrocampisti e 3 attaccanti) individuati come i migliori nei loro rispettivi ruoli. Questa la miglior formazione votata: Manuel Neuer (Germany, Bayern Munich); Daniel Alves (Brazil, Barcelona and Juventus), Gerard Pique (Spain, Barcelona), Sergio Ramos (Spain, Real Madrid), Marcelo (Brazil, Real Madrid); Luka Modric (Croatia, Real Madrid); Toni Kroos (Germany, Real Madrid); Andres Iniesta (Spain, Barcelona); Lionel Messi (Argentina, Barcelona); 33
Io e il calcio l’intervista
di Pino Lazzaro
Emanuele Birarelli, centrale nella Sir Safety Umbria Volley
“No, non ho cominciato subito con la pallavolo, è stato proprio anzi col calcio che ho iniziato. Famiglia appassionata di pallone, così io e mio fratello giocavamo e tutte le domeniche per gli stadi, a vedere la squadra del paese, Ostra, era in Promozione. Col calcio sono così andato avanti sin che avevo 14 anni, giocavo o in mezzo al campo o pure da libero, i piedi non erano male, la velocità invece era quella che era. Ero sì già alto ma senza esagerare; è stato poi che proprio mi sono allungato e ricordo quell’estate che ne avrò messi 10 di centimetri in più, a 15 anni ero 192 centimetri, era proprio dura col pallone. Con la pallavolo è cominciata intanto con la scuola, c’era un bravo prof, aveva la capacità di farti appassionare ed è stato così che ho deciso di cambiare”. “Non lontano da Ostra c’era a Falconara una squadra. Faceva la A1, non era di prima fascia ma aveva un buon settore giovanile: è lì che sono andato. Una ventina di minuti di strada, eravamo in due-tre di Ostra, i genitori facevano i turni, ricordo che a volte era un po’ complicata l’organizzazione (non c’erano i cellulari) e a volte andavo invece in autobus, ci si metteva di più. Ricordo l’orario, le 15.10 e arrivavo a Falconara alle 15.45 e c’era un dirigente ad aspettarmi, era lui che mi portava al palazzetto. Sono stati anni importanti quelli e se guardo indietro, credo che la cosa più importante che mi hanno insegnato è che quel che stavamo facendo era una cosa seria, che andava fatta seriamente, che era speciale. Penso all’approccio all’allenamento, agli orari: un “imprinting” che mi ha poi sempre accompagnato. Con la scuola non ho mai fatto fatica, no, ero bravetto: non mi ricordo insomma alzatacce per recuperare o queste cose qui, diciamo che mi sapevo organizzare”. 34
“La prima volta che ho capito che la pallavolo poteva diventare anche qualcosa di più, è stato all’inizio della mia “carriera”, avevo poco più di sedici anni, è quella l’età in cui nella pallavolo iniziano le giovanili azzurre: mi convocarono per uno stage, non me l’aspettavo. Poi però dovetti stare fermo per più di tre anni, ero sempre a Falconara, giocavo in A e in pratica ho avuto un’ischemia a un’arteria, problemi a un braccio. Poi la cosa pareva fosse rientrata, non capivano però il perché e dunque, nel dubbio di una possibile recidiva, non mi venne data l’idoneità. Controlli che comunque continuavano a farmeli, finché lo stesso dottore che mi aveva stoppato mi diede l’ok a ricominciare. Ripartii dalla A2 e dipendeva da me: se avessi fatto bene magari qualcuno si sarebbe ricordato di me, dopotutto prima ero uno promettente, chissà. Subito al Verona e poi i tanti anni a Trento, vincendo e vincendo”.
