Il Calciatore Ottobre-Novembre 2018

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Poste Italiane SpA – Spedizione in Abbonamento Postale – 70% NE/PD - Anno 46 - N. 06 Ottobre-Novembre 2018 - Mensile

2018

06

Ottobre Novembre

Organo mensile dell’Associazione Italiana Calciatori

Il "nostro" francobollo

Una patch speciale per un anniversario speciale

50 anni di storia AIC

sulle maglie dei calciatori


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AQUA

RIS X2


editoriale

di Damiano Tommasi

Mani pesanti Educazione civica, cultura sportiva, regole più severe… mano pesante? Riccardo, 24 anni, studente e arbitro di una partita di Promozione aggredito da due “energumeni” che hanno scavalcato la recinzione (così riportano le cronache). La pozza di sangue ha fatto il giro della rete ed è entrata a gamba tesa nel nostro calcio. Non è purtroppo l’unico episodio, non è il primo ma tutti siamo convinti che dovrebbe essere l’ultimo. “Squadre e giocatori che si macchiano di tali aggressioni fuori da questo mondo” - “Pene più severe e torniamo all’educazione civica nelle scuole”. Per una settimana non si è giocato nel Lazio in segno di solidarietà e protesta. Purtroppo la vera riflessione che emerge è che quindici giorni non sono bastati ad individuare i colpevoli. Tesserati? “Tifosi” conosciuti o sconosciuti? Delinquenti? È triste e, per quanto mi riguarda, preoccupante lanciarsi in impegni e annunci di “mani pesanti” se non si ha la forza, il coraggio e la sensibilità civica di individuare due “energumeni che scavalcano una rete di tre metri”. Purtroppo la piaga delle violenze sugli arbitri fa il paio con il nostro triste rapporto (giunto alla quinta edizione) di “Calciatori sotto tiro”. Giovani, appassionati, professionisti e dilettanti, adulti e ragazzi che subiscono ogni domenica la mano pesante di chi vive il calcio, e lo sport, in maniera deviata. Per cominciare, quindi, dovremmo individuare con maggior celerità i soggetti, tesserati e non, verso i quali usare, eventualmente, le mani pesanti.

Non ho ancora chiaro il progetto messo in campo per intervenire sulla Coni Servizi ma sono personalmente sempre più convinto che qualsiasi Governo non debba e non possa prescindere da un vero Ministero dello Sport. Il Coni, la sua storia e i suoi numeri parlano di successi, medaglie e coinvolgimento. Lo sport è l’Olimpiade e sono le Nazionali ma lo sport è anche, e forse soprattutto, molto altro. La “mano pesante” della politica vuole dire questo? Vuole chiarire che lo sport avendo più anime deve dividersi i compiti? Professionisti, olimpionici, record, medaglie ma anche scuola, salute, infrastrutture, volontariato, prevenzione, educazione, inclusione. Il dilemma, credo, è capire se il Ministero dello Sport ci sia sempre stato (Coni) o se la “mano” che si sta utilizzando sia un primo passo verso la stabilizzazione formale di un Ministero che sia “altro”, responsabile, incisivo e probabilmente libero dall’assillo del risultato. Speriamo, in ogni caso, che la “mano pesante” non lasci cicatrici peggiori delle ferite che vorrebbe curare.

Altro tipo di mano pesante, certamente meno violenta, sembra essere quella messa in campo dal Governo nei confronti del Coni. Attacco all’autonomia dello sport? Mani sulla cassa? “Riforma” dello Sport? 3


© UNICEFUNI122942Dicko

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Poste Italiane SpA – Spedizione

06

speciale di Nicola Bosio

50 anni di storia AIC sulle maglie dei calciatori

serie B di Claudio Sottile

Cosenza, Lecce, Livorno e Padova: Bentornate

lega pro di Pino Lazzaro Un tatuaggio, una storia

scatti di Maurizio Borsari calcio e legge di Stefano Sartori

Regolamento FIFA riguardante lo status ed il trasferimento dei calciatori

l’intervista

6

di Pino Lazzaro

calcio e legge di Alfredo Giaretta Diritto a partecipare agli allenamenti

politicalcio di Fabio Appetiti Simone Perrotta Organo mensile dell’Associazione Italiana Calciatori

foto redazione e amministrazione

tel fax http: e-mail: stampa e impaginazione REG.TRIB.VI

Questo periodico è iscritto all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana

Sergio Campana Gianni Grazioli Nicola Bosio Pino Lazzaro Stefano Sartori Stefano Fontana Tommaso Franco Giulio Segato Mario Dall’Angelo Claudio Sottile Fabio Appetiti Maurizio Borsari A.I.C. Service Contrà delle Grazie, 10 36100 Vicenza 0444 233233 0444 233250 www.assocalciatori.it info@assocalciatori.it Tipolitografia Campisi Srl Arcugnano (VI) N.289 del 15-11-1972

Member of

direttore direttore responsabile condirettore redazione

Finito di stampare il 23-11-2018

secondo tempo di Claudio Sottile Davide Zoboli

segreteria

Un francobollo speciale per i 50 anni AIC

femminile di Pino Lazzaro Nazzarena Grilli

regole del gioco di Pierpaolo Romani Il potere del calcio come strumento educativo

io e il calcio

Francesco De Fabiani

sfogliando tempo libero

Ottobre 2018 - Mensile

Organo mensile dell’Associaz

ione Italiana Calciatori

OttobreNovembre 50 anni di storia AIC

editoriale di Damiano Tommasi

Una carriera lunghissima, quindici anni con molte maglie indossate ed un unico grande sogno: giocare in Serie A. Mirco Antenucci, dopo averla appena sfiorata con il Catania, nella massima serie finalmente ci è arrivato con la Spal, ed il sogno adesso è quello di restarci (e fare gol) il più possibile.

Ottobre

– 70% NE/PD - Anno 46 - N. 06

Il "nostro" francobollo

2018

sommario

2018

06

in Abbonamento Postale

Una patch speciale per un anniversario speciale

sulle maglie dei calciato ri

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l’intervista

di Pino Lazzaro

Mirco Antenucci, attaccante della Spal

“Il mio grande sogno chiamato Serie A” “Sono di Roccavivara, in Molise, nemmeno mille abitanti. Giocavo e giocavamo per strada, proprio come una volta, ora capita molto meno. C’era l’asfalto, lì davanti a casa uno spiazzo piano, le case tra loro poco distanti, giocavamo pure con le sponde e oltre alle partitine facevamo pure i tiri di precisione e ne abbiamo rotti di vetri di finestre, me lo ricordo, anche di mia nonna. Lì a Roccavivara non c’era alcun settore giovanile, il campo di calcio sì, ora fanno la Seconda categoria e sono tra l’altro il presidente onorario, pensa te. Devo dire che il Molise come regione fa fatica a livello di calcio, non è facile lì diventare calciatori e infatti ce ne sono proprio pochi in giro. Avevo 5 anni quando sono entrato nella mia prima scuola calcio, a San Salvo. Poco più di mezzora di strada, andata e ritorno e mi ci portava mio padre, lui poliziotto, Polizia Stradale di Vasto, sapeva di quella società. A suo tempo mio padre ha giocato, tra i dilettanti, facendo pure l’allenatore ed era lui tra l’altro a organizzare un torneo che si teneva a Roccavivara, in aprile. Ricor-

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do che tornavo dall’allenamento a San Salvo e continuavamo a giocare – due fratelli, uno più grande e uno più piccolo – anche lì in cucina, c’era un archetto ed era quella la porta”. “Dopo San Salvo sono passato alla San Paolo di Vasto, distanza da casa più o meno la stessa, sempre mio padre che di pazienza ne ha avuta tanta a portarmi, questo insomma dai 5 a quasi i 14 anni. Con la scuola ho continuato lì a Roccavivara, me la sono sempre cavata bene ed è stato poi, quando avevo 13 anni, che sono passato a Giulianova, due ore di strada e sono così andato via di casa. Si giocavano dei tornei in giro, c’erano sempre degli osservatori ed era stato il Pescara a scegliermi, avevo fatto anche un periodo con loro e poi è capitato che mi sono fatto un po’ male, mezzo stirato, ero fermo a casa fin che guarivo e nessuno che chiamava, nessuno che si informava. Un comportamento che ricordo proprio non mi piacque, c’ero rimasto male e così quando arrivò la proposta del Giulianova, dissi sì”.


l’intervista

Molisano di Roccavivara (provincia di Campobasso), Mirco Antenucci è nato a Termoli (sempre Campobasso) nel settembre del 1984. Dopo le scuole-calcio col San Salvo e col San Paolo Vasto, entra nel settore giovanile del Giulianova con cui fa poi l’esordio in prima squadra (in C1) nella stagione 2002/2003. Dopo un campionato giocato ad Ancona (C2), torna per altre tre stagioni (tutte in C1) a Giulianova ed è nell’estate del 2007 che si fa avanti il Catania che subito lo gira al Venezia (C1). A fine stagione ecco il ritorno a Catania con cui fa l’esordio in serie A esattamente il 31 agosto del 2008, subentrando nei minuti finali del secondo tempo a Martinez (la partita era Catania-Genoa, vinta dai siciliani per 1 a 0; in panchina c’era Walter Zenga e questo il tabellino dei catanesi quel giorno: Bizzarri, Silvestri, Silvestre, Stovini, Alvarez Pablo Sebastian, Ledesma, Biagianti, Martinez (85’ Antenucci), Dica (60’ Tedesco), Mascara (89’ Terlizzi), Paolucci; in panchina Kosycky, Sardo, Morimoto, Plasmati; ndr). Quattro le presenze messe assieme in quel campionato di A, passando poi a gennaio 2009 al Pisa (B) e da qui all’Ascoli (B). Torna in A sempre col Catania e ancora a gennaio (stavolta 2011 e dopo 14 presenze) ecco un nuovo trasferimento: è la volta del Torino, in serie B. Nell’estate del 2012 torna nuovamente a Catania (A, 1 presenza) andando poi a giocare prima con lo Spezia (B) e poi con la Ternana (B). Seguono poi due campionati con il Leeds nella Championship inglese (la loro serie B) e da qui il ritorno in Italia con la Spal allora in B, stagione 2016/2017: subito la promozione in A, categoria confermata infine lo scorso campionato. Capitano spallino, due figlie piccole (Camilla e Sofia), è sposato con Eleonora.


l’intervista

Mi ritorni in mente “Beh, la partita che non dimentico è Spezia-Ternana, finita 2 a 2 (siamo andati a vedere, era marzo 2014; ndr); io che quel giorno ero un ex dello Spezia, l’anno prima avevo giocato con loro e non era stata quella certo una stagione brillante della mia carriera, diciamo così. Fischi su fischi tutta la partita, i cori contro ma al 94’ su quella palla sono andato su in bicicletta e ho fatto gol, che silenzio in quello stadio. Ed è proprio quello il gol più bello che sinora ho fatto, dai, non capita spesso di fare gol con una rovesciata. Già ne avevo fatto uno così in Serie C, col Venezia contro il Monza, ma per l’appunto era Serie C, è stato meno pubblicizzato. Quello che invece ancora adesso non so come ho fatto a sbagliare è stato quest’anno, con la Fiorentina: cross di Lazzari dalla destra e sono andato su a colpo sicuro, convintissimo di fare gol, sarò stato a 4-5 metri dalla porta: l’ho schiacciata di testa e non so come ma l’ho buttata fuori”. “Una partita che vorrei rigiocare è un’altra di quest’anno, quella contro l’Inter. Abbiamo giocato benissimo, ho anche sbagliato un rigore e insomma meritavamo di più, magari potessimo giocarla ancora”. “Lo stadio più bello per giocarci è San Siro io poi tifoso milanista. Ricordo la prima volta, ero col Catania e si giocò comunque contro l’Inter, era la prima di campionato, mi pare fossero in 70.000, senza parole. Da fuori sembra più grande, ma poi quando sei lì dentro la gente ce l’hai comunque addosso, proprio lì. Già star lì a veder la partita è bello, giocarci lo è ancora di più. Lo stadio in cui vorrei poter giocare è quello del Liverpool, quell’atmosfera che c’è. In Inghilterra ho giocato, ma lì è di più”. “Giocare a calcio, questo il sogno che avevo, questo quel che avevo negli occhi. I miei mi hanno sempre sostenuto in questo mio inseguire il sogno, però avevo poco più di 13 anni, a pensarci adesso ero

in pratica ancora un bambino, così almeno io ero. No, non è stato facile, lì con dei ragazzi più grandi, loro di 17 e io di 14, ce ne sono tante di differenze, non è che stessero attenti a me, è da solo che devi cavartela. Io

Una svolta, poi l’altra

“I momenti importanti, in cui ho capito che nel calcio potevo starci anch’io, sono stati in fondo due. Il primo a Giulianova, quando m’hanno chiamato a firmare il primo contratto, non avevo ancora l’età, 1500 euro. Lì ho pensato che potevo avere davvero delle possibilità, era sì Serie C ma già a me pareva tanto, non che fosse un punto d’arrivo, questo no, ma non era certo poco. L’altro quando poi più avanti ho firmato per il Catania, ne avevo 22 di anni e stavolta era Serie A”. 8

poi che all’inizio sono di mio un po’ introverso ed è dopo che arrivo a star bene con le persone, sia nel calcio che fuori. Insomma, devi cavartela da solo e la fortuna è stata sui 15-16 anni di avere vicino altri ragazzi della mia età, loro che sono ancora miei amici. Sì, tutto deve partire da te, certo è meglio se hai attorno persone che ti capiscono e ti aiutano”. “Dai, ho sofferto parecchio, questa la verità, anche perché ero affezionato ai miei, a casa mia, per questo dico che sono sì soddisfatto di quel che ho fatto, ma pure orgoglioso. Ricordo che il primo anno vivevamo in un albergo, è stato quello il più difficile, con quella camera vuota lì che poi sempre mi aspettava. In seguito eravamo in degli appartamenti, un signore e una signora che cucinavano, eravamo in quattrocinque ragazzi per appartamento, le cose così andavano molto meglio, c’era modo di fare amicizie. A casa tornavo un paio di volte al mese e con la scuola sono andato avanti sino al diploma di perito elettrotecnico, scuola pubblica, lì a Giulianova, sono uscito con 77, ho comunque sempre cercato di fare il mio e devo dire che sono stati bravi i professori, loro che hanno capito quella che era la mia situazione, specie l’ultimo anno, con tutte quelle assenze: ero già con la prima squadra e ci si allenava al mattino sia il mercoledì che il sabato”. “Un lavoro? Beh, per essere un lavoro lo è, anche se so bene quanto io sia comunque un privilegiato. Pensa al tempo libero che abbiamo, quanto puoi stare con la tua famiglia (ho due figlie piccole), anche se dall’altra di sacrifici ne devi fare, con quelle responsabilità che magari non si vedono, a cui non ci si pensa, che non sono solo verso la società che ti paga ma verso la stessa città. Responsabilità diverse, che non hai in un lavoro che è proprio… un lavoro. Sapendo poi che puoi ogni volta dover cambiare città, non importa i figli che magari devono lasciare quella loro scuola e tutto il resto. Però, alla fine, una vita che non può essere certo paragonata con quella magari di un operaio, dai”.


l’intervista

Quell’anno a Pisa…

“Dell’Associazione ho avuto bisogno quand’ero a Pisa, l’anno che c’è stato il fallimento, poi mi è sempre andata bene. Appena due mesi e ricordo che lì a Pisa non c’era quasi più nemmeno la roba per fare allenamento, con mesi e mesi senza poi prendere un euro…”. “Sì, come dici tu, sono uno ‘serio’. Via via col tempo migliori un po’ tutte le cose, impari tutto quello che ti può far star meglio e far fare meglio. Se uno avesse a 20 anni la maturità dei 30 sarebbe facile, ma non è così. Sei giovane e pensi che davanti hai del tempo, lasci perdere questo

e quello, cosa vuoi che sia ed è solo più avanti che capisci che devi per forza stare attento un po’ a tutto, che tutto conta: l’alimentazione, l’arrivare prima al campo, la palestra, come ti alleni. Tutte cose che assieme ti fanno poi stare meglio: prima lo capisci e più ti conosci, meglio fai”. “Cosa ci ho messo soprattutto di mio? La voglia di raggiungere l’obiettivo più grande, io che in fondo la Serie A ho cominciato per davvero a farla per bene l’anno scorso, a 33 anni. Quel che posso dire e ne sono orgoglioso è che nessuno mi ha regalato nulla, le categorie professionistiche io le ho fatte tutte, sempre tra l’altro facendo gol. Sono partito insomma dal basso e so bene che ci vuole anche fortuna,

ma ci vuole anche la capacità di mettersi sempre alla prova, sperando di incontrare per strada delle società giuste, degli allenatori giusti… È vero, ho cambiato tante società negli anni ma una ragione c’è, ero stato preso dal Catania ed è stato comunque un bene, sempre sono stato comunque tra la A e la B, però in fondo senza che credessero veramente in me e così sempre da qualche altra parte, in prestito o in comproprietà, ogni volta così dovendomi adattare a nuovi compagni, sistemi di gioco eccetera. Da una parte conosci tante realtà, fai esperienze; però, dall’altra, pensando giusto al calcio, non è un qualcosa di positivo”. “L’anno scorso ero il vice, c’era Mora capitano, poi lui quest’anno ha cambiato squadra (allo Spezia; ndr), così ce l’ho io adesso la fascia. A decidere società e allenatore, mai m’è capitato che fosse la squadra a scegliere il capitano. È una bella responsabilità, poco da fare, se non altro rappresenti tutti i tuoi compagni, no? Quel che cerco di fare è dare sì magari l’esempio, ma in fondo cerco sempre di essere me stesso, al servizio dei compagni e, quando capita, provando a dare qualche consiglio ai più giovani. Devo dire che lì nello spogliatoio ci sono altri tre-quattro “vecchi”, per me anche loro sono dei capitani come me e così cerchiamo sempre di parlare quando le cose vanno magari meno bene, quando c’è qualcosa da chiarire, meglio insomma confrontarsi, ce ne sono tante di teste. Se c’è bisogno, allora parlo ma non è che mi piacciano poi più di tanto le chiacchiere”. “Con i giovani va abbastanza bene, mi ci trovo con loro. Certo che è tanto e tanto cambiato rispetto 10-15 anni fa, pensa solo alla tecnologia (dice che lui usa instagram, un po’ di foto della famiglia, qualche partita, roba normale, che non è uno

fissato; ndr). Prima si stava più assieme, ce n’erano meno di cellulari. Sono cambiati i giovani, ma siamo cambiati pure noi vecchi. Un tempo c’era anche del nonnismo, ora se becchi un giovane nel momento sbagliato arriva subito a risp o n d e r t i , anche se poi viene magari a scusarsi… di sicuro non

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l’intervista

La maglia? Il 7

“Non so bene perché, ma il 7 è un numero che mi ha sempre attirato. Già da piccolo è stato così, non come quasi tutti che vogliono in attacco avere il 9 o il 10. Alla fine sono convinto che quel numero mi porta bene e così, dovunque sono stato, ho cercato di averlo. A Leeds il secondo anno l’ho avuto, ma il primo no, così ho scelto il 34, almeno 3+4 faceva 7. Anche una delle mie figlie è nata il 7, bella coincidenza”. c’è più comunque quella sorta di timore/ rispetto che avevamo noi a suo tempo”. “Chiaro che siamo degli esempi, per me lo siamo, nessun dubbio. Basta pensare se vuoi a quante persone vengono trascinate dal calcio, chi per lavoro e chi per essere tifoso. Io penso che noi siamo così dei punti di riferimento, sia per i ragazzini che per le stesse famiglie. E lo sto vedendo proprio qui a Ferrara, con un entusiasmo in questi due anni che ti pare d’essere in una città del sud e per forza di cose qui sei preso, sei proprio coinvolto. Però non so dirti se in generale noi calciatori si sia migliorati come categoria, forse un po’ sì, ma non so, non riesco a rendermene conto lì dal campo”.

“Certo, prima delle partite dormo, è magari dopo che faccio più fatica. Le partite continuo a sentirle, adesso che ho 34 anni allo stesso modo di quando ne avevo 20 e penso comunque sempre con una tensione che è positiva, che ci vuole. Per

quel che sento, l’atmosfera negli stadi è sempre collegata ai tre punti, sono loro sempre quel che conta di più, nonostante tutto. E lo vedo proprio qui, con una città che sento innamorata della squadra e del calcio, che ci supporta sempre e comun-

Dove sta il divertimento?

“Il divertimento per me è il venire al campo, l’allenarmi, stare lì dentro allo spogliatoio con i compagni, fare uno scherzo al fisioterapista o al massaggiatore, questo è quel che mi diverte. E fin quando la sentirò questa spinta, andrò avanti” que, anche quando abbiamo perso 3 a 0 in casa col Frosinone hanno continuato, qui che hanno un tifo quasi all’inglese, un tifo che conosco perché ci sono stato due anni lì da loro, che sono proprio sportivi... alla fine però salta fuori che è il vincere quel che si vuole”. “No, non mi ritrovo quando dicono che noi calciatori siamo quelli delle veline, delle macchine fuoriserie, che tutto ci è dovuto eccetera. Io penso di essere una persona abbastanza semplice; certo, anche a me piacciono le cose belle, però non mi dimentico da dove vengo, senza giudicare quel che fanno gli altri, ciascuno fa quel che vuole. E poi ancor più adesso, ho due figlie, ho una moglie, loro adesso vengono prima di me”. “Il calcio lo seguo, ci sto attento. Sino ai 24-25 anni lo guardavo meno, ora invece di più, la Champions, la A, anche la B e poco la C. Le pagelle le guardo, sì, vado per curiosità a vederle ma non sono uno

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l’intervista

Palloni e tatuaggi

“Super Santos, Super Tele e Tango questi i palloni a cui penso per primi, quand’ero un ragazzo. Il Super Santos me lo sono anche tatuato, qui sull’avambraccio; l’ho fatto assieme al mio miglior amico, Daniele Scartozzi, ex professionista, lui ora gioca in Eccellenza. Un modo per ricordare un po’ il passato e la nostra amicizia”. che si fissa. Quel che mi dispiace è che il calcio venga racchiuso in un voto, che per me non vuol dire nulla, troppo semplicistico e superficiale. Cosa non mi piace del calcio? Penso (dopo un po’ di pausa…) al calcio inglese: finisce la partita e finisce tutto. Hai dato il 100% e basta, ti rivedi al martedì e si ricomincia. Qui dopo le partite, si continua a parlare e riparlare, non è mai finita e ho fatto presto pure io a tornare… indietro: tornando dall’Inghilterra speravo di portarmele anche qui quelle abitudini, ma ho fatto presto a dimenticarmene”. “Con gli arbitri cerco sempre di collaborare, ancor più adesso che sono il capitano e intanto ti dico che non ho mai preso un cartellino rosso e proprio pochi sono in tutto anche i gialli. Mi rendo conto che per loro non è facile, devono decidere in un attimo e vengono comunque criticati, da una parte o dall’altra. Sbagliano come sbagliamo noi, poi dipende sempre da chi trovi, quello permaloso o quello meno. Personalmente sono migliorato da quando ho giocato in Inghilterra, lì dove ci sono meno proteste e gli arbitri sono

più scarsi dei nostri. Ora poi c’è il Var, all’inizio lo vedevo così così, può spaccare un po’ le partite, un rigore te lo trovi magari a doverlo tirare che sono passati dei minuti, ma tutto sommato vedo adesso che può aiutare molto”. “A che punto sono della mia carriera? Che vuoi, sono verso la fine, poco da fare. Ne ho 34 di anni, mica 25 o anche 30. Comunque vedo che ce ne sono di giocatori bravi, che hanno voglia, continuano e fanno bene… anch’io ho l’idea di continuare, magari due-tre anni. Al dopo ho cominciato a pensare e ci penso. Di idee chiare ancora non ne ho e se penso al fatto di stare dentro al calcio, che so, da allenatore o direttore sportivo, ora come ora penso al fatto dei possibili trasferimenti, ancora da una città all’altra e non posso non pensare alla mia famiglia, alle mie figlie che iniziano a crescere, bisogna tenerne conto, no?”

