Poste Italiane SpA – Spedizione in Abbonamento Postale – 70% NE/VI - Anno 44 - N. 01 Gennaio 2016 - Mensile
2016
01
Gennaio
Organo mensile dell’Associazione Italiana Calciatori
Centrocampista del Carpi dai dilettanti alla Serie A
Lorenzo Pasciuti Il prezzo della libertà
editoriale
di Damiano Tommasi
Pubblico o privato? Dalle notizie provenienti da Napoli con l’operazione “Fuorigioco” sembra che il calcio sia per qualcuno cosa molto privata ma data la risonanza mediatica forse un po’ pubblico lo è. L’episodio delle minacce al presidente dello Sporting Locri ci dice che intimidazioni private hanno ripercussioni pubbliche, non solo per il sindaco tirato per la giacca, ma anche per l’Italia nominata fin oltre confine. Lo sport ha sempre difeso la sua autonomia e addirittura un’eventuale ingerenza politica nel calcio farebbe scattare le sanzioni FIFA. Ma il nostro calcio, da quello di base del mondo giovanile e dilettantistico fino alla Nazionale, è cosa privata o pubblica? Dobbiamo rassegnarci al fatto che “autonomia” si traduca in “strettamente privato”? Credo che una riflessione seria su quanti gestiscono in maniera poco seria vada fatta per non lasciare solo in mano alle Procure il compito, ormai impellente, di mettere un po’ di ordine.
E lo stadio è luogo pubblico o privato? Non è chiaro a tutti, mi sembra, ciò che si può/deve fare in pubblico e ciò che si può/deve fare in privato. Non è chiaro neanche quando si è in pubblico e quando si è in privato. Gli insulti riportati in sala interviste sono cose da campo? Le dita al cielo sono figlie dell’adrenalina e riguardano un dialogo privato tesserato-tifoso? Le parole al vento (senza mano davanti alla bocca) rimangono nei 90 minuti o un labiale si sente più forte di un urlo se catturato dalla telecamera? Di questo passo si dirà che i cori razzisti e gli striscioni provocatori devono “rimanere” nello stadio. Ho l’impressione, insomma, che a furia di sottolineare l’autonomia dello sport e ribadire che l’industria del pallone è imprenditoria privata, ci troviamo sempre più spesso a dover giustificare parole, gesti, operazioni e dichiarazioni improponibili anche nel privato.
SALVIAMO I BAMBINI COLPITI DAL TERREMOTO. È una corsa contro il tempo. In Nepal milioni di bambini hanno urgente bisogno di aiuto. Molti di loro sono feriti, senza casa, a rischio di malattie perché non hanno acqua potabile e servizi igienici. Altri sono orfani o separati dalle famiglie. L’UNICEF sta rispondendo all’emergenza con acqua, medicinali, attrezzature igienico-sanitarie e tende per ospedali da campo, centri di accoglienza e scuole temporanee. I bambini del Nepal hanno bisogno del tuo aiuto. DONA ORA ALL’UNICEF: • Con carta di credito sul sito www.unicef.it • Cc postale 745000 causale “Emergenza Nepal” • Bonifico bancario su Banca Popolare Etica IBAN: IT 51 R050 1803 2000 0000 0510 051
• Presso i Comitati Locali dell’UNICEF. Trova l’indirizzo su www.unicef.it/comitati • Numero verde
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EMERGENZA NEPAL
Poste Italiane SpA – Spedizione
01
2016
sommario
Gennaio
serie B di Claudio Sottile
Leonardo Capezzi, toscano doc, talento made in Italy
l’intervista di Claudio Sottile
Salvatore Cannito: “Arrivare è un attimo, sparire è meno di un istante”
scritto per noi di Alessandro Comi
l’intervista
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di Pino Lazzaro
Arturo Lupoli: una nuova chance per “l’italostraniero”
scatti di Maurizio Borsari primo piano di Nicola Bosio Gianni Rivera ieri e oggi, autobiografia di un campione
amarcord di Vanni Zagnoli
Alessandro Altobelli: “I miei primi 60 anni…”
calcio e legge di Stefano Sartori
Regolamento per i servizi di Procuratore Sportivo
Organo mensile dell’Associazione Italiana Calciatori
direttore direttore responsabile condirettore redazione
foto redazione e amministrazione
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Sergio Campana Gianni Grazioli Nicola Bosio Pino Lazzaro Gianfranco Serioli Stefano Sartori Stefano Fontana Tommaso Franco Giulio Segato Mario Dall’Angelo Claudio Sottile Maurizio Borsari A.I.C. Service Contrà delle Grazie, 10 36100 Vicenza 0444 233233 0444 233250 www.assocalciatori.it info@assocalciatori.it Tipolitografia Campisi Srl Arcugnano (VI) N.289 del 15-11-1972
calcio e legge di di Federico Trefiletti
Violazione del vincolo di giustizia sportivo
politicalcio di Fabio Appetiti Marilena Fabbri
regole del gioco di Pierpaolo Romani Perché a trionfare non sia ancora l’omertà
area ricerche di Giulio Segato A proposito di sosta invernale…
femminile di Pino Lazzaro
L’ennesima sfida di Pamela Conti
io e il calcio
Matteo Manassero
Questo periodico è iscritto all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana
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internet
Finito di stampare il 04-02-2016
tempo libero
– 70% NE/VI - Anno 44 - N. 01 Gennaio
Organo mensile dell’Associaz
ione Italiana Calciatori
Centrocampista del Carpi dai dilettanti alla Serie A
editoriale di Damiano Tommasi
Lorenzo Pasciuti e la sua storia, incredibile, per certi versi fantastica. Una storia che parla di tanta gavetta, di dilettanti, di un cartellino comprato per poter scegliere dove giocare, di una scalata che lo ha portato, pian piano, fino alla sognata Serie A. Segnando, strada facendo, gol in tutte le categorie, per un record che includerà anche il suo nome nella storia del nostro calcio.
2016
01
in Abbonamento Postale
Gennaio
Lorenzo Pasciuti Il prezzo della libertà
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2016 - Mensile
l’intervista
di Pino Lazzaro
Centrocampista del Carpi, dai dilettanti alla Serie A
Lorenzo Pasciuti: il prezzo Lì, vicino al vecchio stadio Cabassi, così pieno di storia. Ora ci giocano le giovanili, qualche allenamento della prima squadra, troppa roba insomma la Serie A per un impianto così. D’accordo, come no, tanti i requisiti a cui ora sottostare, certo che rimane comunque un che di beffardo: tanta e tanta storia e viene infine a mancare la soddisfazione più grande, giusto l’ultimo scalino, la Serie A. Dall’altra parte della strada, tavolino di un bar, il tutto con una normalità che – specie adesso – non si può non notare. Ma come: niente ressa, niente addetti stampa lì a “controllare”? Solo di tanto in tanto qualche avventore che passando dà un’affettuosa pacca sulle spalle andandosene poi al banco a ordinare? Poco da fare, è così ed è lo stesso Pasciuti (sì, lui che ha fatto quel record imbattibile e che pare sia stato proposto adesso addirittura per la cittadinanza onoraria di Carpi) a precisare che in società “si fidano di me”, ecco dunque la libertà concessagli, nessuno lì insomma della società a far da uditore. Un “com’era prima” insomma. Va bene, buona lettura. Il sindaco e Bebeto… “Mah, questa storia che qui a Carpi mi chiamano “sindaco” deriva dal fatto che per loro sono un po’ un personaggio, quasi un’icona direi, io che sono salito con loro dalla D alla Serie A. Devo dire che poi qui mi trovo proprio bene, ho anche comprato casa e sono legato a questo posto, mi piace questa dimensione non grande, te ne vai dappertutto a piedi e mi lasciano sempre stare, giusto una pacca sulla spalla, niente di più. Sì, l’altro soprannome è “Bebeto” e qui tutto è cominciato quando con i miei siamo andati a fare un viaggio in Spagna, a Barcellona. È stato lì che mio padre mi ha comprato una maglietta, tutti tifosi di calcio a casa mia, avevo allora 9 anni. Mi piaceva la maglia del Brasile e quella che mio padre ha comprato dietro aveva la scritta “Bebeto”, ecco com’è andata. E per quel che mi ricordo non so per quanto tempo l’ho tenuta sempre addosso, non me la volevo togliere più”. Ma bastano solo gli anni di militanza a spiegare che c’è chi è pure arrivato a proporti per la cittadinanza onoraria (per meriti sportivi, da parte del consigliere comunale Cristian Rostovi; ndr)? “L’ho sentita anch’io questa cosa, ho proprio un appuntamento in Comune la prossima settimana (primi di febbraio; ndr) e vedrò cosa significa. Rispondo allora che 6
chi mi conosce sa che sono uno che dà tutto, anche l’anima, indipendentemente se le cose mi vengono bene o male. Credo che questa sia un qualcosa che la gente riconosce subito e lo stesso cerco sempre di fare anche negli allenamenti, anche perché sono convinto che se non lo fai durante la settimana, non riesci poi a farlo la domenica. E dico pure che potrei comunque fare ancora di più: sono sempre il primo ad arrivare al campo, è vero, ma quando si
finisce l’allenamento ecco che potrei ancora starmene lì, fare per esempio per bene dello stretching, ma preferisco andarmene subito a casa, riposarmi lì”. Com’è che è cominciato tutto? “Io sono cresciuto a Castelnuovo Magra, a cinque anni ho cominciato con la scuolacalcio. Il campo a un paio di chilometri, a portarmi sempre mio babbo. Lui era dirigente del Castelnuovo Magra e pure mia madre ha sempre avuto un legame
l’intervista
Castori dixit
della libertà
“Pasciuti cittadino onorario di Carpi? Sono pienamente d’accordo, anche se saranno le autorità preposte a valutare la cosa. Io posso testimoniare i valori che incarna Lorenzo: umiltà, spirito di sacrificio, nonché la testimonianza di come nello sport si possa migliorare correggendo, con il lavoro, i propri limiti. È un esempio per i giovani, che oggi non hanno come in passato la predisposizione a doversi sudare le cose attraverso l’impegno”.
Pagare per giocare? “Dipendevo dalla Massese ed ero in ritiro con la Cremonese. Ma il mio cartellino costava 26.000 euro, questo il prezzo che la Massese aveva fissato ed erano soldi. Ma come si fa, dico io, a obbligare un ragazzo che ha 19 anni – con la possibilità di un contratto da professionista – a restare in Eccellenza? Eppure è andata così, lì alla Massese non hanno fatto altro che pensare ai soldi, solo a quelli. Io che ero lì con loro da 4 anni e che avevo dato tanto col loro settore giovanile, sempre uno dei più bravi dicevano. No, non c’è stata nessuna riconoscenza: hanno preso alla lettera quel che era scritto sulle carte, le tabelle, pretendendo la cifra massima naturalmente. E allora ci ha pensato mio suocero, chissà mai dove sarei adesso se non c’era lui. Ed è stato proprio lui a insistere, a con-
vincermi, non mi piaceva poi tanto questa cosa qui e alla fine quei 26 mila euro sono pure diventati una sfida, un altro dei motivi per arrivare in alto. Pisa in D e poi a dicembre la rescissione del contratto e arrivo a Carpi, a convincermi il ds Giuntoli (ora al Napoli; n.d.r.) e poi tutta questa strada fino a qua. Con questo record adesso che nessuno potrà magari mai superare dato che non c’è più la C2. Chissà poi quanti sono quelli che sono partiti dalla D e sono arrivati in A, chi ce la potrà fare adesso? Dentro mi sento soddisfatto: ogni passo me lo sono conquistato e meritato, anche quest’anno, all’inizio, pure dentro la società c’erano quelli che dicevano che non ci potevo stare, che era troppo la Serie A per me e sono anni che me lo sento dire, categoria dopo categoria”.
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l’intervista
rano allora squadre di Serie A, Firenze o Genova vogliono dire sull’ora e mezza di strada e così – è durata sin che avevo 16 anni – andavo in curva, se ce la facevo ci andavo anche in trasferta ed ero insomma quasi un “ultras” della Carrarese”. E poi? “Beh, i primi anni alla Massese sono stati belli e ho esordito in C1 che avevo 16/17 anni. L’anno dopo sono andato in prestito all’Albinoleffe, nella Primavera. Prima volta fuori casa ed è stata per me durissima. In quella “Casa del giovane”, tanti e tanti ragazzi, a gestirci ci pensava un prete… non è stato facile, tra l’altro m’ero pure fidanzato da poco. Non ci stavo bene insomma, ma non voleva dire perché ero via di casa, quando poi sono andato alla Biellese ero pur sempre fuori casa ma mi sono trovato bene”. col calcio; ha giocato anche in B con la Sarzanese e le capita a volta di ribadire che era incinta di me e ancora continuava ad andare in campo, questo mi racconta. Aggiungo che mio figlio, adesso ha tre anni e mezzo, si chiama Raul e anche qui c’entra in qualche modo il calcio. Mia moglie che da piccolina guardava le partite e quel nome che le era capitato di sentire per qualche motivo le era piaciuto molto, subito aveva pensato che se avesse avuto un figlio l’avrebbe chiamato Raul. E così è
stato: lei è di Castelnuovo Magra, ci conosciamo sin dalle superiori e, sì, devo dire che se ne intende di calcio, ci vede”. Tanto calcio da ragazzino? “Sì, col Castelnuovo ci sono rimasto sinché sono andato alla Massese, negli allievi. Una decina di chilometri, sempre mio babbo a portarmi. La raccolta delle figurine l’ho sempre fatta, praticamente da quando sono nato e andavo pure sempre a vedere la Carrarese, vicino a noi non c’e-
Mi ritorni in mente La partita che non dimentico è la finale playoff C1 col Lecce, valeva la serie B. In casa, all’andata, avevamo vinto per 1 a 0 e dunque ci bastava il pari. Siamo andati sotto dopo 2’, io che quel giorno ho preso un palo ma a 20’ dalla fine Kabine ha fatto gol e siamo riusciti poi a controllare per bene. Me la ricordo soprattutto per il significato: il Carpi non c’era mai stato in serie B e andarci era davvero tanta roba.
Quella invece che vorrei rigiocare è una dell’anno prima, quando perdemmo la finale playoff con la Pro Vercelli. Lì da loro pareggiammo 0 a 0 e poi in casa perdemmo 3 a 1. Giocammo quella partita a Mantova, per via del terremoto di due settimane prima, ero a casa in quei momenti, ah se me li ricordo. Può darsi che sia stata una cosa che non ha influito questa del terremoto, ma per me sì, è stata davvero una bruttissima cosa che ci ha proprio scossi. O forse doveva andare giusto così. 8
Con la scuola? “L’ho lasciata presto, non ho nemmeno terminato la seconda alle superiori, io con la scuola proprio non ci riuscivo, no. Il sogno che avevo era quello di diventare professionista, giusto quello. Ora vedo che i ragazzi che escono dalla Primavera iniziano dalla B, a volte anche dalla Serie A; io quella fortuna non l’ho avuta e ho cominciato dalla D e come avrei mai potuto pensare di arrivare in pochi anni alla Serie A? Si dice sempre che per arrivare ad alti livelli ci vuole anche fortuna e cosa potevo dire io che con la Biellese abbiamo vinto sì il campionato ma poi la società è fallita, quasi lo stesso poi con la Massese che s’è trovata a ripartire dall’Eccellenza?” Dunque Serie A, complimenti. “Grazie. Per me è un sogno, giocarci è una grandissima cosa e il bello e la voglia adesso è di rimanerci, di starci. E come faccio a non vedere la differenza, pensa cosa vuol dire andare per esempio a giocare a San Siro, in quello che per me è lo stadio più bello. Eppure, anche lì, appena l’arbitro ha fischiato l’inizio, a me pareva di stare nel campetto sotto casa o qui al Cabassi, proprio uguale”. Come mai ne prendi così tanti di gialli? “Mah, sono un generoso, uno che non si ferma mai e non si tira mai indietro.
l’intervista
Calciatore spesso (o sempre?) visto come un viziato, uno a cui sembra sia tutto
dovuto. Soldi, gran macchine, veline e via di questo passo. Un quadretto in cui ti riconosci?
Dalla D alla Serie A
Un gol per categoria
È vero, a volte invece del pallone prendo l’avversario ma è questo il mio modo di giocare. Però voglio migliorare, dappertutto, ma anche in questo e un’altra cosa su cui devo lavorare è lo stare zitto in campo (un po’ di più almeno), lì davvero sono uno di quelli che si trasformano come si dice, anche gli arbitri spesso all’inizio si raccomandano con me, mi conoscono, sanno il carattere che ho”.
Dunque un record assoluto quello messo assieme da Pasciuti, record ora come ora di fatto insuperabile dato che la serie C2 (o Seconda divisione) non c’è più. Tra l’altro, nelle cronache è così tornato alla ribalta pure il nome di Raffaele Rubino che a suo tempo (ebbe modo di raccontarlo pure sul Calciatore, a 33 anni primo gol in A) era stato indicato inizialmente come l’unico calciatore ad avere segnato almeno una rete in tutti i campionati professionistici con la stessa maglia, dunque nel suo caso con quella del Novara. Poi saltò fuori che non era proprio così, che prima di Rubino ce l’avevano fatta pure Gustavo Giagnoni ed Ettore Recagni con quel Mantova (soprannominato in quegli anni “piccolo Brasile”) che tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60 era riuscito a salire dalla D alla A! Storia lontana più di mezzo secolo, distanza che tra l’altro dà ancor più significato a quel che è riuscito a fare in questi suoi anni carpigiani il “nostro” Lorenzo. Bene o male è – “nel mio piccolo” dice lui – un … entrare nella storia e allora, a precisa richiesta, ecco dalla D alla A i gol che a Pasciuti piace in particolare ricordare. Ancora complimenti.
In D “Il primo che ho fatto, si giocava qui in casa, contro il Castelfranco. Vincemmo 3 a 2 e feci il primo. Una rimessa laterale vicino il calcio d’angolo, io che corro per fuori dell’area e in diagonale la metto dentro dall’altra parte, credo sia ancora uno dei più belli che ho fatto. No, non è che abbia poi un modo particolare di festeggiare, non è che ne faccia poi tanti, così faccio quel che mi viene in mente e credo quella volta di essere andato ad abbracciare quelli
della panchina, sì, è questo quel che in genere faccio”.
In C2 “Il mio primo gol da professionista, a Celano, vincemmo 5 a 0 e io feci il 3 a 0. In contropiede, arrivai da solo davanti al portiere e la misi dentro”. In C1 “Ne ho fatte due di stagioni in C1 col Carpi e il gol che mi ricordo di più è quello che ho fatto con l’Entella, si giocava in casa, al Cabassi. Non mi ricordo più com’è finita, se 3 a 1 o 2 a 0; ricordo però che ho fatto quello che chiudeva la partita, io che ero subentrato dalla panchina ed era appena nato mio figlio. Ho tirato una prima volta, il portiere l’ha respinta ma è rimasta lì e così ho segnato praticamente a porta vuota, di sinistro”. In B “Dai, te ne dico due. Uno col Palermo, gol a 5’ dalla fine, vinto 2 a 1. Lo ricordo più che altro per il significato: per noi salvezza matematica. Palla in profondità, mi sono accentrato e gol con un tiro rasoterra. L’altro col Bologna, è stato l’1 a 0, poi abbiamo vinto 3 a 0. Un tiro di Letizia, io che mi butto in mezzo a due difensori e con la suola faccio gol: importante perché è stato lì che abbiamo avuto la quasi certezza matematica che avremmo vinto il campionato”. In A “Sì, all’Udinese, primo gol che ho fatto di testa col Carpi. Lì sul campo ci ho pensato subito al record, ci speravo potesse capitare: pensa, essere negli almanacchi, forse per sempre”. 9
l’intervista
“Ma va, assolutamente no. Per dirne una, non sono sui social e la “classe C” che ho preso è per lo spazio: oltre a un figlio abbiamo un cane, un basset hound, tutto qua, non m’interessano poi le macchine. Tatuaggi? Giusto due, uno per mio figlio, l’altro per la A. Come li guardavo io quando ero piccolo, so bene che adesso guardano noi, anche me. So che dobbiamo dare l’esempio, che lo dovremmo dare, ma mica è così facile. Sei lì in campo, tanta adrenalina e quando arrivi ad arrabbiarti è ancora più difficile. Resta il fatto comunque che ci dobbiamo provare, che ci devo provare. Qui di Carpi conosco ormai tutto, so come la pensano e dunque mi sento di poter dare anche dei consigli lì nello spogliatoio, specie ai più giovani, che cerco sempre di coinvolgere. No, non sono io il capitano, l’anno scorso lo faceva Porcari, quest’anno Zaccardo. Così o io o Bianco siamo i vice e comunque sono convinto che tutto sommato mi andrebbero magari meglio le cose con gli arbitri da capitano, almeno così si sa che posso parlare…”. T’hanno intervistato in tanti in questo periodo: come te la cavi? “Che vuoi, non è che ci tenga poi molto a fare interviste, ad apparire in televisione, anche quando vinciamo, ma poi devi un po’ anche fare quel che ti dice la società, no? Il giornalisti fanno il loro lavoro e se c’è da mettere un po’ di peperoncino mica si tirano indietro… No, alle pagelle non ci bado, loro che guardano e giudicano 22 giocatori e chissà poi se sanno vedere. Capita così di trovarti con dei voti i più svariati, per la stessa partita puoi vederti dare un 5 o un 7… Comunque il calcio lo seguo, me le vado a vedere insomma le partite in televisione, sì”.
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Privilegiato? “Non lo so, da una parte dico no perché se sono arrivato sino qui, in Serie A, l’ho fatto tramite tanti sacrifici, vincendo i campionati e sudandomi tutte le categorie. Se poi penso ai miei amici che si alzano alle sei di mattina per andare a lavorare e tornano a casa alla sera, allora sì mi sento un privilegiato. Credo anch’io che fare il calciatore sia il mestiere più bello del mondo, fai due ore di allenamento al giorno e guadagni più degli operai che ne fanno anche 12, anche se in effetti per chi gioca a calcio non ci sono solo quelle due ore di allenamento, ma sono 24 ore al giorno, dato che devi stare attento proprio a tutto”. Finalino “Cosa direi ai giovani? Mah, per quel che vuol dire, consiglierei di fare i seri e di lavorare più dei vecchi, anche se i giovani di adesso in genere non ce l’hanno dentro questa voglia. Cercare insomma di fare bene le cose e di tener duro, di non mollare. Ripenso così ai miei momenti difficili, tipo il periodo in cui sono arrivato a comprarmi il cartellino. Quanti pensieri avevo per la testa, tante cose, ma ho continuato ad avere quel mio obiettivo, non l’ho perso. Che era quello comunque – come detto – di arrivare a fare il professionista, mica ci pensavo io alla Serie A”.
La scheda Lorenzo Pasciuti è nato a Carrara nel settembre del 1989 ed è di Castelnuovo Magra (La Spezia). Dopo gli inizi col Castelnuovo Magra, entra da allievo nel settore giovanile della Massese, società con cui arriva poi all’esordio in C1 (stagione 06/07). Costretto poi ad acquistarsi il proprio cartellino per avere la possibilità di poter scegliere dove continuare a giocare, è in D con Biellese e Pisa. Nel dicembre del 2009, rescinde l’accordo con la squadra toscana e passa al Carpi (allora in serie D). Alla sua sesta (e mezza) stagione consecutiva col Carpi, è l’unico dell’attuale rosa della squadra ad aver accompagnato passo passo la società emiliana dalla D alla A. Col gol segnato all’Udinese nelle scorse settimane, ha stabilito un nuovo record: mai nessuno era prima riuscito a fare gol per la stessa squadra in cinque categorie diverse. Sposato con Nicole, ha un figlio (Raul) di tre anni e mezzo.
scatti
di Maurizio Borsari
Record battuto
goleador dalla D alla A meglio di Rubino (Novara)
L’abbiamo fatta grossa I figli so’ piezz e core… con il piccolo Raul
promosso in A in Carpi - Bari 0-0
Colpo basso
con Vasco Regini in Carpi – Sampdoria 2-1
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serie B
di Claudio Sottile
Centrocampista del Crotone
Leonardo Capezzi, toscano doc, talento Da Crotone chi portereste su un’isola? 9631 persone, più 11. L’isola è sì felice ma non deserta. Perché dove Pitagora fondò una scuola, i pitagorici hanno deciso di fare scuola: filosofia di calcio giovane, corsa e fosforo. 9631 sugli spalti, più 11 in campo, pronti a insegnare che con il quadrato costruito sull’ipotenusa si va in Serie A. Tra quelli che scendono sul terreno di gioco spicca Leonardo Capezzi, che nella “area del quadrato” di centrocampo traccia geometrie e puntella la retta verso la promozione in massima serie. A proposito, quando è scattato il clic che vi ha fatto realizzare di essere dentro un campionato positivamente diverso dagli altri? “Non c’è stato un frangente vero e proprio. Noi ogni settimana lavoriamo duramente per arrivare pronti alla partita e disputarla nel migliore dei modi. Giornata dopo giornata sono arrivati risultati importanti, così si è alzata l’autostima della squadra. Non dobbiamo porci grandi obiettivi, dobbiamo continuare a lavorare e crescere. L’obiettivo erano i 50 punti, ancora non ci siamo ma sono quasi raggiunti, dobbiamo proseguire sulla strada tracciata. Alla fine alzeremo la testa, capiremo dove saremo e cosa avremo fatto”. Al giro di boa quali sono stati i momenti più belli e più brutti? “Quelli belli stati molti, perché abbiamo fatto bene, conquistando tante vittorie. Ne scelgo uno e dico quello del mio primo gol in rossoblù, in casa contro il Livorno. Anche se è stato il punto del 3-0 per me ha molto valore. Avrei voluto farlo sotto la curva, sarebbe stato ancora più bello. Segnare ti lascia una grandissima emozione, contro una toscana poi... Momenti brutti per adesso fortunatamente non ce ne sono stati e spero che non ce ne siano”. Ivan Juric ti sta insegnando più da allenatore oppure da ex centrocampista, considerando i 12
suoi importanti trascorsi? “È un mister che ti forma a 360° gradi. È una grandissima persona dal punto di vista umano e tecnico. Essendo stato centrocampista mi consiglia e mi fa
correggere dei movimenti che lui curava quando era giocatore. È un ulteriore aiuto che dà a me e a tutta la squadra”. Saresti pronto a rimanere in Calabria in caso di Serie A? “Sì. Però la Serie A la vedo un traguardo lontano e molto difficile da agguantare. Manca praticamente l’intero girone di ritorno e può succedere di tutto. Sono in prestito, sono contento di lottare per questi colori, cerco di dare tutto e vediamo dove arriveremo a giugno. Dopodiché ci sederemo a tavolino e valuteremo. Ma aspettiamo a parlare di Serie A, perché ce ne vuole”. Nel 2013/2014 Federico Bernardeschi era in prestito dalla Fiorentina al Crotone, come te adesso. Ti piacerebbe ricalcare le sue orme? “Sicuramente sì. Federico in B ha fatto un’annata importante e bellissima. Ricalcare le sue orme sarebbe fantastico, mi farebbe molto piacere. Io penso a me, a crescere e migliorarmi, a dare tutto in questa stagione per la maglia del Crotone. Non so cosa riserverà il futuro”.