“Sì, la pallavolo ora è un lavoro, per me lo è sempre stato e devo dire che è certo un bel lavoro, è quello che avrei voluto fare e ci sono riuscito a farlo diventare tale. Non mancano gli obblighi, ma ci stanno, faccio qualcosa che ho sempre sognato e per questo sono certamente un privilegiato, assolutamente sì: ok, ci sono delle rinunce, ma vuoi mettere? Cosa ci ho messo di mio? Intanto da ragazzino il mettere da parte tutte quelle cose che mi potevano magari far andare fuori dalla strada giusta, penso per esempio all’uscire la sera, ste cose qui. Poi, con gli anni, da più grande, il saper mettere in secondo piano gli egoismi personali e il mettermi in mostra, cercando di pensare più alla squadra, al gruppo”. “Beh, sono capitano della Nazionale perché quando è stato deciso, ero quello più avanti con gli anni e ne avevo di più di presenze. No, non sono certo di quelli che “attaccano al muro”, certo che no, diciamo che per prima cosa quel che mi pare fondamentale sia l’esempio. Certo, parlare a volte serve, anche l’indire la riunione se gira un’aria strana, ma per me essere capitano significa soprattutto guardare meno a sé stessi e più alla squa-
dra. Poi arrivano quelle giornate così così, avverti che l’allenamento è “vuoto” e allora cerco di reagire, di trovare un qualcosa che possa smuovere le cose”. “Se mi chiedi un po’ come è strutturata la stagione nella pallavolo, devo fare la premessa che riguarda la Nazionale, dunque anche me. La questione del calendario la si discute da tempo, peccato che noi non abbiamo un’associazione di categoria come la vostra: è un calendario assurdo il nostro, in pratica non ci si ferma mai. Pensa, regular season del campionato che inizia a settembre-ottobre e va avanti sino a marzo; poi tra aprile-maggio la fase dei playoff; poco più di una settimana e inizia il torneo della World League, itinerante, in Italia e in giro per il mondo. Mettici poi che ogni anno c’è qualcosa d’altro: l’Europeo, il Mondiale e poi arrivano le Olimpiadi. Tutto troppo compresso, non c’è la possibilità di riposare e allora devi essere tu a contrattare un po’ con la società, per poter magari iniziare un po’ dopo degli altri il ritiro, cose così insomma”. “Per quel che riguarda la settimana-tipo, dipende se ne facciamo una o due di partite la settimana (domenica e mercoledì): in genere il giorno prima della gara si fa un solo allenamento, gli altri giorni sono due, mattina e pomeriggio. La mattina di solito si lavora in sala pesi, passando poi a sedute sulla tecnica individuale (ricezione, battute, muri eccetera); il pomeriggio è un lavoro di squadra, sostanzialmente si gioca, un sei contro sei. No, in ritiro non ci andiamo. Se si gioca fuori casa, partiamo il giorno prima e per le partite in casa, al mattino abbiamo un piccolo allenamento di rifinitura, poi si pranza assieme, un paio d’ore a casa a riposarsi e poi, via, verso il palazzetto. Anche noi lì al video? Sì, un qualcosa che nella pallavolo c’è da tanto tempo, credo che venga utilizzato anche più del calcio perché qui da noi il cosiddetto scout è molto facile e così si sanno le percentuali di quel che fa ciascun giocatore, quanto e dove schiaccia, come alza e così via. Un aspetto questo tra l’altro che a me piace parecchio, ci sto dietro, anche perché – nel mio ruolo di centrale – è importante saper leggere le giocate al di là della rete”.