La scheda Stagione

Cat.

P.

2018-19

Spal

Squadra

Serie A

10

G. 2

2017-18

Spal

Serie A

33

11

2016-17

Spal

Serie B

37

18

2015-16

Leeds United

Serie B

39

0

2014-15

Leeds United

Serie B

36

0

2013-14

Ternana

Serie B

40

19

2012-13

Spezia

Serie B

33

6

2012-13

Catania

Serie A

1

0

2011-12

Torino

Serie B

41

10

2010-11

Torino

Serie B

19

6

2010-11

Catania

Serie A

14

1

2009-10

Ascoli

Serie B

40

24

2008-09

Catania

Serie A

4

0

2008-09

Pisa

Serie B

20

1

2007-08

Venezia

Serie C1

27

6

2006-07

Giulianova

Serie C1

32

11

2005-06

Giulianova

Serie C1

25

1

2004-05

Giulianova

Serie C1

1

0

2004-05

Ancona

Serie C2

27

2

2003-04

Giulianova

Serie C1

14

0

2002-03

Giulianova

Serie C1

21

1

11


speciale Una patch speciale in tutte le partite

50 anni di storia AIC

sulle maglie dei

Il 3 luglio 1968 veniva fondata a Milano l’Associazione Italiana Calciatori, 50 anni di storia che sono stati celebrati durante le partite del weekend del 28 e 29 settembre scorso da tutti i calciatori dei principali campionati (Serie A, Serie A Calcio a 5, Serie B, Serie C, Serie D e Serie A Calcio a 5 femminile) che hanno indossato, sulle maglie ufficiali da gioco, una patch celebrativa con il logo AIC 50esimo. È la prima volta, nei primi cinquant’anni di vita dell’unico sindacato dei calciatori esistente in Italia, che l’AIC scende in campo “al fianco” dei calciatori. Una ricorrenza speciale, un modo, simbolico e concreto, per essere insieme ai calciatori professionisti e dilettanti durante lo svolgimento della loro attività.

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speciale

calciatori

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speciale

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speciale

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serie B

di Claudio Sottile

Le neopromosse nel campionato cadetto

Cosenza, Lecce, Livorno e Padova: Bentornate Sono nel calcio del sabato del villaggio nel pallone. Sono nel calcio delle telecamere negli spogliatoi. Sono nel calcio degli stadi che ospitano gare della Nazionale o che fino all’altro ieri erano teatro di partite di coppe europee. Sono nel calcio della propria figurina singola sull’album. Sono Cosenza, Lecce, Livorno e Padova, in rigoroso ordine alfabetico, approdate nella Serie B 2018/19. Chi come pugliesi, toscani e veneti dopo una cavalcata travolgente, chi sopravvissuto ai playoff come i calabresi. Il primo quarto del campionato ha evidenziato un grande appetito per tutti. Rossoblù, giallorossi, amaranto, biancorossi: tornati in cadetteria rispettivamente dopo quindici, sei, due e quattro anni, tutti curiosi di orientarsi al meglio nel ritrovato habitat. La prova della loro fame nelle parole di Riccardo Maniero (Cosenza), Filippo Falco (Lecce), Dario Dainelli (Livorno) e Nico Pulzetti (Padova): fame di vitamina B, fame di campionato delle quattro stagioni.

Riccardo Maniero, attaccante del Cosenza

“Un caos che si poteva evitare” 1. “Non è bello. Perché comunque a casa ci sono più di 70 giocatori. Oltre a quello, il fatto che debba riposare una squadra ogni settimana non è una cosa bellissima. Si poteva evitare a mio avviso. Il riposo è una cosa strana, non mi era mai successa da quando faccio io la B, che

cambia le settimane e l’arco del campionato, di questa pausa qualcuno ne può risentire”. 2. “Io l’avrei lasciata a 22, come gli altri anni”. 3. “Sono piazze importanti, dispiace. A Bari sono stato, conosco l‘ambiente, è una piazza stupenda che non merita sicuramente la Serie D, però purtroppo nel mondo del calcio ci sono questi personaggi che sono un po’ la rovina, perché portano al fallimento delle società. Non è una bella cosa, né per la piazza né per i giocatori”. 4. “La salvezza, sicuramente. Stiamo lavorando per trovare continuità, speriamo di raggiungerla presto”. 5. “Vincere il campionato non è facile, in qualsiasi livello. Anche

salvarsi in B è bella tosta. Credo in definitiva che sia più difficile vincere il campionato”. 6. “No, quest’anno no. Comunque ogni volta che metto piede a Pescara è emozionante, in quello stadio, sono stato tanti anni lì ed è sempre molto bello tornarci”.


serie B

Sei domande sei… 1. Un’estate così densa di incertezze, rinvii ed accavallamenti di notizie spesso infondate: il turno di riposo provoca particolari difficoltà nelle tabelle di marcia del campionato ed in generale cosa pensi della confusione che ha regnato attorno alla cadetteria? 2. È stato giusto ridurre il torneo a 19 partecipanti?

3. Che effetto fa non vedere più nella mischia piazze come Avellino, Bari e Cesena? 4. Il vostro obiettivo stagionale? 5. È più difficile essere promossi dalla Serie C o salvarsi in B? 6. C’è una partita che hai cerchiato sul calendario e che aspetti con particolare enfasi per qualsiasi motivo?

Filippo Falco, trequartista del Lecce

“Il riposo nei pro non è positivo” 1. “Sicuramente quello che sta succedendo non fa bene al calcio italiano. Da questo punto di vista dobbiamo crescere molto, non ci possono essere squadre che ancora a fine settembre, con i campionati iniziati da quasi due mesi, stanno ancora aspettando il ripescaggio per capire se sarà Serie B o C. C’è un casino da questo punto di vista. Il riposo, poi, non dovrebbe esistere nel calcio professionistico. Noi, ad esempio, riposeremo alla

penultima giornata; magari staremo lottando per qualcosa di importante, non possiamo giocare e stiamo fermi, perdendo per questa regola tre punti eventuali”. 2. “Sì, può essere stato giusto, la B a 20 squadre sarebbe perfetta, con un numero pari di squadre, giocando tutte le settimane. Alla fine ci sono tanti posti di lavoro in meno, giocatori che sono a spasso e che non se lo meritano. Sarebbe stata giusta la riduzione se fatta in modi migliori, per alzare la competitività ed il livello”. 3. “Fa effetto, fa capire che piazze del genere non possono stare in D e fallire per mancanza di presidenze e stipendi. Fa male, avremmo preferito an-

che noi fare un derby dopo tanti anni col Bari. Piazze come Bari e Avellino non ci mette-

ranno tanto a tornare in B. A Bari poi ora c’è De Laurentiis, che sicuramente vorrà portare il club in cadetteria”. 4. “Dopo sei anni di terza serie, è fare un campionato tranquillo e mantenere la categoria. La B è molto imprevedibile, dipende come parti, dall’entusiasmo, da tante cose. Magari prima ci salviamo e poi possiamo pensare a qualcosa di più importante”. 5. “È una domanda difficilissima. La C è complicata da vincere, s’è visto col Lecce per sei anni rimasto impantanato. Ero nella rosa del primo anno, dovevamo stravincere il campionato ed a giugno abbiamo perso la finale playoff col Carpi. Il Lecce l’ha spuntata solo lo scorso anno dopo sei lunghi anni di inferno. Però in B quest’anno s’è alzato il livello, quindi dico che è più difficile salvarsi”. 6. “C’è già stata alla prima giornata, la partita di Benevento. È stato emozionante tornare al Vigorito, dove ho trascorso un anno indimenticabile. Ho fatto pure gol in quell’occasione, è stata una serata quasi perfetta, vincevamo 0-3, è finita pari, potevamo anche portare i tre punti a casa”.

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serie B Dario Dainelli, difensore del Livorno

“Decisioni prese senza coinvolgere tutti” 1. “L’aspetto dell’incertezza crea tanta confusione e disturba, inevitabilmente. Perché ci sono tante variabili che non conosci e fai fatica a focalizzarti su quelli che sono gli obiettivi. Si è partiti da 22, poi 19, poi 20, poi di nuovo 19. Fino alla vigilia dell’inizio del campionato non si sapeva se si sarebbe giocata la partita o meno. Sono sempre situazioni antipatiche. Ed abbiamo protratto questo stato per diverso stato. Il turno di riposo penso sia il male minore, è solo un fatto di classifica, magari solo alla fine del girone di andata avrai un quadro oggettivo di quelli che sono i valori, perché noi ad oggi abbiamo già riposato mentre altri no. Credo che questo sia un falso problema”.

2. “Non è bene mai che vengano prese decisioni senza parlarne o senza chiamare in causa le parti per arrivare alla decisione. È una cosa che non è stata giusta e corretta. Dal punto di vista strettamente personale, la riduzione a 19 squadre forse potrebbe essere anche positiva. Negli ultimi anni purtroppo ci sono stati tanti casi di società che sono andate in difficoltà e che sono inciampate nei fallimenti. È un modo per riportare il campionato ad essere più qualitativo, avere meno squadre però più stabili e forti a livello societario.È normale, però, che così avviene una contrazione di posti di lavoro nel campionato di Serie B”.

Nico Pulzetti, centrocampista del Padova

“Non hanno fatto le cose in regola” 1. “Lo scorso anno abbiamo vissuto in prima persona la situazione del Modena, inserita nel nostro girone. Era fallita a campionato iniziato, hanno tolto le partite ed è diventato un campionato dispari. La sosta l’avevamo pertanto già affrontata. Può darti come levarti. Visto che avevamo una rosa ampia, in una situazione di capolista solitaria da fine ottobre, c’ha dato modo di respirare e ricaricare un po’ le pile per affrontare il resto della stagione. Quest’anno c’erano pensieri diversi. Nel computo salvezza sei partite in meno possono farsi sentire. Ma la B è difficile a prescindere. Da questa stagione poi è stata introdotta la regola del fermarsi durante le soste delle nazionali. Questo invece ci ha sicuramente levato. Venivamo da una preparazione importante, abbiamo fatto due buone partite di Coppa Italia, abbiamo poi preso un punto a Verona meritando di più e poi in casa abbiamo fermato il Venezia, due derby giocati alla grande. Sulle ali dell’entusiasmo ci fu la sosta della Nazionale, che ci ha spezzato l’entusiasmo ed il ritmo. Alla ripresa abbiamo perso 3-0 a Salerno, con tutti i problemi del caso che siamo andati ad analizzare. È anche 18

vero che col ritmo della B, con partite ravvicinate e la mole di lavoro macinata durante gli allenamenti, noi sostiamo i primi di dicembre e può esser un modo per abbassare i giri e ripartire di slancio a ridosso del Natale. Saranno momenti cruciali. Una settimana magari si pensa distrattamente che non incida, ma ti alleni con qualche lavoro più specifico, ti riposi un giorno in più, sono cose che contano. Per il resto hanno usato regole che non ci piacciono. Non eravamo tutti d’accordo sul fermarci, Lega, Federazione ed AIC andavano in tre direzioni diverse, il campionato è partito, ma hanno continuato a tirare per le lunghe le storie dei ripescaggi. Non hanno fatto le cose in regola, sono andati contro tutte le leggi. La verità è che siamo partiti, in 19, anche tra di noi la paura era che potesse succedere di tutto. Si parlava del ripescaggio Entella col campionato a 20, si diceva a 22, poi 24. Siamo in un sistema molto particolare non solo calcistico, ma generale, comandano sempre i più potenti. È stato fatto tutto in modo sbagliato”. 2. “Da quando sono partito io, la B era formata da 22 squadre. Lo scorso anno

in C il Vicenza l’hanno salvato, mentre il Modena l’hanno fatto fallire. Ogni anno in Italia fallisce una mezza dozzina di squadre, questo sistema qua deve cambiare assolutamente. Poi sono il primo a dire che è giusta la riduzione di squadre in B se serve a fare meglio le cose. L’importante è che tutte diano le garanzie, e non sentire più notizie strane come le fideiussioni anomale che qualcuno ha presentato. Per me comunque il numero congruo sarebbe 20, come la Serie A. È un numero giusto, se tutte fossero a posto econo-


serie B

3. “È brutto quando succedono i fallimenti. A maggior ragione in piazze importanti, dove ci sono pubblico e seguito. Negli ultimi anni purtroppo ci siamo un po’ abituati, e quindi non è bello, dovrebbero essere cose che sconvolgono, ma ormai sono quasi abitudinarie”. 4. “Essendo una neopromossa, il mantenimento della categoria è il primo obiettivo, imminente, da raggiungere nel più breve tempo possibile. Ora poi stiamo attraversando un momento non felice, come prima cosa dobbiamo pensare a quello. Fondamentale è vedere partita per partita”. 5. “Non lo so. Penso che ogni categoria e ogni obiettivo abbiano le proprie difficoltà. Perché in A, in B od in C è

micamente e garantissero un campionato normale, sarebbero 38 giornate di livello. Alcuni possono pensare che 2 squadre in più non si sentono, ma in realtà devi aggiungere quattro partite, almeno due infrasettimanali e due settimane di gioco in più, in un campionato che la storia descrive come equilibrato, competitivo. Ogni squadra per ogni obiettivo deve sudarsela contro chiunque. È un campionato dispendioso mentalmente e fisicamente”. 3. “In due di queste c’ho giocato anche. A Bari ho fatto 6 mesi in A, sono stato benissimo. È una piazza, per esperienza di quando andavo a giocare contro o nei sei mesi di A che ho vissuto, che non meritava assolutamente ciò che sta patendo. Al Cesena sono legato con il cuore, ho fatto 10 anni di settore giovanile, un anno di prima squadra vincendo un campionato ed una Coppa di C, prima di andare in giro per l’Italia, e poi sono tornato l’ultimo anno della loro Serie A. Sono legato tanto a Cesena, quando ho saputo la notizia mi è dispiaciuto tanto per la piazza e per la gente, sempre molto vicina ai giocatori. Faccio un grosso in bocca al lupo affinché entrambe tornino almeno in B. Avellino è un ambiente molto caldo, negli ultimi anni ha fatto buoni anni di B conditi dai playoff, è sempre stata

difficile vincere. Tra vincere la C e salvarsi in B in quest’ultima c’è l’incognita playout, è ancora più complicato perché ti devi riconfrontare con altre squadre in momenti in cui non basta solo la qualità dimostrata

durante la stagione e conta come stai fisicamente in quel momento”. 6. “Da difensore mi stimolano sempre, soprattutto, quelle più di cartello. Tra tutte quelle che aspetto, dal punto di vista emozionale, dico quella con l’Hellas Verona”.

una piazza da classificare come non facile. Quando spariscono queste realtà capisci che c’è qualcosa che non va”. 4. “Assolutamente la salvezza. Da neopromossa, era impensabile puntare ad altro, vista la classifica, le ambizioni che abbiamo e la situazione di campionato. Dopo la vittoria della C, quest’anno dobbiamo stare coi piedi per terra, capendo che prima conta la salvezza. Poi come tutte le cose le ambizioni vengono dopo. Come squadra e come ambiente dobbiamo pensare alla salvezza. Consolidarci in B vorrebbe dire per la società e la città cose buone, deve essere un pensiero comune”. 5. “Non come squadra Padova, ma per la mia esperienza, di tornei di C ne ho giocati due. Nel primo ero a Cesena a 19 anni, feci poche presenze, e come già ricordato vincemmo campionato

e Coppa. Lo scorso anno era il secondo dopo 14 stagioni, tornavo in C a 34 anni ed abbiamo vinto, alcuni dicono stravinto, perché abbiamo dato otto punti alla seconda. Se le cose sono fatte bene, il livello della B in C non c’è. Hai altre motivazioni, vai a giocare in stadi con poca gente. In B tra gli stadi, la cassa di risonanza, le tv, inizi ad essere sull’album delle figurine ed a qualche giocatore fa molto piacere. Visto l’anno che sto passando, è più difficile salvarsi in B che vincere in C”. 6. “A parte i derby già passati, dico le partite con lo Spezia. Ho vissuto un anno e mezzo in bianconero, con due playoff, uno dei due perso col Benevento che poi andò in A. Ho ricordi positivi in Liguria, il primo anno abbiamo stracciato il record di punti dello Spezia, raggiungendo la semifinale playoff ed i quarti di Coppa Italia, rispettivamente contro Trapani ed Alessandria. Aspetto tanti amici per r iab b r a cciarli”. 19


Lega Pro

di Pino Lazzaro

Nonsolomoda Giuseppe Giovinco (Imolese)

Un tatuaggio, una storia Sempre di più. Moda e non solo. Pure qualcosa da dichiarare, da dire, chi siamo e cosa siamo, chissà. Dunque un tatuaggio ha dietro una storia. Quel che si vive e come lo si vive. Tanto importante e significativo da imprimertelo non solo nella testa e nel cuore, ma pure sul tuo corpo, proprio sulla tua pelle, per vederlo e rivederlo, pensarci e ripensarci, ricordare e non dimenticare. Ce n’è di tutti i gusti: basta bussare un po’ e le storie/racconti si dipanano. Così qualcuna abbiamo deciso di farcela raccontare. Quanti ne hai? “Beh, sai che in fondo non lo so, non li ho mai contati, certo però che non sono pochi: sulle braccia, sulla schiena, sulla gamba sinistra dal ginocchio alla caviglia, sul costato ancora a sinistra. Il primo me lo sono fatto fare a 18 anni, sulla schiena, giusto un paio di segni, niente di importante, ora sono stati coperti dal tatuaggio della donna che rappresenta la Santa Muerte, di tradizione messicana. No, quel mio primo

Giuseppe Giovinco è nato a Torino nel settembre del 1990. Cresciuto, come il fratello maggiore Sebastian (ora al Toronto, in Canada) nel settore giovanile della Juventus, ha via via giocato con Carrarese (C1), Viareggio (C1), Pisa (C), Savona (C), Tuttocuoio (C), Catanzaro (C) e Matera (C). Da agosto di quest’anno è all’Imolese (C).

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tatuaggio non l’ho fatto di nascosto, prima di farlo l’ho infatti detto ai miei, loro che tanto avevano litigato a suo tempo per i tatuaggi con mio fratello, diciamo che così ho avuto la strada aperta”. Forte come un leone “L’ultimo tatuaggio che ho fatto – meglio, sto facendo perché ancora non è terminato – è quello che per me è il più importante, quello a cui tengo di più. A maggio è nato il mio primo figlio, l’abbiamo chiamato Leonardo. Intanto mi piacciono i nomi italiani, meglio ancora se lunghi e che si possano poi abbreviare. Leonardo per me è un nome, come dire, importante e dato che significa ‘forte come un leone’, ecco la decisione di tatuarmi qui sulla schiena appunto un leone. Dedicato a mio figlio, con in più il fatto/augurio che bisogna davvero essere forti come leoni per come sta andando adesso il mondo. Il tatuatore è di Varazze, l’ho conosciuto quando giocavo a Savona ed è stato con lui che ho

scelto che tipo di leone mettere, che pure andasse bene per lo spazio che c’era. Come vedi non è ancora finito, ora come ora sono riuscito a fare un’unica sessione, è durata cinque-sei ore e mi sa che dovrò aspettare la sosta natalizia per andarlo a finire. Doloroso? Beh, è un dato questo soggettivo, dipende da quale soglia di dolore uno ha, la mia è piuttosto bassa e ho patito…”. E lei che dice? Pure lei tatuata? “No, ne ha giusto due, piccolissimi, quasi invisibili. Quel che mi ha chiesto è di non farli sul collo e sulla faccia e non c’è problema perché pure a me lì non piacciono”. Questo carattere che ho “È vero, di squadre ne ho cambiate parecchie. Un po’, lo devo ammettere pure per colpa mia, per il carattere che ho; certo però pure dall’altra parte non ci sono mai state le condizioni per poter continuare un percorso, un progetto di società, una realtà in cui ci fosse la concreta possibilità di firmare, che so, un contratto di due-tre anni e che fosse poi rispettato. Dappertutto dove sono stato le cose sono poi velocemente cambiate: esonero dell’allenatore o società che passava di mano con nuovi dirigenti e si sa che chi arriva si porta poi i propri di giocatori, è così. Il mio carattere? Che vuoi, io sono per le cose giuste e quando vedo che le cose non sono fatte come devono essere fatte (certo, per come la vedo io), allora zitto non riesco a stare. Lo so, dovrei magari farmi gli affari miei ma faccio fatica, non sono insomma di quelli che si mettono lì a dire ciò che agli altri piace sentirsi dire”. Anni persi, posso far meglio “Se guardo a quella che è stata sin qui la mia carriera, allora ti posso dire intanto che sono convinto di averne persi un po’ di anni: per quelle che sono le mie qualità, avrei potuto fare molto ma molto di più. Però il tempo


Lega Pro

per rimediare c’è, come no, diciamo che sono a metà percorso e le ambizioni per salire le ho tutte, credo che tutti quelli che giocano – anche quelli più avanti con gli anni – ce l’abbiano sempre l’obiettivo di migliorarsi. Dove sinora mi sono trovato meglio è stato a Catanzaro e ricordo pure Viareggio. Essendo di quelle parti, a Catanzaro mi sentivo praticamente a casa (mamma calabrese, papà siciliano; ndr) e di Viareggio m’è piaciuta la qualità delle persone, provando per dire il piacere pure di andarsi a fare una passeggiata – si sa che non sempre è poi così semplice – con la gente che giusto ti sorrideva. Comunque, dai, se ci pensi bene non è che poi come calciatore devi fare chissà che cosa: fai il tuo allenamento e poi te ne torni a casa, è sempre così, per questo posso dire d’essermi trovato bene dappertutto, sì”.