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serie B
made in Italy
La scheda Che cadetteria stai affrontando? “Rispetto all’anno passato è una B più forte e con maggiore qualità. La classifica è ancora aperta. Davanti ci sono tante squadre vicine, con organici importanti. Valuto il Cagliari sopra alle altre. Poi Novara, Bari, Pescara, il giovane Brescia. E ci saranno altre sorprese”. Hai parlato del 2014/2015, che ti ha visto protagonista nonostante un Varese martoriato dai problemi societari. Quanto ti porti dietro? “Tanto. Era la mia prima volta tra i professionisti. Mi ha fatto mettere in gioco, al Varese sarò sempre grato. Abbiamo vissuto molti problemi societari, che si sono ripercossi nella squadra. Come gruppo abbiamo cercato di stare uniti, ma quando ci sono quei macigni che incombono ne risente la squadra ed è difficile dimostrare i valori in campo. Eravamo una rosa che si sarebbe potuta salvare. Prendo il positivo da tutto e quindi grazie a chi mi ha fatto crescere e migliorare. C’è rammarico perché è andata male, mi dispiace soprattutto per la città e i tifosi”.
Hai dichiarato spesso di avere come idolo Steven Gerrard, per anni bandiera del Liverpool. Ti ispiri a lui anche nel mondo di calciare le punizioni? “Sono distante anni luce dal calcio di Gerrard, ha tanta più forza di me. Vedo lui come idolo per la storia che ha scritto col club e per la persona che è stato nel nostro mondo. È un uomo vero e un calciatore totale”. Il torneo cadetto si sta confermando fucina di giovani promesse. Ce n’è una che ti ha colpito maggiormente? “Per fortuna ci sono sempre più giovani. Individuarne uno è complicato. C’è Stefano Sensi, c’è il nostro Federico Ricci. Dico Rolando Mandragora e il mio compagno di squadra Yao, che ha disputato una prima parte di stagione da giocatore vero. Se continuerà così, diventerà un grandissimo difensore”. È più probabile che la Fiorentina vinca lo scudetto o che il Crotone venga promosso senza passare dai playoff? “Secondo me la prima, però spero che succedano entrambe…” .
Leonardo Capezzi è nato a Figline Valdarno il 29 marzo 1995. Centrocampista (dai piedi buoni) cresce calcisticamente nella Sangiovannese per entrare poi nel settore giovanile della Fiorentina nel 2008. Dopo tutta la trafila tra Esordienti, Giovanissimi, Allievi e due anni di Primavera, il suo esordio in prima squadra viola avviene il 7 novembre 2013 in una partita di Europa League (Pandurii Targu Jiu - Fiorentina 1-2). La stagione successiva viene ceduto in prestito al Varese dove disputa un ottimo campionato (36 presenze e 2 reti) nonostante la retrocessione dei lombardi. Da quest’anno è in prestito al Crotone sempre dalla Fiorentina. Ha vestito tutte le maglie delle giovanili azzurre dall’Under 16 all’Under 20. Tifoso della Sangiovannese (dove giocava il nonno materno) è stato uno dei protagonisti del reality di MTV “Calciatori, giovani speranze”. Stagione
Squadra
Cat.
P.
G.
2015-16
Crotone
Serie B
22
2
2014-15
Varese
Serie B
36
2
2013-14
Fiorentina
Serie A
0
0
2012-13
Fiorentina
Serie A
0
0
13
serie B
di Tommaso Franco
Medie voto e curiosità
Penne e spade I Eccoci al secondo appuntamento del di grande entusiasmo ad altri di profonda 2016 con la rubrica che incorona i migliori delusione sulle loro prestazioni. calciatori del mese giudicati dalla Rimanere sulla cresta dell’onda in questo stampa sportiva in Italia. paese “chiacchierone” e dal giudizio (e Da dicembre non è cambiato molpregiudizio) facile è sintomo di grande to: il Crotone sempre presente in equilibrio e capacità di autocontrollo. massa nel nostro “Top Team”; dieci Certo i voti in pagella non consacrano né calciatori su undici restano al loro affossano un campione. Solo il campo e posto, senza mollare di un centii risultati hanno questo potere. Possono metro. tuttavia essere un termometro interesUnica novità di questo mese è l’insante della percezione generale che si ha gresso di Gian Marco Ferrari (nella riguardo le prestazioni di un atleta. Ciò foto) difensore, guarda caso, del che a volte potrebbero essere risparmiaCrotone di Juric, divenuto una certi sono i commenti inconsistenti accanto tezza del campionato di Serie B. ai voti non sufficienti delle tanto temute In porta rimane Alex Cordaz (6,42) pagelle del lunedì: si leggono spesso epiche precede sul gradino più alto del poteti poco edificanti e giudizi denigranti ai dio Mirko Pigliacelli della Pro Verdanni degli atleti. Questo non è celli e Alfred rispettoso né per loro e LAPADULA SENSI Pescara 6,64 Gomis del nemmeno per Cesena 6,43 i lettori: VIOLA BUDIMIR Novara 6,44 m e t te r e MARTELLA Crotone 6,51 Crotone 6,49 RICCI nero su Crotone 6,58 KESSIE bianco Cesena 6,39 FARAGÒ un giuNovara 6,38 ELOGE dizio significa, Crotone 6,36 CORDAZ in qualche misura, FERRARI Crotone 6,42 Crotone 6,30 prendersi la responsabilità di dare un voto al lavoro di qualcuno. Si tratta di un gioco, per chi lo guarda. È però un lavoro per chi in quel momento scende in campo per dare, coCesena. munque, il meglio di sé. La miglior forPer il portiere Se ciascuno di noi fosse giudicato per mazione di Serie B 24 presenze su 24 dall’inizio del torneo titolare. In difesa ritroviamo BruQuarta edizione no Martella (6,53), Frank Yannick Kessie (6,39), Eloge Koffi (6,36) ed il “neo-acquisto” Gian Marco Ferrari (6,30). A centrocampo confermati Federico Ricci (6,58), Prosegue il percorso formativo dedicato ai Nicolas Viola (6,44), Stefano Sensi (6,43), calciatori che militano nel Campionato di SePaolo Faragò (6,38). In attacco il caporie B, organizzato dall’AIC con la Lega B. Con cannoniere della B, Gianluca Lapadula, la quarta stagione di “Facciamo la Formaziorimane in testa all’indice di gradimento ne” i protagonisti a “scendere in aula” sono della stampa (6,64) davanti ad una delle i calciatori, impegnati a confrontarsi con dipiù belle soprese del campionato: Ante verse “materie”: dal marketing alla comunicaBudimir (6,51). zione, dall’economia finanziaria agli aspetti Le voci di mercato e l’interesse di grandi principali della psicologia, dalla leadership club non hanno deconcentrato i “nostri” alle “professioni del calcio”. L’obiettivo del programma è preparare i talenti. Non è cosa semplice mantenere un rendimento costante dall’inizio calciatori in attività a carriere professionali del campionato riuscendo a cambiare il dopo il termine dell’esperienza calcistica proprio status da “promessa” a “promesprofessionistica, partendo dalle competenze sa mantenuta”. Mai come in Italia il calcio acquisite. Verrà loro fornita una preparazione specifica per ricoprire alcuni dei ruoli chiae i calciatori sono costantemente nel mirino della stampa, che alterna momenti ve nel mondo del calcio, quali ad esempio
Portieri CORDAZ PIGLIACELLI GOMIS MAZZONI SCUFFET
Crotone Pro Vercelli Cesena Ternana Como
6,42 6,30 6,29 6,24 6,24
Difensori MARTELLA KESSIE KOFFI FERRARI CLAITON
Crotone Cesena Crotone Crotone Crotone
6,53 6,39 6,36 6,30 6,28
Centrocampisti RICCI VIOLA SENSI FARAGÒ CAPEZZI
Crotone Novara Cesena Novara Crotone
6,58 6,44 6,43 6,38 6,37
Attaccanti LAPADULA BUDIMIR ACOSTY VANTAGGIATO PICCOLO
Pescara Crotone Latina Livorno Lanciano
6,64 6,51 6,45 6,40 6,40
mezzo di un numero, di un giudizio per il lavoro che svolge, in qualsiasi ambito, non ci sentiremmo costantemente sotto pressione? Se da un lato è senza dubbio lecito che le prestazioni in ogni lavoro vengano “giudicate” (e questo deve valere anche per i calciatori) non è corretto, tuttavia, scendere a patti con l’insensibilità e la maleducazione anche quando si dà un parere negativo ad una prestazione. Il voto, quello sì, ha sempre incuriosito, stimolato e interessato intere generazioni di appassionati. E di calciatori.
Facciamo la Formazione
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team manager, stadium manager, security manager, partendo da un approfondimento generale propedeutico a qualsiasi professione manageriale, arrivando poi nello specifico delle singole figure. Quest’anno il corso vede la partecipazione di Cesena e Pro Vercelli. L’iniziativa rientra in un progetto di formazione più ampio ed articolato che l’AIC sta portando avanti, per affiancare i calciatori durante il loro percorso professionale ed anche al termine della carriera agonistica per offrire loro delle concrete opportunità di lavoro.
l’intervista
di Claudio Sottile
L’altro calcio di Salvatore Cannito
“Arrivare è un attimo, sparire è meno di un istante” Se tu avessi un microfono cosa diresti? “Mi rivolgerei ai piccoli, che muovono i primi passi nel calcio. Consiglierei loro di riflettere, di mitigare l’istinto, di godersi appieno le situazioni, perché se arrivare è un attimo, scomparire è meno di un istante. Mi sono svegliato un giorno che non ero più né carne né pesce, mi sono guardato allo specchio e ho deciso che non sarebbe finita qui”. Piedi per terra, battuta e non abbattuta, la polvere salata mai quanto il conto presentato dal destino. Salvatore Cannito ha 25 anni e almeno una mezza dozzina di vite nel borsone. Titolare nel Genoa, Allievi prima e Primavera poi, che ornava la bacheca di villa Rostan. Titolare in Serie D agli albori della scalata della Virtus Entella al calcio professionistico. Titolare delle stampelle con un crociato, una tibia e un tendine a riempire la bacheca della sfortuna. Titolare e capitano, oggi, dell’ASD Team Altamura, Eccellenza Pugliese. “E voglio vincere il campionato, sono grato a chi sta credendo in me nonostante il lungo stop, mi piacerebbe ripagare tante persone. Condivido lo spogliatoio con ragazzi che hanno giocato una vita tra i professionisti. Del Core, Panarelli, Spadavecchia, Berardi, Visconti, speriamo di raggiungere la Serie D”. E la Serie A? “L’ho sfiorata con il Genoa. Mister Gasperini mi ha fatto allenare qualche volta con la prima squadra, era il periodo di Beppe Sculli, Raffaele Palladino, Domenico Criscito, gente che ha vestito l’azzurro. Ricordo meraviglioso. Ma…”. C’è un “ma” e anche un magari, perché la sfortuna ci vede benissimo, però non spiega tutto… “Non avevo la testa giusta, diciamo che ero particolarmente allegro. Non ho mai fatto qualcosa di offensivo o dannoso sia chiaro, però erano tanti piccoli atteggiamenti che mi avevano fatto affibbiare la classica etichetta del rompiscatole. Ora sono coscienzioso e responsabile, penso molto di più, magari qualcuno si ricrederà. Voglio chiudere il cerchio”.
Quale? “Del Genoa che vinse a livello Primavera la Coppa Italia contro la Roma, la Supercoppa Italiana a Palermo e lo scudetto, sono uno dei pochi che non milita tra i professionisti. Perin, Sturaro, El Shaarawy, Ragusa, Lazarevic, era una squadra di fenomeni, non serve aggiungerne altri”. Come ti eri ritrovato in rossoblù? “Ho giocato tre anni coi Giovanissimi del Bari. Poi andai negli Allievi della Virtus Bari e vincemmo il titolo regionale. Il mio presidente dell’epoca, Nino Moretti, mi ricorda sempre un aneddoto. Dopo il fischio finale lo chiamò telefonicamente Beppe Baresi. Lui rispose: «Se tu sei Beppe Baresi, io sono Maradona». In realtà era proprio lui. Mi volevano testare con l’Inter e stetti 20 giorni con loro ad Asiago. Finito il ritiro non mi tennero, ma dopo una settimana mi contattò il Genoa e da lì iniziò tutto”. Lo sguardo si fa profondo e va a scavare nel passato emozionale, c’è un sospiro e arriva una risposta senza neanche aspettare la domanda:… “Ho tanti rimorsi e altrettante amicizie. Per me Perin è Mattia, El Shaarawy è Stephan, Sturaro è Stefano, siamo tuttora in contatto, ci sentiamo e vediamo appena sono liberi dai tanti impegni. Sono contento per la loro carriera, nessuno ha avuto regali, erano dei martelli in allenamento. Era un gruppo pazzesco, allenato da un grande mister come Luca Chiappino, sotto questo punto di vista sono appagato”. Il più forte con cui hai giocato? “Quelli che ho citato sono dei fenomeni. Però ce n’è uno che potrebbe essere devastante. Parlo di Diego Polenta, con lui c’è un rapporto che va oltre il calcio. Se si rendesse conto di ciò che è fisicamente, tecnicamente e tatticamente non ce ne sarebbe per nessuno. Di lui ha parlato bene addirittura Pep Guardiola, tanto da richiederlo per la squadra B del Barcellona, non può essere un caso”. In che percentuale ha inciso la sfortuna nella tua carriera?
“Alta. Quando mi sono rotto il ginocchio a Chiavari ero in un buon momento. Peccato, perché dopo essermi ripreso fisicamente cambiarono i regolamenti, non essendo più under la società decise di non riconfermarmi, altrimenti sarei rimasto. Allora andai al Derthona allenato da Rampulla, disputai una buona prima parte di stagione poi andai di mezzo in una bega contrattuale tra il Presidente e il Direttore Sportivo e fui tenuto fuori fino a giugno. La rottura della tibia fu tremenda, ricordo ancora la gamba che galleggiava tra le mie mani. Ho lesionato pure il tendine del piede, ma è niente in confronto a quanto ho già passato. Adesso sto bene, soprattutto di testa”. Gli infortuni ti hanno dato tempo e modo per pensare. “Sì, mi hanno fatto crescere. Quando sei in cima è facile avere le vertigini. Tuttavia, dal basso, riesci a capire che strada hai fatto e quanta devi farne per risalire”. Dove vuoi andare? “Credo di poter dire ancora la mia. Penso a Moreno Torricelli, conoscete tutti la sua storia, spero in una chance. E poi ho il Grifone che proteggerà sempre la mia carriera, sono tranquillo di riuscirci. Il cerchio deve diventare perfetto”. 15
Lega Pro
di Tommaso Franco
Grande stagione per gli estensi
SPAL: il gradito ritorno di una nobile decaduta Fu fondato a Ferrara nel lontano 1907, per volontà del sacerdote salesiano Pietro Acerbis, il circolo religioso-culturale “Ars et Labor”. Il settore sportivo venne inserito tra le attività solamente nel 1912 divenendo “Società Polisportiva Ars et Labor”: era nata la SPAL. Dovette tuttavia terminare la Prima Guerra Mondiale per assistere alla prima gara ufficiale di calcio, il 16 giugno 1919. Qual giorno si giocò Spal-Triestina terminata, per la cronaca, 4-1 in favore degli alabardati. Nel 1933 la prima, storica promozione
tra i cadetti. Correva, invece, l’anno 1951 quando una cavalcata trionfale della compagine ferrarese valse il primo posto in graduatoria tra i cadetti e portò la squadra alla promozione diretta nel massimo campionato nazionale. Lo storico esordio della stagione 1951-52 fu a Torino contro la Juventus. Ecco il primo “undici” in serie A della SPAL: Bugatti, Guaita, Carlini, Emiliani, Macchi, Nesti, Marzani, Mussino, Quaresima, Bennike, Fontanesi. I bianconeri, allenati da Bertolini e capitanati da Boniperti, passarono in vantaggio dopo soli venti minuti con Muccinelli. A venti minuti dal termine dell’incontro, per un fallo di mano in area bianconera, l’arbitro Marchetti concesse il calcio di rigore. Fu il centravanti danese Niels Bennike ad incaricarsi della battuta segnando la prima storica rete “spallina” in Serie A. Nella massima serie i “cerbiatti” rimasero per tredici stagioni consecutive, fino al 1964, anno della prima retrocessione. Dopo una sola stagione tra i cadetti, ecco il ritorno. Gli anni ’60 erano gli anni di Armando Picchi, Fabio Capello, Edoardo Reja, Gigi Delneri, Albertino Bigon e Osvaldo Bagnoli. La miglior formazione di Lega Pro dall’inizio del torneo
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Nela stagione 1967-68 la seconda retrocessione dalla A alla B sancì la lenta Portieri ed inesorabile discesa della SPAL che in PISSERI Monopoli 6,51 appena due stagioni arrivò alla serie C. Il RAVAGLIA Cremonese 6,47 primo posto nella stagione 1977-78 valse FURLAN Lumezzane 6,41 comunque la promozione in B, categoria FUMAGALLI Pro Piacenza 6,38 NARDI Santarcangiolese 6,34 mantenuta per altre quattro stagioni. Negli anni ’70 vestì la maglia biancazzurra Difensori anche Leonardo Grosso, storico “vice” ai LUCIONI Benevento 6,39 tempi della presidenza di Sergio CampaMASSONI Carrarese 6,36 na all’Associazione Italiana Calciatori. FAISCA Maceratese 6,32 Nella stagione 1980-81 retrocesse ancora SBRAGA Carrarese 6,30 in C, categoria che dal 1978 divenne C1 RINALDI Cuneo 6,29 lasciando spazio tra i professionisti anche Centrocampisti alla C2. DETTORI Carrarese 6,54 Undici stagioni più tardi (1991-92) ancora MANCOSU Casertana 6,46 una promozione tra i cadetti, gioia che VARELA Pisa 6,43 durò pochissimo visto l’immediata retroIORI Cittadella 6,43 cessione a fine campionato. Da quel moCAROTTI Maceratese 6,42 mento in poi visse stagioni lontane dai riflettori, navigando tra problematiche di Attaccanti ogni tipo: retrocessioni, rifondazioni fino DE CENCO Pordenone 6,50 all’approdo tra i Dilettanti dopo il falliPETRELLA Teramo 6,49 mento del 2012. NETO PEREIRA Padova 6,47 BRACALETTI Feralpisalò 6,44 Nell’estate del 2013 dalla fusione tra Real BRIGHENTI Cremonese 6,41 SPAL e Giacomense nacque la SPAL 2013, ammessa alla Lega PRO 2013-2014. Ad oggi, inizio febbraio 2016, terminata la ventesima giornata di campionato, la squadra di Ferrara è prima in classifica nel girone B con un vantaggio di 9 punti sulla seconda: il Pisa. È la vera regina del girone che coltiva sogni di promozione. Miglior attacco con 33 reti fatte e miglior difesa (solo 11 le reti subìte); il rendimento in trasferta è in linea con quello tenuto tra le mura amiche, tipico di squadre “quadrate” e compatte. Le premesse per un campionato di vertice c’erano tutte e i fatti, fino a qui lo dimostrano puntualmente. Lo slogan scelto PEREIRA per la campagna abbonamenti CAROTTI Padova 6,47 2015-2016 “Insieme per Maceratese 6,42 il sogno” sarà di DETTORI DE CENCO Carrarese 6,54 SBRAGA buon auspiPordenone 6,50 Carrarese 6,30 LORES VARELA cio? Pisa 6,43 MASSONI Carrarese 6,36
PISSERI Monopoli 6,51
LUCIONI Benevento 6,39 FAISCA Maceratese 6,32
MANCOSU Casertana 6,46
scritto per noi
di Alessandro Comi
Arturo Lupoli, neo attaccante del Catania
Una nuova chance per “l’italostraniero”
È stato l’ultimo contratto depositato nella sessione di mercato invernale, l’ultimo “botto” della Lega Pro, l’ultima tappa della carriera di Arturo Lupoli che da Pisa è passato al Catania. È una carriera strana quella di questo eclettico attaccante, fatta di continui alti e bassi, di cadute e rinascite, di andate e ritorni, di trionfi e di periodi bui. Una carriera che parte nelle giovanili del Parma e che, a causa della crisi del club crociato “costretto” a cederlo, trova subito nel 2004 le luci della ribalta all’Arsenal all’età di soli 17 anni. E se, giovanissimo, ti ritrovi a giocare in Premier League, tutte le attenzioni e le speranze si concentrano su te in maniera esponenziale: l’esordio coi Gunners in Carling Cup contro il Manchester City, i primi gol contro l’Everton, la “prima” in campionato contro il Blackburn, le copertine dei tabloid, i titoloni sui giornali italiani. Poi il prestito al Derby County, in Championship (equivalente alla nostra Serie B), e il ritorno in Italia per un quinquennale con la Fiorentina. Poche partite con in viola, il prestito al Treviso (in B), e di nuovo Inghilterra, stavolta in prestito al Norwich City prima e allo Sheffield United poi. A giugno del 2009 passa in compartecipazione all’Ascoli con la cui maglia gioca due stagioni in B (65 partite e 11 reti) prima di rescindere il contratto e passare al Grosseto. Con i toscani altri due anni tra i cadetti (45 gare e 8 gol) e nuovo trasferimento, stavolta a Varese che, dopo il girone di andata, lo cede in prestito in Ungheria alla Honvéd. Ma il suo destino è l’Italia: lo prende il Frosinone che, grazie anche alle sue prestazioni, a fine anno ottiene una storica promozione in Serie A. Una massima serie che però Lupoli ancora non potrà calcare: il Frosinone non lo riconferma e il nostro ragazzone bresciano firma con il Pisa in Lega Pro. Poi, come detto, il passaggio al Catania proprio sul “filo di lana”. Da Pisa a Catania per l’ennesima sfida… “A Pisa mi sono trovato bene, società seria e un tifo da Serie A che in casa è come un dodicesimo uomo. E poi mister Gattuso con il suo carisma, a volte con modi bruschi ma efficaci per trasmettere il suo
Arturo Lupoli è nato a Brescia il 24 giugno 1987. Attaccante, mancino naturale, ha vestito le maglie di Parma, Arsenal, Derby County, Fiorentina, Treviso, Norwich City, Sheffield United, Ascoli, Grosseto, Varese, Honved, Frosinone, Pisa e Catania. In Nazionale ha vestito tutte le maglie delle selezioni giovanili italiane fino all’Under 21.
carattere sanguigno e tenace. Ora mi attende questa nuova avventura in Sicilia che mi dà molti stimoli”. Sei partito giovanissimo per l’Inghilterra, a soli 17 anni: come hai vissuto questa esperienza? “Non è stata una scelta facile andare all’Arsenal, lasciare l’Italia e le amicizie, vista la giovane età e la poca esperienza, ma con la mia famiglia che mi ha supportato nella scelta abbiamo deciso che un occasione così non si poteva perdere. Ho giocato i primi due anni con la squadra riserve dei Gunners dove ho segnato 26 gol il primo anno e 20 il secondo, per poi esordire in Fa Cup e Premier con la prima squadra... esperienze emozionanti”. Che differenze hai trovato tra il calcio italiano e quello inglese visto che, tra andate e ritorni, puoi giudicare molto bene queste due realtà? “Sono due mondi completamente diver-
si: la settimana calcistica pre e post partita è vissuta in Italia in maniera molto frenetica e troppo stressante, mentre in Inghilterra il calcio è visto come piacere di vivere il momento con gioia, non c’è ossessione e paura di perdere le partite, se in campo hai dato tutto ti applaudono lo stesso anche se perdi. La cultura è diversa, l’educazione culturale è radicata già da bambini. È un modello difficile da imitare: ormai in Italia abbiamo il nostro modo di concepire il calcio… A livello tattico poi si insegna prima di tutto a non subire gol e fare gol diventa più difficile. In Inghilterra sono meno difensivisti, cercano il gol, il divertimento, lo spettacolo…”. Hai già pensato al tuo futuro dopo il calcio? “Vorrei aprire un ristorante, tipo un bistrot stile inglese, e se riesco magari rimanere nell’ambiente del calcio come allenatore. E poi dedicarmi alla famiglia, a mia moglie e i miei due bimbi piccoli”. 17
amarcord
La partita che non dimentico
Mi ritorni in mente…
Coincidenze A volte capita. Basta però mettersi d’accordo su cosa poi significhi “a volte”. Per chi scrive – e sono anni che questa rubrica ha preso la sua strada – è giusto la prima volta. E dunque – sì – a volte capita. Due nostri rappresentanti di squadra, entrambi attaccanti e questo in effetti un po’ può aver aiutato. Ma che coincidenza! Buona lettura. Giuseppe Gambino (Monopoli) “È successo un po’ di settimane fa, derby col Foggia, in casa loro, contro quella che si sa che è una corazzata che punta a vincere il campionato. Noi squadra giovane e pensa che proprio lì siamo andati a vincere, è l’unica partita che sinora loro hanno perso in casa. Che partita! Saranno stati in 15.000 allo stadio e nessuno dei nostri perché era quella una trasferta vietata. Loro che già avevano sbagliato due rigori, noi che si vinceva 1 a 0 e arriva questa palla da destra, bella alta, al 99% ci vado sempre di testa
subito capito che l’avevo presa proprio bene. Dentro l’area, più o meno sul dischetto del rigore, sotto la curva dei loro tifosi. L’ho vista entrare e non ho capito più nulla, era pure strano sentire gli applausi, eppure non c’erano i nostri tifosi… erano quelli del Foggia che applaudivano, che gol! Ora come ora sono arrivato a farne 135, in sei anni di carriera. Certo che li conto e poi c’è la scheda in internet che via via si aggiorna. Sì, non so nemmeno quante volte l’avrò rivista quella mia rovesciata, dai, non succede spesso e tuttora mi emoziono”.