l’intervista
“È vero, c’è quella rete che ci separa, non è il nostro uno sport di contatto, però abbiamo lo stesso mille modi per stuzzicarci, qualche parolina buttata là, qualche brutto sguardo eccetera. Però c’è tanta correttezza ed è comunque uno sport in cui non ti puoi permettere di andare un po’ oltre, con quell’arma che ha in mano l’arbitro e cioè il cartellino: puoi arrivare a perdere il punto, danneggiando così la squadra. In ogni caso, assolutamente solo il capotano può andare dall’arbitro a parlarci”. “Di mio sono uno abbastanza freddo, lo riesco a essere. È vero, serve l’esperienza, servono gli anni che passano, però se guardo indietro capisco che sono stato bravo nel tempo a sfruttare le occasioni che avevo. Penso alle prime finali o le prime chiamate in Nazionale: ho sempre saputo cavarmela e questo significava soprattutto il “convincere” ancor più l’allenatore a darmi fiducia. Il non essermi mai fatto condizionare dalle partite, per quanto importanti fossero, credo insomma sia stata una mia qualità. La panchina l’ho fatta anch’io, come no, specie in Nazionale all’inizio c’erano altri che venivano prima di me. Tutto sommato penso di averla saputa vivere bene, sapevo qual era il mio ruolo, sapevo che partivo da un po’ più indietro. Però devo anche dire che è proprio un qualcosa di importante l’allenamento per noi, per la pallavolo, un dato questo che non mi pare sia ancora lo stesso per il calcio, ne sento poco parlare. Quel periodo che ci separa dall’evento, metti un Mondiale o una Olimpiade, è molto importante, oltretutto perché c’è la possibilità di far cambiare idea all’allenatore, no? Noi quando si perde si fa ogni volta riferimento al lavoro, al come abbiamo passato la settimana, i segnali che ci potevano essere stati e non sono frasi fatte, davvero. Dai, s’improvvisa poco nella pallavolo, non c’è uno che parte, scarta tutti e va a fare gol, no. Sono gli allenamenti, come li si fanno: è questo che fa davvero la differenza ed è un qualcosa che come detto mi pare di sentire ancora proprio poco nel calcio. Ripeto, è in settimana che si fa la differenza, questo è fondamentale da capire, tutto il resto viene dopo e direi che viene poi da sé. Noi per esempio ci alleniamo sempre sulle due ore e mezza, un tempo tale che in partita significa che devi arrivare al 3 a 2, ai cinque set e giu-
La scheda
Emanuele Birarelli è nato a Senigallia (An) nel febbraio del 1981. Ha iniziato a giocare in serie A nel 1998 con la Pallavolo Falconara, vestendo poi le maglie di Pineto, Volley Verona, Itas Diatec Trentino (dal 2007/2008 al 2014/2015) e dalla scorsa stagione di Perugia, con la Sir Safety Conad. Nelle stagioni vissute a Trento, ha avuto modo di mettere assieme un palmares davvero prestigioso: quattro scudetti, tre Champions League, quattro Mondiali per Club, tre Coppe Italia e due Supercoppe Italiane. Dal 2008 fa parte della Nazionale (esordio a maggio in un’amichevole contro la Spagna), di cui è attualmente il capitano. Medaglia d’argento ai Campionati Europei 2011, è stato poi via via bronzo ai Giochi Olimpici di Londra 2012, bronzo nella World League 2013, argento agli Europei 2013, bronzo nella Fivb Grand Champions Cup 2013, bronzo alla World League 2014 e argento ai Giochi Olimpici di Rio 2016.
sto per dirne una, ne faccio tante di più di schiacciate in allenamento che in partita”. “Sì, ogni tanto ci gioco ancora con i piedi, ma sempre meno, quasi quasi ormai nemmeno più per scherzo, è così facile farsi male. Qualche allenatore per il riscaldamento a volte ci mette dentro del calcetto, ma sempre con tanta cautela. Sono tifoso della Juventus e quando posso combinare un po’ tutte le cose – in primis moglie e bimba – allora me le guardo le partite in televisione. Per vedere grandi partite, quelle importanti, allo stadio non ci sono mai andato e a ripensarci ricordo che quand’ero a Verona ci sono stato allo stadio, sì, ma non era proprio per tifo, più che altro far qualcosa con gli amici. Ecco, m’incuriosisce il nuovo stadio della Juve, lì sì voglio andarci”. “So bene lo spazio che ha il calcio nei media e quello che ha la pallavolo e mi pare di capire le dinamiche anche economiche che guidano gli sport. Però credo anche che la gente in genere nemmeno s’immagina quanto siano seguite le nostre partite più importanti, con spettatori che spesso sono più di quelli che vanno in uno stadio. Qui a Perugia per esempio noi siamo su una media di 4000 spettatori: ce