Privilegiato? “Se guardo ai miei coetanei, certamente che mi sento un privilegiato, lo sono. In fondo è un lavoro questo che tolto quando si fa doppio, ti porta via quelle due-tre ore al giorno, niente di più, anche se l’impegno è soprattutto mentale, con tutto il quanto che c’è attorno al calcio. Certo privilegiato ma sul lato economico bisogna andarci piano, non è che si abbia la possibilità di sistemarsi per una vita futura. Per quella che è la realtà che viviamo adesso, credo che solo i calciatori di serie A ce la possano fare, non sicuramente quelli di C e nemmeno quelli di B e forse vale anche per la stessa serie A di fascia medio-bassa: a fine carriera tutti devono cercarsi qualcosa d’altro da fare, non basta quel che puoi aver guadagnato sin lì”.

#FormazionePrimaVera

Diventare grandi giocando a calcio Ha preso il via, con il primo incontro a Bogliasco insieme ai giovani della Sampdoria, il nuovo progetto di formazione AIC, rivolto ai ragazzi (e alle loro famiglie) delle Primavera e Under 17 dei club professionistici. Un appuntamento itinerante (il secondo è andato in scena con il ChievoVerona) che AIC sta portando avanti con ragazzi che vivono un momento importante e delicato per l’ingresso nel mondo del calcio, ma che non devono dimenticare il valore dello studio e dell’impegno fuori dal campo, per il loro futuro e per il loro presente. Partendo dai dati delle ricerche del Centro Studi AIC sui calciatori che arrivano in prima squadra partendo dai settori giovanili, si evidenzia quanto sia importante proseguire il percorso di studi anche nel momento in cui si pensa di avere raggiunto il proprio obiettivo sportivo. Il processo di selezione nel calcio sottostà a numerose variabili. Non tutti diventeranno calciatori professionisti ma tutti potranno valorizzare questa esperienza sportiva nei percorsi

professionali, altrettanto interessanti, che intraprenderanno. Il calcio è una esperienza bellissima dal punto di vista umano che, per alcuni, sarà anche un lavoro. Per tutti sarà un patrimonio da valorizzare nel percorso professionale e di vita. Riflettori puntati quindi sulla dimensione del “ragazzo calciatore”, che sarà poi “uomo calciatore”: una chiave di lettura diversa per i ragazzi, che mette in primo piano l’importanza dell’educazione scolastica e della formazione personale durante l’attività agonistica. All’incontro con i ragazzi del settore giovanile blucerchiato è intervenuto il Vicepresidente AIC Umberto Calcagno insieme al Direttore Organizzativo Fabio Poli, mentre con il ChievoVerona era presente anche il Presidente Damiano Tommasi con Andrea Catellani, responsabile Primavera e squadre nazionali del ChievoVerona. Tommasi ha ribadito nell’occasione la necessità di portare avanti le proprie scelte, di scendere in campo prima di

tutto come uomini, facendo propri i valori intrinsechi dello sport: il sacrificio, l’impegno, la costanza, la determinazione. Il talento va coltivato e va aiutato attraverso le scelte di ogni giorno. Ha ricordato la sua personale esperienza e ha invitato i ragazzi a migliorarsi ogni giorno di più, non solo sul prato verde ma anche nel quotidiano: questo consentirà loro di crescere, al di là della professione che sceglieranno di intraprendere.

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scatti

di Maurizio Borsari

Inspiegabili contrasti Bonucci e Cristiano Ronaldo in Udinese – Juventus 0-2

Incidenti di percorso

Mattiello, Brozovic, Asamoah e Falcinelli in Bologna – Inter 0-3

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scatti

Quattro salti…

Pezzella, Simeone, Samir e Scuffet in Fiorentina – Udinese 1-0

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calcio e legge

di Stefano Sartori

In vigore il 1° giugno 2018

Regolamento FIFA riguardante lo stat Pubblichiamo un sintetico commento al “Regolamento FIFA sullo Status ed i Trasferimenti dei Calciatori” entrato in vigore il 1° giugno 2018, contenente – evidenziate in grassetto – le innovazioni introdotte rispetto al testo precedente. AMBITO DI APPLICAZIONE (ART. 1) Il regolamento contiene le norme applicabili: a) Ogni qual volta i calciatori si trasferiscano fra club appartenenti a federazioni nazionali diverse. b) A lla definizione dello status e dell’idoneità dei calciatori nel partecipare alle competizioni FIFA, delle confederazioni continentali e delle singole federazioni. STATUS DEL CALCIATORE (ART. 2 - 4) Professionista è il calciatore che ha un contratto scritto e che in cambio della propria prestazione riceve un importo superiore alle spese sostenute per l’esercizio dell’attività calcistica. Tutti gli altri calciatori, che quindi praticano attività sportiva per diletto o percependo il solo rimborso delle spese sostenute, sono dilettanti. Il calciatore acquisisce la qualifica di dilettante dopo 30 giorni dall’ultima partita ufficiale giocata in qualità di professionista. I professionisti e i dilettanti che terminano la loro attività calcistica rimangono tesserati per un periodo di 30 mesi presso la Federazione d’appartenenza. TESSERAMENTI NEL PERIODO 1 LUGLIO – 30 GIUGNO (ART. 5) Nel periodo 1 luglio/30 giugno dell’anno successivo i calciatori possono tesserarsi per un massimo di 3 società, ma disputare partite ufficiali solo per 2. L’unica eccezione è ammessa nel caso in cui il calciatore che ha già giocato per 2 club si trasferisca tra club di federazioni nazionali le cui stagioni sportive siano sovrapposte (ad esempio quando un campionato inizia in estate/autunno ed un altro in inverno/ primavera). PERIODI VALIDI PER IL TESSERAMENTO (ART. 6) I calciatori si possono trasferire sol24

tanto in uno dei due periodi di tesseramento stabiliti dalle federazioni nazionali (fanno eccezione i calciatori senza contratto e quelli che hanno risolto il contratto per giusta causa). In deroga a tale principio, un professionista il cui contratto sia giunto a scadenza prima del termine del periodo di tesseramento può essere tesserato al di fuori di tale periodo. Le norme relative ai periodi di tesseramento non si applicano alle competizioni destinate esclusivamente ai dilettanti.

IL CERTIFICATO DI TRANSFER INTERNAZIONALE - CTI (ART. 9 – 10) La Federazione deve rilasciare il CTI entro 7 giorni dal momento in cui ha ricevuto la richiesta, a meno che il CTI non possa essere rilasciato perché il contratto fra il club ed il calciatore non è scaduto o non è stato raggiunto un accordo sulla risoluzione anticipata del contratto. La Federazione di destinazione è tenuta a comunicare l’avvenuto tesseramento alla Federazione della società che ha provveduto alla formazione e all’istruzione del calciatore nella fascia di età compresa tra i 12 e i 23 anni. Nel caso di trasferimento a titolo temporaneo, l’accordo relativo al prestito deve essere allegato al CTI. Se, dopo un periodo di 15 giorni dalla data della richiesta del CTI, non viene data alcuna risposta, la Federazione può tesserare il calciatore con un “Tesseramento provvisorio”. Il tesseramento provvisorio diventerà definitivo trascorso un anno dalla richiesta del CTI. Nel caso in cui sia sorta una controversia contrattuale nell’ambito del trasferimento ed il CTI non venga rilasciato, la parte interessata può inoltrare un ricorso alla FIFA ai sensi dell’Art. 22 del Regolamento. La FIFA deciderà sul rilascio del CTI e sulle sanzioni sportive entro 60 giorni. Il CTI non è richiesto per la disputa di

partite amichevoli o di prova.

IL PRESTITO DEL CALCIATORE PROFESSIONISTA – (ART. 10) Il calciatore professionista può essere ceduto in prestito ad un altra società; la durata minima del prestito è quella che intercorre fra due periodi di tesseramento (in Italia, 4 mesi). L’APPLICAZIONE DELLE SANZIONI DISCIPINARI (ART. 12) In caso di trasferimento all’estero, l’applicazione delle squalifiche a tempo è così disciplinata: a) le squalifiche fino a 4 partite o 3 mesi di durata che non siano state ancora (interamente) scontate, saranno applicate per la parte residua dalla Federazione di destinazione del calciatore b) le squalifiche superiori a 4 partite o a 3 mesi di durata che non siano state ancora (interamente) scontate, saranno applicate per la parte residua dalla Federazione di destinazione del calciatore ma solo a condizione che la Commissione Disciplinare della FIFA abbia esteso l’effetto della sanzione a livello mondiale. MOROSITÀ (ART. 12 bis) In caso di constatato ritardato pagamento degli emolumenti contrattuali protratto per più di 30 giorni, il club può essere sanzionato dalla DRC della FIFA. Allo scopo, il calciatore deve mettere in mora per iscritto la società debitrice ed concedere un termine di 10 giorni per adempiere ai propri obblighi finanziari. Nell'ambito delle rispettive competenze, la Commissione per lo Status dei Calciatori (Players Status Committee – PSC), la Camera di Risoluzione delle Controversie della FIFA (Dispute Resolution Chamber - DRC), il giudice unico o il giudice della DRC, può imporre alla società le seguenti sanzioni: a) un avvertimento; b) una nota di biasimo; c) una multa; d) il divieto di tesserare nuovi calciatori, sia a livello nazionale che in-


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tus ed il trasferimento dei calciatori ternazionale, per uno o due interi e consecutivi periodi di tesseramento.

RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER GIUSTA CAUSA IN RELAZIONE A STIPENDI NON CORRISPOSTI (ART. 14 bis) È stato introdotto un nuovo articolo 14 bis che definisce con maggiore precisione il concetto di “giusta causa” nell’ambito del Regolamento FIFA. La norma consente ai calciatori di risolvere unilateralmente un contratto se un club non paga senza motivo lo stipendio per 2 mesi o, in caso di corresponsione degli importi su base mensile, se l’importo non pagato corrisponde a 2 mesi. Eccezione alla regola generale di cui sopra possono essere previste dai contratti collettivi nazionali, se validamente negoziati. Va infine precisato che il calciatore ha l’onere di mettere in mora il club con un preavviso di almeno 15 giorni. RISOLUZIONE PER GIUSTA CAUSA (ART. 14) E PER GIUSTA CAUSA SPORTIVA (ART. 15) Art. 14: il calciatore può risolvere il suo contratto per giusta causa o per una valida ragione sportiva ("giusta causa sportiva"), che verrà valutata, caso per caso, dalla DRC della FIFA. Inoltre, ai sensi del nuovo comma 2, non sarà più tollerata la discriminazione professionale messa in atto dai clubs che consiste, per lo più, nel costringere i calciatori ad allenarsi da soli, magari con la finalità occulta di forzarli ad accettare risoluzioni contrattuali o tagli salariali. Art. 15: Il giocatore avrà una giusta causa sportiva per risolvere un contratto con il suo club quando è in grado di dimostrare, alla fine della stagione, di essere entrato in campo in meno del 10% delle partite ufficiali disputate dal suo club. A questa regola generale fanno ovviamente eccezione i portieri di riserva. Il professionista può porre fine al suo contratto per giusta causa sportiva solo entro 15 giorni successivi all’ultima gara ufficiale (compresa la coppa nazionale) della stagione disputata per

il club per il quale è tesserato.

STABILITÀ CONTRATTUALE/PERIODO PROTETTO (ART. 13 – 16) Per tutti i contratti sottoscritti fino al compimento del 28° anno di età del giocatore, se vi è una risoluzione unilaterale senza giusta causa sportiva durante i primi 3 anni, vengono applicate sanzioni sportive ed è dovuto un indennizzo. Per i contratti firmati dopo il compimento del 28° anno di età, valgono gli stessi principi ma solo per i primi 2 anni. La risoluzione unilaterale di un contratto durante la stagione è vietata. SANZIONI PER RISOLUZIONE SENZA GIUSTA CAUSA (ART. 17) Salvo circostanze eccezionali, le sanzioni sportive per la risoluzione unilaterale di un contratto senza giusta causa o giusta causa sportiva saranno: in ogni caso, un’indennità di compensazione: A meno che non sia stato previsto diversamente nel contratto, l’indennizzo da corrispondere deve essere calcolato tenendo conto delle leggi nazionali vigenti, della specificità della pratica sportiva e di tutti i criteri oggettivi del caso, tra cui: a) la remunerazione ed altri benefici dovuti al giocatore ai sensi del contratto esistente e/o del nuovo contratto; b) la durata residua del contratto esistente fino ad un massimo di 5 anni: c) l’importo di qualsiasi esborso e onere pagate o contratte dal vecchio club (ammortizzato nel corso della durata del contratto); d) se la risoluzione sia avvenuta o meno durante un “periodo protetto”. Inoltre, per il giocatore: Squalifica in partite ufficiali, salvo per il club con il quale era sotto contratto, per un periodo effettivo di 4 mesi dall'inizio del campionato nazionale con il nuovo club. In caso di circostanze aggravanti come, le sanzioni potranno raggiungere un periodo effettivo di 6 mesi. Le sanzioni sportive saranno sospese

nel periodo che intercorre tra l’ultima partita ufficiale della stagione e la prima partita ufficiale della stagione successiva; in entrambi i casi sono da intendersi incluse coppe nazionali e campionati internazionali per società. Tuttavia, la sospensione delle sanzioni sportive non verrà applicata nel caso in cui il calciatore sia un elemento consolidato della nazionale della Federazione che il calciatore ha il diritto di rappresentare e nel caso in cui la Federazione interessata stia disputando la fase finale di un torneo internazionale nel periodo che intercorre tra l’ultima partita e la prima partita della stagione successiva. Il recesso unilaterale senza giusta causa o giusta causa sportiva successivamente al periodo protetto non comporterà l’imposizione di sanzioni sportive. Misure disciplinari possono essere imposte al di fuori del periodo protetto per mancata comunicazione di recesso entro 15 giorni dall’ultima partita ufficiale della stagione (incluse le coppe) disputata dalla società presso la quale il calciatore è tesserato. Il periodo protetto inizia nuovamente quando, in sede di rinnovo del contratto, la durata del contratto precedente viene prorogata. Per il club che risolve un contratto o istiga a tale risoluzione, l’indennizzo a favore del calciatore sarà calcolato come segue: a) se il calciatore non ha firmato un nuovo contratto con un altro club dopo la risoluzione del suo precedente rapporto di lavoro, quale regola generale il risarcimento sarà pari al residuo valore del contratto risolto anticipatamente; b) se il calciatore ha firmato un nuovo contratto con un altro club dopo la risoluzione del suo precedente rapporto di lavoro, il valore di tale contratto (per il periodo corrispondente al tempo rimanente del precedente contratto) sarà detratto dal residuo valore del vecchio contratto a titolo di “mitigazione”; c) qualora la risoluzione sia dovuta a debiti scaduti, ulteriori 3 mensilità 25


calcio e legge

retributive o, “in caso di circostanze eclatanti”, fino a un massimo di 6 mensilità retributive verranno riconosciute a titolo di “compenso aggiuntivo”. N.B.: L’importo totale del risarcimento calcolato come sopra non potrà mai eccedere il residuo valore del contratto prematuramente risolto e, come nel caso di altre nuove modifiche, i contratti collettivi validamente negoziati a livello nazionale potranno comunque escludere e/o derogare dalle disposizioni di cui sopra. Oltre all’obbligo di corrispondere un indennizzo, è prevista la possibilità di imporre delle sanzioni sportive nei confronti di qualsiasi società che commetta una violazione contrattuale o che agisca in maniera da indurre alla violazione contrattuale durante il periodo protetto. Salvo dimostrazione del contrario, si ritiene che una società che tesseri un professionista che abbia rescisso il proprio contratto senza giusta causa abbia indotto tale professionista a commettere la violazione contrattuale. Alla società sarà imposto il divieto di tesserare nuovi calciatori, sia a livello nazionale sia internazionale, per una durata pari a 2 periodi di tesseramento interi e consecutivi. La società potrà tesserare i nuovi calciatori, sia a livello nazionale sia internazionale, solo a partire dal periodo di tesseramento successivo a quello in cui essa avrà interamente scontato la rilevante sanzione sportiva. L’applicazione di sanzioni è altresì prevista per l’agente di calciatori che abbia favorito o indotto una risoluzione unilaterale del contratto durante il periodo protetto.

DISPOSIZIONI SPECIALI RELATIVE AI CONTRATTI FRA PROFESSIONISTI E SOCIETÀ (ART. 18) Se un agente è coinvolto nella negoziazione di un contratto, il suo nome dovrà essere specificato nello stesso contratto. Il contratto ha un durata massima pari a 5 anni. 26

I calciatori under 18 non possono stipulare contratti per un periodo superiore ai 3 anni. Eventuali clausole che sanciscano un periodo più esteso non saranno ritenute valide. La validità di un contratto non può essere soggetta all’esito positivo di una visita medica e/o alla concessione di un permesso di lavoro. I cosiddetti “periodi di grazia” (grace periods), ossia clausole contrattuali che concedono al club del tempo aggiuntivo per pagare i crediti scaduti dei giocatori, non sono riconosciuti a meno che simili periodi non siano previsti nei contratti collettivi stipulati a livello nazionale.

PROPRIETÀ DI TERZI SUI DIRITTI ECONOMICI DEI CALCIATORI – TPO (ART. 18 ter) Nessuna società o calciatore può stipulare un accordo con una terza parte in base al quale questa sia legittimata a concorrere, o in tutto o in parte, alla percezione dell’indennità pagabile per un/il futuro trasferimento di un calciatore da una società ad un’altra, o le venga assegnato alcun diritto in relazione a un futuro trasferimento o futura indennità di trasferimento Le TPO sono sostanzialmente dei fondi d'investimento riconducibili a persone fisiche e/o giuridiche che, detenendo quote del “cartellino” di un calciatore, interagiscono con club ed agenti nel tesseramento e successive cessioni del calciatore medesimo TRASFERIMENTI DI MINORI 18 ANNI (ART. 19) I trasferimenti internazionali di giocatori aventi meno di 18 anni non sono consentiti salvo le seguenti tre eccezioni: a) I genitori del giocatore si trasferiscono per motivi indipendenti dall’attività sportiva del medesimo; oppure b) Il trasferimento avviene all’interno del territorio dell'UE o dell’AEE (Area Economica Europea), e il calciatore ha un’età compresa tra i 16 ed i 18 anni. Il nuovo club deve co-

munque garantire l’istruzione scolastica e la formazione sportiva del giovane calciatore; oppure c) Il calciatore vive in una regione di frontiera, ad una distanza massima di 50 km dal confine e il club in cui il calciatore desidera allenarsi si trova ugualmente ad una distanza massima di 50 km dal confine. Ogni trasferimento internazionale ed ogni primo tesseramento sono soggetti all’approvazione di una sotto-commissione nominata dalla Commissione per lo Status dei Calciatori.

INDENNITÀ DI FORMAZIONE PER GIOVANI CALCIATORI (ART. 20) Il periodo di formazione di un calciatore avviene tra i 12 e i 23 anni ed è esigibile, come regola generale, fino all’età di 23 anni per la formazione sportiva ricevuta fino all’età di 21 anni. L’indennità di formazione è dovuta nei seguenti casi: a) Quando il calciatore sottoscrive il suo primo contratto professionistico. b) Ad ogni trasferimento (durante o alla scadenza del contratto) fino alla stagione in cui compie 23 anni e comunque in funzione dello status del giocatore, ossia da dilettante a professionista o da professionista a professionista. L'indennità di formazione non è dovuta: a) Per trasferimento da dilettante a dilettante o per trasferimenti da professionista a dilettante. b) Se il calciatore è trasferito ad una società che, nella circolare annuale con cui la FIFA posiziona i campionati di ciascuna Federazione affiliata, alla categoria 4 (cioè la più bassa in graduatoria). c) Se un club risolve unilateralmente il contratto di un giocatore senza giusta causa, fermo restando l'indennizzo dovuto ai precedenti club che lo hanno formato. L'importo da versare a titolo di indennizzo di formazione deve essere versato entro 30 giorni dalla firma


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del contratto o dal nuovo tesseramento del giocatore e deve rispecchiare i costi che sono stati necessari per formarlo. Il calcolo dell’indennità è dato dall’importo convenzionale previsto per la categoria alla quale appartiene il nuovo club moltiplicato per il numero degli anni di tesseramento con il vecchio club. Non è dovuta alcuna indennità quando un giocatore avente 23 anni o più cambia club alla fine del suo contratto o se il club formatore non offre un contratto da professionista.

MECCANISMO DI SOLIDARIETÀ (ART. 21) Se un calciatore professionista si trasferisce durante il periodo di validità di un contratto, una quota (5%) dell'eventuale indennità versata al club precedente, ad eccezione di quella di formazione, verrà distribuita alla o alle società che abbiano partecipato alla formazione del giocatore. Tale distribuzione avverrà proporzionalmente al numero di anni durante i quali il giocatore è stato tesserato con le società tra l'età i 12 e i 23 anni. GIURISDIZIONE DEGLI ORGANI FIFA (ART. 22 – 25) Senza pregiudizio per il diritto dei calciatori o delle società di rivolgersi ad un tribunale civile per le controversie in materia di lavoro, la FIFA è competente per le controversie sotto indicate. In particolare, rientrano nella competenza della Commissione per lo Status dei Calciatori – PSC : • controversie fra la società ed un allenatore che abbiano una dimensione internazionale, a meno che non ci sia un arbitrato indipendente nazionale che garantisca un giusto processo; • controversie fra società appartenenti a federazioni differenti che non rientrano nei casi sotto indicati (competenza DRC); Rientrano nella competenza della Camera di Risoluzione delle Controversie – DRC: • controversie fra società e calciatori in relazione al mantenimento della

stabilità contrattuale o relative al rilascio del CTI; • controversie tra società e calciatori in materia di rapporti di lavoro di carattere internazionale a meno che non sia istituito un collegio arbitrale indipendente organizzato nell’ambito della federazione o derivante da un accordo collettivo. La clausola compromissoria deve essere inclusa o direttamente nel contratto o nel contratto collettivo applicabile alle parti. Il collegio deve garantire un procedimento equo e rispettare il principio di pari rappresentanza di giocatori e club; • controversie relative all’Indennità di Formazione (Art. 20) e al Meccanismo di Solidarietà (Art. 21) fra società appartenenti a federazioni differenti; • controversie relative al Meccanismo di Solidarietà (Art. 21) fra società appartenenti alla stessa federazione nel caso in cui il trasferimento del calciatore oggetto della controversia avvenga tra club appartenenti a differenti federazioni.