Niccolò Romero (FeralpiSalò) “La rubrica la leggo sempre, vedo che i miei colleghi parlano spesso di finali playoff, partite dunque importanti. Io purtroppo ancora non ho fatto praticamente niente, non ne ho avute ancora esperienze così e dunque, quando penso a
una mia partita, allora penso a quello che sinora è stato il gol più bello che ho fatto. Gennaio dello scorso anno, partita Real Vicenza-FeralpiSalò: l’abbiamo vinta per 1 a 0 e proprio col mio gol, in rovesciata! C’è stata una punizione da metà campo, s’era negli ultimi minuti della partita e uno dei loro difensori di testa l’ha fatta alzare, un po’ a campanile, ma non poi troppo alta. Ero appena dentro l’area e allora sono andato su a prenderla, di destro: giusto d’istinto, magari se mi fossi messo a pensare l’avrei potuta stoppare e darla indietro a qualcuno dei miei compagni. No, non posso nemmeno dire d’averla proprio vista entrare, muovere la rete come si dice: quando lì ho capito che il pallone sarebbe entrato, subito mi sono messo a correre,
L’incipit
su palloni così. Ma stavolta non è stato così, d’istinto sono andato su in rovesciata, collo destro, l’ho 18
Premessa – Il nanosecondo Noi coach detestiamo sentirci inutili. Noi coach siamo inutili quando non stiamo allenando una squadra. Certo, si cerca di fare una vita normale: la spesa, i bimbi da portare a scuola, le esigenze della consorte e della famiglia- E intanto si continua ad andare alle partite – “Così ti fai vedere” ti dicono – e anche a qualche allenamento, come un ex alcolista appostato fuori da un’osteria. Ma non è la vita reale. È un’altra, quasi astratta, come se si vivesse dentro una palla (giusto per stare in tema) di vetro. O forse, più precisamente, come se si vivesse fuori dalla palla di vetro, nella quale c’è però un forte desiderio di rientrare. Nel periodo in cui non si allena, ci si sente soli. Poco importa rammentare il proprio nome sulla figurina dell’album dei calciatori o i colori delle maglie indossate, i trofei alzati e le soddisfazioni raggiunte. Ti ritrovi comunque a rimpiangere le volte in cui non rispondevi al telefono, al giornalista seccatore o a quell’agente che “tanto lo so che mi chiama solo quando deve piazzare un giocatore”. Ma quelle volte, almeno, il telefono squillava! Abituato come sono a organizzare, programmare, fare riunioni, essere mentalmente impegnato ventiquattr’ore su ventiquattro, avere il cellulare perennemente scarico, i periodi di inattività sono per me i peggiori. Una delle cose più detestabili è che tutti mi dicono: riposati, ricarica le batterie, devi avere pazienza. Ma io non voglio riposarmi! Non ho bisogno di caricare alcuna batteria (se non quella del cellulare, ma se nessuno mi chiama, non devo ricaricare nemmeno quella). Ero e sono già carico per conto mio. Ed evitate di invitarmi alla calma. I can’t keep calm, I am Italian. Eppure, se c’è una cosa che dovrei aver imparato in questi anni da coach, è
amarcord
così, senza capire bene quel che stavo facendo. Beh, la prima cosa che ho fatto poi è stata andarmelo a rivedere, ancora e ancora, l’avrò fatto una trentina di volte, di seguito, mi pareva sempre di non poter essere io quello che la metteva dentro in rovesciata, sotto l’incrocio. La scena l’ho pure salvata sul telefonino e mi capita ancora, di tanto in tanto, di farla vedere a qualcuno”.
Quel mio cartellino rosso
Fabio Lebran (Savona) “Tutto sommato ne ho presi pochi di rossi, ma tra questi uno certo me lo ricordo, ancora adesso salta sempre fuori quando capita l’occasione. Me lo ricordo perché è stato davvero particolare: giocavo allora col Rimini e andammo a giocare contro il Lanciano, lì da loro. Mi pare che fossero passati in tutto proprio un minuto e venti secondi e c’è stata una palla in profondità: furbo di suo pure l’attaccante ma resta il fatto che gli sono franato addosso, fuori dell’area. L’arbitro che arriva e mi mostra il rosso: fallo da ultimo uomo. Io incredulo, nemmeno avevo cominciato a sudare. Magari non è proprio un record, non credo, ma certo penso sia uno dei più veloci. Allora via nello spogliatoio, ho fatto la doccia e poi me ne sono andato in tribuna: in pratica l’ho potuta vedere quasi tutta quella partita. Ovviamente ricordo il dispiacere per la squadra, che poi ha pure giocato bene, resistendo un bel po’ ma poi loro sono riusciti a segnare, mi pare sia finita 1 a 0. Con loro, con gli arbitri? Beh, devo essere sincero, non è che con gli arbitri abbia proprio un bellissimo rapporto. Come difensore io non sono uno molto falloso, non sono insomma di quelli che fanno entrate su entrate; così i gialli che mi capita di prendere sono spesso per proteste: quando vedo qualcosa che non va, allora divento – come dire – iragestire le situazioni. Coach, organizza te stesso. scibile e così non mi tiro indietro nel protePerché il mondo del pallone è così, ti sputa e ti riprende in un nanosecondo, come dice un stare e so pure che devo/dovrei migliorare mio caro amico, che io chiamo “Portierone” (al secolo Alberto “Jimmy” Fontana). in questo. Ricordo ancora quella volta che m’è capitato di Walter Zenga con David De Filippi arbitrare una nostra partita Coach – Le mie 20 regole (nel calcio e nella vita) in allenamento. Rai Eri Esperienza utile Walter Zenga è nato nell’aprile del 1960 a Milano. Cresciuto nel settore giovanile dell’Inter, ha fatto l’esordio che mi ha fatto tra i professionisti con la maglia della Salernitana (C1) nella stagione 78/79. Ha poi giocato con il Savona (C2) ancor più capire e la Sambenedettese (C1), per tornare poi all’Inter nella stagione 82/83. Dodici stagioni filate in nerazzurro, che non è certo vestendo poi le maglie di Sampdoria, Padova (B) e New England Revolution (sede a Foxborough, in Massafacile, dato che chussets, Usa). Proprio con i New England Revolution inizia la sua carriera di allenatore, passando poi sulla hai a che fare panchina del Brera (serie D) e via via con National Bucarest, Steaua Bucarest, Stella Rossa di Belgrado, Gaziancon 22 persone tepspor (Turchia), Al-Ain (Emirati Arabi), Dinamo Bucarest, Catania (A), Palermo (A), Al-Nassr (Arabia Saudita), che la pensano Al-Nasr (Emirati Arabi), Al-Jazira (Emirati Arabi). Allenatore sino le scorse settimane alla Sampdoria (A), dopo ciascuna a suo la sua sostituzione con Montella ha firmato un contratto con un’altra società degli Emirati Arabi, l’Al-Shaab. modo. ComunDa calciatore, con l’Inter, ha vinto uno scudetto (88/89), una Supercoppa Italiana (89) e due Coppe Uefa que sia, sono tan(90/91 e 93/94). 58 le sue presenze nella Nazionale maggiore, con la partecipazione all’Europeo 1988 e al ti gli anni che gioMondiale 1990. Come allenatore ha sin qua vinto un campionato rumeno (Steaua Bucarest, 04/05) e con la co e so che quando c’è di mezzo l’agonismo Stella Rossa di Belgrado sia un campionato serbo-montenegrino che una Coppa di Serbia e Montenegro e magari pure il nervosismo, qualcosa di sba(entrambi i successi nella stagione 05/06). gliato lo puoi sempre fare. So pure che anche loro, gli arbitri, possono sbagliare, lo capisco e David De Filippi è giornalista e autore di libri. Ha realizzato una dozzina di pubblicazioni, alcune anche umolo accetto, ma quel che fa arrabbiare sono soristiche, dedicandosi però prevalentemente e biografie “serie” di personaggi noti. Mike Bongiorno, Raimondo prattutto gli atteggiamenti che spesso hanno: Vianello, Bud Spencer, Giorgia, Lapo Elkann, Dodi Battaglia sono alcuni dei protagonisti dei suoi libri. ecco, questo sì dà fastidio”. 19
scatti
di Maurizio Borsari
Lista ammoniti
dell’arbitro Gervasoni in Bologna – Udinese 1-2
Tutti per uno
Di Natale e compagni in Bologna – Udinese 1-2
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scatti
Traffico in tilt
Piris, Marquinho, Brienza e Rizzo in Bologna – Udinese 1-2
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primo piano
di Nicola Bosio
Presentato il libro dell’ex Golden Boy rossonero
Gianni Rivera ieri e oggi, autobiografia di Nella splendida cornice della Sala Stucchi di Palazzo Trissino, Gianni Rivera ha presentato il 28 gennaio scorso a Vicenza il suo libro intitolato “Gianni Rivera ieri e oggi, autobiografia di un campione”. L’iniziativa, organizzata dall’assessorato alla formazione del Comune di Vicenza e dall’Associazione Italiana Calciatori, ha visto, insieme all’indimenticato “Golden Boy”, la presenza del Vice Sindaco e Assessore alla Crescita Jacopo Bulgarini d’Elci, dell’Assessore alla Formazione Umberto Nicolai, del Presidente dell’Associazione Italiana Calciatori Damiano Tommasi, del Direttore Generale AIC Gianni Grazioli e di Sergio Campana, Presidente Onorario dell’Assocalciatori che proprio con Rivera fondò nel lontano 1968. “Un onore avere Rivera in questa sala ed in questa città” – ha esordito il Vice Sindaco Bulgarini d’Elci. “Sport e cultura hanno un linguaggio comune e sono campi ai quali la nostra amministrazione sta riservando molta attenzione e sui quali sta sviluppando molte iniziative. Gli eroi dello sport, per certi versi, hanno la stessa valenza storica di altri grandi miti e Gianni Rivera, in questo senso, ha assunto un valore quasi leggendario”.
“Per Vicenza è sempre un grande piacere ospitare personaggi dal calibro di Rivera” - gli ha fatto eco l’Assessore Nicolai – “che fa parte di un calcio passato, quello fatto di valori più che di business, quello che iniziava nei cortili delle parrocchie. Vicenza si sta candidando come città 22
Sopra e a sinistra, alcuni momenti della presentazione dell’autobiografia di Gianni Rivera a Vicenza. Insieme all’ex campione rossonero si riconoscono il Direttore Generale AIC Gianni Grazioli, l’assessore alla Formazione Umberto Nicolai, il Vicesindaco Jacopo Bulgarini d’Elci, Sergio Campana e Damiano Tommasi. A fianco, l’AIC ieri e oggi: con i fondatori Campana e Rivera, gli ex segretari Maioli e Pasqualin a sinistra, Tommasi e Grazioli a destra.
europeo dello sport, e ad aprire questo nostro tentativo di arrivare ad un obiettivo storico mi fa piacere ci sia un Pallone d’Oro, che ha lasciato un segno non solo perché sapeva fare gol, ma perché è una persona perbene”. Considerato tra i migliori numeri 10 della storia del calcio, primo calciatore italiano ad aver vinto nel 1969 l’ambito Pallone d’Oro, Rivera nel suo ricco palmares vanta tre scudetti, due Coppe Campioni, due Coppe delle Coppe ed una Coppa Intercontinentale tutti con la maglia del Milan, dove ha giocato per 19 stagioni con oltre 500 presenze, realizzando ben 122 gol e debuttando a soli 15 anni in Serie A con la maglia dell’Alessandria. È stato anche medaglia d’oro al Campionato Europeo 1968 con la Nazionale ed argento ai Campionati del Mondo nel 1970, collezionando in azzurro un totale di 60 presenze e 14 reti. Nel corso della sua carriera ha ricoperto anche prestigiosi incarichi politici e go-
vernativi, come Deputato, Sottosegretario alla Difesa, Presidente del Settore Giovanile della FIGC e attualmente del Settore Tecnico di Coverciano. “Parlare brevemente di Rivera è praticamente impossibile” – ha detto Sergio Campana – “Per me è una vera e propria icona e un grande uomo. Ricordo ancora quando mi chiamò insieme ad altri calciatori della Nazionale per guidare l’Associazione Calciatori. E me lo ricordo da avversario in campo, l’ho seguito nella sua carriera politica, da Presidente del Settore Giovanile, poi del Settore Tecnico ed il mio orgoglio è quello di aver lavorato con lui e di essere un suo grande amico”. “Ci siamo divertiti a creare l’Associazione” – ha rimarcato Rivera – “Tutti ci davano contro, dicevano che era un controsenso creare un sindacato per persone privilegiate come noi, ma lo facevamo per i colleghi delle serie minori che non avevano tutele. Era una vera e propria sfida e più critiche ci piovevano addosso e più la sfida diventava interessante”. Damiano Tommasi, attuale Presidente AIC, ha sottolineato di aver “ricevuto dalle mani di Campana e Rivera la pesante eredità di guidare il sindacato calciatori, una macchina perfetta che funziona da
primo piano
un campione bene come avevamo strutturato il libro e così abbiamo pensato di aggiungere ancora materiale e ce lo siamo stampati da soli per venderlo via internet”. Aneddoti, documenti introvabili (come i tabellini scritti a mano dallo stesso Rivera quando giovanissimo sedicenne debuttava in A con l’Alessandria), anche filmati scaricabili grazie al codice QRCode in 527 pagine: “Abbiamo voluto raccontare un’epoca, da quando sono nato fino ad oggi, partendo dalla mia famiglia e da quella sorella che non ho mai conosciuto perché è morta per un problema fisico prima che io nascessi. E mio figlio, fatalità della vita è nato lo stesso giorno di mia sorella con lo stesso problema fisico, ma oggi la medicina gli ha permesso di vivere normalmente”. anni, ripromettendomi di far… meno danni possibile”. Il libro raccoglie immagini, racconti ed emozioni, con una selezione dei migliori articoli, circa 400, e tutte le prime pagine e le copertine dei settimanali dedicate alla carriera del grande campione rossonero. “Un’opera nata sulla spinta di grandi richieste” – ha spiegato Rivera. “In passato avevo già collaborato a due libri di Oreste Del Buono e avevo raccolto del materiale. Ad un certo punto, con mia moglie, abbiamo deciso di mettere insieme tutto ciò che abbiamo trovato a casa dei miei genitori e che ho scoperto quasi casualmente sotto la scala che andava su una terrazza. C’erano molte scatole numerate dove mio padre aveva raccolto, anno per anno, tutto ciò che mi riguardava. Fotografie, ritagli di giornale, videocassette: le aveva conservate in vecchie scatole di camicie. La mia prima idea era stata quella di buttare via tutto, ma mia moglie ha deciso di mettersi al lavoro per catalogare ogni singolo pezzo al computer. Un lavoro durato più di tre anni e quando un editore mi ha chiesto di pubblicarlo ho aggiunto dei miei scritti. Poi è nato il problema che agli editori non andava
“Gianni Rivera ieri e oggi, autobiografia di un campione” si può acquistare in al-
cune libreria e su www.giannirivera.it. “Mi sono accorto, girando l’Italia per presentare questo libro, che ci sono ancora tante persone che mi seguono con affetto” – ha concluso Rivera. “L’unica cosa che è cambiata è che un tempo erano i genitori che mi chiedevano l’autografo per i figli, ed ora sono i figli che melo chiedono per i genitori”.
Quarta edizione della borsa di studio
Al Parma il Premio Morosini È stato assegnato il 28 gennaio scorso a Parma, il quarto “Premio Morosini” ai calciatori del Parma Calcio 1913. Il Presidente AIC Onlus Diego Bonavina, nel corso dell’inaugurazione del 20° Master Internazionale in strategia e pianificazione degli eventi e degli impianti sportivi (organizzato dalle Università di Parma e San Marino), ha presentato la borsa di studio assegnata ai quindici calciatori presenti e a Lorenzo Minotti, ex-calciatore e responsabile dell’area tecnica del club. Il premio consentirà ai calciatori di frequentare le lezioni del master Sport, consolidato punto di riferimento nel panorama formativo di settore. “Siamo lieti di assegnare oggi, a questi calciatori, il Premio Morosini per il loro impegno sportivo, umano ed etico teso alla ricostruzione dei valori del calcio, in una situazione che proviene dalle note vicissitudini. Dopo gli ex-calciatori Ber-
nardo Corradi, Felice Natalino, Simone Barone e i cinque calciatori del Sassuolo, prosegue l’impegno della Onlus dell’Associazione Italiana Calciatori nella promozione dei valori del calcio e della figura di un grande campione come Piermario” - ha presentato così l’assegnazione del Premio, il presidente AIC Onlus Diego Bonavina.
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amarcord
di Vanni Zagnoli
In punta di… “Spillo”
Alessandro Altobelli: “I miei primi Il 28 novembre scorso Alessandro “Spillo” Altobelli ha compiuto 60 anni, è stato uno dei più grandi attaccanti di sempre, nel calcio italiano. Era tecnico, dai piedi raffinati e acrobatico, con la testa. Cresciuto nel Latina, a metà anni ’70 si trasferì al Brescia, che lo fa debuttare in B, prima del grande salto all’Inter di cui diventa una bandiera: 11 stagioni, 466 presenze e 209 gol, uno scudetto e due Coppe Italia. In totale assomma 337 partite e 132 reti in A: 108 e 33 gol in serie B; 93 presenze e 56 gol in Coppa Italia, record assoluto della competizione. Sonnino l’ha celebrato con una settimana di feste, tornei e dibattiti nel nome anche del suo titolo mondiale, con 61 presenze e 25 gol in Nazionale. Il tour ha coinvolto l’intero comune pontino, con incontri tematici sulla carriera, per sensibilizzare gli alunni alla pratica sportiva, e lezioni di tecnica calcistica sui campi. Chissà quanti auguri ha ricevuto… “Infiniti. Persino da dirigenti, come il ticinese Gianni Infantino, in Madagascar, nel tour elettorale come candidato alla presidenza della Fifa. Tramite whatsapp mi hanno contattato anche il tennista Fabio Fognini e il nuotatore Filippo Magnini, il vicepresidente dell’Inter Javier Zanetti e persino Icardi.
Il messaggio più divertente è stato di Tacconi, video, con le coppe sullo sfondo. “Se giocavi con me, avresti vinto tutte queste, ma eri con Zenga e non hai vinto molto… È stato molto simpatico”. Ricominciamo dal nomignolo. Perché Spillo? “Per la magrezza. Me lo affibbiò un maestro elementare che veniva sempre a vedere gli allenamenti dei ragazzi del Latina e mi accompagnò con grande fortuna. Ero uno e 84 per 68 chili, adesso sono 85…”. Veniva dalla Spes, ovvero speranza, la squadra del suo paese, Sonnino. “L’aveva messa in piedi il barbiere Gaspare Ventre, oggi 68enne, aveva proprio la bottega in piazza. Faceva aggregazione, almeno così ci potevamo sfogare. Terminata la terza media andai a lavorare dal macellaio Ermanno Merluzzi, ma appena potevo lasciavo il bancone e scappavo a giocare”. Come si è affermato? “Grazie all’umiltà dei genitori. Mio padre faceva il muratore, mamma Giovanna Grossi è sempre stata casalinga e martedì 1° dicembre ha compiuto 80 anni. Quando andava a Roma, per papà era come fare un viaggio all’estero… Veniva pagato a cottimo, partiva in pullman alle 4, lavorava magari per 5-6 ore ma poi tornava solo alle 19”. Le grandi motivazioni sono decisive? “La fame di arrivare conta. Ho visto ragazzi che si sono persi perché erano giocatori solo da partitella infrasettimanale. Il talento conta, servono anche la passione e lo spirito di sacrificio”. Da Latina, a neanche 19 anni passò al Brescia, per 3 stagioni con 26 gol. “Arrivai nel 1974 e presto nacque il tandem con Evaristo Beccalossi: giocava nella Primavera, vinse lo scudetto e regalava numeri. Condividemmo un decennio splendido, segnava e sfornava assist”. Poi la consacrazione all’Inter… “La nostra fortuna fu Eugenio Bersellini. Lo chiamavano ‘sergente di ferro’, ma era preparato e per noi risultava come un
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padre. Ci insegnò a non pensare ai soldi: ‘Vengono molto dopo, l’importante è che in campo metti l’anima’. Oggi credo nessuno ragioni così”. Quale fu il gol sbagliato nella maniera più assurda? “Due rigori nella stessa partita, uno alto e l’altro contro il portiere, a Malta, nel 1986. Vincemmo 2-0, perciò la storia non è così ricordato. A differenza, per esempio, dei due rigori sbagliati da Evaristo nell’82, contro lo Slovan Bratislava”. Nell’82 il mondiale. Giocò quasi tutta la finale, grazie all’infortunio alla spalla di Ciccio Graziani. “Fu una grande gioia segnare contro la Germania Ovest. Era il terzo gol, su contropiede di Bruno Conti: stoppo, aspetto l’uscita di Schumacher e la metto dentro. Ero in stanza con Beppe Dossena e quella Nazionale era composta da 22 grandi uomini, carismatici e con lo spirito vincente. C’erano 6-7 juventini, altrettanti dell’Inter e poi ragazzi della Fiorentina, del Torino. Guidati da una grande persona”. Ora esiste il Pallone d’oro anche per gli allenatori, all’epoca l’avrebbe meritato anche Bearzot? “Sicuramente, ma già nel ’78, in cui diede spettacolo e perse solo con l’Olanda e il
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Gennaio
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Regolamento per i servizi di Procuratore Sportivo
speciale In vigore dal 1° aprile 2015
Regolamento per i servizi di Procuratore Sportivo Definizioni Art. 1 Se non diversamente specificato nell’ambito del presente regolamento, i seguenti termini, indifferentemente al singolare o al plurale, al maschile o al femminile, hanno il seguente significato: • Calciatore: si intende un calciatore professionista, tesserato o che intende tesserarsi come professionista con un Club (come appresso definito • Commissione Procuratori Sportivi: si intende la Commissione istituita presso la FIGC formata da tre membri nominati dal Consiglio Federale, di cui uno con funzioni di Presidente, che esercita i poteri disciplinari previsti dal presente regolamento. • Contratto di Rappresentanza o Mandato: si intende il contratto con durata non superiore a due anni stipulato e sottoscritto da un Procuratore Sportivo, con un Club o un Calciatore, o con entrambi, per le finalità di cui al presente regolamento, che sia redatto secondo il fac-simile di cui all’allegato A o contenga i requisiti minimi previsti dal presente regolamento. • Dichiarazione delle Persone Fisiche: si intende la dichiarazione redatta secondo il modello di cui all’allegato B, sottoscritta dal Procuratore Sportivo, che ne autocertifica la buona condotta e l’assenza di impedimenti o di conflitti di interesse per la sua iscrizione nel Registro FIGC, e l’impegno a rispettare i regolamenti e il potere disciplinare dell’ordinamento sportivo. • Dichiarazione delle Persone Giuridiche: si intende la dichiarazione analoga alla Dichiarazione delle Persone Fisiche, redatta secondo il modello di cui all’allegato C, sottoscritta dal Procuratore Sportivo che operi per il tramite di una persona giuridica, una società di persone o altro ente associativo, quando il Mandato è conferito direttamente a quest’ultimo. • Procuratore Sportivo: si intende il soggetto che anche per il tramite di una persona giuridica o una società di persone o altro ente associativo, professionalmente o anche occasionalmente, rappresenta o assiste una Società Sportiva e/o un Calciatore, per le finalità di cui al successivo art. 2, in forza di uno specifico rapporto contrattuale, senza alcun riguardo alla sua effettiva qualifica professionale e anche se legato da vincoli di coniugio o di parentela con gli atleti rappresentati. • Registro: si intende il registro tenuto dalla FIGC, cui debbono obbligatoriamente essere iscritti i Procuratori Sportivi. Il Registro è pubblicato sul sito della FIGC. • Società Sportiva o Club: si intendono le società sportive professionistiche affiliate alla Federazione Italiana Giuoco Calcio o ad altra Federazione affiliata alla FIFA. Per FIGC, FIFA e UEFA si intendono, rispettivamente, la Federazione Italiana Giuoco Calcio, la Federazione internazionale delle federazioni calcistiche, e la Confederazione europea delle federazioni calcistiche europee. Finalità Art. 2 1. Il presente regolamento disciplina i servizi di assistenza e rappresentanza da parte di un Procuratore Sportivo a favore di una Società Sportiva e/o di un Calciatore, finalizzati:
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• alla conclusione o risoluzione di un contratto di prestazione sportiva tra un Calciatore e una Società Sportiva; • alla conclusione di un trasferimento di un Calciatore tra due Società Sportive. 2.2 Il presente regolamento è adottato dalla FIGC in conformità ai principi emanati dal vigente “Regolamento FIFA” sugli intermediari, di cui costituisce diretta applicazione. In caso di divergenza tra il Regolamento FIFA e il presente regolamento, quest’ultimo prevale.