ne sono parecchie di squadre di serie B che non arrivano a tanto. Noi comunque continuiamo a fare il nostro: poi capitano eventi come l’Olimpiade e certo lì il riscontro che abbiamo avuto è stato enorme”. “Un sogno/obiettivo? Devo cercare di essere obiettivo, l’ho già vissuta a Trento la realtà di una società con cui tanto ho vinto. Di Olimpiadi ne ho fatte tre, un quarto posto, un terzo e l’argento a Rio, dura per me adesso pensare a Tokio, è troppo distante, ne avrò allora 39 di anni, non so. Penso dunque a qualcosa più a breve termine e dunque rispondo che il mio obiettivo è semplicemente di vincere qualcosa qui a Perugia, una realtà che sinora non ha vinto nulla, è una nuova storia questa. Al dopo ci penso, sì, anche troppo purtroppo. Ultimamente mi capita più spesso di prima ma capisco pure che finché gioco farò fatica a mettermi altro di reale in testa, quel che faccio lo sto facendo e lo devo fare anima e corpo. Sì, credo che mi piacerebbe poi rimanere nell’ambiente, col fastidio però di dover mettere in conto una vita nomade e se penso alla famiglia, a mia moglie e alla figlia piccola, è un’idea che non mi pare sia facile, ora come ora, “incastrarla””. 35
internet
di Mario Dall’Angelo
I link utili
Chapecoense: addio campioni eterni Il 28 novembre 2016 non è una data come le altre. È una nuova data simbolica, in cui un’assurda fatalità ha spezzato i sogni di tanti calciatori e dirigenti della squadra della Associação Chapecoense de Futebol. La caduta dell’aereo su cui viaggiavano, a circa 50 km dalla città colombiana di Medellin, ha lasciato solo sei sopravvissuti delle 77 persone che si trovavano a bordo, di cui tre calciatori. Il sogno verso il quale volavano era la finale della Copa Sudamericana, l’equivalente della nostra Europa League, che i brasiliani avrebbero dovuto disputare alla squadra colombiana dell’Atletico Nacional di Medellin. Quella della Chapecoense, fino a quel giorno fatale, sembrava davvero una favola dal momento che era ritornato appena nel 2014 nella massima serie - Campeonato Brasileiro Série A - e quindi la qualificazione per la finale della seconda manifestazione continentale per club appariva un miracolo sportivo. La squadra stava anche conducendo un buon campionato: era al nono posto a una giornata dal termine e si era anche qualificata per il terzo turno della coppa del Brasile. È così tanto più significativa, dal punto di vista umano ancor prima che sportivo, l’assegnazione ad honorem del trofeo continentale alla Chapecoense, su proposta spontanea dei mancati avversari di Medellin. La tragedia che ha colpito la squadra dello stato brasiliano di Santa Catarina ha prodotto enorme impressione negli appassionati di calcio e negli sportivi di tutto il mondo. Nei campionati europei, i giocatori brasiliani ma anche di altre nazionalità hanno dedicato alla squadra scomparsa i loro gol segnati nel turno di campionato seguente la tragedia e sono stati numerosi i gesti di solidarietà come quello di tanti giocatori, che si sono offerti di giocare gratuitamente nella Chapecoense, o del Barcellona che ha invitato i biancoverdi al torneo estivo Gamper dell’anno prossimo. Agli sportivi italiani, il disastro aereo sulle Ande ha ricordato subito la tragedia di Superga del 4 maggio 1949 in cui scomparve il Grande Torino, la squadra campione d’Italia di cui facevano parte molte leggende del calcio italiano - come Va36
lentino Mazzola - e che detiene ancora oggi il record di cinque scudetti consecutivi. Il sito della società (http://www.chapecoense.com), da qualche giorno dopo il di-
spondenza con i colori sociali, un’immagine suggestiva che introduce ai tweet della società, che a loro volta suscitano diverse emozioni. Come nel caso del ringraziamento ai mancati avversari del Nacional di Medellin, per la spontanea offerta di assegnazione del titolo continentale. E suscitano altrettante emozioni i video a cui si accede dalle varie piattaforme social, in cui i tifosi brasiliani e di tutto il mondo tributano il loro affetto e rimpianto per i calciatori scomparsi. Anche l'hashtag #ForçaChape ha numerosissimi tweet di sostegno, molti dei quali inviati dall’Italia: singoli, società e altri ancora hanno voluto far sentire la loro vicinanza agli amici brasiliani, tanto più importante dal momento che una parte consistente della popolazione del grande paese sudamericano ha le origini nel nostro.