COMMISSIONE PER LO STATUS DEI CALCIATORI – PSC (ART. 23) La Commissione per lo Status dei Calciatori avrà giurisdizione su tutte le questioni sopra citate così come sulle altre controversie che sorgano dall’applicazione del presente Regolamento, ad esclusione di quelle devolute alla DRC. Di regola la decisione deve essere presa entro 60 giorni dal ricevimento del ricorso e l’eventuale appello è proponibile alla Tribunale Arbitrale dello Sport – TAS, con sede a Losanna. CAMERA PER LA RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE – DRC (ART. 24) La Camera avrà giurisdizione su tutte le questioni sopra specificate. Nei seguenti casi, la competenza spetta ad un Giudice unico della DRC: a)vertenze il cui valore non supera i 100.000 franchi svizzeri; b) vertenze relative al calcolo dell’indennità di formazione senza questioni complesse

o di particolare valenza giuridica, o nelle quali la DRC ha già una chiara e consolidata giurisprudenza; c) vertenze relative al calcolo del contributo di solidarietà senza questioni complesse o legali, o nelle quali la DRC ha già una chiara e consolidata giurisprudenza. La decisione deve essere presa entro 60 giorni dal ricevimento del ricorso (30 giorni se si tratta del Giudice unico di cui sopra) e l’eventuale appello è proponibile alla PSC

ESECUZIONE DELLE DECISIONI ECONOMICHE (ART. 24 bis) Nell’emettere le proprie decisioni, gli organi di risoluzione delle controversie della FIFA (PSC e DRC) possono deliberare sulle conseguenze del mancato pagamento delle somme dovute in tempo utile e pertanto irrogare: a) contro i club: l’interdizione al tesseramento di calciatori per un periodo massimo di 3 finestre di mercato consecutive; b) contro i calciatori: l’inibizione a giocare gare ufficiali per un periodo massimo di 6 mesi. Le summenzionate sanzioni saranno applicate immediatamente se il debitore omette il pagamento a favore del creditore entro 45 giorni dalla ricezione dei dati bancari necessari, ma solo nel caso che la decisione della FIFA sia definitiva, ossia non sia stata appellate davanti al CAS (Court of Arbitration for Sport). SPESE PROCEDURALI (ART. 25) L’ammontare massimo delle spese procedurali per tutte le controversie sopra indicate è fissato in 25.000 franchi svizzeri. Tali spese sono di regola sostenute dalla parte soccombente. PRESCRIZIONE (ART. 25) Il PSC, la DRC o il Giudice unico della DRC (se del caso) non giudicheranno i casi soggetti alle disposizioni del presente regolamento se sono trascorsi più di 2 anni dal momento in cui si sono verificati i fatti che hanno fatto sorgere la controversia. 27


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di Alfredo Giaretta

Lodo Albertazzi/Verona

Diritto a partecipare agli allena Michelangelo Albertazzi, calciatore professionista tesserato in forza alla società sportiva Hellas Verona, si rivolgeva al Collegio Arbitrale chiedendo la condanna della società alla reintegrazione nell’organico della prima squadra oltre al risarcimento del danno in misura pari al 20% dell'importo contrattuale annuo lordo. Il Collegio Arbitrale si riuniva presso la sede del giudizio arbitrale in data 13 settembre 2017 e, dopo aver preso atto dell’adesione delle parti alla procedura arbitrale e non riscontrando motivi di ricusazione nei confronti dei suoi componenti, esperiva infruttuosamente il tentativo di conciliazione. Pertanto le parti venivano invitate a procedere alla discussione orale. Per ciò che concerne la dinamica dei fatti che hanno dato luogo al sorgere della controversia, il calciatore, contrattualmente vincolato all’Hellas Verona F.C. S.p.a. sino al 30 giugno 2018 eccepiva la violazione dell’art. 7.1 dell’Accordo Collettivo di Categoria, a tenore del quale “La Società fornisce al Calciatore attrezzature idonee alla preparazione e mette a sua disposizione un ambiente consono alla sua dignità professionale. ln ogni caso il Calciatore ha diritto di partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra” salvo il diritto della Società, previsto all’art. 11 di escludere il calciatore dagli allenamenti o dalla preparazione precampionato con la prima squadra a seguito di condotte che non ne consentano, senza obiettivo e immediato nocumento per la stessa, la partecipazione alla preparazione e/o agli allenamenti con la prima squadra. Il calciatore riferiva infatti di non essere stato convocato in occasione della ripresa effettiva delle attività della prima squadra, stabilita per il giorno 5 luglio 2017. Per tale ragione chiedeva al Collegio di provvedere nei confronti della Società secondo la disposizione di cui all’art. 12.2 dell'Accordo Collettivo Lega Serie A/ AIC che dispone, in caso di violazione 28

dell’art. 7.1, la possibilità rimessa al calciatore di domandare, a sua scelta, la reintegrazione ovvero la risoluzione del contratto oltre al previsto diritto al risarcimento del danno in misura non inferiore al 20% della parte fissa della retribuzione annua lorda L’Hellas Verona, a fondamento delle proprie controdeduzioni, asseriva in primo luogo di aver convocato il tesserato per le previste visite mediche di idoneità alla pratica sportiva agonistica e di aver in ogni caso rappresentato al calciatore, sin dalla conclusione del campionato di Serie B della stagione sportiva 2016/2017, la sua inidoneità, sia sotto il profilo atletico che tecnico-tattico, a prendere parte al campionato di Serie A che l'Hellas Verona avrebbe disputato nella stagione sportiva 2017/2018, tanto da averlo più volte invitato a valutare, in prospettiva, la possibilità accettare possibili alternative di lavoro presso altri sodalizi eventualmente interessati ad avvalersi delle sue prestazioni sportive. ln aggiunta, la società asseriva che Albertazzi, presso atto della decisione della società, si era reso disponibile al “congelamento" della propria convocazione rinunciando ad attivare qualsivoglia contenzioso in merito. Preso atto delle rispettive posizioni e del quadro normativo di riferimento, il Collegio Arbitrale riteneva opportuno effettuare una disamina circa il concetto di "allenamento", inteso nella sua più ampia accezione, nonché alla sua reale portata: “con il termine "allenamento" viene indicato, da un lato lo svolgimento di esercitazioni atletiche, generalmente pianificate e condotte dalla figura del preparatore, dall'altro lo svolgimento di esercitazioni tecnico-tattiche, di precipua competenza del tecnico della prima squadra (e del suo staff). […] Diversamente, la formazione e l'accrescimento professionale dell'atleta interessato (nel caso di specie, calciatore professionista) risulterebbero esposti al rischio di un evidente e grave pregiu-

dizio, quale conseguenza immediata e diretta della mancata sottoposizione alle sedute di training, dovendo il suo specifico bagaglio professionale, per così dire, essere necessariamente individuato nelle proprie attitudini atletiche e tecnico-tattiche, senza omettere di considerare quelle più strettamente connesse alla sfera mentale”. Il Collegio continuava chiosando che la partecipazione del calciatore alle sessioni di allenamento e alla preparazione precampionato della prima squadra, in ragione di quanto espressamente prescritto dal richiamato art. 7.1 dell'Accordo Collettivo di Categoria, si atteggia a diritto incomprimibile, non suscettibile di essere nemmeno minimamente affievolito trovando un fondamento persino nell’art. 2 della Costituzione. Anche la giurisprudenza che nel tempo ha avuto modo di affrontare la tematica in argomento ha costantemente ribadito il principio per il quale “il significato socialmente tipico -ovvero pacificamente riconosciuto nell'ambiente e nell'ambito del calcio professionistico- della partecipazione agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra consiste nel coinvolgimento di ogni calciatore legato alla società da contratto di prestazione sportiva, in condizioni di parità con l'intera rosa dei soggetti versanti in identica situazione giuridica” (cfr. ex multis Lodo A.S. Roma/P. Statuto del 21 febbraio 2000 - Lodo A.C. Perugia Calcio /T. Dellas del 6 aprile 2002 - Lodo M. Mutarelli/ S.S. Lazio del 24 ottobre 2004 - Lodo F. Millesi /Calcio Catania del 16 marzo 2009 - Lodo U. Nappello / Gubbio 1910 S.r.l. del 12 aprile 2013). Ne discende che qualsiasi provvedimento assunto dal datore di lavoro (nel caso di specie, società sportiva professionistica) in pregiudizio del diritto in argomento lede l'immagine professionale, la dignità personale e la vita di relazione del lavoratore (nel caso di specie, calciatore professionista), determinando un nocumento


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namenti pacificamente riconducibile al danno non patrimoniale (cfr. ex multis Cass. Civ. -Sez. Lav.- n. 10157/2004). Il Collegio Arbitrale ribadiva poi che dal disposto dell’art. 7.1 dell’Accordo Collettivo non si può fornire una lettura letterale tale da pretendere, tout court, che ogni allenamento venga posto in essere alla presenza di tutti i calciatori essendo ovviamente ammesse anche sessioni personalizzate ed individuali purché circoscritte per ragioni di natura tecnica o, ad esempio, per ragioni di natura disciplinare. Si badi come l’art. 7.1, che come precisato in precedenza rappresenta il diritto fondamentale del calciatore di allenarsi e di prepararsi nel precampionato con la "rosa" della prima squadra, soffra una sola eccezione prevista e disciplinata dall’art. 11 che si trova applicazione laddove il calciatore si sia reso responsabile di condotte rilevanti dal punto di vista disciplinare: in questa circostanza la Società può impedire la partecipazione del calciatore alla preparazione e/o agli allenamenti con la prima squadra ma di certo non può determinare una integrale e sistematica esclusione dello stesso. Il Collegio Arbitrale, fondandosi sulla disamina dei principi illustrati, giungeva alla conclusione che, con tutta evidenza, “l'Hellas Verona F.C. S.p.a. abbia indubbiamente agito contra legem e contra contractum nei riguardi del Sig. Michelangelo Albertazzi” a cui veniva “impedito quindi a prendere parte sia ai prodromici test atletici, sia alla vera e propria preparazione precampionato, oltre che alle sessio-

ni di allenamento successive, rispetto alle quali, ancor oggi, gli viene preclusa la partecipazione”. Il Collegio proseguiva inoltre affermando che “la compagine societaria resistente, in definitiva, non ha addotto alcuna valida motivazione astrattamente idonea a legittimare, in qualche modo, l'esclusione del calciatore ricorrente dall'organico della prima squadra e di conseguenza dalla partecipazione alle sessioni di allenamento e alla preparazione precampionato”. A tal proposito venivano inoltre giudicate del tutto immotivate le ragioni addotte dalla società Hellas Verona circa l’inidoneità del calciatore a prendere parte alla stagione sportiva 2017/2018 poiché ritenuto non ancora "pronto" sotto il profilo atletico e sotto quello tecnico-tattico, nonché circa il presunto consapevole "congelamento" della propria convocazione e la contestuale, parimenti presunta, rinuncia a qualsivoglia forma di contenzioso. Inoltre, il rifiuto palesato dal calciatore di trasferirsi presso altre società sportive professionistiche con le quali erano state avviate trattative non ha alcun rilevanza e non può costruire una esimente nei riguardi della società risultando sempre preponderante e decisiva, in tali circostanze, la volontà del calciatore. Il Collegio rilevava come le determinazioni discrezionali e/o organizzative che una società sportiva intende adottare cosi come le scelte di natura prettamente tecnica riservate all'allenatore della prima squadra, non possono mai assumere portata tale da comprimer-

ne integralmente il diritto indefettibile del calciatore, per di più in costanza di rapporto contrattuale, di partecipare alle sessioni di allenamento e di preparazione precampionato pianificate e svolte a beneficio dei componenti dell'organico della prima squadra, e di godere, pertanto, del medesimo trattamento loro riservato. In ultimo, il Collegio Arbitrale sottolineava come la condotta posta in essere dall’Hellas Verona, pur ponendosi in contrasto con l’art. 7.1. dell’Accordo Collettivo, di certo non integra la figura giuridica del mobbing in quanto, a ben vedere si deve escludere che i comportamenti manifestati dalla compagine societaria resistente siano stati caratterizzati da una vera e propria strategia persecutoria e da un intento sistematicamente vessatorio nei riguardi del Sig. Michelangelo Albertazzi. Pertanto, in ragione delle valutazioni di cui sopra, pronunciava in definitiva la condanna della società a reintegrare immediatamente il calciatore nell'organico della prima squadra, con diritto di partecipare alle sessioni di allenamento al medesimo organico riservate e al risarcimento del danno previsto all’ art. 12 dell’Accordo Collettivo di Categoria. 29


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di Fabio Appetiti

Simone Perrotta

“Ripartiamo dai giovani e dal E mentre intervisti un campione del mondo e parli di calcio, di valori, di educazione e di come può rinascere questo nostro sport, ti arriva la notizia che un arbitro, in un campetto di periferia, viene pestato a sangue e rischia la vita. E allora pensi che sì c’è molto lavoro da fare, al vertice come alla base, e forse le parole migliori le trova proprio Simone in un suo tweet che qui riportiamo per intero: “Serve un momento di riflessione ed un atto di responsabilità da parte di tutti, presidenti, allenatori e genitori nell’iniziare a concepire il calcio come luogo di crescita e non solo come posto di successi”. Hai ragione Simone, fermiamoci a riflettere prima che sia troppo tardi. Comincio da un ricordo recente, bellissimo, ossia il saluto che i tifosi della As Roma, a distanza da 5 anni da quando hai smesso, ti hanno riservato durante il derby di settembre. Come dire i “calciatori passano, ma gli uomini... si ricordano”. “È stata una emozione forte e inaspettata. Mi avevano chiamato il giorno prima dalla As Roma dicendomi che volevano mandare un ex calciatore sotto la curva e che avevano pensato a me. Io inizialmente non volevo andare, per il mio carattere un po’ schivo e perché pensavo non fosse opportuno, a distanza di tanti anni, andare a salutare i tifosi dal campo. Sinceramente non credevo di ricevere neanche quel consenso e quel riconoscimento che invece poi ho ricevuto in modo così grande e inaspettato. È stato un qualcosa che descrivere a parole è difficile. In quei 5-10 minuti sotto la curva ho visto persone davvero felici di farmi sentire il loro affetto e la loro stima e io credo che il significato di quel tributo sia andato molto al di là delle mie prestazioni nella Roma e dei miei 9 bellissimi anni passati con la maglia giallorossa. È stato sicuramente un riconoscimento alla persona e al ricordo che ho lasciato come uomo e per questo mi ha fatto ancora più piacere. Come hai detto nella domanda le carriere agonistiche terminano, però lasciare un bel ricordo come persona è un qualcosa che ti gratifica nel profondo. Onestamente debbo anche aggiungere che, vivendo a Roma, quel riconoscimento, quell’affetto a distanza di anni, lo avverto ancora ogni giorno a conferma di un rapporto che è ormai diven30

tato profondo e viscerale tra me, la città e i tifosi”. Sinceramente Simone, è così difficile lasciare il campo e cominciare una nuova vita dopo il calcio giocato? Anche essere ricordati sempre per quello che si era e non per quello che si è, che effetto ti fa? “A livello personale ti dico di no, per me non è stato un problema lasciare il calcio giocato. Quando cinque anni fa ho deciso di smettere è stata una mia scelta e avevo ancora molte alternative e offerte importanti sia in Italia, sia all’estero per poter continuare a giocare. Quando smettere è una tua decisione il trapasso tra il calcio giocato e il dopo carriera lo vivi in modo diverso da chi, invece, ha ancora voglia di giocare e non trova più la possibilità di farlo. Tra l’altro, non voglio essere nemmeno ipocrita, la possibilità di aver guadagnato bene nella mia carriera mi ha dato anche la serenità economica per affrontare il futuro, senza la necessità di reinven-

tarmi subito per bisogno o necessità. Quindi per me non è stato un problema, ma conosco tanti miei ex colleghi che hanno avuto parecchie difficoltà, sia di tipo economico, sia a livello psicologico perché in qualche modo avevano ancora bisogno di sentirsi calciatori. Anche da questo punto di vista, quello psicologico, la mia percezione non si è modificata ed è sempre la stessa. A distanza di cinque anni da quando ho smesso, come dicevo prima, tutti ancora mi riconoscono, mi fermano, mi esprimono la loro simpatia e non solo a Roma. Ti dirò di più talvolta a me piacerebbe forse il contrario, ossia passare più inosservato perché sono caratterialmente un po’ schivo e non amo troppo mostrarmi. In fondo, semplicemente, mi piace sentirmi normale, mi piace sentirmi Simone, tutto qui”. Sempre in tema di postcarriera, dovessi dare un consiglio a chi sta per smettere? “Il consiglio non


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l lavoro sul campo” lo darei a chi sta per smettere, ma a chi sta per cominciare. Io credo sia molto importante durante la carriera agonistica dedicare del tempo alla propria crescita personale e alla propria formazione, anche in previsione di quello che si vuole andare a fare dopo. Io sto facendo un percorso dentro AIC e per farlo ho dovuto studiare e formarmi. Prima ci si pensa a quello che sarà il “dopo” e meglio ci si troverà al termine della carriera agonistica. Per esperienza personale penso che, al di fuori del mondo del calcio, ci sono molte aziende e società di spessore che puntano sugli sportivi professionisti perché hanno una grande capacità di lavorare in squadra e di lavorare sotto pressione. In qualche modo uno sportivo ha in sé stesso un valore aggiunto. Se a queste caratteristiche si unisce anche una formazione specifica si può crescere in qualsiasi contesto aziendale. Al futuro, in sostanza, bisogna pensarci durante la carriera non alla fine”. Hai fatto una scelta di campo entrando in AIC e in questi anni hai rappresentato la categoria in Consiglio Federale. Come è il calcio visto dal Palazzo? Un breve bilancio della tua esperienza da “consigliere”? “La mia esperienza da consigliere federale nasce cinque anni fa. Mi chiamò Damiano che aveva bisogno, come Presidente di AIC, di un giocatore in attività da inserire nel Consiglio Federale. Conosco Damiano dai tempi della Roma, con lui abbiamo giocato insieme, condiviso la camera e io ho grande fiducia in lui, ma inizialmente non volevo accettare la proposta perché, come quasi tutti i calciatori, ero concentrato sulle questioni di campo e poco addentrato alle questioni di politica sportiva. L’insistenza di Damiano mi ha convinto ad accettare ed ora, a distanza di qualche anno, sono molto contento di aver fatto una esperienza così importante, che ha contribuito in modo decisivo alla mia crescita come dirigente. Ho avuto modo di conoscere il nostro mondo anche da un altro punto di vi-

sta, che poi è il luogo dove si prendono le decisioni sul nostro sistema. Ma non sarei sincero se non dicessi che, alla fine dell’esperienza, mi resta un po’ di amaro in bocca perché pensavo di poter portare un contributo maggiore legato alla mia carriera di calciatore. In verità di calcio in questi anni si è parlato molto poco, quasi sempre il discorso era indirizzato sugli aspetti di business e di interessi economici delle componenti. Non c’è mai stato un vero progetto sportivo su cui intervenire e discutere. Ma ripeto sono contento di aver fatto questa esperienza”. Ora però hai deciso di rinunciare alla tua presenza in Consiglio, una scelta inusuale quasi in controtendenza direi. Perché? “Io posso dare il mio contributo in tanti modi, visto che porto avanti altri progetti e incarichi in AIC. C’era la necessità di fare un passo indietro, per provare a coinvolgere un altro grande calciatore come Gianluca Zambrotta e per me è fondamentale che calciatori con un certo tipo di percorso e riconoscibilità riescano ad essere coinvolti dentro l’Associazione. Credo che la riconoscibilità e l’esperienza di un calciatore sia importante per ricoprire determinati ruoli in rappresentanza di tutta la categoria. Quando ti vai a relazionare con altri colleghi ed entri in uno spogliatoio, avere un passato di un certo tipo aiuta ad avere un maggiore impatto con i ragazzi ed a comprenderne più facilmente i problemi. Credo sia importante costruire una nuova classe dirigente di calciatori preparati e formati e quindi non posso che essere contento di questa scelta e

fare un grande in bocca al lupo a Gianluca, che ho trovato molto motivato e determinato ad iniziare questa nuova avventura”. Una piccola provocazione: non pensi che molti campioni una volta smesso, dopo anni di sacrifici, preferiscano più godersi la vita, la famiglia, qualche guadagno accumulato, piuttosto che assumersi delle responsabilità? Scelta legittima, ma che purtroppo priva il sistema di risorse importanti… “È una questione personale, ognuno giustamente fa le sue scelte per me sicuramente questa esigenza di vivere anche del tempo con la mia famiglia c’è. Per altri magari conta meno, è una scelta soggettiva e personale. Molti miei amici, ex colleghi, subito dopo che hanno smesso, hanno assunto un incarico importante in altre squadre, perché avevano esigenza di ricalarsi nella nuova realtà o, meglio ancora, di non perdere il contatto con la realtà e il mondo che hanno sempre frequentato. Per quanto mi riguarda ho fatto altre scelte, considerando anche che volevo godermi un po’ la famiglia, è un mio modo di pensare e ognuno ha il suo. Per esempio l’idea di poter viaggiare con i miei figli ancora piccoli è per me una scelta di grande valore, perché so che tra die-

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neanche riconosce un campione del Mondo dentro il Consiglio Federale, cosa che considero grave, perché significa che del calcio conosce poco. L’aspetto sportivo dovrebbe essere il cuore di una Federazione. Se oggi siamo una delle Federazioni più importanti è perché abbiamo vinto 4 Mondiali sul campo e perché il campionato italiano era tra i più importanti al Mondo. È chiaro che la vittoria sul campo arriva se si lavora bene in tutti gli ambiti e se tutti insieme, calciatori, tecnici, dirigenti, fanno al meglio il loro lavoro. Quando abbiamo vinto il Mondiale nel 2006 lo abbiamo vinto tutti e tutti erano sul pullman scoperto a festeggiare per le vie di Roma... ma anche quando si perde, come nel caso dell’eliminazione dopo Italia-Svezia, si perde tutti e non solo i calciatori, che invece dopo quella partita sono stati lasciati da soli”.

ci anni non potrò godermeli allo stesso modo. Sinceramente dopo 20 anni di ritiri, dove ho tolto loro del tempo, oggi voglio tenere presente questa esigenza. È una fase, magari tra qualche anno avrò voglia di ricalarmi dentro il mondo del calcio con un maggiore intensità. Ognuno fa le proprie scelte e credo che ognuno debba decidere in base alle proprie priorità ed io non so cosa spinge un ex calciatore in una direzione, piuttosto che in un’altra. Io mi reputo comunque fortunato perché ho cominciato a lavorare in AIC e sono molto soddisfatto e felice di questo”. Tema FIGC: si parla sempre di “cambiamento” che sembra una sorta di araba fenice che non arriva mai. Ma che cosa significa per te la parola “cambiamento” nel calcio? “Io credo intanto che la Federazione non debba aver solo un Presidente ma ci debbano essere più figure ai vertici che possano presiedere alle varie aree di competenza: area amministrativagestionale, tecnica, istituzionale- poli32

tica, in ognuna ci deve essere un riferimento specifico e poi un Presidente che sappia coordinare e tirare le fila del lavoro di tutti. Certo, il vero cambiamento, sarà quando avremo un Presidente che ha frequentato lo spogliatoio e che conosce le dinamiche del campo e quindi un ex calciatore. Io credo che solo chi conosce il calcio e i calciatori possa essere in grado di gestire al meglio le cose e spero non accada più di avere un Presidente di Federazione che A fianco i Consiglieri federali AIC: insieme ai “riconfermati” Damiano Tommasi, Sara Gama e Umberto Calcagno, è stato eletto Gianluca Zambrotta che ha preso il posto proprio di Simone Perrotta.