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Principi Generali Art. 3 Società Sportive e Calciatori possono avvalersi dei servizi di un Procuratore Sportivo per la stipula dei loro contratti di prestazione sportiva o per gli accordi di trasferimento da altro Club o verso altro Club, o per la risoluzione di un contratto di prestazione sportiva, a condizione che il Procuratore Sportivo selezionato sottoscriva il Contratto di Rappresentanza e sia iscritto nel Registro, e che i Contratti di Rappresentanza siano ritualmente depositati preso la FIGC . Non possono svolgere l’attività di Procuratore Sportivo i tesserati della FIGC, dirigenti, calciatori o tecnici, e comunque tutti coloro che ricoprano cariche o abbiano rapporti professionali o di qualsiasi altro genere nell’ambito della FIGC o delle società ad essa affiliate. In nessun caso la validità di un contratto di prestazione sportiva tra un Calciatore e una Società Sportiva o il trasferimento di un Calciatore tra due Società Sportive, può essere subordinata alla conclusione o alla validità di un Mandato o all’impegno di una parte contraente di affidare un Mandato a un determinato Procuratore Sportivo. Il contratto concluso tra una Società Sportiva e un Calciatore ovvero tra due Società Sportive per il trasferimento di un Calciatore deve fare espressa menzione delle generalità del Procuratore Sportivo dei cui servizi si sono eventualmente avvalsi i contraenti, ovvero indicare espressamente che nessun Procuratore Sportivo ha partecipato alla definizione del contratto.
Registrazione Art. 4 1. Coloro che intendano svolgere, anche occasionalmente, l’attività di Procuratore Sportivo e risiedano legalmente in Italia sono tenuti a registrarsi come tali iscrivendosi nel Registro mediante apposita domanda indirizzata alla FIGC e redatta secondo il modello di cui all’allegato D. L’iscrizione nel Registro è subordinata al versamento dei diritti di segreteria stabiliti dalla FIGC e ha la validità di un anno, scaduto il quale il Procuratore Sportivo può iscriversi nuovamente nel Registro senza soluzione di continuità, ovvero iscriversi solo in occasione della sottoscrizione e deposito di un Contratto di Rappresentanza. 2. L’iscrizione nel Registro comporta l’obbligo del Procuratore Sportivo di osservare le norme statutarie e i regolamenti della FIGC, della FIFA e della UEFA, improntando il proprio
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operato ai principi di correttezza e diligenza professionale. L’iscrizione comporta, altresì, l’assoggettamento del Procuratore Sportivo ai poteri disciplinari della FIGC previsti dal presente regolamento. 3. La domanda di iscrizione nel Registro è accompagnata dalla Dichiarazione delle Persone Fisiche, con la quale il Procuratore Sportivo assume l’impegno a rispettare quanto previsto dal precedente art. 4.2 e dichiara: • di essere legalmente residente in Italia; • di godere dei diritti civili e non essere stato dichiarato interdetto, inabilitato, fallito; • di non avere riportato condanne definitive per il reato di frode sportiva di cui alla legge 401/1989 ovvero per delitti non colposi puniti con la pena edittale della reclusione superiore, nel massimo, a cinque anni; • di non avere riportato nell’ambito dell’ordinamento sportivo la sanzione della preclusione; • di non trovarsi in nessuna situazione di incompatibilità prevista dal presente regolamento e di non avere sanzioni disciplinari in essere e non ancora completamente scontate nell’ambito della FIGC, e di avere esaurito i pagamenti di eventuali sanzioni pecuniarie o essere comunque al corrente con eventuali rateizzazioni. 4. Se il Procuratore Sportivo agisce attraverso una persona giuridica o una società di persone, o altro ente associativo, deve richiedere l’iscrizione anche della società depositando la Dichiarazione delle Persone Giuridiche con la richiesta di iscrizione nel Registro di tutte le persone fisiche che ne hanno la legale rappresentanza o che prestano i loro servizi di Procuratore Sportivo per il tramite di essa, e indicando, altresì, le generalità di coloro che abbiano partecipazioni societarie a qualsiasi titolo. 5. Nel corso dell’anno di validità della sua iscrizione nel Registro, il Procuratore Sportivo è tenuto a comunicare immediatamente alla FIGC ogni variazione rispetto a quanto indicato nella Dichiarazione delle Persone Fisiche o nella Dichiarazione delle Persone Giuridiche. 6. La FIGC può in ogni momento compiere accertamenti o invitare il Procuratore Sportivo a produrre idonea documentazione comprovante la veridicità di quanto dichiarato nella Dichiarazione delle Persone Fisiche e nella Dichiarazione delle Persone Giuridiche e, in caso di dichiarazione mendace, il Procuratore Sportivo è soggetto alla sanzione disciplinare della sospensione a tempo determinato dal Registro. 7. Nel caso di incompatibilità sopravvenuta dopo la sua iscrizione nel Registro, la FIGC provvede alla sospensione o cancellazione del Procuratore Sportivo. 8. Con l’iscrizione nel Registro il Procuratore Sportivo può qualificarsi come “Iscritto al Registro FIGC” o “Registered by FIGC”. 9. Avverso il diniego di iscrizione al Registro l’interessato può proporre ricorso alla Commissione Procuratori Sportivi. 10. I Club Italiani o i Calciatori tesserati in Italia possono conferire Mandati a Procuratori Sportivi non residenti in Italia a condizione che gli stessi comprovino l’iscrizione presso al-
tra Federazione affiliata alla FIFA e che i relativi Contratti di Rappresentanza siano ritualmente depositati presso la FIGC.
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Contratto di Rappresentanza Art. 5 Il Contratto di Rappresentanza deve essere sottoscritto dalle parti interessate e deve contenere le loro generalità complete, l’oggetto del mandato, la durata non superiore a due anni, il corrispettivo dovuto al Procuratore Sportivo e le modalità di pagamento, le clausole di risoluzione ed eventuali penali, e può contenere una clausola compromissoria o l’indicazione del foro competente in caso di controversie. Il Contratto di Rappresentanza deve essere corredato dalla Dichiarazione delle Persone Fisiche e della Dichiarazione delle Persone Giuridiche, se necessaria, ovvero fare riferimento alle stesse se già depositate presso la FIGC nell’anno precedente e non siano intervenute nel frattempo variazioni. Nel Contratto di Rappresentanza il Procuratore Sportivo deve dichiarare di non trovarsi in una situazione di incompatibilità o di conflitto di interessi, ovvero ne deve rendere edotte le parti contrattuali. Qualora il Calciatore interessato sia minore di età, il Contratto di Rappresentanza dovrà essere sottoscritto da chi ne ha la potestà o la tutela legale. Un Calciatore può sottoscrivere un Contratto di Rappresentanza soltanto con un Procuratore Sportivo alla volta e durante il periodo di validità del Contratto di Rappresentanza egli è rappresentato unicamente dal Procuratore Sportivo indicato nello stesso. Gli effetti del Contratto di Rappresentanza sottoscritto tra un Club e un Procuratore Sportivo per il tesseramento di un Calciatore cessano automaticamente qualora quest’ultimo - per qualsiasi motivo - non sia più tesserato con il Club. Il Contratto di Rappresentanza, previo versamento dei diritti di segreteria, deve essere depositato presso la FIGC, anche in via telematica, entro e non oltre 20 giorni dalla sua sottoscrizione. Il mancato rispetto di tale termine ne comporta l’inefficacia. Qualsiasi accordo di modifica del Contratto di Rappresentanza concordata tra le parti ovvero la risoluzione o la revoca dello stesso da parte di un contraente, deve essere depositato, anche in via telematica, entro e non oltre 20 giorni dalla sua sottoscrizione. Il mancato rispetto di tale termine ne comporta l’inefficacia. Il Procuratore Sportivo ha l’obbligo di mantenere riservate le informazioni di cui viene a conoscenza nell’espletamento del mandato e di non diffondere notizie comunque relative ai suoi Contratti di Rappresentanza con Club o Calciatori.
Corrispettivi Art. 6 1. Nel Contratto di Rappresentanza deve essere indicato il corrispettivo dovuto al Procuratore Sportivo e, nel caso in cui i servizi del Procuratore Sportivo siano svolti nell’interesse di più parti, anche chi è tenuto al pagamento.
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2. Il corrispettivo per i servizi di un Procuratore Sportivo può essere stabilito in una somma forfettaria ovvero in una percentuale sui valori della transazione curata dal Procuratore Sportivo o sul reddito lordo complessivo del calciatore risultante dal contratto di prestazione sportiva, nel rispetto delle norme tributarie applicabili, e indicandone termini e modalità di pagamento nel Contratto di Rappresentanza. 3. Le parti, nello stabilire l’entità del corrispettivo dovuto al Procuratore Sportivo, possono fare riferimento ai seguenti criteri per la sua determinazione: • l’ammontare totale del corrispettivo dovuto al Procuratore Sportivo per l’assistenza fornita a un Calciatore o a un Club per la stipula di un contratto di prestazione sportiva tra un Calciatore e una Società Sportiva non dovrà eccedere il 3% della retribuzione base complessiva lorda del Calciatore; • l’ammontare totale del corrispettivo dovuto al Procuratore Sportivo per l’assistenza fornita ad una Società Sportiva per la conclusine di un accordo di trasferimento di un Calciatore non dovrà eccedere il 3% del valore del trasferimento. 4. Nessun corrispettivo è dovuto al Procuratore Sportivo da un Calciatore che sottoscriva un contratto ai minimi federali, né da un Club nel caso in cui il Contratto di Rappresentanza sia relativo al tesseramento di un calciatore non professionista.
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Conflitto di interessi Art. 7 Il Procuratore Sportivo deve indicare chiaramente nel Contratto di Rappresentanza se agisce nell’interesse di una sola parte contrattuale o di più parti e in tal caso deve ottenere il consenso scritto di tutte le parti interessate. Nel caso in cui il Procuratore Sportivo agisca nell’interesse di più parti, egli sarà tenuto a stipulare un Contratto di Rappresentanza con ciascuna parte interessata. È fatto divieto ai Procuratori Sportivi avere un interesse diretto o indiretto nel trasferimento di un Calciatore da un Club ad altro Club e/o assumere cointeressenze o partecipazioni di qualsiasi tipo nei diritti economici relativi al trasferimento di un Calciatore o ai ricavi di un Club per lo stesso titolo. È fatto divieto alle Società Sportive corrispondere somme o cedere crediti a un Procuratore Sportivo relativi a contributi di solidarietà o indennità di formazione come previsti dai regolamenti FIFA o da norme federali. È fatto divieto alle Società Sportive e ai loro dirigenti di ricevere qualsiasi somma o altro compenso da Procuratori Sportivi in relazione a rapporti contrattuali intrattenuti con lo stesso.
Trasparenza Art. 8 1. Entro il 31 dicembre di ogni anno Club e Calciatori sono tenuti a comunicare alla FIGC i corrispettivi erogati a Procuratori Sportivi in forza dei Contratti di Rappresentanza sottoscritti. 2. Entro il 31 marzo di ogni anno la FIGC rende noti i nominativi dei Procuratori Sportivi che hanno svolto servizi per conto di Calciatori o Club nell’anno precedente e rende altresì
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noto il dato aggregato relativo ai corrispettivi erogati nell’anno precedente ai Procuratori Sportivi e i soggetti che li hanno corrisposti.
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Sanzioni Art. 9 Per le violazioni da parte dei Procuratori Sportivi del presente regolamento e per l’inosservanza delle norme federali, statutarie e regolamentari della FIGC, della FIFA e della UEFA è competente a giudicare in primo grado la Commissione Procuratori Sportivi su istanza di chiunque vi abbia interesse o anche di ufficio. Il procedimento è regolato da un apposito regolamento adottato dalla Commissione Procuratori Sportivi e approvato dal Consiglio Federale. Per le violazioni di cui al presente regolamento, il Procuratore Sportivo è passibile delle seguenti sanzioni disciplinari: • sospensione dal Registro per un periodo determinato fino ad un massimo di un anno; • cancellazione dal Registro e preclusione da ogni successiva iscrizione in caso di cumulo di violazioni che abbiano comportato la sanzione definitiva della sospensione per un periodo complessivo superiore a tre anni, calcolato in un arco temporale di cinque anni. Avverso le decisioni della Commissione Procuratori Sportivi, il Procuratore Sportivo può proporre ricorso alla Corte Federale di Appello che giudica in via definitiva. Le sanzioni disciplinari irrogate ai Procuratori Sportivi sono comunicate dalla FIGC alla FIFA ai fini della loro estensione a livello internazionale.
Norme Transitorie A. Il presente regolamento entra in vigore dal 1° aprile 2015. Dalla stessa data, a seguito dell’abolizione da parte della FIFA della licenza già prevista per gli agenti di calciatori, cessa di avere effetto il “Regolamento Agenti di Calciatori” della FIGC. B. I contratti di rappresentanza con Calciatori e Club depositati presso la “Commissione Agenti di Calciatori” della FIGC prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, mantengono la loro efficacia sino alla loro naturale scadenza. C. Gli iscritti al cessato elenco degli agenti di calciatori alla data del 31 marzo 2015 possono richiedere l’iscrizione nel Registro con validità fino al 31 dicembre 2015 previo versamento del rateo dei diritti di segreteria, a condizione che non abbiano sanzioni disciplinari in essere e non ancora completamente scontate nell’ambito della FIGC, e di avere esaurito i pagamenti di eventuali sanzioni pecuniarie o essere comunque al corrente con eventuali rateizzazioni. ALLEGATI: A. F ac-simile del Contratto di Rappresentanza e modulo di deposito; B. Dichiarazione delle Persone Fisiche; C. Dichiarazione delle Persone Giuridiche; D. Domanda di iscrizione al Registro FIGC.
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60 anni…”
le, agli Europei dell’86. All’ultima giornata battemmo il Padova per 2-0, salutai con una doppietta”. Si ritirò nel giugno del 1990, a 34 anni. Oggi in chi si rivede? “Nessuno. I confronti si fanno in età diverse, vediamo tante partite, ci sono gol e caratteristiche differenti, non tanti si avvicinano ai miei numeri. Non sono stato superiore a nessuno, ma nessuno può dire di essere stato migliore di me. Vedo statistiche, giornalisti che fanno classifiche, io non le amo”.
Brasile. Quattro anni più tardi si aggiudicò il Mondiale battendo Argentina, Brasile, Polonia e Germania”. Perché quell’epoca resta magica? “Era il periodo più difficile, per giocare a calcio, dal 1975 al ’90. Bisognava avere tutto: tecnica, completezza e testa, cuore e sacrificio. Negli ultimi 25 anni, ha cominciato a imperare il fisico: fa carriera chi più corre”. Nell’88 passò dall’Inter alla Juve… “Non andavo d’accordo con Giovanni Trapattoni... Avevo un’altra stagione di contratto, con il presidente Ernesto Pellegrini decidemmo di lasciarci in anticipo. Andai agli Europei, segnai alla Danimarca e poi giocai la semifinale, persa contro l’Urss, all’ultima manifestazione da unita. Gli anni erano 32 anni, stavo bene, mi chiamò Giampiero Boniperti e andai a Torino, affrontando il rischio di essere etichettato come traditore. Certo oggi rimane il rimpianto di non aver chiuso all’Inter, avrei meritato quel secondo scudetto, tanto più dei record”. L’ultima stagione fu nuovamente a Brescia e in serie B, con 32 presenze e 7 gol. “Ho voluto così, lasciare da dove ero partito. Lottammo anche per la promozione, con il romagnolo Franco Varrella in panchina, poi vice di Arrigo Sacchi in Naziona-
Il suo cognome è l’anagramma di Balotelli… “Ma tra me e lui c’è un centinaio di gol di differenza… Lo conosco dai tempi delle giovanili al Lumezzane, è un ottimo centravanti, il problema è che presto hanno pensato di farne il Cristiano Ronaldo italiano e così è stato rovinato. Ora dovrebbe ripartire da sotto zero, neanche da zero, gli auguro di riuscirci”. Come tanti grandi ex, lei si è dedicato molto alla tv. “Ho iniziato da Mediaset, poi con la Rai, sino al passaggio a Teletutto, a Brescia. Per 3 anni comprai spazi televisivi a Rtb Brescia, avevo ospiti i giornalisti Alfredo Pedullà, oggi a Sportitalia, Xavier Jacobelli, Franco Ordine (Il Giornale) e Gianni Gianluppi, all’epoca capo dello sport de Il Giornale di Brescia: non sta benissimo, da alcuni anni, resta un grande uomo. E poi c’era Gigi Maifredi”.
Da dieci anni commenta il calcio per la tv di Doha, Al Jazeera. “Da un anno e mezzo si chiama Bein sport, detiene i diritti televisivi dell’intero calcio mondiale. Ha una piccola sede a Milano, sino a qualche mese fa c’era anche l’ex ct Cesare Maldini, tra i commentatori”. Come avvenne il contatto? “Ero in vacanza in Tunisia, quando scomparve l’allenatore Franco Scoglio. Allora il capo dello sport, Isham al Kalzi, mi propose la collaborazione. Conoscevo quella tv solo perché trasmetteva i messaggi inviati da Bin Laden, alla lunga la scelta si è dimostrata azzeccata”. Ha la stessa moglie da sempre… “Già, con Antonella ci conosciamo dal ’74, è casalinga, bresciana. E ancora abito a Brescia”. Avete due figli: Andrea, classe ’77, lavora nell’A2A di Brescia, ovvero l’azienda di gas, acqua e luce. “Giocò nella Primavera delle rondinelle e mollò presto. Il confronto con me era ancora troppo vivo, non lo resse, anche se faceva il centrocampista offensivo. Convive con Ilaria”. Mattia, invece, classe 1983, è stato un buon professionista. “Gioca a Rezzato, in Eccellenza lombarda, in una grande società, con gli stessi proprietari del Mantova: rappresentano la Sdl, con Sandro Musso presidente, Serafino Di Loreto e il dg Stefano Pigolotti, in campo con me a Sonnino. Mattia era stato nell’Inter Primavera, vinse lo scudetto, la Coppa Italia e il torneo di Viareggio, con Beppe Baresi e poi Pancheri allenatori. Esordì in Coppa Italia, feci due preparazioni con la prima squadra, con Marcello Lippi ed Hector Cuper. Giocò nella Spal e nello Spezia, ad Avellino e nella Torres, in Svizzera al Chiasso, a Montichiari e nel Rodengo, nel Bresciano e in altre società”.
calcio e legge
di Stefano Sartori
Questo mese parliamo di…
Regolamento per i servizi di Procuratore Sportivo Il Procuratore e l’ambito dell’attività (Artt. 1 e 2) Procuratore Sportivo è il soggetto che, professionalmente o anche occasionalmente e a condizione che sia iscritto nel Registro FIGC, rappresenta o assiste un Club e/o un Calciatore, per • la conclusione o risoluzione di un contratto tra un calciatore e un club; • la conclusione di un trasferimento di un calciatore tra due club. Per Calciatore si intende un calciatore professionista o il tesserato che si accinge a sottoscrivere per la prima volta un contratto da professionista.
Incompatibilità (Art. 3)
Non possono svolgere l’attività di procuratore i tesserati della FIGC, dirigenti, calciatori o tecnici, e tutti coloro che ricoprano cariche o abbiano rapporti professionali o di qualsiasi altro genere nell’ambito della FIGC o delle società ad essa affiliate.
Registrazione (Art. 4)
L’attività di Procuratore è condizionata all’iscrizione nel Registro FIGC che avviene mediante apposita domanda redatta secondo il modello tipo. Il conferimento di mandati a Procuratori Sportivi non residenti in Italia è ammissibile se i procuratori sono iscritti presso altra Federazione e se i Contratti di Rappresentanza sono depositati presso la FIGC.
Contratto di Rappresentanza (Art. 5) Il Contratto di Rappresentanza deve essere sottoscritto dalle parti interessate e deve contenere: a) le generalità complete; b) l’oggetto del mandato; c) la durata non superiore a 2 anni; d) il corrispettivo e le modalità di pagamento; e) le clausole di risoluzione ed eventuali penali 26
Può contenere una clausola compromissoria o l’indicazione del foro competente in caso di controversie. Nel Contratto di Rappresentanza il Procuratore deve dichiarare di non trovarsi in una situazione di incompatibilità o di conflitto di interessi, ovvero deve notiziare le parti. Qualora il Calciatore sia minore di età, il Contratto di Rappresentanza deve essere sottoscritto da chi ne ha la potestà o la tutela legale. Un Calciatore può sottoscrivere un solo Contratto di Rappresentanza per volta anche se il Contratto stesso può prevedere un mandato congiunto a più soggetti, autonomi o associati tra loro. Il Contratto di Rappresentanza, previo versamento dei diritti di segreteria, deve essere depositato presso la FIGC, anche in via telematica, entro e non oltre 20 giorni dalla sua sottoscrizione. Il mancato rispetto di tale termine ne comporta l’inefficacia. In ossequio al Regolamento FIFA, qualora un avvocato sia investito di un potere di rappresentanza, il relativo Contratto di Rappresentanza deve essere ugualmente depositato presso la FIGC. Gli effetti del Contratto di Rappresentanza cessano automaticamente con la cessazione del rapporto di lavoro tra Calciatore e Club, relativamente alle prestazioni non ancora maturate e ancora da eseguire, a meno che il compenso del Procuratore sia dovuto non anno per anno ma al verificarsi del semplice evento del tesseramento del Calciatore. Qualsiasi accordo di modifica del Contratto di Rappresentanza ovvero la risoluzione o la revoca dello stesso da parte di un contraente, deve essere depositato, anche in via telematica,
entro e non oltre 20 giorni dalla sua sottoscrizione. Il mancato rispetto di tale termine ne comporta l’inefficacia.
Corrispettivi (Art. 6)
Nel Contratto di Rappresentanza deve essere indicato il corrispettivo dovuto al Procuratore e, nel caso in cui i servizi del Procuratore siano svolti nell’interesse di più parti, anche chi è tenuto al pagamento. Le parti possono fare riferimento ai seguenti criteri per la determinazione del corrispettivo: • a mero titolo di raccomandazione, l’ammontare totale del corrispettivo dovuto al Procuratore per l’assistenza per la stipula di un contratto non dovrà eccedere il 3% della retribuzione base complessiva lorda del Calciatore; • a mero titolo di raccomandazione, l’ammontare totale del corrispettivo dovuto al Procuratore per l’assistenza fornita ad un club per la conclusione di un accordo di trasferimento di un Calciatore non dovrà eccedere il 3% del valore del trasferimento. Nessun corrispettivo è dovuto in caso di assistenza ad un calciatore che sottoscriva un contratto ai minimi federali.
Conflitto di interessi (Art. 7)
Il Procuratore deve indicare chiaramente se agisce nell’interesse di una sola parte contrattuale o di più parti e in tal caso deve ottenere il consenso scritto di tutte le parti interessate. Divieto di TPO: il Procuratore non può avere un interesse diretto o indiretto nel trasferimento di un Calciatore e/o assumere cointeressenze o partecipazioni di qualsiasi tipo nei diritti economici relativi al trasferimento di un Calciatore.
Trasparenza (Art. 8)
Entro il 31 dicembre di ogni anno Club e Calciatori devono comunicare
calcio e legge
Una delibera incongrua e paradossale
alla FIGC i corrispettivi erogati a Procuratori. Entro il 31 marzo di ogni anno la FIGC rende noti: a) i nominativi dei Procuratori che hanno svolto attività per conto di Calciatori o Club nell’anno precedente; b) il dato aggregato relativo ai corrispettivi erogati nell’anno precedente ai Procuratori e i soggetti che li hanno corrisposti.
Sanzioni (Art. 9)
Per le violazioni da parte dei Procuratori del regolamento e per l’inosservanza delle norme federali, statutarie e regolamentari della FIGC, della FIFA e dell’UEFA è competente a giudicare in primo grado la Commissione Procuratori Sportivi Per le violazioni del regolamento, il Procuratore è passibile delle seguenti sanzioni disciplinari: • sospensione dal Registro fino ad un massimo di 1 anno; • cancellazione dal Registro e preclusione da ogni successiva iscrizione in caso di cumulo di violazioni che abbiano comportato la sanzione definitiva della sospensione superiore a 3 anni, calcolata in un arco temporale di 5 anni. Avverso le decisioni della Commissione Procuratori Sportivi, il Procuratore può proporre ricorso alla Corte Federale di Appello che giudica in via definitiva.
Norme Transitorie
a) Il Regolamento è entrato in vigore dal 1° aprile 2015. b) I mandati depositati presso la “Commissione Agenti di Calciatori” della FIGC prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, mantengono la loro efficacia sino alla loro naturale scadenza.