sastro, si apre mostrando un breve video emozionante: sulle note della canzone Hallelujah di Leonard Cohen compare la parola «obrigado» - "grazie" - e la sua traduzione in numerose altre lingue, come risposta alla commozione e all’affetto che il mondo intero ha rivolto alla squadra biancoverde. Il sito è solo in lingua portoghese ma si può ovviare ricorrendo a Google (translate.google.com), inserendo l’indirizzo web nello spazio del testo da tradurre. La pagina Facebook (facebook.com/ AChapeF) della squadra può essere vista in italiano se nelle impostazioni del proprio profilo è già selezionata la nostra lingua per le traSenad Lulic 71 @SenadLulic71 A mente fredda mi rendo conto di aver duzioni delle notizie. Vi risposto ad una provocazione con un’altra si trova una sequenza provocazione. Provengo da un paese che conosce interminabile di post di le tragedie causate dai pregiudizi etnici. Per questo mi dispiace di essermi fatto prendere dalla tifosi e sportivi che hantensione del dopo derby e di essermi no voluto lasciare i loro espresso in maniera infelice messaggi di cordoglio, di speranza e di incitamento a rialzarsi e riprendere il cammino interrotto a fine novembre. Il profilo Twitter @ChapecoGuglielmo Stendardo @willystendardo enseReal) si apre con una Non è quello che un uomo era ma quello grande immagine dell'Eche è diventato a contare davvero stádio Regional Índio Condá, nota più comunemente come Arena Condá. La casa della Fede Bernardeschi @fbernardeschi Chapecoense appare È sempre bello ed emozionante essere qui. Mi durante una gara in piace esserci e far vedere che arrivare è possibile notturna, tonalità ed emozionante. Credete nel sogno di potercela fare perché è possibile prevalenti di bianco e verde in perfetta corri-
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Lorenzo Tonelli @lorenzotonelli La via non è mai facile ma allenandosi, soffrendo e faticando, ma soprattutto credendoci, la metà alla fine la raggiungi
internet
di Stefano Fontana
Calciatrici in rete
Rosucci e Sodini: il calcio è donna www.martinarosucci.com Graficamente curato e ricco di contenuti, il sito internet ufficiale di Martina Rosucci si distingue per alcune scelte originali di sicuro interesse. Ad esempio, nel taglio alto dell’homepage troviamo una bella foto di Martina in bianco e nero ed una citazione: “Il talento ti fa vincere una partita”. Tr a s c i n a n d o con il mouse lo slider sulla destra dello schermo, la foto diventa a colori, la Rosucci indossa la maglia della Nazionale e la citazione viene così completata: “L'intelligenza e il lavoro di squadra ti fanno vincere un campionato”. Le splendide parole del fuoriclasse dell’NBA Michael Jordan contengono un messaggio davvero degno di nota, valido tanto per il basket
ttando
quanto per il calcio ed ogni altro sport di squadra. Martina Rosucci, nata a Torino nel 1992, è una centrocampista in forze al Brescia ed alla Nazionale italiana. La pagina biografica del sito è suddivisa in diverse sottosezioni: statistiche, biografia, scheda tecnica ed albo d’oro. Per quanto concerne le statistiche troviamo per ogni stagione giocata le presenze, le reti realizzate ed i minuti in campo, oltre all’elenco dei club dove Martina ha militato e molteplici altri dati. La biografia vera e propria viene presentata in una forma davvero suggestiva: una lunga timeline accompagnata da foto, che consente di dare uno sguardo all’avventura umana e sportiva di questa giocatrice dal giorno della sua nascita fino ad oggi. Non mancano poi una vasta galleria multimediale ricca di foto, video e sfondi per il desktop pronti per il download in diversi formati. Da segnalare infine uno spazio dedicato all’impegno di Simona nel sociale a favore dell’Associazione Aiuto Giovane Diabetico. In sostanza siamo di fronte ad un sito tanto vasto quanto ben realizzato: merita sicuramente una visita! Omar El Kaddouri @OEKaddouri Amate chi avete accanto. Sempre! #noallaviolenzasulledonne