Intanto Gabriele Gravina è diventato il nuovo Presidente della FIGC: cosa ti aspetti da lui? Lo avresti votato? “Non potevo votarlo perché non ero delegato e quindi è una domanda a cui non posso rispondere. Lui ha delle competenze che tutte gli riconoscono essendo un dirigente di lungo corso, ma come ho detto prima avrà bisogno di


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persone che vengono dal calcio. Leonardo come è arrivato al Milan, il primo che ha chiamato è stato Paolo Maldini, ma non perché Paolo è simpatico o perché sono amici, ma perché ha bisogno delle sue competenze e anche della sua esperienza nella società .Il Presidente Gravina si deve affidare a qualcuno che possa aiutarlo e spero che possa coinvolgere più ex calciatori di livello, così come ha fatto lo stesso Infantino nella FIFA. Io credo che la loro presenza sia importante e da fuori possono aiutare a far crescere la Nazionale e tutto il movimento del calcio italiano. Se vogliamo tornare una grande Federazione bisogna ripartire, sembra una frase banale ma non lo è, dal calcio, dal calcio giocato. Quindi ci vogliono ex di spessore intorno a lui e sono certo che i loro consigli gli saranno preziosi”. In ambito federale sei sempre il Vicepresidente del Settore Giovanile Scolastico, insegnare ai giovani credo sia la tua più grande passione. Ma è così difficile far crescere nuovi talenti in Italia? “Sì, a differenza della politica, il mondo giovanile è un mondo che sento mio e che mi piace. Un mondo in cui sento che la mia esperienza di calciatore può incidere direttamente. In questi anni con il Presidente del SGS Tisci e con il Direttivo abbiamo lavorato bene. Abbiamo cambiato molto con la riforma delle categorie Under 15, Under 16, Under 17 che consentono ai ragazzi di confrontarsi in modo paritario e si cominciano a vedere anche i primi risultati in termini di Nazionali giovanili. Un altro approccio a cui sempre più stiamo lavorando è quello della formazione dei tecnici che sono a contatto con bambini e bambine e ragazzi e ragazze. Non è ammissibile che persone senza alcuna competenza certificata entrino a contatto con i giovani. Dipendesse da me rovescerei la piramide, renderei obbligatorio i patentini per i tecnici giovanili e lascerei liberi quelli per gli adulti. Un allenatore sbagliato in giovane età può fare danni gravi fisici e morali, mentre per gli adulti se va male, al massimo, si

perde una partita L’obiettivo di chi lavora con i giovani deve essere quello di far crescere ragazzi sani e di individuare il talento, quando c’è, facendolo crescere senza eccessive pressioni legate al successo o alla carriera. Per tutti coloro che invece il talento non ce l’hanno, dobbiamo avere l’obiettivo di farli crescere come uomini e di fare di loro dei bravi cittadini in futuro. Questo è il senso profondo dello sport. Far crescere bene i ragazzi è un obbligo morale e tutti quelli che si impegnano nel calcio giovanile”. A proposito di giovani parlaci del tuo incarico in AIC dove dirigi il “Dipartimento Junior”, dedicato alla crescita di giovani calciatori, con il coinvolgimento di molti ex. Perché un Dipartimento Junior dentro AIC? “Il Dipartimento Junior nasce da due esigenze: la prima dettata dai nostri associati che ci chiedevano un aiuto per avviare un percorso di scuola calcio al termine della carriera agonistica e dall’altra quella di poter incidere sotto l’aspetto valoriale, oltre che tecnico, nella formazione dei giovani calciatori. Quindi una opportunità per i nostri ex che vedono nell’apertura di una scuola calcio una possibilità di realizzazione professionale e dall’altra provare a far capire a tutti, giovani e genitori, che il calcio è innanzitutto una opportunità di crescita sana, non un obiettivo di carriera. Il nostro modello formativo prevede la formazione di tecnici sul posto e lezioni di tecnica e di educazione civica ai ragazzi tesserati. Ad oggi abbiamo 30 scuole calcio affiliate al nostro modello e nel nostro Dipartimento, è bene sottolinearlo, lavorano tutti ex calciatori e calciatrici che hanno sposato questo progetto con entusiasmo, penso a ex come Ciccio Mortelliti, Simone Berardi, Stefano Ghisleni che è il Direttore Tecnico o alle calciatrici Gioia Masia e Diana Bellucci. Credo di poter dire che quella di creare un Dipartimento Junior sia stata una scommessa vinta e ora con la convenzione con il Credito Sportivo abbiamo anche arricchito la possibilità per molti ragaz-

zi di aprirsi un centro sportivo proprio, sfruttando i finanziamenti agevolati dell’Istituto. Avere un centro sportivo, gestire una scuola calcio è un sogno che hanno molti ex calciatori e noi dobbiamo aiutarli a realizzare questo sogno. Spero infine che il nostro modello formativo possa essere anche un modello da esportare nella nuova Federazione, dove dobbiamo mettere insieme le esperienze nell’interesse dei nostri giovani”. Siamo arrivati alla fine anche se potevamo andare avanti per ore: tra i 35 e i 40 anni un calciatore passa dall’essere un anziano verso il tramonto ad essere un giovane uomo con un avvenire davanti: il futuro di Simone Perrotta come lo immagini? “Io sono abituato, come forma mentis, a ragionare anno per anno come quando giochi e pensi sempre al campionato in corso. Per ora non lo so, sto facendo questa esperienza in AIC che mi sta gratificando e formando, ho aperto con altri ex un bel circolo con la scuola calcio a Casal Palocco (anche se ci sto poco.. ) e infine ho l’incarico nel Settore Giovanile Scolastico. È abbastanza evidente che questi tre incarichi sono molto connessi tra loro e mi danno tutti modo di occuparmi di settore giovanile e, in qualche modo, danno anche una proiezione su quello che sarà il mio futuro. Ma per ora non escludo nulla, ho molte curiosità e l'importante è avere sempre voglia sempre di imparare e di crescere… il futuro verrà da sé, intanto mi godo questo mio presente”.

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secondo tempo

di Claudio Sottile

Il dopo-carriera di Davide Zoboli

La nuova vita in… Estasi Con un nome così, è facile districarsi coi giochi di parole, anche se Davide Zoboli in estasi lo è davvero. Dopo aver smesso col calcio giocato, ha prima raggiunto il traguardo del patentino di allenatore UEFA B, e poi ha deciso di tornare a Parma, in quella via Emilia che tardi o presto ti fa ritornare a casa. La tua nuova vita professionale si chiama “Estasi Bar”. Come sei arrivato lì? “È un locale che c’è da tantissimi anni a Parma, sono subentrato in una società di tre ragazzi. Avevo cominciato le trattative durante il mio ultimo anno a Modena, poi dopo per una serie di motivi la cosa si è protratta ed ho giocato ancora una stagione. A luglio scorso ho trovato la quadra, nel novembre 2017 ho completato l’acquisizione delle quote ed ho cominciato a lavorare lì. Ho avuto la fortuna di fare una buona carriera e quindi di aver un po’ le spalle coperte. Una carriera in Serie C oggi ti permette di vivere l’oggi per il domani con quello che guadagni giocando a pallone. Se uno è bravo a gestirsi, senza sedersi sugli allori e senza vivere dicendo qualcosa succederà, qualche anno di margine ce l’ha teoricamente. Bisogna cercare qualcosa e prenderselo. Nel mondo del calcio non puoi permetterti di smettere e pensare che, ad esempio, da allenatore guadagnerai le stesse cifre che giravano da calciatore. L’Italia poi ha 60 milioni di allenatori… Se ti gestisci per tempo ed hai modo di fare investimenti giusti hai quella tranquillità in più per quando decidi di smettere. Se prima andavi a cena fuori tre volte a settimana, devi passare a una od a zero senza farti pesare la riduzione”. Parole nette, le tue. “Lo sport dovrebbe essere principalmente divertimento e passione. Certe cose mi sembrano più finte del gioco del Monopoli”. Come si svolge la tua giornata lavorativa? “Lavoriamo tutti e quattro, ci alterniamo, può capitare che faccia la mattina, il 34

Davide Zoboli è nato a Parma l’8 ottobre 1981. Cresce calcisticamente nella squadra della sua città fino ad arrivare alla prima squadra (allenatore Malesani) senza peraltro mai esordire. Viene mandato in prestito al Benevento, quindi veste le maglie di Sora, Monza, Albinoleffe, Brescia, Torino, Modena per chiudere in serie D al Darfo Boario.

pomeriggio o la sera. Abbiamo turni da 10-12 ore, è un bel lavoretto e mi piace, mi sta dando delle soddisfazioni e sono contentissimo della scelta che ho fatto”. Smanetti anche in cucina? “Siamo tuttofare noi quattro. Faccio tutto, dalla caffetteria coi cappuccini ed i caffè al servizio ai tavoli. Pomeriggio e sera seguiamo gli aperitivi. Abbiamo dei ragazzi specifici invece per i cocktail, oltre ad una cuoca”. Cos’hai imparato? “Ho imparato e sto imparando questo mestiere, lo stare dietro al bancone è il meno. Per tutto quello che riguarda l’extra, cioè il contatto col pubblico, i fornitori, mi hanno insegnato i ragazzi che c’erano già”. Insomma, la parte ti calza a pennello. “Mi piace molto, già prima di smettere di

giocare avevo l’idea di un mestiere come questo, dinamico, che ti facesse stare a contatto con la gente. Quando giocavo ero abituato a stare con la gente e vedere tante persone. Ora, al di là della routine della preparazione, me ne capita sempre qualcuna di nuova, non è un mestiere monotono. Sono contento e felice, più di prima. Mi ritengo fortunato ad avere trovato una soluzione del genere. Ho ricominciato a vivere Parma, la mia città, ho recuperato tanti rapporti personali che quando ero via non riuscivo a tenere”. Quando giocavi avevi iniziato a pianificare il dopo? “È inevitabile. Pian pianino quando arrivi ad una certa età è logico e sensato pensarci. L’ultimo anno di Modena mi ha fatto passare la voglia di giocare, quindi volente o nolente mi ero già proiettato per il dopo. Questo distacco totale dal mondo del calcio non l’ho sentito, non mi manca, sono contento così”. Neanche una partitella una tantum? “Quest’anno ho giocato con dei miei amici in una squadra di amatori. Ma questo mestiere è abbastanza totalizzante, capita che


secondo tempo

ti devi alzare alle 5 di mattina e quindi la sera fai fatica ad andare a giocare. Ho fatto un anno di disintossicazione totale dal calcio, magari ora pian pianino riprenderò”. Sarà il tuo lavoro anche in futuro? “Come in tutte le cose, se uno pensa di fermarsi ha già fallito. Io sicuramente penso a imparare bene le sfumature infinite del mestiere, si continua sempre ad imparare. Poi ampliare l’attività, migliorarsi è la base per crescere, che poi è la stessa filosofia che seguivo quando giocavo. Sempre se non sei Cristiano Ronaldo, giochi nel Real Madrid ed hai vinto cinque Champions League”. Il tuo lounge è frequentato da addetti ai lavori? “Sì, è venuto spesso Fabio Ceravolo perché abita lì vicino. Con lui diverse volte abbiamo giocato contro. Però, ripeto, quest’anno ho cercato di staccarmi totalmente dal mondo del calcio perché ribadisco l’ultimo anno a Modena mi ha fatto passare la poesia. Ho avuto una crisi di rigetto abbastanza forte”

lui all’epoca del Piacenza, Corioni chiese 5-6 milioni di Euro per me, il Piacenza un paio per l’argentino e quindi lui andò a Genova al posto mio. Sono quei bivi delle carriere dove puoi incidere poco. Anche l’anno di Torino fu intenso”. Quando la finale playoff persa fu proprio col tuo Brescia! “Al Torino arrivai dopo un campionato a Brescia in cui avevamo perso la finale playoff col Livorno, ero in prestito in granata ed in una situazione di impasse. Non giocai poi perché nell’ultima partita di campionato soffrii una distorsione al ginocchio. Dopo lo spareggio sfortunato con i piemontesi tornai a Brescia e fui messo ai margini quasi 6 mesi, ma quel periodo mi ha dato una scossa caratterialmente importante, perché quando rientrai fui uno dei migliori. Come si dice non da tutte le disgrazie vien sempre il male”. Il compagno di squadra più forte? “Ho giocato con il Marek Hamsik che veniva dalla Primavera ed era facile prevedere chi sarebbe diventato. Ne ho avuti tanti. Gigi Di Biagio, Lele Adani, Cristiano Zanetti, Alessio Tacchinardi, Andrea Caracciolo. Non so come andrà finire la sua storia con

il Brescia, ma un po’ di gratitudine per un ragazzo che ha fatto la storia della società ci vorrebbe. Magari dargli un ruolo in dirigenza sarebbe un esempio di stile”. E quello che invece non ha mantenuto le tue aspettative? “Salvatore Molina, pensavo che avrebbe fatto un salto più stabile in Serie A, come l’ha fatto Luca Rizzo. Ma è ancora giovane”. Hai un nomignolo dopo tanti anni di spogliatoio? “Mi chiamavano Zoma. Quando giocavo all’Albinoleffe ero stato una sera a fare un aperitivo con Davide Possanzini. Un signore del bar riconobbe lui chiamandolo Pottantini, quando mi vide gli chiese chi fossi e Davide gli disse che ero un giovane arrivato da qualche mese. Il signore esclamò sì lo conosco è Zoma. Da lì il nomignolo che mi ha accompagnato in giro per l’Italia”. Al pari della tua fama di ottimo cuoco. “Mi è sempre piaciuto cucinare. Sono forte sui secondi, il pollo in agrodolce mi viene benissimo”.

Nonostante una carriera più che buona. “Diciamo di sì, non posso lamentarmi. Ho vissuto il sogno di ogni bambino, ho giocato in A, ho fatto tantissimi anni di B, ho visto praticamente tutti gli stadi d’Italia, ho avuto la Tra i “senza contratto” fortuna di giocare contro grana Coverciano 2016 di campioni, sono sicuramente contento. Potevo fare qualcosa di più, non arrivato un po’ per colpa mia un po’ per scelte contingenti societarie che non mi hanno permesso di fare quel salto e giocare qualche anno in più in Serie A. DiEra la calda estate del 2016 e Davide Zoboli, reduce da ciamo responsabilità da dividere un non fortunatissimo campionato con il Mode50 e 50”. na, ha vestito per tre settimana la maglia… dell’AIC: c’era anche lui infatti tra i 60 “senza Ad esempio? contratto” impegnati a Coverciano al ritiro “Nell’estate 2009 avevo avuto precampionato per “senza contratto”, tra un’offerta dal Chievo Verona in A, allenamenti e lezioni per conseguire il però Gino Corioni pace all’anima famoso “patentino” di allenatore Uefa sua non mi volle mandare, così B. Molti i nomi “famosi” in quella occom’era successo dopo il primo casione: insieme a lui giocatori dal caanno di A col Brescia, mi aveva rilibro di Allegretti, Carrus, D’Agostino, chiesto il Cagliari, avevo parlato anGranoche, La Camera, Lazzari, Mache coi dirigenti sardi. Anche allora resca, Marzorati, Mauri, Montezine, il presidente sparò delle cifre assurPasquale, Pazienza, Pesoli, Piovaccari, de per un difensore di poco più di Portanova, Ricchiuti, Rocchi, Sabato, vent’anni. Un altro trasferimento Soncin, Trevisan, Vastola… un vero che saltò per motivi economici fu “squadrone” che, con Francesco con la Sampdoria, eravamo in balD’Arrigo in panchina, vinse il Memolottaggio io ed Hugo Campagnaro, rial Clagluna e sconfisse la B-Italia.

Uno di noi…

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segreteria

di Nicola Bosio

Emesso il 12 novembre scorso

Un francobollo speciale per i 50 anni dell’AIC Cinquant’anni con l’Associazione Italiana Calciatori, ora c’è anche il francobollo: in occasione del compleanno dell’AIC, il Ministero dello Sviluppo Economico ha infatti emesso il 12 novembre scorso un francobollo celebrativo che raffigura un calciatore e una calciatrice che calciano a rete un pallone; sullo sfondo, tra gli spalti di uno stadio, il logo del 50° anniversario. Un’immagine “inclusiva” che mostra sia il volto maschile che quello femminile del calcio. L’iniziativa è una delle tante pensate per rendere omaggio all’Associazione nata nel 1968 grazie ad un gruppo di calciatori che negli anni hanno continuato a battersi per la difesa dei diritti della categoria. Il francobollo, appartenente alla serie tematica “lo Sport” e distribuito in 1 milione e mezzo di esemplari da Poste Italiane, reca la lettera B corrispondente alla tariffa ordinaria (pari a 1,10€) per l’interno del paese. Stampato a colori dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. (in rotocalcografia, su carta bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente in formato 46 x 37 mm, fogli da 45 esemplari) è sta-

to disegnato dalla bozzettista Isabella Castellana. I francobolli ed i prodotti filatelici correlati (cartoline, tessere e bollettini illustrativi), possono essere acquistati presso gli Uffici Postali con sportello filatelico, gli “Spazio Filatelia” di Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Roma 1, Torino, Trieste, Venezia, Verona e sul sito poste.it. Per l’occasione è stato realizzato un folder in formato A4 contenente il francobollo, la cartolina affrancata ed annullata e la busta primo giorno di emissione al costo di 12€. Altri sono i francobolli dedicati quest’anno al calcio come quello dei 120 anni del-

la FIGC, della squadra campione d’Italia, la Juventus, dei 60 anni del Centro Tecnico di Coverciano e dell’anniversario di morte dell’ex ct della nazionale Vittorio Pozzo, unico allenatore vincitore di due edizioni del campionato del mondo consecutive.

In alto, il folder creato per l’occasione da Poste Italiane con il francobollo, la cartolina affrancata ed annullata e la busta primo giorno di emissione.

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segreteria

di Francesco Romeo

AIC Senior League 2018

Agli ex dell’Andria la seconda edizione Lunedì 29 ottobre si è conclusa la seconda stagione della “AIC Senior League”, il torneo dedicato agli ex-calciatori professionisti organizzato interamente dall’Associazione Italiana Calciatori. Il torneo, iniziato lo scorso marzo, è stato diviso in tre fasi: le fasi territoriali, le fasi semifinali e la finale. Solamente nel 2018 sono stati coinvolti 18 gruppi con più di 450 ex-calciatori professionisti che si sono riuniti e organizzati in squadre per poter partecipare alle fasi territoriali. Tra marzo e maggio si sono svolte otto tappe, in cui altrettante squadre si sono qualificate per la fase successiva. La seconda fase, avvenuta a settembre, è stata suddivisa in due raggruppamenti. Uno di centro-sud, con le rappresentative di Andria, Catanzaro, Frosinone e Roma; uno di nord con le rappresentative di Arezzo, Cesena, Reggio Emilia e Verona. Dai due raggruppamenti, in cui si è sviluppato un quadrangolare all’italiana, sono uscite le quattro finaliste. Andria, Arezzo, Cesena e Roma le rappresentative che si sono affrontate a Cesena lunedì 29 ottobre in casa dei detentori, con la partecipazione di circa 70 ex-calciatori professionisti. La rappresentativa di Andria ha vinto la seconda edizione della “AIC Senior League” battendo in finale ai calci di rigore la squadra di Arezzo. Il Cesena, consegna così la coppa dei vincitori al gruppo pugliese durante le premiazioni, dove sono intervenuti anche il presidente e il vicepresidente di AIC Damiano Tommasi e Umberto Calcagno, che hanno sottolineato il valore di questa iniziativa come strumento per veicolare e condividere nuove idee e progetti riuscendo a creare una rete importante di ex-calciatori professionisti in tutto il territorio nazionale. Al termine del torneo Massimo Paganin, responsabile del progetto, ha voluto ringraziare tutte le squadre e gli associati senior che hanno partecipato alla “AIC Senior League”: “La dedizione e la fatica nel preparare la Senior League, sono ben ripagati dalla presenza di tutti voi. Faccio i miei più sinceri complimenti a tutti coloro

che si sono presi la responsabilità di organizzare le squadre nelle province e a tutti i senior che hanno partecipato, giocando o solamente presenziando! I miei complimenti ad Andria per la vittoria. Ora aspettiamo di ricevere le vostre considerazioni ed i vostri consigli per avere la possibilità di migliorare sempre di più per le edizioni successive. Ricordate che siete voi la "Senior League”.

[Si ringraziano tutti i gruppi che hanno partecipato a questa seconda edizione e anche i gruppi che abbiamo incontrato negli ultimi anni, con la speranza che la partecipazione aumenti sempre di più: Frosinone, Cosenza, Crotone, Padova, Verona, Catanzaro, Arezzo, Lecce, Andria, Bologna, Reggio Emilia, Cesena, Livorno, Roma, Perugia, Ascoli, San Benedetto, Pescara.]

A Bardolino il 28 e 29 settembre

Convegno dei Fiduciari AIC In occasione dei 40 anni dalla fondazione della rete dei Fiduciari, si sono svolti a Bardolino (VR) i lavori del Convegno degli avvocati dell’Associazione Italiana Calciatori, aperti dal saluto del Presidente Damiano Tommasi e del Presidente Onorario Sergio Campana. Una due giorni per prendere in esame le principali problematiche legate al rapporto calciatori/società. Dopo una disanima della situazione federale e dopo aver ricordato le varie iniziative legate ai festeggiamenti del 50esimo AIC, si è parlato, nello specifico, del funzionamento dei Collegi Arbitrali, degli interventi dell’Ufficio Legale AIC e del nuovo Regolamento Fiduciari/AIC/Calciatori.