Prestate attenzione all’indennità di trasferta Una recente decisione del Collegio Arbitrale costituito presso la Lega Pro merita di integrare una lista, fortunatamente non lunga, che costituisce una sorta di “galleria degli orrori” delle delibere del CA. In sintesi, il calciatore Gianluca Carfora sottoscrive un contratto biennale con l’AC Cuneo che prevede, per ciascuna stagione, una somma lorda seguita da un importo a titolo di indennità di trasferta. Non avendo percepito l’indennità, propone ricorso al Collegio; l’AC Cuneo deposita una memoria con cui sostiene l’infondatezza delle pretese del calciatore in quanto “infondate a causa della mancanza della prestazione professionale stessa, posto che il predetto sarebbe stato impegnato in una sola gara del campionato 2013/2014 peraltro non intera e annoverato in panchina solo quattro volte e, comunque, non dovuta posto che dal punto di vista giuslavoristico, detta indennità sarebbe dovuta in caso di svolgimento dell’attività lavorativa in luogo diverso da quello della sede contrattuale, cosa mai verificatasi nel caso concreto”. In seguito, vengono prodotte ulteriori memorie ex art. 5 del Regolamento del CA e, in particolare, la società precisa come l’indennità di trasferta, stante la dicitura adottata, non sia dovuta anche perché non prevista ma inclusa nello stesso importo contrattuale. In pratica, nel contratto al compenso lordo segue l’importo dell’indennità di trasferta senza il consueto “oltre” o il simbolo algebrico “+” e pertanto si deve concludere che l’indennità è ricompresa e non aggiunta al compenso stesso. Ebbene, ricorso accolto ed inverosimile memoria del club considerata priva di pregio se non temeraria ? Macché, il Collegio, malgrado il dissenso dell’arbitro nominato dal calciatore, ha concluso che Carfora non è riuscito a dimostrare la fondatezza delle proprie pretese e, nella motivazione, afferma che dall’esame delle buste paga depositate dalla società emergerebbe che l’AC Cuneo, nella prima stagione contrattuale, ha corrisposto al calciatore un importo lordo
che comprende, e non si somma, quello indicato quale indennità di trasferta; inoltre, si richiama una sentenza della Corte di Cassazione secondo la quale qualsiasi importo indicato come indennità dì trasferta non rappresenta un rimborso spese ma al contrario un aspetto strutturale della retribuzione. Sarebbe quindi corroborata la tesi della difesa della società per cui, nella fattispecie in esame, il compenso annuo lordo è comprensivo dell’indennità di trasferta. Ora, a prescindere dalle problematiche relative alla natura dell’indennità, dalla sentenza della Corte di Cassazione e da quanto emerso dalla produzione delle buste paga, e a prescindere anche dalle attività difensive del calciatore che, forse, non hanno aiutato ed hanno consentito una più agevole difesa del club, la delibera è incongrua e paradossale. L’ineffabile Collegio ha in sostanza accolto l’inverosimile tesi secondo cui la mancanza della parola magica “oltre” o del segno “+” non può che significare che, per club e calciatore (evidentemente impazziti), l’indennità, seppure distintamente quantificata, va intesa come facente parte dell’importo lordo indicato. A nostro giudizio è fin troppo chiaro che il Collegio, o meglio i 2/3 che hanno condiviso questa bizzarra motivazione, ha commesso un grave errore nel non considerare inefficace una clausola contrattuale palesemente inutile: va infatti al di là di ogni sforzo di comprensione il ritenere aderente alla volontà delle parti l’aver specificato l’importo dell’indennità di trasferta al solo scopo di ricomprenderlo nell’importo contrattuale lordo! In definitiva, una delibera criticabile sia dal punto di vista strettamente giuridico che applicando il comune buon senso e che deve essere ricordata soltanto per fornire una lezione da non dimenticare: da oggi, quando si stipula un contratto comprensivo dell’indennità di trasferta non si dovrà mai dimenticare di aggiungere all’importo lordo la parola “oltre” o il simbolo algebrico “+” . 27
calcio e legge
di Federico Trefiletti
Clausola compromissoria
Violazione del vincolo di giustizia sportivo Il Tribunale Federale Nazionale, nella sua composizione competente in ordine alle condotte rilevanti sul piano disciplinare, è stata investita di un caso afferente il vincolo di giustizia sportivo e la sua presunta violazione posta in essere da un calciatore. La controversia veniva instaurata in seguito al deferimento della Procura Federale nei confronti del calciatore Daniele Martinetti, tesserato per l’AS Varese 1910 Spa nella stagione sportiva 2012/2013. Quest’ultimo notiziava la Procura Federale che nel corso della suddetta stagione aveva subìto un grave infortunio che lo aveva costretto ad interrompere l’attività agonistica e che, in seguito ai reiterati inadempimenti perpetrati dalla Società di appartenenza, promuoveva contro la stessa un’azione giudiziale dinnanzi al Giudice del Lavoro presso il Tribunale di Varese al fine di ottenere dalla società medesima il rimborso delle spese mediche ed il risarcimento del danno. La Procura Federale, aperto il consequenziale procedimento ed esperite le relative indagini conclusesi in data 22 giugno 2015, deferiva alla Sezione Disciplinare del Tribunale Federale Nazionale, tra gli altri soggetti, il calciatore Martinetti a cui veniva contestata la violazione degli artt. 1 bis comma 1, 15 comma 1 CGS e, in ultimo dell’art. 30 relativamente ai commi 2 e 4 dello Statuto, per aver citato
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in giudizio la Società AS Varese 1910 Spa senza aver avuto la preventiva autorizzazione del Consiglio Federale, dal calciatore non richiesta. Il processo si concludeva con il patteggiamento di cui all’art. 23 CGS relativamente agli altri soggetti deferiti mentre proseguiva con riferimento alla posizione del calciatore, nei cui confronti la Procura chiedeva l’accoglimento del deferimento e la conseguente squalifica a 4 giornate. Il Calciatore Martinetti nel corso della fase del procedimento innanzi la Procura Federale, faceva pervenire all’Organo inquirente una memoria difensiva a mezzo della quale deduceva di essere stato costretto ad adire il giudice ordinario evidenziando che il ricorso al giudice del lavoro era reso improcrastinabile dalla oramai prossima scadenza dei termini per la sua proposizione e, pertanto, concludeva per il proprio totale proscioglimento. In diritto, Tribunale Federale Nazionale osserva che il divieto di adire la giustizia ordinaria statale, altrimenti noto come “vincolo di giustizia sportivo”, è disciplinato dall’art. 30 comma 2 dello statuto F.I.G.C. in virtù del quale i soggetti facenti parte del circuito sportivo, in ragione della loro appartenenza all’ordinamento settoriale o dei vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo, “accettano la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla FIGC, dalla FIFA, dalla UEFA, dai suoi organi o soggetti delegati, nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico”. Il comma 4, in deroga al suddetto articolo,
consente la possibilità di adire il giudice statale esclusivamente per gravi ragioni di opportunità, in seguito ad apposita autorizzazione rilasciata dal Consiglio Federale. Innanzitutto, viene smentito l’assunto difensivo del calciatore in base al quale lo stesso è stato costretto ad adire il giudice ordinario, non potendo attendere il rilascio della necessaria autorizzazione, per l’imminente pericolo di incorrere nella decadenza prevista dall’ordinamento sportivo che si sarebbe verificata ove si fosse atteso il termine della stagione successiva a quella di insorgenza del diritto. Il Tribunale afferma a tal proposito che “non è in dubbio che detto termine è del tutto estraneo al processo innanzi al giudice ordinario che è dotato di diversa disciplina, rispetto alla quale è del tutto inapplicabile quella dell’ordinamento federale”. Il Tribunale respinge il deferimento e pertanto perviene alla assoluzione del calciatore in quanto, se è pur vero che non è contestata la circostanza che il calciatore Martinetti sia ricorso alla giurisdizione statale senza richiedere l’autorizzazione della Federazione, è altrettanto vero che risulta dagli atti che alla data del 25 giugno 2014 in cui è avvenuto il deposito del ricorso del Martinetti al Giudice del Lavoro presso il Tribunale di Varese lo stesso non era più tesserato. Infatti il calciatore è stato in forza alla società Varese sino al 30 giugno 2013, sicché egli nel momento in cui si è rivolto al giudice del lavoro per la tutela dei propri diritti non era obbligato al rispetto del vincolo di giustizia, che sarebbe stato sussistente ove il tesseramento fosse stato mantenuto. Appare qui il caso di esaminare il quadro normativo al fine di valutare la decisione cui è pervenuta l’Organo della Giustizia Sportiva. A tal proposito occorre innanzitutto individuare gli elementi che costituiscono l’istituto del vincolo di giustizia in forza del quale, come è ormai noto, viene preclusa la possibilità di adire il giudice. A ben vedere l’istituto di cui in argomento si compone di due requisiti: un primo, di natura soggettiva, attiene allo status giuridico del soggetto; l’elencazione dei soggetti cui si applica detto vincolo è contenuta nel 1 comma dell’art. 30 dello
calcio e legge
Approvato al Senato il testo di legge
Ius soli sportivo Statuto FIGC il quale, fra gli altri, menziona “i tesserati”. Il secondo requisito, invece, è di natura oggettiva in quanto attiene alla natura giuridica dell’attività svolta che deve essere posta in essere in ambito federale e pertanto deve esplicare i propri effetti all’interno dello stesso. Il 2 comma dell’art. 30, infatti, chiosa che i soggetti di cui al comma precedente accettano gli effetti derivanti dall’appartenenza all’ordinamento federale “nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico”. Nel caso di specie è stato ampiamente accertato in sede processuale che il calciatore aveva perduto lo status di tesserato e pertanto non era più soggetto alla disciplina del vincolo sportivo in quanto, alla luce di quanto è stato esposto, qualora venga a mancare almeno uno dei due elementi che costituiscono in vincolo sportivo, la condotta diviene irrilevante per l’ordinamento sportivo e non pone alcun problema in ordine alla possibilità di adire il giudice ordinario.
È stato approvato al Senato, il 14 gennaio scorso, il testo di legge che prevede lo Ius Soli Sportivo con 215 voti favorevoli e 6 contrari. Questo istituto è un primo importantissimo passo verso l’inclusione e l’integrazione dei giovani minori residenti in Italia dall’età di 10 anni. La norma consentirà loro di accedere al tesseramento presso tutte le federazioni sportive nazionali, superando ostacoli e lungaggini che ostacolavano la possibilità di svolgere tempestivamente l’attività sportiva: le pratiche dei tesseramenti saranno da oggi equiparate in tutto e per tutto ai loro coetanei italiani. Il provvedimento non darà la possibilità, invece, di essere selezionabili per le nazionali in attesa dell’approvazione delle norme sulla cittadinanza che sono ancora in discussione alla camera. L’Associazione Calciatori saluta con soddisfazione tale provvedimento di cui, proprio a Vicenza, circa un anno fa, si era discusso con parlamentari e istituzioni sportive. “Almeno nello sport non ci sono stranieri” - ha dichiarato Damiano Tommasi - “ma accanto alla bella no-
Lotta al doping
Donati e Tommasi con gli studenti Oltre 400 gli studenti presenti il 1° febbraio scorso all’Istituto Canova di Vicenza, provenienti da diverse scuole di città e provincia, per incontrare il prof. Sandro Donati e il Presidente AIC Damiano Tommasi. L’incontro, moderato dal Direttore Generale AIC Gianni Grazioli, è stato realizzato su iniziativa dell’Ufficio Scolastico Provinciale e grazie alla partecipazione attiva degli insegnanti. Il prof. Donati, ex allenatore di atletica
leggera ed attuale consulente dell’Agenzia Mondiale Antidoping WADA, ha sottolineato l’importanza di educare e formare i giovani per contrastare il doping. “I giovani hanno bisogno di concretezza e di punti di riferimento” – ha detto Donati, invitando gli studenti ad un confronto con gli insegnanti in qualità di adulti che lavorano ogni giorno per il loro futuro. Il Presidente Tommasi, portando la sua esperienza di sportivo e di dirigente, e confermando l’impegno dell’AIC nel contrasto al doping, ha evidenziato anche la necessità di “riflettere sulle motivazioni del cercare qualcosa altrove”, un tema che va affrontato non solo per i calciatori o gli sportivi. Stimolante e ricco di riflessioni il dibattito con gli studenti che ha concluso l’incontro.
tizia, non possiamo non sottolineare come anche questi ragazzi/e, come tutti gli altri italiani/e, saranno da ora assoggettati all’illegittima normativa del vincolo sportivo”. “Infatti se da una parte beneficeranno della nuova norma”- ha concluso il Presidente AIC “dall’altra li stiamo vincolando nel calcio per 11 anni”.
Agli ex tesserati delle società fallite
Fondo di solidarietà: iniziati i pagamenti Grazie al versamento straordinario effettuato dall’Associazione Italiana Calciatori e dai calciatori della Nazionale, il Fondo di Solidarietà, secondo i criteri del suo Statuto, sta pagando in questi giorni l’8% del credito residuo agli ex tesserati delle società fallite e non iscritte nelle stagioni sportive 2009/2010, 2010/2011 e 2011/2012. Circa 1500 calciatori rimasero infatti insoluti in quegli anni e nei loro confronti non intervenne neanche il Fondo di Garanzia, oggi in liquidazione. Quasi ultimati i pagamenti relativi agli ex tesserati delle società fallite e non iscritte nella stagione 2009/2010: U.S. Avellino, Pisa Calcio, Treviso F.B.C., S.S.C. Venezia, Sambenedettese Calcio. Iniziati anche i pagamenti degli ex tesserati per le società fallite e non iscritte nella stagione 2010/2011. 29
politicalcio
di Fabio Appetiti
Deputata relatrice della legge sullo Ius soli
Marilena Fabbri: “Lasciate liberi di giocare “Lasciate liberi di giocare i bambini”. Così conclude l’onorevole Fabbri che da “non esperta”, come dice lei, ha centrato quello che è un male del nostro calcio, troppo carico di pressioni. Lasciate giocare i bambini, di tutti i colori e di tutte le razze, e ben venga lo “Ius soli sportivo”, se favorisce l’integrazione e l’inclusione di minori, nati e cresciuti sul nostro territorio, che ora potranno tesserarsi e correre dietro un pallone, proprio come i loro amici italiani. Ma lasciare giocare i bambini, significa anche essere vigili e inflessibili verso personaggi senza scrupoli, trafficanti di illusioni che lucrano sulla passione di un ragazzino e magari sul bisogno dei genitori. Lasciare giocare i bambini, infine, va rivolto a tanti tecnici, dirigenti, genitori del nostro belpaese che perdono di vista la realtà e proiettano, su bimbi di pochi anni, i loro desideri e il riscatto delle loro frustrazioni...vincere, vincere, vincere ma chi è che vince? Vince chi gioca, si diverte, cresce sano e grazie allo sport diventerà una persona migliore. E qualche volta, se capita, “anche” un buon giocatore. Marilena Fabbri, Deputata relatrice della legge sulla cittadinanza e sullo Ius soli. A che punto siamo con l’iter della legge e, sinteticamente, ci puoi dare i punti cruciali? “La proposta di legge sulla cittadinanza è stata approvata alla Camera dei deputati ad ottobre e poi ora è arrivata alla Commissione affari costituzionali al Senato, per essere discussa. È stata un po’ rallentata nelle ultime settimane dalle discussioni su legge di stabilità, riforme istituzionali e diritti civili .Auspichiamo comunque che, entro la primavera, possa essere legge dello stato. Questa legge si rivolge ai bambini nati in Italia da genitori stranieri e ai bambini arrivati nel nostro paese prima dei 12 anni. Obiettivo è includere tutti quei bambini che sviluppano un progetto di vita in Italia, per dare loro una identità precisa. Spesso questi ragazzi non si sentono né italiani, né stranieri, perc h é non
vivono il paese di provenienza dei propri genitori e non si sentono di appartenere a quello dove nascono e crescono. Con la cittadinanza invece questi bambini vedranno a pieno titolo tutelati i loro diritti e sentiranno di appartenere in tutto e per tutto al nostro paese. La cittadinanza italiana sarà concessa in due modi: lo “Ius soli temperato”, per bambini nati in Italia da genitori stranieri di cui, almeno uno, sia in possesso di un soggiorno di lungo periodo, se si tratta di extracomunitario, o di un permesso di soggiorno permanente, se si tratta di comunitario, e con lo “Ius culture” per i bambini nati in Italia o arrivati prima dei 12 anni, ma che dovranno svolgere almeno un ciclo scolastico di 5 anni nel nostro paese, con l’obbligo di aver superato il ciclo di scuola primaria. Con questi requisiti i genitori potranno fare domanda e subito gli verrà concessa senza lungaggini, né procedure burocratiche”. Quali sono i principali paesi europei in cui è applicato lo Ius soli e se ce ne fai una breve descrizione… “La Francia riconosce la cittadinanza alle seconde generazioni solo dopo i 16 anni, in Germania viene richiesta la cittadinanza se uno dei due genitori ha almeno un permesso di soggiorno di lungo periodo e almeno 8 anni di presenza sul suolo tedesco (con molte diversificazioni), mentre la Gran Bretagna applica lo Ius soli a seconda del
Marilena Fabbri è nata a Bologna il 21 ottobre del 1969. Prima di ricoprire la carica di deputata è stata sindaco di Sasso Marconi per dieci anni. È sposata ed ha due figli
paese di provenienza, se sono paesi con rapporti commerciali del Commowealth oppure no. La nostra, se venisse approvata così, sarebbe tra le più avanzate ...Ci sono poi paesi dove lo Ius soli si applica integrale come l’America Latina, Canada e Stati Uniti ma parliamo di paesi molto grandi, che hanno una tradizione di immigrazione come elemento fondativo. Noi siamo in un contesto geografico particolare, più piccolo e di passaggio, e credo che il testo in discussione risponda in pieno alle esigenze del nostro paese”. In attesa della legge sulla cittadinanza, il mondo sportivo ha salutato positivamente l’approvazione dello Ius soli sportivo: ce ne puoi parlare? “Lo Ius soli sportivo non c’entra nulla con la cittadinanza e i diritti politici e civili, è solo un riconoscimento all’accesso alla pratica sportiva. Lo Ius soli sportivo concede ai nati in Italia o arrivati in Italia entro i dieci anni compiuti, di accedere alla pratica sportiva con le stesse modalità dei coetanei italiani e quindi di tesserarsi ,dai dieci anni in poi, evitando gli ostacoli burocratici e le lungaggini che ne impedivano l’accesso alla pratica sportiva.
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i bambini” Ovviamente proprio perché non parliamo di cittadinanza, non sono selezionabili per le nazionali”.
Pur riconoscendo gli elementi positivi sulla strada dell’integrazione, determinati dallo Ius soli sportivo, ci sono alcune criticità che vanno affrontate. La prima quella legata al tema del trafficking, con le norme FIFA che vogliono impedire lo sfruttamento dei bambini a fini calcistici… “Va detto che questa norma va letta insieme alle altre del nostro ordinamento: intanto un minore se arriva in Italia deve arrivare accompagnato da un genitore o un parente che ne abbia il tutoraggio o la curatela... l’età dei dieci anni è stata fissata proprio per evitare il potenziale traffico dei campioncini o potenziali atleti. Si presume infatti che prima dei dieci anni è difficile, almeno che non si tratti di un Messi o di un Maradona, che si possa fare una valutazione del potenziale del bambino, così coloro che hanno intenzione di sfruttare i bambini a fini calcistici troveranno dei paletti, paletti che poi sono già nell’ordinamento e nelle leggi italiane, molto attente in tema di minori. Il divieto di fare un contratto di lavoro prima dei sedici anni, il diritto/dovere di studiare dei minori, la presenza di genitori o tutori per essere accompagnati, sono tutte norme che vanno nella direzione della tutela dei ragazzi .Certo c’è sempre il rischio di intermediatori e figure poco chiare che si inseriscano. Comunque in questo caso è bene studiare tutte le criticità che la legge ha determinato, per impedire e mettere ostacoli a coloro i quali non sono interessati all’integrazione e alla inclusione dei bambini, ma vogliono solo specularci sopra. È evidente che per tutto quanto non è stato considerato o normato possiamo intervenire successivamente ,creando un tavolo di confronto anche con l’aiuto di addetti ai lavori delle Federazioni e della stessa Assocalciatori. Lo spirito dei legislatori è stato solo quello di favorire l’accesso alla pratica sportiva di tanti ragazzi
che studiano nelle nostre scuole, crescono con i nostri figli e vivono nel nostro paese e come tutti debbono avere la stessa facilità di fare come sport e di giocare. Mi sembra che nel suo insieme il mondo sportivo abbia salutato con entusiasmo questo provvedimento”.
cherò di impegnarmi per capire come è possibile intervenire, trovo abbastanza assurdo che a 18 anni si vota, si prendono le decisioni importanti della propria vita, università eccetera, ma non si può decidere per un ragazzo dilettante dove andare a giocare”.
Abbiamo parlato della prima, ora parliamo della seconda contraddizione: il vincolo sportivo. Ora i ragazzi stranieri che si tesserano saranno, come i colleghi italiani, vincolati fino a 25 anni. Il Governo e il Ministro Delrio erano intervenuti per abolire tale strumento ma tutto si è fermato… “Il vincolo è uno strumento negativo, lo è per i ragazzi italiani e quindi parimenti lo sarà per i ragazzi integrati anche perché, sempre per rimanere in tema di speculazioni, sappiamo che questo vincolo alimenta un mercato illegale di scambio di cartellini che non può essere tollerato. È un tema che va rimesso sul tavolo. Capisco che le società abbiano interesse a recuperare le risorse investite sui ragazzi ma una cosa è recuperare rimborsi spese, per chi ha veramente formato il ragazzo, cosa che eventualmente va normata alla luce del sole senza passaggi di denaro oscuro, e un’altra è impedire di scegliere ad un ragazzo e sottoporlo illegalmente a richieste di denaro. Cer-
Parliamo ora di calcio femminile: sei stata tra le 30 deputate firmatarie dell’appello a sostegno delle calciatrici nello sciopero del 17 ottobre… “In Italia viviamo questa realtà dove alcuni sport sembrano siano solo, per storia o tradizione, più prettamente maschili e le ragazze fanno più fatica sfondare e a trovare pubblico e l’interesse dei mass media. Ed è chiaro che, nello sport in modo particolare, l’intervento delle televisioni per veicolare e far appassionare il grande pubblico ad una disciplina è fondamentale. Io spero che questo interesse intorno al calcio femminile cresca sempre di più e che si determini un interesse da parte di imprenditori e mezzi di comunicazione che abbiano voglia di investire nel settore. Certo bisogna creare le condizioni perché questo avvenga e le rivendicazione delle ragazze mi sono sembrate legittime ed utile a normare e a far crescere tutto l’ambiente. Certo il salto di qualità definitivo per le calciatrici si potrà avere solo con il pro-
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fessionismo e la possibilità di esercitare a tempo pieno il loro lavoro e non nei ritagli di tempo, ma per arrivare a questo, inutile nascondersi, ci vuole tempo”. Non è la prima volta che entri in contatto con l’Associazione Calciatori e conosci personalmente il presidente Damiano Tommasi: che idea ti sei fatta di questo mondo del calcio? “L’impressione è stata ottima e stride con l’immagine che spesso viene veicolata dai giornali dei calciatori, tra gossip, macchine, lusso i calciatori sembrano sempre personaggi pronti a vivere la loro vita al massimo. Entrando in contatto con Damiano e tutta l’Associazione ho avuto un visione completamente opposta... ho trovato persone attente ai diritti, alla tutela dei ragazzi nello sport professionistico, come in quello dilettantistico, consapevoli dei messaggi positivi che lo sport può veicolare a cominciare appunto dalla stessa integrazione. È importante il ruolo dell’Associazione perché la professione del calciatore è una professione molto a rischio. Per alcuni anni si ha il mondo in mano poi dopo, a fine carriera, quando si spengono le luci, è più difficile fare i conti con la realtà e quindi se non c’è qualcuno che mette in guardia i ragazzi, che si occupa di loro durante e dopo la carriera, sarebbe tutto più difficile. Io non sono molto tifosa ma ho scoperto un mondo completamente diverso da come viene raccontato. Ed è bello pensare che persone che hanno più esperienza si mettano a disposizione di altri ragazzi per proteg32
gerli e accompagnarli e ad insegnare loro a tutelare se stessi”. Sei stata sindaco e ora parlamentare. Perché lo sport fa così fatica ad entrare nelle agende della politica pur avendo un valore sociale e educativo enorme? “In una comunità lo sport è essenziale, tutti i ragazzini fanno attività sportiva ed è assolutamente formativo fare sport, perché si impara ad accettare le regole ad accettare le sconfitte. L’idea stessa di passare la palla ad un tuo compagno significa che il tuo individualismo deve essere messo al servizio degli altri. Il tema tra politica e sport è sempre lo stesso: dove può arrivare la politica senza interferire nell’ordinamento sportivo? Stiamo vedendo anche adesso con lo Ius soli sportivo, dove la politica ha determinato delle scelte, che poi magari si creano delle criticità nell’ordinamento sportivo. Ci sono comunque degli ambiti in cui il legislatore deve necessariamente intervenire e penso per esempio agli aspetti del lavoro sportivo dove c’è molto da fare in tema di tutele e garanzie che talvolta sono molto trascurate in questo ambito. Tra i provvedimenti concreti a favore dello sport emanati dall’attuale Parlamento penso agli importanti investimenti sulla impiantistica sportiva che, tramite il Credito sportivo, ha riqualificato tantissimi impianti sportivi comunali e scolastici”. Ultima domanda: Bologna è la tua città e il calcio ha sempre avuto un ruolo importante. Qual è il tuo rapporto con questo sport?