www.simonasodini.it
Classe 1982, Simona Sodini gioca nel Cuneo come attaccante e vanta numerose presenze nella Nazionale Alberto Gilardino @GilaGilardino Sorrido del fatto che mi accostano a squadre di italiana. altre categorie. Io sono Alberto Gilardino e ho fame Il sito ufficiale dell’atLo dimostrerò a suon di goal leta sassarese è caratterizzato dall’abbinamento del bianco e del rosso, colori legati al club piemontese ma anche alla bandiera della Sardegna, terra Leonardo Pavoletti @Pavoletti natale di Simona. L’homGli amori non finiscono, cambiano forma. Oggi io sono chiamato ad una nuova avventura, pege del sito accoglie il ma non dimentico coloro a cui ho voluto bene e che navigatore con una bella me ne hanno voluto, perché sono parte di me. Nella immagine della Sodini in vita a tutti capita di cambiare lavoro, di cambiare azienda, di partire per nuove esperienze, non è diverso per me.
azione con la maglia del Cuneo. Scendendo troviamo un sintetico quanto utile elenco di informazioni legate alla carriera della giocatrice: presenze totali, goal realizzati, presenze in Nazionale e goal realizzati in Nazionale. Scendendo ancora troviamo il benvenuto personale di Simona: in poche righe è possibile cogliere tutta la grinta e l’energia che è capace di esprimere. Un simpatico aneddoto: è nata il 21 luglio 1982, dieci giorni dopo lo storico successo di Bearzot nella dodicesima edizione della Coppa del Mondo di calcio tenutasi in Spagna.
Proseguiamo la nostra visita nella sezione biografica del sito: in questa pagina Simona racconta sé stessa con naturalezza, semplicità e passione. Vengono toccati temi come l’importanza della famiglia, l’amore per il calcio sbocciato in tenerissima età ed i gusti personali legati, ad esempio, alla musica. Ampio spazio viene poi dedicato alla carriera di questa talentuosa calciatrice, dagli esordi nelle giovanili fino alla consacrazione ed i successi con club di primo piano. Come già accennato, Simona ha militato nelle Nazionali Under-15, 17, 18, 20, 21 e vanta diverse presenze nella Nazionale maggiore. Molto nutrita la galleria fotografica, mentre non mancano i collegamenti diretti con i più diffusi social network. 37
tempo libero
musica
libreria Goalbook Edizioni
Lo scudetto spezzato
di Emiliano Foglia e Ginaluca Mignogna - 160 pagine - €12,00
Un’opera eccezionale sotto il profilo storico/sportivo, che ricostruisce nel dettaglio tutte le vicende connesse con il Campionato Italiano di Calcio 1914/15 e la sua postuma assegnazione d’ufficio. In un avvincente e costante intreccio di storia e sport, il volume racconta e ricostruisce i veri accadimenti del Campionato di Prima Categoria 1914/15, attraverso fatti e personaggi di allora, in parallelo con le convulse vicende che precedettero, accompagnarono e susseguirono la “Grande Guerra”. L’opera risulta corredata di numerosi documenti, giornali d’epoca e riproduzioni fotografiche, con ampio spazio alla genesi del calcio italiano, alla fondazione del Genoa e della Lazio ed ai loro rispettivi primati sportivi. La pubblicazione contiene apposite sezioni dedicate ai caduti del primo conflitto bellico mondiale, senza distinzione alcuna di colori ed appartenenza, nonché allo sviluppo che ebbero le divise sociali laziali e genoane e gli impianti da gioco italiani. L’opera trae spunto dal terremoto del 24 agosto 2016, si conclude con una poesia dedicata a tutte le vittime del sisma e nasce con l’impegno degli autori di devolvere al Comune di Amatrice tutti i proventi loro spettanti per i diritti d’autore, con lo specifico fine di finanziare la realizzazione in loco di un Museo del Football e ridare impulso all’indotto economico del comune reatino e delle zone limitrofe. Edizioni Incontropiede