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di Pino Lazzaro

Nazzarena Grilli, allenatrice Nazionale U17 femminile

“Le giocatrici passano, sono le persone che Dice subito che tutto sommato il campo non le manca più di tanto. Riconosce che aver la possibilità di avere quotidianamente il confronto diretto con la squadra ti permette di costruire per davvero, ma dall’altra parte c’è quell’esperienza già fatta di 15 anni di panchine di Serie A, che dunque quel bel pezzo di strada fa parte di lei, l’ha ben conosciuto. Con in più, ecco il confronto con le ragazzine che le mancava – le chiama così – loro che formano il gruppo dell’Under 17, classi 2002-2003, reduci intanto dal primo turno

eliminatorio per la qualificazione all’Europeo 2019 che si svolgerà a maggio in Bulgaria, primo turno in cui hanno via via battuto Montenegro (le padrone di casa), Romania e la favorita Finlandia. Sì, punteggio pieno per le nostre, primo posto del girone e attesa ora per il sorteggio del prossimo 23 novembre che determinerà i gironi della fase Elite, da cui usciranno le formazioni che andranno poi in Bulgaria. Nazzarena Grilli si dice così entusiasta di questa esperienza, pure lei lì “imparando” a trattare con quindicenni e sedicenni, sempre ben consapevole quanto particolare possa essere uno spogliatoio femmi38

nile, quanto insomma “sia predominante il fattore emotivo e dunque ci vuole sempre molta ma molta cautela. In campo le tratto comunque come persone adulte: cerco sì di stare molto attenta, quante volte chiedo come stanno, come si sentono, ma l’importante è far passare dei concetti che le possano aiutare: per davvero c’è la possibilità che il calcio diventi anche un lavoro per loro”. Chissà, anche un po’… d’invidia? “Beh, un po’ sì, poco da fare. Però sono contenta d’essere stata tra le pioniere, noi che non abbiamo mai mollato, che abbiamo dovuto lottare per tutto, per ogni cosa, per avere un pallone, per avere almeno un campo. Dai e dai si è arrivati finalmente a questi benefici per il movimento, anche se ce ne sono ancora tante di cose da fare”. Come si pongono allora queste ragazze? Col ‘tu’ o con il ‘lei’? La chiamano magari mister? “Via, non è certo il pronome che forma il rispetto, è altro. Io penso di essere una persona semplice che cerca di far sentire a loro agio le persone, questo almeno è il mio approccio. È vero, capita che mi chiamino anche ‘mister’, che in effetti sarebbe più da uomo, ma queste sono le abitudini. Alcune usano ‘coach’ e sarebbe magari più appropriato ma davvero fa lo stesso, anche ‘Nazza’ – come capita – va bene”. Che… “mister” è: democratica o una sergente di ferro? “Un po’ un mix. Ricordo che agli inizi, quando ho cominciato ad allenare, avevo la necessità di imparare, di crearmi il ruolo e così mi capitava di andar giù forte, proprio da sergente insomma. Però d’altro canto quel che sto vivendo è che mi capita ancora di sentire le “mie”

ragazze e ciò significa che qualcosa ho lasciato, anche perché le giocatrici passano, sono le persone che restano”. Come va con la formazione, le spiega le scelte? “No, mai, tutte devono essere pronte, preferisco così. Spiegazioni così non ne do, se una viene a chiedermi allora ci parlo ma niente di più. Il mio ruolo è anche quello di fare delle scelte ed è quello che faccio, in fondo il percorso di ogni calciatore e di ogni calciatrice deve per forza passare attraverso le scelte dell’allenatore/allenatrice”. Come va con i telefonini? “Minimo devono essere sempre silenziosi e assolutamente sono vietati a tavola, con la mia abitudine di far


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restano” loro sempre cambiare i posti, sia a colazione che a pranzo e cena. Così possono conoscersi di più, parlare, senza che si creino dei gruppetti. Il capitano? Lo decido io, qui sì sono una sergente, non certo democratica. È un ruolo che per il mio modo di allenare, per come mi rapporto col gruppo, è importante. Ci sono magari delle ragazze che hanno timore di parlare e dunque ho bisogno di un capitano-leader, può essere pure uno silenzioso, ma che sappia far da tramite per me e con me. Per l’U17 ho scelto Heden Corrado, lei gioca con la Roma”. Dura conciliare lavoro e pallone? “Sono impiegata, l’ho sempre fatto e ricordo bene le mie levatacce alle 4-5 di mattina per preparare gli allenamenti perché altrimenti non ce l’avrei fatta. Via da Segrate, è là che vivo, sempre in giro in macchina. Quando m’è arrivata la proposta della Nazionale, ho chiesto alla titolare se si poteva fare, se c’era la possibilità insomma di poterla vivere un’esperienza così. Per fortuna ho trovato disponibilità e comprensione e posso avere così dei permessi. E in fondo tutto parte dalla passione, è lei che chissà dove ti porta, anche a niente magari, mica lo sai”. Rapporti con società e allenatori/allenatrici? Come arriva a “vedere” le ragazze? “Dico intanto che per me la professionalità non sta nel denaro, ma sta nel DNA: io che ero proprio a zero sul calcio giovanile e non so quante partite e amichevoli sono andata a vedere, sabati e domeniche, così faccio tuttora. Poi la Nazionale è

Sulla panca

La scheda

Nazzarena Grilli, umbra di Città di Castello, ha esordito giovanissima in Serie A con l’allora Valigi Perugia. La sua carriera da calciatrice è durata una ventina d’anni, riuscendo in tre occasioni a vincere lo scudetto: con la Lubiam Lazio nel 78/79 e nel 79/80 e col Milan nel 91/92. Esordiente in Nazionale a 21 anni, ne ha poi messo assieme complessivamente 23 di presenze. A fermarla col calcio giocato un infortunio al ginocchio (era col Cagliari) e subito ha iniziato ad allenare arrivando a vincere lo scudetto e la Supercoppa nella stagione 2005/2006 con la Fiammamonza e la Coppa Italia nel 2012 con il Brescia (stagione quella in cui è stata premiata con la Panchina d’oro quale miglior allenatrice della Serie A Femminile). Giusto un anno fa, nel novembre del 2017, è entrata a far parte dei quadri tecnici federali, come allenatrice dell’Under 16 femminile. Dopo aver fatto parte dello staff dell’U17 femminile che lo scorso maggio ha partecipato alla fase finale dell’Europeo giocatosi in Lituania, è ora (da agosto) la titolare della panchina dell’U17 femminile.

la Nazionale, l’arrivo della Bertolini è stato importante, c’è grande organizzazione, abbiamo l’apporto di Sandreani per quel che concerne lo scouting, i tanti osservatori che ci segnalano ragazze da vedere, da rivedere eccetera. Ho spesso contatti con gli allenatori, mi confronto con loro e guardo sempre le partite che mi mandano. Ora, dopo il Montenegro, già li ho sentiti tutti, ho parlato con loro delle ragazze, di quello che avevano espresso. Quanto avrei voluto da allenatrice aver un dialogo

“La panchina la vivo con tutta la passione che ho. Mi agito, non sono mai ferma, sempre incitando, quasi sentendomi ancora calciatrice. Quelli che stanno zitti e tranquilli per me si fanno delle flebo di camomilla, non so proprio come si possano gestire sino in fondo le emozioni quando sei lì in quel vortice. Penso a quel gol contro la Finlandia, quell’abbraccio di tutte… magari pochi istanti ma come fai lì a controllarti, come fai a non uscire almeno un attimo dal ruolo? Che bello!”

con l’allenatore della Nazionale ma mai sono riuscita a farlo. Confronti che servono per crescere, noi e le ragazze, no?” Come siamo… messi allora con questo gruppo di ragazze? C’è da essere ottimisti? “Credo sarà un gruppo che ne darà di soddisfazioni. La qualità è medio-alta, sono bene preparate e certo molto ha voluto dire l’ingresso delle società professionistiche maschili. Di noi italiane dicono sempre che fisicamente ancora non ci siamo, che tre partita di fila per noi sono impossibili, eppure queste ragazze sono andate continuamente crescendo, venendo da 15 giorni filati sempre in campo, senza un giorno libero, dal ritiro all’Acquacetosa sino in Montenegro. Sono assieme da soli due mesi ma è un gruppo affiatato e credo che avvertano pure la tanta fiducia dello staff. Vedi contro la Finlandia, erano loro le favorite, agonisticamente più forti dicevano tutti e invece abbiamo vinto noi 39


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Lì, sopra una nuvoletta

“Con questa squadra per me è stato amore a prima vista, con in più il rapporto che c’è con tutto lo staff… ehi, uno staff completo! Sì, l’ho sentita subito mia questa Nazionale, con l’esperienza importante e bellissima che abbiamo vissuto ora in Montenegro. Ecco, come star lì su una nuvoletta, sì”. e sono contenta per le “mie” ragazze, se non altro già sono ricordi di vita, bellissimi ricordi”. Alberghi, spogliatoi e tutto il resto: un comportamento all’altezza? “Eh no, qui sì sono una sergente: prima della calciatrice c’è la persona a cui pensare. Ci tengo molto: via le bottigliette dal campo a fine allenamento, lasciare puliti gli spogliatoi, a tavola si parla, non si urla. Devo dire che dovunque ci sono arrivati dei complimenti, anche quelli dell’albergo sono poi andati a farli alla nostra segretaria Daniela (Daniela Censini; ndr)”. Avete un vostro regolamento interno? “No, non ne vedo il bisogno. Loro sanno che devono rispettare gli orari, assolutamente. Io magari continuo a ripeterlo ma vedo che basta dirlo una volta, basta. La mia idea è che i giovani hanno molto da darci e quello di cui hanno bisogno sono dei punti di riferimento. Se tu riesci a premere il pulsante giusto loro ti danno tutto, non è vero che non hanno voglia. Hanno bisogno di riferimenti che facciano capire i valori, l’educazione, imparando pure ad accettare le diversità, di lingua, religione, pelle. Così imparano che il gruppo è un gruppo che comprende tutti, bian-

chi e gialli, ricchi e poveri eccetera. Un mescolarsi, un amalgamarsi, questo è lo sport”. Prossimi impegni? “Un ritiro a dicembre, a Coverciano, sei giorni con 24 ragazze, aggiungendone così altre 3-4; un raduno poi a gennaio a Tirrenia con una doppia amichevole con la Norvegia e infine un raduno a febbraio – altra amichevole, stavolta contro l’Irlanda – prima di andarci a giocare la fase Elite”. In generale trova/sente che l’aria è finalmente cambiata? “Sì, sì, c’è un vento nuovo, ora poi con la Figc che ha pure deciso di gestire direttamente i campionati. Adesso sta a noi

fare la nostra parte, dopo 20 anni si va al Mondiale, sono proprio contenta per le nuove generazioni. Noi abbiamo lottato e resistito, ora spero/credo che presto anche le nostre ragazze potranno fare le professioniste come già fanno in tante altre parti del mondo. Un’ultima cosa: come docente sto tenendo i corsi Uefa B e C e quel che vedo è il tanto interesse che i maschi hanno ora verso il nostro calcio che è visto davvero come una nuova opportunità, bene”.

La rosa delle “ragazzine” impegnate in Montenegro Portieri: Beatrice Beretta (Juventus), Astrid Gilardi (Internazionale Women); Difensori: Heden Corrado (Roma), Martina Di Bari (Pink Bari), Linda Giovagnoli (San Zaccaria), Benedetta Maroni (Internazionale Women), Chiara Mele (Fortitudo Mozzecane), Chiara Pucci (Bayern Monaco), Bianca Vergani (Internazionale Women); Centrocampiste: Veronica Battelani (Sassuolo), Anna Catelli (Como 2000), Alice Giai (Juventus), Michela Giordano (Juventus), Emma Severini (Fiorentina Women), Ludovica Silvioni (Juventus); Attaccanti: Federica Anghileri (Mozzanica), Ilaria Alice Berti (Internazionale Women), Elisa Carravetta (Internazionale Women); Giovanna Coghetto (Permac Vittorio Veneto). 40


segreteria

di Sergio Campana

Il ricordo dell’ex arbitro di Bassano del Grappa

Luigi Agnolin grande arbitro ed ottimo dirigente sportivo Se n’è andato a 75 anni Luigi Agnolin, personaggio importante del calcio, arbitro internazionale, commissario AIA, presidente del Settore Giovanile e Scolastico, direttore generale della Roma, del Verona, del Venezia, del Perugia, del Siena e presidente di una squadra portoghese. Avevamo dieci anni di differenza, ma, entrambi di Bassano del Grappa, siamo stati legati da una grande amicizia, che ci ha permesso di condividere tantissime emozioni della nostra vita. Figlio d’arte (il padre Guido arbitrò 155 partite di serie A) fu considerato uno dei fischietti migliori del mondo tra gli anni Settanta e Ottanta. Ha diretto 226 gare in serie A (la prima il 18 marzo 1973, Fiorentina-Cagliari), partecipò a due campionati del mondo: nel 1986 in Messico (e fu giudicato il migliore del torneo), nel 1990 in Italia. Nel 1987 diresse la finale di Coppa delle Coppe (Aiax-Locomotiv Lipsia 1-0), nel 1988 quella di Coppa dei Campioni (PSV Eindhoven-Benfica, 6 a 5 dopo i calci di rigore). Dal 2012 è nella Hall of fame del calcio italiano. Conoscendo bene Agnolin ed il suo modo di arbitrare, non lo vedo davanti al monitor Var, prima di ass e gnare un gol o un rigore, una scena che nemmeno nei sogni potrebbe verificarsi, perché Agnolin

faceva tutto da solo, nel bene e nel male. E quando sbagliava si prendeva la responsabilità ed accettava le conseguenze dell’errore.

La Var non gli piaceva proprio, forse perché intuiva che, in cambio di una presunta oggettività, l’uomo delegava i suoi doveri ad un computer. Sempre controcorrente affrontava l’avversario a petto in fuori alla maniera del competitore che non ha paura di nulla ed è assolutamente convinto delle proprie ragioni. Se si dovesse cercare un suo predecessore, si dovrebbe pensare a Concetto Lo Bello, un altro arbitro – padrone. Tutti abbiamo una storia che diventa un nostro simbolo, quella di Agnolin risale ad una domenica di ottobre 1980, al derby JuventusTorino. La Juve si vede

annullare un gol per fuorigioco, mentre è in vantaggio. Il Torino prima pareggia e poi segna il gol della vittoria con Graziani. I giocatori bianconeri, ritenendosi danneggiati, accerchiano Agnolin pieni di rabbia, con in testa Bettega, il più esagitato. L’arbitro reagisce e urla in faccia all’attaccante: “Mi te fasso un cesto così” (non c’è bisogno di spiegare che cos’è il “cesto”). In spogliatoio anche Zoff si mostrò infuriato e dichiarò addirittura che avrebbe preso a pugni l’arbitro. Agnolin pagò a caro prez-

zo il suo contrasto con Bettega, si beccò dalla sua Associazione una squalifica di quattro mesi e non diresse per quattro anni una partita della Juventus. Potrei raccontare mille episodi che hanno caratterizzato la nostra amicizia, basti dire che non perdevamo occasione per commentare le nostre cariche e non risparmievamo rispettivi consigli. Da parte mia, conoscendone le capacità personali, consigliai e ottenni la sua candidatura alla presidenza del Settore Giovanile e Scolastico, che peraltro non durò molto, attratto com’era da nuove esperienze. Ultimamente era arrivato alla presidenza di una società calcistica portoghese, ma purtroppo non l’ha portata a conclusione per la sua terribile malattia. 41


amarcord

La partita che non dimentico

Mi ritorni in mente…

Marius Stankevicius (Crema) “Subito, dopo il tuo messaggio, mi sono messo a ripensare ad alcune partite e così ho finito per riandare a un po’ tutta la mia carriera: ne avrei così parecchie da ricordare, ce ne sarebbero tante. Però, dai e dai, davanti a tutte metto una partita che ho giocato con la Nazionale della Lituania, quella partita che poi è stata determinante per aprirmi la strada su quello che è diventato in seguito il mio percorso nel calcio. E pensa che quella partita la giocammo proprio contro l’Italia e subito ripenso a me lì sul campo che avevo di fronte Vieri, Del Piero e Inzaghi, per non parlare di Maldini e Totti e avanti così. Io dunque, calciatore della Lituania, Paese piccolo il nostro, nazione che ha poi il basket come sport nazionale, non certo il calcio. Avevo 20 anni e tra l’altro nemmeno mi aspettavo di giocare, l’ho saputo il giorno della partita, sentendo lì l’allenatore dire il mio nome nella riunione pre-gara. Per me ricordo che fu proprio una grande sorpresa e chissà quali potevano essere anche i pensieri dei miei compagni: un ragazzino che si trovava a giocare contro l’Italia! Nel tempo è capitato non poche volte che m’abbiano detto che sono stato uno fortunato… certo la fortuna serve, ben venga, ma di quale fortuna si parla? L’essere lì in campo? Va bene, ma quando ti trovi ad affrontare questi grandi calciatori, che magari possono farti col pallone quel che vogliono, dove va a finire la fortuna? Allora: dove vai senza l’impegno, la

volontà, il lavoro? Ricordo ancora l’adrenalina che avevo addosso, alcune entrate certo decise e, comunque sia, quella partita è finita 0 a 0 e per un difensore già non prendere gol vuol dire che intanto è andata abbastanza bene. Fu quasi insomma una vittoria e giocammo a Kaunas, allo stadio Darius & Girenas, ci avevo già giocato su quel campo”. Siamo andati a sfogliare. Era esattamente il 2 settembre del 2001, partita del gruppo eliminatorio n.8 in vista del Mondiale nippo-coreano del 2002, in panca il c.t. Trapattoni; questa l’Italia che scese in campo quella sera: Buffon, Cannavaro, Nesta, Maldini, Zambrotta (Coco 78’), Tommasi, Tacchinardi, Pancaro, Totti (Fiore 84’), Vieri, Del Piero (Inzaghi 60’). “Come detto, è stata poi quella partita a determinare quel che è venuto dopo. Già avevo fatto dei provini per lo Shakthar Donetsk e per la Dinamo Kiev, quella pareva insomma la direzione, Ucraina o Russia, visto che si era arrivati poi a un accordo col Lokomotiv Mosca, c’era già Syomin allenatore, lui che c’è ancora su quella panca. L’offerta che mi avevano fatto era quella di un contratto di quattro-cinque anni ed era quella la situazione quando mi arrivò la proposta di andare a fare un provino col Brescia. Non ci ho pensato un minuto, ho

deciso per l’Italia e certo è andata bene, sono stato fortunato, sì, però mi domando pure quanti avrebbero poi fatto la follia di rinunciare a un contratto così lungo per un semplice provino? In quell’Italia che pareva davvero un qualcosa di irraggiungibile, nessun lituano era ancora venuto a giocarci, tanti dubbi li avevo anch’io, non sapevo se avrei potuto starci e qui mi ha aiutato il lavoro, l’impegno, la volontà, il sacrificio e ci metto pure l’umiltà. Ed è così che la penso: un talentuoso che non lavora non ce la fa ad arrivare tanto quanto uno che di talento ne ha meno, ma s’impegna e fa sacrifici. In Italia sono venuto che ne avevo 20 di anni, ora ne ho 37. Ho giocato sì in altri posti d’Europa, ma in pratica sono 17 gli anni che ho passato qui da voi. Da bambino sono cresciuto in Lituania, però è in Italia che sono diventato uomo, è qui che la mia mentalità è cambiata, mi sento ormai più italiano che lituano. Certo al mio Paese voglio bene ma i miei tre figli (16-11-7) sono nati e cresciuti qui, come potrei ora come ora cambiare tutto, tornarmene in Lituania? Però è anche vero che non si sa mai, mai dire mai, ma sono comunque orgoglioso di essere qui con voi, sono grato per quel che ho vissuto e sto vivendo. Cosa farò “da grande”? È un mistero: non esiste né domani, né ieri, c’è solo il presente. Quel che più conosco è il calcio e dunque anch’io spero in qualche modo di poter continuare a starci dentro, per poter magari trasmettere le mie esperienze, che so, sia forse da allenatore o magari in altri ruoli… vediamo insomma quel che va a succedere”.


regole del gioco

di Pierpaolo Romani

Integrazione, solidarietà, legalità

Il potere del calcio come strumento educativo “Attraverso il calcio, ho avuto la possibilità di conoscere paesi, culture e ragazzi di tutto il mondo. Ho avuto una grande opportunità che mi ha cambiato la vita, un’opportunità che ho cercato di sfruttare con tutto me stesso. Il calcio ha bisogno di voi ragazzi, e noi abbiamo molto da imparare dai più giovani. I bambini giocano a calcio con un pallone che è il pallone di tutti. Se lavoreremo tutti insieme, potremo cambiare il mondo”.

giudice Carlo Palermo, a Pizzolungo (Tp) il 2 aprile 1985, insieme alla loro mamma Barbara Rizzo Asta. A luglio, a Ravenna e a Marsala, si sono svolti due tornei di calcio che hanno coinvolto la Nazionale magistrati, la Nazionale degli attori e tanti giovani. Questi tornei, intitolati “Un calcio alla mafia”, hanno inteso commemorare le vittime della strage di Via d’Amelio, avvenuta il 19 luglio 1992, in cui persero la vita il giudice Paolo Bor-

Sono le parole recentemente pronunciate da Simone Perrotta, campione del mondo con la Nazionale italiana nel 2006 e attuale responsabile del Dipartimento Junior di AIC, alla cerimonia di chiusura del Camp che l’Associazione italiana calciatori ha organizzato a Catania insieme ad Unicef e al Catania Calcio. Camp a cui hanno partecipato 50 ragazzi, tra cui alcuni minorenni stranieri non accompagnati provenienti dal continente africano. Il calcio, e lo sport in generale, è un grande strumento educativo che, se utilizzato in modo corretto, contribuisce a formare persone, cittadini e atleti responsabili, attenti a ciò che accade intorno a loro, pronti a vivere e a promuovere la cultura dell’integrazione, della solidarietà e della legalità. Il calco non è solo uno strumento di aggregazione sociale. È anche un potente strumento di promozione della cultura della memoria. Lo testimoniano alcuni tornei che quest’estate sono stati organizzati in diverse città italiane per ricordare a tanti giovani alcune vittime innocenti delle mafie. È accaduto in Sicilia, a Corleone, città natale dei più noti boss di Cosa nostra, la mafia siciliana, dove un campo di calcio è stato intitolato a Giuseppe e Salvatore Asta, due gemelli di sei anni, barbaramente assassinati da un’autobomba destinata al

sellino e gli agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Eddie Walter Cosina ed Emanuela Loi. Quest’ultima era una ragazza di 24 anni, proveniente da Sestu, città in provincia di Cagliari, che nella vita aveva un sogno: quello di diventare un’insegnante e di educare tanti ragazzi. Partecipò al concorso per entrare in Polizia e a quello della scuola. Vinse il primo e svolse al meglio e fino in fondo il suo dovere di proteggere il dottor Borsellino. Il calcio è anche uno strumento efficace per prevenire e contrastare il bullismo. Un fenomeno che si sta pericolosamente diffondendo in Internet – cyberbullismo – nel mondo scolastico e anche in quello sportivo. Recentemente, ad esempio, a Cologno Monzese un ragazzino è stato brutalmente picchiato da altri suoi coetanei durante una partita all’oratorio solo perché aveva dichiarato di essere un tifoso del Milan. La violenza dei bulli, sotto i suoi diversi aspetti – verbale, psicologica e fisica – si registra anche negli spalti degli stadi e contro di calciatori, come documenta da quattro anni l’AIC attraverso la redazione del Rapporto “Calciatori sotto tiro”. In alcuni casi si è assistito a genitori

che hanno manifestato in modo violento il loro dissenso verso il comportamento di alcuni giovani calciatori sul campo ovvero verso gli allenatori dei figli, rei di non averli fatti giocare o di averli sostituiti prima del fischio finale della partita. Sarebbe tuttavia sbagliato guardare solo a questo lato del calcio. Diverse sono le iniziative messe in campo per prevenire il bullismo nel mondo del pallone e in quello dello sport. Un mondo, quest’ultimo, dove è importante insegnare che la forza della squadra consiste nel rispettarsi l’uno con l’altro, che la base del divertimento e della crescita, umana e professionale, consiste non solo nell’essere bravi tecnicamente, ma anche nel rispettare le regole, gli avversari e gli arbitri. Nelle 14 regole che il grande campione Johan Cruijff ha redatto e diffuso con la sua Fondazione si usano parole come responsabilità, rispetto, integrazione, impegno sociale. Si tratta di concetti che riguardano tutti, sia ragazzi che adulti. Praticarli e non solo enunciarli è un modo per costruire un calcio e una società migliori.