“Tifo per il Bologna, ma come ho detto, non sono particolarmente tifosa anche se mio figlio Massimiliano di 9 anni gioca a calcio ed è molto appassionato. Mi piace vedere le partite, ma non mi piace una certa violenza che si registra dentro e intorno al calcio. Sono stata in tribuna a vedere un Bologna-Juventus ed ho visto una violenza di linguaggi fuori luogo, sembra davvero che le frustrazioni della vita quotidiana e lo stress vengano poi riversate tutte dentro lo stadio, mentre si assiste ad una partita e ripeto ero in tribuna. Ma non c’è solo questa di violenza, c’è una violenza che parte da lontano, che vedo già dentro le piccole società dilettantistiche, dove c’è un eccesso di competizione intorno a questi bambini che coinvolge tutti dirigenti, tecnici, genitori. C’è una carica fuori luogo e una pressione inaccettabile...la logica del campioncino porta ad eccessi incomprensibili. Il gioco del calcio è positivo, insegna ai bambini a stare insieme e a divertirsi, ma tutto ciò che circonda il calcio sin da piccoli è esattamente il contrario di quello che si dovrebbe insegnare! Vedo troppa voglia di vincere e arrivare a tutti i costi, e gli stessi genitori spesso perdono di vista completamente la realtà e le vittime sono proprio i bambini. È in questi campi che nasce la violenza dei ragazzi che ritroviamo dentro agli stadi. Ecco questo non mi piace del calcio e però mi fa piacere vedere che come Assocalciatori vi state impegnando per trasmettere ai più piccoli messaggi educativi diversi, su che cosa è veramente il calcio. Dobbiamo tornare a pensare soprattutto all’aspetto umano di questi ragazzi, che domani diverranno uomini, cittadini e tifosi migliori e così quando entreremo in uno stadio troveremo un ambiente migliore di quello a cui, purtroppo, ci stiamo abituando. Vorrei chiudere con un appello: per favore lasciate liberi di giocare i bambini”.
regole del gioco
di Pierpaolo Romani
Contro una sub-cultura becera e violenta
Perché a trionfare non sia ancora l’omertà Volano parole grosse e pesanti ultimamente sui campi di calcio. Sia tra gli allenatori che tra i giocatori. Non parliamo di situazioni che si verificano su campetti di provincia, ma di episodi che avvengono nella massima serie del calcio professionistico nostrano, sotto l’occhio diretto di milioni di spettatori, presenti sugli spalti o seduti comodamente davanti alla televisione, sul divano di casa o al bar con gli amici. Chi osserva da fuoricampo queste situazioni parla di omofobia e razzismo. Chi gioca le partite sostiene che sono cose del mestiere e afferma che “quello che succede in campo deve restare in campo”. È la stessa dinamica che si registra in diverse situazioni quando si parla dei cosiddetti “calciatori sotto tiro”. Nonostante siano minacciati, insultati e intimiditi, anziché denunciare e ribellarsi a questa sub-cultura becera e violenta – come sostenuto da AIC nei suoi due rapporti sul fenomeno – la maggioranza di questi atleti, spinti anche da certi dirigenti, ritengono che sia “normale” che nel calcio succedano queste cose. Magari, se dai vertici della FIGC arrivasse qualche messaggio chiaro, in direzione opposta, è probabile che qualcosa cambierebbe. Per ora attendiamo. C’è una parola che serpeggia nell’ambiente calcistico: omertà. Molti sono a conoscenza delle nefandezze del calcio, ma nessuno parla. Lo hanno ribadito più volte i magistrati che hanno indagato sul calcioscommesse, sulle frodi o sul doping. Andrew Jennings, raccontando della Fifa di Blatter, ha deciso di utilizzare questo termine come titolo del suo libro. C’è chi tace per complicità e convenienza. Altri non parlano per timore di essere sanzionati da un’autorità legittima. Altri ancora tacciono per paura di essere colpiti da qualche gruppo di delinquenti – per favore, non chiamiamoli tifosi o sedicenti tali, perché alcuni hanno una fedina penale non proprio intonsa – o, come nel caso delle scommesse illegali, da criminali di professione. Ma c’è una paura più grande: se si parla e si denuncia, il rischio è di essere buttati fuori dall’ambiente. Esperienza di Simone Farina docet.
Un uomo del calcio, un allenatore, ha deciso recentemente di rompere questo muro omertoso. È stato Gian Piero Gasperini, il mister del Genoa che stanco delle ripetute e pesanti contestazioni nei suoi confronti e indisposto, com’egli stesso ha affermato, ad andare ad allenare scortato dalla Polizia, ha citato per nome tre capi della tifoseria rossoblù – Traverso, Leopizzi, Cobra – due dei quali sono già noti alle cronache e alla giustizia perché nel 2012, insieme ad altri facinorosi, costrinsero i calciatori della squadra ligure a togliersi la maglia durante la partita con il Siena. Contrastare la cultura del non vedo, non sento, non parlo è un lavoro duro e complicato. Significa battersi culturalmente contro certi stereotipi, il principale dei quali è quello che chi parla è un traditore. A scuola si dice che è uno “spione”, in qualche altro ambiente che è un “infame”. Un altro stereotipo da sconfiggere è quello secondo il quale l’omertà è diffusa soprattutto in certe zone del nostro Paese. Al Sud in particolare. Se esuliamo un attimo dal mondo del calcio e guardiamo a dove hanno avuto luogo le più recenti inchieste antimafia in Italia, scopriamo che dobbiamo spostarci al Nord, in particolare in Lombardia e in Piemonte. È lavorando con i giovani che si può costruire un calcio avulso dalla violenza e dall’omertà. È stando insieme a loro che
possiamo dare vita ad un calcio che sia innanzitutto divertimento, aggregazione e integrazione sociale, strumento per educare e crescere sportivi e cittadini responsabili, consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri. A Gioiosa Jonica, in Calabria, una terra bellissima ma certamente non facile, dove la ‘ndrangheta mira a controllare anche militarmente il territorio, vi è una scuola calcio, la “Don Milani”, che crede fortemente nei miracoli che può fare il pallone. Prima di scendere in campo i ragazzi studiano la Costituzione, parlano di fair play, studiano le regole del calcio. Il pomeriggio giocano a calcio e non stanno sulla strada con il rischio di diventare manovalanza criminale. Da tre anni AIC ha istituito un Dipartimento Junior che punta sull’organizzazione di laboratori educativi e su una specifica metodologia di allenamento (metodo a fasi) per promuovere una nuova cultura sportiva. Conoscenza della Carta dei diritti dei ragazzi allo sport e redazione, insieme ai giovani, della Carta dei doveri e di quella degli impegni non sono attività perditempo, come qualcuno pensa. Per usare una metafora, potremmo dire questo: le buone case, come insegnano i bravi muratori, sono quelle dalle fondamenta solide. Vale lo stesso principio per il calcio. Prima di essere buoni atleti è indispensabile essere dei buoni cittadini.
Rizzoli
Omertà
di Andrew Jennings – 376 pagine - € 19,00
Da una parte c’è Joseph Blatter, dal 1998 presidentepadrone della Fifa per cinque mandati consecutivi, l’uomo che ha reso il calcio una macchina da soldi per sé e per i suoi sodali. Dall’altra c’è Andrew Jennings, giornalista d’inchiesta abituato a sporcarsi le mani. Quando le loro strade si incrociano ha inizio un duello senza esclusione di colpi.
Jennings incalza Blatter ogni volta che ne ha l’occasione, Blatter lo scredita agli occhi dell’opinione pubblica e lo bandisce da tutte le conferenze stampa ufficiali della Fifa. Ma il marcio che viene a galla è vastissimo. Le prove e i documenti raccolti da Jennings sono così schiaccianti che l’Fbi decide di acquisirne i dossier. “Omertà” è il racconto in prima persona di una battaglia lunga quasi quindici anni, è un’inchiesta serrata che si legge come un romanzo, un libro dedicato a tutti quelli che vorrebbero che il calcio tornasse a essere “solo” il gioco più bello del mondo. 33
area ricerche
di Giulio Segato
Progetto tecnico e competitività
A proposito di sosta inverna Le feste di Natale sono trascorse accompagnate dall’usuale strascico di polemiche che ogni anno suscita la corrispondente sosta di campionato. Ai soliti auspici giornalistici per l’introduzione anche in Italia del “Boxing day”, quest’anno si sono aggiunte anche le dichiarazioni di alcuni mister, tra i quali Mancini, Donadoni e Sarri; in particolar modo quelle dell’allenatore partenopeo, che ha rilasciato sia prima della sosta natalizia, in occasione della partita vinta contro l’Atalanta, sia con l’inizio dell’anno nuovo alla ripresa del campionato con il match sempre vinto sul Torino. Prima della pausa: Maurizio Sarri si gode la 17ª vittoria nelle ultime 20 partite, ma non nasconde un certo disappunto per la sosta natalizia. “Adesso ci riposeremo anche se io sono contro questi 7 giorni di riposo, io giocherei sempre fino al 6 gennaio come in Inghilterra” - ha detto a Serie A Live – “perché siamo persone che fanno spettacolo, in questi giorni la gente ha più tempo e secondo me dovremmo giocare”. Dopo la pausa: “Una sosta di 17 giorni, in cui i giocatori hanno 7 di riposo, è ingestibile fisicamente. Non si può fare un lavoro vero e resto della mia idea: si deve giocare durante le feste. La condizione è da valutare, ma mentalmente la squadra è su buoni livelli”. I giornalisti hanno cavalcato tali dichiarazioni, schierandosi a favore dell’ipotesi di giocare sotto l’albero di Natale, come fanno in Inghilterra. Per loro sicuramente un bel regalo da sfruttare e da commentare, ma purtroppo, a loro dire, il sindacato dei calciatori si schiera contro. Facciamo un po’ di chiarezza: l’AIC non si schiera contro a prescindere, non si oppone all’idea di giocare nel periodo natalizio, si “occupa” di sosta invernale considerandola funzionale al progetto sportivo e alla competitività (sia dei club che della Nazionale) durante tutto l’arco della stagione. In questo senso l’AIC appoggia in pieno il pensiero espresso da Sarri quando afferma che non ci si può fermare per 7 giorni e riprendere a giocare a distanza di meno di una settimana. L’Associazione Italiana Calciatori, quando ha trovato un interlocutore interessato al bene dello sport e quindi dello spettacolo, non solo del business, si è dimostrata sempre disponibile a nuove considerazio34
ni e capace di partorire nuove soluzioni. La situazione con la Serie B è emblematica: si era deciso di comune accordo di giocare a ridosso dell’ultimo dell’anno e di riprendere alla fine di gennaio, all’ormai chiusura del mercato invernale, a fronte di un vera sospensione di 10 giorni. Purtroppo solo il primo anno si sono rispettati gli accordi, poi la Lega B ha sempre messo in calendario una giornata alla terza domenica di gennaio complicando la possibilità per gli allenatori/società di dare 10 giorni di seguito. Quest’anno invece ha anticipato la ripresa al 15/16 gennaio, inficiando gli effetti di una sosta più lunga e creando l’intricata situazione dello Spezia che ha ripreso il campionato venerdì 15 e già il seguente lunedì 18 ha disputato il quarto di finale di Coppa Italia. Quest’anno, non solo gli allenatori di Serie A hanno palesato il loro disappunto per la breve sosta, ma anche alcuni di Serie B si sono uniti al coro, come ad esempio Marco Baroni. L’allenatore del Novara, intervistato da La Gazzetta dello Sport, ha parlato di vari argomenti in vista della ripresa del campionato: “Se sono favorevole a una sosta così lunga? Può servire se poi ci sono i tempi per lavorare. Così no, non c’è spazio per fare un richiamo della preparazione. Quindi: o la facciamo ancora più lunga per tenere conto anche delle esigenze degli allenatori, oppure non la facciamo. Così è dannosa. Ma i giocatori hanno diritto a un minimo di giorni di ferie…”. Sarri nel post-partita giocata e vinta col Torino, si è lamentato che i suoi giocatori avessero accusato nell’ultima parte di gara un calo di condizione, subendo così il rientro dei granata. A fronte dell’osservazione che un calo alla ripresa del campionato è inevitabilmente e fisiologico per tutte le squadre, non solo per il Napoli, l’allenatore dei partenopei ha esteso il problema, richiamando la competitività del nostro campionato nei confronti di quelli esteri, asserendo implicitamente che il nostro può soffrire nei confronti degli altri oltreconfine. Abbiamo quindi verificato quali campionati europei non si sono fermati a Natale; a parte la tanto idolatrata Inghilterra, solo in Belgio si è giocato durante le ferie ma fermandosi fino al 15 gennaio, adottando
così una soluzione simile a quella della nostra Serie B. Anche in Turchia, hanno giocato fino al 28 dicembre e ripreso però il 17 gennaio. La Premier League riempie sempre gli stadi e, ovviamente, lo fa ancora di più durante le feste, quando si giocano due turni di Campionato e uno di FA Cup. Ma scalpore hanno suscitato le parole di Jurgen Klopp, da pochi mesi alla guida dei Reds, il quale, senza troppi giri di parole, ha spiegato che, con questo tipo di calendario, sarà difficile per l’Inghilterra portare a casa un buon risultato all’Europeo della prossima estate. “Giocate troppe partite” – ha detto il tecnico tedesco – “non avete una pausa invernale e avete troppi tornei. Lo sanno tutti che questo non è il modo migliore per vincere un torneo estivo. Tutti pensano che Roy Hodgson abbia a disposizione un gruppo di ottimi giocatori, ma non si fermano mai per un anno. Tutte le nazionali, invece, hanno un periodo di pausa. Puoi farcela comunque, ma è molto più difficile”. Un pensiero che conferma le sensazioni dell’ex ct Sven Goran Eriksson, secondo cui l’Inghilterra “ha più problemi delle concorrenti perché non ha una pausa invernale”. Una teoria avvalorata da un dato di fatto: “Nei test prima del Mondiale 2002, Owen Hargreaves era quello più in forma perché giocava in Germania e aveva avuto a disposizione una pausa invernale lunga. Del resto, secondo una ricerca UEFA, la Premier League è anche il campionato in cui ci sono più infortuni”. E se il modello vincente, soprattutto in ottica nazionale, fosse quello tedesco? Gli insuccessi della Nazionale inglese nelle competizioni che contano sono evidenti: • nella fase finale del mondiale Sudafricano del 2010 viene eliminata dalla Germania (4 a 1) nel primo turno eliminatorio dopo essersi qualificata seconda in un Girone decisamente abbordabile (Usa, Algeria, Slovenia) • in quello successivo, Brasile 2014, viene eliminata, insieme all’Italia, già nel proprio gruppo, da Costa Rica e Uruguay • agli Europei non va meglio, alle fasi finali del 2008 non riesce nemmeno a qualificarsi • nel 2012 viene eliminata ai rigori dall’Italia nel primo turno eliminatorio successivo al proprio girone.
QUARTI
nale…
SEMIFINALI
area ricerche CHAMPIONS 2015 REAL MADRID JUVENTUS BARCELLONA BAYERN ATL. MADRID MONACO PSG PORTO
2014 BAYERN REAL MADRID CHELSEA ATL. MADRID M. UNITED DORTMUND PSG BARCELLONA
2013 REAL MADRID DORTMUND BARCELLONA BAYERN PSG JUVENTUS MALAGA GALATASARAY
2012 REAL MADRID BAYERN BARCELLONA CHELSEA APOEL BENFICA O. MARSIGLIA MILAN
2011 BARCELLONA REAL MADRID M. UNITED SCHALKE 04 TOTTENHAM INTER CHELSEA SH. DONETS
QUARTI
SEMIFINALI
Se si sposta l’attenzione ai risultati del clubs a livello europeo, le soddisfazioni Tab.1 EUROPA LEAGUE delle squadre inglesi non sono lontanamente para2015 2014 2013 2012 2011 gonabili al loro blasone e NAPOLI SIVIGLIA BASILEA ATLETICO MADRID PORTO al loro attuale strapotere DNIPRO VALENCIA CHELSEA VALENCIA VILLARREAL economico. Negli ultiSIVIGLIA BENFICA FENERBAHCE SPORTING CP BENFICA mi 5 anni solo il Chelsea è riuscito ad alzare una FIORENTINA JUVENTUS BENFICA ATL. BILBAO BRAGA Coppa; nel 2011 la ChamZENIT AZ RUBIN KAZAN AZ SPARTAK MOSCA pions, nel 2012 l’Europa BRUGGE O. LIONE TOTTENHAM SCHALKE 04 PSV League. Oltre ai Blues deD. KIEV BASILEA LAZIO METALIST KHARKIV TWENTE cisamente poco altro. WOLSFBURG PORTO NEWCASTLE HANNOVER 96 D. KIEV Come riassunto nelle tabelle 1 e 2, negli ultimi 5 Tab. 2 anni a parte il Chelsea, SOCIETÀ INCREMENTO ALLA 22^ GIORNATA ALLA 17^ GIORNATA SOCIETÀ solo il Manchester United è riuscito a raggiungere le medie punti classifica punti ultime 5 media ultime 5 classifica media punti Semifinali di una delle due CARPI 1,21 19 9 1,80 10 0,59 CARPI competizioni europee; in JUVE 1,06 48 15 3,00 33 1,94 JUVE Europa League, a parte NAPOLI 0,94 50 15 3,00 35 2,06 NAPOLI la stagione 2012-13, nelle 0,88 29 10 2,00 19 1,12 BOLOGNA altre 4 nessuna squadra BOLOGNA 0,66 24 8 1,60 16 0,94 GENOA inglese ha raggiunto al- GENOA LAZIO 0,45 32 9 1,80 23 1,35 LAZIO meno i quarti di finale. PALERMO 0,34 25 7 1,40 18 1,06 PALERMO Forse la minor competi0,13 11 3 0,60 8 0,47 VERONA tività (o forse dovremmo VERONA -0,05 36 8 1,60 28 1,65 MILAN parlare di “appetibilità”) MILAN del campionato italiano CHIEVO -0,29 27 5 1,00 22 1,29 CHIEVO non è certo dovuta alla FROSINONE -0,42 16 2 0,40 14 0,82 FROSINONE pausa invernale, ma ad UDINESE -0,44 25 4 0,80 21 1,24 UDINESE altri problematiche mai TORINO -0,54 27 5 0,83 22* 1,38 TORINO veramente affrontate. Il SAMPDORIA -0,58 23 3 0,60 20 1,18 SAMPDORIA nodo non è la pausa di 7 EMPOLI -0,59 32 5 1,00 27 1,59 EMPOLI giorni, semmai la ripresa FIORENTINA -0,66 42 7 1,40 35 2,06 FIORENTINA delle partite ufficiali trop- ROMA -0,68 38 6 1,20 32 1,88 ROMA po ravvicinata. SASSUOLO -0,69 33 6 1,00 27* 1,69 SASSUOLO Analizzando i risultati in ATALANTA -0,81 27 3 0,60 24 1,41 ATALANTA campionato dall’inizio del INTER -1,12 41 5 1,00 36 2,12 INTER nuovo anno, abbiamo *Sassuolo - Torino, 16a di campionato, recuperata il 20 gennaio 2016. Tab. 3 ottenuto i dati riassunti nella tabella n° 3. Curioso notare come sifica insieme alle due fuggitive, Napoli e alla media spettatori che la Serie B registra proprio il Napoli insieme alla Juve è l’uni- Juve. Ma non è questione di “tortellini”, nei turni di riposo del massimo campionato. ca squadra che ha vinto tutte e 5 le partite perché sempre in Emilia, il Sassuolo ha in- Considerato che l’idea di anticipare il camdisputate dopo la sosta. Il disappunto di vece subìto un forte rallentamento nella pionato e giocare a Ferragosto è stata più Mancini invece sembra fondato, con soli 5 sua precedente e ottima cavalcata. volte scartata da molti presidenti (il Paese punti in 5 partite la sua squadra è passata La principale motivazione che le Leghe ad- è in vacanze e le famiglie non vanno allo da una media punti di 2,12 a solo 1; l’Inter ducono per giocare a Natale è il sicuro au- stadio…), ci si chiede quale sia la logica di è così la squadra che ha registrato dall’ini- mento dell’afflusso di pubblico allo stadio; voler far giocare la Serie A durante le feste zio dell’anno il calo maggiore nella media ma siamo proprio sicuri che i nostri antiqua- di Natale (dove, anche in questo caso, il punti prima e dopo la sosta, perdendo più ti stadi si riempirebbero maggiormente? Paese è in vacanze e le famiglie non vandi un punto a partita. Azzardando un parallelo con la Serie B, con- no allo stadio…). Misteri del nostro calcio: In Emilia, il Carpi e il Bologna hanno in- statiamo che, nel 21° turno giocato 2 giorni di sicuro molti di quei presidenti non vocrementato notevolmente la loro media dopo Natale, l’aumento di spettatori allo sta- gliono giocare né durante le vacanze estipunti; sono prime in questa speciale clas- dio è stato di circa il 4,3%, aumento rispetto ve né durante le vacanze invernali… 35
femminile Al centro diritti e tutele per le calciatrici
Anche Susanna Camusso tifa per il calcio femminile Una delegazione di calciatrici della Serie A femminile guidata da Melania Gabbiadini, capitano del Verona e della Nazionale, e accompagnata da Katia Serra, responsabile AIC Calcio Femminile, ha incontrato il 1° febbraio scorso a Roma, nella sede della CGIL, il segretario generale Susanna Camusso. L’incontro, durato un paio d’ore, è stata l’occasione per un importante scambio di opinioni e di esperienze. Al termine è emerso l’obiettivo comune di far crescere il calcio
femminile in Italia ed anche di garantire alle calciatrici maggiori diritti e tutele all’interno del movimento calcistico italiano. Alla fine della riunione Camusso, che si era schierata a fianco delle calciatrici nello sciopero del 17 ottobre scorso e che, per questa occasione, ha scelto lo slogan “Io tifo per il calcio femminile”, ha detto: “Continueremo a ragionare su questi temi e vedremo le cose che si potranno fare insieme per determinare condizioni di maggiore tutela delle calciatrici e per
Bertolini e Boscaglia in campo assieme
A Brescia allenamento congiunto Giornata storica il 21 gennaio scorso al Club Azzurri di Brescia dove gli allenatori Milena Bertolini e Roberto Boscaglia hanno allenato congiuntamente la prima squadra femminile biancoblu, in attesa che nel prossimo mese lo staff tecnico di Bertolini renda la visita al Brescia maschile, sotto gli occhi delle telecamere dei più importanti network nazionali. Alla presenza del gruppo completo l’allenamento ha avuto inizio con i preparatori atletici di Boscaglia, Di Renzo e Squassoni, che hanno fatto svolgere un lavoro differenziato alle sette calciatrici reduci dal raduno della Nazionale, mentre il professor Pellegrini faceva svolgere lavoro atletico al resto delle leonesse; Camelia Ceasar e Sara Ghio si allenavano sotto la guida dei preparatori Alberti e Violini. Simona Zani e Milena Bertolini hanno poi radunato il gruppo per una prima sessione tecnica, con il tecnico delle rondinelle Boscaglia che, insieme al secondo Filippi e al collaboratore tecnico D’Arcangelo ha fatto svolgere una intensa seduta tattica alla squadra, mentre il fisioterapista Villa seguiva il recupero di Marchitelli e Alborghetti. “Un appuntamento importantissimo per tutto il calcio” – ha dichiarato Boscaglia – “ho seguito più volte la squadra di Milena e oggi ho avuto conferma delle qualità di queste calciatrici che si sono dimostrate vere professioniste e di grande talento. Il futuro è di unità sempre più forte tra le 36
nostre società proseguendo su questo solco. Nel prossimo mese” – ha concluso il tecnico – “aspetto con piacere Milena ed il suo staff nel nostro centro sportivo per ricambiare l’ospitata e far dirigere a lei una sessione di allenamento ai miei ragazzi”. “Oggi, per la prima volta dopo tanto tempo” – ha commentato Bertolini – “si è parlato di calcio femminile, non per cose extra campo, ma grazie a contenuti prettamente calcistici. È la strada per crescere e sono felice che Brescia sia stata la prima squadra a proporre un evento del genere. Boscaglia si è confermata persona squisita, così come tutto il suo staff. È stato un piacere per noi ed un’occasione di grande crescita”. All’evento era presente anche l’AIC, rappresentato da Katia Serra responsabile per il calcio femminile che ha sottolineato l’importanza della giornata storica: “Ciò che è stato realizzato oggi segna un punto di svolta importante per tutto il movimento”.
una doverosa attenzione al calcio femminile, su cui gravano ancora tanti pregiudizi. Con questa iniziativa alziamo una bandiera, altre ne seguiranno”. Melania Gabbiadini, ha aggiunto: “Ringraziamo il segretario Camusso per l’attenzione e il tempo che ci ha dedicato, è stato un incontro significativo e ricco di contenuti, abbiamo riscontrato la volontà di costruire un percorso insieme e speriamo che sia solo un inizio”. All’incontro hanno partecipato anche: Gianna Fracassi, segretario nazionale Cgil; Sara Gama, difensore del Brescia e della Nazionale; Chiara Marchitelli, portiere del Brescia ed ex Nazionale; Marta Mason, attaccante del Mozzanica e Nazionale; Martina Piemonte, attaccante del San Zaccaria e Nazionale Under19; Chiara Valzolgher, portiere del Sudtirol ed ex Nazionale Under 19; Ilaria Pasqui, responsabile area legale Dipartimento dilettanti AIC e Fabio Appetiti delle relazioni istituzionali di AIC.