La versione di Gipo
di Alberto Facchinetti – 168 pagine - €16,50
Il calcio italiano deve molto a Gipo Viani. Gli deve l’idea di aver cominciato a pensare in grande, di essere passato all’organizzazione manageriale, di aver creato sistemi di gioco e nuove figure dirigenziali. Gipo Viani è lo spartiacque tra il calcio italiano provinciale e quello padrone d’Europa degli anni Sessanta. Alberto Facchinetti segue Viani passo per passo, lo descrive come calciatore di sicuro mestiere, poi come allenatore vincente e direttore sportivo che guarda lontano. Gli crea un alter ego al quale Viani racconta brandelli di una vita sempre al limite e rende omaggio a Giorgio Lago, il più grande giornalista sportivo espresso dal Veneto. Il Gipo Viani di Facchinetti è un personaggio che unisce l’istrionismo e la freddezza di Mourinho, l’abilità affaristica di Moggi e la sfrontatezza mondana di Bobo Vieri. È stato tutti e tre insieme. È stato molto di più. La prefazione del libro è a cura di Edoardo Pittalis, editorialista de “Il Gazzettino”. Si può trovare inoltre una splendida galleria di foto inedite recuperate dall’Archivio della famiglia Viani. Minimum Fax
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Un libro sul calcio, sullo sport più bello del mondo e sui suoi eroi, ma anche un’inchiesta su cosa muove realmente quella palla che carambola tra i piedi dei calciatori. Giacomo Giubilini allarga il nostro sguardo fuori dai campi da gioco per svelarci come funziona un’industria globale che fattura miliardi. Lo spettacolo del calcio viene mostrato come lo strumento più forte di costruzione del consenso per noi che siamo, di volta in volta, tifosi, consumatori, spettatori o semplici target. Immersi in un universo in cui tutti questi piani si mescolano, possiamo restare fedeli alle nostre mitologie, da quelle romantiche dei primi campioni a quelle ipermoderne di un David Beckham che apre le Olimpiadi di Londra del 2012 negando la sua stessa esperienza sportiva. 38
Litfiba
Eutòpia Parliamoci chiaro: quando si parla dei Litfiba non si parla solo di Piero Pelù e Ghigo Renzulli, si parla di una “entità musicale”, di un credo, di un modo di essere e concepire la musica che va capito, studiato e compreso sin dalla sua nascita. Perché giudicare un lavoro dei Litfiba senza conoscere il background artistico di questo gruppo è come mangiare la “tagliata” senza mai aver assaporato la “fiorentina”. Preambolo necessario questo per delineare un fin troppo criticato undicesimo album del due toscano, “Eutòpia”, lavoro che chiude la trilogia degli stati. Ogni parola (apparentemente banale) di Piero ed ogni nota (superficialmente giudicata “chiassosa”) di Ghigo, hanno un preciso perché, quasi fossero la tessera di un puzzle che solo pochi riescono a costruire. Eutòpia è un disco pieno di vita, pieno di idee, pieno di grande rock e di straordinaria potenza. Eutòpia è un album che si ascolta senza “saltare” nemmeno una traccia, dove persino le due “bonus track” del vinile hanno un fortissimo impatto. Eutòpia è un lavoro dove Pelù sembra non invecchiare mai e Renzulli invecchia come il buon vino. Eutòpia è il tatuaggio dei Litfiba di oggi che si mescola ai tatuaggi dei Litfiba di ieri. E se Eutòpia è uno sbaglio… io voglio continuare a sbagliare.
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