Le 14 Regole di Johan Cruijff 1. Gioco di squadra - Per fare le cose, dovete farle

insieme. 2. Responsabilità - Prendetevi cura delle cose come se fossero le vostre. 3. Rispetto - Rispettatevi gli uni con gli altri. 4. Integrazione - Coinvolgete gli altri nelle vostre attività. 5. Iniziativa - Abbiate il coraggio di provare qualcosa di nuovo. 6. Allenamento - Aiutatevi sempre l'uno con l'altro all'interno di una squadra. 7. Personalità - Siate voi stessi. 8. Impegno Sociale - Cruciale nello sport e ancor di più nella vita in generale. 9. Tecnica - È la base. 10. Tattiche - Sappiate cosa fare. 11. Sviluppo - Lo sport sviluppa corpo e anima. 12. Imparare - Cercate di imparare qualcosa di nuovo ogni giorno. 13. Giocare Insieme - È una parte essenziale del gioco. 14. Creatività - È la bellezza dello sport. 43


Io e il calcio l’intervista

di Pino Lazzaro

Francesco De Fabiani (sci da fondo)

“Dalle nostre parti è normale che tutti si mettano presto gli sci, io ho cominciato a 3 anni, così poi a 5-6 entri in uno sci-club e vai a sciare quasi tutti i giorni. All’inizio è solo divertimento, è un gioco, facevamo discesa che però mi piaceva di più se si poteva andare liberi, anche fuoripista, provando a fare dei salti. Ricordo che nelle prime garette c’erano i pali, sorta di slalom gigante: mi divertivo meno ed è stato poi, verso i 9 anni, che sono passato al fondo. Ancora divertimento, però alla prima garetta sono arrivato 2°, la successiva l’ho vinta… in discesa arrivavo 50°, mai m’era capitato di essere il più bravo e insomma vedeva giusto mio nonno: nelle camminate che facevamo s’era accorto della mia resistenza, fu lui un po’ a spingere. I miei? Loro mi hanno sempre spinto a fare sport, qualsiasi fosse, nuoto o anche calcio d’estate, l’importante che non me ne stessi lì sempre seduto”.

“Con gli anni il livello è andato crescendo. Prima gareggi in paese, poi passi a gare regionali, poi nazionali e sei sui 13-14 anni; capita così che ti scelgano, ti portano anche a livello internazionale e lì mi sono accorto che non arrivavo tanto indietro, finché i risultati mi hanno permesso di entrare in un corpo sportivo militare (con l’Esercito; ndr): arrivi ad avere uno stipendio, firmi insomma un contratto e dunque il tutto diventa pure un lavoro. E questo è, a tutti gli effetti, puoi proprio togliere le virgolette come dici tu e so bene comunque che è un lavoro bello il mio, ho questo privilegio e mi rendo conto che non sono tanti quelli che possono fare lo stesso ed è un misto di cose: fortuna e capacità”. “Con la scuola non è stato certo facile, però ho avuto la fortuna di avere degli insegnanti che mi hanno aiutato, che hanno sempre cercato di venire 44

incontro alle mie esigenze, tipo, che so, non interrogarmi al lunedì e cercando di mettere un compito in un giorno per cui avessi la possibilità di studiare e prepararmi. Guarda che era una scuola pubblica e so che non sempre capita, so che non poche volte ci sono insegnanti che intralciano piuttosto che aiutare. Liceo Scientifico, a Pont Saint Martin, in fondo alla valle dove abito: pullman alle 7, poco meno di un’ora di viaggio; uscita alle 13:20, ritorno, pranzo e poi allenamento. Ce l’ho fatta senza perdere degli anni e sono uscito con 82. Mi venivano bene matematica e fisica, m’ero anche iscritto al Politecnico di Torino, primo anno uguale per tutti, ho fatto anche due esami, ma ho fatto presto a rendermi conto che era impossibile frequentare, dov’era poi la neve per allenarmi? Ero poi entrato nella squadra degli U23, gare e raduni ed è un peccato che sia così difficile qui in Italia far bene le due cose, sport e scuola, non è così da altre parti. Forse, chissà, in futuro, magari torno a pensarci all’università, non certo ora”. “Fare l’atleta è bello, non ci sono le 8 ore fisse al giorno, sono quasi tutto l’anno all’aria aperta eccetera, ma però ci sono pure i contro. Devi rinunciare a parecchio, per non avere magari dei ripensamenti dopo, ah se avessi fatto così eccetera. Che so, gli amici che vanno a farsi una vacanza a Ibiza, quella certa gara di corsa che non ci sta con quello che stai facendo/preparando, uscire la sera, stare sempre attento a quel che mangi: non voglio arrivare alla fine dell’anno a pentirmi di qualcosa, dunque sono/sto facendo proprio il professionista, al 100%. Così con la compagnia mi capita di sentirmi a volte un po’ distaccato, vorrei dire quasi emarginato anche se non è proprio così. Del resto a casa ci resto meno di 100 giorni all’anno e sempre comunque dovendo stare attento a questo e quello. Dall’altra parte qualche amicizia te la fai comunque, hai la possibilità di girare il mondo, vedere cos’è e com’è l’Italia pure da fuori, anche se non possiamo certo fare i turisti: aeroporti, alberghi e piste, sempre di fretta. Non so quante volte siamo passati nei nostri viaggi per Mosca e Amsterdam: mai viste le città, sempre e

solo gli aeroporti”. “Di mio sono uno molto competitivo, qualsiasi cosa faccio mi confronto e mi piace cercare di migliorarmi. Non direi che sento le gare più di tanto, magari dipende anche come stai, se stai bene si fatica di meno e le gare che un po’ mi danno ansia sono quelle quando inizi la stagione, sei fermo da circa fine marzo e riprendi a fine novembre, allora ti manca la tua solita routine del pre-gara: l’alimentarti al momento giusto, il ricordarti di portare una coppia di bastoni, arrivare coi tempi giusti alla partenza perché se magari arrivi troppo presto prendi freddo eccetera. Poi, col susseguirsi delle gare, vai in automatico e ti viene da sola la tempistica”. “Sì, il mio forte è la tecnica classica, non so bene perché, però fin dalla prima gara da piccolo è sempre stato così. Lo vedo bene insomma come in tecnica classica e soprattutto in salita sono davvero competitivo, difficile mi stacchino, riesco così a stare con i migliori. In tecnica libera non è invece così, vado meno ed è penalizzante sapere che stai bene ma gli altri vanno di più. Da una parte si può sì migliorare, ma certo non diventerà mai il mio cavallo di battaglia: così sono pure fatto ed è poi vero che un po’ tutti noi italiani peniamo con questo tipo di tecnica”.


l’intervista

“Il nostro ‘campionato’, la nostra stagione insomma va grosso modo da fine novembre a fine marzo. La preparazione la cominciamo a maggio e per tutta l’estate siamo in giro per le Alpi, a Moena, al lago di Ledro, Predazzo, spesso così in Val di Fiemme, anche in Valtellina. In autunno poi si va a cercare la neve, sui ghiacciai allo Stelvio e in Val Senales. A maggio lavoriamo spesso sui skiroll, con tanti lavori di qualità e quantità; anche la bicicletta, poi corse in montagna, anche qui differenziando l’intensità e palestra, puntando pure al rafforzamento in generale pure degli arti superiori che da noi contano parecchio. Da novembre poi ancora skiroll e si ricomincia a sciare per riprendere confidenza con gli attrezzi. In inverno, tra gare e viaggi, è difficile allenarsi: ogni weekend abbiamo due gare (c’è prima la Coppa del Mondo, poi vengono i Campionati italiani) e per i trasferimenti di solito vanno via due giorni la settimana”. “In genere, sempre tenendo conto dei viaggi e qualcosa cambia se riesci magari a prendere subito un volo dopo la gara o no, nella nostra settimana-tipo il lunedì è dedicato per l’appunto al viaggio e se ce la fai, al pomeriggio c’è una seduta defatigante, fai un lungo lento; al martedì un richiamo di forza in palestra e dal mercoledì s’inizia a pensare alla gara successiva, con lavori specifici; il giovedì già in viaggio verso il campo di gara e con noi – lo fanno proprio tutti gli atleti – portiamo sulla trentina di paia di sci, metà classico e metà skating. Questo perché a seconda del tipo di neve dobbiamo usare degli sci il più possibile adatti e ogni volta è una continua ricerca su quale sci scegliere. Sci che sono molto diversi tra loro, come la rigidità della soletta che viene a contatto con la neve che a sua volta ha diverse caratteristiche (temperatura, umidità, compattezza). Dipende poi se c’è il sole o no, se la neve è fresca o vecchia, da quanto tu pesi e insomma è ogni volta un “indovinello”, con gli ski men pure loro impegnati a individuare la sciolina più adatta, sempre con la possibilità che tutte le prove che hai fatto il giorno prima magari possano servire a poco se cambia il meteo”. “Sì, per le caratteristiche del nostro sport, mediamente sono ancora giovane, però non posso non ricordare Klaebo, quel che ha vinto quest’anno e lui ha tre anni meno di me (classe ’96, norvegese, alle Olimpiadi di PyenongChang 2018 ha vinto tre ori: sprint, sprint a squadre e staffetta; inoltre si è aggiudicato la Coppa del Mon-

La scheda Dell’aprile 1993, nato ad Aosta, Francesco De Fabiani è di Gressoney Saint Jean. Era in quarta elementare quando iniziò a fare fondo e ha indossato per la prima volta i colori azzurri rappresentando l’Italia ai Mondiali Junior in Estonia, nel gennaio del 2011. Il suo debutto in Coppa del Mondo l’ha fatto nel dicembre del 2013 e ha partecipato sia ai Giochi Olimpici di Soči 2014 (Russia) che a quelli di PyeongChang 2018 (Corea del Sud). Nel marzo del 2015 ha conquistato in Finlandia la sua prima vittoria in Coppa del Mondo nella 15 km a tecnica classica, rompendo il digiuno azzurro che nella specialità durava da 22 anni (successo di Albarello). do generale e quella sprint; ndr). La mia quest’anno è stata una buona stagione, risultati buoni con un piazzamento pure tra i primi dieci in una gara sprint, io che pensavo di non essere adatto per quella specialità. Sono contento anche perché arrivavo la stagione prima da un anno difficile, m’ero anche ammalato prima dei Mondiali, senza poi avere il coraggio di fermarmi quando ho realizzato – prima non me n’ero accorto – d’essere un po’ consumato e stanco”. “Il sogno che ho e credo sia un sogno comune a tutti quelli che fanno uno sport olimpico, è quello di una medaglia olimpica, anche se vincerne una ai Mondiali potrebbe comunque entrare in questo mio sogno. E quando dico medaglia olimpica, la prima a cui penso… nel sogno è quella d’oro naturalmente”.

poco, piuttosto Champions e Mondiali, quelle sì. Dai, un po’ mi rompono quelle chissà quante pagine dedicate ogni giorno al calcio, poi viene tutto il resto e penso alla Gazzetta che si chiama dello Sport, non del calcio. Basterebbe poco, giusto vedere quel che fanno vicino a noi. Non dico magari l’Austria in cui lo sci è lo sport nazionale, ma pure in Francia o in Svizzera dove nel tg dello sport, il calcio è trattato alla pari degli altri, tutto qua. Mi dà insomma un po’ di fastidio che pur di parlare di calcio si dia spazio al gossip, quel che ha fatto quel calciatore di notte o le immagini della moglie di… non c’entrano nulla col calcio in sé”.

“A calcio ho giocato da ragazzino, mai fatto dei veri campionati, ricordo solo il torneo organizzato qui in paese dal Bar Sport, l’ho fatto per due anni, da difensore. Un po’ simpatizzo per la Juventus, ma non sono un tifoso sfegatato, allo Stadium ci sono stato e pure a San Siro, bello andarci. Di partite in tv ne guardo, non quelle del campionato, mi attirano 45


internet

di Mario Dall’Angelo

I link utili

Per l’integrazione dei giovani stranieri Una partita molto particolare si è svolta il 23 giugno scorso allo stadio Tre Fontane di Roma. Nessun trofeo prestigioso in palio ma tanta solidarietà portata dal mondo del calcio a chi deve lasciare il proprio paese a causa di guerre e altre calamità provocate dall’uomo. Si trattava della seconda edizione di Champions #WithRefugees, evento inserito nell’iniziativa di sensibilizzazione

dell’opinione pubblica, organizzata dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato. L’Associazione Italiana Calciatori e l’Associazione Italiana Allenatori Calcio si sono unite all’organismo internazionale per la migliore riuscita della manifestazione, che vantava il patrocinio della FIGC, del comitato CONI del Lazio e il sostegno dell’A.S. Roma. Sul campo erano schierate due squadre speciali. Da una parte undici minori stranieri giunti in Italia non accompagnati. Si tratta di un progetto, nato quest’anno col sostegno del CONI, che ha consentito di costituire una squadra di calcio di giovani richiedenti asilo e di rifugiati della Città dei Ragazzi. L’obiettivo è la promozione dello sport per il benessere psicofisico e l’integrazione dei giovani stranieri. Dall’altra parte vi erano tanti ex calciatori e calciatrici – Patrizia Panico, Katia Serra, Cristiano Bergodi, Massimo Bonanni, Vincent Candela, Giampaolo Di Magno, Stefano Fiore, Giuliano Giannichedda, Giuseppe Giannini, Bruno Giordano, Alessandro Iannuzzi, Giuseppe Incocciati, Fabio Petruzzi, Massimo Piscedda, Fabrizio Romondini – capitanati da Damiano Tommasi. Il presidente AIC ha spiegato la valenza della partecipazione dei calciatori alla Giornata del Rifugiato: 46

“Considero lo sport uno strumento eszione della pressione nei paesi ospiti, ausenziale per l’integrazione sociale e la mentare la fiducia in se stessi dei rifugiati, realizzazione individuale di ciascuno di espandere l’accesso a soluzioni di terze noi e questo assume un valore ancora parti, favorire le condizioni nei paesi di orimaggiore per i rifugiati, persone costretgine per un ritorno in sicurezza e dignità. te a fuggire dal proprio paese per salvarLa sezione dedicata alle storie parla di rifusi la vita e che devono ricominciare da giati che in Italia e in altri paesi hanno trozero una nuova vita, lontani da casa. Per vato accoglienza e sicurezza. Vi leggiamo questo, abbiamo ritenuto importante le vicende di nove persone che, in quanto sostenere anche quest’anno l’Unhcr per profughe, hanno ottenuto una seconda la partita Champions #WithRefugees”. possibilità di vita. La Convenzione delle Nazioni Unite relatiLa pagina degli eventi segnala un gran va allo status dei rifugiati venne ratificata numero di possibilità di incontro, avvenute nel 1951, dopo che il problema delle ponella Giornata del Rifugiato, che oltre alla partita dello stadio Tre Fontane in Roma polazioni sradicate dalla seconda guerra mondiale era diventato una delle principali hanno dato la possibilità di avvicinare le emergenze del dopoguerra. Sono passati persone e le loro esperienze. Dall’iniziative poco meno di settant’anni e molto è stato “Porte Aperte”, con cui si poteve accedere fatto per i profughi di innumerevoli guerre. alle strutture di accoglienza, a mostre di fotografia e film festival fino alla musica Ma l’Unhcr, istituita nel dopoguerra con un mandato di tre soli anni, è diventata e alle occasioni gastronomiche. Inoltre, a permanente ed è tra le più attive agenzie Gubbio ha avuto luogo un’altra partita di Onu, dal momento che la necessità di ascalcio - Insieme senza Confini - organizzasistenza umanitaria è sempre continua. Il ta dai volontari del Servizio Civile insieme ai giovani stranieri ospitati nella stessa citsuo mandato è di proteggere sfollati, rifugiati e apolidi e tutti coloro a cui gli stati tadina e a Gualdo Tadino. Nella pagina dei testimonial, scopriamo non offrirono l’aiuto e la sicurezza che dovrebbero fornire a tutti i cittadini. che numerosi personaggi celebri preSul sito withrefugees.unhcr.it troviamo stano il loro nome e la loro immagine alla campagna #WithRefugees: da Fiomolto materiale riguardante l’iniziativa. A cominciare da una petizione che chiede ai rello ad Alessandro Gassman, Syria, Red Canzian, Danilo Rea, Peppe Servillo, Leo governi di agire con responsabilità e solidarietà. Più precisamente, il testo chiede di Gullotta, Alex Britti, Moni Ovadia, Francegarantire l'istruzione a tutti i bambini rifusco Gabbani, Nicole Grimaudo. Tutti con una foto e un semplice cartello in mano: giati, un posto sicuro in cui vivere per ogni famiglia rifugiata e la possibilità per ogni ri“#WithRefugees”. fugiato di lavorare o imparare nuove competenze. Nel momento in cui scriviamo le sottoscrizioni sono arrivate a quota 1.884.501. Federico Bernardeschi@fbernardeschi La petizione ha “La storia addosso, il futuro adesso”. Questa è l’aria che si respira a #Coverciano. Abbiamo intrapreso un anche la funzione nuovo cammino, sta a noi dimostrare di essere all’aldi sostenere un tezza di chi è stato qui prima di noi! #Vivogrande accordo inAzzurro #Nazionale ternazionale sui rifugiati. Il Global Compact on Refugees è l’obiettivo dell’Agenzia fin dalla Dichiarazione Nicolas Burdisso@NicoBurdisso_8 di NewYork sui Oggi a 19 anni dal mio esordio è il momento di chiudere la mia avventura come calciatore. GRAZIE a tutti migranti e i riquello che mi hanno accompagnato in questo percorso, a Dio e fugiati del 2016. alla mia famiglia, ai compagni e le squadre, allenatori e soprattutto tifosi. Il calcio è il mio strumento per essere felice e migliorare È lo strumento ogni giorno come persona e continuerà ad esserlo. Sono con cui si vuole orgoglioso e soddisfatto, HO FATTO TUTTO QUELarrivare ad alcuni LO CHE SOGNAVO DA BAMBINO. obiettivi chiave: la ridu-

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Alfred Gomis@AlfredGom1s 2Smile everyday, life is beautiful. (Sorridi tutti i giorni, la vita è meravigliosa)


internet

di Stefano Fontana

Allenatori in rete

Ventura e Mancini: passato e presente azzurro www.giampieroventura.net Visitiamo insieme il sito ufficiale di Giampiero Ventura, allenatore ed ex calciatore italiano classe 1948. Centrocampista attivo negli anni settanta, Ventura vanta una straordinaria esperienza come allenatore: in più di quarant’anni ha guidato oltre

venti club e vanta inoltre un’esperienza come CT della Nazionale Italiana. Il sito ufficiale di Mister Ventura si distingue per l’impostazione grafica ispirata ai portali d’informazione: notizie, contenuti video e statistiche sono facilmente accessibili dalla homepage. Le news sono aggiornate con tempestività e si alternano con riflessioni personali ed altri contenuti originali di sicuro interesse. Non manca un’esaustiva rassegna stampa, mentre la sezione “Dire, fare, allenare” è una preziosa risorsa di articoli tecnici relativi al difficile mestiere di allenatore.