Noleggio auto
Convenzione AIC/Europcar
Ricordiamo che l’AIC ha siglato un accordo di convenzione con Europcar, uno dei marchi leader in Europa nei servizi di mobilità (noleggio di autoveicoli, veicoli commerciali e scooter). Per prenotare, accedere al sito www.europcar. it ed entrare nell’area BUSINESS dove, all’interno della sezione prenotazione/ aziende con contract, è possibile inserire il codice (n.52669096) che dà diritto
femminile
di Pino Lazzaro
Allenatrice/giocatrice dell’Eleonora Folgore
L’ennesima sfida di Pamela Conti
Peccato, chiusura della rivista in tipografia che incombe e siamo così costretti a lasciare questa storia in sospeso: ci torneremo per sapere come è andata a finire (se è finita). Protagonista di questo spazio è Pamela Conti, personaggio ben conosciuto nel piccolo mondo (pardon) del calcio giocato dalle donne (ben 92 le sue presenze con la maglia della Nazionale), personaggio che nel corso della sua carriera ha spesso avuto modo di mostrare una certa qual irrequietezza (la chiamo così), quasi a continuamente cercare – con la cocciutaggine e la dedizione proprie delle donne – nuove strade. Un approccio che tra l’altro ben emergeva nel suo racconto che a suo tempo – assieme agli altri 31 di altrettante ragazze – abbiamo raccolto nel libro “Il calcio è donna”, edito dall’AIC. Questo, allora, il suo inizio: “Ho cominciato che avevo niente, solo un pallone e la strada. E l’oratorio dove sono cresciuta, il Santa Chiara, quartiere Ballarò a Palermo; ci andavo alle tre di pomeriggio e a casa ci tornavo quando chiudevano. La mia prima squadra è stata quella dei “Rangers”, con l’oratorio, c’erano tutti i miei amici, ci sono stata sino ai 14 anni”. Poi il passaggio alle “Aquile”, sempre a Palermo e da qui alla Torres di Sassari, un legame che va avanti per 10 anni con due scudetti, cinque Coppe Italia e due Supercoppe Italiane. “Dopo dieci anni alla Torres impossibile per me pensare di giocare in un’altra squadra italiana”. Sotto con la Spagna allora ed eccola a Valencia col Levante. Un’esperienza che le apre gli occhi e dopo una breve parentesi
col Buffalo Flash negli Stati Uniti, ritorna in Spagna: a Barcellona con l’Espanyol e ancora a Valencia col Levante. Una giostra che ha preso insomma il suo giro ed eccola successivamente in Russia, prima con l’Energiya Voronezh, poi col Zorky Krasnogorsk. Ci prova a tornare in Italia, nel 2013, ovviamente nella “sua” Torres, ma fa presto ad accorgersi che le cose non sono più come una volta: meglio cambiare ancora aria e via in Svezia, all’Eskilstuna United. Infine lo stop al calcio giocato. “Un po’ di delusioni, un po’ la voglia che era meno di prima. Delusione con la Torres, insoddisfazione in Svezia con un tipo di calcio in cui non mi sono trovata bene e nessun desiderio di tornare a giocare in Italia: meglio smettere”. Riparte dalla sua città, da Palermo, aprendo una Accademia con lo scopo di affinare la tecnica individuale, idea che aveva vista praticata sia in Spagna che in Svezia; dalla sua pure il patentino Uefa B da allenatore. L’idea mostra di funzionare tanto che lo scorso anno frequentano l’Accademia un centinaio di bambini, dal 2011 al 2003 (in tutto 12 le bambine). Aperta tutto l’anno, all’Accademia fanno poi riferimento altre scuole calcio di Palermo: l’idea è insomma quella di offrire una sorta di lezioni private. Con lei che diventa ben presto un po’ l’idolo dei ragazzini e tanto l’aiuta il fatto che tecnicamente ci sa fare, che le rovesciate, le girate al volo, le finte sono un po’ il suo pane, “tutta roba che naturalmente cattura i bambini”. Ma non basta, naturalmente. Ancora Pamela: “In estate sono riuscita a portare in Sicilia il Real Madrid come campus e
alle condizioni riservate agli associati AIC. Dopo aver cliccato PRENOTA ORA, scegliere città, data e ora di ritiro e consegna dell’auto; quindi scegliere il metodo di pagamento; una volta selezionato carta di credito e scelto il modello dei veicolo, cliccare “paga alla stazione”; proseguire sulla pagina degli accessori opzionali, poi scegliere “nuovo cliente” e dare l’ok, altrimenti inserire il proprio driver ID e i dati di guidatore, carta di credito, il n° del volo (facoltativo), dando infine l’assenso per il trattamento dei dati personali. Chiaman-
do il call center al numero 199 307989 è importante citare sempre il codice Contract dedicato AIC. Al momento del ritiro della vettura, presentare la tessera di iscrizione all’AIC per la stagione in corso. Info: marketing@assocalciatori.it; http://www.assocalciatori.it/convenzioni/convenzione-aiceuropcar; www.europcar.it
mi hanno fatto pure un contratto per far parte del loro staff tecnico. Uno staff che gira il mondo e in effetti dovevo andare in Cisgiordania ma poi la situazione di guerra che lì si è acuita ha stoppato intanto questa cosa”. Ci sarebbe tanto altro da dire e raccontare, di lei che all’inizio non sapeva “nemmeno l’italiano e adesso conosce l’inglese, il francese, lo spagnolo e il russo”; di lei che sta mettendo in pratica quella voglia/impegno di far qualcosa per quel suo quartiere così disastrato: “Già farli venire alla scuola calcio, vuol dire farli almeno venir fuori da quel quartiere. Trovano così ragazzini di un altro tenore sociale, che hanno un’educazione diversa e già il fatto che possano sentire parlare italiano è qualcosa”. La novità (se vogliamo chiamarla così) sta giusto in fondo. Dopo aver superato un bel po’ di perplessità, Pamela a dicembre ha deciso di rimettersi in gioco, diventando allenatrice/giocatrice della Eleonora Folgore di Palermo che gioca nel girone D della serie B. “All’inizio non l’ho detto a nessuno, altrimenti avrei ricevuto chissà quante chiamate e non avevo voglia di questo. Mi hanno chiesto di fare un miracolo ed è una bella scommessa, al solito a me non piacciono le cose facili. Ho approfittato che l’accademia e la scuola calcio sono ferme per fare allenamenti tutti i giorni, cercando di dare un po’ di identità a questa squadra che ho trovato proprio messa male. Tutto lasciato andare, zero organizzazione: se riusciamo a salvarci sarà davvero un miracolo”. Arrivata che avevano 0 punti, ora la Folgore ne ha tre in classifica (una vittoria) ma è sempre suo quell’ultimo posto in classifica che significa retrocessione. Dicevamo all’inizio della chiusura in tipografia e volevamo dare un aggiornamento alla storia di Pamela. Peccato, all’ultimo l’abbiamo sentita poco convinta, tanto che “non so se continuerò. Ho provato ma di problemi ce ne sono fin troppi”. Ok, aggiornamento al prossimo numero. 37
segreteria
Uno per tutti tutti per Unico1
Un ambasciatore speciale… Purtroppo sono qui che sto più di là che di qua. E comunque sia, provo a scrivere qualche riga e se potrà esservi utile, ne sarò infinitamente felice. Capita che sei nello spogliatoio e che l’odore della partita ti si aggrappi alla pelle come l’odore di una malattia si aggrappa alla vita. E allora non puoi fare altro che cancellare tutto e concentrarti su ciò che sei tu. I compagni davanti a te salgono gli scalini per entrare in campo, tu sei dietro
di tutti ma hai il n.1 sulla schiena. Li osservi mentre il rumore dei tacchetti ti rimbomba dentro la testa e ti fa sentire forte. Tutti uniti, tutti insieme con la stessa maglia, sebbene la pelle cambi colore… tocca a te ma non ce la fai, non riesci a salire eppure hai lavorato tanto, ce l’hai messa tutta negli allenamenti in quel solito reparto dove il solito lettino diventa il prato dove svolgi con attenzione i tuoi esercizi, dove il medico è il tuo mister, dove ogni speranza è uno striscione nel cuore. Chiami aiuto, chiami il capitano, il mister, il tuo amico magazziniere… ma non c’è nessuno accanto a te, nessuno ti sente, ti prende, ti abbraccia e allora non ti arrendi e giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno tu riesci a fare uno scalino alla volta. Quante lacrime hai lasciato per terra in quel pavimento lucido, quanti cuscini bagnati dal sudore dei tuoi sogni, in cui eravate voi lo specchio del mio vivere. Sognare di essere in campo con De Sanctis, Sorrentino, Gobbi, Montolivo, Pellissier, Gilardino, Totti… non c’è terapia più bella che sapere che non hai più nulla da perdere. Te la giochi tutta: o passi il turno o è finita. Tu lo sai bene che devi andare oltre, devi sorpassare quel limite, devi essere veloce 38
sulla fascia, devi superare quella paura che ti fa inginocchiare davanti alla porta dal dischetto del rigore. Voi ragazzi mi insegnate ogni giorno che la palla deve superare quella riga a qualsiasi costo per poter alzare le braccia al cielo e non c’è motivo per mollare se cadi a terra o se perdi una partita, perché c’è sempre la tua rivincita se tu lo vuoi davvero. Devi attendere il momento e lavorare in silenzio: sacrifici, fede e coraggio. Mister Prandelli mi dice tu sei il capitano ma io so bene che per essere un capitano bisogna essere umile, forte e soprattutto essere in grado di far passare la palla sopra la barriera e farla insaccare nel sette. Poco importa tutto il resto, poiché anche a me dissero è finita, non ce la farai mai. Poi voi mi avete messo addosso la vostra maglia e mi avete portato in campo: è bastato lo sguardo di Toldo, l’abbraccio di Roby Baggio, le parole di Zanetti… da lì è iniziato tutto e da lì è ricominciata la mia partita, il mio campionato, il mio Mondiale; dove ho lasciato per strada amici, compagni di stanza e di sogni che non ce l’hanno fatta. Io fortunato, avevo un segreto, avevo voi. Ogni giorno ci siete sempre, messaggi, telefonate, visite, aiuti in tutti i modi e in tutti gli istanti. Basta così poco a volte per farmi un assist che mi fa vincere un giorno e che me ne fa respirare un altro: un paio di scarpe, una felpa per coprirmi mentre mi sposto per andare agli allenamenti su quel lettino, un giubbino, una sciarpa, un sorriso. È la vostra grandezza che regala a chi non sa più sorridere la gioia di lottare ancora: i vostri gol, le vostre azioni, le parate spettacolari, le emozioni della vittoria, il gusto amaro della sconfitta… ma alla fine da tutti i campi sempre la scena più grande, una stretta di mano e un abbraccio tra voi e gli avversari. È questo che incanta ogni bambino ed è questo che fa innamorare il mondo intero del gioco del calcio… il calcio… l’unico sentiero che può collegare tutti i cuori del mondo con una palla di cuoio. Che spettacolo! Se ci pensi, ti vengono i brividi e ti rendi conto che hai già tutto tra le mani e allora non lasciare indietro chi non ce la fa, perché forse lui lavora più di te, ma non ha avuto il tuo stesso destino. Ed è giusto così, quando lo prendi per mano e lo stimoli a non mollare mai, seb-
bene l’arbitro vestito di bianco non gli dia mai un rigore a favore. La vita può farti un tunnel o nasconderti la palla per alcuni momenti, ma se tu hai la squadra accanto, tutto si può combattere con il coraggio di undici leoni. C’è chi si tuffa tra i piedi per non prendere gol, c’è chi s’inventa il tiro da trenta metri per portarti in vetta al campionato, c’è chi salva la palla sulla linea di porta e ti regala il risultato. Tutto accade, tutto succede se insieme si gioca per la stessa maglietta e io ci credo ancora a quei colori che mi avete messo addosso. Mi volto, c’è mister Serena dietro di me; poco più in là Meggiorini sorride a Pasqual… Rigoni, Destro, Luca Toni, Gigi Buffon… eccoli i campioni, eccoli pronti alla sfida, eccoli scendere dal pullman e avviarsi verso lo stadio. E che ci faccio io adesso che mister Pioli mi chiama per nome, dove vado mister se non ho i guanti, come faccio mister se non ho la mia borsa, cosa dico mister se non ho nemmeno più il fiato. Voglio vincere mister, grido dentro di me, ma non ce la faccio a salire gli scalini dello spogliatoio. Si spengono i fari, non sento più niente, non cerco nulla che mi possa fermare: mi lascio scivolare in una terapia che mi può far risalire, mentre gli occhi di mia madre mi lasciano il segno dentro al mio petto. Io lo so che ce la farò, io lo so che aprirò gli occhi e si accenderanno i fari dell’Olimpico e io sarò con voi a centrocampo. Io lo so perché io ho un segreto: io ho voi campioni, voi che mi avete messo addosso la vostra maglietta. Un’altra domenica è passata, la Juve rimonta, l’Inter è davanti… il Chievo, il Sassuolo, il Milan, il Bologna, la Roma, la Lazio… la Fiorentina, il Torino, il Frosinone… il Carpi, il Verona, l’Udinese, il Genoa e la Sampdoria. Grazie ragazzi, grazie a tutti per quel che fate, ma soprattutto grazie a tutti per quello che date. Emozioni, lacrime, vita. Scusatemi, non è facile. Da tre mesi i reni mi fanno impazzire, non reggono più e continuo a fare insufficienze renali; mille altri disturbi con infezioni, febbre e altri problemi ancora. Ho perso 7 kg e Roby che ogni giorno mi chiama e mi dice che ce la faremo, insieme ce la faremo. E sapete una cosa? Io ci credo ancora.
di Maurizio Borsari
scatti Manita
Leo Messi 5° Pallone d’Oro
FIFA FIFPro World XI 2015 In occasione della cerimonia di assegnazione del Pallone d’Oro (vinto per la quinta volta da Leo Messi), oggi a Zurigo è stata premiata anche la squadra con gli undici giocatori che sono stati scelti dai loro colleghi tramite la votazione condotta dalla FIFPro, il sindacato mondiale. Il 2015 World XI è il risultato di una votazione unica nel suo genere perché realizzata tra soli calciatori professionisti (26.478 in totale) in 68 paesi, che hanno composto un team composto da un portiere, quattro difensori (indipendentemente dalla posizione), tre centrocampisti e tre attaccanti. Questi gli undici giocatori più votati per il 2015: • Portiere: Manuel Neuer (Germania, Bayern Monaco). • Difensori: Daniel Alves (Brasile, FC Barcelona); Sergio Ramos (Spagna, Real Madrid CF); Thiago Silva (Brasile, Paris Saint-Germain); Marcelo (Brasile, Real Madrid CF). • Centrocampisti: Paul Pogba (Francia, Juventus); Luka Modric (Croazia, Real Madrid CF); Andrés Iniesta (Spagna, Barcellona). • Attaccanti: Cristiano Ronaldo (Portogallo, Real Madrid CF); Lionel Messi (Argentina, FC Barcelona); Neymar Jr. (Brasile, FC Barcelona). In questa undicesima edizione del premio, Messi e Cristiano Ronaldo sono stati votati nella formazione ideale per la nona volta (record). Unico rappresentante del campionato italiano è Paul Pogba della Juventus mentre c’è da segnalare che nella lista dei 55 calciatori più votati ci sono anche Gianluigi Buffon (terzo tra i portieri), Giorgio Chiellini (quindicesimo tra i difensori), Marco Verratti (nono) e Andrea Pirlo (undicesimo) tra i centrocampisti.
Un po’ di Italia…
Florenzi, Pogba e… Eto’o
Ombre cinesi
Sergio Ramos e Neymar jr Cosa resterà di questa serata del Pallone d’Oro 2015? Forse l’assenza di Joseph Blatter? O quella di Michel Platini? Quella di Luis Enrique vincitore quale miglior tecnico? O ancora quella di Gigi Buffon, nemmeno inserito nella lista dei papabili vincitori? Più probabilmente ricorderemo l’eleganza di Sergio Ramos, il cappellino di Neymar e, perché no, la giacca di Paol Pogba… 39
Io e il calcio l’intervista
di Pino Lazzaro
Matteo Manassero, golfista
“Ho iniziato davvero che ero piccolo, sui tre anni ed è stato un po’ per mio padre che ha cominciato a giocarci proprio quando sono nato io. Lui dunque frequentava il campo-pratica di Verona, ci andavo anch’io e ricordo un Natale che ho voluto come regalo delle mazze di plastica: mi piaceva ed era naturalmente tutto un gioco per me. Così è cominciata e le prime gare le ho fatte più avanti, sui dieci anni, mia mamma che mi portava in giro, soprattutto nel Nord Italia, a nostre spese naturalmente: dicevano che ero bravo, che avrei potuto fare strada ma non avevo certo alcuna consapevolezza, mi piaceva giocare a golf, ecco tutto. Poi le cose sono andate avanti, in effetti me la cavavo bene e sono poi entrato in Nazionale, da dilettante: è stato lì che ho cominciato poi a lavorare col mio attuale maestro, Alberto Binaghi. Un periodo quello in cui con la Nazionale ho cominciato ad andare all’estero e ho dovuto così iniziare a saltare la scuola”. “Sì, sono diventato professionista che avevo 17 anni e guarda che in fondo è giusto una questione di status, in sostanza ho continuato a fare quel che facevo prima, dato che tra l’altro la Federgolf può riconoscerti professionista anche se non fai delle gare. In questo nostro mondo ci sono dei circuiti, per semplificare diciamo che sono un po’ come la serie C, B e A del
calcio. In tutti ti devi qualificare e dunque dipende da quelli che sono i risultati che ottieni sul campo. Non c’è il confronto diretto con l’avversario come capita nel tennis, ma le cose funzionano un po’ allo 40
stesso modo, dato che il tuo di punteggio e dunque la tua di collocazione dipende dai risultati che ottieni”.
“Tornando alla scuola, non sono riuscito a finire l’ultimo anno, ero in un liceo scientifico: ero già professionista, stavo ormai via dalle 30 alle 40 settimane all’anno. Sì, è un peccato, se non fossi passato prof di certo avrei finito ma pure i miei genitori si sono resi conto allora che era quello il mio sogno, che potevo essere abbastanza bravo almeno per resistere i primi anni, per vedere come andava, sempre tenendo conto della tanta passione che avevo, che mi accompagnava. Credo insomma che abbiano saputo lasciare da parte pure un po’ di orgoglio come genitori: vedevano che ero contento e m’hanno così sostenuto nelle mie scelte”. “Al di là di quella che è l’etichetta di professionista, come detto ho continuato a fare quello che facevo già da dilettante, con la stessa serietà, con la stessa dedizione. Ci si allena molto qui col golf, sono allenamenti lunghi, durano 6-7 ore alla volta e tutto sommato ciò che sostanzialmente fa la differenza è il livello dei giocatori che vai a incontrare. Se sali di livello, significa che ti troverai di fronte dei giocatori di un livello più alto e la tua misura resta sempre e comunque i risultati che ottieni, tutto dipende da questo. Io mi alleno 6 giorni su 7 e stacco giusto la domenica. Sono giornate tutto sommato simili, che si assomigliano tutte: inizio tra le 9 e le 10 e termino verso le 16; tecnica al mattino, il pomeriggio sul campo. In più, sulle tre volte la settimana, vado poi in palestra e qui i lavori dipendono dal periodo, se sei più o meno vicino alle gare. Ora come ora, che sono fermo, sono sedute dedicate più che altro al potenziamento, mettendoci sempre tanto e tanto stretching, fondamentale qui per noi. È uno sport complesso il golf, che chiede parecchia pazienza e molta serietà. Per quanto le tue giornate scorrano praticamente uguali, sono lo stesso sempre diverse, con i tuoi alti e bassi, non è mai scontato”. “Se viaggiando ce la faccio a fare il turista? Poco, proprio poco, i ritmi che ab-
biamo sono abbastanza serrati. Si arriva di solito un paio di giorni prima ed è un qualcosa di veramente importante per noi provare il campo. Le nostre giornate di gara sono quattro e davvero alla fine sei stanco, l’ultima cosa che hai voglia di fare è quella poi di andare in giro. Mi rendo conto che pure io come golfista – e vale penso per tutti gli sportivi – ne faccio di sacrifici, ma nello stesso tempo sono pure convinto che pensare sempre e solo al golf, che sia questa insomma l’unica cosa che conta, è altrettanto sbagliato. Comunque non sento ora come ora che mi manchi qualcosa, anche perché per stare a certi livelli le devi fare in un certo modo le cose, è necessario”. “Certo, la preparazione mentale è importante, io ci lavoro da un anno, non chissà con quale intensità, non è che per come sono fatto ne abbia proprio così tanto bisogno, però rimane una parte fondamentale. Da parte mia le ho sempre vissute abbastanza tranquillamente le gare, per dire ci ho sempre per bene dormito sopra, non è che stia sveglio il giorno prima e ste cose qui. Il fatto poi di giocare a fianco di altri giocatori è un qualcosa che in effetti può influire, specie se sei lì che ti stai giocando una gara. Dipende sempre e solo da te, giochi davvero “da solo”, però vedere quel che fanno gli altri può condizionarti, farti un po’ allontanare da quel che devi fare, da come lo devi fare. Bisogna dunque aver la capacità di mantenersi isolati, devi continuare ad essere tu il padrone del tuo gioco: se ti fai in qualche modo influenzare, allora vuol dire che non sei riuscito a dare il 100%. Io penso d’averla in fondo di natura questa dote, non ho mai sofferto insomma il fatto di avere lì vicino chi gioca molto meglio di me e sono consapevole che se riesco a giocare il mio miglior gioco, allora so che intanto non sfiguro, no”. “Dai, non è solo un’impressione, è proprio così, è molto così. Tra noi c’è davvero del fair play, sono proprio pochissimi i cattivi rapporti. È uno sport il nostro in cui non ci si fa delle scorrettezze, non si fanno finte per ingannare; tieni conto del fatto
l’intervista
che non ci sono arbitri, già questo dice molto ed è davvero rarissimo aver delle discussioni. Il golf mi ha dato dei bellissimi momenti e mi ha fatto maturare tanto, come in genere sa fare lo sport. Mi ha fatto insomma crescere e tanto mi ha dato anche da un punto di vista sportivo, io lì a vivere quelle cose che in tv ho cominciato a vedere sin da bambino”. “Qui in Italia le cose per il golf stanno migliorando, anche perché i media ne parlano ora più e meglio di prima. La Federazione sta lavorando bene, certo ci vorrebbero più campi pubblici, potendo così affittare per poco una sacca, giusto per provare. È uno sport che ti prende se hai la possibilità di provare e riprovare, minimo una decina di volte devi metterle in conto, può essere davvero dura all’inizio, non viene subito bene. Però mica è così
facile avere costanza e coi prezzi che ancora ci sono, normale che uno poi abbandoni e questo è un problema se intendi far crescere il numero di praticanti. Non dico che sia ancora uno sport proprio da ricchi, però costa, poco da fare”. “Il golf per un bambino? Beh, come penso tutto lo sport sappia fare, anche il golf ti insegna molto, specie se arriva ad appassionarti proprio tanto, come quasi sempre capita a chi ha modo di avvicinarsi e di continuare: quando uno ci prende la mano, non smette più. È uno sport molto tecnico, penso anche molto difficile, con molta più fisicità di quel che si pensa. E poi c’è la questione delle regole, che non sono imposte, ma te le fai tu e davvero ti ritrovi ben dentro ad una realtà in cui c’è tanto e tanto fair play e fai presto a farlo tuo”.
La scheda Matteo Manassero è nato a Negrar (Vr) nell’aprile del ’93. Seguendo il padre, inizia col golf che ha poco più di tre anni e a soli 16 anni vince il British Amateur Championship, uno dei dei due Major per dilettanti: vittoria con cui stabilisce il record di più giovane vincitore del torneo (e primo italiano). Più avanti (esattamente a 16 anni, 11 mesi e 22 giorni come ricorda wikipedia), diviene il più giovane giocatore a passare il taglio del Masters. Passato professionista nel maggio del 2010, il successivo ottobre vince il Castellò Masters in Spagna, diventando così il più giovane vincitore di un torneo dell’European Tour (sempre wikipedia: 17 anni, 6 mesi e 5 giorni). Sono seguiti poi i successi nel Malaysian Open (2011), nel Barclays Singapore Open (2012) e nel Bmw Pga Championship (2013). Come ci racconta nell’intervista, ora Matteo viene da un periodo agonisticamente non soddisfacente: il suo obiettivo è quello di tornare e sentirsi competitivo. In bocca al lupo.
“Il calcio lo seguo e come. L’ho giocato da bambino e l’ho continuato a giocare sino attorno ai 12 anni, c’era poi sempre più questa concomitanza tra le partite e i tornei di golf e così ho lasciato stare. Difensore o centrocampista sempre un po’ lì dietro, giocavo nella squadra del quartiere della mia città, di Verona. Ancora adesso, quando è possibile, almeno una volta la settimana gioco con i miei amici, giochiamo a sette. Sono tifoso del Milan, da sempre ed è una cosa questa di famiglia, siamo tutti milanisti. Allo stadio ogni tanto ci vado, ma ci andavo di più quand’eravamo in Champions, ora non so quando ricapiterà, speriamo. Devo dire che io sono proprio un patito del calcio, a casa non sono lì che in televisione mi metto a guardare partite di golf, preferisco sempre il calcio e dunque non mi danno fastidio tutte quelle pagine che sui giornali gli vengono dedicate, sono proprio quelle che a me interessano. Certo però sarebbe meglio, proprio per l’Italia e direi anche come fatto culturale, che anche gli altri sport potessero venir apprezzati. Però degli altri si legge poco, dunque se ne sa poco; comunque, ripeto che per me non è un problema …”. “L’obiettivo per l’anno prossimo è quello di riuscire a contendere la vittoria in qualche torneo. Vengo da un anno e mezzo non facile e quindi voglio cercare di tornare in alto, provando così a rivincere dei tornei, tornando competitivo, poi l’arrivare primo, secondo o terzo è un’altra cosa, si vedrà, ma quel che conta è ritrovare continuità, avere la costanza di esserci e di saper di poter così anche vincere”. 41
internet
di Mario Dall’Angelo
I link utili
Le iniziative benefiche della Roma femminile Il calcio femminile sta crescendo e ottiene sempre maggiore attenzione a tutti i livelli, per rimediare a una situazione che ci vedeva molto indietro rispetto a molti altri paesi, alcuni non particolarmente evoluti per quanto riguarda la parte maschile del movimento. Con un provvedimento molto importante nell’ambito del suo programma di rilancio e sviluppo del settore femminile, la Federcalcio ha introdotto, da questa stagione per le società di Serie A e Serie B, l’obbligo di tesserare un numero predeterminato di giovani calciatrici e i club si sono subito attivati. Ma ci sono già realtà del calcio femminile che, per organizzazione e attività, hanno poco da invidiare a quelle maschili, anche dal punto di vista dell’impegno nel sociale. È il caso della Roma Calcio femminile (www.romacalciofemminile.it), società fondata nel 1965 e che in mezzo secolo di attività ha messo in bacheca diversi trofei sia con la prima squadra sia con la formazione Primavera. Oggi conta oltre un centinaio di tesserate, ha una scuola calcio e un’academy per diversamente abili. Quest’ultima è nata in collaborazione con l’a.s.d. Total Sport di Torino, associazione che ha portato la sua idea, sotto forma di progetto pilota, in diverse città italiane sotto il nome di Total Sport Academy ed annovera tra i suoi testimonial diversi calciatori, tra cui Gigi Buffon e Giorgio Chiellini. L’obiettivo dell’iniziativa era di organizzare un torneo nazionale per ragazzi affetti da disabilità cognitiva, relazionale, affettivo-emotiva e comportamentale. La Roma è stata la prima società femminile a far proprio il progetto, dando la disponibilità di staff e strutture in collaborazione con l’asd Pro Roma Calcio. Dal novembre 2015 l’asd Total Sport si è trasformata nel Reset Group In-super-abili, con uno staff composto da Maria Iole Volpi (responsabile e tecnico), Marco Brunetti (educatore e tecnico), Noemi Cortelli (tecnico), Andrea Fabiani (psicologo), Alessia Onofri (fisioterapista), Nora Inwilk (educatore). Alla presentazione di Reset Academy, avvenuta alla Borghesiana con il presidente del Coni, Giovanni Malagò, il mondo del calcio ha fatto sentire tutto il suo appoggio all’iniziativa con l’ex ct della Nazionale Marcello Lippi, che è presiden-
te onorario, e molti altri ex calciatori e tecnici:Angelo Peruzzi, Bernardo Corradi, Giuliano Giannichedda, Vincent Candela, Nicola Amoruso, Angelo Di Livio, Michelangelo Rampulla e Roberto Stellone. Con
trofei alle tre squadre esordienti delle società Pro Roma e As Roma, entrambe maschili, e della Roma Femminile. Ma la società s’impegna anche su segnalazione delle proprie tesserate. È stato il caso del sostegno alla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, in seguito alla sollecitazione da parte della calciatrice Fabiana Alessandro. Si è così organizzato e disputato un triangolare i cui proventi sono stati donati alla Lilt. Anche la scuola calcio della società fa la sua parte, come accaduto in occasione di una manifestazione benefica a Tivoli, con il provento destinato al locale Villaggio Don Bosco. Nel maggio scorso, l’Associazione Franco Sensi ha lanciato un appello alla donazione del sangue e alcune calciatrici della Roma Femminile hanno risposto, ancora una volta con grande disponibilità. Un serie di attività nel sociale e per beneficienza davvero ampia ed efficace, meritevole del plauso dal mondo del calcio senza distinzioni di genere.
loro c’erano anche i ragazzi del Reset Group In-super-abili. Il sito della Roma Calcio femminile - e le relative pagine sui social - ha anche una sezione dedicata ad altre attività sociali non direttamente collegate allo sport ma non per questo meno importanti. Tra i molti eventi da segnalare troviamo un evento benefico con un torneo di calcio a cinque a cui hanno partecipato due giocatrici della Roma femminile - Arianna Monti e Giulia Rossi - insieme a ex calciatori dell’As Roma tra cui Marco Delvecchio, Max Tonetto e Vincent Candela e con la presenza a bordo campo di un altro ex giallorosso, il ct della Nazionale Under 21 Gigi Di Biagio. Molto importante è l’impegno della calciatrici giallorosse espresso con l’appoggio alla campagna “Giornata della prevenzione”, rivolta al mondo della scuola. Un argomento, quello della prevenzione Alessandro Lucarelli @criale1991 Leonardi dg del Latina, vergogna senza fine: sanitaria, mai troppo Tavecchio e Abodi, non dite niente? ribadito alle giovani generazioni, e la Roma femminile non è mancata all’appuntamento. MauroIcardi @MauroIcardi Un altro evento particoCuando uno se cae, siempre esta a tiempo larmente importante, para levantarse y luchar por sus objetivos (Quando cadi, hai sempre tempo per rialzarti e soprattutto per la città combattere per i tuoi obiettivi) di Roma, è stata la fase finale del torneo “Memorial Franco Sensi”, in onore del presidente dell’ultimo scudetto dell’ As Roma. La figlia Rossella e la signora Felipe Melo @_felipemelo Maria hanno consegnato i Lavorando duro ogni giorno, tutti insieme, per raggiungere l’obiettivo!
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internet
di Stefano Fontana
Ex calciatori in rete
Duello Spagna–Francia con Morata e Digne www.alvaromorata9.com Classe 1992, Alvaro Morata è un attaccante spagnolo in forze alla Juventus ed alla Nazionale spagnola. Astro nascente del calcio europeo, è capace di progressioni
impressionanti, calcia con entrambi i piedi e vanta doti fisiche eccellenti. Il suo sito ufficiale si distingue per l’eleganza della veste grafica e l’originalità dell’interfaccia utente. L’homepage è minimalista e d’impatto, composta esclusivamente da cinque immagini di Alvaro a tutto schermo. In alto troviamo tre tasti che consentono di scegliere in che lingua visitare il sito (inglese, spagnolo o italiano), mentre sulla destra ci sono in trasparenza i col-
legamenti alle pagine ufficiali di Morata sui social (Twitter, Facebook e Instagram). Per accedere alle varie sezioni del sito è sufficiente fare scrolling verso il basso con la rotella del mouse, il touchpad del portatile o… con il dito solo schermo dello smartphone o del tablet: infatti un altro aspetto positivo di questo sito è la struttura “responsive” che lo rende adattabile automaticamente a qualsiasi piattaforma con risultati sempre perfetti. La sezione dedicata alla statistica presenta a tutto schermo alcuni numeri relativi alla stagione di Alvaro: minuti giocati, partite giocate, partite vinte, reti realizzate, contrasti vinti e passaggi effettuati. Scendendo ancora entriamo nella sezione biografica: una lunga timeline corredata di immagini ci porta attraverso le tappe più importanti della carriera di questo giovane fuoriclasse. Resta molto altro da scoprire in questo ottimo sito internet, come l’archivio delle news e la ricca gallery completa di immagini di Alvaro con la maglia della Juve, del Real Madrid e della Nazionale spagnola: lasciamo a voi il piacere di scoprirne ogni segreto.
www.lucas-digne.com Sito ufficiale anche per Lucas Digne, diLeonardo Bonucci @bonucci_leo19 fensore in forze Per diventare migliore devi sfidare i migliori. Io ho avuto la fortuna di sfidare alla Roma nato a il MIGLIORE. Grazie @leomessi CongraMeaux nei pressi tulazioni. Complimenti. di Parigi il 20 luglio 1993. I contenuti del sito sono consultabili esclusivamente in francese: tale barriera linguista non costituisce un particoAlberto Gilardino @GilaGilardino 10 gen lare problema per la comL’unità d’intenti rende una squadra invincibile! pleta fruizione del sito, data la stretta parentela tra la lingua d’oltralpe e la nostra. L’homepage del sito consente l’accesso a tutte altre sezioni, Luca Caldirola @caldiluca3 6 gen Aksu, Antalya a partire dalla pagina “AcL’anno scorso il Dortmund era ultimo e nessuno contestava, in Italia squadre terze e quarte con tifosi tualités” (ovvero ultime noti-
ttando
che contestano… Bah…
zie). I collegamenti sono ordinatamente raggruppati in una fascia grigia in alto. La pagina dedicata alle notizie contiene numerosi brevi articoli su Lucas, tutti corredati da un’immagine o da una video intervista. La sezione “profilo” contiene a sua volta altre la scheda tecnica, la timeline ed una pagina dedicata alle citazioni. La pagina dedicata alla carriera contiene materiale relativo ai club dove Digne ha militato, al suo personale palmarès ed alla Nazionale Francese. Lucas ha infatti militato nell’Equipe de France per la prima volta a 15 anni, nell’Under 16. Nel luglio del 2013 si è laureato campione del mondo Under 20. Ha debuttato nella Nazionale A allenata da Didier Deschamps il 5 marzo 2014 nel corso di un’amichevole contro la Nazionale dei Paesi Bassi. Infine, nella parte bassa della pagina dedicata alla Nazionale, troviamo le relative statistiche. Nella sezione “partenaries” troviamo lo sponsor
tecnico del giocatore. La galleria fotografica del sito è davvero ricca, non solo di scatti con la maglia della Roma e della Nazionale francese ma anche con Paris Saint Germain e LOSC Lille. Chiudiamo la nostra visita con la pagina dedicata ai fans, dove troviamo gli ultimi aggiornamenti dei profili personali di Lucas Digne su Facebook, Twitter ed Instagram. 43
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di Nicola Bosio
frasi, mezze frasi, motti, credi proclamati come parabole, spesso vere e proprie “poesie”
Alle volte il calcio parlato diverte di più del Il passato da calciatore può servire per l’inizio poi occorrono altre qualità perché a un certo punto contano solo le idee che porti avanti e non più la tua bacheca personale – Roberto Donadoni (Bologna) Quando un gruppo è forte sa come reagire – Borja Valero (Fiorentina) Lo spogliatoio è sacro… Comunque mi è capitato in passato di avere degli allenatori che urlavano tanto. Certi insulti, al momento giusto, ti caricano – Mauro Icardi (Inter) Ognuno ha i propri metodi per trasmettere i concetti, io dico sempre che un conto è essere autoritari, un altro
Roberto Donadoni allenatore del Bologna “Analisi logica” Crescere significa anche saper fare autocritica, a tutti i livelli .Quando analizziamo a video un gol subìto, è raro che qualche giocatore si assuma tutte le responsabilità, ti dicono sempre “sì ho sbagliato, ma prima…”. Che poi spesso è pure vero, il calcio è una concatenazione di eventi. Ma mica sempre: se un difensore a centro area su un cross è a tre metri dall’attaccante gli alibi non ci sono. Trovare chi dice “ho sbagliato” è difficile. Invece io lo trovo di una semplicità disarmante. Fai autocritica e tutto finisce li, è un tipo di cultura che andrebbe incentivata, non solo nel calcio. 44
avere autorevolezza. Credo che le persone forti debbano avere autorevolezza e non essere autoritari – Massimiliano Allegri (Juventus) Tutti gli allenatori sono in discussione quando non arrivano i risultati – Roberto Stellone (Frosinone) Ci sono allenatori bravissimi a farsi comprare i giocatori, io no perché punto a migliorare quelli che ho in organico – Maurizio Sarri (Napoli) Ti dicono che non sei da big perché non l’hai mai allenata, ma se non cominci mai? Credo che nel calcio si vada dietro spesso ai cliché, ai luoghi comuni, alla scia di profumo che qualche allenatore si porta dietro, e non parlo dei miei colleghi italiani, dico in generale – Stefano Colantuono (Udinese) La mia vita come un match di boxe: ho incassato tanti pugni, ho saputo restare in piedi. Sì, perché non sono uno che si piange addosso. Ho ammesso i miei errori e sono ripartito. Quali sbagli? Diciamo che da giovane il calcio mi dava da vivere e bene, ora vivo solo per il calcio – Stefano Okaka (Anderlecht) Tatuaggi? Se tornassi indietro non li rifarei. Da giovane sono belli, ma quando sarò più vecchio e avrò un mio figlio, magari me ne pentirò – Roberto Soriano (Sampdoria) Nel calcio la tua carriera, anche per un infortunio, può finire da un momento all’altro. I miei genitori mi sostenevano ma volevano finissi gli studi – Stefan De Vrij (Lazio) Non ho mai avuto molto tempo libero. Ho sempre messo il calcio e la mia formazione davanti al divertimento e alle mie relazioni sociali – Stefan De Vrij (Lazio) A volte ho fatto degli sbagli, altre volte mi hanno deluso gli altri che non si sono comportati bene con me. Ripartire comunque da zero non è stato facile. Ci è voluto carattere, forza, coraggio – Stefano Okaka (Anderlecht) La vita va vissuta, nelle regole e senza far male a nessuno. Se uno la vive nella tristezza quotidiana e la subisce passivamente, che senso ha? – Massimiliano Allegri (Juventus) L’esperienza inglese non è stata esaltante. Ma certi passaggi della vita, soprattutto i
meno facili, comunque ti fanno crescere. In Inghilterra ho imparato a combattere. A fare i conti anche col calcio fisico. Per questo non protesto quasi mai. Eppure
Marco Verratti centrocampista del Paris Saint Germain “C’è paura e paura” Sono andato in pellegrinaggio fuori dal Bataclan, ma non so se riuscirei a vederci uno spettacolo. Però bisogna uscire, fare la vita di sempre, altrimenti la si dà vinta ai terroristi, che vogliono solo essere protagonisti e mettersi in vetrina. Quel 13 novembre ero a Londra in vacanza e sono rimasto per tre giorni chiuso in hotel, però non vedevo l’ora di tornare a Parigi. Insomma, la paura c’è, ma è una cosa completamente diversa da quei 15 secondi del terremoto in Abruzzo del 2009. Quelli mi sono rimasti dentro. Avevo solo 16 anni, e se penso alle mie lacrime, a quei i giorni a dormire in macchina, alla disperazione della gente, so che non me ne libererò mai. La natura è più potente di qualsiasi uomo. di falli ne subisco parecchi… – Nikola Kalinic (Fiorentina) In Italia in ogni partita si nascondano insidie, ma è un principio
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calcio giocato generale e vale per chiunque – José Maria Callejón (Napoli) In serie B ogni gara ha una storia a sé – Federico Ricci (Crotone) Mai pensato di andare all’estero? A dire la verità no, anche se in Inghilterra, per esempio, vivi il calcio più serenamente. Finita la partita, si occupano di te una settimana dopo. In Italia, invece, i processi cominciano a fine gara. Ma io amo il calcio che si fa qui in Italia. È tatticamente migliore. In Inghilterra, in media, c’è meno tattica, puntano tutto sui duelli individuali, anche gli stessi giocatori, da quello che sento, non amano stare molto sulla tattica. Meglio il calcio italiano, forse non il più bello, ma di sicuro il più difficile – Stefano Colantuono (Udinese) Da noi in
Adam Masina difensore del Bologna “Poliedrico” Finora ho giocato da attaccante, esterno destro, ala sinistra, terzino sinistro, mezzala sinistra, trequartista, a volte anche difensore centrale. Insomma, mi manca solo di fare il portiere. Ma non ho ancora finito. Secondo me il mio ruolo ideale è quello di esterno sinistro in un 3-5-2, oppure terzino d’attacco nel 4-4-2.
Italia siamo legati a schemi superati, domina una mentalità vecchiotta – Roberto Donadoni (Bologna) Rispetto alla Serie A in America non c’è la stessa pressione, però il campionato è in grande crescita. Sono sfide nuove che ho voluto io, perciò gli stimoli sono molto forti – Andrea Pirlo (New York City) Vincere in Francia fa sempre piacere perché nessuno ti lascia niente. Detto questo, il rammarico di non aver giocato in Serie A resta, ma in futuro non si può mai sapere. Certo che i giovani in Italia non sono valorizzati. Basta che sbaglino due partite e sono fuori – Marco Verratti (Paris Saint Germain) Libertà ai talenti, niente schemi, ma tutti attaccano e tutti difendono – Stefano Pioli (Lazio) Le differenze, poi, alla fine le fanno sempre le individualità – Guglielmo Stendardo (Atalanta) Nel calcio conta, oltre al talento, anche la chimica tra le persone – Roberto Donadoni (Bologna) In Europa ci sono piccoli club che vanno in Europa, in Italia è più difficile, ma se hai l’organizzazione puoi farcela – Massimo Maccarone (Empoli) In 20 anni in Italia ho fatto tanto e non ho più niente da dimostrare. Ho giocato con Inter, Milan e Juve, i tre club più grandi: sono stati anni fantastici e non posso decidere a chi ho lasciato il cuore. Piuttosto, scelgo l’Italia – Andrea Pirlo (New York City) Quando ho dovuto scegliere non ho avuto dubbi, non ho mai fatto calcoli, so che nell’Italia o nella Polonia avrei avuto meno concorrenza, ma io voglio giocare nell’Argentina e se non ci riuscissi dovrei farmi delle domande, non cambiare bandiera. Non sarei felice in una nazionale che non sento mia, con un inno che non è il mio, con colori che non sono i miei – Paulo Dybala (Juventus) La mia storia dice che niente è impossibile. E sognare per chi ha i piedi per terra non può essere un rischio – Massimo Maccarone (Empoli) I ragazzi di oggi sono molto più deboli psicologicamente, perché la tecnologia è utilissima ma ha diminuito il confronto umano – Massimiliano Allegri (Juventus) Un Campionato Europeo ha variabili imprevedibili e mette in palio il titolo in pochi giorni ma anche al termi-
ne di un anno massacrante – José Maria Callejón (Napoli) Il primo ostacolo da
Massimiliano Allegri allenatore della Juventus “Cazzeggio creativo” Quando dico che non si può lavorare 24 ore al giorno non lo dico perché non ho voglia di fare, ma perché ci sono degli studi approfonditi di psicologia che lo dimostrano. Il cazzeggio creativo? Quando la concentrazione ha un picco a ribasso la devi portare ancora più giù, per avere un rimbalzo verso l’alto. superare nella vita di uno sportivo non è quello di sfruttare l’occasione, ma di procurarsela – Nikola Kalinic (Fiorentina) I troppi stranieri nel nostro campionato secondo me non sono un problema, basta avere quelli bravi. E comunque un ragazzo nato e cresciuto in Italia se ha le qualità prima o poi emerge e si impone comunque – Simone Missiroli (Sassuolo) Mi hanno fatto piacere gli attestati ricevuti per il comportamento avuto a Parma quando ho tenuto in piedi la baracca. Devo però ammettere che è stata un’esperienza durissima che non auguro a nessuno e che spero non si verifichi più anche se alcune notizie confermano che lo stato di salute del calcio italiano non è affatto migliorato – Roberto Donadoni (Bologna) 45
tempo libero
musica
libreria Nicholaus Editrice
A gamba tesa
di Salvatore D’Alesio – 96 pagine - €15,00
Dopo 12 anni da Presidente, tra Terlizzi e Monopoli, Salvatore D’Alesio (barese, di professione notaio) ha deciso di unire gli appunti e ne è venuto fuori il libro “A gamba tesa. Palloni e pallonari di Puglia”. Decine di storie, dati, personaggi e fotografie per raccontare il mondo di un calcio dilettantistico nel quale l’autore non si riconosce più: “Volevo scrivere qualcosa di rottura, di denuncia. Girano più pallonari, senza dubbio. Ma non mi riferisco ai calciatori, tra cui ci sono ancora ragazzi appassionati più all’essenza del gioco che ai soldi”. Ma anche decine di curiosi aneddoti: “Con mister Pino Giusto al Terlizzi avevo imparato a bere il rum. Quando andai al Monopoli non riuscii a portarmelo in panchina e lui ci rimase male. Una sera mi fecero assaggiare un Caroni del 1993. Mandai un messaggio chiedendogli cosa ne pensasse, anche per sciogliere quella cortina d’imbarazzo innalzatasi per l’interruzione del nostro sodalizio. Lui credette che fosse un under da portare in biancoverde e mi rispose… di chiederlo al mio allenatore”. D’Alesio, con l’amico giornalista Vito Prigigallo, ci racconta una storia affascinante, da sportivo vero, da appassionato, da innamorato del pallone: “Ho cercato di dare al mondo del calcio dilettantistico una veste più seria e professionistica. Ora non mi piace la piega che sta prendendo il movimento. Per me è un’assurdità poter scommettere sulla Serie D. E poi abolirei dappertutto, in qualsiasi competizione o categoria, la regola degli under. I giovani devono giocare perché forti, non per meriti anagrafici. Quando superano l’età, si perdono senza più emergere. Così si creano generazioni intere di disoccupati. Tutti vogliono vincere, le società non curano più il settore giovanile, è un qualcosa che vedono come una perdita di tempo”. Dodici anni di calcio pugliese vissuti da protagonista, raccontati con disincanto e criticità, condita da umorismo e ironia, perché, come ama ripetere Giovanni Trapattoni, “Il pallone è una bella cosa, ma non va dimenticata una cosa: che è gonfio d’aria”. Castelvecchi Ultra Sport
Ho giocato in serie A (una volta sola) di Roberto Condio – 220 pagine - €16,00
Fra le centinaia di titoli di libri sportivi usciti negli ultimi anni ce n’è uno speciale, di Roberto Condio, giornalista de La Stampa. Segue il calcio e la pallavolo e in estate ha pubblicato “Ho giocato in serie A (una volta sola). Le strabilianti storie dei calciatori-meteora del campionato italiano”. “Per completare una stagione di serie A servono ormai più di 500 calciatori. È inevitabile che non tutti siano fuoriclasse o primatisti di presenze. In campo, come sul palcoscenico, accanto ai protagonisti ruotano i comprimari, spesso presenze sporadiche, se non meteore. Per ogni giovane aspirante campione è un sogno mettere piede su un campo di Serie A, è la linea di confine tra la mediocrità e la possibilità di sfondare”. Questo libro, dunque, è dedicato a quanti hanno centrato l’obiettivo, scomparendo però subito dai radar del grande calcio. Per gli italiani il momento dell’esordio è la gavetta fatta nei settori giovanili o nelle categorie minori, premiata con quel gettone in A. Per gli stranieri, le variazioni sul tema sono numerose, fra sopravvalutati o bidoni pagati eccessivamente e rispediti presto al mittente. L’elenco parte quindi con Giovanni Abate, centrocampista che debuttò 19 anni fa nella Sampdoria, con Mihajlovic e Mancini in campo, ora lavora in una tabaccheria a Torino. Termina con Alessandro Zoppetti e i 71 minuti iniziali di Reggina-Roma del 2005. Scese presto in serie C2, nasce a Casalpusterlengo, è cresciuto nella Cremonese e dopo il debutto con la Reggina più nulla, ora gestisce un bar in Lombardia. Il giornalista piemontese si concentra sull’ultima parte del calcio moderno, da quando la vittoria vale i tre punti, a partire dal 1994-1995. Da allora i debuttanti senza seguito sono stati ben 307, 100 dei quali stranieri. “C’è chi ne ha fatto una malattia, vivendola come un’ingiustizia. E chi, al contrario, della sua apparizione-flash al top ha preso solo il buono”. Perché in fondo la maggioranza neanche sfiora la Serie A. Di quegli eroi per un giorno, spesso la gloria dura solo qualche secondo. 46
Adele
25
Adele è ormai una di quelle artiste che potrebbe “cantare l’elenco del telefono” (definizione già utilizzata in passato per altri “grandi”) che comunque avrebbe un successo strepitoso. Difficile quindi criticare un suo nuovo lavoro, alla luce soprattutto, delle migliaia di copie vendute in pochissimo tempo. Una volta tanto vogliamo andare controcorrente, non per fare gli “alternativi” a tutti i costi, ma perché “25”, è un album certamente bello ma al di sotto delle aspettative. Parliamoci chiaro: il nostro “tentativo” è quello di trovare il classico pelo nell’uovo dal momento che, complessivamente, le 11 tracce del disco sono di alto livello. Quello che, in parte, ci ha deluso è che Adele, tranne in qualche rara eccezione, rimane appiattita sul suo modo di essere “Adele”, quasi schiava di un personaggio che, per carità, funziona alla grande ma che, alla lunga, rischia di fare il verso a se stesso. In altre parole, sdoganata ormai la sua bravura, il suo talento e la sua simpatia, ci sarebbe piaciuto sentirla uscire un po’ più dalle righe, sperimentare nuove strade ora che se lo potrebbe pure permettere. Alcune tracce, di sola voce e pianoforte, avrebbero meritato un arrangiamento “da film”, anche azzardato, anche sconfinante in qualcosa che non fosse il solito pop/soul con i soliti testi struggenti da brivido sulla schiena.
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Le calciatrici incontrano Susanna Camusso
Una delegaz ione di calciatrici della Serie femminile guidata da Melania Gabbiadi A accompagnate da Katia Serra e Ilaria Pa ni, incontrato il 1° febbraio scorso il segretario squi, ha della CGIL Susanna Camusso. Dall ’incontro, generale occasione per un importante scambio di opi e di esperienze, è emerso l ’obiettivo comunenioni crescere il calcio femminile in Italia e gara di far alle calciatrici maggiori diritti e tutele allntire del movimento calcistico italiano. Presenti ’interno Sara Gama (Brescia), Chiara Marchitelli (Banche Marta Mason (Moz zanica), Martina Piemrescia), (San Z accaria) e Chiara Valzolgher (Sudtiro onte l).