Sono disponibili veri e propri trattati su preparazione fisica, tecnica e tattica di gioco e molto altro ancora. Il sito offre inoltre una vasta galleria di foto e video. I filmati disponibili includono interviste a Mister Ventura, tributi e filmati di repertorio. Un’interessante sezione del sito è dedicata allo staff tecnico di Gianpiero Ventura: ogni membro di-

spone di una dettagliata scheda con informazioni biografiche e fotografia. Non poteva mancare una pagina biografica, nel caso del sito di Ventura strutturata secondo un criterio di elevata fruibilità: troviamo non solo informazioni su Giampiero dall'infanzia agli ultimi risultati ottenuti con il Chievo, ma anche cenni sul suo pensiero e la personale concezione dell’allenamento oltre a contenuti più canonici come il palmarès completo.

ufficiali del mister sui social network Facebook, Twitter ed Instagram. Segue un’anteprima delle ultime News dall’omonima sezione: ogni notizia è corredata da foto, titolo ed una breve anteprima del contenuto. Più in basso troviamo riferimenti ad attività benefiche, come la collaborazione con l’Unicef (Roberto Mancini è Unicef Goodwill Ambassador), e gli sponsor. La sezione del sito dedicata alla biografia è straordinariamente ampia ed esaustiva. Ad esempio è possibile scoprire tutto sul Mancini giocatore impegnato con Bologna, Sampdoria, Lazio e Leicester. Altrettanto spazio è dedicato alle esperienze come allenatore maturate con Lazio, Fiorentina, Inter, Manchester City, Galatasaray e Zenith S. Pietroburgo. Viene dato infine giusto risalto al palmarès di un professionista che ha saputo fare la differenza tanto sul campo quanto in panchina. Il sito ufficiale di Roberto mancini merita sicuramente una visita, da non perdere!

ttando

www.robertomancini.com Roberto Mancini è l’attuale commissario tecnico della Nazionale di calcio italiana. Nato a Jesi nel 1964, Mancini prima di divenire allenatore ha dato prova di grande talento giocando come Ghoulam Faouzi@GhoulamFaouzi centrocampista ed attaccante. Gli ostacoli non mi fermano. Ogni ostacolo Il sito ufficiale di Roberto Mansi sottomette alla rigida determinazione. Chi guarda fisso verso le stelle non cambia cini è caratterizzato da una reaidea (cit. Leonardo Da Vinci) lizzazione esemplare: la notevole quantità di materiale disponibile è facilmente fruibile anche da dispositivi mobili come smartphone o tablet. L’homepage accoglie il navigatore con Daniele Rugani@DanieleRugani Quando sale la posta in gioco, la pressione è la una foto di Roberto davanti allo forma migliore di motivazione scudetto tricolore della Nazionale, seguita dai collegamento alle pagine

Claudio Marchisio@ClaMarchisio8 Quando hai grandi ambizioni, vincere è l'unica alternativa

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sfogliando

di Nicola Bosio

frasi, mezze frasi, motti, credi proclamati come parabole, spesso vere e proprie “poesie”

Alle volte il calcio parlato diverte di più del Dico che, se rispetti l’identità e la storia del Paese dove sei nato e ne prendi la nazionalità va bene, ma devi accettarne le regole. Per quello che mi riguarda, posso dire che — a partire dallo spogliatoio — vivere in un contesto multietnico mi ha insegnato tanto – Salvatore Sirigu (Torino) Con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Evidentemente il mio percorso calcistico in Italia stava finendo e dunque sono venuto qua. Ho fatto una scelta giusta, bella e che rifarei. Non ho nessun rimpianto e rimorso. Neanche rancori contro qualcuno. Sono molto sereno qua, anche se ogni tanto il fatto di poter tornare in Italia mi viene in mente, qualche riflessione l’ho fatta. Ma ho ancora due anni di contratto: mi

Federico Marchetti portiere del Genoa “L’importanza di giocare in C” I ricordi più forti sono in C. Siamo ai playout e un compagno mi dice: “Se perdiamo sono senza contratto, ho famiglia, pensaci te”. Ci siamo salvati e tutto questo non ha prezzo, ti resta dentro. Bella la A, i campioni, ma la C mi ha formato: se non l’avessi fatta avrei mollato, non mi sarei rimesso in gioco con passione a 35 anni. 48

godrò questi due anni qua in America e poi vediamo cosa succederà – Sebastian Giovinco (Toronto) Il nostro sistema calcio, intendo quello che inizia con le scuole, passa per l’esasperazione del risultato nei campionati giovanili e arriva all’esubero di stranieri in A. Non è il più adatto a sviluppare i nostri talenti e portarli in Nazionale – Gianpiero Gasperini (Atalanta) Noi italiani, quando stiamo per toccare il fondo abbiamo la zampata giusta – Stefano Sorrentino (Chievo) Noi portieri siamo delle persone eccentriche, ma costrette in ruoli solitari, in cui spesso bisogna convivere con i propri pensieri senza poterli esprimere – Salvatore Sirigu (Torino) Da Messi a Ibrahimovic, Batistuta e Ronaldinho, Henry e Shevchenko, Milito e Kakà. Tra Ronaldo e Messi dico che il portoghese ha più continuità, numeri alla mano. Anche il percorso in Nazionale lo dimostra. Giocarci contro è uno stimolo in più – Stefano Sorrentino (Chievo) Una volta che sei tra i pali non pensi. Saper parare è un dono della natura, devi allenarti, ma è come andare in bici: non si dimentica – Federico Marchetti (Genoa) Portieri africani forti ce ne sono stati altri oltre N’Kono, però ci sono sempre dei pregiudizi: si pensa che siamo molto forti fisicamente, ma non altrettanto dal punto di vista tecnico e mentale. Io sono di scuola italiana e non vedo differenze – Alfred Gomis (Spal) Secondo me se a vent’anni hai bisogno di un mental coach c’è qualcosa che non va. A questa età devi trovarle da solo le motivazioni. Piuttosto, anche se non la considero una priorità imminente, mi intriga lo yoga – Riccardo Orsolini (Bologna) Se hai difficoltà e trovi il modo per venirne fuori prendi sicurezza – Oscar Hiljemark (Genoa) Il Mondiale ha dimostrato che il calcio è cambiato: tanti top player sono andati fuori presto. C’è sempre più tattica e meno spazi – Oscar Hiljemark (Genoa) Il Mondiale ha confermato una tendenza già vista in Europa: vince chi ha un’ottima organizzazione, equili-

brio e capacità di ribaltare l’azione con grande velocità. La Francia, pur avendo giocatori di qualità eccelsa, è la dimostrazione perfetta – Davide Nicola (Udinese) Catenaccio e contropiede? No,

Roberto Mancini CT Nazionale “Verità cartacea” Leggere il giornale e una delle abitudini più belle che ci siano. E per giornale io intendo giornale di carta. Quando si leggono le notizie secondo me bisogna averle in mano. Come per un libro. È molto più bello tenere in mano un libro piuttosto che leggere sull’Ipad. Mi piacerebbe che anche i ragazzi lo facessero di più, tenere in mano un giornale significa capire che è qualcosa di vero. quello è calcio antico e lo ha praticato la Svezia, che qualcuno voleva riabilitare e con lei l’Italia eliminata dal Mondiale. La Francia è innovazione tattica, nulla è fuori posto. Per anni abbiamo inseguito come modello un’idea di gioco basata sul possesso palla perché fuorviati dal Barcellona. Ma la Spagna, per intenderci, con la Russia ha consumato il campo


sfogliando

calcio giocato in verticale, ma così non si va lontano. Infatti è stata eliminata – Davide Nicola (allenatore) Sinceramente firmerei per non segnare e vincere sempre. Ma ho sempre segnato e voglio tornare a farlo presto – Oscar Hiljemark (Genoa) Nel calcio cambia tutto velocemente, basta un minuto e una partita che sembra chiusa torna in discussione – Rafael Toloi (Atalanta) Per vincere devi segnare – Oscar Hiljemark (Genoa) Segnare e continuare a stare in panchina è un po’ frustrante – Fabio Borini (Milan) Non commettere fallo è un aiuto per la mia squadra, che può

Milena Bertolini CT Nazionale Femminile “Femminilità” Penso che le parole siano importanti, perché formano i pensieri. Se dici una frase tipica sessista, esprimi un tuo pensiero. Noi facciamo calcio e sappiamo che è impregnato di terminologie maschili, perché è sempre stato uno sport principalmente maschile. Però adesso è importante iniziare a declinarlo al femminile. Più si fa questo esercizio, più passa nel pensiero collettivo che sia uno sport per le donne.

ribaltare l’azione. Entro duro ma pulito. Se fossi falloso, non farei bene il mio lavoro. E frenerei il gioco della mia squadra – Milan Škriniar (Inter) Tra la Serie A e la B c’è molta differenza, soprattutto a livello di ritmo e velocità di passaggio – Riccardo Orsolini (Bologna) Il problema di un CT è sempre stato quello, deve rispettare le esigenze dei club e muoversi in quell’ambito. Io non chiederò gli stage o altre cose del genere, mi adeguerò alle necessità delle varie società perché avrò a che fare con calciatori che devono giocare ogni tre giorni e quindi è complicato. Voglio avere giocatori sempre in forma e il più possibile felici. Non farò stage ma vorrei che quei pochi giorni che passeranno con la Nazionale siano giorni buoni, di allenamenti importanti, fatti con entusiasmo – Roberto Mancini (CT Nazionale) Tutte le Under Azzurre stanno facendo risultati importanti ultimamente, io credo che il tipo di gioco dipende dalle qualità dei giocatori. Avendo più giocatori tecnici, è più facile aumentare la qualità – Paolo Nicolato (Under 20) C’è troppa disparità tra noi e le “grandi”, che ogni anno ci portano via i giocatori migliori. Come ho detto, il bello del mio lavoro consiste nello scovare i nuovi Caldara e Conti. Ma non è facile sostituire 6 titolari in un anno e mezzo. L’importante è non perdere la nostra identità, che consiste anche nel privilegiare gli italiani. Gli stranieri vanno bene, ma abbiamo visto che la strada dei talenti italiani è quella che premia maggiormente – Gianpiero Gasperini (Atalanta) Ritengo sempre che ci sia un successo di squadra e non dei singoli: se io gioco sei partite per 90 minuti e poi mi capita ancora di dover rinunciare alla finale, ok, ho aiutato il gruppo e faccio parte del successo. Me l’hanno insegnato fin dalle giovanili: sono uno “sportivo da squadra” e mi piace esserlo, altrimenti avrei scelto altro, il tennis o il golf – Sami Khedira (Juventus) A prescindere dall’allenatore, se uno vuole allenarsi forte e bene, lo fa con tutti – Fabio Borini (Milan) Non stacco mai, l’aspetto più importante da curare è quello mentale,

Salvatore Sirigu portiere del Torino “Il tempo per ricostruire” Dopo anni è stato molto difficile riambientarsi nel campionato italiano. Ho trovato tante polemiche fatte sul niente, senza capire come certe vittorie possano nascondere dei problemi o alcune sconfitte non siano negative a tutti i costi. Questa è una cosa che ha fatto del male negli ultimi anni. Tutti dicono che bisogna ricostruire e poi non viene mai dato il tempo per farlo. l’abitudine alla fatica, alle pressioni. In questo mi aiuta fare tanto sport, bici in primis. Chiaramente manca l’adrenalina del campo. Continuo ad aggiornarmi, non mi perdo una gara, prendo appunti, sviluppo idee di gioco, ma è chiaro: tutto resta virtuale – Davide Nicola (allenatore) Sicuramente l’Italia non è un Paese razzista, ma la situazione politica attuale può portare una persona comune ad aumentare i propri pregiudizi razzisti – Alfred Gomis (Spal) Fuoriclasse assoluti al mondo quanti ce ne sono? Due o tre, quattro al massimo. Ci sono squadre con tanti buoni giocatori e con questi riescono a vincere – Roberto Mancini (CT Nazionale) 49


tempo libero

musica

libreria Roi Edizioni

Senza rete

di Maurizia Cacciatori – 215 pagine - € 18,00

Primo libro per Maurizia Cacciatori, campionessa della pallavolo italiana, scritto con la collaborazione di Riccardo Romani ed edito da Roi Edizioni nella collana “Assist”, curata da Demetrio Albertini. Il racconto coinvolgente ed emozionante delle storie e degli aneddoti della pallavolista: 5 scudetti, 5 Coppe nazionali, 3 Supercoppe italiane, 3 Coppe Campioni e 1 Coppa CEV, un oro ai Giochi del Mediterraneo del 2001, un bronzo e un argento agli Europei del 1999, l’elezione come miglior palleggiatrice durante i campionati mondiali di Osaka del 1998 e le 228 presenze in Nazionale, di cui è stata capitana. Ma anche le avventure con le compagne di squadra, i 22 traslochi in giro per il mondo, la famiglia e i figli fino alla nuova vita come commentatrice tv e speaker aziendale. Senza rete è il racconto emozionante, coinvolgente, a tratti comico di una donna che ha imparato l’arte più difficile: quella di reinventarsi per ricominciare. Albatros

Lady Stalker

di Luca Serafini – 166 pagine - € 13,50

Siamo abituati a sentirlo parlare di calcio, ma Luca Serafini, giornalista sportivo, è anche un grande autore di romanzi. Lo dimostra il suo ultimo libro, Lady Stalker, ispirato alla vera storia di Joan Sumpton, frutto di 3 anni di lavoro conditi da 2 viaggi in Galles Un’eredità inaspettata fa riaffiorare nell'ormai anziana Betsy Stawnton i sentimenti sopiti di un'infanzia difficile. Pur di concretizzare la sua personale idea di giustizia, la donna compirà azioni estreme, senza timore di pagarne le conseguenze. Serafini racconta una storia al confine tra romanzo e realtà, i cui connotati si perdono tra le verdi distese gallesi e le loro misteriose, affascinanti atmosfere. Rizzoli

L’ombra del campione

di Luca Crovi – 210 pagine - € 18,00

C’era una volta la Milano della ligéra, la città popolata dai contrabbandieri, dai maestri del borseggio e dagli artisti dello scasso: balordi intenti in malefatte più che in misfatti, persi nell’eterno “guardie e ladri” con i “ghisa” e la “madama”. Corre l’anno 1928 e da Roma Benito Mussolini, duce del fascismo, dichiara guerra ai duri meneghini. Intanto, nella regia questura in piazza San Fedele è di stanza un poliziotto che legge Platone e va pazzo per la cassoeula. Lo chiamano il “poeta del crimine”. Nelle spire della scighera, la spessa bruma che punge i visi e gela i cuori, torna il commissario Carlo De Vincenzi, già protagonista dei gialli di culto firmati, a cavallo tra i Trenta e i Quaranta, dallo scrittore Augusto De Angelis. Al poliziotto tocca fare i conti con l’anima più profonda della Capitale morale: quella che trema ai boati di bombe attribuite agli anarchici e sogna dietro alle magie del suo Peppìn, l’eroe dell’Ambrosiana, registrato all’anagrafe col nome di Meazza Giuseppe. Sarà il commissario a svelare i misteri che aleggiano intorno alla vita del campione, mentre dovrà vedersela con i piccoli, grandi enigmi di una malavita stracotta come la busecca e romantica come un riflesso al tramonto sull’acqua dei Navigli. Con questa sofisticata commedia noir, Luca Crovi esegue un dribbling magistrale celebrando una leggenda del genere, un’icona dello sport più amato dagli italiani e il fascino di una Milano smarrita nella nebbia del passato. 50

Subsonica

8

Dopo 7 dischi (più 4 dal vivo e 5 raccolte) e ben 22 anni di onorata carriera, tornano i Subsonica, band torinese tra le migliori esponenti italiane di quello che viene definito “rock elettronico”. “8”, appunto ottavo album in studio, arriva dopo una lunga pausa durata quattro anni, durante la quale i membri del gruppo hanno vissuto carriere parallele, soprattutto Samuel (voce) e Boosta (tastiere). Un disco che, riprendendo il sound anni ’90 alla “Microchip emozionale” (loro secondo album) , recupera la loro storia musicale, guardando comunque al presente e al futuro, non temendo affatto di fare un salto indietro. Probabilmente le esperienze “soliste” portano a questo lavoro quel quid in più per collocarlo tra i migliori della loro carriera artistica: Samuel e compagni restano comunque fedeli a loro stessi a al loro modo di vedere ed interpretare la musica, con testi sempre proiettati al sociale da gruppo “impegnato”, fregandosene di piacere per forza a tutti i costi. “8” rappresenta quasi un nuovo inizio per i Subsonica che dimostrano di avere ancora molto da dire: testi attualissimi, sonorità che non si adagiano sui lavori passati ma ne ricalcano la forma, perfettamente al passo coi tempi.


Benvenuto in Italia! Welcome to Italy! ¡Bienvenido a Italia!

Ti scriviamo queste poche righe di presentazione di quella che è la TUA associazione. Dal 1968 in Italia è presente un’Associazione di categoria che rappresenta tutti i calciatori. L’Associazione Italiana Calciatori dal 1968 associa, infatti, i calciatori professionisti e dal 2000 anche i calciatori dilettanti, le calciatrici e i calciatori del calcio a 5, Con più di 16.000 associati, è l’unica Associazione di categoria presente in Italia. AIC fa parte di FIFpro, il sindacato mondiale dei calciatori, del quale fanno parte le Associazioni di categoria della maggior parte dei Paesi nel mondo. In ogni squadra è presente il Rappresentante AIC, spesso il tuo capitano o uno dei veterani, che è il punto di riferimento per tutti gli associati della squadra e il tramite preposto per le comunicazioni con la struttura dell’Associazione. L’attuale Consiglio Direttivo è presieduto da Damiano Tommasi, Presidente AIC dal 2011. Di seguito potrai conoscere i componenti del Consiglio Direttivo che rappresentano tutte le

categorie di associati: Serie A, Serie B, Lega Pro, Dilettanti, Calcio a 5 e Calcio Femminile. Tra i servizi offerti dall’AIC sicuramente potranno essere di tuo interesse: • Assistenza legale tramite l’Ufficio Legale dell’Associazione e i suoi Avvocati Fiduciari su tutto il territorio nazionale; • Consulenza previdenziale e gestione dell’accantonamento al Fondo di Fine Carriera*; • Abbonamento gratuito all’App di Wyscout con fruibilità personalizzata del servizio di Video Analysis conosciuta a livello internazionale; • Servizi e scontistica applicata dai partner (www.assocalciatori.it) in ambito medico e assicurativo, dal Credito sportivo; • Percorsi di formazione post-carriera e per calciatori in attività; • Collegamento con l’Associazione calciatori del tuo Paese d’origine (o di tua ultima provenienza) per chiarimenti e/o problematiche di qualsiasi natura. L’iscrizione annuale all’AIC ti darà la possibilità di usufruire di tutto ciò e di altre attività

che potrai approfondire nel sito istituzionale www.assocalciatori.it o chiedendo informazioni al numero +39 0444 233233. Come avrai modo di vedere sarà semplice stabilire un contatto diretto con AIC e con i collaborator che sono in contatto continuo con i rappresentanti di squadra per aggiornamenti e/o problematiche che possono sorgere durante la stagione. La massima disponibilità di AIC è garantita dal fatto che è l’Associazione dei Calciatori, nata dalla volontà dei calciatori della nazionale nel lontano 1968 e da allora al servizio di questa professione tanto bella quanto piena di insidie personali e professionali. Buona permanenza nel nostro Paese, in bocca al lupo per il tuo lavoro e grazie per l’ascolto. Ti aspettiamo tra i nostri associati!

We are sending you a few lines to introduce YOUR association. Italy has had an Association representing all its football players since 1968. From that year,a the Associazione Italiana Calciatori – Italian Footballers’ Association – has united all professional players and in 2000 it extended its scope to include also amateurs, women and five-a-side players. With more than 16,000 members, it is the only footballers’ association in Italy. AIC forms part of FIFpro, the worldwide players’ union, of which the players’ associations of most countries of the world are members. Every team has an AIC Representative, often your team captain or one of the older players, who is the contact person for all team members and represents the team with the Association management. The present Management Council is chaired by Damiano Tommasi, AIC President since 2011. Later, you can get to know the members of the Management Council who represent

all categories of members: Serie A, Serie B, Lega Pro, Amateurs, Five-a-side football and women’s football. Some of the services of interest offered by AIC: • Legal assistance throughout Italy by way of the Association’s legal office and its lawyers; • Pension advice and management of contributions to the end of service fund*; • Free subscription to the Wyscout App with personalised use of the internationallyfamous Video Analysis service; • Services and discounts applied by partners (www.assocalciatori.it) for medical care and insurance, by the bank Istituto di Credito Sportivo; • Post-career and business training courses; • Contact with the footballers’ Association of your own country (or the country where you played last) for clarification and/or assistance with problems of any kind. Annual membership of the AIC will give you access to all of the above and many other activities which you

can see in more detail on the website www.assocalciatori.it or you can request information calling +39 0444 233233. As you will see, it is easy to make direct contact with AIC and its agents who are in continuous contact with team representatives for news and/or problems which can arise during the season. The AIC can assure you of its availability because it is the Footballers’ Association created by the Italian national team as long ago as 1968 and from then on has been at the service of this wonderful profession which, however, is also full of personal and professional pitfalls. Enjoy your stay in Italy, good luck with your work here and thanks for your attention. We hope to see you among our members!

Te escribimos estas pocas líneas de presentación de lo que es TU asociación. Desde 1968, en Italia existe una Asociación de categoría que representa a todos los futbolistas. Associazione Italiana Calciatori – Asociación italiana Futbolistas – asocia desde 1968 a los futbolistas profesionales y desde 2000 también a los aficionados, a las futbolistas y a los jugadores de fútbol sala. Con más de 16.000 asociados, es la única Asociación de categoría existente en Italia. AIC forma parte de FIFpro, el sindicato mundial de los futbolistas, integrado por Asociaciones de categoría de la mayoría de los países. En cada equipo hay un Representante AIC, que a menudo es el capitán, o uno de los veteranos, y hace de referente para todos los asociados del equipo y de intermediario encargado de las comunicaciones con la estructura de la Asociación. El actual Consejo Directivo es presidido por Damiano Tommasi, Presidente de AIC desde 2011. A continuación mencionamos a los componentes del Consejo Directivo que representan a todas

las categorías de asociados: Serie A, Serie B, Liga Pro, Aficionados, Fútbol sala y Fútbol femenino. Entre los servicios ofrecidos por AIC, indudablemente pueden ser de tu interés: • Asistencia legal a través de la Oficina Legal de la Asociación y sus Abogados Fiduciarios en todo el territorio nacional; • Asesoramiento sobre previsión y gestión de asignaciones al Fondo de Fin de Carrera*; • Abono gratuito a la App de Wyscout con uso personalizado del servicio de Video Analysis conocido a nivel internacional; • Servicios y descuentos aplicados por nuestros socios comerciales (www.assocalciatori.it) en ámbito médico y de seguros, por el Crédito deportivo; • Cursos de formación post-carrera y para futbolistas en actividad; • Conexión con la Asociación de futbolistas de tu país de origen (o de tu última proveniencia) para aclaraciones o por problemas de cualquier naturaleza. La inscripción anual en AIC te dará la posibilidad de aprovechar todo esto y otras actividades

sobre las cuales puedes informarte en el sitio institucional www.assocalciatori.it o pidiendo información al número +39 0444 233233. Como ves, es muy sencillo entablar un contacto directo con AIC y con los colaboradores, que a su vez están continuamente en contacto con los representantes de equipo para las actualizaciones o por cualquier problema que pueda surgir durante la temporada. La máxima disponibilidad de AIC está garantizada por el hecho de ser la Asociación de Futbolistas fundada por iniciativa de los jugadores del equipo nacional en el lejano 1968, desde entonces al servicio de esta profesión tan bella como llena de insidias personales y profesionales. Feliz permanencia en nuestro país, muchos éxitos con tu trabajo y gracias por escuchar. ¡Te esperamos entre nuestros asociados!

www.assocalciatori.it

*Ogni anno vengono accantonati dallo stipendio delle somme che potrai ritirare una volta concluso il contratto con la società sportiva in Italia. Ricorda che le cifre accantonate andranno richieste al Fondo.

*Each year amounts are put aside from your salary which you can withdraw once your contract with the Italian club ends. Remember that the amounts set aside must be requested from the fund.

*Cada año, parte del sueldo se destina a una asignación que podrás retirar una vez concluido el contrato con la sociedad deportiva en Italia. Recuerda que los montos de las asignaciones deberán ser solicitados al Fondo.


Mirco Antenucci attaccante della Spal

“Il mio grande sogno chiamato Serie A� a pagina 6


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